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ERNST JENNI

CLALS WESTERMANN

M A R IE T T I

E.Jenni GWestermann

Dizionario

Testamento
edizione italiana a cura di

GIAN LUIGI PRATO

volume primo

2N b Padre
Tl mtaj Quando?

Marietti

Titolo originai e deli opera:


Theologisches Handworierbuch
2um Alien Tesiameni . Zwei Bande

C H R. K A ISER V E R L A G - M O N C H E N

THEOLOG1SCHER V E R LA G - Z 0 R 1 C H

traduzione di
F.
G.
B.
G.
N.
G.
M.
G.
B.

BONTEMP1
CADEDDU
CHIESA
MASSI
N EG RETT I
L. PRATO
SAMPAOLO
TESTA
VERCESI

1978 M A R IE T T I E D IT O R I - T O R IN O
per ledizione italiana
.

PREMESSA

Il presente dizionario, che esce perora nella sua prima parte, si propone di offrire uno strumento
attendibile per lo studio scientifico dellAntico Testamento, ed anche per Tinsegnamento della
dottrina della Chiesa e per la predicazione. Lintento dei collaboratori stato quello di elaborare
con metodo e il pi ampiamente possibile il senso e luso dei singoli vocaboli.
Nella ricerca veterotestamentaria degli ultim i decenni si raggiunta una certa uniformit di
vedute sul fatto che per determinare il significato di un vocabolo (e specialmente il suo signi
ficato teologico) si deve evitare ogni restrizione di metodo, ed un risultato sicuro si pu ottenere
solo soppesando convenientemente tutti i possibili e molteplici tentativi di soluzione. Una re
strizione consistita per esempio nel voler spiegare una parola solo dal punto di vista gram
maticale e filologico; oppure si voluto determinare in ogni caso tutta quanta la consistenza
di una parola partendo da un presunto significato primario, come pure si tentato di costruire
una storia lineare di un termine, la quale non lascia pi spazio a diversi altri usi, che possono
coesistere luno accanto alfaltro. Una restrizione anche infine il distinguere meccanicamente
un uso profano ed un uso religioso, considerando per ci stesso il primo come pi autentico.
Contrariamente a tutti questi tentativi di spiegazione a direzione unica, si cercato nel presente
dizionario di non attribuire un valore assoluto a nessuno dei metodi seguiti nella ricerca les
sicale, ma di impostare i problemi nella maniera pi ampia possibile e di lasciarli
aperti, conformemente alla situazione attuale degli studi veterotestamentari e della linguistica
generale.
A differenza dei precedenti dizionari deir Antico Testamento, si tenuto conto dei risultati del
le numerose ricerche nel campo della storia delle forme e della tradizione, le quali in molti casi
inducono a correggere notevolmente, nelluso di un vocabolo, sia le classificazioni del materiale
sia la stratificazione cronologica. Da un lato, collocando stabilmente e chiaramente determinati
usi di un verbo o di un sostantivo p.e. nellambito di una determinata forma giuridica, di un
discorso profetico, di un genere di salmi o nellambito di una determinata tradizione narrativa,
si pu ora individuare con sicurezza il contesto in base al quale va condotta lesegesi del verbo
o del sostantivo in questione. D altro lato non si pu pi distinguere troppo genericamente tra
un uso primitivo ed un uso tardivo di un determinat vocabolo e, dato che una parola
pu essere usata in maniere molto diverse tra loro, bisogna tener presenti sia gli usi che coe
sistono luno accanto allaltro, sia quelli che si susseguono.
.
Si tenuto conto in particolare di un contributo essenziale della linguistica pi recente, e cio
che la base della comunicazione linguistica non la parola, ma la frase. Ci corrisponde ai ri
sultati della storia delle forme e della tradizione. Contrariamente al modo di procedere della
critica letteraria, secondo la quale luso di un vocabolo isolato pu essere determinante per la
catalogazione cronologica, nella ricerca pi recente emerso in maniera sempre pi evidente
PREM ESSA

che solo la frase o un complesso di frasi possono determinare una tradizione. Nelielaborare
la portata di un vocabolo d ha un significato essenziale: nel classificare le ricorrenze di un vo
cabolo bisogna partire dalle frasi in cui esso si trova e dalla loro funzione in un contesto pi
ampio.
La compilazione di un dizionario richiede oggi che si presti attenzione anche alla cosiddetta
ricerca dei campi semantici; qui possiamo solo indicare quanto essa sia utile per determinare
il significato di parole che sono molto affini tra loro per contenuto o sembrano essere sinonime,
e anche per la traduzione in unaltra lingua, il cui campo semantico spesso diversamente
strutturato.
.
Infine bisogna accennare al fatto che il numero accresciuto dei testi in lingue semitiche, i pro
gressi degli studi sulla grammatica e sulla sintassi ebraica, il differenziarsi e il perfezionarsi dei
metodi filologici e le numerose ricerche recenti nel campo della linguistica generale non hanno
facilitato per nulla lelaborazione di un dizionario dellAntico Testamento, pur avendo reso
possibili molti progressi. Bisogna riconoscere che in diversi casi molti aspetti restano ancora
oscuri quando si vuol determinare luso sia generale sia teologico di un vocabolo ebraico. Il pre
sente dizionario stato compilato nella piena consapevolezza delle difficolt che ancora si in
contrano quando si vuole elaborare accuratamente la funzione che la parola ebraica possiede
nel suo particolare contesto. Su questo punto lelaborazione del dizionario confina con lesegesi,
alia quale vuole rendere un servizio.
EJenni/C.W esterm ann
Basilea e Heidelberg, aprile 1971.

VI

PREM ESSA

INTRODUZIONE

A. Obiettivi del presente dizionario


Lo studioso della lingua ebraica gi da tempo dispone per lAntico Testamento di dizionari ab
bastanza buoni, tra cui i pi usati sono GB, KBL, Zorell e H A L (per le abbreviazioni vd. st.
p. X V III ss.). chiaro per che questi dizionari, impostati tradizionalmente come liste di pos
sibili traduzioni in lingue moderne di una parola ebraica (con una parte introduttoria dedicata
alletimologia, talvolta molto elaborata, ma accessibile solo allo specialista) senza u n esposizio
ne pi diffusa e una discussione dei problemi, non possono dare unidea adeguata delluso e
della vita delle parole nellAT, come la scienza oggi richiede. Inoltre, al di l della filologia tra
dizionale e delle vie da essa seguite nella ricerca, la semasiologia e i metodi della storia delle
forme e della storia della tradizione hanno acquistato negli ultim i anni una importanza crescen
te; i loro risultati e le loro problematiche non s possono esporre in maniera adeguata nella di
sposizione seguita di solito dai dizionari. In particolare, per i vocaboli che hanno una certa im
portanza teologica sempre pi difficile offrire una visione dinsieme del lavoro compiuto dalla
scienza veterotestamentaria internazionale sul piano lessicale. perci necessario creare un d i
zionario particolare che, come si detto nellanno 1966 nelle istruzioni date ai collaboratori del
DTAT al termine del lavoro di programmazione, completando i dizionari ebraici esistenti,
sulla base della scienza linguistica e tenendo presenti i metodi della semasiologia e della storia
delle forme e della tradizione, esponga con la massima concisione e completezza, indicando
anche la bibliografia di cui oggi si dispone, i vocaboli dellAntico Testamento che hanno unim
portanza teologica per il loro uso, la loro storia e il loro significato nelfambito della teologia ve
terotestamentaria .
Non certo possibile dire se il risultato, che viene presentato qui nella sua prima met dopo
un lavoro di cinque anni, corrisponda esattamente allideale perseguito. anzi necessario chia
rire fin dallinizio quello che non e lo scopo del DTAT:

(a) Bench gli indici, previsti per il secondo volume, indichino che si presa in considerazione
una gran parte del lessico veterotestamentario, il DTAT, gi per il solo fatto che opera una scel
ta di voci, non pu sostituire ma solo completare i dizionari tradizionali. Persino nella tratta
zione delle radici e dei vocaboli, i numerosi dati lessicali, grammaticali, critico-testuali e biblio
grafici, anche nello stesso H A L, almeno per la parte finora uscita, non sono per nulla esaurienti.
( b ) Pur conservando la massima apertura verso gli sviluppi pi recenti della scienza linguistica
(cfr. p.e. lampia esposizione della Encyclopdie de la Pleiade, Le langage, ed. da A.Martinet,
1968, o lintroduzione pi specifica di O.Reichmann, Deutsche Wortforschung, 1969) e
dellesegesi (cfr. p.e. K.Koch, Was ist Formgeschichte? *1967), unopera collettiva come la
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V II

presente non pu proporsi di seguire esclusivamente una determinata teoria e un determinato


metodo, aprendo cosi prospettive di ricerca del tutto nuove. La maggior parte degli studiosi
dellAT non sono specialisti in linguistica e d altra parte non esste finora un metodo linguistico
ed esegetico unitario sul quale poter far convergere tutti i collaboratori di diversa provenienza.
Lo specialista potr a sua volta tradurre tacitamente nella sua terminologia rigorosa quello che
trova espresso talvolta in maniera non tecnica ( significato primario , campo semantico
ecc.). Ad alcuni sembrer che la storia delle forme o un qualsiasi altro punto di vista siano trat
tati con eccessiva ampiezza, mentre ad altri sembrer che vi si sia prestata troppo poca atten
zione. Anche qui leditore non ha potuto n voluto ridurre tutto allo stesso denominatore.
(c) Bench linteresse principale sia rivolto alluso teologico, il DTAT non vuole essere
unesposizione della teologia veterotestamentaria suddivisa secondo determinate voci lessicali.
Anche prescindendo dal fatto che i collaboratori del dizionario non provengono da una par
ticolare scuola o da un particolare indirizzo teologico e leditore da parte sua non intervenuto
per nulla in merito a questioni teologiche, non si pu costruire una teologa su una ricerca les
sicale (cfr. J.Barr, The Semantics of Biblcal Language, 1961; trad. italiana: Semantica del lin
guaggio biblico, 1968). Il DTAT parte dalle parole e dal loro uso, cosa che pu anche condurre
a concetti teologici abbastanza ben configurati, ma non da concezioni e idee teologiche come
tali ( onnipotenza , peccato , monoteismo ecc.), che possono ridursi ad un sistema.
Bench quando si tratta di realt astratte la differenza fra il significato di una parola e la cosa
significata venga a cadere (cfr. su questo punto anche le considerazioni di H.H.Schmid, Gerechtigkeit als Weltordnung, 1968,4ss. sulla lingua ebraica e il modo di intendere la realt, pro
prio degli israeliti), e la semasiologia possa essere integrata giustamente con la problematica
onomasiologica, il DTAT resta nelle sue intenzioni un dizionario e non si sostituisce quindi
ad un lessico di concetti teologici che descrive il peccato nellAT , limmagine delluomo
nelPAT , la concezione israelitica dellalleanza ecc., e tanto meno ad u n esposizione ge
nerale della teologia dellAntico Testamento, per la quale esso resta soltanto un sussidio.
(ici) Questo dizionario particolare destinato in prima linea ai teologi e ai pastori che possiedono
una conoscenza m inim a dellebraico e della scienza biblica veterotestamentaria, ma anche co
loro che non conoscono lebraico possono utilizzarlo facilmente, poich delle parole e dei testi
ebr. si data sempre la relativa traduzione, i caratteri ebr. sono stati trascritti e si sono aggiunti
degli indici. Nello stesso tempo il DTAT si propone di presentare in sintesi ad un pi vasto
pubblico quello che esposto dagli specialisti in unampia serie di pubblicazioni, ed augurabile
che questo lavoro aiuti a comprendere meglio lAntico Testamento e il suo messaggio. D altra
parte tutto questo rivela anche i limiti del dizionario: esso non in grado di fornire al pastore
iesegesi dei testi e neppure la loro traduzione nella lingua di oggi, ma rimane anche da questo
punto di vista un semplice strumento delPesegesi.

B. L impostazione del dizionario


Nella scelta dei vocaboli che hanno rilevanza teologica non si possono evitare del tutto opi
nioni soggettive. Ci dipende naturalmente dal fatto che anche l uso teologico non si pu
distinguere nettamente da un uso generale o profano . In genere apparsa opportuna una
presentazione pi ampia possibile dell uso teologico , cio una considerazione non solo dei
passi che contengono verbi il cui soggetto o oggetto Dio, opp. sostantivi che designano Dio,
V ili

IN T R O D U Z IO N E

ma per quanto possibile, di tutti i casi in cui si esprime una certa relazione tra Dio e il popolo
opp. tra D io e luomo. Proprio per questo per ad alcuni sembrer che manchino molte cose,
mentre ad altri lambito preso in considerazione potr apparire troppo esteso.
Per documentare la particolarit specifica di un dizionario basato sui concetti, si sono dedicate
delle voci proprie, oltre che alla massa dei sostantivi e dei verbi, anche ad altre categorie gram
maticali, come pronomi (P^hf io , -kl tu tti ), avverbi {- uaj forse, -'ajj
d o v e ?, -mtaj q u an d o ?), preposizioni (lim c o n ) e anche interiezioni {-'ahh
ah! , -hj guai! , -hinn ecco! ).
D altro lato non si sono riservate delle voci proprie ad una serie di altri vocaboli, che forse si
sarebbero voluti vedere qui. Questo vale sia per alcuni sostantivi ( har monte , mjim ac
qua ) o verbi (jsb sedere, abitare , ktb scrivere )che ricorrono spesso, sia anche per molte
nozioni, tra cui soprattutto quelle che si riferiscono al culto, per le quali si possono consultare
i dizionari biblici. Il DTAT non stato espressamente concepito come u n opera che va con
sultata in fatto di archeologia o di storia delle religioni, poich allora lattenzione (come avviene
per un lessico delle cose o delle idee) si sarebbe spostata troppo dalla funzione significativa delle
parole alla descrizione della realt designata e della sua storia. Chi dunque ricerca delle infor
mazioni archeologiche o di storia delle religioni sul santuario dellarca, sul sacrifcio o sul sa
cerdozio, non le trover qui con la scusa di condurre una ricerca linguistica sui termini 'rdn
cassa , zbh uccidere, sacrificare oppure khn sacerdote . Questi e altri vocaboli come
'ezb issopo , fd efod , 7arP! ara sacrificale , bm altura cultuale ecc. sono
stati quasi sempre tralasciati, poich altrimenti lambito di un piccolo dizionario teologico sa
rebbe stato oltrepassato di molto.
Lo stesso vale anche per i nomi propri, i quali, ad eccezione degli epiteti divini Jahwe e Saddaj,
e dei nomi Israele e Sion che sono divenuti titoli religiosi, non hanno una voce propria. Cer
tamente, bramo e Davide con le loro rispettive tradizioni, Gerusalemme ed anche Canaan
e Babilonia non sono realt teologiche di scarsa importanza, tuttavia non si possono pi col
locare nel quadro di un dizionario orientato in senso semasiologico.
Bisogna per osservare che numerosi vocaboli, i quali non posseggono una voce propria, sono
trattati sotto altri termini, sia come sinonimi o opposti sia come elementi che rientrano nel
campo semantico di un termine trattato. Cosi possibile far rientrare har monte , nel suo
significato teologico, sotto -Sijjn Sion ; mjim acqua ejm mare , nel loro significato
mitologico, sotto tehm abisso 'Jsb sedere, abitare sotto -skn abitare ecc. Per alcuni
vocaboli che ricorrono spesso, gi nelfelenco alfabetico dei termini si indica la voce corrispon
dente sotto cui il vocabolo trattato; in molti altri casi gli indici alla fine del secondo volume
faciliteranno la ricerca.
Per quanto riguarda lordine dei termini trattati, si presenterebbero di per s diverse possibilit.
In primo luogo poteva sembrare attraente partire da un principio ordinatore basato sul conte
nuto e tentare di esporre il lessico nella sua struttura contenutistica. Tuttavia ragioni teoriche
e soprattutto pratiche ci hanno indotto a restare su un principio ordinatore fomiale, basato
sullalfabeto, ed a stabilire nellesposizione stessa oppure con accenni secondari le necessarie
relazioni di contenuto. Inoltre, come naturale per le lingue semitiche, i termini derivant i da
una stessa radice sono stati trattati sotto una sola voce: ci non significa che lautonomia di
significato delle singole parole sia stata sacrificata ad un errato abbaglio della radice (cfr.
J.Barr, Le., 104ss; trad. italiana 144ss.)e che il significato sia stato subordinato alletimologia.
Tali deformazioni del resto non si evitano automaticamente quando si catalogano in ordine
puramente alfabetico le singole parole; daltra parte la trattazione differenziata delle formazioni
IN T R O D U Z IO N E
*

. -

IX

nominali e delle forme verbali che viene effettuata nei dizionari tradizionali non del tutto
esente da critica; ivi infatti $cedceq e s ldq compaiono come lemmi distinti, ma non $iddq
e hi$dlq. Anche qui sono state determinanti alcune considerazioni pratiche, relative allespo
sizione, pi che dei principi puramente teorici, e questo fa s che anche neHimpostazione delle
singole voci la disposizione resti relativamente libera ed elastica (cfr. p.e. - ybh, dove cebjn
trattato come vocabolo a s, e mn, dove ai derivati pi importanti sono state dedicate quasi
delle voci a parte nei paragrafi 3 e 4).
Resta infine affidata al calcolo soggettivo lampiezza da riservarsi alle singole voci. La divisione
originaria in voci corte, normali, lunghe e lunghissime, come ci si poteva attendere, scom
parsa da s in una certa misura nella stesura delle voci stesse. Certo, alcune cose potevano dirsi
in modo pi conciso ed altre in modo pi diffuso, tuttavia le differenze nella stesura non do
vrebbero superare quanto ci si aspetta da unopera composta in collaborazione. Iri sostanza, gra
zie alla disciplina dei collaboratori, si evitato anche il pericolo, ben noto ad ogni editore, che
i contributi si sviluppassero in modo tale da diventare vere e proprie trattazioni indipendenti.

C. L impostazione delle singole voci


Ogni voce, riassumendo i risultati delle ricerche lessicali, a differenza dei dizionari tradizionali
dovrebbe contenere possibilmente affermazioni in frasi complete e in uno stile stringato e con
ciso. Anzich usare sottotitoli ed un apparato di note, per dividere tra loro le varie parti si n u
merano i paragrafi e si adoperano due tipi di caratteri tipografici; molto spesso si fa uso di pa
rentesi per espressioni secondarie, citazioni bibliografiche ecc.
Il titolo della voce consiste in un solo lemma ebr., per lo pi la radice (verbale) o un sostantivo
primario, in casi particolari anche il rappresentante principale del gruppo considerato (p.e.
tor), cui si fa seguire il significato fondamentale in traduzione italiana. Poich il titolo delParticolo costituisce anche la testata, deve essere mantenuto molto breve. Esso ha soltanto Io sco
po pratico di dare una identit alla voce e non pu quindi anticiparne il contenuto. Per le radici
-7/r e - m n , che non posseggono un qal, ma che hanno numerose derivazioni di uguale im
portanza e di diverso significato, si sono scelti dei significati approssimativi, della radice, che
hanno il valore di una sigla ( dopo , stabile, sicuro ).
La voce si divide generalmente in cinque parti, di cui la terza e la quarta sono le pi ampie.
La numerazione delle part principali in alcune voci pi lunghe in cifre romane, nelle altre
in cifre arabe. Le indicazioni dei paragrafi si susseguono quindi alla seguente maniera:
1/ II/ ... 1/ 2 /... a) b)... (1) (2)...; non c quindi confusione nell'uso delle cifre arabe in
grassetto, che designano sia i paragrafi delle cinque parti principali, quando queste sono indi
cate con cifre romane, sia normalmente le cinque parti principali di una voce.
Per le parti principali che restano invariate c da osservare quanto segue:

]. Radice e derivazioni. La prima parte si occupa d tutto quello che concerne la radice. Se
guono la numerazione dei derivati che sono trattati nella voce, e spesso viene indicato anche
il genere di derivazione (la funzione della coniugazione verbale, la classe cui appartiene la for
mazione nominale ecc.), se ci utile in qualche maniera per stabilire il significato (cfr. D.Michel, Archiv fr Begriffsgeschichte 12,1968,32ss.). In questa funzione della prima parte, ossia
in questa presentazione sintetica del contenuto di tutto quanto il gruppo che viene trattato, sta
la ragione per cui, senza dare uneccessiva importanza alfetimologia per determinare il signi
X

IN T R O D U Z IO N E

ficato attuale dei vocaboli nellAntico Testamento, vengono posti allinizio dellarticolo e non
alla fine, come viene suggerito spesso dalla moderna lessicografia, i dati che riguardano la pre
senza della radice in altre lingue semitiche, le considerazioni sul significato primario com u
ne a tutto il gruppo ed altre eventuali osservazioni riguardanti l'etimologia. In molti casi si ac
cenna anche ai limiti del metodo etimologico, persino caro ai teologi, e si mette in guardia con
tro eventuali speculazioni, Del resto lo studioso dellAntico Testamento pu anche essere in
teressato a conoscere in sintesi lestensione di un determinato gruppo in altre lingue semitiche
ed eventualmente anche se esso ricompare, pur con altre radici, in determinati ambiti ecc.
evidente che, a differenza di un dizionario etimologico (il quale nel nostro campo del resto non
esiste ancora), non si pu pretendere di fornire su questo punto dei dati completi: in genere
si sono prese in considerazione le lingue semitiche pi antiche dellAT o ad esso contempo
ranee, specialmente laccadico, lugaritico, il fenicio punico e laramaico pi antico.

2. Statistica. In una seconda parte, anehessa relativamente corta, vengono forniti i dati sta
tistici sulla presenza dei vocaboli nellAT e nelle sue singole parti, in alcuni casi con un quadro
prospettico. Anzich fornire un semplice catalogo dei vocaboli, si possono gi qui sottolineare
alcune particolarit sulla loro distribuzione. Nella scienza linguistica recente anche la statistica
dei termini comincia lentamente a farsi strada; pur essendo vero che, come avviene per ogni
statistica, c il pericolo che ne derivi ogni genere di abuso, per sembrato giusto dare un fon
damento sicuro ad una statistica dei termini dellT, poich,contrariamente a quanto avviene
per il NT (R.Morgenthaler, Statistik des ntl. Wortschatzes, 1958), non si ha ancora in questo
campo molto materiale a disposizione.
Come in ogni statistica, anche qui si richiede anzitutto una presentazione accurata di quello
che viene numerato. I dati del DTAT si basano sul testo masoretico non emendato della BIT
e considerano come unit a s ogni ricorrenza di un dato termine nelle sue diverse forme gram
maticali. Perci p.e. linf. assol. con un verbo finito vale come due ricorrenze. Vengono quindi
elencati non i diversi nessi logici o i versi che contengono il vocabolo (talora pi volte), ma
le singole ricorrenze del termine prese a s. Bench piccoli errori numerici o arrotondamenti
di cifre siano praticamente insignificanti per le conclusioni che si devono trarre dai numeri, nel
la statistica si cercata per la maggior esattezza possibile. Perci si sono consultate per i singoli
libri biblici le concordanze di Mandelkern (incl. le appendici di S.Herner) e di Lisowsky, tra loro
indipendenti e impostate su basi diverse, e quando i dati erano divergenti si operata una col
lazione. Quando stato necessario scegliere tra diverse interpretazioni grammaticali e tra di
verse identificazioni di un termine, il risultato della scelta stato presentato in breve per quanto
era necessario, poich una statistica pu essere controllata solo se i numeri sono ben delimitati.
Le correzioni che, come risultato secondario della ricerca, sono state apportate alle concordanze
di Lisowsky non sono quindi per nulla una critica ai grandi meriti di quesfopera. Se nella bi
bliografia si incontrano dati statistici divergenti dai nostri, ci dovuto molto spesso ad un di
verso conteggio,il quale naturalmente pu essere valido tanto quanto il nostro, purch sia chia
ro e sia usato con coerenza.
Il valore dei dati statistici sarebbe naturalmente molto pi significativo per la storia della lingua
se si fossero potuti ordinare i dati non seguendo meccanicamente i libri biblici, ma secondo
lepoca di composizione dei singoli complessi letterari. Poich per lanalisi letteraria e la da
tazione di molti testi sono controverse o impossibili, non si potuto seguire questa strada per
costruire la statistica dei termini se non in casi eccezionali. Anche una particolare trattazione
metodica, p.e. del Deuteroisaia (e del Tritoisaia?), avrebbe gi complicato di molto il procedi
mento. Nei singoli casi tali precisioni si possono ricuperare senza troppa fatica.
IN T R O D U Z IO N E

XI

Per poter misurare la frequenza relativa di un termine in un determinato libro biblico, anche
prescindendo dal significato statistico che essa possiede, necessario un quadro comparativo
del contenuto globale dei singoli libri biblici. Come strumento provvisorio pu servire il quadro
seguente (cfr. anche voi. II, Appendice statistica), relativo allampiezza dei libri dell1AT in per
centuale (per mille; approssimata):
Gen
Es
Lev
Num
Deut
Pentateuco
i

68
55
39
54
47
263

Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Gios-2Re

33
32
43
36
43
40
227

Gen-2Re

490

Is
Ger
Ez
0$
Gioe
Am
Abd
Giona
Mi
Nah
Ab
Sof
Agg
Zac
Mal
Profeti

55
71
61
8
3
7
1
2
5
2
2
3
2
10
3
235

Sai
Giob
Prov
Rut
Cant
Eccle
Lam
Est
Dan
Esd
Neem
lCron
2Cron
Ketubim
AT

64
27
23
4
4
10
5
10
20
12
17
35
44
275
1000

(di cui aram. 16: Dan 12 su 20, Esd 4 su 12).

3. Significato e storia del significato. Nella terza parte segue l'esposizione delluso generale del
termine opp. del gruppo nellAT. Ci si limita ai libri del canone ebr.; talvolta, ma non rego
larmente, si includono anche le parti ebr. del libro di Ben Sira (Ecclesiastico). Non sono stati
presi in considerazione lebr. postbiblico e la letteratura intertestamentaria, conservata solo nel
la traduzione gr.; sui punti pi importanti dato eventualmente qualche breve accenno nella
parte conclusiva della voce.
Nel lesposizione si lasciata grande libert agli autori. La divisione pu essere effettuata su basi
semasiologiche (significato principale, ampliamenti, sensi traslati ecc.), grammatico-sintatti
che (sing./plur., diverse costruzioni dei verbi ecc.) o anche storiche; in genere si sono inclusi
qui anche quei dati che per lo pi i dizionari tralasciano per ragioni di spazio, e cio linserzione
del termine in elenchi, i campi semantici, gli opposti, la delimitazione rispetto a termini sino
nimi, le ragioni su cui si fonda un mutamento semantico, i significati assenti nellAT ecc. In
vece si sono evitate, per quanto possbile, le digressioni storico-culturali od esegetiche che su
perano i limiti della ricerca lessicale; su questo punto ci si limita ad eventuali accenni biblio
grafici (m anuali, commentari, studi monografici).
Poich una sezione bibliografica non ci sembrata del tutto utile, le citazioni sono state fatte
di solito nel luogo appropriato, in alcuni casi anche nella forma di una breve sintesi della storia
della ricerca. Quando si tratta di tesi controverse si fatto un rapido cenno alla posizione con
traria; le voci dovrebbero dare un ritratto del tutto oggettivo della situazione in cui si trova oggi
la discussione.

4. Uso teologico. La terza parte, pi generale, costituisce la premessa su cui ci si pu basare


per esporre luso teologico, pi specifico. Solo in pochissimi casi possibile distinguere chia
ramente* nel significato del termine, tra profano e teologico ; tuttavia vi (non con la
XII

IN T R O D U Z IO N E

stessa chiarezza in ogni vocabolo) una certa gradualit nelluso dei termini, la quale viene in
dicata dalla maggiore o minore importanza teologica del contesto, e che molto spesso pu es
sere messa in evidenza dalla storia delle forme e dalla storia della tradizione. Non si deve per
pensare che si possano stabilire ovunque confini precisi: generalmente nella terza parte ven
gono presentate delle prospettive generali (lasciando da parte gli usi teologici particolari) e nella
quarta parte invece vengono trattati i problemi specifici di natura teologica. anche possibile
unire tra loro i paragrafi 3 e 4 (p.e. trn')\ in alcune voci inoltre due diversi vocaboli o due di
versi gruppi sono stati trattati in questi due paragrafi (/z, -'/ir).
Anche alf interno della quarta parte lordinamento non segue norme precise. Secondo il parere
degli autori, si sono preferite di volta in volta prospettive semasiologiche, storiche e teologiche.
Per quanto riguarda il materiale comparativo extrabiblico, si sono citati quasi solo i testi accadici
o del semitico nordoccidentale pi antichi de.UAT o ad esso contemporanei, e talvolta anche
quelli egiziani. Si rinunciato ad un panorama completo sulluso di termini equivalenti in tutto
quanto lambiente che va dalla Mesopotamia allEgitto, come pure si sono evitate digressioni
riguardanti la storia delle religioni, per non oltrepassare lambito del dizionario, ma anche te
nendo presenti le possibilit di cui effettivamente si dispone.
5. Sviluppi posteriori. La parte conclusiva espone brevemente se e come levoluzione delf uso
teologico prosegue fino al giudaismo tardivo e al Nuovo Testamento opp. al Cristianesimo pri
mitivo. In genere sono sufficienti semplici accenni bibliografici. I dati relativi ai principali equi
valenti gr. dei termini ebr, nei Settanta e nel Nuovo Testamento possono essere forniti indi
cando per lo pi i corrispondenti articoli del ThW (= GLNT). Del resto anche qui, come in
altri settori marginali, non si possono dare informazioni esaustive. Non si vuole comporre una
summa biblico-teologica che racchiuda tutto, ma solo accennare in maniera concisa al col
legamento con le scienze vicine, di cui il teologo deve tener conto.

D. La trascrizione dellebraico
Tranne che nei titoli delle voci e in pochissimi passi, in cui bisognava far risaltare le sottigliezze
niasoretiche, per motivi tipografici si rinunciato nel presente dizionario ai caratteri ebraici;
ci dispiacer forse a molti ebraisti i quali, adattandosi con difficolt alla trascrizione, non tro
veranno qui purtroppo la scrittura cui sono abituati. Nelle pubblicazioni scientifiche odierne
la trascrizione viene utilizzata sempre di pi; essa, se usata correttamente, in grado di sod
disfare a tutte le esigenze del caso ed comunque preferibile al compromesso tipografico di
usare solo caratteri ebraici non vocalizzati.

Consonanti:
(alef)
(bet)
(ghimel)
(dalet)
(he)
(waw)
(zajin)
(het)

b
g
d
h
tv
z
H

(tei)
(jod)
(kaf)
(lamed)
(mem)
(nun)
(samek)
Cajin)

j
k
/
m
n
s
'

(pe)
(sade)
(qof)
(tes)
(sin)
(sin)
(taw)
IN T R O D U Z IO N E

P /
s
Q
T
s
s
t

X IR

Vocali:
(qmes)
(ptah)
/ ^
(sere)
(segl)
(hireq)
(blem)
(qibbus)
\

corta lunga

ce
CF
/"
i

(qmes hatuf)
(hlem magnum)
(sureq)
(sew mobile)
(htef ptah)
(htef qmes)
(htef segl)

o (in sillaba chiusa atona)

e
a
0

&

Il sistema di trascrizione qui adottato un espediente pratico per rendere lebraico masoretico
secondo la pronuncia tradizionale che si insegna nelle nostre universit. Non intende riprodur
re con una traslitterazione precisa tutte le particolarit dellortografia della scuola di Tiberiade;
non si prefigge neppure uno scopo puramente fonematico n vuol raggiungere forme meglio
giustificate daJla storia della lingua al di l della grammatica tradizionale. Le spiegazioni che
seguono sono rivolte anzitutto ai non specialisti; le scelte pratiche resesi necessarie per la pub
blicazione del dizionario, le quali dovevano anche tener conto delle esigenze tipografiche, non
sono per nulla normative.
Per quanto riguarda la pronuncia delle consonanti (cfr. per i dettagli le grammatiche, p.e. Meyer
l,41ss.) va osservato che e f equivalgono per convenzione ad un attacco duro di voce (come
nel tedesco geehrt ), z si pronuncia come una s sonora (cfr. z in francese), h una h for
temente aspirata come la c toscana (p.e. casa ) oppure il eh tedesco (p.e. ach ), $ si pro
nuncia come una s enfatica (per altri equivale al suono ts), s si pronuncia s e s se (p.e. scen
dere ). Per le cd. begadkefat {h, g, d, k, p e /), che dopo vocale erano pronunciate non come
occlusive, ma come fricative, nella trascrizione si conservata la distinzione solo perp (p alFini
zio di parola e dopo consonante,/dopo vocale). La consonante b pu essere pronunciata v e
k pu venir aspirata, secondo una pronuncia abbastanza diffusa, senza che ci sia indicato nella
scrittura.
1segni consonantici h, w c j(matres lectionis)sono usati per indicare vocali lunghe solo quando
si trascrivono testi non vocalizzati (iscrizioni extrabibliche, testi qumranici, ketib ecc.)e quando
si vuol indicare la disposizione alfabetica; inoltre h (finale) usata per i verbi tertiae infirmae
(ILI w /j) nella terza pers. sing. masc. del perf., ossia nella forma con cui essi vengono designati;
tale forma, tranne che nei verbi con vocale media lunga (inf. cs. b\bfn, gr ecc.), viene data
altrimenti solo come radice consonantica non vocalizzata (p.e. &/, bh, &/, da pronunciarsi bad, b , bal con l'accento sulla seconda sillaba, in alcuni casi anche con invece di a nella
seconda sillaba: {ips = hjes e tra i termini trattati nel primo volume thrjr\ kbd , Ibs). Nel primo
volume una possibile confusione con h consonantico in quanto terza radicale si ha solo p&rgbh
(= gbah)\ nel testo si indica per quale deve essere la pronuncia esatta (col. 342). Nella vo
calizzazione non si tiene conto di h come designazione di vocale, e questo specialmente per la
finale del femminile - (p.e. malk regina , non malkh il suo [= di lei] re ). Per lo alef
quiescente adottiamo invece un sistema un po diverso: quando esso designa una vocale non
viene trascritto p.e. in lo non , h egli , rs capo , aram. malk il re ; quando per
' quiescente e ' non quiescente compaiono assieme in un paradigma grammaticale o in gruppo
di termini strettamente legati tra loro, viene scritto anche lo ' che non pi pronunciato, perch
sia pi facile identificare la radice (p.e. dalla radice jr* le derivazioni nia'1 terribile t jir'
timore ).
Per quanto riguarda le vocali, sere e hlem ebraici vengono considerati sempre vocali lunghe
( e \ in conformit con la grammatica tradizionale.
XIV

IN T R O D U Z IO N E

Laccento risiede generalmente sulla sillaba finale e non viene perci indicalo. Le forme les
sicali con accento sulla penultima sillaba, tra cui specialmente i segolati (forme nominali con
mentre non lo hanno le forme che nella flesce nella sillaba finale), hanno un accento acuto,
*
*
+
sione vengono ad avere finali atone (p.e. lamina perch , 'wcen iniquit , hrcem sco
munica , 7zcen orecchio ; invece dbr parola ,,<rmcet fedelt con finale accentuata
e ktabt tu hai scritto , pronunciato ktbt). Nei segolatj del tipo mclcek re , dcrcek
via , hcsced bont ecc., che sono molto frequenti e facilmente riconoscibili, per motivi
di semplicit non si indicata la lunghezza (del resto controversa) della vocale primitiva; nelle
parti scritte in piccolo anche laccento acuto stato tralasciato per motivi tipografici.
I nomi propri sono scritti con iniziale maiuscola (eccetto nel caso di e iniziali).
Per la trascrizione delle varie lingue semitiche si possono consultare le relative grammatiche
e i dizionari; la trascrizione delfaccadico si basa su G A G e A IIw , quella dellugaritico su UT
(va notato che in ugaritico a, i e u non sono vocali, ma designano alef consonantico diversa
mente vocalizzato).

E. Concordanza dei testi biblici con numerazione diversa


Nella numerazione dei capitoli e dei versi il DTAT segue la Bibbia ebraica, con la quale non
concordano sempre le numerazioni della Volgata e di altre traduzioni. Per facilitare la consul
tazione dei testi a coloro che utilizzano la Bibbia di Zurigo (1931), alla quale si fa spesso rife
rimento nel corso dellopera, o la Bibbia della Conferenza Episcopale Italiana (C EI), riportiamo
nella tabella seguente le divergenze tra le relative numerazioni.
Bibbia ebraica
Gen
Es

Lev

Bibbia di Zurigo

Bibbia CEI

32,1
32,2-33

Gen

Gen

32,1
32,2-33

7,26-29
8,1-28
21,37
22,1-30

Es

8,1-4
8,5-32
22,1
22,2-31

Es

7,26-29
8,1-28
21,37
22,1-30

Lev

6,1-7
6,8-30

Lev

5,20-26
6,1-23

Num

12,16
13,1-33
17,115
17,16-28

Deut

13.1
13.2-19
23.1
23.2-26
28,69
29,1-28

5,20-26
6,1-23

31,55
32,1-32

Nurri

12,16
13,1-33
17,1-15
17,16-28

Num

13,1
13,2-34
16,35-50
17,1-13

Deut

13.1
13.2-19
23.1
23.2-26
28,69
29,1-28

Deut

12,32
13,1-18
22,30
23.1-25
29,1
29.2-29

Re

5,1-14
5,15-32

Re

Re
5,1-14
5,15-32

'

5,1-14
(4,21-34)
5,15-32
(5,1-18)

IN T R O D U Z IO N E

XV

Bibbia ebraica

Bibbia di Zurigo

Bibbia CE1

2Re

12,1
12,2-22

2Re

11,21
12,1-21

2Re

12,1
12,2-22

Is

8,23
9,1-20
63,19a
63,19b
64,M I

ls

9,1
9,2-21
63,19
64,1
64,2-12

Is

8.23
9.1-20
63,19a
63,19b
64.1-11

Ger

8,23
9,1-25

Ger

Os

2,1-2
2,3-25
14,1
14,2-10

Os

9,1
9,2-26
1,10-11 ,
2,1-23
13,16
14,1-9

Ger

8.23
9.1-25

Os

2 1-2
2,3-25
14.1
14.2-10

Gioe

3.1-5
4.1-21

Gioe

2,28-32
3,1-21

Gioe

3.1-5
4.1-21

Mi

4,14
5,1-14

Mi

5,1
5,2-15

Mi

4,14
5.1-14

Zac

2,1-4
2,5-17

Zac

1,18-21
2,1-13

Zac

2.1-4
2,5-17

Mal

3,19-24

Ma]
Giob

4,1-6
39,31-35
40.1-19
40,20-27
40,28
41.1-25

Mal

3,19-24

Giob

40.1-5
40.6-24
40,25-32
41.1
41.2-26

Eccle

7J
7,2-30

Eccle

6,12
7.1-29

Dan

3,31-33
5,31
6,1-28

Dan

3,98-100
6,1
6.2-29

Neem

3,33-38
4.1-17

Giob

40.1-5
40,6-24
40,25-32
41,1
41.2-26

Eccle

6,12
7,1-29

Dan

Necm

lCron

3,31-33
6,1
6,2-29
3,33-38
4,1-17
10,1
10,2-40
5,27-41

Neem

lCron

XVI

IN T R O D U Z IO N E

10.2-40
lCron

5,27-41
(6,1-15)
6 1-66
(6,16-81)
12,4-5
12.641

2Cron

1,18
2,1-17
13.23
14,1-14

12,4
12,5-40

12,4-5
12,6-41
1,18
2,1-17
13,23
14,1-14

6,1-15

10.1

6,16-81

6,1-66

2Cron

4.1-6
4,7-23
9,38
10.1-39

2Cron

2,1
2,2-18
14,1
14,2-25

F. Osservazioni sul primo volume

Leditore si sente in dovere di ringraziare Villustre collega prof. D.C. Westermann di Heidel
berg, il cui interessamento ha reso possibile ladesione di gran parte dei circa quaranta colla
boratori di questo primo volume del DTAT; a lui si devono anche il progetto dellopera e i ne
cessari collegamenti con la casa editrice. Il fatto che i collaboratori rappresentino soprattutto
due distinte regioni geografiche, e cio Heidelberg e la Svizzera, dovuto a situazioni personali,
tuttavia contributi provengono da circa dieci paesi.
I manoscritti degli autori di lingua straniera sono stati tradotti dalPeditore. Egli ha rielaborato
gli articoli per dar loro una forma unitaria; tutti i manoscritti sono stati perci ricomposti. Si
usato spesso del diritto, in precedenza concordato, di poter operare mutamenti, anche di con
tenuto (nei casi pi importanti dopo aver interpellato lautore), meno per togliere che per ag
giungere; le aggiunte delfeditore, quando divergevano abbastanza dal lato tematico o quando
sono state apportate in vista dellimpostazione generale del dizionario (inserzione di sinonimi
ecc.), e perci non volevano essere una critica al contributo dellautore, sono state indicate con
un * (* accanto a cifre o lettere che indicano paragrafi si riferisce al relativo paragrafo, * dopo
un capoverso si riferisce solo ad esso). In tal senso stato quindi necessario intervenire soprat
tutto nelle prime due parti delle singole voci; solo leditore inoltre responsabile della revisione
dei dati statistici. Poich la correttura delle bozze stata effettuata dagli autori solo per le voci
pi lunghe, le sviste e gli errori di stampa anche in questo caso sono a carico delleditore.
Un ringraziamento particolare va infine al dott. Thomas W illi (ora in Eichberg, cantone di San
Gallo), al dott. Gerhard Wehmeier (ora in Dharwar, Mysore St., India) e a Matthias Su ter, che
leditore ha avuto accanto a s luno dopo laltro come assistenti e che fin dalla fine del 1968
si sono assunti il faticoso compito di controllare i testi e di correggere le bozze.
Basilea, aprile 1971

Ernst Jenni
* Per il voi. X i cfr. p. [4(4].

NOTA DELL'EDITORE ITALIANO


Ne/redizione italiana del DTA Tsi sono ovviamente omessi tutti quei riferimenti specifici alia lingua
tedesca che risulterebbero privi di senso, se non addirittura incomprensibili, qualora fossero tra
sposti in un1altra lingua. Quando stato possibile, si cercato tuttavia di compensare tali omissioni
con adattamenti analoghi alla lingua italiana di quello che nelledizione originale strettamente
legato alla configurazione linguistica del tedesco. Questo vale anche per alcuni riferimenti che ven
gonofatti nelledizione originale alla versione tedesca della Bibbia di Zurigo (Zurcher Bibel), i quali
restano comprensibili solo allinterno del patrimonio storico-linguistico del tedesco.
Per quanto riguarda fa parte bibliografica, si indicata la corrispondente versione italiana delie
voci del Theologisches Wrterbuch zum Neuen Testameni ( Grande Lessico del Nuovo Testa
mento), almeno per la parte finora tradotta (voli. I-XIV.
/ nomi propri (di persona e di luogo) sono citati secondo la versione della Bibbia della Conferenza
Episcopale Italiana (CEl), che alle pp. XVs. sostituisce anche la RSV(Revised Standard Verson)
deir edizione originale.
Gjm Lujgj Pfa(0
Aprile 1978
IN T R O D U Z IO N E

X V II

ABBREVIAZIONI

Libri della Bibbia


Ab
Abd
Agg
Am
Apoc
Atti
Bar
Cant
Col
l/2Cor
l/2Cron
Dan
Deut
Dtis
Dtzac
Ebr
Eccle
Ecdt
Ef
Es
Esd (3Esd)
Est
Ez
Fil
Filem
Gal
Gen
Ger
Giac
Giob
Gioe
Giona
Gios
Giud
Giuda

Abacuc
Abdia
Aggeo
Amos
Apocalisse di S. Giovanni
Alti degli Apostoli
Baruc
Cantico dei Cantici
Lettera ai Colossesi
Lettere ai Corinti
Cronache
Daniele
Deuteronomio
Deuteroisaia
Deuterozaccaria
Lettera agli Ebrei
Ecclesiaste
Ecclesiastico
Lettera agli Efesini
Esodo
Esdra
Ester
Ezechiele
Lettera ai Filippesi
Lettera a Filemone
Lettera ai Galati
Genesi
Geremia
Lettera di S Giacomo
Giobbe

Giele
Giona
Giosu
Giudici
Lettera di S. Giuda

Giudit
Gv
l/2/3Gv
Is
Lam
Le
LettGer
Lev
l/2/3Mac
Me
Mal
Mi
Mt
Nah
Neem
Num
OrMan
Os
l/2Piet
Prov
l/2Re
Rom
Rut
Sai
l/2Sam
Sap
Sof
SDan
SEst
l/2Tess
l/2Tim
Tito
Tob
Tritois
Zac

Giuditta
Giovanni
Lettere di S. Giovanni
Isaia
Lamentazioni
Luca
Lettera di Geremia
Levitico
Maccabei
Marco
Malachia
Michea
Matteo
Nahum
Neemia
Numeri
Preghiera di Manasse
Osea
Lettere di S. Pietro
Proverbi
Libri dei Re
Lettera ai Romani
Rut
Salmo/i
Libri di Samuele
Sapienza
Sofonia
Supplementi a Daniele
Supplementi a Ester
Lettere ai Tessalonicesi
Lettere a Timoteo
Lettera a Tito
Tobia
Tritoisaia
Zaccaria

Commentar/ citati in abbreviazione


Gen:
Es:
Lev:
Num:
XVI li

G.vori Rad, ATD 2-4, 1949-52;C.Westermann, BK I, 1966ss.


M.Noth, ATD 5, 1959.
M.Noth, ATD 6, 1962; K.EIliger, HAT 4,
1966.
M.Noth, ATD 7, 1966.
A B B R E V IA Z IO N I

Deut:
Gios:
IRe;
Is:
Dtis:
Ger:
Ez:
Os:
Gioe, Am:
Sai:
Giob:
Prov:
Rut, Cant:
Eccle:
Lam:
Est:
Dan:
Esd, Neem:
l/2Cron:

G.von Rad, ATD 8, 1964.


M.Noth, HAT 7, *1953.
M.Noth, BK IX /1, 1968.
0 .Kaiser, ATD 17, 1960; H.Wildberger, BK X, 1965ss.
C.Westermann, ATD 19, 1966; K.Elliger, BK XI, 1970ss.
W.Rudolph, HAT 12, T968 (numerazione delle p. diversa rispetto a *1958).
G.Fohrer~K.Galling, HAT 13, 1955; W.Eichmdt, ATD 22, 1959/66;
W.Zimmerli, BK XIII, 1969.
H.W.Wolff, BK XIV/1, 1961; W.Rudolph, KAT XIII/1, 1966.
H.W.Wolff, BK XIV/2, 1966.
H.-J. Kraus, BK XV, 1960.
G.Fohrer, KAT XVI, 1963; F.Horst, BK XVI/1, 1968.
B.Gemser, HAT 16, ,1963; H.Ringgren, ATD 16/1, 1962.
W.Rudolph, KAT XVII/1.2, 1962; G.Gerleman, BK XVIII, 1965;
E.Wirthwein, HAT 18, *1969.
W.Zimmerli, ATD 16/1, 1962; H.W.Hertzberg, KAT XVII/4, 1963;
K.Galling, HAT 18, T969.
H.-J.Kraus, BK XX, I960; W.Rudolph, KAT XVII/3, 1962;
O.Plger, HAT 18,21969.
H.Bardtke, Kat XVII/5, 1963; G.Gerleman, BK XXI, 1970ss.
A.Bentzen, HAT 19, 1952; O.Plger, KAT XVin, 1965.
W.Rudolph, HAT 20, 1949.
W.Rudolph, HAT 21, 1955.

Testi di Qumran
Per le sigle comunemente usate cfr. D.Bartblemy-J.T.Milik, Qumran Cave I, = DJD I, 1955, 46s.;
Ch.Burchard, Bibliographie zu den Handschriften vom Toten Meer, 1957, 114-118; O.Eissfeldt, Einleitung in das AT>11964,875; G.Fohrer (-E.Sellin), Einleitung in das AT, i#1965, 544-547; L.Moraldi,
I manoscritti di Qumran, 1971,739; i testi extrabiblici pi importanti sono (cfr. Die Texte aus Qumran.
Hebrisch und deutsch, hrsg. von E.Lohse, 1964):
CD
1QH
1QM
lQpAb
1QS
lQsb
4QF1

Documento di Damasco
Hodajoth, Inni.
Regola della guerra.
Commento ad Abacuc.
Regola della comunit.
Raccolta di benedizioni.
Florilegio.

Testi ugaritici
I testi vengono citati provvisoriamente ancora secondo il sistema di C.H.Gordon, Ugaritic Textbook,
1965, indicando tra parentesi le abbreviazioni proposte da Eissfeldt (cfr. J.istleitner, Wrterbuch der
ugaritischen Sprache, 1967, 348-356: concordanza e luogo della prima pubblicazione dei testi). Per la
trasposizione nelle sigle, oggi diffuse, delledizione di A.Herdner, Corpus des tablettes en cuniformes
alphabtiques, 1963 (= CTA), si possono utilizzare le tavole di Herdner, Le., XIX-XXXIV, oppure p.e.
di H.Gese (et alii), Die Religionen Altsyriens..., 1970, 231s. Le abbreviazioni significano:
AB
Aqht
D
K, Krt
MF
NK
SS

Ciclo di Anat e di Baal.


Testo di Aqhat.
Testo di Aqhat.
Testo di Keret.
Frammenti mitologici.
Poema di Nikkal.
Testo di Sahr e Salim.
A B B R E V IA Z IO N I

X IX

Segni
* (davanti ad una forma)
* (prima o dopo un paragrafo)
>
<
X

vedi (rimando ad unaltra voce),


forma ottenuta per deduzione e non attestata,
da attribuirsi alleditore (vd.sp, p. XVII).
trasformato in.
derivato da.
volte (p.e/. ... compare 18x = 18 volte).

Abbreviazioni bibliografiche e comuni


AANLR
AbB
ABR
a,C
acc.
accus.
AcOr
ad l.
af.
AfO
agg*
A^
AHw
AION
AIPHOS
AJSL
al.
ALBO
Alt, KS I-ni
ALUOS
a m.a.
amor.
ANEP
ANET
AO
AOB
AOT
arab.
aram.
aram. bibl.
ARM
ArOr
art.
ARW
ass,
Ass.Mos.
assol.
ASTI
AT; A.T.
XX

A B B R E V IA Z IO N I

Atti della Accademia Nazionale dei Lincei. Rendiconti.


Altbabylonische Briefe in Umschrift und Ubersetzung. Hrsg. von
F.R.Kraus. Heft lss., 1.964ss.
Australian Biblical Review.
avanti Cristo.
accadico.
accusativo.
Acta Orientalia.
ad locum. .
aPel.
Archiv fur Orientforschung.
aggettivo; aggettivale.
romanzo aramaico di Ahiqar ( Cowley).
W.von Soden, Akkadisches Handwrterbuch, 1959ss.
Annali dellIstituto Universitario Orientale di Napoli.
Annuaire de lTnstitut de Philologie et dHistoire Orientales et Slaves.
American Journal of Semitic Languages and Literatures.
altro/i.
Analecta Lovaniensia Biblica et Orientalia,
.
A.Alt, Kleine Schriften, Bd. 1,T963; Bd. 2, J1964; Bd. 3, 1959.
Annual of th Leeds University Orientai Society,
a mio avviso.
amorritico; amorreo.
The Ancient Near East in Pictures Relatng to th Old Testament. Ed.
by J.B.Pritchard. 1954.
Ancient Near Eastern Texts Relating to th Old Testament. Ed. by
J.B.Pritchard. 21955.
Antico Oriente.
Altorientalische Bilder zum Alten Testament. Hrsg. von H.Gressmann.
21927.
Altorientalische Texte zum Alten Testament. Hrsg. von H.Gressmann.
*1926.
arabo.
aramaico.
aramaico biblico.
Archives Royales de Mari.
Archiv OrientlnL
articolo.
Archiv fur Religionswissenschaft.
assiro.
Assumptio Mosis.
assoluto.
Annual of th Swedish Theological Institute.
Altes Testament; Ancien Testament; Antico Testamento.

ATD
AThR
atl.
att.
avv.

Das Alte Testament Deutsch. Hrsg. von (V.Herntrich und) A.Weiser.


Anglicaa Theological Review.
alttestamentlich (= vtrt.).
attivo.
avverbio; avverbiale.

BA
bab.
Barr, CPT
Barth
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BBB
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Begrich, GesStud
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The Biblical Archaeologist.


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J.Barth, Die Nominalbildung in den semitischen Sprachen. T894
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Bortner Biblische Beitrge.
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Biblisch-Historisches Handwrterbuch. Hrsg. von B.Reicke und L.Rost.
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ITI, i960 (vd. anche Meyer).
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Biblische Zeitschrift.

BeO
Bergstr. I-If
Bergstr. Einf.
Bertholet
BEThL
BFChrTh
BH1
BMH I-UI
BHS
Bibl
bibliogr.
BiOr
BJRL
BK
BL
BLA
Blass-Debrunner
BLex1
BM
BMAP
Bohl
Bousset-Gressmann
Biesciani-Kamil
BRL
Bronno
BrSynt
BSOAS
Buccellati
Burchardt H I
BWA(N)T
BWL
BZ

ARRRFVIAZlONl

XXI

RZAW
BZNW

Beiheft zur Zeitschrift fur die alttestamentliche Wissenschaft.


Beiheft zur Zeitschrift fur die neutestamentiiche Wissenschaft.

c
c.
CAD

cum.
capitulum; capitolo.
The Assyrian Dictionary of th Orientai Institute of th University of
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cananaico.
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cosiddetto.
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Cronista; cronistico.
costrutto
Communio Viatorum.

Calice
can.
CBQ
cd
cfr.
CIS
cj
class.
cod.
col.
comm.
comp.
Conti Rossini
Cooke
copt.
Cowley
CRAIBL
Cron.; cron.
cs.
CV
D
DAFA
Dahood, Proverbs
Dahood, UHPh
Dal man
Dalman, AuS I-VII
dat.
dattii.
d.C.
dei
Delitzsch
Deut
Dhorme
Diilmann
din.
Dirnger
DISO
DJD
Driver, AD
Driver, CML
Driver-Miles III
Drower-Macuch
dL
Dtis
XXU

A B B R E V IA Z IO N I

coniugazione intensiva (con raddoppiamento della seconda radicale).


R.Blachre-M.Choumi-C.Denizeau, Dictionnaire arabe-frangais-anglais
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dtn.
Dtr.; dir.
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Beaibeitet von der Dudenredaktion unter Leitung von P.Grebe. Der Grosse
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E
EA

fonte elohista (del Pentateuco).


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edidit; edited; edito,
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escluso,
e simile/i.
etiopico.
Expository Times,
et cetera.
Ephemeridcs Theologicae Lovanienses.
etpeel
eventualmente.
Evimgelische Theologie.

ebr.
ecc.
ed.
edit.
eg.
egitt.
Eichrodt 1IH
Eissfeldt, KS
EKL
Ellenbogen
ELKZ
Erman-Grapow
esci.
e sim.
et.
ET
etc.
EThL
etpe.
ev.
EvTh
fase.
fem.
fen.
FF
FGH
Fitzmyer, Gen.Ap
Fitzmyer, Sef.
f. la.
f. gli a.
Fohrer, Jes. I-III
Fraenkel
framm.
frane.
Friedrich
FS
FS AIbright 1961
FS Alleman 1960

fascicolo,
femminile,
fenicio.
Forschungen und Fortschritte.
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fra laltro,
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A B B R E V IA Z IO N I

XX1J1

FS Alt 1953
FS Baetke 1964.
FS Bardtke 1968.
FS Basset 1928
FS Baudissin 1918
FS Baumgrtel 1959
FS Bauragartner 1967
FS
FS
FS
FS
FS

Beer 1933
Bertholet 1950
Browne 1922
Christian 1956
Davies 1970

FS
FS
FS
FS
FS
FS
FS

Delekat 1957
Driver 1963
Dussaud 1939
Eichrodt 1970
Eilers 1967
Eissfeldt 1947
Eissfeldt 1958

FS
FS
FS
FS
FS
FS
FS
FS
FS
FS

Friedrich 1959
Galling 1970
Gaster 1936
Grapow 1955
Haupt 1926
Heim 1954
Hermann 1957
Hermann 1960
Hertzberg 1965
Herwegen 1938

FS Irwin 1956
FS
FS
FS
FS
FS
FS
FS

Jacob 1932
Junker 1961
Kahle 1968
Kittei 1913
Kohut 1897
Kopp 1954
Koschaker 1939

FS
FS
FS
FS

Landsberger 1965
Lvy 1955
Meiser 1951
Mowinckel 1955

FS Neuman 1962
FS Ntscher 1950
FS Pedersen 1953
FS Procksch 1934
XXIV

Geschichte und Altes Testament. 1953.


Festschrift W.Baetke. Dargebracht zu seinem 80, Geburtstag am 28. Marz
1964. Hrsg. von K.Rudolph, R.Heller und E.Walter. 1966.
Bibel und Qumran. 1968.
Mmorial H.Basset. 1928.
Abhandlungen zur semitischen Religionskunde und Sprachwissenschaft.
1918.
Festschrift F;Baumgartel zum 70. Geburtstag. 1959.
Hebrische Wortforschung. Festschrift zum 80. Geburtstag von
W.Baumgartner. SVT 16, 1967.
Festschrift filr G.Beer zum 70. Geburtstag. 1933.
Festschrift fur A.Bertholet. 1950.
Orientai Studies. 1922.
,
Vorderasiatische Studien. Festschrift fir V.Christian. 1956.
Proclamation and Presence. Old Testament Essays in Honour of
G.H.Davies. 1970.
Libertas Christiana. F.Delekat zum 65. Geburtstag. 1957.
Hebrew and Semitic Studies presented to G.R. Driver. 1963.
Mlanges syriens offerts R.Dussaud. 1939.
Wort-Gebot-Glaube. W.Eichrodt zum 80. Geburtstag. 1970.
Festschrift fur W.Eilers. 1967.
Festschrift O,Eissfeldt zum 60. Geburtstag. 1947.
Von Ugarit nach Qumran. Beitrge... O.Eissfeldt zum 1. September 1957
dargebracht. 1958.
Festschrift fur J.Friedrich. 1959.
Archeologie und Altes Testament. Festschrift fur K.Galling. 1970.
M.Gaster Anniversary Volume. 1936.
gyptologische Studien H.Grapow. 1955.
Orientai Studies, published in Commemoration... of P.Haupt. 1926.
Theologie als Glaubenswagnis. 1954.
Solange es Heute heisst. Festgabe fir Rudolf Hermann. 1957.
Hommage L.Herrmann. Collection Latomus 44, 1960.
Gottes Wort und Gottes Land. 1965.
Heilige berlieferung. I.Herwegen zum silbernen Abtsjubilum darge
bracht. 1938.
A Stubbom Faith. Papers... Presented to Honor W.A.Irwin. Ed. by
E.C.Hobbs, 1956.
Festschrift G.Jacob. 1932.
Lex tua veritas. Festschrift fir H Junker. 1961.
In memoriam P.Kahle. BZAW 103, 1968.
Alttestamentliche Studien, RKittel dargebracht. BWAT 13, 1913.
Semitic Studies in Memory of A. Kohut. 1897.
Charisteria l.Kopp octogenario oblata. 1954.
Symbolae P.Koschaker dedicatae. Studia et documenta ad iura Orientis
Antiqui pertinentia 2, 1939.
Studies in Honor of B.Landsberger on his seventy-fifth Birthday. 1965.
Mlanges I.Lvy. 1955.
Viva vox Evangelii, Festschrift Bischof Meiser. 1951.
Interpretationes ad Vetus Testamentum pertinentes S.Mowinckel septuagenario missae. 1955.
Studies and Essays in Honor of A.A.Neuman. 1962.
Alttestamentliche Studien. F.Ntscher zum 60. Geburtstag gewidmet,
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Studia Orientalia J.Pedersen dicala. 1953.
Festschrift O.Procksch. 1934.

A B B R E V IA Z IO N I

FS
FS
FS
FS
FS

von Rad 1961


Rinaldi 1967
Robert 1957
Robinson 1950
Rost 1967

FS
FS
FS
FS
FS
FS
FS
FS
FS
FS
FS
FS
FS
FS

Rudolph 1961
Sachau 1915
Schmaus 1967
Schmid t 1961
Sellin 1927
Sohngen 1962
Thomas 1968
Thomsen 1912
Vischer 1960
Vogel 1962
Vriezen 1966
Wedemeyer 1956
Weiser 1963
Wellhausen 1914

G
GA ecc.
. GAG
GB
gen.
GenAp
Gesenius, Thesaurus
GesStud
giaud.
Gilg.
giud.
GK
GLNT
gr.
Grapow
Gray, I .egacy
Grondahl
Gt; Gtn
GThT
Gulkowitsch
Gunkel, Gen
Gunkel-Begrich
GVG

H
ha.

Studien zur Theologie der alttestamentlichen Uberiieferungen. 1961.


Studi suirOriente e la Bibbia, offerti a! P.G.Rinaldi. 1967.
Mlanges bibliques. Rdigs en lhonneur de ARobert, 1957.
Studies in Old Testament Prophecy. Presented to Th.H.Robinson. 1950.
Das feme und das nahe Wort. Festschrift L.Rost zur Vollendung seines
70. Lebensjahres am 30. November 1966 gewidmet. BZAW 105, 1967.
Verbannung und Heimkehr. 1961.
Festschrift W.Sachau zum siebzigsten Geburtstage gewidmet. 1915.
Wahrheit und Verkiindigung. M.Schmaus zum 70. Geburtstag. 1967.
Festschrift Eberhardt Schmidt, hrsg. von P.Brockelmann... 1961.
Beitrge zur Religionsgeschichte und Archologe Palstinas. 1927.
Einsicht und Glaube. G.Shngen zum 70. Geburtstag. 1962.
Words and Meanings. Essays presented to D.W.Thomas. 1968.
Festschrift V.Thomsen zur Vollendung des 70. Lebensjahres. 1912.
Hommage W.Vischer. 1960.
Vom Herrengeheimnis der Wahrheit. 1962.
Studia biblica et semitica. Th.C.Vriezen... dedicata. 1966.
Sino-Japonica. Festschrift A.Wedemeyer zum 80. Geburtstag. 1956.
Tradition und Situation. A,Weiser zum 70. Geburtstag. 1963.
Studien... J.Wellhausen gewidmet. BZAW 27, 1914.

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.
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Gesammelte Studien.
giaudico.
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haPel.
A B B R E V IA Z IO N I

XXV

HAL

HThR
HUCA
HufTmon

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ibid.
id.
IDB I-IV
ide.
1EJ
imp.
impf.
impf, cons.
incl.
ind.
ingl.
inf.
ins.
isr.
itp.
itpa.
itt.

ibidem,
idem.
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indoeuropeo.
Israel Exploration Journal.
imperativo.
imperfetto.
imperfetto consecutivo.
incluso.
indice.
inglese.
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J
JA
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Harris
HAT
Haussig I
HdO
Herdner, CT(C)A

Hermop.

hi.
hitp.
hitpe.
hitpo.
ho.
Hrsg.; hrsg.
HSAT

JAOS
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JBL
JCS
JE
Jenni, HP
XXVI

A B B R E V IA Z IO N I

JEOL
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JJSt
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K
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Kluge
Khler, Theol.
Knig
Knig, Syntax

KS
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Kuhn, Konk.

L
L
I
Lambert, BWL
Lande
Lane 1VITI
lat.
I.c.
I^eander
van der Leeuw
Leslau
,
Levy
Levy I-IV
de Liagre Bohl
Lidzbarski, NE
Lidzbarski, KI
Lis.
Littmann-Hfner
LS
LXX

Jaarberichl van het Vooraziatisch-Egyptisch Gezelschap (Genootschap)


Ex Oriente Lux.
jifil.
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A B B R E V IA Z IO N I

X X V II

mand,
Mand.
MAOG
masc.
MDA1
Meyer
Midr.
mill.
MIO
moab.
Montgomery, Dan.
Montgomery, Kings
Moscati, EEA
Moscati, Introduction
Muson
MUSJ
n.
nab.
NAWG
NE
NedGerefTTs
NedThT
NF; N.F.
ni.
,
nitp.
NKZ
Noldeke, BS
Nldeke, MG
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nr.
NS; N.S.
NT
ntl.
nts.
NTS
NTT
Nyberg

nota,
nabateo.
Nachrichten (von) der Akademie der Wissenschaften in Gottingen.
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Nederduitse Gereformeerde Teologiese Tydskrif.
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nitpa'el
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neutestamentlich (= nts.).
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Norsk Teologisk Tidsskrift.
H.S. Nyberg, Hebreisk Grammatik. 1952.

ogg.
opp.
OLZ

oggetto,
oppure.
Orientai istische Literaturzeitung.

Noth, OPt
Noth Gl
Noth GesStud 1-11

X X V tlI

A B B R E V IA Z IO N I

OrAnt
OrNS
o sim.
OT; O.T.
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OuTWP
ov.

Oriens Antiquus.
Orientalia (Nova Series).
o simile/i.
Old Testament; Oude Testament.
Oudtestamentische Studien.
Die Ou Testamentiese Werkgemeenskap in Suid-Afrika Pretoria,
ovvero.

p
p
pa.
pai.
pai. crist.
palm.
pap,
par.
part.
particol.
parz.
pass.
Payne Smith
p.e.
Pedersen, Israel I-IIJfll-lV
PEQ
perf.
pers.
persi.
pi.
PJB
plur.
Poen,
poi.
pr.
prep.
prof.
prol.
propr.
prps
prst.
PRU
pu,
pun.

fonte sacerdotale (de! Pentateuco).


pagina.
pael.
palestinese.
palestinese cristiano.
palmireno.
papiro,
parallelo/i.
participio,
particolarmente.
parzialmente.
passivo.
R. Payne Smith, Thesaurus Syriacus, voi. 1-2, 1868-97.
per esempio.
J. Pedersen, Israel, Its Life and Culture, voi. 1-2, 1926; voi. 3-4, 1934.
Palestine Exploration Quarterly.
perfetto.
persona.
persiano.
pPel.
Palastinajahrbuch.
plurale.
Plauto, Poenulus (vd. anche Sznycer).
polel.
pr,
preposizione.
profetico.
prologo.
propriamente.
propositus, -a, -um.
prestito (parola importala).
Le Palais Royal dUgarit. Voi. 2-6, 1955-70.
pu'al.
punico.

Q
q.
qlcn.
qlcs.

qere.
qal.
qualcuno,
qualcosa.

r.
RA, RAAO
RAC
von Rad I-Il

riga.
Revue dAssyriologie et dArcheologie Orientale.
Reollexikon fur Antike und Christentum. 1950ss.
G. von Rad, Theologie des Alten Testaments. Bd. 1 ,51966; Bd.2, '1965
(trad. italiana: Teologia deHAntico Testamento. Voi. 1,1972; voi. 2,
1974).
A B B R E V IA Z IO N I

XXIX

von Rad, Gottesvolk


von Rad, GesStud
RB
REJ
re!,
RES
rev,
RGG I-VI
RHPhR
RHR
risp.
RivBibl
Rost, KC
RQ
RS
RScPhTh
RSO
s.
s.
SAB
SAHG
sam.
se,; scil.
Schott
sec.
Sef. 1-01
Sellin-Fohrer
Sem
' sem.
semNO.
semO.
sgg.
sign.
sim.
sing.
sir.
sogg.
sopratt.
sost.
sp.
spec.
ss.
st.
st(at).
Stamm, AN
Stamm, HEN
SThU
StOr
XXX

A B B R E V IA Z IO N I

G. von Rad, Das Gottesvolk im Deuteronomium. 1929.


G. von Rad, Gesammelte Studien zum Alten Testament. T965.
Revue Biblique.
Revue des tudes Juives.
relativo; relativamente.
Rpertoire dpigraphie smitique.
reverse (rovescio).
Religion in Geschichte und Gegenwart. Hrsg. von K. Galling. Bd. 1-6,
J1957-62.
'
Revue dHistoire et de Philosophie religieuses.
Revue de lHistoire des Religions.
rispettivamente.
Rivista Biblica Italiana.
L, Rost, Das kleine Credo und andere Studien zum Alten Testament.
1965.
Revue de Qumran.
Ras Samra (testi citati secondo la numerazione di scavo; vd. anche PRU).
Revue des Sciences Philosophiques et Thologiques.
Rivista degli Studi Orientali.
seguente,
saPel.
Sitzungsberichte der Deutschen Akademie der Wissenschaften zu
Berlin.

A. Falkenstein-W. von Soden, Sumerische und akkadische Hymnen und


Gebete. 1953.
samaritano,
scilicet, cio.
Das Gilgamesch-Epos. Neu iibersetzt und mit Anmerkungen versehen
von A. Schott. Durchgesehen und ergnzt von W. von Soden. 1958.
secolo,
steli di Sefire (o Slre) ITII (vd. anche Fitzmyer, Sef.).
Einleitung in das Alte Testament. Begriindet von E. Sellin, vollig neu bearbeitet von G. Fohrer. 1965.
Semitica.
semitico,
semitico nordoccidentale.
semitico occidentale,
saggio,
significato,
simile/i.
singolare,
siriaco,
soggetto,
soprattutto,
sostantivo,
sopra,
specialmente
seguenti,
sotto.
stato; assol. (assoluto); cs. (costrutto); enf (enfatico).
. J.J. Stamm, Die akkadische Namengebung. *1968.
J.J. Stamm, Hebraische Erstatznamen, FS Landsberger 1965, 413-424.
Schweizerische Theologische Umschau.
Studia Orientalia.

StrB I-VI
StTK
sum.
Suppl
s.v.
SVT
Sznycer

Tallqvist
talv.
Targ. Jon.
ted.
teol.
TGI; TGP
TGUOS
ThBI
ThBNT
ThLZ
ThQ
ThR
ThSt
ThStKr
Th Studies
ThT
ThW
ThZ
tigr.
TM
Tri p,
txt?
txt em
UF
ug.
Ugaritica V
UJE
UT
v.
VAB
vang. '
de Vaux I-II
VD
vd.
vers.
voi.
Vriezen, Theol.

(H.L.Strack-) P.Billebeck, Kommentar zum Neuen Testament aus Tal


mud und Midrasch. Bd. 1-6, 1923-61.
Studia Theologica.
sumero; sumerico.
Supplementi Supplemento,
sub voce.
Supplements to Vetus Testamentum.
M. Sznycer, Les passages puniques en transcription latine dans le Poenutus de Plaute. 1967,
K.Tallqvist, Akkadische Gtterepitheta. 1938.
talvolta.
Targum Jonathan.
tedesco.
teologia; teologico.
K.Galling (ed.), Textbuch zur Geschichte Israels. 950; 21968.
Transactions of th Glasgow University Orientai Society.
Theologische Bltter.
Theologisches Begriffslexikon zum Neuen Testament. Hrsg. von L.Coenen, E.Beyreuther, H.Bietenhard. 1967ss.
Theologische Literaturzeitung.
Theologische Quartalschrift.
Theologische Rundschau.
Teologische Studien.
Theologische Studien und Kritiken.
Theological Studies.
Theologisch Tijdschrift.
G.Kjttel-G.Friedrich (ed.), Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament. Bd. lss., 1932ss. (trad. italiana: vd. GLNT).
Theologische Zeitschrift.
vd. Littmann-Hfner.
testo masoretico (vd. anche BH3).
Tripolitania. (Testi dalla Tripolitania; numerazione secondo G.Levi della
Vida, cfr. DISO XXVHI).
testo incerto opp. corrotto.
textus emendatus; textus emendandus.
Ugarit-Forschungen.
ugaritico.
J.Nougayrol-E.Laroche-C-Virolleaud-C.F.A.Schaeffer, Ugaritica
1968.

The Universal Jewish Encyclopedia, ed. da L.Landman. 1948.


C.H.Gordon, Ugaritic Textbook. 1965.

V.

verso.
Vorderasiatische Bibliothek.
vangelo.
R. de Vaux, Les instilutions de TAncien Testament. Voi. 1-2, 1958-60
(trad. italiana: Le istituzioni delTAntico Testamento, 1964).
Verbum Domini,
vedi,
versione/i.
volume.
Th. C.Vriezen, Theologie des Alten Testaments in Grundziigen. 1957.
A B B R E V IA Z IO N I

XXXI

Vetus Testamentum.
veterotestamentario.

VT

vtrt.
Wagner
WdO
Wehr
WKAS
Wolff, GesStud
WuD
WUS
WZ
WZKM
XII

M.Wagner, Die lexikalischen und grammatikalischen Aramaismen im


alttestamentlichen Hebrisch. 1966.
Welt des Orients.
II.Wehr, Arabisches Wrterbuch fur die Schriftsprache der Gegenwart.
"1959-68.
M.Ullmann (ed.), Wrterbuch der klassischen arabischen Sprache.
1957ss.
H.W.Wolff, Gesammelte Studien zum Alten Testament. 1964.
Wort und Dienst (Jahrbuch der Theologischen Schule Bethel)
.T.Aistleitner, Wrterbuch der ugaritischen Sprache. Hrsg. von O.Eiss
feldt. 31967.
Wissenschaftliche Zeitschrift.
Wiener Zeitschrift Fr die Kunde des Morgenlandes.
Dodici profeti minori (Os-Mal).
i

Yadin

Y. Yadin, The Scroll of th War. 1962.

ZA
ZS
ZAW
ZDMG
ZDPV
ZEE
Zimmerli, GO

Zeitschrift fiir Assyriologie.


Zeitschrift fur gyptische Sprache und Altertumskunde.
Zeitschrift fiir die alttestamentliche Wissenschaft.
Zeitschrift der Deutschen Morgenlndischen Gesellschaft.
Zeitschrift des Deutschen Palastina-Vereins.
Zeitschrift fur evangelische Ethik.
W.Zimmerli, Gottes OfTenbarung. Gesammelte Aufsatze zum Alten Te
stament. 1963.
H.Zimmern, Akkadische Fremdwrter. 21917.
Zeitsclirift fur Kirchengeschichte.
Zeitschrift fiir die neutestamentliche Wissenschaft.
F. Zorell, Lexicon Hebraicum et Aramaicum Veteris Testamenti. 1968.
Zeitschrift fur Religions- und Geistesgeschichte.
Zeitschrift fr Semitistik.
Zeitschrift fiir Theologie und Kirche.

Zimmern
ZKG
ZNW
Zorell
ZRGG
ZS
ZThK

XXX11

A B B R E V IA Z IO N I

3K 'ab PADRE
1/ Il termine *'ab- padre con due radicali
(GVG 1,331; BL 450.524) appartiene al semitico
comune, al pari degli altri vocaboli di parentela
('m m adre, bri figlio, h fra
tello ). Come 'm madre e i propri corrispon
denti in molte lingue unespressione del linguag
gio infantile (L.Kohler, ZAW 55, 1937, 169-172;
id., JSS 1, 1956, 12s.); quindi errato pensare ad
una derivazione da una radice verbale (p.e. bh
volere ).

Ebr.
Zac
Mal
Sai
Giob
Prov
Rut
Lam
Est
Dan
Esd
Neem
lCron
2Cron

sing.

plur.

totale

2
3
5
6
23
3
l
3

5
4
14
3
3

7
7
19
9
26
3
2
3

1 "
60
58

14
19
46
65

14
20
106
123

1
2

5
2

491
3

1211
7

Nellebr. dellAT non si hanno derivati dal termine pri


mitivo (astratti, aggettivi, diminutivi, forme particolari
di apostrofe); cfr. invece Taccadico abbtu paternit
(AHw 6a; CAD A/I,50s.), in genere in senso traslato
( comportamento paterno ; abbuia epsu/sabtu/ahzu = intercedere ), anche in testi di diritto familiare
p.e. a Nuzi per il conferimento della potest familiare
alla moglie dopo la morte delladottante (P.Koschker,
OLZ 35, 1932, 400).
Lastratto attestato anche in fen.: Iscrizione di Karatepe I, r. 12s. (= KAJ nr. 26) ogni re mi ha persino
scelto in paternit (tfbt pUn) per la mia giustizia e per la
mia saggezza e per la bont del mio cuore (Friedrich
91.130; KAI 11,40; DISO 3); in altro modo, ma non si
curo, M.Dahood, Bibl 44, 1963, 70.291; HAL 2a: 'bt
plur. maiestatico, da intendersi in senso singolare anche
in Is 14,21 e Sai 109,14.
hd 'bwf sembra derivare dalfacc abbta ahzu inter
cedere (CAD A/I,178) nel sir. (C.Brockelmann, ZA
17, 1903, 251s.; LS la) e come calco delParam.
neilebr. di Qumran: 1QS 2,9 'hdz bt interces
sore (P.Wernberg-Nteller, VT 3, 1953, 196s.; id., The
Manual of Discipline, 1957, 53s.; E.Y.Kutscher, Tarbiz
33, 1963/64, 125s.).

Aram.
Dan
Esd
AT
ebr.
aram.

11/ La voce 'ab, con pi di 1200 attestazioni, sta


allIT posto nellelenco dei sostantivi pi fre
quenti, dopo dbr e prima di *rr.

Padre designante il genitore maschile sta in re


lazione complementare con madre , e ci deter
mina una seconda e meno marcata opposizione
allinterno del campo sematico. I due termini ven
gono spesso collegati in serie nominali: la succes
sione padre-madre si deve al ruolo preminente del
padre nella famiglia, organizzata secondo il diritto
paterno (G.Quell, ThW V,961ss. = GLNT
IX,1154ss.)._

Nella statistica che segue sono omessi 'Ubi usato come


interiezione (ISam 24,12; 2Re 5,13; Giob 34,36) e lag
giunta delledizione Bombergiana in 2Cron 10,14; si
tiene conto di bi(w) unito al nome personale Hram
(2Cron 2,12; 4,16); in Lis. manca Gen 46,34.
Ebr
Gen
Es
Lev
Nurn
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Giona
Am
Mi

3K 'db PADRE

sng.

plur.

totale

198
10
22
28
20
17
44
48
27
64
31
16
15
13

10
14
3
57
51
18
10
5
1
31
38
5
48
14
1
1
1
1

208
24
25
85
71
35
54
53
28
95
69
21
63
27
1
1
2
2

1
1

720
4

IH /
1/ Nel significato fondamentale padre
(fisico dei propri figli) gi inclusa la correla
zione con figlio/figlia o con i rispettivi plurali;
quindi anche nellAT, tranne che in alcuni casi
dove si ha uso traslato (titolo onorifico, autore
o sim ), il termine non viene mai adoperato senza
questa contrapposizione implicita o esplicita. Non
si verifica nelFAT una riduzione a puro termine di
relazione come in parte nella kunyah araba (p.e,
padre del deserto = struzzo); su 'Jbl-ad di Is
9,5 vd. st. 3.
In quanto termine che esprime una relazione allinterno
della famiglia, il sing. nella quasi totalit dei casi (14/15)
seguito da un genitivo o da un suffisso possessivo; per
ci solo tre volte ha larticolo (con valore generico).

Padre e madre sono in parallelo tra loro in Sai


109,14; Giob 17,14; 31,18; Prov 1,8; 4,3; 6,20; 19,26;
23,22; 30,11.17; Mi 7,6; cfr. inoltre senza rigida costri
zione formale Ger 16,3; 20,14s.; Ez 16,3.45 con inver
sione degli elementi, determinata in parte dal contenuto.
Su 52 serie nominali (elenco in B.Hartmann, Die nomnalen Aufreihungen in AT, 1953, 7, inoltre Lev 20,9b;
Giud 14,6; IRe 22,53; 2Re 3,13; del Ger 6,21) tre presen
tano la successione madre-padre (Lev 19,3; 20,19; 21,2;
sui motivi di tale inversione cfr. Elliger, HAT 4, 256
n. 5).
In alcuni di questi passi si potrebbe in realt sostituire
padre e madre con genitori (Ger 2,24; 28,7; Deut
21,13; Giud 14,2ss.; ISam 22,3; 2Sam 19,38; Zac 13,3.3
con j lcdw che lo hanno generato; Rut 2,11; Est
2,7.7; cfr. LXX e ta Bibbia di Zurigo per Est 2,7). Il plu
rale 1bt usato per genitori solo in epoca postvtrt.;
cfr. lacc. abb (AHw 7b, raro), il sir. *abh e il duale
arab. abawni.

Nel suo significato primario 'ab non viene mai so


stituito da alcun sinonimo.
In ug. oltre al pi frequente ab si usa anche od, adn e htk
per indicare il padre. Inoltre ad (in 52 [= SS], 32.43 ad ad
par. risp. um um e mi mt) sembra essere un vezzeggiativo
(cfr. Driver, CML 123a. 135a: dad [dy] [ pap ]; UT
nr. 71; WUS nr. 73; anche Huffmon 130.156), che
nellambito familiare sostituisce il vocabolo normale. Al
contrario adn signore, padrone sostituisce il termine
che designa il padre in discorsi di riguardo (77[= NIC],33; 125 [= IIK],44.57.60; A.van Selms, Marriage
and Family Life in Ugaritic Literature, 1954, 62.113); di
qui tuttavia non consegue che si possa equiparare diret
tamente dn con padre (contro M.Dahood, CBQ
23, 1961, 463s. per Ger 22,18; 34,5; Prov 27,18; cfr. p.e.
Gen 31,35 allora essa disse a suo padre: mio si
gnore... ). In htk (participio o nome dagente) il signifi
cato primario del verbo (UT nr. 911; WUS nr. 985; aiab.
hataka recidere ) non ancora del tutto chiaro (cfr.
.UllendorfT, JSS 7,1962, 341: circumciser [ circoncisore J Gray, Legacy 71 n. 2). improbabile che la ra
dice compaia in Sai 52,7 (A.F.Scharf, VD 38,1960, 213
222; Dahood, UHP 58: pi. privativo unfather [ ren
dere orfano di padre ]).

A differenza di m (Es 22,29 la madre del bue e


della pecora; Deut 22,6 uccello madre), 'ab non
viene mai riferito ad animali.
2/ Il termine viene usato in senso pi ampio in
tutta larea semitica: da un lato esso si estende agli
antenati (a) e dallaltro include la paternit non fi
sica che si crea con ladozione o sim. (b).
a) Come nellide., non esiste alcun termine speci
fico per nonno , il che potrebbe dipendere da
una situazione sociologica: nella grande famiglia il
pater familias comanda non solo sui figli, ma an
che sui nipoti e i pronipoti (E.Risch, Museum
Helveticum 1, 1944, 115-122).
NelTAT per designare il nonno paterno sufficiente il
semplice 'ab (Gen 28,13 Giacobbe-Abramo; 2Sam 9,7 e
16,3 Meri-Baal-Saul), mentre il nonno materno viene
detto 'ab7irnmck/ padre di tua madre (Gen 28,2 Giacobbe-Betuel).
In acc. si trova ahi abi oppure, con il sandhi, abab (CAD
A/1,70; AHw 7b), anche come n. pers. (sostitutivo)
(Stamm, AN 302; id., 1TEN 422); cfr. inoltre il n. pers.
Afiafioutt; a Dura (F.Rosenthal, Die aramaistische Forschung, 1939, 99 n. 1) e il sir. bbwj (J.B.Segal, BSOAS
16, 1954, 23).
I LXX usano una volta
nonno (Eccli prol
7) e una volta 7irp97t 7rtto<r (bis) nonno (Es 10,6
dove per abt 'abt<zk significa/in base al contesto,
i tuoi antenati ).
Lebr. moderno si serve di "ab zqn avo (cfr. al con
trario Gen 43,27 e 44,20 il vecchio padre ).

Lestensione del termine allascendenza genealo


gica avviene anzitutto con il plur. 'abt, che as
sieme al proprio padre comprende anche il nonno
(Gen 48,15-16 Isacco e Abramo quali padri di
Giacobbe) e il bisnonno (2Re 12,19 Giosafat, loram e Acazia come padri di Ioas) o un numero
indeterminato di generazioni.
In questo significato pi largo di predecessori
3

(cfr. 1abtm hrisdnm Ger 11,10) il termine pos


siede anche dei sinonimi, ossia risnm Lev 26,45;
Deut 19,14, G TraTepsc;, GA TtpTepoi.; Is 61,4;
Sai 79,8) e haqqadmnl (ISam 24,14 collettivo, a
meno che non si debba leggere -nm), e anche
ammlm nellespressione sp ni. ycEf-'amma>krammw riunirsi ai propri antenati (Gen
25,8.17; 35,29; 49,29 txt em. 33; Num 20,24;
27,13; 31,2; Deut 32,50; -am i
Anche il plurale del significato primario ( padri di varie
famiglie) compare s nellAT (Giud 21,22 i padri o i
fratelli delle fanciulle di Silo rapite; Ger 16,3 i loro pa
dri, che li generano ; inoltre unaltra ventina circa di
passi con generica contrapposizione tra la vecchia e la
nuova generazione), ma notevolmente pi raro ri
spetto al significato progenitori , che Funico possi
bile gi solo per ragioni biologiche quando il termine
unito ad un suffisso singolare ( i miei padri ecc.).
Non certo se la forma plurale femminile in -t derivi
dal fatto che 'ab possiede per sua natura solo il singolare
(L.Khler, ZAW 55, 1937, 172). Noldeke, BS 69, sup
pose una formazione analoga a quella del termine polare
*immdt m adri (cos anche GVG 1,449; BL 515.615;
Meyer 11,45; G.Rinaldi, BeO 10, 1968, 24).
Attestazioni del plurale progenitori nelle iscrizioni
del semNO. e in acc. sono riportate in DISO 1 e CAD
A/I,72 (accanto ad abb nellarea semO. anche abbutu).
Lespressione ampliata e rafforzata n i tuoi/suoi padri
n i padri dei tuoi/suoi padri (Es 10,16 del faraone;
Dan 11,24 di Antioco IV) in frase negativa non significa
altro che lintera serie dei progenitori.

Anche il singolare pu assumere il significato di


progenitore (80x), ma allora indica sempre il
progenitore per eccellenza (cfr. Is 43,27 blk hdrTsn), ossia lantenato di un clan (Recabiti Ger
35,6-18), di una stirpe (Dan Gios 19,47; Giud
18,29; Levi Num 18,2), di una categoria professio
nale (Gen 4,21s.22 txt em.; i discendenti di
Aronne lCron 24,19), di una dinastia (Davide
Re 15,3b.I1.24 ecc., 14x), di un popolo (Lsraele:
Abramo Gios 24,3; Is 51,2; Giacobbe Deut 26,5; Is
58,14; tutti e tre i patriarchi lCron 29,18). Mentre
per gli eroi eponimi si pu ancora convenzional
mente parlare di padre (Cam-Canaan Gen
9,18.22; Kamuel-Aram Gen 22,21; Camor-Sichem
Gen 33,19; 34,6; Gios 24,32; Giud 9,28; ArbaAnak Gios 15,13; 21,11; Machr-Galaad Gios 17,1;
lCron 2,21.23; 7,14; cfr. anche nell1allegoria della
Gerusalemme personificata Ez 16,3.45), quando si
tratta di popoli sarebbe meglio tradurre con ca
postipite (figli di Eber Gen 10,21; Moabiti e Am
moniti Gen 19,37s.; Edomiti Gen 36,9,43).
In lCron 2,24.42-55; 4,3-21; 7,31; 8,29; 9,35 (31x) la for
mula x, padre di y (M.Noth, ZDPV 55, 1932, 100;
Rudolph, HAT 2l,13s.) contiene non solo nomi di stirpi
ma anche nomi di luogo.
In Gen 17,4.5 *ab(-)hamn gjtm padre di molti po
poli linsolita forma costrutta determinata dal gioco
di parole con 'abrhm,

b) Lestensione di significato ad una paternit


adottiva si spiega col fatto che la relazione tra fi
glio e padre per sua natura meno diretta di quella
3X 'ab PADRE

tra figlio e madre. Il diritto babilonese non fa dif


ferenza tra la legittimazione di un figlio proprio
nato dalla schiava e ladozione di un figlio altrui
(Driver-Miles 1,351.384). Tuttavia, prescindendo
dalluso puramente metaforico, il termine ab
viene usato molto raramente nel senso di una pa
ternit non fisica, come del resto anche ladozione
in senso proprio, ossia al di fuori della parentela,
neilAT non quasi per nulla attestata (De Vaux
1,85-87; H.Donner, Adoption oder Legitimation?
OrAnt 8 ,1969, 87-119). Su Jahwe come padre
dei re davidico vd. st. lV/3b.
In accadico si fa distinzione tra abum murabbsu padre
adottivo e abum widum padre fisico (CAD
A/I,8b).

Come a Babilonia (Driver-Miles 1,392-394), cos


anche in Israele gli apprendisti e i lavoratori pote
vano essere in una certa relazione adottiva rispetto
al loro capomastro; tuttavia luso dei termini di
parentela figlio e padre per esprimere i
membri e il capo d una corporazione artigiana po
trebbe dipendere anzitutto dal fatto che i figli se
guivano normalmente la professione del padre.
b potrebbe essere il fondatore o il direttore di
una corporazione artigiana in ICron 4,14 (cfr.
4,12.23) (I.Mendelsohn, BASOR 80, 1940, 19).
Anche il capo di una corporazione profetica, che
era allo stesso tempo il padre spirituale , venne
forse chiamato ab (L.Durr, Heilige Vaterschaft
im antiken Orient, FS Herwegen 1938, 9ss.;
j.Lindblom, Prophecy in Ancient Israel, 1962,
69s.; J.G. Williams, The Prophetic Father , JBL
85, 1966, 344-348); almeno per Elia ed Eliseo tro
viamo lappellativo bf padre mio (2Re 2,12;
13,14; usato anche per i non appartenenti ai ben
hannebVim\ 2Re 6,21; cfr. 8,9 tuo figlio ). Tut
tavia qui facile il passaggio a 'ab come titolo
onorifico (vd. st. 3) (Lande 21s.; K.Galling, ZThfC
53,1956,130s.; A.Phillips, FS Thomas 1968,183
194).
In ISam 24,12 e 2Re 5,13 si deve leggere uninte
riezione (GVG 11,644; Joion 105s.; contro ThW
V,970 n. 141 = GLNTIX,1181 n. 141; altrimenti
si dovrebbe supporre in ISam 24,12 un titolo ono
rifico o unespressione rivolta al suocero, e in 2Re
5,13 una formula fissa di apostrofe col suffisso
singolare in bocca a pi persone, cfr. L.Khler,
ZAW 40, 1922, 39).
Come avviene per lappellativo ben figlio mio
rivolto al discepolo, particolarmente nella lettera
tura sapienziale (ben), cos anche 'ab potrebbe
indicare il maestro di sapienza in quanto padre
spirituale (cfr. per leg.: Diirr, l.c. 6ss.; H.Brunner,
Altg. Erziehung, 1957, 10; per la Mesopotamia:
Lambert, BWL 95.102.106). Per lAT per non si
pu dire con certezza se ci si allontani dalluso
normale (cfr. eventualmente Prov. 4,1 e 13,1).
3/ Nelluso traslato del termine (paragone e
metafora) viene dato particolare risalto ad un
aspetto del concetto. Anche nelle lingue affini il
5

2K 'b PADRE

padre, oltre ad essere una persona di riguardo, in


modo particolare il protettore sollecito.
Per lacc. cfr. CAD A/I,51s.68a.71-73.76; AHw 8a. Fen.:
iscrizione di Kilamuwa (= KAI nr. 24) 1,10 ma io ero
per luno come un padre e per laltro come una madre e
per il terzo come un fratello ; iscrizione di Karatepe
(= KAI nr. 26) 1,3 Ba al mi ha costituito padre e ma
dre dei Danuna (cfr. 1,12, cfr. sp. 1); J.Zobel, Der bildliche Gebrauch der Verwandschaftsnamen im Hebr.
mit Beriicksichtigung der ubrigen sem, Sprachen, 1932,
7ss. (anche per il materiale rabbinico).

Prescindendo dai casi in cui il termine riferito a


Dio (vd. st. IV/3), nellAT il senso traslato si
trova occasionalmente solo in Giobbe (autore
della pioggia: Giob 38,28; protezione per i poveri:
Giob 29,16; 31,18, cfr. BrSynt 97a.; stretta appar
tenenza: Giob 17,14, con la formula filiale tu
sei mio padre , cfr. Fohrer, KAT XVI,295).
Gi vicini al consolidamento abituale sono i titoli
onorifici con cui si designano in diversi ambienti
e in vari tempi coloro che detengono funzioni sa
cerdotali e politiche: Giud 17,10 e 18,19 Padre e
sacerdote (cfr. G.Quell, ThW V,961s. = GLNT
IX,1156ss., che si rifa a Bertholet 256); Is 22,21
padre per gli abitanti di Gerusalemme e la casa
di Giuda (del sovrintendente di palazzo, cfr. De
Vaux 1,199s.); inoltre anche il nome regale del
messia in Is 9,5 padre eterno (Cfr. H.Wildberger, ThZ 16, 1960, 317s.); fuori di Israele Ah 55
padre di tutto quanto Assur (Cowley 213.221);
Est G 3,13s. &UTpo<; 7raT7)p; 8,12; IMacc 11,32.
In Gen 45,8 ^espressione come padre per il faraone
una trasposizione in ebraico del titolo egiziano jt-ntr
padre del Dio , con cui si vuole evitare lo scandalo di
designare il re come un dio (J.Vergote, Joseph en Egypte, 1959,114s.). Sulla storia del titolo egiziano, usato
per i vizir e i sacerdoti, ma in origine per i precettori dei
principi ereditari, cfr. A.H.Gardiner, Ancient Egyptian
Onomastica 1,1947, 47*-53*; H.Brunner, ZS 86, 1961,
90-100; H.Kees, ibid. 115-125.
Secondo Rudolph, HAT 21,200.208, bf e 'bw in
2Cron 2,12 e 4,16 non vanno intesi come parte del nome
proprio, ma si devono tradune come un titolo mio/suo
maestro (cosi pure Stamm, HEN 422; cfr. anche CAD
A/I,73a.).
Lappellai ivo ydb per Elia ed Eliseo stato gi menzio
nato sopra (2b). Laccadico abu come appellativo onori
fico attestato in alcune lettere (cfr. CAD A/1,71).

4/ ab come nome retto strettamente unito a


bjit casa . bt-b casa patema, famiglia si
gnifica originariamente la grande famiglia abi
tante in ununica casa, a capo della quale sta il pa
ter familias. Essa comprende anche la moglie o le
mogli de! pater familias, i figli (sia nel caso che
non siano ancora sposati, sia nel caso che abbiano
gi fondato una famiglia), le figlie (in quanto sono
nubili o vedove o hanno abbandonato la casa del
marito) e le mogli e i bambini dei figli sposati
(L.Rost, Die Vorstufen von Kirche und Synagoge
im AT, 1938 [21967], 44).
Mentre nellepoca preesilica la casa paterna in
teressava solo il diritto familiare ed ereditario,
6

dopo ta catastrofe del 587, che comport il crollo


dell'organizzazione familiare, essa divenne, al po
sto delia misph lam)> la cellula fondamentale
per la costruzione della vita sociale. Nei testi sa
cerdotali (nelle parti secondarie) e nellopera sto
rica del Cronista la l'ed comunit (opp. -qhl si articola in mattt trib e bt-'bt
case paterne , a capo delle quali stanno risp. un
nasi capotrib e un rs capo (Rost, l.c. 56
76.84).
Su 83 passi con il singolare (in preponderanza preesilici:
Gen 18x, Giud 12x, ISam 13x) 11 presentano Fuso tec
nico postesilico (citazioni in Rost, l.c. 56).
Il plur. bt-bt (68x. di cui 30x in Num 1-4, lOx in
lCron 4-7; citazioni in Rost, l.c. 56, da aggiungere lCron
7,40, il passo pi antico Es 12,3) viene formato in una'
maniera caratteristica, ponendo al plurale solo il secondo
membro (GK 124p; Joion I36n); da ci si deduce
che esiste una connessione molto stretta tra i due ter
mini (non chiaro ThW V,960, r. 40ss. = GLNT
IX,1153, r. 28ss.). Al posto del duplice stato costrutto
come nel caso di rase bt-abtm{p.e. Es 6.14) compare
anche labbreviato rs bdt (p,e, Es 6,25), senza bt(43x, citazioni in Rost, l.c. 65, da aggiungere Esd 8,1;
inoltre nesi' habt IRe 8,1; 2Cron 5,2; sar ha'bt
Esd 8,29; lCron 29,6), specialmente se ^espressione
seguita non solo dal suffisso di 3a plur. ma da altre spe
cificazioni (questa differenza normale nei testi P, men
tre nellopera del Cronista si pu trovare anche rase (h)1bt senza altre specificazioni e persino *bdt da solo:
Neem 11,13; lCron 24,31). Unito a ,ahuzz possesso
(Lev 25,41), n a if l eredit (Num 36,3,8) e matta?
trib (Num 33,54; 36,3.8) da tradursi semplice
mente con padri (contro Rost, l.c. 56s.).
Complessivamente si hanno 201 passi con 1b nel sign.
di casa paterna , di cui 129 nel senso terminologico
pi tardivo.

5/ Nomi propri formati con b si ritrovano in


tutta Fonomastica semitica antica.
Bibliogr.: acc.: Stamm, AN; Mari e can. orientale: Huffmon; ug.: Grndahl; fen.: Harris; arab. del sud:
G.Ryckmans, Les noms propres sud-smitiques, 1934;
ebr.: Noth, IP; una prima raccolta del materiale in M.
Noth, Gemeinsemitische Erscheinungen in der isr. Namengebung, ZDMG 81, 1927, 1-45, con quadro stati
stico p, 14-17; per Param. cfr. A.Caquot, Sur ronomastique religieuse de Palmyre, Syria 39, 1962, 236.240s.

NelTAT si hanno circa 40 nomi formati con ab ,


il quale sta per lo pi in prima posizione, e va in
teso quasi sempre come soggetto e mai come st.
cs. Prima di poter valutare questo materiale rela
tivo ai nomi dal punto di vista storico-religioso,
bisogna distinguere fra luso teoforo e luso pro
fano di questo termine di parentela. Mentre i
primi studi sullargomento, ossia quelli di
W.W.Baudissin (Kyrios als Gottesname im Judentum, IH, 1929,309-379) e d M.Noth (vd, sp,),
si occuparono quasi esclusivamente delluso teo
foro dei termini di parentela, che indicherebbero il
Dio della trib, Stamm, HEN 413-424, suppone in
pi di un quarto delle forme un uso profano, in
quanto si tratterebbe dei cd. nomi sostitutivi, ossia
di nomi per i quali si vedeva nel neonato la rein
7

carnazione sostitutiva di un membro defunto


della famiglia (J.J. Stamm, RGG IV,1301).
Esempi di nomi costituiti da una frase sono *jjb
Giobbe (lamento formato con particella interrogativa
dov il padre ) e *absaj Abisai (il padre esiste an
cora , secondo H.Bauer, ZAW 48,1930,77); esempio di
designazione 'ah'b Ahab ( fratello del padre ).
In casi come iabVl>1FIVb, ulbijjyJ'b opp. bmcecek
(cfr. iTmcelcek), abldn (cfr. Dnijj!) ecc. il significato
teoforo deUelemento 'b tuttavia sicuro.

La valutazione storico-religiosa deve tener conto


del fatto che i nomi, per un certo atteggiamento
conservatore, vengono usati anche dopo che la si
tuazione esistente quando il nome si era formato
ormai mutata (cfr. Noth, IP 141 per i nomi di
confessione come J'h: in origine voleva porre
sullo stesso piano lantico Dio della trib e il
nuovo Dio dellalleanza, tuttavia era ancora in uso
nel periodo postesilico); inoltre tale valutazione
deve tener conto del fatto che possono sorgere
nuovi significati (metaforici), che riguardano la
grammatica, la sintassi e il contenuto (H.Bauer,
OLZ 33, 1930, 593ss.). In particolare, per quanto
concerne le etimologie che si rifanno ad una di
vinit considerata consanguinea al clan, cer
to che nellepoca storica di Israele il significato
di questi nomi venne mutato, per il fatto che la
divinit chiamata padre, fratello o zio fu posta
sullo stesso piano di Jahwe (Stamm, HEN
418). Secondo W.Marchel, Abba, Pre, 1963,
13.27ss., la parentela con Dio posta in rilievo dai
nomi propri va intesa fin da principio solo in senso
metaforico.
IV/ 1/ Partendo dalle designazioni di Dio
che si incontrano nei racconti relativi ai patriarchi
e a Mos, le quali come secondo membro di una
catena costrutta contengono un nome di persona
( il Dio di bramo ecc.), e fondandosi su ana
logie nabatee, A.Alt (Der Gott der Vater,
1929 = KS 1,1-78) ha sostenuto che nei primi
tempi di Israele era in vigore una religione che si
pu definire come la religione del Dio dei padri
(con lui concordano W.F. Albright, Von der Steinzeit zum Christentum, 1949, 248s.; von Rad
I,21s.; J.Brighi, A Hstory of Israel, 1960, 86-93;
V.Maag, SThU 28, 1958, 2^28; H.Ringgren, Isr.
Religion, 1963, 17s.; di parere contrario J.Hoftijzer, Die Verheissungen an die drei Erzvter, 1956,
85 ss,, cfr. inoltre M.Noth, VT 7, 1957, 430-433).
La persona X, per la quale la divinit viene chia
mata Dio di X , riceve una rivelazione e fonda
un culto; nella famiglia di X la divinit continua
ad essere venerata come Dio del padre
(Os*; TzoLTpoQ). Il legame di queste divinit non
con un luogo, ma con un gruppo di uomini e con
il loro mutevole destino, significa che esse assu
mono funzioni sociali e storiche, determinando
cos un distacco dal naturalismo (W.Eichrodt, Religionsgeschichte Israels, 1969, 7-11). Per quanto
riguarda il procedimento con il quale nei primi
2KT 'ab PADRE

tempi di Israele le varie divinit dei padri si sono


fuse fra loro e con Jahwe, Alt cos si esprime (l.c.
63): Gli dei dei padri furono i nraiSayGYoi che
condussero verso il Dio pi grande, il quale in se
guito li soppiant completamente .
Nei passi J ed E di Gen che qui ci interessano
(26,24; 28,13; 31,5.29 42.53.53; 32,10.10; 43,23;
46,1.3; 49,25; 50,17, talvolta con suffisso perso
nale), se si suppone che i patriarchi stiano tra loro
in una relazione genealogica, la parola 'ab al sing.
si riferisce nel caso di Isacco ad bramo (26,24),
nel caso di Giacobbe ad Isacco (p.e. 46,1) opp. ad
Abramo e Isacco (32,10; formula doppia con un
unico 'ab anche in 28,13; 31,42; cfr. 48,15), nel
caso dei figli di Giacobbe a Giacobbe (50,17), an
che se, come nellultima citazione, il nome proprio
non compare necessariamente. Per i passi di Es al
singolare (in 3,6 poich si ha il Dio di Abramo,
di Isacco e di Giacobbe il testo sam. pone il
plur.; 15,2 parallelo a mio Dio ; 18,4) ci si pu
chiedere se lespressione il Dio di mio/tuo pa
dre indichi proprio il Dio dei patriarchi oppure (il
che in pratica la stessa cosa) pi genericamente
il Dio venerato gi prima nella famiglia di Mos
(su 3,6 cfr. Alt, Le. 13 n. 2; diversamente
Ph.IIyatt, VT 5,1955,130-136); i passi pi tardivi,
che si riferiscono al Dio del progenitore Davide
(2Re 20,5 = Is 38,5; lCron 28,9; 2Cron 17,4;
21,12; 34,3), rivelano comunque una continuit
nella venerazione del Dio allinterno della famiglia
opp. della dinastia. lCron 29,10 parla ancora del
D io del nostro padre Israele (cfr. 29,18.20).
La formulazione al plurale il Dio dei vostri/loro
padri compare quando Jahwe viene posto sullo
stesso piano del Dio di Abramo, di Isacco e di
Giacobbe in Es 3,13.15.16; 4,5 (Alt, Le. 9-13). I ri
manenti passi, che menzionano il Dio dei pa
dri (Deut 1,11.21; 4,1; 6,3; 12,1; 26,7; 27,3;
29,24; Gios 18,3; Giud 2,12; 2Re 21,22 e altri 30
in Dan, Esd e Cron), dipendono dalluso din.
dell'espressione padri (vd. st. 2b). Dan 11,37
tratta degli dei (plur.) dei padri del principe pa
gano (cfr. anche Ez 20,24 gillGl btm idoli dei
loro padri ).
2/ Il plur. 'boi padri si incontra in una serie
di espressioni pi o meno fisse e di diverso valore
teologico.
a) Teologicamente neutrali sono anzitutto le peri
frasi con cui si vuole esprimere eufemisticamente
il verbo morire , come p.e. coricarsi coi propri
padri , studiate da B.Alfrink, OTS 2, 1943, 106
118 e 5,1948,118-131 (cfr. anche O.Schilling, Der
Jenseitsgedanke im AT, 1951, 11-15; M.D.Goldman, ABR 1, 1951, 64s.; ibid. 3, 1953, 51;
G.R.Driver, FS Neuman, 1962, 128-143).
I verbi usati sono: (1) skb coricarsi Gen 47,30; Deut
31,16; 2Sam 7,12; inoltre 26x in l/2Re e llx in 2Cron,
in tutto 40x; in 2Sam 7,12 con la prep.
altrimenti
sempre con 7m-. Lespressione si riferisce alla morte,
non alla sepoltura; viene adoperata, come ha mostrato

3K 'b PADRE

Alfrink, solo per la morte pacifica (per 9 dei 18 re del re


gno del nord e per 13 dei 19 re di Giuda: per il problema
di Achab [2Re 22,40] cfr. C.F.Whitley, VT 2, 1952,
148s.); (2) qbr seppellire Gen 49,29 (con #/-); IRe
14,31 e altre 13x in l/2Re e 2Cron (con
(3) sp
riunire Giud 2,10 (con cel)\ 2Re 22,20 = 2Cron
34,28 (con o/-); in Giud 2,10 la formula sembra essere
una contaminazione delFespressione 1sp ni. cel-'ammw
riunirsi ai propri antenati (Gen 25,8 e altri 9 passi nel
Pentateuco; cfr. Alfrink, OTS 5, 1948, 1!8s.) con la for
mula ( 1); (4) bi1 andarsene Gen 15,15 (con a?/-); Sai
49,20 (con W-); (5) hlk andare lCron 17,11 (con
'im-, cfr. Rudolph, HAT 21,131).
Sostantivi uniti ad bt in connessione con la tomba e
la sepoltura si trovano in IRe 13,22; Ger 34,5; Neem
2,3.5; 2Cron 21,19; sepoltura nella tomba del padre
(sing. ) viene menzionata in Giud 8,32; 16,31; 2Sam 2,32;
17,23; 21,14 Non si pu dire che padri abbia qui una
certa importanza dal lato religioso, come se si trattasse di
un culto degli antenati (contro G.Hlscher, Geschichte
der isr. und jud. Religion, 1922, 30s.).

b) A cominciare pi o meno dal T sec. il plur. i


padri diventa un concetto importante nel lin
guaggio teologico; esso fornisce una dimensione
storico-salvifica alle sentenze sul popolo dIsraele,
il quale forma ununit organica nei padri e nei fi
gli sia quando sono in armonia sia anche quando
si separano gli uni dagli altri.
In collegamento con le tradizioni dei patriarchi, la
teologia dtn. d unimportanza particolare alle
promesse ai padri. Nel linguaggio dipendente dal
Deut i padri continuano poi ad essere ricordati
come coloro che hanno ricevuto doni salvifici (cfr.
per il Deut O.Bchli, Israel und die Vlker, 1962,
119-121).
Gi in Osea troviamo una volta i padri , tutta
via non nelle tradizioni dei patriarchi, ma nellim
magi ne poetica del ritrovamento nel deserto (9,10
i vostri padri in par. con Israele ).
La formula pi usata nel linguaggio dtn. quando
si parla della promessa ai padri : la terra che
Jahwe ha giurato di dare ai padri : o sim. Nella
letteratura dtn.-dtr. passi che usano
ni. giu
rare sono: Es 13,5-11; Num 11,12; 14,23; Deut
1,8.35; 4,31; 6,10.18.23; 7,8.12.13; 8,1.18; 9,5;
10,11; 11,9.21; 13,18; 19,8; 26,3.15; 28,11; 29,12;
30,20; 31,7.20 (comp. 21); Gios 1,6; 5,6; 21,43.44;
Giud 2,1; Ger 11,5; 32,22; Mi 7,20; con dbr pi.
promettere Deut 19,8, cfr. ymr Neem 9,23. Sul
giuramento di Jahwe ai patriarchi cfr. G. von Rad,
Das Gottesvolk im Deut, 1929, 5; N.Lohfmk, Das
Hauptgebot, 1963, 86-89 e lelenco di p. 307s. Ol
tre alla promessa della tena, anche altre realt
vengono date in dono ai padri, come la moltipli
cazione della discendenza e, uscendo dallambito
delle tradizioni dei patriarchi, lelezione, la dedi
zione damore e la conclusione del patto (cfr. an
che Deut 4,37; 5,3 col trasferimento parenetico
della stipulazione dellalleanza allattuale genera
zione; 10,15; 30,5.9). Anche il discorso sul Dio
di padri della teologia dtn. e delle epoche succes
sive da porsi in relazione con queste formule
(per le citazioni vd. sp. IV /1). Talvolta Abramo,
10

Isacco e Giacobbe vengono enumerati singolar


mente come padri (Deut 1,8; 6,10; 9,5; 29,12;
30,20; anche lCron 29,18); Deut 10,22 parla dei
padri come di settanta persone che scesero in
Egitto.
,
Nei numerosi passi post-dtn. che menzionano i
padri come beneficiari di doni salvifici vanno rile
vate anzitutto le espressioni fisse che si collegano
alle formule dtn. di giuramento e che parlano
della terra che Jahwe ha dato ai padri (verbo
ntn): IRe 8,34.40.48 (=2Cron 6,25.31.38); 14,15;
2Re 21,8 (=2Cron 33,8 txt em); Ger 7,7.14; 16,15;
23,39; 24,10 (autentico?); 25,5; 30,3; 35,15; Ez
20,42; 36,28; 47,14; Neem 9,36; con uhi hi. Ger
3,18.
Vanno inoltre tenute presenti le brevi rassegne
storiche dtr. in Gios 24 ( padri condotti fuori
daUEgitto v. 6.17 vengono distinti dai padri pa
gani che abitano al di l del fiume v. 2.14.15);
Giud 2,17.19.20.22; 3,4; ISam 12,6-8; Re
8,21.53,57.58; 9,9; 2Re 17,13.15; 21,15; inoltre al
cuni passi dtr. come Ger 7,22.25; 11,4,7.10; 17,22;
34,13; 44,10 e Sai 78,12, e altri passi sparsi: Is
64,10; Ez 37,25; Mal 2,10; Sai 22,5; 39,13; lCron
29,15. Non prendiamo in considerazione invece
espressioni negative quali quella di Deut 9,15 ecc.,
antenati particolari (p.e. Num 20,15; Re 2,3s.) e
altri casi in cui si nominano i padri, ma che sono
di scarso rilievo teologico (p.e. Dan 9,6.8).
La trasmissione della storia della salvezza dai pa
dri ai figli illustrata da passi come Gios 4,21;
Giud 6,13; Sai 44,2; 78,3.5 (cfr. senza il nostro ter
mine Es 10,ls.; I2,26s.; Deut 6,20ss.); come paral
lelo babilonese cfr. lepilogo dellEnma ell
(VII,147).
I padri per non solo ricevono promesse e benedi
zioni, majcon i loro peccati influiscono sulle rela
zioni dei loro discendenti con Dio; di qui sorge in
diversi modi il problema della solidariet dei figli
coi padri; cfr. in proposito il lavoro di J.Scharbert,
Solidaritat in Segen und Fluch im AT und in seiner Umwelt, Bd. I: Vterfluch und Vtersegen,
1958.
La defezione dei padri, seguendo i quali peccano
anche i discendenti, viene trattata anzitutto da
Geremia, dove non sempre facile distinguere tra
passi autentici e passi secondari (Ger 2,5; 3,25;
7,26; 9,13; 11,10; 14,20; 16,11.12; 23,27; 31,32;
34,14; 44,9.17.21; 50,7).
Tra i testi posteriori a Geremia sono da menzio
nare: Lev 26,39.40; 2Re 17,14.41; 22,13 (= 2Cron
34,21); Is 65,7; Ez 2,3; 20,4,18.24.27.30.36; Am
2,4; Zac 1,2,4.5,6; 8,14; Mal 3,7; Sai 78,8.57 (cfr.
79,8 iawnt rlsnfm peccati dei progenitori);
95,9; 106,6.7; Lam 5,7; Dan 9,16; Esd 5,12; 9,7;
Neem 9,2.16; 2Cron 29,6.9; 30,7.8. J.Scharbert,
Unsere Sunden und die Sunden unserer Vter, BZ
2,1958, 14-26, traccia la storia del genere letterario
della confessione dei propri peccati e di quelli dei
padri a partire da Geremia (Ger 3,25; 14,20) fino
allepoca postvtrt. (Tob 3,3.5; Giudit 7,28; Bar
1,15-3,8; 1QS l,25s.; CD 20,29; 1QH 4,34).
l

Le affermazioni di principio sulla solidariet dei fi


gli con i padri o sulla loro separazione da essi
usano il plur, padri non nel significato fin qui
considerato di progenitori dIsraele, ma se
condo la contrapposizione comune padri-figli.
Sulle antiche formule di confessione Jahwe...,
che persegue la colpa dei padri nei figli e nei figli
dei figli fino alla terza e alla quarta generazione
(Es 20,5; 34,7; Num 14,18; Deut 5,9; Ger 32,18)
cfr. J.Scharbert, Formgeschichte und Exegese von
Ex 34,6f. und seine Parallelen, Bibl 38,1957,130
150; L.Rost, Die Schuld der Vter, FS Hermann
1957, 229-233; RKnierim, Die Hauptbegriffe fur
Siinde im AT, 1965, 204-207. Sulla negazione
della solidariet in Deut 24,16; 2Re 14,6; 2Cron
25,4 cfr. J.Scharbert, Solidaritat 114s.124s.251, e
von Rad, ATD 8, 1964, 109. Per il proverbio sui
padri che mangiarono uva acerba ed i figli i cui
denti rimasero legati (Ger 31,29; Ez 18,2) cfr. i
comm. e Scharbert, Solidaritat 218-226.
3/ Sebbene linvocazione della divinit col
nome di padre sia uno dei fenomeni fondamentali
della storia delle religioni (G.Schrenk, ThW
V,951ss. = GLNT IX,1126ss.; G.Mensching,
RGG VT,1232s. ), lAT molto cauto nel designare
Jahwe come padre (G.Quell, ThW V,964974 = GLNT IX ,1164-1190; H.-J.Kraus, RGG
VI,1233s.). Ci vale soprattutto per le espressioni
che indicano una paternit fissa di Dio, le quali
nell*AT sono assolutamente evitate (a), ma anche
per lidea di adozione (b) e inoltre per luso meta
forico della parola (c).
a) Le concezioni mitiche su divinit genitrici e
creatrici degli dei e degli uomini si riscontrano fa
cilmente negli ambienti vicini alPAT, soprattutto
nei testi ugaritici (per lEgitto e Babilonia jld )
dove al dio supremo del panteon, El, viene attri
buito lepiteto di padre con una serie di for
mule stereotipe.
El compare come ab bn il padre degli dei in una litur
gia di espiazione (2J16J.25.33; O.Eissfleldt, El im ug.
Pantheon, 1951, 62-66). Significato simile sembra avere
lespressione discussa mlk ab snm (49 [= I AB], I 8; 51
[= n AB], IV 24; 2Aqht [= II D], VI 49; 129 [= III
AB,C], 5 [da completare]; lnt pi. VI [= V AB], V 16; nt
pi. IX-X [= VI AB], IH 24), se non si traduce ab snm
con Driver (CML 109) e altri padre degli armi oppure
con Eissfeldt (l.c. 30s.) padre dei mortali , ma con
M.H. Pope (El in th Ugaritic Texts, S V I 2,1955, 32s.)
padre dei sublimi (= degli dei) (cos anche Gray, Legacy 114.155s.; W.Schmidt, Knigtum Gottes in Ugarit
und Israel, *1966, 59, n, 3). Troviamo una volta il abh
El, suo (= di lei) padre (di Anat), e una volta il abn
El, nostro padre (75 [= BH], I 9 in contesto frammen
tario; cfr. Eissfeldt, l,c. 34). Frequentissima la formula
tr il aby/abkfabh toro, El, mo/tuo/suo padre (49
[= I AB], IV 34; VI,27; 51 [= II AB], IV 47; 129 [= III
AB, C], 16.17.19.21; 2Aqht[ = IID], 124; lnt[= V AB],
V [71.18.43; da completare in 4nt pi. IX-X [= VI AB], III
26 e V 22), oppure, con diversa successione degli ele
menti, tr abklabh il toro, tuo/suo padre, E l (137
[= m AB, B], 16.33.36; Krt [= I K], 59.77.169; 2001
[= PRU V,1 = IX MF], 15. rev.2; in Ktr 41 ir abh

K 'ab PADRE

12

manca il a causa del precedente gml il), dove il suffisso


personale si riferisce agli dei o alle dee (o anche a Kit) di
cui si tratta nei singoli casi. Infine troviamo ancora in
fCrt ab adni padre dellumanit (Krt 37.43.136.151.
278.291).

stato di figliolanza (cfr. anche S.H.Blank, I IUCA,


32, 1961, 79-82); 31,9 poich io sono diventato
padre d Israele .

Per spiegare Deut 32,6b non lui il padre che ti


(= il popolo) ha creato, non lui che ti ha fatto
e ti ha fondato (kn poi.) , sotto un certo aspetto
interessante constatare che la formula tr il abh
tono El, suo (di Baal) padre in alcuni passi ha
come parallelo il mlk dyknnh El, il re, che lo ha
fondato (kn poi.) (51 [= 11 AJB], IV 47s,; da
completare in I 5s.; nt [= V AB], V 43s.; cfr.
Schmidt, l.c. 23,59). In riferimento a Deut 32,18,
al v.6b si deve vedere, almeno nella dizione poe
tica, un'eco di concezioni mitiche cananaiche, che
altrove.nelle controversie profetiche sul culto della
vegetazione e della fertilit, vengono vivamente
respinte: Ger 2,27 (si coprono dignominia...) co
loro che dicono allalbero: tu sei mio padre! e alla
pietra: tu mi hai generato! (cfr. Quell, ThW
V,967 = GLNT IX,ll72s.; P.Humbert, Yahv
Dieu Gniteur?, Asiatische Studien 18/19, 1965,
247-251).
Su Is 1,2 G ywqaa. cfr. J.Hempel, Gott und Mensch

27,10, ma senza che Jahwe sia indicato direttamente


come padre.

im AT, 1936, 170 n. 6, e Wildberger, BK X, 8.

b) Allidea di adozione sanno ricondotte le


espressioni sulla relazione padre-figlio, applicata ai
rapporto tra Jahwe ed il re davidico (2Sam 7,14
io gli sar padre ed egli mi sar figlio ; Sai
89,27; lCron 17,13; 22,10; 28,6; cfr. anche la for
mula di adozione in Sai 2,7 tu sei mio figlio, oggi
ti ho generato ). evidente linflusso dellideolo
gia regale egiziana (S.Morenz, g. Religion, 1960,
35-43.154s.; RGG VI, 118) sul cerimoniale geroso
limitano delfincoronazione, ma pure chiara la
differenza nel modo di concepire la filiazione di
vina, che in Egitto fu intesa in senso fsico, men
tre in Israele avveniva solo per adozione, in forza
di una elezione promessa attraverso i profeti
(J.Hempel, l.c. 173s.; Alt, KS II,63s.218; G.von
Rad, ThLZ 72, 1947, 214 = GesStud 222-224;
K.H.Bernhardt, Das Problem der altorientalischen
Knigsideologie im AT, 1961, 74-76.84-86).
Gi in Es 4,22 il concetto di filiazione viene appli
cato alla relazione che esiste tra Jahwe e il suo po
polo (Noth, ATD 5, 22.33s.: aggiunta secondaria
a J opp. JE); cosi pure in Os 11,1 (qui in senso
adozionale sottolineando il concetto di amore e di
educazione, cfr. Wolff, BK X IV /1,255-257), in Is
1,2 (sollecita bont educatrice verso i figli [plur.],
da intendere forse in base alla filiazione spirituale
di ambiente sapienziale |vd. sp. HI/2b], cfr. Wild
berger, BIC X,12-14) e in 30,9 (-bn\ per il Deut
cfr. D.J.McCarthy, CBQ 27, 1965, 144-147). La
parola ab tuttavia appare per la prima volta solo
in Geremia, appunto in senso chiaramente adozio
nale e per esprimere dedizione amorosa: 3,4 (da
intendere con Duhm e altri come inserzione dal
v.19, cfr. Rudolph, HAT 12,22): 3,19 padre
mio! invocazione con la quale si riconosce lo
13

n< ab PADRE

Il tema delladozione viene riferito al singolo in Sai

c) Restano ancora pochi passi, nei quali Jahwe


0 paragonato ad un padre oppure viene meta
foricamente chiamato padre . Quando non si
tratta di puri paragoni tratti dalla vita familia
re (Sai 103,13; Prov 3,12) o di ideali comuni
allantico Oriente (Sai 68,6), queste affermazioni
(postesiliche) si ricollegano per lo pi al lin
guaggio del Deuteroisaia, che parla di Jahwe co
me creatore del popolo (ls 43,6s. 15.21; 44,2.21.24;
45,10s.).
Se lo sguardo si sposta dal figlio al padre, il valore
dellimmagine consiste allora nel porre in rilievo
l'autorit del pater familtas e lobbedienza a lui do
vuta. Cos Jahwe appare come padre, bench solo
indirettamente, in ls 45,10 (cfr. v. 11), in parallelo
con limmagine del vasaio che dispone sovrana
mente della creta, immagine che viene ripresa an
che in ls 64,7, in un discorso diretto, con lespres
sione tu sei nostro padre (formula che compare
due volte anche in 63,16). In Mal l,6a un figlio
onora suo padre parallelo di un servo teme il
suo padrone ; al v.6b dalla paternit di Dio, la
quale viene presupposta anche in 2,10 in base
allattivit creatrice, si deduce lesigenza del ri
spetto, mentre in 2,10 determinante lidea della
fratellanza tra i figli dello stesso padre (= Dio, cfr.
1comm. e Quell, ThW V,973 = GLNT IX,1187;
contro Horst, HAT 14,269, che pensa a Giacobbe)
ir-ah 4c). Il concetto di padre non assume un
senso universale, poich le affermazioni sulla
creazione che si fanno alf in terno di questa tradi
zione si riferiscono al popolo (contro R.Gyllenberg, Gott der Vater im AT und in der Predigl
Jesu, StOr 1, 1925, 53s.).
Se al contrario lo sguardo si sposta dal padre al fi
glio, allora si sottolineano maggiormente il legame
e la dedizione. Cos in Is 63,16 (cfr. v. 15 volgi
10 sguardo... ) si rivolge linvocazione al padre e
al redentore (go'^lng7) eterno, che molto al
di sopra dei padri terreni.
Allo stesso modo infine quando Jahwe, bench ra
ramente, viene paragonato ad un padre, la solleci
tudine amorosa costituisce il termine di paragone
(come accade anche nellabbondante materiale
bab. cfr. CAD A/I,69b): Sai 103,13 come un pa
dre ha compassione dei figli, cos Jahwe ha com
passione di coloro che lo temono (cfr. Deut 1,31
senza 'ab) e Prov 3,12 poich Jahwe si prende
cura di colui che ama, come un padre del figlio a
cui vuol bene (cos TM; tuttavia secondo G wkfb va corretto in wejakib\ per il contenuto cfr.
Deut 8,5 senza 'ab).
^
11 motivo del padre degli orfani di Sai 68,6
largamente diffuso nellAT e nel mondo circo
14

stante, anche se non in maniera cosi accentuata


(Deut 10,18; Sai 10,14.18; 82,3s.; 146,9; inoltre
Giob 29,16; 31,18; Eccli 4,10 e il materiale dellan
tico Oriente in Wildberger, BK X,48); non ne
cessario pensare ad una particolare derivazione
egiziana (come fa Quell, ThW V,966 n. 118 =
GLNT TX,1169 n. 118).
Dio non viene ancora designato nelPAT come pa-^
dre del singolo credente (per la prima volta solo in
Eccli 51,10 [ebr.], in riferimento a Sai 89,27); per
la letteratura giudaica intertestamentaria cfr.
Bousset-Gressmann 377 e soprattutto J.Jeremias,
Abba, 1966, 19-33.
V/ Gli studi neotestamentari su a$(3a e
7taTr,p tracciano di solito la storia del termine,
risalendo anche allAT e al giudaismo palestinese
ed ellenistico. Ricordiamo: G.Kittel, art. pja,
ThW 1,4-6 (= GLNT 1,15-18); G.Schrenk, art.
Trarr, p, ThW V,974-1024 (= GLNT IX ,11911328); D.Marin, Abba, Pater, FS Herrmann, 1960,
503-508; W.Marchel, Abba, Pre! La prire du
Christ et des Chrtiens, 1963; id., Abba, Vater!
Die Vaterbotschaft des NT, 1963; J.Jeremias, art.
Vatername Gottes, III., RGG VT,1234s.; id.,
Abba, Studien zur ntl. Theologie und ZeitgeE. Jenni
schichte, 1966, 15-67.145-148.

'bd ANDARE IN ROVINA


1/ ybd appartiene al semitico comune (Bergstr.
Einf. 190), ma nel significato d andar perduto,
andare in rovina compare solo nel semNo.
In acc. abtu (d > t per dissimilazione, cfr. GAG Ergnzungsheft p. 8** per 5ld; diversamente GVG 1,152;
Bergstr. 1,109) transitivo distruggere , ma nellass.
antico anche intransitivo andar via (JLewy, Or
NS 29, I960, 22-27; CAD A/I,45).

Nel VT con questa radice si formano, oltre al qal,


il pi. annientare e lhi. far andare in rovina
(aram. qal, ha. e ho.); inoltre solo i nomi verbali
labd ci che perduto e 'baddn rovina
(cui vanno aggiunti i prst. aram, abdcin e obdn
rovina, cfr. Wagner nr. l/la).
Da una seconda radice 'bd durare , che ricorre in
aram. e viene supposta anche in ug. (J.Gray, ZAW 64,
1952,51.55; UT nr. 17; WUS nr. 15; al contrario M.Dietrich-O.Loretz, WdO 1II/3, 1966, 221), potrebbe derivare
tad 'bd per sempre che troviamo in Num 24,20.24
(D.K.iinstlinger, OLZ 34,1931, 609-611), mentre le ipo
tesi relative a Prov 11,7 (J.Reider, VT 2,1952, 124) e a
Giob 30,2 (G.Rinaldi, BeO 5, 1963, 142) rimangono in
certe.

2/ Statistica: qal 117x (Sai 21x, Ger 16x,


Deut 13x, Giob 13x), aram. lx; pi. 41x (Est lOx);
hi. 26x, aram. ha. 5x, ho. lx; in totale il verbo ri
corre in ebr, 184x, in aram, 7x; obda 4x, <2baddn
6x, 1abdn lx, obdn lx. La radice assente in
15

Gen e in Cron/Esd/Neem (cfr. 2Re 11,1; 21,3 con


2Cron 22,10; 33,3; e anche 2Re 9,8 con 2Cron
22,7).
In ISam 12,15; Is 46,12 e Prov 17,5 si pu anche correg
gere secondo i LXX (cfr. BH3).

3/ Se guardiamo al soggetto (singole cose, en


tit collettive, esseri viventi) e alPuso delle prepo
sizioni (be, min) che accompagnano il verbo, ab
biamo a disposizione nella nostra lingua diverse
possibilit per rendere quello che il significato
di fondo, relativamente unitario, del qal (an
dar perduto, perire, venir strappato ecc., cfr.
HAL 2b), Ma se si guarda ai significati che la
radice ha nelle lingue semitiche affini (cfr. acc.,
arab.,et.) si potrebbe individuare il valore origina
rio del verbo nei significati un po pi specifici d
smarrirsi, vagare, correr via (Deut 26,5;
ISam 9,3.20; Ger 50,6; Ez 34,4,16; Sai 2,12; 119,
176) (cfr. Th.Nldeke, ZDMG 40, 1886, 726).
Poich il verbo possiede un valore non molto spe
cifico e negativo, non si pu trovare per esso un
preciso termine opposto; come possibili contrap
posizioni si possono citare md rimanere
(Sai 102,27; cfr. 112,9s.), hjh diventare
(Giona 4, 10) e VA: Ili. jcimm vivere a lungo
(Deut 4,26; 30,18).
Il campo semantico di bd abbastanza simile a quello
dellacc. halqu (AHw 310s. scomparire, andare in ro
vina, fuggire; anche ug. ed et.); cfr. la lettera di
Amarna EA 288, r. 52 (da Gerusalemme): tutti i terri
tori del re sono perduti ( fjaf-qo-at) con la glossa cari, aba-da-at. Si voluto vedere questa radice hlq III anche
in Sa! 17,14; 73,18; Giob 21,17; Lam 4,16 (M.Dahood,
Bibl 44, 1963, 548; 45, 1964, 408; 47, 1966, 405; per
Is 57,6 W.H.Irwin, CBQ 29,1967, 31-40), ma data la vi
cinanza di significato con hlq I (halqt Sai 73,18 ci
che scivoloso ) e II (pi. disperdere Gen 49,7 e
Sai 17,14, cfr. G.RDriver, JThSt 15, 1964,342), tale ipo
tesi non pu fondarsi su basi sicure.

Nelle coniugazioni pi. e hi. annientare , bd


viene a coincidere soprattutto con krt e smd.
Per la differenza di significato fra pi. annientare, can
cellare e hi. far andare in rovina (quest'ultimo
usato per lo pi in riferimento a persone e in relazione al
futuro) cfr. E Jenni, Faktitiv und Kausativ von 'bd zugrunde gehen , FS Baumgartner 1967, 143-157.
Per 'abaddn rovina, luogo di rovina seil.

4/ In pi di due terzi dei testi in cui si usa il qal


e lhi. (pi. 1/3) Jahwe colui che direttamente o
indirettamente provoca la rovina. In questo caso
raramente bd ha una risonanza neutrale (cfr.
Sai 102,27; 146,4): significa infatti la rovina inflitta
da Dio al suo avversario. Dato il significato cosi
generico del termine, non si pu dire molto sul
suo uso fisso, con carattere di formula; si tratta di
un vocabolo che non ha assunto un preciso valore
teologico.
Nella formula di sterminio una sola volta, in
Lev 23,30, si trova bd al posto del solito e pi concreto
krt (EIJiger, HAT 4,310.319 n. 24). Anche il grido dal
'bd ANDARE IN ROVINA

16

larme (Num 17^27; cfr. Num 21,29 par. Ger 48,46, e


Mt 8,25 par. Le 8,24) non ha una connessione particolare
con bd (cfr. Is 6,5; Ger 4,13; G.Wanke, ZAW 78,1966,
216s.).

'bd appartiene al vocabolario tradizionale soprat


tutto quando compare:
a) nelle affermazioni relative alla connessione tra
azione e conseguenza (cfr. H.Gese, Lehre und
Wirklichkeit in der alten Wesheit, 1958, 42ss.)
nella letteratura sapienziale (Sai 1,6; 37,20; 49,11;
73,27; 112,10; Giob 4,7.9; 8,13; 11,20; 18,17; 20,7;
Prov 10,28; 11,7.7.10; 19,9; 21,28; 28,28); in ma
niera esplicita o implicita in tutti questi casi Jahwe
fa in modo che il malvagio, il suo nome, la sua
speranza ecc. vadano in rovina,
b) nelle maledizioni minacciate, in forma condi
zionale, delle formule di benedizione e di maledi
zione, con le quali terminano la legge di santit e
la legge dtn. (Lev 26,38; Deut 28,20.22; per f ori
gine cultuale-sacrale cfr. Elliger, HAT 4,372), e
della predicazione dtr. (Deut 4,26; 8,19.20; 11,17;
30,18; Gios 23,13.16; cfr. inoltre 1Q 22 1,10); si
pu facilmente scorgere qui un rapporto con le
formule di maledizione delle iscrizioni semNO. e
coi testi dei trattati dellantico Oriente (cfr. bibliogr. in D.R.Hillers, Treaty-Curses and th OT
Prophets, 1964). Cfr, in una iscrizione sepolcrale
fen. del 9 sec. proveniente da Cipro: e quest[a
maledizione (?)] porti [quegli uo]mini alla rovina
(wfbd jif.) (KAI nr. 30, r. 3; cfr. Friedrich 127,
diversamente D1SO ls.); nelle iscrizioni sepolcrali
aram. del 7 sec. provenienti da Nrab presso
Aleppo: <<e la sua posterit andr in rovina (fbd
qal) (KAI nr. 226, r. 10); SHR, Samas, Nikkal
e Nusku disperdano (jh'bdw ha.) il tuo nome...
(KAI nr, 225, r. 11); per Ijalqu (vd. sp. 3) nelle
formule di maledizione acc. cfr. F.C.Fensham,
ZAW 74, 1962, 5s.; 75, 1963, 159.
c) nelle minacce di giudizio degli oracoli profetici,
simili a quelle del punto b), bd relativamente
raro nelP8 sec, (qal in Is 29,14; Am 1,8; 2,14;
3,15); le coniugazioni pi. e hi. con Jahwe come
soggetto vengono usate sporadicamente solo a co
minciare dal tempo di Geremia (la ricorrenza pi
antica Mi 5,9, se autentico; pi.: Is 26,14;
Ger 12,17; 15,7; 51,55; Ez 6,3; 28,16; Sof 2,13; hi.:
Ger 1,10; 18,7; 25,10; 31,28; 49,38; Ez 25,7.16;
30,13; 32,13; Abd 8; Mi 5,9; Sof 2,5).
5/
*bd e abaddn non vengono ancora adoperati
nellAT (ed a Qumran) in riferimento ad una dan
nazione eterna, neanche quando accanto ad essi
compare lespressione avverbiale in eterno (lncesah Giob 4,20; 20,7; cfr. anche nelliscrizione
di Mesa wJsr'l bd bd 7m ed Israele perito per
sempre , KAI nr. 181, r. 7).
Per il NT cfr. A.Oepke, art. aTuXXu^t, ThW
1,393-396 (= GLNT 1,1051-1061); J.Jeremias,
art. WpaSSor;, ThW 1,4 (= GLNT I, 13-16).
E. Jenni
17

TOK bh VOLERE

T\2H 9bh VOLERE


1/ La radice 'bh (ty) oltre che in ebr. ricorre so
prattutto nel sem. meridionale, ma qui con forma
zioni particolari di significato contrario (arab.
class., et. non volere, arab. dialettale vo
lere ).
possibile una connessione con Feg. Zy desiderare
(cfr. per Calice nr. 462).

Per le supposte corrispondenze acc. cfr. HAL 3a.


In aram. la radice non comune, se si prescinde
dallebraismo targumico 'ab (Noldeke, BS 66 n. 7). Si
discute su hln'bw delliscrizione veteroaram. di Barrkib
KAI nr. 216, r, 14 (hittanafal di *bh o di j'b , KAI
II,233s.; cfr. G.Garbini, Laramaico antico, AANLR
VIII/7, 1956, 274, ma anche, dello stesso autore, Ricer
che Linguistiche 5, 1962, 181 n. 28).
In aram. troviamo il verbo fb bramare ardentemente,
desiderare , probabilmente affine a 1bh (DISO 103;
LS 293a); un verbo che ricorre una volta anche in ebr.
come aramaismo (Sai 119,131; Wagner nr. 119; Garbini,
l.c., 180).
Un'altra forma secondaria ebr., fb desiderare
(Sai 119,40.174), potrebbe essere non gi un aramaismo
ma una formazione secondaria derivata da ta'abd desi
derio (Sai 119,20), che a sua volta una formazione
nominale da bh con 1 preformativo (A.M.Honeyman,
JAOS 64,1944, 81; Garbini, l.c., 180s.).
Lo sviluppo semantico con significato contrario in arab.
(et.) potrebbe forse essere considerato come un feno
meno caratteristico del semitico meridionale: si portati
a credere che bh fosse usato con pi significati distinti
e neutri, i quali si sono poi sviluppati positivamente o
negativamente, come p.e. essere risoluto (F.Delitzsch, Prolegomena eines neuen hebr,- aram. Wrterbuchs zum AT, 1886, I l i ) , essere ostinato
(W.M.Muller, secondo GB 3a), mouvement psychologique de la volont (C.Landberg, Glossaire DatTnois I,
1920,21ss.), se flecti sivit (Zorell 3a), mancare di
(Honeyman, l.c., 81s.). Non sembra il caso di richia
marsi a questo valore neutro delfarab. e delPet. per spie
gare il fatto che bh ricorre in ebr. quasi sempre prece
duto da negazione (vd. st. 3a) (contro Noldeke, BS 66: la
particella negativa sarebbe usata solo per rafforzare il si
gnificato originariamente negativo; cos pure L.Kohler,
ZS 4, 1926, 196s.; al contrario GVG 11,186; BrSynt
53.158; Honeyman, l.c., 81).*

Dalla radice *bh (nel significato presunto di voler


avere , mancare di e sim.) vien fatto derivare
di solito anche Fagg. cebjn bisognoso, povero
(p.e. GB 4a; BL 500: propr. mendicante (?);
A.Kuschke, ZAW 57, 1959, 53; Honeyman, l.c,
82; P.Humbert, RHPhR 32,1952, lss. = Opuscules dun hbra'Lsant, 1958, 187ss.; HAL 5a); resta
problematico fino a che punto questa derivazione
etimologica sa decisiva anche per il significato di
cebjn (cfr. E.Bammel, ThW VI,889). Cfr. ora an
che W. von Soden, Zur Herkunft von hebr. ebjn
arm , MIO 15,1969, 322-326 (aggettivo veteroamrrita che deriva da *&/ essere povero, bi
sognoso e si ritrova come prst. in ug., ebr. e acc.
di Mari [abjnurn povero, afflitto, misero ]). 'bh
e cebjn pertanto saranno trattati separatamente
nei numeri 3 e 4-5,
18

Il copt. EBIHN potrebbe essere un prst. dal sem. (cfr.


W.A.Ward, JNES 20, 1961, 31s., contro T.O.Lambdin,
Egyptian Loan Words in th OT, JAOS 73,1953, 145s.).
Dai termini ugaritici abynm (313 [= 122],6) e abynt
(2Aqht 1= n D] 1,17) non si pu concludere molto (cfr.
WUS nr, 18/20; UT nr. 23/24).
La derivazione di 'abj guai (Prov 23,29) da 'bh
dubbia (cfr. UAL 4a con bibliogr.), cos pure la deriva
zione di 'abi orbene (Giob 34,36; cfr. ISam 24,12;
2Re 5,13; ab III/2b; cfr. Honeyman, l.c., 82; HAL 4a).

2/ Il verbo bh compare 54x nelle forme del qal,


con maggior frequenza nella letteratura narrativa
(2Sam lOx, Deut 7x, Is 5x, Giud, ISam, lCron e
Prov 4x eiase,).
cebjn (61x) ricorre soprattutto nei testi ambien
tati nel culto (Sai 23x, inoltre ISam 2,8; Is 25,4;
Ger 20,13), ma si trova anche nella letteratura pro
fetica, giuridica e sapienziale (Deut 7x, Giob 6x, Is
ed Am 5x ciasc.).
3/ a) Un fatto caratteristico che il verbo 'bh
quasi sempre preceduto da una negazione, col si
gnificato di non volere, rifiutare, negare , ve
nendo quindi a trovarsi nello stesso campo se
mantico dei termini m'n pi. negare (46x; una
volta in Num 22,13 con Jahwe come soggetto,
senza che per si possa vedere qui un uso teolo
gico del termine; parallelo a bh in Deut 25,7;
2Sam 2,21.23; Is l,19s.; Prov l,24s.), mrt na
scondere, rifiutare , rs disdegnare ecc. Le
uniche due proposizioni in cui bh viene usato con
un valore grammaticale positivo (Is 1,19 in una
proposizione condizionale, parallelamente a sm"
obbedire ; Giob 39,9 in una domanda retorica,
che equivale in pratica ad una negazione), se si
guarda al loro significato, non sono del tutto po
sitive.
La spiegazione di questo fenomeno non va ricercata in
particolari fatti etimologici e storico-linguistici (vd. sp. 1),
ma deve tener conto dellattuale campo semantico della
parola (cfr. E.Jenni, Wollen und Nichtwollen im
Hebr., FS Dupont-Sommer 1971, 201-207). 11 senso po
sitivo di avere volont, volere viene espresso in ebr.
col verbo
hi. decidersi, consentire, cominciare
(18x), che a sua volta non mai unito ad una negazione.
In quanto hi. cd. causativo interno ( indurre se stesso a
cominciare qualcosa o sim.), questo verbo, che
esprime sempre un comportamento non accidentale,
non pu ricevere una negazione (cfr, Jenni, HP 95ss,,
anche 250ss.256); daltronde proprio Phi. causativo in
terno il pi adatto ad esprimere il comportamento in
tenzionale del soggetto, molto meglio che non un neu
trale 'bh qal nel sign. di avere voglia (di fatto, ma ac
cidentalmente) . Cosi hi. con senso positivo e bh qal
con valore negativo o condizionale si completano reci
procamente per contrapposizione (cfr. Giud 19,6-10,
dove i due verbi si trovano contrapposti luno allaltro).*

fi

fi

b) Solo in pochi casi il verbo manifesta tutta la


sua forza verbale ( condiscendere, avere voglia
o sim.): Prov 1,30 non hanno accondisceso al
mio consiglio; 1,25 la mia esortazione non
avete accolto ; Deut 13,9 tu non dargli retta .
In questi casi si esprime una specifica decisione
19

della volont di fronte ad una sollecitazione pro


veniente dal di fuori, una presa d posizione per
sonale, comunque sempre di valore neutrale.
Loggetto allora o introdotto con i e (Deut 13,9;
Prov 1,30; cfr. Sai 81,12) o in accusativo
(Prov 1,25). Carattere di formula fissa assume bh
nellespressione bipolare non ascoltare ed op
porsi (Deut 13,9; IRe 20,8; Sai 81,12; cfr. Is 1,19;
42,24). Molte volte ci troviamo di fronte ad un
uso della parola che assoluto solo in apparenza,
poich in realt si tratta di un discorso ellittico,
cfr. p.e. Giud 11,17 (G!); ISam 31,4 = lCron 10,4;
2Sam 12,17; IRe 22,50; Is 30,15; cfr. Prov 1,10;
6,35,
c) Nella maggior parte dei casi bh unito ad un
verbo di azione, diventando quindi un verbo au
siliare (p.e. Gen 24,5.8 se essa non vuol ve
nire ). probabile che, in connessione con la for
mula sopra citata, lespressione non voler ascol
tare (Lev 26,21; Deut 23,6; Gios 24,10;
Giud 19,25; 20,13; 2Sam 13,14.16; Is 28,12; 30,9;
Ez 3,7.7; 20,8) sia diventata di uso molto comune.
Ma tutti gli altri possibili comportamenti possono essere
non voluti, rifiutati, negati (Deut 1,26; Giud 19,10;
ISam 22,17; 26,23; 2Sam 2,21; 6,10; 13,25; 14,29.29;
23,16.17 = lCron 11,18.19; 2Re 8,19 = 2Cron 21,7;
2Re 24,4; lCron 19,19); il verbo principale il pi delle
volte allinfinito con l e (eccezioni: Deut 2,30; 10,10;
25,7; 29,19; ISam 15,9; 2Re 13,23; Is 28,12; 30,9; 42,24;
Giob 39,9).

d) Quando il non volere la conseguenza di


unostinazione o di un indurimento interiore, bh
potrebbe gi essere usato in un senso teologico
specifico (Es 10,27 Jahwe aveva indurito il cuore
del faraone, cosicch questi non voleva che partis
sero ; cfr. Deut 2,30), trasformandosi poi in una
formula fissa nei giudizi o nelle accuse profetiche:
... non avete voluto! (ls 30,15; cfr. Mt 23,37 col
verbo OXetv, che nei LXX rende bh in circa la
met dei casi, cfr. G.Schrenk, art. poi!)Xojxat,ThW
1,628-636 = G LN T 11,301 -324; id .,
art. Xoj, ThW 111,43-63 = GLNT HI, 259-312).
Lindurimento per pu anche essere considerato
come un fenomeno del tutto interno alfuomo,
quasi in senso clinico (2Sam 13,2.14.16; cfr.
K.L.Schmidt, ThW V,1024ss. = GLNT IX ,
1327ss.; F.Hesse, RGG V I,1383).
4/ a) 'cebjn fa parte di quella serie di parole
che nelPAT designano coloro che sono social
mente deboli (dal, miskn, lnl, ras ecc., nh II;
cfr. A.Kuschke, Arm und reich im AT, ZAW 57,
1939, 31-57; J. van der Ploeg, Les pauvres dIsrael
et leur pit, OTS 7, 1950, 236-270; P.Humbert,
Le mot biblique byn, RHPhR 32, 1952, 1
6 = Opuscules dun hbraisant, 1958, 187-192;
F.Hauck, art.
ThW VI,37-40 = GLNT
IX , 1453-1464; F.IIauck-E.Bammel, art.
tt:tgy/Jjc, ThW VI, 885-915 con bibliogr.). Il si
gnificato specifico voler avere (Kuschke, l.c.,
53), le pauvre qui qumande (Humbert, Le.,
PQK bh VOLERE

20

188), non quasi pi evidente (Bammel, l.c,, 889


n. 24). Nei testi legislativi e profetici P cebjn lo
sfruttato (Es 23,6.11; Deut 15,1-11; 24,14;
Am 2,6; 4,1; 5,12; 8,4.6; Ger 2,34; 5,28; 22,16;
Ez 16,49; 18,12; 22,29). Alcuni passi sapienziali
prendono in considerazione talvolta solo la mise
ria materiale, in contrapposizione alla ricchezza
(Sai 49,3; 112,9; Prov 31,20; cfr. ras povero,
-4nh n).
b) Colui che socialmente debole ha nellantico
Oriente un rapporto speciale con la divinit.
Cfr. Lambert, BWL 18 n. I ( th poor of this worid,
rich in faith [ i poveri di questo mondo, pieni di
Tede ] ai quali gli dei volgono particolare attenzione,
tanto che persino Nabopolassar si ritiene uno di loro),
con lelenco dei termini che si usano in acc. per dire
povero (citazione di testi e bibliogr. in AHw s,v. ak,
dunnam, ensu, kat, lapnuy musknu ecc.). Cfr.
W.Schwer, RAC I,689s,; RGG 1,616ss.; inoltre linno a
Samas (Lambert, BWL 12lss.) e Sai 82,3 come riflesso
delle concezioni tipiche deirantico Oriente.

Di qui si pu capire come cebjn abbia ricevuto


nellAT una connotazione religiosa. Nelle forme
letterarie che hanno la loro radice nel culto (so
prattutto nei canti di lamento e di ringraziamento)
lorante si presenta davanti a Jahwe come povero,
bisognoso. Egli deve confessare la sua inferiorit
al Dio potente e giusto, cfr. Gob 42,2ss. Con una
tale confessione per il povero fa valere nello
stesso tempo un diritto sicuro, fra i doveri del po
tente, e quindi anche di Dio (non assolutamente
il caso di richiamarsi qui al tema dellalleanza), vi
quello di usare misericordia verso il misero
(cfr. Deut 14,28s.; Is 58,7; Ez 18,7; Sai
72,2.4.12.13; 82,3; 112,9; Prov 3,27s.; 31,20), La
ricchezza sempre un dono che viene concesso;
luomo nella sua condizione normale povero e
senza protezione (cfr. Gen 3,21; Ez 16,4ss.;
Os 2,10; Sai 104,14s.27ss. ecc.); PAT vive della
consapevolezza che Jahwe vuol bene proprio al
misero. La fede in Jahwe che misura laltezza e la
bassezza e, sconvolgendo le classificazioni umane,
innalza il povero, ha trovato in ISam 2,1ss. la sua
espressione classica,
c) Il fatto che cebjn nei testi cultuali viene usato
al singolare, rafforza questa impressione generale.
Le sfumature dei vari termini che significano
povero, piccolo sono completamente scom
parse, il loro significato sociale passa in secondo
piano.
L essere povero davanti a Dio si percepisce: nelle si
tuazioni negative (Sai 40,13), nel disprezzo (69,9.1 lss.),
nella persecuzione (35,lss.; 109,2ss.), nella malattia
(109,22ss.), nella vicinanza della morte (88,4ss.) ecc.
(cfr. SJMowinckel, The Psalms in IsraeFs Worship, II,
1962,91s.). I nemici del povero non sono ben delineati;
si tratta di individui che in un modo o nellaltro agiscono
contro il volere di Jahwe (cfr. Mowinckel, l.c., H,5ss.).

Lespressione fissa io sono misero e povero


(Sai 40,18; 70,6; 86,1; 109,22; cfr. anche Sai 25,16;
69,30; 88,16; ISam 18,23) designa la condizione
21

T 3 K 'abbr FORTE

dellorante; essa allo stesso tempo confessione


(di peccato), riconoscimento della sovrana po
tenza di Jahwe e fondamento della preghiera. Ma
Jahwe uno che salva il misero da colui che
pi forte di lui e il povero da colui che lo spoglia
(Sai 35,10; cfr. attribuzioni simili negli inni d
Giob 5,15; ISam 2,8; Sai 113,7 ecc.). Il fatto che
per indicare il povero si hanno quasi sempre
due o pi sinonimi (il pi delle volte ani wecehjn
misero e povero , Sai 35,10; 37,14; 40,18; 70,6;
74,21; 86,1; 109,16.22; cfr. Deut 24,14; Ger 22,16;
Ez 16,49; 18,12; 22,29; Giob 24,14; Prov 31,9), pu
essere dovuto ad uno stile caratterizzato dal parallelismus membrorum. Nel canto di ringrazia
mento (cfr. Sai 107,41) e nelle promesse salvifiche
di ambiente profetico o sacerdotale (cfr. Is 14,30;
29,19; 41,17; Sai 132,15) si attesta che la salvezza
del povero si gi realizzata o garantita.
5/ In parecchi testi religiosi del periodo intertestamentario il povero acquista unimportanza an
cora maggiore, anche per via di una stratificazione
progressiva della societ. In particolare la comu
nit di Qumran guarda con sospetto alla propriet
privata e considera la povert e la bassezza come
una condizione preliminare della vita spirituale.
Latteggiamento positivo nei riguardi della po
vert prosegue nel NT (discorso della montagna,
Luca, Paolo), e gli ebioniti non sono n gli unici
n gli ultimi cristiani che danno un valore pro
grammatico allo stato di bassezza di fronte a Dio.
Cfr. E.Bammel, art.
ThW VI,894ss.;
RGG s.v. Armenpflege , Armut , Ebioniten; L.E.Keck, The Poor among th Saints in
Jewish Christianity and Qumran, ZNW 57, 1964,
54-78; A.Gelin, Les Pauvres de Yahv, (1953)
19672.
E. Gerstenberger

1V3K 'cebjn POVERO - H2X ybh.

T3K abbr FORTE


1/ chiaro che ?abbr forte, potente e blr
(con significato fondamentalmente uguale, vd.
st. 4) appartengono allo stesso gruppo terminolo
gico; non chiaro invece se anche bcer ed '(Ehm
penna, ala (knf),come pure il verbo che ne
deriva br hi. spiccare il volo (Giob 39,26), ap
partengano alla stessa radice (cos GB 4s.7; diver
samente HAL 6a.9; cfr, AHw 7a).
Altrettanto oscura il pi delle volte la ricorrenza della
radice nelle altre lingue sem.
Ad yber ala vanno ricondotti lacc. abru ala , Tug.
br volare (?) (WUS nr. 33; diversamente UT nr. 39),
il sir. ebr piuma ; questo gruppo terminologico
troppo lontano, quanto a significato, dal nostro vocabolo
e pertanto non verr preso in considerazione.
Ad 1abbir si riconneltono Pug. ibr toro (WUS nr. 34;
UT nr. 39; per i oppure e nella prima sillaba dovuti ad

22

inflessione vocalica cfr. W.VycichI, AfO 17, 1954/56,


357a; per i nomi di persona ug. formati con ibr cfr. Grndahl 88.133) e leg. jbr stallone , che un prst. can.
(Burchardt 11,2; W.F.AIbright, BASOR 62, 1936, 30).
Tra i vocaboli acc. citati in AHw 4b.7a abru forte, vi
goroso (?) , abru avvinghiamento, potenza ed abo
rti circondare , CAD A/1,38.63 accetta soltanto abrv
. forza .
[n ambiente semNO, vanno ancora menzionati: un n.
pers. pun. 'brb'i, (CIS I 1886; W.W.Baudissin, Kyrios,
III, 1929 85 forte Baal ; Harris 73: erroneamente al
posto di drb'P.) e il veteroaram. 'hrw grandezza, po
tenza (D1SO 3; KAI nr. 214, r. 15.21, cfr. 11,219).
U medioebr. ybr pi. rendere forte va considerato una
formazione secondaria, al seguito di E.Y.Kutscher, FS
Baumgartner 1967, 165.
Del tutto improbabili sono i collegamenti della radice br
col gotico abrs forte e le ulteriori corrispondenze veleronordiche ceremisse ed ev, celtiche, come pure
quelle col sum. b vacca , le quali potrebbero risalire
ad un ambiente preistorico comune, cfr. H.Wagner,
Zeitchrift fir vergi. Sprachforschung 75, 1958, 62-75.

2/ *abbr ricorre 17x un po in tutto lAT, dal


canto di Debora ai discorsi di Eliu nei brani poetici
di Giob. ybr attestato 6x, sempre come parte di
un nome divino: nella benedizione di Giacobbe a
Giuseppe, in Is, nel Deuteroisaia e nel Tritoisaia e
due volte in Sai 132.
3/ abbr viene adoperato solo come sostantivo
e il suo significato si aggira intorno a forte, po
tente (cfr. tcr/'jpi'jc; e Suvoctc nelle traduzioni
dei LXX di Gid 5,22; Lam 1,15 e Giob 24,22).
Esso designa:
a) riferito a uomini, colui che ha potere, il ti
ranno, leroe, il capo (ISam 21,8; Is 10,13K;
Giob 24,22; 34,20; Lam 1,15; probabilmente anche
Ger 46,15: il faraone, diversamente i LXX: Api),
nellespressione "abbr fb il valoroso (Sai
76,6 par. gli eroi ; cfr. Is 46,12);
b) riferito ad animali, il cavallo (Giud 5,22;
Ger 8,16 par. sus cavallo, LXX: itzkoc,', Ger
47,3 assieme a r>.k&b cocchio ; 50,11 e 8,16 as
sieme a sh! nitrire) e il toro (Is 34,7; Sai
22,13; 50,13 par. lattQd capro; LXX sempre
TaOpoc), mentre Sai 68,31 giuoca sul doppio si
gnificato di forte e toro ;
c) verso un significato teologico si avvia gi
Sai 78,25 con lespressione Ichcem 'abbirim
pane degli angeli (manna; LXX #ptoq yyXtov ; par. degan smdjim frumento celeste al
v. 24; cfr. Sai 105,40; Sap 16,20; Gv 6,31).
La tesi di K.Budde, ZAW 39,1921,38s., secondo cui in
diversi passi cjd sarebbe un sostituto tardivo di abbr
immagine del toro , non per nulla convincente. La
confutazione di H.Torczyner, ibid. 296-300, va per al di
l dello scopo, in quanto egli nega assolutamente che la
radice possa essere usata per designare sia cavallo sia
toro (cfr. anche W.Caspari, Hebr. abr als dynamistischer Ausdruck, ZS 6, 1928, 71-75).
Risulta strana la traduzione dei LXX con iSvaro'
senza forza in Giob 24,22 e 34,20 (in Giob la trovia
mo altre 4x come traduzione del vocabolo 1a?bjn
povero , di grafia molto simile) e quella con

23

ouvTo; privo di senno in Sai 76,6 (cfr. ls 46,12),


sempre in connessione con un intervento di Dio. Vo
gliono forse i LXX operare una correzione teologica per
dire che davanti a Dio anche il potente debole?

4/ Il nome divino abr JaQqb (Gen 49,24;


Is 49,26; 60, 16; Sai 132,2.5) o >abr Jisrtf)
(Is 1,24; cfr. Wildberger, BK X,63s.) il forte di
Giacobbe/Israele , tradotto generalmente in pas
sato con toro di Giacobbe/Israele , fu ricono
sciuto come un epiteto del Dio dei padri da A.Alt,
Der Gott der Vater, 1929 = KS 1,1-78 (soprat
tutto 24ss.); In Gen 49,24 esso in parallelo con
pastore di Israele e Dio di tuo padre (cfr.
V.Maag, Der Hirte Israels, SThU 28, 1958, 2-28
con unesposizione esauriente delle varie conce
zioni del Dio dei padri; in maniera del tutto di
versa J.Hoftijzer, Die Verheissungen an die drei
Erzvter, 1956, soprattutto 95s.). In genere si ri
tiene che la differenziazione della forma nominale
(abr invece di abbr) abbia avuto solo un valore
secondario. Daltronde, secondo Meyer 11,30
{qattl allo st. cs. si trasforma talvolta in qt), la
differenza pu essere dovuta semplicemente a
motivi grammaticali (ISam 21,8 txt?, cfr. G e BH3
ad 1., non vi si oppone). Non ancora spiegato in
maniera esauriente il fatto che le ricorrenze siano
distribuite in una maniera cos singolare.
5/ Del forte di Giacobbe si parla ancora una
volta nel salmo inserito dopo Eccli 51,12 (ebr.)
(cfr. A.A. Di Leila, The Hebrew Text of Sirach,
1966, lOls.); in Qumran e nel NT mancano for
mulazioni corrispondenti.
H.H.Schmid

'bl ESSERE IN PENA


1/ La radice bl ricorre nel semNO. e nellacc.,
ma solo nel semNO. con il significato di essere
in pena , mentre nellacc. non si verifica il pas
saggio, supposto per lebr., dal campo fisico (ablu
seccare ) a quello spirituale.
A cominciare da G.R.Driver, FS Gaster 1936,73-82, an
che per lebr. viene sempre pi ammesso il sign. di sec
care (HAL 7a con otto testi contro KBL 6b con tre);
non comunque necessario scindere la radice in 'bl I
essere in pena e bl II seccare ( J.Scharbert, Der
Schmerz im AT, 1955, 47-58; E.Kutsch, ThSt 78, 1965,
35s.), vd. st. 3a.
Un collegamento con larabo abbona (cos i dizionari, al
seguito di Th.Nldeke, ZDMG 40,1886,724) non pro
babile, dal momento che il temiine arabo ha un campo
semantico abbastanza diverso (cfr. Scharbert, l.c., 48
n. 95; Wehr 2a: celebrare, lodare Iun defunto]).
Unaltra radice *bl (forma secondaria di jbl) ricorre in al
cuni nomi di luogo composti con :bl corso d'acqua
(HAL 7; in Gen 50,11, secondo unetimologia popolare,
il nome viene spiegato con bl essere in pena ). Non
si sa a quale radice si debba ricondurre lug. qrt ablm, la
citt del dio Luna (lAqht 163.165; 3Aqht 8. rev. 30).
'b l ESSERE IN PENA

24

Per Ez 31,15 (vd. st. 3a) non c bisogno di ricorrere ad


unaltra- radice bf chiudere (GB 5b: denominativo
dallacc. abultu > aram. abua porta ); cfr. HAL 7a.

Come derivati si hanno, oltre al verbo (intransi


tivo), laggettivo verbale abl afflitto e il sost.
bcel afflizione , come pure, partendo dal signi
ficato primario seccare , tbl terraferma
(probabilmente prst. dallacc.: tbalu terraferma
(secca) , GAG 56k; cfr. Zimmern 43; Driver,
l.c., 73).
2/ Statistica: qal 18x (solo testi profetici oltre a
Giob 14,22), hitp. 19x (prevalentemente in testi
narrativi), hi. 2x; *bI Sx, 'b&l 24x; tbl 36x
(solo in testi poetici, spesso come termine paral
lelo a crcES terra ).
3/ a) Il significato di 'bl nella coniugazione qal
non si pu rendere con un unico vocabolo che gli
equivalga esattamente nelle nostre lingue, poich
si estende da seccare , a deperire, essere scon
solato o sim., fino a quello di essere in pena
(Kutsch, l.c., 36, stabilisce come concetto-base
quello di diventare pi piccolo ).
Soggetto sono terra/paese, campo, pascoli, vigna,
Giuda (Is 24,4; 33,9; Ger 4,28; 12,4.11; 14,2; 23,10;
Os 4,3; Gioe 1,10; Am 1,2), il vino (Is 24,7; qui e
nei testi precedenti si potrebbe tradurre con sec
care, esaurirsi, desolarsi , a meno che non vi si
voglia vedere delle metafore), inoltre porte
(Is 3,26), anima (Giob 14,22) e persone (ls 19,8;
Os 10,5; Gioe 1,9; Am 8,8; 9,5; in questi passi si
deve senzaltro tradurre con essere in pena ),
Termini paralleli sono: 'umlal (pu4lal di mi) ap
passire, inaridirsi, scomparire (ls 19,8; 24,4.4.7;
33,9; Ger 14,2; Os 4,3; Gioe 1,10), jbs inari
dirsi (Ger 12,4; 23,10; Gioe 1,10; Am 1,2), nbl
appassire, rovinarsi (Is 24,4), smm esser
devastato (Ger 12,11; cfr. Lam 1,4), qdr dive
nire scuro, cupo, essere afflitto (Ger 4,28; 14,2),
nh lamentarsi (Is 3,26; 19,8), 'nh sospirare,
gemere (ls 24,7). Va notato inoltre che bl non
usato con verbi che esprimono un inaridirsi solo
quando si riferisce alla natura, come pure non
usato con verbi che esprimono il gemere solo
quando si parla di uomini (cfr. Is 19,8 dove tro
viamo W, 'nh e umlal con uomini per soggetto).
Per Giob 14,22 cfr, Scharbert, l.c., 56-58, e Horst, BK
XVI,214.
I due passi in cui ricorre Fhi. (Ez 31,15; Lam 2,8) vanno
tradotti con far rattristare (per Ez 31,15 cfr. Zimmerli, BK X ni,747.750.761).
Per verbi come lamentarsi, angosciarsi, gemere, sospi
rare slq gridare ; per i termini opposti nhm con
solare , *smh rallegrarsi .

Una differenza fra condizione fisica e condizione


spirituale non si ha neppure per umlal appassire,
scomparire (HAL 6la) n per smm essere de
solato, irrigidirsi, essere sconvolto (N.Lohfink,
VT 12, 1962, 267-275).
b) Il valore semantico dellhitp. pu essere reso in
maniera abbastanza completa con essere af
25

bHK 'b l ESSERE IN PENA

flitto. A differenza del qal, che designa esclusi


vamente la condizione dellessere triste, fhitp. si
gnifica propriamente comportarsi (cosciente
mente, in 2Sam 14,2 per simulazione) come
bl .
Pu trattarsi di tristezza per i morti (Gen 37,34;
ISam 6,19; 2Sam 13,37; 142.2; 19,2; lCron 7,22;
2Cron 35,24) o per una grave disgrazia o per una colpa
commessa da uomini in qualche modo legati fra loro
(ISam 15,35; 16,1; Esd 10,6; Neem 1,4), }bl hitp. pu an
che riferirsi ad una cosa (Ez 7,12, il senso si avvicina a
quello di arrabbiarsi ) oppure anche al proprio com
portamento ingiusto (Es 33,4; Num 14,39; Neem 8,9,
con significato vicino a quello di pentirsi ). In
Dan 10,2 si pensa aHasoesi che prepara a ricevere la ri
velazione (Montgomery, Dan. 406s.; cfr. lo sviluppo
successivo nel sir. abita triste e asceta, monaco ,
che si trova come prst. anche nel mandeo [Noldeke,
MG p. XXIX] e nelfarab. [Fraenkel 270]). Ezechiele,
proclamando un giudizio, annuncia un tempo di tri
stezza (Ez 7,27); un sentimento universale di tono apo
calittico caratterizza il presente con 'bl hitp. (Is 66,10;
termine di contrapposizione la gioia escatologica, sTs).
'bl afflitto usato alla stessa maniera (in caso di
morte: Gen 37,35; Sai 35,14; Giob 29,25; disgrazia:
Est 4,3; 9,22; tristezza del tempo Tinaie: Is 57,18; 61,2s.);
in Lam 1,4 laggettivo predicativo corrisponde al qal.
Similmente bcel tristezza si riferisce il pi delle
volte al lutto (Gen 27,41; 50,10s.; Deut 34,8;
2Sam 11,27; 14,2; 19,3; Ger 6,26; 16,7; Ez 24,17;
Am 5,16; 8,10; Eccle 7,2.4; Lam 5,15; pi in generale:
Mi 1,8; Giob 30,31; Est 4,3; 9,22; trasformazione della
tristezza finale in gioia: Is 60,20; 61,3; Ger 31,13).

Quando viene usato lhitp., la tristezza si manife


sta generalmente con determinati comportamenti
(pianto, abito di lutto, lamentazioni, astinenze
ecc., cfr. Gen 37,34; Es 33,4; 2Sam 14,2; 19,2;
Dan 10,2; Esd 10,6; Neem 1,4; 8,9; 2Cron 35,24;
cfr* BHH m,2021ss, con bibliogr.; E.Kutsch,
Trauerbrauche und Selbstminderungsriten
im AT, ThSt 78, 1965, 25-42), senza per che si
debba collegare il significato primario di 'bl alle
usanze funebri (cos KBL 6a e V.Maag, Text,
Wortschatz und Begriffsweit des Buches Amos,
1951, 115-117; G.Rinaldi, Bibl 40, 1959, 267s.).
Per la determinazione del senso di qdr essere scuro,
sporco, essere afflitto (un senso un po pi ristretto in
L.Delekat, VT 14, 1964, 55s.), 'gmTgm essere triste
(Is 19,10; Giob 30,25) e spd lamentarsi (originaria
mente battersi il petto come segno d lamento , cfr.
Kutsch, l.c., 38s.) cfr. Scharbert, l.c., 58-62.

4/ l lamento funebre non ha in Israele un si


gnificato religioso, dal momento che nella liturgia
isr. si esclude ogni forma di culto dei morti (cfr.
von Rad I,288ss.; V.Maag, SThU 34,1964,17ss.);
perci bl hitp. non ha alcun significato religioso,
eccetto quando si tratta di umiliarsi davanti a Dio
(Es 33,4; Num 14,39; Dan 10,2; Esd 10,6;
Neem 1,4; 8,9; cfr. Kutsch, Le., 28s. 36; nh li).
L'uso del qal, invece, e il corrispondente campo
semantico rappresentano un motivo comune
delloracolo profetico, che si esprime anzitutto ne
gli annunci di giudizio (ls 3,26; 19,8; Os 4,3;
Am 8,8). In Geremia diviene chiaro il passaggio
26

formale, osservabile del resto anche altrove,


dalTannuncio di giudizio alla descrizione della ro
vina (Ger 4,28; 12,4.11; 14,2; 23,10). Nellapocalit
tica infine il motivo caratterizza la tribolazione de
gli ultimi tempi (Gioe 1,9.10; Is 24,4.7; 33,9).
Lorigine del motivo si pu vedere forse in Am 1,
2 (cfr. al riguardo M.Weiss, ThZ 23,1967, 1-25).
11giudizio con i suoi effetti sulla natura e sugli uo
mini conseguenza della teofania di Jahwe (allu
sioni alla teofania anche in Am 9,5; Is 33,9).
Come parallelo ad Am 1,2 Weiss, l.c., 19, cita le parole
del cane di una favola della volpe medio-assira (Lam
bert, BWL 192s. 334): Io sono fortissimo,... un leone
in carne ed ossa... davanti alla mia voce terribile appas
siscono ( ablu Gin) monti e fi unii .

5/ Nel NT si suppongono le usanze funebri


dellAT, ma Ges nega la loro utilit per gli uo
mini (Mt 8,21s.). Acquista importanza la conce
zione apocalittica secondo la quale il tempo fi
nale caratterizzato dalla tristezza (Mt 24,30
ecc.). La beatitudine di Mt 5,4 riprende Is 61,2.
Cfr. G.Stahlin, art. xo7tst<;, ThW IIl,829ss,
(= GLNT V,777ss.); RBultmann, art. TtvOoc,
ThW VI,40-43 (= GLNT IX, 1463-1472).
f . Stolz

debcen PIETRA - A3 $r.

}1N ' d n SIGNORE


1/ Il vocabolo Sdn signore , di origine in
certa, ricorre in pratica solo nel ramo linguistico
can. Ciascuna delle altre lingue sem. possiede per
signore designazioni diverse: acc. blu, aram.
mr\ arab. rabb, et. 'egzr.
*
Diverse proposte etimologiche, che restano comunque
incerte, sono indicate in HAL I2b (e altre ancora pi re
mote in F.Zimmermann, VT 12, 1962, 194). Secondo
BL 16.253 ^dncj forse un vocabolo non sem. da cui
deriverebbe secondariamente il sing. 'dn. Puramente
ipotetica anche la derivazione dalJug. ad padre
lU/1); non si pu provare un significato primario pa
dre per ddn (KBL lOb lo suggerisce interrogativa
mente), anche se in una forma riverenziale ci si rivolge
ad un padre chiamandolo signore (ug. 77 [= NK.J,
33; Gen 31,35, vd. st. III/3); secondo.il testo 138
1= 146],19 lug. adn potrebbe significare benissimo an
che fratello .
In ug. compare, accanto a adn signore , anche un
fem. adt signora (WUS nr. 86). I nomi propri rinve
nuti in EA, Mari, Ugarit ecc., importanti per determi
nare la vocalizzazione e la derivazione delle forme, ven
gono elencati e discussi (ma senza risultati convincenti)
in Huffmon 156.159 e Grndahl 88-90.
Frequente il fen. pun. 'dn signore (DISO 5; nomi
propri: Harris 74); anche qui esiste il fem. ydf signora
(una volta, senza dubbio come cananaismo, anche in
uniscrizione paini., cfr. M.Noth, OLZ 40, 1937, 345s ).
Fondandosi su questo fatto O.Eissfeldt (OLZ 41, 1938,
489) suppone che in Ger 22,18 hd non sia altro che

27

una scrittura errata del termine fem. parallelo ad 'dn


(diversamente Rudolph, HAT 12,142; M.Dahood,
CBQ 23, 1961, 462-464).
Nellebr. extrabibl. si trova usato 'dnj mio signore
nelle lettere di Lachis (KAI nr. 192-197 passim); cfr. an
che 'drij hsr il mio signore, il governatore nel coccio
di Yavneh-Yam (KAI nr. 200, r. 1).

La forma dnj, che si usa per designare Jahwe,


viene di solito considerata una forma fissa di apo
strofe, composta dal plurale maiestatico con suf
fisso di prima persona in pausa (accentuata ) miei
signori = mio signore = il signore (dettagliata
mente W.W.Baudissin, Kyrios, II, 1929, 27ss.),
tuttavia lanalisi grammaticale della finale -j
controversa.
II/ Nella statistica le diverse forme di 'dn
(incl. adnj miei signori Gen 19,2) e la desi
gnazione di Dio adnqj (incl. Gen 19,18) vanno
elencate separatamente. In Mand., concordemen
te alla editio Bombergiana, manca 2Sam 7,22; in
Lis. manca Ez 14,20.
Gen
Es
Lev
Num
Deut

^ dnj

totale

9
6

80
16

6
4

1
2
2
4

dn
71
10

Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re

3
7
38
52
34
37

Is
Ger
Ez
Os
Gioe
Am
Abd
Giona
Mi
Nah
Ab
Sof
Agg
Zac
Mal

16
6

Sai
Giob
Prov

13
1
3
1

Rut
Cani
Eccle
Lam
Est

7
5
2
48
14
222
-

7
6
5
11
38
59
39
39
64
20
222
1

25
1

26
1

1
1

1
2

2
2
54
1
-

9
5
67
2
3
1

14

14

1
1

1
-

7
3

Dan
Esd
Neem
lCron
2Cron

totale

334

3
5
4

11
1
2

439

TTtK 1dn SIGNORE

!7
1
5
5
4
773

28

Mentre la frequenza di <5dn (Gen, l/2Sam,


l/2Re) dovuta al contenuto, quella di adnqj
(Ez, Am) dovuta a procedimenti redazionali.
Laram. bibl. mare signore compare 4x in
Dan.
Ili/
1/ Come termine esprimente rapporti
allinterno dellordine sociale, 'dn viene preci
sato nel suo significato primario di signore, pa
drone (su persone sottoposte) con termini oppo
sti che quasi sempre compaiono espressamente o
per lo meno vengono presupposti, come p,e.
"(bced servo (cfr. particolarmente Gen 24,9.65;
Es 21,4-8; Deut 23,16; Giud 3,25; ISam 25,10;
Is 24,2; Mal 1,6; Sai 123,2; Giob 3,19; Prov 30,10;
con n'ar servo Giud 19,11; ISam 20,38 ecc.;
con 'am. oppure sifh serva ISam 25,25.27s.41
ecc.); di conseguenza il vocabolo adoperato
quasi esclusivamente con un genitivo o con un
suffisso pronominale (il rapporto viene definito
tramite F in Gen 45,8,9; IRe 22,17 = lCron 18,16;
Sai 12,5; 105,21; tramite particolari espressioni
verbali in Is 19,4; 26,13; dn usato in modo as
soluto soltanto nella formula del lamento funebre di
Ger 22,18; 34,5, ed anche una decina di volte per de
signare Jahwe, vd. st. IV/2.4).
'dn si distingue pertanto nettamente da bcta
signore in quanto possessore e proprietario di
una cosa (oggetto di propriet anche la moglie,
e allora b'al assume il significato di marito ).
Da quanto si detto risulta chiaro che Faffermazione di
F.Baethgen, Beitrge zur sem. Religionsgeschichte,
1888, 41, citata in ThW 111,1052 (= GLNT V,1379):
In rapporto allo schiavo il signore si chiama btfal in
quanto ne proprietario; si chiama dn in quanto,
avendone il possesso, pu comandare quel che vuole ,
non del tutto esatta, dal momento che b'al nelPAT
non viene mai usato in riferimento ad un cebced.
In ug. la differenza fra adn e 67 non sembra essere cos
forte; cfr. bly mio signore quando ci si rivolge al re
nello stile epistolare (WUS nr. 544,3 *), in conformit
con il formulario acc., e inoltre il parallelismo poetico
b^lkinladnkm in 137 [= III AB, B], 17.33s., e 62 rev.
[= I AB VII, 57 Nqmd, re di Ugarit, adn di Yrgb, bL d
Trnm .

Come sinonimo raro di dn ricorre in


Gen 27,29.37 gebfr signore, padrone (contrap
posto a iabdJm servi del v. 37); pi usato il
fem. gebfra signora, padrona (contrapposto a
sifh serva Gen 16,4.8.9; Is 24,2; Sai 123,2;
Prov 30,23; accanto a naar ragazza 2Re 5,3;
gbr 3e).
i
2/ Solo una volta adori viene adoperato per
esprimere un potere su realt impersonali:
IRe 16,24 adn hhr (Semer) il (precedente)
proprietario del monte (Samaria). Quando si
paria di un signore che posto sulla casa del fa
raone (G en 45,8) o sulla terra dEgitto
(Gen 42,30.33; 45,9; Is 19,4; Sai 105,21), si intende
semplicemente il suo rapporto di superiorit verso
coloro che appartengono a quella casa o a quella
terra.
29

IHK dn SIGNORE

Per lug. s potrebbe ricordare il testo sopra citato (III/l)


con adn Yrgb; nello scongiuro fen. di Arslan Ta$ (7'
sec.), nella r. 15 alla lettura [*]dn rs signore della
terra (Th.H.Gaster, Or NS 11, 1942, 44.61; HAL 12b)
va preferita quella proposta da W.F.AIbright, BASOR 76, 1939,8, e accolta in KAI (nr. 27) fripn rs si
gnore della superficie della terra .

3/ Come in molte altre lingue (p.e. il lat. me


dioevale senior , e sulla stessa linea il ted.
Herr originariamente comparativo di hehr
[vecchio, venerando] , cfr, Kluge 305a; il frane.
monsieur , con luso ormai fisso del pronome)
il termine viene adoperato quando ci si rivolge ad
una persona o si parla di essa non solo quando nei
suoi confronti vi un rapporto reale signore-servo
(molto spesso p.e. nellespressione di corte adru
hammclcEk mio signore, il re ), ma anche come
forma di cortesia quando ci si rivolge ad altre per
sone, a cui si vuol rendere onore con un tale ap
pellativo (L.Khler, ZAW 36,1916, 27; 40, 1922,
39ss. ; Lande 28ss.81); corrispondentemente, colui
che pronuncia il termine si definisce come
debeed schiavo . Cos il padre (Gen 31,35: Ra
chele si rivolge a Labano), il fratello (Gen
32,5s.l9; 33,8ss. Giacobbe-Esa; Es 32,22;
Num 12,11 ronne-Mos), lo zio (2Sam 13,32s.
Ionadab-Davde), il marito (Gen 18,12 SaraAbramo; Giud 19,26s. concubina-lev ita; Am 4,1
le vacche di Basan ; Sai 45,12 nozze del re) pos
sono essere designati come 'dn, ma l stesso av
viene anche per persone del tutto estranee (p.e.
sulla bocca di donne Gen 24,18 Rebecca-servo di
Isacco; Giud 4,18 Giaele-Sisara; Rut 2,13 RutBooz) o di rango uguale o addirittura pi basso
(IRe 18,7.13 Abdia-Elia; 20,4.9 Acab - Ben-Adad;
2Re 8,12 Cazael-Eliseo). Il passaggio da tu/tuo
a mio signore (p.e. Num 32,25.27) avviene con
la stessa facilit con cui si compie lo scambio di
ruoli da io/mio a tuo/suo servo (p.e.
ISam 22,15). (1dnl mio signore (cfr. mon
sieur) si trova spesso usato come formula fissa al
posto di nostro signore anche sulla bocca di
una moltitudine di persone (Gen 23,6; 42,10;
43,20; Num 32,25.27; 36,2; 2Sam 4,8; 15,15;
2Re 2,19),
.
Per la formula b5adni o bVadnj con permesso, si
gnore (7x e 5x rispettivamente) cfr. L.Kohler,
ZAW 36, 1916, 26s.; Lande 16-19; HAL 117.

IV / 1/ Luso di 'adni'*donai in riferimento


a Jahwe (W.W.Baudissin, Kyrios I-IV, 1929;
G.Quell, ThW III, 1056ss. [= GLNT V,1391ss.];
Eichrodt I,128s.; O.Eissfeldt, RGG 1,97) stretta
mente legato alluso in campo profano: a somi
glianza di quanto si verifica per le altre comunit
religiose dellambiente circostante nei riguardi dei
loro dei pi eminenti, cosi anche per lintero
Israele oppure per singoli o gruppi appare ovvio
che ci si rivolga a Jahwe come ad un superiore, in
analogia con quanto avviene nei rapporti terreni
(reali o fittizi) fra servo e padrone, chiamandolo
signore, oppure che si parli di lui come del si
30

gnore; del resto anche Israele, corrispondente


mente, pu essere designato come servo di Jahwe,
e a cominciare dal Dtis anche con una terminolo
gia esplicita (ThW V,660s. = GLNT IX,295ss.;
bd). Le afiermazipni in cui si parla di Jahwe
come signore (2/) sono relativamente rare e
atipiche; pi frequenti invece sono i casi in cui,
con formule fisse, ci si rivolge a Jahwe come si
gnore (3/) e i casi in cui il termine usato come
epiteto divino (4/), il quale, data lunicit di que
sto signore, pu essere usato in seguito in maniera
assoluta per designare la sua stessa natura (signore
per eccellenza, signore universale o sim.), fino a
sostituire il nome divino (5/).
2/ Nel contesto di una affermazione dn con
suffisso personale suo signore ricorre solo nella
proclamazione profetica della condanna contro
Efraim in Os 12,15 perci il suo signore gli ren
der il suo obbrobrio , dove il vocabolo nel suo
pieno significato intende sottolineare il paradosso
della disobbedienza; simile Neem 3,5 ma i loro
notabili non piegarono il collo al servizio del loro
signore. Cfr. inoltre Is 51,22 tuo signore,
dove il significato pieno usato positivamente, in
parallelo con che difende la causa del suo po
polo .
Espressioni con nostro signore (Sai 135,5;
147,5; Neem 8,10; 10,30) vanno invece conside
rate variazioni tardive delluso di dn in una
qualche formula, dove un epiteto divino o sosti
tuisce il nome divino.
In Mal 1,6 se sono un padrone, dov il timore
verso di me? si ha non una designazione vera e
propria di Dio, ma un paragone con un (padre o)
signore terreno, nel quale il significato della parola
diviene tematico. In Mal 3,1 il signore, che voi
cercate luso di ha*dn determinato dalla con
trapposizione con i messaggeri che precedono que
sto signore, e qui naturalmente, come in 1,6, si
pu constatare come si conoscesse gi un uso as
soluto del termine per indicare Jahwe.
3/ Nellinvocazione, dnqj mio signore
attestato gi molto presto. A differenza p.e. di
mcloek re la parola non descrive originaria
mente la natura di Dio nella sua qualit di domi
natore o di padrone con pieno potere, ma un
semplice titolo donore, cos come viene usato da
un inferiore nei rapporti con un suo superiore (Eichrodt 1,128; diversamente Khler, Theol. 12, il
quale tuttavia nel passo per lui paradigmatico di
Sai 105,21 per determinare il significato di 'dn si
basa troppo sul parallelo msl padrone, che
per non ha lo stesso significato; cfr. anche Baudssin, Le., 11,246). Oltre che in altri passi che non
citiamo qui singolarmente (molto spesso p.e. nella
preghiera di Davide 2Sam 7,18-22.28s., 7x ladnj
Jhwh, assente altrove in l/2Sam), vanno intese
cos anche le formule antiche e sicure dal punto di
vista della critica testuale bJ *adnqj con per
messo, signore (Es 4,10.13; Gios 7,8; Giud 6,15;
31

13,8; cfr. Giud 6,13 b adn7)ehh 'dnj Jhwh


ah, mio signore Jahwe (Gios 7,7; Giud 6,22;
inoltre 8x in Ger ed Ez, ahh')\ cfr. anche luso
di ,adnf per indicare esseri angelici in Gios 5,14;
Zac 1,9; 4,4.5.13; 6,4; Dan 10,16 17.17.19; 12,8.
L'invocazione al plurale Jahwe, nostro signore si li
mita a Sai 8,2.10 e sembra essere dello stesso tipo delle
predicazioni di Jahwe menzionate nel numero seguente.

4/

dn adoperato in maniera assoluta appare


anchesso molto presto in qualit di epiteto divino
che assume il carattere di una formula. Anche qui
il significato della parola inizialmente non va al di
l di quello originario, come si pu vedere nel pre
cetto relativo al pellegrinaggio in Es 23,17 e 34,23
col titolo solenne ha*dn Jhwh C^lh Jma'l) il
signore Jahwe (Dio dIsraele), come pure nella
formula pi volte usata da Isaia, e che rsale cer
tamente alla tradizione gerosolimitana, hydn
Jhwh fb 't (Is 1,24; 3,1; 10,16.33; 19,4; cfr.
Wildberger, BK X,62s.).
Nelle iscrizioni fen. pun. lepiteto ''dn signore atte
stato per numerose divinit e ricorre spesso (Baudissin,
l.c., III,52ss.; DISO 5, con lelenco delle rispettive divi
nit). Il passaggio dal titolo al nome proprio chiaro nei
nomi propri (cfr. smn'dn/'dn'smn Esmun signore
con dnplt 'dn ha salvato ) e soprattutto nel caso d
Adone di Biblo, dio della vegetazione che muore e ri
sorge (W.W.Baudissin, Adonis und Esmun, 1911;
O.Eissfeldt, RGG l,97s.; G. von Liicken, Kult und Abkunft des Adonis, FuF 36, 1962, 240-245).

Data lampia diffusione di simili epiteti nellantico


Oriente (eg. nb, sum. en, acc. blu, aram. mr\ itt.
isfja-\ non c bisogno di ricorrere ad alcuna par
ticolare derivazione per spiegare il titolo ydn ri
ferito a Jahwe; si pu tuttavia supporre che la tra
dizione cultuale gerosolimitana, cui chiaramente
appartengono le suddette formule, sia stata in
fluenzata dalluso linguistico can. (cfr. anche i
nomi propri formati con dn, come dnijjh,
'dMs&dceq, adnlqm, 'adnrm con i loro cor
rispondenti ug. e fen., vd. sp. I; Noth, 1P 114ss.).
controversa lantichit delfespressione adnj
Jhwh al di fuori dellinvocazione, cio il signore
Jahwe usato come nominativo del vocativo or
mai fisso. Contro lopinione di Baudissin (l.c.,
l,558ss.; 11,8lss ), secondo cui iodnqj si sarebbe
sempre introdotto qui secondariamente accanto o
al posto di Jhwh, Eissfeldt (RGG 1,97) ritiene che
luso del nominativo pu essere antico; secondo
F.Baumgrtel (Zu den Gottesnamen in den Buchem Jer und Ez, FS Rudolph 1961, 1-29) le for
mule come k ornar '"dnj Jhwh e nem 1dnj
Jhwh in Ger ed Ez sono originali (con J.Herrmann, FS KJttel 1913, 70ss., contro Baudissin);
cfr in dettaglio Zimmerli, BK XIII, 1250
1258.1265.
Diversi testi, e fra questi proprio pi antichi, sono con
troversi dal punto di vista della critica testuale (per Am
cfr. V.Maag, Text, Wortschatz und Begriffswelt des Buches Amos, 1951, U8s.f e WolfT, BK XIV/2,122.161;
per IRe 2,26 vd. i comm.).
'dn SIGNORE

32

Non nemmeno sempre possibile sapere in ciascun caso


perch alcuni autori (o redattori) preferiscano lespres
sione addndj Jhwh. Per quanto riguarda Ez (217x)
Baumgrtel (Le., 27ss.) ritiene che nel periodo deireslio
si voglia evitare esplicitamente di designare Dio con la
formula Jhwh sebi (collegata con larca nel tempio di
Sion e ancora comune in Ger), sostituendola con addnj
Jhwh, connessa con un antico nome cultuale.

5/ Il passaggio dalluso di adnj come epiteto


divino a quello, anchesso assoluto, che designa la
natura stessa di Dio, nel senso di signore per ec
cellenza o signore universale , reso possibile
dal collegamento di adn con un genitivo, che
esprime luniversalit del dominio. Simili espres
sioni superlative e iperboliche sono note anche nel
repertorio bab. dei titoli divini (p.e. bl bl si
gnore dei signori , cfr. Tallqvist 40-57) ed anche
di quelli regali (oltre a bl bl p.e. anche bl sarrni signore dei re , bl gimr e bl lassati si
gnore della totalit , cfr. Seux 55-57.90s.), e per
tanto non sono ancora di per s testimonianza di
una fede monoteistica. NellAT ebr. ricorrono le
espressioni Dio degli dei e signore dei signori
(Deut 10,17; Sai 136,2s.) e ^dn kol-ha'rces si
gnore di tutta la terra (Gios 3,11.13; Mi 4,13;
Zac 4,14; 6,5; Sai 97,5; 114,7 txt em, cfr. Kraus,
BK XV,778/783; alcuni di questi passi potrebbero
essere ancora preesilci, cfr. Noth, HAT 7,25; H.M.Lutz, Jahwe, Jerusalem und de Vlker, 1968,
94.96; secondo Kraus, BK XV, 199, Pespressione
probabilmente stata presa dalle tradizioni cul
tuali dellantica citt gebusea ).
mr\ lequivalente di 'dn nelFaram, bibl., viene ado
perato due volte nellinvocazione mari mio signore
rivolta al re (Dan 4,16.21), e due volte, seguito da un ge
nitivo, in riferimento a Dio: Dan 2,47 mre' malfa n si
gnore dei re e 5,23 mare' -Ymajj signore del cielo .
Per i paralleli nelle iscrizioni aram. (titolo di re e di dei)
cfr. Baudissin, l.c., 111,57-61; DISO 166s. (per il fen. 5dn
mlkm e laram. mr1mlkn signore dei re riferiti a re cfr.
KGalling, Eschmunazar und der Herr der Knige,
ZDPV 79,1963, 140-151). Il Genesi apocrifo di Qumran
ha moltiplicato considerevolmente il numero di queste
espressioni (con la scrittura mrh\ cfr. Fitzmyer,
Gen.p. 69.75.88.116.220.

Riguardo ad adnqj il signore usato da solo, al


di fuori dellinvocazione (circa 70x, soprattutto in
Is, Sai, Lam: Re 3,10.15; 22,6; 2Re 7,6; 19,23;
Is 3,17.18; 4,4; 6,1.8; 7,14.20 ecc.; Ez 18,25.29;
21,14; 33,17.20; Am 5,16; 7,7.8; 9,1; Mi 1,2;
Zac 9,4; Mal 1,12.14; Sai 2,4; 22,31; 37,13; 54,6
ecc.; Giob 28,28; Lam 1,14*15; 2,1 ecc.; Dan 1,2;
9,3.9; Esd 10,3, dove per va letto adonT e va ri
ferito ad Esdra; Neem 4,8), resta ancora la diffi
colt di sapere se il testo originario, come si
detto sopra (IV/4). Il testo attuale in ogni caso
suppone il significato esclusivo il signore
v.olt 5 ^o/v)v. Quando dnj viene usato per
evitare il nome di Jahwe a cominciare dal 3 sec.
a.C. (Bousset-Gressmann 307ss.), fenomeno che
presente anche nei testi di Qumran (M.Delcor,
Les Hymnes de Qumran, 1962, 195; cfr, nellin
33

TJK 'addir POTENTE

vocazione 1QH 2,20 ecc. con ls 12,1; Sai 86,12;


1QH 7,28 con Es 15,11; al di fuori dellinvoca
zione 1QM 12,8 con Sai 99,9; IQSb 3,1 con
Num 6,26), e che infine porta al Qer perpetuum
5adnqj applicato al tetragramma {Jhwh), la pa
rola perde completamente il suo carattere origina
rio di appellativo, e diventa una sostituzione del
nome, indicandolo con una perifrasi.
V/ Per luso di 'adn o xupto^ nel tardo giu
daismo e nel NT cfr. W.Foerster, art. xpio^
ThW 111,1081-1098 (= GLNT V,1450-1498);
K.H.Rengstorf, art.
ThW 11,43-48
(= GLNT II,849-866); K.G.Kuhn, art. (AapavaO,
ThW IV,470-475 (= GLNT VI,1249-1266); ulte
riore bibliogr. nelle teologie del NT e negli studi sui
titoli cristologici.

E Jenni

T*IK 'addir POTENTE


1/ La radice \r essere grande, forte, potente
limitata allambito can. (ug.: UT nr. 92; WUS nr. 95;
Grndahl 90; fen, pun.: DIS05s.; Harris 74s.).
Tra le coniugazioni verbali della radice, il qal essere po
tente e il pi. far potente/glorificare sono attestati
solo nel fen. (DISO 5), mentre il part. ni. grandioso
(Es 15,6.11) e lhi. far che qualche cosa si mostri glo
riosa (Is 42,1) sono attestati solo in ebr.

La derivazione pi importante laggettivo *addir


forte, potente, grandioso, nobile . Lo si trova con
una certa frequenza nellug. e nel fen. pun., anche
nel linguaggio quotidiano (p.e. ug. alt adrt nella lista
119[= 107], r. 4,7.9.16.18, secondo UT nr. 92 up
per-class wife [moglie appartenente a una classe
superiore], cfr. A . van Selms, Mamage and Family
Life in Ugaritic Literature, 1954,19s.58s.; pun. KAT
nr. 65, r. 2 = nr. 81, r. 5: dal pi grande al pi pic
colo di essi [= edifici]; la radice gd essere
grande manca nel fen. pun.); in ebr., invece, sia dal
punto di vista della formazione nominale sia per la
sua utilizzazione, sembra essere piuttosto una parola
arcaica o arcaicizzante (Gulkowitsch 95).
11 suo fem. 'addcercet (< *addirt-, BL 479), che ha sia il
valore astratto di grandiosit (Ez 17,8; Zac 11,3), sia
quello concreto di mantello (cfr. H.W.Hnig, Die Bekleidung des Hebraers, 1957, 66ss.). Non si riscontra da
nessuna parte un significato primario essere ampio
(GB 12a), a cui possano essere ricondotti grandiosit e
mantello ; nel caso che addcercet mantello appar
tenga alla radice dr, potrebbe darsi che lattributo perma
nente abbia sostituito la cosa ( quel che grandioso <
il grandioso [vestito] ).
Piuttosto controverso dal punto di vista esegetico e te
stuale il sost. 'cedcer grandiosit (?) (Zac 11,13; Mi
2,8 txt em 1addcercct mantello ?); cfr. i comm. e anche
G.W.Ahlstrm, VT 17, 1967, 1-7.
Il nome proprio 'adrammczicEk(2Re 19,37 = Is 37,38) ha il

34

suo riscontro nel fer, {'dunlk = Mik potente; Har


ris 75). II nome divino di 2Re 17,31, pur avendo lo stesso
suono, per deformato dalPacc. Adadmilk ( Adad []
re) (Eissfeldt, KS 111,335-339; K.Deller, OrNS 34, 1965,
382s.),

2/ La diffusione dei vocaboli derivati da questa


radice, se si prescinde da addcrcet mantello
(lOx), si limita quasi esclusivamente ai testi poetici:
ni. 2x, hi. lx (per i testi vd. sp); 'addi'r 27x, oltre a
Es 15,10 (canto di vittoria dopo lattraversamento
del mare) e Giud 5,13.25 (cantico di Debora) 13x in
testi metrici profetici e 7x nel salterio, in prosa solo
in ISam 4,8 (sulla bocca dei filistei) e in Neem 3,5;
10,30; 2Cron 23,20 (nel significato di notabili );
addcrcet grandiosit 3x (testi profetici, vd. sp.).
Includendo <xdcer (2x) la radice attestata 44x.
Cfr. anche Eccli 36,7 (hi.); 43,11 e 49.13 (ni.); 40,13;
46,17; 50,16 {'addir)\per i testi qumranici cfr. Kuhn,
Konk. 2s.

3/ La potenza, la forza e la grandiosit vengono


attribuite (come in ug. e in fen.) sia a cose (masse
dacqua: Es 15,10; Sai 93,4a; cfr. ug. gsm adr piog
gia forte in 2059 [= PRU V,59], r. 14; alberi.
Is 10,34 txt?, diversamente M.Dahood, Bibl 38,
1957,65s.; Ez 17,8.23; Zac 11,2; nave: Is 33,21b; cfr.
fen. 'rst dgn tdn i magnifici campi di grano , KAI
nr. 14, r. 19) sia a persone (re: Sai 136,18; cfr. per il
fen. p.e. KAI nr. 24, r. 5s.; sovrani: Ger 30,21; si
gnori del gregge = pastori: Ger 25,34.35.36; nota
bili: Giud 5,13.25; Ger 14,3; Nah 2,6; 3,18; Sai 16,3;
Neem 3,5; 10,30; 2Cron 23,20; Ez 32,18 txt?; ug.
WUS nr. 92,2*b; neopun. KAI nr. 119, r. 4, e
nr. 126, r. 7: i potenti di Leptis e tutto il popolo di
L. , corrispondente al lat. ordo et populus).

#7 dr (D1SO Ss.; KAI 0,11.89; J.-G.Fvrier, Semitica 2,


1949, 21-28; A.Berthier-R.Charlier, Le sanctuaire punique
dEl Hofra Constantine, 1955, 14.237).

Poich in Is 10,34 (vd. sp. 3/) e 33,21 a il testo e


Finterpretazione sono molto dubbi, i passi dove
addir oppure dr ni./hi. hanno un rilievo teolo
gico sono solo Es 15,6 la tua destra, Jahwe, ter
ribile per la forza ; v. 11 chi come te maestoso
in santit? ; ISam 4,8 chi ci liberer dalla mano
di questo Dio cos potente? ; Is 42,21 il Signore
si compiacque, per amore della sua giustizia,
di rendere la legge grande e gloriosa; Sai 8,2.10
Jahwe, Signore nostro, quanto potente il tuo
nome su tutta la terra ; 76,5 terribile sei tu, po
tente ; 93,4 pi potente dello strepito di grandi
acque, pi dei flutti del mare, potente nelfalto
Jahwe .
Nelle affermazioni sulla destra di Jahwe, sul suo
nome, sulla sua legge e su di lui stesso non si pu
scorgere alcuna fonnula particolare. Vanno notate le
espressioni comparativo-superlative di Es 15,11 e
Sai 93,4. Il significato non ha una speciale sfumatura
teologica, e questa anzi non la si pu supporre, dato
fuso comparativo del termine.
Data Tambientazione can. della parola, non ca
suale il fatto che essa sia applicata a Jahwe special
mente nella tradizione gerosolimitana pi antica,
influenzata dairambiente can. (ISam 4,8 nel rac
conto delfarca; Sai 76,5 in un cantico di Sion
preesilico, cfr. H.-M.Lutz, Jahwe, Jerusalem und
die Vlker, 1968, 167s.; Sai 93,4, in un altro an
tico salmo regale di Jahwe, cfr. Kraus, BK XV,
648; cfr. anche i versetti a tre membri di Es 15,11
e Sai 93,4 con il parallelismo climatico noto
anche in ug.).

1 passi di Neem e delle iscrizioni che abbiamo citato indi


cano che il termine designa le persone senza porre in evi
denza una particolare distinzione dal punto di vista sociale,
pressapoco nel senso di magnati (E.Meyer, Die Entstehung des Judentumus, 1896, 132s.). Perci esso in
2Cron 23,20, essendo pi generico, sostituisce lo specifico
e oscuro kri Carii di 2Re 11,19.
Termini sinonimi sono: gdddl grande (Sai 136,18; cfr.
Is 42,21), msl principe (Ger 30,21; 2Cron 23,20),
gibbr eroe (Giud 5,13); cfr. anche Sai 76,5. Caralteristico anche lopposto $l7r piccolo, inferiore, gio
vane (Ger 14,3 servitore , cfr. S.E.Loewenstamm,
Tarbiz 36, 1966/67, 110-115), che ricorre nelle iscrizioni
pun. citate sopra (1/).

5/ Fra le numerase traduzioni di 'addir da parte


dei LXX vanno notate soprattutto Oaufxacrr*;
(6x in Sai) e
(gdf).
Luso ellenistico e orientale di designare Dio con
il termine grande (W.Grundmann, art. (xya<;,
ThW IV,535-550 = GLNT VI,1431-1476), che nel
NT compare nella formula di acclamazione dellAr
temide di Efeso (Atti 19,27s.34s.) e si pu constatare
anche in Tito 2,13 del grande Dio e (del) salvatore
nostro Ges Cristo , trova corrispondenza in am
biente semitico non gi in gctdl, ma oltre che
nellaram. rab (acc. rahu, fen. solo rbt signora
come titolo) anche nel fen. 'dr.
EJenni

4/ Come gadi grande (-gdf) ed altri aggettivi


che esprimono un atteggiamento di stupore di fronte
ai potenti, cos anche addir viene adoperalo nei ri
guardi di Dio e del divino (W.W.Baudissin, Kyrios,

DHK
'dm UOMO
T T

in,

1929, 85S.120).

In ug. (testo 20011= PRU V,l], r. 7 adrl detto probabil


mente di Astarte) e specialmente nel fen. pun. 'dr e il
fem. drt sono epiteti fissi di varie divinit: fen. Z?7 'dr,
KAI nr. 9B, r. 5 (Biblo, verso il 500 a.C.);s/c/jdf, KAI
nr. 58 (Pireo, 3' sec. a.C.); Iside/Astarte, KAI nr. 48, r. 2
(Menfi, 2M* sec. a,C.); pun. (e neopun.) Astarte, Tnr e

35

1/ a) 'dm uomo, uomini compare solo


nel can. (ebr. e letteratura post biblica, fen. pun. e
ug.) e sporadicamente nel sem. del sud
(HAL 14a).
In ug. si trova adm uomini una volta in parallelo con
lini (= ebr. iem gente) in nt [= V AB] n, 8, e
TT

'dm UOMO

36

nellespressione ab adm padre dellumanit nel


poema di Krt ( b IV/3a).
In fen. pun. da dm si forma anche il plur. *dmm
(DISO 4).
Nellantico arab. del sud 'dm significa servo (Conti
Rossini 100b).
Per la forma medioebr. 'ddn cfr. E.Y.ICulscher, FS
Baumgartner 1967, 160.

50 nessuna volta se si eccettua Gen 16,12 pderce


'dm), e in Eccle 49x. Una certa frequenza si ha
ancora soltanto in Prov (45x) e Sai (62x); altrove
la distribuzione del tutto casuale (Ger 30x, Is e
Giob 27x, Num 24x, Lev 15x, Es 14x, negli altri
libri meno di lOx, manca in Abd, Nah, Rut, Cant,
Est. Esd).

La questione della derivazione del termine non ha


ancora raggiunto alcun risultato sicuro (cfr. i les
sici e i comm. a Gen 2,7; in particolare anche
Th.C.Vriezen, Onderzoek naar de Paradijsvoorstelling bij de oude semietische Volken, 1937,
63s. 129-132.239),

b) ens compare 42x (Giob 18x, Sai 13x, Is 8x;


inoltre Deut 32,26; Ger 20,10; 2Cron 14,10), e solo
in testi poetici (2Cron 14,10, in quanto preghiera,
non costituisce uneccezione). Si ha inoltre ,<ens
come nome proprio in Gen 4,26; 5,6-11;
lCron 1,1.
Laram. ,t?nas ricorre 25x (Dan 23x, Esd 2x;
in Dan 4,14 al posto del plur. ebr. anasTm biso
gna leggere la forma ^ns), o collettivo/gene
rale o individualizzato nellespressione bar ^ris
(Dan 7,13; cfr. C.Colpe, ThW VIII,403ss. con bi
bliogr.) opp. plur. ben (ens (Dan 2,38; 5,21), in
testi poetici e non poetici.

Vrie2en(l.c.) riporta i tentativi di spiegare il termine par


tendo dal sum. o dallass. bab., e di far derivare la figura
di Adamo da nomi di dei o da figure mitiche (come fau
tori di civilt, analogamente ad Adapa, secondo de Liagre-Bhl) e giunge alla conclusione che nessuno di que
sti tentativi d un risultalo sicuro. Poich questi tenta
tivi (cfr. anche GB IOa; KBL 12s.) non si riimovarono se
non raramente o furono trascurati del tutto, non ven
gono qui tenuti in considerazione.
Vriezen si pone anche il problema deila relazione tra dm e yadm (cfr. Gen 2,7 con un gioco di parole tipi
camente ebr.): si ha qui solo unetimologia popolare op
pure una connessione linguistica originaria? Le risposte
date finora a questa domanda sono varie; mentre Khler
e altri accettano come certa la derivazione di 'dm da
adm (Theol. 237 n. 57; 240 n. 97), Th. Nldeke
(ARW 8,1905, 161) e altri sono del parere che i due ter
mini non hanno alcuna relazione fra loro. Vriezen con
clude che il termine va spiegato o soltanto in base
alfebr. (e qui si dovrebbe pensare al verbo 'dm essere
rosso ) oppure tenendo presenti diverse possibilit
dellarabo. La derivazione pi probabile per lui quella
proposta da H.Bauer, ZDMG 71, 1917, 413; ZA 37,
1927, 310s., dallarab. adam(at) pelle, superficie , che
nellarab. del sud e in ebr. avrebbe assunto il significato
di uomo come parte per il tutto, mentre l*arab. ha
conservato il significato antico. possibile allora una
connessione tra 'adam e adm superficie terrestre ,
ma in modo diverso da come viene presupposta dal lau
tore di Gen 2-3. Cfr. per anche dm (1).
Il significalo arab. di pelle , che abbiamo menzionato,
visto da G.R.Driver, JThSt 39, 1938, 161 (HAL 14b;
cfr. Barr, CPT 154) anche in Os 11,4 (parallelo a ahabt
per il quale si suppone pure il senso di pelle , hb I),
ma tale significato non pu essere accettato come certo
(Cfr. Wolff, BK XTV71, 258; Rudolph, KAT
Xm/1,210).

b) Oltre a 1dm compare in ebr. pi raramente la


parola ,<J'ns, la cui radice appartiene al sem. co
mune, mentre nellaram. bibl.
il termine
normale per uomo/uomini ( < * wws; cfr.
Wagner nr. 19/20; P.Fronzaroli, AANLR
V ili/19, 1964, 244.262.275; -7S I).
2/ a) La parola compare nellAT 554x (incluso
Os 6,7; 11,4; 13,2, ma senza il nome personale
Adamo di Gen 4,25; 5,1.1.3.4,5; lCron 1,1). La di
stribuzione dei passi piuttosto singolare. Nel solo
Ez si hanno 132 passi (di cui 93 quando Dio ri
volge la parola al profeta: boen-dm). Allmfuori
di Ez dm compare in modo pi massiccio in
due testi: in Gen 1-11 46x (per contro in Gen 1237

*! 'adam UOMO

3/ a) dm significa collettivamente luomo


(il genere umano), lumanit, gli uomini e viene
adoperato (a differenza di 75 uomo [ma
schio]) solo al sing. e in st. assol., mai con suf
fissi. Luomo singolo viene designato con
bcen-'dm, il plur. i (singoli) uomini con bcnf
bent (h)-'dm (cfr. LKohler, ThZ I, 1945,
77s.; id., Theol: 114s.; ben). Il significato del ter
mine resta invariato lungo tutto lAT. Esso pu
essere usato in espressioni composte come san
gue dell1uomo (Gen 9,6; secondo KBL 12b sono
circa 40 le connessioni di questo tipo), anche come
genitivo al posto di un aggettivo in maniera
umana (2Sam 7,14; Os 11,4), e inoltre in espres
sioni generiche, dove si pu tradurre con cia
scuno (Lev 1,2 ecc.), tutti (Sai 64,10), al ne
gativo nessuno (lR e 8,46; Neem 2,12)(cfr, an
che st.. 41).
Come espressione fissa si Irova solo m'dam (we)'ad-,
behm gli uomini e le bestie (Gen 6,7; 7,23; Es 9>25;
12,12; Num 3,13; Ger 50,3; 51,62; Sai 135,8). Altre serie
con behm bestiame, animali sono Es 8,13.14;
9.9.10.19,22.25; 13,2.15; Lev 7,21; 27,28; Num 8,17;
18,15.15; 31,11.26.30.47; Ger 7,20; 21,6; 27,5; 31,27;
32,43; 33,10.12; 36,29; Ez 14,13.17.19.21; 25,13; 29,8;
36,11; Giona 3,7.8; Sof 1,3; Agg 1,11; Zac 2,8; Sai 36,7;
cfr. Eccle. 3,19.
Il termine che ricorre pi spesso come corrispondente in
parallelismo 7$ (III/4c), cfr. 2Re 7,10; Is 2,9;
5,15; 52,14; Sai 49,3; 62,10; con ians7m Is 2,11.17 ecc.

b)
non ha mai larticolo e compare solo al
singolare. In senso stretto , come 'dm, un
nome collettivo, e significa perci in tutti i passi
gli uomini oppure uomini ; una volta in
dividualizzato: boen-^ns (Sai 144,3). L.Khier
dice che si estingue nelluso (KBL 68a), ma ci
forse non del tutto esatto, dato che esso compare
ancora 18x nel libro tardivo di Giobbe. Si pu tut
tavia affermare che il suo uso ben circoscritto: si
trova solo in testi poetici, senza articolo e in un
campo semantico molto ridotto. Si possono inoltre
38

presupporre quegli usi limitati che si riscontrano


per il vocabolo dm (vd. st. 4a): anche il voca
bolo '^ns non ricorre mai in testi storici, o anche
quando il contesto si riferisce alla storia o alla
storia della salvezza .
In Giob e Sai prevalgono i passi in cui si parla
delluomo come essere mortale, caduco e limitato:
Sai 103*15 <( giorni delluomo sono come lerba ;
similmente 73,5; 90,3; 8,5 = 144,3; Giob 7,1;
14,19; 25,6; 28,13. Luomo davanti a Dio non pu
essere giusto (puro): Giob 4,17; 9,2; 15,14; 25,4;
33,26. Egli viene designato come (Ens in contrap
posizione a Dio: Giob 7,17; 10,4.5; 13,9; 32,8;
33,12; 36,25. Vicina a questo significato anche la
designazione dei nemici in alcuni passi dei salmi:
Sai 9,20.21; 10,18; 56,2; 66,12; cfr. 55,14. La con
nessione chiara in 9,21 i pagani debbono rico
noscere di essere uomini . Nello stesso senso
vanno intesi, alPinfuori dei salmi e di Giobbe, sei
passi del libro di Isaia: Is 13,7.12; 24,6; 33,8;
51,7.12; inoltre 2Cron 14,10. Cos 33 passi su 42
formano un gruppo semantico organico (cfr. an
che st. 4e-h).
Il termine non per usato in questa maniera in
Deut 32,26; Is 8,1; 56,2; Ger 20,10; Sai 55,14;
104,15.15; Giob 5,17; 28,4. Quasi sempre si tratta
di espressioni fisse oppure di strette connessioni
verbali: 'asr ains beato luomo (Is 56,2;
Giob 5,17); Fbab
ns cuore delluomo
(Is 13,7; Sai 104,15.15); hcercet cens stilo umano
(= comune tra gli uomini) (Is 8,1; cfr. tuttavia
Wildberger, BK X,311s,);,Q?ns flml mio con
fidente (Ger 20,10; cfr. Sai 55,14 {Ens k*'ceriti
un uomo simile a me ). Se ns in questi con
testi ha mantenuto un significato neutrale, lo si
deve forse ad uno stadio linguistico pi antico, in
cui '*ns veniva usato ancora in un senso pi am
pio e comune. Fuori di tali connessioni il signifi
cato neutrale si trova in Deut 32,26 e Giob 28,4;
qui me'*ns tra gli uomini potrebbe essere
unespressione fissa.
Questo senso comune e neutrale (vd. st. 41) si ha
anche nei passi in cui 'ans un nome proprio
(Gen 4,26; 5,6.7.9.10.11; lCron 1,1; cfr. Westermann, BK I, commento a Gen 4,26).
4/ a) NellAT non si parla indifferentemente di
'dm ogni volta che ci si riferisce allessere
umano, ma in prevalenza quando questo essere
visto in relazione con la sua creaturalit o con un
particolare elemento della sua creaturalit. 'dm
non Puomo che si manifesta nella famiglia, nella
politica, nelle preoccupazioni quotidiane o nelle
relazioni sociali; si parla d dm solo dove egli ai
di l di tutti questi riferimenti inteso nel suo
mero essere umano. Ma soprattutto: la particolare
azione salvifica di Dio, la storia di Dio col suo po
polo non ha nulla a che fare con lo dm. Non
solo i due complessi letterari in cui dm ricorre
pi spesso (Gen 1-11 e Eccle), ma anche i diversi
usi del tennine che sono collegati tra loro per af
finit di contenuto, hanno a che fare con luomo
39

come creatura o con un aspetto della sua creatu


ralit; nei libri storici o profetici non si hanno
complessi letterari fissi per forma o contenuto, n
modi di esprimersi particolari in cui 'dm eserciti
una funzione speciale.
b) Il vocabolo dm si ambienta bene nella storia
delle origini, e cio in quelle parti di Gen 1-11 che
trattano deHuomo nellinsieme degli eventi pri
mordiali: creazione delluomo (Gen 1,26-30 e
2,4b-24), cacciata dal paradiso (Gen 3), diluvio
(Gen 6-9) e dispersione degli uomini (Gen 11,1
10). Al di fuori di queste narrazioni il vocabolo si
trova solo in 4,1 (h*dm).25 e 5,1.1; qui per dm divenuto nome proprio (o tende a diven
tarlo). Il fatto che le ricorrenze siano numerose in
queste narrazioni della storia delle origini, e che si
limitino ad essa, mostra che 'dm nellAT desi
gna luomo (in senso collettivo) prima e al difuori
di tutte le determinazioni, le quali cominciano con
i nomi che fonnano le genealogie, e prima di ogni
divisione dellumanit in popoli, a partire da
Gen 11 opp. dalla tavola dei popoli. I racconti che
trattano delluomo in questo senso seguono due
temi principali: trattano della creazione delluomo
(c) e della limitatezza dellessere umano nelle nar
razioni di colpa e punizione (d).-Essi confermano
le due affermazioni fondamentali che PAT fa
sulluomo: egli creatura di Dio, e come creatura
ha, in contrapposizione a Dio, unesistenza limi
tata.
c) I racconti della creazione delPuomo (cfr.
E.Lussier, Adam in Gen 1,1-4,24, CBQ 18, 1956,
137-139) sono in Gen 1,26-30 e 2,4b-24.
Quanto si pu dedurre dalla storia delle religioni sui rac
conti di creazione mostra che la creazione del mondo e
la creazione delluomo costituiscono originariamente
due tradizioni, distinte. Si constata p.e. che nelle civilt
primitive la creazione intesa quasi sempre solo come
creazione deiruomo, e che al contrario in Egitto crea
zione significa prevalentemente creazione del mondo,
cio cosmogonia. Perci la cosmogonia che prevale nelle
civilt sviluppate ha incluso in-s la creazione deiruomo;
ambedue p.e. sono unite nellEnuma eliS e in Gen 1. In
vece in Gen 2 si ha la tradizione della creazione
delluomo. Non esatto quindi parlare di due racconti
della creazione, uno pi antico (Gen 2-3) e uno pi re
cente (Gen 1), tanto pi che s pu considerare come pa
rallelo di Gen 2 solo Gen 1, 26-30, ma non Gen 1,12,4a. Lesegesi di Gen 1 basata sulla storia delle tradi
zioni mostra chiaramente lindipendenza originaria di
Gen 1,26-30 (Westermann, BK I,198ss.).
Gen 2-3 un racconto la cui unit letteraria dovuta a
J, ma in esso si possono ancora riconoscere facilmente
due racconti originariamente distinti: un racconto delia
creazione deiruomo in 2,4b-24 e il racconto della cac
ciata dai giardino in 2,9.16.17.25; 3,1-24. Il primo appar
tiene a quelle narrazioni che hanno per tema la creazione
delluomo, il secondo spiega la limitatezza delPuomo.
Riunendo i due racconti, J ha voluto esprimere che que
sti due motivi fondamentali sono tra loro affini.

Ambedue le narrazioni della creazione delPuomo


in Gen 1,26-30 e 2,4b-24 dicono che luomo trae
la sua esistenza da Dio (1), che egli fin dallinizio
D1K adam UOMO

40

inteso come essere sociale (2), che la sua crea


zione comporta anche il suo sostentamento con il
cibo (3) e che a lui affidato il dominio sugli ani
mali e sulle altre creature (4), P contiene inoltre
PafYermazione particolare che Dio ha benedetto
luomo (5) e che Io ha creato a sua immagine
{-sclcem) (6).

(1) Nessuna delle due narrazioni intende affer


mare propriamente che Dio ha creato il primo
uomo (o i primi uomini). La creazione delluomo
piuttosto unaffermazione tipica delle narrazioni
delle origini, che resta al di l di ogni storia di cui
si possa avere esperienza e di cui si possano avere
documenti. Viene detto solo che l'umanit, e cio
ogni uomo, trae la sua esistenza da Dio, niente di
pi e niente di meno. Luomo creato da Dio di
venta Adamo (nome proprio) solo per il fatto che
apre la serie delle generazioni (4,1.25; 5,1); nei rac
conti di creazione luomo creato non fa parte di
una serie determinata. Il racconto della creazione
delluomo dice per che luomo tale solo in
quanto creatura di Dio; non possibile qui sepa
rare luomo come tale dal suo essere creato. Ci
che luomo , lo in quanto creatura di Dio,
(2) La creazione delPuomo come essere sociale
viene affermata in forma lapidaria in Gen 1, 26
30: li cre maschio e femmina . In Gen 2,4b-24
questo lo scopo della narrazione: luomo formato
da Dio con polvere (2,7) non ancora propria
mente la creatura che Dio intendeva ( non
bene... 2,18); la creazione delluomo vera
mente riuscita solo con la creazione della donna.
J ha posto quindi in particolare evidenza
questaspetto della creazione delluomo, e cio che
egli raggiunge la sua autenticit solo nella societ
(cfr. su questo punto Pedersen, Israel 1/11,61s.).
(3) Secondo le due narrazioni, al sostentamento
delluomo si provvede anzitutto con un nutri
mento vegetale (1,29; 2,8.9.15); il nutrimento con
carne di animali subentra solo quando luomo si
allontana da Dio. Questo tema ricorre in tutti quei
passi (particolarmente nei salmi) che affermano
che Dio provvede al nutrimento delle sue crea
ture.
(4) Contrariamente alla concezione sumerico-ba
bilonese della creazione delluomo, questultimo
nellAT non viene creato, secondo J e P, per ser
vire gli dei, ossia per il culto, ma per dominare su
gli animali (l,26b.28b; 2,19.20), e quindi anche sul
resto della creazione (1,28), e per lavorare il suolo
(2,15; cfr, 2,5b), La coltivazione, la lavorazione
della terra quindi basata sulla stessa creazione
delluomo, oppure riceve con essa la sua motiva
zione. Non si pu separare questo compito dalla
natura delluomo.
(5) P parla espressamente della benedizione
delPuomo, connessa con la sua creazione (1,28).
Ci che P afferma in modo astratto, viene detto da
J in forma narrativa: la fertilit che si intende
esprimere con la benedizione si attua nel susse
guirsi delle generazioni, con la procreazione e la
41

CHK 'dm UOMO

nascita dei discendenti (4,1.2.25). Luomo creato


da Dio un essere che si protrae nel susseguirsi
delle generazioni.
(6) Per quanto riguarda laffermazione che Dio
cre luomo a sua immagine, molti sono i tenta
tivi di spiegazione; cfr. in proposito Westermann,
BK I,197ss., dove sulla base della storia delle re
ligioni viene proposta linterpretazione seguente:
Dio cre luomo a sua corrispondenza, come suo
partner, in modo tale che tra questa creatura e il
suo creatore pu avvenire qualcosa; essa pu udire
il suo creatore e rispondergli. Questa precisazione
ha un carattere esplicativo; con essa non si ag
giunge qualcosa alla creazione delluomo, ma si
chiarisce piuttosto cosa vuole esprimere il fatto
che luomo creato (cos anche p.e. K.Barth, Kirchliche Dogmatik, I1I/1, 1945, 206s.). J, anche se
non contiene questa affermazione particolare,
esprime tuttavia la stessa cosa collegando il rac
conto vero e proprio della creazione 2,4-24 con la
narrazione della trasgressione del precetto e della
cacciata dal giardino: Dio ha creato luomo perch
vi sia qualcosa tra lui e la sua creatura.
d) Le narrazioni di colpa e punizione formano un
secondo gruppo. Quando si hanno racconti della
creazione delluomo, o affermazioni sulla sua creaturalit, si hanno anche narrazioni o affermazioni
che dicono qualcosa sulla limitatezza delluomo. I
due elementi sono collegati per contrasto: perch
luomo, pur essendo creatura di Dio, cos varia
mente limitato nella sua esistenza? Le risposte a
questa domanda possono essere varie; nellAT come anche da molte altre parti - si cerca la spie
gazione in una mancanza delPuomo.
La narrazione della cacciata dal giardino in Gen 3 si de
linea fondamentalmente cos: Dio colloca gli uomini da
lui creati in un giardino pieno di frutti, e permette toro
di cibarsi dei frutti di tutti gli alberi; solo di un albero
proibisce di mangiare il frutto. Ciononostante gli uomini
mangiano il frutto di questalbero e vengono perci cac
ciali dal giardino. Sono cosi allontanati da Dio, e questo
allontanamento equivale ad unesistenza in qualche
modo limitata. Questo filone principale intessuto e ar
ricchito con una serie di altri motivi, che un tempo fa
cevano parte di altri racconti indipendenti, appartenenti
allo stesso tipo di narrazioni: soprattutto il motivo
dellalbero della vita, che noto anche altrove (p.e.
nellepopea di Gilgames e nel mito di Adapa), ma anche
le singole sentenze di condanna, che esplicitano la limi
tatezza dellesistenza, e forse anche la scena della tenta
zione col serpente.
Ci che J vuol dire sulluomo con questo racconto si pu
cos compendiare: (1) non solo la creaturalit dellesi
stenza umana, ma anche la sua limitatezza Fondata su
un evento originario che si svolge fra Dio e luomo.
(2) La violazione del precetto di Dio e la condanna di
tale violazione un avvenimento originario, che viene
lasciato nella sua enigmaticit ed inesplicabilit. Colpa e
punizione caratterizzano luomo come tale; non c al
cuna esistenza umana che ne sia esente. (3) Dio acco
glie luomo che ha peccato contro di lui. Anche se lo al
lontana da s dando luogo cos ad unesistenza limitata
da affanni, dolori e morte, gli concede ancora la vita e gli
permette di continuare a vivere nel tempo.

42

Solo se prese insieme queste tre affermazioni possono


rendere ci che la narrazione intende dire. Una spiega
zione per la quale uno stato paradisiaco di innocenza si
trasforma a causa del peccato originale in uno stato
di umanit decaduta non corrisponde al testo e af senso
della narrazione. Nella narrazione il precetto, la viola
zione e il castigo sono in ugual maniera un avvenimento
originario, che non si pu tradurre e dividere in periodi
storici. La designazione peccato originale , che ha in
trodotto nellesegesi della narrazione questa sfumatura
leggermente diversa (e con conseguenze molto impor
tanti) deriva dal giudaismo tardivo (IV Esdra).
La possibilit che ha luomo di peccare, la quale fa parte
delPevento originario, acquista un altro aspetto nel rac
conto del diluvio in Gen 6-9. Mentre in Gen 3 (e 4) si
parla della mancanza di un singolo uomo, in Gen 6-9 si
tratta di un fenomeno che investe tutta lumanit, e cio
che un gruppo, una comunit umana pu andare in ro
vina e perire. Qui per la prima volta si afferma che il cre
atore pu annientare la sua creazione; tale possibilit
gi racchiusa potenzialmente nel fatto che il mondo e
lumanit hanno un creatore: il creatore ha come tale la
capacit di distruggere la sua opera. Per questo motivo le
narrazioni del diluvio (o delPincendio) universale hanno
sulla terra la stessa diffusione dei racconti di creazione.
Qui si fonda lo schema tempo delle origini-tempo finale:
alla possibilit della corruzione del genere umano corri
sponde la possibilit del suo annientamento. Nellapoca
littica quello che avverr per lumanit coincide con
quanto avvenuto al tempo delle origini.
Per quanto riguarda la concezione de!!1uomo, da Gen 6
9 si ricava: (1) l'umanit che si propaga ha la possibilit
di corrompersi in blocco. (2) Il creatore ha la possibilit
di annientare lumanit da lui creata. (3) Col diluvio e la
salvezza di un individuo dal diluvio luomo nella sua
esistenza riceve una vita che consiste in una liberazione
o in una preservazione dalle grandi catastrofi. (4) La
promessa che non sopraggiunger pi una catastrofe
universale finch durer il mondo fonda la storia
dellumanit, che contiene (parziali) corruzioni di un in
tero gruppo e (parziali) catastrofi. Cos la salvezza e la
preservazione diventano un fenomeno che appartiene
allumanit.
Nel racconto della costruzione della torre si vede un su
peramento dei limiti, particolarmente pericoloso per
lumanit, consistente nellautoesaltazione delluomo
nellambito della politica (citt e torre) e nel campo del
progresso tecnico (che come tale tuttavia accettato). La
punizione misericordiosa , che ancora una volta lascia
in vita, in questo caso la dispersione e lallontana
mento.

e) In una serie di passi si ricorda la creazione


delluomo o si fa accenno a motivi di creazione,
p.e. Deut 4,32 dal giorno in cui Dio cre luomo
sulla terra, oppure Es 4,11; Is 17,7; 45,12;
Ger 27,5; Zac 12,1; Sai 8,5ss.; 139,13ss.; Giob 15,7;
20,4; Prov 8,31 (la sapienza nella creazione: po
nevo le mie delizie tra gli uomini ); inoltre
Sai 115,16 (Dio ha affidato la terra agli uomini);
Deut 32,8 (allusione alla separazione dei popoli).
In stretta connessione con la creaturalit
delluomo stanno anche le affermazioni in cui
luomo come creatura riceve un valore o una di
gnit che deve essere preservata e custodita. La
vita delPuomo custodita poich egli creatura di
Dio (Gen 9,5s.). Ci viene ripreso nelle leggi: chi
uccide un uomo... (Lev 24,17.21).

43

In Gen 9,6 il fondamento di questo sta nel fatto


che luomo creato ad immagine di Dio: si ha qut
un primo passo verso il concetto moderno della
dignit delPuomo ; questa fondata sulla crea
turalit delPuomo e si esprime nel fatto che la
vita delPuomo protetta perch egli creatura
di Dio, Una simile idea della dignit delluomo|

si ritrova anche in espressioni come quella di;


Ab 1,14 se egli (il conquistatore) tratta gli uo-?
mini come i pesci del mare . Essa si manifesta
nel fatto che Puomo non vive di solo
pane (Deut 8,9) o nei lamento io invece sono
un verme, non un uomo (Sai 22,7), e con una
forza particolare nel canto del servo di Jahwe
ls 52,14 tanto sfigurato per essere di un uomo
era il suo aspetto, e non pi umano il suo volto ..
Negli stessi termini parlano di umanit anche
2Sam 7,14 e Os 11,4.
Anche questa dignit Puomo non Pha da s; essa
fondata sul fatto che Dio si prende cura di lui:
che cos Puomo ('*ens) perch tu ti ricordi di
lui, e il figlio delPuomo (barn-dm) perch tu ti
prenda cura di lui? (Sai 8,5). Una gran quantit,
di passi parlano della protezione accordata da Dio
alluomo: egli il guardiano degli uomini
(Giob 7,20), e con una tale protezione e una tale
custodia egli opera i suoi prodigi per i figli
delPuomo (Sal 107,8.15.21.31; inoltre Sai 36,7.8;
80,18 ecc.).
0 LAT esprime ci che Puomo nella sua realt
soprattutto quando vede Puomo di fronte a Dio,
nella sua distanza da lui e nella sua dipendenza1da
lui. Per questuso di adm (circa 60 passi) si in
contra una particolare difficolt. La visione vete
rotestamentaria delPuomo nn parte dalPuomo
quale in se stesso, fondato sulla propria esi
stenza, che poi in un modo o nellaltro entra in re
lazione con Dio; con 'adam si intende invece un
ssere umano che sta in relazione con Dio.
Luomo come tale non pu essere caratterizzato
n compreso, se la sua esistenza non posta di
fronte a Dio.
Alla creaturalit, come presentata nella storia
delle origini, corrisponde il fatto che in questo
gruppo di passi la relazione tra Do e luomo sem
bra fondata su un contrasto. Lessere delPuomo
include necessariamente questa limitazione, che
deriva da tale contrapposizione; se egli non os
serva o trascura questa limitazione, resta partico
larmente minacciato nel suo essere umano: nes
sun uomo che mi vede resta in vita (Es 33,20).
Ci espresso in un testo singolare e particolarmente
pregnante di Isaia, in un detto contro la politica di al
leanza con lEgitto: ma lEgitto uomo e non Dio...
(Is 31,3). In 31,8 il vocabolo ricorre nuovamente con si
gnificato analogo: LAssiria cadr sotto una spada che
non di un uomo, una spada non umana la divorer .
La frase di Is 31,3 viene ripresa da Ezechiele nelle parole
rivolte al principe di Tiro (Ez 28,2.9). Si noti che in en
trambi i passi Isaia amplia lo schema tipico della parola
profetica, esprmendo qualcosa di specifico per la sua
predicazione, al di l delle forme che il discorso profetico

CT]K dm UOMO 44

ha assunto prima di lui. Il vero e proprio motivo per cui


in ls 31,1-3 si mette in guardia contro lalleanza con
lEgitto lannuncio dellannientamento del protet
tore al v. 3b. Si amplia questo motivo facendo riferi
mento alla limitatezza di tutte le potenze umane, limita
tezza che intrinseca alPuomo. In 31,8 vi lo stesso ri
ferimento: PAssiria sar annientata, ma non dalla spada
di un uomo (p.e. dellEgitto); qui agisce solo il non
uomo, il creatore che come tale anche signore della
storia. La frase lEgitto uomo e non Dio quindi
unasserzione che si fonda sulla creaturalit delluomo;
essa indipendente dalla storia particolare di Dio con
Israele.
Nello stesso contesto va collocato il ritornello di
Is 2,9.11.17; 5,15 allora luomo verr umiliato e il forte
sar abbassato... (o sirn.). Wildberger, BK X,103s, ri
corda giustamente che questo detto sul rovesciamento
delle posizioni non fa parte propriamente del linguaggio
profetico: Senza dubbio Isaia cita un detto sapienziale,
che ha introdotto al v.9 con limpf. cons., ma che ha
usato in forma pi originaria anche in 2,17 e 5,15 . Egli
rimanda al medesimo parallelismo tra
e 'dm che si
trova anche in Prov 12,14; 19,22; 24,30; 30,2; Sai 49,3:
In tali detti lumiliazione e Pannieatamento sono la
conseguenza di una stolta esaltazione (cfr. anche
Ger 10,14; 51,17). Isaia, annunciando in 2,12-17 il
giorno che giunge su ogni soltezza ed ogni superbia, e
nel quale solo Jahwe sar innalzato, e rifacendosi cos ad
un detto sapienziale, che contrappone tra loro Dio e
luomo, stabilisce un importante contatto tra il linguag
gio profetico e quello sapienziale: quando il giudizio, che
propriamente vale solo per Israele, viene esteso a tutti
gli uomini , Pannuncio si serve della contrapposizione
Dio-uomo, la quale vuole impedire di valicare i confini.

La stessa opposizione ricompare anche altrove:


Dio non uomo (75), perch possa mentire, non
un figlio delPuomo ( bcen-'dm) perch possa
pentirsi (Num 23,19; cfr ISam 15,29). In tali
frasi si impedisce a Dio di abbassarsi al livello
delPuomo; similmente in Mal 3,8 ... pu mai un
uomo ingannare Dio? . Queste espressioni mo
strano per anche che il voler conservare i confini
tra Dio e Puomo non conduce ad affermazioni di
carattere ontologico. Non si fanno asserzioni
astratte sulPessere di Dio n su quello delPuomo.
Si tratta sempre di unopposizione che si manife
sta negli eventi e non diviene mai opposizione a
priori. Perci non si hanno mai affermazioni che
esprimono un diverso modo di essere di Dio e
delPuomo. La contrapposizione acquista impor
tanza decisiva soprattutto quando un uomo si
trova a dover decidere su chi debba riporre la pro
pria fiducia, e quando il confidare in Dio con la
massima chiarezza contrapposto al confidare
nelPuomo: Ger 17,5; Mi 5,8; Sai 36,8; 118,8; 146,3;
poich Paiuto delPuomo non serve a nulla
(Sai 60,13; 108,13); si preferirebbe cadere nelle
mani di Dio che in quelle degli uomini
(2Sam 24,14 = lCron 21,13); se si confida in Dio
non si avr pi paura degli uomini (Is 51,12).
Il contrasto si mostra anche nel fatto che ci si oppone vi
vamente alla costruzione di immagini di Dio: queste
sono opere delle mani delPuomo (2Re 19,18 = Is 37,19;
Sai 115,4; 135,15; Ger 16,20 come pu un uomo fabbri
carsi degli dei? ; cfr. Is 44,11.13).

45

DT *dm UOMO

In questo senso si pu ricordare anche l'espressione con


cui Dio si rivolge al profeta Ezechiele figlio
delPuomo! , che ricorre pi di 90x. Cfr. Zimmerli,
BK XIII,70s.: laccento posto su dm , a cui bisogna
collegare il tenni ne opposto V/, che resta sottinteso
(ls 31,1; Ez 28,2) . Si tratta quindi della stessa contrap
posizione Dio-uomo che si ha in Is 31,3 e 2,11.17, solo
che qui viene contrapposto a Dio il profeta stesso, nella
sua pura creaturalit limitata.

g) Nella creazione delPuomo trova la sua ragione


il fatto che uomo e animale vengano considerati
come gli unici esseri viventi, In J la creazione de
gli animali sta in stretta connessione con quella
degli uomini (Gen 2,7.18-24), in P animali e uo
mini ricevono la benedizione del creatore (Gen
1,22.28). Cos pure animali e uomini stanno in
sieme nel racconto del diluvio (Gen 6,3; 7,23). La
relazione comune tra uomini e animali viene
espressa nellunica formula fissa che si formata
con dm: m&dam 'ad behm uomini e be
stie (vd. sp. 3).
In molti altri luoghi uomini e animali sono nominati in
sieme, ma la formula non viene usata: nel riscatto del
primogenito degli uomini e degli animali (Es 12,12;
13.2.13.15; Num 3,13; 8,17; 18,15), nel bottino di guerra
(Num 31,11.26.35.40.46; Gios 11,14), nellofferta cul
tuale del bottino di guerra (Num 31,28.30.47). Come
nella creazione, cosi anche quando si parla di annienta
mento uomini e animali vengono spesso nominati in*
sieme, p.e. nelle piaghe dEgitto (Es 8,13.14;
9,9.10.19.22.25; 12,12; Sai 135,8); uomini e animali sa
ranno annientati alla caduta di Babilonia (Ger 50,3).
Spesso la distruzione totale abbraccia uomini e animali
(Ger 36,29 e devastano questo territorio annientando
in esso uomini e animali ; inoltre Ger 7,20; 21,6; 27,5s.;
50,3; 51,62; Ez 14,13.17.19.21; 25,13; 29,8; 38,20; Sof 1,3;
Agg 1,11; solo uomini Zac 11,6). Uomini e animali ven
gono accomunali nel pentimento quando in Giona 3,7.8
si annuncia lo sterminio; anche nelfinvettiva di Abacuc
contro linvasore essi sono collocati sullo stesso piano
(Ab 2,8.17). singolare il fatto che gli annunci di ster
minio di uomini e animali riconano solo nelle piaghe
dEgitto e in seguito solo nei profeti a partire da Gere
mia. Anche nella promessa riguardante il tempo dopo il
giudizio uomini e animali vengono talvolta nominati in
sieme: Ez 36,11 moltiplicher fra voi uomini e ani
mali ; cos anche Ger 31,27; Zac 2,8; 8,10 (solo uomini:
Ger 51,14; Ez 36,10.12.37.38; Mi 2,12).

h) Luomo condivide con gli animali la caducit;


PEcclesiaste lo esprime chiaramente in un passo:
poich il destino dei figli degli uomini simile
a quello delle bestie (3,19; cfr. Sai 49,13).
Anchessa fondata sulla storia delle origini
(Gen 3,19.24), come la fallibilit o la malvagit
delPuomo (nei racconti di colpa e punizione), che
spesso col legata alla caducit.
Talvolta, come in Num 16,29, la caducit viene
solo constatata: se essi muoiono, come muoiono
tutti gli uomini, se a loro succede quello che suc
cede a tutti (similmente Ez 31,14; Sai 73,5; 82,7;
cfr. anche Giud 16,7.11.17). Il discorso sulluomo
caduco trova la sua ambientazione particolare nel
lamento sulla caducit, che un ampliamento dei
lamenti del singolo (o di un gruppo) (Sai 39,6.12
ogni uomo non che un soffio; 49,13.21;
46

62,10; 89,48; 90,3; 144,4; Giob 14,1.10; 25,6;


34,15; Is 2,22). Questo lamento sulla caducit
particolarmente elaborato in Giobbe, soprattutto
in 14,1-12. Anche qui non si pu affermare che il
vocabolo uomo sia in se stesso un termine ca
ratteristico del lamento; 1dm ricorre anzi solo
nelPampliamento con il quale si d libero sfogo al
lamento del sofferente, per cui egli con la sua sof
ferenza particolare si considera partecipe della ca
ducit di tutti gli uomini.
,
Questa nullit o caducit sta in stretta connes
sione con la fallibilit delPuomo o la sua malva
git, sia in Gen 1-11 che in Giob 14,1-12 (v. 4
<<come potrebbe un puro derivare da un impuro?
impossibile! ) e corrispondentemente in
Sai 90,7-9 (cfr. Num 5,6 i peccati che commet
tono gli uomini ). Va spiegato cos il fatto singo
lare, che nei salmi di lamentazione individuale (e
in altri passi) solo a proposito di nemici e di mal
vagi si parla in genere di uomini (Sal 140,2 li
berami, Jahwe, dagli uomini malvagi ; cos pure
altrove frequentemente: Sai 12,2-9; 57,5; 116.11;
119,134; 124,2; Giob 20,29; 27,13; 33,17; 34,30;
spesso nei Proverbi, cfr. Prov 6,12; 11,7; 12,3;
15,20; 17,18; 19,3; 21,20; 24,30; 28,17; 23,28;
molto pi raramente si usa 'dm nei Proverbi
quando si parla delPuomo saggio e intelligente,
cfr. Prov 12,23.27; 16,9; 19,11.22; 28,2; cfr.
Giob 35,8).
i) Ne! libro dellEcclesiaste il discorso sulla fuga
cit o sulla caducit delluomo viene radicaiizzato,
in quanto essa non semplicemente constatata o
lamentata, ma il risultato di una riflessione che
ha studiato a fondo (1*13) lessere umano (2,3).
Anche PEcclesiaste parte dalle origini; la caducit
non si accorda bene con la creaturalit delPuomo,
e qui compare il peccato: 7,29 ho trovato.., che
Dio ha creato gli uomini giusti; essi per cercano
molti raggiri , cfr. 9,3. NelPintendere a questa
maniera luomo come creatura PEcclesiaste con
serva un legame con la teologia, nonostante il suo
scetticismo (cfr. 3,11; 7,29; 8,17).
11 tratto fondamentale della sua concezione
delPuomo (1) il riconoscimento radicale della
nullit delPuomo, del suo essere-per-la-morte.
Nella sua fugacit luomo uguale alla bestia
(3,18.19.21). Lessere autentico delPuomo si os
serva meglio nella casa del lutto che in quella delle
feste (7,2). Lessere-per-la-morte viene ancor pi
aggravato dal fatto che la morte sopraggiunge im
provvisa (8,8; 9,12). (2) Qual allora il senso di
questo essere che corre velocemente verso la
morte? Ci che un uomo si guadagna col lavoro
e con la ricerca durante la vita, deve poi lasciarlo
(1,3 <( che cosa guadagna l'uomo da tutto il suo af
fanno, con il quale si affatica sotto il sole? ;
2,12.18.21.22; 6,ls.l0.11.J2; 7,14; 10,14; 12,5).
Proprio se si tiene presente laffanno, la vanit e
la caducit delPesistenza, acquista un senso lat
timo, il presente, il consentire a tutto ci che di
sponibile (2,24 non c niente di meglio per
47

luomo che mangiare e bere e procurarsi gioia in


mezzo alle fatiche; 3,13.22; 5,18 prendersi la
propria parte e godere; 7,14; 8,15; 11,8). Questa
accettazione delle gioie della vita e del gusto di vi
vere viene spesso considerato come un accettare
ci che creato da Dio (2,24; 3,13; 5,18; 7,14;
8,15). Proprio in questa accettazione dellattimo,
godendo dei doni belli della vita, luomo, ricono
scendo la limitatezza della sua esistenza, pu ac
cettare il suo creatore.
La visione che PEcclesiaste ha delPuomo si mani
festa (3) nel modo pi chiaro in 8,17: Allora ri
conobbi che impossibile alPuomo investigare
lintero operare di Dio, tutto ci che succede sotto
il sole; poich per quanto luomo si affanni a cer
care, non trova niente... . LEcclesiaste ha tro
vato che luomo non pu avere una conoscenza di
Dio in senso globale, e perci non pu conoscere
tutto quanto quello che avviene. Egli deve ricono
scere che la limitatezza delPesistenza umana con
diziona la comprensione delPesistenza e la cono
scenza di Dio. Solo entro questi limiti unesistenza
umana pu aver senso e solo entro questi limiti
acquista significato un discorso su Dio.
1) Mentre in tutti gli usi fin qui considerati vi era
una relazione con la creaturalit delPuomo e con
quello che essa significa, PAT conosce anche un
uso neutrale, in cui non si suppone tale relazione;
qui il termine viene usato con la stessa estensione
e la stessa indeterminatezza delle nostre lingue
moderne.
In un certo numero di detti dei Proverbi si parla deces
sero e dellagire dell'uomo in generale; si tratta di sen
tenze che contengono osservazioni sulPuomo, come in
Prov 20,27 il respiro delluomo una fiaccola di
Jahwe (similmente 27,19.20), oppure osservazioni ed
esperienze tratte dalla vita sociale, che riguardano per lo
pi il comportamento delPuomo, come 18,16 i doni
fanno largo alluomo, e 16,1; 19.22; 20,24.25; 24,9;
29,23.25; cfr. Is 29,21; Sai 58,2, Gio) 5,7.
Affermazioni sull'uomo del tutto generiche e neutrali ri
corrono anche altrove, p.e. in Sai 17,4 la ricompensa
che Puomo riceve; ISam 16,7; 2Sam 23,3; Is 44,15;
58,5; Ger 47,2; Sai 104,23; Eccle 8,1; Lam 3,36.39. Con
un tale linguaggio generalizzante si pu anche parlare di
Dio che agisce in diverse maniere verso luomo:
Giob 34,11 egli ricompensa luomo secondo il suo
agire; Ez 20,11.13.21 ordinamenti e precetti che
luomo deve osservare per rimanere in vita (cfr.
Neem 9,29); Am 4,13 il quale mostra alPuomo qual
il suo pensiero . Questuso limitato del termine differi
sce notevolmente dagli altri: sembra delinearsi qui una
specie di etica comune, che esula dal quadro del culto di
vino e della storia della salvezza.

'dam viene usato qui semplicemente per indicare


un genere, per cui si prescinde dal fatto che
Puomo creatura e quindi in vario modo carat
terizzato dal suo esser creato; cos p.e. chiara
mente in Deut 20,19 sono forse uomini gli alberi
dei campi? ; cfr. anche Ez 19,3.6; 36,13.14.
Si designa semplicemente il genere in quei passi di Ez in
cui ci che appare al profeta viene paragonato ad un
uomo (Ez 1,5 apparivano come forme umane ; inoltre

DIR'dm
UOMO
TT

48

1,8.10.26; 10,8.14.21; 41,19; cfr. Is 44,13; Dan 10,16-18).


Vanno qui menzionate anche le espressioni composte,
come mano delPuomo (Deut 4,28 ecc.), voce umana
(Dan 8,16), escrementi umani (Ez 4,12.15), ossa umane
(IRe 13,2; 2Re 23,14,20; Ez 39,15), cadavere di un uomo
(Num 9,6.7; 19,11.13.14.16; Ger 9,21; 33,5; Ez 44,25),
corpo umano (Es 30,32).

In questa accezione, con la quale si indica sola


mente il genere, vanno intesi anche i numerosi
passi in cui dam sta per ognuno , opp. al ne
gativo nessuno , e anche molti uomini ,
tutti gli uomini , oppure tra, davanti agli
uomini , in dati numerici (come Mi 5,4; Giona
4,11; lCron 5,21) oppure in espressioni come
beato (asr...) colui che... (Is 56,2; Sai 32,2;
84,6.13; Prov 3,13.13; 8,34; 28,14), Qui dm
viene sempre usato nello stesso senso di Is
(vd. sp. 3).
m) Riassumendo si pu dire: la parola ebraica dm corrisponde solo parzialmente al termine
uomo delle lingue moderne. Con ydm non si
intende luomo come esemplare, n in primo
luogo luomo singolo o lindividuo, ma il genere
umano, lumanit nella sua totalit, cui il singolo
appartiene. L'umanit determinata dalla sua
origine, dal suo esser creata (4b-e). La maggior
parte degli usi hanno a che fare direttamente o in
direttamente con la creaturalit: luomo esiste
in contrapposizione a Dio (40, come essere vi
vente (4g), nella limitatezza insita nella creatura
lit (4h-i). Si pu inoltre parlare delFuomo anche
in senso del tutto generico, come nelle nostre
lingue (41).
5/ Sulluso del termine nel NT e sulla conce
zione che esso ha delluomo cfr. f. gli a.
J.Jeremias, art. &v0pa>7to<;, ThW 1,365-367
(=, GLNT 1,977-986); N.A.Dahl, art. Mensch III,
RGG IV,863-867 (con bibliogr.); W.Schmithals,
art. Mensch, BHH 11,1189-1191 (con biliogr.). Nel
NT, particolarmente in Paolo, alla figura di
Adamo viene attribuita una notevole importanza
storico-salvifica, ma ci non conforme alluso
comune del termine nellAT (cfr. J.Jeremias,
art. j A&7.|a, ThW 1,141-143 = GLNT 1,377-386;
J.deFraine, Adam und seine Nachkommen, 1962,
129-141).
C. Westermann

fm
x ''dma SUOLO
T T -i!
1/ adm risale con ogni probabilit alla radice
dm essere rosso , appartenente al semitico co
mune (sostituita in aram. con smq), e compare col
significato di terreno (rosso) da coltivazione,
suolo, terra oltre che in ebr. anche nel neopun.
(Iscrizione di Mactar, KAI nr. 145, r. 3 per il suo
popolo che abita nella terra ; DISO 5) e in aram.
(aram. giud. e sir. adamt\ forse gi aram. antico
49

'dma SUOLO

in KAI nr. 222 A, r. 10 ydm[h] terra coltivata ,


cfr. KAI 11,239.246; diversamente Fitzmyer,
Sef. 36).
Per letimologia cfr. Dalman, AuS 1,333; II,26s.; Rost,
KC 77; Galling, BRL 151; R.Gradwohl, Die Farben im
AT, 1963, 5s.; HAL 14s. Lopinione di Hertzberg (BHH
1,464), secondo cui dm nl significato di color
terra sarebbe derivato da *adm, un po meno pro
babile dello sviluppo in direzione inversa. BL 466 consi
dera la possibilit di una derivazione deir aggettivo di co
lore 'adni nel significato di color came da *'adam
pelle (arab. 'adamai), per cut si dovrebbe ritenere
come significato primario di >adm superficie (cfr.
anche 'dam I).
La proposta di intendere suolo anche in alcuni testi
in cui si trova il termine dm (M.Dahood, CBQ 25,
1963,123s.; id., Proverbs and Northwest Semitic Philol
ogy, 1963, 57s.; in parte, inoltre, anche HAL 14b) de
gna di nota, ma deve essere comunque respinta (in Gen
16,12 con onagro della steppa invece di uomo onagro si avrebbe steppa in opposizione a terra
coltivata ; in Is 29,19 e Ger 32,20 si avrebbe senza al
cuna necessit una traduzione banale e in Prov 30,14 il
parallelismo con cerces risulterebbe sopravvalutato; per i
testi esegeticamente difficili di Giob 11,12; 36,28; Zac
9,1; 13,5 bisogna ricorrere ancora a delle ipotesi).*

2/ 1225 passi in cui ricorre il termine, fra i quali


si d un solo caso con la forma plur. (Sai 49,12
terre ), sono sparsi in tutto lAT, con netta pre
ponderanza tuttavia in Gen (43x, di cui 27x nella
storia delle origini e12x in Gen 47), in Deut (37x),
Ez (28x) e Ger (18x).
Gli altri testi in cui il termine ricorre sono: Is 16x, Am
lOx, Es 9x, IRe 8x, Sai e 2Cron 6x, Num e 2Sam 5x, 2Re
e Neem 4x, ISam, Zac e Dan 3x, Lev, Gios, Gioe, Sof,
Giob e Prov 2x, Os, Giona, Agg, Mal e lCron lx.
In questa lista }adm di IRe 7,46 = 2Cron 4,17 se-_
guendo l'opinione di Noth, BK IX ,164 considerato
come appellativo terra e non come nome di localit
(cfr. adm Gios 19,36; "dm Gios 3,16; adm Gen
10,19; 14,2.8; Deut 29,22; Os 11,8; cfr. HAL 14b.l5b),
cosi pure Deut 32,43 (HAL 15b secondo Tur-Sinai:
sangue rosso ).

3/ Per luso del termine nellAT cfr. L.Rost,


Die Bezeichnungen fur Land und Volk im AT, FS
Procksch 1934,125-148 = KC 76-101; A.Schwarzenbach, Die geographische Terminologie im
Hebr. des AT, 1954, 133-136.174.187.200.
a) (ldama designa nel suo significato fondamen
tale la terra coltivabile dellambiente abitato, la
terra rossa (vd. sp. 1) da coltivazione (cfr. von Rad
1,34.163), in contrapposizione alla steppa e al de
serto ( midbr, larob, fs m n , mm\ cfr.
B.Baentsch, Die Wuste in den atl. Schriften, 1883;
A.Haldar, The Notion of th Desert in SumeroAccadian and West-Semitic Religions, 1950;
Schwarzenbach, l.c. 93-112; IDB Iv828s.).
Caino diventa nomade per essere stato scacciato
dalla adm (Gen 4,11.14), Essa il luogo che
pu essere coltivato ( bd: Gen 2,5; 3,23; 4,12;
2Sam 9,10; Is 30,24; Ger 27,11; Prov 12,11; 28,19;
cfr. lCron 27,26), 'bd h tfadam lagricoltore
50

(Gen 4,2; Zac 13,5; cfr. fs h 'adm Gen 9,20).


Neirambito di questo vocabolo rientrano quindi i
verbi che indicano seminare (zrl: Gen 47,23; Is
30,23) e germogliare (smh: Gen 2,9; Giob 5,6; cfr.
Gen 19,25).
Solamente quando la 'dm viene irrigata pos
sibile la vita (Gen 2,6); se non viene la pioggia il
lavoro su di essa resta impedito (Ger 14,4 txt?). La
rugiada e la pioggia cadono sulla >adama (2Sam
17,12; Re 17,14; 18,1) e in riferimento ad essa si
parla di concime (Ger 8,2; 16,4; 25,33; Sai 83,11),
di frutto (Gen 4,3; Deut 7,13; 28,4.11.18.42.51;
30,9; Ger 7,20; Sai 105,35; Mal 3,11), di primizie
(Es 23,19; 34,26; Deut 26,2.10; Neem 10,36), di
prodotti (Deut 11,17; Is 30,23; cfr. 1,7) e di decime
(Neem 10,38).
b) In senso materiale dma designa il terreno
del campo ; il sinonimo pi frequente in questo
caso - tifar (cfr. Schwarzenbach, l.c. 123-133).
Ci si pu spargere la dm sul capo (ISam 4,12; 2Sam
1,2; 15,32; Neem 9,1), si pu portar via un carico di
essa (2Re 5,17), negli stampi fatti con essa si pu fon
dere il metallo (Re 7,46 = 2Cron 4,17, vd. sp. 2). Di
essa pure sono fatti i vasi (Is 45,9) e con essa pu essere
costruito un altare (Es 20,24); di essa sono fatte le bestie
del campo e gli uccelli (Gen 2,19). Cfr. il modo di espri
mersi, alquanto diverso, adottato per luomo: lo 'dm
tratto dalla 'adm (Gen 3,19.23) oppure formato con
la polvere della 'adm (Gen 2,7).

c) In una accezione pi vasta adm sta in genere


per la superficie terrestre su cui si sta (Es 3,5;
8,17), che pu spaccarsi (Num 16,30s.), che so
stiene ogni tipo di rettili della adm (Gen 1,25;
6,20; 7,8; 9,2; Lev 20,25; Ez 38,20; Os 2,20).
d) Ancora pi universalmente, per adm sin
tende semplicemente la terra , per lo pi nel
senso di terra abitata (cfr. popoli della terra
Gen 12,3; 28,14; Am 3,2), da cui uno pu venir
sterminato o sim. (smd hi.: Deut 6,15; Re
13,34; Am 9,8).
Le costruzioni ivi adoperate riportano ancor pi ai signi
ficati citali sotto c) suolo oppure superficie terre
stre : '<?/ hiadm sulla terra ISam 20,31; Is 24,21
ecc.; pen ha'adama superfcie della terra Gen 8,13;
ka lp en h'adm sulla faccia della terra Gen 6,1.7;
7,4.23; 8,8; Es 32,12; 33,16; Num 12,3; Deut 6,15; 7,6;
14,2; ISam 20,15; 2Sam 14,7; Re 13,34; Is 23,17; Ger
25,26; 28,16; Ez 38,20; Am 9,8; Sof l,2s.).

4/ Quanto alluso teologico del termine, ac


canto ad alcune formulazioni particolari corife 5admat (haq)qdces terra santa (Es 3,5; Zac 2,16),
admat Jhwh terra di Jahwe (Is 14,2), e oltre
alla maledizione divina della 'cdm (Gen 3,17;
cfr. 5,29; 8,21), sulla quale si fonda la fatica legata
al lavoro della terra (Gen 3,17ss.; 5,29), dobbiamo
ricordare la formula, soprattutto dtn.-dtr., della
'adm che Jahwe ha giurato ai padri e che dar o
ha dato ad Israele (Es 20,12; Num 11,12; 32,11;
Deut 4,10.40; 5,16; 7,13; 11,9.21, 12,1.19; 21,1;
51

25,15; 26,15; 28,11; 30,20; 31,20; [cfr. 30,18; 31,13;


32,47]; Re 8,34.40 - 2Cron 6,25.31; Re 9,7;
14,15; 2Re 21,8, 2Cron 7,20; 33,8). A questa for
mula corrisponde la formula di maledizione che
minaccia lo sradicamento dalla 'adm (Deut
28,21.63; Gios 23,13.15; Re 9,7; 13,34 ecc.). Dalla
'dm Israele e Giuda dovranno andare in esilio
(2Re 17,23; 25,21 = Ger 52,27) per poi tornare in
dietro (Is 14,ls.; Ger 16,15; 23,8; Ez 28,25; cfr.
Am 9,15 ecc.).
Non possibile stabilire una differenza di conte
nuto fra questuso di dm e quello, ad esso cor
rispondente, di crces (4c).
J.G.Ploger, Literarkrilische, formgeschichtliche und stilkritische lintersuchungen zum Deuteronomium, 1967,
121-129, ha mostrato che Posservazione di G.Minette de
Tillesse, VT 12,1962,53 n. 1, secondo cui il Deuteronomista e le sezioni-voi del Deuteronomio userebbero di
pi 'certps col significato di terra promessa , mentre le
sezioni-tu userebbero yadtn in un significato molto pi
generale, viene a cadere se si approfondisce di pi la ri
cerca (uno sguardo al materiale dellopera storica dtr. in
duce alla stessa conclusione); la scelta del termine - al
meno nel Deut - piuttosto in relazione a composizioni
fisse di parole. iadm s trova nel Deut nelle composi
zioni per haddnid i frutti della terra , hqjjlm al-h'adm vivente nella terra e 'rk hi Jm m 'al-h'0da
ma vivere a lungo nella terra (composizioni fisse con
'ceraes in Plger, l.c.). Nella letteratura post-deuteronomica sparisce anche questa distinzione.

Mentre luso di craes in questi contesti mette in


evidenza la terra come entit geografica, e talvolta
politica, luso di 'adm manifesta reminiscenze di
modi di dire pi antichi dal punto di vista della
storia della tradizione: per il nomade originaria
mente non si tratta della promessa di una terra
geograficamente o politicamente delimitata, ma
semplicemente del possesso di un suolo . Il col
legamento indistinto che si stabilisce in tutto PAT
mostra che, almeno a cominciare dal tempo dello
Jahwista, la promessa generica della sedentarizza
zione viene identificata senzaltro con la promessa
concreta del possesso della terra di Canaan. A tale
concezione si rifa anche lespressione *admat Jisr/, che ricorre solo in Ezechiele, ma ben 17x, la
quale designa Israele non come una realt politica
ma come una realt teologica, (cfr. Rost, KC 78s.;
Zimmerli, BK XIII,147.168s.); cfr. per anche Wmat Jhd in Is 19,17.
Molto arcaica anche lespressione nella quale la
'dma viene determinata col pronome posses
sivo, e che nella forma mia/tua/sua terra si
avvicina al significato di patria (Gen 28,15;
Am 7,11,17; Giona 4,2; Dan 11,9; cfr. Sai 137,4
terra straniera ).
5/ I pochi casi in cui il termine ricorre a Qum
ran si ricollegano agli usi vtrt. Il greco del NT,
come gi quello dei LXX, non fa distinzione fra
'dama ed 'cerce. Ad entrambi corrisponde *pj.
Cfr. H.Sasse, art. yrn ThW 1,676-680 (= GLNT
11,429-440), il quale a dire il vero sorvola su aspetti
importanti.
H.H.Schmid
rtEHK
'adm
SUOLO
T T~.

52

3HN 'hb AMARE


1/ La radice 'hb amare diffusa solo
nellarea can. (in acc. vi corrisponde per lo pi rmum [fm\ in aram. hbb e rhm, in arab. hbb e

Secondo Gerleman, BK XV1II,75, su circa 30 passi col


verbo hb nel senso di amore erotico, 7 si trovano in
Cant, 11 nello jahwista e nelle pressoch contemporanee
narrazioni dellascesa di Davide al trono e della succes
sione.
Fa meraviglia lassenza di hb in Giob (solo l9,19);-/<?\

wdd).

In ug. (UT nr. 105; WUS nr. 103; A. van Selms, Marriage and Family Life in Ugaritic Literature, 1954,47.67)
troviamo il verbo yuhb in 67 (= I* AB), V 18 in senso
eufemistico con sogg. fri e ogg. g// giovane vacca , il
sostantivo hbt amore in 51 (= II AB), IV 39 e Lnt
III 4 (= V AB,C 4) par. a yd amore (radice jdd). In
certo lihbr in 1002,46 (= MF V 46).
Ip una iscrizione tombale neopun. proveniente da Cherchel (Algeria) (NP 130 = NE 438d = Cooke nr. 56)
J.G.Fvrier, RHR 141, 1952, 19ss. ha supposto il part.
pu. lem. mhbt am ata, per secondo J.T.Milik,
Bibl. 38, 1957, 254 n. 2, preferibile far derivare questa
forma da hbb (h > h).
Laram. 'hbth in CIS 11,150 (= Cowley 75,3, frammento
di papiro di Elefantina) del tutto incerto (cfr. DISO 6).

Supponendo una base bilaterale (onomatopeica)


hb soffiare, respirare con forza, bramare (cfr.
larab. habba), ampliata con lintroduzione di \
D.W.Thomas, The rool 'hb love in Hebrew,
ZAW 57,1939,57-64 (seguendo Schultens, Wiinsche, Schwally) collega il verbo a radici analoghe
(sp, nhm, nsm ecc.), le quali uniscono insieme i
concetti del respirare e del moto dellanimo (cos
anche Wolff, BK X IV /1,42). Ma da una simile
etimologia non si possono ricavare conseguenze di
ordine esegetico (Thomas, l.c, 64).
Non si pu accettare (contro H.H.Hirschberg, VT 11,
1961, 373s.) una connessione etimologica con 'ahab 11
pelle supposto in Cant 3,10 (con minore proba
bilit anche in Os 11,4); cfr. Driver, CML 133 n. 2;
Hai 18a.

Fra i derivati sono di uso corrente hb (part. e


sost. amico) e ahab (inf. e sost. verbale
amore ), raramente invece si trovano i no
mina actionis oppure gli astratti ahblm amo
razzi (Os 8,9, cfr. Rudolph, KAT X III/1,159),
amabilit (Prov 5,19), e 'hblm gioie
damore (Prov 7,18).
Nei nomi propri questa radice (a differenza di jdd, hps O
anche hnn) non utilizzata nellAT; fuori della Bibbia
invece si trova usata ad Elefantina /j &///;/>/(part. ni.
fem. amabile, Cowley 1,4; 22,91.96.107) e su un si
gillo ebr. (Levy 46 - Diringer 217), cfr. Noth, IP
nr. 924.937; J.J.Stamm, Hebr. Frauennamen, FS Baumgartner 1967, 325.

II/ Statistica: le ricorrenze della radice nellAT


sono 251, di cui 231 al qal (incl. 65x 'hb e 53x
ahub), 1 al ni., 16 al pi., 2 nella forma habim
e 1 nella forma hbm. Il verbo ricorre molto fre
quentemente in Sai (41x), Prov (32x), Deut (23x),
Os (19x), Cant (18x) e Gen (15x). Le ricorrenze
col verbo al pi. sono raggruppate in Ger/Ez/Os,
quelle con *hb in Sai e Prov (17x ciasc.), quelle
con ahba in Cant (llx , incl. 3,10) e Deut (9x).
53

nrtK 'hb AMARE

ITI/ 1/ Per ampiezza di significato e per la


posizione dominante che esso occupa nel proprio
campo semantico, yhb molto vicino allitaliano
amare (cfr. invece lalternarsi dei verbi gr.
aTpyew, cp^.v. ?',Xeiv e yaacav). hb , in
sieme con altri verbi esprimenti moti delPanimo
come hps trovar piacere in ,
jr* temere e
su' odiare , fa parte di quei pochi verbi che
hanno flessione stativa e valore transitivo
(Bergstr. 11,76). Una distinzione appropriata dei
suoi usi pu basarsi sulle diverse categorie di ter
mini adoperati come oggetto (TII/2 amore fra
uomo e donna, LI1/3 altri rapporti fra persone,
in/4 rapporto con cose); in questo contesto pos
sono essere incluse anche le affermazioni pi co
muni su ahab inteso come sostantivo senza og
getto. Il rapporto fra persone (che abbraccia con
temporaneamente Eros, Philia e Agape) dal punto
di vista semasiologico dovrebbe essere primario ri
spetto al rapporto con le cose, per cui quando si
parla di amore verso determinate cose o azioni il
termine va inteso in senso derivato e figurato
(Quell, ThW 1,22 = GLNT 1,61).
hb, quanto al contenuto, viene spesso determi
nato con maggior precisione da termini paralleli:
dbq aderire (Gen 34,3 con altre formulazioni
parallele; IRe 11,2; Prov 18,24; cfr. Eichrodt 1,162;
111,205); -hps trovar piacere in, compiacersi di
(ISam 18,22; Sai 109,17); hsq essere attaccato
(dbq) e -bhr eleggere (Deut 10,15; cfr. Eich
rodt Le.; O.Bchli, Israel und die Vlker, 1962,
134ss). Parallelo ad 'hb troviamo rai compa
gno, amico (Sai 38,12, qui anche qrb vicino,
congiunto; 88,19, collegato a nfjuddct confi
dente , cfr. BUS e Kjaus, BK X V ,607 per il te
sto). Accanto ad 'ahby quando si tratta
dellamore delluomo per Dio troviamo, in realt
solo in un senso teologico,jr 9 temere , "bd ser
vire , Icekcet bckoJ-dl'rkw camminare in tutte
le sue vie (Deut 10,12; cfr. Eichrodt 111,205;
ThW 1,27 n. 39 = GLNT 1,6ls. n. 39), quando si
tratta dellamore di Dio per il suo popolo hcsced
grazia (Ger 2,2; 31,2; cfr. Sai 37,28) e hceml
(rhm) piet (Is 63,9).
Come sinonimi di hb ricorrono nellAT, bench rara
mente: hbb amare , che il termine corrispondente a
'hb in aram. e in arab. (Wagner nr. 82a), in Deut 33,3,
un testo difficile, con Dio come soggetto; inoltre lgb
desiderare
(sensualmente)
(Ger
4,30;
Ez
23,5.7.9.12.16.20; Ez 16,37 txt em, cfr. Zimmerli, BK
XIU,339.543) con significato pi specifico.
La radice jdd , cos largamente diffusa nellarea semitica
(K_BL 363b), si riscontra solo in alcune formazioni nomi
nali (jdtd amabile Sai 84,2; amato, amico, ls
5,1.1; Ger 11,15 txt em; altri quattro passi vd. st. IV/2;
j edidt amato Ger 12,7; s lrjedtdt canto damore

54

Sai 45,1) e in alcuni nomi propri (Noth, IP


nr. 571.576.577.843).
rhm pi. aver piet gi pi distante quanto a signi
ficato; nellunico caso in cui ricorre nella forma aramaizzante rhm q. amare , e cio in Sai 18,2 (oggetto
Jahwe), per lo pi viene corretto con unemendazione
(tarmimk voglio esaltarti ).
Come sostantivo va menzionalo dod (61x) con i suoi
numerosissimi significati, corrispondenti tutti alla sua
origine, la quale consisterebbe in un vocabolo del lin
guaggio infantile (J J.Stamm, SVT 7, 1960, 174ss):
a) diletto, amato (Is 5,1 e 33x in Cant, con il fem.
ra'i am ata, rai\acc. ddu, cfr. AHw 149a;
CAD D 20);
b) al plur, amore, piacere damore (9x; Ez 16,8;
23,17; Prov 7,18; Cant 1,2.4; 4,10.10; 5,1; 7,13; acc. ddu
plur. love-making [corteggiamento] CAD D 20a; ug.
dd 51 1= n AB], VI 12; 77 [= NK|, 23; nt [= V AB],
HI 2.4);
c) zio ( 18x;:!/f3a), un significato speciale che lebr.
ha in comune con larab. e laram. (Stamm, l.c., 175ss.).

Il contrario di 7ib sempre sri* odiare . I due


verbi compaiono insieme in altri 30 passi
(Gen 29,31s.; 37,4; Es 20,5s.; Lev 19,17s.; Deut
5,9s.; 21,15.16; Giud 14,16; 2Sam 13,15 lamore
che s muta in odio; 19,7; Is 61,8; Ez 16,37; Os
9,15; Am 5,15; Mi 3,2; Zac 8,17; Mal l,2s.;
Sai 11,5; 45,8; 97,10; 109,3s.5; 119,113.127s.l63;
Prov 1,22; 8,36; 9,8; 12,1; 13,24; 14,20; 15,17; Ec
cle 3,8; 9,6; 2Cron 19,2). Occasionali contrapposi
zioni, p.e. con stn avversare in Sai 109,4, non
hanno al confronto nessun peso. Stranamente, la
coppia di opposti 'hb amico e 7jb ne
mico dal lato stilistico non viene quasi mai
sfruttata nella sua assonanza; cfr. Giud 5,31 e
forse Lam 1,2.
Le forme derivate del verbo si trovano soltanto al
participio. Solo una volta troviamo il ni.
hannce^habim i degni di amore , con signifi
cato gerundivo, come epiteto di Saul e di Gionata
nel lamento di Davide (2Sam 1,23, par. hanrf1mirti
gli amanti ); vd. sp. I/riguardo ai nomi propri.
Il pi. ricorre solo al part. plur. me'ahabm col signi
ficato peggiorativo di amanti, drudi
(Ger 22,20.22; 30,14; Ez 16,33.36.37; 23,5.9.22; Os
2,7.9.12.14.15; Zac 13,6; Lam 1,19), mentre per il
significato normale di amico, colui che ama
viene usato il part. qal. Il pi. amoreggiare va
inteso non come un intensivo, ma come un itera
tivo che sintetizza singoli commerci successivi,
che non possono essere realizzati contemporanea
mente, amare (alternativamente pi persone)
(cfr. Jenni, HP 158).
Un hi. rendere amato si trova in Eccli 4,7 e nel me*
dioebr. Incerta la forma pealal 'hhhb amoreggiare ,
che viene supposta in Os 4,18 (HAL 17b).

2/ Il rapporto primario damore fra uomini


quello fra uomo e donna (tenninologicamente in
2Sam 1,26 ahabat nsim amore di donna come
punto di comparazione per lamore verso lamico):
Isacco-Rebecca (Gen 24,67), Giacobbe-Rachele
55

(29,18.20.30.32), Sichem-Dina (34,3), Sansone-la


donna filistea (Giud 14,16), Sansone-Dalila
(16,4.15), Elkana-Anna (ISam 1,5), Davide-Mikal
(18,20.28; cfr. Gerleman, BK XVIII,73: unico
passo al di fuori del Cant in cui ci sia una donna
come soggetto), Amnon-Tamar (2Sam 13,1.4.15),
Salomone-molte donne straniere (con accentua
zione negativa, cfr. Quell, ThW 1,23 n. 20
= GLNT I,63s. n. 20) oltre alla figlia del faraone
(IRe 11,1.2), Roboamo-Maaca (2Cron 11,21; sul
governo dellharem cfr. Rudolph, HAT
21,233), Assuero-Ester (Est 2,17). Per il caso spe
ciale d Osea (Os 3,1) cfr. Wolff, BK X IV /1,75 e
Rudolph, KAT X III/1,89. In questi casi lamore
inteso evidentemente in senso sessuale.
Che lamore sia costitutivo per listituto giuridico del
matrimonio solo in maniera condizionata, lo si pu ve
dere f. la. nelle espressioni comparative: Gen 29,30 (con
min)\ ISam 1,5 (/ifr preferire); 2Cron 11,21 ed Est
2,17 (con valore superlativo). La legge sulleredit in
Deut 21,15-17 mette addirittura sullo stesso piano il fi
glio di una donna amata ("hb) e quello di una donna
odiata (su').

qui che bisogna collocare quanto la lirica ebr. (e


la letteratura sapienziale) ha da dire sulPamore
(cfr. soprattutto Gerleman, BK XVIII,72-75). Le
espressioni col verbo descrivono Pattrattiva
deHamato (Cant 1,3.4), che nel Cant di solito
viene chiamalo ddi mio amato , od anche, con
una parafrasi poetica usata come variante, quello
che Panima mia ama (1,7; 3,1-4). In 7,7 bisogna
leggere probabilmente ahub amata invece di
'ahab (lastratto starebbe per il concreto, cfr. per
Gerleman 201). Il sostantivo ahab amore in
2,4 viene concretizzato in maniera singolare ed
posto come insegna sopra la casa del vino; dai tra
duttori viene messo fra virgolette (Rudolph,
KAT XVII/2,l30s.; Gerleman 117s ); in 2,5 e 5,8
la ragazza ammalata damore (sulla malattia
damore cfr. 2Sam 13,2 e Rudolph 131 n. 4; Ger
leman 119); in 2,7 (= 3,5) e 8,4 lamore non deve
essere svegliato prima del tempo n disturbato.
Gli altri passi con afb riportano espressioni co
muni, ma senza ipostatizzare lamore: esso forte
come la morte (8,6), acque abbondanti non pos
sono spegnerlo (8,7), senza prezzo (8,7).
Nella comparazione pi dolce del vino (Cant 1,2.4;
4,10) ed anche per esprimere in modo pi specifico il go
dimento (inebriante) dellamore (Cant 5,1; 7,13; Prov
5,19b txt em; 7,18) viene usato ddTm, nei due passi di
Prov per in parallelo rispettivamente ad *ahab e ad
hbrri.
Nella letteratura sapienziale si trova inoltre la radice 'hb
con valore erotico per designare gli amanti in Prov 5,19a
(qijcelcet rahab cerva amata ), e anche in Eccle 9,9
('iss }ascer habf) in riferimento alla moglie (llertzberg, KAT XVU/4,172).
Per Cant 3,10 vd. sp. I/a proposito d i1ahb II pelle (?) .

La presentazione spontanea e naturale delPamore


e della realt sessuale non tenta di sublimare
Pamore in senso astratto e spirituale o di condan
ailK hb AMARE

56

narlo dal punto di vista morale e in tal modo di ri


durlo al piano psicologico; anzi, proprio attraverso
questa rappresentazione esso viene spogliato del
suo carattere numinoso e sottratto airinfluenza di
quello che le religioni vicine ad Israele collocano
su un piano mitico-sessuale. Nella lotta contro la
religione erotico-orgiastica di Baal il Cantico dei
Cantici ha una grande importanza (cfr. von Rad
1,36: Israele non partecip alla divinizzazione
della sessualit ),
3/ Fra le altre relazioni fra persone va ricordato
prima di tutto lamore fra genitori e figli, di cui
per nella letteratura narrativa si parla solo in casi
particolari (unicit del figlio, preferenza unilate
rale, p.e. per il pi giovane): Abramo-Isacco (Gen
22,2), Isacco-Esa e Rebecca-Giacobbe (25,28),
Israele-Giuseppe (37,3.4 in senso comparativo per
indicare
preferenza),
Giacobbe-Beniamino
(44,20). La straniera Rut ama la suocera Noemi
(Rut 4,15). Il caso normale traspare nella formula
paradossale di Prov 13,24 ( chi ama suo figlio, lo
castiga ); per il resto cfr. piuttosto rhm.
Anche padrone e servo possono essere legati fra
loro da un vincolo di amore, cosi nel codice
dellalleanza in Es 21,5 (incl. moglie e figli) e nella
legge dtn. in Deut 15,16, inoltre nella letteratura
narrativa Saul-Davide (ISam 16,21); anche il fa
vore di cui gode Davide presso il popolo (18,16.22)
va inteso in questo senso.
Un caso particolare nellimpiego di hb si ha
quando esso esprime il rapporto di amicizia Gionata-Davide. Lanima di Gionata legata (qr)
allanima di Davide (ISam 18,1); Gionata ama
Davide f^nqfs come la sua vita (18,1.3; 20,17;
contro linterpretazione del termine come perver
sione cfr. M.A.Cohen, HUCA 36, 1965, 83s.) e
giura a Davide a motivo del suo amore (20,17);
Davide a sua volta nel canto di lamento confessa:
il tuo amore era per me pi meraviglioso (Hertzberg, ATD 10,189) deHamore di donna (2Sam
1,26, cfr, v. 23).

2Sam 19,7 1hb ha, secondo Moran, il senso po


litico secondario di lealt dei sudditi nei confronti
del re. In un contesto di politica religiosa il voca
bolo ricorre nel rimprovero del profeta di 2Cron
19,2, secondo cui Giosafat ha nutrito amicizia
verso coloro che odiano Jahwe (cio Acab e il re
gno del nord). Una connotazione spregiativa pos
siede lespressione tutti i tuoi/suoi amici , nel
significato di partigiani , riferita a persone de
scritte con tratti negativi come Pascur (Ger 20,4.6)
e Aman (Est 5,10.14; 6,13).
Resta da considerare ancora Fuso di hb per descri
vere i rapporti con il prossimo nelle espressioni pi
generiche dei salmi e della letteratura sapienziale.
Il salmista si lamenta perch la situazione normale
turbata: i suoi amici gli voltano le spalle (Sai
38,13; similmente Giob 19,19), Jahwe li ha estra
niati da (ui (88,19), il suo amore viene ripagato
solo con ostilit e odio (109,4.5). Nei Proverbi
amico e amore sono realt note e fattori po
sitivi nella scala dei valori. Accanto a considera
zioni pi specifiche (Prov 14,20 il ricco ha molti
amici; 9,8 il saggio ama chi lo corregge, lo stesso
in 27,5.6; 16,13 il re ama colui che parla con sin
cerit) si trovano affermazioni di principio pi ge
nerali: il (vero) amico ama in ogni tempo (17,17),
un amico pu essere pi affezionato (dbq) di un
fratello (18,24). Espressioni generali sullamore si
trovano in 10,12 (lamore copre tutte le offese, lo
stesso in 17,9) e nella frase comparativa 15,17
( meglio un piatto di verdura con amore, che un
bue grasso con odio). Lastrazione giunge al
massimo grado nelle espressioni meristiche
deirEcclesiaste: amore e odio hanno il loro tempo
(Eccle 3,8), gli uomini non conoscono n lamore
n lodio (9,1), lamore e lodio sono ormai finiti
(9,6).
'
Per lamore del prossimo, lamore degli estranei e
lamore di se stessi vd. st. IV/1.

Anche se lamore fondato sullamicizia porta qui a con


cludere un patto (cfr. Quell, ThW ll,112s. = GLNT li,
103lss.; bert\ non si trascura per ci stesso Paspelto
emotivo. Casi come questo aiutano per a capire come
mai il vocabolo amare sia entrato a far parte anche
della terminologia politico-giuridica della stipulazione
dei contratti, per esprimere sincera lealt; W.L.Moran,
CBQ 25, 1963, 82 n. 33, e Th.C.Vriezen, ThZ 22, 1966,
4-7, rimandano f. Fa. ai paralleli dei contratti di vassal
laggio di Asarhaddon: (giurate) che amerete Assurbanipal come la vostra anima (kl napstkunu) , col verbo
rrrju amare (D J.Wiseman, The Vassai-Treaties of
Esarhaddon[= Iraq 20/l'|, 1958,49,001. IV ,268). Vd. st.
IV/3.

4/ hb in quanto esprime un rapporto con le


cose, le situazioni e le azioni, rapporto che deriva
da quello tra persone, pone in evidenza laffetto
che tende verso un fine e sceglie unilateralmente,
mentre tralascia laspetto della reciprocit; log
getto in questo caso non viene personificato
(sull1amore verso la sapienza e la sua controparte
vd. st. IV/3). hb conserva un accento appassio
nato, pi forte di quello di hp e rsh aver go
dimento, compiacersi . Oltre a realt neutrali
(p.e. 2Cron 26,10 Ozia amava lagricoltura) o po
sitive (p.e. Zac 8,19 verit e pace) compaiono
spesso come oggetto, nellaccusa, anche cose e
azioni riprovevoli (p.e. Is 1,23 la corruzione con
doni; Os 12,8 la frode).

Con chiaro riferimento a relazioni politiche inter


nazionali adoperato hb in Re 5,15, dove il re
Chiram di Tiro detto 'hb, amico che stipula al
leanza con Davide (Moran, l.c., 78-81, con espres
sioni simili nelle lettere di Amarna; Noth
BK IX,89). Anche in ISam 18,16 e soprattutto in

Altri passi in cui luso non teologico sono: Gen


27,4.9.14 (piatto prelibato); ls 56,10 (dormire); 57,8 (gia
ciglio); Ger 5,31; 14-,IO; Am 4,5 (kn cos); Os 3,1
(dolci duva passa); 4,18 (ignominia); 9,1 (mercede di
fornicazione); 10,11 (trebbiatura); Am 5,15 (il bene); Mi
3,2(il male); 6,8 {h&scpd)-, Zac 8,17 (giuramento falso);
Sai 4,3 (cose vane); 11,5 (delitto); 34,13 (giorni buoni);

57

n n x 'hb AMARE

58

45,8 (giustizia); 52,5 (il male pi che il bene).6 (parole di


rovina); 109,17 (maledizione); Prov 1,22 (stupidaggine);
12,1 (disciplina, conoscenza); 15,12 (ammonizione);
17,19 (lite, delitto); 18,21 (lingua); 19,8 (la propria vita);
20,13 (il sonno ).17 (divertimento); 21,17 (vino); Eccle
5,9 (denaro, ricchezza).

IV Le espressioni con 'hb con un certo rilievo


teologico vengono trattate nelle tre sezioni che se
guono: 1) amore del prossimo (amore degli estra
nei, amore di s), 2) amore di Dio per luomo,
3) amore delluomo per Dio.
1/ Il passo pi volte citato nel NT (Mt 5,43;
19,19; 22,39; Me 12,31; Le 10,27; Rom 13,9; Gal
5,14; Giac 2,8), e cio Lev 19,18 amerai il pros
simo tuo come te stesso (J.Fichlner. WuD
N.F. 4, 1955, 23-52, = Gottes Weisheit, 1965,
88-114, spec. 102ss.), unico nellAT. Il codice di
santit giunge a questa esigenza di amore, che su
pera nettamente le norme legali esteriori, trasfor
mando in comandamenti positivi, generalizzando
con scopo parenetico e interiorizzando una pi an
tica serie d proibizioni negative riguardanti la vita
giurdica degli Israeliti (cfr. v. 17 non odiare in
cuor tuo il tuo fratello ). A differenza del NT il
comandamento rimane tuttavia ristretto ai
membri dello stesso popolo (w u<) ed inoltre
non abbraccia ancora come principio superiore
lintera etica del comportamento sociale, come in
vece avviene gi nella prima parte del duplice co
mandamento dellamore (Deut 6,5) per quanto ri
guarda il comportamento verso Dio.
Unaggiunta in Lev 19,34 tratterete il forestiero
(gr, gr) dimorante fra voi come colui che
nato fra di voi; lo amerai come te stesso include
nel comandamento anche colui che risiede in un
luogo senza pieni diritti (Elliger, HAT 4,259), ma
implicitamente lascia ancora fuori lo straniero
Xnokr, nkr\ per il quale valgono altre norme.
Amore verso il forestiero viene anche richiesto in
maniera positiva in Deut 10,19 e amerete il fo
restiero , ma in questo caso il comandamento si
inquadra nella concezione tipica dellantico Israele
(cfr. le formulazioni negative in Es 22,20ss.), dove
si insiste sulla misericordia verso i deboli (v. 18
orfani, vedove, forestieri; rhm). Ovunque il co
mandamento dellamore del prossimo oppure del
forestiero non semplice espressione di una mo
rale di gruppo (Pedersen, Israel 1-11,309; al contra
rio Th.C.Vriezen, Bubers Auslegung des Liebesgebots, ThZ 22, 1966, 8s.); esso si fonda teologi
camente sullamore di Jahwe per il suo popolo o
per il forestiero e, come gli altri comandamenti di
Jahwe, basato sul rapporto stabilito dallalleanza
(Lev 19,18b conclude con io sono Jahwe , anJ\
Es 22,20b; Lev 19,34b e Deut 10,19b si richia
mano alla condizione di forestiero in cui Israele si
trovava in Egitto). In tal senso si possono citare
anche i paralleli del linguaggio politico e giuridico
dellantico Oriente (vd. sp. LU/3), i quali mostrano
che lamore di se stessi (Lev 19,18.34 kmk
59

come te stesso ; cfr. anche ISam 18,1.3; 20,17


come la sua propria vita ; Deut 13,7 come la
tua vita ) un presupposto del tutto normale (H.
van Oyen, Ethik des AT, 1967, lOls.) e non viene
considerato ad esempio come una pericolosa ten
tazione che va combattuta con la rinnegatone di
se stessi (cos F.Maass, DieSeibstliebe nach Lev
19,18, FS Baumgrtel 1959, 109-113).
I passi vtrt. (come Es 23,4s. e Prov 25,21) spesso citati
a proposito delPamore dei nemico, non utilizzano il
verbo 'hb.

2/ Dellamore di Jahwe parliamo in quel che se


gue soltanto nella misura in cui nei testi si usa il
verbo 9hb (per il tema dellamore di Dio nel suo
insieme cfr. p.e. Eichrodt 1,162-168; Jacob 86-90;
J.Dek, Die Gottesliebe in den alten semitischen
Religionen, 1914; J.Ziegler, Die Liebe Gottes bei
den Propheten, 1930; hassced, qn\ rfjm).
Solo in epoca relativamente recente si dice che
Jahwe ama il suo ppolo. Tale affermazione si
trova per la prima volta in una tradizione di cui
fanno parte Osea, il Deuteronomio e Geremia
(von Rad, Gottesvolk 78-83; Alt, KS 11,272); pi
esattamente la si ritrova quando, volendo appro
fondire teologicamente la fede nellelezione, si
tratta il problema del fondamento dellelezione di
vina di Israele (H.Breit, Die Predigt des Deuteronomisten, 1933, 113ss.; H.Wildberger, Jahwes
Eigentumsvolk, 1960, llOss; O.Bachli, Israel und
die Vlker, 1962, 134ss.). Il fondamento sta
nelfamore di Dio in quanto decisione della sua
volont sovrana e del tutto indipendente.
Osea (F.Buck, Die Liebe Gottes beim Propheten
Osee, 1953) adopera le metafore dellamore pa
terno (11,1 quando Israele era fanciullo, io
lamavo ; v. 4 con vincoli damore ) e
dellamore sponsale (3,1 ama una donna che
ama un altro ed adultera, cos come Jahwe ama
i figli di Israele ), ma usa hb anche in senso pi
generale (9,15 dora in avanti non li amer pi ;
14,5 con libera grazia [nedb] li amer ).
Nel Deut assieme a 'hb si usa il verbo hsq essere
attaccato a qualcuno , entrambi molto vicini a
bhr eleggere (4,37 poich ha amato i tuoi
padri e ha eletto la loro discendenza ; 7,7s. non
perch eravate pi numerosi di tutti i popoli,
Jahwe si legato [hsq] a voi e vi ha scelti..., ma
perch Jahwe vi ha amati... ; 7,13; 10,15 ma
Jahwe ha prediletto [fjsq] soltanto i tuoi padri, li ha
amati ed ha scelto voi, loro discendenza ; 23,6).
In Ger 31,3 ( ti ho amato di amore eterno; per
questo ti ho attratto a me, pieno di misericordia )
come parallelo ad ahb troviamo il termine
h&sced, segno questo che per Geremia le due
tradizioni, quella dellelezione e quella dellal
leanza, cominciano a convergere (Wildberger,
l.c., 112).
Risonanze tardive di queste tradizioni si trovano in IRe
10,9 (= 2Cron 2,10 = 9,8); Is 43,4; 63,9; Sof 3,17; Mal

1,2.
HriN hb AMARE

60

Se hb per esprimere lamore di Dio verso il suo


popolo viene gi adoperato in un ambito relativa
mente limitato, lo stesso vale ancora di pi
quando il riferimento a persone singole. Se si
prescinde da Sai 47,5 ( la gloria di Giacobbe, che
egli ama ), dove n ii soggetto n loggetto sono
chiaramente determinati, e se si prescinde pure da
quelle formule che riguardano intere categorie (fo
restiero Deut 10,18, vd. sp. IV /1; Sai 97,10 txt em
coloro che odiano il male ; 146,8 i giusti; Prov
3,12 Jahwe corregge colui che ama ; 15,9 chi
va dietro alla giustizia; 22,11 chi di cuore
puro ), solo per due personaggi regali si parla d
un atteggiamento damore da parte di Dio: Saiomone (2Sam 12,24, probabilmente in connessione
col nome J eddej diletto di Jahwe del v. 25,
cfr. Noth, IP 149; Neem 13,26 egli era caro ['hb]
al suo Dio) e Ciro (Is 48,14 uno che Jahwe
ama ). Si pu supporre che questo linguaggio ri
specchi quello dellideologia regale delPOriente
antico (Quell, ThW 1,29 = GLNT I,79s.), cfr.
lacc. naramu/nmu diletto come epiteto regale
(Seux 189ss.251) e nei nomi propri (p.e. NaramSin, Rim-Sin); eg.: H.Ranke, Die ag. Personennamen II, 1952, 226.
Dallambiente dellOriente antico si possono far
derivare anche le espressioni con 'hb che si riferi
scono a cose e situazioni (cfr. III/4): Jahwe ama il
diritto e la giustizia (Is 61,8; Sai 11,7; 33,5; 37,28;
99,4; mispt sp{,sedq sdq\cfr. i paralleli delle
iscrizioni regali accadiche in Seux 236s.). Dalla
teologia dtr. dellelezione derivano le espressioni
che parlano deir amore di Jahwe per il suo santua
rio in Sion (Mal 2,11; Sai 78,68 in parallelo a bht\
cfr. 132,12; anche 87,2 pi che tutte le dimore di
Giacobbe ha un senso comparativo e contiene
lidea di elezione).
Vanno ancora menzionate in questo contesto le espres
sioni con jdfd (Deut 33,12 Beniamino lamato di
Jahwe ; Sai 60,7 = 108,7 quelli che ti sono cari ;
127,2 al suo diletto ); per hbb vd. sp. III/l.

3/ NellAT si parla dellamore per Jahwe in


unepoca posteriore a quella in cui si paria
dellamore di Jahwe; le espressioni di questo tipo
si trovano ancora una volta concentrate nella teo
logia dtn. (bibliogr.: G.Winter, Die Liebe zu Gott
im AT, ZAW 9, 1889, 211-246; H.Breit, l.c., 156
165; C.Winer, Recherches sur lamourpour Dieu
dans lA.T., 1957; Eichrodt II/III, 200-207; J.Coppens, La doctrine biblique sur lamour de Dieu et
du prochain, ALBO IV /16, 1964).
Bisogna distinguere in questo caso fra luso
dellindicativo e quello delimperativo. Le sem
plici constatazioni con Ghb (per lo pi al plur.)
usato come sostantivo nel significato di se
guace (vd. sp. III/3), in contrapposizione a
odiatore (su') e nemico
/), potreb
bero avere la loro origine nella formulazione tipica
del culto (N.Lohfmk, Das Hauptgebot, 1963, 78).
Si tratta della formula per quelli che mi amano
di Es 20,6 e Deut 5,10, che si trova nelle aggiunte
61

nriK 'hb AMARE

al decalogo di datazione incerta, ma probabil


mente dtn. (similmente in Deut 7,9 e, pi tardi e
senza la contrapposizione, in Dan 9,4 e Neem 1,5;
per lintera formula cfr. J.Scharbert, Bibl 38,1957,
130-150), e si tratta inoltre della conclusione del
canto di Debora, di datazione discussa, in Giud
5,31 (cfr. A.Weiser, ZAW 71, 1959, 94) e di Sai
145,20. In Is 41,8 0habJ che mi ha amato
viene detto di Abramo (da questo testo dipendono
2Cron 20,7; Giac 2,23; anche Sura 4,125 [124]
Dio si preso Abramo per amico [halli] ). Ger
2.2 lamore {'ahabo) del tuo fidanzamento , il
pi antico testo sicuramente databile, risale alle
concezioni tipiche di Osea (Rudolph, HAT
12,14s.).
Lamore verso Dio comincia ad essere richiesto
con la parenesi dtn., che si rivolge a tutto il popolo
(Deut 6,5; 10,12; 11,1.13.22; 13,4; 19,9; 30,6.16.20;
da questi testi dipendono Gios 22,5; 23,11; in Re
3.3 Salomone soddisfa a tale esigenza). hb in que
sti testi non dovuto n ad una parabola sponsale
n al rapporto padre-figlio e pertanto non in
fluenzato da Osea. Lamore viene comandato (al
trove solo nellammonimento didattico del salmo
di ringraziamento Sai 31,24), compare assieme ad
altri verbi come
jr' temere (R. Sander, Furcht
und Liebe im palstinischen Judentum, 1935) e
4bd servire , ed altri ancora che indicano un
rapporto con Jahwe (N.Lohfmk, l.c., 73ss., tavola
303s.; cfr. anche dbq aderire in Deut 11,22;
13,5; 30,20; Gios 22,5; 23,12), si realizza come ri
sposta allamore di Jahwe, nella fedelt e nellub
bidienza alFinterno dellalleanza.
Secondo
W.L.Moran, The Ancient Near Eastern Back
ground of th Love of God in Deuteronomy, CBQ
25, 1963, 77-87, tutte queste caratteristiche fanno
supporre che luso dtn. derivi dal vocabolario della
diplomazia delPantico Oriente (vd. sp. M/3;
esempi tratti soprattutto dalle lettere di Amarna).
Secondo lui hb significa esattamente osservare
sincera lealt verso il partner dellalleanza e ap
partiene, anche se nei nostro caso viene adoperato
con valore religioso, alla terminologia tipica della
dichiarazione di alleanza. Laggiunta con tutto il
cuore, con tutta lanima e con tutte le tue forze
in Deut 6,5 (formula simile per anche in 10,12;
11,13 dopo bd servire ) e lespressione sulla cir
concisione del cuore operata da Jahwe (30,6) mo
strano la tendenza ed anche la necessit di raffor
zare e di interiorizzare il vocabolo troppo tenue e
consunto.
difficile riscontrare nellAT lamore verso Dio come
sentimento religioso soggettivo, cosa che non dovrebbe
meravigliare, poich non si ha una religiosit mistica. In
certi dal punto di vista della critica testuale sono Sai 18,2
ti amo, Jahwe, mia forza con rhm qal (Kraus,
BK XV ,138; vd. sp. 111/1) e 116,1 amo, perch Jahwe
ascolta con hb (Kraus, l.c., 793). Ancor pi problema
tico 73,25 se io ho te, non desidero nientaltro sulla
terra con hps, ma non si riferisce direttamente a
Jahwe.
Poich esiste questo ostacolo ad usare Jahwe come og
getto del verbo hb, la devozione dei salmi preferisce ser

62

virsi di circonlocuzioni (vd. sp. M/4). Come oggetto ap


paiono: il nome di Jahwe (m) in Sai 5,12; 69,37;
119,132; anche Is 56,6; la sua salvezza Sai 40,17 = 70,5;
il suo santuario 26,8; cfr. 122,6 ed Is 66,10 Gerusa
lemme, inoltre la sua legge, il suo comandamento ecc.
Sai 119,47s.97.113.119.127.140.159.163.167,

Un gruppo a parte formano le proposizioni


sulPamore della sapienza e sulPamore verso la sa
pienza. Esse possono essere citate a questo punto,
per il fatto che la sapienza ipostatizzata si avvicina
molto a Jahwe. Le formule, con una certa diffe
renza rispetto alle frasi dtn., esprimono tutte un
rapporto reciproco: Prov 4,6 amala, ed essa ti cu
stodir ; 8,17 io amo quelli che mi amano;
8,21 largisco ricchezza a coloro che mi amano ;
cfr. 8,36 tutti coloro che mi odiano, amano la
morte (in 29,3 chi ama la sapienza, allieta suo
padre la sapienza non personificata; questo te
sto va incluso nella serie dei casi enumerati in
III/4). I paralleli eg., che trattano delPamore della
Maat e dellamore verso la Maat, lordine cosmico
realizzato da Dio, fanno pensare che le espressioni
vtrt. sulla Chokma ipostatizzata traggano spunto
proprio da essi (Ch.Kayatz, Studien zu Proverbien
1-9, 1966, 98-102; prima ancora e di diversa opi
nione G.Bostrm, Proverbiastudien, 1935, 156ss.;
cfr. anche Prov 7,4 d alla sapienza: tu sei mia
sorella [ ah 3c], e chiama amica lintelligenza,
perch ti preservi... ).
Nellambito degli usi sopra descritti rientra anche 1hb di
Ger 2,25 io amo gli stranieri (sotto linfluenza di
Osea; cfr. 2,33) e di 8,2 davanti al sole e alla luna e da
vanti a tutto resercito del cielo, che essi hanno amato e
a cui hanno servito (con dicitura dtn.) con divinit
straniere come oggetto.
' * .
Os 3,1 'ahbat r0' che si fa amare da altri (Rudolph,
Kat X III/1,84) e il part, plur. di hb pi. amanti, drudi
(vd. sp. 111/1 ) riferito ai Baalim in Os 2,7.9.12.14.15 e a
presunti amici politici in Ger 22,20.22; 30,14; Ez
16,33.36.37; 23,5.9.22; Lam 1,19 (cfr. 1,2) (in Zac 13,6
con linguaggio non metaforico), conservano anche
alPinterno de) linguaggio metaforico il loro significato
proprio di amanti e non vanno intesi, facendo confu
sione con la natura della religione cananeo-sincretistica
pur soggiacente alla metafora, come espressioni tecniche
del culto (di parere contrario A.D.Tushinghani, JNES
12, 1953, 150 ss.).

V/ Il NT risulta strettamente legato allAT gi


solo per il fatto che utilizza i testi fondamentali di
Lev 19,18 e di Deut 6,4s. e il sostantivo txy.wr},
che poco testimoniato in epoca precristiana
alPinfuori dei LXX. Una visione sintetica e indi
cazioni bibliografiche sullabbondante materiale
del NT si trovano negli articoli dei dizionari, che
contengono di solito una sezione preliminare ri
guardante PAT; cosi p.e. G.Quell-E.Stauffer, art.
ayaTcco, ThW 1,20-55 (= GLNT 1,57-146);
W.Zimmerli-N.A.Dahl,
RGG
IV,363-367;
E.M.Good-G.Johnston, IDB 111,168-178. Fra le
monografie pi ampie citiamo solo C.Spicq,
Agape dans le NT, I-IIT, 1958-60.
E. Jenni
63

n n ' ahah A H !
T

1/ Per le semplici interiezioni (suoni accompa


gnati da gesti) come 'ahh ahi , -hj guai!
ecc. non esiste unetimologia (a differenza p.e. di
halll lontano! , hll). La fonetica e la grafia
spesso subiscono ampie variazioni, per cui si de
vono raggruppare le singole forme a seconda della
identit o della somiglianza delle funzioni. Tratte
remo perci insieme 'ahh, hh (Ez 20,2) e
NJK/HIK Cnn, BL 652) composto probabilmente
daT,/; V n per.

2/

'ahh sincontra 15x, specialmente nel ciclo


di Eliseo, in Ger e in Ez.'nn attestato 13x.
3/ Il grido istintivo di reazione e di spavento
ahh ahi si trova, non a caso per quanto ri
guarda lo stile (cfr. P.Grebe, Duden Grammatik
der deutschen Gegenwartssprache, 1959,324), so
lamente nelle leggende popolari che riportano mo
tivi fiabeschi: Giud 11,35 (il voto di Iefte); 2Re
3,10; 6,5.15 (storie di Eliseo). 'adn m io si
gnore che segue in 2Re 6,5.15 va riferito alla per
sona alla quale rivolto il discorso (Eliseo; cfr.
Giud 11,35 bitt figlia mia ), non a Dio.
'mia ah , sospiro lamentoso allinizio di una pre
ghiera rivolta a persona pi potente, compare soltanto in
Gen 50,17 e non ha alcuna connotazione teologica,

4/ Gli altri passi in cui compare 'ahh apparten


gono quasi esclusivamente al linguaggio della pre
ghiera. Con la formula ahh adnj Jhwh ah, Si
gnore Jahwe sono comunemente introdotte le
preghiere di lamenlo o di supplica particolarmente
intense (Gios 7,7; Giud 6,22; Ger 1,6; 4,10; 14,13;
32,17; Ez 4,14; 9,8; 11,13; 21,5): in esse lorante
insorge contro la volont di Dio, reale o supposta
che sia. F.Baumgrtel (FS Rudolph 1961, 2.9s.
18s.27) ha mostrato che lespressione Qhh >adnaj
Jhwh unantica formula fissa dellinvocazione ri
tuale.
H.W.Wolff (BK XIV/2,25s.) riscontra in hh
lajjm (Ez 30,2) e in "ahh lajjm (Gioe 1,15)
ahim, quel giorno! unaltra formula fissa: il
grido di spavento allannuncio del giorno di
Jahwe, introdotto da hlfl urlate! (cfr. anche
Ls 13,6; Sof 1,11.14s.).
'nn' (6x: Es 32,31; Sai 118,25.25; Dan 9,4; Neem
I,5.11)
e 'anno (6x: 2Re 20,3 = Is 38,3; Giona 1,14; 4,2;
Sai 116,4.16) fungono da introduzione o da ripresa del
motivo in una preghiera di supplica. Ad eccezione di Es
32,31 rinteriezione sempre seguita dalPinvocazione a
Dio (sempre Jhwh, solo in Dan 9,4 adndj). Poich la
parola composta da unesclamazione di dolore e dalla
particella esortativa n\ il termine significa allo stesso
tempo lamento e preghiera.

5/ Nel NT non vi sono esclamazioni collegate


con linvocazione a Dio (i LXX traducono 'ahh
con
a , oL'fxpot, jxY|5(xjj.wc oppure con
So(iai).
E.Jenni
nnx
hh AH!
x

64

S~tN
hce TENDA - n i2 bjit.
a

TIK ywh pi. DESIDERARE


1/ w/z pi. desiderare, bramare non ha corri
spondenti immediati al di fuori dellebr.
In arab. Caw donarsi , cfr. Nldeke, NB 190) e in sir.
(ew concordare ) attestato un verbo con radice wft
( vty). J.L.Palache, Semantic Notes on th Hebrew Lexi
con, 1959, 2-5, vuol scoprire un significato primario gi
nel semitico comune adattarsi, concordare (pi. esti
mativo ritener adatto/bello > bramare ); quanto
al significato per molto pi attinente un accosta
mento con hwh ET (ebr. hamv desiderio, cupidigia ;
arab. hciwija amare , hawon brama, desiderio ).

Del verbo si usano il pi. e lhipt. (le forme ritenute


ni. essere bello, grazioso; convenire in Is 52,7;
Sai 93,5; Cant 1,10 potrebbero appartenere a n'h
nonostante BL 422 e HAL 20a). Si hanno inoltre
tre forme nominali: con il preformativo ma(ma'awajjm voglia, solo in Sai 140,9 non
soddisfare i desideri degli empi ) oppure la(ta'aw desiderio, brama ) e il termine derivato
dalla radicale raddoppiata ('aww brama ).
2/ I 27 passi in cui il verbo attestato (pi. llx ,
hitp. 16x, ma vd. BH5per Num 34,10) si trovano
in quasi tutti i generi letterari delPAT; per quanto
riguarda ta>aw (22x, inoltre 5x nel nome di luogo
Qibrthatta^w, Num ll,34s.; 33,16s,; Deut 9,22)
si riscontra una particolare frequenza nei Salmi e
nei Proverbi (16x, tuttavia Prov 18,1 e 19,22 pre
sentano un testo molto incerto), 'ciww (lx) si
curamente attestato in Deut 12,15.20.21; 18,6;
ISam 23,20; Ger 2,24 (per Os 10,10 vd, i comm.).
3/ wh pi. e hitp. presentano una gamma di si
gnificati ricca di sfumature entro un ben delimi
tato campo semantico: le due coniugazioni verbali
indicano il desiderare, il bramare e il volere
delPuomo, molto differenziato a seconda dellin
tensit e dello scopo. I bisogni elementari della
vita, anche di tipo istintivo, muovono al desiderio
di determinate cose: Davide vuole bere dellacqua
(2Sam 23,15); gli israeliti desiderano mangiare
carne (Deut 12,20); le ghiottonerie della tavola at
tirano Pospite invitato (Prov 23,3.6); si bramano
giorni felici, si desidera il bene in senso generale
(Is 26,9; Am 5,18; Mi 7,1); lo sposo desidera la
sposa (Sai 45,12). Questo desiderio ritenuto
sano, buono e normale; il sapiente sa che il desi
derio soddisfatto (ta^w by opp. nihj, Prov.
13,12.19) cosa gradevolissima.
Ma il desiderio pu andar oltre la giusta misura e
rivolgersi ad oggetti sbagliati (Prov 21,10 il mal
vagio desidera fare il male ); pu danneggiare gli
altri o perdere le sue probabilit di riuscita (Prov
13,4). Perci il desiderio o la brama smodati e
sconvenienti sono proibiti (Prov 23,3.6; 24,1; Deut
5,21).
65

iT)N 'wh pi. DESIDERARE

Il campo semantico di }wh quindi molto affine a quello


di hmd. W.L.Moran, The Conclusion of th Decalogue (Ex 20,17 = Dtn 5,21), CBQ 29, 1967, 543ss., sta
bilisce una differenza tra hmd in quanto desiderio mosso
dallammirazione del bello (solo Dan 10,3 collegato con
il cibo) e V/i in quanto desiderio che proviene da un bi
sogno essenziale (fame, sete, ecc.; solo in Gen 3,6 comu
nicato dagli occhi).
Si confrontino inoltre 57 desiderare (Deut 14,26),
qwh pi. sperare in qualcosa (Is 26,8), shr pi. mi
rare a qualcosa (Is 26,9), *s spingere a qualcosa
(Ger 17,16), bhr eleggere (Sai 132,13) in.parallelo
con V/i; si veda anche ksp qal/ni. aspirare , rg de
siderare qualcosa , aram. bibl. sbh bramare, volere , e
i sost. arcEscEt desiderio (Sai 21,3), mrdi deside
rio (Giob 17,11), baqqsa bramosia (Esd 7,6 e 7x in
Est), hawwd voglia (M i 7,3; Prov 10,3; 11,6), mis'l
bramosia (Sai 20,6; 37,4).

Come il verbo, anche il nome ta^w designa


senza una gradualit determinata il desiderio pi
o meno intenso (del giusto: Prov 10,24; 11,23; del
re: Sai 21,3; del malvagio: Sai 10,3; 112,10; del pi
gro: Prov 21,25) e, in senso oggettivo, anche il de
siderabile, loggetto bramato: s ta>aw albero
desiderabile (Gen 3,6), manicai ta'aw cibo
squisito (Giob 33,20).
Per la spiegazione del nome di luogo Qibrt
hatttfaw sepolcri del desiderio in Num 11,34
cfr. Noth, ATD 7,76.
Le due coniugazioni verbali pi. e hitp. non presen
tano variazioni di significato, tuttavia si notano in
esse particolarit sintattiche che hanno poi conse
guenze semasiologiche. Il pi. ha quasi sempre per
soggetto ncfces anima , cio il desiderio viene
considerato quale tipica espressione della forza vi
tale, dellio. Anche il nome aww (forma con rad
doppiamento senza aumento) collegato diretta
mente a ncefces nellespressione kol-awwat ncfces
secondo il desiderio del cuore (solo in Ger
2,24, dove si parla della brama della cammella,
manca ko\significati pi generici di 7wh pi.: Deut
14,26; ISam 2,16; 3,21; IRe 11,37; hitp.: Eccle
6,2). Lhtp. a volte ha un oggetto (di regola la per
sona soggetto nominata direttamente, cfr. Deut
5,21; Ger 17,16; Am 5,18; Sai 45,12; Prov 23,3.6;
24,1), ma tende chiaramente alluso assoluto (pi
0 meno nel senso di: essere avido, vorace, lus
surioso ), cos in 2Sam 23,15 (= lCron 11,17) e
con loggetto interno: hifawwa ta'aw in Prov
21,26; Num 11,4; Sai 106,14.
4/ Negli ultimi due passi si ha un chiaro signi
ficato teologico: il desiderio insaziabile si rivolge
contro Jahwe (tradizione del deserto!), cfr. Sai
78,29s. Per il resto, non si pu dire che il verbo e
1sostantivi posseggano uno specifico valore teolo
gico, neppure in Is 26,8s. (coloro che pregano bra
mano Jahwe); Sai 132,13 (Jahwe desidera inse
diarsi in Sion); Giob 23,13 (Dio riesce a fare ci
che vuole).
5/ Dai valori originari dellAT (cfr. particolar
mente Num 11,4.34; Sai 106,14; 78,29s.) si arri
vati nel giudaismo e nel cristianesimo alle affer66

mazioni sulla peccaminosit del desiderio e degli


istinti (per influsso anche di dottrine ellenistiche),
cfr. 1QS 9,25; 10,19 e 1QS 4>9ss.; 5,5 per la setta
di Qumran; fonti rabbiniche in StrB III 234ss.;
per il NT cfr. F.Buchsel, art. 7n0i>(jLLa,ThW
111,168-173 (= GLNT IV,589-604); RGG
VI,482ss.; P.Wilpert, art. Begheren, RAC II,62ss.
E. Gerstenberger

b'M -wf/ STOLTO


*

1/

Le forme nominali 'awt stolto, stupido


(sost. della forma *qit7l1cfr GVG 1,356; BL 471),
W IT insensato (agg. con suffisso -F di appar
tenenza, a meno che in Zac 11,15 non vi sia un er
rore di scrittura, cfr. Delitzsch 53s.) e 'wwclcet
stoltezza (forma astratta fem., cfr. BL 477;
Nyberg 215), che troviamo solo in ebr. (le voci
neo-sudarab. in Leslau 10 sono troppo distanti)
sono fatte derivare generalmente da una radice
V/, non attestata come verbo, la cui etimologia
stata oggetto di molte discussioni (cfr. GB 16a e
Konig 7b con Zorell 2la e HAL 2la che si espri
mono con maggiori riserve).
HAL 21a propone (con interrogativo) unetimologa
araba V/ coagularsi, diventar denso > diventar
stupido . Si pu confrontare il verbo affine f i essere
stolto/agire da stolto che attestato 4x al ni. (vd. KBL
358a).
In alcuni casi ,a?vtv/ viene inteso come agg.: 7x da GB,
ma solo in tre passi da Lis. e HAL, cio Ger 4,22; Os 9,7;
Prov 29,9; sicuro sembra solamente Prov 29,9 dove ,Em7
attributo di 7s uomo ; cfr. Barth 29a,

2/ Anche se la derivazione etimologica ancora


incerta, il valore semantico di questi termini
per chiaro. Gi la loro diffusione significativa,
in quanto si tratta di voci che compaiono come
termini sapienziali in data piuttosto antica.
Ad eccezione di y(ew tli attestato solo in Zac 11,15 (al
v.17 difficilmente si pu leggere questa parola, cfr. B.Otzen, Deuterosacharja, 1964, 260), i termini compaiono
prevalentemente in Prov: >awJ( attestato in questo li
bro 19x sulle 26 del suo totale nellAT (70%), mentre
wwcicet compare 23x su un totale di 25x (92%). Sono
attestati soprattutto nelle raccolte ritenute pi antiche (si
confronti a questo proposito Gemser, HAT 16s4s.55ss.
93ss.; U.Skladny, Die altesten Spruchsammlungen in
Israel, 1962 6ss.; anche H.H.Schmid, Wesen und Geschichte der Weisheit, 1966, 145ss.); pi precisamente,
nella li raccolta ( 10,1-22,16)
compare 13x, e 'iwwdticet 16x, mentre nella V raccolta (c. 25-29), '*wff atte
stato 3x e yiwwc/(Et 4x: in complesso dunque 36x su un
totale di 42x in Prov.
Queste voci (in complesso 52x) non compaiono in Eccle,
mentre in Giob si ha solo ,<Ew7 2x (5,2s.).

3/ Il significato primario del nome concreto


personale *wfl stolto oppure insensato,
quello di 'iwwcelcet stoltezza . Per delineare la
gamma dei loro significati sono patricolamiente
interessanti i sinonimi e i contrari (cfr. T.Donald,

67

The Semntic Field of Folly in Proverbs, Job,


Psalms and Ecclesiastes, VT 13, 1963, 285-292).
Nelle parti pi antiche del libro dei Prov 1<swl il ter
mine contrapposto a (ls) hkm saggio (10,8.10.14;
12,15; 14,3; 17,28; 29,9), a ndbn intelligente (17,28),
a ''arimi astuto (12,16; cfr. 15,5). In contrapposizione
a hkam (b (10,8; 11,29) egli un hasar teb colui al
quale manca il senno (10,21), tuttavia questa espres
sione sinonima non in parallelismo con tswl (neppure
altri sinonimi; vd. per pot* ingenuo in Giob 5,2 e
bnm seklJm fanciulli ingenui in Ger 4,22). Altri
termini di significato affine sono kestl (il sinonimo pi
importante con 70 ricorrenze; per la differenza di signi
ficato rispetto a ,a!wi/ cfr. p.e. B.Skladny, l.c., 52 n. 30),
rmbS e pceti
pi distante mesugg pazzo
(Os 9,7).
'iww&fcet collegato pi volte a kestl (3x nel ritratto
dello stolto di Prov 26,1-12; inoltre 12,23; 13,6; 14,8.24;
15,2.14; 17,12), oppure a >cem i (16,22; 27,22), p etjim
ingenui (14,18; p//i), hasor lb privo di senno
(15,21; cfr. 10,21), qesar appjim/niah iracondo
(14,17.29). Un termine parallelo a 'ivw&lozt kelimm
vergogna (18,13); lopposto pi importante dffai
sapere, conoscenza (12,23; 13,16; 14,18; 15,2.14) op
pure iebn giudizio (14,29), sekezl prudenza
(16,22) e anche hakmt (sic)/hokm sapienza
(14,1.8).

La figura dello *nv7 vista senzaltro in luce ne


gativa. Egli lesatta controfigura del saggio
(Skladny, l.c,, 12). La mancanza di intelligenza
che lo caratterizza va intesa come stupidit.
Alla porta lo stolto deve tacere perch la sa
pienza troppo alta per lui (24,7); la sua stol
tezza spesso legata alla bocca/labbra, cio alle
sue (poche) affermazioni intelligenti (17,28; anche
10,8.10.14; 14,3 e 12,23; 15,2.14Q; 18,13). Vi sono
per anche aspetti morali e sociali: egli collerico
(12,16; 27,3; 29,9; cfr, 14,17.29 e Giob 5,2) e ris
soso, mentre manca di kbd onore (20,3;
29,9); egli non ascolta, come il saggio, lo sa, il
consiglio, ritenendosi sapiente (12,15), di
sprezza anzi il musar, la correzione (jsr\ 15,5;
anche 1,7; 5,23; 7,22 senza modificare il .testo;
14,3; 16,22 vd. st. 4.), La "wwcicet del giovane
sar allontanata dal bastone della correzione
(22,15), ma in genere lo
legato inseparabil
mente alla sua stoltezza (27,22).
4/ Essendo stolto e stoltezza tra loro in
separabili, si applica anche alla stoltezza in quanto
comportamento la connessione inevitabile che
sussiste tra unazione e la sua conseguenza
(K.Koch, ZThK 52, 1955, 2ss.; G.von Rad, KuD
2, 1956, 68s.). La stoltezza diventa infatti ca
stigo per lo stolto (contrario: fonte di vita
16,22; cfr. 14,3). Pi ancora: la bocca dello stolto
una rovina imminente (10,14; cfr. 10,8.10);
gli stolti muoiono per dissennatezza (10,21; cfr.
19,3; Giob 5,2). La stoltezza procura disgrazie e
conduce alla morte, da un punto di vista religioso
essa negativa e diventa lequivalente di em
piet/peccato ; cosi anche in 5,23, cio nella parte
recente dei Prov, la stoltezza legata alla morte
dell empio (rsl), mentre lo ,a?wfl in 1,7 in
b 'f ' m i STOLTO

68

parallelo negativo con il timore di Jahwe , Ma


gi nella parte pi antica (c. lOss.) il giusto
(sdq\ 10,21; cfr. 14,9) Popposto dello stolto;
anzi, la contrapposizione saggio-stolto corri
sponde a quella giusto-malvagio (Skladny, l.c,
7ss.; Gemser, HAT 16 e Ringgren, ATD 16, per
i c. lOss.). In questo significato teologico >atm l pu
anche essere applicato ad Israele nei rimproveri
profetici (Ger 4,22); invece in Os 9,7 il termine,
nella forma di una citazione ironica, va inteso nel
senso sapienziale tradizionale (cfr. anche Is 9,11;
diversamente in 35,8).
Per i passi restanti si pu notare che iwwclcet viene an
che usato per la confessione dei peccati nella lamenta
zione (Sai 38,6; 69,6; cfr. iaWtlm nel salmo di ringrazia
mento 107,17, dove per il testo incerto).

5/ Negli scritti di Qumran ^wil ricorre lx e 7wwclcst 5x (Kuhn, Konk. 4b), Nei LXX 5aW / viene
tradotto con otto termini diversi, ma specialmen
te con acppcov (13x); anche iwwclcet tra
dotto con otto termini, ma soprattutto con
'gpocruv'/) (8x) e <ppfc>v (3x) (su questo punto
e per il concetto neotestamentario di stoltezza
cfr. G.Bertram, art. (xwp<;, ThW IV, 837-852
[= GLNT VII,723-766]; W.Caspari, ber den
bibl. Begriff der Torheit, NKZ 39, 1928, 668-695;
U.Wilckens, Weisheit und Torheit, 1959).
M, Scebo

blX laj FORSE


1/ Lavverbio modale 'ulaj forse viene di so
lito spiegato come un termine composto dalle par
ticelle o e 6 (dissimilato) non (opp. fu
se mai ), come si pu notare in GB 16a e in
HAL 21a; comunque per fuso linguistico Petimologia non pi determinante. Pi chiara per dire
forse l'espressione fissa mi jda chi sa? .
Nei dialetti semitici affini vengono usate di volta in
volta forme diverse (medioebr. scemm\ sir. dalm, kebar
e (k < gr.
per lacc. pigai, minde [min de
cosa so? AHw 655al, assurti, issurre cfr. W. von Soden, Vielleicht im Akkadischen, OrNS 18,1949, 385
391).

2/ 'laj attestato 45x nelPAT, soprattutto nei


testi narrativi (da Gen fino a 2Re e Giob 1,5 30x,
nei libri profetici e Lam 3,29 15x; manca nei salmi
e negli altri Ketubim). In Num 22,33 'laj va cor
retto in ll se non ,
mi jdai nel significato di forse attestato 4x (2Sam
12,22; Gioe 2,14; Giona 3,9; Est 4,14).
W.F.AIbright, JAOS 67, 1947, 155 n. 23, ha creduto di
ravvisare nella r. 2 delliscrizione di Ahiram unattesta
zione extrabiblica di rMqj [> /7/]; cfr. per DISO 13.

3/ Oltre che in un contesto preterito o presente


(Giob 1,5 forse i miei figli hanno peccato col
perf.; Gen 43,12; Gios 9,7; IRe 18,27 in proposi
zioni nominali; Gen 18,24 e Lam 3,29 con js\
Gen 18,28-32 con Pimpf), Pavverbio forse si
69

'blK T/iaj FORSE

trova prevalentemente riferito al futuro (Gios


14,12 in proposizione nominale, 32x con Pimpf.).
Nelle proposizioni negative Gen 24,5.39 e 27,12
esprime un timore (LXX. (j l y j t u o t e , anche Gen
43,12; IRe 18,27; Giob 1,5; ^ Gios 9,7; altri
menti s i / e v ( t c c o ; ) , v a % o t t o i ; , u t o ^ ) .
In
Os 8,7 pu essere considerato subordinato con
senso concessivo: anche se . Tutti gli altri passi
contengono una speranza pi o meno esitante o si
cura (ironica in Is 47,12.12; Ger 51,8; cos gi in
IRe 18,27 forse dorme ).
4/ In una decina di passi il fattore di incertezza
espresso con Ulaj vien fatto risalire alla volont di
Dio (Num 23,3 forse Jahwe mi verr incontro ;
23,27 forse piacer a Dio... ; Gios 14,12 forse
Jahwe con me ; ISam 6,5 forse egli sollever
da voi il peso della sua mano ; 14,6 forse Jahwe
ci aiuter ; 2Sam 16,12; forse Jahwe guarder la
mia afflizione ;2Re 19,4 = Is 37,4 forse Jahwe
ascolta; Ger 21,2 forse Jahwe compir per noi
qualcuno dei suoi prodigi ; Am 5,15 vd. st.;
Giona 1,6 forse Dio si dar pensiero di noi ; Sof
2,3, vd. st.'), cosi pure in tre passi con mi jdai
(2Sam 12,22 chi sa, forse Jahwe avr piet di
me ; Gioe 2,14 chi sa che non si impietosisca
ancora ; Giona 3,9 chi sa che .Dio non si impie
tosisca ancora ; il quarto passo Est 4,14 chi sa
che tu non sia stata elevata a regina proprio in pre
visione duna circostanza come questa si riferi
sce ad un irrazionale decreto del destino). Parlare
cos di Jahwe non per segno delPiincertezza
delPuomo di fronte ad un despota capriccioso, ma
atteggiamento consapevolmente umile di colui
che conosce la sovrana libert di Dio. La stessa
cosa compare nei due oracoli profetici di salvezza,
del resto molto attenuati, di Am 5,15 forse
Jahwe avr piet del resto di Giuseppe e Sof 2,3
forse troverete riparo nel giorno delPira di
Jahwe (cfr, R.Fey, Amos und Jesaja, 1963, 53).
Wolff, BK XTV/2,59 scrive a proposito di Gioe
2,14: Il forse della speranza tipico
dellumilt dellorante (2Sam 12,22; Lam 3,29b);
nellannuncio del messaggero si sottolinea che chi
chiamato alla conversione si trova sottoposto a
giudizio (Am 5,15; Sof 2,3; Giona 3,9) e deve far
fronte ad esso. Il fatto che il Dio fedele e miseri
cordioso sia libero anche nella sua ira (VA;
fonda la speranza sul wforse .
5/ Tra i passi del NT in cui compaiono
lauc, (Le 20,13) e rot^a (Rom 5,7; Filem 15), solo
Filetn 15 ricorda, piuttosto vagamente, Est 4,14.
E.Jenni

ween INIQUIT
1/ Il sostantivo ebr. ween iniquit , che si fa
derivare di solito da una radice *wn essere forte,
pesante (HAL 21b), sembra avere corrispon
denze solo nel semNO.
70

11 termine, che ricorre solo nella forma nominale, po


trebbe essere un segolato con significato negativo in
contrapposizione intenzionale al positivo n (derivato
dalla stessa radice) forza procreativa, forza fisica, ric
chezza (HAL 22a). La derivazione te'Cmm (Ez 24,12)
molto incerta dal lato testuale (cfr. Zimmerli, BK
X1I1,558). Alla stessa radice appartengono anche i nomi
propri1n (Num 16,1 txt?), nm e nn (cfr, Nolh, IP
225), ma non il sost. /m lutto (Gen 35,18; Deut
26,14; Os 9,4; radice *r\j, cfr. C.Rabin, Scripta Hierosolymitana 8, 1961 > 386s.).
Per quanto riguarda i termini an e un (WUS nr. 292.295;
UT nr. 238.240), addotti come corrispondenze ug., dif
ficile determinare sia la loro derivazione sia il loro signi
ficato; bisogna riferirsi anzitutto a anm (plur. forza ,
49 f= I ABI 1,22). Resta incerto fino a che punto ci si
possa riferire anche alTaram. vty/i, che in KAI nr. 222 B,
r. 30 posto accanto a mwt morte (cfr. KAI 11,256;
Fitzmyer, Sef. 69). Anche *wn in A h 160 (DISO 6) non
sicuro.

2/ 'ween non un termine del linguaggio nar


rativo. Le 80 attestazioni vtrt. (ind. Ez 30,17 dove
per il nome di luogo va vocalizzato in 'n) si tro
vano, con una sola eccezione (Ez 11,2), in testi
poetici, che possono essere ambientati a loro volta
nel culto, nella tradizione sapienziale o nella lette
ratura poetica vera e propria (Giobbe).
Due terzi dei casi si trovano in Sai (29x), Giob
(15x) e Prov (lOx). Prescindendo da Num 23,21 e
ISam 15,23, restano 24 casi distribuiti nei diversi
libri profetici (tra cui Is 12x).
I testi pi antichi sono ISam 15,23 e Num 23,21.1 passi
di Am 5,5; Os 6,8; 10,8; 12,12; Is 1,13; 10,1; 31,2; Mi 2,1;
Ab 1,3(7); 3,7; Sai 7,15; 28,3; 41,7; 59,3.6; 101,8 sono
pure preesilici. Il resto in parte certamente, in parte
probabilmente esilico o postesilico.
II sost. 'n forza, ricchezza ricorre lOx (49,3; Deut
21,17; Is 40,26.29; Os 12,4.9; Sai 78,51; 105,36; Giob
20,10; 40,16).

3/ Il significato fondamentale del termine coin


cide sostanzialmente con la sua etimologia: forza
nefasta (S.Mowinckel, Psalmenstudien I, 1921,
30ss.). Il suo uso presuppone per direttamente
una concezione dinamistica dellesistenza (pen
siero racchiuso nella sfera delibazione): liniquit
il realizzarsi di un evento potente e daltra parte la
forza, quando assume una configurazione nega
tiva, un evento nefasto.
a) ween pu verificarsi quando lattivit nefasta
si esplica in diverse maniere: in un particolare
stato danimo (Is 32,6; Sai 55,4.11; 66,18) o in un
progetto (wcen unito a hsb riflettere e i
suoi derivati in Is 55,7; 59,7; Ger 4,14; Ez 11,2; Mi
2,1; Sai 36,5; Prov 6,18), nel pronunciare parole (Is
58,9; Sai 10,7; 36,4; Giob 22,15; 34,36; Prov 17,4;
19,28), in azioni di qualsiasi genere, p.e. cultuali
(Is 1,13; Zac 10,2), politiche (Is 31,2), giuridiche
(Is 10,1,29,20), belliche (Sai 56,8) ecc. Cfr. in pro
posito lunione caratteristica tra i due termini 'ween e /?7 fare (32x pial ween part. mal
fattori : Is 31,2; Os 6,8; Sai 5,6; 6,9; 14,4; 28,3;
36,13; 53,5; 59,3; 64,3; 92,8.10; 94,4.16; 101,8;
125,5; 141,9; Giob 31,3; 34,8.22; Prov 10,29; 21,15;
71

lx perf: Prov 30,20).. In molti casi si vede chiara


mente che il termine pu riferirsi genericamente
ad ogni tipo di attivit nefasta, cfr. Is 59,4-7; Sai
5,6; 7,15; 55,4.11; 92,8.10; Giob 5,6; Prov 12,21;
specialmente Prov 6,12-14; Giob 31,3ss.
b) ween designa per non solo attivit nefaste,
ma anche le loro conseguenze, cfr. Num 23,21;
Ger 4,15; Am 5,5; Ab 1,3; 3,7; Sai 90,10; Giob
21,19; Prov 22,8 ecc. Questi casi e quelli in cui il
termine si riferisce sia alfazione sia alla conse
guenza (Sai 55,4; 56,8; Giob 15,35; 18,7.12; Is
59,4.6b.7; cfr. anche Giob 4,8; Prov 22,8), mo
strano che la parola, corrispondentemente alla
concezione dinamistica su cui basata, si riferisce
sempre fondamentalmente ad un evento nefasto
nella sua totalit.
c) Quanto si stabilito in a) e b) dice che 'ween
non un termine che descrive materialmente
unattivit particolare o una tappa determinata nel
corso di un evento.
Non si pu perci supporre che ween avesse in origine
il senso di magia (Mowinckel), in base alla sua eti
mologia, n si pu dedurre tale senso dalluso del ter
mine nellAT. Questo tuttavia non esclude che il ter
mine possa designare pratiche magiche o le loro conse
guenze funeste (cfr. la connessione tra Num 23,21 e v.
23; cfr. ISam 15,23; Zac 10,2; Sai 59,3-8?; 64,3.6s.?). Ci
era possibile in quanto la magia era lo strumento pi
adatto (ma non esclusivo) per manipolare la sfera
dellazione. Quanto si detto vale anche per gli operatori
di aween nei salmi vd. sp. 3a). In che cosa consistano le
loro azioni pu essere dedotto solo dal contesto in cui il
termine viene usato, ma non dal termine stesso (cfr.
G.W .Anderson, Enemies and Evildoers in th Book of
Psalms, B JR L48,1965, 18-30). Inoltre costoro non solo
operano ingiustamente, ma realizzano anche un male,
come mostra talvolta il modo con cui tale realizzazione
espressa, ossia il verbo p7 fare . "aween infine non
n u n mezzo per uno scopo (Mowinckel, l.c.,
8,12.15.29 ecc.) n lo scopo di unazione. Il fatto che con
'aween vengano designate azioni, conseguenze e situa
zioni dice che il termine ha unaltra funzione.

d) 'ween un termine qualificativo, che pone in


luce negativa un evento in quanto una forza fu
nesta pericolosa. Indicativo sotto questo aspetto
il fatto che il termine viene usato sempre per con
dannare Pagire di una persona, e mai per desi
gnare il proprio agire. Ladultera di Prov 30,20 non
contesta Tadulterio, ma il rimprovero che il suo
adulterio sia unazione gravida di conseguenze fu
neste. Lesame dei termini che appartengono allo
stesso campo semantico conferma quanto si
detto: tra i circa 45 termini affini emergono so
prattutto rct cattivo, malvagio (17x), ras4
colpevole (17x) e 1m! afflizione (1 lx). Lo
stesso si ricava dai termini opposti, come mispat
diritto , tm integrit , scdceq giustizia ,
mnti fiducia .
e) 11 significato primario forza funesta incon
tra talvolta delle difficolt nella traduzione, poich
la nostra ontologia di tipo diverso. Noi non de
signiamo pi unazione come iniquit, ma
'ween INIQUIT

72

come delitto , ingiustizia , malvagit (cfr.


HAL 21s.), Poich un simile fenomeno possiede il
carattere di una non-validit, talvolta pu essere
giustificato tradurre con inganno , nulla (Is
41,29).-Tuttavia, bench il termine possa desi
gnare un culto idolatrico , non si pu tradurre
a questa maniera (ISam 15,23; Zac 10,2; Os 10,8;
cfr. per Is 66,3, *7/7 4). Cfr. V.Maag, Text,
Wortschatz und Begriffswelt des Buches Amos,
1951, 120.
4/ Il fatto che 5ivcen nellAT sia un termine che
designa un fenomeno negativo e che non venga,
mai usato per indicare unazione di Dio (a diffe
renza di rtf sciagura, p.e. Is 31,2 anchegli
per saggio e provoca sciagure ; cfr. Ger 4,6;
6,19; 11,11.17.23; Mi 2,3 ecc.), sta a significare che
ogni azione di tipo 'wcen o ogni ambito riguar
dante lo wcen implicitamente o esplicitamente
opposto a Dio e quindi appare sempre negativo dal
lato teologico. Mentre i Sitz im Leben in base
ai quali esso risulta negativo (sapienza, discorsi di
veggenti o di profeti, preghiera nel tempio ecc.), e
quindi anche la forma di questa qualifica negativa
(un detto sapienziale, un giudizio profetico), cor
rispondono alle circostanze, il criterio su cui si
fonda la qualifica negativa consiste nel fatto che
quanto viene designato con 'awczn una perver
sione delia potenza salvifica e perci del presente
divino che opera salvezza.
'wcen si verifica quindi; quando si consultano oracoli
invece di ubbidire a Jahwe (ISam 15,23; Zac 10,2),
quando si perverte il significato dei santuari (Am 5,5; Os
10,8; Is 1,13), in ogni azione che si oppone agli effetti sa
lutari della legge, del diritto e della giustizia (Os 6,8;
12,12; Mi 2,1; Sai 14,4; Prov 12,21; 21,15). Colui che
opera 'wcen si rivela in ultima analisi un negatore di Dio
(Is 32,6; Ger 4,14-18; Sai 10,7; 14,4; 53,5; 92,8.10; Giob
22,15; 34,8.22.36; Prov 19,28). Secondo Isaia i p<aI
*wcen sono coloro che non levano lo sguardo verso il
Santo di Israele e non consultano Jahwe (31,ls.). Per
ci Jahwe contro di loro (Sai 5,6; 36,4.5.13; Prov 10,29)
e comanda loro di allontanarsi dallo 'wcen (Giob
36,10.21). Secondo Giob 5,6s. lo "wcen causalo
dalluomo: poich non esce dalla polvere liniquit, n
germoglia dalla terra il dolore, ma luomo che opera do
lore... . CIr. Giob 11,11.14 (del tutto diverso Sai 90,7-10).

La ragione per cui nei salmi lagire dei malvagi


detto wcen sembra consistere nel fatto che il
male, che essi vogliono far ricadere su chi col
pito, ingiustificato, o essi vogliono vedere il col
pito immerso nel male perch gli sopraggiunto il
dolore, bench egli si sia affidato air(oracolo di)
protezione di Jahwe. In ambedue i casi essi agi
scono contro Jahwe. Il loro caratterizzarli come
pLal 'wcen implica perci un giudizio stretta
mente teologico.
r

5/ I LXX rendono wcen irregolarmente con


vojiia, k7toc;, (jLaratot;, ttovy^cx, 8(.xta ecc.,
e cos si perso quanto racchiuso nellebr., che
invece ancora presente a Qumran: cfr. i passi in
Kuhn, Konk. 4.
R.Knierim

73 iXor LUCE

n ix 5or LUCE
1/ I vocaboli affini a r luce sono attestati
quasi esclusivamente in acc. e nel can. (acc.
ru/urru luce, in genere giorno; ug. ar,
WUS nr. 368, cfr. nr. 370.372; UT nr. 114; fen. Vnei nomi propri, cfr. Harris 73; inoltre Huffmon
169s.; Grndahl 103); altrimenti si usano per lu
ce altre radici (acc. nwu e arab. rnr; aram. nhr,
p.e. aram. bibl. nehr'Dm 2, 22Q, cfr. KBL 1098b;
per laram. giud. 'urta cfr, Levy I,46a; inoltre
DISO 23).
In ebr. dalla radice si formano il verbo 5or, che ri
corre al qal diventare chiaro , e anche al ni. (in
certo), ma specialmente alThi. (causativo ren
dere chiaro, illuminare e causativo interno ri
splendere ), come pure i sostantivi r (masc.,
tuttavia in Ger 13,16 txt? e Giob 36,32 txt?
fem.) e 'ora luce, 'r splendere e ma'r
luce = corpo luminoso, luminare.
Anche il nome m e'r Is 11,8 secondo GB 393a, BDB
22b, Zorell 404b ecc. deriva da questa radice, per KBL
489b invece (con rimando a Perles) va tradotto con
piccolo (di animale) secondo laccadico mru gio
vane animale (cosi anche Fohrer, Jes 1,151, e Kaiser,
ATD 17,116). Anche i> Il (nellespressione 'urini wefummTm e III {'ur Kasdim) vanno tenuti distinti da questa
radice. Al contrario, non si pu con LEitan, HUCA
12/13, 1938, 65s., intendere 'r di Is 18,4 e Giob 37,11
nel senso d pioggia o rugiada secondo Tarab. 'arj
e pensare in questo caso ad un omonimo 'r.

2/ La statistica precisa del nome r alquanto


difficile, poich la forma pu in alcuni casi essere
intesa anche come inf. qal (cfr. HAL 24a, nr. 3;
Zorell 23b). Secondo Lis. il verbo ricorre 41x, e
precisamente il qal 5x (Mand. aggiunge Gen 44,3
e ISam 29,10, mentre intende 2Sam 2,32 come
ni.), al ni. 2x (Sai 76,5 e Giob 33,10, testualmente
incerto) e in hi. 34x (di cui 15x in Sai). La sua di
stribuzione meno caratteristica di quella del
nome or, che attestato 124x (di cui lx plur. in
Sai 136,7) e soprattutto sembra avere carattere sa
pienziale.
Infatti 'r attestato 32x in Giob, 4x in Prov e 3x in Eccle. La maggior parte delle 19 ricorrenze in Sai (pi lx in
Lam 3,2) si riscontrano in salmi sapienziali o in testi in
fluenzati dalla sapienza (36,10; 37,6; 49,20; 89,16; 97,11;
104,2; 112,4; 119,105; 139,11).
singolare inoltre che 27 delle 47 ricorrenze nei profeti
si trovino nel libro di Is, che ha un pi accentuato carat
tere sapienziale (13x in Protois., in preponderanza in te
sti pi recenti, 6x in Dtis, cui va aggiunto lQIsab 53,11,
e 8x in Tritis, dove vanno notati soprattutto
60,1.3.19.20); 5 si trovano inoltre in Ger e solo 2 in Ez
(32,7s.). Nei profeti minori le 13 ricorrenze compaiono
in Am, che vicino ad Is (Am 5,18.20; 8,8 [txt?].9; cfr.
H. W.Wolff, Amos geistige Heimat, 1964,57) e Mi (2,1;
7,8.9), nei cosiddetti discepoli di Isaia Ab (3,4.11) e Sof
(3,5) e nei testi tardivi Zac 14,6 (txt?).7, mentre in Os il
termine ricorre solo lx (6,5 txt?).
Nella letteratura narrativa r ricorre quasi solo nella for
mula temporale ad 'r habbqcer fino al sorgere del

74

giorno (Giud 16,2; ISam 14,36; 25J22].34.36; 2Sam


17,22; 2Re 7,9; abbreviata Giud 19,26; cfr. Gen 44,3;
ISam 29,10; Neem 8,3); altrove solo in Es 10,23; 2Sam
23 4 e 6x in Gen 1,3-5.18 P (sul carattere sapienziale di
Gen 1 cfr. S.Herrmann, ThLZ 86,1961, 413-424).
La forma plur. rim, che ricorre solo in Sai 136,7
(grandi) luminari , corrisponde soprattutto ai m erdt
lumi, luminari di Gen 1. ma'r ricorre 19x (9x in EsNum in contesto cultuale, 5x in Gen applicato agli astri);
wr attestato 6x, di cui 5x in parti pi recenti del libro
di Isaia. La forma pi tardiva potrebbe essere il fem. ra
(Sai 139,12; Est 8,16).
Nella precedente statistica di r non incluso ISam
25,22 (cfr. BH3), mentre sono inclusi Is 18,4 (in Mand.
sotto "r 11) e Am 8,8 (in Lis. sotto f'r).

3/ Il significato primario del nome principale


r luce ; talvolta (cfr. Is 10,17; Sai 78,14) si
manifesta la sua affinit con fuoco (pi chiara
mente per wr, Is 31,9; 44,16; 47,14; 50,11; Ez 5,2;
probabilmente anche Giob 38,24, cfr. G.R. Driver,
SVT 3, 1955, 91s.; Barr, CPT 260s.); come ter
mine parallelo ricorre abbastanza spesso anche nr
lucerna (Sai 119,105; Giob 18,6; 29,3; Prov
6,23; 13,9; cfr. 25,10). Per luce si intende an
zitutto la luce del giorno (cfr.- la formula fissa della
letteratura narrativa, vd. sp. 2, e anche Mi 2,1;
Prov 4,18). Tuttavia r non si identifica con la
luce del sole, perch pu essere collegato anche
con la luce della luna e delle stelle (Is 13,10; 30,26;
Ez 32,7), come pure con shar prima luce del
giorno (Is 58,8; Giob 3,9; 41,10; Dalman, AuS
1,601; diversamente L.Khler, ZAW 44,1926, 56
59, e KBL 962: aurora ); anche una connessione
con i verbi zrh e js ' nel significato di sorgere
non in s un segno che ci si riferisce al sorgere
del sole (S.Aalen, Die Begriffe Licht und
Finsternis im AT, im Spatjudentum und im
Rabbinismus, 1951, 39, che sottolinea la conce
zione del mondo presolare degli israeliti e f al
ternarsi tra giorno e notte come un suo elemento
fontamentale, l.c., lOss.; id., RGG IV ,357-359, e
BHH 11,1082; diversamente W.H.Schmidt, Die
Schopfungsgeschichte der Priesterschrift, 1964,
95-100).
Proprio lalternarsi tra giorno e notte ha inoltre
condotto ad un uso metaforico e simbolico del ter
mine. Da una parte lirrompente luce del giorno
(spesso solo bqcer mattino ) diventata un
simbolo della salvezza divina nel senso di una vit
toria in campo militare (cfr. Es 14,24; 2Re
19,35 = Is 37,26; Is 17*14; Sai 46,6), un simbolo
della proclamazione della giustizia in campo giu
ridico (Sof 3,5; Sai 37,6; anche Os 6,5, cfr. Is 59,9)
e un simbolo di guarigione e di aiuto nel campo
della medicina (Sai 56,14; cfr. Is 58,8; in Giob
33,28.30 si ha shat tomba come termine op
posto; veder la luce = vivere in Sai 49,20;
Giob 3,16, cfr. v, 20); cos J.IIempel, Die Lichtsymbolik im AT, Studium Generale 13, 1960,
352-368, seguendo Aalen, l.c., e anche J.Ziegler,
Die Hilfe Gottes am Morgen, FS Ntscher
1950, 281-288.
*r unito ad espressioni parallele in cui una qual
75

che parola indicante tenebre forma il termine


opposto, e ci specialmente nellambito sapien
ziale.
Il termine opposto pi importante hscek tenebre
(Gen 1,3-5.18; Is 5,20.30; 9,1; 58,10; 59,9; Am 5,18.20;
Mi 7,8; Sai 112,4; 139,11; Giob 12,22.25; 18,18; 29,3;
38,19; Eccle 2,13; Lam 3,2; il termine ricorre in tutto
80x, di cui 23x in Giob e 14x in Is). r unito al verbo
hsk qal essere buio (llx ), hi. oscurare (6x) in
Giob 18,6; Eccle 12,2; cfr. ls 13,10; Am 5,8; 8,9; Giob
3,9, hsk tenebre (6x) in Sai 139, 12 sta accanto a
or, mahsk luogo oscuro (7x) in ls 42,16 accanto a
or (cfr. anche laram. bibl. hask in Dan 2,22 accanto a
nehr).
Altri termini opposti sono 'fcel buio (9x, di cui 6x in
Giob) in Giob 30,26, fl buio (agg.) (lx) in Am
5,20; 1ajei buio (lOx) in Is 58,10; 59,9; iQrfcel
oscurit delle nubi (15x) in Ger 13,6; sa/mwcet te
nebre (18x, di cui lOx in Giob) in Is 9,1; Ger 13,16;
Giob 12,22 (sulletimologia cfr. D.W.Thomas, JSS 7,
1962, 191-200; sul suo uso nella letteratura sapienziale
J.L.Crenshaw, ZAW 79, 1967, 50).
Altri vocaboli di questo campo semantico sono La(t
tenebre (Gen 15,17; Es 12,6 7.12),
oscurit
(Am 4,13; Giob 10,22), mfitf buio (Is 8,22 [txt
em].23), qadrt oscuramento (Is 50,3), qdr qal
oscurarsi (Ger 4,28 ecc.; hitp. IRe 18,45; hi. Ez
32,7.8), sii qal diventare oscuro (Neem 13,19; per si
ombra wz), anche ncescef crepuscolo serale/mattu
tino (12x, tenebre p.e. in Is 59,10). Cfr. per tutto il
gruppo semantico S.Aalen, l.c.; H.Conzelmann, art.
ThW VII,424-446.

1 sinonimi e i paralleli di r non sono cosi evi


denti come i suoi opposti. Oltre a nr lanterna
(vd. sp.) vanno ricordati soprattutto ngah
splendore (19x, inoltre laram. negah in Dan
6,20) in Is 60,3; Am 5,20; Ab 3,4.11; Prov 4,18 e
negh in Is 59,9; ngh qal splendere (3x)
unito a r in Is 9,1; Giob 22,28, mentre lhi. far
risplendere (3x) lo in Is 13,10.
Cfr. inoltre scerrces sole in Eccle 11,7* kebd Jhwh
in Is 60,1 (cfr. v. 2b con zrh sorgere di Jahwe) e altri
termini paralleli come gioia, giustizia, salvezza ecc., che
riguardano il senso traslato e teologico di '
r (p.e. Is
42,6; Ger 25,10; Mi 7,9; Sai 27,1; 36,10; 97,11).
Sono inoltre affini come significato i verbi hJ hi. splen
dere (Giob 25,5), hfl hi. (far) risplendere (Is 13,10;
Giob 29,3; 31,26; 41,10), zhr hi. scintillare (Dan
12.3), zrh sorgere, irradiare (18x, scemcE's), zrq qal
essere chiaro (Os 7,9), shl Ili. far risplendere (Sai
104,15), i sostantivi zhar splendore (Ez 8,2; Dan
12.3), jif splendore (Ez 28,7.17), nsah splen
dore (Lam 3J8; lCron 29,11) e gli aggettivi bhir
splendente(?) (Giob 37,21; cfr. Wagner nr. 35), sah e
shiah splendente (il primo in Is 32,4; Cant 5,10, il
secondo in Ez 24,7.8; 26,4.14: cfr. anche J.A.Soggin,
ZAW 77, 1965, 83-86); - jp4 hi,
nhr qa. risplendere (Is 60,5; Ger 31,12; Sai 34,6) e
nehr luce (del giorno) (Giob 3,4) sono aramaismi
(Wagner nr. 184.185). Il termine aram. bibl. per splen
dore ziw (Dan 2,31; 4,33),

4/ La distinzione abituale tra uso proprio e uso


metaforico del termine 'r non in grado di met
tere in evidenza il suo profilo teologico, poich
questo comprende entrambi gli aspetti. Potrebbe
n iN o /L U C E

76

essere pi utile distinguere tra a) la concezione


sapienziale della creazione e b) la concezione cul
tuale della salvezza, dove si deve ancora suddi
stinguere fra c) la predicazione escatologica e
d) le affermazioni che si riferiscono in modo par
ticolare a Dio.
a) Nella concezione sapienziale della creazione la
luce la prima opera buona creata da Dio (Gen
1,3s.). La stessa cosa in Gen 1 non viene affermata
per le tenebre, le quali restano teologicamente am
bivalenti; infatti, bench esse siano introdotte po
sitivamente nella creazione di Dio in quanto
notte, mediante latto di Dio che separa e nomina
(Gen l,4s.; cfr. Westermann, BK 1,157-159), o
pone i confini tra luce e tenebre (Giob 26,10; cfr.
38,19), la notte resta sempre il tempo del delitto
(Giob 24,13ss.), la tenebra un simbolo di angu
stia e di giudizio e nel tempo finale sar eliminata
(vd. st. c). Cos tra luce e tenebre c una tensione
(cfr. Aalen, l.c., 16s.), che pu essere controllata
solo dalla pancausalit e dalla sovranit di Dio
(cfr. Is 45,7 poich io formo la luce e creo le te
nebre ) (vd. st. d).
.
Come la luce e le tenebre, cosi si comportano (1) riguardo
al singolo la vita e la morte (cfr. Giob 3,4.9.16.
20s. e nei discorsi di Eliu 33,28.30; anche Eccle 12,288.),
(2) in campo sociale i giusti e i malvagi (Giob
12,25; 18,5s.l8; 22,28; 38,15; Prov 4,18; 13,9; anche Sai
97,11; 112,4); la giustizia assume qui il senso di ordine
universale (cfr. il libro di H.I I.Schmid, Gerechtigkeit als
Weltordnung, 1968), e pu sorgere perci il problema
della teodicea (cfr. p.e. Giob 24),
(3) riguardo alla conoscenza (ma non senza una nota
etico-religiosa) la sapienza e la stoltezza (Eccle 2,13;
Quando lordine stabilito viene distrutto, Isaia
innalza il suo grido di lamento (Is 5,20).

b) Questa coppia di termini opposti si applica pure


alla salvezza e al giudizio di Dio. Nella concezione
cultuale della salvezza la luce (del volto) di Dio
espressione della sua attenzione benevola, come
risulta dalla benedizione sacerdotale di Num 6,25
('r hi.), che utilizza materiale antico (inserito in
un contesto pi recente, cfr. Noth, ATD 7,53s.;
C.Westermann, Der Segen in der Bibel und im
Handeln der Kirche, 1968, 45ss.), e in seguito pi
volte dai salmi (cfr. Sai 36,10; altrove nelle confes
sioni d fiducia Sai 4,7; 27,1; nel canto di ringra
ziamento 56,14 e nella lamentazione 43,3, come
pure nelPammonizione sapienziale 37,6; cfr.
89,16; A.M.Gierlich, Der Lichtgedanke in den
Psalmen, 1940), trovando una risonanza anche
nella letteratura profetica (Is 2,5).
Dal punto di vista della storia della salvezza sono rile
vanti Sai 78,14, dove <?/si riferisce a! cammino nel de
serto (cfr. Es 13,21 s.; Sai 105,39), e Sai 44,4, dove il ter
mine si riferisce alla conquista della terra, 'r viene an che applicato al re salvifico (2Sam 23,4; Prov 16,15).

c) I profeti, annunziando il giudizio che sta per


sopraggiungere, proclamano che la luce della sal
vezza si muter nelle tenebre della catastrofe im
minente (Am 5,18.20; Is 13,10; cfr. F.C.Fensham,
77

"1N 'r LUCE

ZAW 75,1963,170s., sul giorno di Jahwe; altrove


in Am 8,9; Is 5,30; Ger 4,23; 25,10; Ez 32,7s.; in
Ger 13,16 nel quadro di un ammonimento profe
tico); Lam 3,2 contiene il lamento per una cata
strofe sopraggiunta.
Daltra parte nellescatologia profetica la tenebra
dellangustia si muta nella luce della salvezza che
di nuovo si manifester (Is 8,23-9,1; 10,17; 42,16;
58,8.10; Mi 7,8s.). La salvezza si estender non
solo ad Israele, ma anche ai popoli (Is 51,4); ad
essi verr comunicata attraverso un mediatore
particolare (Is 42,6; 49,6).
proprio dellescatologia tardiva rappresentare levento
salvifico futuro in corrispondenza con quello primigenio
(cfr. Ger 31,35, dove la certezza della salvezza si fonda
sulla certezza delJordine di creazione, per cui si ha qui
una nuova interferenza tra la concezione della creazione
e la concezione della salvezza, cosa del resto che carat
teristica nel Dtis; cfr. al riguardo von Rad, GesStud
136ss.), oppure come un potenziamento di tutto quello
che esiste (cfr. Is 30,26; anche 10,17), oppure anche
come un'eliminazione debordine di creazione (Is
60,19s.; Zac 14,6s,; cfr. anche Ab 3,11; altri passi in Aalen, l.c., 20ss.; cfr. H.J.Kraus, ZAW 78,1966, 317-332).
Tuttavia anche per Zac 14,6s. linteresse della comunit
postesilica non tende ad eliminare direttamente lordine
di creazione, ma si rivolge alla persona di Do e alla sua
gloriosa teofania finale (cfr. M. Saeb0 , Sacharja 9-14,
1969, 298-300).

d) La luce come pure i luminari (me'rt


Gen 1,14ss.; Sai 136,7-9) - in quanto opera creata
da Dio, resta del tutto subordinata a lui. ssa non fa
parte della sua essenza, ma del modo con cui egli si
manifesta, p.e. nella teofania (cfr. Is 60,1ss.;
Ab 3,4.11; anche Sai 44,4; cfr. Aalen, Le., 73ss.;
J.Jeremias, Theophanie, 1965, 24ss. ecc.; anche
F.Schnutenhaus, ZAW 76, 1964, 1-22). Non solo
nella teofania, ma anche nella sua dimora celeste
Dio si circonda di luce (Sai 104,2; n qui n in Ez
1 opp. 43 si pu spiegare limmagine di Dio con
categorie solari, cos Aalen l.c., 82ss., contro
J.Morgenstem e altri). La luce riveste (Ibs)
Dio, facendo parte anche della sua parola rivelata
e della sua legge (Sai 119,105; Prov 6,23). Egli il
sovrano eccelso sulla sua creazione (Sai 139,1 ls.;
Giob 12,22; 28,11); egli solo quindi conosce la sua
origine (Giob 38,19s.) ed lodato da tutte le
stelle fulgenti (Sai 148,2).
I nomi teofori formati con parole che indicano luce ,
come rVl, 'rijd(h), iabnr, abnr, Nrjj{h),
come pure la maggior parte dei nomi extrabiblici di que
sto genere (acc.; Stamm. AN ind. s.v. nltru, namru ecc.;
Huffmon 169s.237.243; palm.: A.Caquot, Syria 39,1962,
243 con bibliogr.), non sono testimonianze di una reli
gione astrale, ma vanno intesi in senso figurato (luce =
felicit, prosperit) (Noth, IP 167-169).

yr luce quindi un termine teologicamente


assai rilevante, che si riferisce soprattutto ad
unopera di creazione e ad una particolare manife
stazione di Dio. Questo duplice valore fondamen
tale si sviluppato in pi direzioni, soprattutto in
relazione alla salvezza divina (anzitutto per
Israele, e poi anche per i popoli).
.
78

3/ Luso vtrt. dei termine t (cfr. oltre Keller,


l.c., anche B.O.Long, The Problem of Etiological
Narrative in th OT, 1968, 65-86) non legato a
determinati settori delPesistenza, almeno all1inizio
(diversamente Keller, l.c., 66ss.). Il significato pri
mario segno nel senso di prova e indi
cazione .
In un uso molto antico della parola il segno di
Caino (Gen 4,15) un tatuaggio sulla fronte che
indica lappartenenza ai Keniti e i loro obblighi
specifici nei riguardi della trib (la vendetta settupla!). Il segno assume nello jahwista un valore
teologico nel complesso della storia primitiva.

5/ Nei LXX 7r tradotto in diverse maniere,


di cui alcune compaiono una volta sola; il termine
che prevale nettamente sugli altri
(cfr.
Gierlich, lx.> 3 ecc.). Per il materiale tardogiudaico e rabbinico cfr. Aalen, Le., 96ss.237ss. Nei
testi di Qumran luso di r (secondo Kuhn,
Konk. 4s., il sost. ricorre 42x, il verbo 17x) con
corda in sostanza con quello delPAT (cfr. F.Notscher, Zur theoL Terminologie der Qumran Texte, 1956, 76ss.; H.W.Huppenbauer, Der
Mensch
zwischen
zwei
Welten,
1959,
26ss.71.80ss/), tuttavia si accentua di pi lopposi
zione tra luce e tenebre (anche in senso so
ciale).
A differenza delPAT e degli scritti di Qumran, nel
NT la luce viene a far parte dllessere di Dio, so
prattutto nella teologia giovannea (cfr. p.e. lGv
1,5; anche Gv 1,1-18, e al riguardo R.Bultmann,
Das Evangelium des Joh, 1957, 22ss.; P.Humbert,
Le thme vtrotestamentaire de la lumire,
RThPh 99, 1966, 1-6).
M.Sceb0

Anche lespressione itqfot contrassegno (3x paral


lelo d i5t) ha probabilmente un valore simile alPorigine.
Lespressione dtr. un t sulla tua mano e un t(Jot
fra i tuoi occhi (Es 13,16; Deut 6,8; 11,18; in s 13,9
con zikkrn segno commemorativo al posto di ttJof, zkr) intesa gi in un senso spiritualizzato, ma ri
sale allidea di un tatuaggio (cfr. anche Noth, ATD 5,79:
pendenti dellacconciatura-del capo).

HIK ' t SEGNO

In contesti profani 't in unulteriore fase del suo


sviluppo indica P insegna militare (Num 2,2 e
anche nella Regola della Guerra di Qumran; pro
babilmente anche in Sai 74,4, cfr. Kraus, BK XV,
512S.516).

1/
Il termine compare nel semNO. (nel periodo
veterotestamentario solo in ebr. e aram. bibl. fif)
e in arab.; probabilmente si deve accostare ad t
anche lacc. ittu, la cui gamma di significati si
mile a quella del termine del semNO. e delParab.
(AHw 406; CAD I 304-310.). La derivazione
sconosciuta: si pensa per lo pi ad una radice wj.
Il significato del termine nelle lingue suaccennate mol
teplice ed abbraccia sia il campo profano sia quello reli
gioso (per larab. vd. Lane 1,135; per il sir. vd. Payne Smith 412s.). In uniscrizione neopun. V significa chia
ramente monumento/cippo (KAI nr. 141, r. 4).

2/ In ebr. t compare 79x; 44x sing. e 35x plur.


(Pentateuco 39x in tutti i filoni narrativi; la voce
non attestata nella letteratura sapienziale, ad ec
cezione di Giob 21,29, ma per il resto compare in
misura uguale nei libri storici, in quelli profetici e
nei salmi; cfr. la statistica secondo la cronologia e
il contenuto in C.A.KelIer, Das Wort OTH als Offenbarungszeichen Gottes, 1946,7s.), inoltre 3x In
aram. (Dan 3,32s.; 6,28).
Modificando il testo 't va restituito in Num 15,39 e in
ISam 10,1 (LXX), forse in Gioe 2,23 (W.Rudolph, FS
Baumgartner 1967, 249).
Al di fuori dei testi biblici, poco prima dellesilio i si
trova in un coccio di Lacht (KAT nr. 194, r. lOss,). Il te
sto suona cos: Egli (il destinatario della lettera) sappia
che attendiamo segnali di fumo ( m ft, termine tecnico
per questa voce, cfr. Giud 20,38.40; Ger 6,1) da Lachis,
mentre ci atteniamo a tutti i segnali (fr) che ha dato il
mio signore; non si vede infatti alcun segnale (f) da
Azeka . La traduzione dellultima riga incerta {bi
bliogr. al riguardo in DISO 29), In questo caso 'tt signi
fica segnali militari . Questo significato, non attestato
in ebr., pu aversi anche nelPequivalente arab. 'jert
(Lane 1,135).

79

Allo 1t di Num 2,2 unito dcegce insegna militare,


vessillo>reparto della trib (Num 1,52; 2,2-34; 10,14
25; 13x); in Cant 2,4 il significato fondamentale ancora
a insegna, bandiera o sim. (cfr. Rudolph, KAT
XVII/2,130s.; Gerleman, BK XVIII,117s.), mentre nei
papiri di Elefantina (DISO 55; BMAP 41s.) e nella Re
gola della Guerra d Qumran (Yadin 38-64) attestato
solo il significato di reparto militare .
Parimenti in contesto militare si trovano termini simili
come ns stendardo, vessillo (21x; tranne che in Es
17,15; Num 21,8.9; 26,10 e Sai 60,6 sempre in libri pro
fetici; cfr. BRL 160s.), che in Num 26,10, riferito alla fa
zione distrutta di Core, acquista il valore di segno pre
monitore , e torcen albero maestro (ls 30,17; 33,23;
Ez 27,5, parallelo di ns).

In Giob 21,29 ed Ez 14,8 (parallelo di msl pro


verbio ) si ha molto probabilmente il senso di
fatto memorabile nellaccezione pi ampia; in
Gios 2,12 pegno (secondo Noth; HAT 7,24s.
glossa posteriore), in Ger 10,2 e Is 44,25 segno
astrologico .
4/ a) Gi lo jahwista usa 't come termine re
ligioso. Lo impiega, seguendo gi la tradizione, nel
racconto delle piaghe dEgitto (Es 8,19; 10,ls.). Il
segno consiste in unazione prodigiosa con la
quale Jahwe legittima Pinvio di Mos. AlPelohista
appartengono invece Es 3,12 e 4,17.30. Gli ultimi
due passi (cos pure la presenza di t in Es
4,8s.28; Num 14,11 che sono da attribuire alla re
dazione finale) si collegano alluso jahwistico. Es
3,12 ha un significato un po diverso: Mos viene
rassicurato da Dio sulla sua missione (il contenuto
vero e proprio di "t scomparso, cfr. Noth, A I D
5,29). II passo molto simile a Giud 6,17ss., dove
si convalida la missione al carismatico Gedeone:
5t il segno, la prova delPincarico ricevuto.
niK 't SEGNO

80

1t pu indicare inoltre un segno oracolare, anche


non legato al culto (ISam 14,10; in questo caso t
la condotta dei nemici). In Sai 74,9; 86,17 po
trebbero aversi invece oracoli cultuali (del resto
essi costituiscono uno dei compiti riservati ai pro
feti cultuali).
Termine specifico per indicare presagi (buoni o cattivi)
nhs (anche aram. e arab.; W. von Soden, WZKM 53,
1956, 157; O.Eissfeldt, JBL 82, 1963, 195-200), pi.
trarre presagi, predire; prendere come segno (Gen
44,5.15; Re 20,33; apprendere da segni Gen 30,27;
diversamente J.Sperber, OLZ 16, 1913, 389; H.Torczyner, ibid. 20, 1917, 10ss.; sost. nhas presagio Num
23,23; 24,1) e pi generalmente vaticinare (vietato a
Israele: Lev 19,26; Deut 18,10; 2Re 17,17; 21,6; 2Cron
33,6).*

Un uso diverso si riscontra nei primi profeti, 't ha


la funzione di legittimare la parola dei profeti, per
si realizza solo nel futuro e sar vaticinato dal pro
feta (la formulazione generica si ha in Deut 13,2s.
con il verbo tipico bd' avvenire che si trova
anche in ISam 2,34; 10, [1].7.9; cfr. inoltre 2Re
19,29; 20,8s. = Is. 37,20; 38,7.22; Ger 44,29; pi
complesso Is 7,11.14). In questi casi t non in
diretto rapporto con il messaggio profetico. Il se
gno in certo modo strumento tecnico del profeta
per ottenere riconoscimento e credibilit presso gli
ascoltatori (
jd con 't Es 10,2; Deut 4,35; 11,2s,
ecc., cfr. Keller, lx., 58s.; mn hi, Es 4,30; Num
14,11; cfr. Is 7,9ss.).
Inoltre t pu indicare contrassegno o me
moria che richiama unazione salvifica di Dio
(Gios 4,6; similmente in alcuni passi in P, vd. st.)
oppure denota il punto darrivo futuro e definitivo
dellopera di Dio (in testi che si avvicinano
allapocalittica, Is 19,20; 55,13; 66,19).
b) Nei profeti classici, nella teologia deuteronomistica e negli scritti sacerdotali1t assume un va
lore essenzialmente teologico.
Nella profezia classica quando si tratta di espri
mere azioni simboliche possono essere usati
sia t che mfet (ambedue i termini in Is 8,18 e
20,3; solo 't in Ez 4,3; mfet in Ez 12,6.11;
24,24.27; Zac 3,8). Anche altri passi dellAT ripor
tano azioni simboliche (cfr. G.Fohrer, ZAW 64,
1952, 102-120; id., Die prophetischen Zeichenhandlungen, 1953). Diversamente dagli altri
segni profetici addotti come prova, in questo caso
't si riferisce direttamente al messaggio del pro
feta. Questi pone in atto un evento, che non si
ancora realizzato, ma che appunto attraverso
lazione simbolica irrompe nella realt presente. Il
segno ha perci una funzione analoga a quella
della parola profetica (cfr. Fohrer 85ss.; von Rad
II,104-107).
Gli scritti deuteronomistici racchiudono in una
sola formula gli eventi delPesodo dallEgitto, e
lespressione tt mbftlm ne un elemento (as
sieme a far uscire con mano potente e braccio
teso Deut 4,34; 6,22; 7,19; ll,2s.; 26,8; 29,2;
34,11; per la formula intera cfr. B.S.Childs, Deu81

PNf SEGNO

teronomic Formulae of th Exodus Traditions, FS


Baumgartner 1967, 30-39). Con 'dt non si indi
cano solo le piaghe , ma tutta lopera di Dio in
Egitto, cio il dato fondamentale della teologia
deuteronomistica; 'dt cos la configurazione che
assume la rivelazione di Jahwe, che deve essere
capita al momento presente. Il problema sar di
vedere se Israele in grado o meno di riconoscere
e capire gli ot/(Deut 29,2ss.). Dalla teologia deuteronomistica dipendono anche altri passi che par
lano degli 'tt e dei mftlm in Egitto (Ger 32,20s,;
Sai 78,43; 105,27; 135,9; Neem9,10; inoltre Es 7,3 P;
otot da solo in Num 14,22; Gios 24,17 e, senza ri
ferimento diretto alPEgitto, Sai 65,9).
Il termine t viene usato in senso deuteronomistico anche in altri contesti (p.e. Deut 13,2s. vd.
sp. 4s.). Secondo Es 13,9.16 t e zikkrn o ttafot
(vd. sp. 3) costituiscono la haggada pasquale, per
Deut 6,8 formano la confessione di fede (sema\
per Deut 11,18 tutta la predicazione dtn. La fun
zione di t pertanto quella di attualizzare gli
eventi salvifici del passato. In Deut 28,46 benedi
zione e maledizione sono segni per Israele; an
che il futuro viene manifestato dalV't del pre
sente.
Gli scritti sacerdotali usano questo termine con
grande frequenza: per i segni e prodigi in
Egitto (Es 7,3), per determinate istituzioni della
storia cultuale dIsraele (Num 15,39 txt em se
gno; 17,3 segno ammonitore; 17,25 ri
cordo ); il sangue pasquale (Es 12,13) un se- .
gno di protezione , il sabato (Es 31,13.17; cfr. gi
Ez 20,12) segno del rapporto tra Jahwe ed
Israele. Il termine rientra anche nel vocabolario
con cui si descrive la stipulazione dellalleanza
(Gen 9,12s.l7 arcobaleno; 17,11 circoncisione).
Infine anche le stelle sono 'tt (Gen 1,14, accanto
a madtm tempi ,
j d).
In questo caso 't indica la manifestazione di un
grande ordinamento d Dio che comprende la na
tura e il tempo, trova consistenza nella storia di
Israele e si compie nel culto.
Il termine mfl (36x) non ha ancora ricevuto una esatta
spiegazione etimologica (Keller, l.c., 60s.l 15; una suppo
sta attestazione in uniscrizione fenicia di Cipro molto
insicura, cfr. KA1 nr. 30, r. 1). Si trova per la prima volta
in Is 8,18 e 20,3, gi in parallelo con 'dt come nella ter
minologia dtr., e in alcuni passi da essa influenzati (Es
7,3 P; Deut 4,34; 6,22; 7,19; 13,2.3; 26,8; 28,46; 29,2;
34,11; Ger 32,20s.; Sai 78,43; 105,27; 135,9; Neem 9,10;
in totale 18x, pi laram. Dan 3,32s.; 6,28 Qtnyetimhn
segni e prodigi ). Luso di mft uguale a quello di
/; solo pi tardi si sottolinea di pi con esso relemento
prodigioso (in parallelo con nifl&t Sai 105,6 = lCron
16,12, />/): prodigi in Egitto: Es 4,21 (redazionale);
7,3.9 e 11,9.10 (P); Deut 4,34; 6,22; 7,19; 26,8; 29,2; 34,11;
Ger 32,20s.; Sai 78,43; 105,27; 135,9; Neem 9,10; segni ter
ribili e prodigiosi di Dio: Deut 28,46; Gioe 3,3; Sai 71,7 =
lCron 16,12; segni profetici di prova: Deul 13,2s.; Re
13,3-3.5; 2Cron 32,24.31; azioni simboliche dei profeti: Is
8.18; 2 0 3 ; Ez 4,3; 12,6.11; 24,24.27; Zac 3.8.*

5/ Nel tardo giudaismo perdura ancora Fuso


vtrt. (Qumran: vd. sp. 3; nella letteratura rabbi82

nica si hanno in parte nuovi significati e t viene so


stituito da slman < gr. cnjjjLetov). Per il NT cfr,
K.RRengstorf, art. otuieiov, ThW VTL 199-268
(in 207-217 si parla diffusamente di 't nellAT).
*
.
F. Stolz

zcen ORECCHIO
1/ Il sost. 'zcen orecchio appartiene al semi
tico comune (*'udn~\ HAL 27a), anche eg.jdn (Erman-Grapow 1,154; soppiantato da msdr luogo
sul quale si dorme , cfr. W.Helck, ZS, 80, 1955,
144s.; W.C.Till, Zum Sprachtabu im Agyptischen, gyptolog. Studien, hrsg. von O.Firchow,
1955,327.335). Dal sost. fem. (parte del corpo) de
riva il verbo denominativo 'zi hi. agire con le
orecchie, ascoltare (GK 53g).
Nel nome 'azartj (Neem 10,10) si ha il qal, in Ja'azanjhu (2Re 25,23; Ger 40,8; Ez 8,11\Ja'Qzanj Ger 35,3; Ez.
11,1; abbreviato J ezanj(hu) Ger 40,8; 42,1) Phi., che
del resto lunica forma usata (Noth IP 36.198; al di fuori
della Bibbia troviamo il nome fznjhw in un sigillo
[W.F.Bad, ZAW 51, 1933,150-156; Moscati, EEA 70],
nel coccio di Lachis 1, r. 2.3 [TGF nr. 34], inoltre fztyf
e Jzn'I su sigilli [Diringer nr. 21.28]; per le forme del
nome proprio ad Elefantina cfr. Noth IP 198; L.Delekat,
VT 8, 1958, 251s.).

2/ NelfAT il sost. compare 187x, il verbo 41x


(Salmi 15x) con distribuzione regolare nei vari li
bri. Il sost. prevalentemente al duale (108x, di
cui 80x con be)\il verbo si trova spesso allimp.
(30x).
3/ Raramente zcen indica la parte del corpo
senza far riferimento alfascoltare.
Possiamo ricordare i seguenti usi: portare orecchini (Gen
35,4; Es 32,3s.; Ez 16,12; BRL 398-402); forare lorecchio
come marchio dello schiavo (Es 21,6; Deut 15,17; ThW
V,546 = GLNT Vm,l526s.; diversamente de Vaux
1,132); rituale della consacrazione rdei sacerdoti e della
purificazione dei lebbrosi (tEnk 1zcen lobo delForecchio in Es 29,20.20; Lev 8,23s.; 14,14.17.25.28 P; Elliger, HAT 4,119); taglio delle orecchie come pena di mu
tilazione (Ez 23,25; Zimmerli, BK XIII, 549). Le orec
chie degli animali sono nominate in Am 3,12 {bedaf
"zcen, lobi degli orecchi di un animale di branco) e in
Prov. 26,7 (del cane).

Altrove foracchio sempre Porgano delludito;


esso ascolta (sm\ Ez 24,26; Sai 92,12; Giob 13,1
ecc.); presta attenzione qsb hi. Sai 10,17; Neem
1,6.11 ecc.). Coi verba dicendi , soprattutto dbr
pi. (p.e. Gen 20,8) e qf (p.e. Es 24,7), gli uditori
sono spesso introdotti con be'zcen. A volte perci
gli ascoltatori sono dei testimoni (Gen
23,10.13.16). Anche dopo sm'* si ha la stessa fun
zione per be'zcen (con be strumentale: Ger 26,11;
2Sam 7,22; Sai 44,2). Al contrario sma zcen si
gnifica per sentito dire (Sai 18,45; Giob 42,5).
La comunicazione di cose importanti (per la vita)
indicata con glh ozn scoprire l'orecchio di
qualcuno (ISam 20,2.12s.; 22,8.8.17; lautore
83

della narrazione delf ascesa al trono di Davide pre


dilige questa espressione; anche Rut 4,4; con
Jahwe come soggetto vd. st. 4; cajm). Il maestro
di sapienza pu richiamare alfascolto con Tespres
sione nth hi. Jzcen volgere lorecchio (Sai 78,1;
Prov 4,20; 5,1.13; 22,17; similmente Is 55,3; Sai
45,11; 49,5; vd. anche st, 4).
Gli elenchi delle varie parti del corpo rivelano le loro
funzioni specifiche: per lo pi occhi-orecchie (2Re
19,16 = Is 37,17; Is 11,3; 30,20s.; 35,5; 43,8; Ger 5,21;
Ez 8,18; 12,2; Sai 34,16; 92,12; 94,9; Giob 13,1; 29,11;
42,5; Prov 20,12; Eccle 1,8; Dan 9,18; Neem 1,6; 2Cron
6,40; 7,15), mani-occhi-orecchie (Is 33,15), cuore-orec
chio (Ger 11,8; Ez 3,10; Prov 2,2; 18,15; 22,17; 23,12),
cuore-occhio-oreccho (Deut 29,3; Is 6,10; 32,3; Ez 40,4;
44,5), orecchio-palato (Giob 12,11; 34,3), orecchio-lin
gua (Is 50,4s.), mani-collo-naso-orecchie- testa (Ez
16,1 ls.), bocca-occhi-orecchie-naso-mani-piedi-gola (Sai
115,5s.; cfr. 135,16ss.). Nella formula della legge del ta
glione manca lorecchio (Es 21,23ss.; Lev 24,19s.).
Tra i vocaboli che esprimono il non voler ascoltare o il
non poter ascoltare si possono citare: hrs q. esser
sordo (Mi 7,16; Sai 28,1; 35,22; 39,13; 50,3; 83,2;
109,1), hrs sordo (Es 4,11; Lev 19,14; Sai 38,14;
58,5; in senso traslato Is 29,18; 35,5; 42,18s.; 43,8), 'tm
turare (Is 33,15; Sai 58,5; Prov 21,13), kbd hi. indu
rirsi (Is 6,10; Zac 7,11), 7m hi. nascondere (Lam
3,56)*

Il verbo zn hi. si incontra spesso nellinvito


alfascolto, in forma imperativa, con la funzione di
introdurre gli inni (Deut 32,1; Giud 5,3; Gen
4,23), i detti sapienziali (Is 28,23; Sai 49,2; 78,1),
linsegnamento della giustizia (Giob 33,1; 34,2.16;
37,14) e gli oracoli profetici (Is 1,2.10; 32,9; 51,4;
Ger 13,15; Os 5,1; Gioe 1,2; cfr. Num 23,18). In
parallelo si trova quasi sempre smK o/e qsb hi.
(Wolff, BK XIV/l,122s. formula che introduce
finsegnamento , diversamente L,Khler, Dtjes.
stilkritisch untersucht, 1923, 112 convocazione
di due testimoni; pi recentemente: I.von Loewenclau, EvTh 26, 1966, 296ss.).
Contenuto delludire sono spesso i debanm (pa
role o fatti, Gen 20,8; 44,18). Per le preposizioni
che seguono zn bi. cfr. HAL 27a.
Oltre che dellascolto, zcen lorgano della cono
scenza e dellintelligenza, soprattutto in contesto
sapienziale (Giob 12,11; 13,1; 34,3; Prov 2,2;
5,1.13; 18,15; 22,17; 23,12; Is 32,3). In questo caso
equivale al cuore (Cfr. Ch.Kayatz, Studien zu Proverbien 1-9, 1966, 43-47).
Cfr. HAL 27b per lacc. uzmi orecchio > intel
ligenza e haslsu orecchio, udito < intelletto,
saggezza (AHw 330b; CAD H 126s.; per hasasu
ricordarsi ), inoltre Dhorme 89s.
4/ Si parla con disinvoltura delle orecchie di
Jahwe (Num 11,1.18; 14,28; ISam 8,21 ecc.; le
orecchie degli angeli 1QM 10,11; per gli antropo
morfismi vd. Khler, TheoL 4-6). La supplica con
la formula volgimi il tuo orecchio! tipica delle
lamentazioni individuali (nth hi: Sai 17,6; 31,3;
71,2; 86,1; 88,3; 102,3; 2Re 19,16 = Is 37,17; cfr.
Dan 9,18; nella lode Sai 116,2), cos pure limp. di
ItN zcen ORECCHIO

84

\n hi. insieme a strf e gsb hi. (Sai 5,2; 17,1; 39,13;


54,4; 55,2; 86,6; 140,7; 141,1; 143,1; nella lamen
tazione del popolo 80,2; nella preghiera di inter
cessione 84,9). Jahwe ascolta gli uomini (Sai 94,9;
Is 59,1; ma Giob 9,16), anche la loro arroganza
sale alle sue orecchie (2Re 19,28 = Is 37,29). Gli
idoli non odono (Sai 115,6; 135,17; cfr. Kraus, BK
XV,788; Zimmerli, BK XIII,260; diversamente
Weiser, ATD 20,54).
Jahwe scava, forma, crea Torecchio delFuomo (Sai
40,7; 94,9; .Prov 20,12; Deut 29,3; cfr. Gen 2,7).
Egli scopre lorecchio delPuomo (ISam 9,15;
2Sam 7,27 = lCron 17,25; Giob 33,16; 36,10.15;
1QH 1,21 ecc.; cfr. Is 22,14), sveglia {tir hi.) e apre
(pth) Porecchio dei profeti (Is 50,4s.; cfr. Ez. 9,1;
Is 5,9; Giob 4,12). Nella sua missione di messag
gero il profeta ha lincarico di parlare alle orec
chie (Es 11,2; Ger 2,2; 26,15; Deut 31,11; Giud
7,3). Un influsso dtr. si pu riscontrare
nellespressione rintronare le orecchie ($// in
ISam 3,11; 2Re 21,12; Ger 19,3). Israele ascolta le
parole e i comandamenti di Jahwe (Es 24,7; 15,26;
2Re 23,2; Is 1,10 ecc.). La parenesi dtn. non fa uso
della radice 'zn (siri). Israele si chiude alla parola
di Jahwe, vd. la formula nello strato C di Gere
mia: ma essi non ascoltarono n prestarono orec
chio (e voltarono le spalle...) (Ger 7,24.26; 11,8;
17,23; 25,4; 34,14; 35,15; 44,5; cfr. nel Cronista z
hi. con la negazione in Neem 9,30; 2Cron 24,19).
Il popolo, pur avendo orecchie, non sente (Ger
5,21; Is 43,8; Ez 12,2), il suo orecchio munito di
prepuzio (Ger 6,10; cfr. H.-J.Hermisson, Sprache
und Ritus im altisr. Kult, 1965, 71), Jahwe stesso
lo indurisce (Is 6,9s.; Deut 29,3; cfr. von Rad
11,158ss.). Ma nel tempo finale le orecchie dei
sordi si apriranno (pqh ni. in Is 35,5; O.Procksch,
Jesaja I, 1930, 435; qjir).
5/ Qumran si collega alluso teologico delPAT.
Su Filone, Giuseppe Flavio, i rabbini e il NT:
G.Kittel, art. xou6>, ThW 1,216-225 (= GLNT
1,581-606); J.Horst, art. o^
ibid. V,543-558 (=
VIII,1517-1562).
Cfr. I apertio aurium della liturgia battesimale delia
chiesa antica (RGG VI,651s.); su Agostino: U.Duchrow,
Sprachverstandnis und biblisches Hren bei Augustin,
1965 (bibliogr ).
G.Liedke

nKdft
FRATELLO
T *
1/
fratello e
sorella (come
-ab padre) appartengono al semitico comune
(Bergstr. Einf. 182) e vengono adoperati in tutte le
ramificazioni linguistiche anche in senso ampliato
(vd. st. 3b).
NellAT si hanno come derivati l'astratto 7ahaw fra
tellanza (tra Giuda e Israele, Zac 11,14), un diminutivo
"ahjn, fratellino (solo come nome proprio, lCron
17,19; Stamm, ITEN 422), e anche probabilmente un
85

m 'T hr FRATELLO

verbo denominativo /?// ni. affratellarsi (nh<


nce'^ha in Is 7,2, cfr. HAL 30a; diversamente Eissfeldt,
KS 111,124-127; L.Delekat, VT 8,1958, 237-240; H.Donner, SVT 11, 1964, 8), cfr. Facc. ah Gt affratellarsi a
vicenda (athu compagni, soci ), St appaiarsi, asso
ciarsi (suthu colui che vicendevolmente associato
con laltro )* N affratellarsi (AIIw 22b).

2/ 'ah fratello compare 629x (296x sing. e


333x plur., inoltre lx aram. plur. in Esd 7,18),
molto spesso in Gen quando si parla di famiglie
(178x, di cui lOOx sing.); seguono lCron (99x, di
cui 79x plur., spesso in liste come quella di lCron
25,10-31) e Deut (48x), dove il termine posto in
particolare rilievo (vd. st. 4c).
ht sorella ricorre 114x (di cui 9x plur.), special
mente in Gen (24x) e 2Sam 13, Ez 16 e 23.

3/ a) Si deve partire dalla fratellanza fisica (fra


telli veri e propri o anche fratellastri, p.e. 2Sam
13,4, cfr. 2Sam 3,2s.; Pedersen, Israel I-II,58ss.),
che viene talvolta precisata meglio per distin
guerla da un concetto pi generico: Gen 37,27
nostro fratello e nostra carne; 42,13.32 fra
telli, figli di un uomo/nostro padre; Deut 13,7
tuo fratello, il figlio di tua madre , similmente
Giud 8,19 e in frasi parallele in Gen 27,29; Sai
50,20; 69,9; Cant 8,1 (gi in ug.: Kjt 9 sette fra
telli par. otto figli di una madre ; 49 [= I AB],
VI 10s.l4s.).
Un significato ristretto si ha anche nelle espressioni
composte che designano parentela:
1) fratello del padre (Lev 18,14, dove si ha una cir
conlocuzione giuridica [W.Kornfeld, Studien zum Heiligkeitsgesetz, 1952, 103]) al posto di ddy il termine
usuale per patruus in Lev 10,4; 20,20; 25,49.49; Num
36,11; ISam 10,14-16; 14,50; 2Re 24,17; Ger 32,7.8.9.12;
Am 6,10; lCron 27,32; Est 2,7.15; cfr. HAL 206b con bi
bliogr. e Fitzmyer, Gen. Ap. 120s.; per am nel signi
ficato di zio , che in ebr. viene sostituito da dd, cfr.
L,Rost, FS Procksch 1934, 143s. (= KC 90s.);
J.J.Stamm, ArOr 17, 1949, 379-382; id. SVT 7, 1960,
165-183; id., HEN 418s.422; Huffmon 196s.;
2) sorella del padre (Lev 18,12; 20,19; cfr, dd so
rella del padre in Es 6,20, ma in Lev 18,14; 20,20 mo
glie del fratello del padre );
3) fratello della madre (Gen 28,2; 29,10; il termine
particolare acc./aram./arab. *hl per fratello della ma
dre manca in ebr.; Huffmon 194);
4) sorella della madre (Lev 18,13; 20,19);
5) moglie del fratello (Lev 18,16, anzich j ebam
cognata in Deut 25,7.9; Rut 1,15; aimm)\
6) figlio del fratello (Gen 12,5);
cosi pure per delimitare il significato con termini affini
appartenenti allo stesso campo semantico, p.e. nelle
enumerazioni dei-parenti stretti in Lev 21,2s,; 25,48s.;
Num 6,7; Ez 44,21.
Cfr. anche G.Ryckmans, Les noms de parente en safaitique, RB 58, 1951, 377-392.

b) Come in molte lingue anche extrasemitiche, in


ebraico avviene facilmente il passaggio al signifi
cato ampliato parente prossimo, appartenente
alla stessa stirpe, allo stesso popolo , oppure col
lega, amico , fino al significato pi vuoto al

86

tro/altrui che si riferisce a relazioni di reciprocit


( a vicenda ) (circa il 45% dei passi dellAT con
'ah), designando cos come fratelli opp. so
relle secondo il modello della famiglia altri
membri di comunit ristrette. A seconda dei casi,
si sottolinea qui, come punto di paragone in senso
traslato, l'elemento della comune appartenenza,
dellaffetto, oppure dellaffinit, della parit di di
ritti; cfr. J.Zobel, Der bildliche Gebrauch der Verwandschaftsnamen im Hebrischen, 1932, 35-42.
Non sempre possibile distinguere chiaramente tra un
senso pi stretto e un senso pi ampio (in Gen 49,5 Si
meone e Levi sono fratelli il termine racchiude in
modo pregnante entrambi i significati), cfr. la rassegna
dei testi di Lev in Elliger, HAT 4,137 n. 12.259 n. 37, dei
testi di Deut in C.Steuernagel, Das Deut, J1923,42, inol
tre Fitzmyer, Sef. 112 per Sef. (= KAI nr, 224) 111,9.
Passi che usano fratello per esprimere la relazione
zio-nipote oppure tra cugini e cugine sono Gen 13,8;
14,16 (nipote, in GenAp 22,11 corretto in br 'hwhj, Fit
zmyer, Gen.Ap. 153); 29,12.15; Lev 10,4 (figli dei cugini);
lCron 23,22; sorella per sorellastra in Gen 20,12,
Il significato parenti chiaro in Gen 16,12; 25,18;
31,23,25.32.37.46.54; Es 2,11; 4,18; Giud 9,26.31.46 ecc.
(cfr. Ez 11,15 tutti i tuoi fratelli, coloro che apparten
gono alla tua stirpe ; Zimmerli, BK XIH,190.200.248;
:g/), ma non lo si pu sempre distinguere chiaramente
dal significato membro della trib, del popolo (p.e.
Num 36,2; Giud 9,18; 2Sam 19,13; per Am 1,9 cfr.
J.Priest, The Covenant of Brothers, JBL 84,1965, 400
406; in Num 25,18 membro del popolo fem.), e
questultimo a sua volta non lo si pu sempre distin
guere da collega (p.e. 2Re 9,2 fra soldati; Is 41,6 fra
artigiani; Num 8,26; Esd 3,8; Neem 5,14 e spesso
nellopera del Cronista per i leviti). Lo stesso si ricava
dalle iscrizioni provenienti da Zencirli (KAI nr. 214, r.
27-31; nr. 215, r. 3.12.17; nr. 216, r. 14; DISO 8).
Per i sinonimi del significato ampliato rai.

c) Nelluso metaforico caratteristica linvoca


zione fratello mio/sorella mia , rivolta anche a
non parenti: Gen 19,7; 29,4; Giud 19,23; ISam
30,23; 2Sam 20,9; lCron 28,2 (cfr. Lande 20.23
25, che accenna anche ai significati secondari
spesso presenti nel linguaggio cortese). Ad esso si
collega luso di fratello da parte di persone
dello stesso grado nella comunicazione di mes
saggi (Num 20,14; ISam 25,6 txt em), nello stile
epistolare di cortesia e nelle relazioni diplomatiche
'Re 9,13 tra Chiram e Salomone; 20,32s. tra
Acab e Ben-Adad).
Le attestazioni extrabibliche di questo stile epistolare
sono numerose: acc.: CAD A/1,200-202; ug.: 18>17;
138,3.10.15.18 (tra padre e figlio); 1016,3 (la regina come
sorella); 1019,8.10 (par. r' amico ); PRU V 59,2.3.26 (i
re di Tiro e di Ugarit); 65,17.19.21; 130,4; 159,2; cfr. A.
van Selms, Marriage and Family Life in Ugaritic Litera
ture, 1954, 113; fen. e aram,: cfr. DISO 8 e Fitzmyer,
Gen.Ap. 77,
$

In modo analogo va intesa anche la formula di in


vocazione del lamento funebre (Re 13,30 oh
fratello mio! ; Ger 22,18 oh fratello mio, oh so
rella mia! , da cui influenzato anche 2Sam 1,26
provo pena per te, fratello mio Gionata ; cfr.
Jahnow 61ss.; Lande 25s.).

Come metafora di tenerezza sorella (fidanzata)


mia usato per indicare l'amata (detta altri
menti ra\j amica in C a n t , rQU) in Cant
4,9.10.12; 5,1.2, come gi nella poesia amorosa
egiziana (Grapow 32; A.Hermann, Altag. Liebesdichtung, .1959, 75-78; Rudolph, KAT XV II,150)
e in ug. (3Aqht rev. 24 Anat ad Aqhat: tu sei
mio fratello, io sono tua sorella ; cfr. van Selms,
Le., 70.120.122; M.Dahood, Bibl. 42, 1961, 236).
Cfr. anche Prov 7,4 di alla sapienza: sei mia so
rella, che si riferisce alla sapienza personificata
(Ch.Kayatz, Studien zu Proverbien 1-9,1966,98).
Con ah si designano comunanza di genere e
stretta affinit in Giob 30,29 io sono divenuto
fratello dello sciacallo; Prov 18,9 fratello del
dissipatore , cfr. 28,24 compagno del malva
gio con f)br\con 'aht: Giob 17,14 alla tomba
io dico: madre mia! e sorella mia! al
verme .
Cfr. in acc. p.e. CAD A/I,172a: i due occhi sono so
relle ; in ug. 127 (= IIK, VI),35.51 la malattia diven
tata per te come una sorella , a meno che non si debba
intendere ahf come verbo, con Driver, CML 47.133 ed
altri: tu sei un fratello .

d) Luso pronominale in espressioni con 'Ts-ahiw


( luno... laltro ) si ha per le persone (Gen 9,5;
13,11; 26,31; 37,19; 42,21.28; Es 10,23; 16,15; Lev
7,10; 25,14.46; 26,37; Num 14,4; Deut 1,16; 25,11;
2Re 7,6; Is 3,6; 19,2; 41,6; Ger 13,14; 23,35; 25,26;
31,34; 34,17; Ez 4,17; 24,23; 33,30; 38,21; 47,14;
Gioe 2,8; Mi 7,2; Agg 2,22; Zac 7,9.10; Mal 2,10;
Neem 4,13; 5,7, talvolta conservando il significato
particolare fratello ), ma anche per cose (Es
25,20 e 37,9 i cherubini doro; Giob 41,9 squame
del coccodrillo); anche il fem. iss-'ahot viene
detto di cose (tendaggi Es 26,3.5.6.17; ali Ez 1,9;
3,13).
I paralleli in acc. (ahu aha, ahu ana ahi, ecc.) si riferi
scono anchessi a persone e cose (CAL) A/l,203s.), cos
pure lebr. t'amIrn/te'mJm (R.Kobert, Bibl 35, 1954,
139-141) gemelli (Gen 25,24 Giacobbe ed Esa;
38,27 Perez e Zerach; Cant 4,5 = 7,4 gazzelle; ma Es
26,24 e 36,29 assi).

4/ a) Gli usi di questa parola che hanno un ri


lievo teologico non sono legati al significato ri
stretto fratello carnale , con le sue implicazioni
nel campo del diritto familiare, ma al significato
pi generico membro, socio (di una comu
nit) , oppure alluso metaforico della parola.
Nel campo del diritto familiare: sulla proibizione di rap
porti sessuali tra fratello e sorella ( liv 18,9.11; 20,17;
Deut 27,22) cfr, W.Kornfeld, Studien zum Heiligkeitsgesetz, 1952, llOss.; sullistituzione del levirato cfr.
F.Horst, RGG IV,338s.; Rudolph, KAT XVII,60-65 (bi
bliogr.); "g7; tracce di fratriarchia, che si possono ri
scontrare specialmente in ambiente hurritico (P.Koschaker, Fratriarchat, Hausgemeinschaft und Mutterrecht in
Keilschrifttexten, ZA 41, 1933, 1-89), vengono riscon
trare anche nellAT da C.H.Gordon, JBL 54, 1935, 223
231: fratronimia (Gen 4,22; 36,22; lCron 2,32.42; 24,25;
anche ug. 300,5 Rspab ah Ubn) e alcuni motivi fratriarcali nelle storie dei patriarchi (p.e. Gen 24 Labano-RenXVv/? FRATELLO

88

becca), cfr. per de Vaux 1,37. Su Gen 12,13 d i piut


tosto che sei mia sorella come formula di divorzio
sotto condizione cfr. L.Rost, FS Hertzberg 1965, 186
192.

b) Le riflessioni etiche sulla vera fratellanza nella


vita quotidiana mettono laccento, nelFambito sia
biblico che extrabiblico, sulla dedizione, la confi
denza e la sollecitudine fraterna ecc. Nei paragoni
fratello pu stare in parallelo con padre ,
p.e, in acc. in un testo di Mari: io sono rispetto
a te come un padre ed un fratello, tu invece ri
spetto a me sei come un avversario ed un ne
mico (G.Dossin, Syria 33, 1956, 65); fen.: Kil.
1.10 (-ab III/3). Gli esempi vtrt. tratti dalla let
teratura sapienziale accostano il fratello
all amico (rai) e al vicino , ed il paragone
pu anche risolversi negativamente per il fratello
(Prov 17,17 Pamico vuol bene sempre, nato
per essere un fratello nella sventura; ma 18,24
vi sono amici pi affezionati di un fratello e
27.10 meglio un amico vicino che un fratello
lontano). Altri passi sapienziali sul tema della
fratellanza sono Sai 133,1 ecco come bello e
soave che i fratelli vivano insieme e Ah, aram. 49
ivi mi son preso cura di te come si farebbe verso
il proprio fratello (Cowley 221; AOT 456). Cfr,
anche gli amici Gilgames ed Enkidu che vengono
detti fratelli (Gilg. VI,156 = Schott 58).
c) Il termine fratello assume una colorazione
teologica soprattutto nel linguaggio dtn. e nel co
mandamento delPamore del prossimo nel codice
di santit (Lev 19,17 -~rai\25,35.36.39.46.47.48
g/). Tuttavia il termine non viene usato in un
senso nuovo quando designa nel Deut t membri
del popolo o della comunit. Quando si promulga
il comandamento, si lascia trasparire il sottofondo
religioso ponendo semplicemente in rilievo il ter
mine con il suffisso, in genere hk tuo fra
tello (cos in tutti i passi della legge dtn. Deut
12-26, a meno che non si tratti, come in 13,7 e
25,5-9, d disposizioni particolari del diritto fami
liare: 15,2.3.7.9.11.12; 17,15.20; 18,15.18; 19,18.
19; 20,8; 22,1-4; 23,20.21; 24,7.14; 25,3.[UJ; i le
viti 18,2.7; gli edomiti 23,8; cfr. O.Bchli, Israel
und die Vlker, 1962,121-123). Il linguaggio dtn.
esercita il suo influsso su Ger 34,9.14.17; lopera
del Cronista usa fratello in senso traslato quasi
esclusivamente al plur.; cfr. anche H.C.M. Vogt,
Studie zur nachexilischen Gemeinde in Esra-Nehemia, 1966, 113-115, specialmente per Neem 5.
Gi in Gen 4,9 dov tuo fratello Abele? la forma col
suffisso ha una particolare importanza, in quanto raffi
gura in modo esemplare la relazione tra Dio, luomo e il
prossimo (W.Vischer, Das Christuszeugnis des AT I,
1935, 90s.: la responsabilit davanti a Dio la respon
sabilit per il fratello ).

Luso del Deuteronomio si sviluppa in base alla


concezione dtn. del popolo di Dio (G.vonRad,
Das Gottesvolk im Dtn, 1929, 13.50; H.Breit, Die
Predigt des Deuteronomisten, 1933, 179.185;
O.Procksch, Theol. des AT, 1950, 239). Il po
89

inTxV

'tohd UNO

polo la famiglia ingrandita che forma ununit.


Luso di fratello per esprimere un elemento costi
tutivo dellidea di popolo vuol creare anche un li
vellamento: i fratelli stanno sullo stesso piano,
hanno eguali diritti e doveri e sono responsabili
luno dellaltro (Bacilli 123).
Lidea di fratellanza degli israeliti sotto un unico padre
('ab IV/3c) senzaltro presente in Mal 2,10, ma non
ha una terminologia fissa ( perch agiamo allora con
perfidia luno verso laltro? , cfr. 3d).

d) Per quanto riguarda la designazione della divi


nit come fratello nei nomi propri teofori
dellonomastica semitica antica vale mutatis
mutandis quanto detto sotto b padre
(III/5 con bibliogr.),
Anche qui ricorrono accanto nomi teofori ('ahijjdh/ahij/J'h Jahwe [mioj fratello ; ulhimcecek, H~
l < * 'ahi'l>Hrm < fen. 'hrm. cfr. Friedrich 94)
numerosi nomi sostitutivi, p.e. iahJqm mio fratello
sorto (nuovamente), 'aftb fratello del padre, 'ahmaj fratello di mia madre (secondo Noldeke, BS 9*5),
cfr. Stamm. HEN 417s.422; per Ddo suo zio e Dwtd zio cfr. Stamm, SVT 7, I960, 165-183; per1ammn
piccolo zio id., ArOr 17, 1949, 379-382.

5/ Lo sviluppo successivo delluso vtrt. nel giu


daismo e nel NT legato strettamente allidea
di prossimo (ra<'\ cfr. H.von Soden, art.
SsXcp^, ThW 1,144-146 (= GLNT 1,385-392);
H.Greeven/J.Fichtner, art. TiXiomov, ThW VI,
309-316 (= GLNT X,711-728); RAC II, 631-646;
ThBNT 1,146-151; J.Fichtner, Der Begriff des
Nchsten im AT mit einem Ausblick auf Spatjudentum und NT, WuD N.F. 4, 1955, 23-52 (=
Gottes Weisheit, 1965, 88-114).
EJenni

im

'mhd UNO

1/ a) 11 numerale che indica il numero uno


nella sua radice trilitterale hd appartiene al semi
tico comune (GVG 1,484; Bergstr. Einf. 191; ug.:
UT nr 126; WUS nr. 131; iscrizioni del semNO:
DISO 9; per Param. had con laferesi di cfr. GVG
1,243.257; BLA 54.248s.)>
In acc. la radice ha la forma (w)dum (pi tardi du) con
il significato di unico, solo (GAG 71c; AHw
184.186-188; CAD E 27s.33.36-39, con altre deriva
zioni), mentre per uno si ha il termine istnum (GAG
69b; AHw 400s.; CAD 1/J 275-279) conosciuto anche
in ebr. Caste 'sr undici, sempre legalo a 'sr
dieci , per Zimmem 65 e p.e. Meyer 11,87 prst.
dalfacc., compare per anche in ug.).

Accanto alla forma originaria 'ahad (Gen 48,22;


2Sam 17,22; Is 27,12; Ez 33,30; Zac 11,7; cfr. BL
622; Meyer 11,85) si trova quasi sempre 'chd con
raddoppiamento secondario della radicale media
(GVG 1,68; BL 219), mentre la vocale davanti a h
qamses dissimilato in ce (Bergstr. 1,152; BL 216).
90

b) In ebr. (e in ug., cfr. UT 43s., nr. 126) si trova


anche il plur. 'ahdtm (Gen 11,1 parole di una
sola specie; 27,44; 29,20; Dan 11,20 alcuni
giorni ; Ez 37,17 in modo da farne una sola
cosa , secondo Gordon, UT l.c.: un paio ; cfr.
anche BrSynt 74s.).
c) La radice compare in forma verbale solo in Ez 21,21,
*hd hitp. riunirsi , per il testo non sicuro; ug. *hd D
unirsi) (WUS nr. 131) pure molto incerto.
d) Il nome proprio 'lehd(lCron 8,6, membro della trib
di Beniamino) va mutato in 'hd (Noth, IP, nr. 76; Ru
dolph, HAT 21,76; HAL 30a).

e) Oltre a 'hd si ha la radice affine whd (nel


semNO. jhd) in tutte le lingue semtiche: acc. wdum unico, solo (vd. sp. la); ug. yfjd solo
(WUS nr. 1153; UT nr. 1087); aram. anticojhd ha.
riunire (DISO 106); per altre forme (posteriori
allAT) cfr. KBL 37b. In ebr. il verbo raro: jhd
q, riunirsi Gen 48,6 (diversamente M.Dahood,
Bibl 40, 1959, 169); Is 14,20; pi. in Sai 86,11 (in
certo). Pi spesso compare il sost. jhad (fre
quente nei tsti di Qumran) riunione (Deut
33,5; lCron 12,18; cfr. S.Talmon, VT 3,1953,133
140), lavverbio nelle forme jhiad (44x, incluso
Ger 48,7K) cjahdw (94x, escluso Ger 48,7Q; -w
forse unantica finale locativa interpretata in
modo diverso, cfr. GVG 1,460.465; BL 529s.;
J.C.de Moor, VT 7, 1957, 350-355; cfr. anche jatjudunni assieme a me , prst. can. in una lettera
di Amarna, CAD I/J 321), ambedue nel senso di
luno con laltro (e altre sfumature modali, lo
cali e temporali, vd. de Moor, l.c,, 354s.; per non
nel senso di soltanto , come ritengono per al
cu n i te s ti J .M a u c h lin e , T G U O S 13,
1951 e M.D.Goldman, ABR 1, 1951, 61-63), e jhd unico, solo (12x; spesso detto deir unico
figlio , in Sai 22,21 e 35,17 la mia unica
cosa = la mia vita ).*
2/ Il numerale (masc. 703x, fem. 267x, con
2Sam 17,12Q; IRe 19,4Q; Is 66,17(3; Cant 4,9K)
usato 970x (inoltre lerrore di scrittura in Ez 18,10
ah e 33,30 had, cfr. Zimmerli, BK XIII,393.816)
si incontra in quasi tutti gli scritti dellAT (manca
in Gioe, Mi, Nah, Ab), ma particolarmente fre
quente nei libri che contengono numerazioni,
parti legislative, descrizioni ecc. (Num 180x, di
cui 89x solo in Num 7; Ez 106x; Es 99x; IRe 63x;
Gios 60x); faram. had compare 14x.
3/ GB 22s. e HAL 29s. illustrano in dettaglio i
vari usi del termine. Il valore principale uno ,
numero cardinale, e pu riferirsi a Dio (Deut 6,4;
cfr, Gen 3,22), uomini, animali oppure a cose. Di
qui derivano anche luso dellassoluto luno
(ISam 13,17s. ecc.; talvolta determinato dalParticolo, cfr. GVG 11,69) e fuso distributivo cia
scuno (p.e. Deut 1,23). Per indicare ununit
non determinata il numerale pu essere usato nel
senso di uno qualunque , p.e. ISam 26,15 ahad
htfm uno dei popolo (per luso di min in que

91

sto contesto cfr. GVG 11,84); con le negazioni


oppure 'n significa nessuno . Talvolta 'chd
pu sostituire il numero ordinale, p.e. Gen 1,5
giorno uno = il primo giorno , cos pure nelle
date. In questo caso di solito si usa risn il
primo . 'ahat si trova nel senso di una volta
p.e. in Lev 16,34 e 2Re 6,10.
4/ a) Grande rilevanza acquista il numerale nel
linguaggio teologico. Lintolleranza e (collegata ad
essa) la dinamica intransigente della fede jahwistica delfAT esclude categoricamente ogni divi
nizzazione delluomo (Gen 3,22) e qualsiasi vene
razione di altri dei o altre potenze accanto a
Jahwe. L'unico Dio al centro di tutto, come ri
chiede gi il decalogo, che oppone all io inteso
quale unit divina (Es 20,2; Deut 5,6) gli altri
dei (Es 20,3; Deut 5,7;--*hr). Mentre gli altri dei
hanno molti nomi, Jahwe ne ha uno solo (Es
3,14s>; cfr. von Rad 1,199).
Questa concezione trova riscontro nella frase clas
sica del tempo di Giosia (Eichrodt 1,145):
sema' Jisral Jhwh >telhnU Jhwh chd ascolta
Israele: Jahwe, nostro Dio, un solo Jahwe
(Deut 6,4; unaltra traduzione possibile: Jahwe
il nostro Dio, Jahwe in quanto uno solo ). Questa
espressione va intesa nella sua esatta struttura sin
tattica (a questo proposito cfr, f. gli a. S.R.Driver,
Deuteronomy, 31902 (1952), 89s.; G.Quell, ThW
III, 1079s. [= GLNT V,1446ss.l; von Rad, ATD
8,44-46); la sua funzione primaria quella di op
porsi al polijahwismo e al politeismo, intendendo
esprimere lunit e lesclusivit di Jahwe (cfr,
E,Knig, Theologie des AT, 1922, 129-132, con
un accenno al martire R. Akiba che mor recitando
le parole dello Sema; inoltre H.Breit, Die Predigt
des Deuteronomisten, 1933, 60-65; Vriezen,
Theol. 136.147-152; von Rad 1,240). La frase non
isolata, ma inserita nel comandamento di
amare lunico Signore e soltanto lui (Deut 6,5; cfr.
N.Lohfink, Das Hauptgebot, 1963, 163s.; id.,
Hore, Israel, 1965,63). Di qui deriva anche la ne
cessit di adorare Punico Dio in un sol luogo (cfr.
2Cron 32,12; von Rad 1,240).
Lidea deir uni cita di Jahwe non daltra parte le
gata alluso del termine y&hd (p.e. Es 15,11;
2Sam 7,22; Is 44,6; cfr. C.J.Labuschagne, The lncomparability of Yahweh in th OT, 1966). Nel
passo tardivo di Zac 14,9 troviamo '(hd ancora
in senso teologico; si descrive il compimento esca
tologico del precetto di Deut 6,4s., con un amplia
mento universalstico: in quel giorno Jahwe sar
unico e anche il suo nome sar unico (cfr.
G.A.F.Knight, The Lord is One, ET 79, 1967/68,

8- 10).

In Mal 2,10 ( non abbiamo forse tutti noi un solo padre?


Non ci ha forse creato un unico Dio? Perch dunque
agire con perfdia luno contro Valtro,..? ) *chd
esprime in altro modo Punita de! popolo (cfr. anche
Giob 31,15); da notare inoltre luso accentuato del ter
mine in contesti escatologici come Ger 32,39 un sol
cuore e una sola condotta (Rudolph, HAT 12,212); Ez

TO
'rehad
UNO
T V
'

92

34,23e 37,24 un solo pastore ; 37,22 un sol popolo...


un solo re ; Os 2,2 un unico capo ; Sof 3,9 servirlo
con una sola spalla = concordemente .*
b) questo proposito possiamo accennare anche alle
voci della radice bdd che sono in parte affini, quanto a si
gnificato, ad alcuni usi di *chd: bad essere solo ,
forma avverbiale febad, miilebad solo, fuorch
(158x); bdd solo (3x); bdd solo (1 lx). Non di
rado per indicare lunicit di Jahwe viene usato Iebad\
Deut 4,35 Jahwe Dio e non ve n altri al di fuori di
lui ; Re 8,39 = 2Cron 6,30 tu solo conosci il cuore
di tutti i figli degli uomini ; 2Re 19,15.19 = Is 37,16.20
tu solo sei Dio ; Is 2,11.17 sar esaltato Jahwe, lui
solo, in quel giorno ; Is 44,24 e Giob 9,8 distende i
cieli da solo ; anche Is 63,3; Sai 72,18; 83,19; 86,10;
136,4; 148,13; Neem 9,6; con badd~DQut 32,12 Jahwe
lo guid da solo, non c'era con lui alcun dio straniero .
A ci corrisponde lesclusivit del rapporto con Jahwe,
espressa con iebad in Es 22,19 colui che offre un sacri
ficio ad altri dei, oltre al solo Jahwe ; ISam 7,3.4; Is
26,13; Sai 26,13; 51,6; 71,16; con febdd Sai 4,9; in Num
23,9 si indicano le conseguenze per il ppolo: ecco un
popolo che dimora solo e tra le nazioni non si anno
vera . *

5/ Nel giudaismo lUno pu sostituire il nome


di Dio (StrB ri,28).
Proprio Taspetto dellunicit d Dio, che esige
dalluomo la medesima unica corrispondenza,
quello che ha influenzato di pi le idee del NT
(Me 12,29s.; Rom 3,30). Solo a Dio spetta adora
zione e culto (Mt 4,10; 6,24). Lunit divina si ri
flette in Ges unico figlio di Dio (ICor 8,6; Ef 4,4
6) che con il suo iy
vuole impedire di
pensare e di argomentare diversamente dal lato re
ligioso (Gv 6,48; 8,12; 11,25; 14,6). Cfr. E.Stauffer, art, eiq, ThW II,432-440 (= GLNT 111,283
304); F.Buchsel, art. (lovoysvT)^ ThW IV,745750 (= GLNT VII,465-478).
.

31b suppone un Vjz II ricoprire (originariamente


identico a 'hz I), con significato tratto dalPacc. uhhuzu
ricoprire , che denominativo di ihzu rivestimento
(cfr. tdfus rivestito in Ab 2,19, da tps prendere, cir
condare ).
Un ulteriore significato derivato, questa volta dallaram.,
si ha nello sprangare di Neem 7,3 (cfr. Wagner
nr. 7a); ad esso appartengono anche hi d (part. pass,
aram, con caduta della; aram. bibl. ahid Dan 5,12) con
il significato di ( preso, afferrato > chiuso > ) indo
vinello (17x, di cui 8x in Giud 14,12-19) e il suo deno
minativo hud q. porre un indovinello (Giud
14,12.13.16; Ez 17,2), cfr. Wagner nr. 100.101 (un po di
versamente G.Rinaldi, Bibl 40, 1959, 274-276; H.P.Muller, Der Begritf Rtsel im AT, VT 20, 1970,
465-489).
.

Il verbo ricorre nelle coniugazioni qal e ni. (pas


sivo in Gen 22,13; Eccle 9,12; altrimenti denomi
nativo di afjuzz possesso con il significato di
essere residente); per il pi. e lho. vd. sp.
Inoltre dalla radice deriva il sost. >ahuzz pos
sesso in una formazione nominale usata per ter
mini giuridici. Infine nellAT vi una serie di
nomi propri, che contengono la radice hz (vd.
st. 4).
Per il discusso significato di hz in Cant 3,8 (part. q.
che tiene o aggettivo istruito, esperto ) cfr. HAL
31b con bibliogr.

2/ NellAT ebr. il qal del verbo attestato 58x,


il ni. 7x, il pi. e lho, ognuno lx. Le ricorrenze
compaiono un po ovunque nellAT; il fatto che
scritti pi tardivi presentino un maggior numero
di attestazioni pu essere casuale. Al contrario i 66
passi in cui si fa uso del sost. ahuzz s trovano
solo in testi tardivi, oltre che in Sai 2,8, e in par
ticolare nel codice sacerdotale e in Ez 44-48.

Limportante voce neotestamentaria <pd:7va (cfr.


G, Sthlin, art.
ThW 1,380-383 = GLNT 1,1019
1028) molto simile alla forma avverbiale 'aliai
una volta per sempre di Sai 89,36 (H.Gunkel, Die
Psalmen, 1926, 394).
G.Sauer

3/ Nella maggior parte dei casi il verbo va tra


dotto con afferrare, stringere, prendere, tener
stretto o sim. (per significati tecnici pi precisi,
derivati da questi, in Re 6,6 e Ez 41,6, cfr. HAL
30a.31a).
-

ninT

Ulteriori sinonimi di hz sono tps stringere, afferrare,


avere a che fare con (q. 49x, ni. 15x, pi. lx; Prov 30,28
txt?), tnfk afferrare, tenere (q. 20x, ni. lx; anche fen.,
acc.) e qmt stringere (q. Giob 16,8; pu. Giob 22,16;
anche aram. e arab.), inoltre Iqh e hzq hi. in una parte
delle loro forme.

Tn

h t

"h z

SORELLA - IIN
T

'a h .

AFFERRARE

1/ La radice */?(/ afTerrare appartiene al se


mitico comune (Bergstr. Einf. 188) e appare, a se
conda dellevoluzione e della scrittura della 2a e
della 3a radicale, in arab. e in sud arab. antico come
#(/, in acc. e in et. come ftz, in ebr. (moab,,? pun.)
e in aram. antico come ftz, in ug. e a partire
dallaram. imperiale come 'hd (le attestazioni del
semNO. in WUS nr. 135 e DISO 9s.).
Per fuso tecnico di 'hz q. in Re 6,10 (secondo Noth, BK
IX,96.99 si deve leggere pi. invece di q ) ,7hz pi. in Giob
26,9 e ho. (opp. pu.) in 2Cron 9,18 (cfr. Re 10,19) HAL

93

?riN Ijz AFFERRARE

Loggetto introdotto da be o dallaccusativo (do


cumentazione in HAL 3la), Cos p.e. sono tenuti
stretti: il calcagno (Gen 25,26), le corna dellariete
(Gen 22,13, ni.), la coda del serpente (Es 4,4), i
battenti della porta della citt (Giud 16,3), larca
(2Sam 6,6 = lCron 13,9), la barba (2Sam 20,9), i
corni dellaltare (Re 1,51), le palpebre (Sai 77,5),
i confini della terra (Giob 38,13), un indumento
(Rut 3,15), lamato (Cant 3,4), i rami del dattero
carichi di frutti (7,9), dei panni (Est 1,6), lancia e
scudo (2Cron 25,5; cfr. Cant 3,8); corrispondente
mente si stringono i lacci (Giob 18,9; Eccle 12,9)
e la rete (Eccle 12,9 ni.); in senso traslato s parla
delFafferrare opp. del restar attaccato alla propria
94

strada (Giob 17,9), alle orme (Giob 23,11), alla fol


lia (Eccle 2,3; cfr. 7,18).
Il verbo trova un'applicazione particolarmente fre
quente, quando nel corso di unostilit, o comun
que di unazione violenta, uno viene afferrato,
preso opp. fatto prigioniero (Giud 1,6; 12,6; 16,21;
20,6; 2Sam 2,21; 4,10; ls 5,29; Sai 56,1; 137,9;
Giob 16,12; Cant 2,15).
Ancora pi frequente il dire in senso traslato che
angoscia, tremito, spasimo, debolezza, doglie, ar
dore dellira o sim. afferrano luomo (Es 15,14.15;
2Sam 1,9; Is 13,8; 21,3; 33,14; Ger 13,21; 49,24;
Sai 48,7; 119,53; Giob 18,20; 21,6; 30,16).
Molto generico infine luso che si ha in Num 3130.47
(uno tirato fuori = ) uno su cinquanta, similmente
lCron 24,6 (cfr. Rudolph, HAT 21,160).

Alcuni passi al ni. (Gen 34,10; 47,27; Num 32,30;


Gios 22,9.19) vanno tradotti con stabilirsi (nella
terra) , prendere possesso (della terra) . Alla
stessa area semantica appartiene il sost. U,huzz,
che generalmente significa possesso, possedi
mento , per lo pi nel senso di possesso della
terra opp. di terreni (Gen 23,4.9.20: possesso di
una tomba; Lev 25,45s.: possesso di schiavi). Il
nome assume un significato traslato quando si
stabilisce che i leviti non devono avere alcuna pro
priet terriera, poich Jahwe la loro propriet
terriera (Ez 44,28; cfr. Zimmerli, BK X III,1137;
von Rad 1,416s.). Termini paralleli a ahuzz sono
nahal (nhJ), hlceq (hlq), grf, j erussa/jcresa
(jrs). Per >ahuzz (e per la sua distinzione da
nabl) cfr. F. Horst, Zwei Begriffe fir Eigentum
(Besitz): na(jal und 'huzz<7, FS Rudolph 1961,
135-156, spec. 153ss.
4/ Questo gruppo non possiede un particolare
significato teologico. A dire il vero, Jahwe pu di
ventare in un caso soggetto del verbo (Sai 73,23
tu tieni la ma destra ; cfr, anche le afferma
zioni su Jahwe che sostiene e salva, con il verbo
tmk, in Is 41,10; 42,1; Sai 16,5; 41,13; 63,9); in due
casi il soggetto la mano di Jahwe: essa afferra
anche colui che si stabilisce allestremit del mare
(Sai 139,10), essa intraprende il giudizio (Deut
32,41). Ma con tutto ci 7jz non acquista un par
ticolare peso teologico.
Lo stesso vale per yahuzz: quanto pi il possesso
della terra o di terreni viene inteso come dono di
Jahwe (Gen 17,8; 48,4; Lev 14,34; Deut 32,49
ecc.), tanto meno lo si esprime in modo partico
lare con huzz, nemmeno quando si parla di una
ahuzzat lfm, un possesso eterno (Gen 17,8;
48,4; Lev 25,34), o in un caso perfino della Sbuz
zai Jhwh (Gios 22,19; cfr. H.-J.Hermisson, Spra
che und Ritus im altisr. Kult, 1965, 108).
In questo contesto bisogna accennare ai nomi pro
pri formati con 7?z, in quanto essi sono tutti (ori
ginariamente) nomi teofori: J ehhz/Jyhz
Jahwe ha afferrato (proteggendo) (cfr. Noth,
IP 21.62.179), >ahazjd{h) ed altre forme seconda
rie ed abbreviate dallo stesso significato, che in

95

parte sono attestate anche su sigilli e su cocci (hz, in cuneiforme Ja-u-!]a-zi\ inoltre 'afjzqj,
(thuzzm, *huzzat).
5/ La storia successiva di questo gruppo non
presenta caratteristiche particolari. Le attestazioni
di Qumran si muovono nellambito delle espres
sioni vtrt. (1QH 4,33; CD 2,18; per 1QS 2,9 -'b
I; sost. 'hzh CD 16,16 e 'wfah 1QS 11,7). Nel NT
non si ha un equivalente altrettanto espressivo, e
del resto gi i LXX rendono il verbo con 27 e il
nome con 6 diversi vocaboli greci (per xpaxco
cfr. W. Michael is, ThW HJ,910s. = GLNT
V ,991ss.).
.
H.H.Schmid

i n a 7?r DOPO

1/

a) La radice */?r, del semitico comune,


esprime nelle sue numerose forme una quantit di
significati legati alPidea di un accadere dopo, in
senso temporale, I significati locali compaiono di
rado e si spiegano facilmente in base alPidea di un
movimento nel quale ci che arriva pi tardi si
trova in posizione retrostante.
Non si tratta dunque, come sostiene G.R.Driver
(JThSt 34, 1933, 377s.; ZDMG 91, 1937, 346), di risalire
alla designazione di una parte del corpo (duale 'ahar
natiche ), come potrebbe essere il caso per la radice
*wark- (ebr. jrk. anca, deretano; fianco , 34x; jark
dorso, la parte pi distante, 28x; cfr. Dhorme 98
100). La - di lahr non finale del duale, ma dovuta
allanalogia con il termine opposto lifn prima (BL
644s.); il significato tergo, parte posteriore in 'ahr
(IRe 7,25 = 2Cron 4,4) di natura astratta.
Il valore locale dietro attestato nellacc. *(w)ark- e
compare nella radice '(jr (sotto linflusso can.?, cfr. W.
von Soden, Or NS 18, 1949, 39ls.) solo a Mari (a/jartum riva posteriore, AHw 18a; CAD A/I,170a) e
come glossa can. in una lettera di Amarna proveniente
da Meghiddo (EA 245,10 arki-sufah-ru-un-u dietro di
lui, CAD A/I,194b).
Anche in ug. si trovano (finora) soltanto usi temporali,
prevalentemente avverbiali, della radice 'hr (UT nr. 138;
WUS nr. 150). Nelle iscrizioni can. questultima atte
stata di rado ('hr 'bj dopo mio padre nelliscrizione di
Mesa, KAI n r 18, r, 3; cfr. DISO 10).
Nelfaram. antico (a cominciare da Sef. Ili = KAI
nr. 224, r. 24 hrn un altro ; frequente nei papiri di
Elefantina) si trovano spesso usi avverbiali, preposizio
nali e nominali (anche nel significato di discendenza ,
cfr. DISO 10), mentre non attestato il verbo. Solo nel
romanzo di Ahiqar (Cowley 214, r. 63 ['Yirjn (inviarej
dietro di noi j si pu trovare un significato locale die
tro a . NelParam. recente la radice soppiantata da btar (cfr. KBL 1049a).

b) 11 verbo soprattutto al pi. ( ritardare ecc,);


in ebr. e in altre lingue semitiche il qal attestato
raramente.
In acc. (jhru essere tardi compare solo in EA 59,26
(CAD A/t,170b).
In ebr. 'hr q. trattenersi, attardarsi (Gen 32,5) e hi.
in H

'hr DOPO

96

far
tardi
(2Sam 20,5Q,
transitivo
interno)
sono hapaxlegomena. Per il pi. trattenere cfr. Jenni,
HP 99. Negli scritti di Qumran si trova anche 1hr hitp.
restare indietro, fare in seguito (1QS 1,14;

CD 11,23).
La forma nominale 'dhr parte posteriore, occi
dente usata talvolta anche in senso avverbiale:
dopo; (n)dietro ; vi inoltre la forma avver
biale molto rara hrannt indietro (BL 633).
Come aggettivo verbale (con allungamento secon
dario della seconda radicale al sing.) 'ahr se
guente, di altro tipo, secondo si differenzia an
che come significato dalle forme aggettivali vere e
proprie con ailormativi *aharn successivo, fu
turo, ultimo; posteriore, occidentale e ahart
futuro, fine> discendenza ,
Lastratto ah rit il fem. sostantivato di una forma ag
gettivale in
(cfr. G K 95t; G.W.Buchanan, JNES 20,
1961, 188; diversamente BL 505; Meyer 11,77). Forme af
fini sono Tace, ahr (AHw 21a) e lug. uhryt (2Aqht
|= II D] VI,35), secondo Aistleitner, Untersuchungen
zur Grammatik des Ug., 1954, 21, e WUS nr. 150: ap
partenente al tempo futuro = futuro, tempo futuro;
cfr. ANET 151: further life (= laltra vita ); CM L
134a; Gray, Legacy 113; UT nr. 138: latter end
(= fine ultima ).

'ahr (con raddoppiamento virtuale del h, non


forma segolata) e ahar dopo, dietro, indietro
vengono usati solo in senso avverbiale e preposi
zionale.
Io 2Sam 2,23 si potrebbe leggere ahr halian it punta
posteriore della lancia ; in Gen 16,13 e Es 33,8 la prep.
(guardare) indietro pu essere lasciata come sta
(HAL 34b: parte posteriore ).
Rispetto al valore temporale dopo e a quello locale
dietro (quando si tratta di movimento) il sign. pura
mente statico dietro (che risponde alla domanda:
dove? verso dove?) relativamente raro: 'ahar dietro
in Es 11,5; Cant 2,9; oltre Es 3,1; in Gen 22,13 si
deve leggere 'chd (BH3), in 2Re 11,6 'ahr( cfr. W .R u
dolph, FS Bertholet 1950, 474s.); *ahar dietro in
Gen 18,10; N um 3,23; Deut 11,30; Giud 18,12 ( occi
dentale ); ISam 21,10; in Ez 41,15 si deve leggere ' ah~
rcth (BH3); (gettare/guardare) indietro Gen 19,17;
IRe 14,9; Is 38,17;Ez 23,35; Neem 9,26; m'ahar die
tro Gen 19,26 (txt?); Es 14,19.19; Gios 8,2.4,14; 2Sam
2,23; IRe 10,19; Ger 9,21; m'ahar e dietro Neem
4,7-

I significati secondari addotti per 'aharrahr, come


in, presso, con (R.B.Y.Scott, JThSt 50, 1949, 178s.)
oppure corrispondentemente a, a causa, nonostante
(W.J.P.Boyd, JThSt NS 12,1961, 54-56) riguardano solo
sottigliezze dovute alle traduzioni nelle lingue moderne,
per via delle diverse espressioni idiomatiche (Es 11,5
dietro la mola = alla mola ; andar dietro a qual
cuno = andar con qualcuno ecc.). Queste osservazioni
non devono far pensare che la preposizione in ebr. (o in
ug.) possa aver sempre anche il significato d i4im con
(cos M.Dahood, Bibl 43, 1962, 363s.; 44, 1963, 292s.;
ug. 77,32 hr nkf yrh ytrh non va tradotto come se fosse
parallelo di "mn nkihtny con Nkl... , rendendo: with
Nikkal will th Moon enter into wcdlock [= con Nikkal il (dio) Luna si sposer ], ma ci si deve attenere al
valore avverbiale proposto da W.Herrmann, Yarih und
Nikkal..., 1968, 19, dopo si acquist...). Eccl 12,2

97

"ina Vrr DOPO

prima che... le nuvole ritornino (sempre) dopo la piog


gia (Zimmerli, ATD 16/1,242.246) non una mteorological absurdity (= una assurdit dal lato meteo
rologico) (R.B.Y.Scott, Proverbs/Ecclesiastes, 1965,
255), ma nella metafora della vecchiaia di 12,1ss.
unespressione di grande effetto (H.W.Hertzberg,
ZDPV 73, 1957, 115).

Alla radice 'hr vanno ricondotti anche rrmhr do


mani e mohrt giorno seguente (GVG
1,241).
Come nome personale ahr (lCron 7,12) potrebbe es
sere un sostitutivo (HAL 34b), ma seguendo Rudolph
(HAT 21,66) bisogna apportare qui una modifica al te
sto.

c) Dopo quello che si detto in lb, non neces


sario soffermarsi ulteriormente sulluso generale
di questo gruppo. Solo ahr secondo e atfrit
fine hanno una qualche rilevanza teologica;
questi due termini assai distanti tra loro quanto a
significato verranno trattati nelle sezioni 3 ('ahr)
e 4 ('ahnt).
2/ In ebr. la radice attestata 1140x: 'ahr
617x (Gen 69x, 2Sam 58x) e 96x 'ahar (Gen 16x,
Num lOx); 'afjr 166x (senza lCron 7,12; in Lis.
manca IRe 3,22), molto frequente in Deut (25x),
Ger (25x), Gen (15x), 2Cron (lOx), l/2Re (cia
scuno 9x). Inoltre sono attestati in ordine di fre
quenza 'ahart 61x, mhar 52x, aharn 51x, 'frr
41x, mohrt 32x, il verbo 'hr 17x (pi. 15x, q. e hi.
lx ciascuno), 'ahranmt lx.
Le sezioni aram. dellAT hanno ohrn (fem. 'oh0ri)
altro llx , ahr dopo 3x, 'aharJ fine lx, Lad
'hrjn (con vocalizzazione discussa, cfr, KBL 1049a) per
ultimo lx(Dan 4,5); le 16 riconenze si trovano tutte in
Dan.

3/ Le espressioni l 'ahr un altro dio (solo


in Es 34,14) e lhlm 'ahnm altri dei (63x)
acquistano il loro valore teologico anzitutto
nelfambito del primo comandamento (cfr.
R.Knierim, Das erste Gebot, ZAW 77, 1965, 20
29), dove 'ahr costituisce la logica antitesi al solo
ed unico Dio e in frasi formulate al negativo di
venta un termine caratteristico, pi ancora di
cjad, che presuppone invece una proposizione
positiva. Senza addentrarci nel problema della da
tazione relativa ed assoluta che si pu attribuire
alle diverse formulazioni del divieto di venerare
gli dei stranieri (cfr. p.e. von Rad 1,216s.; Knierim,
l.c., 27ss.), elenchiamo qui semplicemente tali for
mulazioni: Es 20,3 = Deut 5,7 non avrai altri dei
(la traduzione con il sing. proposta da A.Jepsen,
ZAW 79,1967,287, non apporta alcuna reale mo
difica nella proposizione negativa) accanto a me
(oppure a mio dispetto o di fronte a me , cfr.
J.J.Stamm, ThR 27, 1961, 237s.; Knierim, l.c.,
24s.); Es 22,19 colui che offre un sacrificio ad al
tri dei sar votato allo sterminio (txt em,
cfr. BH3; in modo leggermente diverso Alt, KS
1,311 n. 2); 23,13 non pronunciare il nome
di altri dei; 34,14 non devi prostrarti ad un
altro dio .
98

In luogo di ahr possono trovarsi, in Lesti appartenenti


pi o meno alle stesse tradizioni, altri termini che ser
vono da spiegazione, come straniero, sconosciuto ,
p.e. Os 13,4 non devi conoscere
alcun Dio fuori
di me (cfr. Deut 11,28; 13,3-7.14 ecc.); Sai 81,10 l-zr
e 'l-nkr un dio straniero .
.

Il profeta Osea, che conosce mollo bene il deca


logo, usa altri dei in 3,1 volgersi ad altri dei
(cfr. Wolff, BK XIV/l,75s.). Sulla stessa linea si
colloca anche luso della formula in Geremia
(almeno Ger 1,16 dovrebbe essere autentico, cfr.
Rudolph, H A I' 12,1Os,) e quello della teolo
gia dtn.-dtr. (cfr. O.Bachli, Israel und die Volker,
1962, 44-47).
La frequenza del termine in Deut, Ger e l/2Re
(vd. sp. 2) dovuta alluso del lespressione altri
dei con valore di formula (Deut 5,7; 6,14, 7,4;
8,19; 11,16.28; 13,3.7.14; 17,3; 18,20; 28,14.36.64;
29,25; 30,17; 31,18.20; Gios 23,16; Giud
2,12.17.19; 10,13; ISam 8,8; Re 9, 6.9 = 2Cron
7,19.22; Re 11,4.10; 14,9; 2Re 17,7.35.37.38;
22,17 = 2Cran 34,25; Ger 1,16; 7,6.9.18; 11,10;
13,10; 16,11.13; 19,4.13; 22,9; 25,6; 32,29; 35,15;
44,3.5.8.15; 2Cron 28,25).
Gios 24,2.16 sono ritenuti predeuteronomici
(Noth, HAT 7,139) e riflettono lantica tradizione
delPassemblea di Sichem con la rinuncia solenne
agli dei stranieri (Alt, KS 1,79-88; H.-J.Kraus,
Gottesdienst in Israel, 2 1962, 161-166), che in
stretta relazione con il primo comandamento; se
condo Knierim (l.c., 35ss.) va senzaltro collocata
in questo evento la prima formulazione del di
vieto degli dei stranieri.
I verbi collegati con lhim ahrim sono vari: risultano
quasi stereotipi bd servire (Deut 7,4; 11,16;
13,7.14; 17,3; 28,36.64; 29,25; Gios 23,16; Giud 10,13;
ISam 8,8; Re 9,6 = 2Cron 7,19; Ger 44,3; cfr. Gios
24,2.16; ISam 26,19) e hlk ahar seguire (Deut
6,14; 8,19; 11,28; 13,3; 28,14; Giud 2,12.19; Re 11,10;
Ger 7,6.9; 11,10; 13,10, 16,11, 25,6; 35,15), e anche q tr
bruciare incenso (2Re 22,17 = 2Cron 34,25; Ger 19,4;
44,5.8.15; 2Cron 28,25; cfr. Ger 1,16).

Mentre la maggior parte dei passi con i<EhJm 'hrm sono logicamente collegati al primo comanda
mento, in altre due occasioni, in contesto diverso,
si parla ancora di dei stranieri : in questi passi,
ISam 26,19 e 2Re 5,17, si presuppone che Jahwe
possa essere venerato solo nella propria terra.
Nel Dtis con "afjr un altro (senza ,Elhm) s
vuol esprimere il monoteismo negli inni (Is 42,8
non ceder la mia gloria ad altri, n il mio onore
agli idoli; similmente 48,11); cfr. anche Param.
bibl. yohrn in Dan 3,29(96) poich nessun altro
Dio pu liberare in tal maniera .
Secondo molti esegeti in Est 4,14 lespressione da un
altro luogo vuole evitare il nome di Dio (p.e. Ringgren,
ATD 16/2, 116.131; pi cauto Bardtke, KAT
XVn/5,332s.).

4/ a) Per comprendere la portata della voce


affnt (per la derivazione vd, sp. lb) sono signi
ficative non tanto le traduzioni greche dei

99

LXX (in circa due terzi dei passi con ecr^aTo;


ultimo , 5x con eyxocTXet(j.|jLa resto /xaTaXoL7roq restante rispettivamente in Sai 37,
37.38 e in Ez 23,25.25; Am 9,1; 6x con reXeuxaLoq ultimo tt/reXeurv), cxus/TXeia fine
rispettivamente in Prov 14,12.13; 16,25; 20,21
[= 9b LXX] e in 24,14; Deut 11,12), quanto
alcune analogie che si riscontrano nelle lingue se
mitiche affini, cos peres. lug. utyyt(vd. sp. lb),
e il significato discendenza , accanto a quello di
futuro, in acc. (ahrtu/afjnitu, cfr. AHw 21a;
CAD A/I,194b.l95a) e in aram. Chrth la sua di
scendenza in uniscrizione del T sec. a.C. da Nrab, KAI 226, r. 10; nab. 7?r discendenza , cfr.
DISO 10). Se teniamo presente che in ebr. non si
ha una forma particolare per distinguere il grado
comparativo o superlativo del laggettivo, e che,
come in altre lingue, non vi sono due termini di
stinti per indicare rispettivamente il tempo
astratto e il suo contenuto, allora l'uso di
\iharft nel significato primario di ci che viene
dopo del tutto comprensibile per tutti i passi
dellAT.
Il significato resto, avanzo (p.e. KBL 33b; cfr. LXX)
che collega lidea di ci che viene dopo con quella di ci
che sempre presente e che resta, va eliminato e sosti
tuito con quello di ci che viene dopo = discendenza
in Ger 31,17 (par. fanciulli ); Ez 23,25.25 (par. figli
e figlie; la distinzione proposta in Zimmerli, BK
X III,533, non necessaria); Am 4,2 e 9,1 (in un contesto
oscuro); Sai 37,37.38 (o futuro ); 109,13 (par. la ge
nerazione che segue); Dan 11,4 (cfr. GB 27a; HAL
36b).

A seconda che lo spazio di tempo a cui ci si rife


risce sia determinato o meno, atfrft riceve una
connotazione comparativa ( tempo pi lontano =
periodo successivo, futuro) o superlativa (u l
timo tempo = esito, fine), ma non si intende
mai un punto finale nel senso di una pura cessa
zione (a questo proposito si veda q, da
tagliare ).
aharlt non ha certamente il significato estremo di
cessazione in Ger 29,11 futuro e speranza;
Prov 23,18 = 24,14 futuro (par. speranza );
24,20 il malvagio non ha futuro (cfr. W.Zimmerli, ZAW 51, 1933, 198); questo valore per
certamente presente in Deul 11,12 dal principio
dellanno sino alla fine; Ger 5,31 che farete
quando verr la fine? ; Dan 12,8 quale sar la
fine d queste cose? , come pure quando il sgn.
del termine tempo della fine (Dan 8,19.23).
Continuazione e fine sono implicite nelle espres
sioni conclusione (di una cosa) (Is 41,22;
46,10; 47,7; Am 8,10; Prov 14,12 = 16,25; 14,13
txt em; 20,21 ; 25,8; Eccle 7,8 accanto a rSkt ini
zio; 10,13 accanto a f(lill inizio; Lam 1,9,
cfr. Rudolph, KAT XVII,213) e commiato
(Num 23,10 par. morte ; 24,20; Deut 32,20.29;
Ger 17,11 assieme a met dei suoi giorni ; Sai
73,17; Giob 8,7 accanto a inizio ; Prov 29,21; in
Ger 12,4 bisogna leggere orhtn i nostri
sentieri). Nei.passi che nelle nostre lingue ven

t ik

>

d o po

oo

gono per lo pi tradotti con unespressione av


verbiale, una scelta precisa tra le due possibilit
spesso impossibile (Deut 8,16 infine; Giob
42.12 e Prov 23,32 dopo ; Prov 5,4.11 per ul
timo; in Prov 19,20, dove si potrebbe esitare
tra in futuro e alla tua fine , viene proposto
lemendamento b^orhtckk nelle tue vie ).
Unito ad unespressione indicante movimento 'offrt
(con valore superlativo) ci che viene per ultimo as
sume significato locale in Sai 139,9 se prendo le ali
dellaurora per abitare allestremit del mare (cfr. in
vece lo statico qsn estremit in Es 26,4,10; 36,11.17
lestremit del telo ).
Un valore qualitativo ultimo = pi piccolo , che con
riferimento a rsi primo, migliore (cfr. Num 24,20 e
Am 6,1 prima tra le nazioni ) viene supposto in Ger
50.12 ( lultima delle nazioni , f. gli a. B.Duhm, Das
Buch Jeremia, 1901, 362; Weiser, ATD 21,427; KBL
33b), da rifiutarsi per motivi esegetici con P.Volz, Der
Prophet Jeremia, 21928, 424s. e W.Rudolph, Z A W 48,
1930, 285 (Rudolph, HAT 12,300: ecco, [questa ] la
fine dei pagani ; cfr. Ger 17,11).

b) Tenendo presente quanto si detto finora, si


pu capire anche lespressione assai discussa
bv'ahart hqijmm (13x: Gen 49,1; Num 24,14;
Deut 4,30; 31,29; Is 2,2 = Mi 4,1; Ger 23,20 =
30,24; 48,47; 49,39; Ez 38,16; Os 3,5; Dan 10,14;
inoltre Paranti. beiahart jmajj, Dan 2,28), di cui
finora non abbiamo ancora parlato; lo stesso vale
per beaf)art hassnm (Ez 38,8). In passato linter
pretazione dellespressione era stata condizionata
per troppo tempo dalluso tardivo del termine
ia/jxTfjc nellapocalittica, ed era stata troppo in
fluenzata dalla discussione sulla natura e lanti
chit dellescatologia dellAT; negli studi pi re
centi la formula viene invece valutata in modo pi
adeguato, tenendo presenti le particolarit della
lingua ebr. e quanto rivela PAT dal punto di vista
della storia delle religioni (cfr. G.W.Buchanan,
Eschatology and th End of Days , JNES 20,
1961, 188-193; A.Kapelrud, VT 11, 1961, 395s.;
H. Kosmala, At th End of th Days , ASTI 2,
1963, 27-37; Wildberger, BK X,75; Zimmerli, BK
XIll,949s.).

Per le opinioni del passato cfr. Kosmala, l.c., 27s.: tradu


cendo lespressione con W.Staerk, Z A W 11,1891, 247
253, alla fine dei giorni o negli ultimi giorni e in
terpretandola in senso strettamente escatologico, si
giungeva inevitabilmente o a porre lescatologia in
unepoca pi antica (p.e. H.Gressmann, Der Messias,
1929, 74ss.82ss.) oppure a collocare tutti i testi in
unepoca pi recente (tra gli altri S.Mowinckel, He That
Cometh, 1956, 131).

Mentre hajjmJm i giorni (o hassnm gli


anni ) non indica astrattamente il tempo (jrn\
sulla mancanza di unidea d tempo astratto,
vuoto, cfr. von Rad Il,108ss.), ma neanche
uno spazio di tempo determinato (epoca, periodo
presente), bens il presente scorrer del tempo
(larticolo ha un valore leggermente dimostrativo,
cfr. Kosmala, l.c., 29), in afrt non si ha il signi
ficato estremo di fine (ultima), ma quello in

101 - m

"hr

DOPO

termedio di tempo pi lontano, continuazione,


tempo successivo, futuro, come nellacc.
inatana ahrt m in futuro e simili (AHw
21a; CAD A/I,194). Lespressione be'ahrt. hajjmfm nel seguito del tempo, nei giorni futuri
non ha dunque un significato specificamente esca
tologico; praticamente ha lo stesso valore di \ihar
poi , con cui inizia Os 3,5, e di ahar dvn in
seguito di Dan 2,29 (cfr. v. 45; Buchanan, l.c.,
190; Kosmala, l.c., 29).
Per la datazione dei singoli passi cfr. Wildberger, l.c., 81;
assieme a Gen 49,1 (introduzione delle profezie della be
nedizione di Giacobbe) e Num 24,14 ( ... ci che questo
popolo far al tuo popolo in futuro ), anche Is 2,2 ( ac
cadr nel seguito dei giorni) e Ger 23,20 (Rudolph,
HAT 12,152s.; alla fine vi sar tutto chiaro ) potreb
bero essere preesilici, mentre Ger 30,24 (= 23,20); 48,47
e 49,39 ( ma poi ristabilir la sorte di Moab/Elam )
sono da ritenersi aggiunte postesiliche al pari di Os 3,5
(formula conclusiva di una promessa) e Mi 4,1 (= Is
2,2).

Nei passi dtn. secondari 4,30 e 31,29 lautore che


vive nel periodo delPesilio riflette langosciosa si
tuazione del suo tempo, mentre il fittizio Mos
che parla ha in mente un futuro non meglio de
terminato (4,30 quando nella tua afflizione tutte
queste cose ti capiteranno nel tempo futuro ;
31,29 dopo la mia morte... in seguito la sventura
vi colpir ; cfr. in 4,32 i giorni di prima = il pas
sato in opposizione al tempo futuro del v. 30);
non sembra giustificato riservare un trattamento
particolare soltanto a questi due passi, per il loro
presunto contenuto escatologico (H.H.Schmid,
Das Verstndnis der Geschichte im Deut., ZThK
64, 1967, 12 n. 71).
Nei passi recenti Ez 38,8.16 e Dan 2,28; 10,14 il
contesto generale escatologico in senso stretto,
ma anche qui si tratta propriamente soltanto di
profezie che riguardano il futuro. Se traduciamo
con ltimo tempo (cfr. a)Qn t in Dan 8,19.23;
12,8), lespressione, di per s elastica, si configura
allora secondo il senso del contesto. Quanto a ter
minologia, il libro di Daniele per esprimere la
fine in senso proprio usa la parola qs, che
non ancora sinonimo di ahan t (Kosmala, l.c.,
30s.).
Lespressione (contro Gressmann, l.c., 84) non
ancora usata come una formula (contrariamente a
bajjm hah in quel giorno , bajjmfm hhm
in quei giorni , bd't hahi in quel tempo ,
hinnjmm bam ecco vengono giorni , le for
mule di introduzione degli oracoli profetici che
quanto a significato non si discostano molto da
be',ahart hajjnm). Solo Is 2,2 e accadr nel se
guito dei giorni potrebbe essere inteso in questo
senso, ma in quanto formula di introduzione
piuttosto un caso unico; di solito la posizione che
lespressione ha allinterno della proposizione in
dica che essa non altro che una normale indica
zione di tempo (il fatto che si trovi spesso alla fine
della frase [cfr. Gen 49,1; Ger 48,47; 49,39; Os 3,5]
dovuto al suo significato).
102

5/ Per il perdurare delPespressione trattata in


4b negli scritti intertestamentari e nel NT cfr.
Kosmala, l.c., 32ss.; G.Kittel, art. crvaToc, ThW
II, 694s. (= GLNT 111,995-1000). Sullesclusione
di ogni altro dio (vd. sp. 3) nel NT cfr. H.W.Beyer, art. tePoc;, ThW n ,699-702 (= GLNT
in ,1009-1016). .
E Jenni

TX 'jb NEMICO
1/ La radice 1
jb inimicare si ha solo in acc.
e nel can. NellAT \
/bqal ricorre, con una sola ec
cezione, sempre al participio, che viene usato solo
raramente come verbo (ISam 18,29; cfr. Sai 69,5;
Lam 3,52) e normalmente come sostantivo. Dalla
radice deriva inoltre lastratto ba inimicizia .
Lacc. qjjbu (con derivazioni, cfr. AHw 23s.; CAD
A/I,221-224) e lug. lb (WUS nr. 7; UT nr. 144; cfr. an
che can. ibi in EA 129,96 e 252,28 secondo W.F.A1bright, BASOR 98, 1943, 32 nr, 26) compaiono solo
come forme nominali con formazioni diverse. In 51[= II
ABJVIl,35s. ib parallelo di snu colui che odia ; sul
testo 681= III AB]A,8s., che si pu confrontare con Sa!
92,10, cfr. H.Donner, ZAW 79, 1967, 344-346.
Laram. usa in prevalenza per nemico il participio di
sn' odiare (p.e. nelle iscrizioni di Sfire KAI
nr. 222B, r. 26; nr. 223B, r. 14; nr. 224, r. 10-12; aram.
bibl. in Dan 4,16, par. r, ?/r) e pi tardi, p.e. in sir.,
b*eldebb ( < acc. bl dabbi).
il nome proprio 'ii/b (Giobbe) potrebbe avere unaltra
derivazione,cfr. Stamm,HEN416; ab III/5 z ajj 1.

2/ jb ricorre 282x (incluso ISam 18,29 e il


fem. jcbczt in Mi 7,8.10), di cui Ox al sing. e
202x al plur. (2Sam 19,10 plur. contro Mand, 41c).
U vocabolo ha la sua frequenza maggiore in Sai
(74x); seguono Deut 25x, ISam 20x, Ger 19x,
2-Sam 16x, Lam 15x, Lev 13x (solo in Lev 26,7
44), Gios 1lx; le ricorrenze pi frequenti si hanno
nei salmi di lamentazione e nei libri storici, men
tre il termine diminuisce fortemente nella lettera
tura sapienziale (e in Is).
y qal ricorre lx come verbo finito (Es 23,22 in una fi
gura etimologica, par. srr), *b 5x (Gen 3,15; Num
35,21s.; Es 25,15; 35,5).

3/ a) Il sing. 'jb solo raramente indica un ne


mico singolo, ben determinato (nl processo: Es
23,4; Num 35,23; Sansone: Giud 16,23.24; Saul e
Davide: ISam 18,29; 19,17; 24,5; 26,8; 2Sam 4,8;
Elia rispetto ad Acab: Re 21,20; Nabucodonosor:
Ger 44,30b; Giobbe rispetto a Dio: Giob 13,24;
33,10; Aman: Est 7,6; su Jahwe come nemico vd.
st. 4). Di solito il nemico sta genericamente al
posto del plurale i nemici (cfr. p.e. Re 8,37.44
con 2Cron 6,28.34 e lalternanza fra sing. e plur. in
Lam).
Nella maggior parte dei casi si intendono i nemici
politico-militari del popolo dTsraele: nei testi sto
rici con le pi diverse sfumature (Num 10,9;
103

14,42; 32,21; Deut 1,42; 6,19; 12,10; 25,19; llx in


Gios 7,8-23,1; Giud 2,14.14.18; 3,28; 8,34; 11,36;
ISam 4,3; 12,10.11; 14,30; 29,8; 2Sam 3,18; 19,10;
2Re 17,39; 21,14.14; Est 8,13; 9,1.5.16.22; Esd
8,22.31; 5x in Neem; 2Cron 20,27.29; 25,8; 26,13),
nelle lamentazioni pubbliche (Sai 44,17;
74,3.10.18; 80,7) e negli inni (Sai 78,53; 81,15;
106,10.42; cfr. Deut 32,27.31.42; 33,27), anche
nelle leggi del Deuteronomio sulla guerra (Deut
20,1.3.4.14; 21,10; 23,10.15) e nella preghiera di
Salomone per la consacrazione del tempio (6x in
Re 8,33-48 par. 2Cron 6,24-36). Va sottolineata
la frequenza del termine nelle benedizioni, nelle
maledizioni e in contesti simili (Gen 22,17; 49,8;
Es 23,22.27; 13x in Lev 26,7-44; Num 10,35;
23,11; 24,10.18 txt em; 8x in Deut 28,7-68; 30,7;
33,29; ISam 25,26.29; 2Sam 18,32; Re 3,11), a
cui si ricollegano, per il loro contenuto, le ricor
renze negli oracoli profetici che annunciano sal
vezza o punizione (in Is solo 9,10; 62,8; altrimenti
tutti i passi eccetto Ger 30,14; Nah 1,2.8 vd. st. 4;
Mi 7,6 vd. st.; in Mi 7,8.10 la nemica un po
polo straniero personificato).
Ad eccezione dei salmi (vd. st. b), meno spesso si
nominano i nemici del singolo (ISam 2,1;
14,24.47; 18,25; 20,15.16; 24,5; 29,8; 2Sam
5,20 =s lCron 14,11; 2Sam 7,1.9.11 = lCron
17,8.10; 2Sam 18,19; Mi 7,6; Sai 127,5 in un salmo
sapienziale; Giob 27,7; Prov 16,7; 24,17; lCron
21,12; 22,9), e in questo caso se si tratta del re
(2Sam 22 = Sai 18,1.4.18.38.41.49; Sai 21,9; 45,6;
72,9; 89,23.43; 110,1.2; 132,18) i nemici equivale
gono ai nemici del popolo.
Sullaggiunta eufemistica d 'jeb in ISam 20,16; 25,22;
2Sam 12,14 cfr. HAL 37b con bibliogr. e i comm.
I paralleli pi frequenti sono i participi qal/pi. di

-rsu' colui che odia (qal: Es 23,4; Lev 26,17;


Deut 30,7; 2Sam 22,18 = Sai 18,18; Sai 21,9;
35,19; 38,20; 69,5; 106,10; Est 9,1.5.16; pi.: Num
10,35; 2Sam 22,41 = Sai 18,41; Sai 55,13; 68,2;
83,3) e sar oppressore
Num 10,9; Deut
32,27; Is 1,24; 9,10 txt?; Mi 5,8; Nah 1,2; Sai 13,5;
27,2; 74,10; 81,15; 89,43; Lam 1,5; 2,4.17; 4,12;
Est 7,6; cfr. srr Es 23,22; Num 10,9; Sai 8,3;
143,12).
Altri termini pi o meno sinonimi che compaiono ac
canto ad jb sono p.e. mebaqqs r' opp. ncefoes co
lui che ricerca il male opp. che attenta alla vita
(bqs; Num 35,23; ISam 26,26 opp. Ger 19,7.9; 21,7;
34,20.21; 44,30.30; 49,37), qm oppositore (<7m; Es
15,6; 2Sam 22,49 = Sai 18,49; Nah 1,8 txt em; cfr. 2Sam
18,32; mitqmm Sai 59,2; Giob 27,7), mitnaqqm
avido di vendetta (nqm\Sai 8,3; 44,17). Il sinonimo
srr nemico non unito a jb in Sai 5,9; 27,11;
54,7; 56,3; 59,11. Cfr. anche stn e lelenco in GunkelBegrich 196s.

Sullopposto 'hb amico hb III/l.


b) Si discusso su chi siano i nemici del singolo
nei salmi individuali di lamentazione e di ringra
ziamento (G.Marschall, Die Gottlosen des ersten Psalmenbuches, 1929; H.Birkeland, Die
T N \ r fcb NEMICO

104

Feinde des Individuums in der isr. Psalmenliteratur, 1933; id., The Evildoers in th Book of
Psalms, 1955; N.H.Ridderbos, De werkers der
ongerechtigheid in de ndividueele Psalmen,
1939; A.F.Puukko, Der Feind in den atl. Psal
men, OTS 8, 1950, 47-65; C.Westennann, Struktur und Geschichte der Kiage im AT, ZAW 66,
1954,44-80; riassunti in J.J.Stamm, ThR 23,1955,
50-55; Kraus, BK XV,40-43).
Il materiale esposto per esteso p.e. in Gunkel-Begrich
196s.; i passi con 'jb, che s incontrano nei generi let
terari delle lamentazioni e dei canti di ringraziamento in
dividuali (inclusi i canti di fiducia), sono: con il sing.: Sai
7,6; 9,7; 13,3.5; 31,9; 41,12; 42,10; 43,2; 55,4.13; 61,4;
64,2; 143,3; con il plur.: Sai 3,8; 6,11; 17,9; 25,2.19;
27,2.6; 30,2; 31,16; 35,19; 38,20; 41,3.6; 54,9; 56,10; 59,2;
69,5.19; 71,10; 102,9; 138,7; 139,22; 143,9.12; cfr. 119,98.

Sono da rifiutare in blocco le interpretazioni che si


riferiscono ad opposizioni tra partiti nel giudaismo
(la vecchia esegesi dei salmi), a maghi (S.Mowinkel, Psalmenstudien 1,1921) e a nemici stranieri
(Birkeland, lx.). Le asserzioni sui nemici del sin
golo (i loro piani minacciosi, i loro discorsi sprez
zanti, la loro corruzione; cfr. Westermann, Le., 61
66) si differenziano chiaramente da quelle sui ne
mici delle lamentazioni pubbliche. Mentre i ne
mici nel primo caso hanno gi sconfitto Israele,
nel secondo minacciano soltanto il malato o colui
che bisognoso di giustizia. Essi non causano
langustia, ma afferrano lorante, poich egli ca
duto in disgrazia (cfr. 71,11). importante proprio
il fatto che la rottura si verifichi allinterno delle
relazioni comunitarie (cfr. Sai 41,7; 55,22).
Soprattutto il sottofondo del libro di Giobbe po
trebbe chiarire e dimostrare tutto questo. Poich
Giobbe ridotto in miseria, i suoi amici lo riten
gono colpevole e sospettano in lui una colpa oc
culta. Anche Davide in 2Sam 16 dopo essere stato
scacciato da Assalonne diviene oggetto di di
sprezzo e perfino di attacchi violenti. Il cadere im
provvisamente in miseria provocava nel mondo
antico isolamento, biasimo, disprezzo ed inimici
zia. Opposizioni private e discriminazioni religiose
acuiscono lisolamento di chi si trova gi tra la
vita e la morte (C.Barth, Die Errettung vom Tode
in den individuellen Klage- und Dankliedern des
AT, 1947, 104-107).
4/ a) Non necessario enumerare i passi in cui
si parla dellintervento di Jahwe contro i nemici
del popolo o del singolo (p.e. Es 23,22 se tu... fai
quanto io ti dico, allora sar nemico dei tuoi ne
mici e avversario dei tuoi avversari ). Jahwe per
consegna anche il suo popolo ai nemici: questo
gi chiaro negli annunzi profetici di sciagura (Os
8,3; Am 9,4) e in Lev 26 e Deut 28 (benedizioni
e maledizioni), ma viene affermato soprattutto in
Geremia (6,25; 12,7; 15,9.14; 17,4; 18,17; 19,7.9;
20,4.5; 21,7; 34,20.21; 44,30; jb ricorre altrove
in Geremia solo in 15,11 txt?; 30,14 vd. st. b;
31,16 in un oracolo di salvezza; 49,37 in un
105

T X 'd SVENTURA

oracolo sui popoli stranieri), in Lam (tutti i passi)


e negli scritti dtr. (Giud 2,14; IRe 8,33.37.46.48
par.; 2Re 21,14; cfr. Neem 9,28).
b) La vittoria di Jahwe sui suoi nemici e gi il
tema dei poemi pi antichi, in cui Jahwe viene ce
lebrato come guerriero (Es 15,6 la tua destra,
Jahwe, sfracella il nemico , cfr. v. 9; Num 10,35
nel grido di battaglia sorgi, Jahwe, e i tuoi ne
mici si disperdano ; Giud 5,31 possano cosi pe
rire, Jahwe, tutti i tuoi nemici ). Affennazioni s
mili si trovano nel salterio, soprattutto nelle parti
inniche, talvolta con una risonanza arcaica (Sai
8,3; 66,3; 68,2.22.24; 89,11.52; 92,10.10). Tra i pro
feti, Is 42,13; 59,18; 66,6.14 e Nah 1,2.8 conti
nuano in questa direzione.
Vi sono anche passi isolali come ISam 30,26 (dono
preso dal bottino dei nemici di Jahwe con risonanza
propagandistica, a meno che 1jeb non sia aggiunta se
condaria, cfr. W.Caspari, Die Samuelbiicher, 1926, 387);
Is 1,24 (nemici di Jahwe aHintemo di Israele); Sai 37,20
(identificazione sapienziale dellempio con i nemici di
Jahwe); 83,3 (i nemici del popolo vengono presentati a
Jahwe come tuoi nemici nella lamentazione pub
blica, con un cd. motivo dell1intervento divino ).

c) Jahwe stesso viene chiamato direttamente ne


mico di Israele solo in Is 63,10 ( allora egli si tra
sform in loro nemico). In Ger 30,14 e Lam
2,4.5 lagire di Jahwe viene paragonato a quello di
un nemico ( come un nemico ). In ciascun caso
si di fronte ad un paradosso.
5/ Nei LXX jb tradotto quasi esclusiva
mente con ex9p<k. Nei testi di Qumran jb
frequente in 1QM (Kuhn, Konk. 4). Sul NT e
il suo ambiente cfr. W.Foerster, art. yOp^,
ThW n ,810-815 (= GLNT 0 1 ,1 3 0 5 -1 3 1 8 ).
Per 11 amore dei nemici , ancora assente nelFAT, si
potrebbe citare Es 23,4s., dove tuttava si esige sola
mente che lavversario in giudizio nella vita quotidiana
sia aiutato come tutti gli altri (Prov 25,21 usa snJ).
E. Jenni

TK ' d SVENTURA
1/ Non si pu stabilire con sicurezza da quale
radice derivi il sostantivo W sventura . Gene
ralmente si considera come voce primitiva un
verbo t/rf, che non si riscontra altrove, facendo ri
ferimento a termini arabi, p.e. 'ada () (cos p.e.
Zorell 40; contro P.Humbert, ThZ 5,1949, 88, cfr.
L.Kopf, VT 6, 1956, 289). HAL 38a fa risalire il
termine a *\aid oppure *'ajid.
Un verbo Y/<r/ sarebbe tuttavia attestato se si vedesse in
(Ief d di Prov 17,5 un part., come ha proposto G.R.Driver, Bibl 32,1951,182, il quale per muta in (l/ed( as
it ought to be written ! [= come dovrebbe essere
scritto 1), e come stato inteso senza alcun mutamento
e in riferimento allug. da M.Dahood, Proverbs and
Northwest Semitic Philology, 1963, 38s. ( a stative par*
ticiple [= participio stativo!); cfr. anche Gemser, HAT

106

16,72s.; Barr, CPT 266.321 (per Giob 31,23 e 2Sam


13,16)Tuttavia pi probabilmente si dovrebbe partire dallacc.
ed(m) II rovescio dacqua (minaccioso), torrente agi-,
tato (AHw 187b), che designa a rare and catastrophic
event (= un avvenimento raro e catastrofico ) A
(CAD E 36a); si tratta d un termine che lacc. ha preso .
dal sum. (cfr E.A.Speiser, BASOR 140. 1955, 9-11;
M.Saebo, Die hebr. Nomina *ed und 'dyStTh 24, 1970,
130-141).

2/ 'd ricorre 24x: in Giob e Prov 6x ciascuno,


Ger 5x, Abd 13 3x; altrove in Deut 32,35; Ez 35,5;
2Sam 22,19 = Sai 18,19. Ez 35,5; Prov 17,5; 27,10
e Giob 31,23 sono stati spesso oppugnati dal lato
testuale. Prescindendo da Ez 35,5 'd si trova solo
in testi poetici. Non ha mai larticolo determinato,
ma 2x viene precisato ulteriormente con nomi
propri e 17x con suffissi.
3/ Questa parola quasi un termine fisso per
indicare la sventura ; non si pu tracciare una
storia del suo significato. Tuttavia due usi del ter
mine divergono tra loro cos nettamente, da dover
differenziare per conseguenza dal punto di vista
semantico anche il suo significato fondamentale:
da un lato (A) 'd viene usato in senso politico o
militare in relazione ad un popolo (anche 2Sam
22,19 = Sai 18,19) e dallaltro (B) esso si riferisce
al destino di un singolo o di un piccolo gruppo; il
secondo caso riguarda i 12 passi sapienziali di
Giob e di Prov.
In ambedue i casi spesso 'd unito a giorno (Deut
32,35; 2Sam 22,19 = Sai 18,19; Ger 18,17; 46,21; Abd
13 3x; Giob 21,30; Prov. 27,10) oppure a tempo Ct,
Ez 35,5; cfr. Ger 46,21; 49,8); con la preposizione be
viene fornita unimportante precisazione del tempo o
della situazione. Similmente in ambedue i gruppi pu
venir detto che *d sopraggiunge improvvisamente ,
nel senso che imprevedibile umanamente (Deut
32,35; Ger 48,16; Prov 6,15; Prov 24,22; cfr. 1,27). Il pre
dicato spesso b\ o al qal venire (Ger 46,21; Prov
6,15; Giob 21,17; cfr. Ger 48,16 e t venire in Prov
1,27) o in senso causativo allhi. far venire (Ger
49,8.32); in questi casi 3x unito a o/ (Ger 46,21; 49,8;
Giob 21,17; cfr. 30,12; Prov 1,27). Altrimenti in A si dice
che d vicino (qrb\ Deut 32,25; Ger 48,16), op
pure in B che sorge (qm, Prov 24,22), oppure che
per ii malvagio pronto ( nakn) per la sua rovina
(Giob 18,12).

Il termine in ambedue i gruppi ha parecchi sino


nimi, ma quasi mai un opposto (cfr. per nr
lampada Giob 21,17; anche 18,5 e Morsi, BK
XVI, 270); anche i sinonimi per si dividono in A
e B.
In A rientrano il frequente r ' male, sventura (Ger
48,16; Abd 13; cfr. del resto p.e. Is 7,5; Ger 1,14) ed
espressioni che accennano al tema della visita divina,
caro ai profeti (Ger 46,21; 49,8); cfr. anche Ez 35,5 nel
tempo della loro punizione finale e Abd 12.14 nel
giorno della sua sventura/della loro rovina/della cala
mit . In B daltra parte rientrano due termini rari per
sventura , e cio pd (Prov 24,22; altrove solo Giob
12,5; 30,24; 3),29; cfr. KBL 759a e Fohrer, KAT
XVI,232.237: rovina )e nkcer (Ger 31,3; cfr. Abd 12;
qualcosa di estraneo = funesto ); come pure il pi

107

frequentephad <.<spavento (Prov l,26s.; cfr. Giob 31,23


ecc.)Jm 1abrt giorno dellira (Giob 21,30) e hab17m dolori (Giob 21,17), dove d collegato con la
malattia; cosi anche in Giob 30, dove al v. 12 costruito
con orht vie (HAL 84a argini ); in Prov 1,27 d
viene paragonato ad un vento tempestoso (cfr. anche
Ger 18,17).

Rispetto alluso profetico di d in A, che sembra


pi tradizionale, fuso sapienziale in B pi vario
e pi ricco, Il termine potrebbe aver avuto la sua
ambientazione propria nella tradizione sapienziale,
ma in seguito stato assunto dal linguaggio pro
fetico (pi tardivo).
4/ Il sostantivo astratto neutrale in senso teo
logico solo in Prov 27,10; invece i passi di Giob e
di Prov sono espressione di una sapienza (esperienziale) fondata su una teologia. d riferito po
sitivamente a Dio; anche quando personificato
(specialmente in Giob 18,12; cfr. Fohrer, KAT
X V I,303), non mai un fato , ma sottoposto
a Dio che lo provoca (cfr. Giob 31,23; Prov 24,22).
Negativamente collegato con il destino funesto
degli empi ('awwl, ra\ r*&trr)\ la rovina de
finitiva che conduce alla morte (Fohrer, l.c,). Si
colloca nello schema sapienziale azione e conse
guenza (cfr. K.Koch, ZThK 52, 1955, 2ss.), per
cui lo si pu ritrovare anche nella teodicea e nel la
mento del fedele che tentato (Giob 21,17.30); in
ultima analisi, lo si deve far risalire alla giustizia
di Dio. Dello stesso tenore sono anche i passi pro
fetici, la maggior parte dei quali concernono la ca
tastrofe nazionale e religiosa delFanno 587 (Abd
13; Ez 35,5; cfr. Ger 49,8.32); d esprime il giu
dizio di Dio (cfr. Ger 18,17; 46,21; 48,16; anche
Deut 32,35), Nel canto di ringraziamento (forse
tardivo) di Sai 18 e par. 'd il polo opposto
dellaiuto e della salvezza divina.
5/ Il tennine non ha un equivalente nei LXX,
ma viene tradotto con non meno di 12 termini
greci, tra i quali vanno citati soprattutto
aTroiXeta (9x) e xaTaaxpocpyj (2x). Infine il ter
mine non compare nella letteratura qumranica e
pare non abbia avuto alcuna importanza nel NT.
M.Sceba

PTO5 'a jj DOVE?


1/ Lelemento *4 /\ che ricorre in tutte le lin
gue semitiche, forma in diversi modi avverbi e
pronomi interrogativi (Barth, Pronominalbildung
144-149; GVG I,327s,; Moscati, Introduction
114s.l20s.), tra cui le particelle interrogative ebr.,
di cui qui trattiamo, e, fo e 'alfe dove? (cfr.
ug. iy, WTJS nr. 161; UT nr. 143), inoltre mizz&
e m'qjin da dove? , n/'n verso dove? e
f- dov...? nei nomi propri (HAL 37b;
Stamm, HEN 416). Dalla domanda retorica
dov...? pu svilupparsi lespressione negativa
...non c (jtn\ cfr. GVG 1,500; 11,114; BL
TK 'Qjj DOVE?

108

633s.; I.Guidi, Particelle interrogative e negative


nelle lingue semitiche, FS Browne 1922, 175-178;
A.Goetze, Ugaritic Negations, FS Pedersen 1953,
115-123; cfr. acc. jnu non /sono < aijnum
dove? , GAG lllb ; CAD I/J 323s.).
k (Cant 1,7.7) e k (2Re 6,13), nel significato di
dove? , sono aramaismi (Wagner nr. 10),
Lipotesi di G.R.Driver, WdO l/ l, 1947, 31, che 'al in
ISam 27,10 (abitualmente corretto in cel-mi o "n) sia
da accostare allacc. ali dove? , non verosimile.

2/ I circa 90 passi dellAT, in cui ricorre la do


manda dove? (accanto a 27x da dove? e
20x verso dove? ), utilizzano unintera serie di
temiini interrogativi, che sono tutti per fonnati
con
il pi frequentemente usato ed il pi im
portante per la sua rilevanza teologica 'ajj.
Con il sign. dove? ricorrono 1) 4x (Gen 4,9; Deut
32,37; ISam 26,16; Prov 31,4 Q txt?, cfr. Gemser, HAT
16,108; diversamente N.M.Sarna, JNES 15, 1956,118s.;
UT 6.31 e nr. 142: any liquor [= qualunque li
quore ]);
2) ' zcp.r-zc 17x, talvolta anche in senso pronomi
nale quale? (ISam 9,18; IRe 13,12; 22,24 = 2Cron
18,23 + haddcercetc, 2Re 3,8; Is 50,1; 66,1.1; Ger 6,16;
Giob 28,12.20^38,19.19.24; Eccle 2,3; 11,6; Est 7,5; cfr.
anche tnizzc da dove? 9x accanto a m'jn da
dove? 17x incl. 2Re 5,25 Q; inoltre una volta y Idzt
per qua! motivo? in Ger 5,7);
3) 1j ( jph) lOx (Gen 37,16; Giud 8,18; ISam 19,22;
2Sam 9,4; Is 49,21; Ger 3,2; 36,19; Giob 4,7; 38,4; Rut.
2,19; da non confondere con *jo scritto pw o *pw
dunque, quindi , che in quanto rafforzativo pu acco
starsi a termini interrogativi come 'ajj);
4) "k 2x (Cant 1,7.7; altrimenti I5x nel sign. di
come? accanto a 60x /c, 4x 'kk e 2x ftk [aramaismo, cfr. Wagner nr. 73 e aram. bibl. h-ked7 come
in Dan 2,43, < hk d , KBL 1068aJ);
5) *k lx (2Re 6,13);
6) 'dn lx (Rut 2,19; altrimenti 19x verso dove? e 3x
'ance wdan qua e l , come pure 13x (fino a)
quando? , mtaj)\ cfr. 'un in m&n da dove? 2Re
5,25 K, verso dove? ISam 10,14; (fino a) quando?
Giob 8,2;
7) fyj 45x (Is lOx, Ger 6xt Sai e Giob 5x ciascuno, Gen
4x; rafforzato in Giud 9,38 e Giob 17,15 con J dun
que , in Sai 115,2 con n dunque );
8) ' opp.
uniti ad un suffisso pronominale, 8x
(Gen 3,9; Es 2,20; 2Re 19,13; ls 19,12 con / dove
sono dunque...? ; Mi 7,10; Nah 3,17; Giob 14,10; 20,7).
Laram. n (DISO 18) non attestato nellaram, bibl.

3/ Solo la met circa delle domande sul


dove sono vere domande nelPAT. Nella mag
gior parte dei casi in cui si usa ajj (sono eccezioni
Gen 18,9; 19,5; 22,7; 38,21; Es 2,20; 2Sam 16,3;
17,20; Ger 2,6.8; Giob 35,10; Lam 2,12; in Nah
3,17 e Giob 15,23 il testo va corretto), molto meno
nei casi in cui sono usati (-z^) e /o (solo ri
spettivamente in Deut 32,37; Is 50,1 e in Ger 3,2;
Giob 4,7; 38,4), si tratta di domande retoriche, in
cui la risposta in nessun luogo presupposta
per diversi motivi stilistici (affermazione energica,
ironia e derisione, espressione di lamento, perples
sit ecc.). Esempi tratti dalla lingua profana sono
109

iTN 'ajj DOVE0

Giud 9,38 dov dunque la tua bocca, tu che


dici... ; Nah 2,12 ebbene, dov il giaciglio dei
leoni... ; Giob 17,15 dov dunque ancora una
speranza per me? ,
Le domande con da dove? e verso dove? sono per
10 pi vere domande (anche Sai 121,1 da dove mi viene
aiuto? ), che talvolta possono irrigidirsi negli schemi un
po formali con cui inizia un dialogo (ad es. Giud 19,17
dove vai e donde vieni? ; cfr. Lande 40s.). Vi sono
anche domande retoriche che esprimono la peiplessit di
chi interroga o limpossibilit di trovare una via duscita
(con m'jin: Num 11,13; 2Re 6,27; Nah 3,7; con, 'dna:
Gen 37,30; 2Sam 13,13; Is 10,3).

4/ Nella lingua dei salmi e nel dibattito profe


tico o sapienzale la domanda retorica dov dun
que... (= non in nessun luogo...) espressa in
diversi modi (cfr. F.Asensio, Teologia e historia
del pacto en torno a una interrogacin biblica,
Gregorianum 47, 1966, 665-684).
Bisogna per distinguere i casi in cui chi interroga
conosce gi in anticipo la risposta ( qui o sim.),
ma tuttavia pone la domanda, per appellarsi in tal
modo con insistenza alla responsabilit di qual
cuno: Gen 3,9 Adamo, dove sei? ; 4,9 dov
tuo fratello Abele? ; ISam 26,16 dov la lancia
del re? ; anche 2Re 2,14 dov dunque Jahwe,
11 Dio di Elia? , come invito rivolto a Jahwe a
manifestarsi nel miracolo.
La domanda retorica sul dove in relazione a
Dio (diversi sono invece i casi in cui la domanda
reale, ma ci si lamenta che non venga posta da
coloro che trascurano Dio: Ger 2,6.8; Giob 35,10)
per lo pi da intendersi come empia negazione
dellesistenza e della efficienza di Dio> pi rara
mente (nelle domande sulle opere potenti di Dio)
come lamento di chi perseguitato e come appello
al Dio nascosto, affinch dimostri la sua (antica)
potenza (Giud 6,13; Is 63,11.11.15; Mal 2,17; Sai
89,50 dove sono i tuoi antichi atti di amore? ).
Nelle lamentazioni del popolo viene citata la do
manda di scherno dei nemici: Dov dunque il
loro Dio? (Gioe 2,17; Sai 79,10; 115,2; cfr. Mi
7,10; di qui passata anche nella lamentazione in
dividuale, come in Sai 42,4.11 ebbene, dov il
tuo Dio? ; similmente nella preghiera di Geremia
Ger 17,15 dove rimane dunque la parola di
Dio? ). Il discorso del gran coppiere con la do
manda: Dove sono gli dei di Camat... (2Re
18,34.34 = Is 36,19.19; cfr. 2Re 19,13 = Is
37,13) riguarda implicitamente anche il Dio di
Israele. Viceversa Jahwe pu deridere limpotenza
degli idoli (Deut 32,37 dove sono i loro dei? ;
Ger 2,28 dove sono i tuoi dei che ti sei co
struiti? ).
Nel linguaggio vivace della disputa profetica e sapien
zale, il dve retorico viene usato anche altrove, nei
pi diversi contesti: cfr. Is 19,12; 33,18.18.18; 50,1;
51,13; Ger 3,2; 13,20; 37,19; Ez 13,12; Os 13,10.14.14, in
qualche caso bisogna leggere ajj invece di iCeht\ Zac
1,5; Mal 1,6.6; Giob 4,7; 14,10; 20,7; 21,28.28; 38,4; do
mande senza risposta per dimostrare i limiti della cono
scenza: Giob 28,12.20; 38,19.19.24.

110

5/ Nel NT le domande retoriche con tcou


dove? (Le 8,25; Rom 3,27; ICor 1,20 cit. ls
19,1 ls.; 12,17; 15,55 secondo Os 13,14; Gal 4,15;
lPiet 4,18 cit. Prov 11,31 G; 2Piet 3,4) possono es
sere fatte derivare dalla tradizione vtrt. solo se si
ha anche una dipendenza di contenuto, poich
questo stile di per s molto diffuso (J.Konopsek, Les questions rthoriques dans le NT,
RHPhR 12,1932,47-66.141-161; Blass-Debrunner
1,230; 11,83).
EJenni

): 'jin NON ESSERCI


1/ Lebr. jin non esserci, non c ha i suoi
corrispondenti nellacc. jnu (GAG lllb . 190b,
medio e tardo bab.), ug. in (WUS nr. 294; UT nr.
149.252), moab. (KAI nr. 181, r. 24), cfr. pun.
ynny (Poen. 1006, Sznycer 142).
La base della parola, trattata in ebr. come un segolato,
sembra essere la stessa del termine interrogativo yq[jc.
dove . Perci yjin non esserci, non c viene per lo
pi fatto derivare da questa particella interrogativa: La
proposizione interrogativa retorica dov X? poteva
trasformarsi in una proposizione dichiarativa X non
c (BL 633; cfr. HAL 40b). A favore di questa spie
gazione sta lo sviluppo simile nellacc. ( 'ajj 1).
Attestazioni ebr. extrabibliche si trovano nella seconda
iscrizione di Silwan (KAI nr. 191B, r. 1) e nel coccio di
LachiS nr. 4 (KAT nr. 194, r. 5.7).

2/

U termine ricorre 789x nellAT (4fin 42x,


incl. Is 41,24; Ger 30,7; n 747x, di cui 103x con
suffissi).
11 termine opposto js esserci si incontra 140x (incl.
Vi in 2Sam 14,19 e Mi 6,10, cfr. Wagner nr. 28a.b; Gen
21x, Eccle 16x, Prov 13x, Giob I2x).
I corrispondenti aram. bibl. sono 7 tqj (8x) e, al negativo,
itaj (9x).

3/ Il significato primario non esserci/non


esistere (parallelamente a belf, biltf, 'cufcvs, th)
come negazione di js esserci/esistere (cfr. Is
44,8). Per luso del termine cfr. GK 152 i-p.u,
4/ Tra le diverse affermazioni su Dio, in cui
viene usato jin> si distinguono quelle che hanno
un certo valore di formula. Esse ricorrono per lo
pi nel Deuteroisaia; inoltre si incontrano pure in
alcuni passi dtr. e in Osea.
In primo luogo da menzionare la formula 'n
non c nessuno come... , che serve ad
esprimere lincomparabilit di una persona (cfr.
C.J.Labuschagne, The Incomparability of Yahweh in th OT, 1966). Dietro ad essa dobbiamo
immaginarci la domanda chi come te? (ISam
26,15); la risposta allora suona: nessuno come
te . Quando nellAT si rivolge la parola a qual
cuno, questa affermazione deir incomparabilit
non viene riferita ad un uomo (in terza persona:
ISam 10,24; Giob 1,8; 2,3; cfr. Lande 103); essa ri

ke...

111

corre invece molto spesso in preghiere rivolte a


Jahwe (ISam 2,2; 2Sam 7,22 = lCron 17,20; Re
8,23 = 2Cron 6,14; Ger 10,6.7; Sai 86,8). In terza
persona la si incontra anche nella formula di rico
noscimento di Es 8,6 e nellespressione di lode di
Deut 33,26, come autoaffermazione di Jahwe in
Es 9,14.
Accanto allaffermazione sullincomparabilit, si
trova quella sullunicit o lesclusivit. Le due
espressioni stanno in questa successione in ISam
2,2 nessuno santo come Jahwe, poich non c
nessuno al di fuori di te e in 2Sam 7,22 = lCron
17,20 perci tu sei grande, o Signore mio Dio,
poich nessuno simile a te e non c alcun dio
al di fuori di te . Nella formula di riconoscimento
di tipo dtr. lesclusivi l viene sottolineata con n
'Od: tu devi/tutti i popoli devono riconoscere
che Jahwe Dio e nessun altro {Deut 4,35.39;
Re 8,60; cfr. Deut 32,39). In Osea (Os 13,4; cfr.
5,14) si stabilisce una relazione tra laffermazione
dellunicit e la formula di autopresentazione
(W.Zimmerli, Ich bin Jahwe, FS Alt 1953, 179
209 = GO 11-40). Nel Deuteroisaia, poich viene
accentuato lagire esclusivo delrunico Dio, Jahwe,
nel creare, nel guidare la storia e nel salvare, non
fa meraviglia che questa relazione compaia di fre
quente; la predilezione per questa forma proba
bilmente dovuta anche allautoesaltazione o auto
glorificazione innica di una divinit nel suo am
biente babilonese (cfr. Westermann, ATD
19,126s.). La forma semplice compare nelloracolo
su Ciro in Is 45,5.6 io sono Jahwe e nessun al
tro e nel giudizio di 45,18.22; viene ampliata in
e oltre a me non c un salvatore in 43,11, in
e nessuno strappa dalla mia mano in 43,13
(giudizio), in un Dio giusto che salva non c, ol
tre a me in 45,21, in io sono Dio e nulla come
me in 46,9 (disputa).
Che queste espressioni non vadano comprese
come formule monoteistiche (cosi B.llartmann, ZDMG 110, 1961, 229-235), appare in
modo chiarissimo dal genere letterario in cui esse
sono inserite: Jahwe sta intentando un processo
nei confronti degli altri dei. La proposizione e al
di fuori di me non c alcun dio (44,6, cfr. v. 8)
non unaffermazione, ma una rivendicazione
(Westermann, ATD 19,114; cfr. 69ss.). Jahwe ri
chiede agli dei dei popoli che dimostrino la loro
divinit agendo di continuo nella storia, ma essi
non possono addurre di queste prove. La contro
parte pu solo tacere (41,26 nessuno dichiara,
nessuno fa udire, nessuno ha inteso un suono da
voi ) ed abbandona la scena (41,28 s, non c
nessuno, fra di essi nessuno capace di consi
gliare ). Quale peso abbia il termine jin nel Dtis,
10 indica gi la disputa 40,12-31, in cui viene usato
ben sei volte: due volte per dire che i regni e le po
tenze del mondo sono un nulla di fronte a
Jahwe (v. 17; cfr. 41,11.12); Jahwe li distrugge
(v. 23; cfr. Ez 26,21; 27,36; 28,19); il Libano con
11 suo legname e tutte le sue selve non basta per
i sacrifici (v. 16); lintelligenza di Jahwe
]?g 'qjin NON ESSERCI

112

inscrutabile (v. 28), egli soccorre chi senza


forza (v. 29); cfr. inoltre 50,2 e 63,3.

30,18 come *fs skr mercenario ) che si tratti di un


nuovo significato dato daUetimologia popolare a forme
originariamente differenti (cfr. HAL 89b). Quanto a 73La negazione di Dio 'ri ,celhJm non c Dio in Sai
tb (2Sam 10,6.8) cfr. A.Jirku, ZAW 62, 1950, 319;
10,4; 14,1 = 53,2 da intendersi non in senso teorico, ! HAL 43a.
ma piuttosto nel senso di 3,3 egli non ha alcun aiuto 1
da Dio , ossia equivale praticamente a Dio non pre
II/ Le ricorrenze del sostantivo, che sesto in
sente/non interviene (icelhfm IV/5; cfr. Kraus, BK.
ordine di frequenza, sono complessivamente 2183
XV,106 con la cit. di Khler, Theol. I). Cfr. anche le af
(incl. 2Sam 16,23 Q; 23,21 Q; esci. Prov 18,24) e
fermazioni positive con js presente in Gen 28,16;
Es 17,7; Giud 6,13; ISam 17,46; Is 44,8 (js ancora in
sono distribuite in modo normale in tutto lAT,
contesti teologici: 2Re 3,12; Ger 14,22; 37,17; Sai 73,11;
con una leggera preponderanza nei libri narrativi
2Cron 25,8).
(Gen, Giud, l/2Sam) e nei libri legislativi (anche

5/ Nei LXX per jin/'n si hanno spesso, oltre


alle negazioni, dei termini con a privativo. Nel
NT vengono meno la formula di incomparabilit
e quella deirunicit, e anche la polemica contro gli
dei stranieri; cfr. per lCor 8,4.
S.Schwertner

KTN Ts UOMO
v

1/ I termini che designano uom o nelle lin


gue sem. (a differenza di quelli che designano
donna , -t 'fcs) attraverso una serie di modifi
che hanno perso la loro unitariet. Cos troviamo
soltanto in ebr., nel fen. pun. e neHaram. an
tico (DISO 26), come pure nelPantico sudarab.
(W.W.Miiller, ZAW 75,1963, 306), mentre pre
dominano altre designazioni nellacc. (amiti, etlu,
mutu), nelfug. (bns, mt), nellaram. (gbr) e
nelfarab. (mar*).
Letimologia del lutto incerta, e va respinto anche il
tentativo di K.Elliger, Studien zum llabakuk-KommentarvomToten Mcer, 1953,78s.189, e FS Alt 1953,100s.,
di far derivare il vocabolo, sulla base di un 'sjsjm uom ini(?) in lQpAb 6,11 (supposto di conseguenza an
che in ls 16,7, cfr. HAL 91b), da una radice
(KBL
93b: essere solido, compatto; HAL 91b: arab. 'atta
germogliare rigogliosamente ).

Nel fen. pun. il plur. si forma in maniera regolare;


nelle altre lingue si ha per esso una forma della ra
dice 'ns, come nellebr. nasini (P.Fronzaroli,
AANLR VI1I/19, 1964, 244.262.275; cfr. lebr.
'ans uomo ; non va collegato a questa radice
issa donna < *'ant_-at-). U plur. 'Tsfm> rara
mente testimoniato, potrebbe essere una forma
zione pi recente in analogia col sing, (Is 53,3; Sai
141,4; Prov 8,4; BL 616).
Come derivato si ha il diminutivo tn omino
(nellocchio) = pupilla (Deut 32,10; Sai 17,8; Prov
7,2; per paralleli in altre lingue vd. HAL 42a), mentre il
verbo 'ss hitpol. dimostrare dessere uomo, farsi corag
gio in Is 46,8 discusso dal punto di vista testuale e
grammaticale (cfr. HAL 96b; Bibl 41, 1960,
173* nr. 2620).
Per i nomi propri 'cesb'a! (\Cton 8,33; 9,39; in 2Sam 2-4
tendenziosamente trasformato in 'is-boscet uomo
dellignominia) e 'Tshd (lCron 7,18) cfr. Noth, IP
138.225, pur essendo per sempre possibile (come ac
cade anche per Jiiikr, interpretato spesso secondo Gen

113

ETK Ts UOMO

Prov):
Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Gioe
m
Abd
Giona
Mi
Nah
Ab
Sof
Agg
Zac
Mai
Sai
Giob
Prov
Rut
Cant
Eccle
Lam
Est
Dan
Esd
Neem
lCron
2Cron
AT tot,

sing.
107
83
93
98
76
39
155
141
105
69
J04
49
! 14
65
10
2
2
1
4
7

plur.
51
13
1
33
14
33
44
70
34
16
23
14 +1
47
24

2
1
2
5
1
1

2
3
20
4
38
29
84
19
3.
8
1
20
7
4
24
24
43
1657

6 +1
13
5 4-1
2

1
10
20
17
13

523 +3

totale
158
96
94
131
90
72
199
211
139
85
127
64
161
89
10
4
3
3
9
8
1

4
3
23
4
45
42
90
2L
3
10
1
20
E
14
44
41
56
2183*

HI/
1/ Nel suo significato primario questo
vocabolo devessere reso con uomo (la persona
adulta maschile che si contrappone alla donna). Si
definisce cos un campo semantico naturale, in cui
uomo e donna formano due poli opposti.
Molto comune Taccostamento dei due nomi uomo e
donna , uomini e donne (sing. accanto al plur. in
Giud 9,49.51 e 16,27.27), dove si pone sempre luomo al
primo posto, data la struttura patriarcale della societ
israelita ('ab 1X1/1). Lespressione uomo e/o donna
utilizzata spesso nei testi giuridici col significato di

114

qualcuno, chiunque sia (Es 21,28.29; 35.29; 36,6; Lev


13,29.38; 20,27; Num 5,6; 6,2; Deut 17,2.5; 29,17; Est
4,11; cfr. 2Cron 15,13). Uomo e donna , oppure uo
mini e donne , pu essere usato anche per designare la
collettivit (Gios 6,21; 8,25; ISam 15,3; 22,19; 27,9.11;
2Sam 6,19 = lCron 16,3; Ger 6,11; 51,22; Neem 8,2.3,
talvolta anche in serie pi lunghe). Si trovano pure delle
serie con tre elementi uomini/donne/bambini (Deut
31,12; Ger 40,7; Esd 10,1; cfr. Ger 44,7; con metlm Deut
2,34; 3,6; con gebnm Ger 41,16). Solo in senso generico
si pu trovare in questo campo semantico anche il ter
mine ben figlio (p.e. Gen 42,11.13; Deut 1,31; Ez
16,45.45; Mai 3,17).

L'uomo cerca la comunione sessuale con la donna


(Gen 2,24) o viceversa la donna quella con luomo
(cfr. Ger 29,6).
L essere sposato , visto dalla parte della donna, si dice
hjet r is (Lev 21,3; Ez 44,25). Al contrario una ver
gine pu essere indicata come tale, dicendo che a lei non
si ancora accostato uomo (/ jd ei 7s Giud 11,39;
21,12; cfr. Gen 19,8; 24,16). Tutta una serie di questioni
sui rapporti sessuali extra matrimoniali fra uomo e donna
(schiava, vergine, fidanzata) viene regolata con precise
disposizioni legislative (Lev 19,20; Deut 22,22-29), cos
pure il commercio sessuale con una donna durante il
flusso mestruale (Lev 15,24.33), la questione del matri
monio fra cognati (Deut 25,7), lo spargimento di seme
da parte deiruomo (Lev 15,16ss.) ecc.

Nellambito del significato primario va ricordato


come sinonimo gcebcer (gbr\ Deut 22,5 in con
trapposizione a
spesso usato come 7S: Num
24,3.15), il quale per adoperato molto pi rara
mente. Raro anche il termine metfm uomini,
gente che ricorre solo al plur. (22x, di cui 6x sia
in Deut che in Giob; acc. mutu, ug. mt, et. met
uomo, marito ; cfr. anche i nomi propri M etus'l Gen 4,18 e M ctasclal? (Ger 5,21-27;
lCron 1,3),
In senso specifico per designare il sesso si trova zkr
maschile, uomo (82x, di cui 18x casc. in Lev.
e Num, 14x in Gen, 12x in Esd 8; a questo riguardo va
citato anche lantico collettivo zekr tutto quel che
maschio della legge sul pellegrinaggio Es
23,17 = 34,23 = Deut 16,16 e della legge sullo stermi
nio Deut 20,13; la radice *dakar- maschile appartiene
al semitico comune), il cui opposto regolarmente rib
ba femminile (22x, solo nel Pentateuco, escluso il
passo difficile d Ger 31,22 [cfr. Rudolph, HAT
12,198s.]).

Per gli animali viene usato 'ls nel suo significato


primario solo in Gen 7,2.2 (altrimenti viene usato
zkr, Gen 6,19; 7,3 ecc.).

I l II significato primario non di rado viene ri


stretto ad un senso pi specifico:
a) Spesso 7s va tradotto semplicemente con
marito (Gen 3,6.16 ecc.). Nei testi legislativi
rientrano in questo caso anzitutto i brani in cui si
trattano questioni di diritto matrimoniale (Num
5,12ss. sospetto di adulterio; 30,8ss. promesse
prima del matrimonio; Deut 22,13ss. caso di di
vorzio; 24,1-4 nuovo matrimonio dopo il divorzio,
115

cfr. Ger 3,1; Deut 24,5 esonero dal servizio mili


tare),
.
Per la designazione di Jahwe come marito vd.
st. IV/3.
Nel significato di marito va ricordato come sinonimo
il termine b'al sposo (2Sam 11,26 parallelo ad 7s);
cfr. anche dn (Gen 18,12; Giud 19,26s,; m 4,1; Sai
45,12).

b) In alcuni passi 75 caratterizza in modo speci


fico qualit tipicamente maschili come la forza, il
prestigio, il coraggio (ISam 4,9; 26,15; Re 2,2;
cfr. Gen 44,15; Giud 8,21 ecc.). Sinonimo il ter
mine gcbcer, del resto usato raramente in questo
senso (Giob 38,3; 40,7).
c) Solo in apparenza 75 risulta ristretto in alcuni
passi al significato di padre oppure figlio ; in
tal caso 75 uno, qualcuno si trova in opposi
zione a figli oppure a genitori in un senso gene
rico, con il quale si vuole evitare di designare con
pi precisione il rapporto di parentela (padre/figlio
Gen 42,11.13; Deut 1,31; 8,5; Mal 3,17; figlio/ge
nitori Gen 2,24; ISam 1,11; Am 2,7; Is 66,13; cfr.
anche Gen 4,1).
d) Anche il plurale pu talvolta essere utilizzato,
a seconda del contesto, per sostituire designazioni
pi specifiche. Cosi gli uomini in Gen 12,20
sono la scorta che il faraone mette al fianco di
Abramo, in Gios 9,14 sono i negoziatori, in Gios
10,18 sono le guardie, in 2Sam 18,28 sono i ribelli,
ecc. Molto spesso gli uomini sono esploratori
(Num 13s.; Deut 1; Gios 2; 6s.) o compagni, so
prattutto in Sam e Re (spesso nella forma con suf
fisso anosw i suoi uomini ). Proprio come par
tigiani di Davide (chca 30x), di Saul, di Abner o
di loab essi devono attendere ordinariamente a
mansioni di guerra (diversamente p.e. Gen
24,54.59; 2Re 5,24).
.
3/ Il termine assume spesso un senso collet
tivo, soprattutto quando unito a numeri (p.e,
2Re 4,43; 10,6.14). Questuso molto frequente
nei libri storici; cfr. anche lespressione composta
7s Jsr'l.
4/ Non di rado fs nel significato di uomo
(= appartenente al genere umano) viene usato in
senso generalizzato:
a) La tendenza a questa generalizzazione si scorge
gi nei testi legislativi (p.e. Es 21,12 chi percuote
un uomo... ; naturalmente la punizione commi
nata vale anche per chiunque percuota una
donna), nei testi sapienziali (p.e. Prov. 12,25; Sai
37,7) e nelle maledizioni o benedizioni (Deut 27,15
maledetto luomo che,.,; Sai 1,1; 112,1.5 ecc.).
b) Il significato generale uomo chiaro
quando *Ts viene usato in contrapposizione allani
male (Es 11,7; 19,13; Sai 22,7) e quando si parla
deiruomo che diverso da Dio: con molto rilievo
in Num 23,19; Giud 9,9.13; ISam 2,26 ecc., cfr,
besbcEt 'nasini con verghe umane (2Sam
tra

75 UOMO

116

7,14); mi$wat Vs precetto di uomini (Is 29,13)


(vd. st. IV/5b).
c) La generalizzazione evidente soprattutto
nelle espressioni composte: 'anse habbajit ser
vit (Gen 39,11.14, che racchiude uomini e
donne), be'ammat fs secondo il cubito ordina
rio (Deut 3,11), ecc.
In questo significato generale i! sinonimo
dm, che in qualche caso si trova in paralleli
smo con VS (Is 2,9.11.17; 5,15; Sai 62,10 ecc.); cfr.
anche il termine >cems che nei tempi pi recenti
viene usato per lo pi nel senso di debole mor
tale (dm).
d) Per quanto riguarda il frequente uso di Vs
come pronome nel significato di ciascuno,
ognuno, chiunque , o al negativo nessuno ,
sar sufficiente solo Taverne accennato.

5/ Vs forma una serie di espressioni composte,


di cui baster citare le pi importanti:

0 Lespressione ke'is chd come un sol uomo de


signa lunit e la collettivit di pi uomini, p.e. quando
la comunit si riunisce come un sol uomo (Giud 20,1 ;
Esd 3,1; Neem 8,1) o quando essa esce in battaglia
come un sol uomo (ISam 11,7 ecc.). Come un sol
uomo si pu per anche far morire un gran numero di
uomini (Num 14,15 ecc.); cfr. la concezione della sco
munica nella guerra santa (hrm).
g) Vanno ricordati infine altri modi di dire in cui il si
gnificato di Vs fortemente generalizzalo (vd. sp.
IIl/4d). In composizione con ra'e h il significato
primario si attenua in quello di gli uni gli altri, vicen
devolmente (p.e. Es 18,7 e Gen 42,21). Dei tutto lon
tano dai significato originario Gen 15,10, dove persino
il riferimento personale andato perduto: bramo
pose ciascuna met (degli animali divisi in due) di fronte
allaltra .

IV /
1/ Bench nellAT ci si raffiguri Jahwe
come un uomo, solo raramente e metaforica
mente si parla di lui come Vs.
Nellespressione di lode di Es 15,3 Jahwe detto
Vs milhm guerriero . Si tratta di una scoperta
che Israele aveva fatto durante gli scontri bellici
con i popoli vicini. In Dtis 42,13 si adotta di
nuovo questo modo di parlare, come pure il ter
mine Vs mlhmt' guerriero ; in questo caso
tuttavia si fa solo un paragone fra lazione di Dio
e quella di un guerriero (/c*Vs milhmi).

a) Per indicare gli abitanti di una citt o di una regione


si usa anche Vi, oltre al pi comune jsb abitante
(abitanti di una citt: o nel composto 'anse hlir, p.e.
Gen 24,13, o 'anse hammqm, p.e. Gen 26,7, oppure in
composizione con nomi di luogo, p.e. Gios 7,4s.; appar
tenenti ad una regione: o nel plur. cs. anse Jisr'l, p.e.
ISam 7,11, oppure in senso collettivo isJisr'!, Vi J ehd ecc.). Per indicare i singoli abitanti di una citt o di
una regione si trovano designazioni come Vs sr
uomo di Tiro (IRe 7,14), Vs misri egiziano (Gen
39,1) ecc.
b) In cinque passi si parla di 'anse habbajit: Gen
17,23.27 (gli schiavi maschi della casa, che vengono cir
concisi); 39,11.14 (la servit di Potifar); Mi 7,6 (coloro
che coabitano in casa).
c) Con Vi si formano molte espressioni composte che
indicano professioni. Vs milhm (oppure plur.) il
guerriero (Es 15,3, vd. st. lV /l;G ios 17,1; ISam 18,5
ecc.; oppure anche il nemico 2Sam 8,10 = lCron
18,10; Is 41,12). Sembra che al tempo di Salomone si sia
indicata con questo nome una categoria professionale
(IRe 9,22); il termine ricorre con maggior frequenza nel
tardo priodo dei re (come sinonimo cfr. metim in Deut
33,6; Is 3,25, e bahurim in Is 9,16). Molto simile Vs
hjil, Si tratta di uomini capaci nel pronunciare sen
tenze (Es 18,21.25), di validi sovrintendenti del bestiame
del faraone (Gen 47,6), o anche di abili custodi delle
porte (lCron 26,8), ecc. Fin dal tempo dei Giudici gli
'anse hjil sono guerrieri valorosi (Giud 3,29; 2Sam
11,16 ecc.; cfr. gibbor hjil, gbr). Altre designazioni di
professioni sono 7:s nbV profeta (Giud 6,8), H h' adma contadino (Gen 9,20), 'iij d av sjid cac
ciatore (25,27), ecc. Espressioni composte che desi
gnano lattivit o lessere di un uomo sono: Vs habbnjim duellante (ISam 17,4.23), Vs ragli fanteria
(2Sam 8,4 = lCron 18,4; lCron 19,18), ecc.

b) In alcuni passi postesilici, quando ci si riferisce


alle visioni profetiche del futuro, gli esseri celesti
inviati agli uomini (profeti) vengono designati tal
volta come Vs; essi certamente non si identificano
con Dio, ma daltra parte non si distinguono sem
pre chiaramente da lui:

d) Come perifrasi di un aggettivo Vs usato p.e. in


Vs slTr peloso e Vs hldq (Gen 27,11).
e) Alcune volte si trova lespressione ben Vs (Sai 4,3;
Lam 3,33; parallelo a ben 'dm in Sai 49,3 e 62,10).
Essa documentata soltanto dal periodo esilico in poi e
pu essere tradotta semplicemente con uomini ; solo
in Sai 49,3 si potrebbe tradurre con nobili (cfr. MAL
42a; Kraus, BK XV,33.365).

Ez 9,2ss. ( sei uomini, ciascuno con il suo strumento di


distruzione , un uomo con una veste di lino ; cfr, Es
12,12 P; 12,23 J, dove Jahwe stesso che attraversa
lEgitto sotto la figura dellangelo sterminatore); Ez
40,3-5; 43,6; 47,3 ( uomo con lo strumento di mi
sura); Zac 1,8.10 (uomo fra i mirti); Zac 2,5
( uomo con la corda per misurare); Dan 10,5; 12,6s.
( uomo con una veste di lino ).

117 CTN Vs UOMO

2/ a) Nellantico racconto della promessa di


Gen 18 si parla alternativamente, in maniera un
po singolare, di Jahwe e dei tre uomini. Dato che
Jahwe compare esplicitamente come soggetto nel
v. 13 (il v. 1 pi recente), si potrebbe pensare che
anche negli altri versetti che hanno il singolare sia
ancora egli il soggetto (3.10.14b.l5b.). In Gen 18
Jahwe viene quindi raffigurato come uno che si ri
vela sotto laspetto di tre uomini , tuttavia egli
non viene mai esplicitamente identificato con
questi tre uomini. Cfr. i due uomini in Gen 19 e
P uomo in Gen 32,23ss. Nel periodo pi antico
di Israele non si aveva evidentemente alcun scru
polo nel ladottare modi di dire preisraelitici, che
rappresentavano Jahwe come un uomo che ha
Faspetto degli altri uomini, passeggia sulla terra,
mangia o combatte (una simile concezione pre
sente probabilmente anche in Gios 5,13-15 ed Ez
8,2).

118

3/ In Os 2,4.9.18 Jahwe viene designato come


10 sposo di Israele. Nei primi tempi di Israele ci
sarebbe stato impossibile. Con questa designa
zione infatti si riprende una concezione della reli
gione cananea con il suo culto di Baal, il suo Heros Gamos e la prostituzione cultuale. Osea per
primo os adoperare una simile immagine, ma se
ne serv proprio per accusare coloro che si senti
vano attratti da questi culti sessuali cananei
(cfr. Wolff, BK X IV /1,60, e Rudolph, KAT
XIII/l,78s.).
Questa metafora viene ripresa in seguito da Eze
chiele (Ez 16, chiaramente in v. 32 e 45; cfr. per
anche v. 8.20). Per il contenuto dovrebbero essere
citati qui anche Ger 3,6ss. ed Ez 23, dove per
manca il termine 7.
Anche altrove Jahwe, o meglio il suo comportamento,
viene assimilato direttamente a quello di un uomo: Es
33,11 (come un uomo parla col suo amico, cos Dio con
Mos); Deut 1,31; 8,5; Mal 3,17 (come un uomo
porta/corregge/ha piet di suo figlio).

4/ L uomo di Dio si trova chiaramente dalla


parte degli uomini; egli lincaricato, il messag
gero di Dio. Il termine 75 h,*Ihfm ricorre
nellAT 76x, di cui 55x solo nei libri dei Re.
Come uomini di Dio vengono designati: Eliseo (29x in
2Re 4,7-13,19); Elia (7x in IRe 17,18.24; 2Re 1,9-13);
Mos (6x in Deut 33,1; Gios 14,6; Sai 90,1; Esd 3,2;
lCron 23,14; 2Cron 30,16); Samuele (4x in ISam 9,6
10); Davide (3x in Neem 12,24.36; 2Cron 8,14); Semeia
(IRe 12,22; 2Cron 11,2); Canan (Ger 35,4); uomini di Dio
anonimi (24x, in Giud 13,6.8; ISam 2,27; IRe 13,1-29;
20,28; 2Re 23,16.17; 2Cron 25,7.9.9); ->Elhfm m/6.

'Ts ha'^fhm con r' veggente (/'Vi) e


nbV profeta , uno dei termini fondamentali
del profetismo primitivo di Israele. Nonostante al
cune sfumature di significato (Elia ed Eliseo sono
uomini di Dio , i loro seguaci si chiamano di
scepoli di profeti ; in IRe 13 un uomo di Dio
e un profeta sono addirittura contrapposti),
luomo di Dio esercita nei primi tempi finzioni
profetiche.
Lespressione viene usata quando compaiono la for
mula dellevento della parola (IRe 12,22; 17,2.8), il
conferimento dellincarico al messaggero (IRe 12,23;
2Re 1,3.15) e la formula pronunciata dal messaggero
(ISam 2,27; IRe 12,24; 13,2; 17,14; 20,18 ecc.); Come i
profetinosi anche gli uomini di Dio delle prime narra
zioni profetiche annunciano salvezza o perdizione.
Spesso uomo di Dio e profeta vengono usati
come sinonimi (ISam 9,8s.; IRe 13,18 ecc.); cfr. C.Kuhl,
Israels Propheten, 1956, 14s.; von Rad I3,16s.

Il termine non viene mai adoperato per designare


i cd. profeti scrittori deir8a-6Dsec. Nel periodo po
steriore esso diventa semplicemente un titolo di
grandi personaggi (Mos, Davide).
11 termine si riferisce inoltre a uomini a cui Jahwe
ha affidato un compito speciale: la verga
delPuomo che io scelgo (Num 17,20; cfr. 2Cron
6,5); luomo del mio disegno (= Ciro, Is
46,11); uomo che profet in nome di Jahwe
(Ger 26,20); uomo della tua destra (Sai 80,18).

119

5/ I passi sopra citati, in cui Dio designato di


rettamente come Ys o la sua attivit viene assimi
lata a quella di un 7s (rV/3), sono rari a confronto
di quelli in cui lVs viene configurato come crea
tura di Dio e in tal senso con chiara distinzione da
Do.
a) In Gen 2-3 il termine raro (2,23s.; 3,6.16; il
termine fondamentale dm).
b) In alcuni testi la distinzione fra Dio e luomo
sottolineata con molta precisione: luomo, con
trariamente a Dio, caduco (Sai 39,7; 62,10); a
differenza delluomo Dio non mente (Num 23,19)
e resta fedele alla sua parola (Os 11,9). A questa
contrapposizione fa riferimento soprattutto la let
teratura sapienziale: Prov 21,2; .14,12 ecc. Cfr. an
che testi come Gen 32,29; Gios 10,14; Giud
9,9.13; 2Sam 7,14; 2Re 5,7; Is 40,6ss. (-basar).
6/ Per quanto riguarda luomo stesso, c da os
servare che il suo comportamento e soprattutto la
sua condotta sessuale sono regolati da una serie di
comandamenti divini, la cui trasgressione provoca
lira e il castigo di Jahwe. Accenniamo ancora ad
alcuni contesti particolari:
a) Quando la legge viene letta in pubblico devono
radunarsi tutti: uomini, donne, bambini, forestieri
(Deut 31,12; cfr. Gios 8,35). Parlando delle adu
nanze del popolo, presiedute da Esdra e Neemia,
si usano nuovamente queste serie (Esd 10,1;
Neem 8,2s.).
b) La condanna allo sterminio nella guerra santa
comprende uomini, donne, bambini (buoi, pecore,
asini) (Gios 6,21; 8,25; ISam 15,3 ecc.). I testi pro
fetici riprendono tali serie, ma i nemici di Jahwe,
che vengono totalmente annientati, sono ora gli
israeliti stessi (Ger 6,11; 44,7; cfr. 51,22).
c) Il matrimonio di un israelita con una straniera
in certe occasioni fu ritenuto possibile, ma in
Israele esso fu giudicato in maniera sempre pi
negativa dal punto di vista teologico, poich spo
sare donne pagane significava introdurre in Israele
un culto pagano (Gen 34,14; soprattutto nel pe
riodo postesilico: Num 25,6; Esd 10,17; Neem
13,25).
d) Israele si opposto con particolare vigore sin
dal Deut airintroduzione e alladozione di culti
pagani. Per questo anche gli uomini idolatri ven
gono duramente puniti (Deut 17,2.5; 29,19; Ez
8,11.16; 11,1; 14,3.8).
e) Chi viola questi comandamenti viene punito,
poich Jahwe ricompensa luomo secondo
quello che fa (Giob 34,11; cfr. f. la. ISam 26,23;
IRe 8,39 = 2Cron 6,30; Ger 31,30; 32,19; Ez
7,16; Sai 62,13; Prov 24,29; 2Cron 25,4).
V/ Nel NT si distingue fra ocvrjp uomo (in
opposizione a donna) (A.Oepke, art. v/jp ThW
1,362-364 = GLNT 1,969-978) e Gtvpc^o<;
uomo (= appartenente al genere umano)
( J.Jeremias, art. #v0pco7ro<; ThW 1,365-367 =
lTN

Vi- UOMO

120

GLNT 1,977-986). Le varie linee deiPAT ven


gono portate avanti. Si distingue chiaramente
fra Dio e luomo (Mt 21,25; Atti 5,29 con
a\
Gv 1,13 condtvYjp), e allo stesso
tempo si pone in rilievo il legame fra Dio e luomo
in Ges di Nazaret (Me 14,71; 15,39; Gv 19,5
con v0p6)7ro^; Gv 1,30; Atti 2,22; 17,31 con
v/j p ).
J. Kuhlewein

W MANGIARE
1/ La radice AVappartiene al sem. comune (in
et. si ha solo il sost.). Come verbo appare nelPAT
ebr. in qal, ni., pu. e hi., in aram. solo in qal (vd.
st. 3a). Le derivazioni nominali relativamente nu
merose (solo in ebr.) con il sign. generale di
cibo , il segolato kcel col fem. 'okl, la forma
aramaizzante 'akf l, i nomi con preformativo ma-,
ma!Ikle ma'akfcet (Re 5,25 makklcet, GK
23s.), saranno trattati separatamente in 3b. Come
nome di strumento si ha ma' akcelcet coltello .
In certa misura sinonimo Ihm mangiare (6x, anche
ug. assieme a A:/; per il fen. Kil. 1,6 cfr. DISO 137 e KAI
11,32; acc, la'mim, (ahmu, lmu prendere, man
giare , AHw 527b.543b) con il sost. fcehcem pane, nu
trimento (300x, incl. Is 47,14 e Giob 30,4, di cui lx
aram. in Dan 5,1 pasto ; anche pun., aram.; per larab.
lahm carne cfr. L.Khler, JSS1,1956,10; per let. cfr.
E.UIIendorff, VT 6, 1956, 192), che si trova in contesto
teol. quando si parla del potere creatore di Jahwe (Sai
136,25; 146,7; 147,9; per Deut 8,3 cfr. von Rad, ATD
8,51; H.Brunner, VT 8, 1958, 428s.).
Un significato analogo ha (*nt assaggiare (10x, da cui
in senso figurato sentire, sperimentare in Sai 34,9;
Prov 31,18) con il sost. ttjfam gusto , in senso figu
ralo intelligenza (12x, a cui va aggiunto Giona 3,7
decreto, significato tratto dalParam. opp. dallacc.,
cfr. Wagner nr. 117); aram. bibl.
pa, dar da man
giare , sost. i'atn e
intelligenza; decreto, rap
porto .
Altri vocaboli con il senso fondamentale di mangiare,
ma con un sign. in parte pi specifico, sono brh man
giare cibo da malati (brj e brut cibo da malato, cibo
di lutto), gzr divorare (Is 9,19), zitti nutrire
(Giob 36,31 txt em; mzn nutrimento ; aram. hitpe.
nutrirsi e mzn), sid hitp. rifornirsi di vveri
(sajid e sd provvista per il viaggio ), e anche anlh
porzione di cibo (anche per il viaggio) (cfr. HAL 84b)
e misp foraggio (ug. sp* mangiare ); cfr. inoltre le
radici che non a caso cominciano con la linguale /: Iht
consumare , Ihk leccare, brucare , ll( inghiot
tire , sd focaccia (Num 11,8; arab. Isd suc
chiare); per
sorseggiare e Iqq leccare sth
bere .*

2/ Secondo Mand. e Lis. (vd. per st. 3b) il


verbo si trova nellAT 809x in ebr. e 7x in aram.
(qal 7?9x + 7x aram., ni. 45x, pu. 5x, hi. 20x),
kcel 44x, o/c/ 18x (solo Ez e P oltre Ger 12,9,
sempre con la piep. /e), ak il lx, m a'aki 30x,
m a'akolcet 2x, makklcet. lx, maakcloet 4x
(eccetto questultimo i nomi si trovano solo
al sing. ).
.
121

PDN 'k l MANGIARE

3/ a) Molto spesso il verbo ha il sign. proprio di


mangiare, divorare , ed esprime una funzione
fondamentale della vita degli uomini e degli ani
mali. Assieme a vedere, udire, odorare, "k pu
provare che si vivi, Deut 4,28. Oltre che uomini
ed animali, anche numerose altre realt possono
essere soggetto di 'kl in senso traslato ( consu
mare o sim.): fuoco (circa 70x), spada (12x),
terra (Lev 26,38; Num 13,32; Ez 36,13s.), bosco
(2Sam 18,8), caldo e freddo (Gen 31,40), maledi
zione (Is 24,6), il divampare delfira (Es 15,7),
fame e peste (Ez 7,15), malattia (Giob 18,13). Cos
pure gli oggetti del verbo non sono soltanto cibi:
terra (Ger 8,16; 2Cron 7,13), campo (Gen 3,17; Is
1,7), rovine (Is 5,17), eredit (Deut 18,1; hi. ls
58,14), propriet (Gen 31,15; Is 61,6; Eccle
5,10.18; 6,2), peccato (Os 4,8) ecc. In tali casi il si
gnificato si amplia in diverse direzioni: preparare
la fine , ma anche godere, beneficiare, portare
le conseguenze (specialmente con loggetto
frutto, Is 3,10; Prov 1,31 ecc.). Si prediligono
inoltre, drastici modi di dire figurati, con oggetto
personale, p.e. popolo, popoli, i poveri (Sai
14,4 = 53,5; Deut 7,16; Ger 10,25 gioco di parole
con klh pi. annientare; 30,16 ecc.; Ab 3,14;
Prov 30,14).
Un simile significato ampliato si trova anche oellacc.
aklu, che f.la. pu avere per soggetto fuoco, dei, epide
mie, dolori, dispiaceri. Come in ebr., il verbo acc. a se
conda delloggetto (campo, propriet, denaro ecc.) pu
avere il senso pi generale di consumare o usu
fruire .

Anche senza oggetto il verbo ha talvolta un senso


pi ampio, sfruttare (2Sam 19,43) o banchet
tare (Eccle 10,16). Un significato ampliato, che
ha paralleli in acc., si trova in Ez 42,5, dove kl
non va mutato, ma significa occupare superficie,
spazio (cfr. AHw 27a).
Lespressione nota in acc. (CAD A/I>255s.; M.Held, JCS
15, 1961, 12) e in aram. (KBL 1121) 'kl qar$in calun
niare (propr. mangiare parti strappate con morsi ) si
trova in Dan 3,8 e 6,25.
Per l'espressione mangiare la propria carne (Eccle
4,5; hi. Is 49,26) cfr, nelliscrizione di Kilamuwa 1,6-8 i
modi di dire: mangiare la propria barba e la propria
mano, come segno di estrema disperazione (KA fl,31s.;
MDahood, CBQ 22, 1960, 404s.).
Per il mangiare (narrato o minacciato nella maledizione)
la carne dei propri figli o parenti in caso di carestia (2Re
6,28s.; Lev 26,29; Deut 29,53-57; Is 9,19; Ger 19,9; Ez
5,10; Zac 11,9; cfr. Lam 4,10) si possono confrontare i
paralleli ass. (CAD A/I,250b; D.RHillers, Treaty-Curses and th OT Prophets, 1964, 62s.).

Il non mangiare, anche quando non si tratta di di


giuno cultuale, segno di tristezza (ISam 1,7, cfr.
v. 18; 20,34; Re 21,4s. cfr. v. 7; Esd 10,6). Al
contrario il mangiare posto spesso in relazione
con la gioia (ISam 30,16; Giob 21,25; Eccle 9,7; Is
22,13, cfr. Gilg. X,m,6ss. = Schott 77s,),
b) Il problema della coesistenza di 6 oppure 5
fonne nominali indicanti nutrimento, cibo
stato posto in evidenza da L.Khler, JSS 1, 1956,
122

20-22. Osservando il contesto si possono fare que


ste distinzioni:
l j u n collettivo che esprime una realt quantit'anva' e concreta nutrimento)) (spesso = Irumento , cfr. acc. ak{a)lu pane , et. 'ekel fru
mento ; ug. ald anche frumento , Dahood, UHPh
50). I passi Es 12,4; 16,16.18.21 secondo il proprio ap
petito e Giob 20,21 per la sua voracit vanno intesi
come inf. qal (perci qal 744x, 'kcel 39x). Rut 2,14
tempo di mangiare non dice necessariamente che il
termine debba considerarsi un sostantivo verbale.
2) okl (oltre Ger 12,9 solo Ez e P, sempre con (e) va in
teso come inf. fem. (secondo Bergstr. 11,84 pi usato in
epoca tardiva) e perci come nome dazione. 3) 5akl
(IRe 19,8 con la forza datagli da quel cibo cammin 40
giorni ) corrisponde ad un part, pass, e indica il cibo
mangiato . 4) ma^k! corrisponde secondo Nyberg
205ss. ad una proposizione relativa sostantivata (ci
che si mangia ) e designa il cibo in rapporto alla sua
commestibilit e alle sue diverse qualit (cfr. ma'akai
assieme a le'okla in Gen 6,21). 5) ma^kofcei (Is 9,4,18
preda del fuoco ) corrisponde anchesso ad un pari,
pass, (diversamente makklcet rifornimento IRe
5,25).*

4/ A differenza delle divinit ass.-bab. o ug.


(cfr. G.E.Wright, The OT Against Its Environment, 1950, 102ss.; W.Hermann, Gotterspeise
und Gttertrank in Ugarit und Israel, ZAW 72,
1960, 205-216), solo in pochissimi casi Jahwe
soggetto di /c/, ed in essi si tratta sempre di una
negazione o di un paragone: Deut 4,24 e 9,3 Jahwe
come fuoco divorante (su di esso e sul fuoco
divino '3 4, kbd)\ Os 13,8 e io li divorer
ivi come un leone (con i comm. il testo per
da correggere cosi: l li divorano i cani ); in Sai
50,13 si polemizza contro lidea che Jahwe mangi:
dovrei io mangiare la carne di tori e bere il
sangue di capri? (cfr. Deut 32,27s. dove
sono loro dei..* che mangiavano il grasso dei
loro sacrifici? ; Eichrodt 1,84-86; De Vaux II,
338-340).
Al contrario Jahwe 13x soggetto dellhi. dar da
mangiare , sia come elargitore di doni graditi (Es
16,32 e Deut 8,3.16 manna; inoltre Is 58,14; Ez
16,19; Os 11,4 txt?; Sai 81,17; in Ez 3,2 il rotolo di
vino della vocazione) sia come esecutore di un
giudizio (Is 49,26; Ger 9,14; 19,9; 23,15; Sai 80,6).
In quanto atto religioso il mangiare compare so
prattutto nelle prescrizioni sacrificali (L.Rost,
BHH 11,1345-50) e nelle leggi sui cibi (Lev 11;
Deut 14; W.Bunte, BHH 111,1828), come pure
nelle norme e nelle narrazioni che parlano di un
non mangiare (e di un non bere) in quanto di
giuno rituale (sm). Solo in Lev compare 9kl q.
82x, oltre a 22x ni. Come il pasto profano, anche
il pasto cultuale ha un aspetto gioioso (Deut 14,26
ecc.; cfr. B.Reicke, Diakonie, Festfreude und Zelos, 1951, 167ss.).
Sul pasto come elemento rituale nella stipulazione
delfalleanza -bvrit. W.Beyerlin, Herkunft und
Geschichte der ltesten Sinaitraditionen, 1961,40
42, vede nel mangiare e bere un termine tec
nico per la stipulazione delfalleanza.
123

Durante i riti funebri si mangiava un cibo spe


ciale, Deut 26,14; Ger 16,7 (txt em); Ez 24,17.22
(txt em); Os 9,4 ichcem nTm\cfr. H.Cazelles, RB
55, 1948, 54-71; T.Worden, VT 3, 1953, 290s.;
J.Scharbert, Der Schmerz im AT, 1955, 123s.
5/ Luso del verbo nei suoi significati pi ampi
attestato anche a Qumran; oltre al mangiare pro
fano o cultuale, esso pu designare anche unatti
vit del fuoco o della spada. Nei LXX /c/ tra
dotto con pi di 20 vocaboli, in ciascuno dei quali
si riflette il significato ampliato della voce ebr.
(consumare, bruciare, raccogliere ecc.). Per il
NT cfr. J.Behm, art. <t0 io , Th W 11,686-693
(= GLNT 111,975-992); L.Goppelt, art. Tpcyt^
ibid. Vm,236s.
G.Gerleman

kk

/ DIO

i l *//- un antico termine per indicare dio ,


che appartiene al sem. comune (tranne che
nellet.), e che particolarmente diffuso in acc.
(CAD I/. 91-103) e nel semNO. (DISO 13). No
nostante svariate proposte, la sua etimologia resta
dubbia.
Lo si posto in connessione soprattutto con '! prece
dente, primo opp. esser forte o con VA esser
forte , ma anche - con minor probabilit - con la pre
posizione 7 per, in direzione di opp. con 7//7A aver
di mira, raggiungere , V/ legare , arab. 77/ rela
zione ecc. (cfr. ultimamente F.Zimmermann, VT 12,
1962, 190-195; P.Fronzaroli, AANLR V1II/20, 1965,
248.262,267, e la bibliogr. citata nei lessici).
Nessuna derivazione ha un fondamento sicuro. Anche il
modo di dire jces-le'l jdl in mio potere (Gen
31,29; similmente Deut 28,32; Mi 2,1; Prov 3,27; Neem
5,5) non porta ad una soluzione soddisfacente, poich
anche questa espressione non molto chiara dal lato eti
mologico (cfr. HAL 47a con bibliogr.). Forse la parola
V/, a causa della sua antichit, sfugge a qualsiasi
derivazione; tuttavia si pu avanzare lipotesi che
il suo significato primario (come avviene per altre
simili designazioni di Dio: b'al, dn signore
o mcelcek re ) potrebbe aver espresso Pelemento
della forza.

H / NellAT il termine <?/compare (238x) in pe


riodo molto antico e anche in epoca recente; le sue
ricorrenze sono distribuite irregolarmente ed
hanno la loro maggior frequenza in Sai (77x), Giob
(55x), Is (24x, di cui Dtis 40-46 15x), Gen (18x),
Deut (13x). Per conseguenza / ricorre pi spesso
in testi ritmici (cfr, anche i detti di Balaam Num
23-24, 8x), e anche nel linguaggio arcaicizzante.
perci problematico se alcuni libri (Sam, Re, Ger,
Cron ed altri) abbiano voluto evitare espressamente il termine, per un motivo sconosciuto. Il
plur. 'lFm raro nellAT (vd. st. III/3 e Sai 58,2
txt em); il fem. sing., comune in altre lingue sem.,
manca del tutto.

jK

'

DIO 124

Ili/ *i in parte nome proprio di una divinit


determinata, ma anche un puro appellativo di
dio (plur. lfm). Luso molteplice della parola
pu venir suddiviso con notevole approssima
zione in diversi settori, che solo con molte riserve
equivalgono a stadi distinti di una successione
storica: dalle ricorrenze in cui il senso del termine
si fonda prevalentemente sulla storia delle reli
gioni (HI/1 E1 nellambiente dellAT; m/2 le divinit-El del Genesi; 111/3 ricorrenze tardive; III/4
uso superlativo) alla descrizione della natura di
Dio con aggettivi (IV/1), fino alluso che si incon
tra nel Deuteroisaia (IV/2), nel libro di Giobbe
(IV/3), nella contrapposizione tra Dio e uomo
(IV/4) e nellinvocazione di Dio (IV/5).

1/ Soprattutto i testi (mitologici) di Ras SamraUgarit presentano E1 come un dio che ha una po
sizione speciale. In quanto re egli sta alla testa
del gruppo degli dei. Egli padre degli dei,
creatore delle creature (tuttavia finora non si
hanno prove dellesistenza di una cosmogonia),
saggio , benigno , forse anche santo , ma
si chiama pure toro E1 . Porta segni di vecchiaia
e dimora in una lontananza mitica (cfr. O.Eiss
feldt, E! im ugaritischen Pantheon, 1951;
M.H.Pope, E1 in th Ugaritic Texts, 1955;
M.J.Mulder, Kananitische Goden in het Oude
Testament, 1965, I3ss.).
Anche le iscrizioni semO. conoscono il dio El, ma nelle
liste degli dei non lo nominano pi al primo posto (cfr.
W.Rollig, El als Gottesbezeichnung im Phnizischen,
FS Friedrich 1959, 403-416; R.RendtorfT, El, Baal und
Jahwe, ZAW 78, 1966, 277-292). Sebbene El venga an
cora menzionato in periodo tardivo (p.e, in Filone di Bblo), passa manifestamente in secondo piano rispetto a
Baal (lino alle attestazioni di Paimira; cfr, anche U Oldenburg, The Conflict between El and Baal in Canaanite
Religion, 1970).

2/ NellAT. 'f ricorre anzitutto (a partire da


Gen 14,18ss.) in diverse espressioni composte de
signanti divinit che appaiono in determinati luo
ghi.
Rispetto allinvocazione tu sei '/ r7 , il Dio che
mi vede (?) (Gen 16,13 J), il nome della Tonte, certo
pi antico, be'r lahaj r'I fonte del vivente, che
mi vede (?) non contiene lelemento /, per cui
il nume non era forse considerato in origine una
divint-El.
Il nome l'fm testimoniato in Bersabea (Gen 21,33 J)
viene confermato in certo qual modo dal dio sole
deUeternit di Ugarit (sps 7/m, PRU V,8) e di Karatpe
(sms llm, KAI nr. 26, A 111,19), come pure da Ulomo
menzionato nella cosmogonia di Mocho (Damascio, De
principiis 125; FGH 784),
In Gen 35,7 (E) 'l bt-'/ Dio (di) Betel contiene
lindicazione di una localit, sebbene b(-'l sia attestato
nellambiente circostante sia come nome di luogo (e di
una pietra) che come nome di un dio (Eissfeldt, KS
1,206-233; H.Donner, Zu Gen 28,22, ZAW 74,1962, 68
70). Lespressione io sono il Dio (di) Betel (31,13 E;
cfr, 28,10ss. ) non pare risalga ad una tradizione antica,
poich il nome ha larticolo (cfr. 35,1.3 /con larticolo),
inoltre non appare pi nella sua connessione originaria

125

b< ' ! DIO

con un luogo e la formula di autopresentazione viene


applicata alla divinit solo in maniera secondaria. Per di
pi in entrambi i casi il testo incerto (cfr. LXX).
Anche 'l saddqj(Gen 17,1; 28,3; 35,11; 48,3; Es 6,3 P),
in connessione con quanto afferma O.Eissfeldl (KS
QI,364 n. 4.396 n. 1; cfr. M.Weippert, ZMDG 111, 1961,
42-62; RBailey, JBL 87, 1968,434-438), stato ritenuto
una particolare forma locale del dio El, p.e. in Ebron; ma
nellAT non compare un simile legame fisso con un
luogo. Soprattutto, attestato sicuramente in periodo
pi antico solo lelemento ^saddqj, di significato incerto
(Num 24,4.16), mentre Gen 43,14 J/E (assimilazione
posteriore a P) e 49,25 (correzione del TM in 3 mano
scritti e traduzioni con assimilazione al nome corrente?)
sono problematici. Ricorrenze attendibili del doppio
nome si hanno quindi solo a partire dal 6 sec. (Ez 10,5
e P), per cui esso pu costituire una combinazione tar
diva, cosa che spiegherebbe !a sua singolarit (mancanza
di connessione con un luogo). Con tale nome P rias
sume le diverse designazioni degli dei dei patriarchi e
delle divinit-El, sottolineando cos la natura particolare
dellepoca dei patriarchi (Gen 17,1 - Es 6,3).

Nessuno di questi nomi divini attestato nella


forma attuale allin fuori dellAT; solo i singoli ele
menti sono parzialmente reperibili nellambiente
circostante. Resta cos incerto se la loro fusione ri
salga ad un tempo antico. Forse le condizioni sto
rico-religiose della Palestina preisraelitica affio
rano solo in modo molto frammentario nellAT,
poich la tradizione le ha rimaneggiate pi profon
damente di quanto solitamente si pensi. Tutte le
designazioni di Dio possono essere riferite a divi
nit distinte da Jahwe solo andando contro il
senso che esse possiedono nel contesto attuale.
Inoltre si possono solo fare delle supposizioni sulla
relazione che intercorre fra le divinit locali nomi
nate nel Gen e quel dio El che i testi semO. pre
sentano legato ad una localit (apparizioni locali
del Dio supremo?). In ogni caso non si deve con
cludere dai diversi epteti che Jahwe fosse origina
riamente una divinit-El.
Le formulazioni, nella misura in cui sembrano ri
salire ad una tradizione antica, sono ben radicate
in Canaan (cfr. anche nomi di luogo comzP*n'f
ecc.). difficile sapere se i nomadi conoscessero
gi una religione fondata su El.
Propriamente solo le formazioni caratteristiche dei
nomi propri teofori (verbo alfimperfetto con
nome divino), p.e. Israele , Ismaele , oppure
in forma ridotta Giacobbe, Isacco, danno
una qualche ragione a questa supposizione. Altre
prove restano incerte.
Lantichit dellespressione / ( il?) Dio di
Israele (in Gen 33,20 E? nome di un altare)
difficile a stabilirsi. Il problema sta nel vedere se
la connessione originaria o secondaria, e se il
D io dIsraele un cd. Dio dei padri (cfr.
R.Smend, Die Bundesformel, 1963, 15.35s.;
H.Seebass, DerErzvater Israel, 1966). In ogni caso
la doppia espressione ha una struttura diversa ri
spetto agli altri nomi divini del Gen formati con
/, e quindi non si pu confrontare con essi.
La formula con cui Dio si presenta a Giacobbe io
sono yl(con larticolo), il Dio di tuo padre (Gen
126

46,3 E), la benedizione di Giacobbe, che con


unespressione singolare promette a Giuseppe
laiuto da parte dello yl di tuo padre (Gen
49,25) e la spiegazione del nome proprio Eliezer
come il Dio di mio padre il mio aiuto , uni
scono tra loro in epoca successiva elementi della
religione fondata su El ed elementi della fede fon
data sul Dio dei padri.
Nel caso che i nomadi abbiano gi invocato le loro
divinit come /, hanno conosciuto i nomi divini
pi specifici, come p.e. ' l 4lm, che permeano i
racconti del Gen, soltanto nei santuari dei territori
di vita sedentaria.
3/ Le ricorrenze pi tardive di 'l rivelano sia
influssi stranieri sia reinterpretazioni da parte
dellAT.
Secondo Giud 9,46 a Sichem veniva venerato un 'l
berlt\ma la tradizione del nome del Dio non unitaria.
Esso suonava anche bala! beri( (Guid 8,33; 9,4), seb
bene El e Baal siano divinit distinte. Inoltre alPinfuori
dellambiente israelita non si hanno finora testimo
nianze di un patto (berit) tra Dio e un gruppo di uo
mini, per cui il senso del nome resta oscuro.

incerto se il titolo / 'ccljn il Dio altissimo


opp. El della sommit, creatore (qnh) del cielo e
della terra (Gen 14,19.22), collegato con Gerusa
lemme, sia una designazione originaria del dio Ei
o non riunisca invece due elementi allinizio indi
pendenti (cfr. dopo Levi della Vida e R.Dussaud
recentemente R.Rendtorff, l.c.). Nei testi di Karatepe, di Leptis Magna, di Paimira e forse di Boghazkj qn rs creatore della terra attestato
come epiteto di El, ma finora manca la contro
parte creatore del cielo . pure incerto se 4ce/jn
fosse alPinizio una divinit a s oppure un epiteto
del dio El. Per lo meno i due dei debbono essere
stati posti in relazione fra loro gi in epoca antica,
poich essi stanno luno accanto allaltro in una
iscrizione di Sfire (KAI nr. 222, A 11; cfr, Fitz
myer, Sef 37s.) e nellAT possono essere collo
cati sullo stesso piano mediante il parallelismo
(Num 24,16; Deut 32,8 txt em; Sai 73,11; 77,
10s.; 78,17s.; 107,11; soprattutto 78,35; cfr.
82,1,6; Is 14,13s.).
Si hanno echi di concezioni orientali, particolar
mente cananee, in Sai 82,1 che parla di una as
semblea di El ( dat-i), in Sai 19,2 che parla
della gloria di El (kebd /; cfr. 29,2), oppure
in Num 23,22 che paragona Dio alle corna del bu
falo (cfr. W.H.Schmidt, Knigtum Gottes in Ugarit und Israel, 21966, 25ss.40ss.83). Anche nelle
parole boriose del re di Babilonia voglio elevare
il mio trono al di sopra delle stelle di El (Is 14,3)
e del principe di Tiro io sono El, siedo su un
trono divino (Ez 28,2) si evita in maniera signi
ficativa il nome divino Jahwe (cfr. anche Deut
32,18; Sai 104,21; Giob 38,41?). In senso stretto
per / non ricorre mai nellAT come nome di
una determinata divinit, ma va inteso sempre
come un appellativo, per quanto sia ancora evi
dente talvolta la sua natura di nome proprio. Cosi
127

quelle spiegazioni che vogliono vedere in alcuni


testi delPAT una superiorit di El su Jahwe (cfr.
Eissfeldt, KS III,389ss.) sono di per s contrarie al
senso del testo.
Il fatto che nelPAT, forse in linguaggio arcaiciz
zante, il termine / venga determinato mediante
laggettivo hqj vivente (Gios 3,10; Os 2,1; Sai
84,3; nel giuramento Giob 27,2; cfr. Sai 42,3.9),
potrebbe essere dovuto alfinflusso non solo del
nome personale tyil (WUS ni. 917), ma anche
delie asserzioni mitiche sulla vita di El (ug. 51
= [II AB], IV 42 ecc.), sebbene El non sia un Dio
che muore e risorge.
Come gi i ben lfm figli degli dei (Sai 29,1;
89,7; cfr. Deut 32,8 txt em), che designavano ori
ginariamente gli dei sottomessi al dio supremo
(Sai 82,1.6), ma nellAT sono solo esseri divini in
feriori (cfr. W.IIerrmann, Die Gottershne,
ZRGG 12, 1960, 242-251; G.Cooke, ZAW 76,
1964, 22-47), cosi anche la domanda di ambiente
politeista chi come te fra gli dei? (Es 15,11)
poteva riferirsi alla corte celeste. Altri paragoni di
diverso genere, espressi sotto forma di domanda,
oppure anche altre affermazioni di incomparabi
lit, che in parte lasciano ancora trasparire l'am
biente storico-religioso da cui provengono, con
tengono la parola l al singolare (Deut 3,24;
33,26; 2Sam 22,32; Is 40,18; Mi 7,18; Sai 77,14;
cfr. 89,7s.).
Al contrario Israele con laggiunta di qann ge
loso ha interpretato la designazione divina
dellantico Oriente partendo dalla propria conce
zione di Dio; un Dio geloso , che - invece di
una mera preferenza - esige dei rapporti esclusivi
e ne punisce la violazione, sconosciuto aHambiente circostante. Solo pi tardi Israele ha de
dotto da questa sua relazione esclusiva un attri
buto di Dio; infatti il riferimento alla gelosia di
Jahwe si trova solo in aggiunte tardive al deca
logo, che vogliono dare un fondamento al primo
comandamento, in Deut e altrove (Es 20,5; 34,14;
Deut 4,24; 5,9; 6,15; cfr. Gios 24,19; Nah 1,2;
-qn").
Infine la fede specifica in Jahwe ha rielaborato la
concezione di /, e lo si nota quando il termine
caratterizzato da apposizioni come straniero, al
tro (hr, zar, nkr) (Es 34,14; Sai 44,21;
81,10; cfr. Deut 32,12; Mal 2,11). Questa delimi
tazione pu anche diventare negazione: lapostasia
andare verso un non-Dio (f-'l Deut 32,21).
In questo caso la relazione con Dio viene determi
nata espressamente, o almeno di fatto, dal primo
comandamento.
4/ Come 'alhJm (1II/3), cos anche l con si
gnificato attenuato pu essere usato in senso com
parativo: le montagne di Dio (Sai 36,7; 50,10
txt em) e i cedri di Dio (Sai 80,11) sono splen
didi per la loro particolare grandezza (forse anche
ls 14,13 stelle di Dio, mentre Giob 41,17
forti, eroi va fatto derivare da #//, cfr. Ez
32,21).
b x 'l DIO

128

Allespressione singolare Jhwh ,L'lhlm (,<plhtm


IV/5) si avvicina Jhwh '! (Sai 10,12), cfr. h'l Jhwh
(Sai 85,9; Is 42,5). Laccumularsi delle designazioni di
Dio in Sai 50,1; Gios 22,22 rappresenta un modo di par
lare solenne ed elevato, e cos pure la costruzione col ge
nitivo, che equivale ad un superlativo, I ylJm Dio
degli dei , ossia il Dio pi alto (Dan 11,36).

IV/ 1/ Sebbene PAT attribuisca a Dio relati


vamente pochi predicati, in periodo tardivo (a par
tire pi o meno dal Deut) frequente luso di "l
unito ad aggettivi; la parola, per la sua genericit,
pu assumere molteplici specificazioni. Il Dio
geloso (vd. sp. 1II/3) veglia su Israele, che con
fida in dei stranieri; il Dio santo (h'f haqqds Is 5,16, secondario) si mostra santo nel giudi
zio. Tuttavia il Dio grande (/gdl Sai 95,3)
pu mettersi dalla parte di Israele (Deut 7,21;
10,17), perdonare la colpa (Ger 32,18; cfr. Neem
l ,5; 9,32; Dan 9,4). La formula di confessione, at
testata anchessa solo in epoca tardiva, l rahum
weharmn Dio misericordioso e benigno o sim.
(Es 34,6; cfr. Deut 4,31; Giona 4,2; Sai 86,15;
Neem 9,31), che non si riferisce ad un evento sto
rico (cosa insolita per FAT), deriva da ambiente
sapienziale, il quale vuol fare cosi unaffermazione
fondamentale e universale sulla natura di Dio; si
potrebbero perci vedere qui gii inizi di una dot
trina sulle propriet di Dio (cfr. R.C.Dentan,
VT 13, 1963, 34-51).
Si possono confrontare designazioni pi precise, come
un Dio giusto = vero (Is 45,21; cfr. 45,15 un Dio
che si nasconde ), un Dio nascosto (Sai 99,8), op
pure il Dio fedele (Deul 7,9). Hanno lo stesso signi
ficato le espressioni composte in stato costrutto: Dio
della fedelt (Deut 32,4 e Sai 31,6; cfr. 68,21). 11 Dio
della vendetta(Sai 94,1; cfr. Ger 51,56) pu essere in
vocato come giudice. Per altre espressioni, in cui I pu
essere anche nome retto (p.e. Sai 78,7 opere di Dio ;
cfr. Giob 37,14) cfr. HAL 48b.

2/ Nella predicazione del Deuteroisaia sulluni


cit di Jahwe ( io sono Dio e nessun altro ) lap
pellativo <?/ (solo in Is 40-46) ha unimportanza
notevole (spec. 40,18; 43,12; 45,22; cfr. 43,10).
Tuttavia qui Jahwe non viene pi identificato con
la divinit El. / non pi un nome proprio, ma
- in parziale parallelismo (45,14s.; 46,9) o in alter
nanza con '^lhm (45,5.18 ecc.; cfr. Ez 28,2.9) un termine comune per indicare semplicemen
te D io , che Jahwe rivendica esclusivamente
per s. Inoltre f compare quando vi una di
sputa con le divinit straniere (Is 45,20; in passi
secondari formare, fare un dio: 44,10.15.17;
46,6).
3/ Nel libro di Giobbe, specialmente nei di
scorsi di Eliu, /(con o senza articolo) - assieme
a '*13h e spesso in parallelo con saddqj - diventa
la designazione pi frequente di Dio, mentre "l hfm scompare quasi completamente (cfr. Fohrer,
KAT XVI,117s.). Luso del termine non dovuto
perci alla tradizione relativa ad /, ma al tema
129

b x ' l DIO

del libro di Giobbe (cfr. p.e. 8,3.20; 13,3; 31,14;


34,5.12).
Questo spiega perch nel libro di Giobbe / non appaia
mai con suffissi (in tal modo la differenza tra Dio e
luomo viene sottolineata pi che nel salterio) n con ag
gettivi qualificativi, per quanto venga accentuata la su
periorit di Dio (36,5.22,26).
Si possono vedere le idee e la tematica di alcuni salmi.
Cosi gli empi secondo Sai 73,11 contestano espli
citamente che il Dio trascendente possa venire a co
noscenza delle azioni degli uomini sulla terra (cfr.
Giob 22,13).

Il periodo tardivo perci in grado di usane comu


nemente la designazione p/, poich non ha pi bi
sogno di distinguere il suo Dio, in quanto Dio di
tutto il mondo (cfr. 'l in cielo : Deut 3,24; Sai
136,26; Lam 3,41), da altri dei.
4/ Pi volte neHAT / Dio e uomo
sono tra loro espressamente contrapposti. Dio
non un uomo, perch possa mentire (Num
23,19) descrive la fedelt di Dio alla sua parola. Il
profeta Osea (11,9) con lantitesi io sono Dio e
non un uomo fonda la sua interpretazione della
santit come amore che perdona anzich come ira
che punisce. La parola di Isaia lEgitto un
uomo e non Dio (31,3) distingue tra forza e de
bolezza. Similmente Ezechiele obietta alParrogante sovrano di Tiro: tu sei un uomo e non
Dio (28,2.9). Infine nel libro di Giobbe (eccetto
32,13) la differenza fra Dio e uomo diventa la con
trapposizione tra ragione e torto: come pu
un uomo aver ragione di fronte a Dio? (9,2,
25,4; cfr. 4,17 ecc.). Lessere di Dio e deHuomo
sono cosi eterogenei che i due non possono
interpellarsi e rispondersi a vicenda, e cio non
possono stabilire tra loro un confronto giudi
ziario (cfr. 9,32).
5/ l permette inoltre di esprimere uno stretto
legame con Dio (cfr. Dio della mia vita Sai
42,9 ecc.); anche questuso del termine, come
pure le invocazioni di preghiera, potrebbero risen
tire di un modo di parlare comune nellambiente
vicino ad Israele (cfr. sulle preghiere babilonesi
p.e. J.Begrich, ZAW 46, 1928, 236.242.244s.).
Mio Dio (non si hanno suffissi della 2a e della
3a pers., come pure della l a plur.) linvocazione
del singolo, specialmente nelle lamentazioni e ne
gli inni di ringraziamento: la frase mio Dio, mio
Dio, perch mi hai abbandonato? (Sai 22,2; an
che 18,3; 63,2; 102,25; Es 15,2; detta dal re Sai
89,27; cfr. 68,25), e la confessione tu sei il mio
Dio , esprimono fiducia (Sai 22,11; 118,28; 140,7;
davanti alFimmagine dellidolo Is 44,17; cfr. Eissfeldt, KS 111,35-47). Tuttavia / al vocativo, anche
senza suffisso, pu essere invocazione del singolo
(Sai 16,1; 17,6; cfr. 10,12; 31,6) e della comunit
(Sai 83,2; 90,2; Num 16,22; cfr. Kimmn *l Ts
7,14; 8,8.10, -Vm).
V/

idhim.

WH.Schmidt
130

rK
'ia MALEDIZIONE
T T
1/ La radice 7/z (7w) maledire pare attestata
solo in ebr., fen. e arab.
D fen. 71 rilevato in un amuleto di Arslan Tas(KAI II,
nr, 27) significa nella r. 9 patto e nelle r. 13.14.15
maledizione (KAI 11,45 secondo Th.C.Gaster, Or NS
11, 1942, 65s.; altri significati in DISO 14). Il termine
giaud. VA che si trova in KAI nr. 215, r. 2, e per il quale
DISO 14 propone conspiration (?), non ha nessun
rapporto con la nostra radice secondo KAI 11,223.225.
Larab. / (Av IV) vuol dire giurare , cfr. J.Pedersen,
Der Eid bei den Semiten, 1914, 12s.
Lacc. i'iu contratto (AHw 373b) collegato con e'lu
vincolare (con contratto) (AHw I89a) e non ha al
cuna affinit di radice con lebr. 'ol. Luso del termine
ebr: "ia analogo anzitutto a quello delFacc. marnitu,
cfr. Pedersen, l.c., 82; H.C.Brichto, The Problem of
Curse in th Hebrew Bible, 1963, 16s.71-76; AHw
599s.

Il verbo VA possiede il qal e lhi.; oltre al sost, "ia


possiamo citare unaltra derivazione to'al male
dizione (avvenuta) (cos J.Scharbert, Bibl. 39,
1958; cfr. per Brichto, Le., 69).
2/ Nellebr. delFAT la radice con i suoi derivati
compare 43x: qal e hi. 3x ciascuno (in ISam 14,24
si deve leggere probabilmente wqj/'al), 'ia 36x,
ta'a/ lx (Lam 3,65).
Va rilevato che nelle narrazioni antiche luso di questi
termini relativamente raro (Gen 24,41.41; 26,28;
Giud. 17,2; ISam 14,24), mentre pi frequente nei pro
feti (13x).

3/ a) ''ia una voce che appartiene fondamen


talmente alla sfera del diritto. A differenza di /r
maledire, colpire con anatema, qfl pi. o l
traggiare, maledire e di altre espressioni che in
dicano unoffendere con parole (cfr. J.Scharbert,
Fluchen und Segnen im AT, Bibl 39,1958,
1-26; H.C.Brichto, The Problem of Curse in
th Hebrew Bible, 1963), il termine *ia, secondo
F.Horst, RGG V, 1651, designa la maledizio
ne come espediente giuridico a garanzia di un
giuramento (Gen 24,41; Os 4,2; Neem 10,30),
di un contratto (Gen 26,28; Ez 17,19), di un
patto (Deut 29,19s.; 2Cron 34,24), come maledi
zione nellordalia (Num 5,21) e come vendetta
giuridica contro ladri, spergiuri e complici
sconosciuti (Giud 17,2s.; Lev 5,1; Zac 5,3; Prov
29,24) .
Si tratta di una maledizione condizionata che il
soggetto interessato rivolge a se stesso oppure ad
dossa ad unaltra persona. Essa quindi compare
nei giuramenti (s) ai quali si unisce come san
zione una maledizione, e che si trovano nella parte
conclusiva della stipulazione di un contratto o
di unalleanza (~berit) (b); daltro lato essa
usata quando si vuol collocare altre persone,
conosciute o sconosciute, sotto una maledizione
(Brichto, l.c. 41: adjuration [= giuramen
to solenne]), per far valere un ordine o per
131

far eseguire la punizione dei trasgressori di una


legge (c). In ambedue i casi si parla talvolta per
metonimia.
b) La met circa dei passi in cui compare ia
sono in rapporto effettivo con un giuramento
(sfr ni./hi., sebl) e unalleanza {bent\ anche
-tta in quanto legge scritta e vincolante). Si in
tende a questo modo anzitutto la sanzione che
presente in ogni giuramento e che viene formulata
con una maledizione condizionata contro se stessi,
la maledizione che si realizza nel caso di una in
fedelt al giuramento, ma anche per metonimia
(come pars pr toto) l'impegno assunto con il giu
ramento o il contratto stesso.
La traduzione (sanzione di) maledizione va bene in
Deut 29,19 (con rbs piombare sopra).20 {' l t
habben t le maledizioni dellalleanza); 30,7; Is 24,6
(con / divorare ; cfr. v. 5 *///; similmente Ger 23,10
txt? senza ber it ) \ Dan 9,11 (par. V b tf , scritta nella lr
di Mos); 2Cron 34,24 (scritta nel libro). Con giura
mento si pu tradurre in Gen 24,41.41 (con nqh min
essere esente ; cfr. v. 8 W , v. 3.9.37 W)\ Ez 16,59
e 17,16.18.19 (con bzh disprezzare, par. p rr hi. b er i t
violare lalleanza); Os 10,4 (VA inf. saw' giurare il
falso , accanto a ben t ) \ Neem 10,30 (/ e seb tf come
endiadi). Un contratto stipulato con giuramento si ha in
Gen 26,28; Deut 19,11.13.18; Ez 17,13 (ogni volta in par.
con b erit).
In Ger 29,18; 42,18; 44,12 i giudei apostati vengono in
dicati come (esempio di) maledizione ; questo signifi
cato esteso compare qui, in modo significativo, solo in
una serie di sinonimi: orrore, scherno opp. esecrazione
{qell\ obbrobrio .

c) Maledizioni condizionate verso altre persone si


trovano in contesti molto diversi tra loro, ma che
hanno qualcosa in comune: la ia un mezzo le
gale (nel retto uso) per ottenere losservanza delle
leggi quando esse vengono proclamate pubblica
mente, e quando si annuncia un giudizio divino;
chi non osservante, oppure il colpevole, sar col
pito dalla maledizione.
Saul pone il suo esercito sotto una maledizione (VA hi.;
non far giurare , cfr. Brichto, l.c., 45-48) nel caso che
qualcuno trasgredisca lordine di astenersi dal cibo
( ISam 14,24); Lev 5,1 parla di un leste che in una causa
giudiziaria non obbedisce alla convocazione pubblica a
presentarsi, convocazione alla quale, nel caso di inadem
pienza, legata una maledizione (ql l\ cfr. Elliger,
HAT 4,73; diversamente Noth, ATD 6,33); Prov 29,24
parla di un ricettatore che viene coinvolto in una male
dizione pubblica di un ladro che egli naturalmente non
vuol denunciare; Giud 17,2 parla di un ladro confesso
per il quale la precedente maledizione (VA q.) viene revo
cata da una benedizione (brk solo qui e in Deut 29,18
con 'ia), hi Zac 5,3 si rappresenta la 'ia con un rotofo
contemplato in visione: si tratta della maledizione di
Jahwe sui ladri e gli spergiuri.
In Num 5,11-31 nel contesto di unordalia (cfr. R.Press,
ZAW 51, 1933,122ss.) nei confronti di una donna indi
ziata di adulterio, si parla non di una maledizione che la
donna deve pronunciare su se stessa, ma di una maledi
zione condizionata pronunciata dal sacerdote (v. 21aa
con seb'\ v. 23 plur.), che si realizzer in caso di colpa

r 6 x 'alci M A L E D IZ IO N E

132

(Brichto, l.c., 48-52); la donna diventa allora (esempio


di) maledizione, imprecazione (v. 21aj3.27; uso metoni
mico di ia, cfr. Scharbert, l.c., 5.1ls.)- Similmente yl un mezzo legale (ma pericoloso) contro un nemico
in Re 8,31 (VA hi. e 2x 'ia (1. b\i in v. 3Ib]; par.
2Cron 6,22) e in Giob 31,30 (cos Brichto, l.c., 52-56; di
versamente Noth, BK IX ,186: giuramento di purifica
zione da parte dellindiziato).
Poich una simile maledizione condizionata sempre
unita ad unaccusa, / pu assumere anche il valore di
accusa (Os 4,2 e Sai 59,13 con khs\Sai 10,7 in un
comportamento ingiusto; Brichto, l.c., 56-59).

4/ a) In quanto sia la maledizione condizionata


di se stessi nei contratti tra persone, sia la male
dizione condizionata degli altri quale mezzo giuri
dico, sono intimamente legate alla garanzia divina
di un retto ordinamento (Jahwe ascolta la ia,
Re 8,31s. = 2Cron 6,22s., e agisce di conse
guenza, Num 5,21 ; Ez 17,15-19; egli stesso pro
cede contro labuso della *ia, Os 4,2 e 10,4, op
pure la pone in atto, Zac 5,3; cfr. per anche la 9ia
che si arresta di fronte alla benedizione in Giud
17,2), la loro importanza e la loro valutazione
oscillano a seconda che Dio venga o meno preso
sul serio. In casi abnormi la "ia pu essere usata
senza alcun scrupolo a disprezzo di Dio e conse
guentemente a danno del prossimo (cfr. Os 4,2;
10,4; Sai 10,7; 59,13; Giob 31,30 per il diritto pri
vato; Ez 17,13.16.18.19 per il diritto intemazio
nale). Esempi di una 'ala pronunciata con intento
legittimo si trovano in Gen 24,41; 26,28; Giud
17,2; ISam 14,24; Prov 29,24; naturalmente sono
di questo tipo anche gli accenni generici alla isti
tuzione come tale in l^ev 5,1; Num 5,21-27; Re
8,31 = 2Cron 6,22; cfr. Zac 5,3.
b) La ia assume significato e rilevanza teologica
soprattutto quando una sanzione nelfambito di
un patto tra Jahwe e Israele (15 passi a partire da
Ger e Deut). La maledizione solo una possibilit
al momento della stipulazione dellalleanza (Deut
29,11-20; Neem 10,30), diventer per manifesta
quando lapostasia verr condannata (Is 24,6; Ger
23,10; 29,18; 42,18; 44,12; Ez 16,59; Dan 9,11;
2Cron 34,24); se il popolo si converte, le maledi
zioni non colpiscono Israele, ma i suoi nemici
(Deut 30,7).
5/ Negli scritti di Qumran si preferisce soprat
tutto lespressione lt habbent maledizioni
dellalleanza , che deriva da Deut 29,20 (1QS
2,16; 5,12; CD 15,2s.; cfr. 1,17; inoltre sebat ha'ala in CD 9,12). ;
l LXX traducono di preferenza con p e deri
vati, pi raramente con opxot; e i suoi derivati.
Nel NT vengono meno sensibilmente le conce
zioni legate al termine ia, sia per le mutate situa
zioni giuridiche sia per il rifiuto opposto alla pra
tica dei giuramenti. Cfr. L.Brun, Segen und Fluch
im Urchristentum, 1932; F.Buchsel, art.pa,
ThW 1,449-452 (= GLNT 1,1197-1206); J.Schneider, art. Sp*o<;, ThW V,458-467 (= GLNT
Viri,1281-1308).
C.A.Keller

133 DVfW

" l h im

DIO

TN

'V h m

DIO

1/ Letimologia delia parola <el5him - come


quella di / - controversa.
1/ Poich il sing. (*lah ricorre nellAT, salvo
poche eccezioni, solo in testi postesilici (vd. st. II),
si pu pensare che il sing. presupponga il plur.
lhfm. Solo in base allebraico si potrebbe quindi
concludere che 'xlhim (con 'hm) una forma
plurale di <?/, dalla quale stato tratto in seguito
un sing.
Una conferma potrebbe venire dallug. (ma solo con una
certa cautela, poich i testi non sono del tutto sicuri),
dove sembra che il plur. di Ut dea sia Hfu e oltre al
plur. masc. ilm si trova forse anche Uhm (WUS nr. 182;
UT nr. 163 e 8,8).

Tuttavia in aram. (DISO 14) e in arab. (ma non in


acc.) il sing. *'ilh ricorre gi in epoca antica, per
cui sembra meglio far derivare <sldhini da ilh.
In ogni caso non si deve supporre per 'Hh uneti
mologia propria, distinta da *7/, ma si deve pen
sare ad unaffinit dei due termini, nel senso che
il pi antico *7/ ha subito in seguito un amplia
mento di radice. impossibile una derivazione
dalfarab. 'a/iha aver timore (p.e. Knig,
Syntax 263a), come pure un legame diretto con
'l/'ldn albero (F.Zimmermann, VT 12,
1962, 190-195). Il fatto che <c/dhTm non si trovi
mai in nomi di localit e di persona, ma venga so
stituito in tal caso da /, potrebbe significare che
Israele conosceva bene la relazione che esisteva tra
le due designazioni divine.
2/ Di solito si considera >fEIdfiim un plurale
astratto, un plurale di intensit, oppure un plurale
di eccellenza o di sovranit (Knig, Syntax 163;
GK 124g). Ma in questo modo non si spiega
bene il fatto che la parola, a quanto pare, ha sem
pre designato anche il plurale numerico dei
(vd. st. m /l). Nel caso che si voglia ricondurre
questo duplice uso ad unorigine unitaria, si pu
supporre allora che un vero e proprio plurale ori
ginario stato inteso pi tardi, o anche subito,
come un plurale astratto. Resta per problematico
se questa espressione sia un tentativo di ricon
durre aHunit le potenze divine . In ogni caso
il senso singolare della forma plurale pacifico per
lAT; infatti il termine viene sempre usato senza
alcuna limitazione (sospetto di politeismo).
Un certo parallelo si ha nel plur. HnJ-ja, che viene usato
nelle lettere di Amarna per rivolgersi al faraone, e in /m,
che viene usato in fen, come epiteto di un dio (cfr. spec.
J.Hehn, Die bblische und die babylonische Gottesidee,
1913, 168ss.; W.Rollig, FS Friedrich 1959, 403*416; an
che O.Eissfeldt, El im ugaritischen Pantheon, 1951,
27s.). Non possibile stabilire fino a che punto questo
modo di parlare (forma plurale con significato singolare)
riveli delle tendenze monoteistiche. Del resto non an
cora dimostrabile con certezza che Israele abbia preso dai
cananei il termine,<rlhim , sia nel suo significato plurale
sia in quello singolare.

134

11/ 1/* '**lhlm con 2600 ricorrenze , dopo


ben figlio , il secondo dei sostantivi pi fre
quenti nel PAT.
Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Gioe
Am
Abd
Giona
Mi
Pentateuco
Gios - 2Re
Profeti
Ketubim
AT ebr. totale

219
139
53
27
374
76
73
100
54
107
97
94
145
36
26
11
14
-

16
M

Nah
Ab
Sof
Agg
Zac
Mal
Sai
Giob
Prov
Cant
Rut
Lam
Eccle
Est
Dan
Esd
Neem
lCron
2Cron

1
2
S
3
II
1
365
17
5

40

22
55
70
118
203

812
507
382
899
2600

Nella precedente tabella 2Re 17,31 K letto '*lah.


Lis. elenca due volte IRe 1,47 (K/Q), cos pure Mand.
per Gen 21,4; Sai 108,6.8. Non vengono calcolate le va
rianti di 2Sam 7,22a e lCron 15,2b,che mancano nel co
dice di Leningrado.

Si hanno anche 58 ricorrenze di 1{ldah: 41x in


Giob 3-40; inoltre sporadicamente Sai e Dan 4x,
Deut e Ab 2x, 2Re, Is, Prov, Neem e 2Cron lx.
Le parti aramaiche delPAT contengono aldh 95x
(17x plur., di cui 4x in senso sing.): Ger 10,11 lx,
Dan 51x, Esd 43x.
2/ Per quanto riguarda la distribuzione delle ri
correnze di >celhm, accenniamo solo ad una par
ticolarit: i profeti, eccettuato il racconto di Giona,
evitano ,<plhm senza aggiunte come soggetto
della frase (cfr. Lis 97c), poich per essi questa de
signazione divina troppo poco concreta, mentre
il termine in tale posizione frequente nel Penta
teuco e nelPopera deuteronomistica e cronistica.
Nel libro di Giobbe, tralasciando la cornice narra
tiva, 'njhim cede quasi completamente il posto a
l (cfr. ivi IV/3) ed y<rldah (cfr. Fohrer, ICAT
XVI,117s.). Nel resto delPAT il sing. '^l^h ab
bastanza raro ed inoltre ricorre quasi esclusiva
mente in testi poetici (Deut 32,15.17; Is 44,8; Ab
3,3; Sai 18,32; 50,22; 139,19; Prov 30,5; Dan
11,37-39). La parola non ha mai Particolo (una
volta un suffisso: Ab 1,11; in espressioni compo
ste anche in Sai 114,7; Neem 9,17); questo per
potrebbe essere dovuto alla lingua, che qui pi
elevata e poetica. Di regola il sing. presuppone gi
il passaggio dalla designazione generica Dio al
nome proprio (cfr. per Dan ll,37ss.).
135

Ili/
Diversamente da l, ^ lhm in origine
solo una semplice designazione d Dio, non un
nome divino, ma nel corso della storia esso acqui
sta il carattere di nome proprio, tanto che lhm
pu comparire senza articolo (Gen 1,1; GK 1250
oppure, al vocativo, pu esprimere uninvocazione
a Dio (Sai 5,11; 51,3 ecc.). Tuttavia il termine
non significa solo (il) Dio, ma anche (gli)
dei (111/1). Nel seguito della nostra esposizione
- tenendo presente che a causa delle numerose ri
correnze la citazione dei testi potr essere in ge
nere solo esemplificativa - per quanto riguarda
luso del termine verranno trattati in III/1-7 gli
aspetti prevalentemente grammaticali-semasiologici e storico-religiosi, in IV /1-6 quelli prevalente
mente teologici.
1/
lhm viene adoperato per divinit stra
niere, con un genitivo che indica lambiente in cui
esse sono venerate: dei dEgitto (Es 12,12; Ger
43,12s.; cfr. Giud 10,6; 2Re 17,31 Q; 18,34s.;
2Cron 28,23). In altre espressioni si d rilievo
allesclusivit e allassenza di raffigurazioni, carat
teristiche dell'autentica adorazione di Dio: dei
degli stranieri (Gen 35,2.4; Giud 10,16; ISam
7,3; cfr. Deut 31,16; Ger 5,19), dei dei popoli
(Deut 6,14; Giud 2,12; Sai 96,5; cfr. 2Re 19,12
ecc.), dei delle nazioni (2Re 18,35; gli assiri ri
spetto a Jahwe 17,26s.), dei della terra (Sof
2,11), altri dei (Os 3,1; frequente in Deut, Dtr,
Ger - da intendere in parte come singolare, cfr.
in/2?), tutti gli dei (Es 18,11; Sai 95,3; 96,4;
97,7.9; 2Cron 2,4), dei dargento e doro (Es
20,23; cfr. 34,17; Lev 19,4).
La forma plurale viene usata anche per singole divinit
straniere (Giud 11,24; 2Re 1,2; 19,37; cfr. Am 5,26 lastro
del vostro dio ; 8,14; Num 25,2; sing.: Dan 1l,37ss.; Deut
32,17), ma anche per la divinit femminile Astarte (IRe
11,5.33; cfr. lCron 10,10con ISam 31,10), poich manca in
ebraico unespressione per dea .

2/ Come designazione del Dio dIsraele '*1hl m


viene di norma costruito col sing. (Gen 1,1; Sai
7,10; 2Re 19,4), pu per essere unito anche ad un
attributo o ad un predicato plurale, senza che il si
gnificato cambi. Talvolta le due possibilit coesi
stono assieme: lhJm tyajfm D io vivente
(Deul 5,26; ISam 17,26.36; Ger 10,10; 23,36) e an
che lhm hai (2Re 19,4.16; cfr. 2Sam 2,27),
Dio santo (Gios 24,19 accanto a ISam 6,20);
cfr. anche Deut 4,7; ISam 4,8; 28,13; Sai 58,12
(GK 132h; Konig, Syntax 263c). Le ricorrenze
col verbo al plurale (a prescindere da IRe 19,2;
20,10, dove come in ISam 4,8 chi parla non appar
tiene ad Israele) sono in genere ambigue: Gen
20,13 E (al riguardo H.Strade, Die Genesis, *1905,
77); 35,7 E (cfr. Gunkel, Gen 224); cfr. 31,53 J; Es
22,8; ISam 2,25. La formula di confessione. IRe
12,28, come anche Es 32,4.8, volutamente am
bigua, per stigmatizzare come idolatria la venera
zione del toro. In seguito la costruzione a! plurale
viene evitata per timore di equivoco (cfr.
Neem 9,18 con Es 32,4.8; lCron 17,21 con 2Sam
D 'r X '"lhm DIO

136

7,23; GK 145i). Queste particolarit linguistiche


non permettono di trarre conseguenze storico-re
ligiose su di un politeismo originario di Israele, che
si sarebbe conservato soprattutto nellElohista.
3/
Il significato di lhfm si estende, oltre che
a Dio , a divinit protettrici, agli spiriti dei
morti, fino ad assumere un uso traslato, e anche
il senso attenuato di un superlativo.
Secondo Es 21,6 (abbrevialo Deut 15,17) uno schiavo
che vuol rimanere costantemente presso il padrone,
viene condotto, per ricevere un segno, davanti a Dio
oppure alla porta . y<rlhfm sono qui le divinit dome
stiche protettrici della famiglia (cfr. Gen 31,30; anche
Giud 18,24). In senso analogo sono da intendersi le pre
scrizioni di Es 22,7s.: in questioni giuridiche private e ir
risolvibili ci si rivolgeva un tempo agli dei domestici
(,fllhJm ha il significato di giudici anche in Es
18,19; 22,27; ISam 2,25; Sai 82,1; non in 138,1; cfr.
A.E.Draffkom, JBL 76, 1957, 216-224; H.W.Jingling,
Der Tod der Gtter, 1969, 24ss.; W.Beyerlin, Die Rettung der RedrSngten in den Feindpsalmen der Einzelnen auf institutionelle Zusammenhnge untersucht,
1970, 56s.).
Gli spiriti dei morti possono essere chiamali ^ lhfm
(ISam 28,13; is 8,19; cfr. Mi 3,7?), sebbene non possano
per propria iniziativa intervenire nella vita degli uomini,
ma possano solo parlare (di notte) se sono interrogati e
(nonostante ISam 28,14) non ricevano nessun culto (cfr.
LWchter, Der Tod im AT, 1967, 192).
In determinate espressioni composte come uomo di
Dio o spirito di Dio (vd. st. UI/6) ,celhfm ha forse
solo il senso indebolito di divino o perfino demo
niaco .
Il re viene chiamato ,a?lhfm nel passo contestato di Sai
45,7. Zac 12,8 promette per quel giorno: persino il
pi debole abitante di Gerusalemme diventer forte
come Davide, e la casa di Davide diventer come iwl~
hm , che una glossa attenua in angelo di Jahwe (Giud
13,22 al contrario designa langelo di Jahwe come
lhfm).
Si ha un senso figurato e traslato di ,a?lhfm quando si
precisa la relazione che intercorre tra Mos, in quanto
assegna dei compiti, e Aronne che parla come profeta:
egli sar per te la bocca, e tu sarai per lui Dio (Es
4,16; cfr. 7,1).
Al pari di / (Il 1/4) anche ?lhfm pu essere usato in
funzione comparativa: montagna di D io (Sai 68,16;
cfr. 36,7), una citt grande per Dio (= oltre misura)
(Giona 3,3), sapienza di Dio ( l Re 3,28), spavento
di D io (ISam 14,15; cfr. Gen 35,5; 2Cron 20,29). Qui
tuttavia * lhfm non perde del tutto il suo significato,
poich la comparazione consiste nel porre in relazione
con Dio la cosa (o la persona) in questione, p.e. tuono
terribile (= inviato da Do?) (Es 9,28; cfr. 9,23), oppure
accampamento di Dio (Gen 32,3; lCron 12,23); cfr.
anche principe di Dio (Gen 23,6), battaglie di Dio
(Gen 30,8), fuoco di Dio (2Re 1,12; Giob 1,16), forse
soffio di Dio (Gen 1,2), favore di Dio (vd. st. Hl/7);
su questo punto recentemente D.WThomas, VT 3,1953,
209-224; 18, 1968, 120-124; F.Dexinger, Sturzder Goltersohne oder Engel vor der Sintflut?, 1966, 41ss. Perci il
senso della parola 'ivlhim nella maggior parte dei casi non
si pu stabilire con sicurezza; ci sono varie sfumature. Inol
tre ognuna di tali espressioni composte va spiegata in base
alla sua origine; in parte esse sono gi noie da un punto di
vista storico-religioso, in parte si tratta invece di formazioni
tardive (cfr. anche 1II/5).

137

CITK 'Vhtm DIO

4/ Le tradizioni pi antiche in cui 'xlhfm saidamente radicato sono quelle dei nomi degli dei
dei padri e della montagna di Dio . Al contra
rio sembra che la tradizione della guerra di
Jahwe in origine non conoscesse il termine, po
ich nellespressione popolo di Dio, che desi
gna le milizie (Giud 20,2 rispetto a 5,11.13 po
polo di Jahwe ; cfr. 2Sam 14,13), e neHesclamazione Dio ha dato i nemici nelle vostre mani
(Giud 7,14; 8,3; 18,10; cfr. ISam 23,14), 'lhfm
subentrato al nome di Jahwe oppure allio divino
(cfr. G. von Rad, Der Heilige Krieg im alten
Israel, 31958, 7ss.).
Nella tradizione dei patriarchi ('ab IV /1) 'lhfm
ricorre in due espressioni distinte, risalenti en
trambi ad un periodo molto antico: Do di
mio/tuo padre (Gen 31,5.29 txt em; 46,3; cfr. Es
15,2; 18,4 ecc.) e Dio di Abramo (Gen 31,42),
menlre Dio di mio padre Abramo (32,10; cfr.
26,24 ecc.) rappresenta una forma mista. Nel giu
ramento che Giacobbe e Labano si prestano a vi
cenda dopo aver concluso un patto riguardante i
confini, entrambi i contraenti invocano il loro Dio
come custode del trattalo: il Dio di bramo e il
Dio di Nacor debbono giudicare tra noi (Gen
31,53). Qui si pu ancora vedere come le due di
vinit fossero un tempo distinte, mentre una
glossa sembra ricondurle ambedue al Dio del
loro padre. Sono chiaramente posteriori le for
mulazioni come Dio di tuo padre, Dio di
Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe (Es
3,6), oppure Dio dei vostri padri (3,13.15s.; cfr.
4,5), che collegano tra loro i singoli dei dei padri
e li identificano con Jahwe. LAT pur con diffe
renti designazioni si riferisce esclusivamente al
Dio di Israele, per cui solo contro il senso attuale
dei testi si pu risalire ad una forma precedente,
e nei singoli casi diffcile stabilire fino a che
punto la tradizione sussista ancora nel suo stadio
primitivo (cfr. sul Dio dei padri, dopo Alt, KS 1,1
78, la bibliogn in K.T.Andersen, StTh 16, 1962,
170-188; M.Haran, ASTI 4, 1965, 30-55).
In seguito, nei discorsi d apertura e di chiusu
ra del Deut e specialmente nelle Cron, sono mol
to frequenti designazioni come Dio dei
tuoi/suoi/nostri/vostri padri o sim., che espri
mono il legame della propria fede con la tradi
zione. Ma anche lespressione Dio di Gia
cobbe , la cui antichit resta indefinita (e lo
stesso vale per Dio di Isacco , Gen 28,3), acqui
sta una notevole importanza, particolarmente nel
culto (2Sam 23,1; Is 2,3; Sai 20,2; 46,8.12; 84,9
ecc.; G.Wanke, Die Zionstheologie der Korachiten in ihrem traditonsgeschichtlichen Zusammenhang, 1966, 54ss.); cfr. Dio di Abramo in
Sai 47,10 (IRe 18,36). Hanno una forma analoga
le espressioni Dio di tuo padre Davide (2Re
20,5 = Is 38,5; 2Cron 21,12), Dio di Elia (2Re
2,14), ma anche Dio di Sem (Gen 9,26).
Come il Dio dei padri, corrispondentemente al
suo nome, legato agli uomini, cos anche la tra
dizione della montagna di D io (Es 3,1; 4,27;
138

18,5; 24,13, in parte E) esprime il legame di un dio


con una localit, che si deve visitare per sperimen
tare la presenza divina. Poich (eccettuato Es
24,13) le narrazioni del Sinai e della monta
gna di Dio sono tra loro distinte, non del tutto
chiaro se le due tradizioni si riferiscano allo stesso
luogo. Nel caso che abbiano avuto unorigine co
mune, sarebbe ancor pi sorprendente constatare
quanto si siano poi staccate fra loro. La tradizione
della montagna di Dio ambientata tra i ma
dianiti (cfr. la comunit cultuale di Es 18,12), di
cui tace la narrazione del Sinai; essa per non pre
senta alcuna teofania corrispondente a Es 19,16ss.
(cfr, tuttal pi Es 3).
5/ Soprattutto nelle tradizioni di Gerusalemme
sopravvivono determinate concezioni mitiche
dellantico Oriente, che si manifestano nelle
espressioni citt di Dio (Sai 46,5; 48,2.9; 87,3),
fiume di Dio (Sai 65,10), montagna di Dio
(Ez 28,14.16; cfr. 28,2; Sai 68,16; IRe 19,8), giar
dino di Dio (Ez 28,13; 31,8s.; cfr. Is 51,3); cfr.
anche nella tradizione di Mos verga di Dio
(Es 4,20; 17,9), dito di Dio (Es 8,15; 31,18;
Deut 9,10) e scrittura di Dio (Es 32,16). Come
i ben lim - unespressione attestata anche al di
fuori delPAT e perci forse pi antica - anche i
ben i(elhm (Gen 6,2.4; Giob 1,6; 2,1; 38,7; cfr,
Dan 3,25) sono i figli di Dio sottomessi a
Jahwe, ossia esseri divini.
Nel racconto mitico Gen 6,1-4 ad essi attribuito un po
tere ancora pi grande di quello che hanno nella cornice
narrativa de! libro di Giobbe, dove formano ancora sol
tanto unassemblea celeste sottomessa. Tuttavia anche
nella narrazione del matrimonio degli angeli si eli
mina la concezione su cui ci si fonda, e cio che
dallunione tra dei ed esseri umani nacquero i giganti; il
mito rielaborato secondo la visione che Israele ha della
propria storia, per mttere in luce la responsabilit e la
colpa delluomo.
Anche altrove Israele ha subordinato a Dio potenze stra
niere. Per esempio nella scena mitica di giudizio del Sai
82 si pronuncia sugli dei (v. 1.6 >a7hiirt) la sentenza
di morte, perch essi non sono capaci di render giustizia
allindigente (Sai 58,2ss.).

6/ significativo il fatto che le espressioni a ca


rattere mitico sopra citate, come pure ia forma su
perlativa (vd. sp. III/3; cfr. anche TV/5), solo ra
ramente siano formate col nome Jahwe e quasi
sempre con Pappellativo Dio. Soprattutto, ,fl7dhm ricorre con frequenza sorprendente in espres
sioni composte ormai fisse, specialmente nel lin
guaggio arcaico gi preformato (su III/6-7 cfr.
F.BaumgarteJ, Elohim ausserhalb des Pentateuch,
1914). Come nelPAT non si conosce unespres
sione figli di Jahwe analoga a figli di Dio
(forse si respinge a questo modo la concezione di
una paternit, che vi sottintesa), cosi manca, pa
rallelamente al lespressione s (ha) CElhim
uomo di Dio , una designazione analoga con
Jahwe. Altre espressioni composte sono pi o
meno riservate a (elhni o acquistano una carat
139

teristica particolare con questo termine usato


come nome comune.
Il titolo uomo di Dio (che non attestato al
plur.) ricorre soprattutto nelle narrazioni di Elia e
specialmente di Eliseo, le quali designano i profeti
come operatori di prodigi (a partire da IRe 17,18);
esso ricorre tra laltro anche per Samuele (ISam
9,6ss.) e fu applicato a Mos (Deut 33,1; Gios
14,6; Sai 90,1; lCron 23,14; 2Cron 30,16; Esd 3,2)
e in Cron a Davide (2Cron 8,14; Neem 12,24.36;
cfr. anche R.Rendtorff, ThW VI, 809). Cfr.
espressioni analoghe, come consacrato di Dio
(Giud 13,5.7; 16,17) o principe di Dio (Gen
23,6).
La designazione comune arca di Dio (ISam
3,3; 4,1 Is.) potrebbe essere pi antica del nome
specificamente israelitico arca di Jahwe (Dio de
gli eserciti) (ISam 4,6; 2Sam 6,2). Espressioni s
mili sono anche arca dellalleanza di Dio (Giud
20,27), arca del Dio dIsraele (ISam 5,7ss.; cfr.
J.Maier, Das altisraelitische Ladeheiligtum, 1965,
82ss.).
Casa di Dio (Gen 28,17.22; Giud 9,27; 17,5;
18,31; cfr. Ger 43,12s. ecc.) diventa nellopera sto
rica del cronista un termine frequente per indicare
il tempio (Esd 1,4; 4,24ss. ecc.), sebbene non sia
chiaro perch tale espressione si alterni con casa
di Jahwe (p.e. 2Cron 28,24). Il titolo sovrinten
dente (ngcf) della casa di D io (Neem 11,11;
lCron 9,11; 2Cron 31,13; 35,8) rimane per fsso.
Nel nome cibo di Dio (Lev 21,6.8.17.21 s.;
22,25) si conservata una concezione arcaica del
sacrificio, che in queste leggi citate viene in parte
illustrata con lespressione meno imbarazzante
iss Jhwh sacrifici di fuoco per Jahwe ; cfr. de
signazioni simili in Lev 21,12; 23,14; Num 6,7;
forse Sai 51,19.
In Ezechiele (1,1; 8,3; 40,2; cfr. 11,24; 43,3) si
trova lespressione fissa visioni di Dio per in
dicare laccoglimento della rivelazione profetica.
Lo spirito di Dio (rah) viene sul profeta
(Num 24,2; ISam 10,10; 11,6; 19,20.23; Ez 11,24;
2Cron 15,1; 24,20), concede sapienza (Gen 41,38;
Es 31,3; 35,31) e rende capaci di interpretare i so
gni (cfr. Dan 4,6 spirito degli dei santi con
2,28.47), ma rappresenta anche la forza vitale
delPuomo (Giob 27,3). In ISam 16,14-16 (cfr.
16,23; 18,10) uno spirito malvagio inviato da
Jahwe viene distinto come spirito di Dio dallo
spirito di Jahwe . Forse qui >CPlhm ha il signi
ficato attenuato di divino-demoniaco.
Anche altre espressioni sembrano rappresentare
modi di dire fissi, per quanto esse non si limitino
per nulla alla costruzione con ,<clhm, come ti
morato d D io (Gen 22,12; Es 18,21; Giob 1,1;
Eccle 7,18 ecc.), temere Dio (Es 1,17.21; Giob
1,9 ecc.), maledire (opp. eufemisticamente: be
nedire) Dio (ISam 3,13 txt em; Giob 1,5; 2,9;
cfr. Deut 21,23 maledizione di Dio ), interro
gare Dio (Giud 18,5; 20,18; ISam 14,36s.),
detto di D io (Giud 3,20; ISam 9,27; 2Sam
16,23; cfr. IRe 12,22; Mi 3,7) oppure conoscenza
DVK "*lhm DIO

140

di Dio (Os 4,1; 6,6; Prov 2,5), Tali connessioni


si riferiscono talvolta intenzionalmente alla divi
nit (cfr. anche la negazione di Dio st. IV/5).
7/ uelhJm ricorre inoltre in modi di dire pi o
meno fissi, come Dio mi faccia questo e questo
o sim. (ISam 3,17 ecc.; plurale nel caso di non
israeliti: Re 19,2; 20,10; diversamente ISam
20,13; Rut 1,17), maledire (opp. eufemistica
mente: benedire) Dio e il re (Re 21,10.13; cfr.
Is 8,21; Es 22,27; diversamente Prov 24,21), e
forse concedere favore divino (= un servizio ca
ritatevole) a qualcuno (2Sam 9,3; cfr. 2,5; diver
samente ISam 20,14), ecc. Una parte di questi usi
potrebbe essere stata frequente anche nelfambiente vicino ad Israele.
La formula quando irFfhTm distrussero?) Sodoma e
Gomorra (Is 13,19; Ger 50,40; Am 4,11; cfr. Deut
29,22; Is 1,7 txt em; Ger 49,18) forse di provenienza
preisraelitica, se in origine si vedeva in unaltra divinit
(o in altri dei) la causa della distruzione delle due loca
lit, mentre la saga Gen 18s. attribuisce gi il fatto a
Jahwe.
Lespressione angelo di Dio (Gen 21,17; 28,12 plur.;
Giud 6,20 ecc.), pi rara rispetto ad angelo di Jahwe
(mark) e usata per designare il messaggero inviato da
Dio, si trova pi volte nei paragoni quasi con valore pro
verbiale (Giud 13,6; ISam 29,9; 2Sam 14,17.20; 19,28;
diversamente Zac 12,8).
Come la sciagura che sopraggiunge su di uno ritenuta
mandata dalla mano di Dio (ISam 5,11; Giob 19,21),
cos nel periodo postesilico lespressione la (buona)
mano di Dio su di me o sim. descrive la provvidenza
benevola di Dio (Esd 7,6.9.28; 8,18.22.31; Neem 2,8.18).
Lo strumento viene giudicato ogni volta in base ai suoi
effetti.
Va forse ancora ricordata la duplice espressione dei e
uomini (Giud 9,9.13) opp. lottare con yalhJm e uo
mini (Gen 32,29; cfr. Os 12,4). Proprio in questultimo
caso si evita il nome Jahwe; inoltre il significato di ^/hm resta incerto* dato che la tradizione del racconto di Penuel ha una storia complicata.

IV/ 1/ In determinate espressioni composte,


oppure quando unito ad un suffisso, >(Blhm
esprime la relazione tra Dio e il popolo. Dio
d'Israele senz'altro un'espressione fissa (tutte
le citazioni in C.Steuemagel, FS Wellhausen
1914, 329ss.). La sua prima attestazione attendi
bile il cantico di Debora, del periodo pi antico
dei giudici (Giud 5,3.5).
Non si conosce lantichit dei passi Gen 33,20; Gios
8,30; 24,2.23, da cui si potrebbe ricavare il nome cultuale
di una divinit venerata in Sichem (cfr. p.e. M.Noth,
Das System der zwolf Stamme Israels, 1930, 93s.), poi
ch la struttura della formula di Gen 33,20 diversa da
quella degli altri nomi divini formati con <?/ (<?/ III/2)
e il periodo di composizione di Gios 8 e 24 incerto. 1,3
formula non sembra essere per nulla originaria nellam
bito della tradizione del Sinai (Es 24,10; cfr. 5,1; 34,23).
Essa viene usata pi spesso verso il periodo dell'esilio
(introduzioni di discorsi in Ger, Cron ecc.). Si trova inol
tre in contesti del tutto diversi tra loro, come nella dos
sologia e nella preghiera (Re 8,15.23; 2Re 19,15), nel
giuramento ( 1Re 17,1 ) ecc. Il profeta Ezechiele, oltre alla
formulazione usuale gloria (kbd) di Jahwe ( 1,28

141

m jb * '"l fiim DIO

ecc.), conosce quella singolare di gloria del Dio


dIsraele (8,4; 9,3; 10,19; 43,2).
Costruzioni simili sono Dio degli ebrei (Es 3,18 ecc.),
oppure Dio di Giacobbe (vd. sp. III/4).

2/ Pi spesso la relazione tra Dio e il popolo


viene espressa con >ee/hfm unito ad un suffisso
il tuo/nostro/vostro Dio o sim. (p.e. Gios
24,17s.27; Es 32,4.8; Giud 11,24; Mi 4,5; di dei
stranieri: ISam 5,7; Ger 48,35); anche la relazione
con il singolo viene espressa con mio Dio .
Il significato di tali forme ampliate con pronomi (cfr.
Rut 1,16) pu qui essere indicato solo con esempi. La
contrapposizione tra Mos e il faraone si esprime pi
volte con lalternanza nostro - vostro Dio (Es
8,21ss.; I0,16s.25s.). - Nel secondo incontro con Acaz
Isaia (7,10-17) prega il re; chiedi un segno per te da
Jahwe, tuo Dio! Poich Acaz si rifiuta, il profeta chiede
minaccioso: per voi troppo poco stancare gli uomini,
che volete stancare anche il mio Dio? . Con il rifiuto
del l'offerta si nega anche la promessa il tuo Dio . - Il
Deuteroisaia, in un periodo in cui sembra essere di
strutta la comunit tra Dio e il popolo, secondo il giudi
zio annunziato dai profeti suoi predecessori, inizia la sua
predicazione con il grido: consolate, consolate il mio
popolo, dice il vostro Dio! (Is 40,1; cfr. 40,8 la parola
del nostro Dio ). Egli muta probabilmente la proclama
zione tradizionale Jahwe diventato re in il tuo Dio
diventato re (52,7) e fa gi trasmettere la notizia da
un messaggero: ecco il vostro Dio! (40,9; cfr. 35,4). Gi nella promessa di Osea (2,25) linvocazione del po
polo mio Dio riassume tutto ci che il tempo della
salvezza apporter (similmente Zac 13,9; Is 25,9 il no
stro Dio). Soprattutto in Osea sono frequenti tali
forme coi suffissi; i testi deuteronomici e deuteronomistici inculcano ancora di pi ad Israele che Jahwe il
tuo/vostro Dio .
Il grido mio Dio (cfr. ls 40,27 ecc.), che in Os 2,25 ha
un senso collettivo, spesso invocazione del singolo,
che nella sua necessit inizia con esso il lamento verso
Dio, ed esprime fiducia, speranza e ringraziamento (Sai
3,8; 5,3; 7,2.4, 223; 25,2; 38,22; 91,2; Re 17,20s.; Dan
9,18s. ecc.; cfr. O.Eissfeldt, Mein Gott im AT,
ZAW 61, 1945-48, 3-16 = KS III, 35-47). La formula di
confessione tu sei il mio/nostro Dio un amplia
mento (Sai 31,15; 86,2; 143,10; Is 25,1 opp, 2Cron 14,10;
rivolta ad unimmagine divina: Is 44,17; cfr. Gen 31,30;
Giud 18,24).

3/ Infine le forme di ieldhtm con suffisso sono


alla base della cd. formula di autopresentazione
io sono Jahwe, il tuo/vostro Dio , e della cd.
formula di alleanza io sar il loro Dio, ed essi sa
ranno il mio popolo .
La formula di autopresentazione io sono...,
usuale neUOriente antico, in Israele stata appli
cata a Jahwe ed stata ampliata con il comple
mento il tuo/vostro Dio (verso la cd. formula
di benevolenza); essa compare nelfAT in contesti
differenti e con vario significato ( in parte giusti
ficata anche la traduzione: io, Jahwe, sono il tuo
Dio ). Si riferisce spesso alla storia, specialmente
agli avvenimenti in Egitto (Os 12,10; 13,4; Sai
81,11 ), e nel decalogo il solenne discorso di Dio in
prima persona costituisce Tintroduzione da cui de
rivano i singoli comandamenti (Es 20,2; cfr. Giud
142

6,10). Le ricorrenze pi frequenti dellespressione


appartengono anche qui al periodo dellesilio;
essa infatti compare spesso nello scritto sacerdo
tale, specialmente nel codice di santit (Lev 18,2
ecc.) e in Ezechiele (20,5 ecc.). Quando si dice an*
che riconoscere che (Es 6,7 P; Ez 20,20
ecc.; -jdl\lio divino diventa lo scopo della cono
scenza umana; cfr. W.Zimmerli, GO llss.41ss.
125s.; K.EIliger, Kleine Schriften zum AT, 1966,
211-231.
La formula di alleanza, che (a partire pi o meno
dalla fine del periodo preesilico) si trova in forme
diverse sia nella tradizione tardiva di Mos (Deut
26,17s.; 29,12; Es 6,7 P ecc.) sia nelle promesse
profetiche (Ger 31,33; Ez 11,20 ecc.), afferma la
costante o (in modo critico) lesclusivamente fu
tura identit di Jahwe con il Dio dIsraele e di
Israele con il popolo d Dio, cfr. R.Smend, Die
Bundesformel, 1963.
4/ ,elhfm viene specificato in molti modi*
spesso con espressioni in stato costrutto come
Dio del cielo , Dio del mio soccorso , pi di
rado mediante aggettivi: il Dio giusto , il Dio
vivente , o sim. Nei singoli casi si enuncia a que
sta maniera come Dio o come egli appare.
Dio del cielo si trova come apposizione del
nome Jahwe oppure al suo posto, se si prescinde
da Gen 24,7 (v. 3 Dio del cielo e della terra ),
solo in periodo postesilico (Giona 1,9; Esd 1,2 =
2Cron 36,23; Neem l,4s. ecc.; aram.: Dan 2,18s.
ecc.; cfr. Sai 136,26), soprattutto nelle relazioni
con gli stranieri o quando si parla in loro presenza.
La designazione sorta probabilmente sotto fin(lusso persiano, in ogni caso serve per trattare con
lamministrazione persiana (cfr. il titolo di Esdra
scriba della legge del Dio del cielo Esd 7,12).
Tuttavia in Israele gi da tempo diffusa la con
cezione che Dio dimora nel cielo (s
, majim), e in
Mi 6,6 Jahwe chiamato Dio delle altezze . Po
ich questa espressione piuttosto singolare, non
si pu decidere fino a che punto rappresenti una
designazione di Dio comune in Gerusalemme
(cfr. Sai 92,9; Gios 2,11 ecc.).
Similmente altre espressioni composte accentuano
in diversi modi luniversalit di Dio e lambito del
suo agire, cos Dio delleternit (Is 40,28; cfr.
Gen 31,33; Deut 33,27; olm) oppure Dio di
ogni carne (Ger 32,27; cfr. Num 16,22; 27,16).
Forse si deve accennare qui anche al nome fre
quente Jahwe (Dio) sebaoth (2Sam 5,10 ecc.;
-~$ba \cfr. ISam 17,45 Dio delle schiere
dIsraele ) che vuole certamente esaltare la po
tenza di Jahwe, ma il cui significato pi preciso
incerto.
Linvocazione Dio della mia salvezza o sim.,
che esprime fiducia, gi unespressione fissa (Sai
18,47; 24,5; 27,9; 65,6; 79,9; 85,5; Is 17,10; Mi 7,7
ecc.), che pu essere dettala dallesperienza o
dallattesa; cfr. Dio del mio soccorso (Sai
51,16; diversamente 88,2), Dio della fedelt (Is
65,16) ecc. Anche il nome Dio del diritto (Is

143

30,18) pu affermare la grazia o la misericor


dia di Dio (diversamente Mal 2,17).
Le espressioni in stato costrutto sostituiscono
spesso degli aggettivi (p.e. Sai 59,11.18 Dio della
mia grazia = mio Dio benigno ); anche gli ag
gettivi per sono frequenti (vd. sp. III/2). Il Dio
vivente con il suo intervento liberatore (ISam
17,26.36; 2Re 19,4.16; cfr. Dan 6,21.27) si dimo
stra il vero Dio (Ger 10,10; cfr. 2Cron 15,3), ed
anche capace di mutare langustia del singolo
(Sai 42,3).
5/ Con il termine i(elhFm, la divinit di Dio o
la sua relazione con gli uomini diventa tematica in
alcuni testi in una maniera particolare. Nella con
fessione Jhwh h ha'*lhfm Jahwe (il vero,
unico) Dio (Deut 4,35.39; IRe 8,60; 18,39; cfr.
Deut 7,9; 10,17; Gios 2,11; Sai 100,3 ecc.; come
invocazione: 2Sam 7,28 = lCron 17,26; 2Re
19,15.19; Neem 9,7) si risente ancora la contesa
di Jahwe con altri dei, anche se nel frattempo la
sua adorazione divenuta esclusiva. Come gi
nelle affermazioni di incomparabilit (2Sam
7,22 = lCron 17,20; Is 44,6.8; 45,5.14.21; 64,3;
cfr. 2Re 5,15; Deut 32,19 ecc.; cfr. C.J.Labuschagne, The Incomparability of Yahweh in th OT,
1966), si conferma contro possibili dubbi la verit
della divinit di Dio; anche lespressione Dio de
gli dei (Deut 10,17; Sai 136,2; cfr. Dan 2,47), che
equivale ad un superlativo, ha un significato ana
logo.
Laccostamento singolare Jhwh ^fhfm ricorre pi volte,
anche airinfuori di Gen 2,4b - 3,23 (solo
lhfm:
3,lb.3.5); cfr. Es 930; 2Sam 7,25; Giona 4,6; Sai 72,18;
84,12; lCron 17,16s.; cfr. anche 22,1 ecc. Anche se il
nome doppio nel racconto jahvista della creazione e del
paradiso dovesse attribuirsi airinflusso di lhfm del
racconto sacerdotale della creazione, resterebbero sem
pre del tutto nspiegabili le altre ricorrenze (bisogna leg
gere Jahwe il vero dio anzich Jahwe degli dei );
cfr. *recentemente O.H.Steck, Die Paradieserzhlung,
1970, 28 n. 35.

Come l (cfr. ivi IV/4), cosi anche ,(*lhfm> seb


bene in modo non cos accentuato, pu servire ad
esprimere la differenza tra Dio e luomo (p.e. Gen
30,2; 45,8; 50,19; 2Re 5,7; Sai 82,6; cfr. Giob 4,17;
Mal 3,8) oppure tra Dio e non-Dio (Deut
32,17; 2Cron 13,9 ecc.). Criterio lefficacia: gli
dei stranieri sono buoni a nulla (Ger 2,11 13
'*hM\ cfr. 5,7; 16*20), opera delluomo (2Re
19,18 = Is 37,19; 2Cron 32,19; cfr. Os 8,6 e la for
mulazione fare degli dei Es 20,23; 32,1 ; Ger
16,20 ecc.). Analogamente, una negazione di Dio
( non c alcun Dio Sai 10,4; 14,1 = 53,2; cfr.
10,13; 36,2) non contesta lesistenza, ma lagire di
Dio sulla terra, come del resto la domanda dov
il tuo Do? (Sai 42,4.11; cfr. 79,10; 115,2; Gioe
2,17) si riferisce alfapparire della sua potenza soc
corritrice.
Mentre il serpente nel racconto del paradiso pro
mette alluomo di essere come Dio (Gen 3,5;
lespressione resta ambigua, poich la tradizione

OTB

' l o h m

DIO 144

risale a concezioni mitiche dellantico Oriente, cfr.


Ez 28,2.9.13), Dio conferma questa promessa ma
la attenua in essere come uno d noi (3,22).
Leguaglianza con Dio viene riconosciuta solo
come eguaglianza con gli esseri celesti. Invece i
LXX (cfr. anche in Sai 97,7; 138,1) esprimono tale
attenuazione gi a proposito ddluomo creato ad
immagine di
Dio (W.H.Schmidt, Die
Schpfungsgeschichte der Priesterschrift, 11967,
141). LAT stesso non restringe in alcun modo
raffermazione che luomo stato creato come
immagine di Dio (ossia come rappresentante, vi
cario, luogotenente di Dio)(Gen l,26s.; 5,1; 9,6 P;
scfcem). Del resto il Sai 8, in contesto simile, pa
ragona luomo con Dio (v. 6) e non con
Jahwe (v. 2), e sembra utilizzare cos la diffe
renza tra il nome proprio e il nome comune per
salvaguardare la specificit di Jahwe. Forse
questuso influenzalo da quel particolare modo
di parlare che - come avviene per altre espressioni
fisse con <plhm (sp. 111/6-7) considera la rela
zione delPuomo con Dio e non con Jahwe .
In ogni caso tale differenza non vale per il rac
conto sacerdotale della storia delle origini, in
quanto esso designa Dio solo come 1fl?lhlm.
6/ In diverse parti delPAT si usa di proposito
per designare Dio non il nome Jahwe, ma lhlm
(con o senza articolo); in due fonti del Pentateuco,
lelohista e la sacerdotale, nel cd. salterio elohista,
nellEcclesiaste e parz. nelle Cronache (sul libro di
Giobbe vd. sp. II). Dal lato negativo, poich si usa
il termine comune Dio e si evita il nome pro
prio, viene meno la caratteristica particolare di
Israele, ma dal lato positivo si pu difficilmente
scorgere in queste opere letterarie una tendenza
comune, poich mancano punti di riferimento si
curi su cui fondare questuso linguistico. Si vuole
forse esprimere luniversalit di Dio? Poich i sin
goli scritti risalgono a periodi cos distanti tra loro,
si pu pensare che i motivi e le giustificazioni
siano molteplici.
Probabilmente lElohista usa la parola ,fl?lhm (Gen
20,3.6 ecc.) non in modo esclusivo, ma solo in una gran
dissima parte dei casi, e perci talvolta (specialmente
dopo la rivelazione a Mos Es 3,14) si attiene al nome
Jahwe (cfr. recentemente H.Seebass, Der Erzvater
Israel..., 1966,56 n. 4). Seguendo questo indizio si per
sino voluto distinguere due strati elohisti; tuttavia me
glio pensare ad un influsso del normale modo di espri
mersi oppure anche ad un influsso successivo delle altre
fonti. - Luso di lhm non pu essere interpretato
come residuo di un antico politeismo di Israele (cfr.
W.Eichrodt, Die Quellen der Genesis, 1916, 106ss.;
E.Konig, Die G e n e s is ,1925,62ss.). Poich la designa
zione comune, almeno di regola, si conserva ancora
dopo Es 3,14, PElohista non ha voluto distinguere come
il Sacerdotale diverse epoche di rivelazione. Forse egli
vuole accentuare la trascendenza di Dio (cfr. le appari
zioni di Dio in sogno e mediante langelo di Dio , sp.
m/7), ma in definitiva ogni spiegazione resta fondala su
supposizioni incerte.
Al contrario probabile che il Sacerdotale voglia procla
mare il Dio dIsraele Dio delPumanit, anzi delluni

145

NULLIT

verso, dato che nel racconto della creazione e della storia


primitiva fino alla rivelazione ad Abramo Gen 17,1 ('l
III/1) usa esclusivamente (e in seguito non in modo co
stante) lappellativo lielhm.
Nel salterio elohista (Sai 42-83) il fenomeno acquista
maggiore evidenza, poich il nome Jahwe, che si aveva
in origine, venne sostituito con il termine comune ^ l
hm (cfr. Sa! 53 con Sai 14). Qualcosa di simile, anche se
con conseguenze di minore importanza, successo nelle
Cronache, nel riprendere alcuni testi dellopera storica
deuteronomistica (cfr. p.e. casa di Dio in 2Cron 4,1 i
con IRe 7,40; vd. sp. III/6 e M.Rehm, TexLkritische Untersuchungen zu den Parallelstellen der Samuel-Knigsbucher und der Chronik, 1937, 108s.; sui nomi fre
quenti Do dIsraele e Dio dei padri vd. sp. ITI/4;
IV /1). Forse per questo periodo tardivo si pu gi sup
porre che il nome Jahwe abbia potuto passare in secondordine, perch era superfluo distinguere tra il nome
proprio e il nome comune, in quanto si confessava.il Dio
dIsraele come unico vero Signore delluniverso. A
questaccentuazione della trascendenza e quindi della
differenza tra Dio e luomo (cfr. anche il libro di Giobbe)
pu essersi gi unito un certo riserbo nel pronunciare il
nome di Jahwe; tuttavia questultimo, soprattutto nelle
Cronache, non fu ancora evitato del tutto. Infine anche
neHEcciesiaste la scelta della designazione di Dio pu
essere stata suggerita dal fatto che con il termine co
mune ialhtn (in genere con larticolo) si poteva dare
pi risalto allonnipotenza di Dio rispetto alla nullit
delluomo.

V/ In complesso quindi con il nome comune


lhm PAT ha potuto comprendere ed annun
ciare il proprio Do della storia come Dio delluni
verso. Sulla sopravvivenza delluso vtrt. nel giu
daismo postbiblico e nel NT cfr. H.KJeinknecht G.Quell - E.Stauffer - K.G.ICuhn, art.
ThW III,65-123 (= GLNT IV,317-474).
W.H.Schmidt

"7/7 NULLIT

1/ La parola ,a77/ nullit , attestata solo


nelPAT e nella letteratura da esso dipenden
te, trova i suoi corrispondenti pi prossimi nelle
formazioni aggettivali acc., aram. e arab. della
radice 7/ con il sign. di debole o sim. (cfr.
HAL 54a). Sui tentativi di derivazione, che sono
molteplici ma poco utili per stabilire il significa
to, cfr. Wildberger, BK X,102 (cfr. anche
J.A.Montgomery, JAOS 56, 1936, 442). Per la
forma nominale (aramaizzante?) del termine
cfr. Wagner 122.
Una parola HI annientamento non attestata nelfug.
(WUS nr. 216; IJT nr. 184; contro Driver CML 136a;
Gray, Legacy 60; Herdner, CTCA 36, legge ora in 67
[= 1*AB] V.16 i/m).

2/ */// ricorre 20x nellAT, di cui lOx solo in Is


(2,8.18:20.20; 10,10.11; 19,1.3; 31,7.7), 2x in Lev
(19,4; 26,1)e Sai (96,5 = lCron 16,26; 97,7), lx ri
spettivamente in Ger 14,14 Q; Ez 30,13; Ab 2,18;
Zac 11,17; Giob 13,4.
146

Cfr, anche Eccli 11,3; 1QM 14,1 (cfr. Is 19,1);


1Q 22 1,8.
Correzioni testuali vengono proposte per Is 10,10; Ez
30,13; Zac 11,17 (cfr. i comm.).

3/
usato in tre passi al singolare, come
nome retto di uno st. cs,, e pu essere reso con
nullo, insignificante (Ger 14,14 txt em predi
zioni vuote ; Zac 11,17 pastori buoni a nulla ;
Giob 13,4 medici da nulla; cfr. anche Eccli
11,3 del tutto insignificante tra gli esseri alati
lape ).
Negli altri passi (eccetto Is 10,10 txt?) il nome al
plurale ed una designazione spregiativa degli dei
stranieri. Come questo uso al plurale si sia svilup
pato dal singolare astratto, lo mostra Sai 96,5 =
lCron 16,26 tutti gli dei sono delle nullit (cfr.
anche Sai 97,7). Nella letteratura profetica e nel
codice di santit (Lev 19,4; 26,1), che da essa di
pende, vi potrebbe anche essere una parodia di *U
h'tm Dio .
4/ Degli ^UUm si afferma: sono opera delle
mani delluomo (Is 2,8.20; 31,7; Lev 26,1), sono
muti (Ab 2,18), di conseguenza si possono anche
gettar via (Is 31,7); davanti a Jahwe essi tremano
(Is 19,1) e soccombono davanti a lui (2,18). Nel
termine laIrlfm risuona cos Pimpotenza, la nullit
degli dei stranieri. Quanto con essa pu essere
espresso, viene detto nel modo pi chiaro in Sai
96,5 tutti gli dei delle nazioni sono nullit, ma
Jahwe che ha fatto i cieli . A questo proposito
scrve Wildberger, BK X,102s.: II fatto che la de
signazione ricorra in entrambi... i salmi su Dio-re
mostra che essa era molto comune nella tradi
zione cultuale di Gerusalemme e qui pu averla
conosciuta Isaia. Non pu essere casuale il fatto
che solo la legge di santit (Lev 19,4; 26,1 ) e Abacuc (2,18) abbiano ripreso questa designazione .
^lflfm parallelo a pcscel/psl immagine scol
pita (Is 10,10; Lev 26,1; Ab 2,18; Sai 97,7), a
Kasabbim immagini intagliate (Is 10,11), a gillullm idoli (Ez 30,13) e a massk immagine di
metallo fuso (Lev 19,4; Ab 2,18). Una classifica
zione in cinque gruppi delle espressioni usate nel
VT per indicare idolo , con le citazioni dei
passi, si trova in Eissfeldt, KS 1,271s.: 1) designa
zioni offensive: bscet vergogna (b&\sqqus
abominio , tb orrore (/)s hatj't
peccato (,h t'), 'rna terrore; 2) designa
zioni che ne contestano lesistenza: hcbcel sof
fio , scqcer inganno (sqr), sw1 vanit , >CEf!l
nulla, t- e l-'^Ihm non-Dio (c/
III/3; alhm IV/5); 3) designazioni che conte
stano agli idoli la dignit divina e li riconducono
nella sfera degli spiriti inferiori e cattivi: fir m spi
riti sotto le sembianze di caproni , sdim de
moni, 'wcen potenza maligna ; 4) denomina
zioni le quali affermano a loro riguardo che essi sono
stranieri e quindi, pi o meno chiaramente, li pre
sentano come nulli: espressioni composte con
ahr altro , zar forestiero , -*nekr
147

straniero, hdc nuovo; 5) denominazioni


che li identificano con le loro immagini, qualifican
doli quindi come materia morta: massk e ncscek
immagine di metallo fuso , pcscel e p
si1 immagine scolpita , K
$ceb e a$b imma
gine intagliata , scelcem e scmcel immagine
incisa , gilllfm blocchi di pietra (lavorati) , sr
immagine , maskft effigie , rtesiY imma
gine che si porta nella processione .
5/ I LXX traducono c*lilim in modi molto di
versi, il pi delle volte con XEipo7ro7]Ta opera
umana (6x) e eiScoXoc idoli (4x). Nel NT
etS6)Xov viene usato per designare gli dei delle
genti, nel significato dato al termine dai LXX e
dal giudaismo (cfr. F.Biichsel, art. elSqXov,
ThW 11,373-377 = GLNT 111,127-138).
S.Schwertner

iUO^K
'almn VEDOVA
; t t

1/ 1almn vedova un termine del sem.


comune (cfr. GVG 1,220.227), con una variazione
delle sonore in aram. e in arab. (risp. armaltd e
armaat rispetto allacc. almattu < *a!mantu, ug.
afmnt, fen. 'hnt\
Letimologia incerta; cfr. le derivazioni proposte in
HAL 56b.
Da almn derivano gli astratti almnt stato vedo
vile (bigd almenth i suoi abiti vedovili Gen
38,14.19; per 2Sam 20,3 e Is 54,4 vd. st. 3b) e a/mn
vedovanza (Is 47,9 par. sekl mancanza di figli ,
vd. st. 3b); cfr. lacc. atmntu (CAD A/I,362a) e lug.
52 (= SS), 9 ht ulmn scettro della vedovanza par. ht
i_kl scettro della mancanza di figli in mano al dio Mot
(Gray, Legacy 95s.).
La retroformazione. afmn vedovo (sost.) e reso
vedovo si trova solo in Ger 51,5 in senso traslato
Israele e Giuda non sono abbandonati dal loro Dio
(Rudolph, HAT 12,306s.). Riguardo al presunto acc.
almrium vedovo (Syria, 19, 1938, 108) cfr. CAD
A/I,362a.

2/ Le 55 ricorrenze di almn sono cos distri


buite: Gen 1, Es 2, Lev 2, Num 1, Deut 11, 2Sam
1, Re 5, Is 5, Ger 5, Ez 6 (per Ez 19,7 vd. Zimmerli, BK XIII,418s.), Zac 1, Mal 1, Sai 5, Giob 6,
Lam 2, Prov 1. Inoltre almnt 4x, amn e 1almn lx. Un terzo delle attestazioni si trova in testi
giuridici.
Resta escluso ls 13,22, citato da Mand., poich ivi
almentw i suoi palazzi una forma secondaria di
armri (vd. anche Ez 19,7).

3/
a) almn va tradotto in tutti i passi con
vedova . Si tratta di una donna che con la
morte del marito perde ogni sostegno sociale ed
economico (perci vedova non designa solo lo
stato civile, la moglie di uno che morto , cfr.
L.Khler, ZAW 40, 1922, 34; G. van der Leeuw,
Phnomenologie der Religion, 21956, 276; CAD
A/I,364). La sorte di una vedova comunque tri
t t

; -

'almn VEDOVA

148

ste, sia nel caso che non abbia bambini e ritorni


alla casa paterna (Gen 38,11, con la possibilit del
matrimonio di levirato), sia che abbia figli Ciss
*almn in 2Sam 14,5; IRe 17,9,10; anche IRe
7,14 [la madre di Chiram di Tiro] e 11,26 [la ma
dre di Geroboamo], casi in cui ir padre morto
prima della nascita del figlio [cfr. nelliscrizione
fen. di Esmun4azar, r. 3 figlio di una vedova ,
KAI 11,14]). Nel racconto biblico pi famoso ri
guardante una vedova, il libro di Rut, non si usa
il termine vedova .
Generalmente si parla di vedove quando si accenna a
persone che sopportano una dura sorte: orfani (jtm),
ripudiati (gerus), forestieri (gr), poveri (dal), mseri
(ani), senza prole (sakktil), ed anche leviti e schiavi.
Risultano cos serie di questo tipo: vedove/orfani (Es
22,21.23; Deut 10,18; ls 9,16); vedove/orfani/fore
stieri /miseri (Zac 7,10; cfr. Deut 27,19; Mal 3,5); ve
dova/ripudiata (Lev 22,13; Num 30,10; Ez 44,22; cfr.
Lev 21,14); levita/straniero/orfano/vedova(Deut 14,29;
26,12s.; similmente Deut 16,11.14; 24,17.19-21; Ger 7,6;
Ez 22,7).
Si possono trovare in parallelo tra loro: orfano-vedova
(ls 1,17.23; Ger 49,11; Sai 68,6; Giob 22,9; 24,3; Lam
5,3); poveri/miseri-vedove/orfani (ls 10,2 citato in CD
6,16); vedova-senza prole (ls 47,8, con *cilmn in 47,9;
Ger 15,8; 18,21). Altri paralleli: Sai 94,6; 146,9; Giob
24,21; 29,13; 31,16.

almn, quale designazione specifica di una per


sona che in una determinata condizione, ed es
sendo un termine che si adatta bene a serie fisse
di nomi, non ha alcun sinonimo.
b) In senso metaforico troviamo almnt in
2Sam 20,3 vedovanza mentre in vita
(luomo) (oppure, con una modifica del testo,
vedove di un vivente o a vita ) per le concubine
tenute in isolamento da Davide dopo la rivolta di
Seba. In forma simile il papiro di Elefantina Cow
ley nr. 30, r. 20 le nostre mogli sono diventate
come vedove presenta la rinuncia al rapporto co
niugale quale segno di lutto.
Sempre in forma metaforica si pu parlare di una
citt rimasta vedova: Lam 1,1 divenuta come
una vedova descrive Gerusalemme dopo la ca
tastrofe; in Is 47,8 (oracolo su Babilonia) dice la
spavalda Babilonia: non rester vedova.,, ,
mentre a questa citt si annuncia subito dopo,
47,9, la sterilit e la vedovanza Calmn). In Is 54,4
usato 'almnut per indicare la vedovanza di
Israele.

4/ a) Nella comunit in cui vivono, le vedove


sono senza protezione, povere e abbandonate.
Esse perci stanno fin dagli antichi tempi sotto la
protezione di Jahwe: nellantica serie di maledi
zioni dei dodecalogo sichemita (Deut 27,19 ma
ledetto chi lede il diritto dello straniero, delPorfano e della vedova e nel codice dellalleanza (Es
22,21 non affliggerete la vedova e lorfano,
mentre la parenesi che segue il comandamento, al
v. 23, rafforza maggiormente questo paragrafo
della legge con la minaccia del taglione: le vostre
149

T T

'almn VEDOVA

mogli saranno vedove ); cfr. Deut 24,17, nellam


bito della legge dtn.
I verbi pi frequenti in questo campo semantico sono:
1) nth hi. con ogg. mispat ledere il diritto (Deut
27,19); 2) lnh pi. affliggere (Es 22,21); 3) hbl pren
dere in pegno (Deut 24,17 la veste della vedova; cfr.
Giob 24,3 il bue); 4) 'sq opprimere (Ger 7,6; Zac
7,10; Mal 5,5); 5) jnh hi. far violenza (Es 22,3; Ez
22,7).
Anche nei testi ug. si parla talvolta del diritto delle
vedove (dn alnml 2Aqht [= II D] V,8; 127 [= II K],
VI,33.46; cfr. A. van Selms, Marriage and Family Life in
Ugaritic Literature, 1954, I42s.).

In un secondo gruppo di testi giuridici del Deut,


che regolano il diritto dei poveri e dei diseredati,
alle vedove (e ai leviti/forestieri/orfani) sono ri
servati alcuni vantaggi: durante i raccolti possono
spigolare (Deut 24,19-21), nella festa delle setti
mane e nella festa delle capanne possono gioire
anche le vedove (Deut 16,11.14) e alla consegna
delle decime esse possono mangiare a saziet
(Deut 14,29; 26,12s.). Se confrontiamo queste di
sposizioni con altre simili (Es 23,14ss.; 34,18ss.;
Lev 23), vediamo che si tratta di uninterpreta
zione parenetica della legge, tipica della legisla
zione dtn.
Tre norme che si trovano in Lev gettano ulteriore
luce sulla situazione giuridica della vedova: un
sommo sacerdote (diverso il caso del sacerdote,
Lev 21,7) non pu sposare una vedova (Lev 21,
14). Se la figlia di un sacerdote, vedova e senza fi
gli, ritorna alla casa paterna, pu di nuovo man
giare delle offerte (Lev 22,13); cfr. anche Num 30,
10 (sul voto di una vedova).
Riepilogando possiamo dire con Deut 10,18: Jahwe
il Dio che rende giustizia (Osa? mtspf)
allorfano e alla vedova ; cfr. st. Sai 68, 6; 146, 9.
Passi paralleli degli ambienti vicini ad Israele sono
raccolti in F.C. Fensham, Widow, Orphan, and
th Poor in Ancient Near Eastern Legai and Wisdom Literature, JNES 21, 1962, 129-139; W il
dberger, BK X, 48.
b) Quanto abbiamo riscontrato nelle diverse
norme legislative si trova anche negli scritti pro
fetici, nel linguaggio della preghiera e nel libro di
Giobbe.
Tra i profeti soprattutto Is, Ger ed Ez riflettono le
antiche disposizioni giuridiche sulla protezione
delle vedove ( sorprendente il silenzio di Am e di
Mi, dove del resto mancano anche i termini or
fano e straniero ). Nel contesto delle accuse
profetiche vengono apostrofati coloro che non
rendono giustizia (rb) alle vedove (Is 1, 23), op
primono gli orfani e le vedove (Is 10, 2; Ez 22, 7;
Mal 3, 5), moltiplicando le vedove (Ez 22, 25). Il
termine si trova anche nel lamento retrospettivo
di Jahwe (Ger 15, 8) e nel lamento di Geremia
(18, 21), come pure nelfannunco del giudizio (Is
9 ,16; Jahwe non avr compassione delle vedove).
Al contrario, sar un segno di salvezza per Israele
lannuncio fatto a Babilonia (nelloracolo contro le
150

genti, Is 47, 8s.) che essa diverr vedova (per Ger


49, 11 e Ger 51, 5 cfr. Rudolph, HAT 12,
288.306s.; una descrizione della sorte del tiranno
anche in Giob 27, 15); cfr. lannuncio di salvezza
condizionato in Ger 7,6 ( se voi... non opprimete
la vedova ). Soprattutto, le antiche leggi vengono
riprese nella tor profetica: Is 1,17; Ger 22, 3; Zac
7, 10. Nella visione che Ezechiele ha del futuro
(4422) viene modificato Lev 21, 14.
Nel linguaggio della preghiera Jahwe pu venir lo
dato come giudice (dajjan) delle vedove (Sai 68,6;
cfr. 146,9); parimenti nel lamento contro il nemico
si condannano coloro che soffocano la vedova e lo
straniero (Sai 94,6 con hrg)e, si esprime il desiderio
che le donne di questi malvagi diventino vedove
(109,9; cfr. Ger 18,21). Nelle Lamentazioni ci si la
menta che Gerusalemme stessa (1,1) e le madri
che sono in essa (5,3) siano diventate vedove.
Nel libro di Giobbe viene ripreso il linguaggio dei
salmi, ad esempio nel lamento contro i malvagi
che opprimono la vedova (24,3.21; la loro triste
fine descritta in 27,15). Tipica laccusa che gli
amici rivolgono a Giobbe, di aver rimandato a
mani vuote le vedove (22,9), accusa che Giobbe
espinge nello sguardo retrospettivo del lamento
nale (29,13; 31,16).
Quando si trasgredisce il diritto alla protezione, di
:ui godono le vedove, si elevano laccusa, il la
mento o anche lannuncio del giudizio che Dio
pronuncer contro il malvagio. Tale pure il senso
di Prov 15,25: Jahwe abbatte la casa dei superbi,
rende saldi i confini della vedova .
5/ Negli scritti di Qumran (CD 6,16) e soprat
tutto nel NT si prosegue sulla linea delPAT: cfr.
p.e. Me 12,40. Le 4,25s. riprende IRe 17, Apoc
18,7 il passo di Is 47,8s. Nuovo risulta il motivo
dello star attenti alle giovani vedove (ITim
5,9ss. ).
J.Kiihlewein

DK 'm M A D R E
1/ 'm madre risale al sem. comune *'imm(acc., ug. e arab. sotto linflusso della labiale
*imm-y cfr. GVG 1,199 e -fb). Contro prece
denti etimologie (p.e. F.Delitzsch, Prolegomena
eines neuen hebr.-aram, Wrterbuchs zum AT,
1886,109) oggi si segue L.Khler, ZAW 55,1937,
171: m non si pu far derivare dal complesso
delle radici semitiche a noi note ; db e m sono
termini del linguaggio balbettante dei bambini
(pap, mamma).

2/ Le 220 ricorrenze sono cos distribuite: Gen


26, Es 7, Lev 15, Num 2, Deut 13, Gios 3, Giud
20, ISam 4, 2Sam 3, IRe 16, 2Re 22, Is 5 (Dtis 3,
Tritois 1), Ger 9, Ez 10, Os 4, Mi 1, Zac 2, Sai 12,
Giob 3, Prov 14, Rut 2, Cant 7, Eccle 1, Lam 3,
Est 2, lCron 2, 2Cron 12. Quattro sono i punti in
151

cui la frequenza maggiore: i libri storici (Gen,


Giud, Re, dove tra laltro la menzione del nome
della madre del re ricorre 19x in Re, 9x in Cron);
il complesso delle norme giuridiche (35x); il lin
guaggio della preghiera e i Proverbi.
3/ a) Nel suo significato primario 'm indica la
madre fisica dei propri figli. Un primo campo se
mantico naturale si delinea cosi allinterno della
famiglia. Questo riferimento interno alla famiglia
si esprime, salvo pochissime eccezioni, con un
susseguente genitivo o molto pi spesso con un
suffisso possessivo. significativo il fatto che 'm
ricorra solo tre volte con larticolo (Deut 22,6.6.7)
e che delle 220 ricorrenze 189 siano col suffisso.
Anche un secondo campo semantico, pur essendo
meno frequente, ancora nellambito della na
tura: 'm in quanto parte materna dei genitori cor
risponde ad ab in quanto parte paterna, 'ab si
trova comunque circa 70x in questo campo se
mantico, generalmente in elenchi di nomi (' b
II1/1) nei quali, in una societ come quella israe
litica organizzata secondo il diritto paterno (cfr.
W.Plautz, Zur Frage des Mutterrechts im AT,
ZAW 74, 1962, 9-30), padre di regola sta al
primo posto.
Nel significato primario non si ha un sostantivo
sinonimo di 'm; tuttavia qua e l ricorrono forme
verbali di hrh essere incinta e jld partorire
in parallelo con m, come il part. di hrh in Os 2,7;
Cant 3,4; la forma jlcedcet partoriente in Ger
15,8s.; Prov 23,25; Cant 6,9, in Prov 17,25 a s
stante in parallelo con padre ; altre forme ver
bali di jld parallele a 'm in Ger 50,12; Cant 8,5.
Quando si tratte di animali 'm designa lanimale madre
(vacca, pecora, capra: Es 22,29; 23,19; 34,26; Lev 22,27;
Deut 14,21; uccelli: Deut 22,6s.).

b) Per designare relazioni di parentela il termine


forma una serie di espressioni composte (sulla so
stituzione del termine genitori , mancante
nellAT, con padre e madre 'ab IH /1; il part.
plur. hraj che mi hanno generato in Gen
49,26 testualmente incerto). Invece di fratello e
sorella si pu anche dire figlio/figlia di
mia/tua/sua madre.
Figlio di mia madre (opp. plur.) si trova in parallelo
con fh fratello in Gen 43,29; Deut 13,7; Giud 8,19;
Sai 50,20; 69,9; Cant 1,6; allo stesso modo figlia di mia
madre parallelo di 'ht sorella in Gen 20,12; Lev
18,9; 20,17; Deut 27,22; cfr. Es 23,2 figlie d una sola
madre . Qui lespressione serve a designare il fratello/la
sorella fisica, mentre ah e ht possono anche indicare
il fratellastro e la sorellastra. Invece i figli di tua ma
dre in Gen 27,29 (parallelo a fratelli ) si riferiscono
ad una parentela pi ampia.
Altre espressioni composte per designare la paren
tela da parte materna sono: padre di tua ma
dre = nonno (Gen 28,2); fratello di tua ma
dre = zio (Gen 28,2, cfr. 29,10; Giud 9,1.3); so
rella di tua madre = zia (Lev 18,13; 20,19).

c) Il termine 'm si estende talvolta a designare


una maternit non fisica. Come gi per nonno ,
CK 'm M A D RE

152

cos lebr. non conosce alcun termine per


nonna . Ci si serve allora del semplice 1m (su
IRe 15,10 cfr. tuttavia Noth, BK lX,335s.; sulla
posizione della gcblr regina madre gbr e vd.
st. 4b). In Gen 37,10 - come si pu dedurre dal
contesto (35,I6ss.) - si intende con m la matri
gna di Giuseppe.

Il termine si allontanato completamente dal suo


significato primario nellespressione m hadddercek (Ez 21,26) via-madre , ossia il luogo in cui
dalla via principale nasce unaltra strada, bivio
(cfr. Zimmerli, BK XIII,490).
Come parte costitutiva di nomi propri ebr. m
non ha nessuna importanza.

Per suocera (madre del marito) esiste il termine del


sem. comune hmot (Mi 7,6; Rut 1,14-3,17 10X; fem. di
barn suocero = padre del marito, Gen 38,13.25;
ISam 4,19.21); la madre della moglie si chiama hlcencet
(Deut 27,23; fem. di htn suocero = padre della
moglie, dal punto di vista dello hatan marito della fi
glia, Es 3,1; 4,18; 18,1-27 13x; Num 10,29; Giud 1,16;
4,11, si tratta sempre di Mos; Giud 19,4.7.9); perifrasi
con la moglie e sua madre in Lev 20,14 *

4/ a) La madre (assieme col padre) sta sotto la


particolare protezione legale di Jahwe:
Padre e madre vanno onorati (kbd pi.: Es 20,12; Deut

Il termine ancora pi allargato in Gen 3,20, dove


va (Haww) in uneziologia del suo nome viene
indicata come madre di tutti i viventi (proge
nitrice, capostipite); su Ez 16,3.45 vd. st. 4c). Non
esiste nellAT lespressione madre terra (cfr
A.Dietrich, Mutter Erde, M925; L.Franz, Die
Muttergttin im vorderen Orient, 1937; Haussig
I,103ss.).
Non c un plurale di m corrispondente al ter
mine \dbdt padri, progenitori e al suo signifi
cato. tipico a questo riguardo Sai 109,14: la
colpa dei suoi padri sia ricordata, e il peccato di
sua madre non sia mai cancellato .
d) In senso traslato il termine usato come per
sonificazione di un popolo o di una citt.
Cos in Os 2,4.7 (in Os 4,5 con m si intende non tanto
il popolo quanto la madre del sacerdote ivi menzionato,
cfr. WolfT, BK XIV/l,95s.; diversamente Rudolph,
KAT XIII/1,97.102) e in Is 50,1.1 con madre si de
signa il popol dIsraele (Ez 19,2.10 Giuda opp. la casa
reale, cfr. Zimmerli, BK XIII,423s.), in Ger 50,12 Babi
lonia.
Come titolo onorifico madre in Israele ricorre sia per
una singola persona, come Debora (Giud 5,7; dal conte
sto non tuttavia chiaro per quale funzione le sia stato
attribuito questo titolo), sia per una citt, come AbelRet-Maaca (2Sam 20,19, madre nei confronti delle citt
figlie delle vicinanze?; cfr. 'm metropoli su monete
fenicie, DISO 15s.); in Os 10,14 con unespressione fissa
(come pure in Gen 32,12) si intendono invece madri
normali coi loro figli, cfr. Rudolph, KAT XIII/1,206.

In senso traslato anche Giobbe nel suo lamento


(17,14) chiama il verme dello seoi mia madre e
mia sorella ; solo qui egli trova la comunit fami
liare, che nella vita terrena gli stata distrutta.
e) 1m forma espressioni composte e fisse che in
dicano il seno materno e il petto materno :
bctcEn immi' con prep. b opp, min fin nel/dal
seno di mia madre oppure dalla mia nascita
(Giud 16,17; Sai 22,11; 139,13; Giob 1,21; 31,18;
Eccle 5,14); me immf (Is 49,1; Sai 71,6) e
rahcer Immo (Num 12,12) il seno di mia/sua
madre ; petto materno : sed *immf (Sai 22,10;
Cant 8,1), hq 'immtm (Lam 2,12). Tutte queste
parole possono significare la stessa cosa anche
senza essere unite a 'm.
153

CJ$ 'm MADRE

5,16), temuti (/r\ Lev 19,3). Chi disprezza il padre e la


madre maledetto (Deut 27,16), chi li percuote o li ma
ledice ucciso (Es 21,15.17; Lev 20,9; cfr. la legge sul fi
glio ostinato in Deut 21,18-21).
Nelle norme pi diverse della comunit si rispecchia
lordinamento sanzionato da Dio: non si debbono avere
rapporti sessuali con la propria madre (Lev 18,7), con la
suocera (Lev 20,14), o con la sorella della madre (Lev
18,13; 20,19); una prigioniera che si sposa deve anzitutto
piangere per un mese i propri genitori (Deut 21,13); non
si deve partire senza prima aver baciato ancora una volta
i propri genitori (IRe 19,20); si devono seppellire padre
e madre dopo la loro morte (Lev 21,2; Ez 44,25; diversa
mente Lev 21,11 per il sommo sacerdote e Num 6,7 per
i! nazireo).

Lesortazione ad onorare il padre e la madre era


inoltre sicuramente ambientata fin dagli inizi
nelPistruzione sapienziale familiare: Prov 23,22;
30,17. Olii disprezza il padre e la madre insen
sato (Prov 10,1; 15,20; cfr. 19,26; 20,20; 28,24;
30,11). Lammaestramento dei figli di norma
compito del padre (Deut 6,20ss. ecc.,'b IV/2b),
ma anche la madre impartisce un insegnamento
(Prov 1,8; 6,20; 31,1).
Quando questi comandamenti vengono violati,
subentra a buon diritto laccusa profetica (Ez 22,7;
Mi 7,6).
b) Rispetto ai padri , m non ha alcuna impor
tanza nella visione dtr. della storia. Ci sono tutta
via quattro passi nei quali un re viene valutato in
una prospettiva teologica, a seconda che egli abbia
seguito le vie peccaminose dei suoi genitori (IRe
22,53; 2Re 3,2) o di sua madre (2Re 9,22; 2Cron
22,3) oppure no (cfr. Sai 51,7; 109,14). Soprattutto,
sembra che la regina madre abbia avuto un in
flusso particolare sulla politica e sulfatteggiamento teologico del re; cfr. il titolo signora
(fbfr) IRe 15,13; 2Re 10,13; Ger 13,18; 29,2;
2Cron 15,16; in 22,3 come consigliera; cfr.
G.Molin, Die Stellung der Gebira im Staate Juda,
ThZ 10, 1954, 161-175; H.Donner, Art und Herkunft des Amtes der Kniginmutter im AT, FS
Friedrich 1959, 105-145. Questo lo dimostra la po
sizione di Betsabea alla corte di Salomone (IRe
ls.) o quella d Atalia (2Re 11), ed confermato
anche dal fatto che nel linquadramento dtr. della
storia di ogni re si indica quasi sempre il nome
della regina madre (IRe 11,26 ecc.).
c) Il profeta Osea il primo a designare Israele
come madre (2,4.7). In un processo per infe
delt matrimoniale (Wolff, BK XIV/1,37) Ja
154

madre infedele viene accusata di adulterio dal ma


rito e dai figli (v.4) e viene citata in giudizio come
prostituta (v.7). Limmagine del matrimonio, che
Osea ha tratto dalla mitologa cananea vuole
combattere finclinazione dTsraele a questo culto
con la sua prostituzione cultuale. Ci viene ripreso
in Ez 16; qui il termine rimanda (v. 3.45)
alloscuro passato della citt di Gerusalemme,
mentre il proverbio quale la madre, tale la fi
glia (v. 44) stabilisce il collegamento con il pre
sente (cfr. inoltre Is 50,1 e Westermann, ATD
19,18s.). Per Ez 19,2.10, dove Giuda opp. la casa
reale sono designati come m, cfr. Zimmerli, BK
XIII,423s.
d) Lespressione composta seno materno (vd.
sp. 3e) trova la sua ambientazione particolare nel
linguaggio della preghiera, e in primo luogo in
manifestazioni di confidenza come Sai 22,1 Os.:
fin dal seno materno tu sei il mio Dio , cfr.
71,6; 139,13; Giob 31,18. Essa ricorre inoltre nella
vocazione del Servo in ls 49,1 (cfr. Giud 16,17 e,
senza 'm, Ger 1,5). In tal senso l'antitesi si trova
nel lamento del profeta: me infelice, madre, che
mi hai generato (Ger 15,10; 20,14.17). Infine
questespressione ricompare nella letteratura sa
pienziale tardiva: Giob 1,21 come manifestazione
di confidenza; Eccle 5,14 con sottofondo forte
mente scettico.
e) A differenza di 'ab padre e Ys uomo , il
termine 'em non caratterizza mai Jahwe diretta
mente. Jahwe secondo la concezione vtrt. una
divinit maschile. Solo una volta, in periodo postesilico, si viene meno a questa regola, quando si
paragona lagire salvifico di Jahwe al comporta
mento di una madre: Is 66,13 ( come una madre
consola il figlio, cos io vi consoler ); cfr. 49,15
(senza m).
5/ Nel NT il termine acquista importanza so
prattutto per la posizione particolare della madre
di Ges; cfr. tuttavia il detto di Ges sui veri pa
renti Me 3,31ss. (cfr Deut 33,9). ,1.Kihlewein

nm
'ama SERVA - 1 2V VV debeed.
T T

p x 'm n STABILE, SICURO


Indice. I paragrafi I/(radice e derivati), II/(statistica) e
V/(periodo successivo allAT) trattano della radice nel
suo complesso. I paragrafi 111/ e IV / (uso comune e uso
teologico) vengono suddivisi nelle seguenti sezioni:
A/ 'mn ni.
B/ "mn hi.
C/ 'men
X)/y<*mm
E/ 'wmcet

155

col.
col.
col.
col.
col.

160
164
169
171
175

1/ 1/ La radice 'mn essere stabile, sicuro, fi


ducioso non attestata in acc., ug., fen. e aram.
antico, ma, dopo il suo apparire (sebbene di rado)
nelfaram. imperiale e nelfaram. bibl., si ha
nellaram. e nelle ramificazioni del sem. del sud.
Il confronto linguistico, che deve fondarsi essen
zialmente su materiale post-vtrt., fornisce quindi
scarsi risultati per FAT; inoltre per quanto ri
guarda il significato particolare mn hi. credere
bisogna tener presente che esso dallebr. passato
al sir. (LS 175a), al mand. (Noldeke, MG 211) e
allarab. (J.Horovitz, Koranische Untersuchungen, 1926, 55s.).
possibile una connessione con l'eg. mn essere, re
stare fermo (Erman-Grapow II,60ss.; Calice nr. 198;
M.Cohen, Essai comparatif sur le vocabulare... Chamito-Smitique, 1947, 83).
Sul presunto termine can. imti certezza (?) in EA
71,8 cfr. W.F.Albrighfc, JNES 5, 1946, 12 n. 8; CAD E
152b (cj em-< qu >-ti kal).
poco probabile che lug. imi in 67 (= I *AB) I,18s. si
gnifichi vero (cos Driver, CML 102s.136; M.Dahood, CBQ 22, I960, 406); cfr. WUS nr. 274: erba,
fieno (?) .
Dal fen. si potrebbe tuttal pi prendere in conside
razione il nome proprio '/'mn su di un sigillo (Harris
77s.). Per il pun. emaneihi (Poen. 937) cfr. M.Sznycer, Les passages puniques en transcription Ialine,
1967, 92-94.
Due passi nelle iscrizioni giaudiche delIT sec. (KAI
nr. 214, r. 11; 215, r. 21) sono del tutto incerti (cfr.
DISO 17).
La prima ricorrenza aram. potrebbe essere mjn fisso,
duraturo in un papiro proveniente da Saqqra (fine del
T sec.; KAI nr. 266, r. 3 stabile finch dura il cielo ).
Cfr. inoltre hjmtwth la sua fiducia nei proverbi di
Ahiqar (r. 132; Cowley 217.224; AOT 460 lamabilit di
un uomo fondata sulla sua fiducia ) e s mhjmn un
uomo di fiducia in Hermop. IV ,9 ( Bresciani-Kamil
398s.; J.T Milik, Bibl 48, 1967, 583).
I vocaboli pi tardivi dellaram. e del sem. del sud sono
citati in HAL 61 b; J.Barr, The Semantics of Biblical Language, 1961, 185s.

2/ Le coniugazioni verbali ni. aver consi


stenza, durare, esser attendibile, fedele e hi.
star fermo, confidare, aver fede, credere sono
relativamente frequenti (vd. st. A/ e B/). Il qal
rappresentato almeno dai participi, i quali tuttavia
nel loro significato divergono talmente dagli al
tri derivati di mn da far quasi supporre una ra
dice 'mn II.
A questa radice 'mn 11 elencata in HAL 62a, ma non in
KBL 60b, appartengono: 'mn guardiano (Num
11,12; Is 49,23), tutore (2Re 10,1.5; Est 2,7); 'meencef nutrice (2Sam 4,4; Rut 4,16); il part. pass. plur.
yemntm sostenuti, custoditi (Lam 4,5); 'omnci tu
tela (Est 2,20);7mn ni. essere curato, accudito (di un
bambino) (Is 60,4). molto problematica una rela
zione con laccadico ummnu (HAL 62a; vd. st. 5). Cfr.
S.Poruban, La radice 'mn nellA.T., RivBibl 8, 1960,
324-336; 9, 1961, 173-183.221-234.
Per nce'^man in Num 12,7; ISam 3,20 e CBmun in lCron 9,22.26.31; 2Cron 31,18, dove si potreb
be supporre una derivazione da 'mn II, vd, st. A III/
e D III/.

]OK ' mn STABILE, SICURO

156

3/ Tra i derivati nominali i pi importanti sono


i due sostantivi femminili 'amn fermezza, si
curezza, fedelt, rettitudine / ufficio stabile
(vd. st. D/) e la,mcet costanza, durata, sicurezza,
fedelt, verit (vd. st. E/). amcet potrebbe risa
lire a *'amint- (BL 608). In tal caso il termine un
fem. sostantivato dellagg. 'men e si comporta ri
spetto a questo come mn rispetto a 'mn.
Vanno inoltre ricordati: la formula di con
ferma 'men certamente (vd. st. C/); il sost,
mcen sicurezza (Is 25,1 nella costruzione
asindetica usata avverbialmente 'amn 'mcen), e
gli avverbi da esso derivati con l'aggiunta del suf
fisso -m (BL 529) omnm certo, realmente, ve
ramente e 'umnm con lo stesso significato
(sempre con h interrogativo); anche il corrispon
dente fem. *omn viene usato avverbialmente (su
questi usi avverbiali vd. st. D/). 11 part. ni.
nce'^mn sicuro, fedele funge inoltre da agget
tivo, e cosi pure *mn, che come aggettivo com
pare solo al plur., come sostantivo fedelt, sicu
rezza una volta al sing. e pi frequentemente al
plur. mnlm (vd. st. A/). Relativamente tardi
compare il sost. 'mn accordo, convenzione
ufficiale (Neem 10,1 assieme al verbo -krt) e
ordinamento (Neem 11,23; par. mi$wat fiam
me?'/cek prescrizione del re ).
Non sicuro se da 'mn derivi anche 1ment (plur.) in
2Re 18,16 (cfr. HAL 63a), che viene comunemente tra
dotto con stipiti (della porta), mentre forse significa
il loro rivestimento (di oro).

4/ Vi inoltre una serie di nomi propri: 1amn


(2Re 21,18ss. ecc.; in Neem 7,59 e in Esd 2,57 si
trova la forma [ridotta] ami), forse ipocorstico di
un nome teoforo (cfr. fenicio 7}inn, vd. sp. 1/1),
oppure, come in 'amnn (2Sam 3,2; 13,lss. ecc.; in
2Sam 13,20 'minon errore testuale), designa
zione di una qualit spirituale (Noth, IP 228: si
curo, fedele; un po diversamente J.Lewy,
HUCA 18, 1944, 456, cfr. per J.-R.Kupper, Les
nomades... 1957, 71.76). Deriva da '*mcet il nome
amittaj (2Re 14,25; Giona 1,1; secondo Noth,
IP 162, forma ridotta, cfr. Hcefqaj accanto a ////qijjh).
Alla radice 'mn potrebbe ricondursi anche il nome del
fiume amn che attraversa Damasco (2Re 5,12Q, K:
abn); in tal caso esso sarebbe allora designato come il
sicuro, che nini inaridisce, cfr. nha/ 'tn ruscello
perenne (cio che porta sempre acqua) (Deut 21,4;
Am 5,24) e l'opposto akzb ingannatore par. mqjim
l nce'^mn acqua di cui non ci si pu fidare
(Ger 15,18; cfr. Ph.Reymond, Leau... dans PAT, 1958,
72.114).
Ancora pi incerto se amn in quanto nome dellAntilibano (Cani 4,8) derivi da 5mn essere saldo .
Non rientra naturalmente in questo contesto il dio egi
ziano amri (Ger 46,25; N* 'amn = Tebe, Nah 3,8).
5/
ommn (Cant 7,2) e 'men (Ger 52,15; Prov 8,30)
artigiano non hanno nulla a che fare con la nostra ra
dice, anche se cos si riteneva in passato, ma risalgono
attraverso Pacc. ammni artigiano, artefice al suiti, ummea (cfr, Wagner nr. 18a). Per Prov 830 (non figlio

157

1EN 'mn STABILE, SICURO

prediletto, preferito ma artefice ) cfr. Ringgren,


ATD 16,40; H.H.Schmid, Wesen und Geschichte der
Weisheit, 1966, 150, entrambi con bibliogr

6/ Il significato primario della radice mn di


scusso. Secondo lopinione tradizionale esso sa
rebbe. essere saldo, fermo, sicuro (GB 48a;
HAL 61b; H.Wildberger, Glauben, Erwgungen zu h'nyn, FS Baumgartner 1967, 372-386; an
che E.Pleiffer, Der atl. Hintergrund der liturgischen Formel Amen , KuD 4, 1958, 129-141).
Zorell 63b basandosi su 'ment di 2Re 18,16 (vd.
sp. 3/) suppone il significato primario di tener
saldo , e corrispondentemente, in base ai participi
citati sopra (2/), si attiene al significato di soste
nere . Poich tuttavia incerto se queste forme
appartengano a 'mn I, esse non devono essere
prese in considerazione quando si vuol determi
nare il significato primario. A.Weiser, art. ttictteuc, ThW VI,183-191.197 (= GLNT X363384. 398-400), pensa che la traduzione abituale
saldo, sicuro, fermo non raggiunga veramente
il significato ultimo; 'mn, se lo si analizza pi at
tentamente, appare come un concetto formale, il
cui contenuto viene determinato caso per caso dal
soggetto particolare; il termine significherebbe la
relazione che la realt possiede verso ci che carat
terizza un determinato soggetto (p. 184 = GLNT
364s.). Procedendo oltre su questa linea Porubcan
(l.c., 232s., vd. sp. 2/) arriva alla conclusione che
il significato primario di mn potrebbe essere
espresso con un cosi-come , e significherebbe la
conformitas intellectus et rei . Tuttavia, nono
stante che singole forme e singoli derivati abbiano
assunto un significato in parte assai differenziato,
ci si deve attenere al significato primario che ab
biamo menzionato sopra in quanto esso rappre
senta il loro comune denominatore, tanto pi se si
tengono presenti le affinit con le altre lingue se
mitiche. Vanno tenute presenti del resto le critiche
che J.Barr giustamente solleva contro una visione
esagerata delle connessioni etimologiche, proprio a
proposito della radice mn (cfr. The Semantics of Biblical Language, 1961, 161-205; contro il concetto
formale spec. p. 179s.).
Numerose osservazioni particolari attestano con sicu
rezza che anche gli autori degli strati pi recenti deilAT
conoscevano ancora quel significato primario. In passi
come Giob 39,24 (vd, st. BIU/2) il senso originario an
cora evidente, e persino negli scritti di Qumran ricorre
come neologismo il sostantivo ncelEmdnt garanzia
(CD 7,5; 14,2; 19,1), il cui senso molto vicino a quello
primario.

7/ Come radice sinonima kun si avvicina


molto a 'mn sotto parecchi punti di vista (kun ni.
stare saldo, essere rassicurato, aver consi
stenza , col partic. nkn sicuro, vero che cor
risponde a nce'*mn> e kun hi., che come 'mn hi.
pu essere usato in senso intransitivo: stare im
mobile ). La semantica dellacc. knu si avvicina
ancora di pi alPebr. mn: G aver durata, essere
fedele, sicuro, vero , Gt ottenere sta
158

bilit durevole , agg. klnu duraturo, sicuro, fe


dele, retto, vero , sost, kfnutu fedelt e kfttu
stabilit, sicurezza, realt, onest, fedelt, vera
cit, verit (AHw 438-440.48ls.494s.). Questa
corrispondenza attesta che si pu parlare di una
struttura semitica del concetto di verit, diversa
mente da quanto avviene per il concetto greco (H.
von Soden, Was ist Wahrheit?, Urchristentum
und Geschichte 1,1951,1-24; W.von Soden, WdO
4/1, 1967, 44; cfr. inoltre la bibliogr. citata in E

m/8).

11/ La seguente tabella indica la diffusione della


radice
nelfebr. dellAT (330 ricorrenze esclusi
i nomi propri):
hi. 'men

ni.
Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Giona

Mi
Ab
Zac

Mal
Sai
Giob
Prov

Rut
Cant
Eccle
Lam

2
8

1
3

1
1

5
1
2

1
1
4
2

9
2
-

2
12

1
1
1

1
--

2
2

1
-

2
4
4

6
1

22

37

8
1
3

Est

Dan

Esd

lCron
2Cron

2
2
3
45

4
51

30

12

Neem

3
3
3
1
3
5
2
12
11
2
1
1

7
9

6
2
-

rrxce altri

mti

3
5
49

1
6

1
!
1

1
I
2
3

3
6
3
1

totale
11
11

6
23
4
4
8
5
10
7
34
21
2
4
2
1
2
6
1
84
16
23
1

1
2
1
6

10
6
18

127

28

330*

Al ni. si trova 32x il part. nce'^mn. Non incluso Is


60,4 (vd. sp. 1/2 su mn II). Dal lato testuale incerto Os
1 2 ,1 .

AlPhi. vanno aggiunte le tre ricorrenze aram. con


ha. (Dan 2,45; 6,5.24). Giud 11,20 va letto wqjjem'n\
incerti dal lato testuale sono inoltre Is 30,21 e Giob
39,24.
'men in cinque passi ricorre due volte (Num 5,22; Sai
41,14; 72,19; 89,53; Neem 8,6; nel salterio quindi il ter
mine la conclusione liturgica di una raccolta parziale,
ed per questo che la versione siriaca pone il raddoppia
mento anche in Sai 106,48). La lettura incerta in Is
65,16.16.
y(erhn si trova una volta al plur. in Prov 28,20 (ts

159

nt). Il testo non sicuro in Is 33,6; Sai 89,9; 19,90;


143,1; 2Cron 31,18.
>{mcet testualmente incerto in Is 423; Ez 18,9; Sa]
54,7; 111,7. Invece in Sai 22,26 si potrebbe leggere
>amitt per m'ittek, in 101,2 (emcet per mtaj, in
138,2b 'amttceka per 'imrtck e in Is 53,10 ,tFmcet sm
per 1im-tsm (M.Dahood, CBQ 22, 1960, 406). Il pJur.
non esiste.
Le altre 28 ricorrenze della radice sono cos suddivise:
omcert lx (Is 25,1); omnm 9x (2Re 19,17 = Is 37,18;
Rut 3,12, e 6x in hi.); 'umnm 5x (Gen 18,13; Num
22,37; IRe 8,27; Sai 58,2; 2Cron 6,18); 'omn 2x (Gen
20,12; Gios 7,20; per Est 2,20 vd. sp. 1/2); 'mn lx
(Deut 32,20) e ia!muntrri 7x (agg.: 2Sam 20,19; Sai 12,2;
31,24; sost.: Is 26,2; Prov 13,17; 14,5; 20,6); umn 2x
(Neem 10,1; 11,23); 'men lx (2Re 18,16).

A/

mn ni.

Ili/
1/ Il ni. pu indicare una durata, una si
tuazione stabile (Is 33,16 acqua che non si inari
disce destate, cfr. Ger 15,18; Deut 28,59 piaghe e
malattie lunghe, durevoli, ISam 25,28 casa du
ratura di una dinastia, ISam 2,35 di un sacer
dote, vd. st. IV/4; lCron 17,24 nome). Daltra
parte esso esprime laspetto della saldezza e so
prattutto, dal punto di vista etico-religioso, quello
della sicurezza e della fedelt (Is 22,23.25 luogo
solido , adatto per conficcarvi un chiodo; Gen
42,20 in modo che le vostre parole si dimostrino
sicure ; ISam 22,14 servo fedele; Prov 25,13 mes
saggero fedele; 11,13 nce^man-rah colui che ha
sentimenti di fedelt, in contrapposizione al
chiacchierone che divulga i segreti; Giob 12,20
ncz>CEmnTm che han dato buona prova di se
come titolo onorifico di funzionari pubblici, cfr.
v. 17-19 con il termine parallelo *etnim, inoltre
Neem 13,13 e ISam 2,35; Is 8,2 *d nce'^mn
testimone attendibile , cfr. Ger 42,5 e Sai 89,38
txt? riferito a Jahwe).
2/ Pu mn ni. significare anche essere vero,
diventare vero, dimostrarsi vero ? Poich il sost.
1cemcetyalmeno in testi tardivi, ha assunto il signi
ficato di verit (vd. st. E IV/5; per '^mn D
III/6; IV/2), di per s non si pu escludere che an
che il verbo abbia esteso il suo significato fino ad
includere lidea di verit, sebbene i LXX p.e. per
tradurre *mn ni. non adoperino mai X-qQ-rjc Tal
volta nel campo semantico di 'mn ni. affiora il
concetto di menzogna (kzb o sim.; Os 12,ls. as
sieme a khas menzogna e mrm inganno ;
Sai 78,36s. assieme apth pi, ingannare ; per Ger
15,18 vd. sp. 4), e lo stesso vale per laggettivo mn (Sai 101,6s. rem(u inganno e seqr7m
menzogna ; 12,2s. stfw falsit e sefa t ha/qt
labbra melliflue ). Resta cos stabilita laffinit
tra mn ni. e lidea di verit; in alcuni passi si pu
tradurre con vero (cos la Bibbia di Zurigo in
Gen 42,20; IRe 8,26; lCron 17,23s.; 2Cron 1,9;
6,17). Bisogna per tener presente che il concetto
di verit si basa sullidea di stabilit, di sicu
rezza e di fedelt (lo stesso vale per nkn in passi
come Sai 5,10; Gios 42,7ss.).
mn STABILE, SICURO

160

3/ Al part, ni. ncu'^man nel suo uso aggettivale si ac


costa lagg. *mn fidato, fedele . Esso ricorre rara
mente; ci non indica per che nellAT la qualit della
fedelt non sia importante, ma dipende dal fatto che
nelFebraico tali qualit si esprimono di preferenza con il
gen. del termine astratto. Cos accanto a sir nce>{emn
(Prov 25,13) si trova sir mnim (Prov 13,17), accanto
a 4dim ncs<Emartini (ls 8,2) si trova k d 'amnim (Prov
14,5) oppure d '^mcet wence'oemn (Ger 42,5), accanto
al sostantivato nceia mn (Sai 101,6; Giob 12,20) si ha la
costruzione *is
(Prov 20,6) opp. 7s
nicet
(Neem 7,2). Si pu parlare sia di <?/ noe>a:mn (Deut 7,9,
cfr. Is 49,7) sia di 'ath 'tBmcei (2Cron 15,3).
Laram. usa come agg. il part. pass. ha. mehman si
curo (Dan 2,45; 6,5; cfr. Hermop. IV,9, vd. sp. T/l/).
4/ Termini paralleli sono: lmim irreprensibile,
retto (Sai 19,8; cfr. 101,6) e jsr leale, giusto (Sai
19,8s.; lll,7s.). Una volta si incontra iEmnim accanto
a hsid pio (Sai 31,24), mentre mn ed ytemaet
sono spesso uniti a hcesced. Tuttavia a mn ni. si avvi
cina di pi kn ni. (2Sam 7,16; Sai 89,38; lCron 17,24
cfr. 23; cfr. anche Sai 78,8.37).
Manca un termine opposto stabile; si usa la negazione l
(Is 7,9; Ger 15,18; Sai 78,8.37; cfr. i nkn Es 8,22). In
senso pi ampio si pu citare bgd comportarsi infe
delmente (agg. bgd infedele ), m 7 agire contro
il dovere, essere infedele, kzb pi. mentire e ps*
ribellarsi ,
5/ *mn ni. usato in senso particolare in Num 12,7:
Mos viene incaricato (nce'^mn) di (prendersi cu
ra di) tutta la mia casa (cfr. in proposito la medita
zione cristologica di Ebr 3,1-6). E secondo ISam 3,20
Samuele costituito {nos'^mn) profeta di Jahwe.
Ci si pu domandare se in questi due passi 'mn ni.
non vada inteso come derivazione denominale da
'mn custode (vd. sp. 1/2/): essere costituito cu
stode, fiduciario .

IV/ 1/ Vw ni. stato ampiamente usato in


affermazioni teologiche. Jahwe il Dio fedele
(Deut 7,9, cfr. Is 49,7). Ci si aspetterebbe che
lespressione fosse adoperata pi di frequente; essa
descrive certamente in modo molto appropriato la
natura di Jahwe. Ma PAT non tende ad enume
rare le qualit d Dio. Non quindi un caso che
per descrivere la fedelt di Dio non venga usato
lagg. vero e proprio 'mn, ma il part. nce'^mn,
che significa esattamente colui che si dimostra
fedele . In Deut 7,9 ha'I hannce(emn viene per
ci interpretato come il Dio che mantiene lal
leanza e conserva il suo favore verso coloro che lo
amano... , e in Is 49,7 Jahwe, che fedele me
diante il parallelo il Santo dIsraele che ti ha
scelto viene sottratto alla falsa interpretazione
che si tratti qui di una descrizione dellessere di
vino. Israele non pu parlare della fedelt di Dio,
ma solo della fedelt che si manifesta di volta in
volta nelPatteggiamento verso il suo popolo. Si
prega Dio di rendere certa la sua parola (Re 8,26
= 2Cron 6,17). Egli ha annunciato un messaggio
alle trib dIsraele, la cui sicurezza verr senza
dubbio messa in luce (Os 5,9). Si parla della fida
tezza del suo volere che si manifesta (Sai 19,8 e
93,5 dt testimonianza; 111,7 piqqdim
161

p K 'mn STABILE, SICURO

comandamenti; lCron 17,23 e 2Cron 1,9


dbr parola ). Nellagire di Dio verso Israele il
nome di Jahwe si dimostra fidato e grande ( lCron
17,24).
2/ Il retto comportamento delluomo richiede
che egli si dimostri attendibile, onesto, fedele.
Con la sua fedelt egli entra a far parte come si
deve delle strutture del mondo e specialmente
della vita sociale. Dal rispetto di tutto questo si ri
cava vita e benedizione (cfr. Prov 11,13; 25,13).
Una saggezza profonda che capisce le condizioni
della vita sociale non fa della sua fedelt un prin
cipio rigido: le percosse di un amico possono es
sere segno di fedelt pi che i baci di un nemico
(Prov 27,6). Colui che pio secondo le esigenze
delia religione cultuale deve conservare la sua fe
delt nelle relazioni con Dio (Sai 78,8), ossia in
concreto deve essere fedele alla sua alleanza
(78,37; 89,29). La fedelt a Dio non si dimostra
perci con una certa disposizione interiore nei
confronti di Dio, ma si deve realizzare adeguando
la propria vita alla volont di Dio. I fedeli del
paese, cui Dio volge lo sguardo, sono coloro che
camminano sulla retta via (Sal 101,6). Lattendi
bilit della volont di Dio che si manifesta deve
trovare corrispondenza nella fedelt del popolo d
Dio che rispetta gli ordinamenti da lui stabiliti.
3/ Poich mn hi. ha assunto il significato teo
logico particolare di credere (vd. st. B/), sorge
il problema se nce^mn o mn non possano si
gnificare anche credente . Di fatto lo si po
trebbe supporre per il testo, appena citato, di Sai
101,6, dove tuttavia, per evitare false interpreta
zioni, si deve precisare che in base al contesto la
fede di questi credenti deve manifestarsi in un
comportamento sociale che corrisponda agli ideali
della sapienza. In contesto simile si parla in Sai
12,2 d e g li mnim, e secondo 31,24 questi sono i
hasldim che amano Jahwe (cfr. anche v. 25). mn
tende chiaramente a designare il credente ,
come del resto mn tende al significato di
fede .
singolare luso di ,<Emime Jisr'l in 2Sam 20,19 si
chieda piuttosto in Abel e in Dan se non venuto meno
ci che hanno ordinato i fedeli dIsraele (txt em,
cfr. BH3). Weiser (ThW VI,190s. = GLNT X,382-384)
pensa che lespressione fosse ambientata nella confede
razione sacra delle trib attorno a Jahwe. 11 passo per
unico nel suo genere, cosicch difficile poter formulare
un giudizio in materia.

4/ Di grande importanza per la storia della fede


di Israele la cd. profezia di Natan in 2Sam 7,
contenente la promessa: la tua casa e il tuo regno
saranno stabili per sempre al mio cospetto (v. 16,
appartenente al nucleo fondamentale della tradi
zione, cfr. L.Rost, Die berlieferung von der
Thronnachfolge Davids, 1926, 47-74 [p. 63], e
A . Weiser, VT 16, 1966, 346ss.; diversamente
M.Tsevat, HUCA 34, 1963, 73, e R.Smend, FS
Baumgartner 1967, 288).
162

Il motivo stesso, ossia la stabilit durevole della regalit*


fa parte dellideologia regale dell1antico Oriente, Asarhaddon prega: ... il mio regno sia stabile come il cielo
e la terra (R.Borger, Die Inschriften Asarhaddons,
1956, 26s.; altri esempi: VAB 4,78s.; SHG 281;
G.W.Ahlstrm, Psalm 89, 1959, 53ss.).

Con la profezia di Natan la regalit davidica riceve


una sanzione religiosa. Tale profezia ha trovato
larga eco nellAT (cfr. anche 2Sam 23,5). Gi in
ISam 25,28 il narratore fa dire ad Abigail che
Jahwe dar a Davide una 'casa stabile , e in IRe
11,38 Achia di Silo promette a Geroboamo che
Jahwe gli costruir una casa stabile , cos come
Pha costruita per Davide. Certamente la promessa
in origine era incondizionata. Ma il narratore, che
gi conosce quale sia stato il destino della dinastia
di Geroboamo, Pha fatta dipendere dalPobbedienza (cfr. anche 2Sam 7,14s.), Sulla stessa linea
sta la formulazione d Is 7,9: se non crederete,
non persisterete . Non v dubbio che il profeta
con il verbo 'mn ni. allude alla profezia di Natan
(E.Wrthwein, FS Heim 1954, 61; Wildberger,
BK X,271). Ma, poich il re non ha fiducia, egli
trasforma la promessa tradizionale in una ammo
nizione, in quanto la fa dipendere dalla fede.
Con un analogo gioco di parole (verbo knu, vd. sp. 1/7)
Nabopolassar dice in una delle sue iscrizioni: chi fe
dele a Bel, il suo fondamento rimane stabile (VAB
4,68s.).

Sembra che per lautore del Sai 89 la profezia di


Natan sia stata messa in questione dai corso effet
tivo della storia. Ma egli non la abbandona: per
sempre gli conserver la mia grazia e la mia alle
anza gli sar stabile (v. 29, cfr. v. 38). Qui si
parla dunque non pi della stabilit della casa di
Davide, ma della grazia (hcsczd) e dellalleanza
(cfr. anche 2Sam 7,28 e Sai 132,12; A.Caquot, La
prophtie de Nathan et ses chos lyriques, SVT 9,
1963, 213-224).
Anche dopo la caduta della casa davidica Israele
non rinuncia alla promessa. Nella preghiera (dtr.)
per la consacrazione del tempio Salomone prega
perch si avveri la promessa fatta a Davide (IRe
8,26). Sembra che il deuteronomista abbia sperato
nella restaurazione della regalit davidica (G. von
Rad, Deut.studien, 1947, 61s. = GesStud 200ss.).
Per il Deuteroisaia la dinastia davidica non ha pi
alcun futuro. Tuttavia anche per lui la promessa a
Davide non venuta meno, poich certamente
Jahwe nce'amn (ls 49,7). Egli spiega il noe^mn
con il fatto che la grazia divina verso Israele (55,3)
sicura. Il Cronista spera per nuovamente nella
dinastia davidica: lCron 17,23s.; 2Cron 1,9; 6,17
(cfr. G. von Rad, l.c., 59-64 e 198-203).
In ISam 2,35 la profezia di Natan ha trovato uninterpre
tazione ancora pi radicale: destinatario ora un khn
noe'a man t un sacerdote fedele , che agir secondo i
desideri di Jahwe (sullantichit del brano cfr. M.Tsevat,
HUCA 32, 1961, 195).
In CD 3,19 lespressione bjit nce'amn rielaborata in
un senso che particolarmente significativo a Qumran:
Egli costru loro una casa stabile in Israele..., coloro

163

che vi rimangono fedeli sono (destinati) alla vita


eterna . Qui la casa stabile (come la casa della ve
rit in 1QS 5,6 e la casa della legge in CD 20,10.13)
unespressione di cui la comunit si serve per desi
gnare Se stessa.

Il nce'amn della promessa a Davide diventato


cosi il perno della speranza messianica (von Rad
I,362s.); su un altro piano per esso venuto ad
esprimere la certezza dellelezione di Israele e si
perci conservato con tenacia sorprendente in
tutte le fasi della storia dIsraele. In entrambi i casi
una testimonianza impressionante della certezza
che Israele possiede della fedelt del suo Dio.
5/ In Neem 9,8 viene ripreso Gen 15,6: In hai tro
vato il suo (di bramo) cuore fedele verso di te e hai
concluso unalleanza con lui (cfr. Weiser, ThW
VI,185=GLNT X, 369). La fede di bramo viene qui in
terpretata come fedelt delle sue buone disposizioni
verso Dio. In tal modo il senso del passo del Genesi (vd.
st. B IV/2) si chiaramente mutato.
6/ In conclusione rimandiamo ancora a ls 1,21.26,
dove il titolo onorifico di qirj nae'^mn citt fedele
viene negato a Gerusalemme per il tempo presente, ma
le viene promesso per il tempo futuro della salvezza.
nce'^mn, che non viene mai applicato altrove a Geru
salemme, sembra aver preso qui il posto di nkn (part.
di kun ni. essere stabile ), usato dalla tradizione (Sai
48,9; 87,5; cfr. anche Is 2,2), Isaia ha scelto il termine pa
rallelo nce'amn poich per lui non si tratta, come nella
tradizione di Sion, della stabilit della citt di Dio net
senso della sua inespugnabilit, ma della fedelt dei suoi
abitanti. Inoltre-, per capire come egli intende la fedelt,
indicativa lespressione parallela */"/ hassoedceq citt
della giustizia . nce'amn serve cos ad attualizzare un
tema essenziale della tradizione di Sion (cfr. in proposito
Wildberger, BK X,58ss.).
B/

'mn hi.

Ili/
1/ 'mn hi. per la sua importanza teolo
gica nel significato di aver fiducia, fede (in), cre
dere stato studiato ampiamente:
L.Bach, Der Glaube nach der Anschauung des
AT, BFChrTh IV /6 ,1900,1-96 (ancora oggi fondamen
tale); A.Weiser, Glauben im AT, FS Beer 1933, 88-99;
J.C.C. van Dorssen, De derivata van de stam 'mn in
het Hebreeuwsch van het Oude Testament, 1951;
Th.C.Vriezen, Geloven en Vertrouwen, 1957; E.Pfeiffer, Glaube im AT, ZAW 71, 1959, 151-164;
A.Weiser, art. tuctteuc, ThW VI (1959), 182-191
(=GLNT X, 359-384); J.Barr, The Semantics of Biblical
Language, 1961,161-205; R.Smend, Zur Geschichte von
h'mjny FS Baumgartner 1967, 284-290; H.Wildberger,
Glauben, Erwagungen zu h'mjn, ibid. 372-386 (bi
bliogr.); id., Glauben im AT, ZThK 65, 1968, 129
159 (bibliogr ).

2/ mn hi. unhifl intransitivo opp. transitivo


interno (cfr. Jenni, HP 43ss.250ss.), a meno che
non si tratti di un cd. pseudo-hi. (cfr. Wildberger
Le., 384s. n. 2). Esso costruito con laccusativo
una volta sola in Giud 11,20 (ma vd. sp. II/ per il
testo), cosicch non si pu sostenere 1interpreta
zione dichiarativo-estimativa (E^Pfeiffer, Le., 152).
mn STABILE, SICURO

164

Il significato originario e fisico-concreto star


saldo, star fermo (detto di un destriero) compare
ancora in Giob 39,24. Pi frequente il significato
psicologico aver fiducia, essere fiducioso ,
nellambito profano in b 1,5 e Giob 29,24 (per
linterpretazione di questi passi cfr. Wildberger,
Le., 376ss.), ma anche nel linguaggio liturgico dei
salmi: Sai 27,13 e 116,10. Come in questi passi,
cos anche in Is 7,9 e 28,16 'mn hi. usato in
forma assoluta (complessivamente 7x).
3/ Lo stesso significato si ha nella costruzione
con be (17x con persone, 7x impersonale),
nellambito profano Giob 24,22 si leva, quando
ormai non ha pi fiducia nella sua vita (= quando
ormai dispera della sua vita [cos la Bibbia di
Zurigo]), cfr. anche Deut 28,66 e Giob 15,31
(cfr. Wildberger, l.c., 379). Per fice'*min be in
contesti teologici cfr. anche Gen 15,6 e Es 14,31
(vd. st. IV/2.6).
4/ Diversa la situazione dei passi in cui mn
hi. unito a /*, p.e. Gen 45,26 allora il suo cuore
rest freddo, poich non credette loro . Anche in
questo caso non si pu pensare che il senso fon
damentale sia estimativo ( ritenere qualcuno de
gno di fede ). Si vuol dire invece: acquistare fi
ducia rispetto ad una persona (7x) o ad una cosa
(7x). Linteresse del narratore sta nel soggetto
che esprime la sua fiducia e non nella persona o
nella cosa che gli sta di fronte. Cos Es 4,9 non va
inteso: se essi non credono a questi due segni ,
ma se essi non credono di fronte a questi segni
(cfr. la Bibbia di Zurigo). Solo in pochissimi passi
hce'^mFn le ha di fatto il sign. di ritenere per
vero (IRe 10,7; Is 53,1), La stessa evoluzione,
ossia lo spostamento di interesse dal soggetto che
crede o ha fiducia alla realt in cui si deve aver
fede, si ha quando segue una frase con kf che
(Es 4,5; Giob 9,16; Lam 4,12) oppure un infinito
(Giob 15,22; cfr. anche Sai 27,13).
5/ Accanto a 'mn hi. si incontrano nellAT nu
merosi termini paralleli pi o meno affini.
Nell'inno cultuale di Sai 27 si hanno hzq, bih, l jr\
qwh pi. e 'ms pi. lb (cfr. Sai 31,25 e Is 28,5b.l7b.).
Lorante, anzich dire che crede, pu confessare che
Jahwe per lui protezione, riparo, rifugio, roccia e for
tezza (Sai 27,5). In ls 7,9 lesortazione a credere accom
pagnata dagli imperativi non temere e non spaventarti
(alla lettera: il tuo cuore non divenga fiacco) (v. 4). In
Is 30,15 il credere descritto con i termini quiete,
calma, fiducia (cfr. Wildberger, ZThK 65,1968,151s.).
Per capire la specificit del concetto espresso da mn hi.
tuttavia indicativo il fatto che in altri contesti (e per lo
pi in passi dove il verbo costruito con fe) compare un
gruppo ben diverso di termini paralleli e di termini op
posti: sm' ascoltare (la voce di qualcuno) (Es 4,1-9;
Deut 9,23), mrh hi. essere ostinato (Deut 9,23),
essere testardo (2Re 17,14). In questi contesti lincre
dulit non si fonda su una mancanza di fiducia, sullo
scoraggiamento e sullo scetticismo umano, e neppure su
un dubbio verso Dio e la sua parola, ma sulla disobbe
dienza, sullopposizione e sulla ribellione.

165

]m

'm n STABILE, SICURO

Bench mw hi, sia importante nellAT, si deve


per tener presente che non si parla della realt
della fede solo in quei passi (relativamente rari) in
cui viene usato mn hi. Il termine parallelo pi im
portante, almeno nellambito religioso, bth
confidare (57x con significato religioso, di cui
37x nei salmi). Dove noi parleremmo di cre
dere , lAT pu dire anche
jr' temere , jd i
conoscere e drs ricercare , oppure usa jhl
attendere e hkh pi. sperare (-qwh). Ci
che noi intendiamo per fede, lAT... lo esprime in
molte forme, dalla cui convergenza emerge la
realt a cui si pensa (F.Baumgrtel, RGG
11,1588; cfr. anche C.Westermann, Der Segen in
der Bibel..., 1968, 19s.).
t

IV / 1/ 33 dei 51 passi con 'mn hi. apparten


gono secondo Bach al linguaggio sacro (cfr.
l.c., 30s. con tavola). Il termine, nel suo uso teo
logico, diventato cos importante non per il nu
mero ma per la rilevanza dei passi in cui compare;
inoltre i LXX hanno rivolto ad esso una partico
lare attenzione: essi traducono sempre con
7cl(7Tuo) e i suoi composti (eccetto in Prov
26,25 con 7re[0o^oct) e usano mcrreiW solo per le
forme di 'mn (ad eccezione di Ger 25,8 dove sta
per sur ascoltare ).
2/ Il significato profano di ymn hi. te prestar
fede ad una persona o ad una cosa , che secondo
quanto indicano passi come Gen 45,26 (J) e IRe
10,7 (cfr. anche Ger 40,14), si era gi diffuso
molto presto e fu utilizzato anche nellinsegna
mento sapienziale (Prov 14,15; cfr. 26,25), non
ebbe rilevanza nel periodo pi antico (sullanti
chit p.e. di Es 4,1.5.8.9; 19,9 cfr. Smend, l.c.,
289).
Al contrario sembra che 'mn hi. abbia trovato gi
molto presto il suo Sitz im Leben nelforacolo
di salvezza, specialmente quando esso era rivolto
a condottieri militari. Questo genere letterario
comune alJOriente antico, ed sso, anche fuori di
Israele, si esprime con termini che per contenuto
sono affini a 'mn hi., p.e. [non temere,
Asarha]ddon, [io sono Istar di Arbe]la... abbi fidu
cia (tazzazma, cfr. AHw 410a) ... e rendimi
onore (ANET 450b = IV R 61, col.
VI, r. ls,12s.); altri esempi in Wildberger, l.c.,
135s. Gen 15,1-6 basato su un oracolo di questo
tipo (per lanalisi cfr. f. gli a. 0.Kaiser, ZAW 70,
1958, 107-126; H.Cazelles, RB 69, 1962, 321-349;
Wildberger, l.c., 142-147). La tradizione tuttavia
non ci ha tramandato linvito alla fede, ma la no
tizia conclusiva che bramo fondandosi sulla pro
messa a lui fatta credette a Jahwe e Dio glielo
ascrisse a giustizia. La fede di Abramo senza
dubbio la risposta allesortazione del v. 1 non te
mere , cui collegata la promessa di una grossa
ricompensa, sicch hce'^mfn beJhwh in questo
contesto significa pi o meno: era pieno di fidu
cia e di confidenza, fondato saldamente in
Jahwe .
166

Anche in Is 7,4-9 si imita un oracolo di questo ge


nere, rivolto ad un re. Isaia viene incontro allo
scoraggiamento del re esortandolo a non te
mere (v. 4), e ripetendo la stessa cosa alla fine
delloracolo, quando gli richiede di conservare la
fede. A differenza di Gen 15,6, mn hi. usato qui
in forma assoluta, certo intenzionalmente. Non si
tratta di vedere se Acaz crede in Jahwe - egli cer
tamente non stato un idolatra o un ateo -, e nep
pure se egli ritiene credibile o meno la parola pro
fetica; lesortazione insiste invece sul fatto che egli
nel pericolo deve comportarsi come un uomo che
conserva la calma, la fiducia e la sicurezza. Si ri
chiede ad Acaz di credere, poich sulla casa di Da
vide risiede la promessa di una stabilit duratura
(vd. sp. A IV/4).
Anche Es 4,31 e Deut 1,32 mostrano del resto che 'mn
hi. fu usato in simili oracoli di guerra (cfr. in proposito
Wildberger, l.c., 134).

Sembra che anche loracolo di salvezza, attraverso


il quale il lamento del singolo otteneva una rispo
sta nel santuario, contenesse unesortazione alla
fede. In ogni caso lorante nel suo lamento pu af
fermare di credere, oppure pu attestare nel canto
di ringraziamento che anche nellangustia pro
fonda non ha abbandonato la fede (Sai 27,13;
116,10). Alla minaccia esterna e allo scoraggia
mento interiore il fedele contrappone la sua fede.
Unattestazione indiretta che 'mn hi. era usato
nelloracolo d salvezza si ha in Ab 2,2-4 con la
conclusione solenne: il giusto vivr a motivo
della sua fede . Loracolo risponde al lamento di
1,12-17 e viene pronunciato,come in Is 7,4ss.} in
una grave situazione politica. Se in quel passo mn
hi. viene tradotto credere , non si vede perch
in questo contesto, cosi affine ad esso per situa
zione e per form^ letteraria, mn non debba es
sere tradotto con fede (cos Rom 1,17; cfr. van
Dorssen, l.c., 121.129; Eichrodt 11/111,196).
Gen 15,6 e Ab 2,4b, che sono diventati cosi im
portanti per levoluzione del concetto neotesta
mentario di fede, hanno in comune il fatto che in
entrambi la fede posta in relazione con la giusti
zia. G. von Rad (Die Anrechnung des Glaubens
zur Gerechtigkeil, ThLZ 76,1951, 129-132 ,= Ges
Stud 130-135) afferma che ffsb accreditare
come termine del linguaggio cultuale designa un
atto sovrano giuridico-sacerdotale con cui si giu
dicano i sacrifici, e non significa perci il mettere
sul conto una prestazione qualsiasi in un affare
commerciale. Con lattribuire la sedq ad
Abramo si riconosce che la sua fede quellatteg
giamento che corrisponde alla posizione
delluomo di fronte a Dio. Nella sua fede appare
chiaro che la sua posizione verso Dio in re
gola. La fede non affatto un merito; la pro
messa della ricompensa incondizionata e pre
cede la constatazione della giustizia di Abramo.
Ab 2,4b va tuttavia inteso, nella sua formula
zione, partendo dalla formula dichiaratoria di
Ezechiele: se egli giusto, certamente vivr
167

(18,9; cfr. von Rad, l.c., e W.Zmmerli, Leben


und Tod im Buch des Propheten Ezechiel,
ThZ 13, 1957, 494-508 = GO 178-191). Mentre
per il passo di Ezechiele il segno della giustizia,
che porta alla vita, ladempimento di determi
nate prescrizioni etico-cultuali, per Abacuc la
fede ci su cui pu risplendere la promessa della
vita.
3/ Le ricorrenze di mn hi., sopra esaminate, si
trovano in contesti che dal punto di vista dlia
storia, delle forme sono tra loro simili; in essi la
fede intesa come un atteggiamento di fiducia si
cura che si fonda sulla conoscenza di Dio e della
sua promessa. Is 28,16 chi crede non verr
meno (sulla traduzione cfr HAL 288a) esprime
bene tutto questo, ma contiene anche qualcosa di
pi. Isaia si volge contro i fautori della teologia
cultuale di Gerusalemme, che si credono al sicuro
sotto la protezione del tempio. Alla loro cieca fi
ducia egli oppone la vera fede, che ha come mi
sura il diritto e come bilancia la giustizia. Risulta
chiaro allora come mai i profeti usino cos poco il
concetto di fede. Esso per loro sospetto, perch
pu diventare facilmente un pio surrogato della
dedizione reale a Jahwe al servizio della giustizia.
Essi protestano contro gli spensierati in Sion, co
loro che si tengono al sicuro ibt)) sul monte di
Samaria (Am 6,1; cfr. Is 32,9,11; Ger 7,4).
Quando compendiano ci che essi esigono dal po
polo di Jahwe, non richiedono fiducia o fede, ma
obbedienza: cercate Jahwe! (Am 5,14; Os 10,12; Is
9,12; 31,1; Ger 10,21; 30,14; cfr. anche Sai 24,6).
Un aspetto totalmente diverso ha luso teologico di
mn hi. nei sei passi di Es 4,l-9.31a. Lo si vede gi dal
punto di vista formale, poich qui il verbo costruito
con Ie, Si tratta, come in Es 19,9, delia questione se
Mos incontrer la fiducia del popolo. Quando compare
unespressione parallela, questa sm be oppure sml
beq! (v. 1.9; cfr. sm4ai v. 8). Questaspetto del concetto
di fede divenuto particolarmente rilevante dal punto di
vista teologico nel Deuteronomista: Deut 9,23 vi siete
ribellati al comandamento del vostro Dio, non gli avete
creduto e non avete ascoltato la sua voce , similmente
2Re 17,14: essi non obbedirono, ma si ostinarono
come i loro padri che non credettero a Jahwe loro Dio .
Questultimo passo una delle riflessioni fondamentali
del Deuteronomista sul crollo di Israele. La causa lin
credulit dIsraele in quanto ribellione di fronte a Dio, la
quale non si manifest solo in un rifiuto momentaneo,
ma nel peccato fondamentale di Israele, ossia nel suo
mormorare gi al tempo della peregrinazione nel deserto.

4/

5/ N Isaia n il Deuteronomista con la loro conce


zione della fede hanno trovato molta eco nel resto
delFAT. 11Deuteroisaia usa 'mn hi. parlando di un even
tuale giudizio. Israele deve essere per Jahwe testimone,
affinch i popoli acquistino conoscenza, credano in lui
e giungano a comprendere che egli il vero Dio, fuori
del quale non c alcun salvatore (Is 43,10). Qui, sor
prendentemente, appaiono di nuovo termini paralleli del
tutto diversi: /</* e blu hi. Il credere significa ricono
scere specificamente e concretamente che Jahwe, e nes
sun altro Dio, il signore della storia. Credere equi

P N mn STABILE, SICURO

168

vale qui al riconoscere e allaccettare come tale una ve


rit di fede (cfr. 'amcet al v. 9).
6/ Unulteriore mutazione del concetto di fede si os
serva nel Sai 78, che rivela gi un influsso dtr. Il v. 4
dice: essi non credettero in Dio e non ebbero fiducia
nel suo aiuto . Il v. 32 indica come questo deve essere
inteso; con tutto ci non credettero ai suoi prodigi .
Questa frase riprende chiaramente Num 14,U: per
quanto tempo essi non credettero in me nonostante tutti
i segni che ho operato in mezzo a loro? Se si ha fede
in Dio, si ritengono veri i suoi miracoli.
Unanaloga concezione nuova dellidea di fede si ha in
Sai 106, che presuppone gi la redazione finale del Pen
tateuco. V. 12: allora essi credettero alle sue parole e
cantarono la sua gloria. Si riprende qui Es 14,31- Ma
mentre ivi si parla di fede in Jahwe ( e nel suo servo
potrebbe essere secondario), qui si parta di fede nelle sue
parole. In una maniera simile Is 7,9 viene ripreso in
2Cron 20,20 (Wildberger, l.c., 131s.). Luso profano di
'mn hi., che ricorre gi in IRe 10,7, nel ripensamento dei
testi antichi quindi diventato rilevante anche dal lato
teologico.
7/ Unultima variazione si osserva nel Sai 119: io
credo ai tuoi comandamenti (v, 66). Comanda
menti sembra qui stare semplicemente al posto di pa
role. Ma secondo il tenore totale del salmo ci signi
fica: essere convinti che losservanza dei comandamenti
causa di abbondante benedizione.

8/ Questa panoramica rivela che luso teologico


d i mn hi. non per nulla unitario, e ci dovuto
al fatto che il verbo, sebbene non molto frequente,
fa parte d diverse tradizioni e il suo uso segue i
mutamenti che si sono verificati nella storta reli
giosa dIsraele.
C/

'men

D I/ La parola men ricorre nellAT esclusiva


mente in contesti teologici (cfr. A.R.Hulst, Het
woord Amen in het O.T., Kerk en Eeredienst 8, 1953, 50-58; E.Pfeiffer, Der atl. Hintergrund der liturgischen Formel Amen , KuD 4,
1958, 129-141; S.Talmon, Amen as an Introductory Oath Formula, Textus 7,1969,124-129). Tut
tavia non v dubbio che il termine appartenne an
che alla lingua comune (Lande 112). Eccli 7,22
mostra ancora di conoscere il significato originario
sicuro (di animali; LXX
Nelliscrizione su di un coccio di Yavneh-Yam (KAI
nr. 200, r. 11; lettura comunque incerta, cfr. W.F.A1bright, BASOR 165,1962,45 n. 49; KAI 11,201; Talmon,
l.c., 127) il contadino in uno scritto di protesta indinzzato al
governatore afferma: *mn nqij in verit, sono innocente ,
e si appella alla testimonianza dei suoi compagni.

1 LXX traducono una volta con ocXtjOn; (Ger


28[35],6) e una volta con ocXyjOlv^ (Is 65,16). Tre
volte hanno trascritto la parola senza tradurla
(Neem 5,13; 8,6; lCron 16,36). Nei rimanenti
passi traducono con yvotro cos sia . Il senso
iussivo appare chiaramente in passi come Ger
28,6: amen, Jahwe... realizzi la tua parola. Zorell (64) ritiene tuttavia che si debba completare
169

p K 'm n STABILE, SICURO

con . In alcuni casi effettivamente 'men si


gnifica ci certo e valido (LL.Schlier, ThW
1,339 = GLNT 1,911). Per questaspetto indica
tiva la traduzione di Aquila con TCSTUaTtofivox;
(Sai 89[88],53). Questi possibili usi diversi del ter
mine si fondano sulla sua dialettica. men vuol
dire che qualcosa che si assento certo,
vero . Ma allo stesso tempo questo vero viene
riconosciuto come valido e perci vincolante
per colui che pronuncia lamen.
IV / 1/ Luso pi frequente di 'men si ha
quando esso esprime la risposta ad una maledi
zione al momento in cui essa viene proclamata,
come nella serie di maledizioni di Deut 27,15-26
(12x). Va tradotto allora con cos sia. Questo
7men per non include semplicemente un desi
derio. Lidea israelitica di maledizione (e di bene
dizione) ancora radicata fortemente nel pensie
ro magico (cfr. H.Hempel, Apoxysmata, 1961,30
113). Poich le maledizioni operano per forza pro
pria, normalmente provano delle trasgressioni che
si commettono di nascosto e perci sono sottratte
alla punizione umana. Chi pronuncia lamen nei
loro confronti attesta di sapere sotto quale ver
detto stiano le azioni in questione; in questo modo
egli giudica se stesso nel caso che diventi
anchegli colpevole. Nello stesso tempo lamen ha
carattere apotropaico (cfr. Hempel, l.c., 103); se
viene pronunciato da un innocente, la maledi
zione ricade allora su di un colpevole. Chi non si
unisce con lamen alla condanna del malfattore, ri
cade nella maledizione di questultimo, poich non
ha negato la sua solidariet con lui (cfr. Giub 4,5).
Maledizioni vengono pronunciate nelle cerimonie
di giuramento, nelleventualit che uno faccia uno
spergiuro. Anche chi si deve sottoporre ad ordalia
deve prdfunciare lamen. Lo stesso accade nella
stipulazione di unalleanza, poich essa si fa sotto
giuramento, e perci anche qui si pronunciano
maledizioni, nelleventualit di una rottura
dellalleanza (Ger 11,1-8, cfr. v. 5). Quindi nella
proclamazione delle benedizioni e delle maledi
zioni che fanno parte della tradizione dellalleanza
(Lev 26; Deut 28) lamen del popolo ha lo stesso
valore di quello pronunciato da colui che stipula
lalleanza. Lo stesso vale per laccordo concluso
tra Neemia e i notabili (Neem 5,1-13), dove lo
scuotere le pieghe del vestito da parte del gover
natore simbolizza la maledizione, che qui per
non pi indicata come tale (v. 13). In Ger 15,11
(txt em) lamen del profeta conferma il grido di la
mento che egli ha elevato contro sua madre e per
ci contro se stesso. Questi lamenti dal punto di
vista della storia delle forme risalgono senza dub
bio a delle maledizioni (cfr. C.Westermann,
Grundformen prophetischer Rede, 21964, 140
142).
2/ Fondamentalmente il caso ancora lo stesso nella
protesta del contadino sul coccio di Yavne-Yam: lamen
implica un giuramento ed una corrispondente automale

170

dizione. Ma il passo mostra come il modo di esprimersi


possa essere molto mitigato, dato che il contadino
prega il governatore di fargli ottenere grazia di
fronte alla legge, nel caso che egli venga trovato colpe
vole. Di fatto lamen diventato qui una mera particella
assertiva.
Anche alcuni testi dellAT fanno intravedere un uso pi
generico. Cos in Re 1,36 Benaia accetta con il suo
amen le parole di Davide, secondo cui Salomone deve
salire sul trono come suo successore. evidente allora
che Benaia col suo amen impegna se stesso, nonostante
laggiunta cos faccia Jahwe (txt em). Egli d infatti
il suo pieno appoggio perch si realizzi la decisione del
re. Lamen un s impegnativo, cfr. Neem 8,6.
3/ Un uso particolare dellamen si ritrova nelle dosso
logie (certamente tardive) che concludono i libri dei
salmi (41,14; 72,19; 89,53; 106,48, talvolta raddoppiato).
lCron 16,36 indica come va inteso questo amen. Esso
ha un carattere responsoriale; la comunit liturgica si
identifica con chi presiede alla preghiera, quando egli ha
pronunciato la lode. Il raddoppiamento sottolinea che si
aderisce con seriet e con gioia. Neem 8,6 rivela ancora
come si sia giunti a questo nuovo uso del termine. 11 ca
pitolo narra lintroduzione della nuova legge. Come ri
chiesto di solito da questo genere letterario, il popolo do
vrebbe impegnarsi di fronte alla legge ed accet tare le ma
ledizioni ad essa connesse. La l'unzione dellamen si
invece trasformata. Tob 8,8 mostra che anche nella vita
quotidiana ci si pu identificare con la parola di un altro
attraverso lamen.
4/ Un accenno particolare merita Is 65,16.16: chi si
benedice, e cos pure chi giura, deve farlo blh 'men.
Se si conserva il testo come sta, lo si pu intendere pi
o meno con Delitzsch secondo 2Cor 1,20 (cfr. anche
Apoc 3,14): Dio dellamen, cio che trasforma in s e in
amen ci che promette (comm. ad J.). Qui probabil
mente 'men sostantivato, cosicch si pu tradurre
Dio della sicurezza . E meglio per mutare 'men nel
sostantivo mcen, cfr. *l nce^mn (Deut 7,9; Is 49,7) e
'l (Emce.f (Sai 31,6).

confermata dalla frase precedente: essi sostennero le


sue braccia .
Il significato di sicurezza , ancora vicino a quello di
stabilit , si ha in Is 33,6 (se il testo va lasciato cos):
vi sar sicurezza dei tuoi tempi (cfr. al riguardo
H.Gunkel, ZAW 42, 1924, 178).
3/
Un significato particolare ufficio stabile o sim.
compare in lCron 9,22.26,31 e 2Cron 31,18 (qui il testo
incerto, cfr. Rudolph, HAT 21,306). Rudolph (l.c., 88)
cerca di cavarsela con certezza e stabilit (cfr. an
che K.H.Fahlgren, Sedka, nahestehende und entgegengesetzte Begriffe im AT, 1932, 145; H.Cazelles, La
Sainte Bible... de Jrusaiem, ad 1.). "Non deve tuttavia
stupire il fatto che in (Emn si sia passati dal significato
primario stabile, sicuro al termine tecnico posto
fisso, incarico duraturo . anche possibile che temn
in questo senso non derivi affatto da 'mn I, ma da <5mn
guardiano e significhi pi o meno assistenza (cfr.
Num 12,7 e sp. 1/2).

4/ molto frequente il significato, corrispon


dente al ni. del verbo, di stabilit (in senso tra
slato), e cio certezza, fedelt (cfr. p.e. ISam
26,23; Is 11,5; Sai 119,30; anche lQpAb 8,2; inol
tre Prov 28,20 Vs ' xmnt). In corrispondenza
con questo significato compare spesso come ter
mine parallelo hcsczd (anche s edq e scdceq,
-sdq).
5/ Spesso come opposto di >xmn compare scqcer inganno . Ci mostra che 1(*mim si
estende anche a quelPambito che noi indichiamo
con veracit, rettitudine. Molto spesso per
sorge il dubbio se non si debba tradurre con fe
delt .

Lidea di rettitudine ricorre nel modo pi esplicito in al


cuni testi di Geremia: Ger 5,1 che si d cura del lone
st (secondo M.KJopfenstein, Die Lge nach dem AT,
1964, 32s.: fedelt ; ma cfr. il parallelo che pratica la
giustizia e al v. 2 essi giurano il falso , inoltre Ger
5,5 e ls 59,4; su sh praticare, compiere in tali con
D/
,Q?mn Cmun, omnm ecc.). testi cfr. RBultmann, ZNW 27,1928,122s. = Exegetica,
1967,133s.); in 7,28 il profeta lamenta la scomparsa della
IH/
1/ I significati fondamentali di 1wmima '^mn dalla bocca del popolo; chiarissimo 9,2 ten
secondo HAL 60s. sono: 1) stabilit , 2) cer
dono la loro lingua come un arco, inganno, e non ve
racit (cfr. BH1), domina nel paese (LXX: - io ti';
tezza, fedelt, 3) rettitudine ; si deve aggiun
Klopfensten, l.c. 145: fedelt , in riferimento alla fe
gere 4) il significato particolare ufficio stabile .
delt allalleanza e al matrimonio; ma poich la prima
Le sngole sfumature sono difficili da precisare; lo
parte del verso parla del tendere la lingua, si deve trat
si nota anche dal fatto che altri dizionari adottano
tare di disonest ).

divisioni diverse, p.e. Zorell (62s.): 1) firmitas,


immobilis stabilitas, 2) firmitas ethica personae,
ossia fidelitas (di Dio e degli uomini). Porubcan
(l.c., 230) ritiene che i significati di '*mn, per la
loro ricchezza e la loro differenziazione, non pos
sano risalire al significato primario di stabilit ;
il significato principale per lui verit (l.c.,
221). Tuttavia il significato primario della radice,
stabilit , va visto anche in questo sostantivo,
ed bene perci legare anche questultimo a tale
significato.

2/ Uno dei testi pi antichi Es 17,12 (J opp. N): le


sue mani (di Mos) restarono ferme ((emn) fino al tra
monto del sole. Questa versione (diversamente Porbcan, Le., 228s.: sollevate nella stessa posizione )

171

6/ Geremia con i suoi lamenti sulla mancanza


di onest si muove in un ambito d idee che
hanno una certa importanza nella tradizione sa
pienziale. Il parallelo particolarmente chiaro in
Prov 12,22 labbra ingannatrici sono un abominio
per Jahwe; ma coloro che agiscono con sincerit
piacciono a lui (cfr. p.e. anche il Dialogo del
suicida col suo ba , H.H.Schmid, Wesen und Geschichte der Weisheit, 1966, 214). Tuttavia pro
prio nei Proverbi si hanno dei passi che affermano
qualcosa di pi, come Prov 12,17 chi dice il
vero... . Qui ^mn ha ancora essenzialmente il
carattere di un aggettivo sostantivato: qualcosa
di cui ci si pu fidare, che vero (cfr. anche Is
p K 'mn STABILE, SICURO

172

25.1). Si deve quindi distinguere tra mn in


senso personale ( attendibilit, fedelt* rettitu
dine, veracit ) e in riferimento alle cose ( atten
dibile, vero ). I passi con questo significato non
sono tuttavia frequenti, e non c. alcun motivo di
tradurre con lastratto la verit .
7/ Laspetto personale soggettivo espresso fre
quentemente con la frase preposizionale bce'am
n sinceramente, in buona fede con funzione
avverbiale (2Re 12,16; 22,7; 2Cron 19,9; 31,12.15;
34,12). Anche la linea personale espressa con mn/{Emnim certezza, fedelt (vd. sp. II/),
mentre laspetto oggettivo, legato alle cose, dato
da omcen in verit, veramente (accus. avv., Is
25.1). Nellaccus. avv. si hanno anche mn in
verit, effettivamente (Gen 20,12; Gios 7,20); il
senso pi o meno lo stesso dellavverbio vero e
proprio omnm e umnm effettivamente, real
mente, veramente , sia che con esso si voglia dire
che laffermazione di un altro conforme alla
realt, sia che si sottolinei lattendibilit della pro
pria affermazione.
8/ Termini paralleli pi o meno vicini a
sono:

mn

a) ^'rncet (Sai 40,1 ls.; Ger 9,2-5); i significati dei due


termini si intersecano ampiamente tra loro (vd. st. E/);
b) hcescedy sorprendentemente, sta spesso accanto a
mn (Os 2,21s. assieme a scedceq, misp( e rafiamfrn;
soprattutto nel linguaggio dei salmi: 33,4s.; 36,6; 40,1 ls.;
88,12; 89,2.3.25.34.50; 92,3; 98,3; 100,5; 119,75s.; Lam
3,22s.; cfr. Sai 31,24; Prov 20,6); il fatto che nella poesia
cultuale i due termini si trovino cos spesso assieme di
pende dal parallelismo dei membri e dalla pleroforia del
linguaggio cultuale; i due termini sono cos vicini da di
ventare ampiamente interscambiabili;
c) nel campo semantico di >xmiin si trovano spesso an
che termini che indicano diritto e giustizia come scedceq,
sedq,saddiq e mfspt (Deut 32,4; ISam 26,23; Is 11,5;
33,5s.; 59,4; Ger 5,1; Os 2,21 s.; Ab 2,4; Sai 33,4s.; 36,6s.;
40,11; 88,12s.; 98>2s.; 119,30.75.138; 143,1 txt?; Prov
12,17; cfr. Is 26,2 e Prov 13,17); questa affinit dei ter
mini, che potrebbe sembrare piuttosto singolare, si
spiega per il fatto che sdq e i suoi derivati possono venir
usati nel senso di solidariet, fedelt comunitaria
(cfr, H,H.Schmid, Gerechtigkeit als Weltordnung, 1968,
184s.), e daltra parte con il fatto che mn, allo stesso
modo di sedq, pu senzaltro venir usato per descri
vere un comportamento secondo le norme (cfr. Schmid,
l.c., 68),

IV/ 1/ Della temn di Jahwe si parla preva


lentemente nei salmi cultuali. Nelle lamentazioni
e nei canti di ringraziamento (p.e. Sai 88,12 o
41,11, dove secondo i termini che compaiono nel
contesto si pu tradurre solo con fedelt , ed
eventualmente, formando endiadi con j esL
aiuto , il tuo fedele aiuto ) il fondamento
delibazione soccorritrice di Dio nei riguardi
delfuomo, gi sperimentata o ancora sperata, la
salda e duratura fedelt di Dio. Essa si manifesta
in tutte le angustie, che vengono presentate a Dio
nella lamentazione oppure vengono menzionate
173

]m

mn STABILE, SICURO

guardando al passato nel canto di ringraziamento


(sofferenze per malattia oppure liberazione dalla
morte , ma anche oppressione da parte dei ne
mici come in Sai 92,3 o 143,1). Similmente in
Lam 3,23 il poeta si aggrappa alla ,(Emn di
Jahwe, perch per essa le manifestazioni della sua
grazia {ffsdJm) non vengano meno e si possa an
cora contare sulla sua grande misericordia (raffmim)
(cfr. anche Sai 100,5). Anche i poemi che celebra
no lintronizzazione parlano della tEmna di
Jahwe. Come Jahwe soccorre il suo popolo con la
sua CEmn (Sai 98,3), cos con essa pu giudicare
i popoli, realizzando il suo qcedceq nel decorso
della storia (96,13: il parallelo non qui rahamJm
o hcsced, ma $cdceq, la giustizia , con cui Dio
fa in modo che le cose restino al loro giusto po
sto). Anche in Sai 119,30 scdeq e **;mn stanno
insieme, non per per operare un giudizio verso i
popoli, ma per affermare lumilt dei fedeli.
Questultima daltra parte non esclude che si
debba sperare in hdesced e rahamlm (cfr. Sai
119,138).
Nel Sai 89 si parla della CEmn di Jahwe con una
frequenza che intenzionale (v. 2.3.6.9.25.34.50);
il salmo di fronte allo stato deplorevole della mo
narchia si preoccupa che sia intesa giustamente la
promessa di una stabilit duratura fatta alla dina
stia davidica. Ad ogni dubbio che pu sorgere al
riguardo, il poeta contrappone la confessione della
'*mn di Jahwe. Poich non si pu dubitare della
,flPmn di Dio, non si pu nemmeno mettere se
riamente in dubbio il nce<smn della profezia di
Natan (cfr, v. 29.38. e hcsced e mcet al v. 15).
interessante qui la fondazione per cos dire meta
fisica della fede nella fedelt di Jahwe (v. 3.6.9.15;
similmente la confessione in Sai 3>6s.; cfr, 57,11;
89,38; 108,5).
Anche se lAT non specula per nulla sulfesserein-s di Dio, si pu tuttavia arrischiare lafferma
zione che la 'amn appartiene allessenza di Dio.
Del resto almeno una volta Jahwe chiamato l
(emn (Deut 32,4; cfr. le designazioni yf mcet
e yl nce'^mn). Il contesto mostra bens che lau
tore del poema vuole accentuare fortemente Vim
portanza dellonest e dellintegrit (in contrasto
con la perversione del popolo). Ma la lode di
Jahwe in quanto roccia, preposta alla confessione
della sua fedelt (v. 4a), indica che anche la sicu
rezza ha la sua importanza. Is 65,16 fa vedere che
ci si benedice e si giura per il Dio della fedelt (vd.
sp. C IV/4).
Solo una piccola parte della tradizione vtrt. parla
della yfEmn di Dio: si tratta dellinno, del canto
di ringraziamento e della lamentazione. Deut 32
un caso speciale, in quanto la confessione della fe
delt di Dio si fonda ivi non sulfesperienza
dellaiuto di Dio nelle angustie quotidiane, ma
sulla storia della salvezza, nella quale Dio ha ma
nifestato se stesso al suo popolo. Di fronte alla ra
rit di questi passi bisogna tuttavia ricordare che
lidea della fedelt di Dio non affatto legata
alluso del vocabolo ^ntn o sim.
174

2/ Come si parla della Uvmun di Dio, cos si pu par


lare anche della >(*mfw dei suoi comandamenti: Sai
119,86. Poich essa viene contrapposta allo sceqcer dei
superbi, si pu tradurre con verit . Ci per non si
gnifica solamente che tali comandamenti siano formal
mente giusti . sceqcer infatti non significa falsit ,
ma inganno , e perci analogamente i comandamenti
di Dio sono veri in quanto sono degni di fiducia. Essi
sono le norme di un ordine salvifico universale; chi si
fonda su di essi non sar ingannato, ma sicuro che la
sua vita sar ricolma di beni.

3/ Da Sai 89,3 risulta chiaro che la amun


prima ancora di realizzarsi sulla terra, pu essere
un ordine divino fondamentale esistente nel cielo.
Secondo lideologia regale del lOriente antico, che
ha influenzato anche il pensiero dIsraele, il re
sulla terra il rappresentante di questa armonia
prestabilita , lodata dai santi in cielo (v. 6). Ogni
uomo non pu far di meglio che collocarsi co
scientemente in questo ordine, ossia diventare un
7s amn (opp. 75 noe mani ''mcet). Chi fa cosi
ne ricaver abbondante benedizione (Prov 28,20;
cfr. il contadino eloquente : verit, non men
zogna, significa ricchezza; essa produce prosperit
senza fine , F. von Bissing, Altg. Lebensweisheit, 1955,168). Lesiguo numero di espressioni di
questo genere dipende dal fatto che il pensiero
israelitico ha sottoposto tale ordine fondamentale
al dominio esclusivo d Jahwe; egli opera la
n (Is 25,1). Perci ora si afferma: labbra men
zognere sono un abominio per Jahwe, ma coloro
che esercitano la 1iemim sono a lui graditi (Prov
12,22; cfr. 12,17). Sai 119,30 pu ancora affermare:
ho scelto la via della (non: della tua) mtn ,
ma si colloca subito sulla linea jahwista: desi
dero i tuoi precetti .
4/ Accanto a '^mUn, sostantivato fem. dellagget
tivo, sta il masc. sostantivato 1mn (per lo pi al plur.,
vd. sp. II/). Non si pu stabilire una differenza di signi
ficato tra i due termini. Se Dio il Dio della a;m0n
(Deut 32,4), gli israeliti sono dei figli che non conoscono
10 1mn (v. 20, cfr. anche v. 5). Sai 12,2 sono scom
parsi
( rettitudine, integrit) tra i figli degli
uomini si pu accostare ai passi di Geremia sopra men
zionali (m/5). Cosi pure secondo Is 25,1 e 26,2 ci deve
essere una corrispondenza fra mima divina e 'amnnt
delluomo (il seguito in 26,3s. parla di fiducia in Jahwe).
Come in Ab 2,4 a chi giusto per la sua Hemun viene
promessa la vita (vd. sp. B IV/2), cosi secondo Is 26,2s.
11 popolo giusto, formato da coloro che osservano gli
0emunm, pu sperare nella pace. Questi smei
,a?mriim, cosi possiamo affermare, sono i credenti .
Israele risponde alla fedelt di Dio, che risplende nelle
sue azioni meravigliose, conservando la fede.

E/

mcet

III/ 1/ Come i LXX nel caso di >a?mn in


circa la met dei casi hanno tradotto conXrjBeia.
cos qui c una derivazione da XyjO- in 100 casi
su 127, mentre mcmc; retrocede fortemente;
singolare anche la relativa frequenza di
Stxato(Tuv/j (6x) e Sfaatot; (5x); cfr. al riguar
175

do J.Barr, The Semantcs of Biblical Language, 1961, 187ss, Questo fatto mostra che y<Fmn
e emcet non sono del tutto sinonimi e che
**,mcet pi di qualsiasi altro derivato di 'mn si
aperto al significato di verit . Ci tuttavia non
vuol dire (contro Porubcan, l.c., 183) che il signi
ficato verit sia il punto di partenza della se
mantica di
mcet, e che (contro D.Michel,
MT, Archiv fiir Begriffsgeschichte 12, 1968,
330-57) tutte le ricorrenze di mcet si possano
spiegare partendo dallidea di convenire, concor
dare e perci non si possa individuare nellAT un
mutamento di significato per questo termine.
2/ Il significato primario stabilit , che biso
gna presupporre, compare solo in senso traslato.
Tuttavia 7temcet, a differenza di ,<Emn ma con
cordando in questo con il ni. del verbo, ha svilup
pato il sign. di consistenza, sicurezza, durata ,
p.e. in Is 16,5 cos il trono sar fissato sulla
bont, e su di esso si sieder stabilmente... . Se hkan essere fissato conisponde al nkn saldo
della profezia di Natan in 2Sam 7,16, allora anche
bce'*mcet stabilmente corrisponde al nce'man
esser duraturo. In simili casi si sottolinea sia
laspetto della durata sia anche quello della sicu
rezza. Cos scekcer *mcet in Prov 11,18 potrebbe
significare guadagno sicuro, di valore stabile
(cfr. M.Klopfenstein, l.c., 171s.). Invece non al
trettanto probabile che la costruzione frequente
hcsced wce'iemcet possa essere tradotta sempre
sotto forma di endiadi con benevolenza dure
vole (cosi HAL 66b.274b.323a). Questespres
sione divenuta spesso una formula, e del resto
la fedelt include anche laspetto delPinvariabiiit,
della durata (cfr. p.e. Gios 2,14; 2Sam 15,20; Prov
3,3; 14,22; 16,6; 20,28 ecc.). Passi come Sai 85,11
Jjcsced e ,emcet si sono incontrate mostrano
tuttavia che entrambi i termini stanno sullo stesso
piano e possono avere un loro valore autonomo.
Se poi in singoli casi meglio vedere in mcet una
precisazione di hcsced, allora lespressione va in
tesa cos: hsced (grazia, bont, amore) di cui ci
si pu fidare ; laspetto della durata non sta in
primo piano.
3/ icmcet come secondo membro di uno st. cs.
al contrario la specificazione di un termine pre
cedente, come sdlm pace (Ger 14,13 forse
pace di stabilit, pace durevole , ma in base a
2Re 20,19 = Is 39,8 e Ger 33,6 pace e sicurezza
meglio intendere pace che garantisce sicu
rezza ),7t segno ecc. Tutte queste espressio
ni potrebbero intendersi meglio partendo dallidea
di attendibilit (diversamente Weiser, ThW VI,
184 = GLNT X, 365: mn mostra di essere un
concetto formale, il cui contenuto va determina
to diversamente, di volta in volta, secondo il
soggetto particolare , esso indica il rapporto
della realt con ci che caratteristico di un da
to soggetto in questione, al contrario Barr, Le,
179s,),
' mn STABILE, SICURO

176

Vanno qui citati i seguenti passi: Gen 24,48 (via atten


dibile e quindi giusta); Es 18,21 (uomini fidati, che non
si lasciano corrompere); Gios 2,12 (segno attendibile,
perci sicuro); Ger 2,21 (pianta di fiducia, cio genuina);
14,13 (pace certa, sicura, vd. sp,); 42,5 (testimone atten
dibile e quindi veritiero; analogamente Prov 14,25 con
lopposto testimone menzognero ); Ez 18,8 e Zac 7,9
(sentenza di cui ci si pu fidare); Prov 22,21 (parole at
tendibili, perci vere, par. qst verit ); Eccle 12,10
(parole di cui ci si pu fidare); Neem 7,2 (uomo di fidu
cia e che teme Dio); 9,13 (istruzioni attendibili).

4/ Quando >cmcet viene detto di persone (e di


Dio), il significato di attendibilit si trasforma in
quello di fedelt; cos nelfespressione frequente
hcesced wce^mcet grazia e fedelt, degli uo
mini: Gen 24,49; 47,29; Gios 2,14; Prov 3,3; d
Dio: Gen 24,27 ecc. (vd. sp. IV/2). Lespressione
preposizionale bceCEmcet in fedelt si adopera
di fatto come avverbio: fedelmente, sincera
mente; essa descrive l'attendibilit dell*agire
deiruomo (non la certezza d una situazione di
fatto, come gli avverbi veri e propri e gli accusativi
avverbiali menzionati sopra in D III/7; ma vd.
st, 6).
I paralleli confermano il senso preciso: beimlm since
ramente (Gios 24,14; Giud 9,16.19); con tutto il
cuore (e con tutta lanima) (ISam 12,24; Re 2,4); in
giustizia e con intenzione sincera verso di te (Re 3,6);
con cuore indiviso (2Re 20,3 = Is 38,3); similmente
Is 10,20; 61,8; Ger 32,41; Sai 111,8; Prov 29,14. Con
bce'^met si valuta quindi la dedizione delluomo in base
alla sua integrit e al suo impegno personale.

5/ Si pu esercitare ,{EmcEt: (sh, cfr, 4sh mn,


vd. sp. D III/5): Gen 47,29; Neem 9,33; 2Cron
31,20. Ma si pu anche dire ,(Emcet^ e allora ci si ri
ferisce non allattendibili l di colui che parla ma a
quella di ci che viene detto. Le parole sono fidate
e perci attendibili se rendono esattamente un
fatto, ossia se sono vere: 2Sam 7,28; Re 17,24;
22,16 = 2Cron 18,15; Ger 9,4 (in opposizione a tll
hi. ingannare ); 23,28 annuncia con verit la
mia parola (cos Rudolph, HAT 12,154; Klopfenstein, l.c., 103, ed altri intendono mcet come
accusativo avverbiale e traducono fedel
mente). Di fatto talvolta non si pu stabilire
chiaramente se 'mcet significhi sincerit , in ri
ferimento al soggetto, oppure verit, in riferi
mento airoggetto. Cos p.e. per Tespressione *d
amcet ci si pu domandare se mcet sia una
norma che riguarda lintenzione ( testimone ve
race ) oppure se designi la verit del fatto di cui
si testimonia. In base a ld noe'*man (vd. sp. A
III/l; cfr. Ger 42,5) ci si potrebbe decidere per la
prima possibilit, ma tenendo conto di Is 43,9 e
Prov 14,25 si pu preferire la seconda. Secondo
Gen 42,16 Giuseppe vuole esaminare i suoi fratelli
per vedere se {Pmcet con voi ; qui cemcet non
va inteso come sincerit , ma come verit
(vd. sp. D III/6 riguardo ad 'amn). Inoltre non
si tratta neppure di astrarre il termine da ogni ri
Ferimento a fatti concreti (cos G.Quell, ThW
1,234 = GLNT 1,630), in modo da tradurre: se fa
177

]m

mn STABILE, SICURO

veracit fra voi . Nonostante qualche incertezza


in singoli casi, che si fonda daltra parte sul fatto
che per gli ebrei la differenza tra sincerit (sogget
tiva) e verit (oggettiva) non cos evidente come
per noi, risulta chiaro tuttavia che il significato re
sta rivolto alloggetto. Questo s verifica special
mente in campo giuridico, dove ci che costituisce
problema non , tanto la veracit soggettiva
quanto la verit oggettiva. I testimoni in tribunale
di fronte allaffermazione di una controparte pos
sono dichiarare: iCEmcet vero , cio lafferma
zione in questione corrisponde a verit (Is 43,9).
Viene stabilito che unaccusa moet (Deut 13,15
e 17,4, spiegato con nkn haddbr la cosa
realmente cosi ; cfr. 22,20). In Prov 22,21 pa
role di (emcet spiegazione di qst verit ; dbr
pi. ,(emcel significa, se non proprio la verit, al
meno dire il vero (Zac 8,16; cfr. Sai 15,2; Prov
8,7; 12,19 par. lingua menzognera), e hjh
amcEt significa risultar vero (Deut 22,20;
2Sam 7,28; cfr. Re 17,24).
6/ Vanno notati infine alcuni passi in cui baeCemcEt
non significa in fede, sinceramente , ma in verit,
effettivamente, realmente (Giud 9,15; Ger 26,15; 28,9;
cfr. anche il semplice mcet in Ger 10,10).

7/

I termini paralleli pi importanti sono:

a) 'mn (vd. sp. D 111/8);


b) hcesced (vd. sp, I1I/2.4 deiruomo, e IV/2 di Dio);
c) termini che esprimono la totalit della persona (vd.
sp. 4);
d) termini giuridici: scedeq giustizia (Sai 15,2;
85,12; Prov 8,7s.; ecc.; $edq Is 48,1; 59,14; Ger 4,2;
Zac 8,8 ecc.; saddq Neem 9,33); mispt diritto
( -spt\Is 59,14; Ger 4,2 ecc.); msarim rettitudine
(Prov 8,6); nekh diritto (Is 59,14) ecc.;
e) slnt (-sim\ 2Re 20,19 = Is 39,8; Ger 33,6; Zac
8,16.19; Mal 2,6; Sai 85,11; Est 9,30).
Termini opposti: sceqcer inganno (Ger 9,4; Zac 8,16;
Prov 11,18; 12,19 ecc.); kzb menzogna (Prov 14,25
ecc.); mrm inganno (Prov 12,19); rasa' iniquit
(Prov 8,7; cfr. 11,18; Neem 9,33).

8/ Il campo semantico di mcetyse si prescinde


da s/m e dallunico caso in cui come parallelo
compare Paramaismo qst verit (Prov 22,21;
Wagner nr. 274; aram. bibl. qes{, Dan 4,34), co
incide pi o meno con quello di **mn. mcet
nel senso di verit non possiede un suo paral
lelo, dato che lebraico non ha di fatto una parola
propria per indicare verit . Ci non vuol dire
che lebraico non conosca il concetto di verit, ma
il suo concetto d verit legato indissolubilmente
allidea di attendibilit (cfr. W.Pannenberg, Was
ist Wahrheit?, FS Vogel 1962, 214-239, spec. 216;
H. von Soden, l.c.,vd, sp. 1/7; H.-J.Kraus, Wahr
heit in der Geschichte, Was ist Wahrheit?, hrsg.
von H.R.Muller-Schwefe, 1965, 35-46; K.Koch,
Der hebr. Wahrheitsbegriff im griech. Sprachraum, ibid. 47-65; M.Landmann, Ursprungsbild
und Schpfertat, 1966, 213-222). Come mcet, ri
ferito ad una persona, significa fedelt e sincerit
178

in quanto attendibilit, cos esso, inteso come ve


rit, significa l'attendibilit di una cosa o di una
parola. In questo senso, attendibile pu essere solo
ci che corrisponde alla realt opp. vi si adegua
pienamente.
IV/ 1/ Nel salterio alia confessione della
mn di Dio si unisce con altrettanta frequenza
quella della sua >amcet. Nel Sai 31 (salmo di la
mentazione) Dio viene lodato come "! 'amcet
Dio fedele (v. 6), cos come altrove egli chia
mato I nceamn oppure ' ! m n . Si esprime
qui solo in modo pi conciso quello che gi al
trove manifestano le lamentazioni e i canti di rin
graziamento quando si riferiscono alla ^mcet di
Jahwe. Non si pu stabilire in questo ambito una
differenza fra y<Emcet e mn.
Si loda anche la 1<xmcet di Jahwe, poich si sperimen
tato o si vuol sperimentare il suo soccorso. In Sai 69,14
si supplica Jahwe di prestare ascolto nella fedelt del
tuo aiuto . la speranza di aiuto che induce a rifugiarsi
nella fedelt di Jahwe. La celebrazione della sua fedelt
deve spingere Dio ad intervenire prima che sia troppo
tardi. Per questo lorante pu ricordargli che nel mondo
sotterraneo non si loda la sua fedelt (Sai 30,10; Ts 38,18;
cfr. Sai 71,22; per {2mn Sai 88,12). Oppure egli pu
pregare che la luce e la fedelt di Dio lo guidino al suo
santo monte, perch ivi nel sacrificio possa cantare il suo
canto di lode (Sai 43,3; cfr. 138,2). Laiuto che ci si at
tende dalla fedelt di Dio include sempre lannienta
mento dei nemici (54,7; cfr. 22,26 txt em). In 91,4b la fe
delt di Dio viene celebrata come scudo e difesa (poema
didattico?, cfr. Kraus, BK XV,635).
Linno del Sai 146 (che tuttavia contiene anche elementi
del canto di ringraziamento individuale) descrive in
modo particolarmente impressionante che cosa signifi
chi per Israele il fatto che Jahwe mantenga eterna fe
delt. 11poeta non pensa, come avviene di solito altrove,
alle sue necessit personali, ma esalta Jahwe come soc
corritore di tutti gli oppressi. Jahwe stesso viene chia
mato bens Dio di Giacobbe (v. 5), ma descrtto anche
come Dio creatore e Dio di Sion (v. 10), che regner in
eterno. La fedelt di Dio (v. IO), se !a si paragona con la
religiosit abituale dei salmi, abbraccia qui dunque un
orizzonte molto pi ampio.

2/ Come gi nel campo profano, cos anche


quando riferita a Dio ,Emcet viene unita spesso
a hcsced (m /l).
Os 4,1 e Mi 7,20 pongono lEmcet prima di hcsced, ma
normalmente hcsced precede. Qui come altrove lunione
dei due termini pu essere pi o meno stretta (p.e. Sai
69,14), ma normalmente essi sono legati saldamente tra
loro con un semplice we e (Sai 25,10; 40,12; 57,4;
85,11; 89,15; 138,2; al di fuori del salterio: Gen 24,27; Es
34,6; 2Sam 2,6; 15.20; con ununione meno stretta: Gen
32,11; Os 4,1; Sai 26,3; 57,11 = 108,5).

Si pu dire che in queste espressioni laccento


principale sta su hcsced. yEmcet modifica hcsced
grazia, bont, amore, volont di comunione
sotto laspetto delfattendibilit.
Vanno notati in particolare i seguenti passi: a) Sai 89,15.
Il fatto che diritto e giustizia siano il fondamento del
trono di Jahwe del tutto conforme al contesto, che

179

parla della regalit di Jahwe. Ma laffermazione va oltre:


hcesced e ^mcet stanno davanti al tuo volto . Qui le
due realt sono intese quasi nel senso di unipostasi,
come esseri che stanno di fronte a Jahwe. Cos anche Sai
85.1 ls. pu affermare: hcesced e '^mcet si incontrano,
giustizia e pace si vengono incontro (txt em); fedelt
sboccia dalla terra e giustizia germoglia dal cielo . La
questione che gli esegeti si pongono, cio se si tratti qui
di fedelt umana o di fedelt divina, oziosa: si intende
naturalmente che Dio fa germogliare tale fedelt. Ma la
formulazione rivela che hcesced e ',<emcet possono essere
concepite come grandezze cosmiche a s stanti, la cui
azione garantisce anche la fertilit della terra, poich
dove esse esercitano ii loro dominio il cosmo riacquista
lequilibrio armonico e fecondo.
b) Sai 86,15 confessa: tu sei un Dio misericordioso e
benigno, longanime e ricco di hcesced e di Cemcet (cfr.
v. 5). Si tratta chiaramente di unantica formula di con
fessione (senza ,amcet anche Sai 103,8; 145,8; in Gioe
2,13 e Giona 4,2 ampliata con si pente del male ;
con >eEmcet in Es 34,6, ma secondo Noth, TD 5,215, la
formula qui unaggiunta posteriore). Sembra che
><Emcet sia entrato a far parte della formula solo seconda
riamente, sotto linflusso dellespressione hcesced wce'*mcet. Si voleva sottolineare esplicitamente l'aspetto della
fedelt, la quale perdura anche quando la relazione tra
Dio e il popolo esposta ad una difficile prova. Questo
anche il motivo per cui in Sai 86,5 ricco di grazia
viene ampliato con buono e misericordioso e nei
passi di Gioele e di Giona si accenna al fatlo che Jahwe
pronto a pentirsi.
c) Fuori dei salmi, lAT parla tre volte di hcesced
wce'^mcet usando il verbo 1sh fare : Gen 24,49; 32,11
(hasdfm)\ 2Sam 2,6. Ogni volta si parla della giusta
guida che Dio esercita sulluomo. Perci si pu anche af
fermare che le vie di Jahwe sono hcesced wce'^mcet (Sai
25,10; cfr, 43,3). Il fedele sa di esser posto nella sua vita
sotto la guida della fedelt divina.

3/ Se mcet descrive i fondamenti dellordine


cosmico, l'uomo deve realizzarla al pari di Dio. A
ci esortano naturalmente soprattutto gli scritti
sapienziali (Prov 3,3; 14,22; 16,6; 20,28). In Gen
24 la fedelt delPuomo corrisponde a quella divina
(v. 27 e 49). Bont e fedelt, che secondo Prov
20,28 custodiscono il re, corrispondono alla bont
e alla fedelt che stanno davanti a Dio (Sai 89,15).
Con bont e fedelt si trova approvazione presso
Dio e gli uomini (Prov 3,3s.). La richiesta di
mcet ricorre una volta anche presso i profeti: Os
4.1 non c mcet n hcsced n conoscenza di
Dio nel paese . La conoscenza di Dio dovrebbe
realizzarsi col mettere in pratica hcesced e
mcet.
Il seguito non lascia alcun dubbio sul fatto che
non si pensa qui alla relazione con Dio, ma a
quella con gli altri membri dello stesso popolo.
Quasi mai in tutto FAT fjcsced wce'^mcei (oppure
'*mcet da solo) descrivono il comportamento
delluomo verso Dio. La riposta alla fedelt di Dio
si d solo con la fedelt verso gli altri uomini.
Solo testi tardivi come 2Cron 31,20 e 32,1 fanno
eccezione.
Al contrario, da Israele si richiede nei confronti di
Dio un comportamento bce'^met^ che non signi
fica anzitutto in fedelt (cos HAL 67a), ma
con sincerit, lealt, rettitudine (vd. sp. III/4).
]m

mn STABILE, SICURO

180

Un comportamento betmlm e bce^mcet espres


sione legittima del timor di Dio (Gios 24,14).
4/ Come abbiamo constatato sopra (III/5),
'amoet nelluso profano non significa solo atten
dibilit, sincerit, fedelt in riferimento al sog
getto, ma anche attendibile, vero in riferi
mento alloggetto. Paria lAT anche della verit di
Dio? Anche qui spesso non si pu decidere fra le
due possibilit. Contro alcuni esegeti pi antichi
(Delitzsch, Duhm, Marti ecc.) si dovr conservare
p.e. in Is 59,14s, il significato di fedelt
(M.Klopfenstein, l.c., 46; Fohrer, Jes. 111,219; Westermann, ATD 19,273 e altri).
Ancora pi spesso si soliti tradurre in Sai 25,5 ( gui
dami secondo la tua
ammaestrami... ) con ve
rit , e la richiesta di ammaestramento sembra dare ra
gione a questa traduzione. Ma il salmo alfabetico ri
chiama alcuni tratti della lamentazione; in questultima
si parla di '^mcet nel senso di fedelt . Al v. 6 mcet
viene ripreso con rahamm misericordia e hcesced.
Perci tenendo presente il v. 10 si dovr tradurre gui
dami secondo la tua fedelt e non come di solito
nella tua verit. In modo simile va inteso Sai 86,11:
insegnami la tua via, perch io possa camminare nella
tua fedelt ; la fedelt di Dio lambito nel quale deve
compiersi il cammino delluomo, se vuole essere salu
tare.
Diverso luso nei due salmi 19B e 119, che celebrano
la legge. Nellespressione i comandamenti di Jahwe
sono amcety> (19,10) ieemcet naturalmente riferita
all5oggetto. Ma la traduzione con vero tuttavia pro
blematica. La frase parallela di IOa afferma che la parola
di Jahwe (1 'mrat pr jir'at) pura e permane in eterno.
>Kmcet vuole indicare cos lattendibilit e la validit du
ratura del comandamento di Dio piuttosto che la sua ve
rit. Lo stesso vale per le asserzioni sulla legge nel Sai
119 (v. 43.142.151,160). Il campo semantico indica nei
singoli casi che si paria della durata o della validit
eterna dei comandamenti: cos al v. 152 da lungo
tempo so dei tuoi precetti che tu li hai stabiliti in
eterno . Si potrebbe tradurre con veri ; ma essi sono
veri in quanto sono attendibili, e ci provato ancora dal
fatto che essi elargiscono vita (v. 40.116.144).

Difficile da spiegare infine Sai 51,8: tu ti com


piaci della mcEt nellintimo, e nel segreto mi in
segni sapienza . Testo e traduzione non sono si
curi (cfr. Kraus, BK XV,382s,387); in ogni caso
per mcEt sta qui in parallelo con hokm sa
pienza e, come la hokm,pu essere insegnata. Si
intende perci con (Pmcet una verit nel senso di
una rivelazione nascosta, una conoscenza pro
fonda non facilmente accessibile.
5/ Ci siamo cos accostati alluso del termine
nel libro di Daniele. Dan 8,26 la visione che
stata rivelata (*tncet pu significare soltanto
che essa vera poich si pu fare affidamento su
di essa, con la certezza che il compimento non
verr meno; allo stesso modo vanno intesi 10,1 e
11,2 (txt?, cfr. per Plger, KAT XVIH,145s.l50).
Questi passi di Daniele vanno distinti nettamente
da IRe 17,24. Mentre in IRe si constata che
Jahwe ha effettivamente (in verit) parlato al pro
181

/iw STABILE, SICURO

feta, qui si afferma che egli ha comunicato la ve


rit al veggente apocalttico, nel senso che questa
rivelazione rispecchia fedelmente gli avvenimenti
futuri. Questi sono scritti nel libro della i(Emcet
(Dan 10,21), il libro della verit, che di solito
si spiega con le tavole del destino babilonesi (cfr.
i comm. di Marti, Bentzen, Porteous ad 1.; diver
samente Ploger, KAT XVIII,146). Ma anche la ri
velazione da tempo comunicata ad Israele pu es
sere designata come verit di D io (9,13).
Tutto questo porta a 8,12, dove
viene usato
in un senso estremo, assoluto. Dopo che sono
state descritte le profanazioni del piccolo
corno , si afferma alla fine: la mcet fu gettata
a terra (txt em; cfr. BH1, diversamente Plger,
l.c., 120.122). Qui (Emcet designa semplicemente
la verit, la religione giudaica con le sue singole
prescrizioni giurdiche (K.Marti, Das Buch Da
niel, 1901, 58s.; R.Bultmann, ZNW 27, 1928,
118s. = Exegetica, 1967, 129).
Luso di ,iemcEt nel libro di Daniele singolare.
Tuttal pi in Eccle 12,10 ricorre ancora un smile
concetto di verit. Bultmann (vd. sp.) suppone in
Dan 8,12 un influsso di concezioni iraniche e
pensa, certo a ragione, che anche il libro della
verit , da cui Tangelo comunica al veggente ri
velazioni sul futuro (Dan 10,21), risalga ad un in
flusso straniero. In ogni caso chiaro che con Da
niele comincia una nuova concezione di 1CEmcet e
quindi anche una nuova concezione della verit.
V/ La sopravvivenza di questo gruppo opp. de
gli equivalenti greci nella letteratura di Qumran,
nel giudaismo tardivo e nel NT non pu essere qui
studiata in dettaglio. Si pu solo dare una biblio
grafia scelta:
.

a) credere : oltre a A.Weiser-R, Bultmann, art.


tkotoSco, ThW V I,174-230 (= GLNT X,337488), e le voci in RGG, EKL ecc.:
A.Schlatter, Der Glaube im NT, 1927; W.G.Kummel,
Der Glaube im NT, seine katholische und reformatori sche Deutung, ThBl 16, 1937, 209-221 = Heilsgeschehen und Geschichte, 1965, 67-80; E.Walter,
Glaube, Hoffnung, Liebe im NT, 1940; M.Buber, Zwei
Glaubensweisen, 1950; G.Schrenk, Martin Bubers Beurteilung des Paulus in seiner Schrift Zwei Glaubenswesen , Judaica 8, 1952, 1-25; M.Bonningues, La Foi dans
lvangile de s. Jean, 1955; G.Ebeling, Was heisst Glau
ben?, 1958; id., Jesus und Glaube, ZThK 55, 1958, 64
110 = Wort und Glaube, 1960, 203-254; W.Grundmann, Verstandnis und Bewegung des Glaubens im
Johannes-Evangelium, KuD 6, I960,131-154; F.Neugebauer, In ChristusJ]\ \PlUTQl.Eine Untersuchung
zum paulinischen Glaubensverstndnis, 1961, 150-181;
H.Schlier Glauber Erkennen, Lieben nach dem Johannesevangelium, FS Shngen 1962, 98-111 = Besinnung
auf das NT, 1964,279-293; H.Ljungman, Pistis, A Study
of its Presuppositions and its Meaning in Pauline Use,
1964; H.Conzelmann, Fragen an Gerhard von Rad,
EvTh 24, 1964,113-125 (123ss.); E.Grsser, Der Glaube
im Hebraerbrief, 1965; N.Lazure, Les valeurs morales de
la thologie johannique, 1965, 161-204; P.Stuhlmacher,
Gerechtigkeit Gottes bei Paulus, *1966, 81-83; H.Con-

L82

zelmann, Grundriss der Theologie des NT, 1967,


79s.l92ss.; C.A.Keller, Glaube in der Weisheit Salomos , FS Eichrodt 1970, 11-20.

b) Amen nel giudaismo, nel NT e nella


Chiesa primitiva: H.Schlier, art. /xyjv, ThW
1,339-342 (= GLNT 1,909-916); StrB 1,242-244;
111,456-461; RAC 1,378-380; BHH I,80s.; V.Hasler, Amen, 1969.
Inoltre: H.W.Hogg, JQR 9, 1897, 1-23; G.Dalman, Die
Worte Jesu, '1930, 185-187; P.Glaue, ZKG 44 (NF 7),
1925, 184-198; D.Daube, The NT and Rabbinic Ju-.
daism, 1965, 388-393.

c) Verit : oltre a G.Quell-R.Bultmann, art.


^Geta, ThW 1,233-251 (= GLNT 1,625-674),
bibliogr. pi recente in RGG, EKL eoe,:
R.Bultmann, ZNW 27, 1928, 134-163; F.Ntscher,
Wahrheit als theot. Terminus in den Qumrantexten,
FS Christian 1965, 83-92 = Vom Alten zum Neuen Testament, Ges. Aufs., 1962, 112-125; H.Kosmala, Hebraer, Essener, Christen, 1959, 135-173.192-207;
LJ.Kuyper, Grace and Truth, Interpretation 18,1964,3
19; O.Bocher, Der joh. Dualismus im Zusammenhang
des nachbibl. Judentums, 1965; N.Lazure, l.c. (vd. sp.),
70-90 (bihliogr.); P, Ricca, Die Eschatologie des vierten
Evangeliums, 1966,111-113.
H. Wildberger

my ESSERE FORTE
1/ La radice ms essere forte ricorre solo in
ebr. e sporadicamente in ug. (cfr. UT nr. 228;
WUS nr. 282).
Per quanto riguarda il termine 'mussim riferito ai ca
valli, di cui si parla in Zac 6,3.7, si tratta di un nome di
colore che non appartiene a questa radice (cfr. HAL 63b
screziato; A.Guillaume, Abr-Nahrain 2, 1962, 7
dust-coloured (= color polvere ); W.D.McHardy,
Fs Kahle 1968, 174ss.).

Oltre al verbo in qal, pi., hitp. e hi. (cfr. Jenni, HP


280) vengono usati lagg. amrrtls forte e i sost.
mees, 'arrisa (Zac 12,5 txt?) forza e ma'ams
sforzo .
Per i nomi propri iamasja(h)t ms, arrisi cfr. Noth,
IP 190.

2/ NellAT questo gruppo s trova attestato 50x


(qal 16x, pi. 19x, hipt. 4x, hi. 2x), 'amm$ 6x, i so
stantivi lx ciascuno.
I passi in cui ricorrono i verbi sono per lo pi nella let
teratura dtr.-cron. e nel Deut (q. 12x, pi. 6x, hitp, 3x),
ma anche nei salmi (q. 2x, pi. 3x, hi. 2x), nella lettera
tura sapienziale (pi. 5x) e negli scritti profetici (pi. 5x).

3/ Tutti quanti i significati derivano dal senso


fondamentale essere forte, vigoroso. Il sog
getto solo personale (Dio, uomo). In qal yms (ec
cetto che nella formula di incoraggiamento vd. st.
4) ricorre soltanto per esprimere la forza superiore
di un popolo (Gen 25,23; 2Cron 13,18) e nelle la
183

mentazioni individuali per esprimere la forza op


pressiva di chi odia il salmista. In senso fattitivo
il pi. pu significare laccrescersi della forza fisica
(spesso legato a kah: Am 2,14; Nah 2,2; cfr,
Prov 31,17; Is 35,3; Giob 4,4), lindurimento del
cuore (Deut 2,30; 15,7; 2Cron 36,13; cfr. F.Hesse,
Das Verstockungsproblem im AT, 1955,16), lin
coraggiamento di chi tormentato (Giob 16,5) o
di chi chiamato (vd. st. 4) e la riparazione di un
edificio (il tempio 2Cron 24,13; cfr, Dio che con
solida le nubi in Prov 8,28). Lhitp. significa por
tare a termine qualcosa con limpiego delle proprie
forze (IRe 12,18 = 2Cron 10,18), essere supe
riore a qualcuno (2Cron 13,17) e essere ferma
mente risoluto (Rut 1,18). Per lhi. vd. st. 4.
Le pi importanti radici sinonime sono hzq e zz; gli
opposti sono di! essere debole e rph essere senza vi
gore .

4/ Nelle lamentazioni individuali la forza supe


riore dei nemici (2Sam 22,18 = Sai 18,18; Sai
142,7) offre loccasione per chiedere a Dio un in
tervento salvatore, che si conferma valido al di so
pra di ogni potere umano (cfr. 2Cron 13,18). Va
pure sottolineata la formula stereotipa di incorag
giamento che si trova nel Deut e nella letteratura
dtr.-cron.: hazaq woe^mas sii saldo e forte opp.
(plur.) hizq weim$ (cfr. N.Lohfink, Scholastik
37, 1962, 32-44). La formula in origine si riferisce
a Dio che promette di camminare al fianco di
qualcuno, specialmente nel lambito della guerra
(Deut 31,6; Gios 1,6; 10,25; cfr. anche Nah 2,2;
hzq), ed rivolta come parola di salvezza a un
condottiero del popolg, minacciato dai nemici
(Deut 31,7.23) o al popolo pronto alla battaglia
(Deut 31,6; Gios 10,25). Tale formula, corrispon
dentemente agli interessi dtn., si riferisce in par
ticolare alPosservanza dei comandamenti dati da
Mos o anche allosservanza dei precetti del libro
della legge (Gios l,7ss.; cfr. Noth, HAT 7,28). La
formula si introdusse poi anche neUambiente cul
tuale, diventando unammonizione divina che
vuole eliminare la paura (ma solo con
hi.: Sai
27,14; 31,25). Anche nella promessa di aiuto che
Jahwe rivolge al servo di Dio (Is 41,10; cfr. Sai
89,22) ms si fonda su un oracolo cultuale di sal
vezza.
Discusso il significato del Sai 80,16.18, dove dovrebbe
trattarsi o delIV allevare il re, concezione che fondata
sullimmagine antica del rapporto tra Dio e il principe
raffigurato come un rapporto tra padre e figlio (cos
Kraus, BK XV,559$.), o dell allevare tutto il popolo
(come si direbbe nel v. 16, secondo Weiser, ATD
15,375; cfr. Os 10,lss.; Ez 16,7).

5/ Gli usi pi importanti di ymsyche abbiamo


sopra ricordato, si ritrovano nella letteratura qumranica, e pi precisamente, come era da attendersi,
nel rotolo della guerra (1QM) e negli inni (1QH)
della l a grotta (cfr. Kuhn, Konk. 17). Per la for
mula di incoraggiamento nel NT cfr. ICor 16,13.
A.S.van der Woude
Ym

ESSERE FORTE

184

im

'm r

DIRE

1/ Una radice mr nota a tutte le lingue sem.;


tuttavia essa ha il significato di dire, parlare
solo nei dialetti semNO,, ossia nei vari dialetti
can. (escluso Tug.) e in quelli aram. (cifr. DISO
17s). Nelfarab. e nel sudarab. antico, modificando
leggermente il senso, come avviene anche
nelPebr. vtrt. tardivo, mr significa comandare ,
lacc. amru (e probabilmente lug. amr Gt; cfr.
WUS nr. 283; UT nr. 229) vuol dire invece ve
dere, similmente Tei. 'mr 1/2 indicare.
Sul presunto sviluppo semantico vedere > dire cfr.
S.Moscati, La radice semitica mr, Bibl 27,1946,115-126;
HAL 63b con bibliogr.; inoltre H.Kronasser, Handbuch
der Semasiologie, 1952, 93.
Il fatto che in acc. si abbia il significato vedere , e che
si voglia fondare su di esso fetimologia dell1ebr. 'mr,
non pu indurre a pensare con M.Dahood, Bibl 44,1963,
295s., che un cd. significato primario vedere sia pre
sente anche in Sai 11,1; 29,9 e 71,10 (dove segue sempre
un discorso diretto).

Il verbo possiede oltre al qal un ni. (passivo) e un


hi. (discusso nel suo significato, ma certamente
causativo) (vd. st. 3b).
mr hitp. insuperbirsi, darsi delle arie (Sai 94,4; da
presupporre forse anche in ls 61,6) e i sostantivi ad esso
collegati 7mr e mcer cima, ramo, ramoscello in
HAL 61a.65a, diversamente da GB 48a.51, sono collo
cati sotto una radice particolare *mr II.

Come nomi derivati, oltre alla forma rara qutl 'mcer detto, notizia; cosa , si hanno le analoghe
forme qitl 'mcerfmr parola, enunciato e il
termine tardivo aramaizzante ma'amar parola,
ordine (Wagner nr. 149); cfr. anche linfinito so
stantivato deHaram. bibl. mmar parola, or
dine .
Dalle lingue affini semNO. si possono citare ancora
tuttal pi Tug. anir desiderio, discorso(?) (WUS
nr. 284) e il giaud. 7mrh discorso, parola, ordine (?)
(DISO 18; KAI nr. 214, r. 26.32, cfr. 11,221).

Per i nomi personali amarj(h) con la forma ri


dotta imrl ed ev. mr e 'immr cfr. Noth,
IP 173; HAL 21b.65s,; Grndahl 99; Huffmon
168.
2/ 'mr qal dire con le sue 5282 ricorrenze
(prima ancora di hjh essere, sh fare, bd'
venire, ritti dare, hlk andare) il verbo pi
frequente dellAT, uno dei termini pi
comuni del linguaggio (O.Procksch, ThW IV ,90
= GLNT VI,260). Inoltre esso distribuito in
modo sostanzialmente uniforme in tutto lAT, an
che se evidentemente la frequenza maggiore nei
testi narrativi che p.e. nei testi legislativi o nei
brani poetici.
mr qal in tutti i libri dellAT: Gen 603x (347x wajjmcer/wajjmar, 81x lmr), Es 299x, Lev 80x, Num
244x, Deut 140x, Gios 136x, Giud 269x, ISam 422x,
2Sam 334x, Re 326x, 2Re 343x, Is241x, Ger 475x (163x

7amar, 49x wajjmcer, 114x lmr), Ez 362x, Os 20x,


Gioe 5x, Am 52x, Abd 2x, Giona 22x, Mi lOx, Nah 2x,
Ab 3x, Sof 4x, Agg 26x, Zac 109x, Mal 40x, Sai 99x,
Giob 97x, Prov 25x, Rut 54x, Cant 2x, Eccle 20x, Lam
10x, Est 52x, Dan 22x, Esd 15x, Neem 61x, lCron 72x,
2Cron 184x. Le 5282 forme (in Lis. mancano ISam
4,16b e 17,10 wajjmcer, 2Re 16,7 lmr
Ez 4,14 wmar) si suddividono cos: 930x sono lo stereotipo fmr
(inoltre 9x lmr come infinito con /e), 2069x wajjmcer
opp. wajjmar e 644 altre forme con waw consecutivo (in
Lis. 2Sam 20,18a lmr , 2Re 9,17 wej m a re lCron 16,31
wej m er sono classificati in modo inesatto).*
'mr ni. ricorre 21x, hi. 2x; aram. *ntr qal 71x (Dan 65x,
Esd 5x, Ger lx).
,
I sostantivi sono cos ripartiti: 'mcer 6x, 'mcer 48x,
'Tmr 37x, m a'amar 3x (in Est); aram. mmar 2x.

3/ a) m r qal significa dire, parlare (secondo


il contesto pu essere tradotto anche con chie
dere o rispondere ; si, nh) ed lintrodu
zione normale di discorsi diretti o (pi raramente)
indiretti (BrSynt 140). A differenza di dbr pi.
{dbr III/1), 'm r non significa mai parlare
senza indicare anche ci che viene comunicato
(GB 50; HAL 64a, sulle apparenti eccezioni cfr.
ibid.; cfr. Jenni, HP 165 n. 192).
Come avviene per i verbi che indicano un dire in senso
pi vasto ( qr' chiamare , brk pi. benedire ,
sb' ni. giurare , anche ntn dare, dichiarare che
una cosa ceduta ), anche 7mr pu presentare il feno
meno del cd. perfetto dichiarativo (perfetto di esecu
zione) nella l a pers. sing., con cui si vuol esprimere che
affermazione ed azione coincidono; amarti dico con
questo (cfr, Deut 32,40; Giud 2,3; 2Sam 19,30; Is 22,4;
Sai 16,2 txt em; 31,15; 75,5; 119,57; 140,7; 142,6; Giob
9,22; 32,10; cfr. Bergstr. II,27s.; BrSynt 40; D.Michel,
Tempora und Satzstellung in den Psalmen, 1960, 80.92
95; E.Koschmieder, Beitrage zur allgemeinen Syntax,
1965,26-34); anche la formula k 'amar Jhwh cosi dice
Jahwe (proprio ora attraverso di me) potrebbe rientrare
in questambito.*

Soggetto di 1m r sono Dio, uomini, animali (Gen


3,1; Num 22,28.30) e - quando si tratta di favole
- alberi (Giud 9,8ss.). Il discorso annunciato da
m r nella maggior parte dei casi segue immediata
mente senza alcun elemento di passaggio; talvolta
si interpone lm r ( v d. st.), k l (p.e. Gen 29,33; Es
4,25; Giud 6,16), oppure ' 0scer (Neem 13,19.22
ordinare ) (cfr. Joon 480). La persona cui ri
volto il discorso viene introdotta mediante 'ce! op
pure le\ queste stesse preposizioni indicano anche
persone o cose di cui viene detto qualcosa. Lac
cusativo adoperato in alcuni casi, come quello di
Sai 41,6 essi parlano male contro di me , con un
discorso diretto che segue subito dopo, oppure
quando il verbo va tradotto con menzionare o
nominare, citare (HAL 64a,3a-c) (in questul
timo caso si usa anche /e).
Non di rado 'mr introduce il discorso diretto anche dopo
altri verbi di significato smile, sia allimpf. cons. (dopo
dbr pi., 'nh e 'mr stesso), oppure, molto spesso, allinfi
nito con le = lmr per dire, dicendo, con le parole, nel
modo seguente (sulia forma BL 223.370) dopo dbr pi.,
s7, swh pi., 'm r stesso e molti altri verbi del dire.

186

In singoli testi, per Io pi relativamente tardivi,


*mr pu significare comandare , come in aram.
e in arab. Pi frequente l'uso nel senso di dire
a se stesso = pensare , soprattutto nella co
struzione mr belibbd/'ceMibb/lelibbd dire
nel/al proprio cuore (cfr. N.Bratsiotis, Der Mo
nolog im AT, ZAW 73, 1961, 30-70, spec. 46s.;
per i verbi del pensare /?&?). Citazioni a questo ri
guardo e per tutto il paragrafo si trovano in GB
50s. e HAL 64.
.
b) 'mr ni. ha significato passivo (essere detto,
essere nominato ) e viene usato talvolta (come il
latino dicitur si dice ) con un soggetto perso
nale indeterminato.
Sulle due ricorrenze di mr hi. indurre a dire
(Deut 26,17s.) cfr. RSmcnd, Die Bundesformel,
1963, 7s.33 (proclamare); Th.C.Vriezen, Das
Hiphil von 'amar in Deut. 26,17.18, JEOL 17,
1963, 207-210; von Rad, ATD 8,116; bibliografia
meno recente in GB 5la.
c) Nei nomi derivati dalla radice 'mr la differenziazione
dei significati complicata per via di alcuni passi con un
teslo difficile o incerto (mcer in Ab 3,9; Sai 68,12; 77,9;
'mcer in Giob 20,29; Prov 19,7; 2.2,21). Ma discussa
anche la formazione del vocabolo 'mcer, la quale si basa
sulla forma con suffisso imr di Giob 20,29 (GVG 1,255:
dissimilazione di 'omr in 'imr\ cos pure BL 215, dove
si spiegano le forme plurali e femminili con Vmr- come
formazioni per analogia). Probabilmente vanno tenute
presenti le seguenti considerazioni: 'mcer non mai se
guito da un genitivo o da un suffisso; perci esso ha un
significato molto generico, in Sai I9,3s. parola quasi
nel senso di notizia, discorso , in Giob 22,28 cosa,
qualcosa (cfr. dbr). 'imr (ad eccezione di Sai
12,7.7) sempre al sing. ed seguito da un genitivo o da
un suffisso, come nomen unitatis nel significato di
singola parola, singola espressione (definita) (appli
cato ad unit poetiche o profetiche in Gen 4,23; Deut
32,2; Is 28,23; 32,9; altrimenti, ad eccezione di Is 29,4, si
riferisce sempre alla parola di Dio, che nel Sai 119 com
pare 19x come una vera e propria realt teologica). Lo
stesso vale per i plurali individuali fem. in Sai 12,7 i
(singoli) discorsi di Jahwe sono (ogni volta) discorsi
puri ; mentre il masc. plur. di 'mcer (il sing., se si pre
scinde dal testo incerto d Giob 20,29, non ricorre mai)
potrebbe essere il corrispondente plurale collettivo o di
totalit (Nyberg 220) (sempre con genitivo o suffisso, ec
cetto in Prov 19,7 e 22,2 Ib; in tutti i passi il significato
parole , anche in Num 24,4.16; Gios 24,27 tutte ;
in Sai 107,11; Giob 6,10, dove si parla delle parole di
Dio , si tratta non di singole parole , ma di parole
nella loro totalit ).*

4/ NelPAT ovvio che Dio parli; quando egli


tace, qualcosa non va. Non qui il luogo di ad
dentrarci nella problematica particolare del parlare
e della parola di Jahwe nel PAT (cfr. O.Procksch,
ThW IV,70.89-100 = GLNT VI, 201ss.; 260-284;
W.Zimmerli, RGG V l,l809-1812; -dbr IV). Bi
sogna per accennare ad alcune formule fisse con
cui viene presentato il parlare di Dio, special
mente nella letteratura profetica.
assai frequente la formula narrativa abituale
wajjmcer Jhwh/'^thJm Jahwe/Dio disse , che
187

talvolta (p.e. in Gen 1, cfr. W.H.Schmidt, Die


Schpfungsgeschichte der Priesterschrift, 1964,
169-177; Westermann, BK 1,153s.) acquista un
senso pi pregnante. Particolarmente importante
la formula, altrettanto frequente, k 'amar Jhwh
cosi dice Jahwe (per la traduzione del perfetto
cfr. K.Koch, Was ist Formgeschichte?, 1964, 216,
e sp. 3a), che introduce nei profeti le parole di
Jahwe. L.Khler (Deuterojesaja stilkritisch untersucht, 1923,102-105; id., ideine Lichter, 1945, 11
17) e J.Lindblom, Die literarische Gattung der
prophetischen Literatur, 1924, 106s., indipenden
temente luno dallaltro, hanno individuato nel
genere letterario introdotto da questa espressione
il detto del messaggero, che ha i suoi modelli
nellambito profano. Seguendo questi autori, tale
espressione stata chiamata pertanto formula
del messaggero (cfr. H.Wildberger, Jahwewort
und prophetische Rede bei Jeremia, 1942, 46ss.;
C. Westermann, Grundformen prophetischer
Rede, 1960, 70ss., ecc.). La formula cos
parla N.N. non ha un valore teologico in Gen
32,4-6, e cos pure in Babilonia e nelle lettere
di Amama (cfr. Khler, l.c.; per i paralleli di Mari
cfr. M.Noth, Geschichte und Gotteswort im AT,
GesStud 230-247). La terza formula da menzio
nare, il semplice amar Jhwh dice Jahwe, si
trova molto spesso a chiusura di un annuncio,
talvolta perfino inserita in esso (come ne'm
Jhwh\ sulla relazione fra (k) mar Jhwh e nc'm
Jhwh cfr. F.Baumgrtel, ZAW 73, 1961,
278.284ss.).
Questi esempi mostrano che anche comuni parole
quotidiane possono diventare il segno caratteri
stico di determinati generi letterari. Per indicare
un pi preciso parlare di Dio, nel senso di un co
mando o di una promessa, quando non si usano
gi verbi particolari come swh pi. comandare ,
si ricorre a dbr pi. (-dbr IV /1) piuttosto che a
'mr.
5/ A Qumran 'mr usato come nellAT (e cos
pure mr). Il verbo acquista un certo significato
particolare in lQpAb e in altri commentari dello
stesso genere, dove le parole della Scrittura sono
introdotte mediante "sr 'mr quando dice (cfr.
KElliger, Studien zum Habakuk-Kommentar
vom Toten Meer, 1953, 124s.; E.Osswald, ZAW
68, 1956, 245).
Dato che il verbo piuttosto generico, si capisce
perch i LXX lo traducano con pi di 40 termini
greci, tra i quali tuttavia predominano sitteiv e
Ayctv (si conserva con una notevole coerenza la
differenza tra 'mr = Xyp tv dire e dbr pi. =
XaXetv parlare ).
Il NT, specialmente nelle parti narrative dei van
geli, si ricollega alluso delfAT. Il significato pe
culiare che il Xyoc;, ha in alcuni scritti del NT
non dipende, almeno dal punto di vista lingui
stico, dalFuso vtrt di */wr(cfr. O.Procksch - G. Kit
tei, art. Xeyw, ThW IV,89-147 = GLNT VI,260400).
H.H. Schmid
1J2N W

D IRE

188

ans

UOMO - D1X
''dm.
1T *

'nk

'UN M n i IO
f

1/ Il pronome personale indipendente di la per


sona singolare compare nelle lingue sem. in una
forma breve e in una forma lunga. Ad un *ati
del sem. comune stato aggiunto nelle lingue
sem. orientali e nordoccidentali un elemento -/c,
che nellarea nordoccidentale si distingue da
quella orientale per la vocale finale (acc. anku,
ug. ank, glossa can. in EA 287,66.69 a-nu-ki, fen.
pun. e aram. antico 'nk e 'nkj, ebr.1nk). Qualit
e quantit della vocale finale della forma breve
non sono unitarie (per il bab. antico ana cfr. Mo
scati, Introduction 103; CAD A/II,110s.; ug. an,
fen. /7, ebr.
aram. n, arab. and, el. 'ana).
Nelle lingue sem. dell'area nordoccidentale (ug., fen.
pun. ed ebr.) vengono utilizzate sia la forma breve sia la
forma lunga. NeiPug. prevale la forma lunga (circa 5:1),
che compare in lesti poetici e soprattutto in testi in
prosa. La forma breve la si potuta ritrovare fino ad ora
solo in testi poetici. La forma breve e la forma lunga, pi
energica, possono stare luna accanto all'altra (Testo 51
[= Il ABI IV/V 59s.). Nel fen. pun. la forma breve tar
diva e rara (Friedrich 111; DISO 19). Nellebr., certo
sotto rinflusso dellaram., la forma lunga stala usata
molto di meno (cfr. Wagner 130; vd. st. 2). Nel medioebr. posteriore la forma lunga compare soltanto nelle
citazioni dellAT.

2/ NellAT 'nkl ricorre 358x (delle quali 63x,


con w*-), vn invece 870x ( 177x con wf -).
*nk
56
21

Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Gioe
Am
Abd
Giona
Mi
Nah
Ab
Sof
Agg
Zac
Mal
Sai
Giob

189

7
56
9
17
26
24
7
2
26
37
1
11

10

totale
41
39
67
21
9
4
12
20
30
30
16
79
54
169
12
4
1
5
2
-

5
1
13
14

97
60
67
28
65
13
29
46
54
37
18
105
91
170
23
4
li

2
1

" j *j r v i o

totale

1
2
4
11
8
70
29

7
3

1
2
A
16
9
83
43

Prov
Rut
Cani
Eccle
Lam
Est
Dan
Esd
Neem
lCron
2Cron
AT

2
7

1
1

358

7
2
n
29
4
6
23
2
15
12
18

9
9
12
29
4
6
24
2
16
13
18

870

1228

Ad eccezione di Abd e Nah, che non hanno nes


sun testo con il pronome personale di 1Hsing. in
dipendente, la forma breve si trova in tutti i libri
deHAT. La forma lunga assente in Lev, Gioe,
Ab, Sof, Agg, Cant, Eccle, Lam, Est, Esd, 2Cron
ed presente in misura notevolmente ridotta negli
altri libri pi tardivi; essa prevale sulla forma
breve soltanto in Gen, Deut, Gios, Giud, ISam,
Am e Rut. Particolarmente frequente la forma
breve in P, Ez (la forma lunga solo in Ez 36,28),
nel Dtis (55:24) e nel Tritois (15:2). In Gen si
hanno questi rapporti tra forma lunga e forma
breve: J 39.19, E 16:13, P 1:8 (divisione delle fonti
secondo M.Noth, Uberiieferungsgeschichte des
Pentateuch, 1948, 29ss,); cfr. HAL 70a, dove si
cita bibliogr. meno recente riguardante la stati
stica.
La forma breve e la forma lunga possono stare
luna accanto allaltra in questordine (Es 7,17;
2Sam 3,13; Giob 33,9) oppure in ordine inverso (Is
45,12; Giona 1,9).
NelParam. bibl. an ricorre 16x (Dan 14x, Esd
2x).
3/ Il pronome personale indipendente di la per
sona sing. d al soggetto che parla la possibilit di
introdursi con forza nel discorso e di esprimere la
propria posizione con molta energia. Questa fun
zione del pronome personale nei testi pi tardivi
andata quasi totalmente perduta (Eccle
2,11.12.13.15).
Il soggetto che parla entra in scena presentandosi
con il suo nome (Gen 27,19; 45,3; Rut 3,9), o in
dicando un titolo o una professione (Gen 41,44;
IRe 13,18), o accennando alla propria discendenza
o alla propria appartenenza (Gen 24,24.34; ISam
30,13), alla propria origine (2Sam 1,8; Giona 1,9)
o alla propria condizione giuridica (Gen 23,4;
2Sam 14,5; Am 7,14). Alla domanda sullidentit
di una persona la risposta : io (lo sono) (= s)
(2Sam 2,20; 20,17; IRe 18,8). Colui che parla rife
risce qualcosa sul suo stato e sulle sue condizioni
(ISam 1,15; Sai 109,22; 119,141; Giob 9,21). Di
fronte a persone altolocate ci si designa come
schiavo (2Sam 15,34; anche nella corrispon
denza diplomatica quando si tratta di un rapporto
di dipendenza politica: 2Re 16,7; cfr. anche
L.Kohler, ZAW 40, 1922, 4345; Lande 30.68ss.;

190

H.Grapow, Wie die alten gypter sich anredeten..., *1960, 179-185). In proposizioni interroga
tive lio che parla esprime impotenza, meraviglia,
indignazione (Gen 4,9; 30,2; ISam 1,8; 2Sam 3,8),
ma anche la propria piccolezza e rumile sottomis
sione (Es 3,1 U ISam 18,18; 2Sam 7,18). Nel giu
ramento (haj 'ani Num 14,21.28 e altre 20x; haj nki Deut 32,40, unico passo con la forma funga;
-hjh 3c) e quando si indica let (Deut 31,2; Gios
14,7; 2Sam 19,36), le espressioni assumono il ca
rattere di una formula. Colui che parla pu consi
derarsi legato fortemente ad un altro o ad
un gruppo (Gen 31,44; Giud 7,18; ISam 20,23)
o vedersi in posizione di distacco rispetto al
suo ambiente oppure in contrapposizione ad
esso (Giob 32,6). Il pronome personale con il
we- usato spesso nei paragoni (Gen 27,11;
Es 2,9; Gios 24,15; ISam 17,45; Re 12,11;
Ger 36,18).
Dalle considerazioni fatte, appare chiaro che il
grado di partecipazione personale e la situazione
della conversazione indicano se l'io intende dare o
no particolare energia alle sue parole, aggiungendo
il pronome indipendente di l a persona (nok col
perfetto: Gios 7,20; ISam 22,22; con l'imperfetto:
Gen 38,17; Re 2,18). 11 pronome personale si
trova spesso in proposizioni dipendenti introdotte
da kl, e anche in proposizioni relative spesso dopo
un participio, senza una particolare energia. Lac
centuazione pu essere rinforzata facendo prece
dere la particella gam (Gen 21,26; 2Re 2,3; Sai
71,22; Prov 1,26) oppure 'a f questultima special
mente nei testi pi recenti (Gen 40,16; Giob
32,10.17).
Con limperativo di -r'h vedere (2Sam 7,2),
pi tardi sostituito dalla particella dimostrativa
hinn ecco , lattenzione di colui a cui di
retto il discorso viene attirata in maniera partico
lare su colui che parla e sulle sue parole (Giud
7,17; cfr. Gen 25,22).
4/ Frasi con Dio che parla in prima persona
compaiono soprattutto nei discorsi divini delle
storie dei patriarchi, nelle parti legislative del Pen
tateuco e negli oracoli profetici. Nei testi postesi
lici espressioni di questo genere diminuiscono for
temente; spesso esse non sono altro che citazioni
di formule pi antiche ( Agg 1,13; 2,4). L angelus
interpres subentra al posto di Dio (Zac 1,9; Dan
10,1 lss.).
_
Il pronome indipendente di la persona sing. nei
discorsi di Dio viene usato come nei corrispon
denti discorsi degli uomini. Il discorso divino pu
essere aperto dalla formula di presentazione, con
cui vengono fatte delle dichiarazioni sulla natura
di Dio o sul suo modo di comportarsi col singolo
o con una comunit. Il pronome personale con il
wv- viene usato quando si confrontano tra loro
latteggiamento e il modo di comportarsi di Dio e
quello delluomo (Es 4,15; 2Sam 12,12; Is 65,24;
Os 7,13; Giona 4,10s). Nei discorsi di Dio compaiono
spesso proposizioni secondarie introdotte col
191

kt e proposizioni relative con participio e pronome


personale, gam (Gen 20,6; Lev 26,24; Ez 8,18) e
af (Lev 26,16; Sai 89,28) rafforzano laccentua
zione. hinn (Gen 28,15; Es 4,23; ISam 3,11; Ger
6,19; Ez 37,5.12.19.21; Am 2,13) e il pi energico
hrfn (Gen 6,17; Ez 5,8; 6,3; 34,11.20) accen
nano ad una iniziativa di Dio che per lo pi
nuova.
La formula di autopresentazione rivela il nome di
Dio ponendolo in connessione con il suo agire
nella storia. Luomo interpellato viene in tal modo
impegnato da Dio nella sua fedelt. La rivelazione
del nome divino rende anche possibile alluomo
rivolgersi a Dio (fondamentale: W.Zimmerli, Ich
bin Jahwe, FS Alt 1953, 179-209 = GO 11-40;
inoltre: tC.Elliger, Ich bin der Herr - euer Gott, FS
Ileim 1954, 9-34 = KS 211-231; R.RendtorfT, Die
Offenbarungsvorstellungen im Alten Israel, in:
Offenbarung als Geschichte, KuD Beiheft 1,
*1963, 21-41). La formula di autopresentazione ha
la sua origine nel politeismo ed molto diffusa
nellOriente antico (cfr. anche A.Poebel, Das appositionell bestimmte Pronomen der l.Pers.
Sing. in den westsemitischen Inschriften und
im AT, 1932). Poich la divinit si riferisce
alle proprie imprese e alle proprie qualit, la
formula di autopresentazione diventa unautoesaltazione (nellAT nel Dtis: Is 44,24; 45,7;
anche nei giudizi e nelle dispute; cfr. Wester
mann, ATD 19,124-132; H.-M.Dion, Le genre
littraire sumrien de P hymne soi-mme et
quelques passages du Deutro-Isaie, KB 74, 1957,
215-234).
La formula vtrt. di autopresentazione una pro
posizione nominale indipendente, tanto nella sua
forma breve io sono Jahwe , quanto nella sua
forma pi completa io sono Jahwe, tuo/vostro
Dio . Jahwe non si introduce come uno scono
sciuto ma, rivelando il suo nome, rimanda a cose
gi conosciute e accadute in precedenza (Gen
15,7; 26,24, 28,13; 31,13; Es 3,6; anche: Os 12,10;
13,4). La promessa, che segue subito dopo, colloca
il futuro comportamento di Dio in questo contesto
storico. Lautopresentazione di Dio in origine non
collegata alla proclamazione della legge. La
forma breve qui, come presso i profeti dell'esilio,
una sintesi concisa del laffermazione della po
tenza divina, che si basa sulla prova che Dio ha
dato di s nella storia dIsraele (per la fonte P cfr.
Lev 18-19 passim; per il Dtis cfr. ls 45,21; 43,11
opp. 45,22 e 48,12).
Quando unita al verbo
jd\ la formula di auto
presentazione diventa formula di riconoscimento
( riconoscete che io sono Jahwe! ). Il riconosci
mento di Jahwe si realizza quando egli si manife
sta nella storia (cfr. la tradizione dell'Esodo). 11
legame tra la formula di riconoscimento e gli
avvenimenti imminenti un elmento carat
teristico della profezia dellesilio (in Ez special
mente in oracoli di giudizio; nel Dtis in oracoli
di esaudimento e di vocazione: Is 49,23.26;
45,2s.5s.7).
jN
'*ni IO
*

192

5/ Per Qumran cfr. S.Mowinckel, Jeget Qumransalmene, NTT 62, 1961, 28-46; per il NT cfr.
soprattutto E.Stauffer, art. yc, ThW 11,341-360
(= GLNT 111,41-94); inoltre: E.Schweizer, Ego
eimi, (1939) 31965, I2ss.; per lambiente circo
stante: E.Norden, Agnostos theos, (1913) rist.
1960, 177ss.
K.Gunther

*)OH 'sp RA CCO G LIERE -

P)X fl/ IRA

fap

qb$.

1/ La radice V/p appartiene al sem. comune. Da


essa deriva il sost. *'anp- ( > *'app) naso
(Bergstr. Einf. 184; P.Fronzaroli, AANLR
V III/19,1964,269) che, a sua volta, in alcune lin
gue sem. ha dato luogo al verbo denomina
tivo 'np.
Questo sostantivo, caratterizzato dallassimilazione della
seconda radicale tranne che nel sem. meridionale, e che
spesso al duale, ha il sign. naso in tutti i dialetti
sem. (acc. appu, AHw 60; CAD A/II,184-I89; ug. ap,
WUS nr. 344; UT nr. 264; per l'aram. antico cfr, DISO
21; nellaram. imperiale e nel laram bibl. *anphT il suo
volto Dan 2,46; 3,19 viene scritto di nuovo con n).
Viene inoltre costruito come un maschile (KAlbrecht,
ZAW 16, 1896, 78).
Invece il verbo 'np fremere (dira) , che dovrebbe es
sere denominativo (Mand. 131; pi cauto O.Grether,
ThW V,392 n. 56.57 = GLNT Vili J 103 n. 56.57), at
testato solo in ebr. (qaJ e hitp.), moab. (KAI nr. 181, r.
5), acc. (AHw 320a) e arab. (nel significato disdegnare,
rifiutare, provare avversione , Wehr 27).
Da questa radice derivano i nomi propri 'appqjim(lCron
2,30s.; Nldeke, BS 102: nasino ; Noth, IP 227: con
un naso grande ) &Harmaf(Noem 3,10; Noth, IP 227:
con un naso fesso ).
Alla stessa radice va forse riportato n(a (Lev 11,19;
Deut 14,18), un genere duccello impuro con diverse
specie (non identificato, cfr. HAL 70b; IDB 11,596; BHH
111,1578; G.R.Driver, PEQ 87, 1955. 17s.).

2/ NellAT il verbo 'np attestato I4x: 8x al


qal, 6x in hitp. (questultimo sempre in ambito
dtn.-dir.).
Le ricorrenze della voce af sono numerose.
NellAT 235 passi hanno il termine al sing.
(escluso Ab 2,15, dove si ha probabilmente la con
giunzione af)\25x nel significato naso , 42x in
riferimento allira umana e 168x in riferimento
allira divina.
Il duale appjim attestato 42x (escluso ISam
1,5, che va emendato). Anche le due ricorrenze
nelle sezioni aram. dellAT vanno intese come
duali (volto; F.Schulthess, ZAW 22, 1902,
164).
Nella lista che segue sono riportate le ricorrenze del
verbo (q., hitp.), del sing. fl/(N = naso , IU = ira
umana, ID = ira divina) e del duale appjim (du.).

193

* ) K 'a f \ R A

hitp.

e1
Gen
Es
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Gioe
Am
Giona
Mi
Nah
Ab
Sof
Zac
Sai
Giob
Prov
Cant
Um
Dan
Esd
Neem
lCron

2Cron
AT ebr. tot.:

IU

N
1

1
1

1
1

4
4
2
2

4
7
7

6
4
2

1
2
i
2
4
1
24
il
1
10
1
2

1
-

1
1

42

168

42

25

6
2
2

1
6

du.

2
1
2

20
24
11
4

5
10
12
3
5
1
2
-

2
4
1

6
3
2

ID

3/ a) Si deve iniziare dal significato concreto


del sost., cio dal nome di una parte del corpo, il
naso . La forma duale appjim designa le due
alette oppure le due narici del naso , dalle quali
esce o entra il soffio vitale (Gen 2,7; 7,22); anche
in Es 15,8 e Lam 4,20 (forse anche in KAI nr. 224,
r. 2, cfr. in proposito KAI 11,266) si trova ancora
questo valore concreto.
Lx> stesso vale per Paco., dove molti passi attestano luso
originario della voce per indicare questa determinata
parte del corpo: perforare le narici, tagliare il naso ecc.
(AHw 60; CAD A/H,184-189).

Come pars pr toto la forma duale usata per in


dicare tutto il volto (Gen 3,19; aram. Dan 3,19),
soprattutto nel lespressione fssa prostrarsi con
la faccia a terra (Gen 42,6; 48,12; ISam 20,41;
24,9; 25,41; 2Sam 14,4.33; 18,28, 24,20 = lCron
21,21; IRe 1,23.31; Is 49,23; cfr. aram. Dan 2,46;
davanti ai messaggeri di Dio Gen 19,1; Num
22,31; nella preghiera Neem 8,6; 2Cron 7,3; 20,18;
cfr. anche 2Sam 25,23 Ie'app davanti ), cfr.
acc. appo labnu prostrarsi umilmente (AHw
522).
In senso traslato la forma duale si trova
nellespressione crcek 'appjim longanime per
designare la benevolenza umana (Prov 14,29;
15,18; 16,32; 'rcek appjim longanimit
25,15) e quella divina (Es 34,6; Num 14,18; Giona
194

4.2; Nah 1,3; Sai 86,15; 103,8; 145,8; Neem 9,17),


mentre lespressione qe$ar- appjim designa
invece limpazienza (Prov 14,17; cfr. 14,29
con rh).
[I valore traslato ira attestato in due passi (del
resto molto discussi): Prov 30,33b e Dan 11,20
(cfr. i comm.).
b) La forma sing. 'af indica anchessa anzitutto
questa parte del corpo.
Nelluomo: Num 11,20; Ez 23,25; Am 4,10; Prov 30,33a;
Cant 7,5; come sede del fiato: ls 2.>22; Giob 27,3; Cant
7,9; anelli come ornamento: Gen 24,47; ls 3,21; Ez
16,12; per punizione: 2Re 19,28 = Is 37,29. Negli ani
mali: Giob 40,24.26; Prov 11,22. Cfr. anche le espres
sioni di senso pi traslato sim'afa esser risoluto (Giob
36,13, HAL 74b)e gbah >o/' arroganza (Sai 10,4). Ne
gli dei: Sai 115,6; in Dio: vd. st. 4a.
Cos pure in altre lingue sem., p.e. in acc. appu naso ,
che designa anche il punto pi alto o la cima di una cosa
o sim. (AHw 60); ug. ap zcl capezzolo , ap b seno
(WUS nr. 344), ap tgr ingresso della porta (UT nr.
264); nel semNO. anche superfcie (ICAI nr. 222A, r.
28; nr. 228A, r. 14); arab. anf naso, sporgenza, contraf
forti (di una montagna) (Wehr 27).

c) Molto pi spesso yaf indica P ira , con uno


sviluppo di significato facilmente comprensibile si
passa dal termine naso al soffiare (della
ira) che si manifesta in questa parte del corpo
(cfr. Dhorme 80s.; ug.: WUS nr. 345; ? aram.
Cowley nr. 37, r. 8, cfr. DISO 21). In circa la
met dei passi che si riferiscono all'ira delluomo,
V/ unito al verbo hrh (o al sost. hri) accen
dersi (soprattutto nei testi narrativi: Gen 30,2;
39,19; 44,18; Es 11,8; Num 22,27; 24,10; Giud
9,30; 14,19; ISam 11,6; 17,28; 20,30.34; 2Sam
12,5; Is 7,4; Sai 124,3; Giob 32,2.2.3.5; 2Cron
25,10.10). Un sacro spirito di furore si impadro
nisce delluomo quando su di lui si riversa Io
spirito di Jahwe (Giud 14,19; ISam 11,6). Lira
pu placarsi (sub Gen 27,45), e placare la pro
pria ira una prerogativa particolare del saggio
(Prov 29,8).
4/ a) In consonanza con il linguaggio antropo
morfico dell'AT, si potr parlare anche del naso
degli dei (Sai 115,6) e perfino di Jahwe (Deut
33,10; 2Sam 22,9.16 = Sai 18,9.16; quanto a Ez
8,17 txt? cfr. Zimmerli, BK XIII,195.222s.; al
duale Es 15,8).
b) Nella maggior parte dei casi comunque si tratta
della collera divina ( I68x). In tutti i passi nei quali
compare, il verbo 'np q./hitp. indica lira divina,
come si ricava anche dallaflermazione delliscri
zione di MeSa (KAI nr. 181, r. 5; DISO 19): i! dio
Kemos adirato con il suo popolo.
La reazione di Dio, che si pu spiegare nei suoi
motivi per il fatto che luomo si comporta in ma
niera analoga, ma che non si pu dedurre da tali
motivi, una risposta alle azioni delluomo che
contrastano con la natura e i comandamenti di
questo Dio (per la motivazione etica cfr. Vriezen,
195

Theol. 129-132). Essa perci non deducibile, per


ch nella concezione dell'AT lagire di Dio non
deve rispondere ad alcun tribunale; in questo caso
infatti non sono di fronte due parti con gli stessi
diritti, ma il creatore e la sua creatura, il legislatore
e coloro che gli devono obbedienza, il signore e i
suoi sottoposti. Lira divina pu rivolgersi contro
il popolo: gi le fonti del Pentateuco ne fanno
esplicito accenno (Num 11,1.10.33(1); Es 32,10.
11.12.22[EJ), e ne parlano soprattutto i profeti
del IT (Os 8,5; Is 5,25 ecc.) e del 7* sec. Sono in
particolare Geremia (tutti i 24 passi si riferiscono
allira divina, spesso anche con altre espressioni
per rafforzare lidea, p.e. 21,5) e, dopo di lui, Eze
chiele (llx sempre in parallelo con fjm, eccetto
7,3 e 43,8, mentre in 25,14 e 38,18 loggetto
dellira non Israele) che parlano dellira di Dio
con frequenza soffocante.
LAT testimonia inoltre che lira di Dio una rea
zione, inspiegabile dal lato razionale, di un signore
divino ritenuto persona reale; una reazione che
si sottrae ad una precisa definizione concettuale,
perch questo dio si manifestato al suo popolo
con un libero atto di volont e in una maniera che
resta incomprensibile alluomo. Lira divina cosi
il correlativo necessario dellamore divino che
vuole la salvezza del suo popolo (cfr. p.e. Es 4,14;
anche Sai 30,6).
Le pi importami espressioni legate o parallele ad 'a f si
possono vedere sotto le voci hrh (hrn), hms
wbi, qsp, qn\e anche sirb (q./hi.); inoltre za1
'am
ira, maledizione (Is 10,5.25; 30,27 ecc.), zaf fu
rore (Is 30,30), aram. i egaz ira (Dan 3,13).

Per un quadro orientativo e per una bibliografia


sul tema ira di Dio si possono consultare: Eichrodt 1,168-176; Jacob 91-93; O.Grether-J.Fichtner, artj& prk ThW V,392-413 (= GLNT
VIII,1103-1 ITO); RGG V I,1929-1932; IDBIV,903908; BHH ITI,2246-2248; inoltre R.V.Tasker, The
Biblica! Doctrine of th Wrath of God, 1951;
J.Gray, The Wrath of God in Canaanile and He
brew Literature, Journal of th Manchester Uni
versity Egyptian and Orientai Society, 1947-53,
9-19; H. Ringgren, Einige Schilderungen des
gttlichen Zorns, FS Weiser 1963, 107-113.
5/ I valori ambivalenti ira-amore, con le loro
caratteristiche essenziali, sono elementi fonda
mentali anche del NT.Cfr. F.Biichsel, art. Ojjjlc;,
ThW IU,167s. (= GLNT IV,589-592); G.Sthlin,
art. py*,> ThW V,419-448 (= GLNT V ili,11761254).
G.Sauer

rn x 'orah VIA - T H dcraek.

*18 'a f IRA

196

'"1K '"ri LEONE

nel parallelismus membrorum , si hanno per lo


pi due denominazioni per il leone.
Il leone temuto come animale rapace, che mi
1/ In ebr. accanto a >ari si incontra anche '*arj% naccia uomini e bestie (Am 3,12; 5,19; Prov 22,13;
forse antico prst. aram. (cfr. Wagner nr. 28); am
26,13; menzione insieme con altri animali rapaci
bedue le forme sono attestate nelPT, a partire
come orso e lupo in ISam 17,34ss.; Ger 5,6; Prov
dagli strati pi antichi. Con ii sign. di leone ii
28,15). Esso abita soprattutto nella valle del Gior
termine ancora conosciuto nelParam. (KAI nr.
dano (Ger 49,19 = 50,44) e nelle regioni montuose
223A, r. 9; Ah. r. 88.89.110.117; aram. bibl. e pi
(Cant 4,8).
tardi: KBL 1953s.; DISO 24).
b) Il leone ricorre spesso nei paragoni. I punti di
Per quanto riguarda letimologia, si suppone una con
confronto sono la sua forza (Giud 14,18; 2Sam
nessione con una parola del semitico comune che signi
1,23; Prov 30,30), la sua rapacit (Gen 49,9; Num
fica animale (grande, selvaggio, numinoso) (Bergstr.
23,24; Is 5,29; Nah 2,13; Sai 104,21) e ci che di
Einf. 182; E.UllendorfT, VT 6, 1956, 192s.; Wagner, l.c.;
P.Fronzaroli, AANLR VlII/23, 1968, 280.282.292.perfido e di insidioso c' nella sua natura (Sai 10,9;
300s.), che si differenziata nelle singole lingue per in
17,12).
dicare animali diversi (et. 'arw ancora bestia, DilDal momento che lanimale pi forte, il leone
Imann 743; acc. a/er aquila , W.von Soden, AfO 18,
simbolo della potenza e del coraggio (2Sam 17,10;
1957/58, 393; AHw 247; ma anche armlm il maschio
23,20 = lCron ]1,22; ICron 12,9). Si capisce per
della gazzella , AHw 73; arab. 'arwjai stambecchi
ci perch venga citato nel linguaggio delle bene
ecc., cfr. HAL 84b.85a). Secondo L.Khler, ZDPV 62,
dizioni: nelloracolo di Balaam Israele viene desi
1939, 121-124, Porigine della paiola (come delPanimale
con essa designato) va ricercata nel lambito camitico (eg.
gnato come leone (Num 23,24; 24,9), nella bene
nv ecc.); del tutto ipotetica lopinione di JJ.GIiick,
dizione di Giacobbe opp. di Mos sono designati
ZAW 81, 1969, 232-235.
come tali Giuda, Gad e Dan (Gen 49,9; Deut
33,20.22; accanto a 'Qri si hanno labi* e gr). Pi
2/ II sing. 'an ricorre 17x (incl. 2Sam 23,20Q;
tardi, la designazione di Israele come leone viene
Lam 3,10Q), arj 45x (esci. 2Sam 23,20K; Lam
ripresa in altre forme letterarie (Ez 19,1-9; Mi 5,7).
3,10K), il plur. 'arftm lx (Re 10,20, cfr. v. 19),
In testi profetici (Ez 22,25; Sof 3,3) e sapienziali
arajt 17x; la distribuzione delle complessive 80
(Prov 28,15; cfr. 20,2) la rapacit del leone offre
attestazioni non presenta alcuna particolarit (Re
il punto di paragone per la condotta di sovrani
13x, Ger 8x, Is 7x, Sai 6x).
dispotici.
Si devono aggiungere ancora Param. bibl. 1arj lx
Nello stesso tempo, per la sua pericolosit e per la
(Dan 7,4) e 9x il plur. ar/dw/ (Dan 6,8-28).
sua astuzia, limmagine del leone viene spesso
usata nei salmi di lamento individuale per desi
3/ a) 9arf designa il leone adulto (maschio o
gnare il nemico (Is 38,13; Sai 7,3; 10,9; 17,12;
femmina).
22,14.177.22; Lam 3,10; cfr. Ger 12,8; in Sai 35,17
Sinonimi sono tabi e fqjis, ma ricorrono solo in te
e 58,7 kefir). Negli scritti profetici sono paragonate
sti poetici.
al leone le potenze che costituiscono una minaccia
dal lato politico e storico, in primo luogo i popoli
lobi' compare llx nellAT, inoltre lx fem. !ebijjy lx
stranieri che minacciano Israele (Is 5,29; 15,9; Ger
plur. Ieb'm e lx plur. Fb't Cfr. acc. lbu/labbu
2,30; 4,7; 5,6; cfr. anche Dan 7,4); limmagine so
(AHw 526); ug. Ibu, anche in nomi propri (WUS nr.
pravvive anche negli scritti profetici postesilici per
1435; UT 1347; Grndahl 154; cfr. Huffmon 225); fen. I.
Pa. nel nome 4bdlb't (KAI nr. 21, cfr. 11,29); aram. Ah.
indicare ci che pericoloso (Gioe 1,6). Questo
r. 117 (Cowley 239); arab. Iab(u)'ni ( Wehr 760b) ecc. Vi
motivo usato, nella sua espressione popolare, in
pu anche essere qualche rapporto con il greco Agjv
Re 13,24ss. e 2Re 17,25$.

(KBL 472a; AHw 526).


ljfs ricorre 3x (Is 30,6; Giob 4,11; Prov 30,30) e corri
sponde alPacc. nsu (AHw 783a), aram. giud. Zta (Dal
mati 217b), arab. lajt (Wehr 798b).

Altre denominazioni pi specifiche del leone


sono: gr (Gen 49,9; Deut 33,22; Ez 19,2.3.5; Nah
2,12; gdr Ger 51,38 e Nah 2,13) che indica il cuc
ciolo del leone che prende il latte (Lam 4,3 usato
anche per lo sciacallo; cfr. HAL 177b per i termini
sem. corrispondenti), sahai (Os 5,14; 13,7; Sai
91,13; Giob 4,10; 10,16; 28,8; Prov 26,13) il cuc
ciolo che non prende pi il latte (Kohler, l.c.; cfr.
anche S.Mowinckel, ES Driver 1963, 95-104),
kefr (31x) il giovane leone che va gi da solo in
cerca della preda (cfr. Noldeke, BS 70, n. 10;
J.Blau, VT 5, 1955, 342). Il valore simbolico di
queste espressioni il medesimo; in testi poetici,
197

n # >ari LEONE

Il leone indica la potenza che minaccia l'uomo anche


fuori di Israele; cfr. p.e. la menzione del leone in un for
mulario di maledizioni in KAI nr. 223A, r. 9 (D.H.Hillers, Treaty-Curses and th OT Prophets, 1964, 54-56).

Quando si descrive il tempo della salvezza si dice


che il leone non c pi (ls 35,9) opp. che diven
tato un animale domestico (Is ll,6s.; 65,25).
La raffigurazione dei leoni essenziale nel simbo
lismo architettonico del tempio e del palazzo reale
(accanto a tori, esseri alati e palme; Re 7,29.36;
10,19s. = 2Cron 9,18s.).
Questi animali avevano un significato religioso nella re
ligiosit cananaica; si pensi a dei come El, Baal e la
dea-madre con i loro animali sacri, il toro e il leone;
daltro canto simili leoni vogliono rappresentare anche
leoni addomesticati che hanno il compito di

198

guardiani (cfr. B.Brentjes, W Z Halle-Wittenberg 11,


1962, 595ss.).
Per il significalo del leone in Egitto, cfr. C.de Wit, Le
rle et le sens du lion dans l'Egypte ancienne, 1951.

Le immagini dei leoni del tempio ispirano le fi


gure del leone nella visione che Ezechiele ha del
trono (Ez 1,10; 10,14).
4/ Non di rado l'agire di Jahwe viene parago
nato al comportamento del leone. Limmagine
esprime ordinariamente la parte di spavento e di
minaccia che accompagna la sua venuta per il giu
dizio (Ger 50,44 = 49,19; Os 5,14; 13,7.8 txt?;
Giob 10,16, cfr. tuttavia Fohrer, KAT XVI,200;
Lam 3,10; lo nega Os 11,10, nel caso che vada
unito al v. 9, cfr. Rudolph, KAT X III/1,213). A
ci corrisponde il fatto che nelle rappresentazioni
teofaniche il verbo s'#, che originariamente indica
soltanto il ruggito del leone (detto del tuono in
Giob 37,4), viene usato cinque volte per designare
la voce di Jahwe che incute spavento (Ger 25,30
3x; Am 1,2; Gioe 4,16; sempre con ntn qf alzare
la voce , del leone Ger 2,15; Am 3,4; un parallelo
egiziano ricordato da H.Gressmann, FS Baudis
sin 1918, 198s.).
Questo confronto pu pure servire ad accentuare
la forza di Jahwe, e in tal modo la sua invincibi
lit, nel suo intervento salvifico nella storia del
suo popolo (ls 31,4; Os 11,10, sempre che sia di
Osea, cfr. Wolff, BK X IV /1,252.263); corrispon
dentemente, anche s'g in questo contesto espres
sione della potenza di Dio (Os 11,10.10).
Amos paragona la parola che Jahwe rivolge al suo
profeta al ruggito del leone (Am 3,4.8). Come il
ruggito del leone una prova irrefutabile del fatto
che ha ucciso una preda, cos la predicazione del
profeta la conseguenza del fatto che Jahwe lo ha
requisito.
LAT pu usare liberamente l'immagine del leone in ri
ferimento a Jahwe, perch in Israele non ci fu alcuna po
lemica contro un culto del leone (il toro invece non pu
essere collegato con Jahwe); cfr. J.Hempel, ZA W 42,
1924, 88-101 = Apoxysmata, 1961, 14-26.

5/ Nel NT vi sono alcune reminiscenze della


funzione del leone nel PAT; in particolare viene
paragonata al leone la potenza nemica di Dio, che
ora Satana: 1Piet 5,8 cita Sai 22,14, per altri passi
cfr. W. Michael is, art. Xwv, ThW IV,256-259 (=
GLNT VI,683-690).
F.Stoh

n # 'rces TERRA, PAESE

1/ crces terra, paese (radice con interdentale enfatica sonora, cfr. Moscati, Introduction 28
30) appartiene al sem. comune (Bergstr. Enf. 185)
ed attestata con significato sostanzialmente
uguale nelle forme seguenti: Vs ug. (UT nr. 376;
WUS nr 420), fen. pun., moab. (DISO 25s.);
ersetu acc. (con desinenza fem., acc. antico
199

arsaium in un n. pers., cfr, CAD E 31 la); 'rq e in


seguito V aram. (DISO 25s.; per il passaggio da
q a cfr. W.Baumgartner, ZAW 45,1927, lOOs. =
Zum AT und seiner Umwelt, 1959, 88; in Ger
10,11 si trova ancora 'arq accanto a 'ark)\ rd
arab. e antico sudarab.; 'ard tigr. (in et. invece
sostituito da medi).
11 nome appare generalmente costruito come fem
minile; ci potrebbe indicare che vi ancora un ri
cordo della concezione della terra madre (vd. st.
4a).
In Giob,34,13 e 37,12 (cfr. ev. anche Is 8,23) ricorre la
forma Vi)r$> accentuata dai masoreti sulla prima sillaba
come locativo, ma che in realt non ha un significato lo
cativo. Comunemente si propone di conservare la -h ma
di legge 'arso (cfr. B1P e i comm.; cfr. anche nell'iscri
zione di Mea KAI nr. 181, r. 5/6 b'rsh contro il suo
paese; BL 252; Meyer 1,95). Tuttavia le varianti indi
cate in BIT non devono essere intese come letture pi
antiche, n la forma con suffisso, specialmente nel con
testo di Giob 34,13, particolarmente significativa. Si
tratta di una desinenza indebolita di accusativo o di lo
cativo (cos G K 90s.; BL 528), oppure ci troviamo
forse di fronte ad una forma secondaria con desinenza
fern. esplicita (cfr. acc. m e tu: aram. *rqt'f'rst\ KBL
1054b)?
Come derivato c da notare solo laram. bibl. 'a rl(t)
parte inferiore, suolo in Dan 6,25 (BL 197).
Il nome personale 'arso, che ricorre in IRe 16,9, non ha
nulla a che vedere con cerces, ma secondo Noth, IP 230,
si deve collegare con Parab. 1aradat tarlo (diversa
mente Montgomery, Kings 289; j.Gray, 1 & II Kings,
1963, 328).

2/ 'cerces il sostantivo che occupa il quarto po


sto per ordine di frequenza nellAT. II termine ri
corre 2504x nelPAT, distribuito con regolarit, e
inoltre 22x nelle parti aramaiche. Solo 77 ricor
renze in ebr. hanno il plurale, il che facilmente
comprensibile: il plurale ha senso soltanto per una
piccola parte delPambito semantico di questo ter
mine.
Le cifre per i singoli libri sono: Gen 31 lx, Es 136x, Lev
82x, Num 123x, Deul 197x, Gios 107x, Giud 60x, ISam
52x, 2Sam 40x, IRe 56x, 2Re 7lx, Is 190x, Ger 27lx, Ez
198x, Os 20x, Gioe 12x, Am 23x, Abd lx, Giona 2x, Mi
15x, Nah 3x, Ab lOx, Sof 8x, Agg 5x, Zac 42x, Mal 2x.
Sai 190x, Giob 57x, Prov 21 x, Rut 4x, Cant 2x, Eccle
13x, Lam l l x, Est 2x, Dan 20x, Esd 13x, Neem 20x,
lCron 39x, 2Cron 75x; aram. aroq\ Ger lx; 'arac: Ger
lx, Dan 19x, Esd lx; inoltre 'arL lx in Dan. Non viene
inclusa in questo calcolo la variante 'rces (bombergiana)
al posto di scvdceq (BHJ) in Prov 8,16.*

3/ a) 'crces indica: 1) in senso cosmologico: la


terra (in contrapposizione al cielo) e la terraferma
(in contrapposizione alPacqua), vd. st. 3b; 2) in
senso fisico: il suolo su cui sta luomo (3c); 3) in
senso geografico: un territorio e una regione deter
minata (3d); 4) in senso politico: un dominio e
una nazione particolare (3e).
Non si pu pi dedurre dal materiale delPAT
quale ambito semantico sa primario e quale sia
secondario; i criteri per stabilire uno sviluppo do
vrebbero rifarsi ai testi. Su tutta la questione cfr.
n K
'cr<es T E R R A , PA ESE
* **

200

l.Rost, Die Bezeichnungen fur Land und Volk im


AT, FS Procksch 1934, 125-148 = KC 76-101.
Per Prov 29.4; 31,23 ed Eccle 10,16 (G: rXtc c sialo
proposto per 'cerces il significalo di citt , facendo ri
ferimento ai paralleli fen., peraltro non chiari (KAI nr
14, r. 16.18 Srin 'rsjm Sidone del paese del mare , cfr.
Eissfeldt, KS NJ227ss.); cfr. M.Dahood, Proverbs and
Northwest Semine Philology, 1963, 62s.; Bibl 44, 1963,
297s.; 47, 1966, 280.

b) Nel suo significato pi generale 'crces indica la


terra, che assieme al cielo (smjini) costituisce
tutto quanto il mondo, il cosmo. Cielo e terra
unespressione che indica sempre mondo
(Gen 1,1; 2,1.4; 14,19.22 ecc.; cfr. B.Hartmann,
Die nominalen Aufreihungen im AT, 1953, 60;
alle serie ivi citate si devono aggiungere numerosi
altri casi in cui i due termini sono in parallelismo,
in tutto almeno 75 esempi).
La successione cielo-lerra, che si riscontra in una gran
dissima parte dei passi, rispecchia ancora la concezione
mitica del mondo celeste (primario) e di quello terrestre
(secondano). La successione lerra-cielo ricorre solo o
dove si ha un movimento dalla terra at cielo (Ez 83; Zac
5,9; lCron 21,16) oppure dove chiaramente predomina
una visione geocentrica del mondo (Gen 2,4b e Sai
148,13). In questo senso vanno corrette le argomenta
zioni di B.Hartmann, Himmel und Erde im AT, SThU
30, 1960,221-224. Per i paralleli mesopotamici cfr. AJeremias, Handbuch der altorientalischen Geisteskultur,
I929, 127.
Per indicare mondo lebr. dell'Al non dispone di un
termine specifico; cfr. anche luso perifrastico di kl
tutto, il lutto in ls 44,24; Ger 10,16; Sai 103,19. Il ter
mine raro bcetceci durala della vita (Sai 39,6; 89,48;
Giob 11,17; cfr. arab. halada durare in eterno ) ricorre
in Sai 49,2 (in Sai 17,14 il testo incerto) nel significato
di mondo , cosi come lm nel periodo post-vtrt. e
il greco 3cicv eone .*

Accanto ad una visione bipartita del mondo ve ne


anche una tripartita, che ha per lo pi uno scopo
determinato, p.e. cielo-terra-mare (Es 20,11; cfr.
Gen 1,10.20 ecc.), cielo-terra-acqua sotterranea
(Es 20,4; Deut 5,8). Talvolta sembra che si pensi
ad una triade cielo-terra-mondo sotterraneo
(se'f)\ cfr. la designazione del mondo sotterra*
neo.come 'crces tahtt opp. lahtijj (Ez 26,20:
31,14.16.18; 32,18.24; cfr,
Zimmerli, BK
X I 11,611.621 ) e le espressioni ad essa affini lahiH
opp. fahiiijf (ha)' r (Is 44,23; Sai 63J
139,15), e anche Sai 115,15-17 ecc.
In alcuni passi anche 'cerces da solo (cfr. acc. ersefu,
AHw 245; C A D E 3I0s.; K.TalIqvist, Sum.-akk Namen
derTotenwelt, 1934,8ss.)si avvicina molto al significato
di m ondo sotterraneo (H A L 88a: Es 15,12; Ger
17,13; Giona 2,7; Sai 22,30; 71,20; inoltre M.Dahood,
Bibl 40, 1959, 164-166; 44, 1963, 297).

Quando (specialmente in testi tardivi) le conce


zioni cosmologiche diventano pi precise, confor
memente alle concezioni delPOriente antico (cfr.
Jeremias, l.c., I17s.) la terra deriva dalla separa
zione delle acque primordiali (- tehm) (Gen 1;
Prov 8,27-29) e si appoggia ancora su colonne
che si elevano dall'acqua (ISam 2,8; Sai 24,2;
201

H 8 Vww* TERRA, PAESE

104,5s.; 136,6; cfr. Gen 49,25; Es 20,4; Deut 5,8;


Sai 82,5; Is 24,18; Ger 31,37; Mi 6,2 ecc.); su di
essa poggia la volta celeste (Am 9,6).
In Giob 26,7, dove si dice che Dio ha steso la terra sul
nulla, si ha unaltra concezione, secondo la quale la terra
sospesa come un pezzo di stoffa. Secondo Giob 38,12s.
l'aurora afferra i lembi della terra e ne scuole via i mal
vagi. La stessa concezione si trova nel cd. grande inno a
SamaS, accadico (1,22): Thou (Samus) art holding th
ends of tlie earlh suspended Irom th midst of heaven
(= tu (Samas) tieni i confini della terra sospesi in
mezzo al cielo; ANET 387; cfr. SAHG 241; Lambert,
BWL 126s.).
1
Mentre la concezione lena-acqua immagina la terra come
un disco (ls 40,22 hQg h'arces cerchio della terra , cfr.
Prov 8,27; Giob 26,10 txt em; anche Giob 22,14), tutte le
altre concezioni si rrfanifesumo nei numerosi passi che
parlano di {quattro) lembi (immagine del pezzo di stoffa! ),
di conimi, di angoli o di cime della lerra; kanft hcYrces(Is 11,12; Ez 7,2; Giob 37,3; J8,13; clr. Is 24.16), 'afs
(li)'ras (Deut 33,17; ISam 2,10; Is 45,22; 52,10, Ger
16,19; Mi 5,3; Zac 9,10; Sai 2,8; 22,28; 59,14; 67,8; 72,8;
98,3; Prov 30,4),
hanes (Deul 13,8; 28,49.64; Is
5,26; 42.10; 43,6; 48,20; 49,6; 62,11; Ger 10,13; 12,12;
25,31.33; 51,16; Sai 46,10; 61,3; 135,7; Prov 17,24), qest
h-'rces (Is 40,28; 41,5.9; Giob 28,24), qasw 'cerces (Is
26,15; Sai 48,11;65,6). Per concezioni analoghe in Mesopotamia cfr. Jeremias, l.c., 142-148. I due tipi di conce
zioni coesistono pacificamenie luno accanto allallro
nellAT; tanto in Mesopolamia come in Israele elementi
che provengono dalluno o dallaltro possono facilmente
fondersi ira loro (cfr. p.e. Giob 38, 4-13 ecc.).
Sia che si parli della terra come disco o che si parli dei
confini della terra, sorge sempre il problema del centro
della lerra. Del (abbia ombelico del mondo parla Ez
38,12 (cfr. 5,5 e Giud 9,37; inoltre HAL 352b e Zimmerli,
BK XIII,955s. con paralleli tratti dalfOriente antico e
dalla Grecia).

AllAT interessa non tanto la terra come parte del


cosmo, quanto ci che la riempie (Vm^y rncl'h
Deut 33,16; Is 34,1; Ger 8,16 ecc.), i suoi abitanti
(ls 24,1.5.6.17; Ger 25,29.30; Sai 33,14 ecc.), i po
poli (Gen 18,18; 22,18; 26,4; Deul 28,10 ecc.), i re
gni (Deut 28,25; 2Re 19,15 ecc.) e simili. Cos il ter
mine terra in alcuni passi (come in altre lingue)
pu designare nello stesso tempo la terra e i suoi
abitanti (Gen 6,11 ecc.).
In questo contesto semantico termine parallelo a 'cerces
spesso tbl terraferma, orbe (- bf 1.2).

c) Lsato in senso fisico 'cerces indica il suolo su cui


stanno uomini e cose, su cui sta la polvere (Es
8,12s.), strisciano i rettili (Gen 1,26; 7,14; 8,19
ecc. ), giacciono gli uccisi ( Lam 2,21 ) ecc. Su di esso
cadono pioggia e rugiada (Gen 2,5; 7,4; Es 9,33;
Giob 5,10; 38,26 ecc.), luccello colpito (Am 3,5), il
ciottolo (Am 9,9), il malvagio abbattuto (Ez
28,17; Sai 147,6) ecc. Su di esso si siede l'afflitto
(2Sam 12,17.20; Ez 26,16; Giob 2,13 ecc.) e tumi
liato (Is 47,1; Abd 3 ecc.); ci si china verso di esso
(Es 34,8 ecc.), ci si getta su di esso davanti a Dio
(Gen 24,52), al re(2Sam 14,33; 18,28 ecc.), al padre
(Gen 48,12 ecc.) ed altre persone altolo
cate. Da esso si innalzano i fabbricati e a partire da
esso viene, misurata l'altezza (Ez 41,16; 43,14
202

ecc.). La relazione col primo gruppo di significati


data da quei passi in cui si dice che il suolo opp.
la terra si spalancata (o ha spalancato la bocca)
e ha inghiottito degli uomini (Num 16,30-34;
26,10; Deut 11,6; Sai 106,17; cfr. Es 15,12), che il
suolo o la terra trema (ISam 14,15; Sai 46,7; 97,4
ecc.), o che si pu scendere sotto il suolo o nella
terra (Giona 2,7) e ivi dormire (Sai 22,30) ecc.
In alcuni casi 'cerces si avvicina qui alluso che si fa tal
volta di adm\ si pu anche usare in questo senso
*q/ar (cfr. D.e. Re 18,38; Is 34,7.9 ecc.)

d) Quando 'crces viene precisato con un genitivo


che lo segue, designa territori o regioni.
Citiamo alcuni esempi, a cui se ne possono aggiungere
facilmente altri analoghi: cerces miadt terra della sua
discendenza (Gen 11,28; 24,7; 31,13; Ger 22,10; 46,16;
Ez 23,15; Rut 2,11 ), 'cerce$ 'boi terra dei padri (Gen
31,3; 48,21), 'cerces mlgrim terra in cui si soggiorna
come forestieri (Gen 17,8; 28,4; 36,7; 37,1 ; Es 6,4; tutte
le ricorrenze in P, cfr. al riguardo von Rad, ATD 3,214;
id., I,l72s.; inoltre Ez 20,38), 'cerces Uhuzzl terra
del suo possesso (Gen 36,43; Lev 14,34; 25,24;
Num 35,28; Gios 22,4.9.19; cfr. 1cerces frussato in
Deut 2,12; Gios 1,15), 'cerce$ mi*btkcem terra delle
vostre dimore (Num 15,2),1cerces mcemsait terra del
suo dominio ( I Re 9,19 = 2Cron 8,6; Ger 51,28); *cerces
slbjm (opp. sibj) terra del loro (opp. dell) esilio
(Ger 30,10; 46,27; 2Cron 6,37s.; Neem 3,36). Cfr. anche
l'uso frequente di la mia/tua/sua terra per indicare il
luogo di origine e la patria (Gen 12,1; 24,4; Es 18,27;
Num 10,30 ecc., spesso parallelo a mlcedcet discen
denza ).

e) A met strada tra fuso geografico e luso poli


tico stanno quei passi che parlano del territorio o
della terra di singole trib.
Cfr. cerces 'cefrojm (Deul 34,2; Giud 12,15; 2Cron
30,10), cerces Binjmin (Giud 2!,21; ISam 9,16; 2Sam
21,14; Ger 1,1 ecc.), cerces Gd ( ISam 13,7), cerces Gil4r/(Num 32,1.29; Gios 17,5.6; 22.9.13.1532; Giud 10,4
ecc.) e 'cerces Z ebidn/J ehd/Menassa /Naftli.

Domina il significato politico quando si parla di


uno stato come terra X , usando il nome collet
tivo (p.e. 'cerces Jisr'l in ISam 13,19; 2Re 5,2.4;
6,23; Ez 27,17; 40,2; 47,18; lCron 22,2; 2Cron
2,16; 30,25; 24,7; inoltre con Edom, Assur, Babi
lonia, Canaan, Madian ^Moab; pzr'crceq Misrjm
terra d'Egitto nel Deut cfr. J.G.Plger, Literarkritische, formgeschichtliche und stilkritische
Untersuchungen zum Deut, 1967, 100-115), o
usando il nome gentilizio al sing. o al plur. (p.e.
'crce$ ha'*mri terra degli amorrei in Es 3,17;
13,5; Num 21,31; Gios 24,8; Giud 10,8; 11,21; Am
2,10; Neem 9,8; anche per la terra dei gergesei, gebusei, cananei, caldei, ebrei, filistei ecc.), oppure
quando si usa lespressione terra di... seguita
dal nome del rispettivo signore (p.e. terra di Sicon e terra di Og Deut 4,46s.; Re 4,19;
Neem 9,22); cfr. anche la mia/tua/sua terra ir>
quanto terra di un signore (p.e. Gen 20,15).
Nell'uso politico di 'crces rientra anche lespres
sione 4am h'rceq che indica complessivamente
203

coloro ai quali riconosciuta la capacit giuridica


in un territorio (cfr. E.Wrthwein, Der lamm
haarez im AT, 1936; - a m ).
4/ a) Tra le asserzioni teologiche che usano
crces va citata anzitutto quella con cui si afferma
che Dio ha creato il mondo (cielo e terra) (br*
creare Gen 1,1; 2,4a ecc.; sh fare Gen
2,4b; Prov 8,26; Is 45,12.18 ecc.;
j$r model
lare Is 45,18; Ger 33,2 ecc.; qnh creare Gen
14,19.22). vero che nelle diverse tradizioni
dellAT Pinteresse per lattivit creativa di Jahwe
non uniforme (cfr. G. von Rad, Das theol. Problem des atl. Schpfungsglaubens, BZAW 66,
1936,138-147 = GesStud 136-147; id., 1,149-167),
ma quando si parla del fondare la terra o il cosmo
tale azione viene costantemente attribuita a
Jahwe: si tratta di norma o di passi dei salmi che
si ricollegano alle antiche concezioni cananee, op
pure di testi sacerdotali tardivi.
Per lorigine can. cfr. la formulazione di stampo chiara
mente can. ' ! celjn qn sm jim w'arces il Dio al
tissimo, creatore del cielo e della terra in Gen 14,19.22;
cfr. tra laltro liscrizione fen. di Karatepe, detta della
porta inferiore (KAI nr. 26, A III, r. 18), liscrizione neopun. Trip. 13 da Leptis Magna (KAI nr. 129, r. 1), e il
nome del dio Elkunirsa, attestato in itt., che potrebbe ri
salire ad un 7 qn rs (cfr. H.Otlen, MIO 1,1953,135-137;
W.F.Albrighl, FS Mowinckel 1954, 7s.; -'t III/3).

In base alle varie concezioni e alle varie immagini


del mondo si dice anche che Jahwe ha fondalo la
terra (-jsd: Is 48,13; 51,13.16; Zac 12,1; Sai 24,2;
78,69; 102,26; 104,5; Giob 38,4; Prov 3,19, -kn
poi.; Is 45,18; Sai 24,2; 119,90; hi.: Ger 33,2).
Questi differenti modi di esprimersi sono concordi
su un punto: che la terra creata e non un dio.
Non si parla affatto di un dio o di una dea Terra;
manca pure la concezione, cos diffusa nella storia
delle religioni, della terra madre (cfr. van der
Leeuw 86-99; M.Eliade, art. Erde, RGG 11,548
550). Se ne potrebbero vedere accenni in Giob
1,21; Eccle 5,14; Sai 139,15 (cfr. anche Gen 3,19 e
Eccli 40,1).
Sullinvocazione del cielo e della terra come testimoni in
Deut 4,26; 30,19; 31,28 e il relativo ambiente orientale
cfr. M.Delcor, Les attaches littraires, lorigine et la signification de lexpression biblique prender temoin le
ciel et la terre , VT 16, 1966, 8-25; Fitzmyer, Sef. 38.

b) Come creatura di Jahwe la terra sua propriet


(Sai 24,1; cfr. 95,4s ). Jahwe signore di tutta la
terra (Gios 3,11.13; Mi 4,13; Zac 4,14; 6,5; Sai
97,5; 114,7 txt em; d n IV/5), re di tutta la
terra (Sai 47,8; Zac 14,19), altissimo su tutta la
terra (Sai 97,9), Dio di tutta la terra (Is 54,5), Dio
nellalto dei cieli e in basso sulla terra (Deut 4,39).
Se il cielo il trono di Jahwe, la terra solo lo sga
bello dei suoi piedi (ls 66,1). Jahwe guarda la terra
(Gen 6,12; ls 5,30; cfr Sai 33,14), cammina sulla
terra (Ab 3,12), la atterrisce (Is 2,19.21), ma so
prattutto il suo giudice (Sai 82,8; 96,13 = lCron
16,33; Sai 98,9).
'crces TER.RA, PAESE

204

c) Il termine 'crces viene usato in senso specifi


camente teologico quando si parla della promessa
della terra, nelle formule che caratterizzano il lin
guaggio della conquista (cfr. al riguardo G. von
Rad, Verheissenes Land und Jahwes Land im Hexateuch, ZDPV 66,1943, 191-204 = GesStud 87
100; per il Deut cfr. gli stdi su rs e 'dmh in Pl
ger, l.c., 60-129).
Se il piccolo credo storico di Deut 26,5ss., chia
mato cos da G. von Rad (Das formgeschichtliche Problem des Hexateuch, 1938, 2ss. = Ges
Stud 11ss.), dovesse essere veramente inteso co
me antica formula di confessione, si afferme
rebbe gi qui con molto rilievo che Jahwe ha dato
ad Israele questa, terra (v. 9). Sui problemi
sollevati dalla teoria di von Rad cfr. per Rost,
KC 11-25.
In un modo o nel laltro comunque da Alt in poi
(KS 1,66) si ammette comunemente che la pro
messa della terra (assieme alia promessa della di
scendenza) risale al periodo dei patriarchi. La for
mulazione pi antica potrebbe vedersi in Gen
15,18 (secondo O.Procksch, Die Genesis, 1924,
111, e Alt, KS 1,67 n.3, il passo sarebbe tuttavia
unaggiunta recente); 12,7 e 28,18 indicano proba
bilmente che la promessa della terra si trasmessa
poi in determinati santuari de! territorio di seden
tarizzazione. Per lo Jahwista la duplice promessa
occupa un posto centrale nella descrizione dei pa
triarchi (12,7; 13,15; 15,7 J?; 15,18; 24,7; cfr. lag
giunta tardiva 26,3s,). Il fatto che la promessa
della terra in Gen 12,1 passa in secondo piano,
stato giustamente osservato, ma anche sopravva
lutato, da H.W.WolfT, Das Kerygma des Jahwisten, EvTh 24,1964,81s. 93 = GesStud 354s.368).
Gen 15,13 e forse anche 21,23 mostrano che anche
l1Elohista presuppone la promessa della terra. La
tradizione sacerdotale (con modifiche significa
tive) ha riformulato il concetto (Gen 17,8; 28,4;
35,12; 48,4; cfr. anche lespressione propria della
tradizione sacerdotale 'crces m'grim terra in
cui si soggiorna come forestieri, vd. sp. 3d).
Nel Deuteronomio la promessa della terra di
particolare importanza:
1 ) La 'xrces promessa con giuramento da Jahwe ai pa
dri (e ai loro discendenti) (sb ni.: Deut 1,8.35;
6,10.18.23; 8,1; 10,11; 26,3; 31,7; cfr. dbr pi. in 9,28;
27,3). Come paralleli si usano 'dm (7,13; 11,9.21;
26,15; 28,11) e una volta gebl territorio (19,8).
2) La 'rces la terra donata da Jahwe (7i/n, costruito
con linfinito: 1,8.35; 4,38; 6,10.23; 10,11; 26,3; 31,7; con
il participio in una frase relativa: 1*25; 2,29; 3,20; 4,1;
11,17.31; 15,7; 16,20 ecc.; talvolta la formula ampliata
con laggiunta di leristali per possederla: 5,31; 9,6;
12,1; 18,2.14, di nahal: 4,21; 15,4; 19,10; 20,16; 21,23;
24,4 oppure di entrambi: 25/19; 26,1 ). 1 paralleli qui sono
adm e nahal.
3) Israele prende possesso della terra (~zrs: 1,8.21;
3,18.20; 4,1.5.14.22.26; 5,31.33 ecc.).
4) Questa terra una terra buona (1,25.35; 3,25;
4,21.22; 6,18 ecc.; cfr. Es 3,8; Num 14,7; lCron 28,8),
una terra dove scorre latte e miele 6,3; 11,9; 26,9.15;

205

n #

TERRA, PAESE

27,3; cfr. Es 3,8.17; 13,5; 33,3; Lev 20,24; Num 13,27;


14,8; 16,13s.; Gios 5,6; Ger 11,5; 32,22; Ez 20,6.15; una
volta con dama, Deut 31,20).
5) La promessa e la presa di possesso della 'cerae$ sono
legate strettamente nel Deuteronomio alla promulga
zione dei comandamenti. O la conquista precede losser
vanza dei comandamenti ( quando entrerai nella terra
che Jahwe tuo Dio ti d, allora dovrai... o sim.: 12,1;
17,14s.; 18,9; 19,1 ; 26,1; con adm: 21,1), oppure los
servanza dei comandamenti la condizione per ricevere
la terra (4,25s.; 6,18; 8,1; ll,8s.l8-21; 16,20; 19,8s.; con
*dm: 28,11; 30,17-20). Sulla rilevanza teologica di
questa connessione cfr. H.H.Schmid, Das Verstndnis
der Geschichte im Deut, ZThK 64, 1967, 1-15.

Il modo di parlare del Deuteronomio continua in


analoghe espressioni deuteronomistiche (Gios
21,43; 23,16; Giud 2,ls.6). Se ne trovano riso
nanze anche nei profeti contemporanei e poste
riori al Deuteronomio, specialmente in Geremia
(32,22) ed Ezechiele (33,24). Nello stesso tempo
con questi due profeti si formula sul lesperienza
dellesilio lattesa di una nuova conquista (Ger
30,3; Ez 36,28). La promessa della cerces soprav
vive in una forma sapienziale individualizzata in
Sai 37,11.22.29.34; Prov 2,21s.; 10,30; cfr. ls 65,9
ed infine Mt 5,5.
d) Fondandosi sulla promessa della terra e la sua
realizzazione, diverse tradizioni dellAT desi
gnano la terra come terra di Jahwe (Os 9,3)
opp. la mia/tua/sua terra (Ger 2,7; Gioe 2,18;
Sai 85,2 ecc.; cfr. admai Jhwh in Is 14,2). Poich
la 'crces in quanto regione o paese propriet di
Dio, la 'crce$ in quanto terreno e suolo non pu
essere venduta per sempre (Lev 25,23ss.; cfr.
H.Wildberger, Israel und sein Land, EvTh 16,
1956, 404-422). Una trasgressione nei confronti
della terra quindi anche una trasgressione nei
confronti di Jahwe. Col suo agire riprovevole
Israele profana la terra (Lev 18,25.27s.; Num
35,34; Ger 2,7; 3,2 ecc.). Perci il giudizio di Dio
non si rivolge solo contro Israele, ma anche contro
la sua terra.
e) Ai margini dellAT, quando elementi arcaici
subiscono unulteriore elaborazione anche in
senso apocalittico, si promette infine la creazione
di un nuovo cielo e di una nuova terra (Is 65,17;
66,22; hdas).
5/ Luso linguistico di Qumran si ricollega a
quello dellAT. Va notato inoltre un modo di
esprimersi fisso, ad esempio quando si dice che la
comunit deve preoccuparsi di esercitare fedelt,
diritto e giustizia nella terra (1QS 1,6, simil
mente 8,3 ecc.), oppure quando si dice che il con
siglio della comunit deve espiare per la terra
(1QS 8,6.10 ecc.).
Nel greco del NT 'crces e 'dama vengono resi
ambedue con yy). Cfr. al riguardo i dizionari del
NT, specialmente H.Sasse, art. y9>. ThW 1,676
680 (= GLNT 11,429-440). ~
H.H.Schmid
206

*HN V/ MALEDIRE
1/ La radice yrr sembra appartenere al sem.
comune, tuttavia attestata solo sporadica
mente (cfr. HAL 88a; P.Fronzaroli, AANLR
VIII/20, 1965, 253s,264; solo lacc. arru usato
per il valore maledire , cfr. AHw 65; CAD
A /II,234-236; laram. ha invece ft, Parab.
l'n ecc.).
Anche se nelle civilt vicine allAT i testi di maledizione
sono relativamente numerosi (cfr. le rassegne in S.Gevirtz, West-Semitic Curses and th Problem of th Origins of Hebrew Law, VT 11, 1961, 137-158; F.C. Fensham, Malediction and Benediction in Ancient Near
Eastern Vassal-Treaties and th OT, ZAW 74,1962,1
9; D.RHillers, Treaty-Curses and th OT Prophets,
1964), i verbi che indicano maledire sono piuttosto
rari. Cfr. lebr. Ywr maledetto (sia luomo che apre que
sto) in uniscrizione funeraria del 776 sec. a.C. prove
niente da Silwan, KAI nr. 191B, r. 2; aram.y/vt'/w/j essi
maledicono nei proverbi di Ahiqar, r. 151 (Cowley
217.225).

Lebr. Vr attestato come verbo al qal, al ni. e al


pi. (cfr Jenni, HP 216) e nella forma nominale
me'r maledizione (BL 492).
2/ NelPAT la radice V compare complessiva
mente 68x: al qal 55x (40x nella forma del part.
pass, 'rur^ dal quale avr inizio lanalisi seman
tica), al pi. 7x, al ni. lx (Mal 3,9 part.); il nome
me'r si riscontra 5x.
In Num 22,6 j'r va inteso con BL 433 come
impf. pass, qal,
La distribuzione di questi termini molto irre
golare; si riscontra una frequenza notevole in
alcune sezioni: Deut 27,15-28,20 (19x), Num
22-24 (7x), Num 5,18-27 e Mal (ciascuno 6x),
Gen 3-9 J (5x).
3/ a) Il significato di Vr maledire = infliggere
un male , se si confrontano i valori espressi dai
verbi di maledizione Ih, qll pi. ed altri (cfr.
J.Scharbert, Fluchen und Segnen im AT,
Bibl 39, 1958, 1-26; H.C.Brichto, The Problem of
Curse in th Hebrew Bible, 1963) e se si ten
gono presenti le concezioni di benedizione e di
maledizione proprie dellAT e delPOriente antico
(bibliogr. in F.Horst, RGG V,1649-1651; C.Westermann, BHH I,487s.; ora anche W.Schottroff,
Der altisr. Fluchspruch, 1969), determinato an
zitutto dallopposizione semantica a brk bene
dire , la quale si esprime specialmente nelle for
mule con 'rr opp. bruk.
Per comprendere i rapporti semantici tra 'rr e le altre
forme verbali cfr. Gen 27,29 e Num 24,9 con Gen 12,3;
Gen 3,17 con 5,29. Il verbo Yr non significa altro che
fare 'rr, dire 'rr, dichiarare uno 'rr .
Limitare questo verbo ai significati di leggere, tratte
nere , come fa E. A.Speiser, An Angelic Curse : Exodus 14:20, JAOS 80, 1960, 198-200, giustificato sol
tanto per il suo uso metonimico nel lespressione acc. ar
rat l napsuri maledizione senza scioglimento .

207

In 12 passi /v il contrario di brk benedire:


Gen 9,25s.; 12,3; 27,29; Num 22,6.12; 24,9; Deut
28,16-19, cfr. 3-6; Giud 5,23s.; Ger 17,5, cfr. 7;
20,14; Mal 2,2; Prov 3,33. Un individuo 'rr
dunque lopposto di uno che bruk, cio una
persona colpita e perseguitata da sventure, la cui
esistenza sotto il segno delia maledizione e della
sventura,
Lesistenza infelice e maledetta di un rr descritta ef
ficacemente in Deut 28,15-68: in tutto ci che fa, lo rr
non ottiene che insuccessi. Si comprende bene allora
perch Balac voglia rendere rr il popolo di Israele tra
mite Balaam, al fine di metterlo pi facilmente in fuga
(Num 22,6). arrm sono coloro che devono servire in
posizione subalterna senza poter mai uscir fuori da que
sta loro situazione (Gen 9,25; Gios 9,23). Colui che
ricco di me>rt dovr sempre mancare di qualcosa
(Prov 28,27). Secondo Ger 17,5s. un 'rr simile ad
una tamerice misera e stentata che conduce una magra
esistenza nella steppa. In Ger 20,14-16 lo 'rr parago
nato ad una citt devastata. La maledizione di Giosu
sopra Gerico si abbatter su colui che tenter di rico
struirla: egli perder il primogenito e il figlio minore
(Gios 6,26); Gionata, che senza saperlo si addossato la
maledizione di suo padre, rende impossibile con il suo
essere tur la normale consultazione delloracolo (ISam
14,24-28.37). rr il cadavere di Gezabele (2Re 9,34),
perch su di lei pesava una parola di condanna del pro
feta (IRe 21,23) e perch tutta la sua vita stata una ma
ledizione per il popolo, 'rr il serpente per la sua vita
miserevole e per il terrore che incute (Gen 3,14); rr
il suolo perch non causer che fatica e spesso inutile la
voro (Gen 3,17; 5,29).
D altra parte impossibile dire 'rr ad uno che britk,
cio a chi gode di successo e fortuna (Num 22,12; cfr.
23,8), n si dovr dire 'rr al principe dalla cui benedi
zione dipende il benessere di tutti (Es 22,27).

b) 11 termine 'rur usato soprattutto nella for


mula-rr (38x, non predicativo solo in 2Re
9,34 e Sai 119,21, cfr. per G). Si dice rr
NN oppure 'rr colui che... .
Colui che colpito indicato di solito con *rr h'Ts
'ascer... (Deut 27,15; Gios 6,26; ISam 14,24.28; Ger 1-1,3;
20,15; cfr. 17,5 e KAI nr. 191 B, r. 2) o semplicemente
con *scer (Deut 27,26), spesso anche con un participio
(Gen 27,29; Num 24,9; Deut 27,16-25; Giud 21,18; Ger
48,10,10; Mal 1,14), talvolta nella forma di un discorso
diretto: tu sei rr (Gen 3,14; 4,11; Deut
28,16.16.19.19).

La formula con rr ha una doppia funzione. Essa


designa anzitutto con questo termine una deter
minata persona, conosciuta o meno da parte di chi
parla: la parola di maledizione, proferita in precise
circostanze da individui a ci autorizzati, carica
di effetti negativi per i soggetti colpiti (Num 22
24; contro Scharbert, l.c., 6, dobbiamo ritenere che
fondamentalmente tutti possono proferire effica
cemente la formula rr). probabile che nella
maggioranza dei casi in cui il testo presenta sol
tanto il verbo Vr maledire si voglia indicare
che viene pronunciata questa formula. Di solito,
per rafforzare la formula, il male augurato alla vit
tima viene descritto con maggior precisione (cfr.
p.e. Gios 9,23; Ger 20,14$.).
"HKVr MALEDIRE

208

Anche animali e oggetti possono essere 'rr: il serpente


(Gen 3,14), il suolo (Gen 3,17), un giorno (Ger 20,14;
cfr. Giob 3,8), J ira di un uomo (per non colpirlo di
rettamente, Gen 49,7).

In secondo luogo la formula contenente 'rr, in


tesa nel senso della cosiddetta maledizione
eventuale , vuole creare con una parola efficace
una zona di maledizione, cio una sfera di mali
potenziali in cui pu cadere colui che commette
lazione nominata nella formula (p.e. Gios 6,26;
Giud 21,18; ISam 14,24.28; Ger 48,10), In alcuni
testi chiaramente liturgici s formano delle, se
rie (12 formule in Deut 27,15-26; 6 formule in
Deut 28,16-19) per creare un intero complesso di
forze nefaste, che entreranno in azione in caso di
trasgressione. Quando la formula viene pronun
ciata in presenza di altre persone, queste devono
rispondere "men, confermando cos (Deut 27,15
26; Ger 11,5; cfr. Num 5,22) lesistenza di questa
sfera di mali potenziali.
In Num 5,23 le imprecazioni ('ia), dopo essere state
scritte, saranno immerse nelfacqua, che detta perci
acqua che rende 'rr (mjim merertm), unacqua
che nellordalia colpisce con un male la donna colpevole.
c) Il sost. me'r maledizione in Deut 28,16-20 e
Mal 2,2 in stretto rapporto con il verbo Vr q. ( inviare
una maledizione = maledire), cos pure in Mal 3,9
con /r ni. In Prov 3,33 me'r parallelo allespressione
verbale j ebrk egli benedice ; me'r non indica
dunque soltanto la conseguenza di /r, il male (cfr. Deut
28,20 G svSeia mancanza, Prov 28,27 G nopla.
necessit ), ma anche il fare o il dire *rr come atto
che continua ad essere efficace (contro Scharbert, l.c., 7).

4/ Le voci che fanno capo a V/ sono significa


tive da un punto di vista teologico per due motivi.
a) Jahwe colui da cui dipende ogni proclama
zione di 'rr. Egli stesso pu fare *rr uomini ed
animali quando lo decide, perch le sue parole
sono fatali (Gen 3,14.17; 4,11; 5,29; 12,3; Ger 11,3;
Mal 2,2; cfr. 3,9) e tutti sanno che la sua me'r
raggiunge determinate persone (Deut 28,20; Prov
3,33). In particolare egli pu trasformare nel suo
contrario la proclamazione di briik da parte di uo
mini, perfino di sacerdoti (Mal 2,2), oppure ad un
mago che si accinge a dichiarare rr pu imporre
di dire il contrario (Num 22-24). Perci quando
luomo dichiara qualcuno rr, lo fa diventare
tale davanti a Jahwe (ISam 26,19).
Jahwe proclama 'rr il malvagio (rds1,Prov 3,33), las
sassino (Gen 4,11), colui che presume di essere troppo
saggio (Gen 3,17), colui che trasgredisce i comanda
menti (Deut 28,20; Ger 11,3) oppure, nella teologia postesilica, colui che non esercita bene il suo ufficio sacro
(Mal 1,14; 2,2; 3,9).

b) La sfera di mali potenziali, che si determina


con la proclamazione di 'rr, stabilita da Jahwe.
'rr, cio perseguito da sventura, chiunque si
muova al di fuori della sfera dazione stabilita dai
comandamenti di Dio, ossia colui che agisce
nellambito di ci che proibito da Jahwe. Lesem
pio pi chiaro nellopposizione bik-'rr
209

HK Vs pi- FIDANZARSI

(Deut 27,11-26; solo 'rr: Ger 11,3): chi opera


nellambito dei comandamenti di Dio brk(=
favorito dalla fortuna), fuori di questa sfera si
rr (= afferrato dalla sventura). Lo stesso prin
cipio lo si trova in una prospettiva pi sapienziale
in Ger 17,5 e 7; brk luomo che vive alia pre
senza di Jahwe e si abbandona a lui, rr invece
colui che confida nelluomo. Secondo Ger 48,10
maledetto colui che compie con negligenza oppure
ostacola lopera di Jahwe. Come abbiamo gi vi
sto, Jahwe proclama rr coloro che non si sotto
pongono completamente a lu (Gen 3,14.17; 4,11;
Sai 119,21). In Malachia la sfera dei mali posta
in atto soprattutto dalle false pratiche cultuali,
cio dalle offese arrecate a Jahwe nel culto (Mal
1,14; 3,9).
m

5/ A Qumran questo gruppo usato come


nellAT: la formula con rr molto pi fre
quente del semplice verbo (cfr. Kuhn, Konk. 23),
Invece nel NT (cfr. L.Brun, Segen und Fluch im
Urchristentum, 1932; J.Behm, art. vocTt07)(jLL,
ThW 1,355-357 = GLNT 1,951-958; F.Biichsel,
art. pdcj ThW 1,449-452 = GLNT 1,1197-1206)
emxaTapaToc, = rr usato solo in una cita
zione delPAT (Gal 3,10 = Deut 27,26; Vkmytcxxa.poLzoc, di Gal 3,13 non corrisponde ad una for
mula con 'rr, ma allespressione in st. cs.
qNat '"lhm di Deut 21,23).
C.A.Keller

HN Vs pi. FIDANZARSI
1/ ' rs pi. fidanzarsi con una donna trova ri
scontro immediato solo nellebr. post biblico e
nellaram. (rs, anche in qal, p.e. il part. pass, medioebr. arus fidanzato, e nelle corrispondenti
coniugazioni passive).
Si possono supporre relazioni con Pacc. ersu deside
rare, impetrare (AHw 239s.; CAD E 281-285; raro il
part. rsu fidanzato , AHw 242b; CAD E 301 a; cfr.
ug.
desiderare , WUS nr. 423; UT nr. 379; ebr.
>arcescet desiderio , Sai 21,3) e con larab. *ars fdanzato/a, 'abrasa preparare una festa nuziale (KBL
90a; P.Wemberg-Moller, JSS II, 1966,124), ma non con
Pacc. ere.su coltivare (radice hrt_, ebr. hrs arare ) col
richiamo alla metafora campo-donna (cos A.Sarsowsky,
ZAW 32, 1912, 404s.)-

2/ 'rs attestato nelPAT 1lx: 6x al pi. (Deut


20,7; 28,30; 2Sam 3,14; Os 2,21.21.22) e 5x al pu.
(Es 22,15; Deut 22,23.25.27.28).
3/ Il valore fondamentale del pi. (terminativo,
in quanto esprime un risultato che pu essere for
mulato giuridicamente, cfr. Jenni, HP 248)
promettersi a una donna ; la traduzione pi li
bera fidanzarsi (delluomo) non va intesa, a
differenza del nostro modo di esprimerci, come la
pura e semplice promessa di matrimonio in cui
ancora possibile tirarsi indietro, in contrapposi
zione allatto giuridico pubblico del matrimonio

210

(vd. st.). Il verbo costruito con il semplice accu


sativo; il prezzo del fidanzamento viene introdotto
con be (2Sam 3,14 al prezzo di cento prepuzi di
filistei; cfr. Os 2,21s.). Il soggetto sempre
luomo (in Os 2,21s. Jahwe, vd. st.), il comple
mento oggetto la donna con la quale luomo si fi
danza. Le forme del pu. indicano il corrispondenle
passivo essere fidanzato (della ragazza). In
queste proposizioni il soggetto la vergine (bc'tla
opp. nalor Stilla, Es 22,15; Deut 22,23.28) o la
ragazza {ria"ar, Deui 22,25.27); cfr. in proposito
D.H.Weiss, JBL 81, 1962,67-69.
La definizione del significato giuridico del termine
(e quindi anche della traduzione esatta) non fa
cile, data la scarsit di testi. necessario anzitutto
precisare che Tatto sottinteso da Ys non va con
fuso con quello della celebrazione delle nozze: un
uomo pu fidanzarsi con una ragazza, ma non
ancora detto con questo che labbia presa in mo
glie {Iqh Deul 21,11; 22,13s. ecc.; cfr. anche 7
sposare Deut 21,13 ecc.; b'al; in diretta con
trapposizione a 'rs troviamo Iqh in Deut 20,7 e hjh
rissa in Deut 22,29). 'rs va distinto chiaramente
anche da skb coabitare (Es 22,15; Deul
22,23.25.28; sgf Deut 28,30). sili pi. ripudiare
non perci un termine contrapposto a Ys, ma a
Iqh o a hjh rissa (Deut 22,19.29; 24,1.3.4).
D'altra parte naturale che allo 'rs segua un Iqh o
un skb: un uomo promesso viene esentalo
dalia chiamata alle armi per poter sposare la sua
donna (Deut 20,7), e se un fidanzato non pu coa
bitare con la sua donna si trover sotto la maledi
zione (Deut 28,30). Il fidanzamento un rapporto
giuridico protetto al pari del matrimonio; se que
sto rapporto viene interrotto, il colpevole (come
nel caso di adulterio) soggetto alla pena di morte
(cfr. Deut 22,23s. con 22,22; Lev 20,10 ecc.).
Si pu perci vedere in 'rs un atto che, pur non
identico alla vera e propria celebrazione delle
nozze, d inizio per al matrimonio dal lato legale*
essendo un atto giuridico vincolante e pubblico.
Questa interpretazione confermata dal fatto che
il promesso sposo deve al padre della sposa (cfr.
ISam 18,25 con 2Sam 3,14/Gen 34,12) il dono
nuziale (mhar Gen 34,12; Es 22,16; ISam
18,25) quale elemento essenziale del fidanza
mento. Chi seduce una vergine non ancora fidan
zata, dovr pagare il mhar prima di condurla in
sposa (Es 22,15 con il verbo mhrqo ottenere dietro
pagamento del mhar.; Deut 22,29 dare al padre
della fanciulla cinquanta sicli dargento).

la donna Israele. I^a relazione nuziale con Jahwe,


che la meretrice Israele aveva infranto (2,4ss.), si
ristabilir di nuovo e per sempre : in ci consi
ste l'annuncio di salvezza. Ed Jahwe che paga il
mhar (cfr. il b* che compare cinque volte: per
la salvezza, per la giustizia... ). Viene confermato
ancora una volta che Vi non un allo giuridico
senza vincoli precisi, bens un alto pubblico, va
lido per sempre (Rudolph, KAT XIll/1,80;
Wolff, BK X IV/l,56.63s., parla a questo proposito
di una celebrazione di matrimonio come alto
giuridico vincolante e traduce 'rs con ottenere
in moglie).

Sul matrimonio nelfAT cfr. E.Neufeld, Ancient Hebrew


Marriage Laws, 1944; F.Horst, art. Ehe im AT, RGG
11,316-318 (con bibliogr.); de Vaux I,45-65.322s.; sullo
sposalizio nel diritto matrimoniale dellantico
Oriente e del giudaismo E.Kulsch, Salbung als Rechtsakl, 1963, 27-33 (con bibliogr ).

3/ a) 's indica concretamente il fuoco, ele


mento naturale della civilt umana, usato nella
vita domestica (p.e. Is 44,16) e nel lavoro (p.e. Ez
22,20 per la lavorazione di metalli; Giob 28,5 per
l'industria mineraria). In guerra si combatte il ne
mico anche con il fuoco (p.e. Is 50,11, ziqt
frecce infuocate ); in particolare, le regole della
guerra santa esigono che tutto quanto appartiene
al nemico venga bruciato (Deut 13,17; hrm\ si
trovano esempi in Gios 6,24; 7,15; 8,8; Giud

4/ Luso d Ys pi., che abbiamo delineato, viene


ripreso nella profezia di Os 2,21 s. In quest'annun
cio di salvezza il soggetto Jahwe; nel linguaggio
figurato di Osea (tratto dal culto cananeo di Baal)

211

5/ I LXX in Deut 28,30 e 2Sam 3,14 usano per


'rs il verbo XaaficvEiv, altrimenti hanno sempre
(j.vYj<TTeuiv, cne anche in Mt 1,18; Le 1,27; 2,5
viene usato per indicare la posizione giuridica di
Maria.
J.Kiihlewein

m 'es FUOCO

1/ Il termine si incontra nelle varie ramifica


zioni delle lngue sem. (ad eccezione delfarab.)
con il significato di fuoco .
In arab. e in parte in aram. questo termine del semitico
comune (*Vs-[/-J, cfr. P.Fronzaroli, AANLR VH1/20,
1965, 145.149) stato sostituito dalle forme della radice
m'ir essere luminoso (arab. nr, aram. ntr)\ in sir. tro
viamo 'essala, ma ancora nell'accezione di febbre .
L'ebr. 'issp sacrificio (non necessariamente sacrifi
cio di fuoco ) probabilmente non collegato etimologi
camente a 'es, cfr. J Hoflijzer, Das sogenannle Feueropfer, FS Baumgarlner 1967, 114-134.

2/ Statistica: nell'ebr. dell'A T la voce 's si


trova 378x (Ez 47x, Ger 39x, Is 33x, Lev 32x,
Deut 29x, Sai 28x ecc.; Gen solo 4x, manca in
Giona, Agg, Rut, Eccle, Esd, Est); inoltre aram.
'cess lx (Dan 7,11; di solito considerato lem. assol., potrebbe per essere anche masc. enf., cfr.
Fitzmyer Sef 53) e nur 17x (Dan 3,6-27; 7,9s.).
Nella precedente statistica sono compresi anche Ger
51,58 e Ab 2,13, per i quali MAL 89b, seguendo
G.R.Driver, JSS 4, 1959, 148, propone un termine 's II
inezia .
NellAT manca il plur. .(cfr. Eccli 48,3); M.Dahood,
Bibl 44, 1963, 298, vuol vedere un duale in Ger 6,29.
Poich richiedono correzioni, non sono computali Num
18,9; Deut 33,2Q; Ez 8,2*).

's FUOCO

212

20,48; similmente Num 31,10). In casi specifici la


pena di morte viene eseguita col fuoco (Lev 20,14;
21,9; cfr. Gen 38,24; in relazione alla trasgressione
di leggi della guerra santa, Gios 7,15,25).
Il fuoco molto importante nel culto, perch le
vittime vengono bruciate (per le regole sui diversi
tipi di sacrifici cfr. Lev lss,; per il fuoco come
mezzo di purificazione rituale {hr\ sulla combu
stione di cose consacrate per preservarle da profa
nazione qds). Il fuoco sottoposto a precise pre
scrizioni; nel caso che esse non vengano osservate
abbiamo un yes zara fuoco illegittimo {zar;
Lev 10,1; Num 3,4; 26,61 il fuoco di Nadab e
Abiu), che causa di mali. Nella sezione pi re
cente della legislazione sacerdotale prescritto che
non si deve mai spegnere il fuoco dellaltare (Lev
6,1ss.; cfr. J.Morgenstern, The Fire on th Aitar,
1963; sulla formazione di leggende recenti legate
a questa prescrizione cfr. 2Mac 1,18 ss.).
Il costume di sacrificare bambini a Moloch
severamente proibito nelPAT (R. de Vaux, Les
sacrifices de PAT, 1964, 67-81; espressioni: br
hi. lammlcek Lev 18,21; 2Re 23,10; Ger 32,35; Lbr
hi. bs far passare attraverso il fuoco Deut
18,10; 2Re 16,3 = 2Cron 28,3 6V; 2Re 17,17; 21,6
= 2Cron 33,6; 2Re 23,10; Ez 20,31; srp bs
bruciare Deut 12,31; 2Re 17,31; Ger 7,31 ; 19,5;
cfr. anche Lev 20,2-5; Is 30,33; Ger 3,24; Ez 16,21;
23,37; Sai 106,37s.; per tofcet focolare cfr. KBL
1038b). I sacrifici sono destinati ad un dio Melek
(diversamente O.Eissfeldt, Molk ais Opferbegriff
im Punischen und das Ende des Gottes Moloch,
1935); mdelcek 4e.
* b) I verbi e i sostantivi che si trovano con s sono
ampiamente riportati in HAL 89. Ricordiamo solo i
verbi pi specifici relativi alPincendiare/bruciare/ardere:
1) r hi. incendiare in Mal 1,10; Is 27,11 accanto al
significato usuale far brillare , come *r luce >
(luce di) fuoco ;
2) blr q. ardere (38x), pi. dar fuoco, mantenere il
fuoco (13x), pu. essere incendiato (lx), hi. bru
ciare (6x); quindi be"r ci che bruciato (Es
22,5); cfr. Jenni, HP nr. 31;
3) dlq q. incendiare (Abd 18; Sai 7,14; hi. Ez 24,10;
cfr. HAL 2I4b e LBIau, VT 6, 1956,246; L.Kopf, VT 8,
1958, 170s,); inoltre dallceqcEt caldo febbrile;
4) jsf q. incendiare, bruciare (4x), ni. infiammarsi,
venir bruciato (6x), hi. incendiare, dar fuoco (17x);
forma parallela st hi. incendiare (Is 27,4);
5) jqd q. ardere (3x), ho. esser incendiato (5x);
inoltre fq d incendio (Is 10,16 ter\jqd (Is 30,14)
e mqd (Lev 6,2, cfr. Elliger, HAL 4,81; Is 33,14; Sai
102,4) fuoco ;
6) kwh ni. scottarsi (Is 43,2; Prov 6,28); inoltre
kewijj (Es 21,25.25) e ki (Is 3*24) marchio, mikw
ustione (Lev 13,24-28);
7) iht divorare, bruciare (q. Sai 57,5; 104,4; pi. 9x);
inoltre lhat fiamma, vampa (Gen 3,24);
8) nsq ni, infiammarsi (Sai 78,21), hi. incendiare
(Is 44,15; Ez 39,9);
9) srb ni. esser bruciato (Ez 21,3); inoltre * srb
bruciante (Prov 16,27) e sroebcet bruciatura, cica
trice (Lev 13,23.28);

213

m ' s FUOCO

10) qdh q. infiammarsi; incendiare (5x); inoltre qaddhat febbre (Lev 26,16; Deut 28,22), ceqdh (pie
tra focaia), berillo (ls 54,12);
11) srp bruciare (q. 102x, ni. 14x, pu. lx); inoltre
srfa cosa cremata, bruciata, incendiata (13x, vd sp.
beir, solo in 2Cron 16,14; 21,19 cremazione),
misrqfoi combustione (Is 33,12; Ger 34,5),
Nellaram. bibl. troviamo dlq q. ardere (Dan l,9\jqd
q. ardere (Dan 3,6-26; inoltre fq d incendio
7,11), z/f q. scaldare (Dan 3,19.19.22) e brk hitpa,
venir bruciato (3,27).
I verbi che indicano lo spegnere il fuoco sono: dlk q.
spegnere (7x), pu. esser spento (Sai 118,12; ni.
scomparire Giob 6,17) con le forme secondarie z k ni.
venir spento (Giob 17,1) e kbh q. spegnere (14x),
pi. estinguere (lOx).
Tra i sostantivi con significato affine il pi importante
thabUcehb fiamma (12+19x, anche nel significato
di spada ; in Es 3,2 lahbat-'s va corretto in lahiEbcet's\salhcebcet fiamma in Ez 21,3; Giob 15,30; Cant
8,6 txt em un prst. aram., cfr. Wagner nr. 305); vanno
ancora ricordati rasce? fiamma, incendio (7x; cfr.
A.Caquot, Sem 6,1956,53-63) e sbb fiamma (Giob
18,5; cfr. Wagner nr. 304; ram. bibl. seblb fiamma
Dan 3,22; 7,9),

c) In senso traslato, come accade in altre lingue,


il fuoco usato spesso come immagine di passioni
ardenti: ira (Os 7,6 txt em; per il fuoco delPira di
Jahwe vd. st. 4), dolore (Sai 39,4), amore (Cant
8,6), adulterio (Giob 31,12; Prov 6,27s.), litigiosit
(Prov 26,20s.), ingiustizia (Is 9,17), peccato in ge
nerale (Eccli 3,30 ecc.). Elemento principale di si
militudine la forza divoratrice, raramente la fun
zione luminosa del fuoco (Nah 2,4; cfr. F.Lang,
ThW VI,934, dove sono date anche espressioni
proverbiali).
4/ NelPambito delle tradizioni religiose il fuoco
riveste una posizione particolare nel motivo della
teofania.
Le rappresentazioni della teofania hanno in Israele una
duplice origine, corrispondentemente al valore originario
del fuoco. Nella teofania del Sinai si pensa originaria
mente ad un fuoco di vulcano (cos il racconto jahwista
in Es 19,18, cfr. M.Noth, ATD 5,86.125s.l28s.; J.Jeremias, Theophanie, 1965, 104ss.). Dal mondo religioso
cananaico proviene la rappresentazione della teofania
come una tempesta con i lampi (p.e. Sai 18,8ss.; 29;
97,2ss.; paralleli extra-israelitici in Jeremias, l.c., 75ss.;
P.D.Miller, Fire in th Mythology of Canaan and Israel,
CBQ 1965, 256ss.; PElohista impropriamente descrive
anche la teofania del Sinai come tempesta, cfr. Noth, l.c.,
128s.). Molto presto le due rappresentazioni si sono fuse
insieme (p.e. Ab 3,3ss.). Legata strettamente alla tradi
zione delle teofanie e quindi al fuoco lidea del kbd
(~kbd) di Jahwe (Sai 29; 97,6; Is 10,16; cfr. Ez 10; cfr. in
proposito von Rad 1,253).
Antiche concezioni particolari compaiono sporadica
mente, quali fenomeni che si manifestano quando ci si
incontra con Dio, in Gen 15,17 ( fiaccola ardente) ed
Es 3,2 ( fiamma ardente dal cespuglio ; cfr. Noth ATD
5,26).

Una particolare tipologia assume il fuoco del Sinai


nella visione del Deuteronomio e del Codice sa
cerdotale. Il Deut (Dtr) parla in forma stereotipa
214

del monte che arde nel fuoco (Deut 4,11; 5,23;


9,15); pi significativa limmagine di Jahwe
che paria dal fuoco (Deut 4,12.15.33.36;
5,4s.22.24-26; 9,10; 10,4; 18,16): tutti gli elementi
della teofania vengono subordinati al parlare di
Jahwe. P parla della colonna di fuoco (ammd
s) di notte e della nube {'nr) di giorno;
esse compaiono non in riferimento al Sinai, ma
per procedere davanti ad Israele (Es 13,21s.; 14,24;
40,38; Num 9,15s.; 14,14; cfr. Neem 9,12.19; in re
lazione al Sinai e alfespressione kbd Es 24,16s.
come un fuoco divoratore ). Immagini simili si
trovano in Deut 1,33; Is 4,5; Sai 78,14. Dtr, spiri
tualizzando maggiormente, indica Jahwe stesso
come fuoco che divora (s ykei Deut 4,24;
9,3; anche Is 33,14 e 30,27 la sua lingua ). Con
tro uninterpretazione letterale delPespressione sta
IRe 19,12 (con il Fuoco sono menzionati altri ele
menti teofanici; cfr. J.Jeremias, l.c., 112-115;
J.J.Stamm, FS Vriezen 1966, 327-334).
Nelle varie tradizioni dei salmi e nella tradizione
profetica ad essi col legata la teofania non ha come
obiettivo il parlare di Dio, ma il suo agire: diventa
perci pi significativo leffetto specifico del
fuoco. Dio appare con il fuoco della sua collera
(af, hm, cebr; Deut 32,22; Is 30,27.30;
Ger 4,4; 15,14; 17,4; 21,12; Ez 21,36s.; 22,21.31;
38,19; Nah 1,6; Sai 89,47; Lam 2,4; troviamo an
che qin' zelo in Ez 36,5; Sof 1,18; 3,8; Sai
79,5) per procedere contro i nemici su un piano
mitico o sul piano della storia (potenze del caos,
popoli stranieri, peccatori, o anche lo stesso
Israele: Sai 46,10; 68,3; Is 9,4.18; 66,15s.; Am ls.
ecc.; spesso anche in Ger, p.e. 11,16; 17,27 ecc.).
Fuori del contesto della teofania il fuoco diventa
il fuoco del giudizio che lapocalittica colloca alla
fine dei tempi (Is 66,24; Zac 9,4; Dan 7,9ss. ecc.).
Unampia panoramica dei passi delFAT, che in
forma reale o metaforica (bench i due sensi non
siano sempre facilmente distinguibili) parlano del
fuoco come mezzo con cui si esegue il giudizio,
in R.Mayer, Die biblische Vorstellung vom
Weltenbrand, 1956, 79ss.
Bench limmagine de! fonditore dei metalli compaia
spesso quando si annuncia il giudizio (cfr. Is 1,25; Ger
6,27-30; 9,6; Ez 22,17-22), di un vero giudizio di puri
ficazione attraverso il fuoco parlano solo Zac 13,9 e
Mal 3,2s. (Mayer, l.c., 113s.; cfr. anche G.Rinaldi, La
preparazione delPargento e il fuoco purificatore, Be 5,
1963, 53-59).

Nelle narrazioni popolari il fuoco delle teofanie di


venta un fuoco di Dio miracoloso (2Re l,9ss.;
Giob 1,16 ecc.). Anche gli esseri angelici parteci
pano d questo fuoco divino (Ez 10>2.6s.; 28,14;
2Re 6,17).
5/ Il tardo giudaismo e il NT (se si eccettuano
alcune influenze di qualche testo dellAT) si ri
fanno alfuso dellapocaliltica, Cfr. F.Lang, Das
Feuer im Sprachgebrauch der Bibel, Tiibingen
1961 (tesi dattil.); id., art. Trup, ThW VI,927-953.
F. Stolz
215

n m
issa
T *

DONNA

1/ La parola 'issa donna corrisponde ad


*'ant-at- del sem. comune (P.Fronzaroli,
AANLR V ili/19, 1964, 162s. 166.245.262): acc!
assodi moglie (accanto al quale si trova rara
mente e come prst. can. issu donna, femmina ,
AHw 399a; CAD 1/J 267b); ug. att moglie;
aram. '\ntetf'ittet donna ; arab. 'unta fem
minile ; et. *anest donna .
Dala la presenza della / nella radice, la parola non pu
essere fatta derivare dalfebr. Is uomo (contraria
mente airetimologia popolare di Gen 2,23); in effetti
non possibile dare unetimologia. Contro la deriva
zione da una radice *ynt essre debole (p.e. Driver,
CML 152 n, 17) sta la vocalizzazione dellacc. ensu es
sere debole , che presuppone una laringale forte come
prima radicale, mentre larab. 'atiuta potrebbe essere un
denominativo (cfr. Fronzaroli, l.c., 162s.).
Per le forme irregolari 'scet del sing. cs. e nsim del
plur. e le possibili assimilazioni a /s uomo oppure
'ansim . uomini cfr. BL 617.
I! plur. /sra/, che un neologismo basato sul sing., si
trova attestato solo in Ez 23,44 (txt?) (cfr. Zimmerli, BIC
XIII,535s.).
* li
Come 75, cos anche 'issa relativamente
molto frequente nei libri narrativi (G en, G iu d ,
l/2Sam ):
sing
plur.
totale
Gen
125
27
152
Es
32
6
38
Lev
34
1
35
Num
11
30
41
Deut
33
S
41
Gios
8
2
10
Giud
55
14
69
42
12
ISam
54
2Sam
40
9
49
IRe
29
9
38
2Re
16
3
19
6
6
12
Is
Ger
12
24
36
8 +1
22
Ez
13

5
5
Os
Am
2
2

1
Mi
1

1
1
Nah
Zac
2
7
9

Mal
3
3
3
3
Sai
7
1
8
Giob
2
25
Prov
23
13
2
IS
Rut

Cant
3
3

Eccle
3
3

3
3
Lam
Est
5
16
21
2
Dan
2
1
11
12
Esd
2
8
10
Neem
lCron
16
4
20
11
19
2Cron
8
AT totale

568

212 +1

781

In Lis. mancano i passi IRe 14,5.6.


NeHaram. bibl. ricorre lx il plur. neshn le loro moT

*iss DONNA

216

gli (Dan 6,25; il sing. *anta!'anftu appartenente a


*nesn non attestato, si trova per nelfaram. imperiale,
cfr. DISO 26s.).

3/ a) Nel significato primario donna (la per


sona determinata come femminile quanto al
sesso) la correlazione con 75 uomo gi impli
cita per sua natura (la forma delle due parole ebr.
la sottolinea ancor pi chiaramente, cfr. Gen
2,23).
Nella maggior parte dei casi in cui ricorre, il termine
caratterizzato dalla contrapposizione matrimoniale o ex
tramatrimoniale al l'uomo. Oltre a questi casi si trovano
serie nominali in cui laspetto sessuale passa in secondo
piano. Lespressione uomo o donna pu essere usata
nel senso di qualcuno, chiunque ; uomini e donne
pu significare anche tutti ; per lindicazione dei passi
in cui ricorrono queste espressioni ed anche per le serie
uomini/donne/bambini e sim. 75 III/l.

Un altro campo semantico naturale viene costi


tuito dai termini figlio/figlia/bambino o dai
loro plurali, anchessi di solito in serie nominali.
Esempi sono: donna/figli/nuore (Gen 8,16, cfr. 6,18;
7,7.13; 8,18); nelle nascite donna - figlio/figlia (Gen
18,10 ecc.); donne/figli (Gen 32,23); donna/figlie
(Gen 19,15s.); donne/figlie (Is 32,9 in parallelo);
molto frequente donne/figli (Gen 30,26; Num 143
ecc.; Sai 128,3 in parallelo).

Il campo semantico della parola inoltre caratte


rizzato da unintera serie di verbi, di cui citeremo
soltanto i pi importanti:
hrh essere gravida (Gen 25,21; Es 2,2; 21,22; Giud
13,3 ecc.); jlci generare (Gen 3,16 ecc., dove hrh e
jld si trovano spesso in stretta connessione); Iqh
prendere in moglie, sposare (Gen 4,19; Deut 23,1;
Giud 14,2 ecc.); hjh Fissa sposare (Gen 24,67 ecc.);
nin Ietiss dare in moglie (Gen 16,3; Giud 21,1.7
ecc.). Numerose espressioni servono ad indicare il com
mercio coniugale: skb dormire (Gen 26,10 ecc.); jd'
conoscere (Gen 4,1.17 ecc.); b5 1ce! accostarsi a
(Gen 38,8.9 ecc.); gfh pi. *cerwat iss scoprire la nu
dit di una donna (Lev 18,6ss.; 20,11,17-21); qrb
accostarsi (Lev 18,14 ecc.); "nh pi. violentare
(Gen 34,2 ecc.); sgf giacere con (Deut 28,20 ecc.). Fra
gli altri verbi vanno ancora menzionati: 'hb amare ,
hmd desiderare , 'Vi fidanzarsi , zb avere le
mestruazioni yyjnq hi. allattare ,# pi. essere ge
loso , n'p commettere adulterio , slh ripudiare ,
bgd mancare di fedelt . Per il periodo pi recente
sono ancora da citare: jsb hi. sposare = far abitare con
s una donna (Esd lO^ss.; Neem 13,23.27); j&* hi.
ripudiare (Esd 10,3-19).
Non esistono sostantivi sinonimi di Issa per il suo

significato primario.
Il termine viene utilizzato una sola volta in riferi
mento ad animali (Gen 7,2; cfr. anche Ez 1,9).
b) Come 7 s uomo/marito (III/2a), anche 'issa
viene adoperato spesso nel significato pi speci
fico di moglie (Gen 12,5; 2Sam 11,27 ecc.).
Frequenti sono le espressioni X scet Y X, mo
glie di Y (p.e. Gen 11,31 ) e sm Yst X sua mo
glie si chiamava X (p.e, Rut 1,2).
Per la posizione della donna nellAT cfr. F.Horst, art.
Frau IL, RGG U,1067s., e la bibliogr. ivi riportata.

217

n m Issa DONNA
T

'

La parola solita per concubina piicgces (36x, di ori


gine non semitica, cfr. Ellenbogen 134); in ISam 1,6 ri
corre sar seconda moglie, rivale . Altre designazioni
speciali per la moglie del re o per le appartenenti allharem del re sono segai (Sai 45,10; Neem 2,6; aram. bibl.
Dan 5,2.3.23)e laram. bibl. Fhn (in Dan 5 sempre ac
canto a segai).

In Lam 2,20 il senso del vocabolo viene ristretto,


per via del contesto, al significato di madre , in
Gen 29,21 e Deut 22,24 al significato di sposa .
In Eccle 7,26 ha'issa appare generalizzato (la
donna = il sesso femminile ).
c) In senso figurato il termine compare talvolta
per designare un uomo vile, e in realt soltanto
negli oracoli profetici contro popoli stranieri, dove
si parla propriamente dei guerrieri o degli eroi di
un popolo straniero che si sarebbero trasformati in
donnicciole (Is 19,16; Ger 48,41; 49,22; 50,37;
51,30; Nah 3,13).
Inoltre issa usato talvolta come immagine di
Israele o di Gerusalemme: Os 2,4; Ger 3,1,3.20; Is
54,6; Ez 16,30.32; 23,2ss. (vd. st. 4f).
d) Contrariamente ad 75, Iss molto raramente
viene generalizzato nel significato di ognuna
(Es 3,22; Am 4,3; Rut l,8s.). Per dire funa...
Paltra si formano espressioni con 'dht(h 3d)
e reit (Ger 9,19; in riferimento ad animali Is
35,15.16; Zac 11,9).

4 / Le utilizzazioni del vocabolo in contesti pi


o meno teologici sono molto varie:
a) Nelle storie dei patriarchi la promessa di un fi
glio alfantenata costituisce sicuramente un mo
tivo narrativo molto antico. Di fronte al lamento
della donna senza figli, Dio (o il suo messaggero)
promette ad essa un figlio: Gen 17,19 (cfr. 16,11);
18,10; 24,36; 25,21 (cfr. C.Westermann, Forschung am AT, 1964, 19ss.; quanto al problema
della poligamia cfr, W.Plautz, Monogamie und
Polygynie im AT, ZAW 75, 1963, 3-27).
b) In Gen 2-3 Issa ricorre solo 17x. Sono da porre
in risalto leziologia del vocabolo in 2,23 {m'isy
dalfuomo essa stata tratta ), il ruolo speciale
della donna nella narrazione della caduta e la con
danna specifica in 3,16.
c) Per serie come uomini/donne/bambini
(buoi/pecore/asini) si possono stabilire circo
stanze determinate: p.e. lesecuzione del coman
damento dello sterminio nelle guerre sante (Num
31,9.17; Deut 2,34; 3,6; Gios 6,21; Giud 21,10s.;
ISam 15,3; 22,19; 27,9.11). Serie simili si trovano
nellannuncio profetico del giudizio (nemici di
Jahwe sono ora gli israeliti: Ger 6,1 ls.; 14,16;
38,23; Ez 9,6; nellimprecazione contro i nemici:
Ger 18,21).
Un altro Sitz im Leben si ha certamente
quando la legge viene proclamata in pubblico,
con la convocazione di uomini/donne/bam
bini (/forestieri) (Deut 31,12; Gios 8.35).
Quest'uso viene ripreso per adunanze del po
218

polo presiedute da Esdra e Neemia (Esd 10,1;


Neem 8,2s.).
d) Un motivo teologico particolare costituito
dalle donne straniere. NelPantichit un connubio
fra israeliti e cananei dal punto di vista teologico
non era scandaloso (Gen 34; Es 2,21; 4,20; cfr.
Deut 21,11.13). La teologia dtr. in Giud e Re giu
dica un simile connubio con lambiente circo
stante in maniera decisamente negativa: le donne
di altre nazioni significano anche importazione di
divinit straniere e di conseguenza allontana
mento da Jahwe (Giud 3,6; IRe ll,lss.; 16,31 ;
21,25; 2Re 8,18). Particolarmente acuto divenne il
problema nel periodo subito dopo lesilio: nella
fonte sacerdotale (Gen 27,46; 28,1.2.6.9; Num
25,6ss. che molto vicino a P) e in Esd 10,2ss.;
Neem 13,23ss.
e) Violentare una donna una infamia in
Israele (nebl, nbl), che provoca lira e la pu
nizione di Dio (Giud 19s.; cfr. Gen 34). Pertanto
esiste tutta una serie di norme giuridiche che re
golano il commercio sessuale fra uomo e donna.
Nessuno deve desiderare la donna del suo prossimo (Es
20,17; Deut 5,21). Se uno giace con una donna fidanzata
(Deut 22,23s.) o maritata (Deut 22,22), entrambi meri
tano la pena di morte. Per il caso di adulterio commi
nata la pena di morte (Lev 20,10; Num 5,11ss.). La
stessa pena merita una donna che abbia avuto rapporto
sessuale con una bestia (Lev 20,16). Lev 18 regola tutta
una serie di relazioni sessuali aiPintemo della famiglia,
Lev 15 d indicazioni sul modo d comportarsi nel pe
riodo delle mestruazioni della donna. Altre disposizioni
legali riguardanti la donna: Es 19,15; 21,22; Lev 12,1-8;
Num 6,2; 30,4ss.; 36,3ss.; Deut 17,2.5; 22,19; 24,lss,;
25,5.

La letteratura profetica riprende talvolta simili


prescrizioni, in parte nellatto di accusa contro co
loro che trasgrediscono il comandamento (precetti
in campo sessuale: Os 2,4; Ger 3,1ss.; 5,8; 29,23
ecc.; idolatria: Ger 7,18; 44,15; Ez 8,14), in parte
nella proclamazione profetica del giudizio (2Sam
12,11; cfr. Is 13,16; Ger 8,10; Zac 14,2). Dobbiamo
infine accennare alle norme della tor contenute
in Ez 18,6.11.15.
In altra maniera elabora il suddetto problema ses
suale la letteratura sapienziale: la saggezza ti pre
server dalla donna daltri (Prov 2,16; 6,24; 7,5;
cfr. 6,29). Del resto una donna buona e intelli
gente un dono di Jahwe (Prov 19,14; cfr. lelogio
della donna ideale in Prov 31,10-31).

viene ripresa nellaccusa di Geremia (3,1.3.20) e di


Ezechiele (16,30.32; 23,44). In maniera diversa
elabora limmagine lannuncio di salvezza del
Deuteroisaia (Is 54,6): Israele la donna della
giovinezza che Jahwe chiamer nuovamente a
s dopo esser stata abbandonata.
g) In un caso lazione salvifica di Jahwe verso
Israele viene assimilata con un paragone molto ge
nerico al modo dagire di una donna verso il suo
bambino: Is 49,15 ma anche se una donna po
tesse dimenticarsi del suo pargoletto... (cfr. Is
66,13, m 4e).
5/ Nel NT ricompaiono le linee seguenti: a) la
donna sterile, a cui Dio promette un figlio (Le 1);
b) Gen 2-3 in Me 10,7 par. ecc.; c) il tema
donne straniere viene modificato in lCor
7,12ss. nel tema coniuge non cristiano; d) il
matrimonio difeso come nel PAT in maniera
particolare (Mt 5,3ls.; Ef 5,22ss.), per mancano
le numerose prescrizioni sessuali; e) quanto alluso
metaforico cfr. Apoc 21,2.9; 22,17. Cfr. inoltre A.
Oepke, art. yuvy), ThW 1,776-790 (= GLNT
11,691-730).
J.Kiihlewein

am

T T

sm

OBBLIGAZIONE

1/ La radice 7sm oppure (come si ricava


dallarab. attoria commettere una mancanza ),
*t_m finora non stata rivenuta nelPambiente se
mitico pre-ebr. o contemporaneo alPAT (per Pug.
cfr. D.Kellermann, sm in Ugarit?, ZAW 76,
1964, 319-322; per il pun. cfr. Sznycer 143). Per gli
equivalenti arab. (e forse et.?) cfr. HAL 92.
Nellebr. dalla radice sm derivano: il verbo in qal,
ni. e hi.; il sostantivo astratto 'sm, che designa
uno stato, una condizione (GK. 84s.; BL 462s.);
il sostantivo astratto asma, originariamente un
inf. fem. (BL 317.463; chiaro ancora in Lev 4,3;
5,24.26); laggettivo verbale 'asm.
2f II verbo attestato al qal 33x, una volta al ni.
e una alPhi.; i sostantivi sm 46x, asma 19x,
laggettivo verbale 3x.

Delle complessive 103 ricorrenze della radice, 49 si tro


vano nelle sezioni sacerdotali di Lev e Num, 9 in
l/2Cron, 8 in Ez e 7 in Esd, Nelle sezioni legislative di
Es e Deut la radice non si trova affatto, nella letteratura
sapienziale solo rarissimamente (Prov 2x). Anche i libri
0 Nella letteratura profetica Israele o Gerusa
storici utilizzano il vocabolo raramente: Gen 2x, Giud
lemme vengono designati talvolta come la moglie > lx, ISam 4x (tutte nel c. 6), 2Sam lx, 2Re lx. Lo stesso
vale per il vocabolario dei profeti: Ez con 8 ricorrenze ed
di Jahwe, soprattutto in Osea (2,4; lazione simbo
Os con 5 (sempre il verbo) sono degni di nota; restano
lica di Os l,2ss.; 3,lss. non fa parte di questo con
ancora Ger con 3, Am, Ab, Dtis, Dtzac, Gioe e Is 24 con
testo). In una specie di processo per infedelt co
1 ricorrenza soltanto. Sicch un buon 70% delle ricor
niugale (Wolff, BK X IV /1,37) la donna infedele
renze della parola si trovano in determinati testi teolo(= Israele) viene accusata di adulterio. Limma
gico-cultuali del periodo esilico-postesilico.
gine del matrimonio, che Osea ricav dalla mito
Le ricorrenze pi antiche sono quelle del sostantivo 'sm
logia cananea, serve proprio a combattere lincli
in Gen 26,10 (L/J) e ISam 6,3-4.8.17, e dellaggettivo1nazione di Israele a questo culto cananeo di Baal
sm in 2Sam 14,13. Viene in seguito il verbo di Giud
21,22, e poi 'sm di 2Re 12,17, 5asma di Am 8,14, 'sm
con la sua prostituzione cultuale, Limmagine

219

ntX 'sm OBBLIGAZIONE

220

di Gen 42,21 (E) e infine il verbo di Os 4,15; 5,15; 10,2;


13,1; 14,1 e Ab 1,11.
La forma nominale ''asma, prescndendo da Am 8,14 e
Sai 69,6, diviene di uso veramente comune soltanto nel
periodo postesilico, inizialmente accanto a sm (Lev
4,3; 5,24.26; 22,16). In Esd e Cron, dove si trovano le re
stanti tredici ricorrenze e dove daltro lato non si trova
pi sm, 'asma ha quindi sostituito la forma pi antica
sm. Questa linea di sviluppo viene confermata nei te
sti di Qumran, dove 1sm ricorre solo 2x, 'asma invece
37x (cfr. Kuhn, Konk. 23s.).
In Giud 21,22; Is 24,6; Ez 6,6; Os 4,15; Ab 1,11; Prov
14,9; Esd 10,19 vi sono difficolt testuali.

3/ a) Il contesto, le espressioni stereotipe e le


espressioni composte indicano che gli usi del ter
mine si concentrano nellAT su due punti fonda
mentali:
(1) la situazione di obbligazione, in cui qualcuno
d qualcosa.
Cfr. p.e. portare (bd1hi.) qualcosa a Jahwe come 5sm
(Lev 5,15b.l8.25; Num 6,12), presentare(qrb hi.) qual
cosa a Jahwe (Lev 14,12), porre (slm) la propria vita
(come) sm (Is 53,10), e inoltre i mezzi ariete'sm (Lev 5,16; 19,21b.22), agnello-s/M (Lev
14,21.24.25), argento-asam (2Re 12,17). Cfr. anche il
giorno dell <zsmt7 (Lev 5,24; cfr. Os 5,15) e infine le
formule di introduzione in Lev 6,10; 7,1.7.37; Num 18,9,
inoltre Os 5,15; Is 24,6; Zac 11,5.

(2) La situazione in cui qualcuno o viene obbli


gato al risarcimento, nella quale cio tenuto a
dare qualcosa.
Tutto questo viene espresso (a) dal verbo in quanto la
formula di una sentenza che viene usata nelle forme let
terarie che dichiarano una colpevolezza (dichiarazione
che nel nostro caso comprende certo una determina
zione formale delle conseguenze della sentenza): Os
10,2; 13,1; 14,1; Ger 2,3; Ez 22,4; 25,12; Prov 30,10; Sai
34,23; cfr. Ger 50,7; Sai 5,11; quasi tutti questi testi
hanno una struttura a tre elementi, in cui la dichiara
zione di colpevolezza ha il suo posto esattamente fra
laccusa e lannuncio di una particolare punizione; cfr.
anche Lev 5,17.21-23; Num 5,6s.; (b)cos pure dal verbo
inteso ancora come formula di sentenza nelPinsegnamento della legge cultuale: Lev 4,13s.22s.; 5,17.19b.23;
Num 5,6.7; (c) in formule dichiaratone (con sm): Lev
5,l9a; 7,5; 14,13; (d) nellistruzione parenetica sulla tor:
Os 4,15; 2Cron 19,10b; (e) nella confessione: 2Cron
28,13b; (0 in tutti i casi in cui ricorre asm (eccettuato
Lev 5,24); (g) cfr. infine Ger 50,7; 51,5; Sai 68,22; Gen
26,10; inoltre Am 8,14 essi che giurano su ci per cui
Samaria si resa colpevole .

b) Quanto si detto fin qui indica quali punti di


vista vanno esclusi nel precisare il significato del
termine:
(1) 'stri non un termine che significhi trasgres
sione, fallo . Difatt sw chiaramente distinto
nei testi dai termini usati per trasgressione
(p.e. ml Lev 5,15.21; h f Lev 4,2s.l3s.; 5,ls.; cfr.
anche Esd 9,13). Mentre le trasgressioni possono
essere di genere diverso (Lev 4,13; 5,2.17-19;
Num 5,6s.) e 7sm pu presupporre trasgressioni di
ogni tipo (Lev 5,21-23.26; 2Cron 19,10), sm stesso
si riferisce sempre ad un solo tipo determinato di
conseguenza dei falli commessi.
221 - n m

sm OBBLIGAZIONE

(2) Cos pure non si pu dire che sm indichi un


determinato modo con cui si sconta la pena
(T.H.Gaster, IDB IV,152: simply a mulct
[ solo una multa ], a fine [ ammenda ]). I
modi possono essere diversi, cfr. ISam 6,3.4.8.17;
Gen 42,21; 2Re 12,17; Os 14,1; Ger 51,5; Is 53,10;
inoltre Lev 5,15ss.; Ez 40,39; 44,29; 46,20; Esd
10,19 ecc.
(3) asm in quanto modo con cui si sconta la pena
non pu essere inteso originariamente come sa
crifcio , anche se pi tardi si trova tale istitu
zione accanto ad altri riti sacrificali, cfr. Lev 6,10;
7,7,37; Num 18,9; 2Re 12,17; Ez 40,39; 42,13;
44,29; 46,20 (cfr. RRendtorff, Studien zur Geschichte des Opfers im Alten Israel, 1967, 227s.;
Elliger, HAT 4,73ss.).
(4) Bench in Ger 51,5s.; Lev 5,17; 22,16; Esd 9,6
sm e wn (due termini fra loro vicinissimi) si
riferiscano alla stessa situazione, essi esprimono
tuttavia qualcosa di diverso: wn sottolinea pi
precisamente laspetto del peso, del carico,
delloppressione (della colpa), asm invece sotto
linea il fatto che si obbligati (al risarcimento).
iawn asma in Lev 22,16 pu significare pertanto
il peso delPobbligazione .
(5) Infine non sembra che aspetti funzionali come
P indennizzo o la riparazione rappresentino
quello che ysm vuol significare in primo luogo.
Lelemento primario quello della situazione di
obbligazione derivante da una sentenza, il fatto di
essere responsabile (civilmente) e di essere tenuto
al Padempi mento. Sembra che gli aspetti funzio
nali siano invece inclusi in quello che la situazione
di responsabilit presuppone anzich essere
espressi nel vocabolo stesso. Cos 1sm secondo
Lev 5,14-16 non un risarcimento del danno
(contro Elliger, HAT 4,76; con Gaster, l.c.: not
an indemnification... not compensatory [=
non un indennizzo... non compensativo ]), ma
serve alla riparazione (contro Gaster, l.c.), cfr.
kpr pi. 1al e sfh. Cfr. anche Lev 5,21-26 e Num
5,6s. In Gen 42,21 pare che si voglia intendere an
che una compensazione. Lantico testo ISam
6,3.4.8.17 mira alla riabilitazione e alla restitu
zione, Is 53,10 alla restituzione; cfr. Giud 21,22.
c) Quello che secondo la nostra concezione mo
derna un doppio uso dellunica radice sm (vd.
sp. 3a), si riferisce probabilmente ad una situa
zione di fondo che comune a tutti gli aspetti, dal
giudizio di colpevolezza fino al risarcimento: si
tratta dellobbligo che deriva da un essere divenuto
debitore, lobbligo obiettivo, obbligazione nel caso
concreto, l'essere obbligato personalmente o la re
sponsabilit (civile). L obbligo tende pertanto
alPadempimento, anche quando questultimo non
sembra ancora essersi verificato, mentre ladempi
mento stesso viene sempre definito secondo la sua
natura, ossia come obbligazione, responsabilit
(civile). Questa situazione si verifica quando si
dichiara Pobbligazione (vd. sp. 3a [1]), durante il
tempo in cui si in debito (forme aggettivali, cfr.
222

Prov 14,9 gli stolti non si curano del debito ; Sai


68,22 che va in giro col suo debito; Ger 51,5
la loro terra piena di debiti ), e quando si ha
il risarcimento (vd. st. 3a [2]).
In questo senso allora le forme nominali (com
presa la forma aggettivale) significano f essere in
obbligazione, le forme verbali invece Ventrate in
uno stato di obbligazione. Il motivo per cui il so
stantivo viene utilizzato solo al singolare (ecce
zioni: Sai 69,6; 2Cron 28,10, in entrambi i casi
plur. di 'asma) potrebbe essere che l obbliga
zione nelle sue componenti di giudizio e di
espiazione era considerata qualcosa di unitario. Le
forme plurali del verbo e del laggettivo si riferi
scono invece alla molteplicit delle persone che si
trovano in stato di obbligazione.
Questa comune situazione di fondo e questo si
gnificato primario sembrano prevalenti anche nei
passi in cui non si impone per nulla unalternativa
fra colpa ed espiazione: Gen 26,10; 42,21
(cfr. v. 22c); Giud 21,22; 2Sam 14,13; Os 5,15 (cfr.
Wolff, BK XlV/1,134, e Gen 42,21); 10,2; 14,1; Is
53,10; Prov 14,19; 30,10; Esd 10,19 ebr.: e in
quanto debitori un ariete come debito (ammenda?
pena?) ; secondo G invece: e come loro pena
(pagamento di ammenda) un agnello per il loro
debito . Cfr. la doppia prospettiva anche nei con
testi di Sai 34,22 e 23; Lev 5,24 e 26.
d) Poich il significato fondamentale viene usato
per i diversi aspetti in cui si presenta la situazione
di obbligazione, il termine viene usato anche in
vari casi determinati. Accanto alle gi ricordate
prospettive dell'essere e dell'entrare in uno stato di
obbligazione, e a quella del risarcimento, va qui ri
cordato infine fuso di 'sm come mezzo di risar
cimento.
_
Ci si esprime grammaticalmente quando asm o ac
cusativo o nome retto di una catena costrutta: immo
lare un 'asm (Lev 7,2, si intende un animale); por
tare un asm (Lev 5,6s.l5b.25a.; 19,2la); far ritor
nare un asm (ISam 6,3 4.8.17; Num 5,7s.); il san
gue delt(animale) 'sm (Lev 14,14.17.25b.28). Se
condo Ez 40,39; 42,13; 44,29; 46,20 Y'sm uno dei
compiti sacri riservati ai sacerdoti.
Il mutamento di prospettiva appare chiaramente in Lev
5,15s.: (1) 'asm per Jahwe , (2) un ariete come 'asm
{te>m) , (3) lariete delf {h-Y'sm . In ( 1) 'im
soggetto, in (2) e (3) lo l'ariete, Mentre (2) e (3) ren
dono esplicito il rapporto tra 'sm e ariete, in (l) questa
esplicitazione riassunta in 'sam. Ci mostra che anche
quando il termine va inteso in senso strumentale, esso
esprime pi il significato, la funzione del mezzo che non
il mezzo stesso. I contesti mostrano inoltre che si pren
deva in considerazione e si denotava anche il mezzo
stesso.

e) Il problema della traduzione per noi oggi con


siste nel fatto che nella variet delle prospettive
cogliamo prima di tutto ed esprimiamo le diver
sit e non cogliamo invece al di sotto di esse
laspetto comune, e ci si verifica in particolare
per 'sm. Guardando allintenzione di fondo del
termine ebraico bisognerebbe dunque tradurre:
223

'sm q. essere/diventare debitore o responsabile


(civilmente) ; 'sm ni. sopportare lobbligo di un
debito, essere legato ad un debito (Gioe 1,18);
'sm hi. rendere debitore, responsabile (civil
mente) (Sai 5,11); 'sm debitore, responsa
bile, soggetto al lobbligo ; 'sm e 'asma debito,
responsabilit, obbligazione (entrambi i sostan
tivi, per quanto possibile, con un riferimento
allunit che esiste tra situazione e risarcimento).
Dove domina unilateralmente il momento
del l'adempimento o dove lelemento strumentale
non pu essere sottaciuto, bisognerebbe tradurre
con risarcimento , dono di risarcimento . Al
ternative sono: debito - sdebitamelo (Buber);
passibilit di pena - pena (Wolff; chiaro per
contenuto e linguaggio); essere colpevole scontare la pena (Bibbia di Zurigo; non del tutto
chiaro nel contenuto e non conseguente quanto a
linguaggio). False o problematiche sono invece le
traduzioni: indebitarsi, indebitamento (poich
mira allatto della trasgressione); peccare (cfr.
la Bibbia di Zurigo p.e. in Lev 5,17); gravato da
colpa (KBL 94b/HAL 93a, gravato si riferisce di
pi a iwn)\ sacrificio di riparazione (perch
sacrificio implica qualcosa di diverso dal carat
tere di ammenda che il dono di risarcimento pos
siede),
4/ In una situazione di 'sm si suppone chiara
mente che, subentrando unobbligazione e una re
sponsabilit (civile) per un danno arrecato, si pon
gono nello stesso tempo le premesse per la restau
razione di una situazione turbata. Il termine ha
perci carattere teologico, in quanto la responsabi
lit delluomo espressione, causa o conseguenza
di un giudizio o modo dagire divino, a cui si ri
ferisce in quanto situazione umana o compito da
assolvere. Ci direttamente verificabile nei casi
in cui vengono lesi i privilegi di Jahwe (p.e. in
campo cultuale), e si verifica implicitamente an
che quando viene colpito il campo di valori sog
getto a Jahwe, arrecando un danno ad elementi
del mondo od agli uomini. 11 fondamento di que
sta qualit teologica di 'sm sta nella concezione se
condo la quale lobbligazione che luomo contrae
ha fondamentalmente e sempre un riferimento a
Dio. Di conseguenza ogni risarcimento anche un
esercizio di responsabilit di fronte a Dio. Anche
qui dunque non possibile distinguere fra una
concezione religiosa ed una concezione secolare
delle situazioni di 'sm.
Perci 'sm viene sollecitato da Dio o annunciato perch
il giusto oppresso (Sai 5,11; 34,22s.),o perch violato
il diritto di cui Jahwe custode (Ez 22,4; 2Cron 19,10;
cfr. v. 5-9). Oppure fobbligazione a cui sono tenuti i ne
mici di Dio ha per conseguenza lintervento divino (Sai
68,22). Secondo Num 5,6s. si contrae responsabilit
verso la persona danneggiata o verso i suoi parenti o, nel
caso che non ce ne siano, di fronte a Dio, in base alla
convinzione che una violazione del diritto nei confronti
degli uomini una trasgressione nei confronti di Dio.
Lev 5,14-16.21-26 dichiara responsabile davanti a Dio
nel senso pi vasto chi viola il diritto contro il prassi am

'sm OBBLIGAZIONE

224

mo, oltre ad imporgli lonere di risarcire il danno alla


parte lesa.
I fratelli di Giuseppe si considerano in una situazione di
debito per il loro delitto nei confronti di Giuseppe (Gen
42,21). Secondo ISam 6,3 'sm deve portare la salvezza e
far conoscere il motivo delle condanne di Jahwe.
In questo senso quindi sm conseguenza dell1infedelt
allalleanza (Is 24,6) o della defezione da Jahwe (Os, spe
cialmente 14,1; Ger 51,5). E direttamente visibile di
viene Fobbligazione quando sono violati i privilegi di
Jahwe e ci che consacrato a Jahwe, come p.e. Israele
(Ez 25,12; Ger 50,7; Zac 11,5), un membro del popolo
(2Cron 28,13), la propriet del tempio o dei sacerdoti (Ez
40,39; 42,13; 44,29; 46,20), o una speciale legge religiosa
(Esd 10,19).

vece riscontrare alcune tendenze particolari. In


complesso il termine attestato 45x (Sai 26x, Prov
8x, inoltre Deut 33,29; IRe 10,8.8 = 2Cron 9,7.7;
Is 30,18; 32,20; 56,2; Giob 5,17; Eccle 10,17; Dan
12,12; oscer lx, vd. sp.): 38x nella forma asr, 6x
con suffisso plur. e lx con suffisso sing. (Prov
29,18).
Poich la maggior parte dei passi in questione si
trova nei salmi, bisogna determinare il genere let
terario di questi ultimi. di qui infatti che di
pende essenzialmente il problema (controverso
negli studi recenti) dellorigine e del carattere di
'asr.

5/ I LXX hanno tradotto 5sm con almeno 16


termini diversi. Il pi frequente, usato per circa la
met delle ricorrenze (per lo pi in Lev, Num e te
sti affini) TCXYjfjLfjiXeia trasgressione (rrXTjfx(xeXcw e sim., mai usato nel NT); seguono
oqi,apTLot (^apravo)), ayvoLoc e altri termini si
gnificanti mancanza . Per conseguenza nei
LXX sparito in linea di principio il valore uni
tario di 'sm, che stato sostituito da una moltepli
cit di significati che si riallacciano a concezioni
del tutto diverse e disparate. Ci va tenuto pre
sente anche se nei LXX si riconoscono strati che
vanno attribuiti a tradizioni diverse e anche se
TtX-qjj^XELa il termine pi usato.Inoltre-prescin
dendo solo in parte da gruppi di testi relativa
mente ristretti (Lev/Num)- non si ha alcuna coe
renza nella traduzione, neppure per quanto ri
guarda le prospettive fondamentali. Queste anzi
sono state sopraffatte da una concezione inerente
ai termini greci. Col passaggio alfambiente grec
andato perci sostanzialmente perduto quello
che il contenuto specifico del termine 'sm.
R.Knierim

Risulta che la formula stereotipa con 1asr tipica dei


salmi cosiddetti sapienziali (Sai 1; 32; 34; 106; 112; 127;
128; cfr. Gunkel-Begrich 392; S.Mowinckel, SVT 3,
1955, 213; Sellin-Fohrer 308ss.) o pu comparire negli
elementi sapienziali di altri salmi (cfr. Sai 94; 119; inoltre
Sai 2,12b e il v. 10). Riguardo al verbo, 3 passi su 9 pos
siedono un carattere sapienziale (Giob 29,11; Prov 3,18;
31,28; cfr. 41,3Q). Gi per questo fatto si dimostra di va
lore limitato l'ampia ricerca di E.Lipnski, Macarismes et
psaumes de congratulation, RB 75, 1968, 321-367, che
vuole provare soprattutto in base ai passi dei salmi l'ori
gine cultuale della formula con 'asr (vd. anche st. 4).

- i t i # ysr

pi. PROCLAMARE BEATO

1/ Il pi importante tra i termini che derivano


da 'sr II, i quali nellambito linguistico hanno di
verse corrispondenze senza che se ne possa con
questo individuare letimologia (cfr. HAL 94-96;
Zorell 87; W.Janzen, HThR 58, 1965, 216; J.Barr,
The Semantics of Biblical Language, 1961,116),
costituito dalla forma nominale 4aste che per lo
pi inteso come uno st. cs. plur di un supposto
'dscer felicit, salvezza (cfr. per Joon 215;
J.A.Soggin, ThZ 23, 1967, 82). II derivato 's&r
felicit attestato una sola volta (Gen 30,13;
cfr. HAL 95b; inoltre WUS nr. 458; neopun. sr !b
" gioia del cuore(?) KAI nr. 145, r. 11). Le co
niugazioni verbali della radice sono solo il pi. e il
pu., che vengono in genere interpretati come de
nominativi di 'asr (cfr. D.R.Hiliers, Delocutive
Verbs in Biblical Hebrew, JBL 86,1967,320-324).
2/ Mentre la distribuzione del verbo poco ca
ratteristica (pi. 7x, pu. 2x), in asr si possono in
225

i m 'sr pi. PROCLAMARE BEATO

3/ a) Il significato primario del pi., che da in


tendersi in senso estimati vo-dichiarativo, pro
clamare beato (p.e. GB 73; HAL 94a; Jenni, HP
41.270). Verbi paralleli sono talvolta d hi. ren
dere testimonianza (lodando) (Giob 29,11) e hi!
pi. elogiare (Prov 31,28; Cant 6,9). Con il
verbo, che come le forme nominali si riferisce solo
a persone (mai tuttavia a Dio, cfr. G.Bertram,
ThW IV,368 = GLNT VI,985) si esprime una
connotazione predicativa di contenuto positivo, la
cui portata chiarita e motivata o con il contesto
o con altri dati (p.e. con una proposizione intro
dotta da kt, Mal 3,12).
b) La beatitudine espressa con il nome unito a
suffissi e soprattutto con 'asr ripetuto pi volte,
conferma quanto s ricava dal verbo, ma al tempo
stesso rivela unapplicazione pi diffusa quantun
que assai stereotipa.
La forma con il semplice 'asr viene posta sempre alf ini
zio; io stesso avviene abitualmente anche per le forme
con suffisso (in Prov 14,21; 16,20; 29,18 la forma con
suffisso posta per alla fine). In IRe 10,8 = 2Cron 9,7;
Sa! 144,15 si riscontrano ripetizioni in parallelo, mentre
in Sai 32,ls.; 84,5s.; 119,ls.; 137,8s.; Prov 8,32.34 si tro
vano raddoppiamenti (cfr. ICKoch, Was ist Formgeschichte?, 1964, 8.104): tutto questo indica che si tende
a formare delle serie (le quali prevalgono per soltanto
negli scritti pi recenti, cfr. C.A.Keller, FS Vischer 1960,
89). La forma molto spesso unita sintatticamente ad
un nome: 'dm (Sai 32,2; 84,6.13; Prov 3,13; 8,34;
28,14) e **ns (ls 56,2; Giob 5,17) uomo , 7s (sing.:
Sai 1,1; 112,1; plur.: IRe 10,8 = 2Cron 9,7)egere/(Sal
34,9; 40,5; 94,12; 127,5) uomo , gj (Sai 33,12) e *am
(Sai 89,16; 144,15.15) popolo, i suoi figli (Prov
20,7), i tuoi servi (IRe 10,8 = 2Cron 9,7), gli uo
mini di integra condotta (Sai 119,1), ed unita anche
ad un part. (sing.: Sai 32,1; 41,2; 128,1; Dan 12,12; plur.:
Is 30,18; Sai 2,12; 84,5; 106,3; 119,2), oppure ad una pro

226

posizione relativa che costruita asindeticamente con


limpf. (Sai 65,5; Prov 8,32; cfr. BrSynt 144), oppure in
trodotta da sce- e limpf. (Sai 137,8.9) o ha la forma di
una proposi2 ione nominale (Sa! 146,5). La beatitudine
deirindividuo (opp. del gruppo) viene caratterizzata e
motivata nel suo contenuto attraverso questo sviluppo
letterario.

Talvolta si rivolge direttamente la parola a coloro


che sono proclamati beati (Deut 33,29; Is 32,20;
Sai 128,2; Eccle 10,17: forme con suffisso; cfr. Mal
3,12 con il verbo). Anche se in alcuni casi po
trebbe trattarsi di un augurio (cfr. Gen 30,13; an
che Sai 127,3-5; 128; cfr. ThW IV,369,46-48 =
GLNT VI,990), in generale la beatitudine non va
caratterizzata come un saluto o come un augurio
di felicit (cfr, H.Schmidt, ThStKr 103,1931, 141 150; pare troppo imprecisa la definizione: forma
che sta a met strada tra la dichiarazione e lesorta
zione, e che assume le caratteristiche del
linno , data da Gemser, HAT 16,29, seguendo
W.Zimmerli, ZAW 51, 1933, 185n i l .ihi.nuu
ne va piuttosto intesa come un detto che pro
clama la salvezza (cfr. Fohrer, KAT XV I,152; an
che Kraus, BK XV,3, con riferimento a M.Buber),
esaltando con la lode un uomo (o un gruppo di in
dividui) a motivo della sua condizione di salvezza
che Io rende beato, e additandolo ad esempio
(funzione esortativa); tale proclamazione potrebbe
ispirarsi a motivi sapienziali, ma anche a motivi
strettamente religiosi.
4/ Dal lato teologico importante il fatto che
questi due motivi non vengano contrapposti,
come se si identificasse la sapienza con un
ideale di vita sapienziale puramente profano ,
ma al contrario si sottolinei il carattere religioso
della sapienza (cfr. Zimmerli, GO 303; Ch.Kayatz,
Studien zu Proverbien 1-9,1966, 51s., dove si cita
materiale eg., e soprattutto si veda J.Dupont,
Batitudes gyptiennes, Bibl 47, 1966, 185
222). Cos la condizione di salvezza che rende
beati pu essere di diversi tipi e pu riferirsi p.e.
allavere figli, bellezza e gloria, al trovare la sa
pienza. al perdono dei peccati o alla fiducia in Dio
(altri esempi in G.Bertram, ThW IV,368s. =
GLNT VI,987s.). In generale comunque neces
sario che Puomo proclamato beato non trasgredi
sca i comandamenti d Dio, ma si faccia guidare
da essi (cfr. Wildberger, BK X,182); necessario
altres che la condizione di salvezza manifesti
chiaramente agli altri la benedizione concessa o
sperata da Dio (cos W.Janzen, l.c., 218ss., contro
S.Mowinckel, Psalmenstudien V, 1924, ls.54, ed
altri autori che fondandosi sulPaspetto cultuale
identificano praticamente 'aste con la radice brk,
intendendo lespressione come una specie di bene
dizione: questa interpretazione non sembra per
giustificata; cfr. anche J.Dupont, Les Batitudes,
M958, 321ss.). La sapienza teologica e la piet
possono anche venir accentuate in quanto si d
importanza alla legge (cos in particolare Sai 1; cfr.
anche Sai 119,Is.; Prov 29,18b). In Sai 1 e
nel lespressione di tono apocalittico di Dan 12,12
227

si parla della salvezza contrapposta alla danna


zione e alla rovina quando Dio sorge con la sua
forza.
5/ Nei LXX, che ancora si basano fondamen
talmente sul modello dellAT, e nel NT, dove il
termine riferito in gran prevalenza alla singo
lare gioia religiosa che viene alluomo dalla parte
cipazione alla salvezza del regno di Dio
(F.Hauck, ThW IV,369s. = GLNT VI,990), gli
equivalenti greci di sr sono quasi sempre le voci
fxaxptoq,
e
Da un
punto di vista formale le serie (macarismi) si tro
vano soprattutto negli scritti pi recenti (cfr. Eccli
25,7-11; Mt 5,3-12; Le 6,20-23; - hj). Cfr.
F.Hauck-G.Bertram, art. (i-aotpioc;, ThW IV,
365-373 (= GLNT VI,977-1000); J.Dupont,
Les Batitudes, 21958; A.George, FS Robert 1957,
398-403; K.Koch, Was ist Formgeschichte?, 1964,
7_9.46-49.64-67.247s.; W.Kser, ZAW 82, 1970,
225-250.
M.Scebo

flK 'e t CON - D7 'im .


a

HnK 'ih VENIRE - 102 b \


I

112 bgd COMPORTARSI INFEDEL


MENTE
1/ La radice bgd comportarsi infedelmente
finora stata rinvenuta fuori delfebr. solo nel dia
letto arab. di Datinah (C.Landberg, Etudes sur les
dialectes de lArabie Meridionale, II, 1905, 365s.;
Glossaire Datmois, I, 1920, 135), dove assume la
forma bagada ingannare, abbindolare .
Quanto alla connessione supposta, p.e. da Gesenius,
Thesaurus 177; Landberg, l.c., fra la radice bgd e bogced
vestito, mantello (215x nellAT) oppure Parab. bigadt
bu'gd>da cui si ricaverebbe il senso fondamentale tecte
agere , si pu dire soltanto on hsite con PJoiion,
Mlanges de la facult orientale de Beyrouth 6, 1913,
171. bcegced vestito dovrebbe essere un nome prima
rio e pertanto non se ne terra conto qui.

Come derivati si hanno il sostantivo bcegced in


fedelt (Is 24,16; Ger 12,1 nella figura etimolo
gica bgd bcgced), il participio plurale astratto bgedt mancanza di fedelt (Sof 3,4 nellespres
sione 'anse bgedt uomini dellinfedelt ; se
condo Gemser, HAT 16,113, anche Prov 23,28 bgedlm inganno ) e lagg. bagd infedele (Ger
3,7.10, interscambiabile col part. att. bgd).
2/ Il verbo si trova nellAT 49x, e solo al qal. 30
casi sono negli scritti profetici (aggiunte postesiliche in Is lOx, Dtis 2x, Ger 9x, Os 2x, Ab 2x, Mal
5x), 10 casi in Prov (9x) e Giob (lx), 6 in

i:2 bui COMPORTARSI INFEDELMENTE

228

Sai (5x) e Lam ( lx), un caso in Es, Giud e ISam.


Insieme con le 5 ricorrenze delle forme nominali
sopra citate, risultano in totale 54 attestazioni; di
esse 35, cio circa il 65%, si trovano nelle sezioni
profetiche.
Il verbo ricorre 35x in forma assolutaci cui 23x al part.)
e 14x (compreso Sai 73,15 txt em) con be e la persona
verso cui si manca di fedelt (Jahwe in Ger 3,20; 5,11;
Os 5,7; 6,7; negli altri casi persone umane: donna 4x,
membri della stessa stirpe 3x, popolo straniero 2x, re lx).
Non si pu supporre una costruzione con min in Ger
3,20, poich min va tradotto qui con a causa (contro
S.Porubcan, Sin in th OT, 1963, 61, il quale cita anche,
inesattamente, una costruzione con 'et).

3/ a) Il valore sematico di bgd devessere rica


vato dallAT stesso, dato che il parallelo arab. ri
cordato sotto 1 non fornisce alcuna indicazione. Se
si parte dai passi (che sono presumibilmente i pi
antichi) Es 21,8; Giud 9,23; ISam 14,33, e se di
qui si tracciano alcune linee di derivazione, si pos
sono individuare anzitutto per luso della radice
tre ambiti: il primo di questi potrebbe essere lori
ginario Sitz im Leben , mentre il secondo e il
terzo sono ambili primari di utilizzazione, ma in
essi la radice ha gi un senso traslato.
Segue poi un ampliamento in due ambiti secon
dari, uno pre-teologico ed uno specificamente teo
logico; questa distinzione tuttavia viene fatta per
amor di chiarezza ma non comporta alcuna reale
differenza di contenuto.
Abbiamo cos la seguente divisione: ambito del di
ritto matrimoniale (3b), ambito politico (del diritto in
ternazionale) (3c), ambito cultuale (del diritto sa
cro) (3d), ambito sociale (3e), ambito specificamente
teologico (4a-d).

b) In Es 21,8 bgd be in stretta relazione con uno


stato di diritto instaurato da un rapporto matrimo
niale nellambito della legge sugli schiavi. Una
schiava destinata at matrimonio, la quale ha ac
quistato in tal modo almeno in una certa misura
i diritti di una moglie (Noth, ATD 5,144), se
non piace pi al marito, non pu esseTe venduta
ad uno straniero. Il verbo significa pertanto
comportarsi contro lobbligo richiesto daliordinamento legale o imposto da un rapporto di lealt
che si instaurato . La traduzione comportarsi
infedelmente deve sottolineare che si tratta di
un reato commesso non tanto sul piano dei sen
timenti, quanto sul piano del comportamento
obiettivo.
Se, partendo da questo testo, si prosegue sulla linea del
diritto matrimoniale, bisogna citare Mal 2,14.15 (per v.
10.11.16 vd, st. 3e), dove bgd si riferisce al divorzio (v:
16 slh pi.) e viene definito giuridicamente con 'scet berJtck donna del tuo contratto matrimoniale (Horst,
KAT 14,268), di cui testimone Jahwe (v. 14); Prov
23,28* dove bgedm usato assieme alla prostituta e
alla forestiera (= moglie di un uomo forestiero) in
dica senzallro gli adulteri; Lam 1,2, dove la donna
infedele abbandonata immagine di Gerusalemme pian
tata in asso da quelli che erano stati i suoi alleati. Si
passa cosi al contesto politico (vd. st. c).

229

T hvd COMPORTARSI INFEDELMENTE

c) In Giud 9,23 bgd rientra nellambito politico


(del diritto intemazionale): designa il ribellarsi
dei sichemiti ad Abimelech.
Nella stessa linea si trovano, oltre a Lam 1,2 (vd. sp. b),
I passi di Is 21,2 (ribellione dei vassalli babilonesi contro
Babilonia); 33,1; Ab 1,13; 2,5. Nei tre ultimi passi citati
bgd, nel suo senso appropriatamente ampliato e traspo
sto, stalo applicato alla politica imperialista delle grandi
potenze straniere, la quale disprezza tutte le limitazioni
imposte dal diritto intemazionale, cosicch l'empio (r
sa*) divora il giusto (sctddq) (Ab 1,13). degno di
nota il fatto che Is 33,1 guai allinfedele contro cui non
stala usala infedelt venga interpretato addirittura
nel v. 8 con egli ha infranto il patto . La potenza de
gli uomini deve essere considerata come dissolta da
Dio..., quando essa intacca il diritto, in certo qual
modo infedele ad un patto (bgd), opprimendo brutal
mente per accrescere la propria potenza... (Horst, HAT
14,177).
;

d) In ISam 14,33 bgd, in parallelo con fa' man


care, indica che la trasgressione della legge ri
tuale di Lev 7,26s.; 17,10ss. (proibizione di man
giare il sangue) considerata un reato cultuale
(del diritto sacro).
Qualcosa di simile si ha anche in Sai 78,57, come mostra
il confronto con il v. 58 ( alture , idoli ). Se, com
probabile, in Sof 3,4 sono i profeti del culto che vengono
rimproverati con le parole 'anse bgedl uomini
dellinfedelt , allora anche in questo testo si riscontra
lo stesso significato del termine.

e) Trasposto nel campo ancora pre-teologico


della fedelt verso la comunit, richiesta dalle
strutture sociali basate sulla creazione e sulla na
tura, bgd compare in Ger 12,6 (famiglia), Giob
6.15 (membri della stessa stirpe), Mal 2,10.11.16
(fraternit dei figli di Dio) e nei Proverbi. In Sai
73.15 esso significa tradimento nei confronti della
comunit dei giusti (v. 1), i quali in Sai 25,3 in
quanto sperano in Jahwe sono lopposto dei bgedim rqm, gli insensati infedeli . Prov 25,19
collega il bgd alla falsa testimonianza (v. 18).
4/ a) Luso specificamente teologico del ter
mine compare quando bgd be in relazione a
Jahwe (Ger 3,20; 5,11; Os 5,7; 6,7), e inoltre
quando il verbo, spesso al participio, viene utiliz
zato senza oggetto (o con oggetto interno) con di
retto riferimento alla relazione con Dio (ISam
14,33; Is 24,16; 48,8; Ger 3,8.11; 12,1; Sai 25,3;
78,57; 119,158), e quando viene utilizzato lagget
tivo bgd (Ger 3,7.10).
b) La linea del diritto matrimoniale viene ap
plicata al rapporto con Dio in Ger e Os, Poich ci
si riferisce allideologia dellalleanza, le espressioni
parallele sono sub m'ahar allontanarsi da ,
znh fornicare , nj) commettere adulterio , e
le espressioni opposte sono sub 'cel ritornare a ,
'th le venire (tornare) a yyjd' &t-Jhwh (rico
noscere Jahwe . Se Mal 2,10-16 usa i due termini
bgd e bert tra loro collegati, sia in riferimento al
patto matrimoniale sa in riferimento al patto con
Jahwe (v. 10.14), bisogna tener presente che tale
uso era gi praticato molto tempo prima, come
230

mostrano Os 6,7 {bgd beJhwh e 'br berlt violare


il patto si spiegano a vicenda) e Ger 3,8 (il li
bello di ripudio presuppone lidea del contratto
matrimoniale ).

steggiare o sim.; arab. b'a tornare indietro );


Taram. usa 'th per venire e 7/ per entrare
(ambedue sono aramaismi in ebr., cfr. Wagner nr.
31s. e 219s.).

c) Nei passi rimanenti bgd si riferisce maggior


mente a norme e ordinamenti che riguardano la
giustizia e la fedelt verso la comunit: mispt
(-spt\ Is 33,1.5; Os 5,1.7; 6,5.7; Ab 1,12.13), sedq ($dq\ Is 33,1.5; cfr. lopposto $addq in Is
24,16; Ab 1,13; 2,4.5), '*mn {mn\ Ger 9,1.2;
Ab 2,4.5) e -hczsced{Os 6,4.6.7; Giob 6,14.15). In
parallelo al part. bgd si ha qui lagg. rasi
Ger 12,1; Ab 1,13). Un parallelo importante
inoltre la radice ps' romperla con (R.Rnierim,
Die Hauptbegriffe fur Sunde im AT, 1965,
113ss.), che interpreta in Is 48,8b il bgd tibgd
del v. 8a, in Is 24,20 il bf dim bgd ubcgced
bgedm bgd del v. 16. Lipotesi secondo cui
nei passi citati in 4c soprattutto la linea politica
che stata applicata al rapporto con Dio, viene raf
forzata da questo accostamento a ps\ che designa
spasso anche la defezione politica.

In Mari lacc. b'u ha il significato di venire come nel


semO. (AHw 117b; CAD B 181).
Lug. ba corrisponde nel suo significato allebr. b
(WUS nr. 487; UT nr. 453). In fen. pun. oltre al qal
(DISO 32) sembra attestato anche lo jif. (KAI nr. 5t r. 1;
nr. 81, r. 4), nonch il sost. mb tramonto (del sole)
(DISO 141).

In ebr. si hanno le seguenti forme nominali: mb'


e mb entrata , tebu' guadagno e una
volta bV entrata (forse prst. acc., HAL102a).
2/ Dopo ymr dire , hjh essere e Lsh ese
guire, fare il verbo b' il quarto per numero di
ricorrenze nellAT ed il verbo di movimento che
compare pi spesso (hlk andare al 6 posto
dopo ntn dare ):
*

qal
168
78
30
69
84
54
87
143
133
96
128
102
159
131
11
7
10
4
5
10
l
6
2
5
18
7
70
47
31
18
5
12
7
29
33
13
29
46
109
1997

hi.
46
45
44
22
22
5
8
27
15
18
19
21
52
57

ho.
3
1
7

tot.
217
124
81
91
106
59
95
170
148
114
152
123
213
191
11
8
13
4
5
11
1
6
3
8
22
10
79
51
34
18
10
15
10
37
43
17
49
62
159
2570

K13 b VENIRE

Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Gioe
Am
Abd
Giona
Mi
Nah
Ab
Sof
Agg
Zac
Mal
Sai
Giob
Prov
Rut
Cant
Eccle
Lam
Est
Dan
Esd
Neem
lCron
2Cron
AT

1/ Il verbo b entrare, venire ha corrispon


denti nella maggior parte delle lingue sem., a volte
per con significati un po diversi (acc. b'u co

Nella lista sono compresi i passi con il nome di luogo


L eby H'mat ingresso di Camat (1 lx; cfr. M.Noth,
ATD 7,93.216; id., BK IX,192; K.Elliger, BHH 11,630),
come pure Gen 30,1 IQ, ma non Giob 22,21 -

d) Dal punto di vista della storia delle forme de


gno di nota il fatto che la maggior parte dei passi,
in cui ricorre il termine compaiano nella sezione di
accusa dei giudizi profetici, e talvolta anche nelle
parole di minaccia o nel lamento. Cosi pure il ter
mine compare in Sai e in Lam, dove si ha lamento
e accusa. Il fatto che la radice bgd appartenga alla
sfera giuridica, ha permesso ai profeti di servirsene
per manifestare con laccusa la defezione del po
polo.
5/ Luso del part. di bgd a Qumran per desi
gnare in maniera specifica i figli delle tenebre
= gli apostati sulla stessa linea dellAT. in
teressante porre in parallelo di bwgdjm (CD 1,12;
6Q 3,13 = DJD 111,140) con scrcet bgedm di
Ger 9,1: ambedue le espressioni significano pi o
meno assemblea di infedeli .
Dato che nei LXX OeTw e <ruv0T<ij sono
le traduzioni che come senso si avvicinano di pi
a bgd (accanto ad esse talvolta avocai, pcaTaXe7u.j e, un po pi spesso, capavo
negli crivOsTot di Rorn 1,31 si possono ritro
vare benissimo i bgedm , e in Le 10,16 chi ri
fiuta me(0eT<ov), rifiuta (OeTei) colui che
mi ha mandato si pu vedere Pinterpretazione
che il cristianesimo primitivo ha dato allespres
sione bgd beJhwh delPAT.
M.A.Klopfemtein

13

231

bad

ESSERE SOLO -

n r\ K
T V

'chd.
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2
3

1
3

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3
3
8
10
4
20
16
48
549

2
24

N-D b VENIRE

232

I nomi ricorrono: mb* 23x (Ez 5x), mba 2x


(2Sam 3,25Q; Ez 43,11), teb' 43x (incluso Giob
22,21; 1lx in Lev di cui 9x in Lev 25, 8x in Prov,
6x in Deut) e bV lx (Ez 8,5).
3/ 1 molteplici usi del verbo non possono essere
esposti qui per esteso. I lessici (cfr. GB 86-88; Zorell 98-100; HAL 108-110) suddividono i sensi del
verbo in due parti principali, secondo i due valori
fondamentali entrare (opposto j$' uscire )
e venire (opposto hlk andare ), e vi acclu
dono poi alcuni valori meno frequenti ( andare ,
ritornare ecc.) con le varie espressioni da essi
formate.
.
In HAL 109a si deve collocare sotto il significato
entrare anche la proposizione che ha per sog
getto scemces sole nel significato di tramon
tare Gen 15,12.17; 28,11; Es 17,12; 22,25; Lev
22,7; Deut 16,6; 23,12; 24,13.15; Gios 8,29; 10,27;
Giud 19,14; 2Sam 2,24; 3,35; IRe 22,36; Is 60,20;
Ger 15,9; Mi 3,6; Eccle 1,5; 2Cron 18,34; cfr. hi.
far tramontare Am 8,9; nfb' hasscmces tra
monto del sole, occidente , Deut 11,30; Gios 1,4;
23,4; Zac 8,7; cfr. Mal 1,11; Sai 50,1; 104,19; 113,3;
con lo stesso valore anche Vb IV con il sost.
maiarb, cfr. acc. erbu).
II significato pi generale si adatta anche alle espressioni
eufemistiche, come Quella di Gen 15,15 andare presso
i padri = morire e la frase frequente entrare da
una donna = giacere insieme (Gen 6,4; 16,2.4; 19,31;
29,21.23.20; 30,3.4.16; 38,2.8.9.16.16.18; Deut 21,13;
22,13; 25,5; Giud 16,1; 2Sam 3,7; 12,24; 16,21.22; Ez
17,44; Sai 51,2; Prov 6,29; ICron 2,21; 7,23; similmente
anche in arab. e in ug., cfr. WUS nr. 487 con riferimento
a 761= IV ABI n,21s.).

Il significato venire presenta moltissime varia


zioni La combinazione, con valore di formula, tra
bd Qjs ( venire e andare , uscita ed entrata )
stata studiata da J.G.PIoger, Literarkritische,
fonngeschichtliche und stilkritische Untersuchungen zum Deut, 1967, 174-184, il quale
conclude che questa formula non ha uno spe
cifico Sitz im Leben (cfr. Deut 28,6.19;
31,2; Gios 6,1; 14,11; ISam 18,13.16; 29,6; IRe
3,7; 15,17 = 2Cron 16,1; 2Re 11,8 = 2Cron 23,7;
2Re 19,27 = Is 37,28; Sai 121,8; 2Cron 15,5;
cfr. acc. erbu e as, CAD E 263; HAL 109b
con bibliogr.).
Accanto al valore spaziale troviamo non di rado
anche il valore temporale di venire , non solo
jm giorno,
con espressioni di tempo (p.e.
come nella formula con cui i profeti iniziano i loro
discorsi hirin jmm b'Tm ecco, vengono
giorni in ISam 2,31; 2Re 20,17 = Is 39,6; Ger
7,32; 9,24; 16,14; 19,6; 23,5.7; 30,3; 3U7.31.38Q;
33,14; 48,12; 49,2; 51,47.52; Am 4,2; 8,11; 9,13),
ma anche per eventi gi annunciati che avven
gono, si compiono (cfr. Deut 13,3; 18,22;
28,2.15.45; 30,1; Gios 21,45; 23,14 15; Giud 9,57;
13,12.17; ISam 9,6; 10,7.9; Is 5,19; 42,9; 48,3.5;
Ger 17,15; 28,9; Ab 2,3; Sai 105,19; Prov 26,2).
Una forma sostantivata habb't gli eventi fu
233

Nin bd1 VENIRE

turi (Is 41,22; cfr. h'tijjt Is 41,23; 44,7, da th


venire ).
A volte in testi poetici (soprattutto nel Deuteroisaia e in
Giobbe) si trova come sinonimo di b1 lequivalente
aram. 'th q. venire ( 19x) e hi. portare (2x). Per Is
21,12 cfr. C.Rabin, FS Rinaldi 1967, 303-309.
Laram. 7h venire si trova in q. 7x, in ha. 7x con il
valore portare e 2x con il valore esser condotto .

a) In circa 40 passi si parla di un venire


di Dio in maniera ben precisa (cfr. G.Pidoux, Le
Dieu qui vient, 1947; F.Schnutenhaus, Das Kommen und Erscheinen Gottes im AX, ZAW 76,
1964, 1-22; E.Jenni, FS Eichrodt 1970, 251-261).
Possiamo distinguere forse tre tipi: quello del Dio
che viene a rivelare, di cui parlano antiche narra
zioni, quello della venuta che si inquadra nel culto
o nel tempio, e quello della descrizione teofanica
quale si trova negli inni o nei testi profetico-escatologici.
Un gruppo a s costituiscono i passi delle antiche
narrazioni, in cui viene Dio stesso e non, in una
forma pi mitigata, il messaggero di Dio (Giud
6,11; 13,6.8.9.10; cfr. Gios 5,14), anche se ci si
verifica, come nellElohista, soltanto durante il so
gno notturno (Gen 20,3 presso Abimelech; 31,24
presso Labano; Num 22,9.20 presso Balaam; lo
stesso nel racconto della giovent di Samuele,
ISam 3,10), oppure in forma non meglio precisata
come in Es 20,20 ( venuto per mettervi alla
prova ; cfr. Deut 4,34 dove bd ha parimenti solo
una funzione sussidiaria rispetto al verbo che se
gue), o, come nello Jahwista, nella nube (Es 19,9,
J secondo W.Bayerlin, Herkunft und Geschichte
der altesten Sinaitraditionen, 1961, 14; secondo
Noth, berlieferungsgeschichte des Pentateuch,
1948, 33, si tratta invece di unaggiunta di stile
dtr.).
Il secondo gruppo molto vario: nella legge
sullaltare di Es 20,24 ( verr a te e ti benedir )
si suppone che Dio venga durante unazione cul
tuale. Per i filistei Dio venuto con larca nelPaccampamento (ISam 4,7). Un venire o un entrare
di Dio collegato al culto anche in Sai 24,7.9,
nella processione deJParca. Infine, secondo .Ez
43,2.4; 44,2, Dio ritorna nel nuovo tempio.
11 gruppo dei passi pi significativi da un punto di
vista teologico riguarda le epifanie o le teofanie
(C.Westermann, Das Loben Gottes in den Psalmen, 1953, 65-72; J.Jeremias, Theophanie, 1965);
qui b9compare spesso, anche se non come voce
predominante (cfr. /s jrd,
jp Khi.). 11 genere
molto articolato delle teofanie non dipende se
condo Jeremias (l.c., 136-164) da motivi extrabi
blici (diversamente Schnutenhaus, l.c., 4,6) per
quanto riguarda il suo primo elemento, cio la de
scrizione della venuta di Jahwe dal luogo dove ri
siede (Deut 33,2, dal Sinai; cfr. Sai 68,18b txt em;
Ab 3,3, da Teman). Il suo Sitz im Leben ori
ginario va cercato nelle celebrazioni di vittoria da
parte dellesercito dIsraele, le quali volevano esal
tare a questo modo laiuto di Jahwe al suo popolo

4/

234

nella guerra santa. Da questo contesto il motivo


passato negli inni e poi anche negli oracoli con cui
i profeti annunciano castigo o salvezza; Jahwe non
viene solo dal Sinai, ma, secondo le varie conce
zioni sul luogo di residenza di Jahwe, egli viene
ora anche da Sion (Sai 50,3; cfr, v. 2), da lontano
(Is 30,27 il nome di Jahwe), e persino dal nord (Ez
1,4, cfr. Zimmerli, BK XIII,51s.; cfr. anche Giob
37,22 txt em, th dello splendore di Dio); oppure
il luogo non indicato (Is 40,10; 59,19s.; 66,15;
Zac 14,5, cfr. 2,14; Mal 3,ls.24; cfr. anche Is 19,1
Jahwe viene in Egitto). In Sai 96,13 = lCron
16,33; Sai 98*9 la teofania, che viene solo accen
nata, unita al motivo della venuta per il giudizio.
In tutti questi passi b' testimonia sempre linter
vento potente di Dio nella storia.
In Is 3,14

bemtsp( 'im entrare in giudizio con ;

cfr. Sai 143,2; Giob 9,32; 22,4; H.J.Boecker, Redeformen


des Rechtslebens im AT, 1964, 85) e Is 50,2 ( per qual
motivo non c nessuno, ora che io sono venuto? ; cfr.
Is 41,28) si hanno precise espressioni giuridiche e non si
parla quindi di un venire ne! senso della teofania; cfr. 'th
in Dan 7,22.
In Os 6,3 verr a noi come la pioggia >il verbo dipende
solo dalla metafora. In Os 10,12, come in Zac 2,14 (cfr.
sopra a proposito di Es 20,20; DeuL 4,34), b' ha solo la
funzione di verbo ausiliare che introduce lazione se
guente.

b) Il verbo bo ha una certa importanza nella profe


zia messianica di Zac 9,9 ecco, a te viene il tuo re ,
mentre Gen 49,10 ( finch verr!?] silo ) ed Ez
21,32 ( finch non venga colui al quale appartiene
il diritto/giudizio ) restano oscuri e di difficile inter
pretazione. Cfr. anche in Dan 7,13 la venuta ('th)
dell1 uomo sulle nubi del cielo.
Tra le realt del tempo escatologico (p.e. crollo Is
30,13; vendetta e ricompensa Is 35,4; spada Ez
33,3-4.6; giorni del castigo e della punizione Os
9,7; prova Mi 7,4; ma anche in senso positivo luce
e salvezza Is 56,1; 60,1; 62,11; la sovranit dun
tempo Mi 4,8; con Uh: Ciro is 41,25) hanno un le
game con b* soprattutto q$ fine (Am 8,2;
e anche Ez 7,2-6; cfr. Gen 6,13; Lam 4,18) e jm
Jhwh il giorno di Jahwe , ed altre espressioni si
mili (Is 13,6.9.22; cfr. 63,4; Ger 50,27.31; cfr.
51,33; Ez 7,10.12. cfr. 25s.; 21,30.34; 22,3.4; Gioe
I,15; 2,1; 3,4; Sof 2,2; Zac 14,1; Mal 3,19.23).
5/ Tra i numerosi termini con cui s pu ren
dere il verbo b\ i LXX hanno scelto di prefe
renza pxeoOai,
e ^xeiv. Per bd in
relazione allattesa messianica di Qumran (1QS
9,11; CD 19,10s.; 1QPB 3) cfr. A.S. van der
Woude, Die messianischen Vorstellungen der
Gemeinde von Qumran, 1957, 58.76s. Sulla ve
nuta di Dio ( Apoc 1,4.8; 4,8), di Cristo e del regno
nel NT cfr. J.Schneider, art. eovouai, ThW
II,662-682 (= GLNT 111,913-964); id., art.
ThW 11,929-930 (= GLNT IV,61-68); K.G.Kuhn,
art. jj.apava0, ThW IV ,470-475 (- GLNT'
VI,1249-1266); A.Oepke, art. 7apo'jCTLa, ThW
V,856-869 (= GLNT IX,839-878).
EJenni
235

013 bs ESSERE SMASCHERATO


1/ Il verbo bs formato dalla radice a due lettere
*bl con vocale lunga (>) attestato soprattutto
nel semitico orientale e nordoccidentale; in aram.
si ha la trasformazione della radice concava in
quella a tre lettere bht\ cfr. Parab. bht poco atte
stato (Th. Noldeke, ZDMG 40, 1886, 157.741).
Da 605 I va distinto bs II usato al poi. (Es 32,1; Giud
5,28) che significa esitare, tardare (N.H.Torczyner,
ZDMG 70,1916, 557; cfr. HAL 112s.; i significati di bs
e bt_ ug. sono discussi, cfr. WUS nr. 597.609.610; UT nr.
532.544; Esd 8,22 in qal, daio come possibile in HAL
113a, difficilmente appartiene a bs 11).
Dobbiamo ricordare la particolarit grammaticale di bs
I che allhi. presenta una duplice forma: accanto al nor
male hbls compare il pi frequente hbl, che una
contaminazione con jbs hi. (BL 402X vd, st. 3b,

I derivati sono: bscet e busa vergogna , mebuslm


parti pudende , mentre bosn di Os 10,6 pare
una corruzione testuale (cfr. Barth 346).
2/ Il verbo attestato 129x (qal 95x, hi. 33x [hbis l lx, hbVs 22x, includendo ls 30,5Q; Gioe 1,12a
in Lis. sottojbs], hitpo. lx). Manca nel Pentateuco
ad eccezione di Gen 2,25 (hitpo.), assai raro in
prosa, poco usato nei testi sapienziali (Prov 6x
Ili.) od frequente nei profeti (particolarmente
Ger, 36x) e nei salmi (34x).
Dal TM va tolto il verbo bs in Os 13,15; Sai 25,3b (BH3);
per Is 30,5 Q /K cfr. comm.; va aggiunto in Ez 7,26 txt
em (BH1).
*

Quanto ai derivati, bscet compare 30x, bs 4x,


bosn e mebus7m (Deut 25,11) lx.
3/ a) Il significato primario di bs qal essere
smascherato in una duplice accezione: in senso
oggettivo denota la situazione di fatto (essere
annientato ), in senso soggettivo il sentimento di
colui che stato annientato ( vergognarsi ).
Lespressione ad-bs (Giud 3,25; 2Re 2,17; 8,11) una
formula stereotipa che significa fino a sparire , fino
a perdere ogni speranza o sim, (Torczyner, l.c., sup
pone qui bs II).

La gamma dei significati del verbo si riflette nelle


espressioni parallele che hanno a volte carattere
oggettivo, a volte carattere soggettivo:
k/m ni./ho. essere confuso (allorigine esser fe
rito, cfr. LKopf, VT 8, 1958, 179) Is 41,11; 45,16s.;
Ger 14,3; 17,13 txt em (BH); 22,22; 31,19; Ez 36,32; Sai
35,4, 69,7; Esd 9,6; cfr. anche Is 54,4;
hpr vergognarsi Is 1,29; 24,23; 54,4 (hi.); Ger 15,9;
50,12; Mi 3,7; Sai 35,26; 40,15; 71,24; cfr. anche Sai 35,4;
83,18;
htt essere abbattuto, essere pieno di terrore 2Re 19,26
= Is 37,27; Is 20,5; Ger 17,18 (ni.);
hwr impallidire Is 19,9 Ut em (BH>); 29,22;
silfi ni. ritirarsi Is 42,17; Sai 35,4; 40,15; 129,5;
bh) ni. essere confuso Sai 6,11; 83,18.
Si trovano inoltre attestati una volta ciascuno phd spa
ventare (Is 44,11 ), sdd pu. opp. qal pass. venir di
strutto (Ger 9,18), umlal languire, affliggersi (Ger
tZTQ bs ESSERE SMASCHERATO

236

15,9), *bd andare perduto (Sai 83,18), ks! smarrirsi


(Ger 20,11); si hanno anche espressioni di afflizione
come hph rs nascondere il capo (Ger 14,3) e nph
ncefcES esalare lanima (Ger 15,9).

Solo in pochi casi si pu isolare laspetto sogget


tivo da quello oggettivo, come quando p.e. nel la
mento personale si parla di vergogna, pentimento
(Ger 31,19; 51,51; diversamente Giob 19,3), o
quando si accenna alPannientamento del nemico
(Sai 6,11; 31,18 ecc., vd. st. 4.). 11termine opposto
per Paspetto soggettivo smh rallegrarsi (Is
65,13; Sai 109,28; cfr. ls 66,5)*
b) Nella sua forma regolare Phi. ha valore causa
tivo svergognare (con complemento oggetto
Sai 44,8; 119,31.116; 14,6 e 53,6 txt?; Prov 29,15);
in Prov 10,5; 12,4; 14,35; 17,2; 19,26 si ha il pari,
senza complemento oggetto per qualificare lo
stolto, soprattutto in contrapposizione a colui che
sa vivere bene (maskfl Prov 10,5; 14,35; 17,2;
scet hajil la donna virtuosa Prov 12,4; cfr.
lespressione parallela mahpir vituperevole in
Prov 19,26).
La seconda forma, costruita analogamente ai verbi
di prima w/j, ha quasi sempre significato transi
tivo interno, e perci vicina al qal (in Gioe
1,10.12a difficile stabilire la differenza rispetto a
jbs diventar secco ), tuttavia a volte ha anche
senso causativo: coprir di rossore 2Sam 19,6,
cfr. coprirsi di vergogna Os 2,7.
c) Lhitpo., forse usato nel senso originale dallo
Jahwista in Gen 2,25, attestato nelPambito stret
tamente personale-soggettivo ( vergognarsi luno
del laltro ).
d) 1derivati comprendono ambedue gli aspetti gi
segnalati per il verbo, cio dal disonore, infamia,
fino alla vergogna (Deut 25,11 mebus7m nel senso
concreto e specifico di parti pudende ). Voci pa
rallele sono kflimm vergogna (Is 30,3; 61,7;
Ger 3,25; Sai 35,26; 44,16; 69,20; 109,29) e hcerpa
confusione (Is 30,5; 54,4; Sai 69,20). usata
anche lespressione bscet pnm (Ger 7,19; Sai
44,16; Dan 9,7s.; Esd 9,7; 2Cron 32,21), letteral
mente pudore del viso , pressapoco rossore di
vergogna . Bscet sinonimo del nome del dio
B'al in Ger 3,24; 11,13; Os 9,10 ed pure atte
stato nei nomi personali Is bscet (2Sam 2,8),
J erubbcscet ( 11,21), M efbscet (21,8), forse anche
nel coccio di Lachis 6,6 per Bel-Marduk (H.Michaud, Sur la pierre et largile, 1958,101; cfr. HAL
158b).
Si spiega cos la vocalizzazione del nome divino Mcefcek
come Mtcek\ questa lopinione comune che risale a
A.Geiger, Urschrift und Jbersetzungen der Bibel, 1857;
divermente O.Eissfeldt, Molk als OpferbegrifT im Punischen und das Ende des Gottes Moloch, 1935.

4 / Nelluso religioso della voce laspetto sogget


tivo ha una portata limitata: al massimo compare
quando colui che si lamenta indica il suo atteggia
mento pieno di pentimento. Di grande rilievo
invece laspetto oggettivo, in primo luogo nel la
237

1H2 bhn ESAMINARE

mento contro i nemici (Sai 6,11; 35,4.26; 40,15;


70,3; 71,13.24; di qui dipende il modo di espri
mersi di Ger 17,13.18; Is 26,11): colui che si la
menta prega per lannientamento dei nemici, ma
anche per essere risparmiato dalla rovina. Quasi
sempre questa preghiera unita tematicamente
alla fiducia (Sai 22,6; 25,2s.20; 31,2.18; 69,7; 71,1).
Lorante ricorre dunque allaiuto di Dio, e ci lo
preserva dalla perdizione; poich tale aiuto non
raggiunge l'avversario, questi sar votato alla ro
vina.
Dal culto il verbo passato alla profezia; qui at
testato nel genere letterario degli annunci di con
danna (Is 1,29; 19,9; 41,11; 65,13; 66,5; Ger 15,9;
20,11; Ez 16,63; 32,30; 36,32 c^c.) rivolti contro i
popoli stranieri, ma anche contro Israele; inoltre,
il verbo usato nelle promesse di salvezza indiriz
zate ad Israele (rovina dei nemici; specialmente a
partire dal Dtis, Is 45,17.24; 49,23; 54,4 ecc.). An
che qui si conserva sempre lidea tipica delia for
mulazione dei salmi: ci che contrasta la volont
di Dio dovr perire.
Cos si spiega perch BLaf venga chiamato b
scet e perch Mcelcek riceva la vocalizzazione
suaccennata. Questi dei rappresentano la potenza
del tutto opposta a Jahwe, la quale appunto di
fronte a lui finir per apparire come una nullit in
consistente; cfr-, il termine b^ijja'al, che probabil
mente designa qualcosa di simile ( inettitudine ,
principio negativo o sim.; cfr. V.Maag, BelTja'al im AT, ThZ 21, 1965, 287-299).
5/ Nel NT ancora vivo in parte quest'uso vtrt.
del termine, uso che per deriva direttamente da
quello dei LXX; cfr. R.Bultmann, art. atnryuvct),
ThW 1,188-190 (- GLNT 1,507-514).
F.Sto/z

IPU bhn ESAMINARE


!/
bhn esaminare attestato oltre che in ebr.
anche nellaram. (pochi passi).
Data laffinit di significato si suppone un rapporto ori
ginario con larab. mhn e con la radicebhr scegliere ,
che in aram. ha pure il significato di esaminare (vec
chia bibliogr. in GB 92a), Tuttavia nell1AT bhn esami
nare e bhr scegliere sono distinti (il senso di bhr
esaminare in Is 48,10; Giob 34,4.33; ni. Prov 10,20 va
considerato di derivazione aram., cfr. Wagner nr. 38 e
id., FS Baumgartner 1967, 358s.).
I due passi citati in DISO 33 (coccio di Elefantina e Ah.,
r. 203), che attesterebbero un bhn esaminare
nellaram. imperiale, sono abbastanza incerti; il sir. bhn
pa. significa esaminare, disputare . A quanto pare bhr
non attestato nelfaram, antico.

II verbo compare al qal e al ni. Come sostantivo


si ha invece il nomen agentis bhn esamina
tore .
La pietra bhan di Is 28,16 secondo L.Kohler, ThZ 3,
1947, 390-393, di derivazione eg. e indicherebbe un
tipo di roccia ( gneiss scistoso ), mentre la traduzione

238

solita pietra scelta o pietra di paragone suppne


una derivazione dalla nostra radice (cfr. HAL 115a).
La voce b/jan di Ez 21,18 in un testo poco sicuro. Non
appartengono alla nostra radice bahun (Is 23,13) vbhan
(Is 32,14), che significano torre di guardia o sim.
(prst. eg., cfr. HAL 114a.ll5a).

2/ bhn qai compare 25x (Sa! 9x, Ger 6x, Giob


4x, altrove ancora in Zac 13,9.9; Mal 3,10.15; Prov
17,3; lCron 29,17), ni. 3x (Gen 42,15s.; Giob
34,36), bhn lx (Ger 6,27, accanto a bhn qal).
3/

a) Non si pu dimostrare che bhn al pari di


srp fondere, raffinare , il quale p.e. in Giud 7,4
e Sai 26,2 assume i significati traslati e pi generici
vagliare (uomini) e provare (i reni e il
cuore) , abbia avuto alforigine un valore speci
fico e tecnico, da cui sarebbe derivato il metafo
rico esaminare (HAL 114b). Lipotesi pu es
sere suggerita dal fatto che una volta il verbo ha
come suo oggetto P oro (Zac 13,9, par. srp con
oggetto argento ) e il processo con cui si raffi
nano i metalli preziosi pu diventare facilmente
unimmagine o una metafora del purificare, pro
vare nelPambito personale (srp par. di bhn in
Ger 6,27-30; 9,6; Zac 13,9; Sai 17,3; 26,2; 66,10;
cfr. Prov 17,3; inoltre Is 48,10 srp par. di bhr esa
minare; altri verbi in Mal 3,3; Dan 12,0).
Gli altri verbi paralleli e gli altri usi inducono ad
un significato pi generico esaminare = ricercare
(criticamente) .
bhn parallelo di jd'' (ri)conoscere (Ger 6,27; 12,3;
Sai 139,23; Giob 23,10), hqr scrutare (Ger 17,10; Sai
139,23), pqd ricercare (Sai 17,3; Giob 7,18), -~r'h
vedere (Ger 12,3; 20,12; cfr. Sai 139,24; cfr. acc. ama
ra e baru vedere e esaminare , AHw 40s.), hzh
guardare (Sai 11,4), i/m gustare (Giob 12,11;
34,3), spt giudicare (Ger 11,20) e nsh pi. tentare
(Sai 26,2; 95,9).

Gli oggetti che si esaminano appartengono sempre


alla sfera personale, ad eccezione del passo citato
Zac 13,9 (oro).
Vengono esaminati gli uomini (12x), il loro cam
mino (Ger 6,27), le loro parole (Giob 12,11; 34,3;
Gen 42,16 ni.), il loro cuore (Ger 12,3; Sai 17,3;
Prov 17,3; lCron 29,17; cfr. anche Eccli 2,5; Sap
3,6; lPiet 1,7; lb) opp. i reni e il cuore (Ger
11,20; cfr. 17,10; Sai 7,10; Ger 20,12 e Sai 26,2).
Per Jahwe come oggetto del verbo (Mal 3,10.15;
Sai 81,8 txt em; 95,9) vd. st. 4.
b) Oltre ai verbi paralleli citati sopra (~~jd\ nsh,
pqd) vanno presi in considerazione, in quanto
vengono ad avere un significato affine, alcuni altri
vocaboli che hanno per un senso inizialmente di
verso:
1) z/i pi. soppesare (Eccle 12,9; cfr. G.Rinaldi, Bibl
40, 1959, 268s.), verbo denominativo derivante da mozenqjim bilancia ;
2) bur (Eccle 9,1 txt?) e brr (Eccle 3,18; pi. Dan 11,35;
hipt. Dan 12,10; hi. Ger 4,11) significano vagliare, esa
minare partendo dalPimmagine concreta del purificare,
secernere, depurare (Ez 20,38 qal; Is 52,11 ni.);

239

3) per bhr esaminare vd. sp. 1 (in Is 48,10 lQIsa ha


bhn);
4) come derivazione di bcescer minerale aurifero
(Giob 22,24.25; cfr, F.Rundgren, OrNS 32, 1963, 178
183) in Ger 6,27 viene proposto invece di mibsr il part.
pi. mebassr raffinatore di oro (HAL 142b);
5) bqr pi. saggiare, occuparsi di, ponderare (Lev
13,36; 27,33; Ez 34,11.12; Prov 20,25) potrebbe risalire
ad un termine tecnico del culto (2Re 16,15; Sai 27,4; cfr.
HAL 144b con bibliogr.; Kraus, BK XV,224);
6) hqr investigare, esplorare (22x) in alcuni casi pu
essere tradotto anche con esaminare (p.e. in Giob
29,16: esame d un caso giuridico; hqr con soggetto
Jahwe/Dio: Ger 17,10; Sai 44,22; 139,1.23; Giob 13,9;
28,27);
7) per srp vd. sp. 3a;
8) sbr qal in Neem 2,13.15 ha il significato di esami
nare (le mura) , mentre al pi, significa sperare, atten
dere (Wagner nr. 292; cfr. lat. spedare ed exspectare);
9) tkn esaminare (Jahwe esamina gli spiriti/i
cuori/le azioni: Prov 16,2; 21,2; 24,12; ni. ISam 2,3) de
nota in altri passi qualcosa di stabile, ordinato.

4/ II soggetto delPesaminare talvolta Puomo


(Ger 6,27; Zac 13,9 nella similitudine; Mal
3,10.15; Sai 95,9; lorecchio: Giob 12,11 e 34,3; cfr.
Gen 42,15.16 ni.; con una variante testuale anche
Ger 9,6, cfr. Rudolph, HAT 12,66, e Sai 81,8, cfr.
Kraus, BK X V ,562), ma pi spesso Jahwe (tutti
gli altri passi; in Sai 11,4 i suoi occhi [e non le sue
ciglia , cfr. Dahood, UHPh 67]), in Ger 6,27;
9,6 attraverso la mediazione del suo profeta. Og
getto delPesame di Jahwe sono di regola gli uo
mini o singolarmente o in generale; poche volte si
tratta del popolo.
Nel quadro dei rapporti storici di Jahwe con il suo
popolo limmagine del saggiare e del purificare il
metallo prezioso usata da Ger 6,27; 9,6; Zac
13,9; Sai 66,10 (cfr. anche Is 48,10). Geremia, in
quanto profeta, posto come saggiatore del popolo
(6,27), ed egli si lamenta del risultato negativo
(6,27-30; 9,6). Negli altri casi in cui la salvezza si
rende visibile attraverso il giudizio (Zac 13,9 pu
rificazione della terza parte restante; Sai 66,10
inno di ringraziamento della comunit), P esami
nare assume il significato di un giudizio purificatorio.
Nella maggioranza dei casi si pensa al rapporto di
Jahwe con ciascun uomo. Nel linguaggio dei
salmi, che viene ripreso anche nelle confessioni
di Geremia, e nella letteratura sapienziale si rico
nosce in Dio colui che, quale giusto giudice, esa
mina il cuore e i reni (Ger 11,20; 12,3; 17,10;
20,12; Sai 7,10; 17,3; 26,2; Prov 17,3; lCron 29,17)
e chiede conto a ciascuno (Sai 11,4.5; 139,23;
Giob 7,18; 23,10). In Giob 34,36 Eliu ritiene
che Giobbe debba venir sottoposto alla soffe
renza delPessere esaminato a fondo (cfr. Fohrer, KAT XVI,469).
5/ Nei LXX per tradurre bhn si usa quasi sem
pre Soxi^d^eiv. Per gli scritti di Qumran e il NT
(citazioni vtrt. in ITess 2,4; Apoc 2,23) cfr. Kuhn,
i m bhn ESAMINARE

240

Konk. 30s. e W.Grundmann, art. 8 6 x 1(101;, ThW


11,258-264 (= GLNT 11,1403-1418); G.Delling, art.
cpcuvw, ThW II,653s. (= GLNT HI,885-890).
.
E.Jenni

" im bhr ELEGGERE


1/ 1/ a) La radice *bhr attestata nelle lin
gue sem, in modo irregolare. Con un senso simile
a quello dellebr. si trova soprattutto in acc. e
netlaram. pi recente (nei nomi propri anche in
amor, e antico sudarab.), mentre manca (fino
ad ora) nei testi semNO. di epoca vtrt. Il signifi
cato primario potrebbe essersi conservato molto
bene nellarab. beduino: guardare fsso (HAL
115a).
Larab. classico conosce bhr V penetrare profonda
mente, studiare a fondo ( Wehr 37a). J.G.Wetzstein ha
registrato il verbo presso i beduini del deserto siriano
nellarea di Damasco con il sign. di guardarsi intorno,
alzare lo sguardo (nella caccia) opp. guardare (in una
tenda) (ZDMG 22,1868, 75, r. 9, e 122; 83, r. 9, e 148).
Il sudarab. antico sembra conoscere solo il nome teoforo
Jbhr'/(G. Ryckmans, Les noms propres sud-smitiques,
I, 1934, 221).
Lacc. usa il verbo (che vi corrisponde secondo le leggi
fonetiche) bru nel sign. di scegliere (ogg.: uomini,
messaggeri, guerrieri ecc., ma anche cose, merci) e,
meno sicuramente, in quello di esaminare (cfr AHw
122s. e CAD B 212s.), inoltre laggettivo verbale bru
scelto, eletto , a Mari anche sostantivato be'rum (cos
AHw 122b e CAD B 211 invece della lettura pi antica
behnmi p.e. in ARM X V , 193; cfr. GAG 23e.f), nel
sign. di truppa scelta (cfr. M.Noth, Die Ursprtinge
des alten Israel im Lichte neuer Quellen, 1961, 35;
D.O.Edzard, ZA 56, 1964,144; M.Wagner, FS Baumgartner 1967, 358s.). Come prst. dairaram. si trovano nel
tardo bab. behru scegliere, arruolare (truppe) e bihirtu arruolamento (di soldati) (AHw 117s.l25b;
CAD B 186a.223b).
In amor, la radice si incontra in alcuni nomi propri
(.Jabharum, Batahrum, Bihirum, Bihira ecc.; cfr. Huffmon 175).
Nellaram. antico e in quello bibl. la radice non si trova.
I dialetti aram. pi tardivi (aram. giud., pai. crisi.,
mand.) conoscono il verbo nei due significati di esami
nare e di scegliere (Wagner nr. 38).

b) Anche nellAT in alcuni passi bhr significa


esaminare (Is 48,10; Giob 34,4.33; cfr. Eccli
4,17; ni. part. esaminato Prov 10,20; forse an
che pu. essere esaminato in Giob 36,21 txt em,
cfr. Holscher, HAT 17,84s.; HAL 115b). Esami
nare per in ebr. bhn (cosi anche in Is 48,10
secondo lQIsa bhnijkh). Nei due passi di Giob
possibile un influsso aram. La somiglianza nella
forma e nel significato fa supporre che bhr e bhn
abbiano una radice comune (cfr. bibliogr. in
Wagner nr. 38); la variante bhr si sarebbe quasi
totalmente fissata nel sign. di scegliere, eleg
gere, e bhn in quello di esaminare, porre
alla prova.
241

im bhr ELEGGERE

c) M.Dahood, Bibl 43, 1962, 361, postula un'ulteriore


radice bhr radunarsi per ISam 20,30 (dove di solito
bhr viene emendato in habr) e Eccle 9,4 (dove invece
del K fbuhar si suole leggere il Q ffnibbar), in base
alPacc. pahru radunarsi , ug. phr e mphrf, fen. mphrt
adunanza. unipotesi proba6ile (cfr. anche HL
U5b); altrimenti vanno preferiti i due emendamenti ci
tati, sicch i due passi non possono essere posti sotto bhr
scegliere .

2/ a) II verbo bhr usato al qal e al ni. (per


leventuale pu. in Giob 36,21 vd. sp. lb, per Eccle
9.4K vd. sp. le). Al qal appartiene il part. pass, bhr prescelto, che nel linguaggio religioso
viene sostituito dallaggettivo sostantivato bhlr
eletto . Altri sostantivi (nellambito profano)
sono mibhr (2Re 3,19; 19,23) e mibhr scelta, il
meglio .
b) In analogia con acc. beivm (truppa) scelta
anche Pebr. btjr giovane (adulto, robusto)
(medioebr. anche bchr ragazza ), pi. bahrim
(GB 9la: giovani guerrieri Is 9,16; 31,8; Ger
18,21; Am 4,10; Lam 1,15 ecc.), non va
disgiunto dal verbo bhr (Noth, l.c., 35; contro
HAL 114a.ll5a). Esso lopposto di zqn an
ziano (Ger 31,13 ecc.) e parallelo di betuf ver
gine (Deut 32,25 ecc.); in senso militare usato
in 2Re 8,12; Is 31,8; Ger 18,21; 48,15; 49,26 =
50,30; Ez 30,17; Am 4,10; Sai 78,31; 2Cron 36,17;
cfr. anche Ez 23,6.12.23. A questo bhr vanno ri
feriti i due plurali astratti behrim (Num 11,28) e
behrt (Eccle 11,9; 12,1) che indicano let del
giovane , il fiorire della vita .
Lacc. bah/ti guerrien, truppe , sul quale si fonda*
gi dal tempo di J.Barth, ZA 3 , 1888,59, e H.Holma, Die
Namen der Korperteile im Ass., 1911, 100 n. 4, lesi
stenza di una speciale radice bhr (p.e. P.Joilon, Bibl. 6,
1925, 314s.; Zorell 103a; KBL 117b), secondo AHw
96b.ll7b distinto artificiosamente da ba'ulaiu sud
diti solo in Sargon e Sennacherib; questultimo ter
mine per appartiene a beh (ba !). Anche il rimando
al medioebr. bhl pi. maturare da parte di G.Quell,
ThW IV,149 n. 5 (= GLNT VI,405s.n. 5) non accet
tabile (cfr. Dalman 51b; HAL 114b).

c) Come nomi propri si incontrano Mibhr


(scelta cfr. Noth, IP 224) in lCron 11,38 e
Jibhr in 2Sam 5,15; lCron 3,6; 14,15; questul
timo, contro KBL 359a, da intendersi al pari
dellamor. Jabharum come nome augurale con ab
breviazione ipocoristica (cfr. Noth, IP 209). Esso
quindi testimonianza di una fede nelfelezione di
un individuo. Il fatto per che esso non ricorra
spesso e"manchino del tutto altri nomi propri dello
stesso tipo contenenti Jahwe (cfr. al contario Pamor.
Jabjar - dlM e il sudarab. antico Jbhr*7), un indizio
che in Israele Pelezione si riferisce anzitutto al
rapporto tra Dio e il popolo (vd. st. IV).
Il luogo Bahrim (2Sam 3,16 ecc.; per la localizzazione
cfr. BHH 1,19ls; 11,1342; inoltre Bahurimi, probabil
mente nome gentilizio, in 2Sam 23,31 e lCron 11,33)
forse chiamato cos perch ivi soleva radunarsi
la giovent.

242

II/
1/ bhr q. si trova ne! testo masoretico
146x, Nella seguente tabella s distingue tra luso
profano (pr) e luso teologico con Dio (tD) o con
luomo (tu) per soggetto. Si ha perci la seguente
distribuzione del termine:
Gen
Es
Num
Deut
Gios
Guid
ISam
2Sam
IRe
2Re
ls 1-39
Is 40-55
Is 56-66
Ger
Ez
Agg
Zac
Sai
Giob
Prov
Neem
lCron
2Cron
AT

pr
2
2
-

1
1

tD

tu

3
29
1

5
5
2

5
2
10
2
1
7
3
1
1
1
3
9

2
1

1
7

16

totale
2
2
3
31
4
2
10
7
12
2
4
9
1
1
1
1
3
13
7
2
2
9
12
- 146

= 11%

= 100%

1
2
2

1
1
4

2
7
11
98

2
1
32

= 2296 = 67%

Ger 8,3 va inteso come ni., contro Lis. 208c. Poich sono
necessari emendamenti testuali, nella col. pr non si tiene
conto di ISam 20,30 (vd. sp, I/lc); Sai 84,11 e 2Cron
34,6K, nella col. tD di is 48,10 (vd. sp. I/lb). Per con
gettura bhr va letto in Sai 16,4 e Giob 23,13. Nel sign. di
provare il verbo si trova ancora in Eccli 4,17.

Dalla tabella s pu desumere: a) L'uso teologico


ha una grande preponderanza, specialmente
quello che ha Dio come soggetto, b) Luso pro
fano si trova gi nelle parti antiche delPAT (gi
presso J); il passo pi antico (incerto per quanto
al testo) dovrebbe essere Giud 5,8. Luso teologico
pi recente (in J ed E non ancora testimonia
to); sembra quindi essersi originato e diffuso solo
nel corso della storia di Israele, c) Luso teolo
gico con luomo per soggetto relativamente
raro; si deve per osservare che si pu anche par
lare della scelta di Dio (opp. della retta condot
ta) da parte di Israele o dei singoli israeliti,
d) Soprattutto la diffusione delluso teologico
con Dio come soggetto molto irregolare; tale
uso non si dunque imposto in tutti gli ambienti
religiosi delPantico Israele. La diffusione mag
giore si ha nel Deut (29x) e nellopera storica dtr.
(20x).
Il part. pass. q. bdhr (19x, non incluso nella ta
bella; 2Cron 5x, Giud 3x, ISam, 2Sam e Ger 2x
ciascuno, Es, IRe, Sai, Cant e lCron lx ciascuno),
il ni. (7x; Prov. 6x, inoltre Ger 8,3; cfr. anche Eccli
37,28 e 41,16) e il pu. (lx, vd.sp. I/lc) vengono
usati solo in senso profano.
243

Tra i sostantivi b fjr( 13x con una distribu


zione piuttosto singolare: Sa) 5x, Dtis e Tritois 3x
ciascuno, 2Sam e lCron lx ciascuno) significa
sempre leletto di Dio (Sai 106,23 Mos; 2Sam
21.6 txt? Saul; Sai 89,4 Davide; Is 42,1 il servo di
Dio; Is 43,20 e 45,4 il popolo; Is 65,9.15.22; Sai
105.6 = lCron 16,13; Sai 105,43; 106,5 i singoli fe
deli; cfr. anche Eccli 46,1 ed eventualmente Ger
49,19 = 50,44 emendato da bahr).
mibhr e mibhr ricorrono rispettivamente 12x e
2x, bahr giovane 44x (di cui 36x pi.; Ger I lx,
Is, Ez e Cant 5x ciascuno, Am e Sai 3x ciascuno;
Is 42,22 da cancellarsi in Lis. 207a), behrim /
behrt rispettivamente lx e 2x.
2/

III/
1/ A prescindere dai pochi passi in cui
possibile la traduzione esaminare (vd.sp. I/lb),
bhr significa in senso profano eleggere o sce
gliere . Per esempio si parla spesso nei testi sto
rici della scelta dei guerrieri (cfr. Es 17,9; Gios 8,3;
ISam 13,2; 2Sam 10,9Q scelta tra tutti gli eletti
\hehr\ di Israele ; 17,1; cfr. anche mibhr in Es
15,4; Ger 48,15 mibhr balyrw la sua giovent
eletta). Il popolo elegge il suo re (ISam 8,18;
12,13); il sacerdote si sceglie lanimale da sacrifi
care (IRe 18,23,25). Ma anche luomo comune
posto continuamente nella vita quotidiana di
fronte ad una scelta: Gen 13,11 ; Deut 23,17; ISam
17,40 ecc. In questo senso va inteso mibhr/mib
hr scelta, il meglio , cfr. p.e, Gen 23,6; Deut
12,11; Is 22,7; Ger 22,7.
2/ a) Lelezione che si compie pu avere stretta
relazione con un oggetto: si elegge il pi capace, la
cosa pi adatta, la migliore e la pi bella. Poich
il significato primario potrebbe essere guardare
con cura e il verbo pu anche avere il senso di
esaminare , tale riferimento ad un valore ha
certamente unimportanza fondamentale. Il sog
getto viene esso stesso coinvolto, dato che valuta,
ma tale valutazione nasce da una riflessione razio
nale, Tipici per questo aspetto sono i termini pa
ralleli: fjzh scegliere (Es 18,21 confrontato
con il v. 25),
jd l conoscere, capire (Giob 34,4;
cfr. Am 3,2; Ger l,5\ -bfn hi. conoscere (Giob
34,4 txt em).
b) Bisogna distinguere tale significato di tipo co
noscitivo e avente relazione alloggetto da quello
condizionato dal soggetto e rapportato alla vo
lont: viene scelto ci che si desidera avere, ci
che piace, ci che si ama. Naturalmente impos
sibile una stretta separazione dei due aspetti. Ma
il secondo si riconosce chiaramente dal fatto che
traduttori in tali passi rendono il termine con
eleggere e non semplicemente con scegliere,
selezionare , a volte addirittura con eleggere/ ,
forma riflessiva che impegna espressamente il
soggetto, ma anche con desiderare (2Sam
19,39), volere (Gen 6,2), avere pi voglia
(Giob 36,21), avere piacere in (Prov 1,29),
preferire (Giob 7,15) e stabilire (Giob 29,25;
-)m bhr ELEGGERE

244

cfr. per tutti questi esempi la Bibbia di Zurigo);


cfr. anche bhr fe in 2Sam 24,12 con il corrispon
dente qbl pi. Iein lCron 21,11. Appaiono qui come
termini paralleli hmd desiderare (Is 1,29),57
richiedere ( ISam 12,13), pi. cercare (ls
40,20), ?wh pi. desiderare (Sai 132,13; Giob
23,13 txt em), hps compiacersi (Is 56,4;
65,12; 66,3s.). In s 5,11 si ha /7 hi. volere,
mentre ci si aspetterebbe bhr\ uno si sceglie non
semplicemente il bene, ma ci che bene ai suoi
occhi (cfr. 2Sam 19,39). A ci corrisponde il
fatto che il part. ni, significa desiderato, deli
zioso (Prov 8,10.19; 10,20;cfr. anche 16,16; 21,3;
22,1). La scelta si compie in questi casi in base
ad una compiacenza non motivata n motivabile
razionalmente.
3/ a) Finch si resta in un ambito profano, sog
getto della scelta nelPAT una personalit emi
nente (il capo del popolo, il re, il sacerdote) o il po
polo come collettivit, e nellambiente sapienziale
luomo, lindividuo.
b) In contesto sapienziale si sposta anche log
getto della scelta. Si viene richiamati ad una scelta
giusta tra la via del bene e quella del male (Prov
3,31 ; cfr. anche 1,29), tra ci che giusto e ci che
non lo (Giob 36,21; cfr. anche Giob 9,14; 15,5;
34,33). Con ci si presuppone tacitamente che
al luomo data la possibilit di una libera scelta
tra bene e male, giustizia e ingiustizia. Tuttavia
non sempre la scelta del bene (,tb) va intesa
come decisione morale. In 2Sam 19,39 ci che
bene ai tuoi occhi significa la scelta di ci che
piace. E con la scelta del bene e il rifiuto del male
in Is 7,15 si deve intendere la capacit dellEmmanuele di dominare il mondo esteriore (cfr. Wil
dberger, BK X,296s.).
4/ Come opposto a bhr si incontra anzitutto
-m's rifiutare , naturalmente per tutta quanta la
gamma dei suoi significati (cfr. p.e. ISam 8,7 e 18;
Is 7,15; Sai 78,67; Giob 34,33).

VI,403-466 [bibliogr ], e G.E.Mendenhall, IDB


11,76-82 [bibliogr.]).
Luso teologico di bhr si manifesta essenzialmente
quando si parla dellelezione del popolo ad opera
di Dio (IV/2-4, tempo preesilico, esilico e poste
silico), mentre la scelta umana di Dio o di una via
retta di importanza secondaria (IV/5). Ma pi
antica dellidea dellelezione del popolo in Israele
quella delPelezione del re ad opera di Dio (IV /1).
1/ a) Presso i popoli orientali il re era conside
rato ovunque come il prescelto della divinit (cfr.
su questo punto S.Morenz, Die Erwhlung zwischen Gott und Knig in gypten, FS Wedemeyer
1956,118-137; R.Labat, Le caractre religieux de la
royaut assyro-babylonienne, 1939, 40ss,).
Tanto sulle rive del Nilo come nelPambiente mesopotamico il titolo figlio , anche se con una diversa conce
zione teologica, espressione della speciale ed eletta
posizione del re in rapporto al suo dio {ben IV/3a).
Durante la 18a-20a dinastia si incontra la formula
Amon, che ama (il faraone) NN pi di tutti gli altri
re (Morenz, l.c.; inoltre D.Miiller, ZS 86, 1961, 134;
Quell, l.c., 161 n. 64.68 [= GLNT VI,435-438 n. 64.681).
In Mesopotamia si dice che la divinit conosce (acc. edii,
jcT) il re; egli il suo favorito (acc. migru, cfr. Seux 162168.448s.), essa lo chiama, pronuncia il suo nome (acc.
nabli) ecc. Allebr. bhr molto affine per significato ed
uso lacc, (w)atu(m) (sum. p), con il senso di vedere
e le sfumature scegliere, eleggere, chiamare e anche
guardare intorno* cercare ; esso usato spesso per
esprimere lelezione dei re ad opera degli dei (Seux
386s.433-436; ibid. 121s. per ifuiu elezione, eletto, chia
mato ). Il tema elezione del re compare anche
quando p.e. Zkr.di Camat confessa di se stesso: B'Ismjn
mi fece re (aram. mlk ha.; KAI nr. 202A, r. 3). Per i
particolari s pu confrontare H.Frankforl, Kingship and
th Gods, 1948, 238s.; De Vaux 1,156.

b) Dato che questa era la situazione presso i po


poli orientali, gi da ritenersi in partenza che in
Israele si parlasse delPelezione del re ad opera di
Jahwe dal momento stesso in cui ci furono i re. Il
problema solo di sapere fino a che punto
nellambito delPideologia regale si descriveva con
il vocabolo bhr la particolare posizione del re in
rapporto a Jahwe. Se si tiene conto del fatto che
ci si verifica gi quando Davide sale al trono
(2Sam 16,18; cfr. anche 2Sam 6,21, inoltre A.Weiser, VT 16, 1966, 344.348), luso di bhr potrebbe
risalire al tempo davidico (cfr. anche ISam
16,8.9.10, che sono per passi tardivi). Persino
Saul fu descritto probabilmente come Peletto di
Jahwe (cfr. ISam 10,24 e 2Sam 21,6, questultimo
con un testo incerto, ma da conservarsi anche
contro il parere della maggior parte degli esegeti),
e questo specialmente in passi in cui vengono ri
prese antiche tradizioni.

IV/ Il vocabolo bhr divenuto nellAT il vero


termine tecnico della elezione (bibliografia
fondamentale: K.Galling, Die Envahlungstraditionen Israels, 1928; H.H.Rowley, The Biblical
Doctrine of Election, 1950; Th.C. Vriezen, Die Erwahlung Israels nach dem AT, 1953; K.Koch, Zur
Geschichte der Erwahlungsvorstellung in Israel,
ZAW 67, 1955,205-226; R.Martin-Achard, La signification thologique de llection dIsrel,
ThZ 16, 1960, 333-341; H.Wildberger, Jahwes
Eigentumsvolk, 1960; P.Altmann, Erwhlun
gstheologie und Universalismus im AT, 1964;
H.J.Zobel, Ursprung und Verwurzelung des
Erwahlungsglaubens Israels, ThLZ 93,1968,1-12;
c) Israele, pur condividendo lidea delPelezione
FI,Wildberger,
Die
Neuinterpretation
des
del re con i popoli vicini, ha per ben presto fatto
Erwahlungsglaubens IsraeJs in der Krise der Exilvalere anche in questo campo Poriginalit della
szeit, FS Eichrodt 1970, 307-324; inoltre gli arti ' sua fede. Lo indica gi chiaramente il fatto che la
coli di G.Quell, ThW IV,148-173 = GLNT
tradizione relativa a Saul parla non solo dellele
245

nnn bhr ELEGGERE

246

zione ma anche del rifiuto del re (ISam 15,23.26,


che appartiene ad un altro strato della tradizione;
tuttavia il rifiuto presuppone lelezione). Ci
tanto pi degno di nota in quanto all unto di
Jahwe viene attribuito talvolta un charaeter indelebilis (ISam 24,7.11; 26,9.11.16.23; 2Sam
1,21). Per spiegare il rifiuto si dice che il re ve
nuto meno ai propri compiti. Mentre si pone il
problema del come mai un eletto di Jahwe possa
venir meno ai suoi compiti, si manifesta nello
stesso tempo la consapevolezza che lelezione ad
opera di Jahwe deve trovare la sua risposta nella
buona prova delleletto. Quando gli impegni che
scaturiscono dallelezione non vengono mante
nuti, posta in discussione lelezione stessa. Que
sta concezione spiega anche perch nel regno del
nord non si sia parlato chiaramente dellelezione
del re. Anche Deut 17,15 (se 17,14ss. realmente
proviene dal regno del nord, come suppone F.Galling, ThLZ 76, 1951, 133-138, e se con R.P.Merendino, Das deuteronomische Gesetz, 1969,
179ss., non si devono ritenere secondarie le
espressioni sulfelezione) in realt pi che provare
che il re veniva considerato realmente come un
eletto, rivela piuttosto che tale idea non riuscita
a prevalere.
d) Nel regno del sud la situazione diversa. Non
si mai dubitato dellelezione di Davide. In 2Sam
7 manca la radice bhr ma il titolo trgici dato a Da
vide nel suo contenuto non lontano da bhr
(cfr. W.Richter, BZ 9, 1965, 77). Scopo della pro
messa di Natan non lelezione d Davide ma
quella della sua casa . Nei salmi regali (che
senza dubbio appartengono al tempo preesilico)
viene s menzionata lelezione di Davide, ma per
il fatto soprattutto che vi si vede implicita lele
zione del re che era in carica nel tempo in cui il
salmo stato composto (Sai 78,67; 89,4.20). Non
era facile conservare la fede nellelezione dei di
scendenti di Davide, per il fatto che la realt
spesso non era molto piacevole. Il Sai 89 un do
cumento commovente della lotta sostenuta per di
fendere la validit dellelezione della casa di Da
vide. Lautore ritiene di dover dedurre dalla debo
lezza dei discendenti di Davide che Jahwe ha re
spinto (w s!) il suo unto ed ha rinunciato allal
leanza con Davide (v. 39s.). Ma egli non pu e
non vuole credere che sia con ci stesso annullata
lelezione. Egli interpreta lelezione come unal
leanza che Jahwe ha promesso a Davide con
giuramento (v. 4.35.50; cfr. anche Sai 132,11),
fa appello alla fedelt di Jahwe (v. 2.3 ecc.),
sottolinea la stabilit, la durata, addirittura
r eternit della relazione tra Dio e il re, creatasi
con lelezione (v. 5-22.29s.37). Lelezione non pu
venir meno, anche quando il rifiuto divenuto
manifesto.
e) Saul chiaramente fu fatto re dalle trib per la sua co
raggiosa liberazione di Iabes (ISam 11). Ma la narrazione
di ISam 10,17-24 presenta le cose diversamente: Saul
viene estrailo a sorte. un uomo modesto che si tiene

247

nascosto. Quando lo si va a prendere, si vede che dav


vero sovrasta tutto il popolo dalle spalle in s . Pi
profonda la narrazione parallela su Davide: criterio non
per nulla la grossa statura (Jahwe respinge il fratello di
Davide, di grandi dimensioni), Jahwe guarda il cuore
(ISam 16,7). Certo viene anche lodata la bellezza di Da
vide (v. 12), ma ci che rivela in Davide un re non sono
n le sue fattezze esterne n le sue qualit spirituali, ma
lo spirito di Jahwe (v. 13), che gli stato dato quando
si compiuta lelezione. Le propriet delleletto non
sono dunque in disarmonia con quanto ci si attende da
un re; tuttavia il perch venga eletto proprio quel deter
minato uomo rimane in fondo un mistero divino e con
tingente che non si pu chiarire.

0 Le narrazioni citate sopra non dicono per quale


scopo il re sia eletto. Ma ovvio che allunto di
Jahwe affidato un compito nei riguardi del po
polo. Davide principe sul popolo di Jahwe
(2Sam 6,21 ; cfr. 7,8 e Sai 78,71). I?er descrivere la
relazione dei re con Dio viene usato il termine
Lcbced gi nella profezia di Natan (lbd: 2Sam 7,5
ecc.; Sai 78,70; 89,4 ecc.; 132,10). cbced Jhwh
divenuto addirittura parallelo di beh ir Jhwh (p.e.
Sai 105,6). 11 termine indica in tale contesto il
ministro o visir , eletto perch esegua la vo
lont del suo signore tra il popolo, o anche tra i po
poli (cfr. W.Zimmerli, ThW V,656.662s. = GLNT
IX,284ss.298ss.).

I l a) Da un certo periodo in poi nellAT si


parla non solo dellelezione dei re, ma anche
dellelezione del popolo, e questo rappresenta una
novit tra le religioni dellantico Oriente. Lidea di
una posizione speciale di Israele di fronte a Jahwe
addirittura costitutiva per la sua fede. Essa si
esprime gi nella semplice formula che Jahwe il
Dio di Israele. Si parla non senza motivo di tradi
zioni dellelezione (K.Galling, Die Erwahlungstraditionen Israels, 1928; H.Wildberger, Jahwes
Eigentumsvolk, 1960, cfr. in proposito Zobel, Le.,
6ss.). La concezione delfelezione del popolo pu
essere benissimo espressa anche senza usare il ter
mine bhr. Gli studiosi dellAT sono quasi tutti
daccordo sul fatto che non si parla esplicitamente
dellelezione dIsraele prima del Deut (G. von
Rad, Das Gottesvolk im Deut, 1929, 28: Il verbo
bhr [soggetto Dio - oggetto popolo] unespres
sione deuteronomica originale ; Vriezen, Le., 47;
G.E.Mendenhall, LDB 11,76). Ci per proble
matico, anzitutto perch il Deut ha senza dubbio
una preistoria che risale molto indietro nella storia
del regno del nord, ma anche perch le espressioni
che il Deut usa al riguardo rivelano gi una forma
stereotipa e fissa. Inoltre i salmi ci danno alcune
indicazioni. Il Sai 78, citato sopra, parla non solo
dellelezione di Davide, ma anche di quella di
Giuda (v. 68), osservando che Jahwe ha respinto
la tenda di Giuseppe e non ha eletto la trib di
Efraim. Ci lascia intravedere un po le pesanti
difficolt che il tramonto di Israele (o gi una pre
cedente crisi di questo stato) procur a coloro
che difendevano lidea di elezione. I salmi 33
(v. 12), 47 (v. 5) e 135 (v. 4), ritenuti di solito po
-ina bhr ELEGGERE

248

stesilici, potrebbero risalire con le toro espressioni


relative allelezione a formulazioni pi antiche del
Deut.
b) Nel Deuteronomio si ha realmente lafferma
zione teologica dellelezione di Israele nella forma
pi ampia. In 17,15 veramente il libro parla anche
dellelezione del re (vd.sp. IV/lc); inoltre nel
Deut, molto pi spesso che in ogni altra parte
della Bibbia, si trova la formula stereotipa il
luogo, che Jahwe vostro Do sceglier... , e sor
prendentemente essa compare solo nel corpo delle
leggi (Deut 12>5-26,2 20x, cfr. anche 31,11; Gios
9,27 ecc., vd.st. 3a). Con ogni probabilit la teoria
dellelezione di Sion { per larvi abitare il mio
nome o sim.) fu inserita nel Deut solo durante
la redazione gerosolimitana (vd. anche Meren
dino, l.c., 382ss.). Dellelezione di Israele il Deut
parla invece principalmente nel secondo discorso
(7,6s,; 10,15; inoltre 14,2 e 4,37). Senza dubbio an
che nel regno del nord era viva lidea dell'elezione
del re. Ma si pu supporre che sotto linflusso
dellantica
tradizione
delPelezione
legata
allesodo, e probabilmente anche dopo lespe
rienza fallimentare della monarchia, il termine bhr
sia venuto ad esprimere specificamente il rivol
gersi di Jahwe verso Israele. Nel quadro di questa
democratizzazione si trasfer cos tale conce
zione dalPambto del mito (elezione del re o del
monte di Dio) a quello della storia (esodo
dallEgitto). Secondo le parole di Sai 78,68 sembra
che dopo la caduta del regno del nord anche in
Gerusalemme si sia discusso seriamente su che
cosa significasse lelezione del popolo.
c) Il luogo classico dellelezione di Israele nellAT
Deut 7,6-8. Il brano inserito nel passo parenetico 7,1-11, nel quale Israele invitato a distan
ziarsi da Canaan. Lelezione cio non il tema,
ma serve a motivare la parenesi. Nel brano se
guente v. 9-11 si usa la tradizione dellalleanza
come un secondo motivo. DelPelezione dIsraele
quindi non si parla separatamente, ma per dire che
i diritti di Jahwe su Israele sono ben fondati. In
10,12 laccenno allelezione vuol fondare anzi lob
bedienza totale che Jahwe richiede: temere Dio,
camminare nelle sue vie, amarlo e servirlo con
tutto il cuore e con tutta lanima. La formulazione
concisa scelto tra i popoli rivela che in tale con
testo luso teologico di bhr frutto della polemica
contro Canaan.
Che cosa significhi lelezione, viene detto a modo
dinterpretazione con le due espressioni chiara
mente provenienti dalla tradizione: 1am qds
popolo santo e lam -segufl popolo di pro
priet . Si precisa cos anche lespressione "am
dh Israele santo non per una particolare inte
grit cultuale, o morale, ma perch con lelezione
divenuto il popolo di Jahwe. Poich tuttavia, per
conseguenza, la santit di Israele non una sua
propriet originaria, ma si fonda sulla scelta di
Jahwe, Israele deve comportarsi in modo con
forme a questo atto di libera grazia di Jahwe. Con
249

ITO bhr ELEGGERE

veemenza si respinge il malinteso di 7,7s. (certa


mente secondario, cfr. il voi ) che la scelta di
Jahwe *si fondi su un particolare attributo di
Israele; lo si fa anzitutto commentando nel v. 7
bhr con hsq, amare, essere legato a , ricordando
nel v. 8 lamore di Jahwe verso Israele ('hb
IV/2) e la sua fedelt basata sul giuramento fatto
ai padri, e infine con la negazione non perch voi
eravate pi numerosi degli altri popoli... . Deut
9,4-6 espone il concetto in modo ancora pi
chiaro: non per la tua giustizia (sedq) e per la
purit (jscer) del tuo cuore , anzi ancora pi radicahmente: poich tu sei un popolo di dura cer
vice. In 10,14s. (anchesso secondario) lirrazio
nalit di questo rivolgersi di Jahwe verso Israele,
che si manifesta nellelezione, viene ancor pi sot
tolineata con il rappresentare Jahwe come il Si
gnore del cielo e della terra.
Lautore del Deut realizza unopera accurata
mente soppesata sul piano teologico; egli ha fatto
s che l elezione fosse il concetto pi adatto ad
esprimere il rivolgersi di Jahwe verso Israele; ha
interpretato lelezione come un atto assoluto, di
grazia, fondato solo sullinspiegabile amore di
Jahwe verso Israele, e infine lha spiegata come un
processo dialettico: essa parla dellamore di Jahwe
ed esige obbedienza nella fedelt da parte del po
polo di Dio. La parola che fonda la comunit parte
da Jahwe, ma esige una chiara risposta da parte di
Israele che stato interpellato. Intendendo cos il
rapporto tra Jahwe ed Israele, il Deut vicino al
profetismo preesilico.
d) Il Deut parla anche dellelezione di Sion, la
quale stranamente non unita a quella del popolo
(12,5.11.14.18.21.26;
14,23.24.25;
15,20;
16,2.6.7.11.15.16; 17,8.10; 18,6; 26,2; 31,11). Le
formule sono qui ancora pi fisse e ci indica chia
ramente che il Deut ha assunto concezioni gi
preesistenti. ICKoch, l.c., 215s., contro Vriezen,
l.c., 46s., ha giustamente richiamato lattenzione
su questo punto. Gi il Sai 132, di antica epoca
preesilica, parla dellelezione di Sion ad abitazione
di Jahwe (v. 13). Anche il Sai 78, composto verso
la fine dellepoca regale, accenna allelezione di
Sion da parte di Jahwe (v. 68 che egli ama ). Ci
si pu per chiedere se gi in epoca gebusea non
si sia parlato dellelezione di Gerusalemme. A
volte anche nelPambiente mesopotamico si parla
delPelezione del santuario ad opera di una divi
nit. Per lo pi ci avviene in forma indiretta, in
quanto il re viene eletto soprattutto perch co
struisca il tempio e ne abbia cura (cfr. H.Wildber
ger, FS Eichrodt 1970, 309 n. 9). Naturalmente
per senza parallelo lelezione di un santuario nel
senso esclusivo con cui ne parla la tradizione cul
tuale gerosolimitana attestata nel Deut.
La formula di elezione il luogo che Jahwe, vostro Dio,
sceglier pu essere ampliata con tra tutte le vostre
trib o in una delle tue trib (12,5.14). In ci si ri
specchia la pretesa di Gerusalemme di essere il luogo
centrale di adorazione per tutto Israele. La formula pu
essere ancora ampliata con lespressione per porre ivi il

250

suo nome ( 12,5.21 ) oppure per fare abitare ivi il suo


nome (12,11; 16,2.6.11; cfr, anche 12,5). Di fronte
allespressione del Sai 132, che parla ancora ingenua
mente del fatto che il tempio stato eletto da Jahwe
come sua abitazione , come stabile luogo di ri
poso , si ha nel Deut una sublimazione. Nome si
gnifica presenza della rivelazione (sm),

A volte la formula il luogo, che Jahwe elegger


una semplice parafrasi del nome Sion/Gerusa
lemme (ci dipende dalla finzione che il Deut sia
pronunciato da Mos e perci non si pu presup
porre che lelezione di Gerusalemme sia gi avve
nuta). In genere per ha un significato pi ampio,
fi luogo della presenza di Jahwe fonte di bene
dizione, delizia, vita (p.e. Sai 36,8ss.). Dal mo
mento che ha scelto questo luogo tra le trib,
Jahwe testimonia il suo legame con Israele; Jahwe
si manifesta cos come tuo/vostro Dio . Ma la
diversit rispetto alle espressioni del Deut sullele
zione di Israele tuttavia evidente: se Israele at
tualizza ivi la propria elezione riflettendo sulla sua
storia salvifica, qui la stessa cosa avviene parteci
pando al culto del santuario centrale. Se ivi lele
zione comporta unassunzione di impegni da parte
di Israele, qui essa rende possibile una vita pro
tetta e benedetta da Dio. Una parte della teologia
del tempio con ci penetrata nellambiente
delfanfizionia. Non a caso che la formula ricorra
spesso, al cap. 12, con le sue precisazioni sulla
centralizzazione del culto, e al cap. 16, con il suo
calendario delle feste. A ci corrisponde il fatto
che gi il Deut, anche se in uno strato senza dub
bio tardivo, parla dellelezione di Levi tra tutte
le tue trib ( 18,5; 21,5). Al santuario eletto ap
partiene il sacerdozio eletto. Tanto lunit del
tempio quanto lunit della stirpe sacerdotale assi
cura il retto funzionamento del servizio liturgico
che garantisce e dona salvezza.
e) In considerazione della dottrina cultuale
sullelezione, chiara in questo contesto, tanto pi
notevole il fatto che tutti quanti i profeti preesilici
non usino mai il termine bhr per parlare dellele
zione di Sion, e nemmeno per quella di Israele.
Essi conoscono senza dubbio la realt dellele
zione (p.e. Am 3,2), ma la pongono anche in di
scussione (p.e. Am 9,7). Si capisce perch essi evi
tino il termine bhr, esso poteva dare adito troppo
facilmente a pericolose illusioni, come se la sal
vezza fosse garantita ad Israele solo esercitando il
culto nel luogo sacro, o come se Israele per la sua
elezione fosse immune da ogni sventura. Persino
Isaia, che era di Gerusalemme e che conosceva
certamente lidea deilelezione del re e del tempio,
ne parla solo in lina prospettiva teologica, facendo
dipendere le due concezioni dalla fede (7,9; 28,16)
e trasferendole in una visuale escatologica
(2,2-4; 9,1-6).
3/ a) Lopera storica deuteronomistica, nata
nel periodo dellesilio, dovette riflettere a fondo
sul crollo della monarchia davidica, sulla distnizione del tempio e la fine di Israele come nazione.
251

Se ISam 10,24 aveva parlato dellelezione di Saul


(cfr. H.J.Boecker, Die Beurteilung der Anfnge
des Knigtums in der dtr. Abschnitten des 1. Samuelbuches, 1969, 48s.), e se brani posteriori ave
vano parlato della riprovazione di Saul (vd.sp.
IV/le), ora il passo dtr. 8,18 afferma che il popolo
stesso ha eletto il re. Questa scelta ad opera d
Israele secondo il v. 8 da equipararsi addirittura
alla sua idolatria (cfr. Giud 10,14). Solo Jahwe pu
essere re su Israele; lelezione del re da parte del
popolo era praticamente un rifiuto di Jahwe
(ISam 8,7). Lopera storica dtr. non ha tuttavia
soppresso le antiche tradizioni favorevoli alla rega
lit di Saul e di Davide, e nemmeno la profezia di
Natan. Quando per il Dtr. stesso usa il termine,
adopera bhr solo per Davide (IRe 11,34 e forse
8,16 txt?). Mai uno dei discendenti di Davide
viene chiamato eletto di Jahwe, come invece
avviene nei salmi regali. Pi facilmente gli capita
di parlare dellelezione di Gerusalemme (IRe
8,16.44.48; 11,13.32.36; 14,21; 2Re 21,7 in
eterno ; 23,27; come nel Deut pu essere ag
giunto per porre ivi il mio nome o sim.). Se si
prescinde da IRe 3,8 (non sicuramente dtr.), il
Dtr. non parla mai nei libri dei Re della elezione
di Israele, per il semplice motivo che a lui sem
brava esser venuto meno nelflsraele del tempo
monarchico quanto era richiesto dal lelezione
stessa, e che il Deut riteneva ineliminabile, ossia
il timore di Jahwe e lamore verso di lui. tgli anzi
non solo evita il tema dellelezione di Israele, ma
nella sua riflessione sulla fine del regno del nord
parla del suo rifiuto da parte di Dio (2Re 17,20),
e tale rifiuto secondo v. 19 si estende, anche a
Giuda. Inoltre in 23,27 parla espressamente della
cacciata di Giuda dal mio cospetto, come ho cac
ciato Israele . Nello stesso tempo parla del rifiuto
della citt eletta Gerusalemme insieme con il suo
tempio (cfr. anche 24,20). II quadro da lui deli
neato abbastanza fosco: le inaudite possibili
t che Jahwe aveva aperto a Israele con lelezio
ne (e indirettamente con lelezione del re e del
tempio) sono state completamente sprecate dal
popolo.
Ma lopera storica dtr. sarebbe mal compresa se la
si volesse interpretare come il canto funebre sulla
grande utopia dellelezione di Israele: l'elezione
dei discendenti di Davide, contrariamente a quella
di Saul, non viene revocata. La conclusione
dellintera opera, che narra come Ioiachin abbia
avuto una sorte migliore, sembra aprire ancora
una possibilit per la casa dei discendenti di Da
vide. Lespressione in eterno di 2Re 21,7 dice
che ci sar ancora un futuro per Gerusalemme,
nonostante che essa sia stata rifiutata.
Del tempo dellesilio anche Gios 24. Si tratta certo di
unantica tradizione, ma essa stata elaborata in una li
nea dtr. (cfr. J.LHour, Lalliance de Sichem, RE 69.
1962, 5-36.161-184.350-368), f. Pa. anche in v. 15 e 22,
dov Israele sembra essere posto davanti alla libera pos
sibilit della scelta. Ma il brano va interpretato a partire
dal tempo delfesilio. Israele corre il pericolo di pas

nra ^ e l e g g e r e

252

sare ad altri dei. In questa situazione il Dtr. introduce il


suo discorso sulla storia. La decisione avvenuta da
lungo tempo: voi siete testimoni contro voi stessi che
avete scelto Jahwe per servirlo (v. 22). La figura guida
Giosu e la sua casa , che si schiera chiaramente per
Jahwe. Deirelezione di Israele da parte di Jahwe lautore
non parla, poich a lui non interessa sapere se anche in
avvenire Jahwe considerer Israele come suo popolo, ma
se Israele, dopo aver esperimentato la catastrofe, sia di
sposto a rimanere fedele a Jahwe nella decisione gi
presa.

In realt una volta il Dtr. parla esplicitamente


deirelezione di Israele: Deut 4,37 poich egli ha
amato i tuoi padri, ed ha eletto la loro progenie, e
ha tratto te dallEgitto. Il passo, che chiara
mente un adattamento di Deut 7,6-10 alla nuova
situazione, lascia supporre a quale pericolo di rot
tura fu esposta, dopo la caduta di Gerusalemme,
la fede nellelezione. Anche qui lelezione viene
fondata sullamore di Jahwe, ma si tratta del suo
amore verso i padri. Invece di dire che nel latto
delPelezione Jahwe ha fatto Israele popolo di sua
propriet, si sottolinea, dopo che il possesso della
terra divenuto problematico, che lelezione si
manifestata quando Jahwe ha dato ad Israele la
terra in eredit. Quello che lelezione di Jahwe ri
chiede non pi soltanto lobbedienza e il timore
di Dio, ma pi radicalmente (dopo che la crisi del
586 ha profondamente scosso la fede in Jahwe) il
conoscere che solo Jahwe Dio e nessun altro
(v. 35), nellalto dei cieli e in basso sulla terra
(v. 39). Il Dtr. resta per nella linea del Deut, poi
ch inserisce quanto dice sullelezione in una pre
dicazione che non richiede soltanto obbedienza a
Jahwe, ma fa della conversione a lui il suo tema
preferito (v. 30).
b) Pi o meno nello stesso tempo in cui ha scritto
il Dtr. deve aver scritto anche il Deuteroisaia. Il
primo oper forse in Palestina, il secondo in Babi
lonia. Ma il Dtis appartiene ad un altro mondo,
non solo geograficamente, ma anche spiritual
mente. Egli si vede di fronte un uditorio che certo
non si illude sulla portata della catastrofe, e che
anzi si domanda incerto se ancora si d un futuro
per Israele. Egli risponde alla domanda concen
trando coscientemente il suo annuncio sullidea di
elezione. indicativo che egli tratti il tema soprat
tutto negli oracoli di salvezza. Assai caratteristico
a questo riguardo Is 41,8-13. Il popolo di Dio
chiamato non solo Israele e Giacobbe, ma anche
progenie di Abramo, mio amico : lelezione
viene ricondotta ancora pi indietro nella storia e
riferita al rapporto Jahwe-Abramo. nuovo anche
il fatto che ad Israele viene dato il titolo mio
servo (cfr. anche 44,21; 45,4). Il parallelo ''bced/
bhlr proviene dallideologia regale (vd. sp.
IV/lf). La democratizzazione dellidea di ele
zione giunge quindi alla sua conclusione col Dtis
(cfr. p.e. 55,3ss.?dove la grazia promessa a Davide
trasferita al popolo). Che si sia combattuto con
tro un dubbio radicale sulla fede nellelezione
chiaro in 41,9, dove io ti ho eletto viene sotto
253

i n a bhr ELEGGERE

posto a verifica con e non ti ho respinto. An


che il Dtis ha visto realizzata lelezione in un atto
storico: Jahwe ha ricondotto Israele dai confini
della terra . Forse pi che allesodo dallEgitto si
allude qui alla chiamata di Abramo dalla Mesopotamia. In altri passi il Dtis si richiama ancora pi
radicalmente agli inizi: secondo 43,20s. lIsraele
eletto costituisce il popolo che io mi sono for
mato; lelezione viene ricondotta allatto della
creazione (cfr. anche 44,ls.). Ma questo non vuol
dire che lelezione rimane un evento lontano nel
passato. In 43,18 il Dtis esorta addirittura a non
pensare pi al passato, poich Jahwe crea una
realt nuova, e alle dichiarazioni sull'elezione in
44,2 seguono nel v. 3s. promesse di salvezza. Les
sere a conoscenza deirelezione apre ad Israele il
futuro. Per amore di Israele Jahwe affida a Ciro il
dominio sui popoli. Jahwe che ha eletto Israele
anche il suo liberatore (g'l) e riconduce in patria
Israele, il ribrezzo dei popoli , con una marcia
trionfale.
La teologia del tempio, al contrario, stata accolta solo
parzialmente dal Dtis. Bench egli speri nella ricostru
zione di Gerusalemme e del suo tempio (44,26; 49,17
23), non osa fondare la sua fede sullelezione di Sion. La
dura critica dei profeti preesilici contro unidea di ele
zione intesa troppo realisticamente ha prodotto il suo ef
fetto.

Lo stesso vale per la critica dtr. alla monarchia.


Per i discendenti di Davide il Dtis non intravede
pi alcun futuro. Ma alcuni elementi dellideolo
gia regale sono entrati a far parte della sua imma
gine del servo di Dio. Il servo di Jahwe (che cer
tamente un individuo) , come il re, bhfr (42,1).
Al pari del re egli possiede lo spirito di Jahwe
(ISam 16,13; Is 11,2). Il fatto che egli servo si
gnifica che ha un compito nel mondo: deve por
tare la verit ai popoli, deve essere luce per i popoli
e per mezzo suo Jahwe viene glorificato. Chiun
que possa essere il servo di Dio, non casuale co
munque che gli vengano dati i titoli '.bced e bht r,
come ad Israele. Egli rappresenta il vero Israele, e
quanto si dice di lui rivela che lelezione di Israele
non pu essere disgiunta dal suo compito nel
mondo. Tutte le precedenti spiegazioni deirelezione
vengono superate dal fatto che lelezione del servo di
Dio si adempie nella sofferenza vicaria.
Ci si potrebbe domandare se il modo con cui il
Dtis parla dellelezione di Israele non conduca a
quel falso sentimento di sicurezza, per il quale i
profeti preesilici presero un atteggiamento cos cri
tico verso lidea di elezione. Questo pericolo viene
per evitato, poich egli fonda la certezza che
Israele ha dellelezione n sul tempio, n sul re;
ma soprattutto tiene lontano tale pericolo linter
pretazione che egli d dellidea di 1debcc.d, Essere
eletto vuol dire anche qui assumersi un impegno
di fedelt, ma ora, nella qualit di servo di Jahwe,
tale fedelt va esercitata tra i popoli, e non solo
con lobbedienza, ma dando persino testimo
nianza con un patente fallimento, con la soffe
renza e con la morte.
254

c) Neppure Ezechiele parla delPelezione dei di


scendenti di Davide e tanto meno di quella del
tempio. Anche dellelezione di Israele egli parla
espressamente una sola volta (Ez 20,5). Questa
evidente riservatezza dovuta al fatto che Eze
chiele sempre consapevole che Israele ha rifiu
tato i comandamenti di Jahwe (Ez 5,6; 20,13 ecc.).
caratteristico che nellunico passo in cui egli
menziona lelezione di Israele, lo fa per incolpare
il popolo di non aver mai tirato la conseguenza
principale dellelezione, e cio di non aver elimi
nato gli idoli. Come gi il Dtr., egli non vuole che
appellandosi allelezione venga meno la riflessione
e la conversione, cos necessarie. Daltra parte
degno di nota che egli, pur pronunciando giudizi
assai duri, non parli espressamente del rifiuto di
Israele da parte di Dio.
d) Ger 33,23-26 mostra come attraverso gli avve
nimenti del presente si sia posto in tutta la sua
acutezza il problema del rifiuto di Israele. Tra il
popolo si parla del rifiuto delle due stirpi che
Jahwe aveva eletto. Lautore, certamente vis
suto al tempo dellesilio, si oppone con forza a tale
abbandono della fede: Come ho creato il giorno
e la notte..., cos, con la stessa certezza, non riget
ter la stirpe di Giacobbe e il mio servo Da
vide,,. . Israele e la sua dinastia regale rimangono
eletti non perch abbiano dato buona prova di s,
ma perch Jahwe muta il loro destino ed ha mi
sericordia di loro.
Diversamente si esprime lautore di Is 14,1. Per
lui il rifiuto da parte di Dio un fatto scontato, ma
egli osa parlare di una nuova elezione di Israele.
Come lelezione fondamentale si manifestata nel
condurre Israele fuori dallEgitto, cos ora questa
seconda elezione, che anche egli vede fondata
nella misericordia di Jahwe, s manifester nel ri
condurre Israele in patria. E come nel fuggire
dallEgitto molta gente straniera si un ad
Israele (Es 12,38), cos nel secondo esodo molti
stranieri si uniranno alla casa di Giacobbe. Un au
tore posteriore ha commentato in maniera non del
tutto felice questidea cos bella: i popoli che
Israele porter con s diventeranno suoi servi e
sue serve.

4/ a) Nel caso che il testo di Ger 49,19 = 50,44


sia conservato bene, allepoca deUesilio vi furono
ambienti i quali attendevano che Jahwe insediasse
il suo eletto come sovrano. Costui poteva es
sere solo un discendente di Davide, e il passo sa
rebbe unulteriore testimonianza che la fede
nellelezione dei discendenti di Davide non si era
spenta durante lesilio. Ad ogni modo poco pi
tardi, dopo lesilio, Aggeo os proclamare eletto di
Jahwe Zorobabele, discendente di Davide (2,23).
Lantica espressione parallela mio servo pure
presente, e il suo potere descritto con le parole:
che tu sia per me come un sigillo . Che anche
il contemporaneo Zaccaria abbia sperato nella re
staurazione delia monarchia, lo si pu ancora de
255

durre da Zac 6,9-15. Il profeta paria espressamente


anche delia elezione di Gerusalemme (3,2); in
1,17 e 2,16 egli parla anzi di una rielezione della
citt. Si potrebbe affermare che si tratta di una svi
sta teologica (come lespressione analoga di Is
14,1), che in ultima analisi distrugge il concetto d
elezione. Ma il fatto che la frase sia possibile
nellambito dellAT mostra che lelezione non
intesa in modo deterministico, e che il rapporto tra
lelezione divina e limpegno che luomo assume
viene preso molto sul serio. Lelezione di Jahwe
non solo un destino di grazia. Essa una chia
mata che esige una risposta (Zimmerli, BK
XIII,445). Anche in unaltra prospettiva Zaccaria
si esprime come Is 14,1: Jahwe abiter ancora in
mezzo ad Israele, ma molti popoli in quel giorno
aderiranno a Jahwe e saranno suo popolo . Il par
ticolarismo della fede nellelezione eliminato,
cosa che gi si era iniziata nel Deuteroisaia, senza
per che venisse abbandonata la particolare posi
zione di Israele.
b) Lo testimonia anche il Sai 33, di epoca poste
si lica. Qui lidea di elezione viene espressa con
unesclamazione di compiacimento: Beata la na
zione, il cui Dio Jahwe, il popolo che egli ha
eletto come sua eredit (v. 12). Israele non deve
temere, perch appartiene a Jahwe (vd. anche Sai
135.4, dove anzi viene ancora ripreso lantico ter
mine segull propriet particolare [cfr. Es 19,5],
vd. inoltre Sai 47,5). Il fatto per che Jahwe si sia
scelto Israele come sua eredit non esclude, anzi
include, che egli sia re di tutta la terra (Sai 47,8).
per questo che il salmista osa persino dire che
i principi dei popoli si sono radunati come il po
polo del Dio di Abramo (v. 10). Anche se si do
vesse leggere4im 1am con il popolo... o sempli
cemente 1im con invece di am popolo (cfr.
i comm.), luniversalismo del regno di Dio sa
rebbe sempre unito al lelezione di Israele (su que
sto tema cfr. P.AItmann, Erwahlungstheologie
und Universalismus ini AT, 1964; H.Schmidt,
Israel, Zion und die Volker, Zurich 1968 (tesi),
lls.19ss.99s.).
c) Tra i salmi postesilici vi anche Sai 105 e 106;
essi non fanno che narrare la storia della salvezza
e presuppongono gi che il Pentateuco sia con
cluso. 105,6 parla della discendenza di bramo,
suo servo e, parallelamente, dei figli di Gia
cobbe, suoi eletti (behirw). Probabilmente al
posto dellultima parola bisogna leggere behfr
del suo eletto (cfr. BHS): eletto il patriarca,
ma in lui naturalmente anche Israele. Perci si
pu dire tranquillamente in v. 43, come in Sai
106.5, che il popolo costituito dagli eletti di
Jahwe. Da notare il plurale: il popolo viene ora
considerato come formato da individui. Si pone
allora il problema se non si debba distinguere
allinterno di Israele tra eletti e rifiutati.
d) Anche il Tritoisaia parla degli eletti di
Jahwe (ls 65,9.15). Si richiamano anzi antiche pro
n r a bhr ELEGGERE

256

messe che erano legate allelezione di Israele: essi


erediteranno la terra e la abiteranno come servi di
Jahwe. Gli eletti per non sono pi lIsraele em
pirico, ma il popolo di Dio che si former nel
tempo futuro della salvezza. Israele, cos come ,
ha scelto il male agli occhi di Jahwe (65,12; cfr.
66,3s.). La scelta errata degli uomini provoca
lesclusione dal gruppo degli eletti di Jahwe. Il
vero Israele deve essere creato soltanto da Jahwe:
far uscire da Giacobbe una posterit (65,9), e
tale posterit sar il mio popolo che mi cerca
(v. 10). on ci i contini dellTsraele del passato
sono del tutto eliminati. Ci sono eunuchi che
osservano i sabati di Jahwe e scelgono ci che a
lui gradito; essi devono avere nella casa di Jahwe
un nome e un posto migliore dei figli e delle fi
glie (56,4s.). chiaro che, considerando la deca
denza di Israele come popolo nella tarda epoca postesilica, si dovette giungere per forza a questa
nuova forma di fede nelPelezione, In essa la realt
dei popolo di Dio viene definita in modo nuovo
dal punto di vista del singolo, tenendo presente il
rapporto necessario che sussiste tra scelta divina e
scelta umana. Ma questa nuova concezione non
significa un annullamento della fede nellelezione
di Israele. Il nuovo popolo di Dio sar ancora, se
non proprio seme di Giacobbe , un seme
uscito da Giacobbe. E anche se il tempio sar
una casa di preghiera per tutti i popoli (56,7), co
loro che temeranno Jahwe avranno per sempre
come punto di riferimento Gerusalemme. E so
prattutto: vero che si resta esclusi dal gruppo de
gli eletti di Israele per la propria scelta errata, tut
tavia il nuovo popolo di Dio non si costituisce con
la propria scelta giusta, ma sar una creazione
escatologica di Jahwe.
e) Gi in uno strato secondario del Deut si par
lava dellelezione della trib di Levi al sacerdozio
(vd.sp. IV/2d). Non pu destare meraviglia che lo
scritto sacerdotale nei tre passi dove parla espres
samente d elezione (Num 16,5.7; 17,20) si occupi
del problema della legittimit del sacerdozio: il sa
cerdozio ora riservato alla discendenza di
Aronne, Ma ci non pacifico. La narrazione della
rivolta della fazione di Core (Num 16 P) descrive
unordalia che deve chiarire chi appartiene a lui
e chi santo, in modo da potersi avvicinare a lui;
chi egli avr scelto, deve avvicinarsi a lui (v. 5,
cfr. v. 7). Di una manifestazione divina che garan
tisce lelezione parla anche Num I7,16ss. (v. 20).
I passi diventano chiari nel loro significato se si
tiene presente che P non parla n dellelezione dei
popolo n deireiezione del re. sufficiente sapere
che eletta la dinastia sacerdotale. La salvezza
garantita per il fatto che proprio gli uomini pre
scelti esercitano davanti a Jahwe il loro servigio.
Questa concezione sacerdotale si fonda sul tenta
tivo di voler dare un fondamento sicuro alla fede
di Israele nella presenza della grazia divina. D al
tro lato per latteggiamento di Israele si limita
all ^correttezza cultuale. Sembra essersi estinta la
257

n r a bhr e l e g g e r e

protesta del profetismo preesilico contro la falsa si


curezza di Israele, il quale ritiene di poter fondare
sul tempio la propria fede nella presenza salvifica
di Jahwe.
0 La prospettiva sacerdotale ritorna nel Sai 105.
Anchesso parla dellelezione di Aronne. Ma nello
stesso tempo si parla di Mos come servo di
Jahwe (v. 26; in 106,23 Mos viene espressamente
detto hhtr). Il motivo per cui anche i salmi par
lano dellelezione dei singoli (vd.sp IV/4c), ma
anche di quella di Aronne e Mos, chiaro: Jahwe
nel suo amore ha eletto il popolo per poter com
piacersi della sua felicit (106,5). Ma Israele si
dimostrato indegno di lui, come la sua storia ha
mostrato. Sarebbe caduto se Mos non fosse
stato sulla breccia davanti a Jahwe (106,23).
questo un tentativo molto interessante di risolvere
il problema del popolo eletto che fallisce continua
mente, e delPelezione che minaccia di cambiarsi
in rifiuto. Israele, nella coscienza del proprio falli
mento come popolo eletto dal suo Dio, si aggrappa
allelezione dei suoi padri, dei suoi capi e dei suoi
mediatori di salvezza: Abramo (cfr. anche Neem
9,7), Giacobbe, Aronne ed ora anche Mos. Ri
torna nuovamente la prospettiva profonda del
canto del servo di Jahwe di Is 53; anchegli eletto
da Jahwe: egli, il giusto, mio servitore, procurer
giustizia a molti (v. 11). La buona prova di un
solo eletto rinsalda la fede nellelezione di molti,
come del resto nel NT non si pu parlare deirele
zione del popolo di Dio prescindendo dal Cristo,
lunico I x Xshtcx; tou Osou (G.Schrenk, ThW
IV,191-197 = GLNT VI,515-532).
g) Lopera storica del Cronista ha rielaborato le
tradizioni preesistenti. Di conseguenza essa non
ha creato una sua concezione propria delPelezione,
ma ha solo ripreso le idee precedenti. Tuttavia si
possono intuire le sue tendenze particolari. In
lCron 28,4ss. e 2Cron 6,5s. ci si richiama a IRe
8,16. Qui si parlava delPelezione di Gerusalemme
e di Davide. Ma il Cronista aggiunge: lelezione di
Davide presuppone lelezione di Giuda, che si
identifica con il vero Israele. Egli parla soprattutto
dellelezione di Salomone. Che per lui essa sia di
grande importanza lo dimostrano le ripetizioni in
lCron 28,5.6.10 e 29,1. Il vero motivo dellele
zione di questo re che egli vuole costruire una
casa a Jahwe (28,10; 29,1). Gi in alcune fonti sumeriche ed accadiche (vd.sp. IV/2d) il re scelto
dalla divinit soprattutto per aver cura dei san
tuari. Il Cronista ha perci visto ancora pi stret
tamente legate tra loro lelezione del re e quella di
Gerusalemme come luogo in cui Jahwe fa abitare
il suo nome, pi di quanto to fossero nei docu
menti a lui preesistenti. Anche altre volte egli d
grande importanza allelezione di Gerusalemme
(2Cron 6,5.6.34.38; 7,12.16; 12,13; 33,7; Neem
1,9), tanto pi che deve giustificare un atteggia
mento antisamaritano. Quando si parla dei tempio
non possono mancare naturalmente i leviti
258

(lCron 15,2; 2Cron 29,11). Da questa panoramica


risulta che di fatto il Cronista interessato solo
allelezione del tempio con il suo sacerdozio.
Lelezione del re non pi ormai un tema auto
nomo; delPelezione di Israele addirittura non se
ne parla. Se la liturgia del tempio pu essere cele
brata secondo le prescrizioni rituali, superfluo
pensare al problema dellelezione di Israele (lCron
16,13 citazione di Sai 105,6; anche Neem 9,7 ap
partiene al materiale tradizionale). Lantica teolo
gia del tempio (vd.sp. TV/2d) riuscita quindi a
prevalere. In realt Israele non pi il popolo
di Dio in senso etnico, ma la comunit cultuale
in quanto la schiera di coloro che, per cercare e
lodare Dio, si raccolgono nel luogo del sacrificio e
delladorazione.
5/ a) Non solo Dio, ma anche luomo sceglie
ed elegge. LAT conta molto sul fatto che luomo
pu scegliere il suo Dio o i suoi dei. Se il testo di
Giud 5,8 originario, allora il pi antico passo in
cui appare bhr nellAT parla della scelta di nuovi
dei. Nellambito del politeismo e nella complessa
situazione etnica e religiosa di Canaan dovette es
sere grande la tentazione di voler far fortuna con
nuovi dei. 11 primo comandamento ha di mira
proprio questa situazione. Di solito non si usa bhr
quando ci si rivolge ad altri dei; il termine ha un
peso teologico troppo grande ed una risonanza
troppo solenne per poter essere usato nella pole
mica contro lapostasia. Tuttavia Isaia minaccia:
Vi vergognerete degli alberi che avete desiderato
(hmd), e arrossirete dei giardini che vi siete scelti
(bfir) (Is 1,29; cfr. Wildberger, BK X, 69.71). 11
Deuteronomista esorta Israele con parole di
scherno: Andate e gridate agli dei che vi siete
scelti (Giud 10,14), e il Deuteroisaia cosi
esclama nella polemica contro gli idoli: Ecco, voi
siete un nulla, e la vostra opera non vale niente;
abominevole chi vi sceglie! (Is 41,24). La
stessa polemica compare ancora nel Tritoisaia (ls
65,12; 66,3), e anche Sai 16, composto pi o meno
nello stesso tempo, sembra parlare della scelta di
altri dei (v. 4 1. bhr invece di mhr, cfr.
H.Gunkel, Die Psalmen, "1926, 52). caratteri
stico che tale uso compaia non quando si constata
semplicemente che Israele serve altri dei, ma nella
polemica ironica: se credete di trovarvi meglio con
altri dei, bene, fate pure con loro quello che volete.
E se trovate gioia (cos si pu tradurre bhr in ls
66,3; cfr. p.e. la Bibbia di Zurigo) nelle loro vie e
il vostro cuore si compiace delle loro abominazioni
(hps), allora subite pure le conseguenze che una
tale scelta comporta. La scelta di altri dei e di altri
culti una possibilit che viene concessa, assieme
alla libert, ad Israele opp. agli uomini, e con tale li
bert essa si trasforma in realt, ma una realt che
conduce alla propria distruzione. La libert di una
tale scelta la possibilit della rovina.
b) Chi si sceglie una divinit, non solo sceglie un
altro nome con cui designare la realt divina, ma
259

si incammina su una via precisa (Is 66,3; cfr. an


che Sai 119,30), si sceglie determinate regole (Sai
119,173), Chi rinnega Jahwe, non solo sceglie ci
che male ai suoi occhi, ma semplicemente il
male, poich Jahwe il creatore e il custode
dellordinamento morale del mondo, in questo
modo gli ideali sapienziali poterono essere inseriti
nella confessione jahwista, Scegliere Jahwe opp. il
suo timore, scegliere la via della verit (Sai 119,30)
o della vita, in fondo la stessa cosa. Il fedele ha
questa fiducia: se uno teme Jahwe, questultimo
gli mostra la via da scegliere (Sai 25,12). E al
contrario la sapienza, o almeno quella pi tardiva,
pu ammonire di scegliere il timore di Jahwe
(Prov 1,29; cfr. 3,31), ma assicura anche che chi
ha operato una scelta giusta pu attendersi bene
dizione. La sua anima pernotter nel regno del
bene, cio trover felicit e salvezza e la sua di
scendenza erediter la terra (Sai 25,13). In que
sto modo le antiche benedizioni e maledizioni che
concludono il corpo legislativo possono essere ri
prese nellinterpretazione del deuteronomista con
linvito: scegli dunque la vita, cos vivrai...
(Deut 30,19).
t

c) Anche se si pu essere esortati a scegliere il


bene agli occhi di Jahwe, la via retta, la vita o
sim., manca tuttavia lultima conseguenza, cio
linvito a scegliere Jahwe stesso. Esso corrispon
derebbe esattamente al lamento che Israele si
scelto dei stranieri. Gios 24,15 si avvicina per lo
meno a tale conseguenza: se non vi piace servire
Jahwe, eleggetevi allora oggi chi volete ser
vire... , Israele viene qui posto chiaramente da
vanti alla scelta tra Jahwe e gli dei. Ma prescin
dendo dal fatto che Israele in realt viene impe
gnato dal Deuteronomista ad una scelta da lungo
tempo avvenuta (vd.sp. lV/3a), anche in questo
passo la logica della corrispondenza infranta:
lalternativa allelezione degli dei non lelezione
di Jahwe, ma il timore di Dio e il servizio di Dio
in sincerit e fedelt (v, 14), E alla possibilit della
decisione errata del popolo Giosu non contrap
pone la sua propria decisione di scegliere Jahwe,
ma la sua promessa solenne: io invece e la mia
casa serviamo Jahwe. Israele cosciente del
fatto che non si pu scegliere Jahwe come si pos
sono scegliere altri dei. Nel pluralismo della storia
delle religioni Jahwe non una delle molte possi
bilit davanti a cui luomo religioso viene a tro
varsi. Israele non deve scegliere Jahwe, ma solo ri
conoscere che stato scelto da lui. Pertanto lal
ternativa alla scelta di altri dei pu equivalere solo
a questo: se Israele vuole realizzare ci che il fatto
di essere propriet di Jahwe significa. Israele in
vitato a scegliere la via retta, ma deve anche con
fidare che Jahwe gli mostra tale via; deve scegliere
la vita ma pu farlo perch Jahwe l ha posta da
vanti al suo volto (Deut 30,19).
V/ 1/ Nella letteratura qumranica bhr si in
contra 30x, bhfr 20x (Kuhn, Konk. 30s.j. Lidea
- m bhr ELEGGERE

260

di elezione strettamente unita all'alleanza sinai


tica (1Q 34bis 3 11,5), cosa che non avviene in
modo cos diretto nellAT. L'idea passa dallal
leanza sinaitica alla nuova alleanza; i suoi
membri sono eletti di Dio (IQpAb 10,13) opp.
di Israele (IQ 37 1,3 ecc.). Nella comunit
stessa d Qumran i sacerdoti sdoqiti sono eletti in
senso particolare. I behfnm sono retti e condu
cono una vita perfetta (1QS 4,22s.), e Dio li fa par
tecipi della sorte dei santi (1QS 11>7). Sono eletti
fin dall'inizio del mondo, cosa che non va intesa
in senso deterministico, poich prima che fos
sero creati, egli conosceva le loro opere (CD
2,7s.). Gli eletti sono quindi totalmente liberi nelle
loro decisioni, essi si definiscono perci anche
coloro che sono liberamente disposti (1QS 5,1
ecc.); si scelgono essi stessi la via (1QS 9,17s.),
Cfr. per Qumran F.Notscher, Zur theologschen
Terminologie der Qumran-Texte, 1956,174s.; id.,
BZ 3, 1959, 220ss.; J.Gnilka, BZ 7, 1963, 44-48;
J.A.Fitzmyer, The Aramaic Elect of God Text
from Qumran Cave IV, CBQ 27, 1965, 348-372.

Per il nome proprio Mbthjh Jahwe loggetto della


(mia) fiducia, con la forma secondaria Mpthjh e le
forme ridotte Mb/pth nei papiri aram. di Elefantina
(Cowley 295a.297; BMAP 187) cfr. J.J.Stamm, FS
Baumgartner 1967, 314. In ebr. Mbthjhw si trova ne)
coccio di Lachis I, r- 4 (cfr, TGI1nr. 34).
Sulla base dellarab. bth prostrare (VII stare boc
coni ) si supposto per Ger 12,5 e Prov 14,16 il senso
di cadere a terra , o ritenendo che questo fosse il si
gnificato primario poi sviluppatosi in quello di ( gia
cere > abbandonarsi a > ) confidare (p.e.
G.R.Driver, FS Robinson 1950, 59s.; J.Blau, VT 6,1956,
244; L.Kopf, VT 8, 1958, 165-168), o pensando ad una
radice bth II (HAL 116a: qal Ger 12,5; Prov 14,16; bat(th valle abitata Giob 12,6; respinto p.e. da Rudolph,
HAT 12,84; Fohrer, KAT XVI,237), il che presuppone
una diversa derivazione di bth T (L.EChler, ZAW 55,
1937, 172s.; OTS 8, 1950, 8s.', e KBL 118b: partendo
dalfarab. bi eh giumenta gravida e dall'ebr. u,batthlm cocomeri egli lenta di spiegare bth essere
piano, solido > esser fiducioso, aver fiducia, esser si
curo ; diversamente Ch.Rabin, FS Baumgartner 1967,
225-228: arab. bt con il valore base esser forte e il
passaggio semantico forza, grandezza > fiducia in
se stesso ).*

2/ La versione dei LXX in genere traduce bhr


con xXyEfiOat (per dettagli cfr. G.Quell, ThW
IV,148s. = GLNT Vl,403ss.). bhfr viene sempre
tradotto con exXext^j come daltra parte xXye<70<xL solo in pochi casi viene usato per tradurre
altre radici ebraiche; ci denota che la parola in
tesa come un termine teologico fisso.

Quanto al verbo sono attestate le coniugazioni qal


e hi.; si hanno poi le derivazioni nominali bcetah
e (tradizionalmente) battht sicurezza ; bitha,
mib\h e bitthn fiducia ; bth pieno di fi
ducia .

3/ Per Fuso di bhr opp. IxXyecrOai nel tardo


giudaismo e nel NT cfr. G.Quell-G.Schrenk, art.
exXyo^aL/exXoy^/xXEXTt;, ThW IV ,147-197
(= GLNT VI,400-532); G.Nordholt-L.Coenen,
art. Erwahlung, ThBNT 1,282-291; inoltre
-N.A.Dahl, Das Volk Gottes, 1941, 51ss.;
B.W.Helfgott, The Doctrine of Election in Tannaitic Literature, 1954; I.Daumoser, Berufung und
Erwahlung bei den Synoptikern, 1955; LI.Braun,
Sptjud.-hretischer und fruhchristlicher Radikalismus, 1957; J.Jocz, Theology of Election, 1958;
U.Luz, Das Geschichtsverstndnis des Paulus,
1968, 64S.179,
H. Wildberger

ritta

bth

CONFIDARE

1/ Al di fuori dellAT b{) confidare atte


stato solo sporadicamente nel can.; manca in
aram. (se si accettuano poche ricorrenze derivate
dallebr.) e in acc. e viene sostituito dalle radici
rh$ /ra/js u e tkl/taklu. Le derivazioni etimologi
che, che hanno tentato di far risalire bth ad un si
gnificato materiale e concreto della radice, non
hanno dato sinora risultati convincenti.
Una glossa can. in EA 147, r. 56 contiene ba-t-i-ti (batt
i) sono sicuro (cfr. CAD B 177a; DISO 33).
In una lettera fen, del 6* sec. (KAI nr. 50, r. 5) bth si
trova in un contesto corrotto e non del tutto chiaro ( si
curezza/garanzia ?). .

261

I1M bth CONFIDARE

2/ Includendo i passi con bth II (vd, sp.) si ot


tiene la seguente statistica:
qal
Gen
Lev
Deut
Giud
ISam
IRe
2Re
ls
Ger
Ez
XII
Sai
Giob
Prov
Eccle
lCron
2Cron
AT

1
5

hi.

8
18
14
2
5
44
4
10
T

1
1
113

1
1
2

bcetah
1
3
3
2
1
1

3
4
11
4
3
2
4

1
4
3
1

4
4
4
1

altri sost.

42

22

totale
l
3
4
7
l
1
10
26
23
14
9
52
10
18
1
1
1
182

La colonna altri sost. comprende battht lx (Giob


12,6), bth lx (Is 30,15; bithk di Ger 48,7 inteso se
condo Mand. e HAL 116a come inf. qal, in Lis. sotto
ba>tah), mibth 15x (Prov 4x, Ger/Sal/Giob 3x cia
scuno, Is/Ez lx ciascuno), bitthn 3x (2Re 18,19 = Is
36,4; Eccle 9,4) e btah 2x (Is 26,3; Sai 112,7).*

3/ a) NellAT il verbo tipico delle preghiere e


degli inni: due quinti dei passi si trovano nel sal
terio; inoltre, al di fuori di questo libro, anche altri
testi appartengono a generi liturgici (cfr. la pre
ghiera di ls 12,2; finno di Is 26,4) o ne riflettono
la tematica (cfr. le dissertazioni dtr. Ger 7,4ss.;
262

2Re 18,585.), Senza voler pregiudicare linterdi


pendenza delle loro rispettive istituzioni, pos
siamo accennare alle formule di maledizione e di
benedizione e sim. (cfr. Ger 17,5.7; Is 31,1; Am
6.1) e agli oracoli profetici di salvezza e di con
danna, in cui si parla del confidare in maniera ana
loga (Is 30,12; 42,17; 47,10; 50,10; 59,4; Os 10,13;
Mi 7,5; Sof 3,2 ecc.). Anche autentici passi sapien
ziali si rifanno alPaccezione religiosa di bth
(Prov 3,5; 16,20; 28,25; 29,25; cfr. Giob 11,18);
fuso cultuale quindi sempre preminente. 1 nomi
sono sparsi un po' ovunque; mibi ah sembra risa
lire solo al tempo dellesilio di Giuda (Ger 2,37
la prima ricorrenza?),
b) bfh pu designare la condizione o la disposi
zione danimo d chi sicuro; il part. att. qal ne
lespressione pi idonea. Gli abitanti di Lais pre
israelitica vivono in piena sicurezza, tranquilli e Fi
denti (sqt ublah, Giud 18,7.27); loracolo d
castigo si rivolge contro le contadine che si sen
tono sicure nella loro baldanza (Is 32,9ss.). Se
contro di me divampa la battaglia, anche allora ho
fiducia (bezt >anF btah Sai 27,3). Uno che si
sente sicuro non ha paura (Is 12,2; Sai 56,5.12) e
non viene scosso da nulla (Sai 21,8; cfr. 25,2;
26.1). Anche il semplice impf. qal pu descrivere
questo stato di sicurezza (Prov 28,1). Di solito si
dice su cosa si basa o ci a cui si rivolge il senso
di sicurezza, usando espressioni preposizionali
(bth be/'celi"al). Si ha fiducia (cfr. luso rifles
sivo in 2Re 18,24; Ger 7,8) in oggetti, persone e
circostanze (le mura della citt Deut 28,52; la stra
tegia di guerra Giud 20,36; la forza? Os 10,13; te
sori Ger 49,4; bellezza Ez 16,15) e anche nel male
(Is 30,12). La proposizione relativa in cui riponi
fiducia viene usata come formula (cfr. Deut
28,52; 2Re 19,10 = Is 37,10; Ger 5,17; 7,14; Sai
41,10; 115,8). Se gli eventi esterni sono ordinati e
pacifici luomo vve in sicurezza (uso avver
biale di bcetah, lbctah, cfr. ISam 12,11; Is 32,17;
Mi 2,8; Prov i ,33; Lev 25,18s.; Giud 18,7; IRe 5,5;
Ez 38,8ss. ecc.).
bth per non soltanto verbo di stato: esprime an
che lorigine e lazione dellaver fiducia, svilup
pandosi nella sfera di sicurezza della vita o mi
rando a costituirla. Inviti ad aver fiducia oppure
ammonizioni contro ingiustificati entusiasmi (im
perfetti: Ger 17,5.7; Sai 44,7; 55,24; 56,4s.l2; im
perativi, lussivi, anche negativi: Is 26,4; 50,10;
Ger 7,4; 9,3; 49,11; Mi 7,5; Sai 4,6; 9,11; 37,3; Prov
3,5) indicano un salto di fiducia che ancora da
compiersi, mentre le proposizioni al perfetto (cfr.
btahtJ confido Sai 13,6; 25,2; 26,1; 31,7.15;
41,10; 52,10; 56.5.12 e anche Pimpf. yant cebfah
Sai 55,24 o il part. / btah Sai 27,3) denotano
r abbandonarsi, Paffidarsi completamente , che
stato sperimentato in tutta la sua importanza.
Sia nelle descrizioni di uno stato o di una condi
zione, sia nelle affermazioni di fiducia con diversa
durata, frequenza e modulazione, troviamo sem
pre definito ci a cui si rivolge il confidare; bth n
263

dica quasi sempre un fatto determinante per lesi


stenza (diversamente A.Weiser, ThW VI,191s. =
GLNT X, 384 ss,). Chi confida si appoggia a qual
cosa (cfr. s/? appoggiarsi e Is 30,12; 31,1; 50,10;
Prov 3,5; smk e 2Re 18,21 = Is 36.6; Is 26,3; Sai
71,5s.) e fa dipendere tutto dalla disponibilit de
gli altri; egli cerca protezione (cfr. hsh e Giud
9,15; 2Sam 22,3; Is 30,2; Sai 11,1; 16,1; 31,2; 71,1;
91,4; 118,8s. ecc.) e segue le sorti di colui nel quale
confida.
I derivati mibth motivo, scopo del confidare (a dif
ferenza di altri sostantivi indica quasi sempre loggetto
del confidare, p.e. lahwe Ger 17,7; Sai 40,5; 65,6; 71,5;
Betel Ger 48,13; ragnatela Giob 8,14; tenda 18,14; oro
31,24; nel plur. per indicare pi oggetti del confidare Is
32,18; Ger 2,37; anche Prov 22,19 perch la tua fiducia
sia riposta in Jahwe non va inteso come nome
dazione), bitthn fiducia, speranza (solo in 2Re
18,19 = Is 36,4 e Eccle 9,4; la sfumatura espressa dalla
forma nominale non ben percepibile), bit ha fiducia
(solo Is 30,15, nome dazione, cfr. Finf. in Ger 48,7) e
lagg. bdtah pieno di fiducia (solo Is 26,3; Sai 112,7)
rientrano del tutto nel quadro di valori tracciato sopra.

4/ La connotazione teologica specifica di questi


termini si rende evidente nellAT soprattutto
quando si dice che solo la fiducia in Jahwe
realmente fondata e sicura, o quando si affer
ma che nessun altro valore pu essere oggetto
ultimo del confidare. Ci si verifica in quasi tut
ti quei passi in cui compare bth\ la nostra voce
costituisce perci un termine eminentemente
teologico che si avvicina per il suo valore ai
sinonimi mn hi. credere, hsh cer
car protezione (cfr. A.Weiser, ThW VI491ss. =
GLNT X, 384 ss.; R.Bultmann, ThW VI,5s. =
GLNT IX,133ss.).
Non mancano dichiarazioni programmatiche sulla
fiducia da riporre in Jahwe: possono essere di ca
rattere sapienziale (Ger 17,5 maledetto colui che
confida nelluomo... , v. 7 benedetto colui che
confida in Jahwe; Prov 16,20 chi confida in
Jahwe beato ), profetico (cfr. Is 30,12 voi con
fidate nella perversit e nella perfidia, ponendole
a vostro sostegno... , v. 15 nella conversione e
nella calma sta la vostra salvezza, nellabbandono
confidente sta la vostra forza ) e teologico.
La storia di Ezechia e delfassedio di Gerusalemme da
parte degli Assiri, la cui tradizione alquanto complessa
(2Re 18s. = Is 36s.; cfr. la versione di 2Cron 32 rielabo
rata e composta in un altro contesto), pu essere lo svol
gimento di un tema che ha per titolo: Jahwe il solo
Dio (2Re 19,15.19), solo in lui si pu confidare . In 2Re
18ss. si ha una descrizione del tutto positiva di Ezechia.
Gli assedianti provocano il re: che fiducia quella su
cui ti appoggi? (18,19.20; 19,10), e riducono la sua fede
allassurdo. La scarsa attendibilit degli alleati, gli eventi
storici e la potenza dellarmata assira sotto la protezione
di Dio (18,19-25; 19,11-13) contrastano la fiducia che
Ezechia ripone in Jahwe (cfr. spec. 18,22.25 e il climax
al v. 30: Ezechia non vi induca a confidare in Jahwe
[bth hi.]). Contro ogni calcolo di carattere militare, la
fiducia di Ezechia viene miracolosamente confermata
(19,35ss.). Sulla differenza tra questo racconto e la pre
dicazione di Isaia cfr. von Rad 11,175; B.S.Childs, Isaiah

TOH b(h CONFIDARE

264

and th Assyrian Crisis, 1967; R.Deutsch Die Hiskiaerzahlungen, Basel L969 (tesi).
Il discorso di Geremia sul tempio (7,3-15) vuol dimo
strare in base agli eventi storici come possa risultare
falsa la fiducia riposta in Jahwe, se non unita ad una
vera e pronta obbedienza.
Ambedue le narrazioni costituiscono un esempio della
ricerca (dtr.) di nuovi rapporti con Jahwe, durante il pe
riodo delFesilio.

Si ritrovano le medesime problematiche teologi


che in brani propriamente cultuali o liturgici.
Jahwe attendibile? lui lunico di cui ci si pu
fidare? I formulari degli inni esortano i parteci
panti al culto a rischiare questo salto di fiducia (in
viti diretti allimp. p.e. Sai 37,3; 62,9; 115,9ss.),
confessano solennemente che Jahwe aiuto, pro
tezione e rifugio (cfr. Sai 25,2s.; 27,3.5.9s.; 28,7;
31,4.7s.; 71,5* 91,2; cfr. Gunkel-Begrich 232ss.) e
non delude i suoi protetti (cfr. l'espressione raffor
zativa non ho timore o sim., che spesso unita
direttamente ad unaffermazione di fiducia, Sai
56,5.12; 25,2; 21,8), ed esigono che lesempio di fi
ducia faccia scuola (Sai 40,4). Grande rilevanza ha
comunque nel linguaggio dei salmi rafferma
zione: io (noi) confido (confidiamo) in Jahwe .
Nel salterio 17 su 44 passi con bth q. sono confessioni
personali di questo tipo; sono spesso rafforzate dal pro
nome di l a pers. sing. o plur. (cfr. anche le espressioni
si nonime con hsh Sai 7,2; 11,1; 16,1; 71,1 ecc.; qwh
pi. Is 8,17; 25,9; Sai 25,5.21; 40,2; 130,5; -dbq Sai 63,9;
119,31; smk ni. Is 48,2; Sai 71,6; sln ni. 2Cron 14,10
ecc.). A volte raffermazione di fiducia personale sta al
termine di un salmo (Sai 55,24; 84,13), normalmente
per costituisce il nucleo di una formula che appartiene
al genere della lamentazione, e cio la dichiarazione di
fiducia (cfr. Gunkel-Begrich 254ss.; S.Mowinckel, The
Psalms in Israels Worship, I, 1962, 220 e lindice s.v.
Confidence ).

Ci significa che nella tradizione dIsraele viene


confessata e richiesta una dedizione assoluta ed
esclusiva a Jahwe. Questa fiducia in Jahwe com
prende la speranza nella salvezza (Giob 11,18) e la
fede nel Dio dei padri (Sai 22,4s.).
5/ Teologi giudei e cristiani riuniscono sotto la
voce fiducia in Dio un complesso di elementi
che abbracciano fede, obbedienza, speranza .
Ma a lungo andare la fiducia riemerge in prima li
nea (per i testi di Qumran cfr. 1QM 11,2 con ISam
17,45; per gli apocrifi e gli pseudepigrafi, i testi
neotestamentari e quelli del cristianesimo primi
tivo cfr. R.Bultmann, art. Tri<iTe\jc, ThW VI, 197
230, spec. 200s. 206s. = GLNT X, 400-488, spec.
405ss. 421ss.; id., art. 7t(6<o, ThW VI,1-12, spec.
5s.= GLNT IX ,1351-1382, spec. 1363ss.). La frase
7rejrot0vaL in i
6ew non ha nel NT un valore
teologico specifico; essa viene assorbita da7u<TTeuelv la fiducia ha assunto forma di fede (Bultmann, ThW VI,7 = GLNT IX ,1370). Cfr. anche
StrB 111,188.191 s.; R.Bultmann, art. Xw;, ThW
11,518-520 (= GLNT 111,517-522).
E.Gerstenberger
265

T*3 blu CAPIRE

ra

b in

CAPIRE

1/ La radice bin capire ( < distinguere )


documentabile in quasi tutta larea linguistica
semNO. e sem. meridionale (cfr. HAL 117b; an
teriore o contemporaneo allAT solo lug. bn,
WUS nr. 531; UT nr. 461).
Accanto al verbo (q,, ni.,hi., poi., hitpo.) ricorrono
i sostantivi bina perspicacia, senno e
tebun perspicacia, abilit ; cfr. anche il nome
proprio Jbln.
I vocaboli ben tra e (Is hab)bnjim provocatore
(HAL 118.134), che sono per lo pi connessi con la me
desima radice, non vengono qui trattati.

2/ Il verbo appare nelle coniugazioni qal e hi.


126x complessivamente (incl. Ger 49,7 [in Lis.
sotto ben] e Prov 21,29Q); allimperfetto, per quasi
la met di tutte le ricorrenze, non si pu fare di
stinzione tra le due coniugazioni verbali (BL 396;
Bergstr. 11,149). Il ni. viene usato 22x (21x come
part. nbrt, nel senso aggettivale di perspi
cace), poi. lx, hitpo. 22x, i sostantivi bina 37x
(pi lx aram. in Dan 2,21) e tebn 42x.
La maggioranza delle 250 attestazioni ebr. si trova nei
salmi e nei testi sapienziali (Prov 67x, Giob 3x, Sai
30x), in Is (28x), nellopera cronistica (23x) e in Dan
(26x, pi lx aram.).

3/ Il verbo binyusato di rado impropriamente


(per luso nella letteratura sapienziale vd, st. 4),
devessere normalmente tradotto con rendersi
conto o notare sia al qal che allhi. (hitpo.
spesso con badare a ; sulla differenza di signi
ficato tra q. e hi. cfr. Jenni, IIP 254).
,
Esempi: rendersi conto di chi chiama (ISam 3,8); che il
bambino morto (2Sam 12,19); delle mancanze (Sai
19,13); del fuoco (58,10); di un delitto (Neem 13,7); della
corruzione (Giob 6,30), in modo assoluto 1n mbln
nessuno ci bada (Is 57,1); far attenzione alla lettura
della legge (Neem 8,8; cfr. 8,2.3.12; 10,29); hitpo. guar
dare attentamente ( 1Re 3,21 ; cfr. Giob 31,1.12).

Nei libri delle Cronache significa talvolta essere


esperto in una determinata professione (fjknr,
lCron 15,22; 25,7; 27,32; 2Cron 34,12; cfr. Dan
1,4.17; 8,23; cfr. tebw in Es 31,3; 35,31; 36,1; Re
7,14).
Lhi. significa talora distinguere (Re 3,9), essere
saggio (3,11), e preceduto da negazione non capire
nulla (Is 29,16 detto del vasaio).

Oltre che in senso transitivo interno, Fhi. viene


usato circa 20x anche in senso causativo: dare
senno, donde istruire (p.e. 2Cron 35,3Q;
part. mbin insegnante Esd 8,16; lCron 25,8).
Per le diverse costruzioni del verbo seguito dalloggetto
e da preposizioni cfr. HAL 117s.

4/ Per comprendere luso teologico del verbo


bisogna prima di tutto far riferimento ai passi in
cui Jahwe appare come soggetto.
266

Jahwe fa attenzione ai delitti (Sai 94,7 par. r h


vedere ), conosce i pensieri degli uomini
(139,2; cfr. lCron 28,9), intende i sospiri (Sai 5,2
par. zn hi. ascoltare ), bada alle opere degli uo
mini (33,15), si prese cura del suo popolo (Deut
32,10 poi). Della fbn di Dio si parla in Is
40,14.28;Ger 10,12 = 51,15;concessaal re IR e 5,9;
cfr. ls 11,2 bfn.
Quando soggetto il popolo o il singolo, si fa
spesso riferimento airazione di Jahwe nella natura
e nella storia (Dt. 32,7 par. zkr ricordare ; Sai
28,5; 73,17; hitpo.: Is 43,18; Giob 37,14; 38,18; cfr.
diversamente Is 52,15 e Ger 2,10).
Teologicamente stato ancora troppo poco consi
derato il fatto che nellAT il giusto rapporto con
Dio spesso espresso proprio con concetti sapien
ziali (cfr. H.H.Schmid, Wesen und Geschichte der
Weisheit, 1966, 199-201 con bibliogr).
Con numerose e diverse formulazioni vien messo
in evidenza che il popolo e il singolo devono ca
pire qualcosa (spesso parallelo di jd L cono
scere): Is 6,9s.; 32,4; 40,21; 43,10; 44,18; Ger
23,20 = 30,24; Os 14,10; Sai 94,8; 107,43 (cfr. con
bin: Is 27,11 ; 33,19), oppure che questo capire
abitualmente manca: Deut 32,28s.; ls 1,3; Ger
9,11; Os 4,14; Sai 49,21; cfr. Sai 82,5; Dan 11,37.
Quando in epoca tardiva la legge si pone al centro
della religione vtrt., diventa essa stessa oggetto e
scopo del capire: Neem 8,2.3.12; 10,29; Sai
119,27.34.73.96.100.104.125.130.144.169; cfr. gi
Deut 4,6 (bin).
Di particolare significato questo gruppo in Prov,
Giob e Dan.
I proverbi di Salomone servono !ehbfn'irnr bina peT
capire (o per imparare) le parole della saggezza (Prov
1,2), il loro scopo la bina o tebn (2,3), si tratta di ca
pire il msl, il detto sapienziale (1,6), di accogliere "orma
prudenza (8,5a), di capire la via (14,8), di diventare
perspicace (8,5b txt?); mbn perci il giudizioso
(8,9; 17,10.24; 28,2,7.11), bin il senno (spesso par.
di hokm sapienza; 4,1.5.7; 7,4; 8,14; 9,6.10; 16,16;
23,23; 30,2), similmente tebn (2,2.3.6.11; 3,13.19; 5,1;
8,1;'10,23 ecc.), nbn lassennato (par. di hkm
saggio, contrario: stolto, beffatore; 10,13; 14,6.33;
15,14; 16,21; 17,28; 18,15; 19,25). In 3,5; 23,4 si parla
della bin falsa, puramente umana; tebnd: 21,30.
Nel poema di Giobbe questo gruppo viene usato in ma
niera molto diversa. Accanto alluso profano (6,30;
14,21; 18,2; 31,1; 32,12 ecc.) e genericamente sapienziale
(28,23; 32,8.9; 34,16; 36,29 ecc.; cfr. inoltre il gran nu
mero di testi in cui ricorrono bina e tebn) si trovano
alcune maniere pi specifiche di usare il termine:
Giobbe, che nota lingiustizia di Dio (13,1 par, r ii ve
dere , sin' udire ; cfr. 23,8), non in grado di vedere
Dio (9,11 par. r'h\ 23,8). Vorrebbe sapere che cosa Dio
gli risponderebbe (23,5 par. jd''), ma Do non si cura di
lui (30,20 txt em). Del giudizio dei suoi amici Giobbe
non comprende nulla (15,9 par. jdl\tuttavia vorrebbe
che costoro gli indicassero i suoi errori (6,24 parJrh hi.
insegnare ).
Nei racconti delle visioni del libro di Daniele bin diventa
il termine tecnico che esprime il capire ie cose vedute in
visione ed ascoltate (con diverse costruzioni: 1,17;
8,5.15.16.17.27; 9,22.23; 10,1.11.12.14; 11,33; 12,8.10);
cfr. anche il capire gli scritti in 9,2.

267

5/ Alla fusione di sapienza, apocalittica e gnosi,


che si verifica col sorgere della nuova era,
contribuisce anche il pensiero della setta di
Qumran. Per il significato dei termini sapienziali
in Qumran cfr. F.Ntscher, Zur theol. Terminolo
gie der Qumran-Texte, 1956, 38ss. (per bin e
bina ibid. 54ss.).
Per luso nts. del verbo gr. ytv^fixeiv, in cui nei
LXX sono gi confluite le radici bin e jd\ cfr.
R.Bultmann, art. ytv^crnco, ThW 1,688-719 (=
GLNT 11,461-542).
H.H.Schmid

rP3 bjit CASA


1/ * bajt- casa appartiene al semitico co
mune (Bergstr. Einf. 186); in tutte le ramifica
zioni delle lingue sem. si hanno, come in ebr., si
gnificati traslati (cfr. p.e. AHw 132-134; CAD
B 272-277.282-297; WUS nr. 600; UT nr. 463;
DISO 35s.).
Derivazioni dirette da bjit in ebr. non se ne tro
vano; btn palazzo (Est 1,5; 7,7.8) potrebbe
essere una parola presa in prestito dallacc. attra
verso la mediazione delParam. (Wagner nr. 42).
Nellaram. bibl. accanto a bjit si ha anche il
verbo denominativo bit passar la notte (Dan
6,19) (corrispondenze in acc., ug., aram., arab.
ed et., non invece in ebr., dove si ha con que
sto significato il verbo Un pernottare , usato
anche con valore pi generale nel senso di tro
varsi ).
Molto numerosi sono invece i nomi di luogo com
posti con Bt-(HAL 120-124; nr. 1-52); in questo
caso spesso Bt- designa in origine il santuario di
una divinit (p.e. Bt Dgn, Bt 1,0nt, Bt Scmces).
Talvolta, ma non in maniera del tutto persuasiva, s
suppone una forma femminile (aram.) di ben fra
per i testi difficili 2Re 11,15 = 2Cron 23,14 (Jcel
mibbt [/*], vd. st. 3c) e Prov 8,2 (bt netfbt croce
via ?, cfr. Gemser, HAT 16,44) (Wagner nr. 41; HAL
124a; per Ez 41,9 cfr. Zimmerli, BK XUI,1031; per
Giob 8,17 cfr. Horst, BK XVI, 126). In 2Re 23,7b in
luogo dell'attuale plur. di bjit si deve pensare piuttosto
ad un termine bat III abito intessuto al plur.
(HAL 159b).

2/ La statistica delle ricorrenze di bjit resa


difficile dal fatto che non sempre si possono di
stinguere chiaramente i nomi di luogo composti
con Bt-.
Nella lista che segue, assieme a Lis, (e Mand.) non ven
gono considerati come nomi di luogo i nr. 5, 30, 46, 51
di HAL 120-124, mentre vengono considerati tali (con
tro Lis.) i nr. 12, 23 e 27 (Bt Haggn 2Re 9,27; BtHakkrcem Neem 3,14; Bt Mifio' Giud 9,6.20.20; 2Re
12,21). Senza i circa 50 nomi di luogo con le loro deriva
zioni aggettivali (circa 240 ricorrenze) e senza 2Cron
34,6K, ma con 2Re 23,7b (vd. sp. 1) e includendo anche

IT5

b jit CASA

268

Nem 1,22 e 2Sam 19*120, mancanti in Lis., risultano le


seguenti cifre:
Gen
Es
Lev
Num
Deul
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez

109
59
53
58
45
25
68
61
115
194
151
75
146
181

Os
Gioe
Am
Abd
Giona
Mi
Nah
Ab
Sof
Agg
Zac
Ma!
Sai
Giob

15
6
27
5

16
1
3
5
11
31
2
53
26

Prov
Rut
Cant
Eccle
Lam
Est
Dan
Esd
. Neem
lCron
2Cron

38
7
5
11
3
28
3
30
52
112
218

AT ebr. 2048

bftn ricorre 3x, aram. bibl. bjit 44x (Dan 9x, Esd
35x), bit q. lx.
3/ a) Nel suo significato primario bjit designa
la casa stabile, costruita con ogni tipo di mate
riale (BRL 266-273.409-416; BHH ll,658s.;
111,1361-1365), distinta di solito da 1hcel tenda
(cfr. 2Sam 16,22; Ger 35,7.9s,; Os 12,10; ma Sai
132,3 'hcel btT la mia tenda di abitazione;
lCron 9,23 txt? bt-h'hcel casa della tenda,
cfr. Rudolph, HAT 21,88; hcel ricorre nellT
345x [Num 76x, Es 62x, Lev 44x, Gen 23x, Sai
18x, Prov 14x, Giud 13x], nel 60% dei casi nel si
gnificato cultuale di tenda di Jahwe, tenda
deirincontro o sim. [
j ld 2.4b]) e da sukk ca
panna (cfr. Gen 33,17; nelPAT 31x); cfr. A.Alt,
Zelte und Hutten, FS Ntscher 1950, 16-25 =
111,233-242; W.Michaelis, Zelt und Hutte im biblischen Denken, EvTh 14, 1954, 29-49. Per
lespressione alle tue tende, Israele! usata nel
congedare le truppe israelitiche, e per altri testi,,
nei quali formule fisse del periodo nomadico non
hanno subito, dopo la sedentarizzazione, le corri
spondenti modifiche di contenuto (tenda > casa),
cfr. Alt, Le., 240.
Prescindendo dal termine astratto pi generico binjn
edificio {bnh costruire ; prestito aram. in Ez 40,5;
41,12.12.15; 42,1.5.10 [41,13 binj 1; cfr. Wagner nr. 44),
si possono trovare dei sinonimi solo per designare grandi
case, palazzi ecc.: accanto al frequente bi hammczlcek
palazzo reale si trovano termini presi da altre lingue,
come hkl palazzo, tempio (sum. * haikal lA.Falkenstein, Genava N.S. 8,1960, 304] > -gai, acc. ekalluy
ug. hkl, aram. bibl. hkal\ nellAT ebr. 80x [in Ger 7,4
triplicato] ed aram. I3x, di cui 14+5x col significato di
palazzo : IRe 21,1; 2Re 20,18 = ls 39,7; ls 13,22; Os
8,14; Gioe 4,5; Am 8,3; Nah 2,7; Sai 45,9.16; 144,12;
Prov 30,28; Dan 1,4; 4,21.26; 5,5; 6,19; Esd 4,14; 2Cron
36,7), appazdcen palazzo ( < persi, apadna, cfr. Wa
gner nr. 25; Dan 11,45) e bftn palazzo (vd. sp. 1),
mentre le espressioni 'armn (Is 13,22 ,atmn) palazzo
(fortificato) (33x, soprattutto nei profeti) e special
mente bfr cittadella (18x, solo in Est, Dan, Neem e
l/2Cron; aram. bfr Esd 6,2; prestito acc., cfr. Wagner
nr. 40) accentuano pi fortemente laspetto della Fortifi
cazione (cfr. anche migdi torre , gi).

b) Unito ad ,fl7hitn Dio o ad un nome divino


(pi raramente quando usato ellitticamente da
269

JT3 bjit CASA

solo, oppure viene determinato in altra maniera


dal contesto immediato, p.e. IRe 13,32 e 2Re
17,29 santuari delle alture; m 7,13 santuario del
re; Mi 3,12; Agg 1,8) bjit designa ordinariamente
una casa di Dio , un tempio (cfr. BRL 511
519; BHH 111,1940-1949). NellAT si tratta in al
cuni casi del santuario di dei stranieri (p.e. ISam
5,2 tempio di Dagon; cfr. anche i nomi di luogo,
vd. sp. 1) o di santuari di Jahwe fuori Gerusa
lemme (Giud 18,31 per tutto il tempo in cui la
casa di Dio rimase in Silo ; ISam 1,7; per Bt-'l
vd. st. 4b e ! 111/2), ma generalmente si tratta
del tempio di Gerusalemme ( lhm III/ 6;
lespressione bt Jhwh casa di Jahwe si trova
nellAT 255x [2Cron 75x, 2Re 52x, Ger 33x, IRe
22x, lCron 20x, Sai 9x]; per Os 8,1 vd. st. 3d).
Come sinonimi vanno menzionati hkl (vd. sp.
3a), che per pu anche designare il vano princi
pale del tempio in opposizione allatrio e al Santo
dei Santi (HAL 235a), e le espressioni pi generali
qdaes e miqds santuario (qds).
c) I significati figurati di bjit, finch restano nel
campo impersonale e non si riferiscono agli abi
tanti della casa (vd. st. 3d), si fondano principal
mente sulla rappresentazione della casa come am
biente chiuso. Se in questa idea viene ancora sot
tolineato il fatto che si tratta di unabitazione di
esseri viventi, allora si pu parlare di luogo di
soggiorno (di uomini: Giob 17,13 se spero, gli
inferi sono la mia casa ; 30,23 alla morte tu mi
conduci, alla casa dove ogni vivente si presenta ;
di animali: Giob 39,6 la steppa come dimora
delfasino selvatico; Giob 8,14 e 27,18 txt em tela
del ragno). A concezioni originariamente eg. risale
lespressione casa eterna , testimoniata anche
in pun., paini., gr. e lat., che designa il sepolcro in
Eccle 12,5 (bf^lm; cfr. Sai 49,12: cfr. E.Jenni,
ZAW 65, 1953, 27-29), Non al sepolcro, ma, per
trasposizione, ai corpi umani caduchi si riferiscono
le case dargilla in cui gli uomini abitano
(skn), di Giob 4,19 (cfr. Horst, BK XVI,76).
In certi usi tecnici di bjit anche lelemento dellabitare
pu scomparire del tutto, per cui il senso si riduce a
quello di contenitore o sim.: per chiavistelli (Es
26,29; 36,34) oppure stanghe (Es 25,27; 30,4; 37,14.27;
38,5); btte nosjies di Is 3,20 viene spiegato tradizional
mente come vasetti di profumi , recentemente invece
come scatolette dei morti = amuleti (cfr. Wildberger,
BK. X,143). Difficile anche Ez 1,27 fuoco, che or
lato tuttinlorno (Zimmerli, BK X III,2.8.56), che dun
que ha un alone . Al significato di suolo , che at
testato per Facc. hi tu (AHw 133a), si richiama infine
IRe 18,32 spazio per due moggi di semente .

bjit si trasformato completamente in espres

sione avverbiale o preposizionale col senso di in


terno, di dentro (opposto: h$ vicolo, fuori )
in bjt verso l'interno (Es 28,26 ecc.), mibbjit
(Gen 6,14 ecc.) e mibbjt (IRe 6,15) interior
mente , mibbjit le (IRe 6,16), lemibbt le (Num
18,7) allinterno e 'cel mibbt l e dentro a
(2Re 11,15; cfr. 2Cron 23,14).
270

Alluso neoass. di bit come preposizione o come con


giunzione subordinante (con il congiuntivo) in una pro
posizione di luogo (GAG 116s. 175c; AHw 131b) si ri*
chiama Neem 2,3 la citt, dove (bl) sono le tombe dei
miei padri .

d) Spesso in ebr., come pure nelle lingue affini, il


significato passato dalla casa a quello che nella
casa si trova ( i beni, il patrimonio , p.e. Gen
15,2), e specialmente alla comunit familiare che
vive nella casa (classico Gios 24,15: quanto a me
e alla mia casa, noi vogliamo servire Jahwe ).
bjit viene quindi a significare famiglia (Gen
7,1 ecc.; bnhy sii), stirpe (p.e. Ger 35,2
casa dei Recabit, ai quali appunto vietato il
possesso di una casa nel senso concreto), anche
casato, discendenza (Es 2,1 ecc.), e nel caso di
re corte (regale) o dinastia (Is 7,2.13 ecc.).
bt-'b casa del padre, famiglia (paterna) (p.e.
Gen 24,38) nel periodo postesilico diventa il ter
mine tecnico per indicare lorganizzazione tribale
(-ab III/4). Anche intere comunit di trib e po
poli possono essere designate secondo il modello
della famiglia e della stirpe con bajit, cos bl
cefrqjim casa di Efraim (Giud 10,9), bt Ja<aqb
casa di Giacobbe (Es 19,3 par. israeliti ; Is
2,5.6 ecc.), e specialmente in senso politico anche
i due regni di Giuda e dIsraele (bt J ehd 2Sam
2,4.7.10.11 ecc., complessivamente 41x; bt Jisr'l 2Sam 12,8 ecc., complessivamente 146x, di cui
83x in Ez; per lorigine di questespressione in
analogia con bt J ehd Jisr'l 2; si possono
confrontare anche i nomi di regione come BitAmmnu ecc. in fonti ass.-bab., vd. RLA II, 33ss.).
Fondandosi su questuso del termine Os 8,1 chiama
la terra (non un tempio) casa di Jahwe (cfr. anche
Os 9,8.15; Ger 12,7; Zac 9,8; Wollf, BK X IV /1,176).
In Ezechiele lespressione bt men casa delfosti na
zione formata per contrapposizione a bi Jisr'l
(mrh 4c; cfr. Zimmerli, BK XIII,74).
Una metonimia pi specifica casa > abitante della
casa si ha nel titolo regale eg. faraone (ebr. Par')\
originariamente pr-c casa grande significa il palazzo
reale, ma stato applicato poi (dal 16 sec. a.C.) al re egi
ziano (BHH 111,1445).

4 / a) Per una panoramica delle concezioni reli


giose relative alla casa, le quali dal punto di vista
teologico hanno esercitato il loro influsso anche
sul NT, cfr. J.Hempel, Der Symbolismus von
Reich, Haus und Stadt in der biblischen Sprache,
W Z Greifswald 5, 1955/56, 123-130 (sotto le voci
Einwurzelung , Eingrenzung , Ordnung ).
Non si possono qui analizzare pi a fondo gli aspetti
che riguardano la storia dei costumi e la storia delle
religioni, tra cui anche il rifiuto dei Recabiti, votati
allideale nomadico, di edificare case, per esprimere
la loro particolare fedelt a Jahwe (Ger 35), e la po
lemica profetica contro le case lussuose (p.e. Am
3,15; 5,11); tali aspetti infatti non hanno influenzato
luso linguistico di bajit.
b) Lo stesso vale per i numerosi passi, in cui si
parla di una casa di Dio o di una casa di
271

Jahwe. Come per altri oggetti cultuali (arca,


tenda, sacrificio ecc.), cos anche per quanto ri
guarda il tempio di Gerusalemme non possiamo
dilungarci sulla natura e la storia dellistituzione
cultuale; ci limitiamo semplicemente a registrare
un eventuale uso teologico di particolare rilievo
(per labitare di Dio inteso in un senso teologico
particolare cfr. $kn abitare ). Ma proprio a que
sto proposito il materiale di scarsa utilit.
Lespressione casa viene usata indistintamente
nelFAT sia per i templi pagani sia per il tempio di
Jahwe a Gerusalemme; anche dal iato cronologico
luso dei vocaboli non subisce variazioni. Di
grande effetto stilistico il contrasto voluto tra i
due significati di bajit, tempio e dinastia ,
nel rifiuto d costruire il tempio in 2Sam 7,5.11.29
( sarai forse tu che mi edificherai una casa?...
Jahwe edificher per te una casa... io voglio co
struire a te una casa ).
In uno strato molto antico, che traspare ancora in Gen
28,22, bt y(sihim pu indicare non solo la casa di Dio
costruita, il tempio, ma anche una pietra cultuale
(massb masseba ) in quanto rappresentazione
simbolica, luogo di dimora, residenza della divinit
(H.Donner, ZAW 74, 1962, 68-70, col parallelo veteroaram. btj Ihj' case degli dei , che si riferisce alle stele
contenenti il testo di un contratto in KAI nr, 233C, r.
2s.7.9s.; cfr. Fitzmyer, Sef. 90 con bibliogr.; per la divi
nit preisraelitica Betel (Ger 48,13?, cfr. per Rudolph,
HAT 12,258s ] cfr. O.Eissfeldt, ARW 28, 1930, 1-30 =
KS 1,206-233; - 'l III/2).

Oltre i templi terrestri, p.e. Sichem (Giud 9,4),


Silo (Giud 18,31; ISam 1,7) e soprattuto Gerusa
lemme, lAT conosce probabilmente anche un pa
lazzo celeste di Dio (bajit forse in Sai 36,9 [UAL
119b], ma incerto; hkl probabilmente in Mi 1,2;
Ab 2,20; Sai 11,4; 18,7 = 2Sam 22,7; cfr. anche Is
66,1; skn). Di altro genere limmagine poetica
di Giob 36,29, che considera il cielo come sukk
capanna (propr. copertura di fogliame ) di
Dio sulle nubi (Fohrer, KAT XVI,480).
Per la terra dIsraele come casa di Dio o di
Jahwe vd. sp. 3d.
5/ NellAT casa non designa ancora metafo
ricamente la comunit, come accade a Qumran
(1QS 5,6; 8,5.9; 9,6; CD 3,19; cfr. J.Maier, Die.
Texte vom Toten Meer, II, 1960, 46s.) e nel NT
(ITim 3,15; Ebr 3,6; lPiet 2,5; 4,17). In Num 12,7,
dove il compito di Mos viene paragonato al
compito del capo degli schiavi, il quale allo
stesso tempo luomo di fiducia del suo padrone
e colui al quale affidato tutto quanto concerne
il governo della casa (Noth, ATD 7,85), bajit.
pu essere riferito ad Israele, in quanto su di
esso che si esercita il dominio di Jahwe, solo se si
interpreta limmagine contenuta nel paragone (cfr.
Ebr 3,1-6). Per i LXX e per il NT cfr. O.Michel,
art.oltto*;, ThW V,122-161 (= GLNT V ili,337450); W.Michaelis, art.arx7)V7), ThW VII,369-396;
J.Goetzmann, art. Haus, bauen, ThBNT 11,636
645, con bibliogr.
EJenni
n?3

b a jit CASA

272

rD3 bkh PIANGERE


1/ Il verbo *bkj piangere appartiene al semi
tico comune (Bergstr. Einf, 188; P.Frocaroli,
AANLR VIII/19,270). Derivati sono in ebr. i so
stantivi bek, bekft, bckcp pianto .
Come derivati possono ancora essere considerati i voca
boli contenuti nei nomi di luogo Bkfm (Giud 2,1.5 con
una eziologia del nome che spiega BkJm da! pianto del
popolo) e bkt (nellespressione 'allri bkt quercia
del pianto Gen 35,8, pure con una eziologia seconda
ria). Era forse il piangere originariamente un modo di
manifestarsi della divinit arborea (B. Stade, Biblische
Theologie des AT, 1, 1905, 112)?
Forma secondaria di bkh certamente bk'\ la radice
compare sotto questa forma nel nome di un certo tipo di
arbusto bek'm (2Sam 5,23s.; lCron 14,14s), sicura
mente un arbusto che gocciola, che piange . In Sai
84,7 viene citata una emceq habbk\ evidentemente
nome proprio di una valle con rada vegetazione (pre
senza dacqua solo a gocce), cfr. HAL 124a. Con ogni
probabilit anche lorigine del nome di luogo Bkm
devessere intesa allo stesso modo.

2/ Il verbo ricorre 114x (q. 112x, pi. 2x). La di


stribuzione non presenta alcuna peculiarit. bekJ
compare 30x; bek lt (Gen 50,4), bckc (Esd 10,1)
e bkt (Gen 35,8) sono apaxlegomena.
3/ Si pu rendere in maniera completa il signi
ficato di bkh con (com)piangere . Il termine
viene usato per il pianto del bimbo in Gen 21,16;
Es 2,6. Ladulto piange durante la lamentazione
funebre (termine parallelo: spd lamentarsi Gen
23,2; 2Sam 1,12; Ez 24,16; in tale contesto vi an
che: dm' versare lacrime Ger 13,17, cfr. dim'
lacrima Ger 31,16; Ez 24,16; Mal 2,13; Lam
1,2; sm digiunare Giud 20,26; 2Sam 1,12;
12,211; nd lamentarsi Ger 22,10; breve de
scrizione delle usanze funebri Ger 41,6; Ez 27,31).
Particolarmente alle donne incombe questo impe
gno (2Sam 1,24), e il fatto che non ci sia nessuno
a fare la lamentazione funebre viene percepito
come una disgrazia (Sai 78,64; Giob 27,15).
Si piange anche nelle lamentazioni rituali, che
hanno luogo solitamente nel tempio; si parla al
lora di piangere davanti a Jahwe (Giud
20,23.26). Termini paralleli a questo proposito
sono sm digiunare (Giud 20,26; Sai 69,11),
nzr ni. segregarsi (mediante losservanza di de
terminate regole) (Zac 7,3). Dall'epoca postesilica sappiamo che i sacerdoti, in occasione della la
mentazione del popolo, si trovavano tra il vesti
bolo e laltare (Gioe 2,17); cfr. anche in tale con
testo 2Re 22,19; Sai 137,1; Lam 1,2.16. Questo
pianto cultuale aveva originariamente lo scopo di
rendere clemente la divinit (cos forse da inten
dersi Os 12,5, cfr. P.R.Ackroyd, VT 13, 1963,
250s.; diversamente invece p.e. Wolff, BK
XIV/1,275), ma nellAT semplicemente un se
gno del dolore di chi si lamenta. Geremia dipende
dalla forma letteraria della lamentazione indivi
duale, quando descrive la sua sofferenza (Ger
8,23; 13,17).
273

?1M bkh PIANGERE

Il pianto degli adulti non solo condizionato dal


costume, ma scoppia spontaneamente quando vi
sono forti emozioni, per una umiliazione (ISam
l,7s.l0), il lutto per un grave avvenimento (Gen
27,38; Giud 11,37; ISam 30,4; 2Sam 3,16; Neem
I,4 par, di sm digiunare , bl hitp. essere
in pena , -pii hitp. pregare ; Is 33,7 par.
q
gridare), eccitazione (2Re 8,11), agitazione
(Gen 42,24; 43,30; 50,17; ISam 24,17; Giob 2,12;
Esd 3,12; Neem 8,9). Un invito a piangere si trova
nellinvettiva profetica Mi 1,10 txt em (cfr.
J.Schwantes, VT 14, 1964, 455).
Momenti particolari di una forte emozione sono il salu
to quando ci si incontra e quando ci si lascia (Gen
29,11; 33,4; 45,2 con beti\ 45,14s.; 46,29; ISam 20,41;
Rut 1,9,14, spesso insieme a verbi come baciare,
abbracciare , gettarsi a terra davanti a qlcn. ).
Cfr. a questo proposito R.Lehmann, Der Trnengruss
im AT, Baessler-Archiv 19, 1936, presentato in ZAW
55, 1937, 137.
Probabilmente vi era in Israele luso di piangere in occa
sione della semina, e questa era una reminiscenza del
lutto cananeo per la morte del dio della vegetazione (al
lusione in Sai 126,6; pi tardi si piange al momento della
festa giudaica del nuovo anno; il suono del corno ne
un segno, cfr. F.Hvidberg, Weeping and Laughter in th
OT, 1962), ma tale costume non ha alcun significato
nellambito della religione ufficiale jahwistica. Per il
pianto cultuale nel giudaismo tardivo cfr. J.A.Wensinck,
FS Sachau 1915, 26-35, con cui concorda J.LPalache,
ZDMG 70, 1916, 251-256.

Nel linguaggio poetico bkh pu essere detto di un


soggetto non umano (Giob 31,38 piange il
campo, par, z'q gridare ; si tratta del giusto rap
porto tra uomo e natura). Eccle 3,4 afferma che il
piangere come lo scherzare ha il suo posto nella
vita umana (termine opposto: shq).
Per luso del pi. (Ger 31,15 descrizione della lamenta
zione funebre; Ez 8,14 cordoglio per Tammuz, cfr. Sai
126,6) cfr. Jenni, HP 157.

4 / Solo in pochi casi il pianto svolge una sua


funzione nei rapporti tra Dio e luomo (ma in par
ticolare non nel caso della lamentazione funebre,
bl; meno che mai in relazione coi culti naturi
stici, anche se qui forse si ha a che fare con una
significativa religione popolare ), ad esempio
nelle lamentazioni del singolo e del popolo; qui il
pianto il segno della impotenza umana, che si ri
volge in preghiera a Dio, oppure lespressione
dellemozione, quando luomo percepisce il giudi
zio di Dio (Giud 2,4; 2Re 8,llss.).
Un posto particolare occupa il tema del pianto nel mo
tivo della mormorazione nel deserlo (Num
II,4.10.13.18.20; 14,1; Deut 1,45). Indica latteggia
mento del popolo ribelle, che non ha fiducia nella guida
divina e perci si lamenta.

Se il pianto segno della miseria umana, nel pe


riodo tardivo, ormai vicino allapocalittica, Israele
attende un cambiamento per il quale ogni pianto
cesser (Is 30,19).
274

5/ Soprattutto questultima idea acquista nel


NT un particolare significato, quando Ges fa ri
ferimento proprio a quella condizione finale (cfr.
Mt 5,4 ecc.). Per tutto questo cfr. K.H.Rengstrof,
art.xXaiV ThW 111,721-725 (= GLNT V,491502).
F.Stolz

ben

FIGLIO

1/ La parola ben (*bin~) figlio con il suo cor


rispondente femminile bat (*bnt-) figlia del
semitico comune (Bergstr. Einf. 182; in et. sosti
tuita da wald, in acc. da mru). forse da mettere
. in relazione con *bnw/j edificare.
In acc. il termine attestato soltanto nel linguaggio poe
tico e nei nomi personali; al suo posto subentrato
mru/mrtu (AHw 127a.l38b.614.6l5s.).
Il termine bar/ber (brt), che nellarea aram. (ed anche
nel sudarab. recente) sostituisce il sing. ben, sta in rela
zione non ancora del tutto chiara con *bn. Cfr. R.Ruzicka, Konsonantische Dissimilatoti in den sem. Spra
chen, 1909, 68s; diversamente BLA 179; Wagner nr. 46;
HAL 131b.

II/ Con circa 5.000 ricorrenze ben il sostan


tivo di gran lunga pi attestato nelf AT. La fre
quenza particolare in Gen, Num e nellopera del
Cronista si spiega soprattutto per via delle tavole
genealogiche.
sing.
Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Gioe
Am
Abd
Giona
Mi
Nah
Ab
Sof
Agg
Zac
Mal
Sai
Giob
Prov
Rut
Cant

275

177
39
28
224
37
44
52
80
140
140
163
38
143
U6
6
1
2

3
2

5
1.0
8
2
15
6
41
2

ben
plur.
188
194
132
387
90
197
152
58
67
48
58
46
82
75
18
14
9
2

totale

sing.

365
233
160
611
127
241
204
138
207
188
221
84
225
191
24
15
11
2
3
6

45
13
20
10
14
2
3
9
14
11
16
14
21
6
2

bai
plur.
64
10
2
16
7
14
19
7

totale
109
23
22
26
21
16
27
16
20
11
17
23
40
37
4
2
1

1
9
19
31
2
2
1

5
4
88
30
19
6
2

8
10
13
6
103
36
60
8
2

4
1
6

8
2

6
5
2
3
10

4
1
12
5
2
11
12

totale
16
4
15
9
197
246
708
232

sing.

Eccle
Lam
EsL
Dan
Esd
Neem
lCron
2Cron

ben
sing. plur.
5
11
4
8
7
2
7
41
156
115
131
338
370
127
105

AT

2160 2769

4929

289

bat
plur.

21
5
2

1
10
14

i
l
-

4
17
18
13
290

totale
1
22
5
2
4
18
28
27
579*

Non sono inclusi nelle cifre precedenti i nomi propri


composti con B&n-, Bin-, Bai- e lespressione bat
hajjaiQnfbeni ja ian struzzo (8x), sono invece in
clusi bn di Rabbat ben-lammn e bn/bcen- di lCron
4,20a; 7,35; 15,18 (errori testuali, non parti costitutive di
un nome proprio); lCron 6,11K considerato sing.,
2Cron 11,18K tralasciato (Q bat). In Lis. mancano 2Re
l,17b ben e Neem 5,5b bnn *

NelParam. bibl. bar figlio ricorre 19x(sing. 8x,


Dan ed Esd ciascuno 4x; plur. 1lx, Dan 4x, Esd
7x). Come aramaismo bar si trova (3x) in Prov
31,2 (cfr. Wagner nr. 46).
III/ l
Nel suo significato fondamentale ben
vuol dire figlio , e di norma il figlio carnale
del proprio padre o della propria madre . Ci per
mette gi di fissare un primo campo semantico
naturale all'interno della famiglia.
In genere la relazione allinterno della famiglia viene
espressa con il sing. seguito da un genitivo ( figlio di
X , particolarmente frequente nelle diverse tavole ge
nealogiche), oppure con un suffisso possessivo (cfr. p.e.
la formula della cornice dtr. suo figlio X regn al suo
posto , IRe 14,20,31 ecc.). Spesso per si usano diretta
mente in questo campo semantico i termini 'db pa
dre (p.e. Gen 22,7; 42,32; 2Sam 7,14 = lCron 17,13;
plur. Es 20,5; Num 14,18 ecc.) e m madre (Gen
27,13; 43,29; Os 10,14 ecc.); la madre pu anche essere
ulteriormente precisata (Giud 11,1 figlio di una prosti
tuta; IRe 7,14 figlio di una vedova; Gen 25,6 figli delle
concubine, Giud 8,31 sing.; Gen 21,10.13 e Es 23,12 fi
glio di una serva) oppure indicata semplicemente come
iss donna (ISam 1,4; IRe 17,17).

Un secondo campo semantico, per quanto meno


frequente, altrettanto naturale: ben in quanto di
scendente maschile corrisponde al femminile bat
figlia , generalmente al plur. in elenchi di nomi
(Gen 5,4ss.; 11,1 lss. ecc.; in membri paralleli p.e.
Is 60,4).
Altre liste di nomi con ben: moglie/figli (Es 4,20 ecc.);
figli/moglie/nuore (Gen 6,18; 7,3.13; 8,18, cfr. 8,16);
mogli/figli/figtie (Gen 36,6; Es 32,2 ecc.); figlio/fi
glia/scbiavo/schiava/bestiame/straniero (Es 20,10; cfr.
-Deut 5,14); figli/tgli dei figli (Deut '4,9.25 ecc.); fi
glio/figlia/schiavo/schiava/levita (Deut 12,18; 14,11.14,
cfr. 12,12); greggi/armenti/figli/figlie (Ger 3,24; cfr.
5,17); altre liste: Gios 7,24; Es 32,29; 2Sam 19,6; Ger
16,3.

Come sinonimo di ben si trova talvolta jcelced nel


senso di figlio (Es 2,10; IRe 3,25; Rut 4,16; in
parallelismo Ger 31,20). Tuttavia jtlced sostan
]2

bn

FIGLIO 276

zialmente pi raro e nel suo significato di bam


bino/figlio ancora pi generico d ben. In
Deut 1,39 si trova taf in parallelo con ben, ma taf
indica piuttosto un bambino opp. un lattante. A l
tri termini paralleli sono i// lattante (Is 49,
15) e peri-bcetoen frutto del seno materno (ls
13,18; Sai 127,3); per bekr primogenito rs
(rlsn).
Ne! campo semantico di ben ricorrono di solito i se
guenti verbi: 1) jtd qal, detto di una donna o della ma
dre: ella partor un figlio (spesso collegato al verbo
precedente hrh essere incinta): Gen 4,25; 16,15;
19,37.38; 21,2; 29,32; ISam 1,20; Os 1,3 ecc.; nella pro
messa d un figlio: Gen 16,11; Giud 13,3; ls 7,14 (cfr.
P.Humbert, Der biblisclie Verkundigungsstil und seine
vermutliche Herkunft, AfO 10, 1935, 77-80); jld hi.,
detto de) padre: egli gener figli e figlie (Gen 5,4ss.;
11,1 lss.; cfr. Deut 28,41 ecc.); jld pu., detto del padre:
gli nacque un figlio (Gen 4,26; cfr. 10,25; 35,26 ecc.);
2) Iqh *iss lebn prendere una moglie per il figlio
(Gen 24,3ss.; cfr. Ger 29,6 ecc.); 3) lespressione ntn
lebn dare (in moglie) al figlio (Gen 38,26; cfr. Deut
7,3; Giud 3,6 ecc.); 4) lespressione 15 hj ( bnm
non ebbe figli (Gios 17,3; cfr. Num 3,4; Deut 25,5;
lCron 23,17 ecc.); 5) una serie di verbi che descri
vono il passaggio di determinate tradizioni dai padri
ai figli: mr dire (Es 12,26; Deut 6,21); s i interro
gare (Es 13,14; Deut 6,20; Gios 4,6.21); ngd hi. an
nunciare (Es 13,8); jd hi. far sapere (Gios 4,22;
Sai 78,5); tmd pi. insegnare (Deut 4,10); snn pi. in
culcare (Deul 6,7); spr pi. raccontare (Gioe 1,3; Sai
78,6).

Assai spesso ben viene usato per designare la prole


degli animali. Cos in Lev 22,28 ben significa il
piccolo di una vacca o di una pecora, in Deut
22,6s. il piccolo di un uccello, in Gen 32,16 il pic
colo di cammello, in ISam 6,7.10 di vitelli, in
Giob 39,4 una cerbiatta. Ancora pi frequenti
sono espressioni composte con ben per designare
giovani animali, p.e. bcen-tn puledro d'asino
(Gen 49,11; Zac 9,9), bcen-bqr giovenco
(Gen 18,7s.; Lev 4,3.14; Num 7,15-81 ecc.); ben
(hajjjnd piccoli colombi (Lev 1,14; 5,7.11;
14,30 ecc.); altre espressioni p.e. in Sai 114,4.6;
147,9. Una volta si trova unespressione simile an
che per le piante: ben prt germoglio d albero
da frutto (Gen 49,22).
2/ Il termine talvolta acquista un senso pi am
pio, sia per indicare figli, nipoti, discendenti, sia
per esprimere una figliolanza non carnale.
a) Non sempre il plurale del termine va inteso nel
senso di figli (maschi) (distinto da figlie ),
ma talvolta vuol dire prole (figli e figlie), p.e.
Gen 3,16 con sofferenze partorirai tgli (2Re
19,3 anche di figlio non ancora nato), e soprattutto
nellespressione figli e figli dei figli (Es 34,7
ecc.). Talvolta ben ndica i nipoti (assieme
al lespressione composta pi usuale ba>n-bn, vd.
st. 3c), Gen 31,28.43; 32,1, o ancora pi generica
mente i discendenti (assieme allespressione pi
usuale ben bncek i figli dei tuoi figli ), p.e.
Re 9,21.
277

)3 ben FIGLIO

b) Riguardo a ben usato in senso non carnale, bi


sogna distinguere allinterno delPAT i seguenti
aspetti:
Lapostrofe bent figlio mio , che si trova tal
volta nei libri storici, ha valore di formula (Gios
7,19 Giosu ad Acan, ISam 3,6.16 Eli a Samuele;
4,16 Eli al messaggero).
Gi per per lapostrofe figlio mio della lette
ratura sapienziale (Prov 1,10.15; 2,1; 3,1.11.21
ecc.) ci si potrebbe chiedere se non si debba pen
sare ad una figliolanza spirituale, quindi ad una re
lazione insegnante-scolaro o maestro-discepolo.
Se tuttavia giusto ritenere che tali ammaestra
menti e tali proverbi con le loro tradizioni veni
vano coltivati non solo negli ambienti di corte, ma
anche in quello tribale (cfr. LLW.Wolff, Amos
geistige Heimat, 1964, con ulteriore bibliogr,), si
pu ritenere che il ben a cui il discorso rivolto
fosse il figlio carnale del proprio padre, o per lo
meno che appartenesse allo stesso gruppo tribale
(Prov 1,8 confermerebbe questa spiegazione).
I ben hannebVfm figli dei profeti, di cui si
parla nelle storie di Elia e di Eliseo (Re 20,35;
2Re 2,3.5.7; 4,1.38; 5,22; 6,1; 9,1), non sono figli
carnali ma figli spirituali del profeta nel senso che
sono suoi discepoli (ab Ill/2b). Cfr. anche 2Re
8.9 (Ben-Adad rispetto ad Eliseo), e cos pure
fuso politico nella formula di sottomissione del re
Acaz a Tiglat-Pilezer io sono tuo schiavo e tuo
figlio (2Re 16,7).
In questo ambito va collocato infine il gruppo d
ricorrenze in cui un uomo viene designato come
figlio di Jahwe (vd. st. IV/3).
II significato del termine molto pi ampio nei
passi in cui gli abitanti di una citt vengono detti
figli, come in Js 51,18.20; 66,8; Sai 147,13;
Lam 1,16; in senso figurato e traslato Gerusa
lemme viene paragonata ad una madre che ha ge
nerato i suoi figli (abitanti).
_
3/ Il termine ben d origine frequentemente, in
unione con altre parole, ad espressioni composte;
a) Assai spesso ben al plur. cs. unito al nome di
un popolo per designare gli appartenenti a quel po
polo. Al primo posto sta lespressione ben Jisr'l
(circa 630x); essa, assieme a quella pi rara is Jisra'l (50x) opp. 'anse Jisr'l (9x), lespressione
tecnica per designare gii israeliti ; non si pu
stabilire una differenza di significato fra le tre
espressioni.
,
Ad essa corrispondono espressioni analoghe come
ben Jehd giudei , ben ammn ammoniti
ecc., e designazioni di membri di una trib, come
ben LwJ leviti . Simili a queste sono espres
sioni pi generiche come ben *am connazio
nali (Gen 23,11; Lev 20,17 ecc.; a differenza di
ben h'm gente comune in 2Re 23,6; Ger
26,23) e ben qcdcpni orientali (Gen 29,1 ; Giud
8.10 ecc.).
b) Come espressione corrente per indicare let si
usa bcen... sn (alla lettera un figlio di. anni ;
Gen 5,32; Num 1,3-47; 7,15-88 ecc.).
278

c) Per indicare con pi precisione dei rapporti di


parentela, talvolta ben forma espressioni composte
con altri vocaboli di parentela:
barn imm figlio di sua madre = fratello (Gen
43,29, parallelo a 'ali, cfr. 27,29); ben bik figli di
tuo padre = fratelli (Gen 49,8 parallelo a ahck i
tuoi fratelli ); ben 7s 'chd Tigli di un unico uomo
= ^fratelli (Gen 42,13, cfr. v. 32).
La nuora la moglie del figlio (Lev 18,15), la nipote
la figlia del figlio/della figlia (Lev 18,10.17), il ni
pote il figlio del fratello/della sorella (Gen 12,5;
14,12; 29,13), il cugino il figlio dello zio (Lev 25,49;
Num 36,11 ), e corrispondentemente i discendenti sono i
figli dei figli (Gen 45,10; Es 34,7 ecc.).

d) Tra le rimanenti espressioni composte, che ben


fomia con un genitivo che segue, ricordiamo solo
le principali:
Si trova spesso boeri-'dm opp. il plur. bcn dm per
indicare luomo singolo (sing. 93x in Ez; Num 23,19; Is
51,12 ecc.; plur. con articolo Gen 11,5; senza articolo
Deut 32,8 ecc.; dm 3). In parallelo con bcen-'adm
sta ya,ns (ts 51,12; 56,2; Sai 8,5; 90,3; Giob 25,6), 7 s (Is
52,14; Mi 5,6; Sai 80,18; Giob 35,8; Prov 8,4) e gcebcer
(Giob 16,21).
bu?n-hammalcek il Tiglio del re, principe (Giud 8,18,
2Sam 9,11; 13,4.23.32). Altrimenti le espressioni composte
con bn formano talvolta degli aggettivi, p.e. barn-samccn grasso (Is 5,1), ben maskl astuto (Prov
10,5), bcen-rnwcet destinato alla morte (ISam 20,31;
26,16, 2Sam 12,5), ben 'aw/ malvagi (2Sam 3,34;
7,10 = lCron 17,9 ecc.), ben hjU benestanti, possi
denti obbligati al servizio militare, guerrieri (Deul 3,18;
Giud 18,2 ecc.), benc beliij',al infami (Deut 13,14;
Giud 19,22; 20,13 ecc.), ben nkr stranieri (Es
12,43; Lev 22,25; 2Sam 22,45s. ecc.).

La parola ben pu allontanarsi dal suo significato


primario e diventare un termine di individuazione
nei nomi collettivi e anche un puro pleonasmo: lo
indicano espressioni come ben zkr ragazzo
(Ger 20,15; cfr. per il modo di esprimersi nel contratlo matrimoniale aramaico Cowley nr. 15, r. 20:
wbr dkr wnqbh sia esso un figlio maschio o una
femmina ) oppure ben 7'$ uomini (Sai 4,3).
Esempi tratti dalle altre lingue semitiche si tro
vano in GVG 11,242; J.Zobel, Der bildliche Gebrauch der Verwandschaftsnamen im Hebr.,
1932, 25-35; WUS nr. 534 bn 2) appartenente a
qualcosa .
4/ I rari nomi propri, composti con ben come
primo elemento, vanno considerati nel quadro
dell'onomastica dellOriente antico (cfr. HufTmon
120s.l75s.; Grndahl 80.118s.; A.Caquot, Syria
39, 1962, 239s.; per BinjmJn cfr. K.-D.Schunck,
Benjamin, 1963,4ss.; inoltre: Alt, KS 111,198-213).
Sui nomi teofori non attestati presso gli israeliti, come
Ba>n-Hadad, cfr. O.Eissfeldt, FS Baetke 1966, 110-117.
Nel nome di Mos non si riscontra pi letimologia eg.
(forma abbreviala di un nome teoforo con ms figlio ;
cfr. H.Ranke, Die iig Personennamen, 1,1935,338.340).

IV/ 1/ Nelle storie dei patriarchi uno dei pi


antichi motivi narrativi il racconto della pro
messa de! figlio e del suo adempimento. Alla
279

donna che si lamenta di essere senza figli Dio (o


il suo inviato) promette un figlio, p.e. Gen
18,10.14 fra un anno Sara tua moglie avr un fi
glio, cfr. Gen 16,11; 17,16.19; 21,2 ecc. (C.Westermann, Forschung am AT, 1964, 19ss ). Que
sto motivo si riscontra in tutto lAT (Giud
13,3.5.7; ISam 1,20; Is 7,14; 54,1) e passa poi al
NT (Le 1-2).
Nelle storie dei patriarchi del Gen un altro motivo
importante a questo riguardo il trasmettersi della
benedizione dal padre al figlio. Questo fatto
molto evidente in Gen 27, dove il punto culmi
nante nelle parole di benedizione di v. 27-29; cfr.
p.e. Gen 9,25-27; 48,15s.; 49. Possiamo cos farci
unidea di quanto accade tra padre e figlio allin
terno della famiglia.
Anche il tramandare una tradizione un fatto che
originariamente si svolge tra padre e figlio nella
famiglia. Il figlio interroga sul senso di unazione
o di un oggetto, e il padre gli racconta ci che egli
stesso ha udito (vd. sp. II/1),
2/ a) I figli non solo ricevono dai loro padri la
benedizione, ma sono corresponsabili delle loro
colpe: Jahwe punisce la colpa dei padri nei figli
e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta ge
nerazione (Es 20,5; 34,7; Num 14,18; Deut 5,9;
cfr. Is 14,21; Ger 32,18; IV/2b). Questa re
sponsabilit collettiva in seguito viene abolita
(Ger 31,29; Ez 18,2.4.20; 2Re 14,6 = 2Cron 25,4;
cfr, J.Scharbert, Solidaritt in Segen und Fluch im
AT und in seiner Umwelt, I, 1958; R.Knierim,
Die Hauptbegriffe fir Siinde im AT, 1965, 204
207).
b) Laccusa profetica si riferisce proprio alle colpe
dei figli: figli che hanno abbandonato Jahwe (Ger
5,7), figli di prostituzione (Os 2,6) e figli ribelli (Ez
20,21). La colpa riunisce figli, padri e mogli in
ununica famiglia (Ger 7,18); essa si rivela nel
fatto che i colpevoli bruciano i propri figli e le pro
prie figlie ad altri dei (Os 9,13; Ger 7,31; 19,5 ecc.;
cfr. Deut 12,31 ; Sai 106,37s.).
Perci lannuncio del giudizio, che con parole pi
0 meno simili si ritrova costantemente nei vari
profeti, suona cosi: i padri inciamperanno assieme
ai figli (Ger 6,21), saranno sfracellati (Ger 13,14),
figli e figlie moriranno (Ger 11,22) e donne e bam
bini verranno condotti via (Ger 38,23) ecc. Solo
dopo la catastrofe si leva nuovamente una voce
che parla del ritorno dei figli (Is 49,22).
c) interessante vedere a questo riguardo come
vengono designati i figli veri e propri dei profeti ed
1 loro nomi. Cos i nomi dei due figli (e della fi
glia) di Osea annunciano gi chiaramente un giu
dizio: Os l,3s. Izreel (poich tra poco vendi
cher il sangue di Izreel sulla casa di Jeu ); 1,6
Senza-misericordia ; 1,9 Non-popolo-mio .
Lo stesso vale per i nomi dei figli di Isaia: Is 7,3
Seariasub ( un resto ritorna ) e 8,3 Maher-Shalal
Cash-Baz ( rubalesto-preda veloce ). Il nome del
primo figlio di Isaia annuncia allo stesso tempo un
giudizio (per la maggioranza) e una salvezza (per
]3 ben FIGLIO

280

il resto); lo stesso vale per il figlio annunciato in


Is 7,14 con il nome Emmanuele ( Dio con
noi ), ma non si sa se si tratti qui di un figlio car
nale di Isaia (cfr. H.W.Wolff, Immanuel, 1959;
J.J.Stamm, ThZ 16, 1960, 439-455; id., ZDMG
Suppl. 1,1969,281-290); cfr. sulla promessa del fi
glio anche Is 9,5.
A Geremia non permesso avere figli e figlie car
nali, ma anche questo un segno del limminente
giudizio (Ger 16,2).
d) Lespressione bcen-'dm, con cui viene chia
mato il profeta e che ricorre 93x in Ezechiele* va
tradotta con uomo (= individuo) (Zimmerli,
BK XIII ,70s.). In ogni caso il figlio delluomo
non ancora qui un essere in qualche modo di
vino. Lespressione bcen-'dm in questo periodo
ancora parallela ai termini (Cnos e Vs (vd. sp.
m/3d), 'dm Fuomo in contrapposizione a Dio.
significativo Num 23,10 Dio (!) non un
uomo ('Ts\ perch possa mentire, n un figlio
duomo (bcen-dm) perch possa pentirsi .
Sulla figura del simile ad un uomo (kebar '^ns) in
Dan 7,13 e sul figlio delPuomo ad esso strettamente
legato, ma che non pi quello dellAT, cfr. i comm. e
C.Colpe, art. ul^ tou vOptrcoo, ThW V ili, 403-481.

3/ La designazione di un uomo come figlio di


Dio opp. di un gruppo di uomini come figli di
Dio si trova di rado nellAT, a differenza di altre
religioni.
a) In alcuni passi il re davidico considerato figlio
di Jahwe: 2Sam 7,14 io gli sar padre ed egli mi
sar figlio ; cfr. lCron 17,13; 22,10; 28,6. Inoltre
Sai 2,7 tu sei mio figlio, oggi ti ho generato . A
differenza dellantica ideologia regale egiziana, se
condo cui ogni faraone ritenuto come figlio di
Dio in senso fisico o mitico, nellAT si tratta sol
tanto dellidea di adozione. Poich gli viene con
cessa la filiazione divina, il re possiede diritti e do
veri particolari (cfr. G.von Rad, Das judische
Knigsritual, ThLZ 72, 1947, 211-216 = GesStud
205-213; M.Noth, Gott, Knig, Yolk im AT,
ZThK 47, 1950, 157-191 = GesStud 188-229, so
prattutto 222ss.; Kraus, BK XV,18s.; G.Cooke,
The Israelite King as Son of God, ZAW 73,1961,
202-225; K.-H.Bernhardt, Das Problem der altorientalischen Konigsideologie im AT, 1961,
74ss.84ss.).
b) In alcuni passi il concetto di figlio serve a de
scrivere la relazione tra Jahwe e il suo popolo. I
passi pi antichi sono Os 2,1 e 11,1. Anche qui
non si deve pensare ad una filiazione fisica e nep
pure ad una filiazione spirituale (tradizione sa
pienziale?), concezioni peraltro assai diffuse
nellambiente circostante. Se Osea chiama Israele
figli di Dio , perch intende esprimere (in op
posizione ai decaduti figli di prostituzione ) una
relazione intima di sollecitudine, di guida e di
obbedienza (Wolff, BK XIV/l,30s.255-257). In
Es 4,22s., che unaggiunta tardiva alla narra
zione JE del Pentateuco, Israele viene detto fi
281

HD2 bnh COSTRUIRE

glio primogenito , in riferimento gi allultima


piaga, mediante la quale Jahwe vendicher lin
giustizia commessa contro suo figlio sul primo
genito del faraone (v. 23). (cfr. Noth, ATD
5,33s.).
In Is 1,2, dove si parla di Israele come dei figli
che Jahwe ha allevato, ma che si sono nuovamente allontanati da lui, si rispecchia (come in Os
11,1) in modo assai accentuato lidea di educa
zione (cfr. Wildberger, BK X,12s.). Similmente si
parla metaforicamente dei figli di Jahwe in
Deut 14,1; 32,5.19s. (cfr. P.Winter, ZAW 67,
1955, 40-48); Ger 3,14.19.22; Is 43,6; 45,11 (-'ab
1V/3; G .Q uell, ThW V,970ss. = GLNT
c) Con ben h^ilvm figli di Dio si desi
gnano esseri celesti, di cui si parla ogni tanto: Gen
6,2.4; Giob 1,6; 2,1; 38,7; ben /fm Sai 29,1; 89,7;
ben 4celjn figli dellAltissimo Sai 82,6; aram.
bar >CEhIn Dan 3,25. Ma il nome ben non vuole
caratterizzarli come figli di Dio in senso fisico-ge
nealogico, quindi mitologico, ma in senso gene
rico come appartenenti al mondo di Elohim
(von Rad, ATD 2,93). Limportanza e la funzione
di queste figure esigua nellAT. Cfr. W.Herrmann, Die Gttershne, ZRG 12,1960, 242-251;
G.Cooke, The Sons of (th) God(s), ZAW 76,
1964, 22-47.
d) Si deve infine far menzione di alcuni passi po
stesilici, che paragonano Fagire d Jahwe verso gli
uomini con quello di un padre verso il figlio: come
un padre porta suo figlio (Deut 1,31), come am
monisce suo figlio (Deut 8,5; Prov 3,12), come un
padre ha compassione dei suoi figli (Sai 103,13) o
di suo figlio (Mal 3,17), cosi fa anche Jahwe con
i suoi (cfr. Mal 1,6).
V/ Il termine ulq nel NT riprende il ben
delPAT. Ci che nel NT conferisce al termine una
nuova rilevanza teologica il parlare di Ges
come del figlio , cfr. i titoli cristologici figlio
delPuomo, figlio di Davide e figlio di
Dio . Cfr. H.E.Tdt, Der Menschensohn in der
synoptischen Uberlieferung, J1963; F.Hahn, Christologische Hoheitstitel, 21964; G.Fohrer E.Schweizer - E.Lohse - W.Schneemelcher, art.
ix<;, ThW V ili,340-400; C.Colpe, art. c ulbq
tou avOptoTTou/TliW Vili, 403-481; E.Lohse, art.
u!ci Aautj ThW Vili, 482-492. J.Kihlewein

H33 bnh COSTRUIRE


1/ La radice *bnj costruire si trova in tutte le
lingue sem., ad eccezione dellet. (acc. band e, ug.
bnj anche nel sign. creare, generare , vd. st. 3a).
*

E incerto, anche se possibile, che vi sia uno stretto rap


porto tra ben figlio e bnh, cos pure che vi sia una af
finit etimologica tra bnh e br1 creare (cfr. HAL 133).

282

NelIAT derivazioni nominali di questa radice


sono binj, binjan, mibnc edificio e tabuli
progetto di costruzione, modello, quadro ; si
trovano inoltre nomi propri come Benaj(h)
Binntij, Jabne'l, Jibnej ecc.
2/ NellAT ebr. il verbo ricorre 346x al qal (incl.
Ez 16,31) e 30x al ni. La met dei passi al qal
raggruppata nei libri che narrano la costruzione
del tempio o delle mura (63x in Re, 61x in
2Cron, 28x in lCron, 23x in Neem), mentre per
laltra met si pu parlare di una normale distribu
zione.
Tra i sostantivi tabnit documentato 20x, gli altri tre 9x
(binjan 7x), tutti nel ristretto ambito di Ez 40-42.
Nell* aram. bibl. il qal compare 15x, Fhitpe, 7x, oltre che
binjan lx.

r
3/ Il significato primario costruire, fabbri
care , talvolta fortificare e ricostruire (cos
anche nelle iscrizioni semNO., cfr. DISO 38). Og
getti sono: casa, palazzo, muro, citt, altare, tem
pio, ecc. Il sign. creare, generare difficilmente
si pu riscontrare in ebr, a differenza delfacc. e
dellug., a meno che non lo si voglia presupporre
in nomi propri come Benj(h).
In ug. si pu far riferimento allepiteto di El bnj bnwt,
che viene tradotto con creatore delle creature (cfr.
WH.Schmidt, Knigtum Gotles in Ugarit und Israel,
4966, 59). Per lacc. cfr. AHw 103.

b) bnh bajit significa metaforicamente fondare


una famiglia, procurarsi una discendenza (Deut
25,9; cfr. Rut 4,11), fondare una dinastia
(2Sam 7,27; lCron 17,25). In Gen 16,2 e 30,3 bnh
ni. essere costruito unespressione che signi
fica ottenere figli . Anche qui per bisogna par
tire dai significato primario e non si tratta di un si
gnificato parallelo autonomo.

(Sion o Gerusalemme; cos pure nella preghiera di


Sai 51,20; retrospettivamente 78,69),
Con senso negativo lidea ricorre nelloracolo di sventura
Ger 45,4 (demolire ci che costruito); Mal 1,4 (Edom).

b) Altri annunci di salvezza sono: Is 58,12; 60,10;


61,4; 65,21s., che vogliono esprimere la ricostru
zione dopo la sventura dellesilio come un realiz
zarsi della benedizione di Jahwe (cfr. anche Ger
29,5 il compito degli esiliati). Geremia viene chia
mato ad essere profeta per sradicare, per distrug
gere, per piantare e per costruire , ossia per agire
in qualit di profeta di sciagura e di salvezza (Ger
1,10). Cfr. per i binomi usati qui e altrove R.Bach,
Bauen und Pflanzen, FS von Rad 1961, 7-32;
S.Herrmann, Die prophetischen Heilserwartungen
im AT, 1965, 165-169,
c) Luso di questo verbo nel contesto della storia
della salvezza da ricondursi allidea che co
struire le case ed abitarvi devessere considerato
una benedizione; indicazione della vita felice e
del pieno godimento dei doni, che Dio concede al
suo popolo nella terra promessa: una concezione
che sincontra soprattutto nel Deut (6,10s.; 8,12;
20,5; il contrario in 28,30).
5/ Tra i testi di Qumran va notato soprattutto
1QS 11,8 (mabnft qdoes costruzione santa,
come designazione degli eletti di Dio). Per il NT
cfr. O.Michel, art. oixoSo^o, ThW V,139ss. (=
GLNT VIII,384ss.).
A.R.Hufst

^3

b'-al

PADRONE

1/ La parola *bacl- signore, padrone appar


tiene, come il suo corrispondente fem., al semitico
Per Giob 22,23 si potrebbe parlare di senso trasiato, se il
comune. Dal punto di vista della storia delle reli
testo fosse a posto (cfr. Dahood, UHPh 53).
gioni significativo il suo passaggio da semplice
appellativo a nome proprio di una o pi divinit;
c) Come paralleli per lulteriore comprensione del
negli altri casi va notata la frequente restrizione ad
significato di bnh si possono notare: kn hi. fon
una pura funzione modale ( termine di rela
dare (2Sam 7,13 = lCron 17,12; Sai 89,3.5); nt,
zione , GVG II,240s.). Il verbo corrispondente
piantare (Ger 1,10; 31,28; 45,4 ecc.); 4sh spesso soltanto denominativo.
fare (cfr. 2Sam 7,11 e 27). Per esprimere il con
Lacc. bu/bitu signore/signora (AHw 118-120)
trario si usa hrs demolire , p.e. Ger 1,10; 45,4;
cos la voce da cui deriva biu dominare, disporre di
Sai 28,5; Giob 12,14; Prov 14,1.
4/ a) Teologicamente significativi sono soprat
tutto i passi in cui si parla del costruire di Jahwe.
Si tratta di annunci di salvezza rivolti al futuro; si
possono ricordare 2Sam 7,27; lCron 17,10.25
(casa per Davide, cfr. 2Sam 7,11; Sai 89,5); Re
11,38 (casa per Geroboamo); Am 9,11 (ricostruire
la tenda di Davide); Ger 24,6; 31,4.28; 33,7; 42,10
(espressione dtr., spesso col termine parallelo n i
piantare , riferita alla ricostruzione dopo il
tempo del giudizio); Ez 28,26; 36,33-36 (aggiunta
che ricorda la formulazione geremiana, cfr. Zimmerli, BK XIII, 696.873.881s.); Sai 102,17; 147,2
283

(cfr. be'ltum capitale di cui si dispone, capitale


desercizio AHw 124a; ba'lfu i sudditi AHw
117b). Nellambito del suo significato lacc. biu rac
chiude anche lebr. 'dn. Quanto ai nomi divini Bl
(per nlil e Marduk) e Blet (per Ninlil e Sarpnitu) cfr.
Haussig 1,46; AHw 118; nellAT Bi si trova in Is 46,1;
Ger 50,2; 51,44. Tra le numerose espressioni composte
con bl si possono ricordare: bl pi f abati lincaricato, il
commissario (AHw 120a), da cui laram. e lebr. pceh
governatore (Alt, KS 11,333; KBL 757b.lll2a;
E.Y.Kutscher, Tarbiz 30, 1960/61, 112-119), e bl tmi,
cfr. aram. beiet tetm come denominazione di pubblici
funzionari (Esd 4,8.9.17; Cowley nr. 26s r. 23; KBL
1079b; Driver, AD 18).*
Nel semNO. (ug.: WUS nr. 544.545; UT nr. 493; Gron

bui

b'al PADRONE

284

chihi 114-117; inoltre: DISO 40; HAL I37s.: LS 83s ) il


complesso delle attestazioni si divide fra appellativo si
gnore, padrone (limitalo ncU'csicnsionc del suo signi
ficalo da 'dn c mri*' signore, dominatore ) e i
vari nomi divini (vd. si. 4a). Di grande importanza an
che l'uso della parola per designate lo sposo in relazione
alla sua sposa ( murilo, aram. p.e. nel contrailo nu
ziale in Cowley nr. 15, r. 23). Il verbo ha preso qui
spesso il significato di sposarsi (cfr. f. fa. R.Yaron,
JSS 3, 1958, 26s.); l'ug. b'I fare, lavorare, fabbricare >
(WUS nr. 546; UT nr. 494) invece da collocare come
forma secondaria accanto alla radice />7 fare (tinche
nellAT si suppone che b'I abbia questo significalo: per
Is 54,5 clY. UT nr. 494; HAL I36s.; indire in ls 1,31;
Giob >1,39; Prov 1,19; 3,27; Eccle 8,8 secondo M.Da
hood, Bibl 46, 1965, 32;cfr. tuttavia Barr, CPT 100s.).*

2/ Lappellativo b'al padrone si trova


nelfAT ebr. 84x (Giud 19x, Es e Prov 14x, Eccle
7x); il fem. ba'(,l 4x; inoltre laram. bv%el 3x (Esd
4,8.9.17).
11 significalo di marito si trova I5x (sempre al sing.
eccello in Est 1,17 20).
b'al si incontra 36 volte al sing. e 48x al plur., per le
18 forme plurali con suffisso di 3;l pers. sing. hanno tulle
significalo singolare ( il suo [= di lui o di lei] signore
come
plurale
maiestatico:
Es
21,29.29.34.36;
22,10.11.13,14; ls 1,3; Giob 31,39; Prov 1,19; 3,27; 16.22,
17,8; Eccle 5,10 12; 7,12; 8,8).

Come denominazione divina opp. come nome di


un dio B'al si trova al sing. 58x (2Re 24x, IRe
12x, Ger llx, Giud 6x, Os e 2Cron 2x, Sof lx);
vanno citale inoltre le espressioni B'al B('rJt
(Giud 8,33; 9,4), B'al Zrbb (2Re 1,2.3.6.16) e
B'al
(Num 25,3.5; Deul 4,3.3; Os 9,10; Sai
106,28), mentre i numerosi nomi di luogo formati
con B'aUBa'"l (Num 22,41 e Os 9,10 sono di in
certa collocazione) e i nomi di persona sono qui
omessi. Il plur. bCilm si incontra 18x(vd. st. 4a).
Il verbo lOx in qal e 2x in ni.; si ha inoltre 4x
il part. fem. pass. be'l sposata .
3/ a) Nel suo significalo primario di posses
sore (di una cosa), questo termine in generale
non ha nel suo campo semantico alcun termine
parallelo o collaterale.
Una volta si trova in parallelo con b'al un participio di
qnh acquistare ( ls 1,3). Il termine 'dn, che solo in
IRe 16,24 pu essere tradotto con proprietario , defi
nisce un polere pi che un rapporto di propriet; p.e.
Giuseppe dn signore deMEgitio e dei suoi abi
tanti senza essere possessore del paese (Gen 42,30.33;

'dn Ill/n
b'al (come anche ba'ulci) non viene mai usato in
senso assoluto (fuorch nel l'espressione bl"tllal
b'al, vd. st. b), ma sempre seguito da un geni
tivo oppure da un suffisso pronominale. 1genitivi
dipendenti da b'al sono molto diversi a seconda
del contesto; soltanto nei 13 passi in cui usato nel
codice dellalleanza b'al il possessore di una
donna (Es 21,3.22), di un animale (21,34;
22,10.11.13.14; cfr. Is 1,3), specialmente di un bue
(21,28.29.36), di una casa (22,7; cfr. Giud 19,22s.)
o di una cisterna (21,34).
285

b'al PADRONE

b) In 15 degli 84 passi indicati b'al va inteso


come il possessore di una donna, quindi come
sposo, marito ; i testi che hanno queslo signifi
cato sono sparsi in tutlo TAT (Gen 20,3; Es
21,3.22; Lev 21,4 txt em; Deul 22,22; 24,4; 2Sam
11,26; Os 2,18 in senso metaforico; Gioe 1,8; Prov
12,4; 31,11.23.28; Est 1,17.20). In questo campo
semantico si Irova sempre come termine comple
mentare -issa moglie (2x nella costruzione
con il genitivo b'al (ha)'iss marito Es
21,3.22). 'rs nel sign, di marito meno speci
fico di b'al, che fa pensare maggiormente a un
rapporlodi propriet (una relazione di dipendenza
con sfumatura diversa espressa dal termine -dn nel sign. di marito: Gen 18,12 ecc.). 2Sam
11,26 mostra tuttavia come sono vicini tra loro
questi due concetti: quando la moglie di Uria
ud che il suo uomo ('Fs) era morto, fece lutto per
suo marito (b'al) .
A questo proposito va citalo anche il verbo b'I che signi
fica in qal sposare (da parte delluomo) con sole Ire
eccezioni ( dominare in Is 26,13; Ger 3,14; 31,32; di
scusso lCron 4,22), in ni. trovar marito (ls 62,4;
Prov. 30,23). In generale non si trovano nel corrispon
dente campo semantico termini o verbi paralleli. Una
sola volla si ha come parallelo rispettivamente b' 'cel
entrare presso di (Deul 21,13), hjh F'is's divenir
moglie (ibid.), Iqh 'issa prender moglie (Deul 24,1 ).
Secondo ciascun contesto particolare, vengono maritale
una donna (Deul 21,13; 24,1), una vergine (ls 62,5), le
figlie di un dio straniero (Mal 2,11 ), una donna disprez
zata (Prov 30,23), oppure anche in senso traslalo Israele
in esilio (ls 54,4), la terra (Is 62,4) o Gerusalemme (Is
62,5). dove Jahwe soggetto ogni volta che si ha come
oggetto una comuniL (vd. st. 4b).

Mentre la forma nominale femminile ba^l signi


fica sempre padrona (ISam 28,7.7 'db negro
manzia ; IRe 17,17 casa; Nah 3,4 magia), dal
verbo si ricava una forma participiale passiva bc'l maritata (in Gen 20,3 e Deut 22,22
nellespressione fissa 'issa be'laf b'al una
donna maritata con un uomo ; in Is 54,1 e 62,4,
dove si intende parlare in senso traslato di Israele
del tempo dellesilio opp. della terra, b^'la la
maritata viene contrapposta a stnm la dere
litta ).
c) Lo st. cs. del plurale, seguito da un nome di
citt, col legandosi strettamente al significato origi
nario possessori di terreno, di suolo , indica i
cittadini di una determinata citt (cfr. anche
acc. ba'lu come sinonimo di rub principe,
AHw 117b). Tra i 21 testi che hanno questo signi
ficato, 16 si trovano in Giud 9 (cittadini di Sichem
opp. v. 51 della citt, v. 46$. abitanti della citt di
Sichem); i restanti testi si trovano abbastanza vi
cino: Gios 24,11 Gerico; Giud 20,5 Gabaa; ISam
23,1 ls. Keila; llSam 21,12 Iabes. Qui si tratta sem
pre di quegli abitanti di una citt (per lo pi cana
nei) che agiscono o negoziano autonomamente
verso l'esterno, i quali proprio perch possiedono
il suolo occupano un posto preminente nei con
fronti degli altri abitanti (jsebJm)o uomini
286

CansTm) (cfr, J.A.Soggin, Das Konigtum in


Israel, 1967, 23,. ri ferendosi a KAI nr. 222A, r. 4).
d) h'al, analogamente a ben figlio e a ls
uom o, si unisce spesso con altri nomi, for
mando una catena costrutta con la quale il pos
sessore risulta fornito di una caratteristica, op
pure si occupa di una determinata cosa o di una
determinala attivit, p.e. baLcil halflmt pos
sessore di sogni = sognatore (Gen 37,19); b'af
>/' possessore d'ira = irato ( Prov 22,24, par. a
ls hml uomo di collera = collerico ; cfr.
29,22 dove V.v 'af par. a b'al hm)\ b'af
haqqrana/im possessore di due corna = bi
corne (Dan 8,6.20). Cfr. BrSynt 69 e lampia lista
di espressioni dove ba^al usato come termine di
relazione in HAL 137.
'
4/ a) Quando baLal nelFAT designa un dio, di
regola si riferisce aFavversario cananeo di Jahwe.
Nel panteon ug. Baal consideralo al pari di El il re degli
dei (cTr. W.H.Schmidt, Konigium Golles in CJgaril und
Israel, M966, 10-12.29-54); egli veneralo come dio della
fertilit. Quando, sopraffallo dal dio della morte Mot,
muore, Lullo nella natura avvizzisce; quando egli ritorna
in vita anche la natura rifiorisce (A.S.Kapelrud, Baal in
ihe Ras Shamra Texts, 1952; Haussig 1,253-264).
Per quanto concerne lAT, O.Eissfeldl, ZAW 57, 1939,
1-31 = KS 11,171-198, ha abbandonato lidea lino ad al
lora diffusa secondo la quale quelli che nellAT vengono
chiamali Baalim sarebbero delle piccole divinit locali insignifcanLi. Per lui si iralla piuttosto d diverse manife
stazioni di un solo dio, cio di Ba'alsamm, il dio del
cielo , opp. del dio della lempesta Adad (cfr. RGG
l,805s.).

11 nome Ba'al nellAT compare in ire gruppi di te


sti:
1) Nei libri storici il termine indica una divinit
che sempre legata ad un luogo preciso, dove eser
cita una determinata funzione.
In diversi passi (vd. sp. 2) viene nominalo il B 'alPe'r,
che si venerava in un saniuario al confine fra i moabiti
egli israeliti sul monte Per( Num 23,28), oppure nella
localit Bi Pcti\a circa 20 Km a est della sponda set
tentrionale del Mar Morto (O.Henke, ZDPV 75, 1959,
155-163). Inoltre vanno ricordati il BLal Berit il Baal
dell'alleanza (Giud 8,33; 9,4; cfr. 9,46), che ha il suo
tempio a Sichem, il B'al Z ebb (2Re 1,2-16, indicato
espressamente come il dio della citt di Accaron; cfr.
BHH 1,175s.; F.C.Fensham, ZAW 79, 1967, 361-364),
come pure alcune divinit riscontrabili solo in nomi di
localit, come Baal Zefon (Es 14,2.9; Num 33,7; cfr.
O.Eissfeldt, Baal Zaphon, Zeus Kasios und der Durchzug der Israelilen durchs Meer, 1932; Haussig 1,256
258) e il Baal delPErmon (Giud 3,3; cfr. lCron 5,23).

Con il Baal senza alcuna aggiunta vengono


indicati il Ba'al di Ofra (Giud 6,25-32), quello del
Carmelo (IRe 18,21ss.; cfr. Alt, KS 11,135-149;
O.Eissfeldt, Der Gott Karmel, SAB 1953, 1;
K.Galling, FS Alt 1953, 105-125) e il dio impor
tato da Tiro in Samaria (IRe 16,31s.; 18,19; 22,54;
2Re 10,18-28 ecc.; cfr. Alt, KS 111,258-302). Ci s
pu chiedere (contro lopinione di Eissfeldt) se

287

queste divinit di nome BalaJ, alcune delle quali


sono localmente molto distanti fra loro, siano in
realt soltanto manifestazioni di un unico Balalsamm, oppure divinit distinte.
2) 13 dei 20 casi in cui b"al nei libri profetici de
signa un dio sono in Ger (in alcuni passi con una
formulazione dtr.), 6 in Os (per 2,18 vd. st. b) e
uno in Sof. Osea e al suo seguito Geremia si ricol
legano alla lotta che Elia condusse contro il culto
di Baal. Osea per combattere questo culto si serve
dell'immagine del matrimonio: la sposa infedele
(= Israele) si allontana da Jahwe e si mette a for
nicare con i suoi amanti (Os 2,7ss.; per il plur. b**fi
lini in 2,15.19; 11,2 cfr. Wolff, BK XIV/1, 46s.).
11 giudizio annunziato da Osea consiste nel fatto
che Jahwe far scontare a questa sposa infedele i
giorni dei Baalim (la partecipazione a feste cul
tuali cananaiche) (2,15); il giorno della salvezza
verr quando Jahwe allontaner i nomi dei Baa
lim (2,19). Lapostasia verso il cullo dei Baalim,
di cui Osea accusa Israele, secondo la visuale del
profeta ha le sue radici nei primordi di Israele,
come mostrano i cenni storici retrospettivi (9,10;
11,2; 13,1).
In Geremia laccusa contro coloro che si dedicano
al culto di Baal occupa ampio spazio: i profeti ven
gono accusati di aver profetizzato nel nome di
Baal (Ger 2,8; 23,13), tutto il popolo di offrire sa
crifici a Baal.
Laccusa profetica di apostasia verso il cullo dei Baalim
viene espressa con i seguenti verbi: zbh sacrificare
(Os 11,2), qtr pi./hi. bruciare incenso (Os 2,15; 11,2;
Ger 7,9; 11,13.17; 19,4s.; 32,29); nzr ni. consacrarsi
(Os 9,10); Ssm rendersi colpevole (Os 13J); sb ni.
giurare (Ger 12,16), bnh bmi edificare allure
(Ger 19,5; 32,35). Anche i termini paralleli dello stesso
campo semantico fanno gi intravedere in parte il giudi
zio profetico sui Baalim: bsoet infam ia (Os 9,10);
siqqsim idoli (Ger 32,34); ^ lhlm ahrim altri
dei (Ger 7,9; 19,4; cfr. 11,13); p esl/im im m agini
(Os 11,2).

3) 11 terzo gruppo di testi, dove questo termine


viene usato per lo pi al plurale, formato dalle
opere dtr, e cron., in stretta connessione con Osea
e Geremia.
Espressioni tipiche per definire lapostasia verso i Baalim
sono: bd servire (Giud 2,11.13; 3,7; 10,6.10; ISam
12,10; IRe 16,31; 22,54; 2Re 17,16); hfk 1ahr andare
dietro a (Deut 4,3; IRe 18,18; Ger 2,23; 9,13); znh
'ahar prostituirsi a (Giud 8,33).
Accanto ai Baalim stanno talvolta, sempre come divinit
cananaiche, le dee femminili corrispondenti: le Astarti
(Giud 2,13; 10,6; ISam 7,4; 12,10) e le Ascere (Giud 3,7;
accanto ad esse nominato l* esercito del cielo in 2Re
17,16; 21,3 = 2Cron 33,3; 2Re 23,4s.).

b) Solo raramente e in un tempo posteriore si


osato mettere in relazione la radice bll con Jahwe.
11 verbo b"l q, nel sign. di dominare usato in Is
26,13, dove il popolo si lamenta che ci sia stato un
tempo nel quale non Jahwe, ma altri signori lo hanno
dominato. In Ger 3,14 e 31,32 b'f costruito con be\
il
contesto suggerisce di tradurre con essere signore
Soggetto qui Jkihwe, che parla in prima person.i
b 'a !

PADRONE 288

In Ger 3,14 il termine fa parte di un annuncio di sal


vezza condizionato: come signore, Jahwe abbastanza
potente da ricondurre a Sion i figli ribelli . In Ger
31,32 Jahwe si presenta come il signore che punisce co
loro che hanno violato il suo patto.

In Nah 1,2 b'al solo un termine di relazione:


Jahwe b"al hm uno che pieno d'ira . An
che Is 1,3 rientra solo fino a un certo punto in que
sto ambito; qui il comportamento di un asino
verso la greppia del suo padrone viene paragonato
a quello di Israele verso Jahwe.
Talvolta Jahwe viene paragonato ad un ba'ai
marito . Ci avviene in Os 2,18 dove ba'al in
parallelo con 7sf: allora tu mi chiamerai mio
marito, e non mi chiamerai pi mio baal .
Come sostiene Wolff, BK XIV/1,60, questo an
nuncio di salvezza prospetta il fatto che in quel
giorno Israele non rispetter pi soltanto Jahwe
come il legittimo marito (baal), ma lo amer
come sposo (fs); bisogna per anche tener pre
sente (considerando 2,19) che colui che chiama
Jahwe baalT non distingue in maniera precisa
Jahwe dal Baal cananeo (cfr. per Rudolph, KAT
Xm/l,78s.).
Nella pericope Is 54,1-10 risuona il lamento della
sposa sterile (cfr. Westermann, ATD 19,217ss.),
unimmagine simbolica per designare lIsraele del
tempo dellesilio. La salvezza annunziata dal Deu
teroisaia consiste ora nel fatto che Jahwe si fa
sposo di questa donna abbandonata (Is 54,5).
Limmagine delle nozze di Jahwe con il popolo
opp. con la terra di Israele ritorna ancora nel Tritoisaia, in Is 62,4s. I nomi nuovi mio compiaci
mento e sposata (be'Ol) caratterizzano il
tempo deile nozze e si contrappongono ai nomi
antichi abbandonata e solitaria (cfr. 54,1).
Per il problema dei nomi propri con lelemento teoforo
b'al allepoca dei Giudici e nel primo periodo della mo
narchia cfr. Noth, IP 119-122; Eichrodt 1,126-128.

5/ Nel NT non c nessuna corrispondenza uni


taria alla radice b 7. Gi i LXX traducono b'I/b'al
in modi diversi, p.e. in Es 21,28 ( padrone ) con
xpto^, in Giud 9 ( cittadini ) con #v$p<;, in
Deut 21,13; 24,1 ( sposare ) con cruvotxteiv in
2Sam 11,26 sia 75 sia bcVa/ ( sposo ) sono tra
dotti con vYjp; la divinit cananea Baal viene
semplicemente trascritta tale e quale. Il nome di
questa divinit ritorna nel NT soltanto nel nome
B^^sBoX (Me 3,22 ecc.; cfr. W.Foerster, art.
Bfce&PoX, ThW I,605s. = GLNT fl,239-242;
L.Gaston,. Beelzebul, ThZ 18, 1962, 247-255).
J.Kuhlwein

W p2 bqs

pi. CERCARE

1/ La radice bqs attestata solo in ebr., ug. (bqt,


cfr. UT nr. 505; WUS nr. 572) e in fen. (DISO 41).
Oltre al pi. e al pu. lebr. ha il sostantivo verbale
baqqs desiderio, brama che da un punto di
289

tfpn bqs pi. CERCARE

vista morfologico un inf. pa. aram. (GK 84e;


BL 479).
Secondo C.Brockelmann, ZS 5, 1927, 31s., bqs una
forma rimata sul verbo drs, in parte sinonimo e spesso
unito a bqs, derivato da bqr ricercare (cfr. Wagner
nr, 45) presente anche in aram.; cfr. del resto Tug. bqt_
accanto a drs.

2/ Come verbo bqs si trova al pi. 222x, al pu.


3x; molto frequente in Sam/Re (50x), Ger
(22+lx) e Sai (27x). Il sostantivo verbale baqqs
attestato 8x che, tranne Esd 7,6, si trovano tutte
in Est.
3/ Il valore fondamentale di bqs pi, il cercare
una cosa perduta o scomparsa (cfr. C.Westermann, Die Begriffe fur Fragen und Suchen im
AT, KuD 6, 1960, 2-30, per bqs soprattutto 2-9).
In circa la met dei passi il significato cercare
qualcuno o qualcosa (di cui non si conosce il luogo
dove si trova) ; cfr. lat. quaerere. Come oggetto
troviamo persone o animali (circa 50x) o cose
(circa 60x), p.e. Gen 37,15s.; Gios 2,22; Giud 4,22;
ISam 9,3; 23,14; 26,2,20; Re 18,10. Loggetto pu
essere anche indeterminato e anonimo: scegliere
qualcuno (da una massa), p.e. ISam 13,14;
16,16; 28,7; Re l,2s.; Is 40,20; Ez 22,30; Nah 3,
11 (cercare invano). In Re 10,24 = 2Cron
9,23 e Prov 29,26 si parla della ricerca del volto
(;pnlm) di un uomo, nel senso di un atto di cor
tesia (vd.st. 4).
Se loggetto piuttosto ideale e lobiettivo non va
inteso in senso locale, ma il compimento di un
desiderio o la realizzazione di un piano, allora il
verbo acquista una connotazione emotiva: ten~
dere a qualcosa, adoperarsi, preoccuparsi , p.e,
Ger 2,33; 5,1 (fedelt); Ez 7,25 (pace); Sof 2,3 (giu
stizia, umilt); Sai 4,3 (menzogna); 27,4 (abitare
nella casa di Dio); soprattutto Prov 2,4; 11,27;
14,6; 15,14; 17,9.11; 18,1.15 (sapienza o sim.); cosi
pure Eccle 7,25; Dan 8,15. Va notato che laspetto
conoscitivo molto secondario. Solo raramente si
trova bqs pi. nel senso di ricercare, indagare
(cfr. -drs). Oltre a Giud 6,29, dove l verbo pa
rallelo a dfs che lo precede ed influenzato da
esso, si possono citare solo pochi altri passi della
letteratura sapienziale, nei quali oggetto la sa
pienza , p.e. Prov 2,4 (qui tuttavia la sapienza
personificata); 18,15; Eccle 7,25; 8,17.
Nel significato tendere a, ricercare , con oggetti pari
menti ideali, shr pi. (12x, con Dio come oggetto Is 26}9;
Os 5,15; Sai 63,2; 78,34; Giob 8,5) sinonimo frequente
di bqs pi. (cfr. Jenni, HP 222).
Sulla delimitazione dei valori di bqs pi, (in riferimento
alloggetto e in senso terminativo scoprire qualcosa,
cercar di procurarsi qlcs. ) e di drs pi. (in relazione ad
un'attivit darsi pena di, informarsi, mirare a ) cfr.
Jenni, HP 248s., e drs 3.

In circa 30 passi si ha come oggetto ncefces ten


dere insidie alla vita di qualcuno , e 9x r5* mi
rare alla rovina di qualcuno . Nellespressione op
posta cercare la salvezza di qualcuno
290

bqs pi. usato soltanto due volte (Sai 122,9 e


Neem 2,10 rispettivamente con (db e tba). In
questo contesto bqs pi., a differenza di drs, indica
dunque anzitutto un cercare negativo, ostile.
In circa 20 passi bqs pi. significa un cercare ur
gente, che si rivolge ad una persona, cio esi
gere, richiedere , anche in base ad un titolo giu
ridico (cfr. lat. petere), p.e. Gen 31,39; 43,9; Num
16,10; Gios 22,23; ISam 20,16; con -dm san
gue come oggetto 2Sam 4,11; Ez 3,18.20; 33,8,
bqs pi. non usato come verbo di movimento, nel
senso di ricercare un luogo .
Come oggetto, oltre ad un pronome o ad un
nome, si ha talvolta un infinito: con fe 17x, senza
le 2x (Es 4,24; Ger 26,21).
Lequivalente in aram. bibl. bK
h cercare (q.: Dan
2,13 si cercava ?; 6,5; pa.: 4,33) e implorare (9x).
Per Dan 2,13 si possono anche proporre i significati es
sere in procinto di, stare per fare, correr pericolo (KBL
1058b con bibliogr.), cfr. hsb pi. in Giona 1,4 e bqs pi. in
Gen 43,30 (HAL 146a.347b).
Vanno ancora ricordati i sinonimi: hpr scavare, in
Giob 3,21 e 39,29 in senso traslato indagare, cercare ,
in Deut 1,2 e Gios 2,2.3 esplorare (un paese) (HAL
327a; ripartito in due radici GB 250a); hps q./pi. per
quisire (cfr. Jenni, HP 130s.); inoltre tur q./hi. esplo
rare, indagare (q. 19x, di cui 14x in Num 10,33-15,39;
hi. 3x).

4/ Nei 14 passi nei quali Dio il soggetto del


cercare, luso simile a quello profano: cercare
una persona perduta (Ez 34,16; Sai 119,176; cfr.
Eccle 3,15), scegliere cercando (ISam 13,14),
cercare, indagare (Ez 22,30; Giob 10,6), ten
tare di (Es 4,24; Giud 14,4; Zac 12,9), esigere
(Gios 22,23; ISam 20,16; Ez 3,18.20; 33,8).
Pi numerosi e anche pi significativi dal lato teo
logico sono quei passi in cui Dio oggetto del cer
care (circa un quarto di tutti i passi). Solo di rado
(8x) lespressione cercare Dio designa un
evento particolare e straordinario, e per di pi
senza una precisa connotazione teologica. Nel
senso di cercare (consultare) una rivelazione, un
oracolo {drs 4) bqs pi. viene usato solo in via
eccezionale: lunico passo chiaro Es 33,7. Il con
testo cultuale in Os 5,6 (linutile ricerca dei san
tuari) e in 2Cron 20,4. Lespressione cercare il
volto di Dio o sim. (vd. sp. 3) si trova in 2Sam
21,1; Sai 24,6; 27,8; 105,4 = lCron 16,11; 2Cron
7,14.
Si pu riscontrare invece un uso chiaramente teo
logico nei 30 passi ove bqs pi. indica la giusta con
dotta davanti a Jahwe, nella conversione e nel ti
mor di Dio. Si indica uno 44status piuttosto
che un actus (Westemnann, l.c., 5). bqs pi.
pu essere in questo caso parallelo e sinonimo di
drs (Deut 4,29; Ger 29,13; Sof 1,6; Sai 105,3s. =
lCron 16,10s.; 2Cron 20,3s.),
5/ Per i testi di Qumran Kuhn, Konk. 35, se
gnala 7 ricorrenze. Ci si ricollega essenzialmente
agli usi dellAT (3x con oggetto diretto: ndefces, rifhy
bfn\ 2x con le e linf.). Per 1QS 5,11, dove bqs
291

(insieme con drs) usato nel senso di meditare e


scrutare i (lett. nei: be) suoi (di Dio) comanda
menti , non esiste alcuna corrispondenza precisa
nel LAT.
I LXX usano 17 verbi per tradurre bqs pi. Nono
stante questa molteplicit di equivalenti, il pi
usato tra tutti Cyjtclv (175x) e i suoi composti
(exCttelv 25x).
Per il NT cfr. H.Greeven, art.
ThW
11,894-898 (= GLNT 111,1529-1540). G.Gerleman

iCI 2 r CREARE
1/ Tra tanti tentativi di determinare letimolo
gia del verbo, il pi probabile quello, pi volte
proposto, di combinare assieme br' I creare
(qal, ni., e il sostantivo verbale beri ) e br ITI
(pi.) tagliare, dissodare (Gios 17,15.18), fare
a pezzi (Ez 23,47).
In uniscrizione pun. (CIS 1,347, r. 4) br compare come
nome di professione, forse nel senso di scultore
(DISO 43 graveur con interrogativo; cfr. Lidzbarski,
NE 244).

br I/III potrebbe esser derivato da una radice pri


mitiva a due lettere br, con il valore approssima
tivo di tagliare, dividere (cfr. anche G.J.Botterweck, Der Triliterismus im Semitischen, 1952,
64s,); anche questipotesi resta per problematica.
Da una parte br III pi. non presenta le stesse par
ticolarit di br 1 qal (soggetto esclusivo: Dio).
Dallaltra br q./ni. non viene mai usato nel senso
fondamentale di tagliare o sim. Il verbo manca
p.e. proprio nella prima parte originaria del rac
conto della creazione in Gen 1 che, seguendo la
tradizione deirOriente antico, descrive (cfr. anche
vv. 14.18) lorigine della luce e delle tenebre,
delloceano celeste e di quello terrestre, dellacqua
e della terra (Gen l,4b.7.9G) da un elemento gi
esistente (v. 2).
NellAT non possbile, almeno in modo chiaro
ed univoco, vedere come si evolve il significato di
questo verbo, ossia il suo ridursi alla creazione di
Dio; solo gli oggetti, la cui creazione espressa
con br\tendono tuttal pi a specificarsi con mag
gior precisione (vd. st. 3c e 4). Le due radici, an
che se in un primo tempo erano unite, sono gi se
parate nellAT. br I ha ormai una configurazione
precisa, per cui non si possono pi riscontrare in
esso eventuali concezioni tratte dal lavoro artigia
nale o dal mito.
Cfr. oltre i commentari e le varie teologie dellAT su
questo verbo: F.M.Th.Bohl, FS Kittei 1913, 42-60;
W.Foerster, ThW 111,1004-1015 (= GLNT V,12471276); J. van der Ploeg, Le Muson 59, 1946, 143-157;
P.Humbert, ThZ 3, 1947, 401-421 (= Opuscules dun
Hbrai'sant, 1958, 146-165); N.H.Ridderbos, OTS 12,
1958, 219-223; E.Dantinne, Le Muson 74, 1961,
441-451; W.H.Schmidt, Die Schopfungsgeschichte der
Priesterschrift, *1967, 164-167; C.Westermann, BK
1,136-139.
br CREARE

292

2/ a) Il verbo (qal 38x, ni. lOx; ber f lx; cfr. la


statistica in Humbert, l.c., 146-149) attcstato so
prattutto nel Deuteroisaia, profeta dellesilio, e
(quasi contemporaneamente) nel codice sacerdo
tale; qualche volta compare anche nel salterio e in
altri contesti. Questa ripartizione fa presupporre
che il verbo sia ambientato nel linguaggio del
culto; del resto anche il messaggio del Denterai saia influenzato dai salmi. Il verbo sembra estra
neo (nonostante Eccle 12,1) alla letteratura sa
pienziale; comunque, esso manca stranamente nel
libro di Giobbe, che spesso ritorna sul tema della
creazione ,
b) Poich le attestazioni preesiliche sono estrema
mente rare, la voce non sembra molto antica.
Il racconto jahwistico della creazione (Gen 2,4bss.) non
conosce questo verbo. Gen 6,7 J (sia nella proposizione
relativa formata con br\sia neirelenco degli esseri vi
venti) influenzato a livello redazionale dal linguaggio
della tradizione sacerdotale. Cos nello Jahwista br1 si
trova solo in Num 16,30 nellespressione scolorita br
ben ' fare cose nuove, meravigliose, ed anche in
questo caso non si pu escludere di per s un influsso
recente (cfr. il termine d comunit nel v. 26). - In
Es 34,10 la promessa di meraviglie quali non furono
mai compiute in tutta la terra e tra tutti i popoli costi
tuisce un'aggiunta che si inserisce tra lannuncio della
stipulazione dellalleanza e la proclamazione del coman
damento. - Am 4,13 apre le dossologie, che sono state
inserite nel libro in epoca tardiva, - ls 4,5 appartiene ad
una non autentica profezia di salvezza, che unisce tra
loro in modo del tutto inusitato teofania e creazione.
- La parenesi di Deut 4,32 (br' unito ad una indica
zione cronologica, come in Ez 28,13.15) fa parte di una
cornice recente (deuteronomistica?) del Deuteronomio.
- I salmi 102 (v. 19), 148 (v. 5), e anche 51(v, 12) non
sono probabilmente preeslici. - La promessa di una
nuova creazione del popolo (Ger 31,22) pu risalire al
tempo di Giosia.
Se lasciamo aperta la questione dellepoca a cui risalgono
Sai 89 (vv. 13.18) e 104 (v. 30), le poche attestazioni che
restano non costituiscono un valido argomento per poter
affermare che il verbo br' testimonia la fede di Israele
nella creazione prima dellesilio. Resta quindi ancora va
lida Passerzione di J.Wellhausen che il termine di
ventato di uso comune soltanto a partire dalfesilio babi
lonese (Prolegomena zur Geschichte Israels, 1927,
304).

3/ Luso di br7 presenta delle caratteristiche


particolari:
a) Dio sempre il soggetto del verbo; si tratta
sempre del Dio dIsraele, mai di una divinit stra
niera (cfr. Ez 28,13.15). La cosa pi rilevante
che si ha qui un termine particolare per indicare
soltanto lattivit creatrice di Dio, distinguendola
in tal modo da ogni analogo agire o fare
delPuomo (J.Wellhausen, l.c.). Poich nellAT
il verbo riservato soltanto a Dio, questo genere
di creazione sottratto ad ogni analogia e ad ogni
tentativo di rappresentazione; infatti lagire divino
chiaro solo in quanto pu venir paragonato a
quello umano. Il verbo non dice dunque nulla sul
come avviene la creazione.
293

K-D br CREARE

b) Non si nomina mai un elemento (accusativo o


preposizione) dal quale Dio crea (cfr. soprat
tutto Gen 1,27).
c) Gli oggetti di br sono di diverso tipo, spesso
per contengono in s qualcosa di particolare,
straordinario, nuovo:
1) cielo e/o terra: Gen 1,1; 2,4; Is 65,17; 42,5; 45,18; cfr.
40,28; Sai 148,5; 89,13 (nord e sud = la totalit);
2) uomo: Gen 1,27; 5,ls.; 6,7; Deut 4,32; Is 43,7; 45,12
(Dio ha fatto la terra, ha creato luomo); Ez
28,13.15; Mal 2,10; Eccle 12,1; Sai 89,48;
3) il popolo dIsraele: Is 43,1.15; Sai 102,19; cfr. Ez 21,35
(Animon);
4) cose meravigliose, nuove e sim.: Es 34,10; Num
16,30; Is 48,6s.; 65 17; Ger 31,22; cfr. Is 41,20; 45,8; Sai
51,12; 104,30.

In alcuni passi la connotazione specifica di br


passa in seconda linea. Cosi Am 4,13 ( colui che
crea il vento ) fa uso di alcuni verbi sinonimi, op
pure Is 42,5 unisce al creare il dispiegare i
cieli. In questo caso br5designa solo uno stadio in
termedio e non lo stadio finale della creazione.
Come risulta dai passi citati sotto 3) e 4), impor
tante non tanto il fatto che prima della creazione
non ci fosse nulla , ma che lazione di Dio fac
cia sorgere qualcosa di nuovo che prima non cera
(anche Is 41,20; Sai 51,12; 102,19). Di per s
quindi il verbo non designa una creatio ex nihiio , ma esprime proprio ci che in altre catego
rie (vd. st. 5) fonda il discorso sulla creatio ex ni
fi ilo : il creare di Dio straordinario, sovrano, fa
cile, pienamente libero, senza limiti.
4/ Il Deuteroisaia, profeta dellesilio, descrive '
con il verbo br non solo lopera di Dio del passato
o del presente (Is 40,26.28; 42,5; 45,12.18; cfr. Sai
104,30), ma anche quella del futura (41,20*45,8;
cfr. 65,17s.; Ger 31,22); infatti per lui non solo il
mondo nella sua totalit (cfr. 45,7), ma anche la
nuova salvezza va intesa come creazione. AI con
trario il codice sacerdotale restringe coerente
mente luso del verbo, in precedenza molto vario,
alla creazione degli inizi .
Nello stesso tempo emerge in primo piano il carat
tere particolare del verbo (in Sai 148,5 in relazione
alla creazione attraverso la parola, che in origine
era autonoma). Mentre nel Deuteroisaia il verbo
resta associato ad altre espressioni, che stanno pi
o meno sul suo stesso piano* nel codice sacerdo
tale esso designa unazione definitiva che non ha
bisogno di alcun complemento, ed usato in passi
rilevanti che in questa forma non appartengono
allo strato pi antico della tradizione. Titolo (Gen
1,1) e frasi conclusive (2,3s.) sottolineano in sin
tesi che Dio ha creato tutto (senza partire da al
cuna condizione preliminare). Le tre ricorrenze
quando si parla della creazione delPuomo (1,27;
cfr. 5,ls.; non nellannuncio di 1,26) da una parte
mostrano la natura particolare di questazione e
dallaltra non permettono di intuire nulla sul
come sorto luomo o da dove proviene (diversa
294

mente Gen 2,7; Sai 139,15). Cos pure viene re


spinta qualsiasi concezione mitica, poich anche
gli stessi mostri marini (e con essi i primi esseri vi
venti) sono stati creati da Dio con la massima li
bert (1,21).
Nonostante la tendenza a ritenere tutte quante le
cose nel loro complesso come opera di Dio (p.e.
Gen 1,1; ls 45,7; 65,17), br pu esprimere anche
la cura che Dio ha verso i singoli (Is 43,7; Mal
2,10; Eccle 12,1). Perci Sai 51,12 creami un
cuore puro pu esprimere in forma di preghiera
la promessa escatologica di un uomo nuovo (cfr.
p.e. Ez 36,26).
5/ 1 LXX non traducono sempre br c ^
(cfr. W.Foerster, ThW III,999-1034=GLNT V,
235-1330), ma specialmente in Genesi (a diffe
renza di Aquila, Simmaco e Teodozione) con
Troietv (cfr. H.Braun, ThW YI,456ss. = GLNT
X, 1117ss.). Non si conserva quindi il significato
specifico che il termine possiede. Invece lidea el
lenistica della creazione dal nulla (cfr, 2Mac 7,28;
Rom 4,17) cerca in base ad altri presupposti - pro
babilmente accentuando e capovolgendo il princi
pio di causalit - d attenersi effettivamente alle
intenzioni su cui si fonda luso di br'.
W.H. Schmidt

m n brh FUGGIRE - DU nits.

r n 3 ber i t IMPEGNO
1/ 1/ Il sost. berTt attestato (finora) solo in
ebr. (contro linterpretazione di TR be-ri-ti, ri
corrente in due testi acc. di Qatna, come krt bcrlt
da parte di W.F.Albright, BASOR 121,1951, 21s.
cfr. J.A.Soggin, VT 18, 1968, 210-215); la men
zione di un l berft (Giud 9,46) e di un bal berlt
(Giud 8,33; 9,4) per Sichem (a questo proposito:
R.E.Clements, Baal-Berith of Shechem, JSS 13,
1968, 21-32) porta a concludere che berlt fosse
usato anche in territorio can.
2/ I tentativi di spiegare letimologia di bent
sono molteplici.
a) Si fatto derivare berlt da un sost. acc. bili tu vin
colo . berit sarebbe anzitutto il vincolo... poi, in
senso metaforico, il patto vincolante (R.Kraetzschmar, Die Bundesvorstellung im AT, 1896, 245; cfr,
P.Karge, Geschichte des Bundesgedankes im AT, 1910,
228s. ecc.). Prescindendo anche da altre difficolta che
questa derivazione solleva (cfr. O.Loretz, berit- BandBund, VT 16, 1966, 239-241), lespressione krt berit,
letteralmente tagliare una berit , significherebbe pro
priamente tagliare un legame/vincolo , il che non si
accorda con il senso (generalmente supposto) di con
cludere unalleanza (E.Nielsen, Shechem, "1959, 114).
b) M.Noth, Das atl. Bundschliessen im Lichte eines
Mari-Textes, FS Lvy 1955, 433-444 = GesStud1 142-

295

154, riferendosi a ARM 11,37, r. 13s., ha collegato bert


alla preposizione acc. birit tra (cs. di biritu inter
vallo, spazio intermedio). Ma nella proposizione acc.
sali mam birit... ... askun ho stipulato un accordo
Ira... e... , se la si confronta con l'espressione ebr. ana
loga (krt) berlt ben... itbn... (Gen 9,17 ecc.), birit non
corrisponde allebr. bertt, ma alla prep. ben.
c) Se si suppone una derivazione da un verbo brht allora
bisogna rilevare che il valore cecfdit, secuit. (cos Gesenius, Thesaurus I,238s.; pi recentemente P.Humbert,
ThZ 6, 1950, 60) si ha per tale verbo solo in arab., ma
non in ebr. Va escluso un rapporto semasiologico con
brh I mangiare , per cui berlt indicherebbe originaria
mente il pasto d cui si parla nella stipulazione dei trat
tati (Gen 26,30 cfr. 28; 31,46.54 cfr. 44; E.Meyer, Die
Israeliten und ihre Nachbarstamme, 1906, 558 n. I;
KBL 152b; L.Khler, JSS 1,1956, 4-7; ecc.), poich que
sto brh indica soltanto il mangiare dei malati e degli af
flitti, ccte come i sost. che ne derivano brt (Sai 69,22)
e birj (2Sam 13,5.7.10) designano il cibo degli infelici e
dei malati.

d) bert deriva piuttosto da una radice brh II


(E.Kutsch, Sehen und Bestimmen. Die Etymologie von berTt, FS Galling 1970, 165-178; cfr. gi
GB 114b). Questa radice si trova in acc. (bar) nel
significato primario di vedere, guardare (AHw
109; CAD B 115); tentativi precedenti di collegare
ben t con questa radice (cfr. H.Zimmern, Beitrage
zur Kenntnis der bab. Religion, II, 1901, 50) non
hanno avuto successo finch si supposto che
essa designasse solo il vedere dei sacerdoti in
dovini. Come in acc., cosi anche nellunica atte
stazione ebr. (ISam 17,8 sceglietevi un uomo
che scenda contro di me ) la radice brh II signi
fica vedere, scegliere (per un determinato com
pito), selezionare, determinare (come r'h in
Gen 22,8; Deut 12,13; ISam 16,1; 2Re 10,3; Est
2,9; fjzh in Es 18,21). Da essa si formato berlt
determinazione (a far qualcosa di determi
nato), obbligo .
Radice e derivato si comportano e si evolvono nel loro
significato come avviene per i sost. hzZ e hzt (che
non vanno per nulla modificati!) usati da Isaia (28,15.18)
in parallelo con betfl: essi sono derivati da hzh nel valore
che il verbo possiede in Es 18,21; il suo significalo ve
dere > scegliere > determinare > decretare si trova
anche neUaram. targumico (p.e. in Lev 5,10; Ger 22,13a;
32,7s.; lCron 15,13) e nel palm. (tariffa doganale CIS
11,3913; n ,114.123.129 cfr. 1,7; 11,131; DISO 85).

II/ NellAT il sost. bert attestato 287x (solo al


sing.): Gen 27x, Es 13x, Lev lOx, Num 5x, Deut
27x, Gios 22x, Giud 7x, ISam 8x, 2Sam 6x, Re
14x, 2Re 12x, Is 12x (Dtis 4x, Tritois 4x), Ger 24x,
Ez 18x, Os 5x, Am lx, Abd lx, Zac 2x> Mal 6x,
Sai 21x, Giob 3x, Prov lx, Dan 7x, Esd lx, Neem
4x, lCron 13x, 2Cron 17x.
Poich la composizione di molti libri dellAT racchiude
pi strati differenti, una statistica di questo genere
poco utile; pi indicativa quella che tiene conto del pe
riodo di formazione dei testi. I passi seguenti possono
essere considerati del periodo predeuteronomistico:
Deut 33,9(?); Gios 7,11.15(7); 9,6.7.11.15.16; 24,25(7);
Giud 8,33; 9,4.46; ISam 18,3; 20,8; 23,18; 2Sam

r H 3 ber it IMPEGNO

296

3,12.13,21; 5,3; 23,5; IRe 5,26; 15,193.0; 20,34a.b; 2Re


11,4; nella tradizione jahwista: Gen 15,18; 26,28; in
quella elohisla: Gen 21,27.32; 31,44; inoltre Es 24,7.8(?);
Os 6,7; 8,1(7); 10,4; 12,2; Is 28,15.18; tra i salmi tuttal
pi Sai 89,4.29.35.40, In totale sono soltanto 43 passi.
A partire dal periodo immediatamente prima deiresitio
bert diventa molto pi frequente, e anche il suo signi
ficato diviene pi specifico, soprattutto quello teologico.
Particolarmente numerose sono le ricorrenze nei testi
dtn.-dtr. Oltre a Deut 4,13 e altri 18 passi nel Deut; Es
19,5; 23,32; 34,10.12.15.27.28;Gios 23J6;Giud 2,1.2.20;
IRe 8,23: 11,11; 19,10.14; 2Re 11,17; 17,15.35.38;
18,12; 23,2.3aa.J3. b.21;Ger 11,2.3.6.8.10; 14,21; 22,9;
31,31.32a.b.33; 34,8.10.13.15.18aot.|3;m 1,9 (62 passi,
senza considerare i salmi), si hanno da Num 10,33;
14,44; Deut 10,8 ecc. fino a 2Cron 5,2.7 42 passi che ampliando secondariamente lespressione arca di
Jahwe/Dio o gi originalmente - parlano delF arca
della berit di Jahwe/Dio in cui (secondo la concezione
dir.) erano collocate (IRe 8,9.21; cfr. Deut 10,2) le ta
vole della berft (Deut 9,9.11.15; IRe 8,9G). Anche il
codice sacerdotale, con le sue aggiunte e assieme alla
legge di santit, offre un buon numero (39) di attesta
zioni (Gen 6,18; 9,9-17 7x; 14,13; 17,2-21 13x; Es 2,24;
6,4.5; 31,16; Lev 2,13; 24,8; 26,9-45 8x; Num 18,19;
25,12.13).

Gi alla fine dei secolo scorso


J.J.P.Valelon jr., ZAW 12, 1892, 1-22.224-260;
13, 1893, 245-279, e R.Kraetzschmar, l.c. (vd. sp.
I/2a), avevano mostralo che il termine alle
anza non corrisponde sempre e del tutto alPebr.
bert. Perci p.e. B.Baentsch, Exodus-LeviticusNumeri, 1903, ha tradotto bert con alleanza in
Es 2,24, con promessa inviolabile in 6,4s. e con
statuto di alleanza in 19,5. Ma contro tali di
stinzioni Eichrodt 1,9 (cfr. anche id,, Bund und
Gesetz, FS Hertzberg 1965, 30-49) ha rilevato che
in Israele sia la bErit profana sia la berft religiosa
costituiva una relazione reciproca; infatti anche
nel caso in cui gli obblighi fossero ripartiti in ma
niera ineguale tra i contraenti, la reciprocit del
rapporto non era mai messa in discussione . In
uno studio pi recente J.Begrich, Berit. Ein Betrag zur Erfassung einer atl. Denkform, ZAW 60,
1944,1-11 = GesStud 55-66, ha inteso beriI come
un rapporto in cui il pi potente si pone di fronte
ad uno meno potente di lui (l.c. 4; cfr. in propo
sito gi B.Duhm, Das Buch Jesaja, 1892, 385, per
Is 55,3), e soltanto il pi potente assume un ob
bligo, mentre tfaltro (il pi debole) non ha una
parte attiva; solo'secondariamente berit stato in
teso come un contratto che impone diritti e doveri
ai contraenti. L'unilateralit della bpnt rilevata
anche da A .Jepsen, Berith. Ein Beitrag zur Theo
logie der Exilszeit, FS Rudolph 1961, 161-179, il
quale la interpreta come una promessa, un ob
bligo-solenne (l.c., 165.178); egli tuttavia, al
meno per la sfera profana, contesta che berit vo
glia indicare anche lobbligo che viene imposto ad
un altro (l.c,, 165). Tenendo conto in maniera cri
tica di tutte queste opinioni, si pu ricavare per il
significato di berit il quadro seguente, soprattutto
per quanto riguarda il suo uso in un ambito pro
fano (E.Kutsch, Gesetz und Gnade. Probleme des
Ili/

297

1/

iT13 b 'ri IMPEGNO

atl. Bundesbegriffs, ZAW 79,1967, 18-35; id., Der


Begriff bcrit in vordeuteronomischer Zeit, FS Rost
1967, 133-143; cfr. anche G.Fohrer, Altes Testa
ment - Amphiktyonie und Bund ?, Studien
zur atl. Theologie und Geschichte, 1969, 84-119,
soprattutto 103ss.).
2/ berit non indica un rapporto , ma la di
sposizione , r obbligo che il soggetto della beril si assume; in questo contesto ben t pu signi
ficare anche la promessa . Il contenuto di tale
berit in quanto obbligo imposto su di s risulta
dal contesto: lasciare (altri) in vita Gios 9,15a,
cosi anche ISam 11,1; Deut 7,2; Es 23,32s.;
34,12.15; Giud 2,2; offerta di una comunione di
vita ISam 18,3 (Begrich, l.c., 6; Jepsen, Le., 163);
protezione della moglie Ez 16,8.60a; Mal 2,14; per
Davide che s assume obblighi di fronte agli an
ziani di Israele in 2Sam 5,3 cfr. Sai 101 (e Jepsen,
Le., 163s.). Non solo chi potente, ma anche il su
balterno, il debole o linferiore possono assumere
per s obblighi di questo genere, come nel caso
dello sconfitto re degli aramei Ben-Adad di fronte
ad Acab dIsraele, IRe 20,34aj3.b (cfr. Jepsen, l.c,,
I64s.; sul contenuto cfr. v. 34aa), Israele di
fronte allAssi ria, Os 12,2b&(cfr. v. 2b(3), i giudei
(Esd 10,3) o Ezechia (2Cron 29,10) di fronte a
Jahwe. In nessuno dei passi in cui compare berl
coloro a cui essa toma a vantaggio devono con
traccambiare qualcosa o assumersi a loro volta un
impegno. Anzi, nel tagliare una berit (krt\
ossia nel lassumere un obbligo su di s, il sogget to
della bprt non ha neppure bisogno di una contro
parte, Il re Giosia tagli la berit davanti a Jahwe,
impegnandosi a seguire Jahwe (2Re 23,3aa):
egli assume su di s un obbligo, mentre il popolo
aderisce in un secondo momento (v. 3b), e tutto
ci avviene davanti a Jahwe, non con Jahwe ,
Non si tratta dunque di una stipulazione di al
leanza con Jahwe o con il popolo. Lo stesso uso
linguistico si trova in Es 34,10; Ger 34,15b.l8a(;
Os 10,4; 2Cron 15,12; 34,31 (cfr. anche Neem
10,1.30). Ad una comune condotta contraria a
Jahwe si impegnano i suoi nemici, Sai 83,6; cfr.
anche 2Cron 23,16.
Questo tipo di obbligo pu essere ancor pi rafforzato da
colui che Passume su di s mediante un rito di automa
ledizione, con il quale egli passa attraverso le parti di un
animale squartato (Ger 34,15b.l8a(3.19; Gen 15,17s.): se
egli non mantiene la promessa subir la stessa sorte
delf anima le.

3/ 11 soggetto della brit impone un obbligo alla


controparte, cio a colui con it quale taglia una
bert. Secondo Ez 17,13ss. Nabucodonosor im
pone un obbligo a Sedecia re dei giudei: solo
questultimo, e non il re babilonese, deve entrare
nella maledizione (v. 13ba) nel caso che non
mantenga questa fnt (per kit bert [V/-] in z
17,13a(3cfr. laram. gzr dn [/i/J in KAI nr. 222A,
r. 7). Cos pure gli abitanti di Gerar vogliono impe
gnare Isacco (Gen 26,28, cfr. v. 29aa),

298

Davide assume con s Abner (2Sam 3,12s.), gli


israeliti impegnano Davide (come re, 2Sam 3*21,
cfr. 2Cron 23,3) e secondo Is 28,15.18 la morte
(cio: a risparmiarli), il re Sedecia impegna i giudei
e gli abitanti di Gerusalemme (a liberare gli
schiavi, Ger 34,8), Giobbe le pietre del campo
(Giob 5,23, cfr. Horst, BK XVI/l,87s.) oppure i
suoi occhi (Giob 31,1), il sacerdote Ioiada
aduna i capi delle truppe di corte (2Re 11,4). In
questi casi bert non include mai un impegno an
che per coloro che tagliano la berit.

4/ Dairimpegno assunto su di s (vd. sp. 2) si


pu passare alla bert reciproca, allassunzione di
obblighi reciproci da parte di /due o pi contraenti.
Salomone e Chiram di Tiro hanno tagliato una
beri1 (IRe 5,26bp); tra di loro regna slm (v.
26boc). Anche la tfrit tra il re di Damasco e quello
di Giuda (IRe 15,19a), come pure quella tra il re
arameo e Baasa dIsraele (v. 19b) intesa come
patto di non aggressione , come obbligo reci
proco di mantenere la pace. Reciproca pure la bert tra Gionata e Davide (ISam 23,18) e quella tra
Giacobbe e Labano (Gen 31,44). La traduzione di
bent con alleanza si fonda su questa accezione
secondaria e relativamente rara del termine.
Infine anche un terzo pu stabilire una bert
fra due parti . NelPAT non abbiamo un esem
pio specifico dal quale si possa dedurre che una
bert di questo genere comporti obblighi per le due
parti (su questo modello cfr. ARM 11,37, r.
7-14 e Noth, l.c., 142ss.). La berlt che il sacerdote
Ioiada ha stipulato tra il re e il popolo (2Re
ll,17b), se si tiene presente 2Sam 3,21; 5,3 e
2Cron 23,3, potrebbe essere un impegno del re di
fronte al popolo. Anche in 2Re ll,17a limpegno
(di essere un popolo di Jahwe, v. 17ap) im
posto chiaramente ad una parte sola, cio al po
polo. Qui va posta anche la berlt che Jahwe vuol
stabilire a favore di Israele con gli animali della
campagna, ecc. (Os 2,20, vd. st. 7c; su questo
tema cfr. Ez 34,25; Lev 26,6 e H.W.Wolff, Jahwe
als Bundesvermittler, VT 6, 1956, 316-320).

5/

6/ Lo stabilire (a), losservare (b) e il rompere o


labolire (c) una ben t vengono espressi da molti
verbi (nellelenco che daremo si tiene conto anche
delluso teologico).
a) Lespressione pi antica e pi frequente krt berit>
letteralmente Cagliare una bert, che va tradotta con
emanare una disposizione, stabilire un obbligo . Con
trariamente a quanto spesso si ritiene, questo modo di
esprimersi non tratto dalla prassi dello squartare un
animale(Ger 34,18s.;Gen 15,10.17;krt). Cfr. k it'ia
(Deut 29,11.13 e fen. in KAI nr. 27, r. 8s.), krt dbr
(Agg 2,5), krt 'mn (Neem 10,1).
Poco prima dellesilio compare la formula qm hi. berit
disporre, mettere in vigore una berii (Ez 16,60 ecc.;
cfr. 2Re 23,3af$); cfr. qm hi. con oggetto seb' giu
ramento (Gen 26,3 ecc.), ndccr voto (Num
30,14s.; Ger 44,25), dbr parola, promessa (Deut 9,5
ecc.), ma anche parola della tor (Deut 27,26 ecc.),

299

misw comandamento (Ger 35,16 ecc.). Anche le al


tre espressioni sono recenti: con oggetto b erit i verbi ritti

dare (Gen 9,12; 17,2; Num 25,12), sim porre


(2Sam 23,5), sbLni. giurare (Deut 4,31 ecc.), ngd hi.
proclamare (Deut 4,13), swh pi. im porre (Deut
4,13 ecc.), con be in davanti a berit i verbi b en
trare (Ger 34,10; Ez 16,8; 2Cron 15,12; cfr. IRe 8,31 =
2Cron 6,22, con 'f\ Neem 10,30, con l e seb ' ), 'br
entrare (Deut 29,11), 'md a aderire (2Re 23,3b),
inoltre b' hi. far entrare (ISam 20,8, cfr. Ez 17,13,
con fl/), Iqh assumere (2Cron 23,1; Ez I7,13b?),
'md hi. far aderire (2Cron 34,32 txt em).
b) Anche i verbi che indicano losservare una b er lt sono
attestati a partire dallultimo periodo della monarchia,
Per la berit profana: zkr ricordare (A m 1,9) e smr
custodire (Ez 17,14); Dio (mantiene) la sua b erit =
promessa : zkr (Gen 9,15, altrove llx ), smr (Deut 7,9
e altrove 6x; cfr. Deut 7,8; IRe 2,43, con oggetto eb")\
luomo (osserva) la b ert di Dio = legge : smr (Gen
17,9 e altrove 5x; cfr. ISam 13,13 ecc., con oggetto
m i^ ) , rtsr conservare (Deut 33,9; Sai 25,10), ynw ni.
esser fedele (Sai 78,37), hzq hi. restar saldo (Is
56,4.6).
c) Per linterruzione o labolizione di una b en t vengono
usati: in ambilo profano, luomo (rompe) una berit =
promessa:
lill
pi. profanare (Sai
55,21;
Mal 2,10), prr hi. rompere (IR e 15,19); Dio (rompe)
la sua b erit = promessa: prr hi. (Lev 26,44; Giud
2,1), kh dimenticare (Deut 4,31), hll pi. profa
nare (Sai 89,35), n r abbandonare (Sai 89,40);
luomo (rompe) la berh di Dio = legge: prr hi. (Gen
17,14 ecc.; cfr. Num 15,31 e Esd 9,14, con misw; Sai
119,126, con tor ; ma anche Zac 11,14, con a h aw fra
tellanza ), *br trasgredire (Deut 17,2 e altrove 7x,
inoltre Os 6,7?; cfr. Dan 9,11, con tr\ 2Cron 24,20 e
Eccli 10,19, con mi$w\ Num 22,18 e ISam 15,24, con
pc sentenza, ordine ), zb abbandonare (Deut
29,24 e altrove 4x; cfr. Prov 4,2, con tor ), skh dimen
ticare (Deut 4*23; 2Re 17,38; Prov 2,17; cfr. Os 4,6, con
tor, Deut 26,13, con misw), m 's rigettare (2Re
17,15; cfr. ls 5,24 e Am 2,4, con tor; 2Re 17,15, con
h u q q m ; Lev 26,15 e Ez 20,24, con huqqt; 2Re 17,15,
con ldt; Is 5,24, con 'im r; ISam 15,23.26, con dbr),
sht pi. cancellare (Mal 2,8), rsv hi. commettere una
mancanza verso (Dan 11,32), sqr b* agire con in
ganno verso (Sai 44,18), cfr. anche g a i contamina
zione (Neem 13,29); luomo (rompe) una bertt =
promessa verso Dio: skh dimenticare (Ger 50,5),

7/

La differenza tra i vari usi del termine con


siderati in tn/2-4 trova ulteriore conferma sotto
molti aspetti.

a) Quando b erit significa un obbligo assunto su di s, il


sost. pu trovarsi in parallelo con sb ' giuramento
(Sai 105,9 = lCron 16,16; cfr. anche sb ni. seb ' Num
30,3; Gios 9,20 con sb* ni. b cn t Deut 4,31; 8,18) o anche
con ' l maledizione (Deut 29,11.13; Gen 26,28; Ez
16,59; 17,l8s.). Quando invece berit denota lobbligo as
sunto da un altro, si trova in parallelo con altri sostantivi
adatti ad esprimere questa funzione: tor istruzione,
ordine (Os 8,1 ; Sai 78,10; cfr. p.e. anche Deut 28,69 e il
v. 58; 2Re 23,3aJ e il v. 24; 2Re 23,2.21 con 22,8.11),
huqqm e huqqt statuti (2Re 17,15; Sai 50,16 o
IRe 11,11; cfr. per anche hq decreto a favore d i
in Sai 2,7, accanto a bert e seb u ' in Sai !05,9s.
= lCron 16,16s.), trt e hq o rd in i e statuto
(Is 24,5), 'dot disposizioni (2Re 17,15; Sai 25,10;
132,12), piqqUdm istruzioni ' (Sai 103,18), 'im r

m a
b'rlf IMPEGNO'
* i

300

parola di (Jahwe) nel senso di comandamento


(Deut 33,9).
b) La parte che, nello stabilire una beri , assume un
impegno su di s, pu anche giurare (cfr. Gios 9,l5b
con il v. I5a; ISam 20,17 G[!]con 18,3; Esd 10,5 con il
v. 3; Sai 89,4; cfr. anche Os 10,4; Ez 16.8; 2Cron
15,12.14). Quando invece il soggetto della berit intende
impegnare un altro, lo fa giurare (2Re 11,4; cfr. an
che Ez 17,13). Quando si tratta di una berlt reciproca, al
lora si dice che giurano ambedue (cfr, ISam 20,42
con 23,18; Gen 21,31 b con il v. 32a).
c) La differenziazione esposta sopra in III/2-4 si riflette
anche nelluso delle preposizioni che collegano la contro
parte con krt bent, La prep. I* per viene usata per
l'impegno che si assume su di s a favore di altri, 'evi e
7m con sono in questo caso uneccezione (rispettiva
mente in Gen 15,18; Sai 105?8s. = lCron 16,15s.; Zac
11,10 e in Os 12,2; Giob 40,28; Neem 9,8). Per lobbligo
assunto dallaltro si trova quasi sempre aet- (Ger 34,8;
Ez 17,13; Es 34,27; Deut 5,3 ecc.) oppure Vm (Os 2,20;
Es 24,8 ecc.; cfr. in aram. KAI nr. 222A, r. 1 ecc.), solo
eccezionalmente te (Gios 24,25; 2Re 11,4; Giob 31,1 ). La
berlt reciproca espressa con ben... bn... tra... e...
(Re 15,19). Queste stesse preposizioni possono trovarsi
in testi recenti anche per esprimere limpegno che si as
sume su di s (Gen 9,12s.l5-17; 17,2.7), e cos pure per
limpegno che si assume in comune (2Cron 23,16) o per
limpegno assunto dallaltro (Gen 17J0s.). Quando un
terzo stabilisce una beril tra due parti , Vm si riferisce
a colui che assume limpegno e /c a favore di a colui
che trae un vantaggio dallimpegno dellaltro (Os 2,20:
uomini ed animali non sono dunque le parti che con
traggono lalleanza!). In 2Re I l,17a e anche in v. 17b le
due parti sono unite con ben... bn... anche se lim
pegno riguarda una sola parte.
Un caso particolare si ha quando colui al quale si riferi
sce una beril sintatticamente all'accusativo. Allora
berit pu essere ancora un impegno assunto su di s
(Lev 26,42 mi ricordo della mia bent [ promessa ]
verso Giacobbe [Isacco, bramo]; cfr. Ger 33,21 a.b) o
un impegno, disposizione, ordine (Ger 33,20a se
voi poteste rompere la mia ber?t f disposizione, or
dine ] con il giorno e il mio ordinamento con la
notte , cio il fatto che giorno e notte sono nei loro
tempi, v, 20b; cfr. v. 25 e hq legge per gli astri in Sai
148,6). Vanno cos ritenuti corretti anche gli accusativi
del TM in Is 59,21; Ez 16,8.60; 37,26 (sullargomento
cfr. GK 118 m.q; BrSynt 8le).

IV/
1/ Quando passa nell'ambito teologico, il
termine berlt viene applicato al rapporto tra Dio e
l'uomo. Di solito in questo caso il soggetto della
bert Jahwe; la sua b'rft, egli colui che
stabilisce la berlt (anche in 2Re ll,17a; Ger 50,5;
Esd 10,3; 2Cron 29,10, dove gli israeliti oppure
Ezechia contraggono una ber7t davanti a Jahwe,
viene mantenuta la superiorit di questultimo).
Qui brit designa o Pimpegno di Jahwe, la sua
promessa di fare o di dare qualcosa di determinato
(IV/2, cfr. II1/2) o limpegno che Jahwe impone
airuomo(IV/3, cfr. III/3), ma non un obbligo re
ciproco (IV/4, cfr. II1/4).
2/ LAT ricorda in diverse circostanze la bent
di Jahwe quale suo impegno personale, pro
messa . Il contenuto o il tenore di questa bcrt
301

rvna brnt im p e g no

varia a seconda dei destinatari e delle particolari


situazioni che si presentano.
a) Destinatari di una ifrli sono in primo luogo i
patriarchi. Essi (o i loro discendenti) sono interes
sati alla bcrit sotto tre aspetti: (1) Jahwe promette
ad Abramo o alla sua discendenza il dono della
terra di Canaan: gi in J in Gen 15,18, e poi anche
in Es 6,4 (P); Sai 105,10 = lCron 16,17. (2) Tra le
promesse fatte ai patriarchi P designa come (frt
anche quella di una posterit numerosa : Gen
17,2+6.3-5. (3) Infine, specialmente in ambito sa
cerdotale e deuteronomistico, intesa come berlt
anche la promessa di Jahwe di voler esser Dio del
patriarca o di Israele: Gen 17,7.(8b); (Lev 26,45).
Si tratta della stessa berit che compare in quei
passi dove si dice che Jahwe - per aiutare e salvare
Israele - si ricorda della sua berit (Es 2,24; 6,5P;
Lev 26,42.44; Ger 14,21; Sai 106,45; 111,5; cfr.
2Re 13,23), mantiene la sua bnt e la sua fedelt
(/zisod) (Deut 7,9.12; I Re 8,23; Neem 1,5; 9,32;
2Cron 6,14); cfr. anche la berit che Jahwe ha giu
rato ai padri dIsraele (Deut 4,31; 7,12; 8,18).
In tutti e tre questi casi brft la forma pi impor
tante di assicurazione, assieme al giuramento
(dono della terra: Gen 24,7J; 26,3 aggiunta a J;
50,24E; Deut 1,8.35 ecc.; posterit numerosa: Gen
22,16s.E; Es 32,13 dtr.; Deut 13,18; di essere Dio:
Deut 29,12b) e alla semplice promessa (dono della
terra: Gen 12,7; 13,14s. 17; 28,13J ecc.; posterit
numerosa: Gen 12,2J; 22,17 RJE?; 26,4 aggiunta a
J; 26,24.1; 28,3; 48,4P; Es 32,13 dtr.; di essere Dio:
Es 29,45, cfr. 25.8; Deut 29,12a[3; Ez 34,24aa,
cfr. v. 24b; cfr, Lev 11,45; 22,33; 25,38; 26,45;
Num 15,41). I figli di Abramo sono valutati diver
samente quando in Gen 17 si dice che ad Ismaele,
nato da una schiava, vengono promesse (17,20)
benedizione e discendenza (cfr. Gen 16,10J),
come ad Isacco (cfr. v. 16), ma solo a quest'ultimo
(v. 19.21) viene riservata la ben t di Jahwe (che
consiste nellessere Dio, v. 7: cos alcuni mss. dei
LXX).
b) La bent tra Jahwe e Davide contiene la pro
messa che il trono di Davide durer per sempre e
sar occupato sempre da un suo discendente
(2Sam 23,5; Sai 89,4.29.35.40; Is 55,3; Ger 33,21;
2Cron 13,5; 21,7; ancora assieme al giuramento,
Sai 89,4; 132,11, e alla parola, 2Sam 7,1 Ib.16.25;
Re 8,20; Ger 33,17; lCron 22,8, cfr. v. 10; cfr. Sai
89,35).
c) Anche lassicurazione che Jahwe fa a No, e
cio che la terra non sar mai pi colpita dal dilu
vio, viene definita come berlt da P (Gen 9,8-17;
cfr. la semplice promessa in J Gen 8,21 e il giura
mento in ls 54,9). Come segno di berlt l'arcoba
leno ricorder a Jahwe questa sua promessa (Gen
9,12-17).
d) bert anche la promessa che Dio fa del sacer
dozio perenne di Levi (Mal 2,4s.8; Ger 33,21 b, cfr.
302

vv. 18,22) o di Finees (Num 25,12s.; cfr. Neem


13>29).
e) Dopo la conquista di Gerusalemme e la caduta
di Giuda (587 a.C,) si pone un problema che rice
ver risposte differenziate: considerata la ribel
lione del popolo, Jahwe ha abolito o meno la berit,
la promessa fatta ai padri? Per alcuni Jahwe con
serva valida la sua berit anche nella situazione
dellesilio (Lev 26,44, con gli israeliti; Ger 33,21,
berit di Davide e di Levi), si ricorda della sua berit
(Lev 26,42 \berit dei patriarchi] .45 [berit
dellesodo]). Daltra parte molti scritti profetici an
nunciano che Jahwe stabilir nuovamente la berit
con il suo popolo, promettono che, come luma
nit dopo il diluvio, cosi anche Israele sar preser
vato in futuro da ogni sventura simile a quella
presente (Is 54,9s.), proclamano un futuro felice
(Is 61,8), il tempo della salvezza escatologica, nel
quale spariranno la guerra e i pericoli della natura
(Ez 34,25; Os 2,20, testo secondario). Ma soprat
tutto Jahwe far in modo che il rapporto Dio-popolo non venga pi infranto dalla disubbidienza di
Israele. Lo spirito (di obbedienza) e le parole (della
legge), che Dio ha messo in bocca agli Israeliti,
non si allontaneranno pi; questa la sua berit
promessa (Is 59,21). Annunciando che Jahwe
dar loro un solo cuore e una sola via perch sia te
muto tutti i giorni (cfr. su questo tema Ger 24,7;
Ez 11,19; 36,26s.; per Ger 31,31-34 vd. st. 3d), si
proclama anche la berit secondo cui Dio non ces
ser pi di far loro del bene (Ger 32,39s.). Promet
tendo in questi termini un futuro di salvezza (cfr.
berff saloni, Is 54,10; Ez 34,25; 37,26), ci si pu ri
chiamare anche ad una precedente berit (Ez 16,60;
cfr. Is 55,3).
3/ a) Quando in parallelo materiale e formale
con tor istruzione e hq statuto e sim. (vd.
sp. Ill/7a), bert denota la posizione della volont
divina di fronte alluomo. Il contenuto dellimpe
gno imposto da Dio alluomo spesso non deter
minato con esattezza. bert comprende spesso lin
sieme delle disposizioni divine, p.e. ls 24,5; Os
8,1; Sai 25,10 ecc. Altre volte il contenuto si ricava
dal contesto, come in Prov 2,17, cfr. Es 20,14;
Deut 5,18 (Lev 20,10).
b) Negli scritti dtr. la bent di Jahwe = disposi
zione, obbligo (per Israele) legata a due luoghi,
(1) il monte Oreb e (2) la terra di Moab (cfr. in
Deut 28,69 la relazione in cui stanno tra loro),
(1) La berit del monte Oreb legata nella tradizione JE
alla comunicazione della volont divina al Sinai. La berU
il decalogo, le dieci parole scritte sulle due tavole
(Deut 4,13; 5,2.22 [v. 6-21, il decalogo]; 9,9.11.15; IRe
8J9G1.21) che furono collocate neirarca (IRe 8,9.21; cfr.
Deut 10,2; per l arca della bert di Jahwe vd. sp. II).
In altri passi la berit solo il primo comandamento, cio
non adorare altro Dio se non Jahwe (Deut 17,2; 29,24s.;
31,16.20; IRe 11,11, cfr. v. 10; 19,10.14 [qui berit inse
rito secondariamente in senso dtr.]; 2Re 17,15.35.38; Ger
11,3s.l0; 22,9; cfr. anche 2Re 23,3aa e 2Cron 34,32 con
2Re 23,4ss. e 2Cron 34,33).

303

(2) Caratteristica del dtr. la concezione di una berit


= impegno che Mos ha imposto ad Israele nella
terra di Moab (Deut 28,69; 29,8.[ 11.]13.20). Il contenuto
per la legge dtn. (cfr. anche Deut 15,1.12 con Ger
34,12-14), che in quanto t?erif dellOreb viene riportata
indietro al periodo mosaico, come gi il cosiddetto co
dice dellalleanza di Es 20,22-23,19 lo diviene attra
verso Es 24,3-8.

c) Nel periodo dellesilio compare per la prima


volta anche lidea di una berft imposta ad un solo
patriarca: la circoncisione (secondo P) di Gen
17,9ss. (che nel v. 10 viene distinta dalla berlt =
promessa dei vv, 2.4.7). Ma anche losservan
za del sabato ora una berit divina (Es 31,16
Ps; ls 56,4) e, come gi si verifica per essa (Gen
17,13; Es 31,16), anche il preparare i pani del
la proposizione costituisce una berft eterna
(Lev 24,8).
d) Contrapponendosi espressamente alla berft =
impegno dellesodo dei padri dallEgitto (vd.
sp. 3b[l]), che Israele ha violato, Ger 31,31-34 an
nuncia una berlt Ifdas, un nuovo impegno :
Jahwe porr la sua legge nel cuore degli israeliti,
per ottenere la loro obbedienza e assicurare cos un
vero rapporto tra Dio e il popolo (cfr. sp. 2e).
e) Latto di trasmissione della legge sul Sinai/Oreb o nella terra di Moab non mai detto
berlt: il termine designa solo ci che viene tra
smesso e stabilito; non c dunque una berit nel
senso di alleanza del Sinai . Quindi anche i con
fronti tra alleanza del Sinai e alleanza con
Davide (cfr. L.Rost, ThLZ 72, 1947, 129-134;
M.Sekine, VT 9, 1959, 47-57) oppure tra a l
leanza del Sinai e alleanza con bramo ( cfr.
W.Zimmerli, ThZ 16, 1960, 268-280) vengono a
porsi in una nuova dimensione.
4/ Teologicamente rilevante il fatto che PAT
non conosca per il rapporto tra Dio e luomo una
berlt bilaterale, una berit nella quale da una parte
impegnato Dio e dallaltra luomo, sicch essi ri
sulterebbero reciprocamente denunciatali
(come nel caso della berit tra Salomone e Chiram,
IRe 5,26). In quella che (a torto) viene detta for
mula di alleanza (pi propriamente si dovrebbe
dire; formula di appartenenza ): Jahwe il Dio
dIsraele - Israele il popolo di Jahwe (cfr. in pro
posito R.Smend, Die Bundesformel., 1963), il rap
porto tra Jahwe e Israele descritto con i termini
Dio-popolo , i quali vanno intesi proprio nel
senso di signore-servo . Nel rapporto tra Dio e
il popolo solo Dio fissa gli obblighi; Dio pu far di
pendere lattuazione della sua berit = pro
messa dalladempimento di determinate condi
zioni (Deut 7,9; IRe 8,23), come pure pu far di
pendere lo stesso rapporto Dio-popolo dallosser
vanza della sua bcnt impegno (Es 19,5; cfr. Sai
132,12). Luomo tuttavia, osservando queste con
dizioni, non pu obbligare Dio ad assolvere la sua
promessa: lunica garanzia che Dio mantiene la
sua parola. Se per contraenti si intendono due
m 5 b 'rif IMPEGNO

304

persone di uguali diritti, allora non si pu dedurre


dal termine bent che Dio e luomo stanno fra loro
in un rapporto di questo genere.
V/ 1/ Lebr. postvtrt. usa il termine ben l alla
stessa maniera delPAT (per bn t del primo giudai
smo cfr. J.Behm, ThW 11,128-131 = GLNT
11,1069-1078; A.Jaubert, La notion dalliance dans
le judaisme, 1963).
a) LEcclesiastico usa berit per indicare limpegno che
uno si assume: luomo 41,19 (par. //?); 44,12 (cfr. P.A.H.
de Boer, FS Baumgartner 1967,25-29).20 (Abramo si as
sume la berlt della circoncisione); Dio di fronte a No
44,17s., di fronte ai padri 44,22, di fronte ad Aronne
45,15 (sacerdozio) e Finees 45,24 (sommo sacerdozio), di
fronte a Davide 45,25.
b) A Qumran si trova berlt (1) in senso non teologico:
come impegno assunto su di s 1QS 1,16 (cfr. 2Re
23,3aot), e inoltre nellespressione jqjm bbrjt 7 np'sw
egli si dovr impegnare personalmente con una bcrit
(cio: a separarsi da lutti gli uomini delTingiustizia )
1QS 5,10 (cfr. in proposito IQH 14,17 e CD 16,1.4.9).
bert designa invece l'impegno di un altro nellespres
sione b'j brjtj coloro che son entrali nella mia
(dellorante) beflt - coloro che si sono impegnati con
m e (IQH 5,23); cfr. nello stesso senso gli uomini
della loro (dei sacerdoti) bent 1QS 5,9; 6,19; lQSa 1,2.
(2) In ambito leologico berlt limpegno, la promessa di
Dio: Dio si ricorda della sua beril (Q34 3,2,5; 6QD
3,5; CD 1,4; 6,2; 4QDibHam 5,9), conserva la sua
betJt (p.e. 1QM 18,7). Va ricordala qui anche la pro
messa ai padri (1QM 13,7; 14,8; CD 8,18 = 19,31), a
Davide (4QDibHam 4,6), ai sacerdoti (1QM 17,3). Va
intesa come impegno la berlt di agire conforme
mente a ci che (Dio) ha ordinato e di non separarsi da
lui... (1QS l,16s.) e d i separarsi da tutti gli uomini
dellingiustizia (5,10 ecc.). Lo stesso senso ha il ter
mine quando si dice che si entra nella berlt {bi5 1QS
2,12.18 ecc.; br 1,18.20 ecc.). Come impegno intesa
anche la brjt hdsh (CD 6,19; 8,21; 19,33) che secondo CD
20,12 entrata in vigore (qjm pi.) nella terra di Damasco
(= Qumran?) , il luogo in cui si deve entrare in essa (6,19).
(3) A Qumran bert pu denotare anche un gruppo di
persone: cos in 1QS 5,11.18 (gli uomini dellingiusti
zia) non saranno annoverati nella sua (di Dio) pefTi
(cfr. CD 19,35: [gli apostati] non faranno parte dellas
semblea del popolo); cos anche in 1QM 14,4 dove la
sua berit in parallelo con il popolo della sua libe
razione e in 17,7 dove la berit dIsraele in paral
lelo con la porzione (= popolo) di Dio . Nello stesso
senso sembra usato berit in Dan 1l,22.28.30a.b (non
per in 9,27 e 11,32)- In ambedue i casi sono menzionati
i credenti, coloro cio che compiono la volont di Dio.

2/ Laram. targumico traduce berlt con qejam


(con tre sole eccezioni) che non significa (come
del resto bent) *<alleanza o simili, ma latto dello
stabilire (cfr. qjm pi. e il pa. aram.).
qEjm abbraccia tutta la gamma dei valori di berit. esso
infatti, oltre a bert, pu tradurre lebr. sebp\
5 giura
mento (p.e. Num 30,3; Deut 7,8; Ab 3,9) oppure nedcer voto (p.e. Gen 28,20; 31,13), ma anche hq
statuto (p.e. Es 18,16.20; Sai 99,7; cfr. Param. bibl.
qejm prescrizione Dan 6,8.16). Laram. ha percepito
pure in berit il senso di legge , poich lo traduce an
che con i termini gezr decreto, legge 'fSRe 17,15)
305

P 3 brk pi. BENEDIRE

oppure 'rje insegnamenlo, legge (Lev 26,25; Ez


16,61).
Cfr. a questo proposito e per V/3-4 E.Kutsch, Von berit
zu Btind , KuD 14, 1968, 159-182.

3/ Pi problematico era rendere il termine nella


lingua e nel pensiero greco. Tra le possibilit
enunciate sopra in III) e IV) i LXX traducono
267x berlt con il termine
mentre
in IRe 11,11 rendono con IvtoXod (per gli altri
passi cfr. Kutsch, l.c., 166 n. 27). berit viene inteso
(non come alleanza, contratto o simili, bens)
giustamente come disposizione; daltro lato
per la resa con SwcGyjvt] (ultime volont)
trascura laspetto sottolineato dallaggettivo ul
timo , il quale parte integrante di questo sostan
tivo (come anche in Aristofane, Aves 440s.; cfr.
Kutsch, l.c., 167 n. 30).
I LXX, per conseguenza, traducono a volte con Sta07]x.7) anche tor istruzione (Dan G 9,13), dt di
sposizione = decalogo (Es 27,21; 31,7; 39,35 [= G
v. 14]), ktub ci che scritto (nel libro [della legge] di
Mos) (2Cron 25,4). Anche il nipote di Ben Sirach usa
^LocO-fotY) per tradurre 8x berit (Eccli 41,19 [Rahlfs:
v. 20]; 44,12.18.20.22[233; 45,15.24.25), ma 9x anche per
rendere hq e in 47,11 per huqq statuto .
A differenza dei LXX, Aquila almeno in 26 passi ha per
berTt <Tuv0*f)K7} alleanza, coniratto , mentre (forse) in
tre passi $ia0r)X7). Anche Simmaco preferisce auvfrqxyj
(24:7), mentre Teodozione con solo 4 attestazioni di
eruvt-rjx/} pi vicino ai LXX, nella misura in cui
8ia07)xrj (11 passi) non risale qui al suo originale.

4/ La Vetus latina rendendo bert con testamentum si collega ai LXX (ad eccezione di po
chi passi), ma si allontana ancor di pi dal senso
del termine ebr. Traducendo PAT dallebr. (390
405 d.C.) Gerolamo rende berit con foedus
(135x) e con pactum (96x), seguendo espressa
mente Aquila e Simmaco, ma forse anche i suoi
maestri ebraici. Tra i pochi passi in cui la Volgata
ha testamentum , vi sono anche quelli dei
salmi: infatti il salterio stato accolto in unelabo
razione pi antica.
E.Kutsch

P II b rk pi. BENEDIRE
1/

1/

La radice brk benedire attestata


nel semNO, e nel sem. del sud (trattazione
esauriente del materiale delle iscrizioni in
W. Schottroff, Der altisraelitische Fluchspruch,
1969, 178-198 e G.Wehmeier, Der Segen im AT,
1970, 8-66).
In acc. essa sostituita da karbu pregare, consacrare,
benedire, salutare ( ikribu preghiera, consacrazione;
benedizione). Lidea di benedizione in senso proprio
non tuttavia cos importante presso i babilonesi, e
nelluso di karbu domina lelemento del saluto (cfr.B.Landsberger, MAOG 4, 1928/29, 294-321; AHw
369s.445s.; CAD I/J 62-66). Non esiste una relazione
etimologica tra brk e karbu (cfr. antico sudarab. krb
consacrare, sacrificare ).

306

Le derivazioni arabe che si incontrano soprattutto nelle


formule di ringraziamento e di augurio si fondano tutte
sulla parola base baraka, che viene definita come un po
tere benefico che emana da Dio, dai santi, da particolari
animali, da piante o da oggetti ed assicura pienezza, be
nessere, salute e felicit (cfr. DAFA 1,567; lepoca prei
slamica non prende in considerazione una eventuale re
lazione con lagire di una divinit; il Corano al contrario
attribuisce espressamente a Dio la benedizione, sotto
linflusso semNO., cfr. J.Chelhod, RHR 148, 1955,
81s.87s.; A.Jeffery, The Foreign Vocabulary of th
Qurn, 1938, 75; nella fede popolare le due concezioni
sono in contrasto tra loro).
difficile determinare la relazione di brk sia con Pebr.
bcercek ginocchio (cfr. lacc. birku ginocchio , an
che rigidit, forza e grembo , eufemismo per le
parti genitali, ma anche nei riti di adozione; cfr. Dhorme
108.156s.; AHw 129a; M.Cohen, Genou, famille, force
dans le monde chamilo-smitique, FS Basset 1928, 203
210) sia con lebr. berk stagno (cfr. A.Murtonen, VT
9, 1959, 164).

2/ Il verbo ebraico attestato nelle coniugazioni


qal, pi., pu., hitp. e ni.; berk funge da sostantivo.
Per il qal nella maggioranza delle lingue semitiche at
testato solo il part. pass, (ug.: 1Aqht [= 1DJ194; in aram.
si trova quasi esclusivamente questa forma; cfr. DISO
44); in pun. oltre al pi. esistevano anche forme finite del
qal (KAI nr. 175, r. 4s.; J.Friedrich, ZDMG 107, 1957,
282-290); al contrario le forme qal che compaiono nei
dialetti aram. tardivi potrebbero essere di formazione se
condaria, in analogia con il part. pass, qal (Noldeke, MG
215 n. 2).
In arab. diverse forme corrispondono al pi. ebr.: barraka
(soggetto gli uomini, non nel Corano) pronunciare una
formula di benedizione (cfr. Lane 1,193) e baraka (sog
getto Dio) comunicare una forza vitale ; la 5a coniu
gazione quanto al senso si avvicina molto al ni. ( rice
vere benedizione, vd. st. III/3), la 10B coniugazione
allhilp. ( impetrare benedizione , vd. st. III/2s.).
Il nome al di fuori della Bibbia attestato nel semNO.
solo raramente ed in testi tardivi (cfr. DISO 44).

I nomi personali composti con forme di brk, i


nomi di ringraziamento Bcercekj(h) e Barak'l, il
nome augurale J bceroefgh e la forma abbreviata
Brk (Noth, IP 183.195s.) hanno corrispondenze
specialmente in pun. (Harris 91) e nei dialetti
aram. tardivi (A.Caquot, Syria 39, 1962, 246).
Berk di lCron 12,3 va mutato in Bcercekj (Ru
dolph, HAT 21,104; diversamente HAL 154b).
II/
Il verbo brk e il sost. berk ricorrono 398x
nellebr. delPAT:
Gen

Es

Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
Re
2Fe

307

pi. pu. hitp, berk 1


totale

qal

ni.

l
-

2
9

1
7
3
6
-

59
5
2
14
28
8
3
4
10
6
3

2
-

16
1

12
2
l
2
1
-

88
7
3
17
51
10
7
13
15
12
5

ls
Ger
Ez
Gioe
Agg
Zac
Mal
Sai
Giob
Prov
Rui
Esd
Neem
lCron
2Cron
AT

qal
2
2
1

ni.

1
4
1

23
71

17

pi. pu, hitp. berk totale


4
4
2
12
1
1
4
4
3
1
1
1
1
1
2
2
,2
52
4
9
83
1
1
7
1
9
8
14
3
2
5
1
1
4
2
6
1
16
13
2
10
5
71
398
233 13
7

Tra le ricorrenze del nome inclusa anche lindicazione


topografica *mceq berk (2Cron 20,26.26), ma non il
nome personale Berk di lCron 12,3 (vd. sp. 1/2).
Linf. assol. bark (Gios 24,10, altrimenti brk) pi.,
non qal.

Nellaram. bibl. brk ricorre solo in Dan (lx part.


pass, qal, 3x pa.).
La radice molto frequente nelle storie dei pa
triarchi del Genesi (82x) e in Deut, mentre ricorre
molto meno nelle parti legali del Pentateuco (in
Num ricorre solo nellepisodio di Balaam 14x, e
nella benedizione di Aronne 3x). Nei salmi, pi
della met delle ricorrenze si riferiscono alla lode
di Dio. Nei libri storici sono relativamente nume
rose le forme che vengono usate in relazione a sa
luti ed auguri. Il nome ricorre abbastanza spesso
nei testi a carattere sapienziale. Nella letteratura
profetica la radice non occupa un posto impor
tante (26x).
IH Si pensa di solito (richiamandosi anzitutto
allarabo baraka) che il significato primario sia
forza salvifica, forza che produce salute . brk*
(vd. st. III/l) sarebbe quindi uno che dotato di
forza salutare , il pi. (vd. st. III/2) significherebbe
rendere uno dotato di forza salutare opp. dichia
rarlo tale , il ni. (vd. st. III/3) sperimentare su
di s la forza salutare , e berk sarebbe la forza
salutare in quanto tale (vd. st. III/4).
Cfr. Th.Plassmann, The Signifcation of Berk, 1913;
S.Mowinckel, Psalmenstudien V, 1924; id., The Psalms
in IsraePs Worship, II, 1962, 44-48; J.Hempel, Die isr.
Anschauungen von Segen und Fluch im Lichte altorientalischer Parallelen, ZDMG 79, 1925, 20-110 =
Apoxysmata, 1961, 30-113; Pedersen, Israel 1-11, 182
212; F.Horst, Segen und Segenshandlungen in der Bibel,
EvTh 7,1947/48, 23-37 = Gottes Recht, 1961, 188-202;
id., RGG V ,1649-51; J.Scharbert, Bibl 39, 1958, 17-26;
id., Solidaritat in Segen und Fluch im AT und in seiner
Umwelt, 1958; A.Murtonen, The Use and Meaning of
th Words lebrek and berkh, VT 9, 1959, 158-177;
C.Westermann, Der Segen in der Bibel und im Handeln
der Kirche, 1968; G.Wehmeier, Der Segen im AT, 1970.

Questa spiegazione fondamentalmente giusta:


bisogna per sottolineare il fatto che la forza salu
tare spesso strettamente col legata con la parola
JU

brk pi. BENEDIRE

308

efficace, particolarmente quando sono gli uomini


che benedicono i loro simili (cfr. F.Horst, Le.). Ci
si pu inoltre domandare fino a che punto la con
cezione di una forza salutare (di fronte alfagire di
vino) era ancora effettivamente attuale (cfr. so
prattutto fs 65,8).

115,15; 3* pers.: Gen 14,19; Giud 17,2; Rut 2,20;


cfr. anche la catena costrutta benedetto di
Jahwe, vd. sp. la, e anche Num 22,12; Sai
118,26). In Giud 17,2 Pesclamazione brk ben
IJhwh una difesa che la madre assume contro
una maledizione che minaccia il figlio.
Il le nellespressione feJhwh viene spesso inteso come

1/ a) Il part. pass, qal brik indica la situazione


di possesso della berk (non il risultato di una
precedente azione di benedizione: questultimo
viene designato col pu., vd. st. in/2e, cfr. Jenni,
IIP 216s.). Regolarmente bruk viene usato come
predicato in frasi nominali; solo due volte si ag
giungono forme indicative di hjh mostrarsi
(Gen 27,33; Deut 7,14; in entrambi i casi si
esprime la sfumatura mostrarsi effettivamente
come bruk ).
In 63 casi (su 71 ) brk viene usato espressamente
come una formula, ed posto di regola in risalto
allinizio di unesclamazione (58x; inoltre j Qht
che egli sia... brik:, IRe 10,9 = 2Cron 9,8;
Prov 5,18; Rut 2,19; in negazione Ger 20,14). Di
questi 63 casi, 38 si riferiscono a Dio (inoltre
Param. berik Dan 3,28) e 25 agli uomini (e a ci
che loro appartiene: Deut 28,4 frutto del ventre, v.
5 canestro; ISam 25,33 astuzia; Ger 20,14 giorno
della nascita).

lamed auctoris e brk viene inteso a sua volta al


passivo ed esprimerebbe un desiderio ( sia benedetto
N.N. da Jaliwe ). Ma nelle iscrizioni funebri aramaiche
e in quelle commemorative si usa, senza essenziale mu
tamento di significato, sia brjk ( sia brjk qdm ( /sia be
nedetto N,N. presso ) (cfr. RES 1788 con KAI nr. 267
e 269; RES 608; 960-962; 1366 con RES 1364; 1368;
1370; 1376 ecc.; cfr. anche l'espressione brk I benedire
qualcuno presso una divinit = raccomandare qual
cuno ad una certa divinit, pregandola di volerlo bene
dire , fen. KAI nr. 50, r. 2; aram. eg. RHR 130, 17, 2s.;
Hermop. nr. 1-6, qui sempre con il complemento che
essa Ila divinit] mi faccia rivedere in pace il tuo/vostro
volto ; forse anche ug. 2Aqht [= IID] 1,24, cfr. UT nr.
517; C.H.Gordon, Ugaritic Literature, 1949, 86; inoltre
lebr. brk pi. Hfrte Jhwh, Gen 27,7). L'uso vtrt. potrebbe
corrispondere a questa costruzione, per cui lr andrebbe
inteso come lamed relationis : pieno di benedizione
presso Jahwe (cfr. J.Scharbert, Bibl 39, 1958, 21s.:
N.N. sia per Jahwe uno da benedire). Del resto le
formule di maledizione costruite in modo analogo ven
gono formate con lij'n (Gios 6,26; ISam 26,19 plur.; cfr.
Num 5,16; IRe 8,13).

Sulla forma del proverbio di benedizione in Israele e sul


suo sviluppo dai punto di vista della storiai delle forme
cfr. W.Schottroff, Der altisraelitische Fluchspruch, 1969,

Riferita ancora agli uomini, la formula che comin


cia con brk in Deut 7,14 e 28,3-6 (v. 5 riferito al
canestro di frutta e alla madia) designa gli israeliti
e le loro imprese in quanto coronate da successo,
ma solo nella misura in cui essi si attengono agli
insegnamenti di Jahwe. La ripetizione per sei
volte della parola in Deut 28,3-6 (cfr. il corrispon
dente rr maledetto ripetuto 6 volle in Deut
28,16-19 e 'rr ripetuto 12 volte in Deut 27,15
26) mostra chiaramente la natura della parola ef
ficace, che suscita energia (cfr. la triplice ripeti
zione di brk in ISam 25,32s. e la duplice ripeti
zione in Gen 14,19s,; cfr. inoltre IRe 10,8s. =
2Cron 9,7s. con brk assieme a asr ripetuto due
volte). Con queste serie, che vanno interpretate
presumibilmente in senso cultuale, si vuole creare,
una virtuale zona salvifica (opp. nel caso di 'rr
una zona malefica), che viene determinata
dalPagire degli israeliti. In questambito rientra
anche la formula con brk in Ger 17,7 (assieme
a 'rr), che si avvicina al linguaggio sapienziale
(cfr. Sai 40,5).

163-177.

I rimanenti 8 casi si riferiscono agli uomini: 3x


nella catena costrutta benedetto/a di Jahwe
(Gen 24,31; 26,29; plur, Is 65,23) e 5x in semplici
constatazioni che qualcuno benedetto (Ger
27,29 e Num 24,9 benedetto dai ti benedice ;
Gen 27,33 egli rimarr benedetto; Num 22,12
tu non puoi maledire il popolo, poich bene
detto; IRe 2,45 formula di benedizione prece
duta dal soggetto Salomone).
Di norma lopposto di bruk 'rr (Vr; Gen
9,25s.; 27,29; Num 24,9; Deut 28,3-6 par. 16-19;
Ger 17,7 par. v. 5; 20,14).
b) Usato in riferimento agli uomini, brik pi o
meno ha lo stesso significato di 'are beato
(-sr; cfr. Ger 17,7 con Sai 40,5) e in periodo tar
divo stato espressamente sostituito da questo
termine, brk (reso nei LXX comunemente con
Xoy7](jtivoq) anzitutto esclamazione di ricono
scenza e di meraviglia, ed allo stesso tempo un au
gurio (Gen 14,19; ISam 23,21; 25,33; 26,25;
2Sam 2,5; Rut 2,19s.; 3,10; cfr. Prov 5,18 sia la
tua fonte [= tua moglie] brk , e ci in quanto
fonte di gioia). Chi viene designato come brk
realizza e promuove una situazione salutare, e per
ci oggetto di lode e di ringraziamento. Inoltre
colui che viene lodato posto di preferenza in re
lazione con Dio: brk att IJhwh tu sei un be
nefattore grazie a Jahwe , ossia tu sei dotato di
forza salutare da parte di Jahwe (ISam 15,13;
fem.: Rut, 3,10; plur.: ISam 23,21; 2Sam 2,5; Sai
309

["ID brk pi. BENEDIRE

c) Riferito a Dio, brk (tradotto nei LXX comu


nemente con eXoyYjTi; ) ancora unesclama
zione gioiosa di riconoscenza e di meraviglia (Es
18,9s.; IRe 5,21; Zac 11,5; cfr. J.Hempel, ZDMG
79, 1925, 88s.). Il fondamento della gioia viene di
norma precisato con unespressione che inizia con
'ascFr (Gen 14,20; 24,27; Es 18,10; ISam 25,32.39;
2Sam 18,28; IRe 1,48; 5,21; 8,15 = 2Cron 6,4; IRe
8,56; 10,9 = 2Cron 9,8; Sai 66,20; Rut 4,14; Esd
7,27; 2Cron 2,11); oppure con sce- (Sai 124,6), kJ
(Sai 28,6; 31,22), con un part. (Sai 72,18; 144,1),
oppure si tratta di una frase asindetica (Zac 11,5).
310

Talvolta ci si rivolge direttamente a Dio: tu sei


brk (Sai J 19,12; lCron 29,10).
Dio brk perch offre ogni genere di cose salutari: un
re (Re 1,48), e anzi un re saggio (Re 5,21; 10,9 =
2Cron 9,8), riposo (Re 8,56), forza (Sai 68,36), pensieri
buoni (Esd 7,27); perch mantiene fedelt (Gen 24,27;
Sai 31,22; 66,20; Rut 4,14), concede vittoria (Gen 14,20;
2Sam 18,28), ad un uomo adirato d una moglie saggia
(ISam 25,32), e rende cos giustizia a se stesso (ISam
25,39), insegna larte della guerra (Sai 144,1), esaudisce
preghiere (Sai 28,6; 66,20), opera miracoli (Sai 72,18),
adempie promesse (Re 8,15), e infine ad una canaglia
concede perfino - in apparenza - loccasione di arric
chirsi (Zac 11,5). Tutto ci si pu in qualche modo com
pendiare nella formula lapidaria brk sni kebd (Sai
72,19).

Una tale esclamazione non legata a particolari si


tuazioni cultuali: viene spontanea alle labbra ogni
volta che luomo si trova all1improvviso di fronte
ad una prova della forza benefica di Dio. Si pu al
lora affermare che si benedice Dio (adorando)
(Gen 24,27; Sai 135,19-21; lCron 29,9-10), oppure
anche - in maniera significativa - che si benedi
cono gli uomini (Gen 14,19s.; Re l,47s.;
8,14s.55s.). Si tratta sempre di dichiarare che Dio
brk, fondandosi su unesperienza concreta
della sua forza. Tuttavia uno degli usi analoghi di
brk menzionati sopra in lb non si pu applicare
a Dio: non si pu dire che Dio brk sub conditione .
2/ a) Al pi. brk, a seconda che il soggetto sia
Dio (vd. st. 2d) oppure gli uomini (con oggetto
uomini vd. st. 2b, con oggetto Dio vd. st. 2c), ha
un significato che ammette diverse sfumature, so
prattutto fattitive e dichiarativo-estimative, ri
spetto alle quali il pu. (vd. st. 2e) e Fhtp. (vd. st.
20 rappresentano i corrispondenti significati pas
sivi e riflessivi.
Delle 233 ricorrenze, 97 si riferiscono in qualche
modo allazione di Dio che benedice (incl. Gen
48,16: angelo; Gen 32,27.30: uomo; Gen 49,25: txt
em / saddaj\ 136 si riferiscono allazione
delPuomo (incl. Sai 103,20-22: esseri celesti, crea
ture). Dio soggetto grammaticale di un verbo fi
nito in 87 casi (inoltre 4x imp., 4x inf. assol., 2x
inf. cs.), mentre gli uomini lo sono in 85 casi (tra
cui Giob 31,20: fianchi del povero; inoltre 26x
imp., 5x inf. assol., 15x inf. cs., 5x part.).
Menzioniamo qui ancora i sei casi in cui brk pi.
usato eufemisticamente per maledire (Re
21,10.13; Giob 1,5.11; 2,5.9). Sul fatto che nelPAT
Dio non mai oggetto positivo di un verbo che in
dica maledire (cfr. la proibizione in Es 22,27;
Lev 24,15; inoltre Is 8,21; ISam 3,13 txt?), cfr.
J.Hempel, ZDMG 79,1925,91; inoltre Schottroff,
l.c., 165.
AlPinfuori delPAT e dei testi da esso influenzati, il
verbo finito brk nel semNO. ha per soggetto quasi esclu
sivamente determinate divinit. Lidea che un uomo
possa benedire (= pronunci una formula di benedi
zione), potrebbe tuttal pi essere attestata in ug. in
lAqht (= LD) 194 (Pgt prega suo padre o gli dei che la

311

benedicano). Il significato lodare (Dio) non compare


per nulla. Che il significato primario sia dotare di forza
vitale , appare in ug. dal fatto che brk viene usato in pa
rallelo con m n rafforzare (lAqht 194s.; 2Aqht
I,24s.35s.; 128 [= IIIK] Il,14s.l9s.). In punico hnn d i
mostrare favore sta una volta in parallelo con &/r(CIS
I 5891, r. 2s.); in CIS I, 196, r. 5 questo verbo sostituisce
brk, che comune negli auguri finali delle iscrizioni
votive.

II contenuto della benedizione non viene di regola


indicato espressamente; esso incluso gi nel
verbo stesso. Quando per si ha uneccezione, al
lora si usa un doppio accusativo (Gen 49,25; Deut
12,7; 15,14; Is 19,25; cfr. KAI nr. 26A III,2s.), op
pure il contenuto viene introdotto da bc(Sai 29,11;
cfr. KAI nr. 26C 111,16s.); questa preposizione in
tutti gli altri casi indica lambito a cui la benedi
zione si estende (Gen 24,1; Deut 2,7; 14,29;
15,4.10.18; 16,15; 23,21; 24,19; 28,8; 30,16; diver
samente J.Scharbert, Bibl. 39, 1958, 21 n. 5).
b) Nella lingua quotidiana di Israele brk pi. (sogg.:
uomini, ogg.: uomini) significa anzitutto e sempli
cemente salutare (Gen 47,7; ISam 13,10;
25,14; 2Sam 6,20; 2Re 4,29; 10,15; Prov 27,14;
lCron 16,43) opp. congedare, congedarsi (Gen
24,60; 28,1; 32,1; 47,10; Gios 22,6s.; 2Sam 13,25;
19,40; cfr. ug. 12-8 [= III K] 111,17), oppure anche
congratularsi (Es 39,43; 2Sam 8,10 = lCron
18,10; Re 1,47; Neem 11,2; con se stessi: Sai
49.19), augurare felicit (Gios 14,13), ed anche
ringraziare (Deut 24,13; 2Sam 14,22; Giob
31.20) opp. onorare con riconoscenza (Prov
30,11). Luso del verbo appare spesso molto ap
propriato; Pinterpretazione pi corretta sarebbe
dire brk ad uno (cfr. arab. barraka, e anche
arab. kabbara dire akbar ad Allh , saliamo
dire salm ad uno ; cfr. D,R.Hillers, Delocutve
Verbs in Biblica! Hebrew, JBL 86,1967,320-324),
ossia, originariamente, designarlo come benefat
tore e possessore di forza salutare. Si diceva
brk 'atta oppure brk Jhwh (cfr. Re
1,47s.) oppure anche jebrcekek Jhwh Jahwe
ti benedica! (Ger 31,23) opp. Jhwh vmmQk
Jahwe sia con te! (Rut 2,4). Talvolta si dice che
si abbracciava chi si congedava [rsq Gen 32,1;
2Sam 19,40), ci si gettava a terra di fronte ai su
periori (2Sam 14,22) e, p.e. quando si andava a
nozze, ci si accomiatava pronunciando una bene
dizione pi lunga (Gen 24,60).
Questo dire brk, salutare , congedarsi e
augurare si esprimeva naturalmente anche
nellambito di incontri cultuali o quando ci si in
contrava con persone sacre. Vanno qui ricor
dati p.e. il saluto di Melchisedek ad bramo
(Gen 14,19, dove compare espressamente la for
mula con brk), oppure il saluto augurale del
sacerdote Eli ad Elkana (ISam 2,20, con formula
di augurio). AlPinizio di assemblee cultuali si
salutavano i partecipanti (Gios 8,33; Re
8,14s.; nel corso di una processione Sai 118,26),
alla fine s congedavano con formule di bene
dizione (Lev 9,22;2Sam 6,18; Re8,55;Sai 129,8).
1*13 brk pi. BENEDIRE

312

Le formule usate erano brk Jhwh (IRe


8,15.56), berkm 'attcem (Sai 115,15), birkat
Jhwhalkcem (Sai 129,8) oppure ]fbrcekek
Jhwh (Num 6,24: qui compare espressamente la
triplice formula della benedizione sacerdotale e si
invoca due volte il volto di Jahwe , ossia la sua
presenza salvifica). In questi ambienti cultuali il
carattere propriamente salvifico della formula con
brk deve essere stato molto pi vivo che altrove.
Colui che pronuncia la formula si colloca davanti alla
comunit (IRe 8,55; Gios 8,33), egli stende le braccia
su di essa (Lev 9,22) e parla ad alta voce ( 1Re 8,55).
Cos egli pone il nome di Jahwe sul popolo (Num
6,27). Va forse menzionato qui lunico passo in cui un
profeta benedice un pasto cultuale (ISam 9,13). Pro
babilmente Samuele benedice non la carne, ma i par
tecipanti al banchetto sacrificale; cfr. J.Scharbert, Bibl
39, 1958, 24; al contrario J.Hempel, ZDMG 79,1925,35;
F.Horst, EvTh 7,1947/48,25: A.Murtonen, VT 9, 1959,
163.

Nel corso dellassemblea liturgica cera la possibi


lit di includere neir augurio anche gli assenti
(Es 12,32; cfr. pii hitp. bead intercedere per
come espressione parallela a brk pi. in Sai 72,15).
Nella pericope di Balaam (Num 22-24) si ha un
augurio cultuale di natura particolare. Invece di
maledire (/r, Num 22,6; 24,9; qbb 23,11.25;
24,10; z'm 23,7s.), quelluomo dotato di poteri
straordinari deve dichiarare che Israele brk,
poich questultimo gi irrevocabilmente brk,
come nota Dio gi alfinizio (Num 22,12).
Di straordinaria importanza per gli orientali fultimo congedo di un uomo prima della morte
(Gen 27; 48; 49; Deut 33). Quando si tratta di un
tale congedarsi e di un simile augurio , brk
pi. sembra assumere un significato espressamente
fattitivo (cfr. Jenni, HP 216s.): dicendo brk ad
uno lo si fa diventare brk; tale ad ogni modo
lintenzione originaria di questa usanza. Di qui si
capiscono le misure prese per aumentare la
forza da trasmettere (il pasto di Isacco), e lim
portanza che viene data alla precsa identificazione
del destinatario (Gen 27,24; 48,8s.; cfr. laccurata
menzione dei figli e delle trib in Gen 49 e in
Deut 33), labbraccio (Gen 27,26s.) e limposi
zione delle mani (Gen 48,14). La scelta accurata
delle formule che si pronunciano mostra per che
qui non si tratta solo di trasmettere una forza;
queste formule si riferiscono naturalmente soprat
tutto alla fertilit, al benessere e alla vittoria sui
nemici.
c) 40 volte (di cui 27x nei salmi) si dice che gli
uomini (oppure la creazione, Sai 103,20-22) be
nedicono Dio, ossia lo. dichiarano brk (inoltre
in aram. Dan 2,19; 4,31; cfr: anche luso eufemi
stico di brk pi., vd. sp. 2a, e Is 66,3 rendere
omaggio ad un idolo ). Le espressioni parallele
indicano che qui si tratta di un rendimento di
grazie laudativo: hil pi. lodare (Sai 145,2; cfr.
Sa! 135,1.19-20), annunciare la lode (thili) (Sai
66,8; 145,21; cfr. 34,2), jdh hi. lodare (Sai
313

brk pi. BENEDIRE

100,4; 145,10), invocare il nome di Jahwe (Sai


63>5), sir cantare e bsr pi. annunciare (Sai
96^2), esaltare Jahwe (Sai 145,1), non dimenticare
i suoi benefici (Sai 103,2).
Poich questo significato quello che ci si aspetta dal pi.
dichiarativo ( designare Dio come brk , cfr. Gen
24,27 bruk Jhwh con lespressione narrativa al v. 5 e
io benedissi Jahwe ), inutile supporre che in questo
uso il termine abbia designato anzitutto un processo che
mirava ad accrescere la forza di Dio (cos p.e. S.Mowinckel,Psalmenstudien V, 1924, 27-30; S.H.Blank, HUCA
32, 1962, 85-90). Ci ancor pi interessante se si tiene
presente che questuso linguistico non attestato altrve
nellarea semitica e che esso si fonda chiaramente su
uno sviluppo semantico interno allebraico. Per questo
motivo brk pi. pu stare allora anche con altri oggetti
(Sai 10,3 egli esalta il guadagno txt em; 49,19 egli
loda se stesso ; Is 66,3 egli rende omaggio ad un
idolo ).

Per tale benedizione ci si prostra davanti a


Jahwe (Gen 24,48; Neem 8,6; lCron 29,20), op
pure ci si solleva (Neem 9,5), ci si colloca nel tem
pio (Sai 34,2 ogni momento; 134,1 di notte), in
mezzo allassemblea (Sai 26,12; 68,27), assieme a
tutta la creazione (Sai 145,10; 103,20-22), mentre
si proclama briikJhwh (Gen 24,27; Sai 135,18
21; lCron 29,9s.). I motivi per cui si rende grazie
con questa lode sono eventi personali (Gen 24,48),
laver vinto i nemici (Gios 22,33; Giud 5,2.9), op
pure, nei salmi, tutto ci per cui lisraelita deve
ringraziare Dio.
d) In 80 dei 97 casi in cui brk pi. ha per soggetto
Dio, si dice che Dio benedice gli uomini op
pure che li benedica (Gen 25x, Deut 19x, Sai
14x), in 17 casi la benedizione di Dio si estende su
animali (Gen 1,22; cfr. Deut 7,13) e su cose (sa
bato: Gen 2,3; Es 20,11; casa e campo, lavoro e
prodotti ecc.: Gen 27,27; 39,5; Es 23,25; Deut
7,13b; 28,12; 33,11; Ger 31,23; Agg 2,19; Sai 28,9;
65>11; 132,15.15; Giob 1,10; Prov 3,33): Dio rende
brk uomini e cose, li fornisce della forza della fer
tilit e della crescita, dona vita, felicit e successo.
In questi testi si trova in parallelo con brk pi. una serie
di verbi come rendere fecondo, numeroso (Gen
17,20 ecc.), amare, rendere numeroso (Deut 7,13),
dare vita, rendere numeroso (Deut 30,16), custo
dire, far risplendere il volto, innalzare il volto, dare stm (Num 6,23-27), ma soprattutto ntn dare (figli
e ricchezza Gen 17,16; 24,35; 28,3s.; 48,3s.; Sai 29,11), e
anche p.e. effondere fascino (Sai 45,3), aiutare
(Gen 49,25), rafforzare le porte (Sai 147,13), esser
con te (Gen 26,3.24) ecc. Lespressione che riassume
lazione benedicente di Dio dare sm (Sai 29,11 ;
cfr. Hempel, l.c., 51ss., ma anche Westermann, l.c., 33).

da tener presente che spesso questazione di Dio


un desiderio formulato dalluomo, ossa un de
siderio di felicit e di benedizione, p.e. da parte di
Isacco (Gen 28,3), di Giacobbe (Gen 48,1,6; 49,25),
di Mos (Deut 1,11; cfr. 33,11), oppure di qualsiasi
altra persona nella vita di tutti i giorni, nel saluto
(Rut 2,4), e infine anche nel culto (Sai 29,11;
67,2.7s.; 128,5; 134,3; Num 6,24), talvolta in
314

forma di preghiera rivolta direttamente a Dio (Sai


5,13; 28,9; 109,28; Deut 26,15; 33,11). Questo
fatto rivela una stretta connessione fra la bene
dizione di Dio e il parlare delPuomo: Fazione di
Dio pu realizzarsi attraverso il parlare delluomo,
pu sprigionarsi in esso.
Alcuni testi mostrano perci che Pazione salvifica
di Dio pu essere di fatto una risposta allagire e
al parlare delPuomo: esaudimento di una pre
ghiera (Gen 17,20; cfr. 32,27.30) o adempimento
della benedizione pronunciata dal sacerdote (Num
6,27). Inoltre Dio benedice quelli che benedi
cono coloro che egli sceglie (Gen 12,3), e be
nedice altri a motivo di coloro che ha scelto
(Gen 26,24; 30,27; cfr. 39,5), ossia procura loro be
nessere e riuscita. Dio lautore dellazione salvi
fica, ma luomo deve acconsentire a quesf azione
(cfr. Sai 109,17).
Soprattutto il Deut (cfr. gi Gen 22,17) accentua
la stretta connessione fra Poperato delPuomo e
Pazione salvifica di Dio: se Israele si sottopone
pienamente agli ordini di Jahwe, questi benedir
in tutte le sue imprese il suo popolo, ossia gli
dar buona riuscita in tutto, nella citt, nei camp,
allinizio e alla fine del lavoro ecc. (p.e. Deut 7,13;
14,29; 15,10.18; 23,21; 24,19; 30,16; cfr, 27,1-14).
Daltra parte la benedizione di Jahwe il motivo
per cui si pratica con gioia il suo insegnamento
(12,7; 15,4.6.14; 16,10.15 ecc.).
In questo senso il salmista confessa: tu benedici
il giusto (Sai 5,13), e anche Giobbe viene del re
sto abbondantemente lodato per la sua fedelt
(Giob 42,12).
Nonostante la stretta relazione che lega tra loro la
parola e Pazione umana con quella divina, le an
tiche tradizioni dei patriarchi (Gen 12,1-3) e anche
la tradizione sacerdotale pi recente (Gen 1,28;
5,2; 9,1; 17,16) insegnano che in definitiva ogni
benedizione , ossia potere benefico che produce
fertilit, vittoria e benessere, s fonda su una libera
e autonoma decisione di Do e su una parola che
realizza tale decisione (cfr. al riguardo H.Junker,
BEThL 12, 1959, 548-558; C.Westermann, BHH
111,1757s.). Bisognerebbe citare anche p.e. 2Sam
6,12, dove Jahwe benedice a causa dellarca
Obed-Edom, ossia gli elargisce benessere a motivo
della sua presenza (secondo lCron 26,4s.: otto
figli).
e) Il pu. la coniugazione passiva corrispondente
al pi. Adoperato in riferimento a persone (Num
22,6; Sai 37,22; 112,2; 128,4; Prov 20,21; 22,9) o a
cose (Deut 33,13 terra; 2Sam 7,29b = lCron
17,27b la dinastia di Davide), afferma che qual
cuno (qualcosa) stato benedetto . In Num 22,6
( poich colui che tu benedici benedetto , par.
jiTar riceve maledizione ) e lCron 17,27 ( poi
ch tu, Jahwe, lo hai benedetto , cfr. 2Sam 7,29
per mezzo della tua benedizione ) si parla anche
espressamente di un precedente atto di benedi
zione. Il fatto che Dio autore della benedizione
viene altrove espresso direttamente (Deut 33,13;
315

Sai 17,22) oppure viene indicato dal contesto (Sai


112,2; 128,4; Prov 20,21; 22,9).
In Sai 113,2; Giob 1,21; Dan 2,20 (aram.) il part.
pu. ha la funzione che normalmente espressa
con Pimp. plur. pi. (cfr. Sai 113,1 halel): gli uo
mini vengono esortati alla lode di Dio. In tutti e
tre i casi si usa lottativo: sia lodato il nome di
Jahwe (di Dio) . In Sai 72,17 (txt em secondo G)
si deve probabilmente supporre lo stesso uso, rife
rito ad un re.
In parallelo con linvito ad una maledizione cul
tuale contro Meroz (Giud 5,23, cfr. 21,5), in Giud
5,24.24 si ha un invito a compiere un rito di be
nedizione nei confronti di Giaele.
0 Lhitp. (pi. riflessivo con t prefisso) significa in
genere rendere o chiamare se stesso brk . Ci
chiaro in Deut 29,18: per difendersi contro una
maledizione incombente ci dichiara bdruk, in
violabile (cfr. Num 22,12; 23,8), dicendo: io ho
slm (ossia: a me non pu succedere nulla) . Si
adopera spesso la formula brk hitp. be rendersi
felici per mezzo di (menzionando un altro, che
particolarmente benedetto, oppure Dio, con una
formula di benedizione) , invocando questaltro
come modello (Gen 22,18; 26,4; Ger 4,2, nel caso
si debba riferire ad Israele, cfr. Rudolph HAT
12,31; Sai 72,17) o come fonte (Is 65,16.16 Dio)
della forza salvifica (cfr. Gen 48,20; Prov 10,7). La
traduzione di A.Murtonen, VT 9, 1959, 172: ri
tenersi fortunato a causa di troppo scialba.
3/ Il ni. ricorre solo in tre passi nei racconti dei
patriarchi (Gen 12,3b; 18,18; 28,14). Esso viene
spesso inteso in senso passivo (p.e. Zorell 130a;
von Rad, ATD 2,132s.) o nel senso dellhitp.
( augurarsi benedizione , p.e. HAL 153; H.Gunkel, Genesis, 319I0, 165). Ma probabile invece
che luso di questa coniugazione - a differenza del
pu. e dellhitp. - ne ponga in evidenza anche il si
gnificato particolare. Essa indica unazione che si
compie relativamente al soggetto senza che il sog
getto stesso (hitp.) o unaltra persona (pu.) sia
considerata il suo autore (cfr. H.Junker, BEThL
12/13, 1959, 553). brk ni. significa quindi otte
nere benedizione, prendere parte alla benedi
zione o sim. (cfr. J.Schreiner, BZ 6, 1962, 7;
O.Procksch, Die Genesis, *1924, 96s.).
Gen 12,3b significa perci in te otterranno bene
dizione tutte le genti della terra. In Gen 18,18
solo questo significato possibile: il soliloquio di
Dio introdotto dallo Jahwista nel racconto
(18,17s.) deve chiarire perch Jahwe vuole iniziare
bramo ai suoi misteri; egli lo fa, perch bramo
ha un compito importante nel suo piano salvifico:
per mezzo di lui tutte le genti della terra otter
ranno benedizione , In Gen 28,14 si rinnova la
stessa promessa riguardo a Giacobbe e ai suoi di
scendenti.
4/ a) Il sost. berk ricorre, come brk pi., in
molteplici significati. Non si pu cogliere nellAT
brk pi. BENEDIRE

316

un uso linguistico in cui berk non sia posto in


una qualche relazione con lagire di Dio, ma (cor
rispondentemente allarabo baraka, vd. sp.) indi
chi semplicemente la forza della crescita e dello
sviluppo; tuttal pi si avrebbe uneccezione in ls
65,8.
Lintenzione di Dio di non distruggere totalmente il suo
popolo, viene qui illustrata con immagini tratte dal lin
guaggio della viticultura; il proverbio si riferisce alla se
conda potatura della vite (Daiman, AuS IV, 312s.330s.),
con cui vengono eliminati i tralci sterili; i tralci che pro
mettono frutto non devono invece essere tagliati:
come si dice quando si trova linfa nella vite: non di
struggerla, poich contiene forza vitale .

b) In circa 25 casi berk si riferisce al fatto che un


uomo proclama efficacemente brk un altro
uomo (Gen 27,12-41 6x; Deut 11,26.27.29; 23,6 =
Neem 13,2; Deut 28,2; 30,1.19; 33,1; Gios 8,34; Ez
44,30; Mal 2,2; Giob 29,13; Prov 10,6.7; 11,11.26;
24,25; forse anche Gen 49,28), ossia pronuncia su
di lui la parola di benedizione che produce sal
vezza (cfr. lespressione programmatica di Prov
11,11 con la proclamazione di brk dei giusti la
citt viene esaltata ).
In Gen 27,12 la coppia berk e qell designa sia la for
mula di benedizione o di maledizione, sia la buona riu
scita o linsuccesso da essa prodotti: allora attirerei su
di me (proclamazione e forza di) maledizione e non (pro
clamazione e forza di) benedizione . Lo stesso doppio
significato si potrebbe avere anche nelle altre ricorrenze
di berk in Gen 27 (v, 35-38.41). La concezione mate
riale della benedizione che qui si esprime (v. 35 tuo
fratello ha preso la tua benedizione , cfr. v. 36a; v. 36b
non hai messo da parte per me qualche benedi
zione? ) si potrebbe forse attribuire ad un modello prei
sraelitico che stato assunto nella narrazione (cfr.
E.A.Speiser, JBL 74, 1955, 252-256).

Probabilmente in questo senso va inteso anche


2Re 18,31 = ls 36,16 fate berk con me = scam
biamoci formule di benedizione (cfr. A.Murto
nen, VT 9, 1959, 173s.; secondo J.Scharbert, Bibl
39, 1958, 19, berk va inteso qui come omag
gio, cfr. 2Sam 14,22; Re 1,47): sarebbe un in
vito a concludere ufficialmente la pace.
c) In 6 o 7 passi berk indica un regalo. Si tratta
allora di una dichiarazione di brk che assume la
forma di un dono; molto spesso infatti i derivati
della radice brk sono legati allidea di donare.
Caleb lascia in eredit a sua figlia una berka (Gios 15,19
= Giud 1,15), Giacobbe porta una berk ad Esa (Gen
33,11), cos pure Abigail a Davide (ISam 25,27), Davide
agli anziani di Giuda (ISam 30,26), Naaman ad Eliseo
(2Re 5,15). In Prov 11,25 la noefce's berk presumibil
mente una persona che fa regali. In Re 10,8-10 le di
chiarazioni di brk sono legate espressamente al por
gere doni.

d) In Neem 9,5 e 2Cron 20,26.26 berk indica il


ringraziamento di lode che gli uomini rivolgono a
Dio, una dichiarazione di brk unita alla lode
(Neem 9,5 ed essi lodavano [brkpi.] il nome glo
rioso, che sta al di sopra di ogni lode [berk] e di
317

T 3 brk pi. BENEDIRE

ogni elogio [tehill]>y, in 2Cron 20,26 il nome di


luogo emceq berk viene spiegato con la lode
che in quel luogo viene innalzata). Questuso lin
guistico secondario, e dipende dalluso del pi. di
brk nel senso di lodare (vd. sp. 2c). Nel giudai
smo l'uso del vocabolo in questo senso diven
tato comunissimo: berk benedizione (cfr.
il trattato Berachot della Misna).
e) In 23 casi berk posto in relazione con Jahwe
e ne sintetizza lagire salvifico ( Jahwe concede
benedizione o sim. Gen 28,4; Es 32,29; Lev
25,21; Deut 28,8; Is 44,3 par. ruah spirito ; Gioe
2,14; Mal 3,10; Sai 21,4; 133,3 par. hcijjTm vita ;
da Jahwe Sai 24,5 par. sedq giustizia;
benedizione di Jahwe o sim. Gen 39,5; Deut
12,15; 16,17; 33,23 par. rsn felicit; 2Sam
7,29; Sai 3,9 par. j eh salvezza; 129,8; Prov
10,22; comunicata attraverso le forze della natura
Gen 49,25 3x; Ez 34,26b; Sai 84,7). In alcuni casi
la comunicazione della forza descritta in modo
pi incisivo ($wh pi. ordinare Lev 25,21; Deut
28,8; Sai 133,3; effondere Is 44,3; cfr. Mal
3,10), in altri stanno in primo piano i suoi effetti,
ossia la fertilit dei campi e il benessere tra gli uo
mini (Gen 39,5; Deut 12,15; 16,17; 33,23; Gioe
2,14; Mai 3,10; Sai 21,4; Prov 10,22), la posizione
di chi detiene la promessa (Gen 28,4) o del sacer
dote (Es 32,29) e la stabilit della dinastia (2Sam
7,29). In alcuni passi viene detto che Jahwe ef
fonde la berk\ ci dipende forse dal fatto che
talvolta la berk appare come una pioggia o una
rugiada fecondatrice ecc. (Gen 49,25a; Ez 34,26b;
Sai 84,7). hi una terra quale la Palestina si capisce
come l'azione salvifica di Dio venga sperimentata
tra Patir come una pioggia che si effonde; questo
per non dovrebbe indurre a vedere in tale ele
mento il senso centrale del termine.
0 Sono teologicamente interessanti, anche se non
facili da interpretare, i cinque casi (anche Ez
34,26a txt?) in cui alcuni uomini sono una berk
(Sai 21,7 plur.) per altri: Gen 12,2 (Abramo per i
popoli); ls 19,24 (Israele in mezzo alla terra); Zac
8,13 (Israele fra i popoli); Sai 37,26(la discendenza
del giusto per gli altri uomini); Sai 21,7 (il re per
il suo popolo). In Sai 37,26 Tesser berk viene
realizzato dallopera del giusto, altrimenti sempre
dallazione e dalla parola salvifica di Dio. Gli uo
mini indicati come berk sono veramente
brkfm, ossia la quintessenza delPazione benefica
e della prosperit (cfr. Sai 21,7), perci da una
parte sono fonte di benessere per gli altri (cosi
H.Junker, BEThL 12/13, 1959, 553; al contrario
J.Scharbert, Bibl 39, 1958, 25: esempio proverbiale
espresso con parole di benedizione) e dallaltra
sono parola incarnata di benedizione, attraverso
la quale si chiama gli altri e se stessi brk.
g) In alcuni passi berk (opp. il plur.) designa la
situazione che si crea sia quando un uomo pro
clama brk sia quando Dio rende brk, ossia la
felicit .
318

Secondo Prov, 28,20 chi agisce in modo fidato rab berki ricco di benessere (oppure ricco di formule di be
nedizione?; al contrario: chi si vuole arricchire rapida
mente non resta impunito ;cfr. Prov 28,27, dove ricco di
maledizione il contrario di senza indigenza). Sai
109,17 usa il termine nel suo duplice significato: chi non
ama la berk (= parola di benedizione), essa (ossia la berk in quanto benessere prodotto dalla formula) si allon
tana da lui . Forse anche le berkt di Giacobbe di Gen
49,26.26 vanno intese come un benessere prodotto da una
dichiarazione di bande (cfr. v. 25).

IV/ Luso teologico di questo gruppo nei singoli


strati dellAT, corrispondentemente ai tre usi
principali, riguarda la benedizione di Dio (IV/1,
vd. sp. in particolare III/la.2ade.3.4e), la benedi
zione per mezzo di uomini (IV/2, vd. sp.
ITI/la.2bf.4bc) e la lode di Dio (TV/3, vd. sp,
III/lc.2ce.4d).
i

1/ Quando lAT parla della benedizione di Dio, brk


ricorre anzitutto se si riprendono tradizioni ptejahwistiche (la), poi specialmente nelle promesse
ai patriarchi del Gen in J e P (lb), nel Deut (le) e
nella tradizione sapienziale (le), mentre nella lette
ratura profetica brk passa in secondo piano (ld).
a) In alcuni passi si nota ancora che la benedi
zione non un fenomeno specificamente israeli
tico, ma compare anche nellambiente con cui il
popolo di Dio a contatto (soprattutto Num 22
24, cfr. in particolare Num 22,6). LAT assume
anche semplicemente del materiale in cui si vede
che la benedizione in origine veniva intesa come
una sostanza efficace in se stessa (Gen 27: il padre
morente trasmette la sua forza vitale a suo figlio;
Gen 32: Giacobbe strappa la benedizione ad un es
sere numinoso). Tuttavia questi testi sono elabo
rati in modo tale da non lasciare alcun dubbio che
secondo la concezione dellAT il Dio dIsraele la
vera ed unica fonte di ogni benedizione (cos nel
contesto di Gen 27 la formula di benedizione in v.
27-29 interpreta chiaramente la benedizione car
pita da Giacobbe come dono di Dio; secondo Gen
32,30 la divinit benedice di propria iniziativa; Ba
laam deve agire verso Israele per espresso incarico
di Jahwe, Num 22,18; 24,13J; 22,38E; le formule
impersonali di benedizione in Deut 7,14; 28,3-6
vengono poste in relazione con lagire di Dio me
diante frasi verbali, 7,13; 28,7-14). Non solo nei
passi in cui Jahwe menzionato esplicitamente
come autore di benedizione, ma anche altrove il
discorso sulla benedizioneTintegrato nella fede di
Israele: ogni benedizione viene da Jahwe.
interessante notare come si dica ben poco sul modo
con cui la benedizione viene comunicata. Essa viene
sperimentata nei processi naturali della crescita e dello
sviluppo, nellavere successo e buon risultato. Proprio in
questi fenomeni la fede vede che Jahwe opera, senza che
per questo il suo agire debba essere menzionato espres
samente. Soprattutto non si pu ricavare dai testi, come
spesso si presumeva, che la benedizione era attribuita
alleffetto della parola divina. In tutto TAT la benedi
zione posta in relazione con la parola divina solo in due

319

casi: nel racconto della creazione del testo sacerdotale


( Dio benedisse dicendo Gen 1,22.28; 9,1; cfr. 35,9s.;
48,3s.) e in Is 19,25 ( Jahwe degli eserciti ha benedetto
dicendo). Nel primo caso il riferimento alla benedi
zione subordinato alla concezione sacerdotale della
creazione mediante la parola, nel secondo caso potrebbe
trattarsi del limitazione di eventuali forme di discorso
profetico. Queste eccezioni confermano quindi proprio la
regola che la benedizione nellAT viene intesa come
unazione diretta d Jahwe.

b) Il concetto di benedizione, in origine legato alla


natura e in seguito limitato allo stretto ambito fa
miliare (cfr. p.e. Gen 24,34-36: benedizione di
bramo = Sara nella sua vecchiaia gli ha gene
rato un altro figlio ), viene posto in relazione con
il Dio che agisce nella storia del suo popolo: ci si
verifica anzitutto riprendendo questo termine
nelle promesse ai patriarchi (Gen 12,2s.; 17,16.20;
22,17; 26,3.24; 28,14): il Dio che conserva e accre
sce la vita del suo popolo insediato nella terra, non
diverso da quello che ha liberato Israele
dalPEgitto (sulla distinzione tra azione liberatrice
e azione benedicente di Dio cfr. C.Westermann,
Der Segen in der Bibel und im Handeln der Kirche, 1968, 9-22 ecc.).
Soprattutto la riflessione teologica dello Jahwista
ha fatto s che questo modo di vedere le cose di
ventasse caratteristico per PAT (cfr. H.W.Wolff,
Das Kerygma des Jahwisten, EvTh 24, 1964, 73
98 = Ges Stud 345-373). Per J la promessa di be
nedizione riguarda anzitutto la crescita (Gen 12,2
ti render un grande popolo e ti benedir ;
26,24 sar con te e ti benedir e moltiplicher la
tua discendenza ). Eppure, anche se Israele di
venta un popolo grande e potente, lo scopo auten
tico di Jahwe non ancora raggiunto. Questul
timo, come risulta chiaro dalla struttura della pro
messa di Gen 12,2s. (cfr.^A.Murtonen, VT 9,
1959, 159s.; H.Junker, BEThL 12/13, 1959, 554;
H.W.Wolff, EvTh 24, 1964, 80s.), consiste nel
fatto che in te otterranno benedizione tutte le
genti della terra (Gen 12,3b; cfr. 18,18; 28,14).
Con la vocazione di Abramo si sostituisce alla ma
ledizione che gravava sullumanit (Gen 3-11, 5x
Vr maledire ) la possibilit della benedizione di
Dio.
P collega la promessa di benedizione ai due ele
menti pi importanti della promessa ai patriarchi,
cio la promessa della moltiplicazione e quella
della terra (cfr. Gen 17,4-8; 28,3s.; 35,lls.; 48,3s.).
La benedizione di Dio vale fin dallinizio della
creazione non per il solo Israele, ma per tutta
lumanit. Essa consiste nel fatto che Dio concede
agli uomini e a tutti gli esseri viventi (Gen 1,22)
la forza della fertilit e della crescita (cfr. la fre
quente unione di prh con rbh, qal: Gen 1,22.28;
8,17; 9,1.7; 35,11; 47,27; Es 1,7; hi.: Gen 17,20;
28,3; 48,4; Lev 26,9; allinfuori di P solo Ger 23>3,
in ordine inverso Ger 3,16; Ez 36,11); nelle genea
logie caratteristiche di P appare chiaro poi in che
modo si esplica la benedizione (cfr. Westermann,
BK I,23s.).
*l"3 brk pi. BENEDIRE

320

Anche nel passo in cui si parla di benedizione del sabato


(Gen 2,3a; la benedizione di Dio su cose e istituzioni
viene inoltre menzionata in Gen 27.27; 39,5; Es 20,11;
23,25; Deut 7,13; 28,12; 33,11; Ger 31,23; Sai 65,11;
132,15; Giob 1,10; Prov 3,33), potrebbe ancora perdurare
la concezione della benedizione caratteristica di questa
fonte: separando ( qds pi.) il giorno festivo, Dio lo dota di
una forza che lo rende fecondo per tutta lumanit
(cfr. Westermann, BK 1,230-238).

Il dono della terra allora in senso proprio la be


nedizione di Abramo (Gen 28,4; cfr. la ripeti
zione della promessa a Giacobbe in Gen 48,4),
c) Nel Deut ci che viene posto in relazione con
la benedizione non il dono stesso della terra (le
gato generalmente al giuramento di Jahwe),
ma la conservazione e lincremento della vita
nella terra in cui si risiede (cfr. le promesse di
Deut 7,13; 14,29; 15,4.10.18; 16,15; 23,21; 24,19;
28,8.12; 30,16; cfr. Es 23,25). Lordine di porre,
entrando nella terra, la benedizione sul Garizim e
la maledizione sulIEbal (Deut 11,29), indica che
con la presa di possesso della terra comincia una
nuova epoca della storta della salvezza: alle azioni
liberatrici e puntuali di Dio subentra la sua azione
continua nella benedizione (cfr. Gios 5,1 ls.: il gu
stare i prodotti della tena fa cessare il nutrimento
della manna). La relazione di Israele con Dio si
misura ora anche sul come egli si comporta verso
i prodotti della terra: saranno essi intesi come doni
delle divinit cananee della fertilit, oppure il po
polo riconoscer Jahwe come lunico autore di
ogni benedizione? Quanto pi spontaneamente
Israele gusta i frutti della benedizione (ossia la fe
condit deiruomo, del bestiame e del campo, cfr.
Deut 7,13; 28,3-6), tanto pi sinceramente onora
Jahwe (cfr, von Rad I, 242).
Di qui si capisce anche come vi sia una stretta
connessione fra la promessa di benedizione e la ri
chiesta di obbedienza, che si manifesta in un ti
pico raddoppiamento delle espressioni: da una
parte la promessa d benedizione compare in
forma incondizionata (Deut 16,15; 28,8.12),
dall'altra ricorrono frasi che esortano allosser
vanza dei comandamenti affinch Jahwe tuo
Dio ti benedica (14,29; 23,21; 24,19; cfr.
15,10.18), oppure sono espresse in forma con
dizionata se tu..., allora Jahwe, tuo Dio, ti
benedir (30,16; cfr. 7,12s.; 15,4s.). Il fatto che
Jahwe dona liberamente la benedizione, esige
il riconoscimento del suo esclusivo potere
sulla benedizione.
Beneficiario della benedizione il popolo nel suo
insieme. Di qui lidea di benedizione trae la sua
particolare motivazione per i comandamenti
umanitari del Deut: finch anche il membro pi
debole della comunit non partecipa pienamente
della benedizione di Dio, la promessa resta incom
piuta (cfr. G. von Rad, Das Gottesvolk im Deut,
1929, 42-49; Eichrodt 11,232).
Agli annunci della benedizione di Dio in Gen e in
Deut corrispondono le affermazioni del loro com
pimento (cfr. Gen 24,1.35; 25,11; 26,12; 30,27.30;
321

T>3 brk pi. BENEDIRE

32,30; 35,9; 48,3; Deut 2,7; 12,7; 15,6.14). Al di


fuori di questi strati i riferimenti alla benedizione
di Dio si fanno pi rari. Una certa intensificazione
si pu riscontrare tuttal pi attorno alla confes
sione di fiducia Jahwe benedir o sim. (cfr. Sai
29,11; 67,7.8; 128,5; 134,3a; ma anche 115,12a;
nello stile della preghiera Sai 5,13; 65,11; 109,28),
come pure nei detti di benedizione Jahwe bene
dica o sim. (cfr. Num 6,24; Sai 67,2; 115,12b-14;
Rut 2,4 come formula di saluto). Altrimenti frasi
corrispondenti ricorrono in contesti abbastanza
diversi tra loro (pi,: Es 20,24; Num 6,27; Gios
17,14; Giud 13,24; 2Sam 6,1 ls. = lCron 13,14;
2Sam 7,29 cfr. lCron 17,27; Is 19,25; 51,2; 61,9;
Sai 45,3; 107,38; 147,13; Giob 42,12; lCron
4,10; 26,5; 2Cron 31,10; pu.: 2Sam 7,29 cfr.
lCron 17,27; Sai 37,22; 112,2; 128,4; Prov 20,21;
22,9; sul nome cfr. W/4e, meno direttamente an
che Deut 28,2; Is 19,24; Ez 34,26a; 44,30; Mal 2,2;
Sai 21,7; Prov 10,6; 24,25; 28,20; lCron 5,1s. txt
em).
d) Nei libri profetici si parla molto meno della be
nedizione, poich essi si interessano propriamente
allagire di Dio che si manifesta nella salvezza e
nel giudizio. Nei testi preesilici non compare nem
meno la radice brk. Solo a partire dal Deuteroisaia
si adopera questo vocabolo (cfr. ls 44,3; 51,2; Ez
34,26; Gioe 2,14; Agg 2,19; Zac 8,13; Mal 3,10)
per parlare di unazione futura di Dio, che non si
manifesta in singoli atti di liberazione, ma accom
pagna continuamente la vita degli uomini e viene
sperimentata nei processi naturali della crescita e
della moltiplicazione (cfr. tuttavia gi Os 2,20-25,
senza brk). Il linguaggio della benedizione predo
mina allora anche nelle descrizioni della sal
vezza (cfr. C.Westermann, Der Segen in der Bibel und im Handeln der Kirche, 1968, 36s., con
bibliogr.), anche se brk in tali descrizioni ricorre
solo in ls 65,23.
e) Diversamente dai profeti, la letteratura sapien
ziale sperimenta lagire di Dio non nelle sue
grandi azioni storiche, ma nel corso della regolare
vita quotidiana nelfambito della casa, del campo,
del paese, in quel settore cio a cui comune
mente rivolta la benedizione. Questa consiste come sempre nellAT - in discendenza numerosa
(Sai 112,2; I28,3s.; Giob 42,13), possesso della
terra (Sai 37,22), abbondanza di bestiame (Giob
I,10; 42,12), ricchezza (Sai 112,3; Prov 10,22;
24,25; 28,20), lunga vita (Sai 133,3) e memoria pe
renne (Prov 10,7). Talvolta compare gi la consi
derazione della caducit dei beni terreni (p.e. Prov
II,28; 23,4s.); di qui si passa poi a distinguere tra
quei beni che si ricevono in dono da Dio e quelli
che luomo si procurato da s; chi vuole assicu
rare da s la propria vita, si priva della felicit
(Prov 10,22; 20,21). Ma fondamentalmente ci si
deve attenere alla convinzione che il giusto rice
ver benedizione (Sai 37,25s.; 112,2; Prov 3,33;
10,6.7) e lempio al contrario infelicit e insuc
cesso. Misura della giustizia sia la relazione
322

verso Dio (Sai 112,ls.; 128,4, Prov 28,20) sia il


comportamnto verso gli altri uomini (Prov 11,26;
22,9; 24,25).
2/ La benedizione elargita nel culto pubblico o
privato da uomini non dipende propriamente dalia
forza spirituale di chi benedice n dalla capacit di
ricezione del benedetto (cos p.e. Pedersen, Israel
l-II,182s.; S.Mowinckel, Psalmenstudien V, 1924,
lOs.) o dalPefficacia della parola pronunciata (p.e.
E.Horst, RGG V,1649-51; E.J.Bickerman, RB 69,
1962, 524). Coloro che dispensano la benedizione
sono piuttosto dei mediatori attraverso t quali Dio
stesso benedice. Ci chiaro in quei testi in cui
assieme a brk compare una formula di benedi*
zione (benedizione dei patriarchi: Gen 27,27-29;
48,15s.20; cfr. 28,1.3s.; benedizione della sposa:
Gen 24,60; cfr. Rut 4,11; Tob 10,11; benedizione
sacerdotale: Num 6,23-27, cfr. Sai 67,2; 115,12
15). Di regola le formule di benedizione suppon
gono espressamente Dio come autore della bene
dizione. Ci viene messo particolarmente in ri
salto nella benedizione di Aronne: quando i sacer
doti pongono sui popolo il nome di Dio, ossia pro
nunciano la formula di benedizione citata in pre
cedenza (Num 6,24-26), Jahwe stesso benedice il
suo popolo (v. 27). Lo stesso significa lespres
sione usata solo per la benedizione sacerdotale brk
b'sm Jhwh benedire adoperando (invocando) il
nome di Jahwe (Deut 10,8; 21,5; 2Sam 6,18 =
lCron 16,2 Davide funge da sacerdote; Sai 129,8b
benedizione finale, che non fa parte del saluto ai
mietitori; lCron 23,13; cfr H.A.Brongers, ZAW
77, 1965, 8s.).
La concezione secondo cui i! conferimento della
benedizione privilegio sacerdotale, si ritrova solo
in strati relativamente tardivi delPAT (Aronne e
i suoi figli: Num 6,23; lCron 23,13; sacerdoti le
viti: Deut 21,5; 2Cron 30,27; trib di Levi: Deut
10,8. Deut 10,8 e 21,5 sono secondari, cfr. von
Rad, ATD 8,56.97). La pi antica delle tradizioni
non fa alcuna menzione della benedizione sacer
dotale, e ci per mostrare che vita e prosperit non
debbono essere rinnovale continuamente nel
culto, ma vengono date agli uomini in virt della
libera decisione di Dio (Gen 8,22J). Nemmeno il
Deut vede nella benedizione sacerdotale un privi
legio: infatti secondo 27,12 (cfr. 11,29; Gios 8,33)
gli appartenenti a tutte le dodici trib vengono
convocati per benedire e maledire. Anche se si ri
tiene (in analogia con Deul 27,14-26) che in que
sta occasione il popolo rispondesse solo con
am en alle formule recitate (cfr. 1QS 2,1-10;
Sota 7,5), tuttavia significativo che si sottolinei
sostanzialmente la responsabilit di tutta la comu
nit nellelargizione della benedizione e della ma
ledizione.
Sebbene lo strato fondamentale della tradizione
sacerdotale non veda ancora nelPelacgizione della
benedizione un privilegio sacerdotale (benedicono
anche Isacco, Gen 28,1.6; Giacobbe, 49,28; Mos,
Es 39,43 [Lev 9,23a secondario]), alla benedi
zione viene tuttavia attribuita unimportanza
323

notevole nel >piano dellopera (cfr. K.EIIiger,


ZThK 49, 1952, 134): secondo Lev 9,22 Aronne
dopo lofferta del primo sacrificio pronuncia la be
nedizione sul popolo, e la teofania che segue (v.
23b) legittima sia la prassi sacrificale sia listitu
zione della benedizione sacerdotale.
Significato simile potrebbe avere la tradizione di Gen
14,18-20, che si accosta a P: la benedizione di Melchisedek su bramo mostra che la benedizione sacerdotale
parte essenziale della liturgia secondo lordine di Melchisedek (Cfr. W.Zimmerli, FS Rosi 1967, 255-264).
La benedizione sacerdotale si rivolge di solito ad una co
munit piuttosto numerosa. Tuttavia in ISam 2,20 (cfr.
Sai 91; 121) si parla anche della benedizione impartita ad
un singolo. Secondo ISam 9,13 Samuele deve bene'
dire )> il sacrifcio: ci signilica allora che era suo ufficio
pronunciare la herk durante i pasti (cfr. 1QS 6,4s.;
lQ S a 2,17.20, Me 8,6s.; Le 9,16).
I testi non mostrano interesse allatto stesso della bene
dizione. Solo in Gen 48,17 si parla incidentalmente
del limposizione delle mani nella benedizione dei pa
triarchi, e in Lev 9,22 delttnnalzamento delle mani nella
benedizione sacerdotale.

3/ Nella lode di Dio brk ha una certa impor


tanza soprattutto in un determinato gruppo di
espressioni di lode e in inviti alla lode.
a) Le espressioni^ lode formate con brk (cfr.
W.S.Towner, CBQ 30, 1968, 386-399; W.Schottroff, Der altisr. Fluchspruch, 1969, 163ss; vd. sp.
111/le) seguono sempre uno schema fisso: brk nome di Dio opp. appellativo (talvolta epiteti
complementari) - frase motivante, introdotta
spesso con la particella relativa. Tali espressioni di
lode vengono pronunciate spontaneamente nelle
situazioni di ogni giorno, subito dopo aver speri
mentato un aiuto divino (Gen 24,27; ISam
25,32.39; Re 1,48; Esd 7,27); talvolta esse non
vengono pronunciate dalla stessa persona che ha
sperimentato lazione di Dio, ma dagli spettatori
attoniti (Es 18,10; 2Cron 2,11; Dan 3,28 (aram.)
nei tre casi sulla bocca di non israeliti; Rut 4,14).
La stessa formula viene usata in determinati
eventi cultuali: Gen 9,26; 14,20; Re 8,15 = 2Cron
6,4; Re 8,56.
In Sai 28,6 e 31,22 (frase motivante introdotta da
/rf, cfr. ISam 23,21 ) essa ricorre in lamentazioni
individuali, e pi precisamente quando la lamen
tazione si trasforma in lode (cfr. Gunkel-Begrich
243-247; C.Westermann, Das Loben Gottes in
den Psalmen, 1953, 47-52). Lespressione di lode
ha una funzione simile in un canto di ringrazia
mento collettivo (Sai 124,6 con sce-). In Sai 68,20
viene introdotta in questo modo la descrizione
dellazione salvifica di Dio. Da tali usi di questa
espressione di lode si sviluppata una formula
dossologica, che si trova anzitutto alla fine di detemninati salmi (Sai 66,20, con oscer; 68,36, senza
motivazione; 135,21). Essa stata posta anche a
conclusione dei primi quattro libri dei salmi, for
mando unaggiunta secondaria ai rispettivi salmi
(Sai 41,14; 72,18s.; 89,53; 106,48; cfr. Kraus, BK
XV,p.XII-XV).
" p a brk pi. BENEDIRE

324

Sai 106,48 sembra una rielaborazione di lCron 16,36, per


cui la dossologia potrebbe essere passata da questultimo
testo nel salmo, il quale per questo motivo potrebbe es
ser stato posto a conclusione del quarto libro dei salmi
(cfr. Rudolph, HAT 21,121).
Allinizio di un salmo la formula ricorre solo in Sai 144,1
(quanto segue al participio). Anche qui essa chiara
mente non ha la funzione di esortare alla lode; il salmo
comincia anzi senza invitatorio (diversamente dal Sai
18) lodando subito Dio. In Ez 3,12 si ha un invito alla
lode che si conclude in se stesso, se il testo originario
(in genere viene mutato in berrr, cfr. p.e. Zimmerli, BK
X1U,12); anche Deut 33,20; Zac 11,5.

Le espressioni di lode che usano la 3a persona si


rivolgono anzitutto ad un uditorio umano; coloro
che le pronunciano celebrano la grandezza di Dio,
che si dimostrata in fatti concreti, in riferimento
ai loro ascoltatori (cfr. p.e. Es 18,10 colmo di be
nedizione Jahwe, che vi... ; ISam 25,32 allora
Davide disse ad Abigail..., che oggi ti... ; Rut
4.14 che ti... ). Solo in due testi tardivi lo stile
della preghiera viene cambiato, e ci si rivolge di
rettamente a Dio: colmo di benedizione sei tu,
Jahwe (Sai 119,12; lCron 29,10, come introdu
zione ad una preghiera opp. ad una supplica).
Questuso divenuto comunissimo nella letteratura
deuterocanonica (cfr. Dan 3,26.52G; Tob 3,11; 8,5.15-17;
11.14 ecc.), a Qumran (1QS 11,15; 1QH 5,20; 10,14;
11,27.29.32 ecc.) e nelle preghiere giudaiche (le diciotto
invocazioni). Probabilmente le dossologie che hanno
questa forma nei passi pi antichi della liturgia giudaica
e negli ultimi strati dellAT vanno ricondotte ad un mo
dello comune (cfr. Towner, l.c., 397-399).

b) Linvitatorio dellinno espresso talvolta (oltre


che dalle introduzioni pi frequenti che usano hi!
pi., Sai 113,1; 117,1; 135,1.3 ecc.; -jdh hi., Sai
33,2; 105,1; 106,1; 107,1 ecc.) dalPimp. plur. di brk
pi.: lodate Jahwe (Sai 96,2; 100,4; 134,ls.; cfr.
Giud 5,2.9). Uguale funzione ha il part. pu. con
fh f in Sai 113,2; Dan 2,20 (aram.).
In Neem 9,5 lesortazione alla lode indipendente
rispetto alla preghiera di ringraziamento che segue
(cfr. lCron 29,20; Sai 68,27, dove per meglio
leggere il perf., cfr, Kraus, BK XV,467). Nel Sai
135 essa viene ripetuta ancora nella conclusione
(v. 19s.), rivolta ai diversi gruppi della comunit.
Essa si amplia poi anche in un invito alla lode di
Dio che devono esprimere tutti gli uomini (Sai
66,8; 96,2), tutta la creazione (Sai 103,22a) e le po
test che circondano il re divino (Sai 103,20s.).
Nei canti individuali analogamente linvito ri
volto a se stessi (Sai 103,ls.22b; 104,1.35), oppure
si manifesta la propria intenzione con un verbo al
volitivo (Sai 16,7; 26,12; 34,2; 63,5; 145,ls.).
Come gi per le espressioni di lode, anche qui il parlare
di Dio in 3a persona (Sai 16,7; 26,12; 34,2) sembra pi
originario rispetto alla forma di preghiera (Sai 63,5;
145,ls.; 26,12G). Lorante si rivolge quindi ad un udito
rio umano manifestando lintenzione di lodare Dio (Sai
26,12 nelle assemblee voglio lodare Jahwe). Tali di
chiarazioni si trovano significativamente alfinizio di
canti di ringraziamento individuali (Sai 34,2, con jdh hi,
p.e. Sai 9,2; 57,10; 138,ls.), ili promesse di lode a conclu

325

I&3
basar CARNE
T T

sione di lamentazioni individuali (Sai 26,12) e nei salmi


di fiducia che ne sono derivati (Sai 16,7; 63,5). Si
esprime inoltre con maggior frequenza che lorante in
tende celebrare incessantemente Dio (Sai 34,2; 63.5;
145,ls.).

V/ Nel giudaismo (e nel NT) luso muta in


modo da far prevalere il riferimento alla lode di
Dio. Nel NT 40 delle complessive 68 ricorrenze di
eXoyecv e dei suoi derivati si riferiscono alla ce
lebrazione di Dio. 11 concetto stesso di benedi
zione viene modificato in modo da essere appli
cato allevento di Cristo (Atti 3,25s.; Ga! 3,8s.; Ef
1,3). 1,esortazione con cui si invitano gli uomini
a benedire subordinata al comandamento
dellamore dei nemici (Le 6,27s.; Rom 12,14;
lPiet 3,9; cfr. ICor 4,12). Non si parla della bene
dizione cultuale, cfr. per il saluto di pace dei di
scepoli (Mt 10,12s.; Le 10,5s.) e la benedizione di
Ges (Me 10,16, benedizione dei bambini; Le
24,50, benedizione di commiato). Cfr. H.W.Beyer, art. e X o y ThW 11,751-763 (= GLNT
in, 1149-1180); W.Schenk, Der Segen im NT,
1967; C.Westermann, Der Segen in der Bibel und
im Handeln der Kirche, 1968.
C,A.Keller (I-IIl)IG. Wehmeier (IV-V)

nt?3 bsr pi. ANNUNZIARE UN MES


SAGGIO maPk.
")STZ?3
basar CARNE
T
1/ Il sost. *basar- carne, corpo attestato
con sicurezza solo nel semO. (HAL 156b; P.Fronzaroli, AANLR VIII/19, 1964, 170.253.266,277).
Resta dubbio se la radice si trovi anche nellacc.
bisru bambino (AHw 131a; CAD B 270a); cfr.
per pun. bsr (scritto anche fV e bsr) figlio, di
scendente (J.Hoftijzer, Eine Notiz zum pun.
Kinderopfer, VT 8, 1958, 288-292; DISO 45).
improbabile una relazione con il verbo fr pi. an
nunciare, portare un messaggio , come talvolta si
pensato.
Attestazioni ug. sono: 51 (= Il AB) 11,5 il rivestimento
del suo corpo ; 77 (= NK),9 sangue per la sua
carne ; 128 (= IU K) IV,25; V,8 della carne in un ban
chetto (cfr. UT nr. 534; WUS nr. 598).
Contemporanei alPAT sono solo i passi con laram. bsr
(= aram. bibl, b esar) nei Proverbi di Ahiqar r. 89 ver
sare il suo sangue e divorare la sua carne e r. 104 per
ch il legno dovrebbe litigare col fuoco, la carne con il
coltello, un uomo con il re? (Cowley 215s.).
Larabo basar significa in senso pi ampio essere
umano , basarat al contrario pelle (vd. st. 3).

2/ NellAT lebr. basar si trova 270x e Tarara.


besar 3x (Dan, 2,11; 4,9; 7,5) (in Lis. manca Gen
9,15a; per una statistica dettagliata secondo il
punto di vista cronologico cfr. D.Lys, La chair
326

dans lAncien Testament, Basar, 1967, 15-19).


I passi ebr. si suddividono nel modo seguente:
Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam

IRe
2Re

33
14
61
17
13
-

6
4
3
4
6

Is
Ger

Ez

Os
Gioe
Am

Mi
Agg
Zac

Mal

17
10
24
1
1

1
1
4

Sai
Giob
Prov
Eccle
Lam
Dan
Neem
lCron
2Cron

16
18
4
5
1
2
2
1
1

totale

270

3/ Bisogna partire dai numerosissimi passi in


cui basar si riferisce alla sostanza carnea del corpo
umano o animale, vivo o morto, Air interno di
questo vasto campo, il suo significato pu mutare
in modi assai diversi: carne come cibo, come ma
teria per il sacrificio oppure come oggetto delle
prescrizioni di purificazione, di carattere sacrale o
medicinale, nello scritto sacerdotale. Talvolta
basar associato ad altre parti del corpo come nu
cleo vitale del corpo intero: assieme alle ossa
(Giob 2,5; "cscem 123x, di cui 20x col significato
proprio costui ; cfr. Dhorme 9s.; LDelekat,
VT 4, 1964, 49^52), assieme a pelle ed ossa (Lam
3,4; 1r pelle, pelo 99x, di cui 46x in Lev 13),
assieme a pelle, sangue (dm) e sterco (Num
19,5), assieme a pelle, ossa e tendini (Giob 10,11;
cfr. Ez 37,6.8).
Con lespressione (mio/tuo/vostro) osso e
carne viene comunemente indicata una paren
tela fisica (Gen 2,23; 29,14; Giud 9,2; 2Sam 5,1 =
lCron 11,1; 2Sam 19,13.14; cfr. W.Reiser, Die
Verwandschaftsformel in Gen. 2,23, ThZ 16,
1960, 1-4). Lo stesso significato ha talvolta
lespressione (la mia/nostra) carne da sola
(Gen 37,27; Is 58J ; Neem 5,5) e due volte la ca
tena costrutta se'r basar (Lev 18,6; 25,49).
Lespressione carne e sangue come descrizione
delluomo nella sua caducit si trova per la prima volta
in Eccli 14,18.

Circa 50x basar indica il corpo, ossia la parte visi


bile della carne delfuomo o eccezionalmente
dellaninnale (Giob 41,15), il corporeo nel suo in
sieme, con laccentuazione dellaspetto visivo e
plastico. Inoltre si tratta sempre del corpo vivente;
mai viene usato basar riferito al cadavere, nem
meno in Ez 32,5. In ogni caso basar profonda
mente radicato nella dimensione materiale e non
viene mai usato nel senso di aspetto, configura
zione ; basar corpus , non figura . signi
ficativo che il termine venga usato in opposizione
a diversi termini della vita spirituale: rbah spi
rito (Gen 6,3; Num 16,22; 27,16; Is 31,3; Gioe
3,1), -ncfces anim a (Gen 9,4; Deut 12,23;
Giob 14,22), lb cuore (Ez 44,7.9; Sai 84,3).
Per i restanti vocaboli che esprimono corpo , come
gewijjd (Ez 1,11.23; Dan 10,6), aram. gesem (Dan
3,27.28; 4,30; 521; 7,11), i quali assumono con facili
t il significato di essere o equivalgono al pro
nome personale (gaf Es 21,3-4; gewijj Gen 47,18 e

327

Neem 9,37; cfr. ebr. icescem aram. garm , acc. ram anti)
oppure significano cadavere (g ewijj Giud 14,8.9;
ISam 31,10.12.12; Nah 3,3.3; Sai 110,6; guja lCron
10,12.12, cfr. ISam 31,12; pcegaer 22x, aram. pagr e acc.
pagru anche corpo , cfr. D.Neiman, JBL 67,1948, 55
60, per Lev 26,30 ed Ez 43,7.9; diversamente n ebl 48x,
ubi), cfr. Dhorme 7-12; F.Baumgartel - E.Schweizer,
art. creola, ThW VII, 1042-1046. *

In arabo basarat significa pelle (vd. sp. 1).


Nello spostamento di significato corpo >
pelle la prospettiva varia leggermente. La pelle
ci che del corpo visibile dalfesterno. Quanto
i due concetti siano vicini dal lato semasiologico
appare chiaro da alcuni passi dellAT in cui en
trambi i significati sono eguajrfiente possibili (Sai
102,6; 119,120; Giob 4,15)^In altri passi i due con
cetti sono chiaramente distinti (Lev 13,2ss.).
Un senso ampliato e tendente allastratto si ha
nellespressione kol-bsr ogni carne , ricor
rente circa 40x, che pu riferirsi alPumanit (p.e.
Deut 5,26; Sai 65,3; 145,21) o al creato tutto in
tero, ossia uomini ed animali (p.e. Gen 6,17;
9,16s.; Giob 34,15) (cfr. A.R.HuIst, Kol-bsr in
der priesterlichen Fluterzhlung, OTS 12, 1958,
28-68).
In alcuni passi ( mk)kol-bsr pu esser tradotto di
ogni specie, genere (soprattutto in P: Gen 6,19; 7,15;
8,17; 9,16; N um 18,15).
In Lev 15,2s.; Ez 16,26; 23,20 basar eufemismo per in
dicare il pene.
Il termine molto pi raro se' r carne (Es 21,10; Ger
51,35; Mi 3,2.3; Sai 73,26; 78,20.27; Prov 5,11; 11,17, in
origine piuttosto la carne interna, mista a sangue, cfr.
F.Baumgartel, ThW VII,107s.; in P col significato di
consanguineo: Lev 18,6.12.13; 20,19; 21,2; 25,49;
Num 27,11; inoltre Lev 18.17 s a 'ar txt?; per gli equiva
lenti sem. e i relativi mutamenti di significato cfr.
P.Fronzaroli, A A N L R V11I/19, 1964, 168.252s.266.277)
nella lingua profana affine a bxt\ tuttavia viene meno
come vocabolo teologico, soprattutto perch non usato
in senso collettivo.

4 / La parola basar compare come vocabolo di


importanza teologica nei passi in cui si fa que
stione di un apprezzamento qualitativo. Solo ecce
zionalmente si tratta di una valutazione positiva,
come in Ez 11,19 e 36,26, dove la sostituzione di
un cuore di carne a quello di pietra fa parte del rin
novamento religioso. Pi spesso appare una valu
tazione negativa, quando cio la carne, ossia
lumanit, a causa della sua caducit e debolezza
viene distinta qualitativamente dalla realt divina
in quanto spirito (Gen 6,3.12; Is 31,3; 40,6; Ger
17,5; Sai 56,5; 78,39; Giob 10,4; 2Cron 32,8). Cfr.
anche J.L.Helberg, A Communication on th Semasiological Meaning of Basar, OuTWP 1959, 23
28 (cfr. ZAW 72,1960, 284); J.Scharbert, Flesch,
Geistund Seele im Pentateuch, 1966,13.25s.40s.48-56; D.Lys, La chair dans VAncien Testament,
1967.
5/ Nei testi di Qumran basar un termine fre
quente e rilevante dal lato teologico (cfr. H.Hupt o basar CARNE

328

penbauer, Bsr Fleisch in den Texten von


Qumran, ThZ 13, 1957, 298-300; R.E.Murphy,
Bsr in th Qumran Literature, Sacra Pagina 2,
1959, 60-76; R.Meyer, art. <ip, ThW VII,109113). In molti passi compare un mutamento di si
gnificato che caratteristico rispetto alluso del
PAT: alla carne collegata non solo la caducit,
ma anche la peccaminosit. Questo significato, di
verso nel contenuto, messo in luce da espres
sioni quali rnh basar spirito della carne (IQH
13,13; 17,25), besar [asma la carne colpevole
(1QM 12,12), bfsar 'wcel carne dellingiustizia
(1QS 11,9).
Anche nelfuso rabbinico si trovano significati
mutati in maniera caratteristica rispetto alPAT;
per esso e per il NT cfr. R.Meyer-E.Schweizer, art.
<rp, ThW
VII, 113-151; II.Seebass, art.
Fleisch , ThBNT I, 1967, 342-347.
G.Gerfeman

D3 bai FIGLIA - ] 2 ben.


T ttQ

1/

g 'h

ESSERE ALTO

La radice g'h (* g'w/j) compare nel semNO.

Cfr. ug. 2Aqht (= Il D) VI,44 gan orgoglio (par. psl


peccato ; UT nr. 548; WUS nr. 613); pun. Poen. 1027
gune bel (DISO 46 grandeurs de Bel ; Sznycer 144);
sir. LS 99s.; mand. Drower-Macuch 72a.76a.89.
Nella lingua eg. la radice q\j essere alto si trova col
legata a cose, persone e divinit, anche nel senso traslato
con alto dorso = presuntuoso (cfr. Emnan-Grapow
V,Iss.).

Accanto al verbo nella coniugazione qal, nelPAT


troviamo come derivati nominali gli aggettivi g',
g'(, ga'Hjn orgoglioso e i sostantivi g'
orgoglio , ga'aw elevatezza, orgoglio ,gd'n
altezza, elevatezza, superbia, g'ijt innalza
mento, sublimit, presunzione e gw orgo
glio, superbia; questultimo presente anche
nelParam. bibl,, forse come prst. dalPebr. Cfr. an
che il nome proprio
(Num 13,15; ma vd.
anche HAL 161b).
2/ g'h q. ricorre 7x (a cui va aggiunto Eccli 10,9
nel sign. di insuperbirsi), g' lx (Is 16,6),
g'cp 8x (esci. Sai 123,4Q; inoltre Eccli 10,14;
11,30), ga'jn lx (Sai 123,4K), g' lx (Prov
8,13), ga^w 19x (inoltre Eccli 7,17; 10,6.7.8;
13,20; 16,8), g'n 49x (inoltre Eccli 10,12; 48,18),
g'in 8x,gw 3x (inoltre 1QS 4,9) e lx aram. bibl.
(Dan 4,34).
Fatta eccezione di alcuni passi con g'n in Ez, tutte le
testimonianze della radice s incontrano in testi metrici
(anche g'h q. in Lev 26,19, cfr. Elliger, HAT 4,367). I
quasi cento passi dellAT si trovano prevalentemente
nella letteratura profetica (Is 24x, Ger ed Ez lOx, Zac 3x,
Os/Am/Nah/Sof ognuno 2x, Mj lx) e altrove in nu

329 ITO

g h ESSERE

ALTO

mero quasi uguale nella letteratura sapienziale (Giob


1lx, Prov 7x)e nei testi poetici (Sai 15x, inoltre 5x in Es
15,1.7.21 e 2x in Deut 33,26.29).

3/ Attorno al significato primario essere, di


ventare alto si raccolgono tutti i sensi della ra
dice g'h coi loro diversi derivati:
a) 11 significato concreto, piuttosto raro, si trova
in Giob 8,11 (il papiro cresce alto); Ez 47,5 (lac
qua cresce fino a diventare un fiume); Is 9,17 (il
salire del fumo designato come g ' t4sn). Se
in Sai 46,4; 89,10 (cfr. Giob 38,11) si parla del
crescere, ribollire del mare (ga'w e g't), lo
stile arcaico dei due salmi, che descrivono nella
tradizione mitica la supremazia di Jahwe sulle po
tenze del caos, dovrebbe suggerire il senso traslato
di arroganza, insurrezione, violenza .
Anche se Geremia chiama la boscaglia del Giordano
g*'n hqijurdn (Ger 12,5; 49,19 = 50,44; cfr. Zac 11,3),
nellesegesi di questi passi il significato verbale e quello
traslato stanno luno accanto allaltro (G.R.Driver> FS
. Robinson 1950, 59 gonfiarsi del Giordano ; KBL 162
bosco d'aJto fusto; meglio Rudolph, HAT 12,84
magnificenza ).

b) In senso traslato la radice descrive la superbia,


l'orgoglio e la presunzione delPuomo. In senso po
sitivo la terra dIsraele g'n orgoglio (Sai
47,5; Nah 2,3; cfr, Is 13,19 di Babilonia); secondo
Is 4,2 i frutti della terra tornano a orgoglio
(g o/7) e ornamento (tifcercet, p V) di Israele. La
maggior parte dei passi ovviamente da inten
dersi in senso negativo.
Una raccolta dei sinonimi ebr. per orgoglio, ano
ganza viene presentata da P.Humbert, Dmesure et
chute dans PAT, FS Vischer I960, 63ss.; sono da ricor
dare le radici ~gbh, gi, riun, oltre a jhir presun
tuoso, superbo (Ab 2,5; Prov 21,24; cfr. J.BIau, VT 5,
1955, 342), r(hab fb/ncefces presuntuoso (Sai 101,5;
Prov 21,4; 28,25), sii hitpo. comportarsi boriosa
mente (Es 9,17), zld q. essere temerario (Es 18,11;
Ger 50,29), hi. agire temerariamente (Deut 17,13;
18,20; Neem 9,10.16.29), zd sfacciato, temerario (ls
13,11 ecc.), zdn temerariet (Deut 17,12 ecc.).
Come contrari si possono citare sefal riiah um ile
(Prov 16,19; 29,23), sah 1njim ad occhi bassi (Giob
22,29), oltre ai verbi spi hi. abbassare, umiliare (Giob
22,29; 40,11; Prov 29,23), knl hi. umiliare (Giob
40,12), sht hi. rovinare (Ger 13,9), sbr spezzare
(Lev 26,19).

c) La letteratura sapienziale mette in guardia


dal Patteggiamento del superbo e dellarrogante
usando la forma di un paragone sapienziale
espresso con tb (Prov 16,19) e conosce il susse
guirsi di presunzione e caduta (Prov 16,18); Dio
abbassa la superbia delParrogante (Giob 22,29
txt enti, cfr. Fohrer, KAT XVI,352; cfr. Giob
40,11.12, inoltre S.Loffreda, Raffronto fra un testo
ugaritico [2Aqhat VI,42-45] e Giobbe 40,9-12,
BeO 8, 1966, 103-116), sradica la casa dellorgo
glioso (Prov 15,25), ricompensa con sovrabbon
danza chi agisce per orgoglio (Sai 31,24).
Nelle lamentazioni del salterio la radice g'h

330

usata spesso con i suoi derivati per indicare il ra


sa" rem pio (p.e. Sai 36,12; 59,13; 73,6; 94,2;
140>6; comunque difficile provare che con i
gxlm si intenda un ben determinato gruppo, cio
i Sadducei, come ritiene H.Steiner, Die Geim in
den Psalmen, 1925, 22-30). Mediante g'it (txt
em) in Sai 10,2 si descrive il rasa nel suo atteg
giamento di alterigia e di sicurezza, che escogita
piani pericolosi per distruggere lumile Cani,
nh). Sua caratteristica 1\
<orgogliosa sicu
rezza nel parlare (Sai 17,10; cfr. 73,9), la super
bia con cui le sue labbra pronunciano insolenza
Ctq) contro il giusto (Sai 31,19),
4/ a) Mentre la tradizione sapienziale mette in
evidenza che lorgoglioso perisce e fumile viene
onorato (cfr. Prov 29,23), e perci invita Puomo
alla modestia, la radice viene usata con rilevanza
teologica dai profeti per descrivere Patteggi amento
sbagliato e autoritario delPuomo d fronte a Dio.
Tanto in Israele (Ger 13,9.17; Ez 7,20.24; 16,49.56;
24,21}cfr. Lev 26,19; Ez 33,28) quanto tra i popoli
pagani (Is 13,19; 16,6, cfr. Is 48,29; Ez 30,6.18; Sof
2,10; Zac 9,6; 10,11) Dio riduce al nulla Patteggia
mento autoritario. Ogni g'n, che Israele si per
mette nella sua presunzione, verr svelato da Dio
nel suo reale valore, cio nella sua nullit (Am
6,8; Os 5,5 contro Israele testimonia aperta
mente il suo orgoglio , cfr. 7,10; la superbia qui
lultimo testimone a carico di Israele). Secondo Is
2,12 il giorno di Jahwe delle schiere consiste
nel fatto che il giudizio viene compiuto sopra
tutto ci che superbo ed elevato e sopra tutto ci
che eminente ed alto (1 c G) (cfr. 13,11 ). Isaia
non parla, come la sapienza, di ci che buono o
migliore, ma d quello contro cui Jahwe degli eser
citi si scaglia con passione per affermare il suo di
ritto di essere il solo alto , il solo signore e re
(Wildberger, BK X,108).
b) Contrapposti al presuntuoso g'n delPuomo
stanno g'h (Es 15,1.21), ga'n (Es 15,7; Is
2,10.19.21; 24,14; Mi 5,3; Giob 40,10), ga'aw (Sai
68,35) e g'ut (Is 26,10; Sai 93,1) di Dio come pro
priet divine e descrizioni della sua elevatezza,
della sua sublimit e del suo regno [hadar g^n
augusta maest Is 2,10.19.21; su questa costru
zione cfr. Joion 438: nuance superlative ), che
Puomo pu accaparrarsi solo con un atteggia
mento di empia tracotanza (cfr. Giob 40,9-11 pa
ramenti regali di Dio, Fohrer, KAT XVl,59s.). Il
sottofondo di Sai 68,35 (cfr. Sai 104); 93,1 e Deut
33,26 (cfr. pun. gune bei, vd. sp. 1) dovrebbe ma
nifestare che in queste descrizioni si tratta di im
magini che originariamente derivano dalla reli
gione cananea (la divinit regale del cielo), ma che
ora appaiono congiunte con le tradizioni riguar
danti Pazione salvifica di Dio verso Israele (Es
15,1.21).
5/ I LXX rendono spesso g'h riferito a Do con
S^a o sim.; negli altri casi traducono prevalen
331

temente con uppic; o uTuepYjcpaMta o sim., ter


mini coi quali il senso negativo viene espresso con
maggiore forza che nel TM e si sottolinea il mo
mento dellusurpazione violenta (G.Bertram,
ThW Vin,300; id., Hochmut /nd verwandte
Begriffe im griech. und hebjy'AT, WdO III/3,
1964, 32-43).
^
Per il giudaismo, il NT e il cristianesimo primitivo
cfr. G.Bertram, art.
ThW VIII,295-307.
H.-P.Sthli

b H l g 'I

REDIMERE

1/ g7 un verbo che tra le lingue sem. pro


prio solo delPebr. Dal lAT passato come prst.
al samaritano (HAL 162a) e come eredit legit
tima nella lingua dei giudaismo postbiblico
(cfr. ThW IV,352s. = GLNT VI,944ss.;
ThW VII,987s.).
Per quanto riguarda il nome proprio G'ijhw trovato su
unimpronta di sigillo a Bet-Zur cfr. D.W.Thomas,
Documents from OT Times, 1958, 223s.
Nella letteratura qumranica si conosce finora un solo
caso: CD 14,16, dove il part. g'f significa parente
(stretto) .

Dal fatto che il verbo usato solo nella lingua ebr.


ne consegue che non possibile ricavarne letimo
logia.
In ogni caso, quanto al contenuto, esso non ha nulla a
che vedere con lomonimo g'I ni. essere reso impuro
(cultualmente) (HAL 162s.: forma secondaria di g7;
tmy). Ci va detto f. Pa. con Fohrer, KAT X V I,J10,
contro A.R.Johnson, The Primary Meaning of g/,
SVT l, 1953,67-77, che suppone per ambedue i verbi g l
il significato primitivo comune coprire . Da tale signi
ficato deriverebbe per il primo gl il senso di proteg
gere e per il secondo quello di macchiare . Con g'I
proteggere si creato per un punto di partenza assai
problematico per chiarire il verbo di cui stiamo trat
tando, poich a questo modo non si spiega per nulla il
suo significato particolare; cfr. anche J.Blau, VT 6,1956,
224s., per Giob 3,5.

Il verbo si trova al qal e al ni.; come derivati


astratti si hanno grulla (in una formazione nomi
nale frequente nella tenninologia giuridica, cfr.
F.Horst, FS Rudolph 1961, 153: <cdiritto opp. do
vere di liberazione [di riscattol) e g^Um (Is
63,4; secondo L.Khler, ZAW 39, 1921, 316, e
HAL 161b: tempo, stato del g'l vindice del
sangue ; per la formazione nominale cfr, BL 472
e Gulkowitsch 20). Vi inoltre il nome proprio
Jig'l (forma tratta dallimperfetto, cfr. Noth, IP
28.200).
2/ La radice g'I testimoniata nellAT 118x
(con il n. pers. Jig ' in Num 13,7; 2Sam 23,26;
ICron 3,22 121x). Il part. qal gd'l (46x), tranne
che in Gen 48,16 e Sai .103,4, sostantivato e nella
lista che segue viene elencato a parte (il numero
tra parentesi indica le volte in cui viene usata la
WJ g 'I REDIMERE

332

costruzione particolare g'f haddaifi vindice del


sangue ; in Num 35,12 si deve completare con
/1addn).
qat
Con
ls
Lev
Num
Deui
Gios
2Sam
JRc
fs
Ger
Ez
Os
Mi
Si)\
Giob

1
2
13

ni.

sosl
yn'el

2
8(6)
2(2)
3(3)
1(1)
1
13
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3
1
1
24
4
1
1
1
11
2
1
23
1
118

Questo elenco lascia intravedere una particolare


distribuzione della radice: Lev e Rut preferiscono
il qal, Lev preferisce anche il ni. e grulla: si tratta
dei capitoli 25 e 27 che si occupano del riscatto e
della liberazione. Anche la posizione che Rut oc
cupa nella prima colonna dovuta al fatto che il
libro tratta dello stesso argomento. La distribu
zione di g'l haddm si configura cos perch la
figura del vindice del sangue trova il suo posto in
Num 35, Deut 19 e Gios 20 che trattano del diritto
di asilo. Per quanto riguarda g/, delle 13 volte
in cui usato da Is, 10 appartengono al Deutero
isaia, il quale ha applicato per primo a Jahwe il ti
tolo di g'l del suo popolo.
3/ a) La presente lista mostra anche che g7
q./ni. usato specialmente nella letteratura giuri
dica. Questo fatto permette gi di dedurre che il
verbo ambientato nella sfera del diritto, da dove
passato alla terminologia del culto e alla lingua
religioso-teologica. Come si vedr (vd. st. 4), in
questa evoluzione sopravvisssuto a lungo lantico
significato giuridico.

integrum di tutti i patrimoni allo scadere del 494


anno (v. 8-55). In connessione con queste ultime
prescrizioni e in origine indipendente da esse (cfr.
Noth, ATD 6,165), si trova nei v. 25-28 (29-30) e
v. 47-49 (50-55) un brano sulla grulla. Nel primo
di questi due brani la grulla si riferisce alla pro
priet fondiaria ('ahuzz) che un israelita aveva
dovuto vendere per qualche necessit materiale. Il
parente pi stretto, definito come gdl, esercitava
la ge'lill per il fatto che pagava da parte sua il
prezzo di vendita e cos riacquistava il pezzo di
terreno venduto, non per per possederlo egli
stesso, ma per restituirlo al primo proprietario
(Noth, l.c.} 165s.).
Il secondo brano (v. 47-49) tratta di un israelita ri
dotto in miseria, costretto a vendersi ad un fore
stiero o ad un residente in Israele divenuto ricco.
In questo caso il g'l deve riscattarlo (g7). Come
membri della famiglia cui spetta farlo vengono
nominati al v. 48s.: it fratello, lo zio paterno, il cu
gino da parte del padre, un altro consanguineo.
Per il caso di un israelita che si dovuto vendere
non ad uno straniero, ma ad un membro del suo
proprio popolo, la legge non prevede la ge'u!.(\.
39-46), ma la liberazione che si applica nelPanno
giubilare. Il principio dellanno giubilare, in questo
caso particolare, sta sullo stesso piano dellantica
disposizione sulla libert concessa dopo sei anni
agli ebrei caduti in schiavit per debiti (Es 21,2-6;
Deut 15,12ss.).
La ge'ulfd, come diritto o dovere d riscattare pa
trimoni di famiglia andati perduti o persone ca
dute in schiavit, non era limitata al solo Israele.
Il diritto babilonese la contempla sia per la terra
venduta sia per le persone vendule e in bah. il
verbo patru liberare, riscattare sostituisce
Pebr. g7. patru ha per un uso pi ampio rispetto
a g'I in quanto denota non solo il riscatto (operato
dalla famglia), ma in generale anche il riacquisto,
p.e. di uno schiavo o di un prigioniero; cfr. AHw
849-851.

Per il verbo inteso in questo senso cfr. O.Procksch,


art. Xw, ThW IV,329-337 = GLNT VI,883-904;
J.J.Stamm, Erlosen und Vergeben im AT, 1940, 27-45;
A.Jepsen, Die Begriffe des Erlsens im AT, FS Her
mann 1957, 153*163; N.H.Snaith, The Hebrew Root#7,
ALUOS 3, 1961/62, 60-67.

Riscatto del patrimonio fondiario; Codice di ESnunna


39 = R.Haase, Die keilschriftlichen Rechtssammlungen
in deutscher bersetzung, 1963,14; per i contratti paleobab. cfr. M.Schorr, Urkunden des altbab. Zivil- und Prozessrechts, VAB V, 1913, 119. - Riscatto di persone
vendute: per persone lbere vd. Codice medioass. 48 =
Haase, Le., 107; per schiavi vd. Codice di Hammurabi
119 e 281 = Haase, l.c.,37.55; tale riscatto anche og
getto della lettera nr. 46 in R.Frankena, Briefe aus dem
Brilish Museum, AbB 2, 1966. il riscatto di un soldato
prigioniero si ha nel codice di Hammurabi 32 = Haase,
l.c., 27.

b) Il significato originario di g'f e dei suoi derivati


gd'l e grulla traspare chiaramente in Lev 25.
Questo capitolo, che appartiene alla legge di san
tit ma il frutto di una lunga evoluzione (cfr. Elliger, HAT 4,335ss.), contiene delle disposizioni
che tendono a ristabilire in Israele le condizioni
originarie, libere da ogni abuso. Esse sono, se si con
siderano solo i brani principali, Panno sabbatico (v.
1-7) e Panno giubilare, cio la restitutio ad

Loriginalit della grulla israelitica rispetto a


quella babilonese sta nel suo riferirsi a Jahwe. Poi
ch la terra appartiene a lui e gli israeliti lhanno
ricevuta da lui come un feudo, essa non pu es
sere venduta per sempre e per essa vale il diritto
di riscatto (Lev 25,23s.). E un israelita, secondo
Lev 25,42, non deve restare permanentemente
schiavo, perch discendente d coloro che Jahwe
ha liberato dallEgitto.

333

g I REDIMERE

334

c) connesso con il diritto alla libert dopo sei


anni, di cui godeva un membro del popolo di Dio,
il fatto che neiPAT la grulla operante nella vita
pratica solo per i beni fondiari e per la vendetta del
sangue, quindi nei confronti di un parente morto.
Per il patrimonio fondiario essa esercitata da Ge
remia (Ger 32,6-15). Egli acquista in Anatot un
campo che un suo cugino deve vendere per un
motivo non specificato. Non si tratta dunque di ri
scatto, ma di diritto di precedenza nella compera,
cfr. Rudolph, HAT 12,209. Cos pure per adem
piere alla grulla Booz acquista secondo Rut 4 un
terreno del defunto Elimelech. Lespressione di
Rut 4,3 (il campo) che Noemi ha venduto
sembra presupporre che Booz riscatti per la fami
glia ci che era gi passato in mani estranee. Per
invece del perfetto mker spesso si letto anche
il participio mker in procinto di vendere ;
inoltre anche il testo immutato permette la tradu
zione Noemi vuole vendere , cfr. Gerleman,
BK XVIII,35. Non si pu quindi decidere con si
curezza se si tratti di diritto di precedenza nella
compera o di riscatto,
d) Secondo Rut 4 per Booz ottiene insieme con
il campo anche Rut, la vedova di Maclon, per
conservare il nome del morto sulla sua propriet
(4,5.10). Booz conclude con Rut, che subentra qui
a Noemi, un matrimonio secondo le prescrizioni
del levirato. Poich si tratta del lunico caso di que
sto tipo nellAT, non si pu decidere se il levirato
costituiva uno degli obblighi del g'l. Data laf
finit essenziale tra grulla e levirato- ambedue le
istituzioni cercano d conservare la famiglia nella
sua integrit - una risposta positiva appare del
tutto probabile.
Che la vendetta di sangue appartenesse con cer
tezza alla grulla lo dimostra il modo con cui ve
niva designato colui che la compiva: g'l haddm
(dm). Egli colui che cerca (bqs pi.%--drs) il
sangue versato presso lassassino, a cui esso ri
masto attaccato, e lo riconduce nella comunit a
cui apparteneva. Questo ricondurre presup
pone che sia morto Tassassinato, ma che non sia
morto completamente il suo sangue; questo anzi
racchiude ancora in se una vita segreta , cos
K.Koch, VT 12, 1962, 410.
Con il riscatto, la vendetta del sangue e, in un
caso singolo, il levirato si manifesta lampia esten
sione dei compiti del g'l. Egli era - cosi
Procksch, ThW IV,331 (= GLNT VI,889) - il pa
rente pi prossimo responsabile negli affari della
famiglia.
Il senso pi completo della parola poteva talvolta passare
in secondo piano, per cui g'l veniva a significare sol
tanto parente , come in IRe 16,11, a Qumran in CD
14,16 ed anche in Num 5,8.

e) Secondo quanto si detto sopra, g'I con i suoi


derivati si presenta come un termine tecnico del
diritto di famiglia. Koch, l.c., 410, ne rende cosi il
significato: liberare da potere estraneo ci che
335

appartiene alla famiglia . Nello stesso tempo si


coglie anche il carattere salvifico di questo con
cetto, al di l di unaccezione puramente giuridica;
infatti il recupero dei beni perduti appartenenti
alla famiglia comporta di fatto liberazione e
salvezza, il rinnovamento di un ordine prece
dente, la ricostruzione di una totalit andata
perduta; cfr. su questo punto anche Jepsen, l.c.
(vd. sp. 3a), 159.
4/ a) Lelemento salvifico, che costante mente insito nell'antico termine giuridico, si svi
luppa nella lingua religioso-teologica. Non a caso
g l sta qui in parallelo con
jsl hi, salvare (Is
49,26; 60,16; 63,9; Sai 72,13s.; 106,10), -**/ hi.
salvare (Es 6,6), -*zr aiutare (Is 41,14),
hjh pi. guarire (Sai 119,154)e nhm pi. con
solare (Is 52,9). Molto affine a g'I per il verbo
pdh redimere, riscattare, liberare. Si tratta
per, per una certa parte del suo uso, di un ter
mine neutrale del diritto commerciale, che non
contiene lidea del recupero di ci che andato
perduto (cfr. Stamm, l.c., 7ss.; diversamente Jepsen, Le., 154s.). Anche se la differenza tra i due
verbi fu sempre avvertita (vd. st. 40, tuttavia essi
si trovarono a un certo punto molto vicini tra loro,
come dimostrano luso in Lev 27 (vd. subito st.)
e il loro apparire in parallelo (Os 13,14; Is
51,10s./35,9s.; Ger 31,11; Sai 69,19).
b) Nellambito del linguaggio religioso occupa un
posto a s luso nella terminologia cultuale. Tale
uso si ha in Lev 27, un brano sui doni offerti vo
lontariamente e la possibilit o meno di riscattarli
attraverso il pagamento di danaro.
Come verbo si usa ivi prevalentemente g'I (v.
13.15.19.20.28.31.33). Solo al v. 29, nella proibizione di
riscattare un uomo votato allo sterminio, si ha pdh, che
si ritrova ancora insieme a gV al v. 27, dove si tratta del
riscatto del primogenito degli animali impuri.
I doni, del cui riscatto si tratta in Lev 27, appartengono
quasi tutti originariamente a chi partecipa al culto, e co
stui recupera la sua propriet pagando limporto previ
sto, quando ci sia permesso. Cos si spiega la preferenza
per g7. Nel v. 29 luso del neutrale pdh, che estraneo
allidea di recupero, si potrebbe solo spiegare qualora si
stabilisse che cosa si vuol esprimere in questo testo tar
divo con anatema . Qualora il termine significasse
bottino di guerra, come in antico, allora pdh indiche
rebbe che colui che opera il riscatto non aveva alcun pre
cedente diritto su di esso. Qualora invece anatema
avesse anche nel v. 29 lo stesso significato del v. 28, e
cio indicasse una parte di propriet israelitica che po
teva o doveva essere consegnata, allora pdh verrebbe
usalo in senso pi ampio, non pi diverso in realt da
g7. Ci vale anche per il v. 27, dove g'I e pdh ricorrono
insieme. Anche nel riscatto di una parte delle decime
(v. 31), che spetta senzaltro a Jahwe ed sottratta alla
pretesa delluomo, il g/ presente nel testo va collegato
nuovamente con luso del termine nel suo senso pi
vasto.

c) Se si catalogano gli usi ristretti alfambiente re


ligioso-teologico secondo il numero delle persone
che sperimentano la liberazione, e se si tiene inol
blO g 'I REDIMERE

336

tre presente il tempo in cui questuiti ma si realizza,


si ricava il quadro seguente:
1) Salvezza del singolo'.
a. Nel passato: Gen 48,16; Sai 107,2; Lam 3,58;
b. Nel presente: Sai 19,15; 69,19; 72,14; 103,4;
119,154; Giob 3,5, 19,25; Prov 23,11;
2) Salvezza del popolo:
a. Nel passato: Es 6,6; 15,13; Sai 74,2; 77,16; 78,35;
106,10; Is 51,10; 63,9;
b. Nel futuro: Os 13,14; Is 35,9s.; Ger 31,11; 50,34;

Mi 4,10.
Inoltre nel Deuteroisaia e nel Tritoisaia: g l Is 43,1;
44,22s.; 48,20; 52,3.9; 62,12; g't Is 41,14; 43,14;
44,6.24; 47,4; 48,17; 49,7.26; 54,5.8; 59,20; 60,16; 63,16.

Tale divisione, di cui mi sono servito in prece


denza (Le., 7ss.), ha il vantaggio di una chiarezza
perspicua, ma ha lo svantaggio di un troppo rigido
schematismo che, pi di quanto lo consenta Pebr.,
costringe a sottolineare troppo le differenze di
tempo e la distinzione tra individuo e comunit;
Per questi motivi ora preferisco con Jepsen (Le.,
158ss.) trattare per primi i casi in cui il significato
primario di g l rimasto vivo e in un secondo mo
mento quelli in cui ci meno evidente.
d) La posizione che in un casato spetta al gd'l in
quanto soccorritore dei parenti caduti in necessit,
viene applicata a Jahwe quando in Prov 23,10s. e
in Ger 50,34 egli viene chiamato go'l proprio in
quanto protettore dei deboli di fronte ad un avver
sario potente. Giobbe (Giob 19,25) chiama Dio
suo g'i, in quanto ultimo custode del suo di
ritto, e il termine potrebbe essere tradotto con
avvocato o assistente legale . Deluso dai
suoi amici e derubato da Dio del suo diritto (Giob
19,7ss.; 27,2.5), Giobbe si rifugia tuttavia in Dio,
poich suppone ancora che egli sia realmente di
sposto a salvarlo (Giob 16,18-21).
Ci che definisce lattivit del g'l, in base ad un
ideale diffuso in tutto lOriente, lo si aspetta in
modo particolare dal re (Sai 72,13s.), il quale
salva 0S hi.) la vita dei poveri e libera la loro
vita dalloppressione e dalla violenza (//g7a/ nafsm)y>. Tra laltro g l racchiude qui certamente
l'assistenza legale, attraverso cui il re ristabilisce il
diritto leso di un suo suddito che s rivolge a lui.
Nei confronti di Jahwe questo anche il conte
nuto della preghiera discuti la mia causa e libe
rami; conserva la mia vita secondo la tua parola
(Sai 119,154) e della confessione tu, o Jahwe, hai
difeso la causa delfanima mia, hai salvato la mia
vita (g'alt hajjj) (Lam 3,58) o, come pu es
sere anche tradotto qui g l, hai ristabilito la mia
vita (cosi Jepsen, Le., 160).
H significato concreto di g l riscattare una propriet
perduta conservato in una delle frasi con cui Giobbe
(3,5) maledice il giorno della propria nascita: lo riven
dichino le tenebre e loscurit , cio: le potenze del caos,
che sono pi antiche della luce, devono far valere il loro
antico diritto su quel giorno.

337

c;'/REDIMERE

e) Per quanto riguarda la liberazione dallEgitto,


g l appare nei passi gi citati sopra (4c) Es 6,6;
15,13; Sai 74,2; 77,16; 78,35; 106,10 e Is 63,9, dove
oltre alla prima salvezza si pensa anche ad ulteriori
fatti salvifici. In Is 51,10 il part. pass. ge'lm de
nota coloro che sono stati salvati al passaggio del
mar rosso. I pedj Jhwh i riscattati da Jahwe
nel verso 11, collegato al precedente, sono invece
coloro che vivono il secondo esodo, quello della
fine dei tempi (sui problemi relativi al contenuto
del testo cfr. Westermann, ATD 19,196). Quanto
allepoca tutti questi passi, anche Es 15,13, pos
sono essere esilici o postesilici. Infatti basti pen
sare a questo: per la liberazione dallEgitto nei
tempi pi antichi erano usati soprattutto i verbi js'
hi. condurre fuori e Ih hi. far salire (cfr.
Stamm, l.c., 14s., e P.Humbert, ThZ 18, 1962,
357-361). Ad essi si affianca nel Deuteronomio
pdh riscattare, liberare (13,6; 15,15; 21,8; 24,18;
7,8; 9,26). Questa uninnovazione da cui po
trebbe dipendere il corrispondente uso di g l. Que
sto per non significa necessariamente che g l ab
bia perso il suo significato particolare recuperare
una cosa perduta e sia divenuto del tutto simile
a pdh. Bench ci non sia impossibile (cfr. sopra
4a.c), bisogna tener presente che i documenti po
steriori, in cui g l si riferisce alla liberazione
dallEgitto, presuppongono tutti la tradizione dei
patriarchi, anche se non la nominano. Cosi con g l
si poteva ripensare al tempo dei patriarchi e inten
dere l'esodo dallEgitto come un ritorno di coloro
che erano stati fatti schiavi al loro vero signore e
come una restaurazione della loro libert.

f) Il Deuteroisaia ha annunciato il ritorno degli

esuli da Babilonia come un secondo esodo supe


riore al primo (cfr. von Rad 11,256); come il primo
fu un riscatto, cos lo sar anche il secondo. Il Dtis
ha chiaramente assunto lidea divulgata dal Deut,
solo che invece di pdh preferisce usare gl. La ra
dice pdh con il suo derivato pedt riscatto non
gli sconosciuta, ma diventa del tutto secondaria
comparendo solo due volte (Is 51,11 = 35,10;
50,2). Cos diviene ancora pi chiaro quale peso
dovette avere g l presso questo profeta.
Anche se frequente in lui tale radice (cfr. i passi citati
sopra in 4c), molto esigue sono per le variazioni
nelluso. Oltre al qal, che preponderante, si ha solo una
torma al ni., Is 52,3, passo la cui genuinit molto di
scussa: infatti siete stati venduti per niente, e senza de
naro sarete riscattati (cfr. Westermann, ATD 19,200).
Inoltre solo qui si trova una forma verbale al limperfetto.
Prescindendo dallaltrettanto raro part. pass. ge'iifim i
riscattati (Is 51,10), si hanno solo il perfetto e il part.
att. del qal. Il primo usato da una parte nelle promesse
di salvezza (Is 43,1; 44,22) e dallaltra nei canti di lode
escatologici (44,23; 48,20; 52,9; cfr. C.Westermann, Forschung am AT, 1964, I57ss ). Nei due generi letterari si
parla con il cd. perfetto profetico della salvezza immi
nente, ma ancora futura, come se essa fosse gi avve
nuta. Mentre con la promessa di salvezza il profeta si ri
volge ai giudei esiliati, lassemblea universale di coloro a
cui egli parla risponde con il canto di lode al messaggio
che la raggiunge.

338

La liberazione o riscatto, secondo il Dtis, ha la di


mensione pi ampia possibile in quanto, oltre gli
esuli in Babilonia (48,20) ed una vasta diaspora
(43,5s.; 49,12-18.225.), riguarda anche i popoli. Te
stimoni della liberazione con cui Jahwe ricostitui
sce il suo popolo, riconosceranno essi stessi Jahwe
come colui che (41,4s,; 45,6; 49,26; 52,10) e si
accorgeranno delFimpotenza dei loro idoli (41,11;
42,12; 45,24). Che senso ha in tutto questo il fatto
che il profeta preferisca g l come termine tecnico
per la redenzione (per gli altri termini di salvezza
da lui usati cfr. sopra 4a)? Egli indica nel modo
pi chiaro questa preferenza chiamando Jahwe g*l e attribuendogli cosi per primo tale attributo
(per i passi vd. sopra 4c).
Egli assume lepiteto introdotto dal primo Isaia
qedds Jisra'l il santo di Israele e vi aggiunge
pi volte il nuovo epiteto g'l (41,14; 43,14;
48,17; 49,7). Gli altri titoli a cui g'l si collega
sono: re di Israele (44,6), il forte di Gia
cobbe (49,26) e colui che plasma (Jsr)
(44,24 cos parla Jahwe, colui che ti ha redento,
colui che ti ha plasmato fin dal seno materno ).
Qui i concetti di modellare e di redimere sono di
venuti quasi sinonimi. Essi descrivono una linea
coerente, una storia, la storia di Dio con il suo po
polo (cos Westermann, ATD 19,126). Il Dtis,
mentre con la parola g'l non solo paragona
lazione salvifica di Dio a quella di un liberatore
terreno, ma la pone addirittura su quello stesso pia
no, collega la fine della stona di Israele al suo
inizio. Questultimo consiste nella vocazione di
Abramo, del quale i giudei esiliati sono e riman
gono i discendenti (41,8; 51,2). Anche se i loro an
tenati ed essi stessi, fin dai primi tempi, furono ri
pudiati e venduti per i loro peccati, ci non costi
tuisce una separazione definitiva, dato che non vi
alcun libello di ripudio (50,1). Poich tale sepa
razione non sussiste, il profeta pu usare il verbo
g l per testimoniare appunto che essa non sussiste.
Infatti Jahwe in quanto gl non acquista un
bene estraneo, ma semplicemente recupera ci
che da sempre - fin dai tempi di Abramo - gli ap
parteneva. Jahwe fa valere il suo antico diritto su
Israele; egli avanza una pretesa legittima perch
ha creato e scelto questo popolo e ne il re. Solo
g l , che un termine appartenente al diritto fami
liare, e non il neutrale pdh, poteva esprimere ade
guatamente tale messaggio.
g l nel loracolo di salvezza di Is 43,1-7 sembra essere
interpretato nel senso stretto del diritto commer
ciale. Jahwe d come prezzo di riscatto per Israele altre
terre, ossia le offre al conquistatore Ciro come inden
nizzo per Israele che deve essere liberato. Questa spiega
zione presuppone che si possa spostare il v. 3 e il
v. 4 prima del v. 2 per spiegare il v. 1, ma ci non si
curo (cfr. Jepsen, l.c., 161). Ma anche se fosse possibile,
rimarrebbe il fatto che il profeta in 45,13 fa adempiere
a Ciro il suo compito senza ricompensa in denaro e
senza doni .

g) Al seguito del Deuteroisaia anche il Tritoisaia


chiama Jahwe g'l In 59,20 e 60,16 ci av
339

viene pure in contesto escatologico, e lo stesso ac


cade in 63,16, dove g'l sta accanto a 'b pa
dre ,/na in un senso pi ampio, che include la li
berazione dalPEgitto, la salvezza nel presente e
quella futura.
Una fiducia nella protezione futura di Jahwe espressa
nella confessione di Sai 19,15 Jahwe, mia roccia e
mio redentore ; lo stesso vale per il passo gi citato
(vd. sopra 4d) Ger 50,34, che pensa alla liberazione
di quanti sono stati resi schiavi da Babilonia: ma il
loro liberatore potente, Jahwe degli eserciti il suo
nome .

Come abbiamo visto (sopra 4e), gc'im in Is


51,10 designa coloro che sono stati salvati da
Jahwe nel mar rosso. 11 Tritoisaia ha ripreso
lespressione (62,12), ma la applica ai membri del
popolo-ritornati in patria dopo la dispersione (cfr.
v. 11). Lautore dellapocalisse Is 34,35, ricollegan
dosi al Dtis, si serve anchegli in 35,9b.lOa della
parola gehllm , ma i redenti sono ancora coloro
che tornano in patria dalla diaspora su una strada
preparata in modo meraviglioso: l cammine
ranno i redenti, su di essa torneranno i liberati di
Jahwe . Il ritorno in patria significa sempre la re
staurazione di una totalit perduta ed esprime per
ci qualcosa che appartiene allessenza di gl. Cosi
si pu dire che anche in questi ultimi passi citati
si conserva ancora vivo lantico significato del
verbo, forse non in tuLle le sue relazioni giuridi
che, ma certo in modo tale da sottolineare chiara
mente un aspetto importante d g l , e cio la re
staurazione di quanto originario mediante una
liberazione.
h) Ci non si verifica pi (cos Jepsen, l.c., 161)
nei seguenti otto passi: Gen 48,16; Os 13,14;
Mi 4,10; Ger 31,11; Sai 69,19; 103,4; 106,10;
107,2. Con la sola eccezione di Sai 69,19, g l qui
sempre legato alla preposizione min d a e tre
volte sta insieme a pdh (Os 13,14; Ger 31,11;
Sai 69,19). Questi due fatti indicano che qui
non si intende tanto la restaurazione di una
condizione precedente, quanto piuttosto la libe
razione dalla violenza di una forza avversa,
che si presenta come nemico politico (Mi 4,10;
Ger 31,11; Sai 106,10), come avversario persona
le (Sai 69,19), come stato di necessit (Gen 48,16;
Sai 107,2), come destino di morte (Os 13,14)
e come malattia che conduce vicino alla morte
(Sai 103,4).
Per questi passi necessaria ancora una breve parola su
Sai 106,10 e Gen 48,16. Sai 106,10 e li liber dal potere
del nemico tratta nel suo contesto della liberazione
dallEgitto, ed per questo che gi prima (4e) abbiamo
citato il passo. Ma poich esso ha g l min liberare da ,
va collocato anche nella serie di cui abbiamo parlato ora.
In Gen 48,16, che contiene la benedizione di Giacobbe
morente (secondo E), le parole hammark hagg'l
trtikkol-r'' sono da parafrasare con Jepsen (l.c., 161 )
cosi: l angelo, che mi ha protetto da ogni male.
Questo per g l un senso derivato e non per nulla
quello originario, come invece sosteneva Johnson
(cfr. sopra 1).

b x j g 'I REDIMERE

340

i) Luso ampliato di g/, di cui abbiamo parlato,


vale anche per il nome di persona Jig'! (vd. sp, 1
e 2) egli (Jahwe) ha liberato , ossia il fanciullo
in questione dal male, vale a dire in modo speciale
dalla malattia. Ci va inteso analogamente al
nome babilonese Iptur-Sin Sin ha liberato (dal
male) , formato con il verbo patru (vd. sp. 3b)
(cfr. Stamm, AN 191).
5/ Nella letteratura posteriore alFAT g7 ha an
cora un triplice uso,in quanto designa in generale
lintervento salvifico di Dio, la liberazione
dallEgitto e la redenzione (escatologica) di Israele
(cfr. ThW IV ,352 = GLNT VI,944s.; ThW
VII,987s.).
Nei LXX g7 viene tradotto o con XuTpouaOat
o con pucr6ai. (cfr. ThW IV,333 [= GLNT
VI,894s.] e VI,1000), ma non con mCetv.
Eccezioni sono Is 44,23, dove LXXA ha
in
vece di s X u T p o x j a n x i e Ger 31,11 (38,11), dove nel pa
rallelismo pdh/g'l viene scelta, per il secondo verbo, una
forma di E,oup50cu (^eiXaTQ )._
Per g'! haddm vindice del sangue si ha nei LXX
yxioTE'kav colui che esercita il diritto del parente
pi prossimo . Il sostantivo corrispondente
yxiaTeuTrjc;
parente prossimo rende in 2Sam
14,11; IRe 16,11 e in Rut lebr. go'i, e per g/ nel libro
di Rut usato il verbo YXlcfTeeiv- Lastratto ge////3
il diritto opp. lobbligo del riscatto in Rut 4,6s. =
yxi<rreta; in LeV 25,29.48 = XTpoiatt; (cos anche
in Is 63,4 per ge'uirri)\ in Lev 25,31s. = XuTpeiiTou
(case) riscattabili ; in Lev 25,24.26.51.52 = Xuxpa. Le
traduzioni d Ger 32,7s.; Ez 11J5; Giob 3,5 sono di na-_
tura particolare.

Il NT ha ripreso i due verbi dei LXX, per essi


sono molto meno usati di crqi^av. Questultimo
ricorre 106x, XuTpouaOai solo 3x e pu<70ai
16x. XuTpoucr0at viene completato con i deri
vati Tpov, XuTpwtTK; ecc., che qui non pren
diamo in considerazione (cfr. F.Buchsel,
art. Xiic, ThW IV,337-359 = GLNT VI,904-962).
Luso neotestamentario di XuTpoudoa e di
p(T0at rispetto allAT ha qualcosa in meno,
per il fatto che manca la liberazione dallEgitto, e
qualcosa in pi, per il fatto che oltre a Dio anche
Ges autore della salvezza. Pr XuTpoij<70ou
ci vale per tutti e tre i passi in cui ricorre (Le
24,21 ; Tito 2,14; lPiet 1,18). Loro oggetto la sal
vezza escatologica operata da Ges.
Anche p\kcr0<xL termine tecnico per la salvezza
escatologica; essa ricondotta a Dio (Mt 6,13;
Rom 11,26; Col 1,13) e a Ges (ITess 1,10). Cor
rispondentemente a g l dellAT, puecrOou desi
gna anche la salvezza dalla violenza delle forze av
verse, Esse sono: la morte (Mt 27,43; Rom 7,24;
2Cor 1,10), i nemici (Le 1,74; cfr. 2Tim 4,17), gli
uomini disobbedienti, opp. ribelli e cattivi (Rom
15,31; 2Tess 3,2), le tentazioni (2Piet 2,9) e le per
secuzioni o le insidie (2Tim 3,11; 4,18). Il tema
della salvezza nei tempi antichi, cos importante
nellAT, compare solo in un accenno alla salvezza
di Lot (2Piet 2,7).
J.J.Stamm
341

m a gbh ESSERE ALTO

rCU gbh ESSERE ALTO


1/ La radice gbh (con la h consonantica) es
sere alto si trova quasi esclusivamente in ebr.
Come testimonianza extrabiblica si potrebbe citare gbh
altezza nella r. 6 delfiscrizione di Siloe: e 100 brac
cia contava laltezza della roccia sopra le teste dei mina
tori (KAI nr, 189).
Laram. usa rum. Come testimonianze deUaram. gbh,
indipendenti dallAT, si possono citare solo Ah r. 107
(Cowley 216.223 a king is like th merciful?; even his
voice is high... [= un re come il Misericordioso?: an
che la sua voce altera... D e lideogramma pahlavico
gbh (HAL 163b).
Cfr. anche larab. gabhat fronte ; sul rapporto tra le ra
dici gbh e gbh essere calvo cfr. P.Fronzaroli, AANLR
VIII/19, 1964, 165.167 ( rideterminazione espres
siva ).

Oltre al qal essere,alto, elevato, arrogante e hi.


rendere alto, di questa radice troviamo nellAT
derivati gbah alto, elevato, arrogante , gbah
altezza, crescita, sublimit, orgoglio e gabht
orgoglio .
Laggettivo ricorre 4x allo st. cs. nella forma
gebah, che da collegarsi a *gbh oppure meglio
a go"/?, cfr, W.Baumgartner, FS Eissfeldt 1958,
31; inoltre in ISam 16,7 gebah (in Mand. 245c re
gistrato come nf.).
2/ Delle 94 attestazioni della radice (q. 24x, hi.
lOx, gbdah 41x, gbah 17x, gabht 2x) la maggio
ranza si trova nei libri profetici (Ez 22x, Is 14x,
Ger 7x), nei salmi (7x) e nella letteratura sapien
ziale (Giob 8x, Eccle 5x, Prov 4x).
3/ Tutti i significati di gbh coi loro derivati gra
vitano intorno al significato primario essere
alto .
a) Il qal descrive il crescere di una pianta (Ez
31,10.14), di un ramo (Ez 19,11), laltezza del cielo
al di sopra della terra (Is 55,9 gbh min sovra
stare; Sai 103,11), delle nubi al di sopra
delPuomo (Giob 35,5); Saul sopravanza il popolo
intero dalle spalle in su (ISam 10,23).
Lhi. causativo nel sign. rendere alto, innalzare
si trova in 2Cron 33,14 (muro); Ez 17,24 (far cre
scere una pianta); Ger 49,16 (mettere in alto il
nido; cfr, Abd 4); Giob 5,7 (volare alto, in connes
sione con w/ volare ; Giob 39,27 senza '/); Sai
113,5 (abitare in alto, detto di Dio); Prov 17,19
(porta; secondo Gemser, HAT 16,73, e Ringgren,
ATD 16/1,74, si alluderebbe alla bocca, cfr. Mi
7,5; Sai 141,3; il detto dovrebbe quindi essere ri
volto contro la millanteria).
Laggettivo gbah viene usato in riferimento a
cose per descrivere le montagne alte (Gen 7,19, Is
30,25; 40,9; 57,7; Ger 3,6; Ez 17,22; Sai 104,18),
colline (IRe 14,23; 2Re 17,10; Ger 2,20; 17,2),
porte (Ger 51,58), pinnacoli (Sof 1,16), torri (Is
2,15), forche (Est 5,14; 7,9), coma (Dan 8,3),
piante (Is 10,33; Ez 17,24; cfr. 31,3 in unione con
342

qm\ alta crescita ). Dell'uomo viene detto per


indicare la sua alta statura (ISam 9,2; 16,7).
Il sost. gbah ndica laltezza, la crescita delle
piante (Ez 31,10.14; Am 2,9); serve come termine
tecnico nelle misure (cfr. Ez 40,42 altezza di un ta
volo, accanto a 'rcek lunghezza e rhab lar
ghezza; 41,22 txt em, altezza dellaltare; 2Cron
3,4 altezza del vestibolo; ISam 17,4 statura di Go
lia; cfr. anche la r. 6 delliscrizione di Siloe, vd. sp.
1). In Ez 41,8, invece di gbah, si potrebbe benis
simo leggere gabba selciato elevato , come sug
gerisce BIT, cfr. ra(3(3a0 Gv 19,13; Zimmerli,
BK X III,1031.
Il termine pi frequente per indicare 1altezza nelle misu
razioni qm {qm\ Es 25,10.23 ecc.; 1Re 6-7; 2Re
25,17 ecc.; cfr. Rudolph, HAT 21,207 a proposito di
2Cron 4,1).

b) Derivano senzaltro dal significato primario an


che seguenti significati traslati con valore posi
tivo o negativo.
Eccle 5,7 perch sopra uno elevato ne sta un altro pi
elevato, e sopra di loro uno pi grande ancora si rife
risce agli altolocati (Zimmerli> ATD 16/1,191: nella
disposizione degli impieghi statali o dei tribunali, dato
che questa disposizione si suddivide in pi strati, c
sempre uno che controlla, spia e cerca di scavalcare un
altro ).
In Is 52,13, dove si parla del futuro innalzamento del
servo di Jahwe in stridente contrasto col suo abbassa
mento (v. 14), la sublimit del servo di Jahwe si esprime
con gbh (cfr. i termini paralleli rum e ns).

In senso negativo gbh indica i sentimenti umani di


arroganza, di orgoglio. Oltre ai casi in cui la radice
compare da sola (cfr. Is 3,16; Ez 16,50), si possono
qui ricordare le seguenti espressioni composte:
gbh lb il cuore superbo (HAL 163b: lanimo
ambizioso; Ez 28,2.5.17; Sai 131,1; Prov 18,12; 2Cron
26,16; 32,25). Lunico passo in cui si parla dell essere
alto del cuore in senso positivo 2Cron 17,6; la tradu
zione pi attendibile sarebbe danimo sereno e fidu
cioso : Giosafat ha un animo sereno e fiducioso nel
seguire Jahwe, perci elimina da Giuda le alture e le
Ascere.
gebah /b orgoglioso (Prov 16,5); gebah ruh arro
gante (Eccle 7,8); gebah lnjim superbo docchi, ar
rogante, che si degna (Sai 101,5; cfr. qui il concetto pa
rallelo rehab fbb il cuore largo, arrogante , come
pure ls 2,11 ene gabhin gli occhi orgogliosi e Sai
131,1 lo rm 4nqj i miei occhi non si sono alzati or
gogliosi ).
gbah lb orgoglio (2Cron 32,26; cfr. Ez 31,10);gflbah rh orgoglio (Prov 16,18); gbah yaf sicu
mera (Sai 10,4).
dbr pi. gebh parlare altezzosamente, presuntuosa
mente (ISam 2,3).

Termini paralleli che appaiono nel contesto sono


quelli dati dalle radici g'h, n? e rum (cfr. Is
2,11,12.17; Ger 13,15 con 17; 48,29; Prov 16,18
ecc.), taq cosa temeraria (ISam 2,3); termini
opposti sono dati dalle radici spi essere basso,
umile (Is 2,11; 5,15; cfr. 10,33; Ez 17,24; 21,31),
shh farsi piccolo piccolo (Is 2,17; cfr. 5,15), kn
umiliarsi (2Cron 32,26). chiaro che gbh in
343

sieme con g / 7 , ns e rum appartiene al campo se


mantico delforgoglio; si pu difficilmente stabi
lire una differenza di significato: i termini sem
brano spesso interscambiabili.
c) La tradizione sapienziale mette in guardia da
un atteggiamento arrogante, orgoglioso (sfacciato)
in Prov 16,18 (qui insieme con g'h)\ 18,12; Eccle
7,8 (allinterno di una sentenza costruita con (db
e in contrapposizione a cercek rah longa
nime ); chiunque orgoglioso un orrore presso
Dio e non rimarr impunito, Prov 16,5 (cfr. in Sai
131,1 la dichiarazione di lealt del addq).
4/ Sulla base di quanto stato detto finora si
pu delineare luso teologico del termine.
a) Se per la letteratura sapienziale lorgoglio
umano indica prima di tutto un atteggiamento il
cui contenuto rimane ancora da definirsi (cfr.
Prov 16,18) e gi in Prov 16,5 esso delineato nel
suo rapporto con Dio (cfr. a questo proposito il
voto di lealt del re nel Sai 101, in cui il re
come rappresentante delPautorit giudiziale di
Jahwe su Israele [Kraus, BK XV,691] si pone
espressamente contro il gebah enajim v. 5), negli
altri passi tale orgoglio viene caratterizzato come
un presuntuoso comportamento di disprezzo nei
riguardi di Dio (Ger 13,15; ISam 2,3; Sai 10,4),
come avviene per lanimo arrogante di chi si at
teggia a dio (Ez 28,2). Perci chi elevato viene
abbassato e chi in basso viene innalzato (Ez
21,31; cfr. Giob 36,6.7; metaforicamente Ez 17,22
24); pertanto il giudizio rivolto contro il gbh
delluomo (cfr. Sof 3,1 ls.: il nuovo atteggiamento
quello del dal e dello "ani, del piccolo e
deir umile ; Ger 49,16 il nido daquila come im
magine dellarrogante superbia di Edom barricato
nelle sue inespugnabili fortezze; Ez 31,10). Se
condo Is 2,12-17 (g'h 4a) il giorno di Jahwe so
pravviene come un giudizio contro tutto ci che
alto e orgoglioso (cfr. in 2,12 le radici tra loro pa
rallele g'h, rum, ni7e secondo i LXX gbh\per 2,17
cfr. 2,11; 5,15 aggiunta posteriore di stile isaiano:
in gebhm gli occhi dei superbi . Per le ori
gini pi precise dal punto di vista della storia dlia
tradizione cfr. Wildberger, BK X ,105-108).
b) Dal significato generale di essere alto, ele
vato deriva in alcuni passi biblici anche un altro
uso teologico della radice, cio quello che designa
la sublimit di Dio (cfr. Giob 40,10 gbah accanto
a g'n come attributo del potere regale di Dio),
soprattutto in riferimento alfinfinita distanza,
airincomparabilit di Dio come essere assoluta
mente superiore (Sai 113,5, cfr. Giob 22,12; Sai
103,11; Is 55,9; Giob 11,8), il cui sguardo che pe
netra in profondit diventa anche azione salvifica,
un piegarsi sugli abbandonati e sui poveri (cfr. Sai
113,5s.).
5/ I LXX usano per tradurre gbh diversi voca
boli, soprattutto u(po<; e
mai invece
m a gbh ESSERE ALTO

344

ujpu;. Sia a Qumran (cfr. CD 1,15; 2,19) sia nel


giudaismo tardivo (cfr. StrB IIJlss.) luso vtrt.
di gbh ancora vivo, cos pure nel NT (cfr.
G.Bertram, art. 6^o^, ThW V ili,600-619).
H.-P.Stufili

121 gbr ESSERE SUPERIORE


La radice gbr essere superiore, forte si
incontra in tutti i rami delle lingue sem.; il sostan
tivo nel sign. di uom o limitato al semNO.
(P.Fronzaroli, AANLR V II!/19, 1964, 245).
1/

NelTacc. si trova soltanto il verbo gapru essere supe


riore e Tagg. verbale corrispondente gapru superiore
(AHw 281; per il mutamento b/p cfr. la rassegna che
si trova in M.Weippert, Die Landnahme der isr. Stamme in der neueren wissenschaftlichen Diskussion, 1967,

78-81).
Nel fen. invece compare soltanto il sost. gbr uomo
(KAI nr. 24, r. 8; nr. 30, r. 2), in neopun. forse gbrt
azione(i?) di forza (KAI nr. 145, r, 6); cos pure nella
stele di Mesa si trova soltanto come sostantivo gbr
uomo e gbrt donna (KAI nr. 181, r. 16). In ug. la
radice si ha soltanto in nomi di persona (cfr. Grndahl
126).

Grande importanza ha la radice in aram., dove accanto al


verbo (KAT nr. 223B, r. 19) si trova soprattutto il sost.
gbr uomo (spesso nel senso di ognuno ), ampia
mente diffuso fin dall1aram. antico (DISO 47; LS 102s.;
cfr. anche gbrth la sua forza in KAI nr. 214, r. 32).
In et. gbr si sviluppato nel verbo generico fare, lavo
rare (Dillmann 1159-1 167).

Il verbo possiede oltre al qal un pi., hi. e hitp,; le


derivazioni nominali sono gdbcer, gebrdf geblr,
gebJr e gibbr, nelfaram. bibl. gebar, gebur e
gibbr,
Si devono aggiungere come nomi propri Gcebcer (IRe
4,13-19), forma ridotta di Gabr7(Dan 8,16; 9,21; Noth
IP 190: Dio si mostrato forte ; cfr. C.-H.Hunzinger,
RGC 11,1185), e i nomi di luogo Gibbr (Esd 2,20) e
'cesjn Gcpbcer (BHH 1,461 s.).

2/ Il verbo gbr compare nell'AT 25x, delle quali


17x in qal, 3x in pi., 2x in hi., 3x in hitp. Le cifre
per i nomi sono le seguenti: gcbcer 66x (Giob 15x,
Sai lOx, Ger 9x, Prov 8x), gcbr 61x (Sai 17x, 2Re
e Is 1x),gebr 2x (Gen 27,29.37), gebr 15x>gibbr
159x (lCron 31x, Ger 19x, 2Sam 16x, Sai e 2Cron
12x),
In aram. bibl. gebar s trova 21x (Dan 17x), gibbr
lx (Dan 3,20), gebum 2x (Dan 2,20.23). In totale
questo gruppo compare 352x, diffuso con una
certa uniformit in tutto lAT.
3/ a) Tutte le sfumature di significato del
verbo al qal si raggruppano intorno a! significato
primario di essere/diventare superiore/forte .
gbr pu essere costruito in forma assoluta, col compara
tivo min (Gen 49,26; 2Sam 1,23), con 'al (2Sam 11,23)
oppure con be(lCron 5,2). In Gen 7,18-20.24 gbr usato
quattro volle per esprimere il crescere delle acque del di
345

DII gbr ESSERE SUPERIORE

luvio (7,18 par. rbh ingrossarsi ). Nel combattimento


gbr significa prevalere sul nemico (Es 17,11; 2Sam
11,23; Lam 1,16).
In pi. il verbo va tradotto con rafforzare (Zac 10,6.12;
Eccle 10,10 unito a hajim usare forza ), in hi. nella
Torma transitiva interna con mostrarsi forte (Sai 12,5;
Dan 9,27 txt?), in hitp. con mostrarsi superiore (Is
42,13; insuperbirsi Giob 15,25; 36,9).
Il verbo non ha un termine unico di senso opposto; nel
racconto del diluvio in contrapposizione a gbr sono usati
i verbi skk diminuire (Gen 8,1) e hsr decrescere
(Gen 8,3.5).

b) 11 significato primario di gebr, in stretto rap


porto col verbo, superiorit, vigore, forza .
Molto spesso si tratta della forza bellica (Is
3,25; Ger 49,35; Ez 32,29s.; unito a milhm bat
taglia: 2Re 18,20 = Is 36,5; Is 28,6). Nei som
mari di scuola dtr. gebra viene usato nel senso
pi generico di valore (sempre in unione con
lsh fare : IRe 15,23; 16,5,27; 22,46 ecc.). gebr
pu indicare la forza dei cavalli (Sai 147,10;
Giob 39,19) o in senso figurato lo splendore
del sole (Giud 5,31).
In questo campo semantico non esiste un unico
termine di senso opposto.
c) La forma segolata gcbcer (a questo proposito
cfr. H.Kosmala, The Terrn geber in th OT and in
th Scroi ls, SVT 17,1969,159-169) usata soprat
tutto nei libri pi tardivi del VT Sai, Giob, Prov).
Il significato primario della radice qui si molto
ridotto; gcbcer viene usato generalmente come
Ts uomo .
Cos gcebcpr pu stare in parallelo con 7s (Ger 22,30; Mi
2,2), in parallelo con zkr maschio (Ger 30,6), con
Hens uomo (Giob 4,17) o con dm uomo (Giob
14,10). Come opposto si trova Issa donna (Deut
22,5; in una serie uomini/donne/bambini Ger 43,6;
cfr. 44,20) e neqb femmina (Ger 31,22, cfr. in pro
posito Rudolph, HAT 12,198s.). gcebcer, come 75, pu
significare anche figlio maschio (Giob 3,3) (allonta
nandosi notevolmente in questo modo dal senso prima
rio della radice), oppure attenuarsi nel pronome
ognuno (Gioe 2,8 ecc.; cfr. fuso in aram., vd. sp. 1).

d) La forma intensiva gibbr si riconnette stretta


mente nel suo significato alla radice.
gibbr pu essere tradotto come aggettivo forte
(ISam 14,52 uomo forte accanto a bcerr-hjil, cfr.
2Sam 17,10; Sai 112,2 discendenza; Gen 10,9 caccia
tore poderoso ; in Prov 30,30 gibbr detto di una
belva).
Corrispondentemente, il significato fondamentale del
sostantivo il forte ; si trovano termini paralleli come
'addire prode (Giud 5,13), hzq il forte (Am 2,14)
e 'ris il potente (Cs 49,25). gibbr (l'uomo)
forte in contrapposizione alla donna (debole) (Gios
1,14; cfr. Ger 48,41; 49,22; 51,30) oppure semplicemente
in contrapposizione al debole (Gioe 4,10 hatis) o allo
smarrito ( ISam 2,4 /cs/); in base a questo significato pri
mario, gibbr in Gen 10,8 = lCron 1,10 va tradotto con
tiranno . Nella letteratura sapienziale il forte pu stare
in contrapposizione al saggio (Prov 21,22; cfr. Ger 9,22).

Nella maggior parte dei casi gibbr leroe guer


riero, specialmente nell1espressione frequente
346

gibbr hjll (opp. plur.). Questa espressione si


trova F. fa. 4x in Gios e 27x in l/2Cron. Soprat
tutto i termini paralleli che appartengono a questo
campo semantico indicano chiaramente che il gib
bor esercita una funzione bellica (espressioni come
Is milhm o sim.: Gios 6,2s.; 10,7; 2Sam 17,8;
2Re 24,16; Is 3,2; 42,13; Ez 39,20; Gioe 2,7; 4,9;
2Cron 17,13; 7anse hahjil: 2Re 24,16; Is 5,22; Ger
48,14; Nah 2,4). gibbr hajil pu per significare
semplicemente in senso pi generale uomo va
loroso (ISam 9,1; Re 11,28; 2Re 5,1; lCron
9,13; 26,6). Quanto ai gibbr hajil nel senso della
classe sociale di coloro che sono soggetti al servi
zio militare (proprietari terrieri) cfr. le posizioni (in
parte tra loro divergenti) di E.Wiirthwein, Der
amm haarez, 1936, 15.28; J. van der Ploeg, RB
50,1941,120-125; id., OTS 9,1951,58s.; De Vaux
1,110; Noth, BK IX,257.
e) Con gebr (soltanto in Gen 27,29.37) viene de
signato, in stretta connessione con il significato
primario della radice, il signore, padrone , da
vanti ai quale i servi (v. 37) si prostrano (v. 29).
La forma femminile corrispondente geblr si
gnora, padrona (che ha come termine opposto
sifh schiava in Gen 16,lss.; Is 24,2; Sai 123,2).
g(blr alla corte reale titolo onorifico o per la re
gina (Re 11,19 par. *issa moglie ) o per la madre
del re( Re 15,13 par, 'm madre ; cfr. Ger 13,18
ecc.). Sullufficio della gcblr m 4b.
4/ a) Della forza di Jahwe (gebr) si parla so
prattutto nei salmi, in diversi contesti: quando si
descrive e si loda la forza di Jahwe (Sai 65,7; 66,7;
89,14; 145,11; cfr. Ger 10,6; Giob 12,13; lCron
29,1 ls.; 2Cron 20,6), nel lamento che chiede a
Jahwe forza (Is 63,15), nellinvocazione della forza
di Jahwe (Sai 54,3; 80,3), nella promessa di lode
(Sai 21,14; 71,18) e nei salmi storici (Sai 106,8). Al
di fuori dei salmi si parla della gebr di Jahwe
soltanto tre volte nei profeti: neirannuncio del
giudizio (Is 33,13; Ger 16,21) e neirannuncio
messianico di salvezza (Is 11,2).
Il campo semantico della gebr di Jahwe comprende
una serie di termini paralleli: z potenza (Sai 21,14),
j es" aiuto (Sai 80,3), qifi' zelo (ls 63,15), zeroaL
braccio (Sai 71,18; cfr. 89,14), jd m ano (Ger
16,21), gedulia grandezza e tifcercet maest
(lCron 29,11), kah forza (lCron 29,12; 2Cron 20,6).
Mentre gebr e hokm sapienza in Eccle 9,16 sono
opposti, in Giob 12,13 e Prov 8,14 essi vengono usati
come termini paralleli.

b) 11 fatto che la hcesoed grazia di Jahwe


grande e potente, nelle frasi che celebrano la lode
di Jahwe viene espresso mediante il verbo (in qal)
(Sai 103,11; 117,2). unaffermazione piena di fi
ducia quella per cui, in contrasto con Dio, Puomo
non per nulla forte per suo proprio vigore (kah ),
e perci gli empi vengono annientati (ISam 2,9).
Dura pertanto Pesperienza di colui che si la
menta perch i nemici (Sai 12,5 hi.; Lam 1,16) e
i malvagi (Giob 21,7) nonostante tutto sono forti
347

e si sentono persino superiori nei confronti di Dio


(gbr hitp. in Giob 15,25; 36,9).
c) In diversi contesti viene usato anche il termine
gibbr per esprimere che Jahwe forte (Deut
10,17 = Neem 9,32 accanto a gdi grande e
nrd' terribile; Ger 32,18 accanto a gdl\ cfr.
Is 10,21) oppure che un eroe (Is 9,5; Ger
20,11; Sof 3,17).
d) Nei salmi si parla talvolta delle gebrt di
Jahwe. In questo campo semantico si trovano ter
mini come fehill azione gloriosa e nif't
opere portentose (Sai 106,2 in un racconto
delle imprese che Jahwe ha compiuto nella storia;
cfr. Sai 71,16s.; 145,4ss.). Di tali gebrt si parla
nel lintroduzione ai salmi che celebrano la lode di
Jahwe (Sai 145,4ss.; 150,2) o quando si esprime fi
ducia nel contesto di una lamentazione (Sai 20,7;
71,16; cfr. 106,2; Deut 3,24), ed probabile che
gebrt si riferisca alle imprese potenti di Jahwe
nella storia , mentre coloro che le ricordano non
accennano a fatti determinati, ma descrivono
quasi in sintesi lagire di Jahwe nella storia.
e) Nelle narrazioni che i libri storici fanno delle
guerre di Jahwe, per quanto si affermi molte volte
che Jahwe stesso combatte contro i nemici (Ihm
ni. Es 14,14 ecc.) e che li mette in rotta (hmm Gios
10,10 ecc.), la radice gbr non viene mai. usata. In
vece questa radice si ritrova nei salmi e nei profeti
per descrivere la forza di Jahwe nella guerra. Cos
essa compare p.e. nella liturgia di ingresso al tem
pio di Sai 24,8, dove Jahwe viene indicato come
izzz wcgibbr il forte e leroe e nel parallelo
corrispondente come gibbr milhm potente in
battaglia ; similmente nell'inno escatologico di Is
42,13, dove si trova sia il verbo in hitp, sia gibbr
(par. 7s milhm). In questo senso gibbr viene
usato anche nel lamento di Ger 14,9 ( perch
vuoi essere come un guerriero incapace di aiu
tare? ) e in Sai 78,65, che un salmo storico tar
divo.
0 11 termine gcbcer nel suo sign. generico di
maschio, uomo non viene invece mai usato
per Jahwe; anzi Jahwe e il suo operare vengono di
stinti dalPagire del gcbcer (Giob 10,5; 22,2; 33,29;
Prov 20,24).
5/ I LXX traducono questo gruppo con un gran
numero di vocaboli; anche il NT non ha nessun
termine che corrisponda unitariamente a gbr. Per
luso di gcbcer in epoca postvtrt. (soprattutto a
Qumran) cfr. Kosmala, l.c., 167-169.
J.Kiihiewein

gdl

GRANDE

La radice gdl essere grande si trova sol


tanto in ebr. e in ug. Conformemente al fatto che
gli aggettivi che esprimono una valutazione pro
pendono in genere a mutarsi, nel semitico co
1/

gdI G R A N D E

348

mune non vi un termine unico per indicare


grande ; i vocaboli usati nelle altre lingue sem,
per grande (acc. rabu, fen. V/\aram. rab, arab.
kablr, et. abTj) esstono anche in ebr., ma con un
significato diverso (rab molto* numeroso ,
addir magnifico, kabblr forte, potente,
4bh essere grasso ).
Resta aperto il problema sz gdl abbia o no connessione
con la radice (del semitico comune) gdl II torcere, in
trecciare (ebr. gdJi fiocco Deut 22,12; IRe 7,17;
acc. gidlu fascio ; aram. gedll corda ecc.; arb. cfr.
J.BIau, VT 5,1955, 339); cfr. GB 130b; J.L.Palache, Semantic Notes on th Hebrew Lexicon, 1959, 18s. (senza
necessit M.Dahood, Bibl 45, 1964, 397, suppone gdl II
anche in Sai 12,4 e 41,10).
Lug. (WUS nr. 632; UT nr. 562) per indicare grande
usa gdl e molto pi spesso rb (rab).

NelPebr. accanto al verbo nelle coniugazioni qal,


pi. pu. hi. e hitp. si hanno le derivazioni nominali
gdl e gdl (aggettivo verbale) grande , gdcel
e gedulia (gedl) grandezza , come pure migdl
torre (nei nomi di luoghi anche Migdl), che si
trova anche in ug., moab. (DISO 142), aram. e
come prst. anche in arab. (Fraenkel 236s.), copt. e
berbero (GB 396a).
Vanno ricordati anche i nomi propri Gedalj(hit\ Jigdafjh e Giddl (forma ridotta, cfr. Gdwl nei testi di Ele
fantina, BMAP 149), mentre GiddalU (lCron 25,4.9; cfr.
Rudolph, HAT 21,167s.) e Haggedllm (Neem 11,14;
cfr. Rudolph, HAT 20, 184) presentano delle difficolt
testuali.

21 gdl ricorre 54x al qal (incl. Est 9,4 inf. assol.,


considerato in Lis. come agg.), pi. 25x, pu. lx, hi.
34x, hitp. 4x. gdl usato 525x (incl. ISam 6,18;
esd. Est 9,4 e Neem 11,14, vd. sp.) distribuito nel
modo seguente: Ger 48x, Deut 44x, Ez 36x, ISam
35x, Gen 33x, Sai 30x, 2Re 29x, Neem e 2Cron
27x, Gios 26x, IRe 22x, 2Sam 18x, Es e Dan 15x,
Is e Giona 14x, Giud 12x, lCron llx , Zac lOx,
Num e Est 8x, Agg, Giob e Esd 6x, Mal, Prov e
Eccle 4x, Gioe 3x, Lev, Sof e Nah 2x, Os, Am, Mi
e Lam lx, Abd, Ab, Rut e Cant Ox, gdl ricorre
4x (Gen 26,13; ISam 2,26; Ez 16,26; 2Cron 17,12),
gdcel 13x (Deut 5x), gedullci (Est 6,3 gedula) 12x
(lCron 4x, Sai e Est 3x, e inoltre 2Sam 7,21.23),
migdl 49x (esci. 2Sam 22,51Q migdl e i nomi di
luogo).
3/ a) Luso assai vario di gdl grande , rife
rito a persone e a cose, con significato sia concreto
e dimensionale sia astratto e traslato, corrisponde
in larga misura a quello della nostra parola
grande (cfr. a questo proposito la suddivisione
di HAL 170b). Lampiezza semantica del termine
risulta perci pi estesa, poich gdl pu signifi
care anche vecchio (maggiore/il pi anziano)
(cfr. qtn/qtn piccolo e giovane, mi
nore/il pi piccolo, p.e. in Gen 29,16 la mag
giore si chiamava Lea, e la minore Rachele ;
44,12 cominci dal pi anziano per finire con il
pi piccolo) e ricco, benestante (p.e. 2Sam
19,33; 2Re 4,8), come pure rispettato, nobile
349

'P ili gd! G RA N D E

(spesso sostantivato: sing. p.e. Lev 19,15; 2Sam


3,38; Ger 52,13; plur. ISam 17,14; 2Sam 7,9; 2Re
10,6; Ger 5,5 ecc.); anche espressioni come ql
gdl voce alta (Gen 39,14; Deut 5,22 ecc.), r
gdl luce chiara (Is 9,1) oppure ld hajjm g
dl il giorno ancora alto (Gen 29,7) sono, per
il nostro linguaggio, alquanto insolite. Tuttavia
tale ampiezza semantica forse anche pi ri
stretta, se si tiene conto del fatto che talvolta per
esprimere una quantit si ricorre non gi a gdl
ma a rab molto, numeroso (p.e. nel caso di
rekus gli averi Gen 13,6; mqm lo spazio
ISam 26,13; dcrcek cammino IRe 19,7;
tehm rabb il grande abisso Gen 7,11; Is
51,10; Am 7,4; Sai 36,7).
Lopposto di gdl in tutte quante le sue accezioni nor
malmente qtn piccolo, giovane, esiguo (47x) op
pure qtn (54x, ricorre solo nella forma masc, sing. e
per quanto concerne la sua formazione nominale si
mile a gdl, cfr, BL 466), cfr. p. e. Gen 1,16; Es 18,22;
Deut 25,13.14; lCron 12,15.
I! termine sa'Ir pccolo, giovane, esiguo (23x, incl.
Dan 8,9, di cui 8x in Gen) si trova contrapposto non gi
a gdl, ma a bekrfbekr primogenito/a (Gen
1931-38; 29,26; 43,33; 48,14; Gios 6,26; IRe 16,34), rab
il pi anziano (tra due) (Gen 25,23), addir nobile
(Ger 14,3) e ''sm forte (Is 60,22).

Anche il merismo grande e piccolo , con il si


gnificato di tutti , che compare pure in altre lin
gue, assai frequente (cfr. P.Boccaccio, I termini
contrari come espressione della totalit in ebraico,
Bibl 33, 1952, 173-190; A.M.Honeyman, Merismus in Biblical Hebrew, JBL 71, 1952, 11-18;
H.A.Brongers, Merismus, Synekdoche und Ilendiadys in der bibel-hebr. Sprache, OTS 14, 1965,
100-114; per Peg. cfr, A.Massart, FS Robert 1957,
38-46). Dei 32 passi in cui lespressione ricorre, 25
riguardano persone, gli altri riguardano animali
(Sai 104,25) oppure (quasi sempre in forma nega
tiva) cose (Num 22,18; ISam 20,2; 22,15; 25,36;
30,19; 2Cron 36,18).
Le forme grammaticali in cui questespressione ricorre
sono molto varie. Oltre a qtn (20x) troviamo anche q(n (12x, in Est 1,5.20; 2Cron 31,15; 34,30 anche nel
masc. sing.); anche la successione dei termini subisce
delle variazioni (24x piccolo-grande, 8x grande-piccolo).
La connessione pi comune rappresentata da minwe',ad da - fino a (17x; miqq(n wad-gdl Gen
19,11; ISam 5,9; 30,2; 2Re 23,2; 25,26; Ger 8,10; 42,1.8;
44,12; 2Cron 15,13; con articolo o suffissi ISam 30,19;
Ger 6,13; 31,34; miggdl we'ad qtri Est 1,5.20; 2Cron
34,30; con suffissi Giona 3,5); in altri casi si trova un
semplice
e (ISam 25,36; IRe 22,31 = 2Cron 18,30
txt em; Ger 16,6; Giob 3,19; 2Cron 36,18), oppure ke-ke
sia-sia (Deut 1,17; lCron 25,8; 26,13; 2Cron 31,15),
o (Num 22,18; ISam 20,2; 22,15) e Vm insieme
(Sai 104,25; 115,13).

b) I due sostantivi godasi e g?dulia non sono sem


plici sinonimi, gdcel significa piuttosto lessere
grande in astratto (di Dio: Deut 3,24; 5,24; 9,26;
11,2; 32,3; Sai 150,2; della sua grazia Num 14,19;
del suo braccio Sai 79,11; della superbia del cuore
Is 9,8; 10,12; del faraone paragonato ad un cedro
350

Ez 31,2.7.18), mentre gdull/gedl viene usato


in senso pi specifico per indicare sia la posi
zione elevata, la dignit, la maest (di Do:
lCron 29,11; di un uomo: Sai 71,21; Est 1,4; 6,3;
10,2) sia qualcosa di grande , un grande avve
nimento (da parte d Dio: 2Sam 7,21.23; cfr,
lCron 17,19.19.21, due volte al plur.; Sai 145,3.6);
questultimo significato viene espresso altre volte
al plurale tramite il fem. plur. sostantivato di gdt
(gedlt qualcosa di grande, grandi eventi , da
parte di Dio: Deut 10,21 ; Ger 33,3; 45,5; Sai 71,19;
106,21; Giob 5,9; 9,10; 37,5; da parte di Eliseo 2Re
8,4; un parlare magniloquente Sai 12,4; trattare
grandi cose Sai 131,1).
c) Per quanto concerne il verbo, non si hanno si
gnificati sostanzialmente diversi da quelli dellag
gettivo. gdl q. non significa solo diventare grande
= crescere (detto dei bambini: Gen 21,8.20;
25,27; 38,11.14; Es 2,10.11; Giud 11,2; 13,24;
ISam 2,21; 3,19; Re 12,8.10 = 2Cron 10,8.10;
2Re 4,18; Ez 16,7; Giob 31,18, cfr. Fohref, KAT
XVI,423; Rut 1,13; di un agnello 2Sam 12,3; di un
corno Dan 8,9.10) e diventare grande = diven
tare benestante (Gen 24,35; 26,13.13; IRe 10,23
= 2Cron 9,22; Ger 5,27; Eccle 2,9), ma anche es
sere grande, manifestarsi come grande (detto di
Dio, della sua forza, del suo nome, delle sue
opere: Num 14,17; 2Sam 7,22.26 = lCron 17,24;
Mal 1,5; Sai 35,27; 40,17 = 70,5; 92,6; 104,1; di un
grido Gen 19,13; dello sfarzo Zac 12,7; di un la
mento Zac 12,11; di un dolore Giob 2,13; di una
colpa Lam 4,6 e Esd 9,6), come pure essere
grande = importante, potente, di grande valore
(con riferimento al re: Gen 41,40; 2Sam 5,10 =
lCron 11,9; al messia Mi 5,3; a Mardocheo Est
9,4; ad Efram e Manasse Gen 48,19.19; alla vita
ISam 26,24.24); le proposizioni verbali si distin
guono dalle proposizioni nominali in cui gdl ap
pare come predicato (poco pi di 50x), per il fatto
che esse (analiticamente) descrivono un evento
considerato nella sua obiettivit e non gi (sinte
ticamente) il situarsi soggettivo nei confronti di
un dato fenomeno (cfr. la professione di fede, for
mulata come una nuova conoscenza tramite lag
gettivo predicativo, in Is 12,6 grande in mezzo
a te il Santo di Israele , e la manifestazione di fi
ducia, la quale presuppone gi lesperienza della
grandezza di Jahwe, espressa con una proposi
zione verbale in Mal 1,5 voi stessi direte: Jahwe
si mostra grande oltre i confini di Israele; cfr.
Jenni, IIP 26.29-33).
Il pi. di gdl ha per lo pi significato fattitivo ren
dere grande (Gen 12,2; Num 6,5; Gios 3,7; 4,14;
Re 1,37.47; Est 3,1; 5,11; 10,2; lCron 29,12.25;
2Cron 1,1; con significato riflessivo nellhitp. di
mostrarsi grande Ez 38,23) e allevare, edu
care (2Re 10,6; Is 1,2; 23,4; 44,14; 49,21; 51,18;
Ez 31,4; Os 9,12; Giona 4,10; Dan 1,5; passivo nel
pu. Sai 144,12; cfr. Jenni, l.c., 58s.), pi raramente
assume un valore dichiarativo decantare = lo
dare (Sai 34,4; 69,31; cfr. i nomi propri che de

351

rivano da una citazione di un salmo in lCron


25,4.9; cfr. Jenni, l.c., 40-43) o estimativo con
siderare grande (Giob 7,17; riflessivo nelfhitp.
darsi delle arie Is 10,15; Dan 11,36.37).
gdl hi. pu avere sia significato causativo normale
far diventare grande qualche cosa, fare che qual
cosa si mostri grande (Gen 19,19; ISam 12,24;
20,41 txt?; 22,51K = Sai 18,51Q; Is 9,2; 28,29;
42,21; Ez 24,9; Gioe 2,20.21; Am 8,5; Abd 12; Sai
41,10; 126,2.3; 138,2; Eccle 1,16; 2,4), sia causa
tivo interno ingrandire se stesso = darsi delle
arie (Ger 48*26.42; Ez 35,13; Sof 2,8.10; Sai
35,26; 38,17; 55,13; Giob 19,5; Lam 1,9; per la de
limitazione dellhitp. cfr. Jenni, l.c.,46-49) oppure
far ingrandire se stesso = diventare grande,
grandioso (Dan 8,4.8.11.25; lCron 22,5).
Per quanto concerne i termini contrari, relativamente
rari, qtn q. essere piccolo (Gen 32,11; 2Sam 7,19 =
lCron 17,17), hi. rendere piccolo (Am 8,5) esV q.
essere piccolo, esiguo (Ger 30,19; Zac 13,7; Giob
14,21), soltanto il primo anche qui usato in contrappo
sizione a gdL

4/ a) Se si prendono in esame i passi in cui gdl ricorre con un significato teologico, subito
evidente che lespressione Jahwe grande ed
altre simili appartengono soprattutto ai testi innici
della tradizione di Sion (Sai 48,2 grande Jahwe
e degno di somma lode nella citt del nostro
Dio ; 77,14 qual dio grande come Iddio , cfr,
Kraus, BK XV,532; 95,3 perch Jahwe un Dio
grande, grande re sopra tutti gli dei , cfr. 47,3
un grande re su tutta la terra ; 96,4 = lCron
16,25 perch grande Jahwe e degno di somma
lode, terribile pi di tutti gli dei , cfr. Sai 145,3;
99,2 il Signore grande in Sion, eccelso sui po
poli tutti ; 135,5 Jahwe grande, il Signore no
stro pi grande di tutti gli dei ; 147,5 grande
il Signore nostro e molto potente ; cos pure ap
partengono alla teologia di Gerusalemme Is 12,6
grande in mezzo a te il Santo di Israele e,
come motivo tipico dellinno in un lamento indi
viduale, Sai 86,10 poich tu sei grande e operi
meraviglie ). In numerosi passi ancora chiaro
come originariamente la grandezza di Jahwe ve
nisse concepita in relazione agli altri dei (Sai
77,14; 95,3; 96,4; 135,5); dalla tradizione cultuale
preisraelitica di Gerusalemme si assunta qui la
figura di l celin, il Dio altissimo (cfr. lepi
teto addir, anchesso di origine cananea, e inol
tre rab, che anche in ugaritico viene applicato a
Dio; per quanto concerne la designazione divina
eg. Wr il grande cfr. S.Morenz, g. Religion,
1960,156s.). Inoltre la grandezza di Jahwe, spesso
in connessione con il titolo di re, viene riferita a
tutti i popoli della terra (Sai 47,3; 86,9s.; 99,2; cfr.
anche Ger 10,6s. tu sei grande, e grande il tuo
nome nella sua potenza ; Mal 1,14 un re grande
sono io; Ez 38,23 grande e santo io mi mo
strer agli occhi di molti popoli , con gdl hitp.),
oppure viene proclamata senza particolari riferi
menti (Sai 48,2; 145,3; 147,5; cfr. anche Sai 104,1
pini m i i G RA N D E

-352

Jahwe, mio Dio, come sei grande , con gdl q.).


Ma anche in altri contesti possono venire forgiati
predicati di Dio con gdl oppure con gdl q , so
prattutto nelle espressioni che contengono una
confessione (Es 18V11 Ietro: ora riconosco che il
Signore grande al di sopra di tutti gli dei ; 2Sam
7,22 Davide: perci tu sei grande, mio Signore
Jahwe ; 2Cron 2,4 Salomone: la casa che voglio
edificare deve essere grande, perch pi grande di
tutti gli dei il nostro Dio ) e nelle espressioni di
fiducia contenute nelle preghiere di lamento o di
invocazione (Sai 35,27; 40,17 = 70,5; cfr. Mal 1,5;
in questi passi si ha gdl q). Un altro tipo di tradi
zione si rileva nelle liste dtn. di epiteti divini
(Deut 7,21 Jahwe,... un Dio grande e terribile ;
10,17 Dio grande, forte e terribile), che sono
frequenti soprattutto nel linguaggio della comu
nit orante postesilica (Ger 32,18; Neem 1,5; 8,6;
9,32; cfr. 4,8; Dan 9,4; tutti passi con gdl).
A cominciare dalla tradizione dtn. si parla anche
in senso astratto della grandezza di Dio (gdcpl
Deut 3,24; 5,24; 9,26; 11,2; 32,3; Sai ISQ&g'du/l
lCron 29,11 in una lunga serie di espressioni ana
loghe), mentre i nomi propri Gedalj(h) e JigdaIjh ( Dio grande ) compaiono gi in prece
denza (Sof 1,1 e Ger 38,1).
Nel libro di Giobbe la grandezza di Dio (contrapposta
agli uomini opp. alla creazione) non viene espressa attra
verso gdl, bens con rbh q, (Giob 33,12 Dio pi
grande delPuomo) e con saggi' elevato (36,26
ecco Dio cos elevato che noi non lo possiamo com
prendere ; cfr. anche 37,23 saggi ' kah grande in po
tenza ); in 36,5 lespressione f kabbir Dio potente
probabilmente un errore del testo.

Nella letteratura dtn.-dtr. e in quella pi tardiva,


in connessione con la tradizione dellesodo (cfr. Es
14,31 J il grande prodigio con /ad), sono par
ticolarmente frequenti le espressioni con gdl,
nelle quali si parla di grandi opere, di segni, di or
rori ecc, nella storia originaria del popolo (Deut
4,32.34.36.37; 6,22; 7,19; 9,29; 11,7; 26,8; 29,2;
34,12; Gios 24,17; Giud 2,7; 2Re 17,36; Ger 32,21;
Neem 1,10; cfr. in P Es 6,6 e 7,4; ad un avveni
mento accaduto al tempo di Salomone fa riferi
mento ISam 12,16).
Vanno ricordate infine tutte quelle espressioni che
ricorrono in contesti assai diversi e che si riferi
scono ai prodigi di Jahwe (gedull: 2Sam 7,21.23;
cfr. lCron 17,19.19.21; Sai 145,3.6; gedlt: Deut
10,21; Ger 33,3; 45,5; Sai 71,19; 106,21; Giob 5,9;
9,10; 37,5; gdl hi.: ISam 12,24; Gioe 2,21; Sai
126,2.3).
c) Nella maggior parte dei passi gdl dunque
un termine prettamente positivo. Ci vale anche
per quei luoghi in cui riferito al popolo di Israele,
il quale, secondo la promessa fatta ai patriarchi,
dovr diventare un popolo grande (gj) (Gen
12,2; 17,20; 18,18; 21,18; 46,3; Deut 26,5; cfr. an
che Es 32,10; Num 14,12; Deut 4,6.7.8; con rab:
Gen 50,20; Es 1,9). Relativamente rari sono in
vece i casi in cui la radice gdl (a differenza per
esempio di g*/7, gbh) viene usata per esprimere
valutazioni negative, nelle quali si fa menzione
della presunzione delluomo (con gedlt Sai 12,4;
con gdcel ls 9,8 e 10,12; con gdl hitp. Is 10,15 e
Dan 11,36.37; con gdl hi. cfr. i testi citati sopra
in 3c),

Nella sua qualit di rappresentante e di strumento,


anche al re messianico viene attribuito lepiteto di
grande in Mi 5,3 poich ora diverr grande
(gdl q.) fino alle estremit della terra .
b) Dai predicati divini devono essere distinti tutti
quei (numerosi) passi, che parlano della grandezza
di una propriet divina, di una manifestazione o di
unattivit. Sono da menzionare a questo propo
sito soprattutto il nome di Dio (~sm\gdl: Gios
7,9; ISam 12,22; IRe 8,42 = 2Cron 6,32; Ger 10,6;
44,26; Ez 36,23; Mal 1,11; Sai 76,2; 99,3; gdl q.:
2Sam 7,26 = lCron 17,24; gdl pi.: Sai 34,4; 69,31;
gdl hi.: Sai 138,2 txt?) e il giorno di Jahwe (-jm\
Ger 30,7; Gioe 2,11; 3,4; Sof 1,4; Mal 3,23; cfr. Os
2,2 il giorno di Izreel).

In certo modo come correttivo di una eccessiva valuta


zione della grandezza umana, non raramente si incon
trano nellAT dei lesti nei quali vengono esaltati proprio
il pi piccolo, il pi giovane, oppure la piccolezza e la esi
guit della posizione di una famiglia, di un popolo (Be
niamino, Gedeone, Saul, Davide, Betlemme-Efrata, e lo
stesso Israele). Per queste affermazioni di umilt e di
piccolezza (con qtn Gen 42,13,15.20.32.34; 43,29;
44,26; ISam 15,17; Is 60,22; con qtn Gen 44,20; ISam
16,11; 17,14; con s'/VGen 43,33; Giud 6,15; ISam 9,21;
Is 60,22; Mi 5,1 txt em; Sa! 68,28; con me<at Deut 7,7
Jahwe si compiaciuto di voi e vi ha scelti, non perch
eravate un popolo pi numeroso di tutti gli altri popoli,
anzi siete il pi piccolo tra tutti i popoli, ma perch
Jahwe vi ama... ) cfr. O.Bachii, Die Erwahlung des Geringen im AT, ThZ 22, 1966, 385-395.

Altre realt di questo genere, poste in relazione con gdl,


sono a/ ira (Deut 29,23.27), zerai braccio, po
tenza (Es 15,16; cfr. Sai 79,11 con gdcel), hema rab
bia (2Re 22,13 = 2Cron 34,21; Ger 36,7), heeseed gra
zia (IRe 3,6 = 2Cron 1,8; Sai 57,11 = 108,5; 86,13;
145,8; cfr. Num 14,19 con gdcel\Gen 19,19 con gdl hi.),
j es''i salvezza (2Sam 22,51 = Sai 18,51 con gdl h.),
kbd gloria (Sai 21,6; 138,5), kali forza (Es
32,11; Ger 27,5; 32,17; Nah 1,3 ecc.; Num 14,17 con gdl
q.), ma^sc opera (Sal 111,2 ecc.; Sai 92,6 con gdl q.),
neqmt vendetta (Ez 25,17), lds consiglio (Ger
32,19), rahmm misericordia (ls 54,7, altrimenti con
rab), tta insegnamento (ls 42,21 con gdl hi).

5/

353

gdl GRAN DE

Nel linguaggio di Qumran, che non va al di


l di quello vtrt., emerge una parola nuova, gwdi
per indicare il pollice (1Q 5,13; cfr. q{cen il
dito mignolo in IRe 12,10 = 2Cron 10,10).
Per i LXX, per la letteratura intertestamentaria e
per il NT cfr. W.Grundmann, art. [xya<;, ThW
IV,535-550 (= GLNT VI,1431-1476); O.Michel,
art. (itxpq, ThW IV,650-661 (= GLNT
VII,223-254).
EJenni

'J gj POPOLO - 4a m .
354

TU gur DIMORARE COME FORE


STIERO
1/ La radice gr nel sign. dimorare come fo
restiero , attestata con certezza solo nel
semNO, e, al di fuori del lebr., si trova esclusiva
mente come sost. ospite, protetto, cliente.
Lacc. gurru, messo in rapporto con gr in CAD G 140b,
spiegato in modo diverso in AHw 287a.
Del tutto incerte sono le testimonianze ug. del testo 2,27
e lAqht (= I D) 153 (WUS nr. 690.691; UT nr. 567;
Gray, Legacy 122.243).
Il fen. pun. gr (KAI nr. 37 A/B, risp. r. 16 e r. 10; ele
mento frequente nei nomi propri, Harris 92s.; cfr.
Stamm, AN 264 alla voce ubrum) significa residente
senza pieni diritti, cliente , cosi come il moab. in KAI
nr. 181, r. 16s., in cui vi pu essere anche un fem. (KAI
11,176).
Dato che laram, antico gur essere esiliato (cos DISO
49 secondo Dupont-Sommer) non attendibile (cos,
bench con diverse motivazioni, KAI 11,263 e
K.R.Veenhof, BiOr 20, 1963, 142-144, e pi recente
mente R.Degen, Altaram. Grammatik, 1969, 19.71), le
testimonianze aram. incominciano col nab. e palm. gr
cliente (DISO 53). Nei dialetti aram. tardivi si
sviluppa il sign. diverso gur commettere adulterio
(gqj/ar adultero ).
Gli equivalenti del seni, meridionale (soprattutto Parab
gar vicino , cfr. Fet. gdr), che di solito vengono men
zionati, non servono a chiarire la radice ebr.

Nellebr. ricorrono il verbo gr (q. e hitpo.) abi


tare come forestiero, il sost. gr forestiero, re
sidente senza pieni diritti e gli astratti che ne de
rivano gna (Ger 41,17 in un nome di luogo, se
condo Alt, KS Ill,358s. campo dellospite) e
megrm condizione di forestiero.
2/ Se prescindiamo dagli omonimi gr II assa
lire e gr III temere, secondo Lis. 319s. ri
mangono per gr q. 81 passi (incl. Giud. 5,17; Is
54,15b; Ger 13x, Lev 1lx), per rhitpo. 3 (IRe
17,20; Ger 30,23 Ixt?; Os 7,14 txt?). Bench gr sia
gi documentato prima dellesilio (Gen 12,10;
19;9; 20,1 ecc.), limpiego maggiore del termine si
trova nella letteratura esilica e postesilica (nella
legge di santit Lev 17-26 lOx; in Ger 42-50 12x).
gr si trova 92x nel TM (Deut 22x, Lev 21x, Es
12x, Num 1lx, Ez 5x, Sai 4x), megrm 1lx (esci,
la forma sing. in Sai 55,16; Gen 6x ed Es lx, tutti
i passi in P; inoltre Ez 20,38; Sai 119,54; Giob
18,19; Lam 2,22), grw lx.
assodato che il termine gr adoperato gi antica
mente (codice dellalleanza 6x, 2Sam 1,13), ma che solo
verso la fine dello stato di Giuda (de Vaux 1,118) o dopo
lesilio compare con frequenza. Il fatto trova sufficiente
spiegazione negli avvenimenti storici (diminuzione della
popolazione, emigrazione, difficolt economiche) e nei
motivi teologici (preoccupazione della comunit per la
propria unit, affermala in contrapposizione con lam
biente circostante e raggiunta tra laltro con lintegra
zione del forestiero nelle proprie porte ; da ci il peso
che i testi giuridici di derivazione sacerdotale attribui
scono a questo problema, cfr. EJJiger, HAT 4,227).

355

3/ a) Il gr si distingue dallo straniero in ge


nere, dal nokrl o zar, per il fatto che un fore
stiero il quale si stabilito per un certo tempo nel
paese e al quale viene riconosciuta una particolare
configurazione giuridica. Accanto al gr appare
spesso il isb residente senza pieni diritti
(Gen 23,4; Lev 25,23.35 ecc.), di cui si parla so
prattutto nei testi sacerdotali postesilici (14x, d
cui 8x in Lev). La sua posizione sociale parago
nabile, anche se non identica, a quella del gr. Af
fini al gr potrebbero essere lo spartano 7rptoLxoc;
e lateniese jjt o l x o c
11gei\da solo o in gruppo, ha lasciato la sua patria in se
guito ad eventi politici, economici o di altra natura e
cerca protezione aUintemo di unaltra comunit, cos
bramo in Ebron (Gen 23,4), Mos in Madian (Es 2,22
= 18,3), il bellemita Elimelech e la sua famiglia in Moab
(Rut 1,1), un erraimita nel territorio di Beniamino (Giud
19,16), e cos pure gli israeliti in Egitto (Es 22,20 = 23,9
= Lev 19,34 = Deut 10,19; Lev 25,23). Si potrebbero te
ner presenti anche i rapporti tra i leviti, che non hanno
territorio, e i grm: Giud 17,7ss.; 19,1; Deut 14,29;
26,11-13 ecc.

Il gr non gode di tutti i diritti di un israelita, tra


laltro non possiede territorio (secondo Ez 47,22
questa limitazione sar eliminata nellIsraele fu
turo). Si trova generalmente al servizio di un
israelita, che il suo signore e protettore (Deut
24,14). Di solito il gr povero (cfr. per Lev
25.47), pertanto viene annoverato tra coloro che
sono economicamente deboli e hanno diritto
dessere aiutati, come le vedove e gli orfani.
Hanno il diritto/Iella spigolatura (Lev 19,10; 23,22; Deut
24,19-21 ecc.); si trovano sotto la protezione divina
(Deut 10,18; Sai 146,9; Mal 3,5); gli israeliti li devono
amare come se stessi (Lev 19,34; Deut 10,19), ricordan
dosi della loro condizione di forestieri in Egitto (Es 22,20
ecc.); dovranno guardarsi dalFopprimere il gr (cos gi
nel codice dellalleanza Es 22,20-23; 23,9), il quale gode
ampiamente gli stessi diritti dei loro concittadini (parte
cipazione alle decime, Deut 14,29; anno sabbatico, Lev
25,6; citt di asilo, Num 35,15). Secondo Lev 20,2;
24,16.22; Deut 1,16 tanto lisraelita quanto i! ger sotto
stanno alla medesima legislazione; in breve, nella vita
quotidiana non cera alcuna barriera tra i grm e gli
israeliti (de Vaux 1,117).

b) Sotto laspetto religioso valgono per gli israeliti


e i grm le medesime prescrizioni (Es 12,49;
Num 15,15s.): anche il gr deve osservare il sabato
(Es 20,10 = Deut 5,14), il digiuno nel giorno
dellespiazione (Lev 16,29) e la Pasqua (Num 9,14
ecc.), a condizione che sia stato circonciso (Es
12.48). Pu fare sacrifici (Lev 17,8; 22,18; Num
15,15s. ecc.) e partecipatile feste (Deut 16,11.14).
tenuto anche ad osservare le prescrizioni di pu
rit (Lev 17,8-16; 18,26 ecc.; cfr. Lev 17,15 a dif
ferenza di Deut 14,21). Perci anche in tale campo
il ger pi o meno equiparato allisraelita.
Non c quindi nulla di strano nel fatto che i LXX tra
ducano per lo pi il termine ebr. con 7rpoaT)XoTo^ e in
tendano il gr come un proselito in senso tecnico, cio
come uno che con un atto di adesione (circoncisione) si

TD gr

DIM ORARE

COME

FORESTIERO

356

legato al giudaismo (cos anche il medioebr. gr e


laram. glj/r, cfr. DISO 53 e vd. st. 5). Nei LXX tro
viamo 7rpoaY]XoTo<;, 77x, nrapotxoc; llx (Gen 15,13;
23,4 ecc., cio quando il significato specifico di proselito
escluso), *w)c; lx (Giob 31,32) e y(e)twpa<; 2x (Es
12,19; Is 14,1).

c) La posizione del gr si mutata col tempo,


come mostrano le fonti. I testi giuridici rivelano
una tendenza progressiva ad accostare il gr
alfisraelita (termine tecnico per lindigeno, citta
dino a pieno diritto, cezrah, 17x in Es, Lev,
Num, Gios 8,33; Ez 47,22; tranne che in Lev 23,42
e Sai 37,35 txt em, sempre contrapposto al gr),
soprattutto dal punto di vista religioso. Allorigine
era un forestiero residente in Israele o in una delle
trib e, come tale, posto sotto la protezione di
Jahwe (codice dellalleanza); pi tardi, nel Deut,
gode insieme con la vedova e lorfano di un par
ticolare trattamento, e ci per un motivo che si ri
chiama alla storia della salvezza: Israele stesso
stato una volta gr. Infine la tradizione sacer
dotale, imponendogli particolari prescrizioni, fa
praticamente del Forestiero un membro della
comunit.
Cfr. per la storia del termine e la sua ambienta
zione A.Bertholet, Die Stellung der Israeliten und
der Juden zu den Fremden, 1896; E.Neufeld,
IIUCA 26, 1955, 391-394; P.Grelot, VT 6, 1956,
177s.; de Vaux 1,116-118; F.PIorst, RGG 11,1125s.
con bibliogr.; K.G.Kuhn, ThW VI,727-745;
Th.M.Horner, Changing Concepts of th Stranger in th OT, AThR 42,1960,49-53; L.M.Muntingh, Die Begrip gr in die OT, NedGerefTTs 3,
1962, 534-558.
4/ Teologicamente significativi sono i seguenti
punti:
a) Jahwe stesso si prende cura del forestiero. Il
Dio di Israele il suo protettore e comanda al po
polo non solo di non opprimerlo ma persino di
amarlo (Lev 19,33s.; Deut 10,19; -hb IV/1).
b) Il legame, messo in evidenza soprattutto dal
Deut (Es 22,20b; 23,9b sono secondari, Lev 19,34b
unespansione da Deut 10,19), tra lesigenza
etica nei confronti del gr e la condizione di fore
stiero in cui si trovato Israle in Egitto.
c) Oltre a ci, in alcuni passi Israele (come gi il
suo antenato bramo in qualit di tipo, Gen 23,4)
gr (e tsb) anche in Canaan, nella terra di
Jahwe (Lev 25,23 mia la terra, ma voi siete
presso di me forestieri e ospiti ; Sai 39,13 poich
io sono un ospite presso di te, un forestiero come
tutti i miei padri ; 119,19 io sono un ospite sulla
terra ; lCron 29,15 poich noi siamo ospiti e fo
restieri dinanzi a te come tutti i nostri padri ). A
proposito di queste concezioni (spiritualizzate) e
della loro origine nella storia della tradizione - qui
f. fa. ha una sua incidenza anche la funzione di
asilo attribuita al santuario (cfr. Sai 15,1 con gr e
anche i nomi propri teoforf fen. costruiti con gr)
357

VjTS gra! SORTE

- cfr. K.L.Schmidt, Israels Stellung zu den


Fremdlingen und Beisassen und Israels Wissen
um seine Fremdling- und Beisassenschaft, Judaica 1, 1945, 269-296; id., ThW V,844-846 (=
GLNT IX ,807-813); H.Wildberger, EvTh 16,
1956, 417-420.
5/ Nel periodo ellenistico laspetto religioso del
termine gr viene ancor pi sottolineato, gr non
designa pi soltanto lo straniero residente, ma an
che il pagano accolto nella comunit giudaica, il
proselito (distinto sia nel giudaismo sia nel NT dal
(Tep(jisvo^, il timorato di Do , cfr. Atti 13,50
ecc.). Cfr. K.G.Kuhn, art. 7cpoaY)XuTo<;, ThW
VT,727-745; K.L. e M.A.Schmidt - R.Meyer, art.
Trapotxof;, ThW V,840-852 (= GLNT IX,793830); W.Grundmann, art. 7rap7u&7)|j.oc;, ThW
II,63s. (= GLNT 11,904-906). R.Martn-Achard

in ij gral SORTE
1/ gral sorte si trova solo in ebr. e si collega
probabilmente all1arab. garwal sassolino (HAL
195a).

I l gral compare nellAT ebr. 77x (senza Prov


19,19K, I Q gdf), per lo pi in testi tardivi (manca
in Gen, Es, Deut, i/2Sam, l/2Re, Am, Os, nei
brani autentici di Is ecc.), soprattutto sacerdotali,
e ci in armonia col significato primario che giu
ridico-sacrale (Lev 16,8-10 5x, Num 7x, Gios 14
21 26x, lCron 13x, rimanenti libri 0-3x).
Rimane incerto se in Is 8,1 si debba leggere con K.Gal
ling, ZDPV 56, 1933, 213, gral per gdf e tradurre
gilfn gral con lespressione ted. Allmende-Blalt .

3/ a) In senso concreto gral designa la sorte


che viene gettata per prendere determinate deci
sioni (in Lev 16,8-10 per scegliere i capri per
Jahwe e Azazel, in Giud 20,9 per lassalto a abaa, per la divisione del bottino in Abd 11, degli
uomini in Nah 3,10, del popolo in Gioe 4,3, dei
vestiti in Sai 22,19 [cfr. Me 15,24 par.], per porre
fine alle contese in Prov 18,18 ecc.; altri esempi in
HAL 178a; J.Lindbiom, Lot-Casting in th OT,
VT 12, 1962, 164-166).
La tecnica del gettare le sorti, che qui si presuppone (cos
come il significato preciso degli urim, dei tummim e
delTefod), non stata finora chiarita del tutto (cfr.
A.Musil, Arabia Petraea, III, 1908, 293s.; Dalman, AuS
IT,43s., StrB 11,5965.; R.Press, ZAW 51, 1933, 227-231;
BIIH 11,1103; Lindblom, l.c., 164-178). Forse, a seconda
dei diversi luoghi, tempi e contesti, necessario sup
porre diverse tecniche. Per capire il termine gral si pos
sono trarre alcune indicazioni da Prov 16,33, secondo cui
la sorte viene agitata dentro le pieghe del vestito sopra la
cintura, come pure dai verbi di cui gral pu essere og
getto o soggetto (*lft saltar fuori , /V uscire , hjh le
npl 7/ fe toccare , opp. lui hi.JddJrh, npl hi., ntn, s/k
hi. gettare ),

358

Come sinonimi si possono ricordare pur (solo in


Est) e qsm/qcscem.
In Est 3,7 e 9,24 il termine pur (costruito con np! hi.
gettare; acc. pru sorte, cfr. LDiirr, OLZ 38,
1935, 297; J.Lewy, Revue Hittite et Asianique 5, 1939,
117-124) viene spiegato o tradotto con gral e in 9,26 si
fa derivare da esso il nome della festa dei Purim (purim
anche 9,28s.31s.; cfr. p.e. Ringgren, ATD 16/2,115s.;
Bardlke, KAT XVll/5,243ss. con bibliogr.; BHH
111,1532).
qsm significa secondo KBL 844b consultare loracolo
(20x); nella stessa linea sono qcscEm oracolo (1 lx) e
miqsm consultazione delloracolo . Wildberger, BK
X,93,98s. (a proposito di ls 2,6 txt em) si pronuncia per
un sign. un po pi ampio: vaticinare.

b) Secondo Num 26,55s.; 33,54; 34,13; 36,2s.;


Gios 14,2 ecc. durante la conquista si dovr asse
gnare a ciascuna trib dIsraele il proprio territorio
per mezzo della sorte. Alt, KS 1,328 n. 1, ritiene
addirittura che ogni sette anni avesse luogo un
nuovo sorteggio (cfr. anche KS 111,373-381 a pro
posito di Mi 2,1-5).
Per questo la porzione di terra di una trib o di
una famiglia pu essere chiamata per metonimia
gral (Gios 15,1; cfr. 16,1; 17,1.14.17; Giud 1,3
ecc.). gral diventa allora parallelo di nahal
parte di propriet (nhl), hl&q porzione
(-hlq), hcbcel parte assegnata, fruss pos
sesso (/rs), '"buzza possesso (hz), -segull
propriet , miqnce acquisto (qnh), cerces
terra e sim.
La mancanza del termine nel Deut si spiega facilmente
se si tiene presente che il Deul si interessa non delle
parti di terra riservate alle trib, ma solo della terra nel
suo complesso (cfr. G. von Rad, Das Gottesvolk im
Deuteronomium, 1929, 43).

c) Come nahl, hlceq c hcbcel, anche gral viene


usato in senso traslato e significa allora comune
mente porzione, sorte, destino .
Il passaggio dalluso proprio a quello traslato pi evi
dente in hlceq e nahl che in gral. Valga per tutti
lesempio di Num 18,20: Jahwe disse ad Aronne: tu
non avrai nessun retaggio (nhl) nel loro paese, n avrai
alcuna parte (hlceq) tra loro: io sono la tua parte (hlceq)
e il tuo retaggio (naha!) tra i figli dIsraele.

I passi pi importanti per luso traslato sono Is


17,14 (par. hlceq)', 34,17 (par. fjlq pi.); 57,6 (par.
hlceq)\ Ger 13,25 (par. ment porzione , ,cfr.
Wagner nr. 175); Sai 16,5s. (par. mnt, hlceq
e hcbcel)\ forse Sai 125,3; Dan 12,13 risorgerai
per la tua sorte alla fine dei giorni .
Per una trattazione generale cfr. J.T.E.Renner, A Study
of th Word Goral in th OT, Heidelberg 1958 (tesi dattil.).

4/ Nella misura in cui il gettare la sorte signi


fica ricercare il giudizio di Dio, sia per il mondo
antico in generale sia per la mentalit vtrt., Fuso
del termine gral pu essere considerato nel suo
complesso come teologico. Questo appare chiara
mente nelluso traslato del termine, quando si dice
espressamente che Jahwe stabilisce la sorte e il de

359

stino delluomo o che egli stesso tale sorte. In un


passo non si presuppone f identificazione, altrove
sempre intuibile, tra sorte e decisione di Dio (anzi,
qui essa viene posta in discussione): Prov 16,33
nel grembo si tira la sorte, (ma) da Jahwe viene
ogni decisione (mispt) .
5/ A Qumran il termine ha mutato ulterior
mente il suo significato. Esso indica nello stesso
tempo: a) una decisione o una deliberazione,
b) la posizione o lufficio nellambito della comu
nit, c) un partito o una appartenenza, d) il de
stino che tocca a qualcuno (come retribuzione),
e) (in 1QM) perfino una formazione militare (cfr.
F.Notscher, Zur theologischen Terminologie der
Qumran-Texte, 1956, 169-173).
Il NT si ricollega alluso dei LXX, che nella
maggioranza dei casi (62x) traducono gral con
o; Nel NT prevale il significato traslato.
Cfr. W.Foerster- J.Herrmann, art. xXyjpoc;, ThW
111,757-786 (= GLNT V,583-664). H.H.Schrnd

g ii

ESULTARE

1/ gii esultare compare, oltre che nellebr.,


anche nellug., dove il significato della radice in
125 [= IIK1, 15.99 sembra essere confermato dal
parallelo smlj rallegrarsi (ebr. smh).
A proposito delfipotetico rapporto con larab. gia gi
rare, aggirarsi cfr. P.Humbert, Laetari et exultare dans
!e vocabulaire religieux de lAT, RHPhR 22, 1942,213 =
Opuscules dun hbrasant, 1958, 144; diversamente
LKopf, VT 9 ,249s. (arab. gli). Ad ogni modo, i verbi del
sem. meridionale a cui si fatto riferimento per determi
nare il significato di gii nellAT (cfr. anche HAL 182a)
non dirimono la questione.

Accanto al verbo (qal) lebr. presenta i sost. ver


bali gli e gl. Per il nome personale bfgjil cfr.
J.J.Stamm, FS Baumgartner 1967, 316.
2/ Il verbo ricorre 45x (Sai 19x [da cui bisogna
togliere 2,11 pervia di una correzione], Is llx , XII
8x, Prov 5x, oltre a Cant 1,4 e lCron 16,31 [= Sai
96,11]), il sost. gl18x(Sal 3x, profeti 4x, Giob 3,22
txt?), gll 2x (Is 35,2; 65,18).
In Sai 43,4 lattribuzione a gfl I giovinezza (?) o a gf1
II giubilo controversa (HAL 182a).

3/ a) Questo gruppo si trova pertanto quasi


esclusivamente nei libri profetici e nel salterio;
una parte notevole dei passi profetici contiene
inoltre delle forme tipiche dei salmi. Quindi gf/
appartiene al contesto del culto; ha la sua precisa
ambientazione nel momento della lode di Dio. In
contesti profani appare solo raramente (Is 9,2b;
16,10 = Ger 48,33; Ab 1,15; Sai 45,16; Prov 2,14;
23,24.25; 24,17; Cant 1,4). In Is 16,10 = Ger 48,33;
Os 9,1 e 10,5 il termine viene usato nellambito
dellaccusa profetica.

r ;

g ii

ESULTARE 360

In parallelo con gii si irova spessissimo smh ralle


grarsi (oltre 30x); seguono ss/sis rallegrarsi , rnn
esultare , rii0' hi. gridare , 7z giubilare ecc., cfr.
la lista in Humbert, l.c., 206 e 137s.

Risulta |>erci che gii appartiene al campo seman


tico che pu essere designato col nostro termine
gioia . Questo campo molto pi ampiamente
sviluppato in ebr. che nelle lingue moderne, poi
ch ivi per gioia non si intende primariamente un
sentimento, unimpressione o uno stato danimo,
ma la gioia che si manifesta alfesterno, quindi un
fatto in seno alla comunit. Siccome le possibilit
di manifestare la gioia con grida e gesti sono di
verse, vi sono in ebr. numerosi vocaboli, che dif
ficilmente riusciamo a tradurre con precisione.
Quando rendiamo gii con esultare o giubi
lare , si tratta solo di una traduzione approssima
tiva e imprecisa. Se vero che in pi della met
dei passi biblici gii parallelo di smh, da questo
fatto si pu certo stabilire il senso pi ampio del
termine ma non le particolari sfumature.
Come smh, gii pu indicare la manifestazione della gioia
nel contesto profano: in occasione di un matrimonio (Sai
45,16 sost., cfr. Cant 1,4), gioia dei genitori per il loro
bambino (Prov 23,24.25), gioia per la divisione del bot
tino, per la mietitura, gioia per il male altrui ecc. (Is 9,2b;
16,10 = Ger 4833, Ab 1,15; Prov 2,14; 24,17). Non si pu
tuttavia operare una divisione netta tra il con
testo profano e quello cultuale; in Gioe 2,23 la gioia
per la pioggia anche gioia per Jahwe. Luso del
termine lascia intravedere uno stadio in cui lavveni
mento profano e quello dinanzi a Dio non erano
separati.

b) Soggetto di g/ sono (1) gli uomini: un indivi


duo (Ls 61,10; Ab 3,18; Sai 9,15; 13,6; 16,9; 31,8;
35,9; 43,4 txt?; 51,10; Prov 23,24.25; 24,17), il po
polo (Sai 14,7 = 53,7, 48,12 ecc.), i popoli (ls 25,9;
cfr. 66,10), i poveri e i giusti (Is 29,19; Sai 32,11),
i nemici (Sai 13,5; cfr. Ab 1,15), gli empi (Prov
2,14), i sacerdoti degli idoli (Os 10,5), il re (Sai
21,2); (2) la natura: la terra (Is 49,13; Sai 96,11 =
lCron 16,31; Sai 97,1), steppa e deserto (Is 35,1.2),
colline (Sai 65J3 con gHa)\(3) Dio (Is 65,19; Sof
3,17).
In prevalenza dunque luomo il soggetto del
verbo. In tale caso si pensa soprattutto al popolo
o al singolo posti di fronte a Dio. Poich la lode
di Dio tende sempre ad ampliarsi, anche la cerchia
di coloro che esultano si amplia fino ad includere
la creazione. In due testi tardivi Dio il soggetto
del giubilare.
Il verbo (intransitivo) usato normalmente in modo as
soluto. Altrimenti compare costruito con be(soprattutto
in rapporto con Dio, p.e. Sai 118,24, oppure col suo
agire, p.e. Sai 9,15), due volte con "aliOs 10,5; Sof 3,17);
cfr. Humbert, l.c., 205 e 137.

4 / a) La grande maggioranza dei testi si riferi


sce alla lode di Dio. Nel caso di un invito alla lode
compare il grido di esultanza che si esprime impe
rativamente: Sai 32,11 rallegratevi per Jahwe, e
giubilate, voi giusti!; similmente in Is 65,18;
361

g ii ESULTARE

66,10; Gioe 2,21.23; Zac 9,9; Sai 149,ls. il ri


chiamo imperativo alla lode viene sviluppato con
uno iussivo: cantate a Jahwe un canto nuovo...,
si rallegri Israele per il suo creatore, esultino i Tigli
di Sion per il loro re) ; iussivi si trovano anche in
Is 35,1.2; Sai 96,11 = lCron 16,31; Sai 97,1. Un in
vito alla lode in la persona (volontativo o coortativo) si ha in Sai 118,24 questo il giorno che il
Signore ha fatto; esultiamo e rallegriamoci per
esso! , ugualmente Is 25,9; Sai 31,8. Una varia
zione profetica linvito alla lode nelf inno esca
tologico : Is 49,13; 6J^,10; 66,10; Zac 9,9. Il lodare
o giubilare una conseguenza dellazione di Dio:
Sai 9,15 perch io racconti..., (perch) io giubili
per il tuo soccorso ; cfr. ls 29,19; 41,16; Zac 10,7;
Sai 14,7 = 53,7; 16,9; 21,2; 48,12; 51,10; 65,13;
89,17; 97,8; col sost. Is 9,2a txt em; Sa! 43,4 txt?;
a ci corrisponde la gioia di Jahwe in ls 65,19; Sof
3,17. Nel contesto di un voto di lode gii si trova
in Sai 35,9 ma io voglio esultare per Jahwe e ral
legrarmi per ii suo soccorso! , e in Ab 3,18; Sai
13,6.
Nella preghiera ricorre il motivo che i miei nemici non
esultino, Sai 13,5. Nella lamentazione si deplora la
scomparsa della gioia e del giubilo (dalla casa di Jahwe)
(Gioe 1,16), mentre nel giudizio profetico questa scom
parsa viene proclamata (Is 16,10 = Ger 48,33).

In tutti questi gruppi di passi biblici si tratta sem


pre del medesimo avvenimento fondamentale: la
reazione gioiosa e giubilante per un fatto, nella
maggioranza dei casi per unazione salvifica o li
beratrice di Jahwe (Sai 9,15; 35,9). In prevalenza
si intende un gesto di Dio nella storia del popolo
o del singolo, ma la storia comprende anche lat
tivit creatrice di Dio: Gioe 2,21.23. Da ci si ca
pisce come quei testi, che noi chiamiamo pro
fani , non vogliano in sostanza significare qual
cosa di diverso, poich anche la gioia dei genitori
per i loro bambini (Prov 23,24s.) presuppone un
agire di Dio ed , da questo punto di vista, gioia
per un intervento di Dio.
b) Dopo quanto stato detto, appare tanto pi
forte il contrasto nei due passi di Osea, in cui gii
viene visto negativamente: 9,1 Non rallegrarti,
Israele! Non esultare (1 al-tgf pr 'cel-gii) come le
nazioni! Poich tu vai fornicando lontano dal tuo
Dio (traduzione di H.W.Wolff), e 10,5 strepi
tano per la sua magnificenza (txt?). A proposito
di 9,1 Wolff, BK XIV/1,197 dice: Osea testimo
nia per la prima volta il binomio smh-gl Egli mo
stra anche che esso appartiene originariamente al
carattere dionisiaco dei culli di fecondit cana
naici... . Pu considerarsi come certo cheg/7 ebbe
una sua ambientazione anche nei culti di fecon
dit cananaici e questo testimoniato diretta
mente da 10,5, se il testo a posto. Ma ci non si
gnifica che lazione espressa con gii o che il voca
bolo gii appartiene originariamente al carattere
dionisiaco dei culti di fecondit cananaici
(Wolff, Le.). Lesultare come manifestazione della
gioia, soprattutto nel culto, un fenomeno
362

comune nella maggior parte delle religioni a noi


note. In Os 9,1 (esattamente come in Am 5,23) si
respingono tuttavia il rallegrarsi e il giubilare di
Israele nelle sue liturgie, ma non tanto perch essi
avrebbero la loro origine nel culto cananaico della
fecondit, bens perch non sono una risposta
alPagire del Dio di Israele: poich tu vai forni
cando lontano dal tuo Dio .
5/ gli viene tradotto nei LXX soprattutto con
aYaXtofiai raramente con i<xip<. A Qum
ran (cfr. Kuhn, Konk. 44c) e nel NT continua
fuso vtrt. Cfr. R.Bultmann, art. aya^Xiao^Lat,
ThW 1,18-20 (= GLNT 1,51-58). C.Weslermann

nb: gih scoprire


*1/ L'ebr. glh nel sign. transitivo di scoprire
ha i suoi corrispondenti soprattutto nelfambito
del semNO, (DISO 50; HAL 183b, anche larab.
gala rendere/diventare chiaro): fen. nelliscri
zione di Ahiram ( KAI nr. I, r. 2) wjgl rn zn ... e
scopre questo sarcofago ; aram. imperiale in Ah
r. 141 non scoprire (7 fglj) i tuoi segreti dinanzi
ai tuoi amici e in Cowley nr. 37, r. 8 se fossimo
comparsi (iJjn 'npjn) dinanzi... , come pure
nelParam. tardivo (cfr. p.e. LS I15s.).
Un secondo significato, intransitivo, ricorre in ug.,
dove si ha un verbo di movimento (M.H.Pope, El
in th Ugaritic Texts, 1955, 64; WUS nr. 652 gij
recarsi a ; UT nr. 579 to leave [= par
tire]), inoltre nelfebr. e nelParam. tardivo an
dar via, andare in esilio (come prst. aram. anche
in acc. galli, cfr. AHw 275b), come pure nellarab.
(gah7 emigrare ).
Il rapporto tra questi due significati, come in ge
nere si suppone (GB 139s.; HAL 183s.; Pope, l.c.),
sarebbe da spiegarsi cos: nellespressione andar
via, emigrare = lasciare scoperta (la terra) man
cherebbe per una costante ellissi loggetto
terra . Ma, data la scarsa attendibilit di questa
derivazione, meglio lasciare aperto il problema
etimologico e, per quanto riguarda la semasiolo
gia, accettare due verbi diversi (cfr, Mand. 262s.;
Zorell 15ls.): il transitivo^//? I scoprire (vd.
st. 4) e lintransitivo glh II andar via, essere con
dotto in esilio (vd. st. 3).
NelPAT gli) compare in tutte e sette le coniuga
zioni verbali (cos pure bq" dividere , hlh es
sere malato, debole , jd" conoscere Jfd ge
nerare e pqd visitare ); se si distinguono due
verbi, per glh 1 scoprire rimangono qal, ni., pi.,
pu., hitp., per glh II andare via qal, hi. e ho. (Is
38,12 ni. testualmente incerto). Per quanto ri
guarda i nomi, gilljon tavola (Is 8,1 ; per Is 3,23
vd. HAL I85b) da riferirsi a glh 1, mentre gola
esiliati; esilio e gffa deportazione; depor
tati (con significato secondario astratto o con
creto) appartengono a glh 11.
363

Nellaram. bibl. compaiono tanto glh I q. sve


lare quanto glh II ha. deportare in esilio,
come pure il sost. galli deportazione .
Resta incerto (cfr. Noth, IP 244) se si possa far derivare
il nome proprio Jogli (Nurn 34,22) da glh I.

Il
II verbo ricorre in ebr. 187x(Mand. aggiunge
anche Ger 52,29, presente in alcuni manoscritti ed
edizioni), in aram. 9x. La suddivisione sulla base
delle coniugazioni verbali la seguente: qal 50x
(scoprire 21xTandare via 29x, se si deve
collegare Prov 27,25 a glh II contro Mand.), ni, 32x
(Is 8x, ISam 6x, Ez 5x, 2Sam 4x), pi. 56x (esci. Sai
119,22 da collegarsi a gli pi. contro Lis.; Lev 24x,
Is 6x), pu. 2x, hitp. 2x, hi. 38x (Ger 13x, 2Re 12x),
ho. 7x; aram. qal 7x (Dan), ha. 2x (Esd). Se si di
stinguono due verbi, si ottengono 112 casi per glh
I (e inoltre aram. 7x) e 75 casi per glh li (incl. Is
38,12 ni.; inoltre aram. 2x).
gla compare 42x (Esd 12xnEz 1lx, Ger \0x)>glut
15x (Ger 5x, Ez 3x), Param. gala 4x.
3/ Il significato primario di glh li risulta chiaro
in Ez 12,3.3, dove il profeta riceve il comando va
via! , e nel lamento di ISam 4.21.22 sparita la
gloria da Israele . Un significato uguale o simile
si trova in ls 2.4,11; 38,12 txt? (ni.); Os 10,5; Giob
20,28 (par. ngr ni. scorrere, versarsi); Prov
27,25 (par. sp ni. essere raccolto); Lam 1,3.
Nei restanti passi il verbo in qal ha il sign. essere
deportato in esilio (20x); Giud 18,30 (?); 2Sam
15,19; 2Re 17,23 (par. sur hi. allontanare);
24,14; 25,21; Is 5,13; 49,21 (par. sur ritirarsi );
Ger 1,3; 52,27; Ez 39,23; Am 1,5; 5,5.5; 6,7.7;
7J 1.11.17.17; Mi 1,16. A questi si aggiungono 39
passi in hi. col sign. deportare (in esilio) e 7
passi in ho. (passivo, con lo stesso significato del
qal). Il verbo ha assunto una particolare posizione
negli annunci profetici di giudizio in Amos (1,5;
5,5.27; 6,7; 7J 1.17) e Geremia ( 13,19; 20,4; 22,12;
27,20); in Isaia questo annuncio di giudizio si
trova una sola volta nella sua forma pi antica
(5,13). La maggioranza dei passi ricorre nelle nar
razioni (in diversi contesti), uno anche nel la
mento delloppresso (Lam 1,3).
Sorprendente il fatto che Jahwe solo in pochi
passi, in prevalenza profetici, venga definito come
colui che porta Israele (Giuda) in esilio: Ger
29,4.7.14; Ez 39,28; Am 5,27; Lam 4,22; lCron
5,41 (altri popoli: 2Re 17,11); per lo pi soggetto
del verbo il popolo, che deporta Israele in esilio,
o il suo sovrano. certo saldamente collegata
alPannuncio profetico di giudizio lidea che lesilio
un giudizio di Jahwe, tuttavia lavvenimento in
dicato con glh ha lutto laspetto di un fatto politico
concreto, che s oppone ad una completa teologizzazione. Solo una volta e relativamente tardi viene
chiaramente espressa la mutua connessione tra
azione di Jahwe e fatto politico: Jahwe per mano
di Nabucodonosor (lCron 5,41). Cfr. a) contra
rio il modo con cui Ezechiele parla dellesilio: egli
usa in prevalenza verbi che per natura loro non
r3 allt SCOPRIRE

364

sono politici, come pus hi. e zrh disperdere {glh


q./hi. solo Ez 39,23.28; cfr. 12,3), e qui Jahwe
regolarmente soggetto (5,10.12; 11,16; 12,14s.;
20,23; 22,15; 36,19).
L'idea che Jahwe, il dio dIsraele, porta il suo po
polo in esilio, riceve il suo significato pi proprio
nel contesto della storia, al cui inizio comparvero
la promessa della terra e l'introduzione in essa; il
giudizio di Jahwe consiste appunto in questo, che
il popolo, il quale nonostante le varie minacce si
allontana da Dio, perde nuovamente il dono della
terra (cfr. il parallelismo tra la cacciata dei popoli
al momento della conquista della terra e la cac
ciata di Israele in 2Re 17,11 (dtr.], similmente
Deut 7,22; 8,19s.).
sorprendente che giti non si trovi in questo
senso nel Pentateuco, neppure nel Deut, dove il
tema della cacciata dalla terra in caso di disobbe
dienza pure una minaccia importante e insi
stente (al suo posto bd mc'a! h'rces scompa
rire dalla terra Deut 4,26; 11,17; cfr. 8,19s.; pils
hi. disperdere 4,27; 28,64). Una spiegazione in
tal senso potrebbe essere che t(Ih andare via , il
quale poteva talvolta indicare fantica e diffusa
usanza dellesilio di un individuo (2Sam 15,19),
incominci ad essere specificato nel senso di es
sere deportato in esilio solo quando Israele pot
assistere a deportazioni di interi gruppi alfinterno
del popolo: queste ultime erano uno strumento di
cui si serviva la politica di invasione; qui vien da
pensare soprattutto alle deportazioni in massa e ai
trasferimenti operati dal regno neo-assiro, ma an
che da Urartu (Wolff, BK XlV/2,183s.). Specifi
cato in questo modo, il verbo venne poi accolto
per la prima volta dal profetismo deir80sec. (spe
cialmente da Amos), senza per prevalere ovun
que, come dimostra il Deut; solo nel linguaggio
dtr. esso diventato il termine tecnico predomi
nante per indicare lesilio. Questa spiegazione
confermata dal fatto che i nomi gla e geitilt esi
lio, esiliati compaiono solo nei profeti che an
nunciano un giudizio, e nelle opere storiche pi
recenti.
Unaltra evoluzione si pu invece constatare per il verbo
sbh condur via legato : originariamentesbh designa la
cattura di prigionieri (soprattutto di donne e bambini)
nelle incursioni (Gen 34,29; ISam 30,2ss. ecc.); dopo la
deportazione di Samaria il significalo fondamentale si
amplia (Abd 11), per cui con sbh si possono designare
anche gli esiliati (IRe 8,46ss.; Ger 13,17; Ez 6,9).

4/ a) f*lh I scoprire nella coniugazione qal


in prevalenza riferito agli organi sensoriali: sco
prire = aprire lorecchio (soggetto luomo: ISam
20,2.12.13; 22,8.8.17; Rut 4n4; soggetto Dio: ISam
9,15; 2Sam 7,27 = lCron 17,25; Giob 33,16;
36,10.15); scoprire = aprire locchio (Num
24,4.16; cfr. pi Num 22,31 e Sai 119,18). Su que
sta linea glh viene usato per la notifica pubblica di
uno scritto (Est 3,14; 8,13), il pari, passivo gtj
viene impiegato come sost. per designare un con
tratto di compravendita aperto (distinto da quello

365 r :

xlh

SCOPRIRE

sigillato) (Ger 32,11.14). Altrove oggetto di glh q.


solo sd segreto ( Am 3,7; Prov 20J 9; cfr. an
che Prov 11,13 e 25,9 con glh pi., cfr. Jenni, HP
202s.).
b) Nel ni. lazione termina al soggetto stesso; la
traduzione pu essere il passivo venire sco
perto (nudit: Es 20,26; ls 47,3; Ez 16,36.57 txt
em; 23,29; lembo della veste: Ger 13,22; fonda
menta: 2Sam 22,16 = Sai 18,16 par. r ii ni. d i
ventare visibile; Ez 13,14; cfr. Mi 1,6 pi.; colpa,
malvagit: Ez 21,29; Os 7,1; Prov 26,26; essere
notificato Is 23,1; essere rivelato Dan 10,1
[una parolai) o il riflessivo scoprirsi (3x in
2Sam 6,20), presentarsi, manifestarsi (uomini:
ISam 14,8.11; porte della morte: Giob 38,17 par.
r'h ni.; Dio: Gen 35,6; ISam 2,27.27; ISam 3,21;
Is 22,14; il suo braccio: ls 53,1; la sua gloria: Is
40,5; la sua giustizia: Is 56,1; la sua parola: ISam
3,7). In Is 49,9 si pu vedere un imp. di tolleranza:
scopritevi = venite alla luce . Il part. plur. lumniglt si riferisce alla rivelazione del Sinai e non
dovrebbe essere tradotto con quello che
evidente, ma (non in senso terminativo,
come risultato di un'azione) con quello che
stato rivelato (vale per noi e per i nostri figli in
eterno) .
c) La coniugazione pi. indica sempre lo scoprire
qualcosa che normalmente nascosto ( rendere
scoperto , cfr. Jenni, HP 202s.). Ha in parte un si
gnificato parallelo a quello del qal: aprire gli
occhi (Num 22,31; Sai 119,18 accanto a nbt
guardare ), rendere noto, aprire, rivelare
(Ger 11,20; 20,12; 33,6; Sai 98,2), tradire (Is
16,3; Prov 11,13; 25,9). Altri significati sono:
scoprire, trovare ci che nascosto (Ger 49,10;
Giob 12,22 par.7 5 hi. fa'r portare alla luce;
Mi 1,6 fondamenta), scoprire, accusare, punire
un delitto (Giob 20,27; Lam 2,14; 4,22 par. pqd
visitare; ls 26,21 assassinio). Ma l'uso fonda
mentale del pi. si collega alle proibizioni dellam
bito sessuale (40x detto dello scoprire le parti ge
nitali 0 ci che le copre: lembo della veste, velo,
coperta in Deut 23,1; 27,20; Is 22,8; 47,2.2; 57,8
txt em; Nah 3,5; Giob 41,5; Rut 3,4.7). Tra i passi
che hanno questo significato ben 24 si trovano in
Lev 18 e 20. Si tratta di norme legislative, in cui
si proibiscono determinati rapporti sessuali; sco
prire la nudit serve nella maggior parte dei casi
ad indicare l'esercizio dei rapporti sessuali. In al
cuni passi ha il sign. di violentare.
Questi passi sono importanti per capire il verbo t*fh nel
suo complesso, in quanto il verbo in essi contenuto
aveva una risonanza negativa alforecchio degli israeliti:
insieme con loggetto 'cenv vergogna, nudit glh de
signava qualcosa di proibito, qualcosa da cui bisognava
guardarsi Ci si ricollega alla concezione israelitica se
condo cui il vestito un elemento che appartiene alles
sere umano; un dono del creatore (Gen 3,21 ), e il de
nudarsi tocca da vicino la dignit deH'uomo.

Oltre che in Lev 18 e 20 fuso suddetto di glh pi.


compare nelle accuse profetiche, che rinfacciano

366

ad Israele la sua infedelt verso Jahwe (Is 57,8; Ez


23,18.18; cfr. Ez 16,36,57 ni ), e nei relativi an
nunci di giudizio: Israele violentata dai suoi
amanti (Os 2,12; Nah 3,5; Ez 16,37; 22,10; 23,10;
cfr. Ger 13,22 ni.; contro Babilonia ls 47,2.2).
La coniugazione pu. significa al part. aperto, di
svelalo (Prov 27,5 ammonizione; Nah 2,8 txt ?),
l'hitp. denudarsi (Gen 9,21 No; Prov 18,2
cuore ).
d) Solo in pochi casi Dio soggetto di iifh I;
quindi luso proprio del verbo ristretto agli avve
nimenti profani. Ad ogni modo non si pu vedere
in esso un termine teologico vero e proprio; anzi
lebreo vedeva indicato con esso un fenomeno del
tutlo terrestre, che occasionalmente - ma solo di
rado - poteva designare anche una actio Dei ,
soprattutto in due gruppi di testi: ( 1) come per un
uomo, cosi anche per Dio si pu dire che egli sco
pre (apre) a qualcuno l'orecchio e (2) come un
uomo pu mostrarsi ad un altro, cos anche Dio
pu mostrarsi (rivelarsi) a qualcuno.
(1) In ISam 9,15 m a Jahwe aveva... aperto
lorecchio a Samuele la rivelazione consiste in
una istruzione divina data al mediatore, a propo
sito dellunzione del re. Nello stesso contesto si
trova l'espressione aprire l'orecchio in Is 22,14
ma Jahwe degli eserciti si rivelato al mio orec
chio ; la frase sta al posto detla cd. formula del
messaggero ed Punico passo di questo tipo pre
sente negli scritti profetici prima delPesiiio. In
2Sam 7,27 = ICron 17,25 Davide dice pregando:
tu hai aperto Porecchio del tuo servo . Qui per
non s'intende una rivelazione diretta, ma un an
nuncio trasmesso dal profeta.
Nei tre passi di Giob 33,16; 36,10.15 (tutti nei di
scorsi di Eliu) si descrive una rivelazione divina a
un uomo comune: in 33,16 essa avviene per
mezzo di un sogno o di una visione notturna, in
36,10.15 una messa in guardia o unammoni
zione di Dio, che non si verifica pi come una ri
velazione diretta, ma tramite difficili esperienze.
Qui il termine rivelare - gi nellAT! - non ha
pi alcun carattere transcendentale; si intende con
esso quello che ogni uomo pu sperimentare nei
normali avvenimenti della sua vita.
(2) In Gen 35,7 la frase perch l Dio gli si era
manifestato si ricollega alla teofania di Gen 28.
11 passo mostra che il verbo pu designare una
teofania, ma ci capita in questunico testo, mai
nelle descrizioni di una teofania. Nel racconto
dellinfanzia di Samuele il termine ricorre tre
volte: un uomo di Dio ricorda ad Eli: cosi dice
Jahwe: Mi sono rivelato alla casa di tuo padre,
quand'essi erano ancora in Egitto " ( ISam 2,27),
e poi si dice in ISam 3,21: Jahwe si rivel a Sa
muele (cfr. anche ISam 3,7 la parola di Jahwe
non gli era ancora stala rivelata ). In questi passi
col vocabolo glh espressamente indicata una ri
velazione per mezzo della parola, di tipo profetico.
Questo avviene anche in Am 3,7, nella frase
programmatica: Jahwe non fa nulla..., senza
367

svelare (rivelare) la sua decisione ai suoi servi, i


profeti .
.
L'espressione non detta da Amos, ma una ri
flessione tardiva sull'opera dei profeti. I passi
di ISam 2 e 3 (cui va aggiunto 9,15) insieme con
Am 3,7 mostrano che il verbo glh pu servire,
in un secondo tempo, in seguito a riflessione, a
designare raccogli mento della parola da parte
dei profeti. Ma anche questo si verifica in un
gruppo molto ristretto di passi (ai quali si pu ag
giungere il passo tardivo di Dan 10,1). Cosi appare
ancor pi chiaro che, come nel caso delle teofanie,
anche l'accoglimento profetico della parola
nellAT non , in quanto tale, designato con $lh.
Vanno ricordati ancora i passi della pericope di Ba
laam, in cui si descrive il veggente come uno
che cade e gli si aprono gli occhi (Num
24,4.16; cfr. 22,31). Col verbo glh si descrive qui
un processo specifico attraverso cui si attua la ri
velazione: al veggente vengono aperti gli occhi, in
modo che egli veda quello che altrimenti non po
trebbe vedere, e che solo lui vede. Solo in questo
caso il verbo gth si riferisce necessariamente alla
visione del veggente; qui, nella descrizione di tale
visione, riconoscibile chiaramente lambiente
originario in cui viene usato il verbo glh per un
fatto di rivelazione (cfr. H.Haag, Offenbaren in der hebrischen Bibel, ThZ 16, I960, 251
258; inoltre W.Zimmerli, Offenbarung im AT,
EvTh 22, 1962, 15-31 con bibliogr.; R.Schnackenburg, Zum Offenbarungsgedanken in der Bibel,
BZ 7, 1963, 2-22).
Con la frase conclusiva di Deut 29,28 le cose oc
culte appartengono al Signore nostro Dio,
ma quelle rivelate sono per noi e i nostri figli
in perpetuo, si intende dire che la parola
di Dio, i comandi e le promesse di Dio sono com
pletamente accessibili. Proprio a questa libera ac
cessibilit della parola di Dio tende il verbo glh per
l'israelita, quando il soggetto Dio.
In ls 40,5 ... e si rivela la gloria del Signore...
il temiine ha il senso: diventare riconoscibile,
percepibile, come dimostra il seguito: e ogni
carne la vedr . Qui non si allude ad un processo
specifico di rivelazione, ma allazione di Dio nella
storia: la gloria di Jahwe riconoscibile nella sua
azione salvifica verso Israele. Lo stesso significato
ha il verbo in ls 56,1. La domanda di Is 53,1: e
a chi viene rivelato il braccio di Jahwe? significa:
per chi diventato chiaro lagire di Dio? In tulti
e tre i passi #//j si riferisce quindi all'agire di Dio
nella storia.
e) Se s prescinde dai passi in cui Dio soggetto
di g//?, si pu concludere chegfh nelI'AT non di
venuto un termine tecnico per designare la rivela
zione. Non si ha un uso sicuro, frequente, ben de
limitato. #//? pu indicare un manifestarsi o un ri
velarsi di Dio in un discorso e in un'azione, ma
questo accade solo raramente e in prevalenza sul
piano distaccato della riflessione. li verbo designa
cos poco dei processi specifici di rivelazione, che
rJl filli

SCOPRIRE 368

oltre alia trasmissione della parola ai profeti (solo


di rado) e a una manifestazione divina (solo in
Gen 35,7), pu indicare anche lagire di Dio nella
storia e nel destino di un singolo uomo. Se questi
modi con cui Dio si rivela, pur essendo del tutto
diversi tra loro, possono essere descritti con il solo
verbo glh, daltronde cos poco usato, si pu indi
rettamente dedurre che per Israele queste diverse
possibilit di rivelazione sono state considerate ab
bastanza vicine tra loro e che luna non pu essere
contrapposta al laltra. Va notato anche che il
verbo glh in questo significato non ha dato origine
a formazioni nominali.
:

^03 gml REN DERE, TRIBUTARE

5/
I due diversi significati si riflettono anche
nella traduzione dei LXX: glh II viene reso in pre
valenza con TroLXL^v, ma anche con [ietoie i corrispondenti derivati. Si ha inoltre
at/{jLaXcuTjLv o sim., che corrisponde di pi
airbr. shh, ma gi nelfebr. si riscontrano al ri
guardo alcune interferenze. Il significato origina
rio della radice ancora percepibile quando ilverbo tradotto con Tcsp^scrBaL
glh I viene tradotto con rroKauTTTeiv, in una
grandissima parte dei casi: riferito allambito ses
suale e ai sensi, corrisponde in pieno al verbo ebr.
Possono essere usati talvolta anche altri verbi che
significano togliere (p e. extlQtjixl) o riconoscere
(mcpaiveiv, cpavepouv). Anche i LXX quindi
non intendono ancora glh come un termine tec
nico speciale per rivelare .
La situazione gi diversa a Qumran. Qui tro
viamo ancora senzaltro le formulazioni tradizio
nali: aprire (glh II ricorre soltanto come cita
zione di Am 5,27 in CD 7,14s.) lorecchio (1QH
I,21 ; 6,4; 18,4s.; CD 2,2 ecc.), il cuore( 1QH 12,34;
18,24), gli occhi (1QH 18,19; CD 2,14), ma ac
canto ad esse compare un uso tecnico specifico: la
rivelazione dei tempi finali, contenuta nella legge
e nei profeti, che devessere resa nota attraverso lo
studio (drs) e la spiegazione {pscer) della scrittura
(1QS 1,9; 5,9.12; 8JJ5.16; 9,13.19; cfr. lQpAb
I I ,1; 1QH 5,12; CD 3,13; 15,13; cfr. D.Lhrmann,
Das Offenbarungsverstndnis bei Paulus und in
paulinischen Gemeinden, 1965, 84-87 con bibliogr.).
Per il NT cfr., oltre alla monografa citata qui so
pra, A.Oepke, art. xaXuTUTGj, ThW 111,558-597 (=
GLNT V,63-162). Nell'uso vtrt. di glh non si pu
trovare una relazione con il concetto di rivelazione
nts., dove linteresse principale si sposta dal fatto
della rivelazione a ci che viene rivelato (il conte
nuto); tuttavia, tramile fapocalittica, anche nel
NT (Rom 3,21; ICor 14,6) si continua ad indicare
a questa maniera sia lagire salvifico di Dio sia la
visione di un individuo particolare, cfr. Luhrmann, l.c. Una differenza essenziale tra luso di
glh nellT e il concetto di rivelazione nts. sta nel
fatto che nellAT manca completamente una
stretta associazione tra rivelazione e fede; glh
nellAT indica un manifestarsi di Dio, che pu es
sere sperimentato.
C.Westermann ! R.Albertz

In arab. compaiono due termini diversi: gamalct racco


gliere e gamula essere bello (con derivazioni, p.e.
ginnlat totalit, somma ). Sul problema delletimolo
gia cfr. L.Kopf, VT 8, 1958, I68s.

369

im

gml RENDERE, TRIBUTARE

1/ La radice gml si trova sicuramente ed origi


nariamente solo in acc., ebr. e arab.; i significati
sono tuttavia abbastanza diversi.
Lacc. ha gamlun trattare amichevolmente, risparmiare,
salvare (AHw 275s.; CAD G 21-23) e numerose deri
vazioni, in particolare gimiffu contraccambio amiche
vole (di rado in senso negativo) (AHw 288s.) cgUmfu
perfetto (AHw 294; in CAD G 110s. distinLo da
gamlu a causa del diverso significato).

Le testimonianze aram. giud., sam. e medioebr. (HAL


189a) sono semplicemente improntate al linguaggio bi
blico e non hanno alcun valore dimostrativo.

possibile stabilire un rapporto con la radice gmr


(testimoniata in acc., ug., ebr., aram. ecc.).
Nelfebr. ricorre soltanto il qal col sign. essere alla fine,
portare alla fine (Sai 7,10; 12,2; 57,3; 77,9; 138,8; cfr.
laram. bibl. gemf / perfetto in Esd 7,12). M.Dahood,
The Root GMR in th Psalms, ThSl 14, 1953, 595-597,
e Bibl 45, 1964,400, in Sai 7,10; 57,3; 138,8 traduce con
vendicare (da cui HAL 190a ripagare, punire) in
corrispondenza con Tug. gmr (WUS nr. 664; UT nr. 592)
e pone sullo stesso piano %mr/gm!\ diversamente O.Loretz, Das hebr. Verbum GMR, BZ 5,1961,261-263. Che
la radice gmr possa essere stata intesa secondo il senso di
gml, lo mostrano i LXX che in Sai 57,3 traducono gmr
con eepYET7)aoc<;.

NellAT oltre al qal viene usato soltanto il ni.


( essere divezzato ); derivazioni nominali sono:
gm l. e jfml trattamento, contraccambio e
tagml buona azione ; si possono citare anche i
nomi di persona Gmiti, Gemalli e Gamli'l
(Noth, IP 182).
2/ Il verbo gml q. ricorre 34x (23x nel sign. di
rendere, tributare , 1lx divezzare, matu
rare ), gml ni. essere divezzato 3x (Gen 21,8.8;
ISam 1,22). gemtfl si trova 19x (solo in Sai 103,2
al plur.), geml 3x (2Sam 19,37 al sing., Is 59,18
e Ger 51,56 al plur.), tagml lx (Sai 116,12 plur.
con suffisso aram.).
Delle 60 testimonianze di questo gruppo, 15 si tro
vano nei Sai, 12 in Is, 6 in ISam, 5 nei Prov.
3/ difficile assumere un solo significato pri
mario che sia valido per tutte le derivazioni. Lo
sviluppo semantico che enunceremo dovrebbe
presentare come significato base prima di tutto
quello di eseguire, fare (fino alla fine, fino alla
pienezza), completare (cfr. GB 144a portare a
compimento con un richiamo p.e. alfarab. kml
essere perfetto ). Da qui si pu giungere, da un
Iato, al sign. di fare, rendere , pi precisa
mente il bene (ISam 24,18ba; Prov 11,17; 31,12) o
il male (Gen 50,15.17; Deut 32,6; ISam 24,18b;Is
3,9; Sai 7,5; 137,8; Prov 3,30; 2Cron 20,11), il che
assume talora la sfumatura di
ripa
370

gare, restituire (2Sam 19,37), Cfr. il duplice si


gnificato anche nelfacc. turru gimilla (AHw 289a;
vd. sp. 1). Proprio in questo modo un rapporto di
suguale viene appianato e viene portato a compi
mento (cfr. p.e. Sai 7,5). gml pu cos essere usato
anche in parallelo con s/m pi. ripagare (Gioe
4,4; Sai 137,8). Dairaltro lato, dal punto di par
tenza che abbiamo sopra indicato si sviluppa un
altro sign. portare a compimento (un bambino)
= divezzare (ISam l,23s.; Re 11,20; ls 11,8;
28,9; Os 1,8; Sai 131,2) e maturare (Num 17,23
mandorle sulla verga di Aronne; Is 18,5 uva).
11 sost. gemf ricorre solo nel senso di restituire e
ripagare-(Is 3,11; Prov 12,14; 2Cron 32,25) o di
fare bene o male (Gioe 4,4.7; similmente g'ml
in 2Sam 19,37), che pu ricadere su chi lo compie
(Giud 9,16; Abcl 15; Sai 28,4; 94,2; Lam 3,64).
gcmf pu essere usato, come il verbo, in parallelo
con s/m (Is 59,18; 66,6; Ger 51,6; Gioe 4,4; Sai
137,8; Prov 19,17; con sub hi. ricambiare Gioe
4,4.7; Sai 28,4; 94,2; Prov 12,14; Lam 3,64);
4/ Anche per descrivere il rapporto di Dio con
fuomo (2Sam 22,21 = Sai 18,21) e viceversa
(Gioe 4,4) si usano derivazioni dalla radice gm/. I
testi fanno risaltare specialmente lazione di Dio
per il bene(Is 63,7; Sai 13,6; 103,10; 116,7; 119,17;
142,8), ma non s pu facilmente mettere in evi
denza una particolare sfumatura di significato in
tale contesto. Il sostantivo indica le azioni divine
(Sai 103,2), che ripagano un corrispondente com
portamento umano (Is 35,4). Viene spesso con
giunto con s/m pi. (vd. sp. 3; ls 59,18, qui anche
gem\66,6), con cui si manifesta il sign. origina
rio completare, restituire (per portare a ter
mine) (soprattutto Prov 19,17). Cos Dio pu es
sere chiamato / gem/t Dio della retribu
zione (Ger 51,56 contro Babilonia, par. con s/m
pi. la fa loro pagare cara ).
5/ gm! nel sign. di fare, rendere noto negli
scritti di Qumran, cos come gemf ( Kuhn, Konk.
45s.). I LXX, oltre a numerose altre perifrasi, s
servono in prevalenza del verbo vTot7to8$co[i.t.
o sim., in cui peraltro si ha di mira soltanto il sign.
di rendere, ripagare ; per questi vocaboli nel NT
cfr. F.Buchsel, ThW 11,170s. (= GLNT 11,1176
1180).
G.Sauer

gr RIM PROVERARE
11 verbo gV rimproverare ricorre nellAT
solo nella coniugazione qal; da essa derivano due
sostantivi femminili: geidr e mig'crcet (HAL
192a e KBL 494a con Suppl. 164). La radice si
trova anche in ug. (UT nr. 606; WUS nr. 681;
Grndahl 125) e in altre lingue affini (aram., arab.,
et., talvolta riferito anche ai muggiti dei buoi e ai
nitriti dei cavalli, cfr. ug. testo 56,23), manca in
vece nellacc. (cfr. HAL 192a).
1/

371

2/ NellAT il verbo attestato 14x, ii sost. g^r 15x, il sost. mig'crcet lx (Deut 28,20).
Mal 2,3 da mutarsi in gda\come suggeriscono
Horst, HAT 14,266; HAL ecc.; la proposta d H.Gunkel,
Schpfung und Chaos, 1896,94 n. 8, di mutare rg^ di Is
51,15; Ger 31,35 in gV non riuscita a prevalere.
Prov 13,8 va cambialo, come suggerisce Gemser, HAT
16,48 (contro F.M.Seely, Note on g'rh with Especial
Reference to Proverbs 13:8, The Bible Translator 10,
1959, 20s.); in Is 30,17 il secondo ge>,r viene cancellato
da alcuni esegeti (p.e. O.Procksch, Jesaja I, 1930, 394).

3/ Secondo P. Jouon, g'ar et geirh, Bibl 6,


1925, 318ss., e Seely, Le., 20s., il significato origi
nario di gV gridare alto, gridare a qualcuno
(cfr. anche A . A.Macintosh, A Consideration of
Hebrew gV, VT 19, 1969, 471-479). Si distingue
dai molti verbi che hanno il sign. gridare (vd.
KBL SuppL 73; s<?) perch restringe il senso a
gridare rimproverando, rimproverare . Del re
sto anche nel nostro sgridare vi implicita
lidea di un gridare o di un far rumore attorno a
qualcuno (per il ted. cfr. KJuge 643). Rimprove
rare o sgridare equi vale ad un maledire o scomu
nicare sterilizzato e addomesticato (C.Wester
mann, Grundformen prophetischer Rede, 1960,
48; van del Leeuw 463s,); significa abbassare
qualcuno. La radice gV si trova in Sai 119,21 e
Deut 28,20 accanto a forme di Vv. In molti passi
resa evidente lazione distruttiva di gV(J,Pedersen, DerEid bei den Semiten, 1914, 82; Seely, lx.,
20s); rimanendo su questo terreno, bisogna evi
tare di tradurre la radice con minacciare (cos
UAL p.e.) (Westermann l.c., 46s,: minacciare
indica fondamentalmente un gesto, lascia aperto il
problema delfavverarsi di ci che minacciato ed
quasi sempre condizionato: tutto ci non si ve
rifica per gV; cfr. Jouon, Le., 320). In Gen 37,10
dalle parole che esprimono il rimprovero si vede
chiaramente che la radice gV indica sostanzial
mente un abbassamento. I testi sapienziali di Prov
13,1; 17,10; Eccle 7,5 devono intendersi nel mede
simo senso. In questi casi soggetto di gV il padre
0 ii maestro di sapienza. Se in Ugarit Baal rimpro
vera gli dei per la loro mancanza di coraggio (137
[= III AB, B] 24), se Anat rimprovera Baal per
leccessiva veemenza nella lotta contro Jam (68 [=
III AB, A] 28), se in Ger 29,27 il capo della polizia
del tempio non rimprovera Geremia e in Rut 2,16
1servi di Booz non rimproverano Rut, perch in
ognuno di questi casi il rimproverare deve o do
vrebbe impedire qualcosa (Gunkel, lx., 59 n. 2).
In Is 30,17 gV designa unazione bellica; difficil
mente per si tratta qui del grido di guerra degli
assiri (B.Duhm, Das Buch Jesaja, s1968, 221;
J.Jeremias, Theophanie, 1965, 33 n. 2, ritiene che
questo sia il significato primario), bens con mag
giore probabilit si tratta del discorso provocatorio
che apre la battaglia (cfr, Gunkel, lx., 113), come
si pu dedurre anche dallTIiade di Omero (p.e.
XVII,1lss.; cfr. anche ISam 17,41 ss.; Enuma elis
IV,76ss.). Per indicare il grido di guerra si usa in
lJtt gr RIMPROVERARE

372

ebr. ^rtf o scrah. Lironia di Is 30,17 starebbe


| perci in questo: basta tale provocazione per far
fuggire gli israeliti.
A ci corrisponde la costruzione di glr (quasi sempre)
con be{= in senso ostile contro , BrSynt 106h) e la
costruzione di ge''r con min insieme con verbi dal si
gnificato passivo (p.e. Sai 18,16; 76,7; 80,17) o con fug
gire (Is 30,17; Sai 104,7).

4/ Luso del termine in senso propriamente teo


logico si ricollega soprattutto al rimprovero in bat
taglia, Nelle descrizioni della lotta di Jahwe contro
il caos ricorre spesso gV (Sai 104,7; Giob 26,11;
Nah 1,4; Sai 68,31; 106,9; 18,16 [= 2Sam 22,16]; Is
50,2; cfr. Gunket, l.c., 68.106.111; Jeremias,
l.c., 20,3lss.67s.90ss. 146; contro Ph. Reymond,
LEau, sa vie, et sa signifcation dans PAT, SVT
6, 1958, 188s., bisogna tener presente che la lotta
contro il caos e quindi la radice gr non apparten
gono originariamente ai raconti d creazione, cfr.
Westermann, BK 1,43). Effetti concreti di R i
sono: il mare, lacqua, il tehom, il mare dei giun
chi fuggono, indietreggiano o si seccano, le co
lonne del cielo tremano. gV in parallelo con
P ira di Dio (zcVam, q/\hm, Nah l,4ss.)
oppure con rg agitare , mh abbattere , hll
poi. trafiggere (Giob 26,11). Unito al motivo
della lotta contro il caos, gr si trova nelle epifanie
(C.Westermann, Das Loben Gottes in den Psalmen, 1953, 69ss.). Probabilmente il #7* che com
pare nel contesto della lotta di Jahwe contro le na
zioni (Is 17,13; Sai 9,6; Is 66,15 epifania per il giu
dizio finale; Sai 80,17; 76,7 al mare dei giunchi) e
contro gli spiriti di Belial (1QM 14,10) si ricollega
anchesso al motivo della lotta contro il caos. Nei
casi in cui Israele oggetto del rimprovero divino
(Is 51,20; 54,9), compare quasi sempre nel sotto
fondo Jahwe come lottatore. In Mal 3,11 il rim
provero di Jahwe tende ad impedire la voracit
delle cavallette (Horst, HAT 14,273), in Zac 3,2
Popposizione di satana contro un atto sovrano di
Jahwe (Horst, BK XVI,13s.).
5/ Qumran si ricollega alPuso teologico della
radice nelPAT. Per i LXX e per il NT cfr. E.Stauffer, art. mTifJLaco, ThW 11,620-623 (= GLNT
111,797-808); Joon, l.c., 320s.; H.Hanse. art.
XotSopeco, ThW IV ,295-297 (= GLNT VI,789794); H.C.Kee, NTS 14, 1967, 232-246. ^
G.Liedke

*72 ger FORESTIERO - Tt gur .


p3I dbq ADERIRE
La radice dbq ricorre solo in ebr, e in aram.,
ed anche in arab., probabilmente proveniente
dalParam. (Fraenkel 120s.); cfr. et. tbq.
Del verbo sono usati il qal, il pu., Phi. (normal1/

373

p m dbq ADERIRE

mente causativo far aderire e transitivo interno


far aderire se stesso, raggiungere ) e lho.; inol
tre si hanno laggettivo verbale dbq aderente,
attaccato e il sost. ddebceq saldatura (ls 41,7),
giuntura (IRe 22,34 - 2Cron 18,33)Fuori della Bibbia e in epoca pi o meno contemporanea
alPAT si trova soltanto Pararci. dbq q. nei papiri di Ele
fantina (5* sec a.C.; DISO 54), nei contratti che defini
scono i limiti dei poderi, delle parti dei fabbricati ecc.
(p.e. BMAP 9,9 7/ ih bjt Qnhntj dbq Ih gr b'gr al di so
pra di essa la casa di Q. confina con essa muro a
muro ), e anche nel GenAp di Qumran con il signifi
calo di raggiungere (per lo pi in espressioni stereo
tipe, p.e. 21,1 'd dj dbqt b/i 7 fin che giunsi a Betel ).

2/ NelPAT questo gruppo attestato con una


certa uniformit: 60x in ebr. e lx in aram. (dbq q.
39x, aram. q. lx, pu. 2x, hi. 12x, ho. lx; dbq 3x,
ddebceq 3x).
3/ Tutti quanti i significati s collegano stretta
mente a quello primario essere molto vicino a ;
ricorderemo qui solo i pi importanti:
a) Quando si riferisce ad oggetti, il qal esprime
neutralmente la condizione: aderire, essere at
taccato, stringersi, confinare, e il verbo, tranne
che in Gen 19,19, viene costruito intransitiva
mente con le prep. be, le, 'cel, 4im e afr . In que
sto senso si ha anche il causativo hi. far aderire
con be oppure ce!.
b) Riferito a persone il qal significa essere (vo
lontariamente) attaccato a, attenersi a, stare dalla
parte di ecc., mentre Phi. (in senso transitivo in
terno) farsi vicino in un contesto bellico equi
vale a raggiungere, andare a prendere, seguire
(con un oggetto oppure con ahar).
In aram. i significati raggiungere e seguire si
hanno parzialmente anche in qal (GenAp, pai. crist. e
sir.); per il mutamento di significato cfr. dbq con 'ahar
in Ger 42,16.
c) Il verbo maggiormente sinonimo hsq q. aderire
(nellamore) (8xX che viene usato per indicare una re
lazione fra uomo e donna (Gen 34,8; Deut 21,11), fra
Puomo e Dio (Sai 91,14) e fra Dio e luomo (Deut 7,7;
10,15), come pure pi comunemente nel significato di
aver piacere (di far qualcosa) (IRe 9,19 = 2Cron 8,6,
col sost. corrispondente hsceq piacere, desiderio 1Re
9,1.19; 2Cron 8,6). hsq pi. rivestire (Es 38,28, il cor
rispondente pu. in Es 27,17; 38,17, come pure hisstiq
[collegamento =1 raggio IRe 7,33) e hsq rac
cordo (8x in Es 27,10s.; 36,38; 38,10-19) hanno as
sunto un significato specifico in campo architettonico.
d) Come opposti di dbq aderire possono essere citati
kzb lasciare (Gen 2,24; Rut 1,14.16), sur ritirarsi
(2 Re 3,3; 18,6) e 7h me "ah0r distaccarsi da (2Sam

20,2).

4/ Luso teologico di dbq aderire a (Dio) si


riconnette senzaltro al significato citato sopra in
3b. Eccetto Sai 63,9 a te aderisce lanima mia ,
tutti gli altri testi appartengono al linguaggio dtn.dtr.: Deut 4,4; 10,20; 11,22; 13,5; 30,20; Gios 22,5;
374

23,8.(12); 2Re 18,6. Cfr. anche limmagine di altro


genere in Ger 13,11 e hsq q. aderire
(nellamore) in Sai 91,14. Resta incerto (N.Lohfink, Das Hauptgebot, 1963, 79) se nelluso dtn.dtr. abbia maggiore risonanza la parola parallela
hb amare (cfr. Deut 11,22; 30,20; Gios 22,5;
23,1 ls.; hb del resto parallelo a dbq in Gen 34,3;
IRe 11,2; Prov 18,24) o la fedelt nelladesione
(cfr. 2Sam 20,2 e anche W.L.Moran CBQ 25,
1963* 78; dbq accanto a 1bd in Deut 10,20; 13,5;
Gios 22,5; 23,7s.). II verbo per lo pi solo un
pleonasmo facoltativo in lunghe liste di verbi che
esprimono la giusta relazione con Dio (vd. la ta
bella in Lohfink l.c., 303s.). A differenza di
quanto avviene con i due verbi dtn. hb
amare e hsq aderire per amore (Deut 7,7;
10,15), Dio non mai soggetto di dbq.
5/ Luso teologico dtn. non si ritrova pi a
Qumran n nel NT (eccetto forse in ICor 6,17);
una parte pi importante spetta invece a Gen 2,24
(cfr. K.L.Schmidt, art. xoXXdco), ThW IJl,822s.
= GLNT V,755-760).
EJenni

dbr

PAROLA

1/ 1/ I lessicografi distinguono nelfebr. dbr


due radici diverse: 1 essere dietro, volgere le
spalle (arab. dubfujr) e II parola, cosa . Men
tre la radice T, abbastanza rara, possiede una serie
di derivati (debir spazio retrostante, dbcer
pascolo , dbert zattera , midbr steppa ),
la radice 11 resta invece stranamente isolata e si li
mita sostanzialmente ai vocaboli comuni dbr
parola, cosa e dbr pi. parlare . Oltre alla co
niugazione pi. compaiono le coniugazioni qal, ni.,
pu. e hitp., molto meno sviluppate. In connes
sione etimologica con dbr II si hanno inoltre dibrd
cosa , che una formazione secondaria deri
vante da dbr, e dibbr, rara forma nominale de
rivata dal verbo, e anche, come nome di stru
mento, midbr (II), strumento per parlare,
bocca .
Nellespressione preposizionale ''af-dibrat (Eccle 3,18;
7,14; 8,2) M.Dahood, Bibl 33, 1952, 47s., vede una
forma fen. a causa della finale
InoJtre Papaxlegomenon dabbmcet (Deut 33,3) deriva
forse dal verbo dbr pi.; cfr. tuttavia l.L.Seeligmann, VT
14, 1964, 80, che sostiene una derivazione da dbr I
( dietro di te ).
Ci si potrebbe poi ancora chiedere se non si debba vedere
dbr anche in dcebcer peste bubbonica e se non lo si
debba intendere come termine eufemistico.
HAL 201 b pone sotto dbr pi. 1 volgere le spalle non
solo Giob 19,18; Cant 5,6 (2Cron 22,10 sterminare,
cfr. dbr hi. sottomettere Sai 18,48; 47,4), come fa an
che KBL 199b, ma anche Is 32,7; Sai 75,6; 127,5. Inol
tre si vuol vedere un dbr pi. III aver discendenza in
Prov 21,28 (HAL 202b). Barr, CPT 324, elenca altre
supposizioni.

375

2/ Finora non si ancora trovata per dbr


unetimologia soddisfacente.
Sulla relazione etimologica Ira dbr I e dbr II cfr. p.e.
W.LesIau, Language 25, 1949, 316; J.T.Milik, Bibl 38,
1957, 252. J.Barr, The Semantics of Biblical Language,
1961, 129-138, ne contesta labuso.
In genere dbr II viene posto in relazione con debr
ape e spiegato come termine onomatopeico ( ron
zare ). Contro la supposizione di Buhl, che il significato
primario di dbr sia una cosa di cui si tratta nei dibat
titi giudiziari e nelle assemblee popolari (F.Buhl, Uber
die Ausdriicke fir; Ding, Sache u.. im Semitischen, FS
Thomsen 1912, 33), sta il fatto che nel linguaggio giuri
dico dbr viene usato molto raramente e dbr pi. non
mai usato; vd. st. III/2.
Il raro termine acc. dab/pru saziarsi (CAD D 104a)
appartiene ad un ambito semantico diverso da quello
delTebr. dbr e non pu essere usato per stabilire letimo
logia di questultimo.

Lacc. possiede tuttavia in dabba un vocabolo


ampiamente sviluppato, che semasiologicamente
- nel nome e nel verbo - corrisponde alla radice
ebr. in modo sorprendente. In quanto sostantivo
dabbu, come lebr. dbr, indica discorso e
causa giudiziaria , in quanto verbo parlare
nel senso pi ampio (CAD D 2-14; AHw 146s.).
Anche Pebr. possiede la radice dbb\ dibb dice
ria, maldicenza (9x). Si dovrebbe per accertare
se laffinit semasiologica tra laccadico dabbu e
Pebr. dbr/dbr non sia un puro caso, oppure se
tale affinit non nasconda una connessione etimo
logica. Lisolamento semasiologico in cui si trova
il dbr del semNO. fa supporre che si tratti di una
radice dbr solo in apparenza, e che i vocaboli do
vrebbero essere sorti per formazione analogica,
mediante la quale un originario dbb sarebbe
stato assimilato alla radice mr dire semasio
logicamente vicina e parzialmente sinonima.
Laffinit fonetica tra dbr e mr riguarda non solo
la terza radicale, ma anche la seconda, che
una labiale. Qui ricordiamo solo il fenomeno ben
conosciuto per il quale gruppi di radici con due
radicali comuni molto spesso sono semasiolo
gicamente identici o affini (cfr. Moscati, Introduction 72s.).
3/ Al di fuori dellebr. (cfr. anche le ricorrenze
nei cocci di Lachis e nelf iscrizione di Sloe, r. 1)
la radice usata raramente nel fen. pun. (pi. par
lare e sost. parola, cosa ) e nelfaram. impe
riale (solo nellespressione 7 dbr in riferimento
a) (DISO 55). NelParam. bibl. compare solo la
formazione nominale dbr affare (Dan 2,30;
4,14; cfr. KBL 1063b).
NelPug. manca dbr II; per dire parlare e parola si
usa la radice rgrrt (cfr. UT nr. 2307; WUS nr. 2491).

II/
11 nome dbr attestato 1440x e nelfelenco
dei sostantivi pi frequenti sta al 10 posto. Per
quanto riguarda il verbo, la coniugazione pi. con
1084 ricorrenze senza confronti molto pi fre
quente del qal (41x).
1 2 1 dbr PAROLA

376

In Lis. manca dbr di 2Cron 8,14 (lCron 17,6; 2Cron


34,16 in appendice); nel verbo Giob 16,4 viene indicato
come qal anzich pi. Nella tavola seguente non sono in
clusi 15 dbr come nome proprio in Am 6,13 (egc.) e
dbr pi. Ili di Prov 21,28 avere discendenza , sono in
vece inclusi (contro Jenni, HP 231.282 secondo HAL
201b) ls 32,7; Sai 75,6; 127,5 (vd. sp. 1/1). La distinzione
tra sing. e plur. segue sempre il Q (sing. in Giud 13,17;
IRe 8,26; 18,36; 22,13; Ger 15,16; Sai 105,28; 119,147;
Dan 9,12; Esd 10,12; plur. in Sai 147,19).

dbar
plur.
sing.
Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Gioe
Am
Abd
Giona
Mi

31
39
7
24
49
23
13
47
55
86
43
33
118
70
2
2
6

30
23
1
5
47
9
7
31
13
38
65
14
86
12
2

5
2

Nah

?
6
13
1
48
9
17
3

Zac
Mal

Sai
Giob
Prov

Rut
Cant
Eccle

Lam
Ester
Esd

Neem
lCron
2Cron

AT ebr.

61
62
8
29 '
96
32
25
78
68
124
108
47
204
82
4
2
9

5
3

1
7
2
21
11
19

2
7
20
3
69
20
36
3

15

pi.

qal

72
86
66
|t 5
69
32
27
41
37
77
50
46
109
64
7
1
2
1
1
2

24

1
1

3
1

3
4

1
.

1
1

1
1
-

11

46
37
7
3

Dan

totale

Ab
Sof
Agg

dbr

24
12
10
16
20
36

13
9
4
13
10
42

37
21
14
29
30
78

33

886

554

1440

1084

6
IS
1
4
10

9
1
2

1
1

41

Ricorrono inoltre: dbr ni. 4x (Ez 33,30; Mal


3,13.16; Sai 119,23); pu. 2x (Sai 87,3; Cant 8,8),
hitp. 4x (Num 7,89; 2Sam 14,13; Ez 2,2; 43,6),
dibra 5x (Sai 110,4; Giob 5,8; Eccle 3,18; 7,14; 8,2)
dibbr 2x (Ger 5,13; 9,7), dabbcrcet lx (Deut
33,3); midbr lx (Cant 4,3); aram. bibl. dibr 2x
(Dan 2,30; 4,14).
a) Il significato primario di dbr pi. si
distacca abbastanza chiaramente da quello del
verbo mr dire, parlare, semasiologicamente
vicino e in parte sinonimo. Mentre in questul
111/

377

1/

dbr PAROLA

timo quello che conta il riferimento al contenuto


di ci che viene detto, con dbr pi. si indica anzi
tutto il fatto del parlare, il pronunciare parole e
frasi. Mentre mr esige che il contenuto del di
scorso venga dato esplicitamente (nel discorso di
retto) o venga caratterizzato sufficientemente dal
contesto (perci mr non viene usato da solo), dbr
pi. pu stare da solo senza che venga indicato ci
che si comunica (p.e. Gen 24,15; Giob 1,16;
16,4.6; cfr. Jenni, HP 165).
Data la maggiore concisione di dbr pi., naturale che i
suoi soggetti derivino da un campo semantico mollo pi
limitato e unitario, diversamente da quanto avviene per
'mr. Mentre 'mr pu avere una gran quantit di soggetti
parlanti (terra, mare, bestie, alberi, notte, fuoco, opera,
proverbio ecc.), in dbr pi. i parlami sono quasi esclusiva
mente delle persone (dei o uomini) oppure termini che
designano strumenti con cui si parta: bocca, labbra, lin
gua, voce. Anche in Giob 32,7 parlino i giorni
si pensa agli uomini. Inoltre soggetto di dbr pi. anche
lo spirito di Jahwe (2Sam 23,2) e il cuore (Sai 41,7
txt?).

Tuttavia anche dbr pi. designa spesso il pronun


ciare un contenuto determinato. Come transi
tivo dbr pi. ha una grande capacit di assumere
diversi oggetti. Il pi frequente dbr (sing.
e plur ), inoltre designazioni di valori morali e
ideali, che costituiscono il contenuto di ci che
viene detto: bont, malvagit, verit, menzo
gna, fedelt, defezione, saggezza, stoltezza, fie
rezza, umilt, salvezza, perdizione, giustizia,
follia ecc.
La natura del discorso pu essere precisata anche con ag
giunte avverbiali: con presunzione (Deut 18,22),
segretamente (ISam 18,22; Is 45,19; 48,16), in
vano (Ez 6,10), nel cuore (ISam 1,13), arrogante
mente (Sai 17,10).

Per quanto riguarda la persona cui ci si rivolge, dbr


pi. si distingue chiaramente da mr. Mentre per
questultimo basta un leper esprimere la stretta re
lazione con luditore, dbr pi. esige normalmente la
preposizione pi forte cW, che con questo verbo
circa dieci volte pi frequente di
Talvolta dbr pi. unito a verbi complementari, che ne il
lustrano meglio il concetto, p.e. smk ascoltare (Is
66>4; Giob 42,4), Im ni. essere muto (Ez 24,27), hsh
tacere (Eccle 3,7) sh eseguire (Ez 12,25.28).

b) Il qal ha un senso che si allontana un po1 dal


pi. Il frequente part. att. designa per lo pi chi
solito esercitare la parola, chi dice qualcosa per in
carico ricevuto o a causa della sua natura interiore:
verit (Sai 15,2), menzogna, falsit (Ger 40,16; Sai
5,7; 58,4; 63,12; 101,7), giustizia (Is 33,15; 45,19;
Prov 16,13), salvezza (Est 10,3), stoltezza (Is
9,16), insolenza (Sai 31,19); in Zac 1lx per Pangelo interprete del profeta; in Gen 16,13 per l
r7, il Dio particolare di Agar, che era solito par
lare con lei; Num 27,7 e 36,5 per un discorso che
costante sulla bocca di qualcuno (Nyberg 221;
cfr. anche la distinzione tra dbr qal e pi. in Jenni,
HP 164-170).
378

2/ a) Come la radice acc. dbb, anche quella ebr,


dbr ha una funzione nominale, oltre a quella ver
bale. Il significato primario del nome dbr corri
sponde esattamente a quello del verbo: ci che
viene detto, parola ,
La differenza tra dbr pi. e 'mr trova corrispondenza in
quella tra dbr e mter (mr 3c). Come indica anche
la frequente espressione *mr-pi ipka/pTw discorso
della mia/tua/sua bocca , in 'incer essenziale il carat
tere orale. Si tratta anzitutto di una parola di comunica
zione, di un puro mezzo di comunicazione e di informa
zione orale tra {tersone distanti, dabr solo eccezional
mente (Ger 9,19; Sai 36,4; Prov 18,4; Eccle 10,12.13)
viene collegato con bocca in una catena costrutta; pi
spesso invece viene unito a vocaboli che indicano la
parola nel suo contenuto, in particolare con designa
zioni di valori morali e religiosi (vd. sp. Ili/ 1a per gli og
getti di dbr pi.).

b) Rispetto al verbo dbr presenta invece un am


pliamento di significato, che allinterno delPAT
stesso non fu inteso come uno spostamento di
senso: dbr non indica solo parola , ossia il
supporto linguistico di una realt significativa, ma
anche il contenuto stesso. Qui per bisogna fare
unimportante riserva. Se si suppone un duplice
senso di dbr (pi o meno parola cosa ),
per spiegare questa duplicit semasiologica non si
dovrebbe ricorrere alla concezione del mondo che
avevano gli antichi, i quali non conoscevano al
cuna netta separazione tra lo spirituale e il mate
riale. La contrapposizione tra parola e cosa
non quella tra spirituale e materiale, dbr non
sta per oggetto in senso materiale, per esempio
in contrapposizione a persona o come designa
zione della propriet di qualcuno (cfr. keJ og
getto, utensile), ma, secondo il suo carattere,
una pura astrazione, dbr conserva un po sem
pre laspetto di attivit espresso dal verbo: indica
qualcosa che si pu prestare a discussione o
a trattazione o ne pu diventare oggetto, come
affare, avvenimento, episodio (p.e. ISam
4,16; 10,16; 21,9; 2Sam 1,4; Re 12,30; Rut
3,18; Est 1,13; 2,22; 8,5; Esd 10,9). Sono caratteri
stiche le formule dibrc hajjmlm i fatti dello
anno nel senso di annali (Re 14,19 e altre
32x sfcer dibr hajjmfm in l/2Re; similmen
te Est 2,23; 6,1; 10,2; Neem 12,23; cfr. lCron
27,24) e lunione frequente di dibr con un no
me personale, normalmente quello di un re (p.e.
Re 11,41 la storia di Salomone), e infine
haddebrim h'lice questi fatti (Gen 15,1;
22,1.20 ecc.).
c) dbr si presta inoltre ad essere usato come ter
mine sostitutivo, quando non si ha a disposizione
unespressione particolare, oppure quando questa
deve essere evitata (p.e. Gen 19,8; ISam 20,2;
2Cron 2936), specialmente con una negazione
(p.e. ISam 20,21; 22,15) oppure con kl tutto
(Num 31,23; Giud 18,7; 19,19). In questo senso
attenuato dbr ha assunto anche la funzione di
un pronome indefinito; anche altri nomi hanno
379

subito una simile attenuazione ed un simile svuo


tamento di significato, p.e. mela,k lavoro >
qualcosa (Es 36,6; Lev 7,24 ecc.). dbr as
sume un senso pi preciso mediante determina
zioni attributive o genitivali, o quando riferito ad
un fatto o ad unazione.
dbr pu anche designare la natura e il fonda
mento di un affare o di un evento (Gios 5,4; 1Re
11,27), particolarmente se unito a Kal usato come
preposizione o come congiunzione: a causa di,
poich ; in Eccle 3,18; 7,14; 8,2 si ha clibr con la
stessa funzione.
d) singolare il fatto che dbr non abbia un uso fre
quente nel linguaggio giuridico, ed dubbio se ricorra
talvolta come termine tecnico giuridico. Forse questo sa
rebbe il caso dellespressione particolare bKul dcbrim
(Es 24,14): chi ha una questione. In altri passi non
sembra possibile intendere dbr come termine tecnico
giuridico in senso pregnante (Es 18,16; 22,8; Deut 1,17;
16,19; 19,15). Probabilmente dbr qui un sostituto
impreciso del termine tecnico rib,

*3/ Nelfaram. bibl. per dbr e dbr pi. si hanno


gli equivalenti mill parola, cosa (24x in Dan)
e mi/ pa. parlare (5x in Dan). Dallaram. (cfr.
KBL 1093b.l094b; DISO 152.154) questi vocaboli
sono passati anche neMebr. (cfr. Wagner nr.
171.172), dove si hanno mill parola 38x (Giob
34x, inoltre 2Sam 23,2; Sai 19,5; 139,4; Prov 23,9)
e m/lqal far cenni lx (Prov 6,13), pi. parlare,
annunciare 4x (Gen 21,7; Sai 106,2; Giob 8,2;
33,3; per lCron 25,4.26 cfr. Rudolph, HAT 21,
166$.).
Un altro sinonimo in aram. pitgm parola, messag
gio, che un prst. dalfantico persiano (KBL 1114b;
DlSO 238; nellaram. bibl. 6x in Dan 3,16; 4,14; Esd
4,17; 5,7.11; 6,11); esso ricorre anche in ebr. come aramaismo (Eccle 8,11; Est 1,20; cfr. Wagner nr. 241).

IV/ 1/ Dio/Jahwe circa 400x soggetto di


dbr pi. Un uso teologico vero e proprio si ha
soprattutto in quei passi nei quali parlare
usato in assoluto, cio senza oggetto n alcuna
specificazione avverbiale. Jahwe/Dio (opp. la
bocca di Jahwe) ha parlato ricorre in circa 40
passi, quasi tutti nei profeti, con frequenza parti
colare in Ez (18x) e ls (12x), raramente invece
in Ger (lx in 13,15); allinfuori dei profeti in
Sai 50,1.7.
Luso delle preposizioni conisponde a quanto si detto
in lll/la , cio 'ael anche nel linguaggio teologico ha una
notevole preponderanza (pi di 150 ricorrenze). Molto
meno frequenti sono le preposizioni lee a/, pi o meno
pari tra loro come numero di ricorrenze.

2/ a) Nel linguaggio teologico ha un rilievo


molto pi grande il nome dbr, che un impor
tante concetto teologico, soprattutto nelfespressione debar Jhwh parola di Jahwe (oltre alle
teologie dellAT cfr. O.Grether, Name und Wort
Gottes im AT, 1934; L.Durr, Die Wertung des
gttlichen Wortes im AT und im antiken Orient,
1 2 1 dbr PAROLA

380

1938; W.Zimmerli, RGG VIJ809-1812). Nel


senso di cosa che riguarda Dio l'espressione
appare solo in lCron 26,32 e 2Cron 19,11, in en
trambi i casi contrapposta alla parallela debar hammclcek cosa che riguarda il re. Altrimenti
debar Jhwh significa sempre la parola di Jahwe
(242x nellAT, inclusi 9 passi in cui il nome di Dio
suona diversamente) e quasi sempre (225x)
lespressione termine tecnico per indicare la ri
velazione profetica.
Il modo con cui sono distribuiti i suddetti 242 passi
(233x debar Jhwh escluso 2Cron 19,11; inoltre debor
>adnj Jhwh in Ez 6,3; 25,3; 36,4; dbar (ha)1tplhm in
Giud 3,20; ISam 9,27; 2Sam 16,23; IRe 12,22; lCron
17,3; escluso lCron 26,32; debar **lhnit in Ts 40,8) in
dica una frequenza molto grande nella letteratura profe
tica, incluse le narrazioni profetiche: Ez 60x, Ger 52x,
IRe 34x, 2Re 16x, Zac 13x, ls e 2Cron 9x, ISam 8x,
lCron 6x, Agg 5x, 2Sam 4x, Giona 3x, Gen, Es, Gios,
Os, Am, Mi, Sof, Sai 2x, Num, Deut, Giud, Gioe, Mal,
Dan, Esd lx; perci 152x in Is-Mal e 62x in lSam-2Re.
In pi della met dei casi debar Jhwh soggetto, con hjh
'cel essere rivolto a come predicato I18x (Gen 15,1;
ISam 15,10; 2Sam-7,4; 24,11; IRe 6,11; 12,22; 13,20;
16,1.7; 17,2.8; 18,1.31; 21,17.28; 2Re 20,4; Is 28,13; 38,4;
Ger 29x, cfr. H.Wildberger, Jahwewort und prophetische Rede bei Jeremia, 1942, 19-42; Ez 50x, cfr. Zim
merli, RK XIII,88-90; Giona 1,1; 3,1; Agg 1,1.3; 2,10.20;
Zac 1,1,7; 4,7; 6,9; 7,1.4.8; 8,1.18; Dan 9,2; lCron 17,3
debar IdhJm; 22,8; 2Cron 11,2; 12,7; cfr. anche Gen
15,4 e IRe 19,9 con hinri anzich hjh). Predicati che ap
paiono di rado con debar Jhwh sono glh ni. essere riveiato (ISam 3,7),,/s uscire (Is 2,3 = 4,2), qum sus
sistere (Is 40,8).
debar Jhwh oggetto in 52 passi, di cui 36x rispetto al
verbo sm udire (incluso ISam 9,27 debar ?<pIhim
con sm hi.); altri predicati sono bzh disprezzare
(Num 15,31; 2Sam 12,9), drs cercare (IRe 22,5 =
2Cron 8,4), klh adempiersi (Esd 1,1 = 2Cron 36,22),
m's respingere ( ISam 15,23.26), mi' pi. adempiere
(IRe 2,27; 2Cron 36,21), inoltre una volta sola bqs pi.
cercare (Am 8,12), jr temere (Es 9,20), ngd hi.
annunciare (Deut 5,5), qitm hi. eseguire (ISam
15,13), r*h vedere (Ger 2,3! txt?), smr osservare
(2Cron 34,21).

Come gi dbr nelPambito profano non un ter


mine giuridico duso comune, cosi neppure debar
Jhwh ha un carattere giuridico. Solo in sette passi
Pespressione designa chiaramente la parola di
Jahwe in quanto legge: Num 15,31; Deut 5,5;
2Sam 12,9; lCron 15,15; 2Cron 30,12; 34,21; 35,6;
tutti questi passi sono tardivi.
b) La catena costrutta con il plurale dibr Jhwh ri
corre 17x (Es 4,28; 24,3.4; Num 11,24; Gios 3,9;
ISam 8,10; 15,1; Ger 36,4.6.8.11; 37,2; 43,1; Ez
11,25; Am 8,11; 2Cron 11,4; 2Cron 29,15); tre
passi hanno inoltre '*lhm (Ger 23,36; Esd 9,4;
ICron 25,5). Lespressione con il plurale oggetto
di verbi del parlare pi ancora che Pespressione
con il singolare: ngd hi. annunciare (Es 4,28);
spi pi. raccontare (Es 24,3), dbr pi. procla
mare (Num 11,24; Ger 43,1; Ez 11,25), mr
dire (ISam 8,10), qr> gridare (Ger 36,6.8).
Anche nel Pespressione con il plurale c un riferi
381

1 2T 1T dbr PAROLA

mento alla rivelazione profetica, ma non cos


esclusivamente come nellespressione con il sin
golare.
c) Al di fuori delle catene costrutte, dcibrf debrim
ricorre pi di 300x in riferimento a Dio. In circa
3/4 di questi passi il vocabolo designa la rivela
zione profetica, e qui il plurale ha una frequenza
molto maggiore che nelle catene costrutte (con un
rapporto di circa 4 a 5 tra il sing. e il plur.). In circa
1/5 di questi passi, quindi molto pi spesso che
nelle catene costrutte, la parola designa qui la
legge di Dio, Questuso di dbr si trova gi in
epoca pre-dtr., anche se raramente e con determi
nate limitazioni: solo al plurale e solo per indicare
la legislazione dell1alleanza del Sinai. Nel Deut il
termine si riferisce anche ad altre leggi (p.e. Deut
12,28; 15,15; 24,18.22; 28,14; 30,14). Lo stesso uso
pi attenuato anche in P (Es 29,1; Lev 8,36 ecc.).
In testi dtr. e post-dtr. dibr (st. costr. plur.)
unito a diversi termini di contenuto morale, giu
ridico e cultuale: tor (Deut 17,19; 27,3.8.26;
28,58; 29,28; 31,12.24; 32,46; Gios 8,34; 2Re
23,24; Neem 8,9.13; 2Cron 34,19); -berit (Deut
2S,69; 29,8 [cfr. v. 18 ~l\\ 2Re 23,3; Ger
11,2.6.8; 2Cron 34,31), sifcer libro (della legge,
dellalleanza) (2Re 22,11.13.16; 23,2; 2Cron
34,21.30). Da questattenuazione d significato
consegue che la precedente distinzione tra dbr
profetico e dbr giuridico viene praticamente a
cadere nei testi dtr. e post-dtr.
Nella letteratura sapienziale (Prov e Eccli) dbr, come i
termini affini tor e misw comandamento , indica la
dottrina della sapienza, e non compare nel significato di
parola di Dio (cfr. E.G.Bauckmann, ZAW 72, 1960,
33-63).

d) Come vocabolo teologico specifico dbr viene


distinto chiaramente nellAT dal termine affine
sem nome . Mai essi ricorrono insieme come
soggetto o come oggetto d una stessa frase, n
come termini interscambi abili o corrispondenti in
versi paralleli. A questa separazione formale dei
due vocaboli corrisponde una differenza concet
tuale: sm in quanto nome di Do lo designa
come persona, ha quindi a che fare con Dio nella
sua totalit, dbr invece espressione del pen
siero e della volont di Dio (Grether, l.c., 169).
sm comunica la presenza di Dio nel mondo,
dbr la sua attivit in esso. Il primo la forma
rappresentativa, il secondo la forma volitiva con
cui Jahwe si manifesta (ibid. 179). Caratteristico
in questa differenza il fatto che solo una volta si
parla di parola santa di Dio (Sai 105,42), men
tre sm spesso legato al concetto di santit
(-qds).
e) Nella discussione sulla cosiddetta ipostatizza
zione delle azioni e degli attributi divini anche d
br ha avuto unimportanza considerevole. Lassolutzzazione e la personificazione del dbr, che
hanno raggiunto il loro massimo sviluppo solo
nel periodo postcanonico, si riscontrano gi nel382

PAT (cfr. Grether, l.c., 150ss.; Drr, l.c., 122ss.;


H.Ringgren, Word and Wisdom. Studies in th
Hypostatization of Divine Qualities and Functions in th Ancient Near East, 1947, 157ss.). I
passi pi significativi dell1AT sarebbero: Is 9,7 il
Signore manda una parola contro Giacobbe, ed
essa cade su Israele; 55,10-11 poich come la
pioggia..., cos la mia parola che esce dalla mia
bocca: non ritorna vuota a me, ma opera ci che
ho stabilito e realizza ci per cui lho inviata ; Sai
107,20 ai quali invi la sua parola, per salvarli ;
147,15 che manda la sua parola sulla terra . Le
discussioni che si fanno a questo riguardo inten
dono per quasi sempre lipostatizzazione come
un fenomeno simile a quelli conosciuti nella storia
delle religioni, cio come una specie di mitologizzazione: un attributo divino viene separato dalla
divinit, reso indipendente e inteso come una
realt a s o addirittura come una particolare divi
nit. Bisogna vedere tuttavia se si pu distinguere
l ipostatizzazione di attribuii divini dalla co
mune inclinazione a concretizzare e a vitalizzare
realt astratte, frequente nelPAT. Al pari degli at
tributi divini, vengono concretizzati e resi auto
nomi anche sentimenti e attivit umane: malva
git, stoltezza, paura, speranza, collera, bont, fe
delt ecc. (Sai 85,lls.; 107,42; Giob 5,16; 11,14;
19,10 ecc.; cfr. G.Gerleman, Bemerkungen zum
atl. Sprachstil, FS Vriezen 1966, 108-114).
3/ Il termine mill parola , che proviene
dallarea linguistica aram. (vd. sp. III/3), raro
nel linguaggio teologico. Solo due volte ricorre per
designare la parola divina (2Sam 23,2; Giob 23,5;
inoltre aram. in Dan 4,30), mai per in una catena
costrutta con Jahwe o Dio.
V/ Nei testi di Qumran sono frequenti tanto il
verbo quanto il nome. Kuhn, Konk. 47-49, elenca
rispettivamente pi di 50 e pi di 90 ricorrenze.
1 LXX traducono in genere dbr pi. con XaXeiv
(mr 5). Per dbr venuto meno luso lingui
stico relativamente unitario delPAT ebr.; il ter
mine tradotto con due vocaboli greci, Xyo<; e
pTjfjLot, che stanno tra loro in un rapporto di circa
2 a 1 nelle ricorrenze dei libri canonici (cfr.
E.Repo, Der Begriff Rhma im Biblisch-Griechischen, l, 1951, 188).
Nel NT luso linguistico concorda con quello
delPAT, nel senso che parola di Dio designa la ri
velazione di Dio nello Spirito e quindi sinonimo di
vangelo . Inoltre la parola, il logos, viene posta in
stretta connessione e quasi identificata con
la persona di Ges. Numerosi studi sul Xyo;
trattano pi o meno a fondo anche la preistoria del
termine nelPAT e nel giudaismo palestinese ed el
lenistico. Citiamo: A.Debrunner - H.Kleinknecht
- O.Procksch - G. Kit tei, art. >iyo>, ThW IV ,69147 (= GLNT VI,199-400); G.Sthlin, art.^oOoi;,
ThW IV,769-803 (= GLNT VII,537-630); V.Hamp,
Der Begriff W ort in den aram. Bibeliibersetzungen, 1938.
G.Gerleman
383

TH

dbr

GENERAZIONE

1/ dr generazione appartiene ad una radice


del semitico comune dw, il cui sign. predo
minante nel semitico orientale durata, in
quello occidentale generazione (P.Fronzaroli,
AANLR VIII/20, 1965, 143.148). Probabilmente
non appartiene direttamente ad essa il gruppo for
mato dallacc. dru muro di cinta (AHw 178),
dallebr. dr campo di tende (a forma circolare),
dimora (Is 38,12) e dr circolo (Is 29,3;
palla ? Is 22,18; cfr. anche dr accatastare in
cerchio Ez 24,5), dallaram. bibl. dr abitare
(7x in Dan; KJ3L 1064a; in Sai 84,11 prst.
daIParam., cfr. Wagner nr. 68), medr (Dan
4,22.29; 5,21) e nfdr (Dan 2,11) abitazione,
dallarab. dawr circonferenza, giro , dra cir
condare , dar abitazione ecc.
A Mari, oltre ai vocaboli acc. comuni daru/duru lunga
durata , darti durare , darti perdurante , dri tu
durata, eternit (AHw 164.178), ricorre una volta
anche dru nel senso di et , come prst. dal semNO.
(AHw 164b; CAD D I15b).
Lug. dr dr corrisponde, nel raddoppiamento, allebr. dr
dr (Es 3,15); sempre in ug. ricorre anche dr bn il (par.
mpfjrt bn il) assemblea dei figli degli dei (cfr. WUS
nr. 785.786; UT nr. 697). Il fen. pun. dr significa fami
glia. stirpe (DISO 60V. anche qui si incontra l'espres
sione kl dr bn 'Im l'intera stirpe dei figli degli dei
(iscrizione d Karalepe, KAI nr. 26A, III, r. 19; cfr.
FJ.Neuberg, JNES 9, 1950, 215-217; M.Dahood, in:
Le Antiche Divinit Semitiche, edit. da S. Moscati,
1958,66).

Le attestazioni extrabibliche aram. sono tardive, p.e. sir.


dar et, generazione (LS I47a).

le opinioni sulletimologia sono divise, soprat


tutto si discute se dr sia connesso o meno con
lidea di cerchio .
Se si risponde positivamente a questo problema, allora
dr verrebbe a significare lo scorrere ciclico del tempo
all'interno del quale una generazione umana porta a ter
mine la sua evoluzione (cfr. C. von Orelli, Die hebr.
Synonyma der Zeit und Ewigkeit, 1871, 34; similmente
W.A.Ward, OrNS 31, 1962, 398s. che cita anche leg. ir
tempo). Ma la connessione etimologica del termine
con lidea di circolo viene tuttavia negata con buone
ragioni da altri studiosi (cfr. anche Fronzaroli, l.c. 143):
n lacc. dru n lebr. dr hanno a che fare con ridea di
circolo , ma hanno il senso di durata, continuit
(CAD D 108b). Una terza etimologia collega dr con
una radice dhr corsa dei cocchi , per cui *dahru >
*dru > dr propriamente significa giro in una gara
e quindi ciclo ( W.F.AIbright, BASOR 163, 1961,
50s.).

NelParam. bibl. si trova dar con significato simile


nel raddoppiamento d wedr
3,33; 4,31), e
si ha inoltre una derivazione tedr continua
zione (Dan 6,17.21; KBL 1135s.).
2/ NelPAT dr ricorre 166x (92x solo e in 37
forme raddoppiate), dar dellaram. bibl. si trova
4x. Il plur. ha 3x la forma masc. drim (Is 51,8; Sai
72,5; 102,25), altrimenti si ha drt (48x).
IH

dr GENERAZIONE

384

Questo termine particolarmente frequente nei salmi


(59x con 21 forme raddoppiate). Per quanto concerne i
profeti dot si incontra solamente in Is ( I7x, esci. 38,12),
Ger (4x) e Gioe (5x). Nel Pentateuco le fonti pi arcai
che (Gn 7,1; 15,16; Es 1,6; 3,15; 17,16; Num 32,13) e il
Deut (1 lx) usano il sing., mentre gli strati sacerdotali
usano il plur. (Gen 5x, Es I4x, Lev 14x, Num 9x).
Per la frequenza del termine nei salmi e nella tradizione
sacerdotale cfr. Tace, dar, dr e {aria) dftr dar, che appar
tengono soprattutto al linguaggio poetico e giuridico
(CAD D !08b).

3/ A differenza di tutta una serie di termini col


lettivi, che riguardano la parentela e la discen
denza (zd>ra< discendenza , misph trib , tdot discendenza ), dr si colloca primaria
mente in un ambito temporale. Comunque vada
interpretato il termine anche dal Iato etimologico,
il suo significato di ordine temporale: durata,
continuit. Ma, secondo la concezione ebraica,
un tempo che perdura non una pura astrazione.
Esso si percepisce sempre nel suo contenuto (von
Rad II,109s.). Lo spazio di tempo che viene indi
cato con dr pu essere inteso solo come durata
deiruomo che in esso vive. Il passato e il futuro
vengono descritti come un susseguirsi di molte
generazioni.
Il contenuto semantico del termine pu essere as
sai diverso. Talvolta laspetto pi sottolineato
lidea di una collettivit umana che vive in un
tempo determinato (Gen 6,9; 7,1; Es 1,6; Lev
23,43; Num 32,13; Deut 1,35; 2,14; 23,3.4.9;
29,21; 32,5.20; Giud 2,10; ls 41,4; Ger 2,31; Gioe
1,3; Sai 12,8; 14,5; 24,6; 78,6.8; Prov
30,11.12.13.14; Eccle 1,4). In questi passi dr ha
quasi sempre un significato generico, indicando
pi o meno Israele nella sua totalit, che vive in
un determinato tempo (cfr. M.Noth, UberliefeRingsgesschichtliche Studien, 1943, 21 n. 3). Solo
di rado esso assume un significato esclusivo e sta
ad indicare un gruppo pi limitato aHinterno del
popolo (Sai 24,6; 112,2; Prov 30,11-14).
In altri passi si insiste fortemente sullaspetto tem
porale, p.e. Is 51,9. Soprattutto in alcune formule
ormai fissate dalluso dr equivale ad un'indica
zione cronologica: dr wdr (30x, di cui 18x in
Sai), senza congiunzione Es 3,15; 17,16; Prov
27,24K; cfr. Pug. drdr e lacc. dr dar per sem
pre . Altre forme raddoppiate che equivalgono ad
avverbi temporali sono dr ledr (Sai 145,4), dr
drlm (Sai 72,5; preceduto da le Is 51,8; con bc Sai
102,25). La forma caratteristica e quasi esclusiva
d P il plurale con suffisso preceduto da !e (39x);
lcdrtkcem/Fdrtm//edrtw secondo le
vostre/loro/sue generazioni ha la funzione di un
avverbio temporale riferito al futuro ed in qual
che modo sinonimo di letlm (l!m).
Per Is 53,8, dove G.R.Driver, JThSt 36,1935,403, e altri

traducono dr con destino (recentemente D.W.Thomas,

EThL 44, 1968, 84), cfr. Westermann, ATD 19,214.

4/ Un uso specificamente teologico di dr non


esiste. In quanto avverbio di tempo dr non ha al
385

din G IU DICARE

cun significato escatologico. Va notata la fre


quenza assai limitata del termine nei profeti e
nelle loro enunciazioni riguardanti il futuro. An
che quando esso indica una collettivit umana,
non ha un particolare riferimento teologico. Rara
mente la generazione fatta oggetto di una va
lutazione religiosa od etica (Deut 1,35; 32,5.20; Sai
12,8; 14,5; 24,6; 78,8; 112,2; Prov 30,11-14).
5/ Per i testi di Qumran Kuhn, Konk. 49, regi
stra 30 passi in cui si fa uso del termine. Il signi
ficato sostanzialmente analogo a quello dellAT.
Sono degne di nota le espressioni dmi ncesah
(IQH 1,16) e drt lm (IQH 1,18; 6,11; 4QPB
4) generazioni eterne (cfr. Is 51,9).
Nei LXX dr viene tradotto quasi esclusivamente
con il termine yeveot , il quale si riferisce allori
gine e alla discendenza. Per il NT cfr. F.Biichsel,
art. yevea, ThW 1,660-663 (= GLNT 11,391
398).
G.Gerleman

TH d in GIUDICARE

1/

La radice din del semitico comune (cfr.


HAL 211).
Negli ambienti vicini allAT questo gruppo ricorre di fre
quente in acc. (AHw 150s.167s.171s.57ls.), ug. (WUS
nr. 766; UT nr. 657) e aram. (DISO 56s.l43), manca in
vece nel fen. pun. (sp().

NelPAT il verbo din si trova nelle coniugazioni


qal e ni.; da esso derivano i seguenti sostantivi: din
causa giudiziaria (inf. sostantivato, BL 452),
dajjn giudice (nome dagente, BL 478), niadori
e midjn contesa (sostantivi verbali con pre
fisso m-, BL 491; per midjn cfr. I.L.Seeligmann,
FS Baumgartner 1967, 256), medln distretto
giudiziario, provincia (m- locativo, BL 492; cfr.
Wagner nr. 152).
din ricorre anche nei nomi di persona Dina (vd. st. 3),
abJdn e D niU! (HAL 219a), nel nome di persona, di
luogo e di trib Dn, come pure nel nome -di luogo Madn (Noth, HAT 7,67s.; M.Weippert, Die Landnahme der
isr. Stmme, 1967, 41 n. 1); per i nomi propri extrabiblici
cfr. Slamm, AN 355b; HufTmon I82s.; Grondahl 123.

2/ Il verbo df rt usato nellAT ebr. 22x al qal


(Sai 8x, Ger 4x) e lx al ni. (2Sam 19,10 liti
gare ), neHaram. bibl. lx al qal (Esd 7,25). Tra i
sostantivi, dfn ricorre 20x (incl. Giob 19,29K e
35,14; Prov. 5x, Giob e Ger 4x ciascuno), inoltre
5x nelfaram.; dajjn 2x (ISam 24,16; Sai 68,6),
aram. lx (Esd 7,25); mdn/midjn 23x (incl.
2Sam 21,20; in Prov 19x); medt n 53x (di cui 39x
in Est, spesso in forma raddoppiata con significato
distributivo), aram. I lx.
3/ Contro l'opinione di J. van der Ploeg, CBQ
12, 1950, 248, e B.Gemser, SVT 3, 1955, 124
386

n. 4, 1 quali attribuiscono a dfn un significato assai


vasto e fluttuante, va affermato che la radice indica
originariamente proprio il giudicare autoritario e vin
colante che ha luogo in un processo. Lo conferma
fuso della radice nel codice di Hammurabi (DriverMiles 1,73) e nellug. (WUS nr. 766) e, per quanto ri
guarda r AT, il latto che soggetto del verbo din sono
quasi sempre delle autorit, e prevalentemente
il re (il re: Ger 21,12; 22,16; Sai 72,2; Prov 20,8;
31,5.8.9; il sommo sacerdote in funzione
regale: Zac 3,7, cfr. Horst, HAT 14,228;
i capi della trib di Dan: Gen 49,16); per il
significato forense di dfn cfr. anche H.J.Boecker, Redeformen des Rechtslebens im AT, 1964,
85 n. 7; Seeligmann, l.c. 256. Anche Deut
17,8 sarebbe pi chiaro se dfn accanto a doni omi
cdio e ncga'" maltrattamento avesse il signiticato preciso di sentenza contenziosa autoritaria
del giudice .
Perci din nel suo significato primario si distingue
da spt, che originariamente si riferisce ad una de
cisione in un procedimento di conciliazione non au
toritario. Ambedue le radici tuttavia allargano il loro
significato fino a diventare del lutto sinonime. Per
ci spt pu assumere nellAT quel ruolo dominante
che dtn ha nellacc. (B.Landsberger, Die bab. Ter
mini fur Gesetz und Rechi, FS Koschaker 1939
[Symbolae], 223), mentre dfn nellAT ha solo unim
portanza secondaria. In ISam 24,16; Is 3,13; 10,2;
Ger 5,28; 21,12; 22,16; Sai 7,9; 9,5.9; 72,2; 76,9;
140,13; Prov 31,9; 1QH 9,9, din si trova accanto a spi
(cfr. ug. 2Aqht[= II D] V,7s.). Oltre a "am popolo
(Gen 49,16; Sai 72,2), anche i poveri, i miseri, gli or
fani, le vedove sono oggetto di din (Ger 5,28; 21,12;
22,16; Prov 31,5.8.9; per i paralleli extraisraelitici di
questa iuslitia adiulrix miseri cfr Wildberger,
BK X,48). dfn assume qui il significato di fare giu
stizia opp. quello di diritto.
In nfdina la radice tende ad assumere il significato
di regnare (spt)\ nfcffn indica la circoscrizione
giudiziaria e amministrativa del regno di Israele (IRe
20,14-19), di Giuda (Lam 1J), del regno neobab.
(Dan 3,2 ecc.), la salrapia dellimpero persiano (Est,
Esd, Neem); cfr. C.C.Torrey, Medina and Polis, HThR
17, 1924, 83ss.

Il parallelismo (talvolta sinonimico) tra din e rfb (Is


3,13; con dqjfn ISam 24,16; con mdn Ger 15,10;
Ab 1,3; Prov 15,18; 17,14; cfr. IQH 5,23.35) indica
un ulteriore ampliamento di significato da parte di
dfn, rfb si sviluppa dal significato primario di con
tesa a quello di processo {rfb). dfn significa in
Giob 35,14; 36,17; Est 1,13 processo, contesa giu
diziaria (HAL 21 lb; cfr. AHw 172a; PRU IIl,223s.;
DISO 56s.). In mdn! midjn lite, contesa dfn ,
assimilandosi anche qui a rfb, ne assume il signifi
cato primario (cos in modo convincente Seeligman,
l.c., 256s.). Caratteristica lespressione "esosi
midjnfm o sim. donna litigiosa (Prov 19,13;
21,9.19; 25,24; 27,15; cfr. Gemser, HAT 16,81).
iti n giudicare, processare di Eccle 6,10 va collocato
in questo ambito (cfr. 2Sam 19,10 dfn ni. litigarsi ),

387

cos pure il nome di donna Dfn con lesa giudizia


ria , che senza dubbio slato crealo artificialmente per
la narrazione di Gen 34 (J.i.Stamm, FS Baumgartner
1967, 331).

4/ I passi in cui il soggetto di dfn Jahwe hanno


il significato di giudicare = sentenziare, condan
nare e giudicare = fare giustizia (sost. di
ritto): Gen 15,14; 30,6; Deul 32,36 = Sai 135,14;
ISam 2,10; 24,16; Is 3,13; Sai 7,9; 9,5.9; 50,4; 54,3;
68,6; 76,9; 96,10; 110,6(7); 140,13; Giob 19,29; 36,17.
Jahwe giudica popoli (Gen 15,14; Sai 7,9; 9,9;
96,10; Giob 36,31 f(?)l) e il suo popolo Israele (Deut
32,36 = Sai 135,14; Is 3,13; Sai 50,4). In queste due
espressioni si fondono insieme probabilmente una
tradizione cultuale preisraelilica legata a Gerusa
lemme (Dio come creatore - re giudice univer
sale) e una tradizione specificamente israelitica
(Kraus, BK XV,200.376). Jahwe rende giustizia
ai miseri ecc. (Sai 9,5; 54,3; 68,6; 76,9; 140,13;
ISam 24,16; a Rachele Gen 30,6). Luso di dfn
nel* lamento (Sai 7,9; 54,3; 140,13) e nella lode
(Deut 32,36 = Sai 135,14; ISam 2,10; Sai 9,5.9;
76,9; IQH 5,13) ricompare anche nel nome elo
giativo Dnijjl El giudice o El ha giudi
cato (Noth, IP 35.92.187; cfr. inoltre la bibliogr.
in HAL 2l9a e nei comm. a Dan ed Ez 14),
nella forma ridotta Dn (HAL 2l8b con bi
bliogr.; BHH L317s.)e nel nome, anchesso teo
loro, 1nbfdn (HAL 4b) (mio) padre ha giudi
cato .
5/ Nei testi di Qumran (soprattutto IQH 5,13) dfn
usalo come nellAT; per dfn nel Talmud cfr.
Z.W.Falk, JSS 5,1960,352; per i LXX, il giudaismo
e il NT cfr. F.Biichsel - V.Hemtrich, art. xpivu,
ThW 111,920-955 <= GLNT VJ021-U 10).
G.Liedkc

V i dal POVERO - n3J7 ''nh II.

0*17 dm SANGUE
1/ La radice a due lettere *dam- sangue
del semitico comune (GVG 1,344; ug.: WUS nr.
754).
Accanlo allebr. dm si trova in Deut 32,43 una forma
"a(lama con alef. prostetico, come in acc., dove
adam{m)it usalo assieme al pi comune dmu\ HAL
15b e AHW IOa spiegano le forme secondarie in base
alla radice \fm essere rosso . Per le incerte attestazioni
fen. pun. (KAI nr. 43, r. 11; nr. 103, r. 2) e per laffer
mazione di Agostino nani el Punice edom sanguis dicilur (Enarralio in Psalmos 136,18) cfr. DISO 5&rKAI
11,61.114; secondo J.Hoflijzer, VT 8, 1958, 289, edom sa
rebbe la forma munita di articolo. Laram. 1edma, ac
canto a dem, il risultato di un processo puramente fo
netico (GVG 1,217; Noldeke, NB 118).

CH dm SANGUE

388

2/ NelPAT dm si incontra 360x (sing. 288x,


plur. 72x).
Il termine ricorre con la frequenza maggiore in Lev (88x)
e in Ez (55x); seguono Es (29x, in Lis. manca Es
12,22a), Deut (23x, pi 10dma in Deut 32,43), Sai (21x),
Num e Is (15x ciascuno).

3/ Poich dm Punico termine delPAT che in


dica sangue , ha un uso assai ampio: significa
sangue di uomini e di animali, particolarmente il
sangue versato in guerra o in altro modo violento
e il sangue del sacrifcio. Lidea di sangue ver
sato costituisce lo sfondo semasiologico attra
verso cui dm (sing. e plur. dmm), come av
viene anche in altre lingue, passa dal suo signifi
cato naturale ad un senso pi astratto: spargi
mento di sangue, guerra . Come parallelo appare
talora dcebcer peste (Ez 5,17; 28,23; 38,22). In
questa accezione astratta dm acquista una conno
tazione etica: fatto di sangue e (con significato
pressoch identico, data la mentalit ebraica)
omicidio (Num 35,33; Deut 17,18; 19,10; 21,8;
22,8; Giud 9,24; ISam 25,26.33; Os 1,4; 4;2; 12,15;
Prov 28,17). Versare il sangue spesso, soprat
tutto in Ez, sinonimo di commettere un omici
dio (Gen 9,6; 37,22; Num 35,33; Deut 21,7;
ISam 25,31; Sai 79,3; Prov 1,16; Ez 16,38; 18,10;
22,3.4.6.9.12.27; 23,45; 33,25; 36,18).
Non solo lomicidio spargimento di sangue, ma anche
luccisione di un animale che non sia compiuta in forma
rituale, quando cio il sangue dellanimale non viene
portalo allaltare (Lev 17,4).
Lespressione ben dm leddm fra sangue e sangue
(Deut 17,8; 2Cron 19,10) indica una distinzione fra due
fatti di sangue che devono essere giudicali in maniera
diversa (assassinio, omicidio preterintenzionale).

Una metafora vera e propria solo nellespres


sione sangue di uva (Gen 49,11; Deut 32,14;
Eccli 39,26).
dm viene usato assai raramente nelPAT per de
signare colori. Lunico passo esplicito 2Re 3,22
(cfr. Is 63,1-6 con il termine nsah schizzo di
sangue in v. 3.6).
Contrariamente allacc. (AHw 158b; CAD D 79b) e forse
al fen. (DISO 58), non si hanno prove che dm venga
usato per indicare la discendenza o un rapporto di paren
tela (Dhorme 11). Questa funzione semantica legata in
ebr. al termine basar carne .

4/ a) Nel linguaggio sacrale e giuridico dm ha


un uso molto vario* particolarmente in P e in Ez.
L^spressione caratteristica Kmd 'a!-dm ergersi
contro la vita di qualcuno in Lev 19,16 si riferi
sce allatto di presentarsi davanti ad una comunit
riunita per un processo, come accusatore, come te
stimone o come giudice (cfr. 1Re 21; Elliger, HAT
4,258s.).
La dichiarazione (tab), di origine certamente an
tica, che prescrive la purificazione dal sangue con
la formula megr dmch flusso del sangue di
389

D1 dm SANGUE

lei (Lev 12,7; 20,18; cfr. 15,19), si inquadra nella


tradizione sacerdotale.
La formula relativa ad un omicidio il suo sangue
cada su di lui opp. sui suo capo appartiene
parimenti alla sfera giuridica e serve a determinare
la colpa di un condannato a morte e nello stesso
tempo Pinnocenza di colui che esegue il giudizio
( H. Revendow, VT 10, 1960, 311-327; K.Koch,
VT 12, 1962, 396-416). Nella sua forma pi pura
(sempre dmm nel plurale con suffisso e be con
suffisso) la formula ricorre solo in P (Lev
20,9.11.12.13.16.27), e in una forma leggermente
variata anche altrove (Gios 2,19; IRe 2,37; Ez
18,13; 33,4.5).
b) Ricordiamo ancora brevemente alcune conce
zioni del sangue tipiche della storia delle religioni,
per accennare ad alcune nozioni che nelPAT, so
prattutto nella tradizione sacerdotale, sono parti
colarmente legate a dm.
Il sangue considerato la sede della vita (Num
17,11 lanima della carne nel sangue; ncfces) o viene addirittura identificato con essa (Gen
9,4; Lev 17,14; Deut 12,23). Perci non si deve
mangiare sangue (Lev 3,17; 7,26s.; 17,10.12.14;
Deut 12,16.23; 15,23), n carne che abbia in s
il sangue (Gen 9,4; cfr. Lev 19,26; ISam 14,32
34; Ez 33,25). Intese originariamente in senso ani
mistico (per quanto riguarda la storia delle reli
gioni cfr. W.E.Muhlmann, RGG J,1327s.; J.H.
Waszink, RAC 11,459-473), le espressioni sud
dette hanno perso questa connotazione con les
sere subordinate alla manifestazione della volont
di Dio, che diventa il loro fondamento (Elliger,
HAT 4,228).
Lo stesso vale per il significato del sangue come
mezzo di espiazione (Lev 4,5-34; 16,14-19; 17,11
ecc.; kpr) e come fondamento di solidariet
quando si conclude unalleanza (Ez 24,6.8; -brit).
Il sangue non agisce per una forza espiatrice in
trinseca, ma perch Jahwe lo ha fatto diventare
mezzo di espiazione (Lev 17,11 io ve lo permisi
per laltare, perch compia Pespiazione per voi ;
cfr. Vriezien, Theol. 250).
11 sangue delPuomo sotto una particolare prote
zione divina (Gen 9,5s.), Esso considerato una
propriet della trib, la quale ha perci il dovere,
nel caso che un membro della famiglia sia stato
ucciso, di riscattare (g l) il sangue uccidendo
lassassino, per far tornare il sangue nella comu
nit familiare (g'i haddm vendicatore del
sangue Num 35,19-27; Deut 19,6.12; Gios
20,3.5.9; 2Sam 14,11; cfr. Koch, l.c., 409-414).
5/ Kuhn, Konk. 50, elenca 16 attestazioni del
termine nei testi di Qumran (di cui 3x al plur.).
Luso del termine si collega a quello delPAT: ver
sare il sangue, fatto di sangue, sangue sacrificale,
sangue della mestruazione. Espressioni originali
rispetto allAT sono frecce di sangue (1QM
6,3) e udire fatti di sangue (dmm, IQH 7,3).
Per il giudaismo e il NT cfr. E.Bischoff, Das Blut
ini judischen Schrifttum und Brauch, 1929;
390

J.Behm, art. afya, ThW 1,171-176 (= GLNT


1,461-476); L.Morris, The Biblica! Use of th
Term Blood , JThSt 3, 1952, 216-227; ibid. 6,
1955, 77-82.
G.Ger/eman

HO"! dmh ESSERE UGUALE


1/ dmh essere uguale si trova, oltre che
nelfebr., anche in aram, (DISO 58; KBL 1066b;
LS 156s. con riferimento a Fraenkel 272: Parab.
dumjat statua un prst. dalParam.). La delimi
tazione di questa radice rispetto ad una o pi ra
dici omonime che significano tacere , annien
tare o sim. (HAL 216b; J.Blau, VT 6, 1956,
242s.; cfr. N.Lohfmk, VT 12,1962, 275-277) nei
singoli casi discutibile.
Il verbo ricorre in q. essere uguale , ni. dive
nire uguale, pi. assomigliare, paragonare e
con valore estimativo considerare appropriato,
progettare, figurarsi , hitp. paragonarsi . Nomi
derivati sono demf met , dimjdn somi
glianza e demt figura, copia .
Quest'ultimo sost. ricorre una volta neiraram. imperiale:
BMAP 3>21 bji Idntwt bjtk una casa uguale alla tua .

2/ Secondo Lis. 366 dmh ricorre al q. 3x (esci.


Ger 6,2, cfr. per Rudolph, HAT 12,42, e Os 4,5,
cfr. Rudolph, KAT X III/1,97), pi. 3x, hitp. lx (ls
14,14); inoltre al ni. lx in Ez secondo Zimmerli,
BK XIII,763, e HAL 216a. 1 sost. demt (Is 38,10)
e dimjn (Sai 17,12) sono apaxlegomena; demut ri
corre 25x.
Laram. bibl. presenta due passi con dmh q. (Dan
3,25; 7,5).
3/ a) dmh q. essere uguale viene usato per
introdurre un paragone, e pi precisamente nelle
lamentazioni (Is 1,9 uguale a Gomorra; Sai
102,7 sono uguale al pellicano nel deserto ;
144,4 Puomo simile ad un soffio; cfr. Lam
2,13 pi.), nelle immagini di cui si servono i profeti
(Ez 31,2.8.8.18 per il faraone), nei canti d'amore
(Cant 2,9.17; 7,8; 8,14; cfr. 1,9 pi.) e nel linguaggio
degli inni (Is 46,5; Sai 89,7; pi. in Is 40,18.25; 46,5;
vd. st. 4a).
I verbi seguenti, coi quali dmh q./pi. in parallelo,
hanno significati simili: ( 1) hjh ke essere come (Is
1,9; Ez 31,8; Sai 102,7; cfr. Sai 50,21); (2) swh q. essere
uguale (Is 40,25 pi.), hi. paragonare (Is 46,5 pi.;
Lam 2,13 pi.); swh q. ricorre in tutto 8x, ni. lx rasso
migliarsi (Prov 27,15), pi. rendere uguale, piano, cal
mare 5x e hi. assomigliare, paragonare 2x, cfr.
Jenni HP 35.111; aram. bibl, swh q. essere uguale
Dan 5,21K (Q pa.); hitpa. essere fatto come Dan
3,29; (3) tris! hi. paragonare (Is 46,5); negli altri casi
msl q. dire una parabola, un proverbio lOx, pi. re
citare parabole lx, ni. divenire uguale 5x, hitp. di
venire simile lx; si veda anche tnsf proverbio,
cfr. O.Eissfeldt, Der Maschal im AT 1913; A.R.Johnson, SVT 3, 1955, 162-169; ulteriore bibliogr. in Sellin-

391

Fohrer 339; (4) ''mnj equivalere (Ez 31,8; altrove solo


in Ez 28,3); (5) VA' q. nel sign. di porre a confronto, pa
ragonare (Sai 89,7; ls 40,18 pi.; non in parallelo con
dmh: Sai 40,6; Giob 28,17.19; altrove significa ordi
nare ).

b) A proposito del termine astratto demut ugua


glianza, somiglianza , che in molti passi si pu
tradurre benissimo con qualcosa come
(L.Khler, ThZ 4, 1948, 20s.), ci si pu chiedere
se con esso s intenda una uguaglianza reale o, in
maniera pi sfumata, solo una certa somiglianza
(Kohler, Le.; W.H.Schmidt, Die Schpfungsgeschichte der Priesterschrift, 1964, 143; Wester
mann, BK I,202s.). Ad una domanda del genere si
pu per rispondere che il termine, preso in se
stesso, denota una possibilit di confronto totale,
non una pura somiglianza di grado inferiore, di
stinta da tale confronto; tuttava, la necessit o
Pesigenza di stabilire luguaglianza sorgono solo
quando luguaglianza non del tutto evidente.
In alcuni passi (ls 13,4 e Sai 58,5 il testo dubbio)
demt si riferisce a raffigurazioni simboliche o im
magini (2Re 16,10 modello e progetto di un altare;
Ez 23,15 pitture parietali; 2Cron 4,3 figure di buoi
sotto il mare di bronzo) e sottolinea la loro corri
spondenza col modello (copia, riproduzione).
Frequentissimo per demt nei racconti delle vi
sioni di Ezechiele (come nome reggente: Ez
1,5.5.10.13 [txt?]. 16.26.26.28; 10,1.10.21.22; stac
cato dal nome che gli si riferisce: 1,22; seguito da
i^mar' come le sembianze di : 1,26; 8,2) e di
Daniele (Dan 10,16), dove Pidentit della cosa
contemplata con la realt divina pu venir solo ac
cennata.
Per i passi che si riferiscono alPimmagine divina
(Gen 1,26; 5,1.3) e per Is 40,18, dove demt ha
pure il significato di riproduzione, immagine ,
vd. st. 4a e sdelcem.
Tra i termini sinonimi va ricordato soprattutto tabnTt
figura, modello (20x, derivato dalla radice bnh co
struire). Per i vocaboli indicanti figura (temvm, tar, qaesceb) e immagine (maskJt ecc.) sce/cem.

c) Il campo semantico delluguaglianza e della so


miglianza non dominato in ebr. da verbi e nomi
ma dalla particella di paragone ke come (per la
forma e luso cfr. GK 118 s-x; Jouon 274276.279.407s.510s.527s.; BrSynt 96.104s.126).
Degli oltre 3000 casi in cui ricorre la particella kf
nelfAT ebr. (di cui 57x k*m\ nellaram. bibl. k
testimoniato allincirca 80x, incl. 22x kof-qbel
in corrispondenza con, ke'an/keicncet/kelcet
adesso 17x, kfdi come, quale 5x), pi di
500 riguardano la congiunzione kaascer come
e circa 250 la costruzione ke + inf., che per lo pi
da tradursi in Deut con una proposizione tem
porale secondaria (molto spesso con sm udire
46x, b venire 26x, klh pi. terminare 25x,
r'h vedere 25x). Spessissimo ke (o kfmd) si
trova prima dei sost. con sign. generico .e astratto:
kol/kol- totalit, tutto (127x, di cui 75x kekf
ascer secondo tutto quello che ), dbr pa
H O ! dmh ESSERE UGUALE

392

rola (94x)jom giorno (78x), mispd( prescri


zione, costume (42x), mar'c sembianza, appa
rizione (25x), ma^sc opera e Lt tempo
(22x ciascuno), mentre i paragoni con elementi
concreti e con esseri viventi sono piuttosto rari: *fs
uomo e mjim acqua (23x), sn pecore
(20x), 's fuoco (19x), hl sabbia (14x).

l'altra divinit (cfr, J.Hehn, Die biblische und babylonische Gottesidee, 1913, 99). Perci qualsia
si pretesa di altre potenze di essere uguali a Jah
we aspramente combattuta; cfr. Is 14,14, dove
con un linguaggio mitico si caratterizza lempiet
del re di Babilonia: salir sulle altezze delle nubi,
mi render uguale (dmh hitp.) allAltissimo .

Mentre per la maggior parie dei nomi costruiti con ke il


numero dei passi con tale particella ammonta per cia
scun nome a una piccola frazione (dei circa 600 vocaboli
ebr. costruiti con ke quasi pi della met hanno una sola
volta questa costruzione), vi sono determinate parole,
come ms pula (8x, solo con ke), che vengono usate
specificamente nei paragoni. Anche quando compaiono
nomi di animali, i! numero delle costruzioni con ke al
di sopra della media. Nei paragoni con animali la stati
stica, prescindendo da sn che si trova al vertice, la se
guente: >flri f'arj leone (16x, incl. lx aram.; inoltre
k efir 9x, labi'' 6x, sahal 3x, gr lx come ulteriori desi
gnazioni del leone), mscer aquila, avvoltoio (12x),
sippr uccello (lOx), ss cavallo e jti co
lomba (9x), qjjl() cervo/a (8x). Naturalmente
tutli questi numeri valgono solo per i paragoni espressi
con ke, mentre i paragoni indiretti o i raffronti metaforici
non possono essere qui presi in considerazione.

A proposito della somiglianza delPuomo con Dio, che si


esprime nel dominio sul mondo animale (Gen l,26s.;
cfr. 5,1.3; Sai 8,6-9), ma che risale a concezioni proprie,
bisogna confrontare scfcen, coi quale il termine demut>
che lo interpreta (costruito con be o ke), pud essere
scambiato abbastanza spesso.

Tra le forme con il suffisso del pronome personale


(kd-, f^m-, kmd-y oltre lOOx) ricorrono in preva
lenza kmk come te (31x)* kmh come
Ini (24x) e kamnf come me (17x). Infine si
possono citare i circa 60 casi in cui ke unito a
nomi propri. Tra le persone sono presi come ter
mine di confronto soprattutto Davide (9x), gli
Anakiti e Daniele (ognuno 3x); tutti gli altri nomi
d i persona (anche Mos e Giobbe) compaiono una
volta sola. Tra i nomi di luogo vanno ricordati il
Libano e Sodoma (ognuno 4x), Gomorra e Silo
(ognuno 2x) (tutti gli altri, anche p.e. Gerusa
lemme, solo una volta). Per le descrizioni di Dio
vd. st. 4b.
4/ a) In contesti teologici dmh ( demt) e sino
nimi servono ad esprimere negli inni la incompa
rabilit di Jahwe (cfr. C.J.Labuschagne, The Incomparability of Yahweh in th OT, 1966, 28-30).
Oltre a Sai 89,7 poich nelle nubi chi pari a (V/c
le) Jahwe, simile (dmh q.) a Jahwe tra gli esseri
divini? (cfr. Sai 40,6 nulla pu essere parago
nato a te [VA' 'cel] ) si possono qui citare alcuni
passi del Deuteroisaia: Is 40,18 a chi volete pa
ragonare (dmh pi.) Dio e quale immagine (demt)
volete mettere a confronto (V/t) con lui? ; 40,25
a chi mi volete paragonare (dmh pi.), perch io
sia come lui (swh q.)? ; 46,5 a chi mi volete
porre accanto (dmh pi.), a chi paragonarmi (swh
li.)? Con chi mi volete mettere alla pari (msl hi.),
in modo da risultare simili (dmh q.)? . Il contesto
mostra in ciascun caso che si intende parlare della
incomparabilit di Jahwe in opposizione alle divi
nit declassate, il suo diritto alla unicit, diversa
mente da quello che si riscontra nelle numerose
espressioni parallele dei testi babilonesi (con mahru e sanriu uguagliare , cfr. Labuschagne, l.c., 31
57), che esaltano iperbolicamente ora runa, ora
393

n O l dmh ESSERE UGUALE

b) Le espressioni sulla incomparabilit di Dio, co


struite con la particella di paragone ke (Labuscha
gne, l.c., 8-28), si dividono essenzialmente in due
gruppi, i quali possiedono tutte due la loro con
troparte formale nel linguaggio di ogni giorno:
frasi nominali negative dalla forma 'ri,,, k6 non
c nessuno... come... (Es 8,6; 9,14; Deut 33,26;
ISam 2,2.2; 2Sam 7,22 = lCron 17,20; IRe 8,23 =
2Cron 6,14; Ger 10,6.7; Sai 86,8; cfr. Ls 46,9 con
la negazione defoes) e domande retoriche con una
negazione implicita mi kf... chi come...? (Es
15,11.11; Is 44,7; 49,19 = 50,44; Mi 7,18; Sai
35,10; 71,19; 77,14; 89,9; 113,5; cfr. Deut 4,7). A
questultimo gruppo appartengono anche i nomi
propri Mkaja(hu), M kjeh, Mik(hu), Mkd'l
( Chi come Jahwe/Dio , cfr. Noth, IP 144; La
buschagne, l.c., 21s.l26-129; contro B.Hartmann,
ZDMG 110, 1961, 234).
Le designazioni che vengono qui usate per espri
mere il nome di Do sono: Jhwh (Es 8,6, Deut 4,7;
ISam 2,2; Sai 113,5; in tutto solo 4x insieme con
ke) ,(lhm (ISam 2,2; Sai 77,14; klhm altrove
solo in Gen 3,5 sulla bocca del serpente: che voi
diverrete come Dio ; Zac 12,8 in una promessa
iperbolica: colui che stava per cadere diverr
forte come Davide, e la casa di Davide sar come
Dio ; 2Cron 32,17 detto delle divinit degli altri
popoli), l (Deut 33,26; altrove solo in Giob 40,9
il tuo braccio come il braccio di Dio? ; con
kem Giob 19,22 perch mi perseguitate come
(fa) Dio? ), inoltre kmn come me (Es 9,14;
Is 44,7; 46,9; Ger 49,19 = 50,44), kmk come
te (Es 15,11.11; 2Sam 7,22 = lCron 17,20; IRe
8,23 = 2Cron 6,14; Ger 10,6.7; Mi 7,18; Sai 35,10;
71,19; 86,8; 89,9) e kmh come lui (Giob
36,22; cfr. Giob 40,9 possiedi come lui la voce
del tuono? ).
La dichiarazione di incomparabilit in senso lato,
presente negli inni, viene di volta in volta giusti
ficata o per mezzo del contesto o tramite fonnuIazioni indirette, e soprattutto attraverso il potente
intervento di Jahwe nella storia in qualit di sal
vatore giusto (non a caso proprio nelle tradizioni
delle piaghe e delfesodo; nei salmi di lamenta
zione individuale 35; 71; 77; 86 per motivare il
grido di aiuto di un individuo oppresso), ma an
che attraverso la sua potenza di creatore (nel Deu
teroisaia strettamente collegata con la salvezza).
394

Come formulazioni particolari si possono citare:


nel cantico di Anna ISam 2,2 nessuno santo
(qddds) come Jahwe e nel discorso di Eliu Giob
36,22 chi maestro (mrce) come lui? (cfr. per
il contenuto e l'origine delle espressioni lampio
studio di Labuschagne, l.c., 64-153).
5/ Anche a Qumran si trovano formule che
parlano della incomparabilit di Dio alla maniera
vtrt. (IQH 7,28; IQM 1.0,8; 13,13).
I LXX usano soprattutto
e le sue derivazioni,
pi raramente iao<; (solo in 2Mac 9,12 a0eo<; detto
di Antioco, con uso negativo); per demut sta in preva
lenza jjLotopta, pi di rado (ioocn<;, e una volta 6[xoto<;
(ls 13,4), ISa (Gen 5,3) e etxcv (Gen 5,1).

Per i LXX e per il NT, in cui lGv 3,2 forma


la controparte escatologica di Gen 3,5 e come
nuovo tema compare luguaglianza di Ges con
Dio (Fil 2,6), cfr. G.Stablin, art. fao<;, ThW
111,343-356 (= GLNT IV , 1065-1100); J.Schneiser, art. 6(jlolo^ TbW V , 186-198 (= GLNT
V ili, 521-558).
Jenni

D in d 'a t CONOSCENZA - T je t.
TTH dcrcek VIA
I

1/ La radice drk calcare (coi piedi) appar


tiene al semitico comune; essa ha subito nume
rose trasformazioni che divergono talvolta per
laspetto fonetico o per il significato (HAL 221s,;
P.Nober, Bibl 40, 1959, 196* s.).
Lacc. daraggu (tracciato della) strada (AHw 163a;
CAD D 108b) un sinonimo raro del pi usato urhu o
barranti; cfr. anche darku seguire (?) e darku se
guente (AHw 163a.l64a).
In ug. si trova il sost. fem. drkt signoria, potenza
(WUS nr. 792; UT nr. 703; Driver, CML 154) come ter
mine parallelo a mlk regno (nel testo RS 24.252,
r. 6s.: blt mlk par. a b'It drkt, detto di Anat, Ugaritica
V,551); vd. st. 3c.
Nel fen. pun. e nelParam. pi antico pare che ricorra solo
la radice verbale: camminare su, pestare, tendere
(larco) (DISO 60).

11 sostantivo ebr. dcrcek via (forma qitl?, cfr.


Bronno 134) pu essere costruito sia qome masc.
sia come fem. (K.Albrecht, ZAW 16,1896, 54s.).
Accanto al sostantivo e al verbo (qal e hi.) si trova
anche il sost, derivato mdrk orma, spazio di un
piede (solo in Deut 2,5).
2/ II nome dderoek ricorre nelIAT 706x, e pre
valentemente al sing. (543x; considerando Prov
21,29Q come sing., Ger 17,10Q come plur.). I due
duali in Prov 28,6.18 potrebbero essere letti come
plur. (cfr. p.e. F.Ntscher, Gotteswege und Menschenwege in der Bibel und in Qumran, 1958, 56).
395

Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Gioe
Am
Giona
Mi
Nah
Ab
Agg
Zac
Mal
Sai
Giob
Prov
Rut

qal

hi.

sing.
31
12
-

I
4
2
2
1

8
7

2.

23
37
15
15
24
U
40
21
33
41
85
4

11
2

3
1
6
1
14
16
22
4
1

4
1
1

2
47
20
52
1

2
3
1
19
12
21

Lam

AT

1
1

ICron
2Cron

Eccle

Esd
Neem

plur. duale

!
2
1
49

543

3
3
Il

13

14
161

sost.
31
13
1
23
48
17
15
27
12
46
22
47
57
107
8
1
3
2
1
2

2
3
3
66
32
75
1

4
6
3

25
706

3/ a) Dal significato primario strada (calpestata e di conseguenza con terreno solidamente


battuto) si sviluppano i molteplici significati di
dcrcek tanto in senso spaziale-geografico quanto
in senso figurato-metaforico. Dei diversi usi del
vocabolo (cfr. oltre ai dizionari Pesposizione det
tagliata di Notscher, l.c., 17-69) saranno ricordati
qui solo i pi importanti.
Fra le numerose vie intese in senso spazale-geografico lAT ne conosce alcune che hanno un
nome speciale, poich si tratta di strade di grande
traffico molto frequentate: la strada del re nella
zona ad est del Giordano, che da Damasco porta
ad Aqaba (Num 20,17; 21,22; cfr. HAL 222b;
Y.Aharoni, The Land of th Bible, *1968, 49-52),
la strada di coloro che abitano nelle tende
(Giud 8,11) e la strada del mare , che porta al
mare o corre nelle vicinanze del mare (Is 8,23; cfr,
Aharoni, l.c., 41-49).
Impercettibilmente il significato concreto di
via si trasforma in quello d movimento sulla
via : un uomo che va per una strada, percorre la
sua via per raggiungere una meta (p.e. Gen
24,27.48; 32,2 ecc., spesso unito a h/k andare ;
baddcrcek = per via ).
Il fatto del camminare ancor pi accentuato
quando dcrcek devessere tradotto con viag
gio , impresa o anche spedizione militare
T V J dcrcek VIA

396

(Gen 42,25; 45,21.23; ISam 21,6 dcercek hl im


presa profana ; cfr. anche lacc. Ijarrnu via,
viaggio, carovana, campagna militare , AHw
326s.; CAD H 106-113).
Vista dal punto darrivo, la via assume il sign.
di via percorsa, tratto di strada (fra due punti)
(cfr. p.e. Gen 31,23 per la distanza di sette giorni
di cammino ).
Si suppone una concezione simile quando il voca
bolo dcrcek indica la direzione di un movimento,
non importa se esso viene eseguito o se viene sol
tanto descritto. Il punto verso cui tende il movi
mento pu essere indicato in tal caso o coi quattro
punti cardinali (Deut 11,30 ecc., specialmente
nella descrizione del nuovo tempio in Ez 40,6ss.)
oppure nominando luoghi o posti particolari (Gen
16,7 ecc.).
b) In senso figurato la vita delPuomo pu essere
descritta come una strada, su cui lindividuo si
trova (cfr. A.Gros, Le thme de la route dans la
Bible, 1957, 17-30); spesso si pu tradurre in tal
caso con comportamento, condotta (p.e. Gen
6,12). Questa terminologia ha assunto una rile
vanza particolare nella letteratura sapienziale
(Prov 1,15 ecc.) e nella sfera religiosa (vd. st. 4).
Se si considera il punto finale di ogni vita umana,
con questo vocabolo pu essere indicata la via di
tutti gli uomini, che conduce alla morte (Gios
23,14; Re 2,2; per Prov 14,12 cfr. HAL 223a). In
maniera molto pi generale, via nel significato
di condotta, stato, costume, modo e maniera
designa certi fatti fondamentali della vita degli uo
mini o della natura (p.e. Prov 30,19s.; Gen 19,31
i rapporti dei due sessi fra di loro; Gen 31,35 la
condizione della donna nel ciclo mestruale, cfr.
Gen 18,11 con 'Orali, vd. st. 3d).

rcp/c; con la maggiore frequenza in Prov, 19x; vengono


poi Sai 14x, Giob lOx, Is 8x, Gen e Giud 2x ciascuno,
Gioe e Mi lx ciascuno; inoltre 'rh camminare, viag
giare 6x e 7reh carovana 3x) e laram. bibl. 1Qrah
via (Dan 4,34; 5,23) con la stessa ampiezza di signi
ficato di daercek\ cfr. lacc. urhu e laram. 'rh/'orh
(DISO 24; KBL I053b);
2) haUk via, sentiero; carovana, corteo; gran movi
mento (6x, h!k)\
3) mesilf (27x) e masifi/ (Is 35,8) strada (rialzata) (sfl
q. rialzare il terreno Iper costruire una strada]) ;
4) ma'gl carreggiata, sentiero (13x, in Prov 7x; an
che igeila <( carro );
5) ntjb (5x) e netib (21x; quasi sempre par. a dosrcek
o a ''rah sentiero ; cfr. ug. ntb e ntbt sentiero ;
WUS nr. 1870; UT nr. 1715);
6) seb sentiero (Ger 18,15; Sai 77,20; per lo pi par.
a dcercek).
_
Tutti questi vocaboli sono usati anche in senso figurato
o metaforico.

e) Il verbo drk q. ha conservato sempre il signifi


cato primario calcare (con oggetto terra, Deut
I,36; via, Is 59,8; soglia, ISam 5,5 ecc.). Soltanto
in due casi si stabilito un significato pi speci
fico: il guerriero calca col piede il suo arco per
tenderlo (Is 5,28; 21,15 ecc.; cfr. BHIT 1,264.267),
e ii contadino calca il torchio per spremere
Puva (p.e. Giud 9,27; cfr. Dalman, AuS IV.364s.;
per Mi 6,15 cfr. Dalman, l.c., 207).
drk hi. ha valore causativo far pestare, far calcare (Is
II,15 ecc.; con oggetto ellittico piedi = calpestare,
calcare in Ger 51,33; Giob 28,8; per Giud 20,43 cfr.
HAL 222a). Far calcare una strada diventa allora
guidare (Prov 4,11 ecc.).

*d) I sostantivi affini per significato sono trattati


da Notscher, l.c., 12-17. Vanno menzionati:

4/ a) Nellambito religioso (cfr. A.Kuschke,


Die Menschenwege und der Weg Gottes im AT,
StTh 5, 1952, 106-118; F.Ntscher, Gotteswege
und Menschenwege in der Bibel und in Qumran,
1958, 23ss.) anzitutto si pu parlare anche concre
tamente della via o del cammino di un dio (Re
18,27), di esseri divini (Gen 19,2) o di Jahwe
(Deut 1,33; Nah 1,3). Ma si intende qui soprat
tutto in senso metaforico il comportamento e i di
segni di Dio (cfr. Gros, l.c., 30-40), che si rivol
gono al popolo, ma che sono ad esso superiori (Is
55,8s.; Giob 34,27 ecc.). Il popolo e il singolo de
vono camminare sulle vie di Dio, cio condurre la
propria vita in obbedienza a Dio (Es 32,8 ecc.); i
comandamenti di Dio in.questo senso indicano la
strada (p.e. Deut 5,33). Scostarsi da essi (Deut
11,28 ecc.) significa abbandonare le vie di
Dio (Num 22,32) e incamminarsi su altre strade
(proprie, Is 53,6; dei peccatori, Sai 1,1; degli dei
stranieri, Ger 10,2). Questo modo di com
portarsi viene biasimato in particolare nei confron
ti dei re dIsraele che si erano incamminati non gi
sulle vie di Davide e perci di Jahwe (cos in Re 3,
14), ma su quelle di Geroboamo (Re 15,26 ecc.).

1) *rah via (57x, tranne che in Gen 18,11 ricorre


solo in testi metrici, in un quarto dei casi parallelo a dee-

b) Il verbo drk q. pu designare il camminare di


Dio: sulle alture della terra (Am 4,13; Mi 1,3; cfr.

c) Non si pu stabilire se Pug. drkt signoria, po


tenza possa essere utilizzato per illuminare al
cuni passi delPAT. I passi citati al riguardo (con
drk q.: Num 24,17; con dcrcek. Ger 3,13; Os
10,13; Am 8,14; Sai 67,3; 110,7; 119,37; 138,5;
Giob 26,14; 36,23; 40,19; Prov 8,22; 19,6; 31,3) in
genere sono comprensibili anche senza questa ipo
tesi, oppure possono essere spiegati in altra ma
niera.
La serie delle proposte comincia con unosservazione di
Albright su Num 24,17; altri passi sono stati via via ci
tati da diversi autori, cfr. W.F.Ibright, JBL 63, 1944,
219; id., SVT 3, 1955, 7; id., FS Robert 1957,23s.; P.Nober, VD 26.1948, 351-353; S.Bartina, VD 34,1956,202
210; J.B.Bauer, VT 8, 1958, 91s.; M.Dahood, ThSt 13,
1952, 593s.; 15, 1954, 627-631; id Bibl 33, 1952,33; 38,
1957, 320; id., Proverbs 40; id., UHPh 55, ecc.
Hanno assunto una posizione critica nei riguardi di que
ste opinioni: H.Zirker, BZ 2, 1958, 291-294; Notscher,
l.c., 17s.25s.; cfr inoltre Rudolph, KAT X III/1,206 per
Os 10,13; Fohrer, KAT XVI,522 per Giob 40,19.

397

,q-n dcrcek VIA

398

U.Devescovi, Riv Bibl 9,1961 , 235-237), sui (lutti


del mare (Giob 9,8; cfr Ab 3,15). Il tendere Parco
menzionato in Zac 9,13; Lam 2,4; 3,12; cfr. Sai
58,8, il pestare il torchio in ls 63,3.3; Lam 1,15.
Lhi. esprime il fatto che i giusti ecc. sono guidati
da Jahwe (Is 48,17; Sai 25,5^0.; Devescovi, l.c.,
237-242).
5/ Nella comunit di Qumran viene sviluppato
in particolare il significato indicato in 4a, corri
spondentemente al carattere dei testi. Non suben
trano punti di vista sostanzialmente nuovi; cfr,
Ntscher, l.c., 72-96.
Anche se non formulato chiaramente come nel
NT (Mt 7,13s.), il dualismo delle due vie tutta
via presente e prefigurato nella sua sostanza gi
nelPAT; cfr. a questo riguardo B.Couroyer, Le
chemin de vie en Egypte et en Israel, RB 56,1949,
412-432; Ntscher, l.c., 64-69; Michaelis (vd. st.)
53s. (= VIII,152ss.).
Sulla via nel NT e nel cristianesimo primitivo
cfr. W.Michaelis, art. &ck;, ThW V,42-118 (=
GLNT V ili, 117-326); Ntscher, l.c., 97-122; A.
Gros, Je suis la route, 1961 ; E. Repo, Der Weg
als Seibstbezeichnung des Urchristentums, 1964.
G. Sauer

Ehn drs CERCARE


1/ drs un verbo del semNO., che al di fuori
delfebr. compare anche in ug,, aram,, et. e arab.
In sir., dove drs disputare e sim. probabilmente un
prst. dallebr., la radice si confusa con un termine si
gnificante calpestare (cfr. ebr. e a r a m . drk\medioebr.,
a r a m . giud. drs, arab. drs trebbiare, acc. darsu
spingere via , AHw 163b), ma devessere da esso di
stinta (cfr. Noldeke, NB 38 n. 4). A proposito di una di
scutibile testimonianza di darsu tentare (?) in acc.,
pi precisamente nel linguaggio innico-epico, cfr, W,
von Soden, ZA 49, 1949, 175s.; AHw 163b.

2/ NelPAT drs testimoniato solo per Pebr.: qal


155x(l/2Cron 40x), ni. 9x. Il sost. verbale tardivo
midras spiegazione (inf. qal aram., GK 85h)
ricorre solo 2x (2Cron 13,22; 24,27; cfr. Eccli
51,23),
3/ a) Il campo semantico profano piuttosto ri
stretto, specialmente in confronto con bqs pi. di
significato affine, e si riduce a circa un quarto
dellintera somma delle testimonianze. Tuttavia
anche lambito del significato profano di drs si di
stingue chiaramente da quello di bqs pi. Nel senso
di cercare qlcn. o qlcs. si hanno, per quanto ri
guarda drs, solo tre passi isolati (Deut 22,2; Giob
10,6 con bqs come precedente parallelo; 39,8 con
'aliar). Senso analogo ha luso in Sai 109,10 cer
care (inutilmente), elemosinare con 57 pi.
come parallelo (cfr. tuttavia BH1).
399

b) A differenza di bqs pi., drs appartiene fonda


mentalmente alla sfera conoscitiva: informarsi
di qlcs., ricercare qlcs., ricercare . Quello che
viene ricercato non la collocazione spaziale, ma
la natura di una determinata cosa o avveni
mento. In questa prospettiva il verbo pu essere
costruito in modo molto diverso: come assoluto
(Deut 13,15; 17,4; 19,18; Giud 6,29; Is 34,16; Ec
cle 1,13), con oggetto diretto (Lev 10,16; Esd
10,16 txt em) o con le preposizioni V/, be, /e, 4al
In tale contesto semantico va collocato anche il
sost. verbale midras spiegazione (cfr. Rudolph,
HAT 21,238; G.Rinaldi, Bibl 40, 1959, 277).
c) Pi ancora che per bqs pi., si pu riscontrare in
drs nel sign. tendere, aspirare a qlcs. uno spo
stamento di senso verso la zona emozionale.
Come oggetto compaiono soprattutto valori ideali,
fondamentalmente di natura positiva: diritto
(ls 1,17; 16,5), bene (Am 5,14; Est 10,3),
opere di Jahwe (Sai 111,2), ma anche di natura
negativa: m ale (Prov 11,27). Lespressione
tendere al male (riTa) di qlcn. si trova con drs
solo in Sai 38,13 (drs qui parallelo di bqs pi., che
lo precede e con ogni probabilit ne determina il
significato) e Prov 11,27 (cfr. Ger 38,4). Lespres
sione opposta cercare il bene (slm) di qlcn.
testimoniata quattro volte (Deut 23,7; Ger 29,7;
38,4; Esd 9,12; cfr. Est 10,3).
A differenza di bqs pi., drs non viene mai usato
come reggente di un inf. seguente.
Ancora pi forte la colorazione emozionale,
quando drs significa preoccuparsi di qlcs., pren
dere sotto la propria custodia , il che avviene an
zitutto nel linguaggio teologico, ma vi anche un
uso non teologico (Ger 30,14; Sai 142,5; Prov
31,13; lCron 13,3).
d) Nei senso di richiedere, esigere drs rientra
nelluso teologico. LIneccezione costituita so
prattutto da 2Cron 24,6 (drs "al), Punico passo in
cui colui che richiede un uomo (C. Westermann,
Die Begriffe fir Fragen und Suchen im AT, KuD
6, 1960, 16).
4/ a) La grandissima maggioranza dei passi in
cui ricorre drs, presenta caratteristiche teologiche e
cultuali. Nel senso di richiedere, esigere il
verbo ha quasi esclusivamente Jahwe (Dio) come
soggetto. Come oggetto si ha sangue (Gen
9,5a; Ez 33,6; Sai 9,13; ni. Gen 42,22), anima
(Gen 9,5b), un voto (Deut 23,22), le mie pe
core (Ez 34,10), sacrificio (Ez 20,40); inoltre
Mi 6,8 quello che Jahwe esige da te . Negli altri
passi che rientrano in questa accezione del ter
mine, oggetto un agire empio, per cui il verbo
assume il sign. di domandar conto (Deut
18,19; Sai 10,4.15; 2Cron 24,22),
b) In una serie di racconti drs Jhwh un termine
tecnico abbastanza fisso per indicare linterroga
zione rivolta a Jahwe tramite un profeta (secondo
E h i drs CERCARE

400

ISam 9,9 originariamente tramite un veggente o


uomo di Dio) in una situazione di-necessit, limi
tata quanto al tempo a! periodo dei re. Anche qui
la ricerca non ha primariamente lo scopo di otte
nere uninformazione, bens queste interrogazioni
mirano ad eliminare langustia di colui che ri
chiede. Sono descritti soltanto casi difficili di na
tura politica (anche quando si tratta di una diffi
colt personale): ( l) il pericolo in cui incorre una
dinastia per la malattia del re (2Re 8,7-15) o del
principe ereditario (IRe 14,1-6.12-13a. 17-18); cfr.
2Re l,2ss.; 2Cron 16,12; Gen 25,22; inoltre senza
drs ls 38 e 2Re 5; (2) il pericolo per la comunit
in caso di guerra ( IRe 22 = 2Cron 18; 2Re 3; cfr.
Ger 21,1-10; 37,3-21) e 2Re 22 = 2Cron 34 a causa
di una minaccia proveniente dallira di Jahwe. 1
racconti citati appartengono ad un pi vasto
gruppo con lo schema: annuncio per mezzo della
parola del profeta - realizzazione della parola; cio
non l'interrogazione che sta al centro delPattenzione, ma il modo con cui funziona la parola del
profeta, che si inserisce nella storia e p.e. rimpro
vera e depone i re (IRe 14; 2Re I; 8). Ez 14,1-11;
20,1-3 pongono line alla possibilit delPinterrogazione, poich essa in via di principio rifiutala dal
profeta.
Il caso si presenta sempre a questa maniera: il re
quando sopravviene una necessit invia un mes
saggero (normalmente un personaggio altolocato
della cerchia pi vicina al re) con un dono presso
un profeta nella sua casa, per interrogarlo
sullesito della situazione diffcile in cui si trova.
Il profeta risponde con una sentenza divina. Tutto
questo si svolge al di fuori delfambiente cultuale
(Westermann, l.c., 18).
,
Chi pone la richiesta un individuo, nei racconti
citati sopra soprattutto il re oltre al quale tro
viamo solo Pantenuta Rebecca (Gen 25,22) e gli
anziani (Ez 14; 20), in ISam 9,9 si (imperso
nale) . Jahwe sempre oggetto {drs V / - Jhwh),
in IRe 22,5 = 2Cron 18,4 si ha la variante drs '&i
debar Jhwh. Spesso segue, in riferimento al me
diatore profetico, lespressione m'itt da lui .
Luso della preposizione min indica che il profeta
visto soltanto come mediatore della parola che
gli proviene da Dio, e mai come strumento al ser
vizio di colui che pone la domanda. Segue la ri
chiesta sullesito della situazione difficile in cui ci
si trova. Ma tale richiesta implica una supplica...
a Dio (Westermann, l.c., 18), perch voglia far
cessare una simile situazione. In Ger 37,3.7 il pro
feta a cui si fa la richiesta viene espressamente in
vitato ad intercedere (cfr. Ez 36,37 permetter
che mi si pieghi per [/e] Israele ). Probabilmente
Pistituzione dellinterrogazione era legata all'uffi
cio di profeta in quanto intercessore (Westermann, l.c., 21). Forse l'interrogazione divina tra
mite un uomo di Dio riguard agli inizi soltanto
le necessit personali di un singolo e solo pi tardi
fu estesa alle necessit del popolo (Westermann,
l.c., 28). In questo senso si esprime la glossa di
ISam 9,9, anche se si tratta di un ricordo tardivo.
40J

E h i drs CERCARE

hi IRe 22 linterrogazione compiuta per mezzo di un


profeta unita ad elementi della consultazione oracolare
(espressa con la radice $7), la quale compare soprat
tutto quando si parla delle guerre di Jahwe; lo stesso ac
cade in 2Re 3 (Westermann, l.c., 19), che un racconto
chiaramente concepito in dipendenza da IRe 22, nel
quale alla minaccia proveniente dalla superiorit del ne
mico si aggiunge una difficolt materiale (la truppa
manca di acqua ); a ci corrisponde una duplice domanda
e una duplice risposta profetica. - Linterrogazione
espressa con s7c uninterrogazione rivolta a Dio tramite
l'oracolo del sacerdote. Questuso testimonialo solo per
il periodo premonurchico. La sua decadenza fino alla
sparizione completa dopo la costituzione del regno di
Davide si pu facilmente intravedere in I /2Sam (We
stermann, l.c., 10-13).

Inoltre listituzione dellinterrogazione di Jahwe


per mezzo del profeta presumibilmente sottin
tesa nell'accusa d Is 31,1 (cfr. 30,2 con s7) e
nelPesortazione di Am 5,4; cio vi sarebbe qui
istituzione contro istituzione: al rivolgersi a Jahwe
in un luogo di culto Amos contrappone quel rivol
gersi a Jahwe che possibile solo per mezzo di un
profeta (Westermann, l.c., 22); cfr. anche ls
9,12; Ger 10,21 e Os 10,12.
Es 18,15 allude probabilmente a quanto descritto
anche in Deut 17,9, cio la ricerca della sentenza
divina in un caso giuridico difficile.
c) Nel caso di interrogazione rivolta ad una divi
nit straniera, a Baal-Zebub in 2Re 1,2.3.6.16, drs
costruito con be, forse per indicare il fatto, abba
stanza frequente nel politeismo, per cui l'orante si
rivolgeva ad una divinit inferiore, perch questa
intercedesse presso una divinit superiore o addi
rittura presso la divinit suprema. In favore di
questa spiegazione si potrebbe addurre la frase di
ISam 28,7 voglio per mezzo di lei (scil. la necro
mante) porre un'interrogazione (con be). Due
probabili eccezioni sono dovute alla polemica con
tro linterrogazione rivolta alle divinit straniere:
la glossa 2Re 1,16 consultare per mezzo della pa
rola di Jahwe , ed Ez 14,7, dove un israelita ido
latra ha la sfrontatezza di recarsi da un profeta per
interrogare Jahwe alla stessa maniera di uno dei
suoi idoli.
d) Quando oggetto di drs lo spirito di un de
funto, si ha la costruzione drs ^/(D eut 18,11; Is
8,19; 19,3; cfr. lCron 10,13) nel senso di rivol
gersi a , come mostra la formula drs rei con una
persona (Is 11,10 rampollo di Isaia) o un luogo
(Deut 12,5 il luogo di culto scelto da Jahwe) come
oggetti. In ambedue i passi istruttivo il fatto che
il rivolgersi si realizza quando ci si incammina
per un pellegrinaggio in quel luogo. Ci permette
di trarre una conclusione sul significato originario
di drs #/ h'b: ci si doveva incamminare verso
il luogo di culto degli antenati o la tomba dei pa
dri, per interrogare il morto.
e) Questi ultimi due tentativi (rifiutati peraltro
dal profeta) di interrogare Jahwe (Ez 14; 20) ap
partengono al primo periodo dellesilio. Con la
402

cessazione dell'istituzione preesilica dellinterro


gazione il significato mutalo profondamente.
Lespressione drs Jhwh assunse il senso comune di
stare dalla parte di Jahwe e non indic pi
unazione concreta, ma f habitus della persona
devota.
Questo mutamento di significato si spiega soprat
tutto per due motivi. In tempi antichi linterroga
zione rivolta a Jahwe per mezzo di un profeta era
direttamente unita alla lamentazione di colui che
faceva la richiesta in condizione di necessit (vd.
sp. 4b). Quando da questo fenomeno globale
scomparve una parte, cio linterrogazione per
mezzo di un profeta, il termine indicante il tutto
venne usato per designare la parte che rimaneva,
cio la lamentazione, drs Jhwh nel senso di rivol
gersi a Jahwe nella necessit era ancora possibile
solo nella forma della lamentazione. Vi poi
unaltra motivazione. La lamentazione ha il suo
punto culminante nelle domande poste a Jahwe:
Perch hai tu...? e Per quanto ancora vuoi
tu..,? . Qui si ha in comune con lantica istitu
zione non solo il fatto che Jahwe viene interro
gato, ma anche il tipo di domanda che veniva po
sta un tempo a Dio per mezzo del profeta. Gua
rir da questa malattia? (2Re 8,8) intenzional
mente molto vicino alla domanda di chi si la
menta: per quanto ancora...? .
Ora il fatto che un singolo si rivolga a Jahwe con
una lamentazione, indicato in alcuni passi con
drs (Sai 22,27; 34,5; 69,33; 77,3; Giob 5,8; cfr. Lam
3,25; Sa! 9,11; 34,11). Tutti questi passi risalgono
ad un periodo piuttosto recente, quando difficil
mente ormai poteva esistere ancora questa istitu
zione preesilica; ma la terminologia si mante
nuta. - Nelluso recente, piuttosto sbiadito, drs si
gnifica per due volte invocare Dio (lCron
21,30 da parte di Davide; Sai 105,4 = lCron 16,11
nell'invito alla lode).
In altri passi anche per la lamentazione del popolo
si usa drs. ls 58,2 parafrasa i singoli elementi della
lamentazione del popolo, di cui il v. 3a una di
retta citazione: v. 2a essi desiderano conoscere le
mie vie = per quanto sarai tu ancora in coU
lera? ; v. 2b come un popolo che pratica la giu
stizia... = dichiarazione di innocenza; v. 2c mi
richiedono giusti giudizi = perch ci hai addos
sato questa disgrazia? ; v. 2c desiderano la vi
cinanza di Jahwe = perch nascondi il tuo
volto? . Tutta quanta la situazione definita in
v. 2a come drs Jhwh. - Sai 78,34 se li prostrava,
essi andavano in cerca (drs) di lui viene spiegato
dal v. 35, citando dalla lamentazione del popolo la
dichiarazione di fiducia. 2Cron 20,3 un appello
del re alla lamentazione del popolo. Cfr. anche
Ger 29,12s.; Is 55,6; 2Cron 15,2.4 (drs - bqs).
Il rito della lamentazione ha dominato la vita li
turgica nel periodo esilico-postesilico, almeno fino
alla ricostruzione del tempio (cfr. Lam; Zac 7,3;
8,19; Is 58,2); in questa liturgia anche una dichia
razione di colpa quale quella di Sai 79,8 (cfr. Sai
106; Is 63,10.17) poteva configurarsi come una ri
403

sposta al giudizio profetico delfepoca preesilica


(cfr. la tendenza dell'opera dtr.; al riguardo cfr.
H.W.Wolff, ZAW 73, 1961, 171-186 = GesStud
308-324). Cosi attenersi alla comunit e alle sue
liturgie di lamentazione pot diventare sino
nimo di attenersi a Jahwe e ai suoi ordina
menti . Questo passaggio compiuto nella teolo
gia dtr., in cui la conversione e il ritorno allosser
vanza dei comandamenti da parte delPuomo di
vennero il presupposto perch Dio ascoltasse la la
mentazione. (cfr. p.e. ISam 7>3-4 prima dei
vv. 5ss.; inoltre Deut 4,29; ls 55,6s.; 58; Ger 29,13;
2Cron 15,2 e 4). Qui l'azione singola, che richie
deva un determinato motivo, divenuta un atteg
giamento, un habitus ",... il rivolgersi a Dio
divenuto un attenersi a Dio (Westermann,
I.c.,
24). Questo attenersi a Dio una descri
zione importante e caratteristica del rapporto con
Dio dal periodo deuteronomico fino al tempo del
Cronista. Ha pressapoco nellAT il senso del cre
dere in D io , tipico del NT e poi del cristiane
simo (Westermann, l.c., 28).
drs Jhwh una definizione cos completa dellado
razione di Jahwe, che spesso in opposizione
alPidolatria (Is 65,1.10; Ger 8,2; Sof 1,6; Esd 6,21;
2Cron 15,12.13; 17,3.4; 34,3; cfr. Sai 24,6; Esd 4,2;
2Cron 25,15.20). Per questo compare regolar
mente nelle Cronnei giudizi sui re (2Cron 12,14;
14,3; 17,4; 19,3; 22,9; 26,5; 30,19). Allo stesso
tempo per drs Jhwh nelle Cron assume il signifi
cato affine di compiere la volont di Dio od
osservare i comandamenti (lCron 22,19;
2Cron 14,6a; 31,22; cosi pure Sai 14,2 = 53,3;
119,2.10); in secondo piano si trova qui solo la
promessa condizionata di benedizione, non pi la
lamentazione.
Poich lannuncio dei comandamenti e la promessa con'
dizionata di benedizione si individualizzarono sempre di
pi, fu possibile nel Sai 34 far seguire al racconto della
salvezza nellinno di ringraziamento individuale (v. 5)
non solo lammonizione concreta di v. 6, ma anche la
promessa generale di salvezza per chi si attiene a Dio
(v. 9b-ll) e un invito ad osservare i comandamenti
(v. 12ss.). Come sopra, nel caso della lamentazione del
popolo, anche qui l'esaudimento e la salvezza sono pos
sibili se lorante osserva i comandamenti.

In alcuni passi tardivi persino i comandamenti


possono essere oggetto di drs (Sai 119,45.155;
lCron 28,8), nella glossa tardiva di ls 34,16 per
sino la Scrittura . Cfr. anche qui mdrak spie
gazione, parafrasi edificante (vd. sp. 2/3b).
Luso delle preposizioni varia senza alcuna regola nei te
sti tardivi. Cos drs Jhwh (2Cron 34,21) sta accanto a drs
bJhwh (2Cron 34,26 e lCron 10,14) e drs lelhf trt (2Cron
34,3 e 2Cron 20,3), oppure Giob 5,8 drs'cel-'l.

5/ Nei testi di Qumran drs compare circa 40x


(Kuhn, Konk. 52s). Come nellAT, cercare
Dio in molti passi una designazione generica
del timore di Dio.
Soprattutto il senso conoscitivo di drs ampiamente te
stimoniato ed esteso a nuovi campi, specialmente nel

E h i t l i i CERCARE

404

linguaggio teologico: scrutare i comandamenti , ri


cercare nella legge . Particolarmente significative sono
alcune espressioni ormai fissate dall'uso: dws hfwrh
studioso delta legge (CD 6,7; 7,18; 4QFI 1,11), e anche
dwfy lilqwt enunciatori di facili spiegazioni (IQH 2,32
ecc.), una formula con cui la comunit di Qumran ha de
finito i farisei. Opposta la frase talmudica dfs
hamrt enunciatori di spiegazioni restrittive , defini
zione farisaica dei seguaci della setta di Qumran (cfr.
C.Roth, RQ 2, I960, 261-265). Sulluso di dfs nella let
teratura talmudica e midrasica cfr. anche L.Margoulies,
Leshonenu 20, 1956, 50ss. (ebr.).

Per cercare nel NI' cfr. H.Greeven, art.


ThW 11,894-898 (= GLNT 111,1529-1540).
G. Gerleman (l-4a.5)/. Ruprecht (4b-e)

b an
hcbcel SOFFIO

1/ I vocaboli affini a hcebcel soffio ricorrono


in aram. e nel sem. meridionale (cfr. HAL 227a).
Dal nome derivato il verbo hbl q. diventare
nullo, occuparsi di nullit e hi. rendere nullo,
ingannare .
probabile un rapporto col nome proprio Hcebce/
(= Abele, cfr. la forma pausale in Gen 4,2a), che
forse un appellativo.

21 II nome compare 73x, il verbo 5x (qal 4x, hi.


lx). 41 attestazioni del nome riguardano esclusi
vamente PEccle; un certo numero si trova anche
nel linguaggio dei Sai (9x, inoltre Is 49,4; Ger
10,3.8.15; 14,22; 16,19; 51,18; Giob 7,16). Un
gruppo di 6 passi appartiene a testi dtr. (vd. st. 4a).
hcebcel si presenta per Io pi in forma assoluta. Dov co
struito come un vero nome, ha solitamente il sign. di
idolo (vd. st. 3c). Nella catena costrutta serve come
nome reggente (per la forma hbel cfr. Wagner 134) so
prattutto per accentuare la nullit ( habel habm Eccle
1,2.2; 12,8); quand nome retto da tradursi come ag
gettivo. inoltre vi un uso avverbiale (p.e. Giob 9,29
invano ). sorprendente la frequentissima costru
zione che consiste in una frase nominale formata da due
membri (circa 30x).

3/ a) Il significato primario d hcbczl vento,


soffio (solo Is 57,13, par. niah vento ); a tale
significato si fa riferimento quando si vuole fare
un paragone con ci che inutile, caduco (Sai
62,10; 144,4; Prov 21,6; cfr. acc. Mru, J.Hehn,
ZAW 43, 1925, 222s.; O.Loretz, Qohelet und der
alte Orient, 1964, 127s. ).
b) Nel gruppo pi consistente delle testimonianze
(frasi nominali) il significato primario scompare
del tutto; hdbcel qui semplicemente un termine
negativo, che viene usato per qualificare espe
rienze umane e realt fondamentali. La traduzione
che ne viene normalmente data nullit, nullo
spesso troppo generico. Lesatta sfumatura di
quello a cui si allude con il giudizio negativo va
dedotta dal contesto: la gradazione si estende da

405

hiba/

SOFFIO

incostante (par. kzb inganno Sai 62,10),


caduco (par. $/ ombra Sai 144,4; cfr. 39,7)
e inutile, vano (par. 'n jitrn nessun guada
gno Eccle 2,11; rq vuoto, vacuo Is 30,7;
49.4) fino a senza senso, assurdo, cattivo (par.
IflT ra" grave disgrazia Eccle 6,2; r' rabb
gran male Eccle 2,21).
c) Laspetto dellinutilit si reso autonomo per
indicare le altre divinit, hcebcel significa qui idolo
4); cfr. le formule fisse irritare Jahwe con
gli idoli (Deut 32,21; IRe 16,13.26; Ger 8,19) e
correre dietro agli idoli (2Re 17,15; Ger 2,5).

4 / hcebcei compare prevalentemente in tre con


testi:
a) Come designazione delle altre divinit nellac
cusa dtr. della ribellione di Israele (Deut 32,21;
IRe 16,13.26; 2Re 17,15; Ger 2,5; 8,19) e come
motivo di contrasto nella dichiarazione di fiducia:
colui che prega si abbandona a Jahwe, non agli
idoli (Sai 31,7; Ger 14,22; 16,19; Giona 2,9; cfr. an
che la polemica tardiva contro gli idoli in Ger
10,3.8.15).
b) Come concetto idoneo a squalificare una real
t, h&bce/ ricorre nella lamentazione del singolo.
Lorante accusa linutilit della propria fatica (Is
49.4) e la caducit della sua vita (Giob 7,16); am
bedue queste idee vengono riferite sostanzial
mente aL destino delPuomo mediante un processo
generalizzante che tipico della lamentazione (Sai
39,6.7.12). Questa condizione umana limitata
viene talvolta contrapposta alPinfinita bont e po
tenza di Dio (Sai 62,10; 94,11; 144,4).
c) Luso quanto mai denso di h&bcel nellEccle
trova la sua ambientazione pi appropriata nel
giudizio (frase nominale). Sulla base della ricerca,
dellosservazione e della riflessione lEccle ritorna
sempre ad un giudizio distruttivo, normalmente
su realt del tutto concrete ([gam] zc hcbce/ [an
che] questo un nulla Eccle 2,15.19.21.23.26;
4,4.8.16; 5,9; 6,2.9; 7,6; 8,10.14; cfr. 2,1; 11,10);
solo occasionalmente la prospettiva pi o meno
allargata (hakkl hcebcel tutto nullit 2,11,17;
3,19; cfr. 11,8). La definizione sommaria di 1,2 e
12,8 invece da attribuirsi ad un redattore (F.EIlermeier, Qohelet 1, 1, 1967, 94ss.). hcbcel per
PEccle non si riferisce semplicemente a tutto, ma
a tre situazioni concrete: (1) gli sforzi delPuomo,
il suo lavoro in genere, sono senza successo, inu
tili e vani (2,1.11.19.21.23; 4,4.8; 5,9; 6,2); qui hcbceI esattamente lopposto di jitrn vantaggio
(cfr. 2,11; cos pure Elermeier, l.c., 38). Il lavoro
senza senso, perch Dio arbitrariamente fa go
dere ad uno frutti del suo lavoro, mentre ad un
altro glielo impedisce (2,24-26), ma in ultima ana
lisi perch Puomo mortale e deve lasciare quel
che possiede ad un altro (2,18-21; 6,1-2). (2) Il do
minio della vita attraverso la sapienza, dominiocon il quale si vorrebbe avere in proprio potere il
406

comportamento e la situazione delluomo per im


porvi un ordine, senza senso, perch succede che
i giusti ricevono lo stesso destino degli empi (8,10
14); alla fine muoiono tanto i saggi quanto gli stolti
(2,15; 6,7-9). (3) Dietro tutti questi giudizi sta la
visione che FEccle ha della caducit delPuomo
(6,12; 11,8.10; cfr. 7,15; 9,9), caducit che lo assi
mila a tutte le altre creature (3,19). Ogni futuro
sottoposto al minaccioso destino della morte
(11,8), ogni avvenimento del tutto incomprensi
bile e senza senso (1,14; 2,17). Dio non certo col
pito dal verdetto di hoebce^ tuttavia non rappre
senta neppure di fronte ad esso un polo opposto da
cui si possa^ ottenere salvezza (cos Hertzberg,
KAT XVII/4,222ss.; Loretz, l.c., 234ss.), ma col
suo agire incomprensibile lultima spiegazione
della limitatezza delPpomo,
5/ I LXX traducono hcebcet soprattutto con
(jloctoclttj^, [xaTato^. A questo modo il termine
viene ad assumere una connotazione moralistica;
non si allude pi soltanto alPinsufficienza della
creatura, ma alPinsufficienza morale (cfr. al ri
guardo G.Bertram, ZAW 64, 1952, 30-34). A
Qumran la caducit identificata ancor pi diret
tamente con linclinazione al peccato (IQS 5,19;
1QM 4,12; 6,6; 9,9; 11,9; 14,12). Per il NT cfr.
O.Bauernfeind, art. ( .<x t o u o c ;, ThW IV,525-530( =
GLNT V I,1405-1418).
R.AIbertz

mn

hdr

SPLENDORE

TT

1/ Vocaboli affini a hdr ornamento, splen


dore, maest al di fuori delPebr. si ritrovano con
certezza solo in aram.
Per Pug. hdrt vd. st. 3b; per lantico sudarab. hdr orna
mento (?) cfr. Conti Rossini 131 b; per leg. h'dri cfr.
H.Donner, ZAW 79, 1967, 331 n. 57.
Il rapporto, talora supposto, con lebr. 'dr (LS 172a;
addir) o con Parab. hdr fermentare (GB 175a)
molto dubbio.

Le forme verbali sono chiaramente dei denomina


tivi dal sost. hdr (W.J.Gerber, Die hebr. Verba
denominativa, 1896, 163s.; BLA 273). Accanto a
hdr (in Dan 11,20 con lo st. cs. segolato hcedcer
invece del pi usato hadar, cfr. BL 552; HAL
230a) ricorre il fem. hadr ornamento, grandio
sit (vd. st. 3b); nelParam. bibl. si trovano hadar
magnificenza e hdr pa. magnificare .
NelParam. imperiale, sono testimoniati hdr magnifi
cenza (Ah.r. 108) e hdjr magnifico (Ah. r. 207)
(DISO 63).

2/ NelPAT ebr. la radice compare 42x (esci.


hadrm in Is 45,2, dove secondo lQIsa si deve
leggere harrim, cfr. HAL 229b; diversamente p.e.
Zorell 185a); in aram. 6x.
407

11 verbo ricorre in ebr. 6x, 4x al qal, lx al ni. e lx alPhitp.


(vd. st. 3c). Il sost. hdr ricorre 31x (incl. hcedcer in Dan
11,20; plur. solo Sai 110,3), hadr 5x. Il maggior nu
mero di testimonianze si trova nei salmi (15x; ls 8x;
Prov 4x; Lev 3x); nei testi narrativi manca compietamente.
NelParam. le testimonianze si limitano a Dan (3x nome
e 3x pa.).

3/ a) Il sost. hdr designa lo splendore nella


natura (Lev 23,40; Is 35,2a) e la bellezza
delPuomo (Is 53,2; Sai 8,6; Prov 20,29; 31,25). Ri
ferita a Dio, tale bellezza (cfr. Is 35,2b con v. 2a)
riceve il sign. di fulgore, sublimit, magnifi
cenza (vd. st. 4). Nel senso di maest hdr
anche attributo del re terreno (Sai 21,6; 45,4.5
[txt?]; aram. Dan 4,27.33; 5,18; cfr. hadr Prov
14,28). Il plur. di Sai 110,3 dovrebbe invece rife
rirsi alle vesti regali (composte di diversi orna
menti, cfr. G.Widengren, Sakrales Knigtum im
AT und im Judentum, 1955, 103 n. 22). hdr si
applica per anche a citt (Is 5,14; Ez 27,10; Lam
I,6) o a una trib (Deut 33,17). Secondo Dan
II,20 la Palestina hcedcer malkt ornamento
del regno .
In molti testi si dice che Dio o un uomo sono ri
vestiti di hdr (Jahwe Sai 104,1; Giob 40,10; la
donna Prov 31,25; Gerusalemme Ez 16,14; part. q.
Is 63,1).
Termini paralleli di hdr sono hd nobilt (Sai
21,6; 45,4; 96,6; 104,1; 111,3; Giob 40,10; lCron 16,27),
kbd onore (kbd\ Is 35,2; Sai 8,6; 21,6; cfr. Sai
145,5.12), pad sgomento (Is 2,10,19.21), kah
forza (Sai 29,4), z vigore (.zz; Sai 96,6; Prov
31,25), tif ccret decoro (pr, Sai 96,6; Prov 20,29) e
t'ar bellaspetto (Is 53,2). Altri sinonimi di hdr
potrebbero essere 'cedcer { addir 1), g'n (gVj), hoemced (5x, hmd) e sbl splendore (18x, in Dan 8,9;
11,16.41.45 usato per Gerusalemme e la Palestina, cfr.
v. 20).
In aram. accanto a hadar si trovano htesen forza (Dan
4,27), ztw splendore (Dan 4,33), maikit dominio re
gale , gebrd potenza e j eqr dignit (Dan
5,18).

b) hdr compare solo allo st. cs., quattro volte


nellespressione composta hadrat-qdces (Sai 29,2;
96,9 = lCron 16,29; 2Cron 20,21), una volta in
hadrat-m&lcek(Ptov 14,28). In questultimo passo
hadr ha lo stesso significato di hdr in contesti
corrispondenti maest, splendore, nobilt , in
contrasto con nf fritta rovina, caduta. Gli altri
passi sono di solito intesi nel senso di prostratevi
davanti a Jahwe in sacro ornamento 0 sim. E pre
feribile attenersi a questa spiegazione con H.Don
ner, ZAW 79,1967,331-333 (cfr. per anche A.Caquot, Syria 33, 1956, 37-41; E.Vogt, Bibl 41, 1960,
24; W.H.Schmidt, Knigtum Gottes in Ugarit und
Israel, 4966, 56), piuttosto che tradurre rivela
zione, manifestazione (F.M.Cross, BASOR 117,
1950, 19-21; Kraus, BK XV,233; UT nr. 752;
P.R.Ackroyd, JThSt 17, 1966, 393-396) sulla base
delPug. hdrt in Krt [= 1 K] 155, che parallelo a
U THT hdr SPLENDORE

408

hlm sogno e potrebbe significare visione, ap


parizione ; tuttavia le connessioni accennate in
UT nr. 752 e WUS nr. 817 rimangono incerte.
c) Il verbo in qal ha il sign. ornare laspetto di qicn.,
onorare qlcn. (Lev 19,32 dinanzi ad una testa grigia
ti alzerai in piedi e onorerai la canizie ). Nella termino
logia giuridica assume la sfumatura di preferire (in giu
dizio) . In Lev 19,15 si esige un giudizio imparziale:
non favorire chi piccolo (/js pen dai), ma non pre
ferire neppure chi grande (hdr pen gdf) . Secondo
il senso della seconda parte di questa frase, viene solita
mente mutata anche la sentenza apodittica di Es 23,3
(BHS; HAL 230a; Es 23,6 corrisponde alla prima parte).
Laram. pa. significa sempre onorare (Dio) (par. brk
pa. Dan 4,31; par. rm poi. 4,34; par. sbh pa. 4,31.34;
5,23).
'
Lhitp. si riferisce allonore preteso per s ( dinanzi al
re Prov 25,6, a cui par. porsi al posto del grande ).
Il ni. va tradotto con tornare ad onorare o sim. (Lam
5.12).

4/ Come espressione che designa la dignit re


gale di Dio (cfr. H.Gross, FS Junker 1961, 96;
H.Wildberger, ThZ 21,1965, 481s.), hdr occupa
un posto particolare nel contesto della lode di
Israele (Sai 96,6; 104,1; 111,3; 145,5.12; lCron
16,27). Lesaltazione innica della bellezza di
Jahwe (Von Rad 1,375-379) scaturisce dalla con
statazione delle sue azioni storiche (Sai 111,3;
145.5.12). Su questo si basa la preghiera del popolo
(Sai 90,16). La connessione tra lo splendore di Dio
e il suo agire nella storia si amplia fino a racchiu
dere il fulgore di Jahwe nelle vie della sua crea
zione (Sai 104,1). Israele, anche quando parla della
gloria di Dio come di qualcosa di immobile (Sai
96,6; lCron 16,27), pensa sempre ad un fatto che
procede da Dio. In esso Israele contempla lo
splendore divino (ls 35,2b; cfr. 63,1). Anche
quando Jahwe interviene per giudicare, si esperimenta lo splendore della sua maest (hadar
ge'nd ts 2,10.19,21; lunione di due sinonimi
equivale ad un superlativo, Joiion 438).
Alla gloria di Jahwe partecipano i suoi eletti, il re
di Israele (Sai 21,6; 45,4.5; Prov 14,28), i devoti
(Sai 149,9; cfr. Mi 2,9), Gerusalemme (Ez 16,14)
e Sion (Lam 1,6). Israele riconosce anche nelle
creature la sublimit di Dio e loda perci il crea
tore (Sai 8,6), ma sa daltra parte che non pu pro
curarsi da s lo splendore divino (Giob 40,10). Vi
perfetta bellezza, solo se Dio concede hdr (Ez
16,14).
5/ I LXX traducono la radice hrd con una ven
tina circa di vocaboli diversi, soprattutto
con S^a, (jievaXoTrpTTe'.tf, eTrpcTrcia e
Nelle espressioni nts. sulla bellezza di Dio (e di
Ges; cfr. la citazione di Sai 8,6 in Ebr 2,5-10)
si risente ancora l'influsso di hdr.; cfr. G.Kit
tei - G. von Rad, art.8oxco,ThW 11,235-258
(= GLNT 11,1343-1404); J.Schneider, ari. Ttjr/],
ThW V ili,170-182.
G. IVcfimeicr (1-3)/D. Veder (4-5)
409

-fin

hd

NOBILT

U n hd NOBILT
1/

hd nobilt, maest usato solo in ebr.

incerto il rapporto etimologico con larab. awada es


sere pesante , il sernO. jdh hi. esaltare o larab. nahuda essere bello, forte (GB 176b; KBL 227b.364a;
HAL 23la; Zorell 186a).

2/ Il sostantivo compare 24x nellAT (Sai 8x,


Giob e lCron ognuno 3x, Zac e Dan ognuno 2x,
Num, Is, Ger, Os, Ab e Prov tutti lx).
3/ Il significato originario di nobilt, maest
chiaro quando il termine viene usato per espri
mere un attributo del re (Ger 22,18, cfr. Rudolph,
HAT 12,141s.; Sai 21,6; 45,4; Dan 11,21; lCron
29,25; in Zac 6,13 riferito al re sacerdote). Tale si
gnificato preminente anche quando la gloria di
Dio viene indicata con hd (Ab 3,3; Sai 8,2;
148,13; Giob 37,22). Il termine in singoli casi - pi
o meno nel senso di splendore - viene appli
cato anche a uomini (singoli: Num 27,20; Prov
5,9; Dan 10,8; popolo: Os 14,7), animali (Zac 10,3;
Giob 39,20) e piante (Os 14,7). In Dan 10,8 hd
(come laram. zlw Dan 5,6.9.10; 7,28) significa il
fulgore del volto, il colore del viso ; in Prov 5,9
il vocabolo non si riferisce allapparenza esterna,
ma designa invece il frutto degli anni della mi
gliore vitalit (Gemser, HAT 16,34). Pi o meno
fortemente accentuata, traspare in tutti questi
passi limpressione di meraviglia e di gioia.
Per i termini paralleli vd. st. 4. In Dan 10,8 masht ro
vina opposto a hd.

41 Limportanza del termine risiede tutta


nell'uso teologico. Vhd di Dio si rivelato a
Israele nelle opere del Signore della storia e della
creazione. Proclamandone Vhd, Israele esalta
Jahwe e ne riconosce la maest.
Questo intendono sottolineare anche i nomi che espri
mono una confessione, composti con hd (o hd) (Hdej , Hdijj, forma abbreviata Hd\ cfr. Noth, IP 146;
per ' abThd, hhitd, lammJhd z'hd cfr. per Stamm,
HEN 416a.418a).

Il termine compare quando si descrive lapprossi


marsi di Dio (Is 30,30; Ab 3,3; cfr. Giob 37,22).
Anche nei salmi di lode esso riflette lesperienza che
Israele ha della sublimit di Dio (Sai 111,3;
145,5), come pure la percezione attonita della glo
ria di Dio nella sua creazione (Sai 8,2; 104,1;
148,13). Lo stesso motivo dei salmi (lode del crea
tore - lode del signore della storia) influenza la
struttura di Giob 38-41; qui la lode assume la
forma di un discorso di Dio (cfr. C, Westermann,
Der Aufbau des Buches Hiob, 1956, 82-98; id.,
ATD 19,126 per Is 44,24-28). Nello sviluppo delle
due parti ritorna il termine hd: nellesaltazione
del creatore (quando si descrive la forza temibile
del cavallo, 39,20) e del giudice (40,10). Israele
non pu parlare del dominio di Jahwe sul mondo
410

senza lodare la sua maest (Sai 96,6; lCron 16,27;


29,11).
Vhd di un re un dono che proviene dalla di
gnit propria di Jahwe (Ger 22,18; Zac 6,13; Sai
21,6; 45,4; Dan 11,21; lCron 29,25; cfr. Eccli
10,5). Secondo P anche Mos e Giosu possiedono
hd{Num 27,20). In questa concezione si presup
pone implicitamente che Mos deve trasmettere a
Giosu, insieme con lufficio, anche qualcosa del
suo hd^ come prima era stata trasmessa a lui una
parte dello hd di Jahwe. Mediante due immagini
il vocabolo viene applicato al popolo, a cui Jahwe
si rivolto. Una volta Israele, rinnovato da Jahwe,
viene paragonato allo splendore dellulivo
fruttfero (Os 14,7), unaltra volta Giuda assu
me, nel quadro dellazione salvifica di Jahwe, la
funzione dello splendido cavallo da guerra
(Zac 10,3).
Il legame con termini affini illumina maggior
mente il contenuto del termine, che si riferisce
alla nobilt e alla maest di Do: hd parallelo di
tehill fama , ngah splendore e Lz vi
gore in Ab 3,3s.; con zjjhb (fulgore dell) oro
in Giob 37,22 (forse da leggersi secondo BH3 zhar fulgore). In una serie di cinque predicati
divini hd sta accanto a g*dulia grandezza , gebti
ra potenza, tif&ret gloria e n$ah ful
gore in lCron 29,11. Il binomio hd wehdr
(hdr) descrive lo splendore regale di Jahwe in
Sai 96,6; 104,1; 111,3; 145,5 (hadar !<fbd hdcp.k,
kbd)\ lCron 16,27; Giob 40,10 (par. g'n wagbah, g*h, gbh), ma anche la dignit concessa
al re (Sai 21,6; 45,4).
5/ I LXX traducono hd con una decina circa di
vocaboli diversi, ma soprattutto con S'a (9x) e
con o(j.oXY'0cK (4x).
La mobilit linguistica e semantica, che contrasse
gna hddy si riscontra anche nel suo equivalente
nts. pi importante: <x si riferisce a re/Tegno
(p.e. Mt 4,8; 6,29), alla creazione (p.e. ICor 11,7;
15,40s.), e particolannente a Dio (cfr. G.Kittel G. von Rad, art. Soxco, ThW 11,235-258 =
GLNT 0,1343-1404).
D. Vetter

"in hj GUAI!
1/ Tra le interiezioni che non s possono far ri
salire a radici verbali (GK 105; BL 652-654), hj
guai! ed altre esclamazioni affini (come ahh
ah! ) esprimono semplicemente un grido, men
tre hinn ecco! e has pst! (M ), insieme
con gli imperativi ridotti ad interiezioni (hlk, -qm,
r'h\ assumono anche il valore di un invito.
Nelia forma fonetica e talvolta anche nelluso le interie
zioni
'dja, 7 e h possono essere combinate con hj.
Un caso a parte invece h'h ( yh\ che esprime piut
tosto lemozione gioiosa.

411

2/ Una statistica precisa di hj con le sue di


verse costruzioni viene fornita da Ch.Hardmeier
in Wolff, BK XlV/2,285. hj ricorre 51x, quasi
esclusivamente nella letteratura profetica (Is 21x,
Ger llx , Ab 5x, Zac 4x, Ez 3x, Ani e Sof 2x, una
volta sola in IRe 13,30; Nah 3,1; Mi 2,1), in tre
quarti di tutti quanti i casi come introduzione del
lamento profetico.
'5j ricorre 24x con una distribuzione notevolmente pi
ampia (in Ez 16,23 raddoppiato), per la maggior parte in
Ger (8x; inoltre in ls e Ez 4x, Num, ISam, Os 2x, Prov
e Lam lx). In Am 5,16 si trova h-h, in Sai 120,5
lespansione 7j, in Eccle 4,10 e 10,16 la forma 7 usata
nel medioebr. (cfr. HAL 37b).
h&'h compare 12x (Sai 7x, in tre passi raddoppiato; Ez
3x, inoltre Is 44,16 e Giob 39,25). I passi con 'ah (Ez
6,11; 18,10 e 21,20) sono testualmente dubbi (cfr. Zim
merli, BK XIII,141.393.472).

3/ hj ah!, ahim! anzitutto il grido intro


duttivo del lamento funebre (IRe 13,30 ahim,
fratello mio! ; Ger 22,18 ah, fratello mio!
ahim, sorella! e ah, signore! ah, sua maest!
cfr. Rudolph, HAT 12,142; 34,5 ahim, Si
gnore! , ogni volta con spd tenere un lamento
funebre ; cfr. Jahnow 83-87 ecc.), cos pure h-h
in Am 5,16 (accanto a mispd e tfhf lamento fu
nebre ), forse anche hj in Ger 48,1 ( su Nebo
con ycei) e 50,27 (Babilonia, con al) in un canto fu
nebre profetico (G.Wanke, ZAW 78, 1966, 217).
In altri otto o nove passi hj in contesti diversi in
troduce lemozione espressa con ah! (Is 1,24;
17,12; 18,1; Ger 30,7 txt?; 47,6) oppure manifesta
linvito a muoversi su! (Is 55,1; Zac 2,10 rad
doppiato; 2,11).
I rimanenti passi contengono hj seguito da un
nome per introdurre un lamento (spesso in una
serie: Is 5,8.11.18.20.21.22 e 10,1, cfr. Wildberger,
BK X ,175-202; Ab 2,6.9.12.15.19; altrove: Is 1,4;
10,5; 28,1; 29,1.15; 30,1; 33,1; 45,9.10; Ger 22,13;
23,1; Ez 34,2; Am 5,18; 6,1; Mi 2,1; Nah 3,1; Sof
2,5; 3,1; Zac 11,17; seguito dalla preposizione *al o
ie Ez 13,3.18; cfr. sopra Ger 48,1; 50,27), vd. st. 4.
j distinto nettamente da hj sia per costruzione sia
per contenuto (G.Wanke, ZAW 78, 1966,215-218). Ad
eccezione di Num 24,23 e Ez 24,6.9, i (j-n Ger 4,31;
45,3; Lam 5,16; j Sai 120,5; 7 Eccle 4,10; .10,16)
sempre seguito da una determinata persona o da un de
terminato gruppo di persone, introdotti da le(senza ul
teriore specificazione con participi, aggettivi e sostan
tivi), come pure da una proposizione dipendente con va
lore esplicativo.
Originario soprattutto luso in prima persona guai a
me (Is 6,5; 24,16; Ger 4,31; 10,19; 15,10; 45,3; cfr. Sai
120,5) o guai a noi (ISam 4,7.8; Ger 4,13; 6,4; Lam
5,16) per una minaccia che sopravviene improvvisa, nel
cosiddetto grido dangoscia (ISam 4,7,8; Is 6,5;
24,16; Ger 4,13.31; 6,4; cfr. Num 24,23) che, senza una
chiara delimitazione, quando sussiste gi una situazione
di necessit si trasforma in un grido di lamento (Ger
10,19; 15,10; 45,3; Lam 5,16; Sai 120,5).
NeUesclamazione guai a te (Num 21,29 = Ger 48,46;
Ger 13,27; Ez 16,23; con 7 Eccle 10,16) *j assume an
che un carattere di minaccia (o di rimprovero), cos pure
quando usato in terza persona (Is 3,9.11 ; Ez 24,6.9; Os
in

hj GUAI!

412

7,13; 9,12; con / Eccle 4,10; cfr. Prov 23,29 con 1oj
guai! sostantivato, parallelo del sinonimo abj
ah! ).

4/ Sullorigine del grido di lamento dal punto di


vista della storia delle forme sono stati pubblicati
negli ultimi anni degli studi approfonditi (ultima
mente con notevole ampiezza Wolff, BK
XIV/2,284-287; W.Schottroff, Der altisraelitische
Fluchspruch, 1969, 112-120). Nonostante alcune
analogie formali (elencazione e unione con parti
cipi, cfr. Deut 27,15-26) e contenutistiche (oppo
sizione ad un atteggiamento anlicorrnmitario), hj
non pu essere considerato come un 5rr (rr)
pi sfumato, e il grado di lamento a sua volta
come una variazione delle maledizioni cultuali
(cos S.Mowinckel, Psalmenstudien V, 1924,
2.119-121; P.IIumbert, Problmes du livre dHabacuc, 1944,18-23; C. Westermann, Grundformen
prophetischer Rede, 1960,137-142; J.L.Crenshaw,
ZAW 79, 1967, 47s.; cfr. anche H.-J.Hermisson,
Studien zur isr. Spruchweisheit, 1968, 89s.; W il
dberger, BK X,182), poich le formule di maledi
zione, a differenza delle esclamazioni introdotte
da ho]* non soltanto stabiliscono con un certo ri
lievo delle conseguenze pericolose, che sono im
manenti ad una determinata azione e che deri
vano spontaneamente da essa, ma annunciando
chiaramente la maledizione riferiscono diretta
mente tali conseguenze a quelPazione e le pon
gono cos effettivamente in atto (SchottrofT, l.c.,
117; cfr. Wolff, l.c., 285). Pi appropriata sembra
essere la spiegazione che fa derivare il grido di la
mento profetico dalla lamentazione funebre: hj,
che appartiene originariamente al lamento fune
bre, rende chiaro che un determinato comporta
mento umano racchiude in se stesso il germe della
morte (cos G.Wanke, yj und hj, ZAW 78,1966,
215-218[218]; cfr. R.J.Clifford, CBQ 28, 1966, 458
464; J.G.Williams, HUCA 38, 1967, 75-91; Schot
trofT, l.c., 113-117, con paralleli tratti dallantico
Oriente, che rivelano come il grido di lamento, pro
prio della lamentazione funebre, sia usato anche nel
senso di una minaccia o di una messa in guardia).
possibile a questo proposito che i profeti si rifac
ciano per questo uso del grido di lamento ad un lin
guaggio tipico della sapienza pedagogica di ambiente
tribale (E.Gerstenberger, JBL 81, 1962, 249-263;
H.Wolff, Amos geistige Heimat, 1964, 12-23; id.,
BK XIV/2,285-287; SchottrofT, l.c., 117-120).
In contrapposizione polare con asr beato colui
che... non si ha hj (cfr. W.Janzen, HThR 58, 1965,
215-226), bens soprattutto 'dj o /, e si tratta di formule
chiaramente sapienziali: Is 3,10s. (1 aste pr *imm; Wild
berger, BK X,118.126s.; diversamente WL.Holladay,
VT 18, 1968, 481-487) e Eccle 10,16s. (cfr. SchottrofT,
Le., 118).

5/ I LXX traducono le interiezioni per lo pi


con oai Per il tardo giudaismo (a Qumran non
ci sono testimonianze) e per il NT cfr. StrB I,778s.
ed eventualmente i comm. su Le 6,24-26;
C.H.Dodd, FS Robert 1957, 406s.
E. Jenni
413

rrn hjh e ssere

m n hjh ESSERE
1/ Al verbo hjh divenire, essere dellAT (ra
ramente nella forma aramaizzante hwh, cfr. Wa
gner nr. 72) e deir iscrizione di Siloe (KAI nr. J89)
corrisponde laram. hwh (KBL 1068s. e Suppl. 200;
DISO 63s.).
;
Vanno tenuti presenti anche Pacc. ewu divenire
(AHw 266s.; cfr. per per liniziale della radice P.Fronzaroli, AANLR V11I/19, 1964,164) e i nomi propri amor
rei, derivati dalla radice *hwj (Huffmon 72s.l59s,)> men
tre il confronto con Tebr. hwh II cadere (solo Giob
37,6) e Tarab. haw cadere di scarsa utilit.
I corrispondenti semantici di hjh essere sono dati in
acc. da basti, in ug., fen. pun., arab. ed et. da verbi della
radice kn.

Accanto al qal compare il ni. avvenire ; in ebr.


non si hanno altre derivazioni dalla radice; cfr,
per -Jhwh.
*2 / hjh con 3540 attestazioni al qal (esci. Os
13,14
qiJ 4; in Lis. mancano Gen 42,36;
IRe 22,33; 2Re 1,17) e 21 attestazioni al ni. di
gran lunga il verbo pi frequente nellAT. Lebr.
hwh essere, divenire ricorre 5x (Gen 27,29; ls
16,4; Eccle 2,22; 11,3; Neem 6,6), laram. bibl. hwh
71x (inoltre lx Dan 6,11 hw MSS invece di
hy
).
i
.
qal
Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Gioe
Am
Abd
Giona
Mi
Nah
Ab
Sof
Agg
Zac
Mal
Sai
Giob
Prov
Rut
Cant
Eccle
Lam
Est
Dan

316
234
147
180
169
145
118
168
153
195
120
211
262
335
27
10
10
7
10
18
3
3
11
9
66
11
104
50
27
21
4
47
23
17
20

di cui nella forma


wqjehi
122
41
1
16
7
63
49
56
42
78
55
11
43
62
1

ni

2
2
*

2
9

4.
10

- -

6
5

414

qal
Esd
Neem
lCron
2Cron
AT

5
47
105
132
3540

di cui nella forma


wqjehl
1
14
27
46
782

ni.

1
21

La percentuale deila forma wafhl rispetto al totale dei


casi in qal costituisce perci un orientamento abbastanza
sicuro per definire il carattere narrativo di un libro; cfr,
lordine di frequenza nel totale dei casi in qal (Ez, Gen,
Ger, Es, Is, Re.,,) e lordine di frequenza in }vqjehi
(Gen, Re, Gios Ez, ISam, 2Re...).

3/ Per designare la semplice esistenza o identit


di una persona o di una cosa, il verbo hjh non
necessario in ebr. Si pu usare la frase nominale,
p.e. nk Jhwh ,ct?lhceko. io (sono) Jahwe, tuo
Dio (Es 20,2); scemces mgn Jhwh Jahwe
sole e scudo (Sai 84,12). Quando si usa hjh, ge
neralmente si intende fare una dichiarazione pi
marcata e dinamica sulla natura di una persona o
di una cosa, e tale natura si manifesta nelle azioni
e nelle reazioni, nel destino e nel modo di com
portarsi di questa persona o di questa cosa posta a
confronto con altre.
Al qal hjh significa non solo essere , ma anche
divenire, agire, accadere, comportarsi ; il verbo
si costruisce con le preposizioni pi diverse, che
ne modificano il significato, cos p.e. hjh be tro
varsi, avvenire in , fyh ie servire a, divenire, ap
partenere (serve come in molte lingue ad espri
mere il verbo avere , che non c; cfr. G.Benveniste, Problmes de linguistique gnrale, 1966,
187-207), hjh im stare accanto ; hjh ahar at
tenersi a qlcn. ; particolarmente tipico hjh *cei
nelle introduzioni narrative delloracolo profetico
wajehi dehar Jhwh 'cei (dbr IV/2a), in cui hjh
descrive lirrompere della parola nella vita del pro
feta (cfr. HAL 233s. e ampiamente C.H.Ratschow, Werden und Wirken. Eine Untersuchung
des Wortes haj ah als Beitrag zur Wirklichkeitserfassung des AT, 1941, 7-30; in dipendenza da
lui Th.Boman, Das hebr, Denken im Vergleich
mit dem Griechischen, *1965, 27-37, le cui con
clusioni per devono essere ridimensionate,
cfr, J.Barr, The Semantics of Biblical Language,
1961, 58-72).
Questi significali vengono ulteriormente precisati nel
parallelismo poetico p,e. con 4md stare accanto (Sai
33,9), kn ni. sussistere (Sai 89,37s.; cfr. 90,17 poi.),
qm effettuarsi (Is 7,7; 14,24); altri paralleli sinonimi
e antitetici in Ratschow, l.c., 5s.

Unito ad un aggettivo predicativo hjh esprime il


comportamento o le propriet di una cosa o di una
persona: ma il serpente si dimostr pi astuto di
tutti gli animali (Gen 3,1); non bene che
luomo sia solo (Gen 2,18). Congiunto con lin
finito assoluto di un verbo, esprime il permanere
di un movimento: ma lacqua continuava a di
415

minuire (Gen 8,5; cfr. v. 3). In un significato ab


bastanza ridotto hjh serve a determinare tempora
neamente ci di cui si parla: siano un maschio e
una femmina (Gen 6,19), e pu essere conside
rato semplicemente come copula (BrSynt 28; BM
11,96). Ma anche in questo caso hjh conserva an
cora la funzione di descrivere un comportamento
o un dato di fatto: ora ambedue, luomo e la
donna, erano nudi (Gen 2,25). Davanti ad un
verbo narrativo lespressione wajehi e avvenne
si riduce ad una pura fonna stilistica, che L.K
hler, VT 3,1953, 304, definisce ipertrofica , ma
nella quale tuttavia rieccheggia ancora luso di hjh
trattato sotto 4b (1).
Il ni. compare soprattutto in testi tardivi (e a Qumran)
col sign. accadere, avvenire (p.e. Deut 4,32; Ger 5,30;
Zac 8,10), forse anche essere sfinito (Dan 8,27),

4 / Per quanto riguarda luso teologico di hjh si


pu distinguere: (a) un uso implicitamente teolo
gico, (b) un uso esplicitamente teologico (nei rac
conti di miracoli, negli oracoli profetici, nelle pre
scrizioni legislative e nella formula di alleanza), e
(c) un uso teologico assoluto in Es 3,14a; cfr. al ri
guardo Ratschow, l.c., 31-86.
a) Nei testi di maledizione e di benedizione fyh
serve a precisare ci che una persona maledetta o
benedetta deve diventare; questo destino si rea
lizza in tale persona, corrispondentemente alla
forza buona o cattiva che essa detiene: voglio
quindi fare di te un grande popolo e benedirti e
rendere il tuo nome famoso, e tu sarai una bene
dizione (Gen 12,2); Abramo gi benedetto, e
questa benedizione, che appartiene al suo essere,
si manifester in seguito. E la tua discendenza
sar come la polvere della terra (Gen 28,14);
questa discendenza non si ancora realizzata, ep
pure essa gi in forza della benedizione, che
spinge verso la sua realizzazione. Similmente
quell'uomo sar come le citt, che Jahwe ha di
strutto (Ger 20,16). Queste formule non nomi
nano espressamente Jahwe come colui che real
mente agisce; pongono soltanto la parola di bene
dizione e di maledizione in diretto rapporto con la
sua realizzazione nella storia, hjh, solitamente al
perfetto, esprime qui la dinamica interna della be
nedizione o della maledizione, una forza che si
sprigiona attraverso la parola e che inevitabil
mente far vedere la sua azione.
La fede in Jahwe ha sottoposto a critica questa
concezione dinamico-realistica della benedi
zione/maledizione, unendo lazione della parola
alfintervento personale di Dio. Usando hjh allim
perfetto, la benedizione diventa promessa e la ma
ledizione minaccia, che Jahwe stesso realizzer in
futuro, fyh indica qui il compimento storico delle
parole di Jahwe, i fatti che accadranno in seguito
al suo intervento: conta le stelle, se le sai con
tare... cos sar la tua discendenza (Gen 15,5);
la vostra terra diverr un deserto e le vostre citt
un cumulo di rovine (Lev 26,33). hjh sottolinea
r m Nh ESSERE

416

la realt di ci che Jahwe ha detto e che si attuer


negli eventi storici.
In una forma pi attenuata la benedizione/male
dizione sta ad indicare un desiderio ed una pre
ghiera; luomo pronuncia la parola, ma la realizza
zione implicitamente lasciata alla decisione di
Dio: siano come lerba dei tetti che appassisce,
ancora prima di crescere (Sai 129,6); le loro
mogli siano private dei figli, diventino vedove
(Ger 18,21). Persino allettativo il verbo hjh ri
mane dinamico; indica la tensione tra ci che gi
esiste, anche se nascosto o ignoto, e quello che si
realizzer dopo la decisione di Jahwe.
b) In riferimento esplicito a Jahwe hjh ricorre in
quattro contesti letterari:
(1)1 racconti di miracoli usano numerosi verbi di
azione, ma al culmine della narrazione compare
hjh per indicare lavvenimento miracoloso:
Mos e Aronne andarono dal faraone e fecero
come Jahwe aveva comandalo: Aronne gett il
suo bastone dinanzi al faraone e alla sua gente, e
divent un serpente (Es 7,10); la moglie di Lot
guard indietro e divenne una colonna di sale
(Gen 19,26); e Gedeone disse...: Il vello soltanto
resti asciutto, e la rugiada scenda su tutto il ter
reno. E Dio fece cos in quella notte (Giud
6,39s.). Con questo verbo il racconto descrive tal
volta non un semplice fatto storico, ma la realt di
un avvenimento, che si inserisce nel divenire ter
reno e manifesta lassoluta potenza di Jahwe, Lo
hjh dei fatti la prova del sh ( fare ) di Dio;
cfr. Am 3,6b capita una disgrazia in citt, senza
che Jahwe labbia operata? . Il medesimo signifi
cato del termine si trova nei racconti della crea
zione (Gen 1,3; 2,7). Altrove lintervento perso
nale di Dio non sempre espresso cos chiara
mente. Ma come nel racconto di un miracolo, cos
anche nel racconto di un comune fatto storico hjh
pu sempre indicare la dinamica di ci che av
viene per intervento di Jahwe (anche se4uomo
non pu sempre scorgervi la mano di Dio: Eccle
un
(2) Oltre ad usare la radice in un senso comune,
i profeti si servono di hjh negli oracoli profetici per
descrivere avvenimenti in cui Jahwe interviene
personalmente, giudicando o facendo grazia:
perch Gaza sar devastata (Sof 2,4); perci
la loro via diventi per essi un sentiero sdrucciole
vole (Ger 23,12); e ivi ci sar una strada pura
(Is 35,8) ecc. Si tratta qui di quello che Ratschow,
l.c., 67 definisce luso propriamente profetico .
Lo si trova spesso in Os (6x), Mi (3x), ls (28x), re
lativamente meno in Ger (12x)e Ez (29x), cfr. il
sommario in Ratschow, l.c., 67-74. Limportanza
di queste dichiarazioni profetiche sta nel fatto che
gli avvenimenti annunciati sono inaspettati, incre
dibili, e tuttavia certi e reali. Quando i profeti mol
tiplicano le espressioni parallele abbondando in
immagini, ma senza descrivere completamente lo
svolgimento del fatto, mostrano che per loro fyh
417

iTH hjh ESSERE

non deve esprimere tanto lesatto andamento


delle cose, quanto soprattutto lintervento sovrano
di Jahwe nei suoi diversi effetti: e accadr nel
tempo avvenire.,, (Is 2,2); in quei giorni av
verr... (Is 7,18.21.23, cfr. 22). Questo inter
vento, sia che abbia lo scopo di giudicare sia che
abbia quello di salvare, rimane un miracolo, che
oltrepassa il normale corso delle cose e manifesta
lefficacia della volont divina: certamente
quanto ho decretato accadr (hjh) e come ho sta
bilito cos avverr (qm) (ls 14,24).
(3) Nelle norme giuridiche per mezzo di hjh ven
gono fissate per il popolo dellalleanza le sue rela
zioni con Dio, con gli uomini e con lambiente:
nel primo giorno terrete unadunanza sacra (sar
per voi) (Es 12,16); ogni cosa interdetta in
Israele sar tua (Num 18,14); ma (quegli ani
mali) che non hanno n pinne n squame... tutto
ci sar per voi un abominio. S, un abominio sar
per voi (Lev ll,10s.). In questultimo esempio
va notato laccostamento tra una semplice frase
nominale e una frase con hjh, nella quale il verbo
indica che non si tratta di una identit effettiva,
ma di una realt fissata giuridicamente. Questa si
tuazione giuridica conforme al modo con cui
Dio vede le cose e al come egli le ha fissate per il
bene del popolo. Ma importante che anche il po
polo le riconosca e le accolga come tali nella sua
vita quotidiana. Tu non avrai altri dei alfinfuori
di me (id jihjc fek) (Es 20,3); qui il verbo al
singolare, perch il comandamento non intende
negare resistenza di altri dei, ma solo esige che
Israele non riconosca altri dei. In tutti questi testi
della tor il senso dinamico di hjh serve a descri
vere quel processo che inserisce continuamente la
volont di Dio nella vita quotidiana del suo po
polo e spinge Israele a diventare realmente ci che
secondo la volont d Dio dovrebbe essere: siate
santi, perch io (sono) santo, Jahwe, vostro Dio
(Lev 19,2).
(4) Lultimo contesto letterario in cui si ha un uso
teologico di hjh quello della formula di alleanza
(cfr. R.Smend, Die Bundesformel, 1963). I con
traenti simpegnano ad un determinato atteggia
mento reciproco. La forma breve suona cos: <<io
sar il vostro Dio, e voi sarete il mio ppolo (Gr
7,23; cfr. 11,4; 24,7; 31,33; Ez 36,28 ecc.); Deut
26,17-18 presenta una formula pi lunga, bilate
rale: tu oggi hai fatto dichiarare a Jahwe di es
sere tuo Dio... e Jahwe oggi ti ha fatto dichi arare
di essere per lui un popolo particolare... (cfr.
Smend, Le., 7s.). Si confronti anche la formula di
alleanza con Davide: io voglio essergli padre ed
egli mi sar figlio (2Sam 7,14). hjh indica qui il
comportamento reciproco delle due parti che sti
pulano lalleanza nel presente e nel futuro, col suo
carattere attivo e dinamico: quello che ambedue
sono luno per laltro in forza delfalleanza, si rin
nova in ogni azione delluno verso laltro, cosicch
essi diventano sempre pi e sempre meglio quello
che gi sono. Di qui anche la significativa animo*
418

nizione della parenesi dtn. rivolta ad Israele, di di


ventare cio il popolo che gi, camminando
(hlk) e ubbidendo {smr).
Allaltra parte che contrae lalleanza, cio a Jahwe stesso>
non rivolto nei testi un simile invito. Deut 26,17s. con
giunge ambedue le proposizioni della formula di alleanza
con lobbedienza di Israele. Ma ci non significa che la
validit dellalleanza dipenda esclusivamente dalPobbedienza di Israele. Al contrario, lalleanza sussiste solo
perch Jahwe lha posta in atlo (la formula compare per
10 pi nel discorso di Dio in prima persona), e lo hjh di
Dio contiene gi per se stesso i provvedimenti che
Jahwe prender in futuro nei riguardi di Israele. Lo hjh
di Israele invece minacciato dalla disobbedienza, dalla
dimenticanza, dallimmobilismo di coloro che si credono
giunti allo scopo, e perci deve esprimersi con un invito
allobbedienza.

c) In Es 3,143 hjh viene usato in forma assoluta,


senza preposizioni o predicati, in un discorso di
Jahwe in prima persona: cehjc urscer 'cehjc (Bib
bia di Zurigo: io sar colui che sar ),
11 passo solleva numerosi problemi:
(1) un problema di critica letteraria: i versi 14 e 15
danno una doppia risposta al v. 13 qual il suo
nome? . Si pu dire che la risposta originaria sia conte
nula nel v. 15, in cui appare il tetragramma nella forma
solita? In tal caso v. 14 sarebbe unespansione teologica,
che cerca di spiegare il senso del tetragramma, e v. 14b
sarebbe un passaggio redazionale (cosi B.D.Eerdmans,
Atl. Studien, III, 1910, 12-14; Noth, ATD 5,30s.). Ma
anche v. 14 potrebbe essere considerato originario; il suo
contenuto difficile avrebbe reso perci necessaria unag
giunta in forme pi tradizionali al v. 15 (cos
G.J.Thierry, OTS 5, 1948, 37).
(2) un problema etimologico: la formula contiene molto
probabilmente un'allusione al tetragramma. Si tratta di
unetimologia filologicamente sostenibile oppure di una
semplice paronomasia teologica? Qual il significato ori
ginario del tetragramma?
(3) un problema storico: da quando viene usato il nome
di Jahwe? Hanno ragione E e P, quando fanno risalire a
Mos il primo uso in Israele? Da dove deriva il nome?
Cfr. per questi due tipi di domande la voce Jhwh.
(4) un problema esegetico: i due 'cehjc al v. 14a hanno
il medesimo significato? Non c nessuna ragione deci
siva per negarlo (E.Schild, VT 4, 1954, 296-302, vuole
vedere unaffermazione di identit nel primo verbo e
unaffermazione di esistenza nel secondo verbo: io
sono colui, il quale ). La ripetizione del verbo non
tautologica, ma rafforzativa (cfr. Es 33,19). Inoltre:
corretta la sintassi di asaer? S, perch se il soggetto della
frase introdotta con iascer gi, in forma di pronome,
soggetto o attributo della frase principale, il verbo ri
mane alla medesima persona (GK I38d; Schild, l.c.,
298; cfr. Es 20,2; IRe 8,22s.; lCron 21,17).

La formula stata intesa in tre maniere diverse:


(l) come unaffermazione sulla natura di Dio: cfr.
LXX yo) etfjit <>v io sono Tessente: Lu
tero: Io solo possiedo lessere; colui che aderisce
ad altre cose, perisce (edizione di Weimar, voi.
16,49); Schild> Le. 301: it is a positive answer in
which God defines himself as th One who is,
who exists, who is reai (= una rispo
419

sta positiva in cui Jahwe s definisce come colui


che , che esiste, che reale ). Cfr. anche O.Eiss
feldt, FuF 39, 1965, 298-300 = KS IV,193-198.
Luso che altrove viene fatto di hjh rende per
dubbia questa spiegazione e mostra che il senso
del passo va al di l di una pura affermazione
sullessere divino (aseit).
(2) come un rifiuto di rivelare il nome: cos Kh
ler, Theol. 235 n. 36: ... una dichiarazione, che
rifiuta una spiegazione... Chi Dio, Mos lo vedr
nelle sue opere; cfr. Gen 32,30; Giud 13,18. Il
contesto (risposta positiva parallelamente al v, 12,
ripresa della frase al v. 14b) esige una parola che,
mantenendo intatto il mistero di Dio, dia una ri
sposta positiva al v. 13.
(3) come unaffermazione sulfoperare divino. La
maggioranza degli esegeti intende il passo (con
leggere sfumature) come una proclamazione
dellattivit di Dio che si rinnova continuamente
nella storia; cos Eichrodt 1,118: Io sono real
mente e veramente qui, sono pronto ad aiutare e
ad agire, come lo fui da tempo immemorabile
(cfr. p.e. Th.C. Vriezen, FS Bertholet 1950, 498
512; id., Theol. 201; von Rad I,193s.; Noth, ATD
5,31). Il significato attivo e dinamico di hjh fa
vorevole ad una spiegazione che si muova in que
sta direzione.
Bisogna tener presenti soprattutto tre elementi in questa
formula: (1) essa non va oltre le forme della prima per
sona, e ci non soltanto per motivi di sintassi. Dio ri
mane un io sovrano e non pu essere ridotto ad un
oggetto a disposizione della curiosit umana. (2) Il
verbo allimperfetto, il tempo che caratteristico
dellazione che rimane aperta a nuove azioni. Dio si fa ri
conoscere dal suo popolo nella successione delle sue ge
sta storiche. (3) L'uso di hjh qui sulla stessa linea dei
tre usi teologici fondamentali che si riscontrano nei rac
conti di miracoli, nei profeti e nella formula di alleanza:
si tratta di un agire che si rinnova continuamente, col
quale Jahwe interviene nella storia per manifestarsi
come il Signore fedele.

Prescindendo da Es 3,14, questuso assoluto di hjh


ricorre ancora in Os 1,9 io (sono) lo 'cehjc (= io
non ci sono) per voi , cio io mi rifiuto ulterior
mente di sostenere la parte che ho assunto nella
risposta a Mos in Es 3,14.
La maggioranza degli autori ha proposto d correggere il
testo per assimilarlo alla formula di alleanza ( io non
sono il vostro Dio ). La lectio difficilior tuttavia da
preferirsi (cfr. Wolff, BK XIV/1,7).

La mancanza di un richiamo a Es 3,14 non desta


meraviglia. Anche nel suo contesto la formula oc
cupa una posizione marginale; Tinteresse princi
pale del racconto sta nella missione di Mos al
v. 15. Per sottolineare il soccorso fedele di Jahwe,
i testi invece del lassoluto hjh usano pi spesso la
formula hjh im: io sono con te (Es 3,12; cfr.
Gios 1,5; Giud 2,18; ISam 18,12), dove la prepo
sizione non aggiunge nulla di nuovo al verbo, ma
sottolinea il suo significato attivo e diretto ad uno
scopo.

m n hjh ESSERE

420

5/ Il giudaismo tardivo sviluppando la formula


di Es 3,14 mette in rilievo soprattutto leternit di
Dio; cosi il Targum Jonathan Es 3,14b io sono
colui che era e che sar; similmente Midr, Es
3,14. Si interpreta per anche la formula nel senso
dellattivit creatrice di Dio, corrispondentemente
a Sai 33,9; cos Targ.Jon. Es 3,14a colui che
parl, e il mondo fu, parl, e il tutto esistette ,
oppure nel senso della polemica del Deutero
isaia contro limpotenza degli idoli (Is 43,10s.;
44,6), cos Targ.Jon. Es 34,39 io sono colui
che ed era, e sono colui che sar, e non c
altro Dio fuori di me . Anche quando s sotto
linea leternit, lidea di esistenza contenuta nel
verbo hjh continua ad avere perci un valore
attivo.
Nel NT elvai compare molto spesso dove lebr.
usa una semplice frase nominale (p.e. Mt 26,26
par. questo il mio corpo ) o un verbo di stato
(Mt 26,38 la mia anima triste , allusione a Sai
42,6 con shh hitpo.). Altrove assume la funzione
del narrativo wajchf e avvenne (p.e. Le 6,6) o
del profetico wehj e avverr (p.e. Mt 13,42);
cfr. M.Johannessohn, Das biblische xat yvsTO
und sei ne Geschichte, Zeitschrift fiir vergleichende Sprachforschung 53, 1926, 161-212; id,,
Die biblische Einfuhrungsformel xai &rrai,
ZAW 59, 1942/43, 129-184; K.Beyer, Semitische
Syntax ini NT, 1 ,1962, 29-65. Ma elvati conserva
ancora la connotazione attiva di hjh teologico in
alcuni importanti testi cristologici: ecco, io sono
con voi tutti i giorni... Mt 28,18, nella linea
dellebr. hjh 4im\ bisogna ricordare a questo ri
guardo soprattutto luso giovanneo, nel prologo
( in principio era il Logos ) e nelle parole in cui
Ges si attribuisce il titolo divino di Es 3;4: y^>
ei[ii io sono (Gv 8,24.28.58; 13,19). Riferita
a Dio la formula ternaria in Apoc 1,4.8 che
e che era e che viene (cfr. 4,8; 11,17; 16,5); cfr.
E.Stauffer, art. yw, ThW 11,350-352 (= GLNT
111,66-72); F.Buchsel, art. eL|x(, ThW II,396-398
(- GLNT 111,185-192); E.Schweizer, Ego eimi,
1939.

S.msler

hkl

htk

TEMPIO - JT3 bajit.


n

wm

m f

ANDARE

1/ Il verbo hlk andare si incontra nella mag


gior parte delle lingue sem. (con significato di
verso neilantico sudarab. comportarsi, HAL
236a; arab. andare in rovina , Wehr 916).
cfr. acc. alku (AHw 31-34; CAD A / 1,300-328); ug. hlk
(WUS nr. 830; UT nr. 766); can. jilaku (impf. nella let
tera di Amarna AO 7098, rev. 27; F.Thureau-Dangin,
RAAO 19, 1922, 98); fen.: Friedrich 70; ebr. antico e
moab.: DISO 65; aram.: KBL 1069; DISO 65; LS 176s.;
Drower-Macuch 148b.

421

l'P.T hlk ANDARE

Si conoscono in ebr. le coniugazioni qal, pi., hitp.,


ni. e hi.
Come accade per i termini che indicano andare in
molte lngue indoeuropee (F.Rosenthal, Or 11, 1942,
182s.), anche la flessione di hlk abbastanza irregolare.
Limpf., Timp. e linf. cs. qal e tutte le forme delFhi.
sono costruiti come i verbi di prima j/w. Questo feno
meno viene spiegato di solito (GK 69x; Bergstr. 11,131;
BL 384s.) come una conseguenza del fatto che nel perf.
hi. la forma sembra di prima j/w (hahlaka > haka > hlaka > hfk BL 214; Meyer 11,142); diversamenle
Z.S.Harris, Development of th Canaanite Dialects,
1939, 33; J.M.Allegro, WdO II/3, 1956,^64-266.
In aram. si incontrano forme che sembrano rimandare
ad una radice *h\vk (aram. bibl. impf. pe. j ehk, inf.
mehk,; cfr. BLA 144; DISO 65; R.Degen, Altaram.
Grammatik, 1969, 79; diversamente F.Rundgren, AcOr
21/4,1953, 304-316). Limp. lek nelle lingue can. si pu
inoltre ricondurre ad una base a due radicali *lk (Meyer
11,142). Gordon suppone perci che lo hlk triconsonan
tico abbia avuto origine dalla fusione tra *hk e *lk (UT
nr. 766).
Talvolta come in moab. (w'hlk e andai KAI nr. 181,
r. 14s. accanto a /&, r. 14) e in fen. antico (hlk KAI nr.
27, r. 21 accanto a Ikt, KAI nr. 26, 11,4; Mfl/ifc, 11,19; cfr.
Friedrich 70) si ha anche in ebr. la forma con tre conso
nanti: jahaik egli va Ger 9,3 ecc.; 'oeh^lk Giob
16,22 ecc.; thalak Es 9,23; Sai 73,9; inf. halk Es 3,19;
cfr. Bergstr. n, 131,
Neiraram. bibl. hlk nel perf. e nellimp. del pe. viene
sempre sostituito dalle forme di z/(KBL 1069a). Invece
dello ha. meglio forse leggere un pa. in Dan 3,25; 4,34
(BLA 274).

Sostantivi derivati sono:

a) hallk passo , meglio piede secondo la


Volgata; cfr. M.Dahood, Bibl. 45, 1964, 404;
b) halTlid via, strada; carovana, processione;
modo di agire (HAL 236a);
c) hlcek (andare > ) scorrere; (visita > ) visita
tore (nome dazione) BL 460; HAL 238a);
d) mahlk cammino, tratto di strada (BL
490);
e) tahalkl corteo (BL 497; cfr. tuttavia BHJ
per Neem 12,31; KBL 1020a);
0 aram. bibl. hak tassa (KBL 1069; cfr. acc.
ilkn, un tipo di tassa che deve pagare chi sog
getto ad obblighi feudali; AHw 371s.; CAD I/J
73-81; H.W.Bailey, Asia Major 7, 1959, I8s.).
Derivato anche il nome proprio fem. Hammlcekcet
(lCron 7,18, forse anche in v. 15; cfr. tuttavia J.Morgenstem, ZAW 49, 1931, 58).

2/ Il verbo hlk si incontra nelPAT ebr. 1547x,


e cio I412x in qal, 64x in hi., 25x in pi. e lx
in ni. Si devono aggiungere inoltre sette casi
in aram. bibl. (qal 4x, pa. lx, ha. 2x, cfr. per
sopra 1).
In Mand. manca Is 55,lba lEk (lCron 18,13 in appen
dice); Zac 3,7 mahlekim va posto con Lis. sotto mahaIk\
Num 17,11 wehlk va considerato hi, (Lis.: qal).

422

qal
Gen
Es
Ijev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Gioe
Am
Abd
Giona
Mi
Nah
Ab
Sof
Agg
Zac
Mal
Sai
Giob
Prov
Rut
Cant
Eccle
Lam
Est
Dan
Esd
Neem
lCron
2Cron
AT

113
70
18
44
48
48
110
128
94
120
93
56
li
58
21
4
8
6
12
2
2
1
10
2
38
20
30
18
7
25
4
3
3
3
13
20
49
1412

ni.

pi.

12
2
3

3
1

w.

25

hi. hitp.
totale

8
121
2
1
73
1
1
20
l
45
4
1
53
1
2
51

1
IH

9
137
1
3
.98

1
122
5
1
99
4
1
62

5
116
5
3
67

1
22
-4

1
9

12
-

1
6
17

2
3
14
68
2
5
29
1
4
38

18

2
30

1
6

1
4

13

3
23
3
52
64
45
1547

Come sostantivi si hanno hlk lx (Giob 29,6), halik


6x (Nah 2,6; Ab 3,6; Sai 68,25.25; Giob 6,19; Prov
31,27), hcek 2x (ISam 14,26; 2Sam 12,4), mahVk 5x
(Ez 42,4; Giona 3,3.4; Zac 3,7; Neem 2,6), tahaluk( lx
(Neem 12,31), aram. halk 3x (Esd 4,13.20; 7,24).

3/ a) 11significato del verbo definito in modo


univoco con andare e oscilla solo in misura
minima con il contesto, p.e. quando deve essere
espressa lattivit con cui si muovono non solo gli
uomini (Gen 9,23 ecc.), ma anche determinati
animali o cose: i serpenti strisciano (Gen 3,14), le
volpi vagano per i dintorni (Lam 5,18, pi.), le navi
viaggiano (Gen 7,18; Sai 104,26, pi.), un dono se
gue (Gen 32,21) ecc. Anche lacqua va, cio
scorre (Gen 2,14; 8,3 ecc.; cfr. anche r. 4
delliscrizione di Siloe) e il suono della tromba
risuona (Es 19,19).
In alcuni casi si aggiunge Tini, assol. hlk ad altre
forme verbali per rinforzare lazione durativa (p.e. Gen
8,3.5; 12,9; Giud 14,9; 2Re 2,11; cfr. GK 113u; BrSynt
82-84). In modo analogo la forma verbale finita di hlk
pu servire ad esprimere una maggiore chiarezza, ad
esempio assieme a Iqh Gen 27,14; /;/;/ Gen 50,18;//7 2Re
3,7; 'mr ls 2,3 (HAL 236b).

423

Anche le forme imperative lek, lek e (ku vengono uti


lizzate molto spesso, oltre che per esprimere un puro co
mando, per rinforzare una richiesta assieme ad un altro
verbo, e si possono tradurre allora, nella maggior parte
dei casi, con s! ors! (Gen 37,13.20; Es 4,19 ecc.). In
questi casi lek si spesso trasformato in interiezione
e come taJe pu riferirsi anche ad un fem., Gen 19,32, o
a pi persone, Gen 31,44 (BL 385).

Particolari sfumature di significato acquista il


verbo quando si tratta di descrivere una via che
conduce ad un termine o ad una meta; p.e. alla
fine della pioggia (Cant 2,11), della rugiada (Os
6,4), del vento (Sai 78,39), delle nuvole (Giob
7,9), del dolore (Giob 16,6). Riferito alla vita
umana, si ha il significato avvicinarsi alla morte,
morire (Gen 15,2; Gios 23,14; 1Re 2,2; Sai 39,14;
58,9; Giob 10,21; 14,20; 16,22; 19,10; 27,21; Eccle
1,4; 3,20; 6,4.6; 9,10; lCron 17,11).
Nello stesso senso va inteso anche Phi. di Sai 125,5, il pi.
di Ab 3,11 (sole e luna) e lunico passa al ni. Sai 109,23.

Unito a 'ahar e ahar dietro assume il signifi


cato seguire, andare dietro (Gen 24,5.8; 32,20
ecc.), frequente nelluso religioso (vd. st. 4b).
hlk hi. possiede significati che sono tutti pi o
meno chiaramente di tipo causativo ( far andare,
guidare, portare ecc.). Per hlk pi. andare in
torno, andare qua e l cfr. Jenni, IIP 151-153,
Lhitp. passeggiare, andare qua e l come il qal
e il pi. ha anche il significato traslato cammi
nare , nel senso generale di comportamento (vd.
st. 4b).
I verbi di movimento sinonimi hanno tutti un
senso pi specifico, cfr. rs correre , -b' ve
nire, entrare ,
uscire , Ih salire , -sub
tornare indietro ecc.; significato opposto hanno
fsb rimanere e md stare .
b) I sostantivi della radice hlk con i loro molteplici
significati (vd. sp. 1) si possono far derivare tutti
dal significato primario andare. Per Ab 3,6
(strade delle stelle) cfr. i paralleli acc. e ug. (lAqht
[= 1D] 52.56,200) riportati in HAL 236a. Il senso
traslato cammino (halfk( Prov 31,27) pre
sente anche nelfacc. a/akiu, plur. alkaktu (AHw
31,36b; CAD A /l,297-300).

4/ a) In campo religioso importa poco che


Jahwe, al pari degli dei (Sai 115,7 pi.), possa essere
pensato come andante . Qui va ricordato il
camminare di Jahwe nel giardino dellEden (Gen
3,8 hitp.) o il suo allontanarsi dopo la visita ad
bramo (Gen 18,33). Jahwe pu anche incedere
sulle nubi (Sai 104,3 hi.) o camminare in cielo
(Giob 22,14 hitp.). Davanti a lui cammina la giu
stizia (Sai 85,14 pi,).
Pi importanti di queste rappresentazioni antropo
morfiche sono tuttavia le espressioni in cui lan
dare di Jahwe significa pi in particolare il venire
in aiuto al suo popolo o il punirlo. Egli va per ri
scattarsi un popolo (2Sam 7,23 = lCron 17,21), e
viene sperimentato come colui che porta aiuto
(Sai 80,3; Zac 9,14; anche Os 5,14s.). Nella
~|bn hlk ANDARE

424

maggior parte dei casi questo intervento di Jahwe


fu interpretato come una guida da lui esercitata al
tempo delle peregrinazioni nel deserto (Es
33,14.15.16; 34,9; cfr. Lev 26,12 hitp.; Deut 20,4;
23,15 hitp.; 31,6.8; 2Sam 7,6s. hitp. = ICroti 17,6;
nel nuovo esodo: Is 45,2; 52,12), e trov una rap
presentazione plastica nella descrizione della co
lonna di fuoco e di nube nella quale Jahwe avan
zava davanti al popolo (Es 13,21; Num 14,14;
Deut 1,30.33).
In tale contesto deve essere anche compresa la funzione
dellarca di Jahwe, che avanzava come simbolo visibile
della presenza di Jahwe dinanzi al popolo; anche pi
tardi nelle processioni i partecipami allazione cultuale si
raccoglievano dietro ad essa, anche se luso di hlk non
era ancora ben rissato (Gios 3,6; 6,9, ISam 6,12; cfr.
Num 10,33-36; Giud 4,14; 2Sam 5,24; 6,5). Un segno di
apostasia consiste nel fatto che il popolo slesso si crea
degli dei che devono assumere le stesse funzioni di
Jahwe (Es 32,1.23; cfr. IRe 12,28-30). Quando il popolo
si mostra disobbedientc, Jahwe pu solo camminare
contro il popolo (Lev 26,24.28.41; Num 12,9).

b) All'andare divino verso il suo popolo, in comu


nione con lui e davanti a lui, corrisponde da parte
delluomo il cammino obbediente dietro Jahwe
(cfr. F.J. Helfmeyer, Die Nachfolge Gottes im AT,
1967). Lespressione hlk ahar seguire del
tutto familiare e chiara, in tutta la sua-portata,
allisraelita che ha familiarit con la vita nomade,
e pu perci essere utilizzata per descrivere fin
ter comportamento della vita del popolo e del
singolo. In realt nellAT solo in pochi passi Pat
teggiamento del seguire riferito a Jahwe, special
mente in testi dtr. (Deut 13,5; IRe 14,8; 2Re 23,3
= 2Cron 34,31; inoltre Ger 2,2 con unimmagine
sponsale; Os 11,10; cfr. anche IRe 19,20s. se
guire un profeta; per espressioni sinonime cfr.
Helfmeyer, l.c., 93-122). Molto pi spesso tale
modo di comportarsi riferito al peccato e quindi
al seguire dei stranieri (Baal ecc.: Deut 4,3; 6,14;
8,19; 11,28; 13,3; 28,14; Giud 2,12.19; Re
11,5.10; 18,18; 21,26; 2Re 13,2; 17,15 = Ger 2,5;
Ger 2,8.23.25; 7,6.9; 8,2; 9,13; 11,10; 13,10; 16,11;
25,6; 35,15; Ez 20,16; cfr. N.Lohfink, Das Hauptgebot, 1963, 76s.), i propri desideri e immagini in
gannatrici (Ger 3,17; 16,12; 18,12; Ez 13,3; 33,31).
Il fatto di correre dietro ad altri dei comporta sem
pre anche lapostasia da Jahwe come chiaramente
10 esprimono i passi IRe 9,6; 18,21; Ger 5,23. Per
i sinonimi dellespressione seguire dei stranieri
cfr. Helfmeyer, l.c., 152-179.
Oltre al rifiuto aperto, che si esprime nell'andare dietro
a dei stranieri, viene descritto il camminare senza Dio in
alcune espressioni che indicano l'arbitrariet dellagire
delPuomo: seguire linganno o sim. (Ger 6,28; 23,14;
Giob 31,5), camminare secondo il proprio (o il cattivo)
consiglio (Ger 7,24; Sai 1,1; Giob 34,8), secondo il pro
prio cuore (Ger 11,8; 23,17) o camminare nelle tenebre
(ls 59,9 pi.; Eccle 2,14).

11 fatto che molto pi spesso si parli espressamente


dellandare dietro a dei stranieri piuttosto che an
dare dietro a Jahwe, si pu forse spiegare tenendo
425

i x i hlk ANDARE

presente che il tema seguire ha avuto origine


dalluso cultuale pagano della processione (cosi
HAL 237a; Lambert, BWL 38s). Per questo
Israele avrebbe evitato tale modo di esprimersi
(P.Volz, Der Prophet Jeremia, T928, 17; G.Kittel,
ThW 1,212 = GLNT 1,571; per tutto largomento
cfr, E.G.Gulin, Die Nachfolge Gottes, StOr 1,
1925, 34-50). In base alla documentazione sopra
riportata, insostenibile che non ci si esprimesse
cos nei riguardi di Jahwe ma solo nei riguardi de
gii altri dei, adducendo come prova il fatto che il
pio israelita conduceva la sua vita dinnanzi e
non dietro a Jahwe (cos H.Kosmala, Nach
folge und Nachahmung Gottes, IL Im judischen
Denken, ASTI 3, 1964, 65-69). D'altra parte Hel
fmeyer (l.c.) attribuisce all'espressione andare
dietro a Jahwe un significato eccessivo, anche
perch non tentJdi spiegare in nessun modo la di
versit dei suoi usi. Secondo la sua opinione (p.e.
l.c., 202) tale concezione deriva dalla guerra santa
e fu adottata dal linguaggio teologico degli am
bienti dtn.-dtr.
Ad ogni modo va notato che la condotta
dellisraelita fedele a Jahwe diretta innanzitutto
allosservanza dei comandamenti di Jahwe. Per
descrivere tale atteggiamento PAT usa una serie
di espressioni che parlano in parte anche del cam
minare nelle vie (- dcercek), nei comandamenti e
nei precetti di Jahwe ecc. (cos anche Helfmeyer,
l.c.). Anche se si pu parlare dellapostasia come
del camminare sulle vie degli dei stranieri, per
necessario notare che per lisraelita in ogni caso le
vie di Jahwe erano chiaramente tracciate dai co
mandamenti rivelati, mentre lapostasia caratte
rizzata appunto dalla negazione di tali comanda
menti. Mentre al tempo delle peregrinazioni nel
deserto e della conquista della terra stava in primo
piano limmagine del camminare dietro al Signore
divino, al tempo della vita sedentaria in un paese
civilizzato tale idea fu sostituita dalla consapevo
lezza che Jahwe abita in mezzo al suo popolo.
Ogni apostasia era perci un allontanarsi da
Jahwe, ed equivaleva ad un correre dietro a dei
stranieri. Il camminare con Jahwe pu cos essere
reso con hlk (senza ahar) con laggiunta di parole
come sedqt (ls 33,15 in giustizia), ha^n01'
(Mi 6,8 umilmente )o tmlm (Sai 15,2 in ma
niera irreprensibile). Soprattutto Phitp. serve ad
esprimere tale rapporto. 11 devoto cammina con
Dio (cos P: Gen 5,22.24; 6,9) o davanti a lui,
cio confrontandosi con lui ed essendo responsa
bili di fronte a lui (Gen 17,1; 24,40; 48,15; ISam
2,30; 2Re 20,3 = ls 38,3; Sai 26,3; 56,14; 101,2;
116,9; Prov 6,22; 20,7; in qal anche IRe 2,4; 3,6;
8,23.25.25; 9,4).
c) Quando la forma verbale allhi., nella mag
gior parte dei casi il soggetto Jahwe (su 45 casi
24 volte). Egli pu scacciare le acque del mare
(Es 14,21) o condurre i ciechi (Is 42,16 ecc.); ma
soprattutto Israele loggetto della direzione e
della guida divina (Lev 26,13; Deut 8,2.15; 28,36
42fi

nellesilio; 29,4; Gios 24,3; ls 48,21; 63,13; Ger


2,6.17 txt?; 31,9; Os 2,16; Am 2,10; Sai 106,9;
136,16).
5/ Per quanto riguarda la terminologia della comunita di Qumran, va detto che hlk general
mente usato senzaltro come verbo che esprime
lazione di andare (p.e. il marciare dellesercito in
guerra 1QM 7,3s.). Frequentissimo tuttavia, se
condo la natura dei testi, luso nel senso della con
dotta morale-religiosa (p.e. CD 2,15.17; 3,2.5; 7,7;
1QS 1,6; 4*5s.; 5,4; 8,2; lQSa 1,1; IQH 15,18).
Nel tardo giudaismo e nel NT il verbo andare
fu usato con una frequenza uguale a quella di hlk
nellAT, cfr. F.Hauck-S.SchuIz, art. 7rope\!>ofiat,
ThW VI,566-579 (= GLNT X ,1411-1446); G.Kittel, art. xoXouOo), ThW 1,210-216 (= GLNT
T,567-582). Sul tema del seguire e dellimitare
H.Kosmala ofTre materiale pi ampio rispetto ai
dati del ThW (Nachfolge und Nachahmung Gottes, I. Im griechischen Denken, ASTI 2,1963, 38
85: II. Im judischen Denken, ibid. 3,1964,65-100).
Nel NT lidea del seguire si ricollega strettamente
al modello dellAT: cfr. M.Hengel, Nachfolge und
Charisma, 1968 (con bibliogr.), dove si tratta anche
delle concezioni lardogiudaiche ed ellenistiche. La
radice hlk sta infine alla base del sostantivo halaka,
che designa lutto quanto Vinsegnamento tardogiudaico e rabbinico sulla retta condotta (cfr. Levy
I,471s.;
Jastrow 1,353; UJE V, 172-175; JE VL,163;
BHH II,626s,).
G.Sauer

b b n h ll

pi. LODARE

1/ hll pi. esaltare, lodare , che un termine


onomatopeico, ha corrispondenze nella maggior
parte delle lingue sem. (p.e. acc. allu Gt cantare
un canto di gioia , S giubilare , AHw 34; ug.
hll giubilare ?, UT nr. 769; ma WUS nr. 832
falce della luna nuova , cfr. h/f Is 14,12; ulte
riori dati in HAL 238b).
Il verbo ricorre soltanto al pi. (Jenni, HP 246), al
pu. e alfhitp. Derivazioni sono hilllim giubilo
di festa (Lev 19,24 con riferimento alla festa del
raccolto; Giud 9,27 con riferimento alla festa della
vendemmia dei cittadini di Sichem), mah0lai
lode, riconoscimento, fama (Prov 27,21) e so
prattutto tehill gloria, esaltazione , Inoltre si
hanno i nomi propri Mi/ll, J chaHcerlt MahalaPl
(diversamente Noth, IP 169.184.205: hllI risplen
dere ).
2/ hll pi. ricorrere 113x (Sai 75x, 2Cron 12x,
lCron 7x, Prov 4x), pu. lOx (Sai 6x), hitp. 23x (Sai
8x, Ger 7x, Prov 4x), hilllfm 2x (vd. sp.), mah/dl
lx (vd. sp.), tehil 57x (Sai 30x, ls llx , Ger 6x).
Dei complessivi 206 casi (146 in forma verbale, 60
in forma nominale) i due terzi circa si trovano nei
salmi o in motivi salmodici e un settimo
427

nellopera del Cronista. A questi si aggiungono un


piccolo numero di passi nei Prov (lOx) ed un pic
colo numero nei testi profetici, per lo pi quando
il contesto un annuncio di salvezza. Gi questa
prima rassegna mostra che hll si colloca propria
mente nella liturgia; lo troviamo nella liturgia
quando si rivolge linvito al canto di lode, e di una
lode cultuale trattano anche tutti i passi dellopera
del Cronista.
3/ 11 verbo ed il sostantivo possono denotare
qualcosa che si attua tra uomini, e che per lo pi
va reso con elogiare/elogio , Viene esaltata la
bellezza di un uomo (pi. Gen 12,15; 2Sam 14,25;
Cant 6,9; pu. Sai 78,63) oppure la sua saggezza
(Prov 12,8 pu.). Il sostantivo viene usato princi
palmente per esprimere la gloria di una citt (negli
oracoli sulle nazioni Ger 48,2; 49,25; 51,41; in Ez
26,17 pu. si parla di Tiro, la famosa citt sul
mare). Di elogio o di auto-elogio (hitp.) parla la
sapienza: viene elogiata la donna abile (pi. Prov
31,28.31; hitp. 31,30); chi si arnia non si glori
come chi posa le armi ( Re 20.11 ); cos pure Ger
9,22s.; Prov 20,14; 25,14; 27,1; pi. 27,2. Viene
esaltato il re (2Cron 23,12s.), oppure ci si gloria del
re (Sai 63,12).
4/ Prevalentemente Dio che viene lodato
(Giud 16,24 il dio dei filistei): nei salmi (4a-c),
neU'opera del Cronista (4d) e negli oracoli profe
tici (4e); cfr. C. Westermann, Das Loben Gottes in
den Psalmen, (1954) *1968; F.Criisemann, Stu
dien zur Formgeschichte von Hymnus und Danklied in Israel, 1969.
a) Luso del verbo e del sostantivo tehill nei
salmi si pu riassumere in due gruppi; il gruppo
principale quello dellinvito al canto di lode.
Nella maggior parte dei passi dei salmi linvito alla
lode si esprime in questa forma imperativa: lo
date, o servi del Signore, lodate il nome del Si
gnore! vSal 113,1.1; anche Sai 22,24; 117,1;
135,1.1;
148,1.1.2.2.3.3.4.7;
150,1.1.2.2.3.3.
4.4.5.5.6; Ger 20,13; 31,7; inoltre haN(-)Jh 24x
(-Jhwh 2); con IchiH Sai 100,4; 149,1; cfr. Sai
66,2.8; Is 42,10; e anche la perifrasi con lhitp. in Sai
105,3 = lCron 16,10.
Che fra tutti gli altri usi della parola questo sia di gran
lunga il pi frequente, risulta chiaro se si considera la se
rie dei verbi paralleli, che esprimono ugualmente in
forma imperativa linvito alla lode (il pi importante
jdh hi.; inoltre p.e. rnn, sr,brk pi. lodare , gdl
pi. innalzare , rrn poi. innalzare ); zmr pi. can
tare, suonare, lodare ricorre 45x (Sai 41x, inoltre Giud
5,3; 2Sam 22,50; Is 12,5; lCron 16,9), di cui 19x alPinip.
plur., 20x al sing. e lx aJ plur. al coortativo, 4x allo iussivo, lx alPinf. (Sai 92,2). Cfr. inoltre laram. bibl. sbh
pa. lodare (5x in Dan), lebr. sbh pi. (6x: Sai 63,4;
117,1; 145,4; 147,12; Eccle 4,2; 8,15; hitp. gloriarsi Sol
106,47 = lCron 16,35) come aramaismo (Wagner nr.
299-302).

Che significato ha questo invito alla lode? Si tratta


di una sollecitazione resa necessaria dal fatto che
b b n h ll

pi. LODARE 428

lazione a cui esorta non fatta o non fatta in


misura adeguata; un invito proclamato senza
posa, instancabilmente e continuamente, proprio
perch ci che ne costituisce l'oggetto ricono
sciuto come vitalmente necessario, indispensabile
alla propria esistenza, fondamentale per la vita
della comunit, e la comunit animata da un
fortissimo impulso che la spinge a porre in atto la
lode. Questo impulso impellente, la convinzione
che Vhll pi. deve compiersi necessariamente, il
primo elemento che caratterizza linvito alla lode:
deve compiersi in modo che Dio venga ricono
sciuto, accettato, confermato nella sua divinit,
ossia nella pienezza della sua divinit. Ma questo
solo uno degli aspetti; i molti verbi paralleli che
esprimono il rallegrarsi ed il gioire (,gfly ~rnn,
srntt) mostrano che questo lodare Dio pu effet
tuarsi solo nella gioia, che esso espressione della
gioia rivolta a Dio. E per questo linvito alla lode
di Dio nellAT non pu essere ascoltato senza che
vi si ascolti nello stesso tempo linvito altgioia.
Quello che nel NT si distingue in chiamata alla
fede ed invito alla gioia, nellinvito a lodare Dio
dell'AT ancora una sola cosa.
Un secondo elemento s ha nel fatto che il verbo
viene usato prevalentemente nelle forme plurali.
Linvito alla lode, espresso con limperativo, viene
rivolto praticamente solo al plurale (sing. solo in
Sai 146,1 loda, anima mia, Jahwe; in Sai
147,12 loda, Sion, il tuo Dio il senso collet
tivo). Il fatto che a lodare Dio sia chiamata quasi
esclusivamente una comunit, indica che la lode
di Dio si realizza propriamente quando si riunisce
la comunit; chi rende lode il coro, la moltepli
cit di voci (cfr. Is 64,10 con sguardo retrospet
tivo: la tua santa casa ove i nostri padri ti loda
rono ). Lodando Dio la comunit esprime la pro
pria autocomprensione, il suo essere di fronte a
Dio, Daltra parte proprio negli imperativi che in
vitano alla lode si parla spesso di strumenti mu
sicali di accompagnamento; anchessi rientrano in
quello che avviene nella comunit. In tal modo hll
pi. diventa un elemento essenziale della liturgia
dellAT.
Un terzo elemento strettamente collegato al pre
cedente: nelPAT questo invito alla lode non ha
come destinatario soltanto Puomo. Questo un
fatto che spesso non viene rilevato a sufficienza.
Nella lode si compie unazione che indirizzata a
Dio, ma in cui per pu essere coinvolta la crea
tura in quanto tale; con la lode luomo si trova
come creatura fra le creature. Per capire il valore
di hll pi. bisogna dunque tener presente che sog
getto di questo evento considerato non tanto
Puomo in quanto essere ragionevole, Puomo in
quanto ha la capacit di giudicare e di essere per
suaso, ma Puomo nella sua totalit creaturale, in
quello che egli ha in comune con le altre creature.
Detto in maniera pi forte: non l'intelletto pu lo
dare Dio, ma solo Puomo che respira, che gioisce,
che canta. Si esprime cosi una relazione esisten
ziale con Dio, che non pu assolutamente aver
429

l?<?n hll pi. LODAUE

luogo se s basa solo sulla ratio . NelPentusiastica frase finale del Salmo 150, e di conseguenza
a conclusione dell'intero salterio, leggiamo:
tutto ci che ha respiro lodi il Signore! (v. 6);
in queste parole espresso esattamente il signifi
calo pi autentico della lode di Dio.
La forma dellinvito alla lode allimperativo pro
pria di un determinato genere di salmi, ossia dei
salmi di lode e degli inni. In questo genere sono
caratteristici gli elementi sopra indicati. La neces
sit di un invito continuo alla lode presuppone
una liturgia che si ripete costantemente. La con
sapevolezza, racchiusa in questo invito, che la
lode di Dio ha un significato vitale, appare chiara
nella struttura del salmo di lode: esso vuol presen
tare Dio nella pienezza del suo essere e del suo
agire (cfr. Westermann, l.c., 87ss.). AITermando
nella gioia l'essere divino come tale, che quanto
viene espresso con hil pi., la comunit nella pre
ghiera liturgica sa di essere di fronte a Dio, il quale
non solo il signore di Israele, ma anche il crea
tore e il signore della storia; per questo che pos
sono essere chiamati alla lode popoli e re, come
pure lintera creazione (Sai 148; 150).
hll pi. non pu tuttavia limitarsi a questunico ge
nere di salmi, a cui esso originariamente appar
tiene, poich in seguito, per la tendenza ad accu
mulare i verbi di lode e di gaudio, i confini fra i
singoli verbi di lode non vennero pi conservati
rigidamente ed essi si assimilarono pi o meno
l'uno allaltro. Tuttavia i testi mostrano ancora
che hll pi. il verbo dominante nellinvito alla
lode in forma imperativa, invito che appartiene al
genere letterario della lode.
Linvito alla lode in forma imperativa pu proseguire in
forma iussiva: essi devono lodare (fra i lesti pi
chiari Sai 148,5.13; cos pure Sai 22,27; 69,35; 107,32;
149,3; grammaticalmente al sing. 150,6). La forma ius
siva si trova inoltre quando si accenna di nuovo alla lode
a conclusione del lamento individuale (Sai 74,21; 102,19;
t'hill Sai 102,22 e 149,1).

b) Accanto alPinvito alla lode all'imperativo,


unaltra forma ha ancora una certa importanza
nell'uso del vocabolo: il coortativo, con cui un in
dividuo davanti ad altri annuncia o manifesta la
sua intenzione di lodare Dio. La forma letteraria
attraverso cui questo si esprime la promessa vo
tiva di lode alla fine del lamento individuale,
come pure Pannunzio allinizio della lode indivi
duale (salmi di ringraziamento). Il vocabolo spe
cifico per questa forma non per hll pi., ma jdh
hi.; hll pi. ricorre in questa forma solamente come
variante o come complemento: alla fine del la
mento individuale Sai 22,23; 35,18; 69,31; 109,30;
allinizio di un salmo di lode solo 145,2 e 146,2;
inoltre in mezzo al salmo 56,5.11.11. Anche
119,171 pu essere annoverato fra questi testi.
Tuttavia da rilevare che anche qui compare il si
gnificato speciale di hll pi.: anche quando si tratta
della lode individuale, essa si compie nella comu
nit (cos sottolineano esplicitamente Sai 22,23
430

in mezzo alla comunit voglio lodarti , 35,18 e


109,30). Spesso il voglio lodare espresso in
Forma nominale: Sai 119,71 sgorgheranno dal
mio labbro inni di lode ; 145,21 la mia bocca annunzier la lode di Jahwe ; inoltre Sai 9,15; 22,26;
35,28; 71,6.8.14; 109,1; Ger 17,14.
Il rapporto di questa forma voglio lodare (che
non viene definita a sufficienza quando la si
chiama promessa votiva di lode oppure an
nunzio di lode ) con la forma lodate! chiaro:
lo hll pi. viene affermato, accettato dal singolo. Si
pu vedere anche in questa forma il significato vi
tale della lode: essa cos importante, che la de
cisione di cantarla e la gioia che ne deriva debbono
essere espresse esplicitamente in parole: la sua
lode sar sempre sulla mia bocca (Sai 34,2).
Come si deve essere invitati a cantare la lode, cos
si deve dichiararne lintenzione anche davanti agli
altri: voglio esserci anchio! In questo gruppo di
testi facile capire che quelli che si esprimevano
in questa maniera consideravano laffermazione
della lode di Dio come unaffermazione di vita, un
partecipare al flusso degli eventi. Questa forma
pone in evidenza il modo diverso con cui il ter
mine usato nell'opera del Cronista (vd. st. d):
quando la lode di Dio fu istituzionalizzata, non
fu pi necessaria una simile affermazione, una
simile decisione di lodare di Dio; essa era gi
preordinata, regolata, e procedeva secondo pre
cise disposizioni ufficiali. Ci che invece viene
espresso nei salmi con hll pi., aveva bisogno del
limpulso personale e il carattere della sponta
neit ne fa parte essenziale; si ha vera lode di Dio
solo quando essa procede da questo impulso
spontaneo.
La caratteristica particolare di hll pi. diventa an
cora pi chiara se prendiamo in considerazione un
piccolo gruppo di testi, che non appartengono a
nessuno dei due generi suddetti, ma che lasciano
trasparire una riflessione sulla lode di Dio e attra
verso la riflessione fanno emergere gli aspetti ori
ginali. In questuso del termine, dove si suppone
una riflessione, da un lato vengono accostati tra
loro la lode di Dio e Dio: a te si conviene la
lode (Sai 65,2; cfr. 147,1). Geremia pu dire in
una delle sue confessioni: poich tu sei la mia
lode (Ger 17,14). Nel Sai 109,1 Dio viene invo
cato: Dio della mia lode , e in Deut 10,21: egli
la tua lode ed egli il tuo Dio . Singolare Sai
22,4: tu che siedi in trono sulla lode dIsraele .
Dallaltro lato vengono accostate tra loro lesi
stenza umana e la lode di Dio: fa che la mia
anima viva, perch possa lodarti (Sai 119,175).
Nella frase non i morti lodano Jahwe (Sai
115,17; Is 38,18) si esprime la stessa cosa al nega
tivo: la lode di Dio fa parte delPesistenza, essa
stessa un modo di esistenza. Nel momento in
cui essa cessa, cessa anche la vera vita. Colui che
loda Dio viene proclamato beato alla stessa ma
niera d colui che possiede unesistenza perfetta
(Sai 84,5). hll pi. la gioia dellesistenza che si ri
volge a Dio, che canta Dio.
431

c) Un significato solo parzialmente diverso, che si


riscontra per in un gruppo particolare di testi, ha
questo termine quando il senso profano di elo
giare/elogio (vd. sp. 3) viene riferito a Dio. Ci
vale soprattutto per hll hitp. e per fhill . II glo
riarsi ordinario o sapienziale stato trasferito alla
relazione con Dio, sicch luomo pu dire: glo
riatevi del suo santo nome (Sai 105,3 = lCron
16.10), oppure: la mia anima si glori di Jahwe
(Sai 34,3). Come indicato dalla forma (Sai 105,3
un invito alla lode all'imperativo, Sai 34,3 un
annuncio di lode), in questi casi hfl hitp. con og
getto Dio quasi unespressione sinonima di lo
dare . Per questo pu trovarsi alla conclusione di
un salmo in parallelo con smh rallegrarsi (Sai
64.11).
Si pu parlare in maniera analoga della gloria d
Dio: la terra piena della sua gloria (Ab 3,3)*
Cos fhill pu essere parallelo di kabd gloria
(Is 42,8) o di lem nome (Sai 48,11 ; cfr. Is 48,9).
La gloria di Dio viene proclamata (Is 42,12; 60,6),
raccontata (Sai 78,4; 79,13), ripetuta a lungo (Sai
71,14).
In alcuni di questi passi si ha il plur. rehillt{Es 15,11;
Sai 78,4; Is 60,6; 63,7), che pu essere reso con imprese
gloriose . tipico dell'ebraico, che il plurale in casi del
genere esprima non tanto la molteplicit delle espres
sioni che contengono una glorificazione (cfr. Sai 22,4),
ma la molteplicit di ci che d motivo alla glorifica
zione, cio le opere di Dio, che sollecitano lazione del
lodare o dellesaltare. Latto di glorificare e ci che deve
essere glorificato vengono intesi come una sola cosa.
Questa particolarit linguistica ha anche un risvolto teo
logico: i passi in cui hll pi. con ogg. Dio significa esal
tare e fhill significa gloria , presuppongono che
lessere divino di Dio nellAT non possa venir concepito
come un essere a s stante, un essere trascendente; Dio
Dio solo con il suo operare, e questo a sua volta si
realizza solo nellesperienza umana, la quale reagisce glo
rificando lopera di Dio.

d) 11 secondo gruppo di passi in cui il termine ri


corre, dopo i salmi, si trova nellopera del Croni
sta. La differenza pi evidente nelluso del ter
mine sta nel fatto che qui in quasi tutti i passi si
racconta o si esprime qualcosa della lode di Dio,
mentre nei salmi il termine viene usato soltanto
per muovere alla lode di Dio (nell'invito alla lode
in forma imperativa), per annunciarne linten
zione (coortativo), per dire che essa deve essere
realizzata (iussivo), mentre mancano quasi del
tutto forme che riferiscano od esprimano qualcosa
su di essa. inoltre un fatto singolare non solo il
frequente ricorrere del termine neiropera del Cro
nista, ma anche il rilievo che viene dato al signi
ficato di hll pi.; il termine io si trova frequente
mente nei punti culminanti degli eventi presen
tati, e se ne parla con enfasi particolare (per es.
2Cron 5,13; 7,6; 29,30; Esd 3,10s.). Questa enfasi
non di rado viene articolata in maniera particolare:
a voce spiegata (2Cron 20,19), con ogni
forza (30,12 txt em), con gioia (29,30), e con
maggiore evidenza in 2Cron 5,13: ed avvenne
che, mentre essi tutti insieme suonavano e canta
b b n h ll pi. LODARE

432

vano, si pot udire come ununica voce che lodava


e celebrava Jahwe . Si sa che la lode di Dio era
di una importanza decisiva e sostanziale non solo
per capire la liturgia divina, ma anche per capire
il rapporto stesso con Dio. Essa per doveva ma
nifestare anche lorientamento generale delfesistenza di coloro che la professavano; in tutte que
ste frasi implicito limpegno personale. La lode
di Dio deve aver espresso in maniera particolare
ci che per questi uomini era la pienezza del loro
essere. Al riguardo bisogna comunque ricordare
che chi parla qui il clero.
Perci il carattere istituzionale di questa lode di
Dio rappresenta il suo secondo aspetto* ancora pi
marcato. (1) Essa viene spiegata come istituzione,
cio il lodare Dio s realizza in un servizio appo
sitamente istituito (2Cron 18,4)* e questa istitu
zione risale a Davide (2Cron 7,6; 8,14; Neem
12,46); essa si compie secondo le prescrizioni di
Davide (Esd 3,10). (2) La lode di Dio si realizza
seguendo un ordinamento fisso (Neem 12,24),
che determina tutto fin nei dettagli; i cantori sono
stabiliti nel loro ufficio e sono rivestiti di para
menti (2Cron 8,14; 20,21; Esd 3,10); tutto si fa per
un esplicito incarico (lCron 16,4). Lordinamento
precisa anche il tempo: i leviti devono venire
ogni mattina per la lode e la celebrazione di
Jahwe, e cosi pure la sera (lCron 23,30); ci fa
ceva parte delle loro incombenze (2Cron 8,14;
31,2). (3) Risulta evidente in tal modo il cambia
mento sostanziale rispetto al periodo preesilico: la
lode di Dio diventata un compito dei cori eccle
siastici. La comunit pu certo unire la sua voce
nella lode (Esd 3,11), oppure pu rispondere con
lAmen (lCron 16,36; Neem 5,13), ma in maniera
nettamente preponderante, nella grandissima
maggioranza dei passi che parlano della lode di
Dio sono espressamente indicati come soggetto i
sacerdoti e i leviti.
fuori dubbio che questa musica cultuale, che
insieme vocale e strumentale, stata curata fino
a raggiungere un livello molto alto, e dobbiamo ri
conoscere che la musica del tempio di Gerusa
lemme del periodo persiano e greco fu un feno
meno culturale notevole. pure fuori dubbio che
la musica del tempio, coltivata dai sacerdoti e dai
leviti, fu un patrimonio dell'intero popolo ed un
elemento essenziale della liturgia della comunit,
che vi prendeva parte con grande dedizione. Ma si
deve anche tener presente la profonda trasforma
zione che deriv dalfaver istituzionalizzato la lode
di Dio. A questo modo si oggettivata e tecniciz
zata la lode di Dio, come mostrano chiaramente
alcune delle espressioni sopra citate; ci appare
evidente anche dal fatto che in molti passi la lode
di Dio si esprime sempre con lo stesso ritornello
rendete grazie al Signore, perch egli buono...
(2Cron 5,13; 7,6; 20,21; Esd 3,10.11), ridotto or
mai ad una formula. La stessa cosa appare evi
dente anche dal fatto che nei salmi citati nelle
Cronache sono posti insieme meccanicamente
brani di diversi salmi, la struttura originaria dei

433

hT\ h ll

pi. LODARE

salmi sembra non avere pi alcun significato. Per


la concezione di hll pi. nellopera del Cronista
estremamente indicativa una frase: ... superiore
ad ogni lode e benedizione (Neem 9,5). Questa
frase intende certo esprimere una lode a Dio del
tutto speciale, ma in realt pu avere come con
seguenza che si tagli il nervo vitale della lode a
Dio. In origine Dio non superiore ad ogni lode;
la superiorit di Dio si manifesta proprio nella lode
di Israele che sale a lui (Sai 22,4).
e) Un piccolo gruppo di passi in cui il termine
usato riguardano gli oracoli profetici. Mentre nei
salmi e nella stessa opera del Cronista si tratta
esclusivamente della lode di Dio che si realizza
nel presente, nei passi profetici, soprattutto
quando il contesto un annuncio di salvezza, si
parla di una lode di Dio futura o di una gloria fu
tura. Questo modo di parlare comprensibile an
zitutto quando si usa la forma nominale. Oggetto
della tehill in questi casi Israele. significativo
che quando si guarda al presente o al passato si
parla s della famosa Babilonia, del famoso Tiro
ecc., ma non della t'hill di Israele o di Gerusa
lemme. Ci diventa possibile solo nella situazione
di profonda vergogna che il crollo di Giuda ha
provocato, come si pu vedere nelle lamentazioni.
Ora viene finalmente annunciato negli oracoli
profetici che Israele o Sion nuovamente saranno
portati alla gloria, alla tehiU. Questa volta per si
tratter soltanto di unopera di Dio: finch non
labbia resa (Sion) un vanto per la terra (ls 62,7);
chiamerai salvezza le tue mura, e le tue porte
V gloria (60,18; cfr. 61,11; Ger 13,11; 33,9; Sof
3,19.20; anche Deut 26,19).
Ma anche luso verbale della radice nel contesto
degli oracoli profetici rivolto al futuro: nei bre
vissimi canti di lode, con cui il Deuteroisaia con
clude ogni brano, linvito alla lode in forma impe
rativa ha un senso nuovo: gi nel presente il pro
feta esorta alla lode e al gaudio per lazione salvi
fica di Dio appena annunciata, la quale restituisce
ad Israele la sua patria. Qui per troviamo per lo
pi vocaboli che esprimono gioia e gaudio (tehi!f
solo in Is 42,12); questa forma di canto che esalta
lopera di salvezza di Dio che si realizzer nel fu
turo ripresa in Ger 20,13; 31,7 (pi.). In Is 62,9 e
Gioe 2,26 la lode di Dio una risposta alla nuova
benedizione di Dio preannunciata per il tempo
della salvezza.
5/ La versione dei LXX traduce per lo pi hll pi.
con q u v s l v c simili, e anche con [xveiv e e o (jloXo-^elffOoci, hll hitp. con
7raivsiv
ed v&o^ixteaOat, ecc. Il sostantivo viene reso di
solito con ouvecuc;, ed anche con ujj,vo^. La tra
duzione copre cosi in larghissima misura il cam
po semantico del vocabolo ebraico. Linvilo
alla lode hal*l-Jh era gi talmente'radicato
nelluso liturgico, che i LXX preferirono trascri
verlo tale e quale: dcXTrjXoua. Il verbo e il so
stantivo si trovano anche nei testi di Qumran

434

(Kuhn, Konk. 60.230). Le poche ricorrenze del


NT si collegano tutte alla tradizione delTAT, cfr.
H.Schlier, art. <xtvco, ThW 1,176-177 (= GLNT
I,475-478); id., art. XX^Xouta, ThW i,264 ( =
GLNT l,707s.); G.Delling, art. Ouvos, ThW
VI 1,492-506.
C. Westermann

OH hm m CREARE CONFUSIONE
1/ Il verbo hmm e la sua forma secondaria hm
si trovano, nel significato di provocare confu
sione, neUebr, e, solo con poche ricorrenze,
nelParam.
probabile che tali forme verbali, insieme con hmh
strepitare e uhm fremere, brontolare , si debbano
far risalire ad una radice bilitterale hm far chiasso, es
sere inquieto, sobbalzare o sim.; questa radice, con si
gnificato intransitivo ed anche in formazioni raddop
piate, diffusa nel sem. meridionale.
hmm ricorre nelfaram. targumico, hm nellaram. pi
antico nella coniugazione etpe. essere fuori di s, es
sere confuso, lagnarsi (KAI nr. 226, r. 6: hwm '(hmw,
DISO 64). Cfr. pure lug. nhmmt confusione, preoccu
pazione (cos WUS nr. 846; CML 156a; diversamente
UT nr. 778,1621).
Una radice hmm II probabilmente quella che si trova in
Ger 51,34, ta quale, stando ad una corrispondenza araba
e in considerazione dellespressione parallela con kl di
vorare , va resa con sfruttare (clr. HAL 24la).

Le forme ni. possono essere fatte derivare o da


hmm o da hm. Le forme hi. di hm restano molto
problematiche dai punto di vista testuale. Da hm
tratto il sost. mehm confusione, panico .
2/ hmm q. ricorre 12x (escluso Ger 51,34, vd,
sp.), hm q. lx (Deut 7,23), ni. 3x (ISam 4,5; Re
1,45; Rut 1,19), hi. 2x (Mi 2,12 e Sai 55,3, emen
dati da HAL 232b rispettivamente come forme di
hmh e di hm ni.). mehm ricorre 12x.
3/ Il significato primario di hmm potrebbe es
sere reso con provocare scompiglio, confon
dere . In dieci casi il soggetto Jahwe (oppure la
mano di Jahwe in Deut 2,15); luso del ter
mine risulta essere pertanto quasi esclusivamente
religioso (altrettanto vale per hm q. ed anche, ec
cettuato Am 3,9 trambusto e Prov 15,16 in
quietudine , per mehmd, vd. st. 4b).
Eccezioni si hanno invece in Est 9,24 con Aman come
sogg. (hmm mettere sottosopra, par. *bd pi. man
dare in rovina ; cfr. Bardtke, KAT XVTI/5,394) e in Is
28,28 con sogg. l'aratore (oggetto la ruota del carro
e il cavallo ; il senso potrebbe essere mettere in mo
vimento, spingere ).
1 passi al ni. (vd. sp. 2) possono essere resi tutti con
porsi in inquietudine, in agitazione .

a) Lambiente originario del fuso religioso


del verbo si ha nei racconti della guerra santa (Es
14,24 uscita dallEgitto: Gios 10,10 sconfitta a Ga-

4/

435

baon; Giud 4,15 battaglia condotta da Debora;


ISam 7,10 vittoria ad Eben-Ezer; cfr. G. von Rad,
Der heilige Krieg im alten Israel, 1951, 12). Alla
base di questa utilizzazione del termine c lidea
che Jahwe allinizio della battaglia interviene se
minando fra le schiere nemiche la confusione.
esplicitamente Jahwe e non fesercito israelitico a
provocare tale confusione; il fatto si verifica da
vanti agli occhi degli israeliti (Gios 10,10) op
pure davanti a Barak (Giud 4,15). Secondo
ISam 7,10 Jahwe provoca lo scompiglio mediante
un tuono. Lintero avvenimento nel suo sviluppo
ideale ci viene offerto da Deut 7,23 (cfr. Es 23,27),
in un quadro dtn. e in riferimento alla conquista
della terra,
In Deut 2,15 la concezione di fondo e il vocabolario sono
praticamente gli stessi che nei luoghi sopraccitati, ma
destinatario della confusione in questo caso Israele
stesso, il quale a causa della sua disobbedienza viene col
pito per punizione dal terrore di Dio . Si ha qui unori
ginale trasposizione del motivo letterario operata dal
compositore del primo discorso introduttivo dtn.; cfr.
anche 2Cron 15,6.

Restano da considerare 2Sam 22,15 = Sai 18,15


(Jahwe con la sua teofania porta scompiglio fra le
potenze del caos) e Sai 144,6 (teofania di Jahwe
che interviene nella lotta contro le nazioni); si
tratta di testi che si trovano nellalveo della tradi
zione specificamente gerosolimitana del caos e
della lotta contro le nazioni. Si deve senzaltro ri
tenere che fuso del verbo hmm sia dovuto allin
fluenza della tradizione della guerra santa; eviden
temente le due linee di tradizione a Gerusalemme
cominciarono ben presto ad influenzarsi reciproca
mente.
b) Nello stesso contesto ideologico della guerra santa,
ma
anche
nella
formulazione
escatologi
ca che di tale concezione ci danno i profeti quan
do si raffigurano il giorno di Jahwe (cfr.
von Rad 11,129-133), viene impiegato il sost. mehm confusione (Deut 7,23, vd. sp.; 28,20 nella
minaccia di maledizione; cfr. Deut 2,15 e 2Cron
15,5; ISam 5,9.11: larca portata nella regione dei
filistei provoca il terrore d Dio; 14,20 nella guerra
contro i filistei; presso i profeti: ls 22,5, par. a mebk scompiglio ; Ez 7,7; 22,5; Zac 14,13; jm).
LAT usa inoltre altri termini per designare il fe
nomeno del terrore di Dio :
(1) hard oppure hcerdat UF(hIm: ISam 14,15.15 con
un terremoto come fenomeno concomitante;
(2) 'ma: Es 15,16; 23,27; Gios 2,9 (sempre in collega
mento con la conquista della terra); Deut 32,25 come
minaccia di maledizione; con diverso impiego in Gen
15,12 (lo spavento si abbatte su bramo);
(3) phad: Es 15,16; Deut 2,25; 11,25 (sempre in rela
zione alla conquista della terra); Is 2,10.19.21 (nel conte
sto del giorno di Jahwe ); secondo ISam 11,7 lo spa
vento di Jahwe scende sul popolo allorch Saul chiama
alle armi;
(4) hiltat XIhJm: Gen 35,5 (durante il pellegrinag
gio di Giacobbe da Sichem a Betel le citt circostanti
vengono prese dal terrore di Dio).

DOT hmm CREARE CONFUSIONE

436

In conclusione, cosa si pu dire sul fenomeno del


tenore di Dio? Esso consiste in un essere-fuori di-s inizialmente neutrale, in unestasi provo
cata da Dio, che paralizza qualsiasi capacit di
azione. Pu avere un carattere positivo (Gen
15,12; ISam 11,7), ma nella guerra santa esso co
glie i nemici, i quali cadono cosi nelle mani di
Israele senza opporre resistenza. una concezione
che, come quella della guerra santa in genere,
collegata con larca (ISam 5,9.11) e risale alla vita
nomadica delle trib israelitiche (concezioni simili
si riscontrano presso alcune trib beduine, per le
quali nelle battaglie decisive la divinit del clan
identificata con Allah - si manifesta come signore
della guerra e combatte contro il nemico, venendo
rappresentata da un santuario portatile, cfr. A.Musil, Manners and Customs of th Rwala Beduins,
1928,571ss.).
'
Nella concezione dtn. della guerra santa questo
motivo caratterizza la vittoria di Israele sui nemici
come opera esclusiva di Jahwe (cfr. G. von Rad,
Der heilige Krieg im alten Israel, 1951, 68-78).
La sua tonalit di fondo dunque il soli deo
gloria .
5/ Nel NT i motivi qui descritti non sopravvi
vono pi.
F.Stolz

H3H hinn ECCO!


f

1/ Interiezioni e particelle simili a hn o hinn


(che ne forma ampliata) ecco sono attestate
in quasi tutte le lingue sem. (cfr. HAL 242a).
Per lambiente pi vicino allAT cfr. Pug. hn (UT 12.7
e nr. 782), lacc. annu in EA (AHw 53b; CAD A/I1,138;
cfr. anche A.Salonen, AIO 19, 1959/60, 157b), il fen.
pun. hn (Friedrich 120; Sznycer 77s.89.106s.).

NelFaram. hn significa se (DISO 66; aram.


bibl. ht?, 15x; KBL 1069s.), mentre per linterie
zione ecco! vengono usati // (DISO 62; aram.
bibl. ha Dan 3,25) oppure hlw (DISO 65; aram.
bibl. a/w, Dan 2,31; 4,7.10; 7,8.8; KBL 1050b; e
anche ,flw, Dan 7,2.5.6.7.13; KBL 1053b); Leander 128; BLA 266.
Due volte nellebr. dellAT si trova he' ecco (Gen 47,
23; Ez 16,43 txt?), cfr. laram. h\ Si ricordi inoltre che
hrnm in diversi passi viene considerato da alcuni au
tori non come pronome personale di 3a masc. essi ,
ma come equivalente di hinn(cfr. di recente T.F.McDaniel, Bibl 49,1968,33s. per Lam 1,19; in base allug. hm,
WUS nr. 837).

2/ NellAT si hanno complessivamente (se


condo Mand.) 1057 ricorrenze di hinn (hinn
44x; wehinn 360x, incl. Ger 18,3Q; wehnenl
18lx, in Is 65,1 raddoppiato; con altri suffissi 70x,
di cui wehinnm 37x); adoperato largamente un
po dappertutto, con frequenza particolare in Ger
437

hinn ECCO!

(138x), Gen (125x), Ez (114x), ISam (84x), Is


(77x), Os-Mal (63x), l/2Re (55x ciascuno), 2Sam
(46x), Giud (44x), Es (41x), 2Cron (40x), soprat
tutto quindi nei profeti e nella letteratura narra
tiva.
L'uso di hn (lOOx) ristretto ad alcuni libri (Giob 32x,
Is 27x, Gen 12x, Es e Sai 5x ciascuno, Num e Deut 4x
ciascuno, Lev 3x, Ger, Prov e 2Cron 2x ciascuno, Ez e
Agg lx ciascuno).

3/ hinn (hn, h) appare ancora come ele


mento di una primitiva formula di comando, in
cui serve a presentare la cosa ordinata (p.e. Gen
47t23b; cfr. BrSynt 3). Nella loro doppia funzione
di appello o di esclamazione e di determinazione
temporale di un avvenimento o di una situazione,
le interiezioni si riferiscono ad una persona o ad
una cosa. Possono formare una proposizione col
nome che segue (p.e. Gen 12,19; 15,17), oppure
possono introdurre unintera proposizione nomi
nale (p.e. Gen 28,15) o possono anche stare al po
sto di una proposizione (p.e. Gen 22,1.7; 30,34;
Giob 9,19). Raramente esse introducono una pro
posizione verbale; in tal caso ne sottolineano il
predicato (p.e. Gen 12,11). Per la sintassi e la sti
listica di hn/hinn cfr. GK 116 pq. 147b; BrSynt
3.52.56; K.Oberhuber, VT 3, 1953, 5.10;
L.Alonso-Schkel, Bibl 37, 1956, 74-80; J.Blau,
VT 9, 1959, 132s.
La stessa funzione di attirare ratlenzione e di presentare
qualcosa pu essere assunta dallimperativo (non unito
ad e ) di r'h vedere ; in questo caso esso viene a
perdere (in quasi un terzo delle ricorrenze, p.e. Gen
27,27; 31,50; 41,41; Es 7,1; 31,2; 33,12; Deut 1,8.21 ecc.;
fem. ISam 25,35; plur, Gen 39}14; Es 35,30; Gios 8,4.8;
23,4; 2Sam 15,28) il suo proprio significato verbale (an
cora riconoscibile p.e. in Gen 37,14; ISam 24,12; 26,16;
IRe 12,16; Ez 40,4 ecc.); cfr. 2Sam 7,2 re' n col passo
parallelo lCron 17,1 hinn;a\ riguardo vd. Lande 15s,53.
In taluni passi (non determinabili con certezza per via di
una certa fluidit di senso) hn ha assunto, sotto in
flusso aram., il significato di se (p.e. Es 8,22; Is
54,15; Ger 3,1; Agg 2,12; 2Cron 7,13; cfr. Wagner
nr. 74).

Per quanto riguarda luso teologico del ter


mine, va sottolineato il frequente impiego di hinn
alfinizio dei giudizi profetici nei quali si proclama
lintervento di Dio. In tal caso il richiamare lat
tenzione unito alla l a persona: Dio parla pre
sentandosi con hinem e il participio (cfr. P.Hum
bert, La formule hbraiqu en hinem suivi dun
participe, REJ 97, 1934, 58-64 = Opuscules dun
hbraisant, 1958, 54-59; K.Koch, Was ist Formgeschichte *1967, 259s.); cfr. anche la cd. formula
di sfida hinem '!cka ecco, io a te (P.Humbert, ZAW 51,1933, 101-108 = Opuscules 44-53).
La formula preceduta di regola dalla motiva
zione (cfr. H.W.Wolff, ZAW 52, 1934, 2-6);
spesso essa si trova in diretta connessione con la
formula del messaggero (p.e. Ger 6,21; 9,6;
10,18; cfr. C.Westermann, Grundformen prophetischer Rede, 1960, 107; R.Rendtorff, ZAW 74,
4/

438

1962,176s.). Di solito si ha anche un perf. conse


cutivo. Pi raramente la formula anzich con
hinen viene formata con hinn 'nk T ani (p.e.
Am 2,13; a questo riguardo e per luso di hinn in
Amos cfr. Wolff, BK XIV/2,173). Anche il sem
plice (we)hinn9inoltre, pu introdurre lannuncio
del giudizio imminente (raramente con la l a pers.
di Dio che parla e con un verbo finito, p.e. Ger
7,20; Ez 22,13; pi spesso con la 3a pers. riferita a
Dio, p.e. Am 9,8; Is 3,1; molto spesso per descri
vere lazione di Dio, p.e. Am 4,2; Ger 7,32), tal
volta la conseguenza del lintervento divino (p.e.
Ez 30,21); in alcuni casi la sua funzione di sot
tolineare la motivazione (p.e. Ger 6,10; Ez 22,6).
hinn venuto a far parte delPoracolo di giudizio
provenendo dai racconti delle visioni profetiche
(p.e. Am 7,1.4.7; Ger 4,23-26; Ez 1,4; 2,9; cfr.
H.W.Wolff, Frieden ohne Ende, 1962, 38ss.). In
questultimo contesto esso viene ad avere la stessa
funzione che ha nei detti dei veggenti e nei rac
conti di sogni, generi che appartengono entrambi
alla preistoria dei racconti delle visioni profetiche.
Nei detti dei veggenti la particella deittica legata
ad un verbo che significa vedere e indica che
viene riferito quanto il veggente soltanto ha po
tuto vedere (p.e. Num 23,9). Nei racconti di sogni
wehinn posto dopo il verbo introduttivo film
sognare (Gen 28,12; 37,6s.9; 41,1.5; Giud 7,13)
oppure dopo il sost. halm sogno (Gen 40,9,16;
41,22; hiifm con part. in Gen 41,17). Esso apre la
descrizione di quel che stato visto e allo stesso
tempo ne sottolinea limportanza per Jascoltatore.
La funzione esplicativa della particella nelPannuncio profetico di salvezza (p.e. ls 38,5), come pure
nellannuncio di segni (ad esso conseguente) (p.e.
1Re 11,31; 13,3; Is 38,8; cfr. Gios 3,11), pu essere
invece spiegata sulla base di una particolare situa
zione: quella di Dio che con una promessa mani
festa la sua decisione, rispondendo ad una richie
sta che laveva sollecitata (p.e. nella guerra santa:
Giud 1,2; ISam 24,5; cfr. G. von Rad, Der heilige
Krieg im alten Israel, 1952, 7s.; cfr. anche la for
mula di designazione, p.e. ISam 9,17 con Is 42,1;
52,13).
5/ Nei LXX alle interiezioni ebr. corrisponde
nella, larghissima maggioranza dei casi LSo nei
racconti di visioni (soprattutto di Ez) anche etSov

X0U
\

y in

tO\J.

La storia dellinteriezione ecco , nella sua fun


zione di richiamare lattenzione, continua
nellapocalittica (p.e. Dan 8,3.5; 10,5), ed anche
nel NT quando si descrivono visioni (p.e. Mt 17,3;
Apoc 4,1) e si annunciano gli interventi di Dio
(p.e. Le 1,31; 2,10; cfr. W.Michaelis, art. pw,
ThW V,315-381 = GLNT V ili,885* 1074; P.Fiedler, Die Formel Und siehe im NT, 1969).

D. Vetter

1H bar MONTE 439

Sijjn.

~DT zkr RICORDARE


1/ a) zkr la forma fonetica comune allebr.,
alfacc., alla maggior parte dei dialetti semNO. e
allet., derivata dalla radice protosemitica dkr.
In ug. (nei nomi di persona: UT nr. 724; Grndhal

71.196), nel sudarab. antico e nellarab. si ha dkr, nelle


varianti dialettali dei nomi personali dellantico semO.
(WX-Moran, FS Albright 1961, 68 n. 34; cfr. HufTmon
187) e nei dialetti aram. pi recenti (in primo luogo
nelParam. bibl.) dkr. Per il fen. pun. skr (tuttavia non
ancora nel nome personale ipocoristico zkr sulla punta di
una freccia in KAI nr. 22, delPllV10* sec. a.C.) cfr.
GVG 1,164; Friedrich 20.

Tra i due sensi della radice nellantico sudarab. e


nellarab., ricordare e menzionare , il primo
(ricordare) il significato primario di zkr in
ebr. e nelle iscrizioni semNO. (DISO 76s. ). Invece
Pacc. zakru dire, parlare, mangiare, giurare
(CAD Z 16-22) solo un verbum dicendi (su
zkr nelle lingue sem. cfr. lampia trattazione di
W.Schottroff, Gedenken im Alten Orient und
im A T ,21967, 1T06).
In acc. e in ug., dove per non ancora percepibile il
senso di dkr, ricordare si dice rispettivamente hassu
(CAD H 122-125; AHw 329s.) e hss (UT nr. 986;WUS
nr. 1060).
"
.
Contro lequivalenza di significato tra lebr. zkr e Pacc.
zakru, proposta da P.A.H. de Boer, Gedenken und Gedachtnis in der Welt des AT, 1962, specialmente 44.63s.,
sta gi Pidentificazione tra zkr e Pacc. hassu ricor
dare che viene effettuata per il pre-ebr. sudcananaico
(Meyer l,24s.) nella lettera di Amarna EA 228 prove
niente da Azor, in una glossa can. alla r. 19 (li-ih-su-usm/ia-az-Iai-ur-mi voglia ricordare il re, mio signore,
tutto quello che stato fatto contro Hazura.., ).

Non c alcun fondamento per stabilire una con


nessione etimologica con il termine omonimo
zkr (Pug, per divergendo dkr. WUS nr. 740,
opp. da-ka-rum: C.F.A.Schaeffer, AfO 19, 1959/
60, 194) maschile, maschio, (SchottrolT, l.c.,
4-8.372; P.Fronzaroli, AANLR VTTI/19, 1964, 244).
b) Oltre al qal ricordare si trova in ebr. Phi. di
zkr menzionare, nominare , corrispondente
al Pacc. zakru, e il ni. essere ricordato, essere
menzionato , passivo del qal e dellhi. (cfr. per
J.Blau, Reste des i-Imperfekts von zkr, qal, VT 11,
1961, 81-86). NelPAT le formazioni nominali
della radice sono:
1) il segolato zkeer ricordo, menzione, nome ,
che nome dazione di forma qitl e che si trova
anche in acc. (zikru detto, ordine, nome , CAD
Z 112-116), nel fen, pun. e nelParam. (zkr, DISO
77), nellantico sudarab. (dkr, RES 2693, r. 7) e
nellarab.;
2) il nome astratto in (-n >)-a zikkrn me
moria (Eccle 1,11; in 2,16 in forma aramaizzante
zikrn\ aram. bibl. *dokrn, *dikrn cfr. anche
BLA 195; J.Cantineau, Le Nabaten, I, 1930,
47s.), che si ha pure in fen. (skrn) e in aram. (zkrn,
dkrn, dkrmi, DISO 78), e anche nelPantico suda-DT zkr RICORDARE

440

rab. (dkrn, G.Ryckmans, Muson 71, 1958, 127


nr. 4);
3) il termine sacrificale azkr (cfr. R.Rendtorff,
Studien zur Geschichte des Opfers ini Alten
Israel, 1967, 185-187), che collegato con luso
tecnico sacrificale dellhi. (Is 66,3; Sai 38,1; 70,1)
ed forse da tradursi con invocazione (del
nome) , analogamente allinvocazione della divi
nit nel sacrificio, che si riscontra in acc. (cfr.
Schottroff, lx., 27s.328-338) e in aram. (statua di
Adad proveniente da Zencirli, KAI nr. 214, r. 16:
jzbh.hdd.wjzkr.'sm>hdd ...sacrifica animali per
Adad e invoca il nome di Adad ); cfr. R.Dussaud, Les origines cananennes du sacrifice isralite, *1941, 93-95; D.Schotz, Schuld- und Slindopfer im AT, 1930, 55);
4) il part. hi. sostantivato mazklr annunciatore,
araldo , che traducendo leg. whm.w, usato per
designare una carica burocratica, indica un ufficio
alla corte regale di Gerusalemme (J.Begrich,
ZAW 58, 1940/41, 1-29 = GesStud 67-98; R. de
Vaux, RB 48, 1939, 394-405; diversamente H.Reventlow, ThZ 15, 1959,161-175; di opinione con
traria HJ.Boecker, ThZ 17, 1961, 212-216;
5) laggettivo verbale zkr memore (GK
50s.; Meyer 11,28).
Non si sa se lhi. debba essere inteso come denomina
tivo da zkczr (BJacob, ZAW 17, 1897, 48s.; J.Begrich,
Studien zu Deuterojesaja, l1963, 33 n. 94; id., GesStud
79 n, 29; B.S.Childs, Memory and Tradition, 1962, 12)
oppure come causativo del qal (JJ.Stamm, ThZ 1,1945,
306; P.A.H. de Boer, l.c., 15s,63) e se azkr debba es
sere considerato un sostantivo con radicate e significato
concreto come 'almn vedova (G.R.Driver, JSS 1,
1956, 99s.) o un astratto dalla forma di un inf. aramaizzante ha. (Meyer 11,33) opp. inf. af. (GK 85b; Wagner
133).
Le due attestazioni aram. bibl. della radice, dokrn (Esd
4,15) e dikrn (Esd 6,2) hanno il significato di proto
collo , frequente nei papiri egiziani scritti in aram. im
periale (DISO 78); questo significato, per influsso
dellaram., anche nellebr. zikkrn in Es 17,14; Mal
3,16; Est 6,1 (Wagner nr. 76a; per zikkrn in Is 57,8 cfr.
Schottroff, l.c., 319-321).

Per i nomi personali formati con zkr vd. st. 4a.

2/

Le forme della radice zkr compaiono com


plessivamente nel testo masoretco delFAT 288x:
qal 171x (Sai 44x, Deut 15x, Ger 14x, Ez 10x,
; Neem 9x, Giob,8x, Dtis 1x\ hi. 31x (Sai 6x), ni.
20x (Ez 8x), zkoer 23x (Sai llx ), zikkrn 24x
(solo esilico-postesilico, P in Es-Num 14x), azk
r lx (P in Lev-Num), mazkfr 9x, zkr lx (Sai
103,14); inoltre aram. bibl. dikrn e dokrn lx cia
scuno. La radice manca in Gioe, Abd, Sof, Agg,
Rut, Dan.
Per la critica testuale: Es 34,19 le Vers hazzkr, Is 63,11
1 wqyizIFri; Ger 23,36 le G tazkim\ Ez 16,22.43 le Q
zakart: Nah 1,14 prpsjizzkr (cfr. BH5);Nah 2,6 prpsjizzffr (cfr. G, vd. BIT e E.Sellin, Das Zwolfprophetenbuch, 1930, 365.368); Sai 77,12a le Q, Vers cezkr, Sai
89,48 \zekor-'dnj\ lCron 16,15 I zkar(ztz. Sai 105,8).

441 "DT

zkr

RICORDARE

3/ a) zkr un termine che non va inteso prima


riamente in senso cultuale (F.Schwally, ZAW 11,
1891,176-180; RGross, BZK F. 4,1960, 227-237;
al contrario B.Jacob, 17, 1897, 48-80) o giuridico
(H.Reventlow, ThZ 15, 1959, 161-175; al contra
rio H.J.Boecker, ThZ 17,1961,212-216, e id., Redeformen des Rechtslebens im AT, 1964, 106
111 ), n si fonda su una mentalit magico-arcaica
(J.Pedersen, Israel I-II, 1926, 106ss.256s.; P.A.H.
de Boer, Gedenken und Gedchtnis in der Welt
des AT, 1962, 64; al contrario B.S.Childs, Me
mory and Tradition, 1962, 17-30). I diversi usi
della radice nellAT si oppongono ad una deriva
zione da un ambiente unitario. li significato fon
damentale del qal (e corrispondentemente quello
del suo passivo ni.) pensare a... . Istruttivo a
questo riguardo fuso del verbo in opposizione a
skh dimenticare (13x) e mhh ripulire, cancel
lare (Is 43,25; Sai 109,14; Neem 13,14) e in pa
rallelo a verbi ed espressioni che indicano un pen
sare, come bin badare a, capire, comprendere
(Deut 32,7; Is 43,18), hgh considerare (mormo
rando) (Sai 63,7; 77,7 txt em; 143,5), hsb ascri
vere, considerare (2Sam 19,20; cfr. Sai 77,6s.),
siah meditare (Sai 77,7; 143,5), 7h 1ai lb ve
nir alla mente ecc. (2Sam 19,20; Is 46,8; 47,7;
57,11; 65,17; Ger 3,16; 44,21; 51,50), e il fatto che
il ricordo tende talvolta a produrre un riconosci
mento (Mi 6,5; Ez 6,7-10).
Tuttavia gi in parte questi termini, ma ancor pi altri
opposti e paralleli, come gzr ni. essere reciso (Sai
88,6), brk pi. benedire (Sai 115,12), che usato in pa
rallelo a zkr anche nellambiente sem. (specialmente nei
graffiti nab. del Sinai, cfr. Schottroff, l.c., 71s.), sh
hm&d mostrar benevolenza (Gen 40,14; Giud
8,34s.), pqd preoccuparsi (Ger 3,16; 14,10; 15,15; Os
8,13 = 9,9; Sai 8,5; 106,4; cfr. Is 23,17), il ricorrere as
sieme a stnr osservare, mantenere (cfr. Es 20,8 con
Deut 5,12; anche Sai 103,18; 119,55), infine il fatto che
il ricordo abbia per scopo unazione determinata (zkr ie +
inf. cs., analogamente a 'mr ie + inf. cs. ricordarsi di
fare qualcosa Es 20,8; Sai 103,18; 109,16; oppure zkr k
+ frase oggettiva Giob 36,24; cfr. Num 15,39) indicano
che zkr nel suo significato implica una relazione dina
mica con gli oggetti del ricordo, la quale va al di l di un
semplice pensare (Pedersen, l.c., 106s.256s.; cfr. Cbilds,
l.c., 17-30; SchottrofT, l.c., passim).

b) Non si pu stabilire unevoluzione del signifi


cato. Tuttavia termini dello stesso campo seman
tico e costruzioni particolari precisano talvolta
delle sfumature nel significato.
Cos in passi in cui nello stesso campo semantico di zkr
ricorrono espressioni di lamento (Num 11,4s.; Sai 42,5.7;
137,1; Lam 3,20), il ricordo una partecipazione fondata
sullintensit del lamento. In altri passi, come in Neem
4,8, dove termine opposto a zkr jr' temere , il verbo
esprime unattitudine fiduciosa oppure, come in Ez
23,27, dove parallelo ad esso ns' 'najim 'cei alzare gli
occhi a , un desiderio avido.
Linserzione del termine tra vocaboli che esprimono una
lode divina in forma innica (Sai 105,1-5 = lCron 16,8
12; cfr. Sai 63,6s.), oppure lusarlo per esprimere unin
vocazione nella preghiera (Giona 2,8; cfr. Sai 119,55), in
dica che talvolta con la coniugazione fondamentale del

442

verbo si vuol fare una dichiarazione pubblica (B.Jacob,


ZAW 17, 1897, 63; cfr. anche de Boer, l.c., 14s.).
In passi in cui zkr costruito con il dat. commodi (incommodi) della persona e laccusativo della cosa (p.e.
Ger 2,2; Sai 79,8; 98,3; Neem 13,22), oppure invece che
dalPoggetto seguito da una frase preposizionale con ke
conforme a (Neem 6,14; cfr, Sai 25,7) o *al a causa
(di determinate azioni) (Neem 13,14.29), oppure lo
scopo del ricordo espresso con le(db in bene
(Neem 5,19; 13,31; cfr. b(b nei graffiti nab. del Sinai e Itb
nelle iscrizioni aram. di Hatra, Schottroff, Le., 68-78.83
85), zkr racchiude unintenzione di salvezza o di con
danna: ricordarsi di... a (s)favore di qualcuno .

c) La costruzione pi frequente tuttavia laccu


sativo della cosa o della persona (in passi tardivi
indicato alla maniera aramaica con le: Es 32,13;
Deut 9,27; Sai 25,7; 136,23; BrSynt 87) oppure la
frase oggettiva introdotta da kf, <?/, ascer, ma, Il
ricordo si rivolge a fatti del passato, ii quale su
scita una memoria perch significativo ed at
tuale nel presente (Gen 42,9; Num 11,5; 2Re
9,25), oppure si rivolge a luoghi ed oggettiva cui
colui che ricorda attaccato (Ger 3,16; 17,2; Sai
42,5.7; 137,1.6), ma anche a situazioni presenti,
che condizionano lesistenza in maniera determi
nante (ls 54,4; Giob 11,16; Prov 31,6s.; ccle
5,18s.; Lam 1,7; 3,19s.) oppure obbligano ad una
particolare attenzione (Num 15,38-40; Gios 1,13
15; Mal 3,22; anche Am 1,9; cfr. zkrn usato per in
dicare il contenuto di un contratto tra stati: KAI
nr. 222 C, r. 2s.).

zkr viene usato in maniera stabile:


1) in riferimento a situazioni accessibili allespe
rienza, le quali in un ambito sapienziale vengono
proposte in maniera imperativa alla prova della ri
flessione, per rilevarne le conseguenze o al fine di
esprimere determinati ammonimenti (Giob 4,7;
40,32-41,1; Eccle 11,8; Eccli 7,11.16; 8,5.7; 9,12;
14,1 ls.; 31,12s.; 41,3; cfr. anche Giud 9,2; Giob
21,6s. e Is 47,7; Lam 1,9); questi richiami ammo
nitori sembrano essere indicati con zkkrn in
Giob 13,12;
2) nello stile di corte, come avviene anche
nellambiente extrabiblico (coccio di Lachis nr. 2
= KAI nr. 192, r. 4, cfr. ANET 322; Ah 53, Cowley 213.221, cfr. ANET 428), per designare la rela
zione in cui si pone un altolocato verso chi pi
, in basso d lui (Gen 40,14.23; ISam 25,31; cfr. Ec
cle 9,15). In questuso, che fa parte dello stile di
corte (Schottroff, l.c., 43s.ll6s.164.384s.), ma che
non rappresenta ancora un impiego di zkr in senso
specificamente giuridico (cosi H.J.Boecker, Redeformen des Rechtslebens im AT, 1964, 106-111)
si parla di un sovrano che ricorda (lettera di
Amarna EA 228, r. 18-25; Est 2,1; cfr. anche Est
6,1-11)0 non ricorda (2Sam 19,20; 2Cron 24,22) la
fedelt o linfedelt a lui dimostrata. Un tale ri
cordo si esprime con atti di clemenza o con inter
venti punitivi.
d) Nelle coniugazioni derivate e nelle formazioni
nominali della radice sono degne di nota le se
443

guenti caratteristiche: per il significato di zkr hi.


menzionare, nominare (e il passivo ni,), che ri
corre soprattutto insieme a qr chiamare , in
dicativo il parallelismo con diversi verba dicendi (cfr. Es 23,13; Is 43,26; 49,1; Ger 4,16;
23,35s.) e lopposizione a termini che indicano
tacere (Ls 62,6; Am 6,10); per zk&r signifi
cativo il suo ricorrere insieme a sm nome (Es
3,15; Is 26,8; Sai 135,13; Giob 18,17; Prov 10,7;
vd. anche Os 12,6; Sai 30,5; 97,12 e cfr. B.Jacob,
ZAW 17, 1897, 70; diversamente de Boer, l.c.,
17s.), come in acc. e in fen. (cfr. CIS 1,7 = KAI nr. 18,
r. 6-8 Iknj !j Iskr wsm rm thtpgm dry blismm Nm che
mi sia di ricordo e di buon nome ai piedi del mio si
gnore Ba'al-Samem per sempre ); per zikkrdn indi
cativo il parallelismo con '( segno commemorativo
(Es 13,9; Gios 4,6s,).
Usi fissi sono:
1) limpiego delPhi. e del ni. (in genere con sm
nome come oggetto opp. come soggetto gram
maticale) e dei sostantivi zkeer e zikkrn (cos
anche per il fen. skr, skrn, laram. zkr, dkr\w]n e
lantico sudarab. dkrn nelle iscrizioni sepolcrali)
per indicare il ricordo del morto tra i viventi nella
forma di una continua citazione gloriosa del suo
nome (per Facc. cfr. anche F.R.Kraus, JNES 19,
1960, 127-131; qui in questo contesto si incontra
anche za-kar su-me in un senso particolare, e cio
come evocazione dello spirito del morto nel sacri
ficio funebre, cfr. A.L.Oppenheim, BASOR 91,
1943, 36-39). Il nome del morto deve essere con
servato in vita attraverso il figlio (2Sam 18,18) op
pure (in sostituzione) attraverso la stele pr me
moria (cfr. Is 56,5 e fen. m$bt skr bhjm stele in
ricordo tra i viventi , CIS 1,116 = KAI nr. 153, r.
1 ecc.; cfr. anche W.F.AIbright, SVT 4,1956, 242
258; K.Galling, ZDPV 75, 1959, 1-13). Un ricordo
buono e duraturo viene augurato al giusto (Sai
112,6; Prov 10,7), la cessazione del ricordo, equi
valente ad una rovina totale, viene augurata ai
malvagi e ai nemici (Is 26,14; Sai 9,7; 34,17; Giob
24,20), oppure annunciata loro con una maledi
zione o con un giudizio (Es 17,14; Deut 25,19;
32,26; Ger 11,19; Ez 21,37; 25,10; Os 2,19; Zac
13,2; Sai 83,5; 109,15). LEcclesiaste(l,ll; 2,15s.;
9,4s.) nega decisamente che i morti godano di un
ricordo duraturo.
2) luso giuridico dellhi. con oggetto personale
come termine tecnico per indicare la denuncia in
tribunale (Is 43,26, cfr. J.Begrich, Studien zu Deuterojesaja, 1963,33; tuttavia non Gen 40,14) e con
oggetto lwn colpa (Num 5,15; IRe 17,18; Ez
21,28s.; 29,16; tuttavia non Gen 41,9 con oggetto
If t'aj le mie mancanze devo menzionare ) per
accertare la colpa nei processi istituiti a questo
scopo, sia attraverso prove irrazionali (Num 5: or
dalia; Ez 21: oracolo della spada), sia attraver
so la qualit numinosa che risiede nelluomo
di Dio (IRe 17; cfr. Schottroff, l.c., 264-270;
diversamente H.Reventlow, ThZ 15, 1959,
161-175; H.J.Boecker, ThZ 17, 1961, 212-216;
-QT zkr RICORDARE

444

id., Redeformen... 106-108, che in zkr hi. 4wn


vedono lazione dellaccusatore nel giudizio e nel
part. hi, mazkfr la funzione dellaccusa).
3) lus cultuale di zkcer (Sai 6,6; 111,4; 145,7) e
delfhi. di zkr, che come il qal ricorre in alcune se
rie accanto a termini di ugual significato per espri
mere linvito alla lode nellinno (Is 12,4-6; Sai
71,16; cfr. lCron 16,4), designando la lode innica
di Dio. Alla proclamazione da parte di Dio, attra
verso la quale un determinato luogo di culto ri
ceve la sua legittimazione (Es 20,24; cfr.
JJ. Stamm, ThZ 1, 1945, 304-306; H.Cazelles,
tudes sur le Code de lAlliance, 1946, 40-43),
corrisponde come atto di riconoscimento da parte
delluomo (in Gios 23,7; Is 48,1 accanto ad altri)
zkr hi. (be)sm lhfm invocare il nome di Dio
(nel culto) (Es 23,13; Is 26,13; Am 6,10; Sai 20,8;
cfr. H.A.Brongers, ZAW 77, 1965, 17s. e luso
analogo dellacc. suma zakru invocare il nome
[di una divinit], CAD Z 17s.). zikkrn nel
passo singolare di Neem 2,20 la normale parte
cipazione al culto (del tempio di Gerusalemme)
(cfr. F. Horst, RGG 11,1405).
4/ Dal lato teologico zkr esprime le molteplici
relazioni che legano Jahwe ad Israele oppure al
singolo israelita.
a) Come indicano gi gli equivalenti semitico-occidentali e semitico-meridionali del nome teoforo
vtrt. Zekarj(h) Jahwe si ricordato , delle sue
varianti e delle sue forme ridotte (cfr. Noth, IP
186s.; SchottrofT, Le., 96-106.382-384), e come si
pu dedurre anche da unespressione sul tipo di
quella di un offerente di Lapeto a Cipro (KAI nr.
43, r. 16: salvezza e bene siano concessi a me e
alla mia discendenza, e Melqart si ricordi di me ),
lAT parlando di Dio che si ricorda dei suoi fedeli
si rifa ad una concezione gi conosciuta nel suo
ambiente. Un tale ricordo da parte della divinit
indica che essa si rivolge alluomo per socconerlo
e trarlo fuori dalle sue necessit (cfr. Num 10,9;
zkr ni. parallelo a Jsl ni. ricevere aiuto ), come
avviene p.e. nel caso di genitori senza prole che ri
cevono un figlio (Gen 30,22; ISam 1,11.19 in ri
ferimento al nome che viene dato in ringrazia
mento), ma anche in altre situazioni di angustia e
in generale quando viene concessa una benedi
zione divina (Sai 115,12). I morti sono esclusi da
un tale ricordo (Sai 88,6; cfr. C.Barth, Die Errettung vom Tode, 1947,67-76), tuttavia Giob 14,13
15 eccezionalmente considera il fatto che il ricordo
di Dio inteso come un rapporto rinnovato di vita
e di salvezza (cfr. Gen 8,1; cfr. per il contrario
Lam 2,1) potrebbe valere anche per chi nascosto
nello seoi.
1) Come termine tipico del linguaggio religioso
zArsi trova allimperativo fin dai tempi pi antichi
nelle invocazioni di preghiera (Giud 16,28; cfr.
ISam 1,11) e in seguito soprattutto nelle invoca
zioni del lamento individuale (Ger 15,15; Sai 25,7)
e collettivo (Sai 74,2; 106,4) e, corrispondente
445

zkr RICORDARE

mente, all'indicativo quando si considera linter


vento passato di Jahwe, che ha risanato una situa
zione di necessit, nel canto di ringraziamento
(Sai 136,23; cfr. 115,12) e nella lode delfinno (Sai
8,5; 9,13). Ancora pi frequente di questuso di
zkr con loggetto della persona luso del verbo in
invocazioni che presentano a Jahwe la caducit
umana (Sai 89,48; Giob 7,7; 10,9), l'ignominia
dellinvocante (Sai 89,51; Lam 5,1), linsulto arre
cato a Jahwe dai suoi nemici (Sai 74,18.22), ma
anche la sua promessa (Es 23,13; Deut 9,27; Sai
119,49; Neem 1,8), lalleanza da lui offerta (Ger
14,21) e la sua benevolenza misericordiosa (Ab
3,2; Sai 25,6s.), come motivi che devono spingerlo
ad intervenire a favore dellorante. A queste sup
pliche corrisponde nel canto di ringraziamento e
nellinno la celebrazione di Jahwe che si ricorda
della caducit umana (Sai 78,39; 103,14) e delle
sue promesse (Sai 105,8 = lCron 16,15; 106,45;
111,4), Un terzo tipo di suppliche esorta Jahwe
perch voglia concedere salvezza ricordandosi le
buone azioni dei suoi fedeli (2Re 20,3 = Is 38,3;
Ger 18,20; cfr. anche Sai 20,4; 132,1; 2Cron 6,42),
oppure non ricordandosi delle loro mancanze (Is
64,8; Sai 25,7; 79,8), mentre per i nemici il ricordo
delle loro azioni ha un carattere funesto (Sai 137,7;
cfr. Sai 109,14 ni.).
2) Questuso di zkr si ha soprattutto alla fine di al
cuni brani del libro di Neemia, quando Neemia
prega che Jahwe si ricordi in bene delle sue azioni
(Neem 5,19; 13,14.22.31) e in male delle azioni dei
suoi nemici (Neem 6,14; 13,29).
3) Prescindendo da Ger 31,20 e Ez 16,60, dove
oggetto di zkr nel primo caso Israele e nel se
condo lalleanza offerta da Jahwe ad Israele, zkr
anche quando usato in senso specificamente
profetico ha sempre come oggetto le azioni
deHuomo, quando detto di Dio (Is 43,25; Ger
2,2; 14,10; 31,34; 44,21; Os 7,2; 8,13; 9,9; ni. Ez
3,20; 18,22.24; 33,13.16). Qui zkr ha un senso sal
vifico solo in Ger 2,2s., dove la fedelt di Israele
nella sua giovent viene citata da Jahwe, rispon
dendo al rimprovero che Israele gli aveva mosso
di non essersi curato a sufficienza di lui (cfr. Ger
2,5), come motivo che lo aveva indotto a stabilire
gi in precedenza una relazione salvifica con il suo
popolo. In Osea e Geremia (14,10; 44,21 ) del re
sto caratteristico il fatto che essi minaccino un ri
cordo di Jahwe, che fa delle mancanze di Israele
la norma del suo intervento punitore. In Ezechiele
zkr ni. (cfr. Sai 109,14 e forse anche luso del qal
in Sai 20,4, su questo passo cfr. per E.Kutsch,
Salbung als Rechtsakt, 1963,11-13) in stretta re
lazione con hsb, che esprime limputazione della
giustizia alla vita opp. dellingiustizia alla morte
nella dichiarazione che ha luogo nel culto (cfr.
Von Rad, GesStud 130-135.225-234; Zimmerli,
GO 178-191; H.Reventlow, Wchter iiber Israel,
1962, 95-134). Ezechiele si richiama a questi pro
cedimenti cultuali, per inculcare attraverso di essi
la responsabilit individuale delfuomo per le pro
446

prie azioni, di fronte al fatalismo con cui la gene


razione delPesilio vedeva il giudizio. In vista della
salvezza futura Dtis (43,25) e Ger 31,34 annun
ciano che Jahwe perdona non ricordandosi della
colpa (cfr. S.Herrmann, Die prophetschen Heilserwartungen im AT, 1965, 179-185.195-204).
4) Mentre K.Koch, ZThK 52, 1955, 20s., collega
questuso di zkr con il fatto che Dio realizza la
connessione tra azione e conseguenza, tenendo
presenti le azioni delluomo (cfr. per H.Reventlow,ThZ 15,1959,161-175; E.Pax,Liber Annuus 11,1960/61, 74-77; cfr. anche F.Horst, Got
tes Recht, 1961, 286-291 e RGG VI,1343-1346),
H.J.Boecker, Le., 106-111 (cfr. Childs, l.c., 31-33,
e per i passi di Neem U.Kellermann, Nehemia,
Quellen, Uberlieferung und Geschichte, 1967, 6
8.76-78) fa derivare espressamente luso di zkr con
laccus. della cosa e il dat. della persona dall*am
biente giuridico: ricordarsi in difesa d..., in ac
cusa di... , Sembra per che sia stato assunto qui
il linguaggio delle iscrizioni votive delFantico
Oriente (K.Galling, ZDPV 68, 1950, 134-142;
SchottrofT, l.c,, 217-238.392.395).
5) 11 linguaggio delle iscrizioni votive, attestato nel
mondo extrabiblico p.e. neiriscrizione votiva nr. 14 in
M.Dunand
R.Duru, Oumm el-Amed, Texte, 1962,
193 (r. ls.: [questo quanto] ha promesso in voto il
tuo servo Abdosir, figlio di Aris, in ricordo [s/cra] ; cfr.
anche Tararli. dfcr[
tb /... buon ricordo per NN
p.e. in nab.: J.Cantineau, Le Nabaten, II, 1932, 11-13;
a Dura-Europos: A.Caquot, Syria 30, 1953, 245s.), ri
torna anche in Zac 6,14 e specialmente in P (Es
28,12.29; 30,16; 39,7; Num 10,10, 31,54; cfr. K.Koch,
ZThK 55, 1958, 44; Childs, l.c., 67s.), dove zkr usato
in maniera caratteristica per designare lalleanza che Dio
conserva (Gen 9,15s.; Es 2,24; 6,5; Lev 26,42.45; cfr.
K.Elliger, Kieine Schriften zum AT, 1966, 174-198;
Zimmerli, GO 205-216; Childs, l.c., 42-44).

b) Al ricordo di iahwe per Israele corrisponde il ri


cordo di Israele per Jahwe e le sue azioni salvifiche.
1) Nel salterio zkr indica il rivolgersi fiducioso a
Jahwe, come testimoniano di s coloro che espri
mono canti di lamento e di ringraziamento (Sai
42,7; 63,7; 77,4; 119,55; cfr. anche Is 64,4; Giona
2,8 e Ger 20,9), specialmente per quanto riguarda
il ricordo delle azioni salvifiche di Jahwe che de
vono attuarsi nel presente (Sai 77,6s.l2s.; 119,52;
143,5; nellinvito alla lode che deve avere uneffcacia sul presente: Deut 32,7; Sai 105,5 = lCrori
16,12; sul piano storico come unazione intrapresa
da Israele, ma d fatto poi trascurata: Sai 78,34s.42;
106,7; Is 63,11; Neem 9,17; cfr. anche Giud 8,34).
Un tale ricordo non il riflesso di una attualizzazione del passato che si realizzerebbe nel dramma
cultuale (S.Mowinckel, Psalmenstudien II, 1920;
A.Weiser, Glaube und Geschichte im AT, 1961,
280-290.303-321 ), ma un rifarsi al passato con la
memoria e con la lode, riconoscendone la lonta
nanza temporale ed evocandolo perch significa
tivo per il momento presente (cfr. H.Zirker, Die
kultische Vergegenwrtigung der Vergangenheit
in den Psalmen, 1964; C.Westermann, Forschung
447

am AT, 1964, 306-335; W.Beverlin, ZAW 79,


1967, 208-224).
2) Nella parenesi dtn. il richiamo di particolari
motivi racchiusi nella storia della salvezza e nella
sua tradizione serve ad inculcare i comandamenti
di Jahwe (Deut 5,15; 7,18; 8,2.18; 9,7; 15,15;
16,3.12; 24,9.18.22; 25,17). Lo schema fisso di
questa parenesi (cfr. N.Lohfmk, Das Hauptgebot,
1963, 125-136; Schottroff, l.c., 117-125.385-388),
che collega tra loro il comandamento, lesorta
zione al ricordo e una rinnovata presentazione del
comandamento, si spiega con la prassi della predi
cazione levitica, alla cui base si pone di solito il
formulario dellalleanza, soprattutto quando si
vede nella benevolenza di colui che offre lal
leanza il fondamento dellobbligo che si assume
(K.Baltzer, Das Bundesformular, *1964, 40-47;
N.Lohfmk, l.c.; D.J.McCarthy, Treaty and Covenant, 1963, 109-140; von Rad, ATD, 8,13-16;
W.Beyerlin, FS Hertzberg 1965, 9-29; cfr, per
Schottroff, Le., 385-388). Inoltre nel Deut (16,13)
e nella letteratura dtr. (Es 13,3,9; Gios 4,7) e
dellepoca esilica e postesilica (P: Es 12,14; Lev
23,24; Num 17,5; inoltre: Neem 20,20; Est 9,28)
zkr e zikkrn sono riferiti a feste ed istituzioni
cultuali, che vengono perci storicizzate e servono
ad attualizzare determinate tradizioni della storia
della salvezza. Anche qui non si indica con zkr il
prender parte ad una attualizzazione nel dramma
cultuale, ma laccostarsi con il ricordo alla storia
attraverso i fatti del passato, resi presenti con un
annuncio o con dei segni (cfr. M.Noth, EvTh 12,
1952/53, 6-17; Childs, l.c., 45-65.74-89; N.W.Porteous, FS Weiser 1963, 93-105; von Rad 11,108
121; S.Herrmann, FS Rost 1967, 95-105;
J.M.Schmidt, EvTh 30, 1970, 169-200).
3) Nella letteratura profetica zkr viene usato in
maniera significativa a partire dall80 sec. a.C. Il
processo descritto in Mi 6,3-5 esorta il popolo a ri
cordarsi delle azioni salvifiche di Jahwe, perch
giunga a riconoscere che i suoi rimproveri rivolti
a Jahwe sono insostenibili. In Is 17,10 si minaccia
un giudizio, perch Israele non si ricordato di
Jahwe. In questo senso zkr si trova anche pi tardi
nelle invettive (ls 57,11; Ez 16,22.43; 23,19; cfr.
anche Is 47,7). Nella letteratura profetica dellesi
lio e dellepoca postesilica zkr compare soprattutto
negli annunci di salvezza (Is 44,21s.; 46,8; Ger
51,50; Ez 6,9; 16,61.63; 20,43, 36,31; Zac 10,9), in
stretta connessione con linvito a convertirsi (su
questo punto Wolff, GesStud 130-150), special mente quando si annuncia un nuovo intervento
salvifico di Jahwe che supera tutti i precedenti (Is
43,18; 46,9; 54,4; 65,17; cfr. C.R.North, FS Robin
son 1950,111-126; von Rad 11,254-260; Zimmerli,
GO 192-204; S.Herrmann, Die prophetschen
Heilserwartungen im AT, 1965, 298-304).
5/ Per il giudaismo ed il NT cfr. J.Behm, art.
v(xw)mq, ThW I,351s. (= GLNT 1,939-944);
O.Michel, art. fnjjLvy)(7xo(jLai, ThW IV ,678-687
DT zkr RICORDARE

448

(= GLNT VII,299-322); G.Schmidt, FS Meiser


1951, 259-264; K.-H.Bartels, Dies tut zu meinem
Gedchtnis, Mainz, 1959 (tesi); MLThurian,
Eucharistie. Einhet am Tisch des Herrn? 1963;
P.A.H. de Boer, Le., 44-62.
WSchottroff

fornicazione viene bruciato (srp ni. Gen 38,24; Lev 21 }9),


sterminato (krt hi. Lev 20,6; b'r pi. Deut 22,21; stvt hi.
Sai 73,27).

PQT znh FORN ICARE

a) Nel libro di Osea: qui il soggetto non pi una


qualsiasi donna, ma il regno israelitico del nord
(9,1), il paese (1,2), che viene raffigurato metafo
ricamente come la moglie di Jahwe; esso rompe la
fedelt a Jahwe e si prostituisce lontano da
Jahwe (4,12; 9,1). Con questa concezione che
deriva dal culto cananeo di Baal, con la sua pro
stituzione sacra, viene aspramente stigmatizzata la
tendenza filocananea di Israele. Prostituirsi lon
tano da Jahwe non altro che commettere adul
terio (4,13s.), venerando Baal come marito, e con
tro questo comportamento si rivolge il profeta an
nunciando il giudizio (cfr. Wolff, BK XIV/1,15).

1/ Oltre che in ebr., la radice si trova anche


nellaram. (post-vtrt.), nellarab, e neHet.
In Giud 19,2 bisogna supporre, in riferimento allacc.
zenu essere adirato (CAD Z 85s.), una radice znh 11
sdegnarsi (G.R.Driver, WdO 1/1, 1947, 29s.; HAL
264; Barr, CPT 286.326).

Derivazioni nominali sono zenmm (cfr. D.Leibel,


Lesonenu 20, 1956>45s.), zent e taznt. Il verbo
oltre che in qal (col part. fem. sostantivato zna
prostituta ) ricorre anche al pu. (solo Ez 16,34)
e alThi. (causativo, per Os 4,10.18; 5,3, cfr. Ru
dolph, KAT Xm/1,105.116).

21 Al qal il verbo compare 83x (senza Giud 19,2


vd. sp.; di cui 33x nella forma sostantivata zn\
Ez 21x, Os lOx), al pu. lx, allhi. 9x (Os 4x, 2Cron
3x). 2ennm ricorre 12x (Os 6x), zent 9x (Ger ed
Ez 3x ciascuno) e taznt 20x (solo in Ez 16 e 23).
Delle 134 ricorrenze della radice 47 sono in Ez (di cui 42
in Ez 16 e 23), 22 in Os, 9 in Lev e 9 in Ger, 5 in Giud
e 5 in ls, 4 risp. in Gen, Gios e Prov.

3/ a) Il significato primario in qal va reso con


fornicare, esercitare la prostituzione (detto
della donna; Num 25,1 deiruomo). Il verbo o
usato in maniera assoluta (Gen 38,24 ecc., in circa
la met dei casi) oppure costruito con 'ah0r
dietro a (Es 34,15s. ecc., spesso), con laccusa
tivo diretto (Ger 3,1), con 'ce! (Num 25,1; Ez
16,26.28), con
(Is 23,17), con be(Ez 16,17); nel
senso di prostituirsi allontanandosi da qual
cuno si trova costruito con that (Ez 23,5) o mitthat (Os 4,12), m^a! (Os 9,1) o min (Sai 73,27).
Il pu. attestato in Ez 16,34 ha valore di qal passivo ( es
sere cercato per fornicare). Lhi. in Os 4,10.18 viene
tradotto il pi delle volte in senso causativo interno,
come il qal (p.e. Wolff, BK XIV/1,101), altrimenti come
causativo indurre alla prostituzione (vd. sp. 1).
Non esiste un vero sinonimo di znh.

b) Originariamente con znh si intende semplice


mente lirregolare, illecito commercio sessuale fra
uomo e donna. In parallelo ad esso si trovano vo
caboli come hfi pi. profanare (Lev 19,29; 21,9),
bgd mancare alla fedelt (Ger 3,8), mLl com
portarsi infedelmente (lCron 5,25), tm' ni.
macchiarsi (Ez 20,30; 23,30; Os 5,3; Sai 106,39)
o n'p pi. commettere adulterio (Os 4,13s.).
Chi pratica la prostituzione commette infamia in Israele
(Lev 19,29 zimm\ Deut 22,21 neb(). Per conseguenza
la prostituzione viene punita: chi si rende colpevole di

449

H3T znh FORNICARE

4/ Il linguaggio teologico adopera znh in senso


figurato per designare lallontanamento da Jahwe
e ladesione ad altri dei, Questo linguaggio usato
specialmente in quattro casi:

b) Questo linguaggio metaforico stato poi ri


preso da Geremia. Anche qui non una singola
persona che viene accusata di fornicazione, ma
Giuda/Israele (2,20; 3,1.6.8). Come luogo della
fornicazione vengono indicati (come gi in Os
4,13) le alture, i monti e gli alberi verdi (2,20; 3,6),
probabilmente luoghi particolari in cui si svolgeva
il culto della religione di Baal.
c) Luso di znh si concentra in maniera significa
tiva nei capitoli 16 e 23 di Ezechiele, cio in due
capitoli che riprendono le immagini di Os 1-3 e di
Ger 3 (soltanto in Ez 16 e 23 troviamo il termine
taznt). Anche qui si fa riferimento a determinati
luoghi di culto (alture 16,16) od oggetti di culto
(immagini umane 16,17), intorno ai quali Israele
esercitava la sua idolatria. Gli dei stranieri ven
gono designati come idoli (giiffm 6,9; 23,30) o
mostri (siqqslm 23,30). Israele se ne va dietro di
loro fornicando, ma essi naturalmente non si
danno nessun pensiero per Israele (16,34).
Va notato ancora: (1) Laccusa di fornicazione con gli
dei stranieri viene ampliata in 16,26.28 e 23,5 tramite
lidea della fornicazione con popoli stranieri, con la de
nunzia cio della schiavit politica. (2) La defezione
mediante fornicazione secondo 23,3.19 non ha inizio con
la conquista della terra e col contatto con la religione ca
nanea di Baal, ma gi nei primordi della vita dIsraele, in
Egitto. (3) In senso figurato 6,9 parla del cuore adul
tero .

d) Sulla scia di Osea il termine si introdotto so


prattutto nella teologia deuteronomistica, e preci
samente nella formula stereotipa prostituirsi al
seguito di dei (stranieri, opp. dei del paese) (Es
34,15s,; Deut 31,16; Giud 2,17; 8,27.33; cfr. Num
25,1; Sai 106,39; lCron 5,25).
5/ Per luso nts. nel contesto generale delfambiente del NT cfr. F.Hauck-S.Schulz, art. TtpvTj,
ThW VI,579-595 (- GLNT X ,1447-1488).
J. Kiihlewein
450

DffT

p V

nrT

z m

MALEDIRE -

r z? GRIDARE zr

p S S

q ll.

$g.

STRANIERO

straniero, estraneo non altro che


laggettivo verbale (spesso sostantivato) della ra
dice zr 11 allontanarsi (ebr. qal, ni., ho.; con
corrispondenze nel sem. meridionale e nelParam.;
cfr. L. A. Snijders, OTS 10, 1954, 1-21).
1/

zrtr

La radice va distinta da zr I premere (Giud 6,38; Is


59,5; Giob 39,15) e zr III puzzare, essere ributtante
(Giob 19,17; HAL 256b). A quesfultima ( * d r , cfr.
larabo d ar ) va collegato anche Pacc. zru odiare >(za ru ostile, nemico ; CAD Z 14s.97-99; cfr. per
P.Wernberg-Mcller, VT 4, 1954, 322-325).
Termini corrispondenti a zar si trovano oltre che nel
semNO. (DISO 80) anche nel sem. meridionale; cfr.
HAL 268a per i significati in parte ulteriormente am
pliati (medioebr. laico ; arabo pellegrino ).

2/ NelPAT zar ricorre 70x (esci, Prov 21,8


wzdr, cfr. HAL 249b), con la frequenza maggiore
in Prov (14x), ls (9x), Num (Bx), Ger ed Ez (7x
ciascuno). I punti di maggior concentrazione sono
i profeti (29x), gli scritti sapienziali (17x) e la let
teratura sacerdotale (Es-Num 15x).
3/ Sia come aggettivo che come sostantivo zar
assume significati assai diversi (cfr. la ricerca det
tagliata di L A . Snijders, The Meanng of zar in th
Old Testament, OTS 10, 1954, 1-154); spesso
molto vicino a nkr paese straniero /nokri
estraneo, straniero (cfr. P.Humbert, Les adjectifs zar e nkri et la femme trangre des Proverbes bibliques, FS Dussaud 1939, I, 259-266
= Opuscules dun hebra'sant, 1958, 111-118),
ma va distinto nettamente da gr forestiero
(-gr).
a) Il significato pi comune, in particolare presso
i profeti, quello di straniero in senso etnico
o politico, per lo pi quindi col valore di non
israelita, zrfm il termine che designa i po
poli stranieri con cui Israele ha a che fare,
soprattutto i suoi nemici politici: gli assiri e gli
egiziani (Os 7,9; 8,7; ls 1,7), i popoli confinanti
con Giuda (Lam 5,2), i babilonesi (Ger 51,51;
Ez 28,7.10; 30,12; 31,12 ecc.). zar si avvicina cos
a sar nemico ; lo straniero si identifica col ne
mico.
In questo ambito rientrano anche le designazioni
degli dei stranieri , cio delle divinit dei popoli
stranieri (Deut 32,16; Is 17,10; Ger 2,25; 3,13; Sai
44,21; 81,10; cfr. Ger 5,19).
b) Soprattutto nella letteratura sapienziale zar ri
corre col sign., in un primo tempo abbastanza
451

neutrale, di un altro, appartenente ad un altro


(Prov 6,1; 11,15; 14,10; 20,16 ecc.), ma questa
espressione pu connotare in linea secondaria an
che una certa ostilit (Giob 19,15, cfr. v. 17; cfr.
G.R.Driver, Bibl 35, 1954, 148s,; al riguardo per
Barr, CPT 256s.326), illegittimit (Os 5,7 figli
estranei ) o sim. L altro P outsider , uno
la cui condotta mette in pericolo lesistenza del
gruppo, dato che egli resta al di fuori delle leggi
della comunit. Va ricordata a questo punto la
'issa zr la donna straniera di Prov 1-9 (2,16;
5,3.20; 7,5); essa non tanto una straniera in
senso etnico, una che pratica un culto di Astarte
(cfr. G.Bostrm, Proverbiastudien, 1935), quanto
piuttosto una donna (israelita) di un altro, una
donna impudica, dalla quale il sapiente mette in
guardia i suoi discepoli (cfr. Humbert, l.c,; id., Revue des tudes Smitiques, 1937,49-64; Snijders,
Le., 88-104; Gemser, HAT 16,25s,). Sicch zar
altro pu assumere un significato compietamente negativo ( pericoloso, ostile ).
c) Specialmente nella tradizione sacerdotale postesilica zar sta a designare ci che si discosta, ci
che estraneo rispetto a qualcosa di sacro o ad una
prescrizione cultuale (Elliger, HAT 4,137), e
quindi pi o meno chi non fa parte del sacerdozio
aronitico (Es 29,33; Lev 22,10,12.13; Num
3,10.38; 17,5; 18,4,7) o dei leviti (Num 1,51) o
della comunit di culto (Es 30,33). Sicch in certi
casi zar equivale a laico, non autorizzato
( profano in senso cultuale). Anche nellofferta
dei profumi, il fuoco (Lev 10,1; Num 3,4; 26,21)
oppure i profumi stessi (Es 30,9) possono venir in
dicati come zar illegittimi, proibiti , per il fatto
che non corrispondono a quanto prescritto dalle
norme cultuali (Snijders, l.c., 111-123).
d) Infine da ricordare anche il sign. sorprendente,
inaudito nella descrizione dellopera di Jahwe in ls
28,21 (lo stesso in Prov 23,33 cosa strana ); solo qui
zar adoperato con funzione predicativa.

4/ In sostanza Patteggiamento di Israele nei


confronti di quanto qualificato come zar risulta
essere di estrema riserva. Lo straniero per Israele
significa quasi sempre una minaccia, qualcosa che
mette in questione la sua esistenza, soprattutto
nella visuale dtr.-sacerdotale. Gli zanni diventano
cosi i pagani , coi quali non pu essere stretta
alcuna alleanza (Deut, Esd, Neem; cfr. A.Bertho
let, Die Stellung der Israeliten und der Juden zu
den Fremden, 1896). Lo zar in un modo o
nellaltro inconciliabile con Jahwe; cfr. per anche
Patteggiamento del Dtis, di Giona e del giudaismo
ellenistico, e inoltre il comportamento nei con
fronti del gr (gr).
5/ Per zar straniero nel tardo giudaismo e
nel NT cfr. F.Bchsel, art. cXXoThW 1,264-267
(= GLNT 1,707-716); G.Sthlin, art. v o T h W
V,l-36 (= GLNT V ili,5-102),
R. Martin-Alitarti
l

zr STRANIERO

452

r n r fm b r a c c io

VT 1, 1951, 222, preferiscono la lettura zar15


il suo seme ).

1/ Termini corrispondenti allebr. zera brac


cio , formali dalla stessa radice, si trovano solo
nelle lingue semitiche nordoccidentali e meridio
nali (HAL 269a).

Nellinno di Deut 33,27 si trova zetvdl *olnt braccia


eterne in parallelo con gli dei (?) antichissimi , cfr.I.L.Seeligmaim, VT 14,1964, 78.87s.

Secondo P.Fronzaroli, AANLR VT1I/19, 1964, 259.279,


la radice *dirl- appartiene al semitico comune, ma
stata soppiantata nel sem. orientale da *jad->idu brac
cio , che a sua volta ha ceduto il posto al termine qiu
nel significato di mano ; nel sem. occidentale *dirLha fallo restringere il significalo originario di */ac/ mano+braccio riducendolo a quello di mano
(}d). In arabo dir1si ridotto al sign. di avambrac
cio ed ha sostituito il termine del semitico comune
(ebr. *amrn, acc. ammata) braccio, avam
braccio nella designazione sia dellarto anatomico sia
della misura di lunghezza. *
Per un eventuale rapporto con *drc seminare (ebr.
zrk) cfr. Fronzaroli, l.c., 259; UT 5.4).
Se nel neoass. dur'u si tratta effettivamente della mede
sima radice (CAD D 190s.; vd. per AHw 177b), dob
biamo riconoscervi allora un prst. dal semO. Come vetero-can. zurulj attestato nelle glosse delie lettere di
Amarna 287,27 e 288,34.
Nellug. dr1(WUS nr. 2723; UT nr. 733) si conservala
la d originaria anzich trasformarsi in d come altrove
(cfr. UT 5.3).

NelParam. bibl. si trova accanto a dcrt (Dan 2,32;


cfr. DISO 61) anche 'cedr'' (Esd 4,23; per la vo
calizzazione cfr. BLA 215) con alef prostetico. Si
potrebbe allora spiegare anche lebr. ycezrai (Ger
32,21; Giob 31,22) come forma aramaizzante
(IIAL 28a).
2/

Delle 92 attestazioni nelPAT (incl. 2x


inoltre 2x aram.) 39 si trovano nella
letteratura profetica (e di queste ben 17 in ls e
13 in Ez), 14 in Sai, 9 in Deut, 7 in Giob e 6
in Dan.
Il plurale ha 19x la desinenza fem,, 4x quella
masc.
3/ In senso proprio zerl designa il braccio ,
soprattutto P avambraccio delPuomo (p.e. Is
17,5; 44,12; Ez 4,7). Il plurale masc. sta ad indi
care talvolta le spalle (2Re 9,24), e nel vocabolario
cultuale il sing. pu significare anche i pezzi della
spalla dellanimale immolato (Num 6,19; Deut
18,3).
In senso figurato (Dhorme 140) il termine, come
-jd , indica la violenta (Giob 38,15; cfr. 22,8), so
lida (Ger 48,25) e soccorritrice (Sai 83,9) forza,
potenza del suo possessore. Come in Ez 17,9
7era ifdl braccio forte corrisponde ad un
popolo numeroso e Pacc. emq forze
armate pu anche alternarsi con id(n\ cos
2cr*t in Dan 11,15.22 (z'm'ini 11,31; sing.
11,6, per il testo cfr. Plger, RAT XV III,155,
e P.Wernberg-Moller, JSS 3, 1957, 324s.)
designa una forza militare (cfr. anche Ez 22,6,
dove per molti esegeti, p.e. A.M.Honeyman,
453

r n t zcrtL BRACCIO

In parallelo con zral compaiono spesso jd


mano e jmTn mano destra , come paralleli
al suo senso lgurato si trovano termini quali
kh forza e g^brci vigore (#/?/ ).
4/ Analogamente alluso profano, zerai viene
adoperato antropomorficamente in diversi generi
letterari per designare la forte (particolarmente ne
gli inni: Sai 89,14; 98,1; Es 15,16; nella promessa
di lode Sai 71,18), soccorritrice (Sai 44,4; 77,16;
79,11; 89,22; Is 33,2; 40,11; Os 11,3) e punitricefls
30,30) potenza di Dio (P.Biard, La puissance de
Dieu, 1960). Laspetto del soccorso portato da Dio
sottolineato in maniera speciale con lespres
sione stereotipa con mano forte e braccio di
steso , la quale comunque limitata al Deutero
nomio (Deut 4,34; 5,15; 7,19; 11,2; 26,8) e alla let
teratura influenzata dal Deut (Ger 32,21; Sai
136,12), e si riferisce sempre allopera divina di
salvezza realizzatasi con la liberazione dallEgitto
(senza riferimento esplicito nella preghiera di Sa
lomone per la consacrazione del tempio, IRe 8,42
= 2Cron 6,32). In Ez 20,33s. lespressione invece
riferita al nuovo esodo dalla diaspora. Lidea di un
giudizio contro Israele, implcita in questo testo,
assente nel Dtis dove la potenza salvifica di Dio
nella creazione e nella storia (Is 51,9s.) stata ac
centuata in maniera particolare ed stata interpre
tata escatologicamente tramite l'espressione
braccio di Jahwe (Is 51,5.9; 52,10; 53,1; cfr.
H.L.Ginsberg, The Arm of YITWH in Isaiah 51
63 and th Text of Isa 53,10-11, JBL 77,1958,152
156). Nel Tritoisaia il braccio di Jahwe appare ad
dirittura come una specie di ipostasi (in riferi
mento alla liberazione dallEgitto in Is 63,12; in
generale 59,16; 63,5; cfr. anche 62,8, dove si parla
di Dio che giura per il suo braccio; cfr. G.Pfeifer,
Ursprung und Wesen der Hypostasenvorstellungen im Judentum, 1967, 17). Lespressione con
grande potenza e braccio disteso in Deut 9,29 e
2Re 17,36 (dtr.) si riferiscealPesodo dallEgitto, in
Ger 27,5 e 32,17 richiama invece la creazione di
Dio (presentata come lotta).
NellAT unesaltazione delle braccia umane o non si
trova affatto oppure ben raramente (Gen 49,24, ina nel
contesto del Polente di Giacobbe ). Piuttosto, il
braccio di carne , in quanto designa la forza vacillante
delPuomo, viene contrapposto alla potenza di Dio
(2Cron 32,8; cfr. Ger 17,5; Sai 44,4), che pu spezzare le
braccia umane (Ez 30,21s.24b; cfr. Sai 10,15) e tagliarle
(ISam 2,31; Mal 2,3 txt em), ma pu anche rafforzarle
(Ez 30,24a.25).

5/ Nel NT si parla del braccio di Dio solo in


quanto manifesta la sua potenza salvifica; cfr.
H.Schlier, art, PpaxUov, ThW 1,638 (= GLNT
II,327-330).
/LS. van der Woude
454

Khri
hds NUOVO
TT
'
1/ La radice *hdt_ ricorre in tutti i rami delie lin
gue semitiche con lo stesso significato (Bergstr.
Einf. 191).
In ebr. si hanno hds pi. rinnovare , hitp. rin
novarsi , e i nomi hdas nuovo (nei nomi di
luogo Hads Gios 15,37 e aram Masr Hadatt
Gios 15,25; cfr. Wagner nr. 88) e fjod&s novilu
nio, mese (per il nome proprio femminile Hdces
in lCron 8,9 cfr. J.J.Stamm, FS Baumgartner
1967, 322).
Allebr. hdas corrispondono lacc. essu (cfr. edds
continuamente rinnovantesi ), lug. hdi_ (WUS
nr. 908; UT nr. 843), il fen, pun. hds (nel nome della
citt di Cartagine, Qrthdst = citt nuova) e Tararci.
hadat (DISO 83; KBL 1074a), che ricorre solo una volta
in Esd 6,4 come errore del testo.
Il nome di luogo Hods in 2Sam 24,6 va coietto nel te

sto, e perci qui viene tralasciato.

2/ hds pi. ricorre 9x, hitp. lx (Sai 103,5), hdas


53x (Is 40-66 lOx, Sai 6x, Ez 5x), hdces 283x
(Num 38x, Ez 27x, Est 24x).
Nei testi narrativi hdas compare 20x (e inoltre Deut
32,17 e Giud 5,8 txt?), nei testi profetici 19x, in Sai 6x,
in Giob e Prov 2x, in Cant e Lam lx.

3/ a) Il verbo hds pi. rinnovare , come pure


hdas nuovo , non ha veri e propri sinonimi, ed
usato per lo pi in stretto riferimento al suo con
trario vecchio, antecedente : it tempio (2Cron
24,4,12, par. hzq pi. restaurare), un altare
(2Cron 15,8), citt (ls 61,4, par. bnh rico
struire ) vengono rinnovati, cio restaurati; il re
gno viene rinnovato (ISam 11,14). Dio viene in
vocato perch conceda nuovamente Pantico fa
vore o la salvezza (Lam 5,21 rinnova i nostri
giorni come un tempo! ) e perch rinnovi la forza
vitale (Sai 51,12, assieme a br creare cfr.
L.Kopf, VT 9,1959, 254s,); egli viene lodato per
ch rinnovi il volto della terra (Sai 104,30, assieme
a br) e faccia rinnovare la forza della giovinezza
(Sai 103,5 hitp.). Solamente in Giob 10,17 (rin
novare i testimoni = addurre continuamente
nuovi testimoni ) nuovo sta in contrapposi
zione a gi esistente .
b) Luso quotidiano di hdas si incontra soprat
tutto nei testi narrativi, sia in contrapposizione a
vecchio sia nel significato di non ancora esi
stente . Nellambito del creato si parla del grano
nuovo (Lev 26,10, in contrapposizione a jsn
vecchio, dellanno precedente ) in connessione
con lofferta delle primizie (Lev 23,16; Num
28,26), di frutti nuovi (freschi) (Cant 7,14, con
trapposto a jsn); nellambito dei lavori manuali
si parla di nuove case (Deut 20,5; 22,8), di nuovi
otri (Gios 9,13, cfr. bf vecchio, usato in
v. 4s.; Giob 32,19), di nuove corde (Giud 15,13;
16,11,12), nuovi carri (ISam 6,7 = lCron 13,7;
2Sam 6,3.3), di una nuova spada (2Sam 21,16), un
455

nuovo mantello (Re 11,29.30), di un nuovo


piatto (2Re 2,20), di un nuovo cortile (2Cron
20,5). Nei testi profetici: una nuova trebbiatrice (Is
41,15), la nuova porta del tempio (Ger 26,10;
36,10; cfr. la porta vecchia in Neem 3,6; 12,39).
Quando si tratta di persone, nuovo si dice della
moglie che un uomo ha appena sposato (Deut
24,5; per i paralleli acc. e ug. cfr. IIA L 282b), del
nuovo re dEgitto (Es 1,8) e di dei nuovi, quelli
cio che Israele ha conosciuto solamente in Ca
naan (Deut 32,17 nuovi, venuti da poco).
Solo in parte si avvicinano per significato a hds gli ag
gettivi tri fresco, umido (Giud 15,15 osso; Is 1,6 fe
rita) e lah ancora umido, fresco (Gen 30,37; Num
6,3; Giud 16,7.8; Ez 17,24; 21,3; sost. lQh freschezza
Deut 34,7; per la radice Ihh cfr. A. van Selms, FS Vriezen 1966, 318-326).

Se si d uno sguardo ai testi, c da meravigliarsi


che il vocabolo ricorra cos raramente. Esiste solo
un gruppo di casi in cui Pnso del vocabolo pi
rilevante: quello in cui si fa parola di qualcosa di
nuovo che va effettuato con un lavoro manuale.
Se si fa un confronto con la frequenza del voca
bolo nuovo nelle lingue europee moderne, ma
anche in greco e in latino, il numero di passi in cui
ricorre il tennine in ebr. appare ancora pi sor
prendentemente esiguo. Lo stesso vale per i pochi
derivati della radice. Forse i vari nessi di ci che
accade vengono percepiti in maniera cos forte che
anche ci che a noi appare nuovo non percepito
come tale; in ogni caso esso non viene indicato
come nuovo. una questione che andrebbe ulterionnente approfondita. Un fatto tuttavia resta as
sodato : la percezione del nuovo per lisraelita cir
coscritta ad un ambito assai limitato di esperienze;
egli parla molto raramente di una cosa nuova.
a) hds ricorre nei testi profetici solo du
rante lesilio o nei tempi intorno allesilio (Dtis 5x,
Tritois 5x in tre passi, Ger 4x, Ez 5x, in tre passi;
in Ger 31,22.31 la datazione incerta, cfr. p.e. Sellin-Fohrer 434, con bibliogr.). La cosa in s si
gnificativa: solo nel tempo dellesilio si parl in
Israele di qualcosa di nuovo nella storia di Dio con
il suo popolo, mentre ci non avvenne in nessun
altro periodo di tutta la storia! Questo fatto acqui
sta un significato ancora pi grande se si esami
nano meglio i testi: esclusi quelli in cui il termine
ricorre nella sua accezione comune (Is 41,15; Ger
26,10; 36,10), sono tre i contesti nei quali i profeti
dellesilio o subito dopo lesilio parlano di una no
vit (1) Is 42,9.10; 43,19; 48,6 (Dtis): il vecchio e
il nuovo; (2) Ger 31,31 e Ez 11,19; 18,31; 36,26
(cfr. Ger 31,22): nuova alleanza e cuore nuovo;
(3) Is 65,17; 66,22 (Tritois; cfr. 62,2): cieli nuovi
e terra nuova.
(1) Il gruppo di passi nei quali il Dtis parla di una
novit il pi importante da un punto di vista
teologico, per il fatto che in essi si contrappone gi
coscientemente il nuovo allantico; qui dunque il
nuovo diventa espressamente il tema di una
4/

c n n hds NUOVO

456

riflessione teologica (cfr. anche senza la contrap


del nuovo del Dtis. Mentre non si pu dire con
posizione Ger 31,22 poich Jahwe crea una cosa i certezza se Ger 31,31 ed Ez 11,19; 18,31; 36,26
nuova sulla terra ; Is 62,2 ti s chiamer con un
siano stati influenzati dal Dtis, tale influenza si
nuovo nome ). Dei quattro passi tre (42,9; 43,19;
cura per Is 65,17. Si suppone qui che Jahwe rea
48,6) sono inclusi in un annuncio di salvezza,
lizzer per Israele unazione salvifica che nuova
mentre il quarto (42,10) la risposta di lode: al
rispetto a tutta quanta la storia precedente. Gi nel
nuovo operare di Dio corrisponde il nuovo canto.
Dtis questa promessa si era estesa alla creazione,
poich nella descrizione del ritorno dallesilio si
Quando il nuovo, che ora viene annunciato, viene
diceva che il deserto sarebbe stato mutato in un
contrapposto alfantico che si avverato (rsnt
giardino; tuttavia la promessa salvifica del Dtis
42,9; 43,18), si intende con l antico lagire sal
non valica i confini della storia. Con Is 66,22, cio
vifico di Dio (particolarmente in 43,18), ma anche
con la promessa della creazione di un cielo nuovo
lannuncio del giudizio (42,9). Il nuovo viene ora
e di una nuova terra, si compie il passo decisivo
annunciato cos: dora in poi ti faccio udire cose
verso un discorso escatologico che trascende la
nuove e segreti che non conoscevi (48,6).
storia. Non chiaro se gi Is 65,17 si muova in
Tutto questo non pu emergere chiaramente soltanto
questa prospettiva; se si dovesse tradurre: rinno
dai tre passi nei quali ricorre il vocabolo nuovo . Per
ver cielo e terra (Westermann, ATD 19,322),
poterlo capire bisogna considerare anche gli oracoli con
allora ci si riferirebbe solo ad un meraviglioso rin
tro le genti, nei quali questo nuovo viene detto fu
novamento che non necessariamente include
turo (habb'f, br\41,21-29, soprattutto v. 22: il
passato, il futuro; clr. 46,9-13), e poi anche tutto
rebbe rannientamento di ci che precede, Tutta
quanto il messaggio del Deuteroisaia, dove appare chiaro
via la frase, come indica 66,22, stata intesa pi
perch lagire salvifico di Dio, che viene annunciato, sia
tardi in senso apocalittico; il nuovo che Dio crea
veramente qualcosa di nuovo . Di fronte a questa
non pi in continuit storica con la realt pre
novit , la storia precedente di Israele viene conside*
sente, ma la trascende completamente.
rata come passato . E il nuovo consiste in questo, che
la salvezza dallesilio, che viene ora annunciata, non
pi realizzata dallesercito di Israele e nemmeno da un
condottiero israelita suscitalo da Jahwe, bens dal re
persiano Ciro (44,24-45,7); la liberazione d Israele non
dipende pi quindi dalla forza di Israele, poich questa
salvezza si fonda sul perdono (43,22-28) e pertanto an
che i popoli possono venire invitali a prenderne parie
(45,20-25). Sottolineiamo ancora una volta che questa
spiegazione dei tre testi 42,9; 43,19; 48,6 possibile solo
tenendo presente lutto quanto il messaggio del Deutero
isaia. Solo cos diventa chiaro perch soltanto a questo
punto, nella storia salvifica, ci che viene annunciato
definito come nuovo .

(2) Quando si parla del nuovo patto in Ger 31,31


34, tale patto, come gi avviene a proposito del
nuovo nel Dtis, viene contrapposto a quello
antico: non come il patto che strinsi con i vostri
padri... . Come gi nel Dtis, questo nuovo patto
si fonda sul perdono (v. 34b), ma in pi, e ci
caratteristico di Ger 31,31-34, esso si basa anche
su una trasformazione di ciascun uomo (v. 33). Lo
stesso si ritrova nei passi di Ezechiele che parlano
del nuovo : Ez 11,19; 18,31; 36,26. Essi parlano
dei cuore nuovo e dello spirito nuovo che Dio
creer per gli uomini e che riporr in essi (Sai
51,12 potrebbe essere stato influenzato da questi
passi). 11 testo di Geremia (cfr. anche Ger 31,22) e i tre
testi di Ezechiele sono molto vicini tra loro per
tempo e contenuto; anche Ger 31,31-34 del
tempo dellesilio. La differenza rispetto al Dtis ri
siede soprattutto nel fatto che, pur dovendo
Israele sperimentare qualcosa di nuovo , come
detto gi nel Dtis, si insiste di pi sul muta
mento del singolo.
(3) La promessa di un cielo nuovo e di una nuova
terra in Is 65,17 (ripreso in unaggiunta tardiva in
66,22) estende ad un piano cosmico la promessa
457

8hn
hdas
NUOVO
TT

b) Nei salmi hdas ricorre solo quando si parla del


cantico nuovo. Lesortazione allimperativo
cantate a Jahwe un cantico nuovo in Sai 33,3;
96,1; 98,1; 149,1; al coortativo in 144,9, mentre
in 40,4 ricompare ancora la l a persona, attraverso
la quale il cantico si traduce in lode: mi ha posto
sulle labbra un cantico nuovo, una lode al nostro
Dio .
Poich limperativo di questi salmi compare anche in Is
42,10, nella lode rivolta alla nuova azione salvifica di
Jahwe, e poich Sai 96 e 98 anche sotto altri aspetti sono
influenzati dal Dtis (Kraus, BK XV,665s.677s.; C.Weslermann, Das Loben Gottes in den Psalmen, 1953,104
111), possibile che lespressione cantare un cantico
nuovo di tutto questo gruppo di testi derivi dal Dtis.
Ma anche se non si potesse provare una dipendenza dal
Dtis, resterebbe sempre il fatto che il cantico nuovo
inteso nello stesso senso di Is 42,10, e cio come
uneco del nuovo agire di Jahwe.

Il canto che qui si invitati ad innalzare


nuovo non perch al posto di quello antico sia
stato sostituito un nuovo testo o una nuova me
lodia; ci del tutto estraneo a questi salmi. II
canto invece nuovo poich accaduto qual
cosa di nuovo ad opera di Dio e il canto costituisce
una risposta a questo nuovo agire di Dio; quesfultimo deve rispecchiarsi nel cantico nuovo,
c) Restano ancora da trattare pochi passi della
terza parte del canone. In Lam 3,23 ogni mattina
si rinnova la sua misericordia si descrive in ma
niera singolare il perdurare della misericordia di
Dio, come se si trattasse del nuovo raccolto e
delfabito nuovo. Questo linguaggio per non ti
pico dellAT; esso ricorre soltanto in questo passo.
Inoltre, solo in un altro passo nuovo viene
detto delPuomo nel senso di non consumato :
Giob 29,20 la mia gloria resta nuova in me .

458

Se si tiene conto della consistenza di questo voca


bolo, si capisce allora perch alla fine delPAT la
sapienza scettica dellEcclesiate possa dire: non
c nulla di nuovo sotto il sole (Eccle 1,9.10).
Tuttavia sembra che questa frase supponga gi,
proprio nelPesperienza quotidiana, una valuta
zione del nuovo che pi profonda di quella
che si trova abitualmente nellAT.
5/ Concludendo, si pu dire che il termine
nuovo usato nellAT in senso pregnante. I
testi profetici, sottolineando un particolare punto
della storia, e i testi dei salmi, che parlando di un
cantico nuovo riecheggiano tale novit ,
mettono in risalto una particolare azione di Dio
nella storia di Israele: la novit che fu annunciata
dopo la caduta politica di Israele e di Giuda, dopo
la fine del regno e la distruzione del tempio di Ge
rusalemme. Ora, poich non si parla pi chiara
mente nellAT di questa novit (che si basa sul
perdono di Dio, sul fatto che la salvezza di Israele
non pi legata alla forza di Israele stesso, e sulla
prospettiva della chiamata di tutte le genti alla sal
vezza) come di un qualcosa che gi si realizzato
nella storia (non si parla mai in forma narrativa di
un nuovo patto o di una nuova salvezza o di una
nuova forma del popolo di Dio), risulta evidente
che il NT, quando parla della novit intervenuta
con Cristo, si riallaccia strettamente allAT per
quanto riguarda luso del termine.
Per il NT cfr. J.Behm, art.xouv^, ThW 111,450
456;
(=
GLNT
IV.1343-1364);
id.,
art, veoc;, ThW IV,899-904 (= GLNT VII,889906).
C Westermann

mn

hwh

hist. PROSTRARSI

1/ Tradizionalmente histahaw stato inteso


come hitpaMel e lo si fatto derivare dalla radice
shh (considerata forma secondaria di sah e shh)
(cfr. GK 75kk; BL 420; Jouon 164; KBL 959);
oggi per si pu sostenere con sicurezza, in base
allug. (radice hwj)> che esso deriva dalla radice
hwh e lo si pu spiegare come forma riflessiva in
t dellantico safel (WUS nr. 912; UT 83 e nr. 847;
Moscati, Introduction 128; HAL 283b con bi
bliogr.; Meyer II,126.162s.). Oltre che in ebr. e in
ug. la radice attestata in arabo: haw racco
gliere, riunire , V arrotolarsi (Wehr 198a).
Da questa radice hwh II va distinto hwh I pi. annun
ziare (prst. aram. nelfebr., cfr. Wagner nr. 91/92;
J.A.Soggin, AION 17, 1967, 9-14).

2/ Le 170 ricorrenze di hwh hist. si trovano so


prattutto nei libri narrativi (Gen 23x, Sai 17x,
2Sam e Is I3x, ISam e 2Re 12x, Es, Re e 2Cron
1lx, Deut e Ger 8x, Giud ed Ez 4x, Gios, Sof, Est,
Neem e lCron 3x, Num e Zac 2x, Lev, Mi, Giob
e Rut lx; in Lis. 142lb manca Zac 14,17).
459

3/ 11 significato di hwh hist. (cfr. ug., arab.)


inchinarsi, piegarsi profondamente . Nelle se
zioni aram. di Dan viene adoperato per esprimere
la stessa idea il termine sgd di uguale significato
(Deut 2,46; 3,5-28 llx), che compare anche in Is
44,15.17.19; 46,6 accanto a hwh hist. (Pararci. sgd
un prst. in ebr., arab. ed et., cfr. Wagner nr.
195).
hwh hist. pu essere unito a arsa al suolo (Gen
18,2; 24,52 ecc.; 'cerces Is 49,23) o con appjim
5arsa col volto al suolo (Gen 19,1; 42,6 ecc.;
con le Gen 48,12; con "al 2Sam 14,33), per cui si
ha il sign. abbassarsi) prostrarsi, gettarsi a terra
oppure, nella seconda espressione, abbassarsi col
volto fino a terra, gettarsi col volto a terra (da
vanti a qualcuno o a qualcosa: con edella persona
o della cosa, raramente ca/, Lev 26,1, o 'cei, Sai
5,8).
Nel campo semantico di hwh hist. si trovano an
che i verbi qdd (unito a hwh hist. solo come atto
di preparazione ad esso) inchinarsi (rendendo
ossequio), inginocchiarsi (Gen 24,26; Es 34,8;
ISam 24,9 ecc.; cfr. KBL 821b), tip/ cadere gi
(2Sam 1,2; 9,6.8 ecc.), krL inginocchiarsi, piegare
le ginocchia (Est 3,2.5; in Sai 95,6 con brk q.
inginocchiarsi ); altri verbi sinonimi sono kpp
q. piegare , ni. piegarsi (Is 58,5; Sai 57,7;
145,14; 146,8; ni. Mi 6,6), sh/) q./ni. abbassarsi
(Is 2,9-11.17 ecc.; hi. abbattere qlcn. Is 25,12;
26,5) e shh q. curvarsi (Is 51,23; hi. depri
mere Prov 12,25), e anche hbr q. in Is 47,13 (cfr.
J.Blau, VT 7, 1957, 183s,; E.Ullendorff, JSS 7,
1962, 339s.; HAL 227b).
Le forme che si trovano nelPacc. delle lettere di marna
e dei testi di Ugarit come p.e. ushefjin, che vengono
messe in relazione con lebr. shh/shh (KBL 959s.), se
condo W. von Soden sono invece derivate attraverso
Phurritico dalPacc. suknu prostrarsi (GAG 158).
NelPug. incontriamo quasi sempre la stessa espressione
stereotipa: lpLn ii (hbr wtql isthwy wtkbdnh essa (Anat)
si pieg ai piedi di El e si prostr, rese omaggio e attest
a lui onore (Testo 49 [= I AB] I, 8-10 ecc.; cfr. J.Aistleitner, Die mythologischen und kultischen Texte aus
Ras Schamra, 1959,18).

Il gesto che viene indicato con hwh hist. simile


al sugd musulmano descritto da E.W.Lane: He
next drops gently upon his knees... places his
hands upon th ground, a little before his knees,
and puts his nose and forehead also to th ground
(th former first) between his two hands
(= cade poi cortesemente in ginocchio.., appog
gia le mani al suolo poco avanti le ginocchia
e tocca il suolo con il naso e con la fronte (dap
prima con il naso) tra le due mani ; citato da
D.R.Ap-Thomas, VT 6, 1956, 229; cfr. le im
magini in ANEP nr. 355, anche nr. 45 e 46).
Quanto al prostrarsi da lontano in Es 24,1
cfr. S.E.Loewenstamm, Prostration from Afar
in Ugaritic, Accadian and Hebrew, BASOR 188,
1967, 41-43.
Ci si prostra davanti ad un altolocato per espri
mere con questo gesto il massimo ossequio e
mn

hwh hist. PROSTRARSI

460

la massima venerazione, p.e. davanti ad ospiti


estranei (Gen 18,2), oppure in atteggiamento
di supplica davanti ad un potente (Gen
33,7; 2Sam 16,4), Mos davanti a Ietro (Es 18,7,
con rsq baciare ), Abigail davanti a
Davide (ISam 25,23.41), davanti al sacerdote
(ISam 2,36), al profeta (2Re 2,15; 4,37), al re
(2Sam 14,4.33; 24,20; IRe 1,16.23; 2Cron 24,17;
Sai 45,12 ecc.), metaforicamente popoli e re
davanti ad Israele (Gen 27,29; Is 45,14; 49,23;
60,14).
4/ Anche in campo cultuale hwh hist. sta a de
signare lossequio e la venerazione o adorazione
7Tpo<7x\jvY)ori^ prostrazione ) davanti agli astri
(Deut 4,19; Ger 8,2), davanti al monte santo (Sai
99,9), nel tempio (2Re 5,18), davanti allangelo di
Jahwe (Num 22,31), davanti a Jahwe (Gen
24,26.48.52 ecc.), davanti a dei stranieri (vd. st.; la
stretta connessione tra azione cultuale e la prostra
zione espressa f. Fa. anche dal verbo bd ser
vire che ricorre spesso insieme con hwh hist.).
hwh hist. descrive qui latteggiamento di preghiera
che spesso si assume (seguito da pfl hitp. pre
gare Is 44,17; ISam 1,28; con menzione della
preghiera Gen 24,26.48; Es 34,8; per altri gesti di
preghiera cfr. BHH 1,521; de Vaux II,351s.), op
pure designa lo stesso pregare (un verbo specifico
per pregare si trova raramente accanto a hwh
hist., cfr. J.Herrmann, ThW 11,786 = GLNT
III,1245s.). Di conseguenza hwh hist. non si rife
risce semplicemente al gesto esterno del pro
strarsi , ma da tempo divenuto espressione
che indica il contenuto di un atteggiamento reli
gioso (Herrmann, l.c.) e pertanto pu essere reso
spesso con pregare, adorare .
hwh hist. non va considerato come un termine che
caratterizza in maniera specifica il culto di Jahwe
e la fede in lui. Esso ricorre molto spesso proprio
in testi che stigmatizzano la defezione di Israele e
il culto di dei stranieri e di idoli (cfr. Is 2,8.20; Ger
1,16; 8,2). Nella letteratura dtn.-dtr. hwh hist.
unito a lbd prostrarsi e servire diviene una
frase fissa, che non si incontra altrove, la quale de
signa il culto reso a dei stranieri (secondo W .Zim
merli, Das zweite Gebot, FS Bertholet 1950,553 =
GO 237, in totale 27 passi; cfr. p.e. Deut 4,19; 5,9
= Es 20,5; deut 8,19; 11,16; Giud 2,19; 2Re 17,16;
2Cron 7,19.22; Ger 13,10; al riguardo N.Lohfink,
Das Hauptgebot, 1963, 74s.99s.178). Solo Deut
26,10 (senza *bdl) adopera hwh hist. in senso po
sitivo per indicare il prostrarsi davanti a Jahwe e
fa parte della pi antica tradizione cultuale comu
nemente accettata (cfr. von Rad, ATD 8,113). Di
versamente i salmi (ad eccezione di Sai 81,10;
106,19): essi indicano con hwh hist. latto di osse
quio presentato a Jahwe, al Dio (re) che assiso
sul trono in Sion, e si ricollegano alPantica tradi
zione cultuale gerosolimitana (originariamente ca
nanea) (Sai 22,28; 29,2; 86,9; 95,6; 96,9; cfr. lCron
16,29; Sai 97,7; 99,5.9; 132,7; cfr, anche Zac
14,16s.; Is 27,13).
461

nrn hzh g u a r d a r e

5/ I LXX rendono questa radice quasi sempre


con TrpoaxuveLv. Per il NT cfr. J.HerrmannH.Greven, art. stivopiai, ThW 11,774-808 (=
GLNT 111,1209-1300); H.Greeven, art. rcpocncuvco, ThW VI,759-767.
H. -P.Sthl

nrn

hzh guardare

1/ Lebr. hzh guardare probabilmente un


termine preso anticamente dalFaram. (Wagner nr.
93-98; diversamente p.e. Ginsberg e Dahood, vd.
st.), dove hzh vocabolo normale per vedere
(ebr. r/?)(KBL 1074b, Suppl. 201a; DISO 84s.; >
arab. hdzin veggente , Driver, CML 138 n. 18).
Cfr. anche il fen. hzh vedere neiriscrizione di Kilamuwa del 9' sec., KAI nr. 24, r. 11.12, e in Lidzbarski,
KI nr. 38 del 4* sec. (DISO 84s.).
Per Param. antico hzh pa, cfr. Fitzmyer, Sef. 40, R.Degen, Altaram. Grammatik, 1969, 78.
H.L.Ginsberg, FS Baugartner 1967, 71s., collega Pebr,fen.-aram. *hzw vedere con Parab. hdw essere d
Fronte ; cfr. ibid. la non accettazione del verbo hdh U
vedere postulato nelPAT da M.Dahood, Bibl. 45,
1964,407s. (anche HAL 280), sulla base di una supposta
corrispondenza tra Pug. hdy e la nostra radice (contrario
WUS nr. 905; indeciso T nr. 839).

hzh nelfebr, e nellaram. bibl. compare soltanto al


qal; nomi derivati sono hzc veggente, hzc
fi patto (vd. st. 3b e -bent I/2d), mceh^z fi
nestra e i numerosi termini per visione o
sim.: hzn, hzin, Ifzt, hizzjn, mah(1zc, aram.
hxz/hcezw e hazt (BL 185). Molteplici sono
anche i nomi propri formati con hzh, p.e. W z',
JahazT' ecc. (HAL 289a; vd. st. 4c).
2/ hzh e i suoi derivati sono attestati neilAT
175x (ebr. 130x, aram. 45x, senza contare i nomi
propri), e precisamente il verbo ebr, 55x (Is 12x,
Ez, Sai e Giob 9x ciascuno, Prov 3x, Es, Num, Mi,
Cant e Lam 2x ciascuno, Am, b e Zac lx cia
scuno), quello aram. 31x (Dan 30x, di cui lx part.
pass. haz nel sign. di adatto, usuale ; Esd lx),
tra i sostantivi hzc 17x (2Cron 7x, Is [incl. 28,15]
e lCron 3x ciascuno, 2Sam, 2Re, Am e Mi lx cia
scuno), hzn 35x (Dan 12x, Ez 7x, Is, Ger e Ab
2x ciascuno), hazt lx (2Cron 9,29), fyzt 5x (Is
3x, Dan 2x), hizzjn 9x (Giob 4x, Is 2x, 2Sam,
Gioe e Zac lx ciascuno), mahazc 4x (Num 2x,
Gen ed Ez lx ciascuno), mceh^z 4x (IRe 7,4s.),
aram. zu/facezwd 12x e hazt 2x in Dan. Le fre
quenze maggiori si hanno soprattutto in Dan (58
= un terzo di tutte le ricorrenze), Is ed Ez (rispet
tivamente 22 e 17x, negli altri libri profetici 17x),
Giob (13x).
3/ a) Il sign. di 23 forme verbali ebr. quello di
guardare (in visione) (vd. st. 4a), mentre altre
32, con sign. di vedere , si trovano sparse (ec
462

cezion fatta di Es 18,21 e Mi 4,11) nelle tradizioni


letterarie pi recenti (Sai, Giob, Prov, Cant, brani
postesilici di Is). Di questi 32 passi 21 rientrano
nel linguaggio pi o meno teologico (vd. st. 4b-d),
11 invece in quello profano (vd. st. 3b). Ad ecce
zione dei passi citati sotto 3b, tutti i sostantivi de
rivati possono essere ricondotti al sign. guar
dare . Circa tre quarti delle ricorrenze di questa
radice si ricollegano a tale sign. (cfr. A.Jepsen,
Nabi, 1934,43ss.). Con una modifica di questo si
gnificato principale, hzh viene adoperato quando
Israele vede Jahwe e la sua azione nella storia
e nella creazione (16x, vd. st. 4b), pi raramente
quando Jahwe che vede (vd, st. 4c). Solo
nellultima fase della sua evoluzione il verbo
sinonimo poetico (GB 220b) di r*h ve
dere .
b) Luso profano distingue fra diversi significati:
vedere (per Giob 8,17 cfr. BH3; Horst, BK
XIV/l,125s.l34) nel senso di fare esperienza
di (Sai 58,9; cfr. Eccle 7,1), mirare con gioia
(Cant 7,1.1; cfr. Prov 23,31) o con una sfumatura
di malignit (Mi 4,11; cfr. Abd 12s.; BrSynt 96),
conoscere (considerando) {Prov 22,29; 29,20;
cfr. ISam 25,17), fare esperienza, appropriarsi
(Giob 15,17; 27,12; Prov 24,32; cfr. Eccle 1,16)7
guardare con attenzione, osservare (Is 47,13;
cfr. Es 1,16).
Al sign. vedere si ricollegano anche i sostantivi, usati
in un ambito profano, mceij^z finestra (IRe 7,4s.),
hzat e hzt = bert (Is 28,15.18; cfr. la bibliogr. in
A.R.Johnson, The Cutic Prophet in Ancient Israel,
"1962, 13s. n. 3; bent I/2d: vedere, scegliere >
prescrivere ) e hzut il mirare (Dan 8,5.8),

c) Anche i vocaboli aram. di questa radice sem


brano presentare unevoluzione analoga del loro
significato. Dalluso primario collegato alle visioni
si form quello corrente di hzh nel senso d (star
a) vedere (Esd 4,14; Dan 3,25.27; 5,5.23), in
tuire, sperimentare (Dan 2,8), essere adatto
(part. pass. Dan 3,19), e quello di Ifzlhcezm nel
sign. di figura (Dan 7,20). haz( aspetto, vi
sta viene adoperato invece solo in contesto pro
fano (Dan 4,8.17).
4/ a) hzh e i suoi derivati designano prima di
tutto il vedere in visione. Ce ne fornisce una te
stimonianza primitiva Num 24,4.16 (W.F.AIbright, The Oracles of Balaam, JBL 63,1944, 207
233). hzh e mafiazc si trovano ambedue nellintro
duzione ad un detto che lautopresentazione con
la sua formula di legittimazione ne'um BilLm qua
lifica come oracolo di un veggente. Balaam vede
visioni che procedono da Dio e le narra con parole
proprie. Come indica la costruzione genitivale for
mata da ne'm unito ad un nome proprio di per
sona, i profeti adottarono nel loro linguaggio le
forme letterarie dei detti dei veggenti. Essi, per,
non usarono mai hzh per narrare una visione: in
vecer'h il verbo che (come nelloracolo del veg
gente in Num 23,9.21; 24,17) introduce la rela
463

zione profetica di una visione (p.e. Am 7,1.4.7; Is


6,1; Ger 4,23ss.; Ez 1,4; 2,9). hzh indica in genere
la recezione di una rivelazione (cfr. Wildberger,
BK X,5s.; Wolff, BK XIV/2,154). Si trova nella
motivazione dellannuncio di giudizio, che Israele
cita (Is 30,10.10, Ez 12,27), nella requisitoria con
tro i falsi profeti, i quali a causa delle loro visio
ni menzognere costringono Jahwe ad agire
(Ez 13,6-9.16 [citazione del popolo].23; 21,34;
22,28; Zac 10,2), come pure nella tradizione ar
caica di Es 24,9-11 (v. llb), che descrive fatto di
stipulazione dellalleanza riportando una visione
altmi.

Lequiparazione tra veggente e profeta (Am


7,12.14; Mi 3,7, cfr. v. 5; Is 29,10; 2Re 17,13; cfr.
2Cron 9,29; 12,15 con 13,22; cfr. S.Mowinckel,
Psalmenstudien III, 1923, 9ss,; H.Junker, Prophet
und Seher in Israel, 1927, 77ss.; specialmente
A Jepsen, Nabi, 1934, 43ss.; R.Hentscbke, Die
Stellung der vorexilischen Schriftpropheten zum
Kultus, 1957, 150; S.Lehming, ZThK 55, 1958,
163 n. 3; A.Gunneweg, ZThK 57,1960,6) riflette
un processo storico (ISam 9,9; cfr, O.Plger,
ZAW 63,1951,157-192; J.Lindblom, Prophecy in
Ancient Israel, T965, 87ss.). I profeti, ereditando
le forme specifiche di esperienza e di espressione
dei veggenti, adottarono anche le antiche designa
zioni, Usato in un senso quasi tecnico, il termine
hzce venne a significare un compito carismatico
(forse del veggente ) per il quale non ogni nabi
era qualificato (Am 7,12.14, cfr. Wolff, BK
XIV/2,359-361; Is 28,7; 30,10: rfm e hzfm
stanno in parallelo, cfr. Wildberger, BK X,5).
Luso di hzh e di r'h stato riferito alla contrap
posizione tra veri e falsi profeti (F.E.Knig,
Der Offenbarungsbegriff des AT, II, 1882,
29ss.72s.; contrario J.Hnel, Das Erkennen Gottes
bei den Schriftpropheten, 1923, 7ss.) o alle diverse
funzioni dei nebiim e dei profeti scrittori (A.Jepsen, l.c., 53ss.; contrario A.R.Johnson, l.c., 12 n.
2), oppure i due termini" venivano considerati si
nonimi (J.Lindblom, l.c., 90). Lipotesi invece che
hzh si riferisca alle audizioni piuttosto che alle vi
sioni (cfr. Johnson, l.c., 11ss.; similmente Jepsen,
l.c., 48s.), sembra corrispondere di pi al modo
con cui vengono adoperati il verbo e i suoi deri
vati. Cos lautopresentazione di Balaam men
ziona hzh e mahazc (Num 24,4.16 testimonia che
entrambi derivano dalloracolo dei veggenti) in
sieme con P ascoltare le parole divine ; perci
fin dai tempi pi antichi le diverse formazioni
della radice erano in rapporto con esperienze che
racchiudevano visione ed audizione. Il significato
di hzn in quanto visione si conserva ancora nelle
relazioni in prima persona di Dan 8-11 (pi volte
insieme con r'h q./ni.); probabilmente tale signi
ficato anche in Is 29,7; Ez 7,26; 12,22-24.27;
13,16 (diversamente A.R.Johnson, l.c., 7.14.37s.).
Tutti gli altri passi permettono di vedere nel so
stantivo unespressione sinonima di dbr pa
rola (p.e. ISam 3,1; Os 12,11; Mi 3,6s.; Sai
89,20); una tendenza in questo senso gi mani
nrn hzh g u a r d a r e

464

festa nellantico impiego della radice in Num


24,4.16, tendenza che fu poi rafforzata nella tradi
zione profetica: cfr. lunione di hzh q. con hazn
(A.RJohnson, l.c., 14 n. 1: to make an observation Is 1,1; Ez 12,27; 13,16), con dbr (Is 2,1;
Am 1,1; Mi 1,1), massa' (ns';ls 13,1; Ab 1,1;
Lam 2,14.14); cos pure probabilmente hzt (Is
29,1.1 e singolare ffzt 2Cron 9,29) = dbr, men
tre al contrario in Is 21,2 bisogna pensare che si
tratti di una visione, faizzjn mette in risalto (ac
canto a hazn di Is 29,7; Dan 1,17; cfr. ISam 3,1;
Mi 3,6) ia vicinanza dei due fenomeni del sogno
e della visione (Gioe 3,1; Giob 7,14; 20,8; 33,15;
cfr. Giob 4,13; in un nome di luogo Is 22,1.5); nel
senso di dbr ricorre in 2Sam 7,17.
b) Vedere Jahwe o la sua opera significa: fare
esperienza del lintervento di Dio o nella storia del
popolo o dei popoli (cantico di Sion Sai 46,9; ora
colo di salvezza per il tempo della line Is 33,17.20;
nellApocalisse di Isaia Is 26,11.11; per Is 48,6 cfr.
Westermann, ATD 19,158) oppure nelf esistenza
del singolo (tutte le ricorrenze si trovano neHambito dei lamenti individuali: Sai 17,15 modifica,
58,11 sostituisce una lode, cfr. C, Westermann,
Das Loben Gottes in den Psalmen, 1953, 51s. n.
23s.; Giob 23,9 si collega come supplica allaccusa
di Dio; 24,1 unindiretta accusa di Dio, cfr.
C.Westermann, Der Aufbau des Buches Hiob,
1956, 54s.; Giob 19,26s. affermazione di fidu
ciosa certezza, Westermann, l.c., 81s.; a salmi di
fiducia individuale appartengono Sai 11,7; 27,4;
63,3). Una volta hzh ricorre nella lode del creatore
(Giob 36,25, accanto a nbt hi. vedere ).
c) Invece D io vede significa che Dio inter
viene a favore di qualcuno, cosi in Sai 17,2 (pre
ghiera introduttiva di un salmo di lamento indivi
duale) e Sai 11,4 (salmo di fiducia).
11 doppio uso di vedere si riflette anche nei nomi di
persona formati con hzh. In tal caso essi corrispondono
o alla preghiera rivolta a Dio nel salmo di lamento, per
ch volga il suo sguardo ( che Dio/Jahwe veda ), op
pure alla lode ( Jahwe ha guardato ); cfr. Noth, IP

186.198.
d) Infine vanno ricordati anche altri significati:
hzh vedere = giungere alla conoscenza
(Giob 34,32, confessione di peccati), pascersi,
deliziarsi (ls 57,8, motivazione per un annuncio
di giudizio; diversamente G.R.Driver, FS Eilers
1967, 54), indagare = scegliere per un ufficio
(Es 18,21).
e) Il verbo aramaico, in riferimento a visioni,
viene adoperato alla stessa maniera di hzh (p.e,
Dan 2,26) e r'h (p.e. Dan 4,7.10). Il derivato
hcezw (st. enf.) ricorre solo in riferimento al so
gno (p.e. Dan 2,28) ed equivale in tal caso allebr.
hzn e hzzjn.
5/ Per la traduzione dei vocaboli ebr. ed aram.
nei LXX cfr. W.Michaelis, ThW V,324-328 (=
GLNT V ili,910-922).
465

ptn hzq ESSERE SALDO

Le diverse linee su cui si sviluppa il significato di


hzh e dei suoi derivati si ritrovano ancora nel NT:
si riferiscono formalmente ad una visione (3Xe7rGi
(p.e. Apoc 1,11), t$ov (p.e. Atti 9,12; Apoc 1,2),
e cos pure 6pa[jLoc(p.e. Atti 9,10,12) e Soolgh;
(p.e. Atti 2,17; Apoc 9,17); per indicare 1espe
rienza storica dellazione d Dio si usa j3Xe7rc
(p.e. Mt 13,16); nel sign. traslato di percepire,
cogliere ricorrono el8ov (p.e. Mt 5,16),
(p.e. Rom 7,23), 0E6)pto (p.e. Atti 4,13), nel
senso di vivere Occpeto (p.e. Gv 8,51); ctr.
W.Michaelis, art. pdcw, ThW V, 315-381 (=
GLNT V ili,885-1074).
D. Vetter

pm hzq ESSERE SALDO


1/ La radice verbale hzq attestata oltre che in
ebr. anche in aram., come pure in arab. (aram.
giud., mand, e arab. anche hrzq).
Is 22,21 e Nah 2,2 (pi.) insieme con Parab. hazaqa (cfr.
sir. hezaq) allacciare solidamente (Lane 11,560) confennano la tesi di J.L.Palache, Semantic Notes on th
Hebrew Lexicon, 1959, 29, secondo cui il significato pri
mario di hzq legare saldamente intorno, cingere.
A ragione quindi anche da Wagner nr. 99 hzq pi. nel si
gnificato di cingere non viene considerato come aramaismo (contro G.R.Driver, SVT 1, 1953, 30).
Non si pu stabilire se Facc. esqu massiccio, com
patto derivi dalla stessa radice (cfr. AHw 257). D altro
lato Facc. iz/sqtu vincolo un prst. aram. (AHw
408b; W. von Soden, AfO 20,1963,155). La stessa cosa
vale forse per Facc. hazqatu fascia per la resta , che
da Palaehe viene addotto come prova per la sua tesi
(l.c.), ma che attestato solo nel bab. recente e nel
neo'ass. (AHw 339a).

Dalla radice vengono tratti gli aggettivi hzq e


hzq e i sostantivi hzceq, hzceq, hcezq e
hozq coi significati rispettivamente di forte
e forza (hcezq consolidamento e hozq
in 2Re 12,13 restauro hanno la funzione di
infiniti).
Per i nomi propri Hizqi, Hzqijj(hi/), J ehzqjj(h) e
J ehcezql cfr. Noth, IP nr. 474s.659s.

2/ Delle 290 ricorrenze del verbo (qal 81x, pi.


64x, hi. 118x, hitp, 27x) 98 casi spettano allopera
del Cronista (lCron 12x, 2Cron 39x, Esd 5x,
Neem 42x). Le altre ricorrenze si trovano soprat
tutto negli scritti dtn.-dtr. (Deut 9x, Gios 8x,
Giud 12x, ISam 6x, 2Sam 18x, Re 9x, 2Re 15x),
nei tre grandi profeti scrittori (Is 21x, di cui Dtis
13x, Ger 15x, Ez 12x) e Dan(13x). Luso della ra
dice verbale nei tre profeti postesilici Agg (3x),
Zac (5x) e Mal (lx) si distingue nettamente da
quello degli altri libri dei dodici profeti minori (Os
lx, Mi 2x, Nah 3x). I casi rimanenti sono: Gen 6x,
Es 15x, Lev e Num lx ciascuno, Sai 5x, Giob 7x,
Prov 4x. hzq ricorre dunque soprattutto nella let
466

teratura dtr.-cron. e in genere negli scritti tardivi


delPAT.
Lo stesso quadro si ha per luso delPagg. hzq (56x, di
cui Deut ed Ez lOx ciascuno, Es 7x, IRe e Ger 4x cia
scuno). hzq ricorre solo 2x (Es 19,19; 2Sam 3,1), hzceq lx (Sai 18,2), hzoeq 5x (di cui 3x behz<Eqjd con
violenza in Es 13,3.14.16), hcezq 4x e hozq 6x (5x
behozq con forza , inoltre 2Re 12,13, dove forse si
deve leggere Pinf. pi., cfr. HAL 292b).

3/ Dal significato principale del qal es


sere/divenire saldo, forte si ricavano i significati
pi importanti delle coniugazioni derivate: pi.
rafforzare , hi. afferrare, tener fermo e hitp.
mostrarsi forte/coraggioso (HAL 290-292; cfr.
Jenni, HP 283), senza fondamentale distinzione
fra forza fisica e forza psichica.
Come sinonimi si hanno ms essere forte e zz
essere vigoroso , come pure i sostantivi *z forza e
kah, cfr. anche jd mano e zer0i braccio .

Il qal si usa principalmente per esprimere la forza


prevalente di un popolo (Giud 1,28; Gios 17,13;
2Sam 10,11; IRe 20,23), la potenza di un re
(2Cron 26,15), la gravit di una battaglia (2Re
3,26) e soprattutto di una carestia (Gen 41,56.57;
47,20; 2Re 25,3; Ger 52,6). In unione con jd
mano , il qal significa essere coraggioso, pren
dere coraggio (2Sam 2,7; Ez 22,14), il pi, inco
raggiare, eccitare altre persone (ISam 23,16;
Giud 9,24; Is 35,3; Ger 23,14; Giob 4,3) o se stesso
(Neem 6,9 inf. assol. invece della prima persona).
Questuso di hzq si trova anche senza Paggiunta di
jd (q. 2Sam 16,21; pi. 2Sam 11,25). In unione con
bpjd, hzq pi. si trova col significato di aiutare
in Esd 1,6, con lo stesso significato senza be>ma
con jd, in Esd 6,22, senza bejd in 2Cron 29,34
(anche come hi. Ez 16,49; Lev 25,35). Il pi. nel
senso di difesa militare significa la fortificazione
di determinate citt (2Cron 11,12), di torri (2Cron
26,9) o di regni (2Cron 11,17), nellhi. significa il
rafforzamento di una guardia (Ger 51,12). Mentre
2Re 12,6-15; 22,5s.; lCron 26,27; 2Cron 24,5.12;
29,3; 34,8,10 usano il pi. di hzq per denotare il re
stauro di edifici, Neem 3,4-32 (34x) adopera Phi.
per il restauro delle mura della citt (con unecce
zione: 3,19 pi.; cfr. Jenni, HP 103s.). Soggetto di
un hi. nel senso di afferrare sono spesso ter
mini come spavento (Ger 49,24), terrore
(Ger 8,21), tribolazione (Ger 6,24; 50,43) e
dolore (Mi 4,9). Anche Phi. unito a jd (con
bejd prendere per mano Gen 19,16; Giud
16,26 ecc.; con jd aiutare Ez 16,49; Giob 8,20;
cfr. Gen 21,18 con jd e be tenere la mano pro
tettrice su qualcuno ).
Vanno menzionate in particolare anche le espressioni
con dbr parola (come sogg. di hzq q.) e con 'al
della persona (2Sam 24,4 = lCron 2,4 lordine del
re resl saldo di fronte... ; Mal 3,13 insolenti discorsi
andate facendo contro di me ), come pure la formula
usata nel racconto di una visione la mano di Jahwe
stava posata grave (agg.) su di me Ez 3,14 {
jd),

467

4 / In campo teologico il pi. (Ez 30,25 hi. dopo


v, 24 pi.; cfr. Jenni HP 89) significa il rafforza
mento operato da Jahwe. Esso di riferisce soprat
tutto alla forza della difesa militare (Giud 3,12; Ez
30,24; Os 7,15; Sai 147,13). Anche Sansone nella
sua ultima ora chiede forza divina (Giud 16,28) e
Dio guarir un giorno le pecore trascurate dai
cattivi pastori (Ez 34,16, cfr. v. 4).
Mentre lo Jahwista per descrivere P ostinazione
usa forme del termine kbd, PElohista e il codice
sacerdotale si servono d )zq q. per esprimere
lostinazione di se stessi, e di hzq pi. per esprimere
Postinazione che si compie ad opera di Dio
(F.Hesse, Das Verstockungsproblem im AT,
1955, 18s.). In Es Poggetto sempre lb
cuore (cfr. anche Ez 2,4, con lagg.). In Ger ed
Ez invece vi anche una relazione con pnfm
volto (Ger 5,3 pi.) e msah fronte (Ez 3,7-9,
agg ). Questa ostinazione va spiegata pi dal
punto di vista della storia della salvezza come
un passaggio attraverso il giudizio di Dio orien
tato in senso universale, escatologico (J.Moltmann, RGG VI,1385), che non ricorrendo ad una
aporia teologica (PAT non poteva attribuire lin
ganno a potenze demoniache) o ad una legalit re
ligioso-psicologica (cfr. von Rad 11,158-162;
E,Jenni, ThZ 15, 1959, 337-339).
Limp. di hzq (sing. e plur, qal) e le espressioni
ampliate (hzq insieme con
sii forte e corag
gioso Deut 31,7.23; Gios 1,6.7.9.18; lCron
22,13; plur.: Deut 31,6; Gios 10,25; 2Cron 32,7;
insieme con sh e agisci in diverse combina
zioni Esd 10,4; lCron 28,10.20; 2Cron 19,11; 25,8;
q. con Phitp, 2Sam 10,12 = lCron 19,3; Pimp. q.
ripetuto in Dan 10,19) trovano la loro ambienta
zione come formule di incoraggiamento nel l'ora
colo di salvezza (certamente in origine prima della
guerra: Deut 31,6.7.23; Gios 1,6.9; 10,25; 2Sam
10,12; 2Cron 32,7) e in generale nella promessa di
vina di assistenza, per cui si trova Paggiunta fre
quente non temere (Deut 31,7; Gios 1,9; 10,25
ecc.) e la formula io sar con te (Deut 31,8.23;
lCron 28,20; 2Cron 19,11; cfr. H.D.Preuss, ...
ich will mit dir sein! , ZAW 80, 1968, 139-173).
Nella letteratura dtr.-cron. la formula (in diverse
configurazioni) si riferisce anche allosservanza
della legge (Gios 1,7; lCron 22,13; 2Cron 15,7; cfr.
Esd 10,4; 2Cron 19,11; Deut 12,23) e in Agg 2,4
e lCron 28,10.20 alla costruzione del tempio.
Lespressione ampliata con 'sh (vd. sp., cfr. Agg
2,4) rimane comunque limitata ad Agg e Cron
(W.A.M.Beuken, Haggai-Sacharja 1-8, 1967, 53
60, il quale al pari di N.Lohfmk, Die dtr. Darstellung des Ubergangs der Fuhrung Israels von Mo
ses auf Josua, Scholastik 37, 1962, 32-44, consi
dera la formula di incoraggiamento come parte in
tegrante della forma letteraria del Pinsediamento
nellufficio). hazaq waffzaq si trova solo una volta
nel racconto di una visione (Dan 10,19). Cfr. an
che ms 4.
La formula bcjd hazq con mano forte si ri
ferisce in Num 20,20 (J) ad Edom, ma nei restanti
prn hzq ESSERE SALDO

468

casi (specialmente nel Deut, dove lespressione


stata per lo pi ampliata in con mano forte e
braccio esteso ) si riferisce allazione salvifica di
Dio che libera dall5Egitto (al riguardo per jd e
ze/*tft; B.S.Childs, Deuteronomic Formulae of
th Exodus Tradition, FS Baumgartner 1967, 30
39).
5/ Luso di hzq negli scritti di Qumran somiglia
a quello dellAT, solo che non ricorre il pi. nel
senso di ostinarsi e manca lespressione con
mano forte riferita alfesodo. Per il NT cfr.
W.Michaelis, art. Kpaxo^, ThW n i,905-914 =
GLNT, V,975-1004); W.Grundmann, Der Begriff
der Kraft in der ntl. Gedankenwelt, 1928.
A.S.van der Woude

N2n h ( y MANCARE
1/ La radice *# / sbagliar(si) appartiene al
semitico comune (Bergstr. Einf. 190; P.Fronzaroli,
AANLR V1II/20, 1965, 252s.263.268): acc. Ijatu
mancare, peccare (AHw 337s.350; e anche /j/~tu/hitTtu mancanza, peccato), ug. jC pec
care (WUS nr. 1019; UT nr. 952), aram. h f
peccare (DISO 85; KBL 1075a; il verbo manca
nelfaram. bibl.; la pi antica attestazione Ah. 50
ht'jk le tue mancanze con terza radicale pi
tardi >/), arabo fati1a commettere errore
(Wehr 220s.), et. hat'ci non trovare (Dillmann
6I9s.).

NelPAT il verbo ricorre al qal mancare (un ber


saglio), sbagliarsi , allhi. in senso causativo nor
male indurre al peccato o causativo interno
lasciarsi fuorviare, fallire (Jenni, HP 267), al
pi. con valore estimativo-dichiarativo dover ri
conoscere qualcosa come errato (Gen 31,39) op
pure denominativo togliere il peccato (priva
tivo di hC) o presentare come sacrificio per il
peccato (terminativo-operativo di ha(t't\
allhitp. rillessivo-privativo purificarsi dal pec
cato (per Giob 41,17 ritirarsi cfr. Hlscher,
HAT 17,96).
Come sostantivi per peccato o sim. accanto al
segolato masc. hC (<*##-, cfr. acc. fjtu) si
hanno quattro femminili: hceC(solo Num 15,28
txt?), hat' (BL 463), haU' (solo Es 34,7; Is
5,18; BL 477) e hatt't (BL 611.613). A questi va
aggiunto il nome dagente hatta' colpevole, pec
catore (BL 479).
Laram. bibl. possiede i sostantivi hatj peccato (Dan
4,24) e (come prst. dallebr.) hattj sacrificio per il
peccato >>(Esd 6,17K, Q Hatto' j.

2/

Un prospetto delle 595 ricorrenze della ra


dice nellAT (verbo 237x, nomi 356x ebr., 2x
aram.; in Lis. manca Num 29,25 ha(t't) dato
dalla tabella seguente (sotto altri sono raccolti
insieme hcet'[lx Num], hatta> [lx Es e Isle hat').
469

Kttn hC MANCARE

qal Pi hi.
Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Am
Mi

Ab
Sof
Zac
Sai

Giob

7
8
25
8
5
2
3
14
4
13
3
5
13
U
5
1
1
1

Eccle
Lam
Dan

3
4

Esd
Neem
lCron
2Cron
AT

4
4
8

1
4

1
10
15
1
,1

2
4

1
i

1
1

tot.

4
15
a
22
82 116
43
67
4
18
1 3
4
6
21
1
5
42
18
15
36
12
26
13
27
24
41
5
11
1
3
6
7
1
1

--

11

6
6

Prov

1
1
5
1

hitp. Uvf fwnci' altri hatjd'i

5
2
1 1

1
2

3
13
6

3
34
18

16
8
8

3
3
1
; 5

131 15 32

1
33

19

--

9
293

1
11

2
18
593

Pi di un quarto delle ricorrenze del verbo rientra


nellambito del vocabolario proprio delie tradizioni
sacerdotali (Lev, Num, Ez). Un altro quarto si
trova nei Jibri storici (soprattutto lSam-2Re); una
parte di queste ricorrenze, soprattutto le forme hi.,
sono dovute alle tradizioni linguistiche dtn.-dtr.,
fra Je quali vanno annoverati anche Os e Ger. I
profeti indipendenti (parzialmente) da questi due
gruppi non adoperano la parola o ladoperano in
misura minima.
Le ricorrenze pi antiche si trovano in J (llx ) ed E
(lOx), negli strati pi antichi dei libri di Samuele, in ls,
Os, e anche in Deut e Gios. Si tratta di circa un quarto
di tutte le ricorrenze.

Dei diversi nomi quasi un terzo si trova parimenti


nel vocabolario sacerdotale (P, Ez, cfr. anche Sai,
Dtis e Tritois). Anche il linguaggio dtn.-dtr. ha la
sua parte, circa 50 ricorrenze, hatt't si trova in
due quinti buoni di tutti i passi col sign. di sa
crificio per il peccato (cfr. per la statistica
R.Knierim, Die Hauptbegriffe fr Sunde im AT,
1965, 19s.).
3/ a) Il significato primario mancare (un ber
saglio) si pu cogliere alla lettera in Giud 20,16
(hi.) erano tutti capaci di colpire con un sasso un
. capello, senza sbagliare , mentre in Prov 19,2
chi si affretta sui suoi passi, va fuori strada di
viene chiaro il passaggio dalPuso letterale a quel
lo metaforico riferentesi ad una deviazione
nel modo di vivere. Pi importante constatare
che la radice - salvo poche eccezioni (cfr.
470

anche Prov 8,36, con la parola opposta ms tro


vare nel v. 35; Giob 5,24 allora non mancherai
di niente ) - stata usata quasi esclusivamente
per designare fatti di carattere religioso. In
questambito il termine viene adoperato sola
mente con valore figurato per giudicare negativa
mente determinati comportamenti. Il fatto che il
termine formalmente ed oggettivamente squali
fica un atto non meglio precisato, ritenendolo una
trasgressione, una mancanza, lo rende adatto a de
signare in maniera generale lidea di peccato .
Inoltre sia lo stesso significato primario sia lam
bito in cui sono usati tutti i derivati nei loro rispet
tivi contesti denotano la fattualit della trasgres
sione (cfr. p,e. qal Gen 39,9; 40,1; 42,22; ISam
2,25; batta' Gen 13,13; hf Lev 19,17, ecc.).
Queste sono le ragioni per cui la radice h f neliAT viene
utilizzata pi di tutti gli altri termini per esprimere il
concetto di peccato . Il verbo prevale di gran lunga su
tutti gli altri verbi che significato peccare (Knierim,
I.c., 13.19). Anche i sostantivi, presi insieme, hanno la
prevalenza, ma sono seguiti immediatamente da wn.
Solo per laggettivo si verifica una netta prevalenza di
rs (rs1) rispetto a hai l1.

b) Il termine adoperato per buona parte in for


mule fisse. I modi di dire standardizzati e le
espressioni composte con le rispettive ambienta^
zioni denotano che Israele si trov esposto a com
mettere trasgressioni in ambiti molto vasti e diversi (cfr. Knierim, l.c,, 20-55.257s,). Una tra
sgressione poteva aver luogo in settori istituziona
lizzati come la requisitoria di Jahwe nel processo
cultuale, la tor sacerdotale, la predicazione, latto
di sottomissione (politico o giuridico), la confes
sione dei peccati (cultuale o politico-giuridica) del
singolo o del popolo. Questa realt e tutte le im
plicazioni giuridiche contenute nel termine mo
strano che il peccato viene indicato e valutato
in maniera ufficiale (istituzionale) ed oggettiva
mediante categorie valide universalmente, e in
base ad esse va riconosciuto anche da colui che
accusato di colpa.
Quanto al verbo, dominano le seguenti espres
sioni: (1) lantica confessione ufficiale dei peccati
fatta dal singolo, la cui formula principale nellAT
ht't ho peccato (30x); essa ricorre soprat
tutto nella confessione dopo il convincimento giu
ridico (in contesto sacro o profano) (Gios 7,20;
ISam 15,24; 2Sam 19,21; 24,10; Sai 41,5; 51,6) e
nella protesta di innocenza dopo unaccusa (Giud
II,27; ISam 24,12); (2) la confessione dei peccati
fatta dal popolo hat'n abbiamo peccato (24x>
nella pratica della penitenza o nella preghiera di
penitenza; essa costituisce il presupposto perch si
modifichi una situazione di necessit o di soffe
renza ed in stretta connessione con labbandono
del culto degli dei stranieri e col canto di lamento
del popolo (cfr. Num 14,40; 21,7; Giud 10,10.15;
ISam 7,6; 12,10; Ger 3,25; 8,14; 14,7.20; Dan
9,5ss.; Dan 9,5ss.; Neem 1,6); (3) la formula di in
criminazione o di convincimento (3a pers. sing. o
plur. perf. qal) che ambientata in avvenimenti
471

profani (Gen 40,1 ; ISam 19,4) o sacri o nel loro ri


spettivo linguaggio (Es 32,31; Os 4,7; Sai 78,32;
Sof 1,17); essa svela una trasgressione o d fonda
mento al giudizio; (4) questultimo genere lettera
rio ricorda nella 2a pers. sing. o plur. nelle accuse
della predicazione profetica o deuteronomica for
mulate con un discorso diretto (p.e. Es 32,30;
Num 23,23; Deut 9,16.18; Ger 40,3; Os 10,9).
Per i sostantivi si possono individuare circa 15
modi di esprimersi (Knierim, l.c., 43-54), i quali,
con diverse ambientazioni, si riferiscono pratica
mente a tutti i tipi di trasgressione (giuridica, cul
tuale, sociale ecc.), cfr. esempi per ognuno di essi
in 2Sam 12,13; Ger 16,10; Os 8,13; Gen 41,9; Lev
16,16; Mi 3,8; Sai 59,4; 32,5; Lam 4,22; Sai 51,4;
Ger 36,3; Sai 85,3; Is 44,22. Vanno menzionati in
particolare (1) ns* ht portare una trasgres
sione (17x), spesso tradotto con perdonare ;
lespressione si riferisce tuttavia al fatto fonda
mentale che di una trasgressione bisogna soppor
tare il peso mentre la questione se ci significhi
perdono o punizione del peccatore dipende dal
contesto, secondo il quale tale peso va sopportato
o dal peccatore od anche da uno che lo rappresenti
(cfr. Lev 19,17; 22,9; 20,20 accanto ad Es 34,7 e
Gen 50,17; Es 32,32; ISam 15,25); (2) il collega
mento della radice hC con min morire (llx ),
cfr. p.e. Deut 22,26 (peccato degno di morte) e
. Am 9,10; Deut 21,22; 24,16; 2Re 14,6; Ez 18,4.20.
c) Letimologia del termine ( mancare il bersa
glio ) e i vari contesti mostrano che il criterio se
condo cui un atto giudicato trasgressione
non costituito da comandamenti specfici, ma
dal fatto che sia leso un rapporto comunitario: un
uomo manca verso un uomo o verso Dio (cfr. le
dichiarazioni programmatiche ISam 2,25; Ger
16,10-12; Re 8,46). Dal momento per che un
rapporto comunitario implica corrispondenti
norme di condotta, si contravviene a tale rapporto
quando si trasgrediscono le norme. Per questo
motivo dove si parla di trasgressione si parla
anche di nonne, p.e. nella trasgressione delPanatema (ISam 14,33ss,), in caso di adulterio (2Sam
12,13) o di delitto sessuale (Lev 20,20), in caso di
furto (Gen 31,36), nella colpa contro il sangue in
nocente (2Re 21,17), contro gli unti di Jahwe
(ISam 24,12), nel culto degli idoli (Deut 12,29s/),
in trasgressioni di carattere sociale (Mi 3,8; 6,6-8
ecc.). Osea pone insieme senza distinzione man
canze di ordine giuridico, etico-sociale e cultuale
(Os 4,1.6-8).
Significativo Timpiego del vocabolo anche nella cosid
detta sfera giuridico-profana, p.e. nella confessione con
cui Ezechia riconosce il suo atto di rivolta (2Re 18,14),
o nel caso di inosservanza dei doveri professionali da
parte del fornaio e del coppiere del faraone (Gen 40,1),
cfr. anche Gen 42,22; 43,9. Tenendo conto anche della
nota impossibilit di stabilire una distinzione netta fra il
campo profano e quello sacro, questuso del termine di
mostra comunque come il parlare di peccato si esten
desse a tutti i campi della vita e non si limitasse per
nulla al solo settore religioso.

NBn bC MANCARE

472

Perch un dato comportamento sia giudicato una


trasgressione , fondamentalmente irrilevante
che esso sia cosciente o inconscio. In moltissimi
testi una simile distinzione non ha assolutamente
alcuna importanza. La qualifica cade non sul mo
tivo o sui sentimenti ma sul fatto in quanto tale.
Trasgressioni inconsapevoli sono citate in Gen
20,9; Num 22,34; Lev 4 e 5; Sai 38,4.19; 41,5 (cfr.
Knierim, l.c., 68), Luomo quindi responsabile
anche per la trasgressione inconscia. Questo modo
di giudicare, che si fonda su un piano oggettivo
senza alcuna considerazione psicologica, dimostra
la dipendenza che il peccatore ha nei confronti di
un giudizio che cade su di lui dallesterno. Tutta
via testi come Gen 4,7;Deut 15,9; 22,26, in cui
sottolineato laspetto soggettivo della condotta, e
testi come Gen 20,7.17; ISam 14,45; Num 22; Es
21,13s. ecc., in cui si parla del condono ottenuto
per trasgressioni involontarie, dimostrano una cre
scente tendenza a tener in maggior conto la re
sponsabilit soggettiva e soprattutto a portare la
trasgressione ad un livello pi alto di consapevo
lezza.
r
chiaro che il termine viene usato dove si ha una
concezione dinamistica dellesistenza ( campo
dazione che determina il destino ), e pi precisa
mente dove si suppone una stretta unione tra tra
sgressione e condanna, e una stretta relazione tra
comunit e individuo. Il peccatore deve morire
nel suo ht* una frase rimasta valida per secoli
(cfr. Num '27,3; Deut 19,15; 24,16; 2Re 14,16; Sai
51,7; Dan 9,16). Qui come altrove diviene mani
festa una reciproca connessione tra mentalit giu
ridica e mentalit legata alla sfera dellazione; tale
connessione vuole esprimere la legalit delPunione stretta tra trasgressione e condanna (mediante
la mentalit giuridica), come pure lunione stretta
di entrambe queste categone giuridiche (mediante
la mentalit legata alla sfera delibazione).
Anche una mentalit totalitaria o corporativa in
fluisce originariamente sul linguaggio del pec
cato (cfr. Gen 9,22; 20,9; 26,10; Gios 7,11; 2Sam
24,16; Os 7,1; 8,5; 10,5.7; 14,1). Ma sotto Pmflusso
di unesperienza pi differenziata, essa si modi
ficata e in determinati punti scomparsa. Alcuni
elementi di questo cambiamento si trovano: (1) in
Es 20,5s.; Ger 32,18: si accentua il prevalere della
grazia rispetto alla condanna, sempre in riferi
mento ad una comunit (cfr. Es 34,6s,; Num
14,18); (2) in Gen 18,17ss.: ci si chiede se il de
stino di una comunit venga deciso tenendo pre
sente la minoranza dei giusti o la maggioranza dei
peccatori; (3) Gios 7: si abolisce il vincolo che
tiene unito il popolo dando maggior peso al vin
colo familiare (cfr. 2Sam 24,17); (4) Num 16,22:
Dio degli spiriti di ogni carne, un uomo (solo)
pecca, e vuoi tu adirarti contro tutta la comu
nit? . Qui distinguendo fra peccatori e giusti si
scopre lindividuo. Cfr. anche il passaggio alla for
mula giuridica in Ez 18; Deut 24,16; Ger 31,20.
Nella misura in cui chiara, questa scoperta del
singolo si compiuta grazie alla distinzione fra
473

m n h f MANCARE

giusti e peccatori operata dallattento studio sacer


dotale della tor.
d) La radice fu1 il termine dominante della dif
fusissima terminologia vtrt. relativa al peccato
(cfr. Knierim, l.c., 13 n. 1 e 19). Mentre quasi tutti
i termini hanno originariamente un significato
specifico quanto al loro contenuto, ht\ra (
wn e pcsa (ps) sono concetti formali che
vengono adoperati di preferenza come termini ge
nerali per designare il peccato . Fra questi ra
male, cattiveria sta da solo, mentre gli altri tre
vengono adoperati come complementari, e questo
appare dal fatto che 14x essi compaiono luno ac
canto alfaltro nello stesso contesto immediato o
pi ampio: Es 34,7; Lev 16,21; Num 14,18; Ez
21,29; Sai 32,1,5; 59,4; Dan 9,24, cosi pure Is
59,12; Ger 33,8; Mi 7,18s.; Sai 51,3-7; Giob 7,20s.;
13,23 (cfr. Is 1,2.4; Ez 33,10.12). Per quanto que
sto trinomio acquisti carattere di formula ed
esprima sistematicamente la moltitudine di tutte
le possibili trasgressioni, i tre termini della for
mula non si possono considerare per nulla sino
nimi. Ciascuno di essi pone in luce negativa i
peccati a proprio modo. Ma sicuro comunque
che dove essi vengono adoperati insieme come
formula, sostituiscono intenzionalmente tutti gli
altri termini esprimenti lidea di peccato .
4/ a) Tranne poche eccezioni, il termine h( \in
tutti i suoi derivati, adoperato quando si fanno
affermazioni teologiche. Dopo rl esso nelPAT
il termine teologico pi frequentemente usato per
peccato (cfr. per questo tema in generale le
teologie vtrt. e Th.C.Vriezen, RGG V I,478-482
con bibliogr., inoltre Knierim, l.c., e S.Porubcan,
Sin in th Old Testament, 1963). In quanto tale
esso definisce teologicamente determinate azioni
e modi di comportarsi; con esso, cio, un atto o
una condotta ricevono una connotazione negativa
in quanto condannati da Jahwe. Questa connota
zione negativa trova espressione in una grande
molteplicit di forme e di campi, nei quali tuttavia
si presuppone sempre lazione condannatrice di
Jahwe e quindi un motivo specificamente teolo
gico. Il carattere teologico dellidea di trasgres
sione non si fonda pertanto sul modo, solo for
male e psicologicamente poco approfondito, di in
tendere il significato della parola, ma sul se e sul
come Jahwe interessato ad una trasgressione. In
questo senso la trasgressione ha lo stesso peso
di qualsiasi altro tipo di peccato . La valuta
zione statistica delle preferenze accordata dalle
singole fonti delPAT a questa o a quella termino
logia conferma questa constatazione (cfr. Knie
rim, l.c., 245ss.).
b) Questi sono i contesti principali in cui trova
espressione la connotazione negativa in quanto
giudizio di Jahwe: (1) il giudizio di Jahwe in un
detto di Jahwe o nellambito di una predicazione,
e la confessione dei peccati che ne consegue (cfr.
i modi di esprimersi sp. 3b). In questi casi ri
474

sulta chiaro nella maniera pi diretta come il rico


noscimento del peccato si fondi su una rivela
zione che lo manifesta (cfr. anche Lam 2,14;
4,22b; Mi 3,8; Is 58,1); (2) quando hi' implica
azioni contro Jahwe o gli ordinamenti di Jahwe o
contro uomini che godono della protezione di
Jahwe; (3) quando nella trasgressione di nonne
vengono toccati privilegi di Jahwe e un rapporto
comunitario da lui protetto; (4) quando, in confor
mit alla concezione oggettiva della colpa, Jahwe
si presenta agli uomini come il giudice del tutto li
bero dal controllo umano, e quando luomo mani
festando una responsabilit soggettiva si accorge
deirimpossibilit di sottrarsi al confronto con Dio;
(5) quando la mentalit giuridica e quella legata
alla sfera delibazione sono mezzi con cui Jahwe
punisce la trasgressione (cfr. Knierim, l.c.,
82ss.; cfr. p.e. Os 5,12.14; Am 3,6b); (6) quando
Jahwe nella storia, nella vita del singolo e della co
munit stabilisce sovranamente, modifica o in
frange nella sua misericordia quella connessione
unitaria fra peccato e condanna che caratte
ristica della trasgressione.
5/' Nei testi di Qumran si trovano sia il verbo
(4x) sia le forme nominali ht (lx) e hatj't (15x,
Kuhn, Konk. 70). Sorprendente luso quasi co
stante di questi termini in formule fisse che si ri
collegano alle espressioni vtrt.
Il comportamento dei LXX interessante per il
fatto che le circa 26 espressioni ebr. per peccato
vengono rese con soli 6 termini, e ci indica senza
dubbio che nellambiente di lingua greca si
avuta una forte tematizzazione e teorizzazione
della concezione vtrt. del peccato; cfr. G.Quell,
ThW I,268s. (= GLNT 1,719-723). Per questo
tutte le derivazioni della radice hC vengono tra
dotte costantemente dai LXX con fiapTavo),
jjLapTta ecc., solo in qualche caso con aSoca>,
aSixia, e solamente le coniugazioni derivate del
verbo sono rese in altra maniera. Per il NT ci si
gnifica che si potrebbe ritrovare /?( soprattutto in
fxapTtix ma che fxapTa non ha avuto per
nulla h i' come unico equivalente ebr., prescin
dendo totalmente in questa considerazione dalla
nuova concezione ontologica e amartologica del
NT (cfr. G.Quell-G.Bertram-G.Sthlin-W.Grundmann, art. (jLapTavo>,ThW 1,267-320 = GLNT
1,715-862). In un caso tuttavia pare che ritorni nel
NT una tipica concezione vtrt., quando si parla del
portare il peso del peccato (ns* wn/ht'): Gv
1,29; cfr. lPiet 5,7; Gal 6,2.
R.Knierim

HT!

hjh V IV E R E

1/
a) La radice hjj/hwj vivere molto svi
luppata nel semO., manca invece neHacc., il quale
ha lequivalente baiai u (P.Fronzaroli, AANLR
V ili/ 19, 1964, 248S.263; VII1/23,
1968,
475

280.291.300; pii). Molteplici attestazioni si tro


vano gi nelle iscrizioni paleosem. (can.: EA
245,6, cfr. CAD H 32b; ug.: WUS nr. 911.916; UT
nr. 856; GrndahJ 137; fen. pun., ebr. e aram.:
DISO 86s.; HAL 295s.).
In ug. e in fen. pun. si ha pure come seconda radicale
iv (cfr. anche i nomi amor, in Huffmon 71s.l91s.);
per il modo di scrivere nel pun. e per limp. ave passato
nel lat. e usato come formula di saluto cfr. Friedrich
17.78.120.
Non possibile stabilire unetimologia soddisfacente. N
respirare (Gesenius, Thesaurus I,467s.) n restrin
gersi (H.J.FIeischer, KJeinere Schrtften I, 1885, 86) ri
sultano persuasivi.
NelFAT da una seconda radice hwh vanno fatti derivare:
haww campo di tende , hqj schiatta (ISam 18,18;
secondo L.Delekat, VT 14, 1964, 27s.> anche Sai 42,9) e
hajj schiera (2Sam 23,11.13; Sai 68,11); cfr. MAL
284a.296b.297b.

b) Nelfebr. il verbo oltre che in qal compare nelle


coniugazioni pi. e hi. La 3 a masc. sing. del perf.
qal appare talvolta, soprattutto nel Pentateuco,
come un verbo di 2 a geminata (BL 423).
Tra le forme nominali derivate dal verbo si trova
prima di tutto il sost. e lagg. haj vita o vi
vente , come pure il suo fem. hajj, il quale al
cune volte ha il significato astratto di vita , ma
pi spesso esprime il collettivo esseri viventi .
Il plurale tantum hajjfm nel significato di
vita viene inteso per lo pi come un plurale
astratto ( plur. di durata ).
Secondo Brockeimann si tratterebbe di un significato
concreto che si trasforma in astratto, partendo dallagg.
haj\ behajjm fra i viventi > in vita (BrSynl. 16;
bhjm in uniscrizione fen. della fine del 6' sec. [KAI
nr. 13, r. 71 pu significare tanto fra i viventi quanto
in vita ). hajjim stato inteso anche come una forma
zione analogica artificiale, ossia come una ricostruzione
secondaria di uno st. assol. partendo dallo st. cs. sing. he
erroneamente ritenuto plur. (J.Barth, ZDMG 42, 1888,
344; Nyberg 202).

Come sostantivo verbale si trova con ma- prefor


mativo mif)j sussistenza , il divenir vi
vente , e Tapaxlegomenon, formato con la finale
-ut. dellastratto, hqjjt vita, per tutta la vita
(2Sam 20,3; cfr. BL 505). Apaxlegomenon anche
hqjt, agg. plur. fem. piene di vita (Es 1,19; cfr.
BL 465; diversamente G.R.Driver, ZAW 67,
1955, 246-248).
La radice compare raramente come elemento di
un nome di persona: solo nei due nomi teofori for
mati da una frase: J ehi'l e J ehijj Dio/Jahwe
vive (ussivo con valore di indicativo).
NelFaram. bibl. si hanno qal e ha., e le formazioni
nominati haj vivente, hajjln v ita e hwd
animale .

2/ Le ricorrenze dei vocaboli (secondo lelenco


di Lis., che si discosta da quello di Mand., ma
considerando agg. Sa! 18,47 e 2Sam 22,47) si pos
sono disporre secondo la tabella della col. s. (IT =
hajj nel sign. di vita ).
ITTI hjh VIVERE

476

Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
Re
2Re

ls
Ger
Ez
Os
Am
Giona
Ab
Sor
Zac
Mal
Sai
Giob
Prov

Rut
Cant
Eccle
Lam
Est
Dan
Neem
lCron
2Cron
AT

qal

pi.

hi.

haj

49
3
3
5
15
3

4
4

26
3
23
6
8
2
1
22
15
22
18
8
16
24
2
2

1
l

13
5
1
2
1
8
1

1
3
1
1
3
1
2

4
1

2
1
4

6
1 5
16
1
3
7
9
1
4
1
43

2
1
3

1
1
3

1] 20

2
5

3
1
1


4
2
205

2
1

hajf

11

fjaj/im

LOl

20
2
9
1
1

20
4
1

125
16
36
15
39
12
5
30
26
34
43
30
33
107
9
5
3
2
3
4
1
81
30
38
2
1
25
4
1
3
6
1
7

1
1

3
31
4

8
5

3
6

12
2
1
2
4
4
2
4
4
2

1
26
7
33

13
2

56 23 236

1
97

12

148

777

Si ha inoltre mihj 8x (per i testi vd. st. 3f), hja; e hajjut


lx; non si tiene conto del nome di luogo BFr-lahqj-r'
(in Lis. Gen 16,14 inserito erroneamente sotto haj).
NelParam. bibl. si incontrano qal 5x, ha. lx, haj 5x, hqjjin
2x, hw 20x.
Le circa 800 ricorrenze della radice s trovano soprattutto
in Gen (126x), Ez (107x) e Sai (81x). sorprendente
lassenza di hajjm in Cron/Esd/Neem e il suo scarso
uso da parte dei profeti (14x).

3/ Tutte le varie forme della radice si raccol


gono pi o meno strettamente attorno allidea di
vita . opportuno partire dal verbo e poi, sulla
base di esso, prendere in considerazione le diverse
formazioni nominali astratte e collettive.
a) Il significato fondamentale del qal, ed anche il
pi frequentemente attestato, essere/ri manere
in vita ; in tale concetto sempre incluso in qual
che maniera il contrario di morire/essere
morto (mt), anche quando ci non viene
espresso chiaramente. Spesso si ha una contrappo
sizione accentuata, p.e. nellespressione vivere e
non morire (Gen 42,2; 43,8; 47,19; Deut 33,6;
2Re 18,32; Ez 18,21.28; 33,15; Sai 89,49; 118,17)
oppure morire e non vivere (2Re 20,1 = ls
38,1).
Si ha un senso attenuato quando hjh viene deter
minato pi concretamente con laggiunta del
luogo o del tempo ( stabilirsi permanentemente
in un luogo: Gen 47,28; Lev 25,35s.; Lam 4,20;
477

HTI hjh VIVERE

tempo: soprattutto negli- alberi genealogici della


tradizione sacerdotale in Gen 5 e 11, e anche in
Gen 47,28; 2Re 14,17 = 2Cron 25,25; Ger 35,7;
Giob 42,16; Eccle 6,3.6; 11,8).
Il verbo assume un significato leggermente modi
ficato in quei testi dove designa non tanto una
condizione duratura quanto piuttosto un fatto mo
mentaneo: tornare alla vita (Re 17,22; 2Re
13,21; Is 26,14.19; Ez 37,3.5s.9s.l4; Giob 14,14).
Strettamente affini ad essi, e per gli antichi israe
liti quasi per nulla diversi, sono quei testi in cui
hjh esprime 1*acquistar salute, la guarigione da una
malattia (Gen 45,27; Num 21,8s.; Gios 5,8; Giud
15,19; 2Re 1,2; 8,8-10.14; 20,7; Is 38,9.21). Se si
pu definire il riacquistare la salute come un dive
nire vivente o un venire alla vita, allora dobbiamo
concludere che Tessere malato considerato come
una diminuzione di vita, e che la vita genuina
solo quella delfuomo sano. Risulta abbastanza
chiaro che vivere nellT non significa sol
tanto lessere fisicamente vivo, ma la vita sana,
piena.
Il significato si modifica in unaltra direzione
quando si sottolinea il sostentamento della vita
corporale (Gen 27,40; Deut 8,3; 2Re 4,7).
Come soggetti compaiono, oltre alle persone, lbh
cuore (Sai 22,27; 69,33), ncefas anima (Gen
12,13; 19,20; Re 20,32; Is 55,3; Ger 38,17.20; Ez 13,19
plur.; 47,9; Sai 119,175), mah spirito (Gen 45,27),
iasmt ossa (Ez 37,3-5).
Le piante e, cosa strana, gli animali non sono mai sog
getto del verbo hjh.
Nellacclamazione j ehi hammcelcek (ISam 10,24; 2Sam
16,16; Re 1,25.31.34.39; 2Re 11,12 = 2Cron 23,11; cfr.
Neem 2,3) il verbo probabilmente in forma iussiva con
valore di indicativo: il re vive, egli nel pieno possesso
del polere regale (P.A.H, de Boer, VT 5, 1955, 225-231;
cfr. per Dan 2,4; 3,9; 5,10; 6,7.22 con Pimp.).

b) Il pi. e Phi., entrambi col sign. conservare in


vita, lasciar vivere ancora , si distinguono fra loro
per il fatto che il pi. sottolinea maggiormente il
contrasto con morire/essere morto , mentre
rhi. esprime lidea attenuata di durata (Jenni,
HP 37.58.61-64).
In alcuni testi troviamo un uso ampliato, tecnico
e di grande effetto del pi.: 2Sam 12,3; Is 7,21 al
levare (piccoli di bestie), Os 14,8 coltivare (il
grano), lCron 11,8 riedificare (una citt);
questultimo significato anche nel fen, (KAI nr. 4,
r. 2).
c) haj significa tanto vivo quanto vivente
( vivus e vivens ), ed ha funzione di agget
tivo e di sostantivo. Si riferisce agli uomini, agli
animali ed anche a Dio, ma non alle piante, che
nellAT non vengono mai considerate come esseri
viventi (E.Schmitt, Leben in den Weisheitsbuchern Job, Spriche und Jesus Sirach, 1954, 116).
Il termine haj pu inoltre venir accostato a ncefces
anim a (Gen 1,20.21.24.30; 2,7.19; 9,10.
12.15.16; Lev 11,10.46; Ez 47,9) e a basar
carne (Lev 13,10.14-16 della carne ulcerosa di
una ferita: ISam 2,15 della carne cruda di maiale).
478

Un uso pi ampio si ha nellespressione acqua


viva (cio corrente) (Gen 26,19; Lev 14,5.6.50
52; 15,13; Num 19,17; Ger 2,13; 17,13; Zac 14,8;
Cant 4,15).
Per lespressione k'i hajj in questo tempo fra un
anno (Gen 18,10.14; 2Re 4,16.17) cfr. Pacc. aria baiai
lanno prossimo (AHw 99a; R.Yaron, VT 12, 1962,
500s.; OJLoretz, Bibl. 43,1962, 75-78: hajj non vita ,
ma nellanno venturo ).
La formula di comparazione hj hjm vivente dei vi
venti si trova come titolo regale in uniscrizione sepol
crale neopun. (KAI nr. 161, r, 1).

Come sostantivo haj ricorre soltanto nella formula


di giuramento: h X per la vita di X (M.Greenberg, JBL 76,1957, 34-39). Il nome retto della ca
tena costrutta quasi sempre Dio/Jahwe; il nome
reggente allora haj. Nei rari casi in cui si fa un
giuramento per un uomo, la formula normal
mente h-nafsek e compare per lo pi unita al
giuramento per Dio che si presta nello stesso mo
mento: per la vita di Dio e per la vita della tua
anima ; senza ncfces si incontrano solo he-adni
(2Sam 15,21) e h-Far' (Gen 42,15s.). Ili haj-'ani
per la mia vita haj agg. (si cedano i testi in
HAL 295).
d) Lagg. fem. hajj ci che vive tanto al sing.
quanto al plur. sta a designare semplicemente gli
esseri viventi , cio soprattutto le bestie (cfr.
gr.^jov ). Per lo pi il vocabolo denota gli ani
mali selvaggi che vivono in libert, in contrappo
sizione agli animali domestici (behm\ Gen 8,1;
Ez 14,15; 33,27; Sof 2,15; Sai 148,10; Giob 37,8).
Talvolta si fa unulteriore delimitazione: gii ani
mali della terra in contrapposizione agli uccelli e ai
pesci (Gen 1,28; 8,19; Lev 11,2). Eccezionalmente
per hajj pu designare anche gli animali dome
stici (Num 35,3) o le bestie da soma (Is 46,1).
hajj ha anche il sign. astratto di vita , soprat
tutto in Sai e Giob (5x nei discorsi di Eliu), dove
sinonimo di ndefoes.
e) Come vocabolo generale per vita si usa il
plur. hajjim. 11suo campo semantico, come accade
per il verbo, viene determinato fondamental
mente dal contrasto con morire/morte . Questa
contrapposizione si esprime chiaramente soprat
tutto nel Deut, e anche p.e. in 2Sam 1,23; 15,21;
Ger 8,3; Giona 4,3.8; Prov 18,21.
Indebolendo il suo significato, hajjim viene a si
gnificare durata della vita quando con
esso si vuole determinare un tempo, soprat
tutto nelle espressioni j errt hajjim giorni di
vita (Gen 3,14.17 ecc., circa 30x), (jcm) sen
hajjim anni di vita (Gen 23,1; 25,7.17 ecc.,
circa 15x). Anche ai di fuori di queste espressio
ni hajjim pu avere quasi il valore di un termine
temporale, p.e. Gen 7,11; Lev 18,18; Giud 16,30;
Eccle 3,12; 6,12.
Quando non indica la durata, hajjim pu assu
mere un valore pi generale e significare quasi
esclusivamente esistenza, p,e. Gen 27,46; Es
1,14; Eccle 2,17; 9,9; 10,19.
479

Ci sono passi in cui hajjim e nczfces sono quasi


termini interscambabili. Ogni vivente pu es
sere espresso tanto con kol-haj quanto con /co/
hanncefcs, p.e. Gios 10,28.30.32.35.37; cfr. inoltre
Sai 21,5; 64,2 (hajjim) con Giob 31,39; Est 7,7
(-rtcefcs). Il pi delle volte comunque la differenza
chiara; essa sembra consistere soprattutto nel pi
alto grado di oggettivizzazione che caratterizza
Pidea di hajjim : al contrario d ncefces, hajjim non
viene considerato come un inerente principio
vitale legato al corpo, ma come un possesso
o pi esattamente come un dono di salvezza
(vd. st. 4b).
f) Il sostantivo verbale mihj viene usato io un
campo abbastanza specifico e rispecchia in diverse
maniere lazione del verbo o levento da esso
espresso, sia al qal: divenir vivo (Lev 13,10.24
come termine di medicina sacra per esprimere
lescrescenza della carne di una piaga; 2Cron
14,12; Esd 9,8s. detto del rivivere, del riprender
fiato di coloro che sono stati resi schiavi), sia nella
forma causativa: conservazione della vita (Gen
45,5; cfr. Eccli 38,14). mifjj pu anche designare
qualcosa di concreto: viveri (Giud 6,4; 17,10).
Prov 27,27 ha con lo stesso significato hajjim .
4/ a) Le attestazioni vtrt. dellespressione
Dio vivente sono legate prima di tutto e in ma
niera preponderante alla formula di giuramento
per la vita di Jahwe/Dio (cfr, M.R.Lehmann,
ZAW 81, 1969, 83-86, con paralleli dallOriente
antico). La forma pi frequente haj Jhwh (41x,
di cui 30x in Giud-2Re; inoltre haj *adnj Jhwh
Ger 44,26; haj ha'*lhlm 2Sam 2,27; haj-l Giob
27,2). La formula compare anche nei cocci di Lachis (KAI nr. 193, r. 9 hjhwh\ nr. 196, r. 12 hj
Jhwh). 11 giuramento come auto-testimonianza
divina haj-fin (haj 'nditi Deut 32,40) com
vero che io vivo si ha 23x (Num 14,21.28;
Deut 32,40; Is 49,18; Ger 22,24; 46,18; Sof 2,9
e 16x in Ez).
Al di fuori della formula di giuramento, ci sono
soltanto 14 testi in cui Dio viene designato come
haj: Idhim hajjim Deut 5,26; ISam 17,26.36; Ger
0,10; 23,36; i haj Gios 3,10; Os 2,1; Sai 42,3;
lhm haj 2Re 19,4,16 = ls 37,4.17; haj Jhwh
Jahwe vive 2Sam 22,47 = Sai 18,47. singo
lare il fatto che parecchi di questi passi siano
molto vicini tra loro per contenuto, soprattutto
quelli di ISam e 2Re, che si trovano in testi in cui
ci si scaglia contro un nemico straniero che ha in
giuriato il Dio dTsraele. Anche Ger 10,10 ricorda
questi passi, in quanto si manifesta anche qui una
polemica contro gli dei stranieri. Lopposizione
verso gli dei stranieri domina Gios 3,10: il Dio vi
vente dTsraele disperder i cananei, gli ittiti ecc.
evidente che in questi luoghi si tratta di un lin
guaggio divenuto ormai convenzionale. Il Do
vivente viene nominato specialmente nelle di
chiarazioni polemiche contro i popoli e gli
dei stranieri.
ITI! hjh VIVERE

480

L.Delekat, VT 14, 1964, 27s., ha supposto che haj


nel lespressione t haj significasse originariamente
stirpe (cfr. ISam 18,18), e che l haj fin dalfinizio
stesse in opposizione agli dei stranieri.

Limpressione che del Dio vivente si parli solo


in maniera molto discreta, si rafforza non appena
si prendono in considerazione i passi con hajjfm,
Mai nellAT vita/vitalit appaiono come un attri
buto divino, spesso invece sono una conseguenza
dellattivit salvfica di Dio. Quando Dio sog
getto, allora vita oggetto dei seguenti verbi:
ntn dare (Deut 30,15.19; Mal 2,5; Giob 3,20),
g7 redimere (Sai 103,4; Lam 3,58), nsr custo
dire (Sai 64,2), swh pi. disporre, mandare (Sai
133,3), sh fare (Giob 10,12). Dio fonte
della vita (Sai 36,10); il timore di Dio conduce
alla vita (Prov 19,23). Lo si pu pregare per otte
nere la vita (Sai 21,5) e perch egli non rapisca la
vita delPorante (Sai 26,9), quindi del tutto lo
gico che quando si parla d Dio vengano usate le
forme fattitivo-causative. Sui 56 passi con il pi., 26
hanno come soggetto Dio (nei salmi 19 casi).
Nelle 23 ricorrenze dellhi. Dio soggetto in 9
passi (mai nei salmi).
Da queste considerazioni lessicali si pu conclu
dere che PAT non ha dato molta importanza al
fatto di presentare Jahwe come il Vivente. Vita e
vitalit quasi mai vengono considerati come attri
buti propri di Jahwe. Laccento viene posto tutto
sul fatto che Jahwe dona la vita e ha potere sulla
vita, non sul fatto che egli stesso ne partecipe.
Il linguaggio vtrt. si differenzia cos da quello de
gli altri popoli delfOriente antico, i quali parlano
senza riserve della vita e della vitalit dei loro dei
(Chr.Barth, Die Errettung vom Tode in den individuellen Klage- und DankJiedern des AT, 1947,
36-41; cfr. anche L.Durr, Die Wertung des Lebens
im AT und im antiken Orient, 1926). Il linguaggio
diverso esprime anche una diversa concezione di
Dio: da una parte la deificazione della forza vitale,
che in effetti significa un'identit fra Dio e la vita,
dallaltra una netta distanza fra il creatore e le
forze vitali delle creature.
b) hajjfm vita , a differenza di ncfces, non
una caratteristica essenziale e naturale deir uomo,
ma un dono di Dio.
Ci particolarmente chiaro nel Salmo di Ezechia Is
38,9-20, dove la vita che viene nuovamente concessa al
guarito intesa come vita davanti a Dio, vita nella lode:
v. 19 la vita, la vita, essa ti loda, come io oggi . Questa
frase, che si contrappone al v. 18 ... la morte non li glo
rifica..., mostra che con hajjfm si intende una vita
sana, donata da Dio (cfr. C.Westermann, Das Loben
Gottes in den Psalmen, '1968, 120-122, con citazione di
Chr. Barth, l.c., 151: Si noti per che la lode di Jahwe
ha allo stesso tempo la funzione di esprimere una carat
teristica della vitalit ).

La vita dono di Dio, poich luomo stato creato


per la vita, cio come ncfces hqjj (Gen 2,7), Les
sere vivo delluomo si identifica col suo essere
creato; nel suo essere vivo egli si riconosce come
481

HT! hjh VIVERE

creatura di Dio. Dal momento per che la vita si


trova continuamente esposta al pericolo, essa pu
essere nuovamente promessa contro un simile ri
schio e una simile minaccia, contro ogni afftevolimento: quanto accade soprattutto nel discorso
conclusivo di Deut 30,15-20. Qui si ha uno stretto
legame fra la promessa della vita e lannuncio dei
comandamenti. Attraverso i comandamenti viene
assicurata ad Israele la vita. Ci accade soprattutto
nel culto (Lev 18,5; Deut 30,15.19). G. von Rad
( Gerechtigkeit und Leben in der Kultsprache der Psalmen, FS Bertholet 1950, 418-437 =
GesStud 225-247) vede in questo connubio tra la
proclamazione dei comandamenti e la promessa
della vita un elemento costitutivo della fede in
Jahwe (p. 427 = 235). In modo particolare, lobbe
dienza ai comandamenti di Dio viene collegata
con la vita, nel Deut ma anche altrove (Deut 4,1;
5,33; 8,1; 11,8s.; 16,20; 22,7; 25,15; cfr. Es 20,12;
Giob 36,11; per Ez 20 e 33 cfr. W.Zimmerli, ThZ
13, 1957, 494-508 = GO 178-191).
Anche nella letteratura sapienziale la vita viene
offerta come un dono di salvezza, se si ascoltano
gli ammonimenti del maestro di sapienza o se si
segue la chiamata della sapienza che si presenta
come persona (Prov 3,ls.; 4,10.13.22s.; 7,2; 8,35;
9,6; cfr. Ch.Kayatz, Studien zu Proverbien 1-9,
1966, 102-107, per i paralleli eg.). Lofferta della
vita non ha pi alcuna connessione con il culto e
non viene proposta ad Israele nel suo insieme ma
ai singoli (von Rad I,454ss.).
c) La questione se lAT conosca una vita dopo la
morte risolta in maniere molto diverse. La rispo
sta dipende soprattutto dal modo con cui si inten
dono alcuni salmi, che parlano di una preserva
zione dalla morte e di una salvezza dallo seoi, so
prattutto Sai 27; 49; 73. Secondo Barth, Le., 165s.,
salvare dalla morte equivale a salvare dalla
morte ostile, minacciosa e giudicatrice e non si
riferisce ad una continuazione della vita dopo la
morte. Al contrario von Rad I,419s., trova, soprat
tutto in Sai 49 e 73, una forte preoccupazione
teoretica, che non legata ad a un singolo stato di
necessit , ma si riferisce sostanzialmente ad una
vita al di l della morte. Tuttava in queste affer
mazioni dei salmi si tratta non di una speranza
nelfaldil, come generalmente si crede, ma
delPuomo pio che si rinsalda nella fede che la co
munione di vita con Jahwe devessere indistrutti
bile, capace di superare anche i confini della
morte.
L'attesa di una risurrezione generale dei morti si
trova solo nellapocalittica. LApocalisse di Isaia
parla di una risurrezione dei giusti (Is 26,19),
mentre Dan 12,1-3 attende una risurrezione di
tutti, per alcuni alPeterno abominio , per gii al
tri alla vita eterna .
5/ Nei testi di Qumran compaiono tanto le
forme verbali che quelle nominali. Il sost. hajjfm
si trova spesso come reggente di catene costrutte
482

metaforiche in parte molto ardite, come esame,


luce, fonte, alberi, stilo della vita ,
Per i LXX e per lulteriore sviluppo nel NT delle
linee sopra indicate cfr. G. von Rad-G.BertramR.BuItmann, art. w, ThW 11,833-877 (= GLNT
111,1365-1480); H.J.Kraus, Der lebendige Gott,
EvTh 27, 1967, 169-200.
G.Gereman

^ 0 h a jil FORZA - Ij3 k hD3n frkm ESSERE SAGGrO


1/ La radice hkm attestata nella maggior parte
delle ramificazioni linguistiche sem. (oltre a GB
229b vd. spec. HAL 301a; ug.: WUS nr. 924; UT
nr. 859; H.-P.Muller. UF 1, 1969, 89 n. 81; fen.:
KAI nr. 26A 1,13; aram.: DISO 87s.; KBL 1075b),
tuttavia loriginalit dellacc. jakamu compren
dere, capire stata discussa a lungo (HAL 301a
con bibliogr.; CAD IT 32s.; AHw 309a; cfr. inoltre
A.Finet, AIPHOS 14, 1954/57,132, e CAD A/n,
345a).
,
Accanto al verbo hkm essere/divenire saggio
(qal, pi., pu., hi., hitp.) s trovano in ebr. il nome
hkm esperto, saggio; il sapiente e gli astratti
hokm sapienza (solo sing., ma vd. st.) e
hokmt sapienza , che stato inteso (cfr. HAL
302a) o come plurale astratto di hokm (GVG
11,59; Joiion 211.236.417; G.Fohrer,ThW VII,476
n. 85) o come una formazione singolare tardiva (GK
86 1; BL 506; W.F.Albright, SVT 3, 1955, 8).
Laram. bibl. ha hakkm sapienti (solo plur.) come
designazione di persona, e lastratto hokm sapienza .

2/ Il prospetto che segue rende evidente che il


termine ha la massima frequenza negli scritti sa
pienziali.
verbo
Gen
Es
Deut
Giud
2Sam
Re
Is
Ger
Ez
Os
Abd
Zac
Sai
Giob
Prov
Eccle
Est
Dan
lCron
2Cron
AT

483

1
1

1
4
2
13
A

hkm hokm hokmt

9
8

5
2

1
_
4
2

3
17

9
5
11

3
5

2
|
47
21
2

6
18
39
28

3
t
9
149

6
138

27

_
.
_

totale
3
18
8
1
6
21
14
17
8
2
1
1
13
28
102
53
2
3
2
15
318

li verbo ricorre 19x al qal (Prov 12x), 3x al pi., 2x


al pu., 2x airhitp. e lx alihi.
Le ricorrenze di Es appartengono tutte a P, quelle di Ez
si concentrano in Ez 27s., quelle di Dan in Dan 1.

Laram. hakkm si trova 14x (in Dan), hokm 8x


(Esd 7,25 e 7x in Dan). In tutto FAT la radice ri
corre quindi 340x.
3/ 11 significato principale di hkm , sempre se
condo letimologia tradizionale, essere saggio/il
sapiente/sapienza. In tal modo si esprime con
esattezza la natura comune e specifica del campo
semantico del vocabolo (cfr. H.-J.Hermisson, Stu
dien zur isr. Spruchweisheit, 1968, lis. 187-192, al
contrario G.Fohrer, ThW VII,476; vd. inoltre
H.H.Schmid, Geschichte und Wesen der Weisheit, 1966, 196-201, e soprattutto G. von Rad,
Weisheit in Israel, 1970, 18ss.); lanalisi semasio
logica deve pertanto studiare - seguendo sempre
le singole derivazioni della radice - le differenze
nelluso e lampiezza di significato di ciascun ter
mine.

a) Il verbo nella sua coniugazione fondamentale


esprime anzitutto lo stato delF essere saggio ,
intendendo questo come qualcosa di oggettiva
mente definibile, la cui presenza efficace (anche se
solo supposta, cfr. Deut 32,29; Prov 9,12.12) rende
possibili altre attivit, e la cui assenza fa si che an
che altre realt vengano a mancare (cfr. Jenni, HP
27ss.): oltre ai passi gi citati, anche Zac 9,2 (iro
nico-concessivo); Prov 23,15; Eccle 2,15,19 (tutti
al perf.), inoltre Re 5,11 (con impf. cons., espri
mente continuit); cfr. Giob 32,9 (con impf. nella
cd. proposizione nominale composta). Quando in
vece nelle altre 9 ricorrenze di Prov (vd. HAL
301a, che inesattamente cita tutte le ricorrenze di
Prov a questo proposito) viene adoperato come
predicato un impf. (Prov 9,9; 13,20 Q; 19,20; 20,1;
21,11)0 un imp. (Prov 6,6; 8,33; 23,19; 27,11) (cfr.
anche Eccle 7,23 con il coortativo), allora il verbo
assume valore ingressivo: divenir saggio ; in tal
caso I essere saggio viene visto come un fatto
futuro e conseguente, spesso come il risultato di
un altro fatto; con altro fatto si intendono qui
tutte le diverse possibilit di divenire saggio: fra
queste si possono ricordare lesperienza (Prov 6,6;
13,20) o Fistruzione (cfr. 9,9; 21,11), ma soprat
tutto un ascoltare obbediente che conduce
allazione (8,33; 23,19; in particolare 19,20:
ascolta il consiglio ['es] e accetta la disciplina
[musar,
11 divenir saggio vuol dire educa
zione; gli imperativi vogliono esortare a conse
guirla.
Il realizzarsi dellessere-saggio viene espresso me
diante la coniugazione pi. in senso fattitivo: ren
dere saggio (Sai 105,22; 119,98; Giob 35,11; i ri
spettivi soggetti sono: Giuseppe, i comandamenti
di Dio, Dio). Il part, pu., ancora in questambito,
esprime il risultato (F essere stato reso saggio ),
in un senso in certo qual modo tecnico: essere (in
qualche maniera) esperto (Sai 58,6; Prov 30,24;
D3n hkm ESSERE SAGGIO

484

cfr. HAL 301a; Jenni, HP 162s.). Con Phitp si


esprime Pauto-realizzazione del Tessere saggio (Es
1,10; Eccle 7,16), mentre co! part. hi., che ricorre
una sola volta (Sai 19,8; cfr. Jenni, HP 73s,85), se
ne esprime la causa.

20,16ss.). La consulenza del re garantiva un go


verno saggio e giusto, il quale incombeva soprat
tutto al re stesso (cfr. Prov 20,26; Eccle 4,13), per
hkm
cui specialmente Salomone, in quanto
(IRe 2,9) e saggio figlio di Davide (IRe 5,21;
2Cron 2,11), diventato tipo del re saggio, la cui
Fra i verbi sinonimi o almeno paralleli sono da menzio
sapienza ottenuta in dono era grande oltre misura
nare: bin capire (Giob 32,9), mentre hin in Deut
(IRe 3,12; 5,1 lss.) (cfr. anche Prov 1,1; 10,1; Ec32,29 (par. a skl capire ) esprime piuttosto il risultato
cle 1,1.16; 2,3ss.; Alt, KS 11,90-99; Noth, GesStud
dell essere saggio (che del resto non si verifica); inol
99-112; R.B.Y.Scott, SVT 3 ,1955, 262-279, anche
tre Iqh d'at acquistar intelligenza (Prov 21,ll),ys/>
hi. Icecjah crescere in sapere (Prov 9,9; cfr. 1,5); per
N.W.Porteous, ibid. 247ss.). In ognuno di questi
lEccle caratteristico m/ affaticarsi (Eccle 2,19);
casi si tratta di singole persone o di gruppi di uo
come parallelo di hkm pi. si trova 'fp pi. insegnare
mini, che sono ritenuti esperti in qualche cosa in
(Giob 35,11). Per lhitp. di Eccle 7,16 sorprendente tro
maniera specifica e professionale; ci vale anche
vare come parallelo vetitivo non essere giusto oltre mi
per Giuseppe (Gen 41,33.39; cfr. G. von Rad, Josura . Come opposti si possono citare: ls beffare
sephsgeschichte und altere Chokma, SVT 1,1953,
(Prov l),l2; cfr. 20,1; 21,11) e r ni. andare male
120-127 = GesStud 272-280) e per il principe di
(Prov 13,20).

Tiro descritto con tratti mitici, il quale pi


b) Lessere-saggio viene espresso in forma nomi saggio di Daniele (Ez 28,3; cfr. Zimmerli, BK
nale con hkm (sing. masc. 78x, fem. 3x, plur. XUl,661ss,; anche Dan 1,4.17.20; vd. st. 3c).
masc. 54x, fem. 3x), il quale in molti casi viene Nello stesso tempo i testi - soprattutto quelli degli
adoperato come aggettivo (cfr. yfs hkm uomo scritti sapienziali - lasciano intravedere un altro
saggio, p.e, 2Sam 13,3; IRe 2,9; Prov 16,14; ben tipo diverso e indipendente di hkm/fiakmTm,
hkm figlio saggio Prov 10,1; 13,1; 15,20; che non direttamente esperto in una qualche
mcelcpk hkm re saggio Prov 20,26), 15x viene professione, ma che esercita il proprio ufficio
usato in funzione predicativa (Jenni, HP 26 con come sapiente , p.e. accanto ai sacerdoti e ai
citazione dei testi), mentre il pi delle volte si pre profeti (Ger 18,18, dove comunque non va sotto
senta come sostantivo (il sapiente). Prescin valutato un aspetto politico e cortigiano, cfr.
dendo da Prov 30,24, dove in funzione predicativa McKane, l.c., 42.128 n. 1). Il sapiente anzi
viene applicato alle bestie, e da Is 31,2, dove si ri tutto un uomo della parola, che distribuisce con
ferisce a Dio (cfr. Giob 9,4; e anche Ger 10,7 e sigli (Ger 18,18) e compone e raccoglie detti (Prov
2Sam 14,20), il nome attribuito agli uomini con 22,17; 24,23; Eccle 12,9-11; cfr. Prov 1,6; Eccle
9,17); le sue parole ottengono favore (Eccle 10,12),
diverse accezioni.
L\< essere perspicace ed esperto delPuomo si ma possono anche essere di rimprovero e di cor
realizza su una vasta area; in genere hkm rezione (Eccle 7,5; cfr. Prov 15,12,31); la sua lin
uno che si intende molto bene di qualche cosa gua (Prov 15,2) e le sue labbra arrecano scienza
(G.Fohrer, ThW VH,483ss;), Qualche volta si (Prov 15,7) e salute (Prov 12,18), e il suo parlare
procede da un cuore saggio (Prov 16,21.23; cfr.
tratta di una qualche capacit tecnica, come nel
Re 3,12). Oltre a possedere lautorit che gli de
caso dellattivit manuale delle donne (Es 35,25),
ma soprattutto degli uomini (Ger 1079; cfr. BH1 riva dal suo cuore saggio , cui si aggiunge an
per Is 3,3; in testi tardivi soprattutto in connes che lapporto della sua esperienza - poich egli
sione con ledificazione del tempio Es 28,3; 31,6; un ricercatore , che vuole trovare e capire
il senso delle cose (cfr. Eccle 8,1.5.17; 12,9; inol
c. 35-36; lCron 22,15; 2Cron 2,6.12s.; in Is 40,20
hrs hkm artefice esperto nel costruire sta tre Hertzberg, KAT XVII/4,215ss.; anche Giob
15,7ss.) - egli attinge alla tradizione ricevuta dai
tue di divinit). Senza oggetto concreto poi lat
padri (cfr. Giob 8,8-10; 15,18; inoltre Fohrer, l.c.,
tivit condotta con perizia p.e. nei lamenti delle
492s.); s lascia ammaestrare (Prov 9,9; 12,15;
donne (Ger 9,16s.), nei diversi tipi di incantesimi
e di magia (Is 3,3; cfr. Sai 58,6 part. pu.), che ven 21,11) e amministra egli stesso una dottrina (tor),
gono esercitati soprattutto da stranieri (special che una sorgente di vita (Prov 13,14). Sicch
il sapiente non soltanto un consigliere, ma
mente il plur., vd. p.e. Es 7,11; Is 44,25; Est 1,13,
come un maestro ed un educatore (vd. p.e. Prov
anche la maggior parte dei testi di Dan aram., cfr.
11,30; 15,31; 18,15; 22,17; Eccle 12,9; inoltre
KBL 1075b; oppure I ohrer, l.c., 483; dettagliato,
W.Zimmerli, ZAW 51, 1933, 181ss.; W.Richter,
anche su materiale ug.: H.-P.Mller, MagischRecht und Ethos, 1966, 147ss.; Hermisson, l.c.,
mantische Weisheit und die Gestalt Daniels, UF
1, 1969, 79-94), e cos pure nellambiente di corte 113ss.).
Abbiamo fin qui illustrato un uso ristretto del ter
quando si consiglia il re su questioni politiche
mine, per cui esso nel significato suo pi proprio
(- A ; cfr. P A H. de Boer, SVT 3, 1955, 42-71;
(e in qualche modo collegato ad un ufficio parti
W.McKane, Prophets and Wise Men, 1965, I5ss.;
in riferimento ai popoli vicini vd. p.e. Gen 41,8;-Is colare) designa il sapiente ; vi per un altro
uso pi ampio del termine, per il quale - come gi
19,1ls.; Ger 50,35; 51,57; Ez 27,8s.; Est 6,13; Dan
apparso sopra - possono essere qualificate come
2,27), nel qual caso pu essere utilizzata anche
sapienti cerehie pi vaste di persone; i confini
Pinlelligente astuzia di una donna (2Sam 14,2;
485

DDn hkm ESSERE SAGGIO

486

comunque non sono ben definiti. Saggio in


generale colui che presta ascolto al consiglio (Prov
12,15) e ama la disciplina (Prov 13,1> cfr. i
comm.; 19,20; 29,15). Egli rallegra suo padre
(10,1; 15,20; 23,24). un uomo forte (cfr. Prov
21,22; Eccle 7,19) e mansueto, che mette a tacere
Tira (Prov 29,8.11); umile e ai suoi propri occhi
non appare saggio (Prov 3,7; 26,12; Is 5,21; Ger
9,22). Volentieri accettale esortazioni (Prov 10,8),
cauto e sfugge il male (14,16).
Negli ultimi testi citati percepibile un aspetto etico-re
ligioso (vd. st. 4); lo stesso avviene quando in Prov com
pare saddq giusto come sinonimo di hakm (Prov
9,9; 11,30; 23,24; cfr. Eccle 9,1). Il sinonimo pi fre
quente tuttavia nbn intelligente (b!rrf Gen
41,33.39; Deut 4,6; IRe 3,12; Is 3,3; 5,21; 29,14; Os
14,10; Prov 1,5; 18,15; 16,21 che ha il carattere di una
definizione: chi saggio di mente, detto assennato ;
cfr. 28,1 lb). Altri sinonimi sono: 75 d'at uomo sa
piente (Prov 24,5), anse lbb uomini sapienti
(Giob 34,34)J d eiim gli esperti (Giob 34,2; cfr. Ec
cle 8,1), nijlm scaltri (Giob 5,13). Limmagine del
sapiente viene completata infine con una particolare
antitesi degli opposti: il suo contrario anzitutto lo
stolto (cos specialmente k'sil, 21x, soprattutto in
Prov ed Eccle; inoltre
7x; nb! Deul 32,6;
skt Eccle 2,19), ma anche il beffardo (fs, Prov 9,8;
13,1; 15,12;21,11; 'ansldsn Prov 29,8)e il pigro (sl Prov 26,16).
La contrapposi/Jone espressa dagli opposti non si riferi
sce solo ai sapienti in senso stretto, ma anche ai sa
pienti in senso largo. Luso ampliato fa s che anche il
popolo sia definito stolto (Deut 32,6) e che Efraim sia
rimproverato da Osea in quanto figlio privo di senno
(Os 13,13).

La questione delfambiente proprio dei sapienti


in senso stretto non stata ancora sufficiente
mente chiarita; probabilmente bisogna pensare in
parte alla corte e in parte alla scuola sotto qualsiasi
forma (cfr. L.Durr, Das Erziehungswesen im AT
und im antiken Orient, 1932, 104ss.; McKane,
l.c., 36ss.; Hermisson, Le., 97ss.; G. von Rad,
Weisheit in Israel, 1970, 28ss.; invece E.Gerstenberger, Wesen und Herkunft des apodiktischen
Rechts , 1965, 128-130, e H.W. Wolff, Amos
geistige Heimat, 1964, 60s., accentuano il signifi
cato dell1educazione e della sapienza tribali). Per
la critica insorgente contro il loro pensiero ed il
loro insegnamento vd. st. 4.
c) Luso degli astratti hokm e hokmt corri
sponde inoltre a quello del termine hkm fhakm lm , riferito a persone. Cos hokm pu signifi
care esperienza tecnica e in linea generale capacit
professionale di diverso tipo (nella costruzione del
tempio: Es 28-36, vd. sp,; IRe 7,14; cfr. lCron
28,21; nella guerra: Is 10,13; larte del navigare:
Sai 107,27), ma soprattutto labilit nel saper dare
consigli politici nelfambiente di corte (presso altri
popoli: Is 47,10; Ger 49,7; Dan 1,4.20; in Israele:
cfr. 2Sam 20,22; Is 29,14; anche Ger 8,9) e linge
gno particolare del sovrano. Nei libri storici si
parla talvolta della sapienza di Giosu e di Davide
(Deut 34,9; 2Sam 14,20), ma la maggior parte
487

dei testi si riferisce a Salomone (IRe 2,6; 3,28;


5,9s. 14.26; 10,4ss.; 11,41; 2Cron 1,10-12;
9,3ss.22s.). Della profonda sapienza del re di Tiro
tratta Ez 28,4s.7.12.17.
Nelle numerose ricorrenze del termine in Prov ed
Eccle, come pure in Giob (vd. sp. 2), hokm/hokmt designa per in maniera particolare la sa
pienza dei sapienti in senso stretto; in tal
caso - come nellambiente di corte - potrebbe trat
tarsi anzitutto di una sapienza che frutto di una
specifica formazione (cfr. Fohrer. l.c., 485; anche
von Rad, l.c., 202 n.12). Anche qui per si ha un
senso pi ampio; infatti la sapienza mira f. fa.
alleducazione. Cos da una parte la sapienza,
che per lo stolto troppo alta (Prov 24,7) e dal
beffardo ricercata invano (14,6), viene lodata in
diverse maniere: essa vale pi delle perle e delle
cose preziose (Prov 8,11; Giob 28,18), il suo acqui
sto pi vantaggioso delloro (Prov 16,16); mi
gliore della forza e delle armi da guerra (Eccle
9,15s.l8), buona come un patrimonio (Eccle
7,11); con essa viene costruita una casa (Prov
24,3); essa illumina il volto delluomo (Eccle 8,1);
per mezzo suo l'intelligente riconosce la sua strada
(Prov 14,8), ha avvenire e speranza (24,14) e viene
conservato in vita (Eccle 7,12; vd. st. 4). Se essa
una cosa cosi preziosa e un divertimento per
1\
<uomo intelligente (Prov 10,23), si capisce
perch dallaltra parte si moltiplichino le esorta
zioni a procurarsela, a comprarla (Prov 4,5.7;
23,23), a prestarle attenzione (5,1), a tenderle
lorecchio (2,2; 5,1), ad averla cara e ad abbrac
ciarla (4,7s.; cfr. i comm.), a chiamarla sorella
(7,4); essa va riconosciuta (Eccle 1,17; 8,16; cfr.
Prov 24,14) e ricercata (Eccle 7,25). Essa si conse
gue con la correzione e la verga (Prov 29,15),
cio con leducazione, e la si trover presso quelli
che si lasciano consigliare (Prov 13,10). Essa
P arte del governare la nave (G:
per tahbult, Prov 1,5) per uno stile pratico di vita;
vale la pena adoperarla a dovere (Eccle 10,10b,
cfr. Zimmerli, ATD 16/1,235). La sapienza
riposa nel cuore delFassennato (Prov 14,33;
inoltre 2,10; Sai 51,8; 90,12), nel centro delfuomo,
e questo non significa altro che un totale assorbi
mento delluomo da parte della sapienza , in
modo che egli si riveli nella sua vita e nel suo pen
siero come un hkm\ tutto ci per non resta
neutrale dal punto di vista religioso, ma include
aspetti etico-religiosi (vd, st. 4).
Anche se lorientamento pratico del termine
molto chiaro, soprattutto nella sapienza pi antica
dei proverbi (cfr. von Rad 1,430-454), tuttavia
nellaccezione astratta del termine si pu rilevare
ancora lintento di una conoscenza ordinatrice
(cfr. von Rad, l.c., e 455ss., e soprattutto id.,
Weisheit, 1970, passim), il che dal punto di vista
teologico della massima importanza (vd. st. 4).
Diversamente da quanto accade nella ricca lette
ratura sapienziale dei popoli vicini, con la quale la
dottrina sapienziale vtrt. collegata in molti punti
(si pensi p.e. alleg. ma'at, cfr. fra gli altri
D3n hkm ESSERE SAGGIO

488

H.Brunner, HdO 1/2, 1952, 93-95; H.Gese, Lehre


und Wirklichkeit in der alten Weisheit, 1958,
llss.; non possiamo qui approfondire questa
connessione, cfr. per Fohrer, l.c., 477ss, ;
H.H.Schmid, Le.; H.D.Preuss, EvTh 30, 1970, 393
417, con abbondanti informazioni sulle edizioni dei te
sti e sulla bibliografia relativa), sembra che con
fastratto hokm si sia creato un concetto fondamentale
ed essenziale della dottrina sapienziale.

dIsraele. Egli stesso sapiente (Is 31,2; Giob


9,4)ed ha la sapienza presso di s (Giob 12,13);
solo lui - non gli uomini - conosce dove essa si
trovi e la via che porta ad essa (Giob 28,23,
cfr. v. 7.12.20). Essa viene collegata fin dalTinizio
con la sua attivit creatrice (Ger 10,12 = 51,15; Sai
104,24; Giob 28 e 38; Prov 3,19, vd. st. per
8,22ss.). Egli pu per svelare aUuomo il se
greto della sapienza (Giob 11,6), ossia fazione
di Dio sapiente e nascosta (Fohrer, KAT
X V I,226). Egli pu anche dare la sapienza (a
Salomone: Re 5,9.26; 2Cron 9,23; ad altri: Es
31,6; 36,ls. P; Prov 2,6; Eccle 2,26; aram. Dan
2,21), riempire dello spirito di sapienza (Es
28,3; cfr. 31,3 P; inoltre Deut 34,9 detto del cari
sma di Giosu) oppure insegnare {jdi hi., Sai
51,8; cfr. 90,12).

Tuttavia non va trascurato il fatto che hokm spesso


viene precisato da sinonimi e pu essere anche scam
biato con essi (cfr. von Rad, l.c., 18SS.26SS.), soprattutto con
la radice che esprime lidea di conoscenza bin: bin
intelligenza (lx, di cui 7x in Prov, 5x in Giob, inol
tre Deut 4,6; Is 11,2; 29,14; Dan 1,20 \hokmat bin], ma
non in Eccle), iebun intelligenza (llx , di cui 7x in
Prov, e Giob 12,12s.; Ger 10,12; Ez 28,4) e tebnt
senno (Sai 49,4 par. hokmt)\ inoltre da1al sapere,
conoscenza {jd\ 14x, di cui 6x in Eccle, 4x in Prov,
b) La relazione stretta tra la sapienza e Dio ha
e Is 11,2; 33,6; 47,10; Dan 1,4; mai in Giob), madd*
avuto degli sviluppi ancora pi vasti. Anzitutto in
intendimento (2Cron 1,10-12; Dan 1,4; cfr. 1,17 ed
senso positivo: il timore di Jahwe (jir'at Jhwh
anche faram. manda1 scienza Dan 2,21); skcei in
y'rX come sorgente di vita (Prov 14,27, vd.
telligenza (Sai 111,10). Si possono ancora citare: *s
sp.), cos anche inizio (o somma, rsJt)
consiglio (Is 11,2; Ger 49,7; Giob 12,13; Prov 21,30);
della sapienza (cfr. 1,7; 9,10; 15,33: Sai 111,10).
musar disciplina (Prov 1,2.7; 23,23);1CFmcet verit
Inoltre la sapienza stata utilizzata nellambito
(Sai 51,8) mispt diritto (Sai 37,30); trat-heeseed
della storia della salvezza (cfr. Sai 107,43; Deut
dottrina gradevole (Prov 31,26, cfr. Gemser, HAT
16,110). singolare che sinonimi o termini paralleli
32,6.29) e della predicazione profetica, sia per an
siano usali molto raramente nellopera storica dtr. (solo
nunziare il giudizio (Os 13,13; Is 5,21; 29,14; Ger
Deut 4,6) e molto spesso nella sezione pi recente dei
8,8s.; 18,18; inoltre anche Is 10,13; 19,lls.; 47,10;
Prov (capp. 1-9), cfr. anche le serie in Dan 5,11.14 aram.
Ger 49,7; 50,35; 51,57; Ez 28,4ss.; Abd 8; Zac 9,2;
I termini opposti non sono numerosi e ricorrono molto
cfr. Os 14,10; Ger 9,11.22) sia in un contesto esca
spesso in Eccle: hllot stoltezza, accecamento (1,17;
tologico salvifico (Is 33,6) e messianico (Is 11,2;
2,12; 7,25), siklt stoltezza (2,12s,; 7,25; = sikft
cfr. Deut 34,9; Re 3,28; 5,26). Tuttavia bisogna
I,17);
kcescel stoltezza (7,25); e anche iwwceicet stol
registrare anche uno sviluppo critico negativo.
tezza (Prov 14,8.33 txt em).

4 / a) Laspetto etico-religioso della radice hkm


trova espressione nelle parti pi antiche dei Prov
(c, Oss.), soprattutto nel parallelismo tra hkm e
$addq giusto e nella contrapposizione sa
piente - stolto, a sua volta parallela a quella
giusto - malvagio . In tali casi non si tratta di
una polarizzazione casuale, ma si intende ricono
scere che un certo comportamento conforme
allordine o ad esso contrario (cfr. U.Skladny,
Die altesten Spruchsammlungen in Israel, 1962,
7ss. ecc.; inoltre p.e. H.H.Schmid, Gerechtigkeit
als Weltordnung, 1968, 157ss.; ma anche Hermsson, l.c., 73ss.). Mentre la stoltezza procura allo
stolto perdizione e rovina (~ a'wfl 4; cfr. von Rad
1,441), la sapienza guida Puomo sui sentieri della
rettitudine (Prov 4,11); essa una sorgente di
vita (cfr. 13,14; 16,22; anche 14,27) e serve a
conservare e a dar sicurezza alla vita umana
(16,17; 28,26); per essa si evita il male (14,16)
e i lacci della morte (13,14); in tal modo
Puomo con la sapienza si trova posto in una con
nessione tra azione e conseguenza, che lo porta
alla salvezza (cfr. K.Koch, ZThK 52, 1955, 1-42;
inoltre p.e. Schmid, l.c., 175ss.; G. von Rad,
Weisheit in Israel, 1970, 140ss,165ss,).
per da Dio che la sapienza riceve la sua forza
e la sua funzione salvifica; la caratteristica etico
religiosa della radice hkm si fonda su Jahwe, il Dio
489

CDn hkm ESSERE SAGGIO

Quando Is e Ger si scagliano contro la falsa sa


pienza dei sapienti e dei capi loro connazionali
(cfr. ls 29,14; Ger 18,18), come pure di quelli stra
nieri, e vi contrappongono le azioni meravigliose
di Jahwe (Is 29,14) o la sua sapienza (Is 31,2) o la
sua parola (Ger 8,9), la sapienza andrebbe intesa
in tal caso pi che altro come larte del governare
o come larte del consiglio politico, la quale fallisce
se si rivolge contro Jahwe (cfr. anche Prov
21,30s.).
Inoltre nelle dispute del libro di Giobbe e nella cri
tica dellEcclesiaste la sapienza subisce una retti
fica interna; la concezione dellordine viene messa
in guardia contro il pericolo di una dogmatizzazione nel senso di una autonomia degli or
dini , in modo da salvare nello stesso tempo i li
miti della sapienza e la sovrana libert di Dio (vd.
con ampie prove Ziromerli, GO 300-315;
H.H.Schmid, Wesen und Geschichte der Weis
heit, 1966, 173ss.; Fohrer, l.c., 496; soprattutto
von Rad, l.c., 130ss.).
c) Infine meritano di essere notati altri due svi
luppi dellaspetto etico-religioso della sapienza,
che si verificano soprattutto nella sua fase vtrt. pi
recente. Da una parte essa viene posta gradual
mente in relazione ai comandamenti e alla legge
di Jahwe (cfr, gi Deut 4,6, al riguardo J.Malfroy,
VT 15, 1965, 49-65; inoltre p.e. Sai 19,8; 119,98,
490

cfr. J.Fichtner, Die altorientalische Weisheil in


ihrer isr.-jiid. Ausprgung, 1933, 81ss., con cita
zione dei testi relativi). Dallaltra nei confronti di
Dio essa viene presentata in un certo senso come
qualcosa a s stante ed in parte personificata (re
sta controverso fino a che punto si possa parlare
qui di un'ipostasi; cfr. H.Ringgren, Word and
Wisdom, 1947, 89ss.; R.Marcus, HUCA 23/1,
1950/51, 157-171; Folirer, l.c., 490s.), soprattutto
in Prov 1-9 (cfr. anche Giob 28; vd. C.Kayatz,
Studien zu Proverbien 1-9, 1966; anche
R.N.Whybray, Wisdom in Proverbs, 1965, inoltre
von Rad, l.c., 189ss., con bibliogr.).Cos la hokm,
personificata metaforicamente, appare qui sia
come intermediaria di rivelazione, in quanto si
presenta con il suo annuncio come un profeta e ri
vendica per s la massima autorit, sia come rive
lazione della volont divina nei riguardi
delPuomo stesso, in quanto offre alfuomo la vita
e ritiene che accogliere se stessa equivalga ad ac
cogliere la volont divina (Folirer, l.c., 494).
5/ Sia la tendenza nomistica sia quella personificatrice proseguono nella letteratura posteriore
alfAT (soprattutto in Eccli; cfr. E.G.Bauckmann,
ZAW 72, 1960, 33-63; J.C.H.Lebram, Nachbiblische Weisheitstraditionen, VT 15, 1965,167-237;
von Rad, l.c., 309ss,).
Per gli scritti di Qumran (secondo Kuhn, Konk.
72, 5x h<n7 e 13x hokm), dove peraltro si usa
di preferenza -skl (cfr. J.A^Sanders, ZAW 76,
1964, 6 6 ), e per i LXX, dove dominante la tra
duzione di hkm con aocp^/aocpia, e per labbon
dante materiale tardo-giudaico, gnostico e nts., si
veda U.Wilckens-G.Fohrer, art. acxpta, ThW
V II,465-529; cfr. anche p.e. U.Wilckens, Weisheit
und Torheit, 1959; F.Christ, Jesus Sophia. Die
Sophia-Christologie bei den Synoptikem, 1970.
M. Scebo

r n hlh ESSERE AMMALATO


1/ Lebr. hlh essere fiacco, ammalato (forma
secondaria ///) non ha dirette corrispondenze nelle
altre lingue sem. (etimologie tratte dal sem. me
ridionale sono proposte p.e, in HAL 302a,303b;
cfr. anche D.R.Ap-Thomas, VT 6 , 1956, 239s.).
Nei lesti di Mari si trova Tace, haf come prst. can.
(CAD H 54a; AHw 314b).
Una nuova radice hlh col valore di darsi pensiero (cfr.
let. hlj cogitare, versare in animo 0 sim., Dillmann
577s.), individuata da G.R.Driver in ISam 22,8 (JThSt
29, 1928, 392; id., FS Kahle 1968, 98-101; cfr. Barr, CPT
326). Probabilmente bisogna supporre questa radice an
che in ls 5,3 ( prendersi a cuore , par. Iqh musar farsi
ammaestrare ) e al ni. in Am 6,6 ( preoccuparsi di ).
Lespressione hlh pi. pnim placare viene posta da
Zorell 242b non sotto hlh 1, ma sotto hlh II essere
dolce, gradito (rendere gradito il volto di qual
cuno); altre possibilit in Ap-Thomas, l.c.

491

)lh lunico verbo intransitivo che nelPAT ricorra


in tutte e sette le coniugazioni (cfr. glh I). Deri
vazioni nominali col sign. di malattia sono Iflf,
mahalc, mah0l, mahalijim e, dalla radice h\
tahalu'm. Quanto al nome proprio (artificiale?)
Mahln (accanto a Ki(jn) di Rut 1,2.5; 4,9s. cfr.
Noth, IP 10 (da parte opposta invece Rudolph,
KAT X V II/1,38).
2/ Includendo hi' (2Cron 16,12 qal; Is 53,10 hi.)
e i passi sopra citati riconducibili probabilmente a
hlh I, il verbo si trova nellAT 74x, di cui 36x al
qal (contro Mand. e con Lis. ISam 31,3; Ger 5,3
e lCron 10,3 vanno posti sotto hi! I tremare ),
lOx al ni., 17x al pi. (Sai 77,11 va posto secondo
Lis. sotto hlh II q. essere trafitto ), lx al pu., 4x
alPhi. e 3x ciasc. allho. e allhitp.
La statistica per i sostantivi : hl 24x (2Cron 6x,
2Re e ls 4x ciascuno), mahalc 2x, mahal 4x,
mahalj7ni lx, tahnlTm 5x.
Delle complessive 110 ricorrenze della radice 16 si
trovano in 2Cron (q., pi., ho. e i 5 sostantivi), 12
in Is, 11 in 2Re, 9 in IRe e Ger. La distribuzione
delle ricorrenze non presenta particolarit di ri
lievo; la radice - ma certamente per caso - at
testata solo raramente nel Pentateuco.
3/ a) Prescindendo dallespressione hlh pi. panini
(vd. st. b), viene sempre indicata con la radice una
condizione di debolezza corporale (cfr. J.Scharbert, Der Schmerz im AT, 1955,36-40; J.Hempel,
Heilung als Symbol und Wirklichkeit im biblischen Schrifttum, NAWG 1958, 3, 237-314, par
ticolarmente p. 238 n. 1).
Come sinonimi si possono citare prima di tutto le radici
* dwj essere debole, ammalato e * mrd essere ma
lato, sentir dolore che, a differenza di hlh, fanno parte
del sem comune (P.Fronzaroli, AANLR Vin/19, 1964,
250.263s.): dalla prima vengono formati gli aggettivi dw? e dawwj malato (risp. Lam 1,13; 5,17 e Is 1,5; Ger
8,18; Lam 1,22) ed i sost. dewaj malattia (Sai 41,4; Giob
6,7) e madw(z malattia, epidemia (Deut 7,15; 28,60),
mentre dwh q. essere indisposto (come pure dima in
disposizione in Lev 15,33; 20,18; Is 30,22) in Lev 12,2
adoperato eufemisticamente per le mestruazioni; dalla se
conda provengono mrs ni. essere nel dolore (IRe 2,8;
Mi 2,10; Giob 6,25) e hi. tormentare (Giob 16,3).

In qal il verbo significa anzitutto essere/divenire


debole (in Gen 48,1 si intende senza dubbio la de
bolezza senile, in Giud 16,7.11.17 la debolezza
come condizione normale delPuomo nei confronti
della forza del carismatico Sansone, in Is 57,10 txt?
la debolezza sessuale). Il pi delle volte per il
verbo indica debolezza nel senso di essere ma
lato (ISam 19,14; 30,13; IRe 14,1.5; 17,17; 2Re
8,7; 20,12 = Is 39,1; Is 38,9; Sai 35,13, senza ulte
riore specificazione della malattia). La malattia pu
anche consistere in una ferita (2Re 1,2; ferimento
in guerra 2Re 8,29 = 2Cron 22,6; percosse Prov
23,35). Talvolta la malattia viene descritta con
maggiore esattezza: pu trattarsi di dolori ai piedi
(IRe 15,23), di una malattia mortale (2Re
r 6 n hlh ESSERE AMMALATO

492

13,14; 20,1 = Is 38,1 = 2Cron 32,24). Il verbo pu


riferirsi anche alle bestie (Mal 1,8, par. pissah
zoppo ; simili bestie ammalate - forse si tratta di
un qualche difetto esterno deHanimale - non sono
buone per il culto, cfr. anche Mal 1,13). Il discorso
metaforico di Ez 34 (cfr. soprattutto v. 4.16) ricorda
che era compilo proprio del pastore curare con atten
zione particolare quanto nel gregge cera di debole
e malato . Con questa immagine viene illustrata la
guida di Israele da parte dei suoi capi oppure da parte
di Jahwe.
11 verbo viene usato anche per sofferenze spirituali,
per esempio per la malattia d'amore (Cant 2,5;
5,8), e con valore traslato nellespressione ral It/
una grave sventura (Eccle 5,12.15; 6,1 txt em).
Il ni. ha pi o meno lo stesso significato del qal:
essere/divenire debole (Ger 12,13, par. bs es
sere smascherato , allopposto f i hi. aver suc
cesso ) e ammalarsi (Dan 8,27). 11 part. sostan
tivato designa quanto ammalato (Ez 34,4.21,
vd. sp.); nellespressione,/m naifl giorno del ma
lanno (Is 17,11, par. tf'b 1nus dolore inguari
bile ) si riprende senza dubbio la terminologia della
maledizione, la quale viene utilizzata per descrivere
il giudizio di Jahwe che sta per venire. Una formula
fssa makk nahl ferita mortale (Ger 10,19;
14,17; 30,12; Nah 3,19); probabilmente essa apparte
neva al vocabolario del lamento quando si descri
veva una condizione di necessit (elementi di tale
forma letteraria si possono individuare in Ger 10,19;
14,17; cfr. anche Sai 41,4), e fu trasposta poi, pas
sando attraverso la profezia, in altri contesti.
In Deut 29,21 i! pi. significa far ammalare (con
talflti'im , nel contesto si minacciano maledizioni;
analogo luso d H'i in Deut 28,59.61). Il pu. signi
fica essere reso debole (Is 14,10, parlando della
discesa nel regno dei morti), lhitp. sentirsi amma
lato (2Sam 13,2 dolore damore; 13>5s. darsi ma
lato ).
Lhi. ha il sign. di rendere malato (Prov 13,12
con oggetto cuore , e si riferisce pertanto a dolore
spirituale; in Is 53,10; Os 7,5; Mi 6,13 il testo in
certo), lho, ha quello di essere esausto (IRe
22,34 = 2Cron 18,33; 2Cron 35,23, sempre a propo
sito di ferimenti).
Appare chiaro quindi che hlh nelle diverse coniuga
zioni verbali designa condizioni di debolezza tanto
fisica che spirituale; si perviene alla stessa conclu
sione se si considerano i derivati (in riferimento a
condizioni dello spirito viene usato IflT p.e. in Eccle
5,16; 6,2, e cosi pure in Is 1,5). Per curare malattie
si ricorre a pratiche religiose (e a questo proposito
forse si sono trovate in conflitto tra loro talvolta la
religione israelitica e quella cananea, cfr. 2Re l,lss.)
e alla medicina (cfr. P.Humbert, Maladie et mdecine dans lA.T., RHPhR 44, 1964, 1-29; J.Hempel,
Ich bin der Herr, dein Arzt, ThLZ 82, 1957,
809-826).
b) AJ pi7, in unespressione standardizzata, la radice
hlh ha assunto anche un significato diverso
493

b b n h ll pi. PROFANARE

(vd. sp. 1): Nh pi. panim significa placare ; oggetto


pu essere in tal caso sia un uomo (Sai 45,13; Giob
11,19; Prov 19,6 lisciare, adulare ) sia Dio (in tal
caso si tratta di un tennine tecnico del vocabolario
cultuale). Il contenuto pu essere il sacrificio ( 1Sam
13,12; Mal 1,9) o la preghiera (Es 32,11; IRe 13,6;
IRe 13,4; Ger 26,19; Zac 7,2; 8,21s. par. bqs pi. Jhwh
cercare Jahwe ; Sai 119,58; 2Cron 33,12) o la con
versione della propria vita (Dan 9,13).
4/ Riassumendo si pu dire che la malattia ha un
particolare significato per la fede vtrt., in quanto essa
o viene sperimentata come condizione di miseria
che spinge al lamento (cfr. in contesti diversi p.e. Is
38,9; 1Re 8J7 = 2Cron 6,28; 2Cron 16,12), o pu es
sere intesa come il realizzarsi della maledizione di
Dio (cfr. Deut 28,59,61; 29,11; Is 1,5; Ger 10,19;
12,13; 2Cron 21,15.18s.; si rispanniati da essa: Es
15,26; 23,25; Deut 7,15; fflf un termine importante
anche in Is 53,3.4.10). In tempi pi recenti si
esprime la speranza in un futuro realizzato da Dio,
in cui non ci saranno pi malattie (Is 33,24; cfr. IQH
1 1 ,22 ).

5/ Nel NT diventa essenziale soprattutto


questultimo aspetto della malattia, in quanto Ges
rende presente quel futuro senza malattie (cfr. so
prattutto Mt ll,2ss.); per tutto quanto il tema cfr.
G.Stahlin, art. crOevv^, ThW 1,488-492 (=
GLNT
1,1303-1312); A.Oepke,
art. vcroc
(fxaaxia ), ThW IV ,1084-1091 (= GLNT VII,
1419-1440).
F.Stolz

h ll

pi. PROFANARE

1/ Lebr. hll pi. profanare e le altre coniuga


zioni verbali che vi corrispondono per significato
(hi. profanare solo Num 30,3 ed Ez 39,7; ni. e
pu. essere profanato ; per le forme cfr. BL 436)
come pure i nomi (hl profano e, se con HAL
307b non va collocato sotto hll li trafiggere , hll profano, sconsacrato in Lev 21,7.14 ed Ez
21,30; inoltre hlll lungi!), appartengono ad
una radice diffusa nellarea linguistica sem. col si
gnificato originario di sciogliere, liberare (cfr.
J.L.Palache, Semantic Notes on th Hebrew Lexi
con, 1959, 31s.); il significato che prevalso in se
guito quello di sconsacrare, profanare (ter
mine ben distinto nellebr. tardivo e post-biblico e
tpico del suo modo di pensare, cfr. Levy II,58s.;
E.Ben-Jehuda, Gesamtworterbuch der alt- und
neuhebr. Sprache, II, I960, 1580-1583). Allhi.
predominante accanto a profanare il sign. in
cominciare (e di conseguenza ho. essere inco
minciato e tehill inizio ); il collegamento fra
i due significati diviene chiaro se si pensa alluso
di hll pi. nel senso di utilizzare in un ambito pro
fano (Deut 20,6.6; 28,30; Ger 31,5, riferito
494

all'inizio dellutilizzazione di una vigna dopo te


scadenza di un tempo di consacrazione, durante il
quale era interdetto luso del raccolto a proprie
vantaggio, cfr. Lev 19,23-25, inoltre Pedersen.
Israel III-IV,271).
In acc. ellu nella coniugazione fondamentale significa
essere chiaro o essere cultualmente puro (di per
sone, labbra, giuramenti) ed essere libero (da pre
tese); nella coniugazione con raddoppiamento pu ri11care (se stesso, la bocca e le mani, il corpo degli dei),
consacrare con una purificazione (la figlia) e ren
dere libero (schiavi), cfr. AHw 197s. Anche in arabo
attestata la radice lill con molte ramificazioni nel senso
di sciogliere, essere permesso (Lane 1/2,619ss.). Non
si pu accettare una connessione originaria con hll (*hll)
(perforare, lenre , nonostante alcuni contatti (special
mente in ambo). Nei testi, pi antichi semNO. il verbo
non attestato con sicurezza (cfr. WUS nr. 928; DISO
89). Nelle lingue e nei dialetti sem. pi tardivi, sui quali
il giudaismo ha esercitato il suo influsso, prevalso luso
vtrt. postesilico, il quale formalmente si diffuso anche
al di l di questi ambienti (cfr. LS 231; Littmann-Hfner
52s.; Drower-Macuch 148b).

2/ Il verbo ricore nelPAT 134x, di cui pi. 66x


(Ez 22x, Lev 14x, Is e Sai 5x ciascuno) ed hi. 56x
(profanare solo 2x, le altre volte incomin
ciare: 2Cron llx , Giud 8x, Deut 7x, Gen 6x,
Num e ISam 4x ciascuno); inoltre sono attestati
ancora ni. lOx (Ez 7x) e lx ciascuno pu. ed ho. So
lamente due dei 75 passi in cui il verbo viene
usato nel senso di profanare (pi. 62x, hi. 2x, ni.
e pu.), sono chiaramente preesilici: Gen 49,4 ed Es
20,25 (per Am 2,7 cfr. Wolff, BK XIV/2,163; per
Sof 3,4 cfr. Sellin-Fohrer 502). Quasi due terzi
delle ricorrenze di profanare si trovano nel li
bro di Ez (31 x) e nella legge di santit (16x). Per
il resto il vocabolo si trova sporadicamente in P,
nel Dtis (anche Is 23,9; 56,2.6), Ger, Mal, Sai,
Lam, Dan e nellopera del Cronista.
hot si trova 7x (ISam 21,5s. e - sempre in esplicita
contrapposizione a qdces - Lev 10,10; Ez 22,26;
42,20; 44,23; in corrispondenza 48,15 area per
abitazione profana ), hl! 3x (vd, sp. 1), hlTl
21x (ISam 8x, Gen 4x, 2Sam 3x, Gios e Giob 2x
ciascuno, Re e lCron lx ciascuno, in 2Sam 20,20
raddoppiato), tehi!l 22x (Gen 4x, Giud, 2Sam e
Dan 3x ciascuno).
3/4/ a) Nella legge di santit si possono porre
in evidenza molto chiaramente le concezioni le
gate al termine fjll pi. profanare. La santit
(-qds) di Jahwe e di quanto gli appartiene, soprat
tutto il sacerdozio, deve essere garantita contro la
profanazione. Le proibizioni tendenti a questo
scopo hanno quasi sempre la fonna l + impf. e
rappresentano la consapevolezza professionale dei
sacerdoti (J.Begrich, Die priesterliche Tor,
BZAW 66,1936, 85-87 = GesStud 256-258; R.Kilian, Literarkritische und formgeschichtliche Untersuchung des Heiligkeitsgesetzes, 1963, 84-103
per Lev 21s., egli assegna le disposizioni espresse
con hll al II degli strati da lui individuati nella pri
mitiva legge di santit). Il sacerdote resta profa
495

nato con la pratica di determinati riti funebri (Lev


21,10), per la prostituzione di sua figlia (21,9; cfr.
18,29), per la vicinanza della salma di una sorella
sposata (21,4); quando si tratta invece di una so
rella non sposata e di altri parenti pi prossimi egli
diventa solamente impuro ({/w*; Elliger, HAT
4,288s.). Il sommo sacerdote non pu avvicinarsi
a nessun cadavere, altrimenti profanerebbe il san
tuario (21,12); ci accadrebbe anche se colui che
possiede un qualche difetto esercitasse l'ufficio sa
cerdotale (21,23). La discendenza del sommo sa
cerdote resterebbe profanata se egli sposasse una
vedova, una ripudiata, una violentata o una me
retrice (21,15). Nella pericope Lev 22,1-16 (cfr.
H.Reventlow, Das Heiligkeitsgesetz formgeschichtlich untersucht, 1961, 92-103; C.Feucht, Untersuchungen zum Heiligkeitsgesetz, 1964,44s.)
prescritto ai sacerdoti un comportamento di mas
simo rispetto nei riguardi delle offerte, in modo che
non venga profanato il nome di Jahwe o lofferta
stessa (22,2.9.15); una simile disposizione
anche in P (Num 18,32). Anche tutti gli altri
israeliti sono messi in guardia contro la profa
nazione del nome di Jahwe; essa si verifiche
rebbe sacrificando bambini (Lev 18,21; 20,3),
continuando a consumare la carne del sacrificio
ancora ai terzo giorno dopo la presentazione
dellofferta (19,8), giurando ii falso (19,12) e in
genere disprezzando o non osservando i coman
damenti (22,32).
Non si possono individuare con sicurezza le concezioni
che si collegavano al timore di una profanazione del
nome di Jahwe. Degna di nota la spiegazione comune
secondo cui si vedeva in essa come una sconsacrazione
e di conseguenza un indebolimento del nome
(H.A.Brongers,ZAW 77, 1965, I I). Tuttavia per i fedeli
di Jahwe questa una conseguenza che difficilmente si
pu verificare. In ogni caso ai leslimoni viene presentato
il fallo di un'offerta che va severamente punita e che ri
sulta fatale.

b) A differenza delle concezioni della legge di


santit, che nel loro complesso restano chiuse in
se stesse, il termine in Ezechiele assume una mag
giore ampiezza. Qui si parla molto spesso della
(per lo pi gi avvenuta) profanazione di Dio o del
suo nome ( 1lx), dei sabati (7x) e del tempio (7x).
I colpevoli sono sempre gli israeliti, ma non sem
pre possibile capire in che cosa consistesse la
colpa e la profanazione. Espressa menzione viene
fatta della profanazione di Jahwe operata con le
pratiche magiche fra i deportati in Babilonia
(13,19; Zimmerli, BK XIII,296s.). Cinque volte si
rimprovera la profanazione del nome di Dio nei
versetti 36,20-23. La profanazione del nome si
compie semplicemente per il fatto che esso - data
la lontananza di Israele dalla terra promessa viene diffamato come impotente fra i pagani. An
che se questa profanazione che si realizza con una
situazione distinta da quella che si realizza con
il comportamento di Israele, la colpa tuttavia
di Israele, in quanto proprio a causa della sua apo
stasia dovette essere punito con lesilio (Fohrer,
b b n hll pi. PROFANARE

496

HAT 13,109s.; Zimmerli, BK XIII,446.457.875878), mentre in un primo tempo Jahwe aveva an


cora sospeso !a meritata punizione, per impedire
che il suo nome fosse profanato (20,9.14). Egli do
vr tuttavia preoccuparsi che in futuro non si
giunga pi alla profanazione del suo nome (20,39;
39,7). Nella storia delle colpe dellesodo, ac
canto ai rimproveri per il culto reso agli idoli e per
la trasgressione dei comandamenti, viene messa
in risalto soprattutto la profanazione del sabato
(Ez 20,13.16.21.24; cfr. 22,8; 23,38). Delio stesso
tenore sono Es 31,14P; Is56,2.6 eNeeml3J7s. La
profanazione del tempio e di quanto sacro a
Jahwe, operata da Israele e dai suoi sacerdoti (Ez
22,26 per aver cancellato la distinzione fra sacro e
profano; 23,39 a causa del sacrificio dei bambini;
44,7 con lammissione di stranieri al tempio), si
gnifica la profanazione dello stesso Dio santo
(22,26) e viene ripagata con la distruzione del
tempio e dei santuari; cos anche la catastro
fe del 587 una profanazione (7,21s.24; 25,3), e
si pu persino dire che Do stesso ha profanato
il suo santuario (24,21). In
tal
modo
aperta la strada ad una comprensione pi ge
nerale del termine, come appare nel capitolo su
Tiro: profanazione anche lassalto di Tiro
da parte di violenti nemici (28,7) e la preci
pitazione negli inferi del suo re orgoglioso (28,16;
cfr. Is 23,9), che aveva profanato i suoi san
tuari (28,18) (Fohrer, HAT 13,163: il mio
santuario ).

nare la sua -ben i venendo meno alle sue pr- j


messe (Sai 89,35).
e) Nella prima met del millennio della storia let
teraria di Israele hll pi. compare solo in due testi:
la benedizione di Giacobbe e il codice dellalle
anza: Ruben ha profanato il talamo di suo padre
per il rapporto avutovi con Biia (Gen 49,4 citato in
lCron 5,1), e le pietre dellaltare vengono profa
nate se sono lavorate con strumenti di ferro (Es
20,25). Nel caso di Ruben si tratta di unintru
sione proibita nella sfera di intimit del padre e di
un attentato alla pace della famiglia patriarcale (de
Vaux 1,179; W.Elliger, ZAW 67, 1955, 8-12 = KS
239-244; id., HAT 4,238-240). La proibizione di
scalpellare le pietre dellaltare fino a qualche
tempo fa veniva per lo pi spiegata dicendo che si
voleva impedire cos la cacciata del nume che abi
tava nella pietra (K.Marti, Geschichte der isr. Relgion, '1903, 100, B.Baentsch, Exodus-LeviticusNumeri, 1900, 188; G.Beer, Exodus, 1939, 106).
Ma si dovrebbe piuttosto pensare ad una tradi
zione e regola nomadica che - particolarmente ne
gli ordinamenti cultuali - era contraria ad ogni
forma di progresso (de Vaux 11,282).

c) La catastrofe del 587 indicata come una pro


fanazione anche in Is 43,28; 47,6; Sai 74,7 e Lam
2,2; inoltre il Dtis fa risalire Pavvenimento solo a
Dio, a differenza dei testi dei salmi. In Sai 89,40
la profanazione del re di Giuda viene riconosciuta
ugualmente come opera di Dio. Net Dtis la con
gettura relativa a ls 52,5 (fhulFl invece di fh/Tl) determina una nuova ricorrenza di hll (cfr.
S.H.Blank, Is 52,5 and th Profanation of th
Name, HUCA 25, 1954, 1-8). Pi tardi lautore
del libro di Daniele vede nella venuta di Antioco
Epifane al tempio una profanazione (Dan 11,31).

0 Mentre hol e hll ricorrono altrove solo in Lev


ed Ez, hot compare altre due volte nellantico rac
conto di ISam 21: il sacerdote Achimelec non pos
siede del pane destinato a consumazione profana
(Ichcem hl), ma ha a disposizione solo pane sa
cro; Davide assicura che gli arnesi dei suoi gio
vani persino in imprese ordinarie (cicrcek fidi)
erano in stato di purit e anche oggi Io sono (ISam
21,5s.). hl quindi gi in questa remota testimo
nianza il contrario di qdos (qds) santo
come in Lev 10,10 e in Ez. I passi di Samuele ed
anche Pinteriezione halll (BL 654; cfr, anche
M.Held, JCS 16, 1961, 21; M.R.Lehmann, ZAW
81, 1969, 82s.) lungi!, propriamente pro
fano! , nel loro apparire in testi antichi mostrano
che questo gruppo di termini va inteso partendo
dal rapporto che essi hanno con ta concezione vtrt.
di -qds (cfr. BHH 1,415; Bibel-Lexikon 398s.),

d) Nei profeti delP8 sec. il vocabolo manca,


nei caso che Am 2,7 debba essere ritenuto
come unaggiunta posteriore (Wolff, BK
XIV/2,160.163); qui il nome di Jahwe viene con
siderato profanato per il fatto che il figlio e il padre
vanno (insieme) dalla prostituta. Per Gerema la
terra profanata per il culto degli idoli (Ger 16,18)
e il nome di Jahwe per Paver riassunto nuova
mente gli schiavi liberati (34,16); Sofonia stigma
tizza come profanazione lutilizzazione egoistica
delle cose sacre da parte dei sacerdoti (Sof 3,4);
Malachia vede una profanazione nella trasgres
sione sia cultuale che morale (Mal 1,12 offerte sca
denti; 2,10 mancanza reciproca di fedelt come
profanazione del patto dei padri; 2,11 matrimoni
con straniere). Due volte viene detta profana
zione linfedelt alla parola data o ad un patto
(Sai 55,21; Num 30,3P); e Dio non vuole profa

5/ Il significato predominante del termine nei


medioebr. si ricava dalle numerose testimonianze
in Levy e Ben-Jehuda (vd. sp. 1). La delimita
zione minuziosa del profano la preoccupa
zione impellente della letteratura rabbinica; il trat
tato della Misna e del Talmud IV/3 porta il nome
di Hullin.

Per Qumran e la letteratura parallela bisogna ci


tare le testimonianze del documento di Damsco,
dove hll unito al comandamento dei sabato (CD
11,15; 12,4; cfr. Kuhn, Konk. 72).
Nel NT viene superata la concezione tradizionale
del profano e viene cancellata la linea di demarca
zione fra sacro e profano stabilita dal giudaismo
(F.Hauck, art. BfYiXoc;, ThW I,604s. = GLNT
11,235-240; id., art. xoivq, ThW 111,789-310 =
GLNT V,671-726; id., art. fuaWw, ThW IV,
647-650 = GLNT VII ,215-224),
F.Maasa

497

bhn

hll pi. PROFANARE

498

p *?n

hlq D I V I D E R E

1/ La radice hlq nel sign. di dividere, spar


tire si ha solo nelPebr. e nelParam. (DISO 89s.;
KBL 1076a). In genere la si collega con Parab. fjafaqa misurare, formare ed altri verbi del sem.
meridionale (HAL 309b sotto hlq II). Non chiaro
se e come si colleghino con hlq dividere da un
lato il gruppo formato dallug. fjlq andare io ro
vina , Pacc. fjalqu andare via, andare in ro
vina , Pet. fjalqa sparire (HAL 310 sotto )lq
III; bd 3), e dallaltro quello delPebr. hlq essere
liscio (hlq liscio ), dellarab. ijalaqa li
sciare ecc. (HAL 309b sotto hlq I).
NelPebr. il verbo ricorre in tutte le coniugazioni
eccetto lho.; inoltre si hanno le formazioni nomi
nali hlceq porzione , hcelq fondo, terreno J
Ifluqq divisione e malflqcet porzione, divi
sione . NelParam. bibl. si hanno hQlq por
zione e mahleq divisione .
2/ NelTAT questo gruppo terminologico (senza
i nomi propri) compare 188x in ebr. e 4x in aram.:
il verbo 56x (Gios 7x, ls e ICron 5x ciascuno), e
cio qal 17x, ni. 8x (lCron 23,6 e 24,3 forse sono
al qal, cfr. Rudolph, HAT 21,154; HAL 309b), pi.
26x, pu. 3x, hitp. lx, hi. lx; Iwlccq 66x (Gios 9x,
Deut e Eccle 8x ciascuno, Sai 6x, Giob 5x), hcelq
23x (2Re 6x, 2Sam 5x, esclusi i nomi di luogo in
2Sam 2,16, cfr. HAL 31 lb), Ifluqq lx (2Cron
35,5), mahQlqcet 42x(lCron 26x, 2Cron llx , Gios
3x, Ez e Neem lx); Param. halq 3x, mafjleq lx.
3/ a) Il qal del verbo significa dividere, spar
tire , ponendo in rilievo non tanto Pazione del di
videre come tale, quanto lo spartire e il distribuire
le parti. Si parla quindi del dividere/distribuire il
bottino (Gios 22,8; ISam 30,24), un campo (2Sam
19,30), delPargento (Giob 27,17), leredit (Prov
17,2), delle provviste (Neem 13,13), dello spartire
con il ladro (Prov 29,24), del dividere la gente in
diversi gruppi (lCron 24,4.5; 2Cron 23,18; in
questuso tipico delle Cron rientra anche Puso di
mahalqcet e di haluqq nel senso di divisione ,
che compare anchesso solo nella storiografia delle
Cron) e, quando si tratta della conquista, dello
spartire e del distribuire la terra opp. Peredit
(Gios 14,5; 18,2; cfr. Neem 9,22 con Dio come
soggetto; corrispondentemente il passivo ni. in
Num 26,53.55.56).
In 2Cron 28,21, dove il verbo si dovrebbe tradurre con
saccheggiare o sim. (cfr. G e 2Re 16,8), invece di halaq meglio leggere hills (cfr. Rudolph, HAT 21,292).
Per Deut 4,19; 29,25; Giob 39,17 vd. st. 4.

b) Il ni. del verbo (tranne che nei passi gi citati


Num 26,53.55.56) riflessivo: dividersi (Gen
14,15 Abramo e la sua gente; IRe 16,21 il popolo
di Israele; Giob 38,24 txt? la luce opp. il vento, cfr.
Fohrer, KAT XVI,492).
Il pi. pu essere reso quasi sempre con dividere
499

(per la diversit rispetto al qal cfr. Jenni, HP 126


130). Oggetto del dividere/spartire sono cose (bot
tino Gen 49,27; Es 15,9; Giud 5,30; Is 9,2;
53,12aB; Sai 68,13; Prov 16,19; pu. pass. Zac 14,1;
capelli Ez 5,1; cibo 2Sam 6,19 = lCron 16,3; ve
stiti Sai 22,19, cfr. Me 15,24 par.) oppure (il pos
sesso della) terra (Gios 13,7; 18,10; 19,51; IRe
18,6; Ez 47,21; Gioe 4,2; Mi 2,4 txt?; Sai 60,8 =
108,8; Dan 11,39; hitp. dividere tra s Gios
18,5), quando il soggetto Dio anche la sorte o
sim. (Is 34,17; 53,12a; Giob 21,17). In Gen 49,7 e
Lam 4,16 si deve tradurre con disperdere .
L'hi. di Ger 37,12 significa intraprendere una divisione
(di eredit) (cfr. Rudolph, HAT 12,238).

c) Alluso del verbo corrisponde quello del nome


hlceq porzione (di bottino: Num 31,36; ISam
30,24; cfr. Gen 14,24; di offerta sacrificale: Lev
6,10; cfr. Deut 18,8).
Vocaboli sinonimi sono mna (12x) e ment {\9x, prst.
aram., cfr. Wagner nr. 175) dalla radice mnh contare
e mislid (Lev 7,35) e mosli (Num 18,8) dalla radice
Il misurare .

Spesso hlceq - come termine parallelo a -nahal,


gra/, hcebcel corda (per misurare) > ter
reno (misurato) ecc. - sta per porzione di
terra (Gios 15,13; 19,9; Ez 45,7; 48,8.21 ecc.; cfr.
Zac 2,16; inoltre J.Dreyfus, RScPhTh 42,1958, 3
49; F.Horst, FS Rudolph 1961, 135-156). In senso
pi ristretto lilceq il pezzo di terra o di campo
che spetta al singolo (Am 7,4; Os 5,7); uguale si
gnificato ha anche il termine hcelq(2Sam 23,1 ls.;
Rut 2,3; 4,4 ecc.), che si riduce in sostanza al
senso di terreno (Gen 33,19; Gios 24,32 ecc.).
BL 567 ed altri suppongono che hlceq porzione qui
si sia fuso insieme ad un termine *}jcelcEq (oppure
hceqcel) campo (cfr. acc. eqluyaram. haql, arab. e et.
haql)\ cfr. in contrario GVG 1,277.

Quando si dice che Aronne opp. i leviti non de


vono ricevere alcuna porzione di terra, perch
Jahwe la loro porzione , inizia gi luso meta
forico di hlceq (par. nahl) (Num 18,20; Deut
10,9; 12,12; 14,27.29; 18,1; Gios 14,4; 18,7 vd. st.
4). Questo significato traslato di hlceq nel senso
di quello che spetta ad uno, nel posto che occupa,
molto frequente in diverse espressioni. Talvolta
il sostantivo indica la sorte (ls 17,14 par. gral,
gioco di parole con il doppio significato porzione
di bottino/sorte; cfr. Is 57,6; Giob 20,29; 27,13;
31,2 ecc.), ma in genere p.e. la parte dei beni pa
terni (Gen 31,14), di Jahwe (Gios 22,25.27), di
Davide (2Sam 20,1; IRe 12,16 = 2Cron 10,16).
Un particolare accenno va riservato alluso di h
lceq nellEcclesiaste. Il pensiero di questultimo si
aggira sempre sulla questione di quale sia la sua
parte , il suo <<guadagno , e che cosa gli ri
manga (jitrn) (hlceq: Eccle 2,10.21 ; 3,22; 5,17.18;
9,6.9; cfr. 11,2). Qui non si tratta tanto del la
mento sul fatto che Puomo pu avere sempre una
parte soltanto, mai il tutto (W.Zimmerli, Die
Weisheit des Predigers Salomo, 1936, 37; id.,
p b n hlq DIVIDERE

500

ATD 16/1,138 ecc.), quanto della questione della


porzione , del posto delluomo nel mondo
(H.H.Schmid, Wesen und Geschichte der Weis
heit, 1966, 187s.).
4/ Molto antica la concezione che sta dietro
Deut 32,8, secondo la quale Israele stato asse
gnato a Jahwe da (<?/) Lcelijdn (v. 9 hlceq). Ana
logamente in Deut 29,25 si parla di dei, che Jahwe
non ha assegnato ad Israele, e nello stesso ambito
rientra anche Deut 4,19, secondo cui Jahwe ha as
segnato gli astri a tutti i popoli (cfr, anche in Giob
39,17 lassegnazione detintelligenza).
Questo gruppo acquista un significato specifica
mente teologico quando Jahwe appare come la
porzione di un gruppo di uomini o di un sin
golo. I passi che parlano di Jahwe come porzione
di terr^ di Aronne opp. dei leviti gi sono stati
citati (3c). In Ger 10,16 = 51,19 Jahwe por
zione di Giacobbe , e nelle lamentazioni - nello
stesso contesto di gra/, naha!, hcbcel ecc. - si
afferma: Jahwe la mia porzione o sim. (Sai
16,5; 73,26; 142,6; Lam 3,24; cfr. H.-J.Hermisson,
Sprache und Ritus im altisraelitischen Kult, 1965,
107-113). Cfr. anche il nome proprio Hilqijj(hu)
Jahwe la mia porzione e le sue forme ridotte
Hceq e Hcelqj (Noth, IP 163s.).
Che in Sai 119,57 la porzione del salmista sia di
osservare i comandamenti di Jahwe infine evi
dente, come pure laffermazione del libro di Giob
che la porzione degli empi verr da Dio (Giob
20,29; 27,13; cfr. 31,2).
5/ Non si pu dire che la storia successiva di
questo gruppo abbia un particolare rilievo. Le
scarse ricorrenze a Qumran sono sulla linea
delPAT. Il greco non ha un equivalente altrettanto
significativo: i LXX nel rendere hlq usano di
preferenza fiept^ELv e i suoi composti, oppure
xX7]povo|jLLa o xXrjpot;. Sulluso di >tX9jpo<; nel
NT cfr. W.Foerster - J.Herrmann, art. xAypo^,
ThW 111,757-786 (= GLNT V,583-664).
H.H.Schmid

non hm d DESIDERARE
1/ La radice *fjmd desiderare largamente
diffusa nelle lingue semO. (sem. meridionale col
sign. di lodare, cfr. Muhammad (Maometto)
il lodato ).
Le testimonianze pi antiche provengono dallug. (cfr.
WUS nr. 936; UT nr. 872), can. (EA 138,126 part. pass.
ha-mu-du desiderabile , cfr. CAD H 73b), fen. (KAI
nr. 26 A III, r. 14s. jhmd jt hqrt z egli desidera avere
questa citt ; r. 17 bhmdt per bramosia ) ed aram. eg.
(BMAP nr. 7, r. 19 hmdjh, forse hamdin oggetti di va*
lore); cfr. anche HulTmon 196.

Nellebr. oltre al q. desiderare e al pi. ritenere


desiderabile (Jenni, HP 220s.) sono comuni il
part. pass. q. e il part. ni. ed anche diverse for
501

i a n hmd DESIDERARE

mazioni nominali (forme segolate: hcmced e hcemd\con il preformativo m: niafymd e mahmd\ il


plurale astratto fmdt) per designare prevalente
mente l'oggetto desiderato. Come nome proprio si
ha Hcenidri (Gen 36,26).
2/ Il verbo nellAT ricorre relativamente di
rado, forse perch lebr. conosce diverse maniere
di esprmere i moti della volont e del sentimento
(modi, tempi, particelle, ecc.). Nelle sue tre coniu
gazioni hmd compare complessivamente solo 21x
(q, I6x, ni. 4x, pi. lx). La letteratura narrativa si
restringe a Gen 2,9; 3,6; Gios 7,21; negli altri casi
si tratta di testi sapienziali, giuridici, liturgici, pro
fetici. Le fonne nominali (hcmced 5x, hoemd 16x,
hamddt 9x, mafjmd 13x, mahmd lx) sembrano
essersi diffuse a cominciare dagli scritti esilici- po
stesilici; per mafjmd cfr. Lam 1,10.11; 2,4; Ez
24,16.21.25; per hamdt cfr. Dan 9,23; 10,3.11.19;
11,38.43.
3/ Distinguiamo in hmd (a) un uso attivo, che
caratterizza il soggetto agente, e (b) un uso passivo
che descrive loggetto bramato; a questultimo si
collegano anche i significati delle formazioni no
minali.
a) In quanto comportamento attivo fymd (q. e pi.;
hi, causativo solo in Eccli 40,22) il tendere tena
cemente a qualcosa, il desiderare ardentemente di
entrare in possesso di qualcosa (cfr. J.Herrmann,
FS Sellin 1927, 69-82; JJ.Stamm, ThR 27, 1961,
301-303). Per quanto diverse possano essere la
motivazione e lintensit di questa tensione ( de
siderare , essere avido , aver brama di ), si
presuppongono sempre tuttavia due elementi, e
cio il bisogno del soggetto agente e lo stimolo
dallesterno; il desiderio sessuale rientra nel
campo semantico del termine, come nel caso di
'wh> 1 nemici vogliono entrare in possesso della
terra (cfr. Es 34,24); Jahwe ha voluto avere il
monte di Dio ed ora vi abita (Sai 68,17); lo stolto
desidera la donna seducente, sposata (Prov 6,25).
I! desiderio legittimo pu e deve trovare compi
mento (cfr. Cant 2,3 pi.), la brama illecita viene
raffrenata con delle proibizioni (Es 20,17; 34,24;
Deut 5,21; 7,25; Prov 6,25), poich essa manda in
rovina (Giob 20,20) e danneggia tutti i membri di
una trib e lintera comunit (cfr. Gios 7,21;
Mi 2,2).
b) La condizione di miseria non suscita alcun
compiacimento (ls 53,2); quel che risveglia il de
siderio o la bramosia pu essere designato col part.
ni, (Gen 2,9; 3,6; Sai 19,11; Prov 21,20). Tali og
getti naturalmente sono preziosi per gli interessati
(Is 44,9: lopera dello scultore, part. pass, q,; cfr.
Giob 20,20 e luso sia aggettivale sia sostantivale
di hamcidi prezioso , tesoro ). La forza dat
trazione delloggetto viene espressa chiaramente
con lespressione mahmad <njim ci che pre
gevole (agli occhi) (Re 20,6; Ez 24,16.21.25;
Lam 2,4; cfr. il nostro delizia degli occhi ,
502

consolazione degii occhi ); linnamorata canta:


kull m aif macfcfim tutto in lui delizia Cant
5,16; cfr. inoltre Is 64,10; Os 9,6.16; Gioe 4,5; Lam
1,10.11; 2Cron 36,19). fjcmced, sempre allo stato
costrutto, designa la bellezza del campo (Is 32,12;
cfr.
Am
5,11),
lo splendore di
es
seri umani (Ez 23,6.12.23). Similmente hcemd in
dica nello stesso tempo bellezza, dignit, grazia,
valore (cfr. ISam 9,20 la grandezza di Israele;
Agg 2,7 i tesori di tutti i popoli; Dan 11,37 lidolo
delle donne, probabilmente Tammuz; 2Cron
21,20 loram mori senza dignit = senza lamento
funebre?); anche hcemd viene adoperato preva
lentemente come nome retto: Is 2,16; Ger 3,19;
12,10; 25,34; Ez 26,12; Os 13,15; Nah 2,10; Zac
7,14; Sai 106,24; Dan 11,8; 2Cron 32,27; 36,10.
4/5/ Non s pu dire che il termine abbia gi
neirAT un senso teologico particolare. Come nel
caso di wh e contrariamente a quanto avviene in
espressioni che hanno un senso etico ben preciso,
(cfr. p.e. sff odiare , gnb rubare ), hmd ab
braccia tutta quanta la realt complessa* che va
sotto il nome di desiderio ; nessun aspetto par
ticolare si ancora reso indipendente per divenire
un termine tecnico in campo teologico. Solo nel
tardo giudaismo questa realt si degrada e si tra
sforma in tab, specialmente per quanto riguarda
il desiderio sessuale. Partendo dalle proibizioni del
dacalogo (la proibizione di rubare di Es 20,15
port alFerronea conclusione che in Es 20,17 si
parlasse di un peccato di pensiero ) ogni deside
rio materiale sollecitato dairesterno viene bol
lato come tentazione e ribellione contro Dio (cfr.
jbuOujxLa, concupiscentia; Mt 5,28; Rom 7,7;
inoltre StrB III,234ss.; IV/l,466ss.; J.J.Stamm,
Der Dekalog im Lichte der neueren Forschung,
*1962, 55-59, tradotto ed ampliato in M.E.Andrew, The Ten Commandments in Recent Re
search, 1967, 101-107); wh.
E.Gerstenberger

nan
T

hm

ECCITAZIONE

1/ Il sost. hm (*7?/m-<7/-, BL 450) vien fatto


derivare dalla radice jhm (*whm) (Barth 94), la
quale a sua volta vien messa in relazione con hmm
(arabo anche hmw/j) essere molto caldo . Nel
sign. bava, veleno il sost. fa parte del sem. co
mune (Bergstr. Einf. 187; P.Fronzaroli, AANLR
V ili/19, 1964, 250.264.276): acc. imtu bava, ve
leno (AHw 379b; CAD I/J 139-141), ug. hmt
veleno (recentemente attestato con frequenza
in RS 24.244 e RS 24.251, cfr. Ugaritica V,599a),
ebr. hm (Deut 32,24.33; Sai 58,5.5; 140,4; Giob
6,4), aram. himtfhemt (attestato solo nei dialetti
pi recenti), arabo humat veleno (di insetti) (/
> u davanti a labiale, GVG 1,199), et. hamt
Mele, bile (Dillmann 77s.). Il sign. ecci
503

tazione, collera ( < bava, spuma oppure de


rivato direttamente dalle radici suddette essere
molto caldo, ardente ) attestato oltre che in ebr.
soprattutto in aram. (iscrizione di Adad KAI nr.
214, r, 33 hm'\ Ah. 140 hmtYX aram. bibl. ham in
Dan 3,13.19; sir. ecc.).
2/ Mentre il verbojhm q,/pi. essere in calore
ricorre solo 6x nelPAT (q.: Gen 30,38.39; pi.: Gen
30,41.41; 31,10; Sai 51,7), il sost. hm compare
125x (incl. i passi suddetti col sign. di veleno ;
nel sign. eccitazione, collera 119x, di cui 2x al
plur: htnt, Sai 76,11 [txt?] e Prov 22,24, come
forma astratta <cira , GVG 11,59), con la fre
quenza maggiore in Ez (33x), Ger ( 17x), Sai ( 15x),
Is ( 13x),
Alla stessa maniera di aj\anche hm viene adoperato
raramente per la collera umana (28x), pi spesso invece
per Tira divina (89x non contando Sai 76,Hb txt em e
Giob 19,29 txt em): in riferimento al moto dellanimo
umano Prov 9x, Est 6x, Sai, Is e Dan 2x ciascuno, Gen,
2Sam, 2Re, Ez, Os, Ab e Giob lx ciascuno; allira divina
Ez 32x, Ger 17x, Is llx , Sai 9x, 2Cron 5x, Deut 3x, 2Re,
Nah e Lam 2x, Lev, Num, Mi, Zac, Giob e Dan ix cia
scuno.

3/ Nel suo significato fondamentale hem stando al significato della radice - potrebbe deno
tare r essere in ardore (a causa di eccitazione) ,
e quindi bollore, agitazione , e infine col
lera; cfr. Os 7,5, dove si parla delleffetto del
vino. Volendo allora stabilire una differenza ri
spetto a :'af\ si dovrebbe dire che mentre
questultimo si riferisce pi alla trasformazione fi
sica visibile che subisce un uomo in preda allira,
il quale di conseguenza respira a fatica, hema vuol
mettere in evidenza piuttosto il moto interno
delFanimo, il fervore interno dellira. Tuttavia dif
ficilmente si potrebbe individuare nei testi una
qualche differenza essenziale nel significato o
nelluso rispetto ad a/, dal momento che in circa
quaranta casi i due termini compaiono insieme
(come semplice aggiunta: Deut 9,19; 29,22.27; Is
42,25; 66,15; Ger 7,20; 21,5; 32,31.37; 33,5; 36,7;
42,18; 44,6; Ez 5,15; 22,20; 25,14; 38,18; Mi 5,14;
Dan 9,16; in espressioni parallele: Gen 27,44s.; Is
63,3.6; Ez 5,13; 7,8; 13,13; 20,8.21; Nah 1,6; Ab
2,15; cfr. HAL 313a; Sai 6,2; 37,8; 78,38; 90,7;
Prov 15,1; 21,14; 22,24; 27,4; 29,22; Lam 4,11).
Altre unioni si hanno: con derivati dalla radice tjsp
Deut 9,19, 29,27; Is 34,2; Ger 21,5; 32,37; Sai 38,2; con
geLr invettiva Is 51,20; 66,15; con tkhat ca
stigo Ez 5,15; 25,17; con la radice qn3 Ez 16,38.42;
36,6; Nah 1,2; Zac 8,2; Prov 6,34; con nqm Nah 1,2;
con zam collera Nah 1,6.

Lira pu accendersi (Jsi ni. 2Re 22,13.17) o salire


(7h 2Sam 11,20; Ez 38,18; 2Cron 36,16), pu cal
marsi (skk Est 7,10), da essa si pu essere abban
donati (Lzb Sai 37,8) o la si pu distogliere (sub
hi. Num 25,11; ls 66,15; Ger 18,20; Sai 106,23;
Prov 5,1).
hm irritazione assale il re nel momento in
non
hm
ECCITAZIONE
T "

504

cui apprende una cattiva notizia (2Sam 11,20; Est


1,12; 2,1; 7,7) o un uomo contro il suo fratello
(Gen 27,44) o contro un rivale (Est 3,5; 5,9).
Quanto possa essere dannosa questa eccitazione
viene espresso in detti sapienziali con molte im
magini (Prov 6,34; 15,1; 19,19; 22,24; 27,4; 29,22).
Longanimit (Prov 15,18) e sapienza (Prov 16,14)
proteggono da essa, ma anche un regalo al mo
mento opportuno (Prov 21,14). Altri esempi di //m nelluomo sono 2Re 5,12; Is 51,13.13; Os 7,5;
Sai 37,8; 76,11.11 ; Est 7,10; Dan 8,6; 11,44. Unec
citazione (sacra) pu prendere anche un profeta al
lorch egli viene afferrato e rapito dallo spirito di
Jahwe.
Per il testo e la traduzione di Is 27,4; Ab 2,15;
Giob 36,18 (e Ger 25,15) cfr. oltre a HAL 313 an
che G.R.Driver, On hmh hot anger, fury
and also fiery wine , ThZ 14, 1958, 133-135.
4/ hem ira di Dio si rivolge contro i singoli
(Sai 6,2 = 38,2; 88,8; 90,7; Giob 21,20), ma soprat
tutto contro il suo popolo nel contesto del giudizio
(Ger 4,4 ecc.; Ez 5,15 ecc.; Lev 26,28; Deut 9,19;
29,27; 2Re 22,13.17; Sai 78,38; 89,47; 106,23; Lam
2,4; 4,11; Dan 9,16). Anche gli altri popoli sono
sotto la collera divina, cos p.e. Sodoma e Go
morra (Deut 29,22), Edom (Is 63,3.5.6; Ez 25,14),
filistei (Ez 25,17), lEgitto (Ez 30,15) e tutti i po
poli stranieri (Is 34,2) e i nemici di Jahwe (Sai
59,14; 79,6).
Una concezione particolare sta alla base dellim
magine del calice dellira, al quale Jahwe fa bere
i suoi nemici (Is 51,17.22; Ger 25,15; cfr. Rudolph,
KAT XVII/3,255 per Lam 4,21).
5/ Negli scritti di Qumran hema compare in
qualche caso (cfr. Kuhn, Konk. 73), una volta in
unione con rgz eccitazione (1Q 20 1,2) e una
volta nellespressione sfogare la rabbia (spk, 6Q
10 2,4, cfr. Ez 20,8 ecc.).
Per il NT cfr. G.Sthlin, art. pyyj, ThW V, 419
448 (= GLNT VIII,1177-1254); R.Hentschke,
BHH 111,2246-48 (bibliogr.); II.Reinelt, BLex2
1934-36 (bibliogr.).
G.Sauer

*?n lim i AVER COMPASSIONE - DH1


liim .

0/PI
ha mas VIOLENZA
T T
'
1/ Il gruppo hms q. trattare con violenza , ni.
subire violenza e hms violenza sembra
avere poche corrispondenze dirette in testi indi
pendenti dallAT; vanno citati il giaud. hms
atrocit (KAI nr. 214, r. 26 in contesto fram
mentario) e laram. imperiale shd hms testimone
ingiusto (Ah. 140, = ebr. d hms). Nel caso
poi che hms si dovesse collegare alla radice hms II
505

CDn
hms
VIOLENZA
T T

(ebr. hms q. opprimere Sai 71,4; sost. hms


oppressore Is 1,17 txt?, 1 hms oppresso,
cfr. Wildberger, BK X,34), vi sarebbero ancora al
tri equivalenti aram., acc. (ed et.).
HAL 316a isola il verbo in Giob 21,27 considerandolo
un hms II ideare .

2/ Il qal ricorre (escludendo Giob 21,27) 6x


(Ger 22,3; Ez 22,26; Sof 3,4; Prov 8,36; Lam 2,6;
in Giob 15,33 detto dellatto di staccare i frutti),
il ni. lx (Ger 13,22). Pi frequente il no
me: 60x (esci. Ez 9,9 MSS hms al posto di
dmlm\ Sai 14x, Prov 7x, Ez ed Ab 6x ciascuno,
Gen e Ger 4x ciascuno).
3/ a) hms si trova per lo pi al sing.; i plurali
di 2Sam 22,49 (Sai 18,49 sing.!); Sai 140,2.5 (v. 12
sing.); Prov 4,17 hanno una funzione attributiva
che intende precisare un nome ( uomo o vino
[operatore] di hms ), e coesistono accanto al
singolare (75 hms p.e., cfr. Prov 3,31; 16,29). I
genitivi retti dal nome designano dordinario log
getto della violenza (Giud 9,24; Gioe 4,19; Abd
10; Ab 2,8.17; con suffisso pronominale Gen 16,5;
Ger 51,35), pi raramente loperatore di violenza
(Ez 12,19; con suffisso pronominale Sai 7,17).
Nel vocabolario profetico come sinonimo di hms viene
adoperato spesso hd maltrattamento, devastazione
(Is 60,18; Ger 6,7; 20,8; Ez 45,9; Am 3,10; Ab 1,3; 2,17;
sd si trova nelPAT complessivamente 25x, solo nei libri
profetici ad eccezione di Sai 12,6; Giob 5,21.22; Prov
21,7; 24,2; inoltre sdd q. devastare, violentare 32x, ni.
lx, pi. 2x, pu. 20x, poi. lx, ho. 2x, anchesso presente
quasi esclusivamente nei profeti, pi raramente in Sai,
Giob e Prov, solo una volta in Giud 5,27). La differenza
pu consistere nel fatto che in sd laccento posto
sulfazione stessa, in hms invece sulla natura o sulla
conseguenza del fazione.

b) Fra luso religioso e quello profano non s pu


fare una separazione netta, dato che hms, anche
quando si verifica fra uomini, colpisce un ordine
stabilito o garantito da Dio (von Rad E,170). Tut
tavia si possono individuare diversi aspetti del ter
mine.
La parola prima di tutto ancorata nellambiente
giuridico (R.Knierim, Cht und Chms. Zwei Begriffe fir Siinde in Israel und ihr Sitz im Leben,
Heidelberg 1957 (tesi), 125ss.), ma anche ivi pu
essere usata in maniere diverse.
Nel grido di violenza espresso semplicemente con hms
(Ab 1,2; Giob 19,7; per Ger 20,8 vd. st.) von Rad 1,170;
Knierim, l.c., 129ss.; H.J.Boecker, Redeformen des
Rechtslebens im AT, 1964, 60s., vedono un appello alla
protezione legale rivolto dalla comunit giuridica (aper
tura di processo). Ma dato che in entrambi i casi a
Jahwe che viene rivolta l'invocazione, dovrebbe trattarsi
in entrambi i testi piuttosto di un immediato grido
d'aiuto (similmente anche sm4 ni. in Is 60,18 e Ger 6,7
va inteso come sentire di Eversamente da Knierim,
l.c., 131J, giacch hms in Ger 6,7 legato a sd e Is
60,18 parla di oppressione straniera).

L'espressione4d hms (Es 23,1; Deut 19,16) ori


ginariamente designa laccusatore in un caso di h506

ms (non il testimone ingannatore; in Deut 19,18


il fatto che laccusa risulti falsa dopo uninchiesta,
viene indicato espressamente con sdeqcer in
ganno), ma in seguito mutando significato
passata ad indicare in genere il testimone vio
lento, che infrange il diritto . hms dovette si
gnificare allinizio proprio il misfatto, il quale
grava quasi materialmente sulla terra come un
peso e turba il rapporto che essa e i suoi abitanti
hanno con Dio, sicch chiunque ne sappia qual
cosa ha il dovere di presentarsi come denunziatore
davanti alla comunit giuridica per allontanarne le
conseguenze (cfr. H.J.Stoebe, WuD N.F. 3, 1952,
12lss,; per Kd come accusatore anche
B.Gemser, SVT 3, 1955, 130; diversamente Knie
rim, l.c., 127s., il quale tuttavia sottolinea giusta
mente che il termine racchiude la concezione del
campo dellazione automatica, l.c., 135). La
legge di Deut 19,15-19 si trova sullo stesso piano
delle prescrizioni relative ad un assassinio com
messo da mano ignota (Deut 21,1-9) e delle serie
di maledizioni (Deut 27,15-26; cfr. Lev 5,1), e in
essa daltronde si pu riconoscere una prassi giu
ridica abbastanza progredita nel suo sforzo di con
seguire la sicurezza del diritto (Deut 19,15).
Questa convinzione si manifesta quando ijms
costruito con m!' essere pieno (terra, citt, se
condariamente anche il tempio; Gen 6,11.13; Ez
7,23; 8,17; 28,16; Mi 6,12; Sof 1,9). Se la terra
piena di hms, ne consegue per i suoi abitanti ca
stigo e distruzione. Ci diventa particolarmente
chiaro in Gen 6,13; nonostante la testimonianza
tardiva (P), non si tratta per di unidea teologica
recente (diversamente Knierim, l.c., 134), ma
piuttosto di una conseguenza diretta del signifi
cato originario.
Lo stesso vale quando lazione del hms ricade su
chi la compie (Giud 9,24 con b venire; Sai
7,17 conjrd ricadere ), o quando hms unito
a "ai su (Gen 16,5 J; Ger 51,35; Mal 2,16; il te
sto di Gen 16,5 esprime una concezione arcaica: la
conseguenza del hms che grava su Sarai la
mancanza di figli; ella lo fa ricadere su Abramo
come cointeressato e definisce cos la gravit del
comportamento di Agar [cfr. Knierim, Le., 134;
von Rad, ATD 3,162]).

tezione legale. Non si pu stabilire se Prov 26,6 rientri in


questambito (cfr. al riguardo Gemser, HAT 16,94), data
linsicurezza del testo.

4/ Contenuto di un simile hms sono, fino


agli scritti profetici, lo spargimento di sangue
(Gen 49,5s.; Giud 9,24; Is 59,6; Ger 51,35; Ez
7,23; Gioe 4,19; in Ger 22,3 htns q.) e probabil
mente i delitti sessuali (Un accenno al riguardo
solo in Ger 13,22 ni.), che alla stessa maniera con
taminavano la terra (Lev 18,28; 20,22) e dalla
legge erano pure puniti con la pena di morte (p.e.
Lev 20,11-18).

Ora, il campo dellazione automatica nelPAT


pu essere delimitato su un piano teorico e non
con molta precisione, poich la concezione magica
che vi sta dietro una forma tradizionale, che non
rivela ancora lessenza del pensiero vtrl., e che
viene riempita di un nuovo contenuto (cfr.
N.H.Ridderbos, GThT 64, 1964, 226ss.). La rive
lazione propria dellAT nel rapporto tra Jahwe e il
popolo colloca in primo piano la responsabilit
delPuomo. Di conseguenza limportanza del voca
bolo si sposta sul soggetto che agisce e sulla sua
colpa individuale. Questo non vale tanto per le
formule (ls 59,6; Ez 12,19; Giona 3,8; Mi 6,12;
Mal 2,16; Giob 16,17; lCron 12,18, spesso con jd/
kaf mano , nella quale sta il hms, potrebbero
- anche se con qualche riserva - essere aggiunti ai
passi precedenti), quanto piuttosto per il com
plesso delle azioni che vi sono racchiuse. La con
nessione con bgd mancare alla fedelt (Sof 3,4;
Mal 2,16; Prov 13,2; similmente 16,29 con pth pi.
sedurre ) indica che hms un trasgredire i
doveri verso il prossimo, una delimitazione del
suo diritto e del suo spazio vitale e si estende ad
ogni fonua di comportamento asociale (Am 3,10),
in contrapposizione al diritto e alla giustizia
(Ger 22,3; Ez 45,9). Si nomina espressamente lal
terigia (Sai 73,6), linganno (Sof 1,9) nel parlare
(Mi 6,12; cfr. Prov 10,6.11 e daltra parte il titolo
onorifico del servo di Dio in ls 53,9) e infine
il processo intentato ingiustamente (Sai 55,10;
Ab 1,3 txt?).
Ez 22,26 e Sof 3,4 (hms q., sogg. i sacerdoti) par
lano di violazioni contro la tor di Jahwe. Cos
Jahwe stesso si volge contro il hms, che egli odia
(Sai 11,5), dal quale egli salva (2Sam 22,3.49 = Sai
18,49; Sai 140,2.5; cfr. Sai 72,14 il re per incarico
di Jahwe), a causa del quale ci si rivolge a lui (Ab
1,2; Sai 25,19) e che egli punisce (Ez 7,23; 8,17s.;
12,19; 28,16; Sof 1,9). Se il hms per con un pa
radossale rovesciamento opera di Jahwe stesso
(Giob 19,7), allora non c nessun aiuto contro di
esso.
hms diventa cosi un termine vasto per indicare
il peccato (Ez 7,11; Giona 3,8; cfr. anche lespres
sione *rs hmsfifmslm, vd. sp. 3a). interes
sante notare a questo proposito che hms non
viene esercitato solo in Israele ma anche da popoli
stranieri contro Israele (Gioe 4,19; Abd 10; Ab 1,9;
2,8.17). Questa evoluzione spiega perch nel voca
bolario dei salmiw
d scqcer falso testimone e d
hms vengano ad avere lo stesso significato (Sai
35,11; cfr. 27,12, kzb 3a), cosa che per non si
verifica alle origini (vd. sp. 3b).

Secondo un'ipotesi interessante di J.Berridge, Prophet,


People, and th Word of Yahweh, 1970, 152-154 (cfr.
anche S.Marrow, VD 43, 1965, 241*255), Ger 20,8 po
trebbe essere influenzato dalla precedente metafora che
parla di violentare; hms sarebbe il grido daiuto della
ragazza (cfr. Deut 22,24) e non linvocazione di una pro

5/ Nei testi di Qumran hms poco usato


(Kuhn, Konk. 73c). Per i LXX e per il NT cfr.
G.Schrenk, art. Stxo^, ThW 1,150-163 (= GLNT
1,401-440); W.Gutbrod, art. devota, ThW IV,10771079 (= GLNT V II,1401-1406).
ILJ.Stoebe

507

Gran
hms VIOLENZA
t r *

508

|]n

hnn ESSERE MISERICORDIOSO

La radice finn essere misericordioso verso


qualcuno, mostrare favore o sim. fa parte del
seni, comune (manca in et.); ricorre come verbo e
in diverse derivazioni nominali, con significati si
mili a quelli dellebr., in acc. (ennu, AHw
217.219; CAD E 162-164), amor, in alcuni nomi
(Buccellati 134; Huffmon 200), ug. (WUS nr. 947;
UT nr. 882; Grndalil 135s.), come vocabolo del
semO. nelle lettere di Amarna (EA 137,81;
253,24; cfr. CAD E 164s.), fen. pun. (DISO 91s.;
nomi propri come Hanno, Hannibal ecc.: Harris
102s.), aram. (DISO 91s.; KBL 1076b), arab.
(Wehr 189b).
1/

Dal lato etimologico si suppone una connessione con


hnh piegarsi, sdraiarsi (p.e. GB 243b; per hannot in
Sai 77,10 cfr. GK 67r e Nyberg 142: inf. q. di hnn\ di
versamente HAL 319b: inf. pi. di hnh II) oppure con una
radice a due lettere hn che sarebbe alla base di entrambi
(D.R.Ap-Thomas, JSS 2, 1957, 128).
Lapaxlegomen hnn II essere fetido (Giob 19,17) ri
sale ad una radice con un originario h come prima radi
cale, attestata nel sir. e nellarabo.

Prescindendo dai casi in cui hnn un elemento di


nomi propri (p.e. *cefhnan, HannT!, Hnanja[h fr],
Manna ecc., cfr. Noth, IP 187), nelPAT la radice ri
corre in forma verbale al qal, pi., hitp. e poi., in
forma nominale nei sost. hn favore, grazia e
ffnin misericordia (solo Ger 16,13) e inoltre
negli astratti derivati dalla coniugazione riflessiva
fhinn e lahanitriini supplica (BL 495.497), in
forma aggettivale in hannn clemente, benigno
e in forma avverbiale in hinnm immeritata
mente, senza motivo, invano .
Lapparente forma ni. nhcmti in Ger 22,23 un errore
per una forma di nh sospirare , cfr. BL 351; le appa
renti forme ho. jihan in Is 26,10 e Prov 21,10 vanno
considerate passivi del qal, cfr. BL 286 e il nome Hnn.
La finale -dm di hinnm non una mimazione deiraccusativo avverbiale (cos GVG 1,474; Meyer 11,39; cfr. UT
11,4), ma rappresenta un suffisso rafforzato di 3a masc.
plur. (BL 529; cfr. anche H.J.Stoebe, VT 2, 1952, 245).

2/ NelPAT ebr. il verbo hnn ricorre 78x, e pre


cisamente al qal 55x (di cui 30x solo in Sai, incl.
Sai 77,10; Is 5x, Gen, Giob e Prov 3x ciascuno),
alPhitp. 17x, poi. e ho. 2x, ni. e pi. lx. Quanto ai
sostantivi il pi frequente hn con 69 ricorrenze
(Gen 14x, Prov 13x, Es 9x, ISam ed Est 6x cia
scuno; si trova soprattutto nei libri storici con 47
attestazioni e nella letteratura sapienziale con 15;
nei salmi [2x] e nei profeti [5x] la parola rara); se
guono (ehinn (25x, di cui 9x in IRe e 5x ciascuno
in Ger e 2Cron), tahannm (18x, di cui 8x in Sai)
e hamn (lx). hannn ricorre 13x (6x in Sai), hin
nm 32x (Sai e Prov 6x ciascuno, Giob 4x).
NelParam. bibl. ricorrono una volta il qal e una volta
Phitp. (rispettivamente in Dan 4,24 e 6,12).

3/ Luso non-teologico di questro gruppo termi


nologico si pu analizzare secondo le diverse
509

]:n finn ESSERE MISERICORDIOSO

forme con cui la radice si presenta: hn (a-c), han


nn (d), verbo (e-f), iehinnltafnm m (g). Per il
tutto cfr. W.F.Lofthouse, Hen and tlesed in th
Old Testament, ZAW 51,1933, 29-35; W.L.Reed,
Some Implications of Hen for Old Testament Religion, JBL 73, 1954, 36-41; D.R. Ap-Thomas,
Some Aspects of th Root HNN in th Old Testa
ment, JSS 2, 1957, 128-148; K.W.Neubauer, Der
Stamm CIINN im Sprachgebrauch des AT, Berlin
1964 (tesi).
a) Il nome hn ricorre esclusivamente al sing.
Una formula frequente soprattutto nei testi narra
tivi ms' hn bein. trovar grazia agli occhi
di... . Appare evidente in questa formula che non
si tratta di singole manifestazioni concrete di fa
vore , ma di un atteggiamento di fondo che ne
pu essere il presupposto.
Per questo motivo il nome solo raramente determi
nato, in Prov 31,30 tramiteTarticolo (ivi per hn signi
fica grazia, leggiadria ), in Gen 39,21 tramite un suf
fisso pronominale, in Es. 3,21; 11,3; 12,36 tramite un
nome retto (qui la formula suona ntn hn bgin...
procurar grazia agli occhi di... , dove Jahwe soggetto
del verbo, mentre latteggiamento di hn assunto da
uomini, dal guardiano del carcere, dagli egiziani). I limiti
originari di questo uso scompaiono nellespressione ns'
hn bein... (Est 2,15.17; 5,2; cfr. anche davanti a
lui in Est 2,17).

Con la suddetta formula (cfr. Lande 95-97) ci si ri


ferisce per lo pi ad una relazione fra uomini, an
che in Gen 18,3; 19,19; Giud 6,17, dove in effetti
il colloquio si svolge con Dio o con un angelo, ma
10 stile sempre quello di un racconto leggenda
rio. Pi di rado il soggetto del hn esplicitamente
Jahwe; si tratta in pratica solo di quei testi in cui
si delinea il rapporto fra Mos e Jahwe (Es 33-34;
Num 11).
Colui, agli occhi del quale si trova hn^ sempre
11 superiore, mai linferiore (il re: ISam 16,22;
27,5; 2Sam 14,22; 16,4; IRe 11,19; Est 5,2,8; 7,3;
il principe ereditario: ISam 20,3.9; il vicer: Gen
47,25). Probabilmente la formula proprio dello
stile di corte, ma in seguito ad un processo di der
mocratizzazione pu essere usata anche per un
uomo qualsiasi che, in quanto superiore, sta di
fronte ad un inferiore (ufficiale: Gen 39,4.21; il
fratello pi forte: Gen 32,6; il ricco proprietario:
Rut 2,2.10.13). In definitiva il termine non vuol
dire altro che questo: colui al quale si rivolge la pa
rola in grado di accordare quanto colui che
chiede (peraltro con totale indipendenza) desidera
che gli venga concesso (Gen 34,11; Num 32,5;
ISam 25,8). Anche se, per loro natura, i confini in
questo caso restano incerti, la formula non si ri
duce mai propriamente ad una pura espressione di
cortesia.
In Gen 50,4 Giuseppe potrebbe essere costretto a ricor
rere alla mediazione dei cortigiani perch egli, essendo
impuro per la morte del padre, non pu presentarsi diret
tamente al faraone (cos H.Holzinger, HSAT 1,96). In Gen
47,29 lo stile con cui Giacobbe formula la sua richiesta po
trebbe essere dovuto ailalla posizione del figlio.

510

La provenienza originaria deir espressione dal


lambiente di corte si deduce anche dalle attesta
zioni di devozione che la accompagnano, sia nelle
invocazioni sia quando colui che paria presenta se
stesso (cfr. 5dn signore Gen 18,3; 32,6;
33,8.15; 47,25; 2Sam 14,22; 16,4; "debced servo
Gen 19,19; Num 32,5; sjh serva ISam 1,18;
Rut 2,13). Laver trovato hn la condizione ne
cessaria per presentare una richiesta (Gen 18,3;
47,29; 50,4; Es 33,13; Giud 6,17; ISam 20,29;
27,5), come daltra parte una preghiera esaudita o
un dono che giunge alPimprovviso fanno consta
tare il hn del donatore (2Sam 14,22; 16,4; Rut
* 2,13).
Come atteggiamento di un superiore hn possiede
senza dubbio un elemento di condiscendenza o di
benignit (N.H.Snaith, The Distinctive Ideas of
th OT, 71957,L27s.). Tuttavia bisogna notare che
nella formula m tyn be''nw laccento viene po
sto su ai suoi occhi , e non su trovare (con
tro Lofthouse, l.c., che proprio nel trovare
vede lelemento caratteristico di questa espres
sione). Da ci si deduce che laccordare hn in
clude in s una valutazione del fatto che due per
sone sono luna d fronte alFaltra, sicch en
trambi, tanto il soggetto che loggetto, sono al
centro dellattenzione e sono cointeressati, seb
bene in diversa maniera, a quanto avviene (cfr,
LLJ.Stoebe, YT 2, 1952, 245). Ci tanto pi
chiaro quando la formula, anche se in diversi con
testi, viene completata con un termine che
esprime percezione (Rut 2,10 nkr hi.; Est 2,15 r7?;
Zac 12,10 nbt hi.).
Questo giudizio pu stabilire lidoneit a determinati in
carichi. In Gen 39,4 non sfugge a Poti far che la benedi
zione di cui Giuseppe rivestito lo rende adatto al ser
vizio; in ISam 16,22 Saul trattiene Davide alla sua corte
perch ne ha conosciuto le doti (laffetto spontaneo
viene espresso nel v. 21 con /ib amare, cfr, anche
18,1); in ISam 25,8 Nabal deve riconoscere che i compa
gni di Davide si sono comportati in maniera benevola e
generosa. La prescrizione del diritto matrimoniale di
Deut 24,1 lesempio pi chiaro: il matrimqnio pu es
sere sciolto quando luomo scopre nella propria moglie
qualcosa di odioso , cio constata qualcosa per cui
essa non trova hn presso di lui e che a suo giudizio un
ostacolo per il matrimonio.
D altra parte vanno tenuti presenti lo stalo di debolezza
e la condizione per la quale uno merita compassione
(uno dei compiti del re il prendersi cura di coloro che
sono privi di aiuto); in Gen 33,8 la vista delle donne e
dei figli di Giacobbe deve mutare lo stato danimo di
Esa In questo quadro va visto anche Zac 12,10. Il testo
difficile, poich non sono noti gli avvenimenti presup
posti. Il fatto che vi ricorrano insieme hn e tahannlm
non deve far pensare che il secondo esprima ci che da
parte delfuomo corrisponde al hn di Dio. hn la com
mozione, la forte emozione alia vista del martire, che
porta poi al tahannfm supplica .

Siccome il hn, secondo il valore primitivo del ter


mine, la benevolenza esercitata da un re, al
quale anche affidato il compilo di proteggere gli
sventurati e il cui interesse a trattare in maniera
speciale un suddito pu avere peraltro le pi di
511

verse motivazioni, nel termine resta inclusa lidea


di una benigna condiscendenza, pur non essendo
possibile definirla con maggior precisione. Cosi
pure difficile sostenere che hn significhi una
manifestazione spontanea di grazia (Lofthouse,
Le., con unaccentuazione troppo unilaterale del
rapporto fra superiore e inferiore; contro di lui a
ragione Reed, l.c., 39), come pu aversi in campo
sociale quando si parla di un diritto che si fonda
sulla buona condotta di una delle due parti in
causa (Neubauer, l.c.). Lespressione in campo
sociale quanto mai vaga, poich tutto quel che
accade fra uomini in un modo o nellaltro ha a che
fare con la societ; essa non dice ancora quello che
pu essere lelemento specifico delle singole situa
zioni.
Nelluso del termine che abbiamo fin qui de
scritto, hn dovrebbe essere reso con favore , o
meglio con considerazione o anche inclina
zione. Con questi tre termini circoscritto il
senso della parola: si tratta di un uomo che in
condizione di inferiorit, il quale viene scelto da
una massa informe e viene preso in speciale con
siderazione personale o per via di prestazioni da
lui fornite e riconosciutegli oppure per un non me
glio precisato atteggiamento di benevolenza da
parte del superiore (cfr. io ti conosco Es 33,12
- jd ').

b) Nel corso di unevoluzione che si riscontra so


prattutto nel linguaggio sapienziale, si perde la
connessione con il beiti agli occhi di , riferito
ad una controparte concreta; lespressione si con
centra cosi in maniera unilaterale su colui che ri
ceve, il quale diventa cos uno che possiede. Il ter
mine acquista un significato pi generico e nello
stesso tempo assume una natura statica.
Quando la formula ricompare ancora, come in Prov 3,4,
data lampiezza che viene ad avere la determinazione
davanti a Dio e agli uomini , essa perde ogni riferi
mento concreto; rindebolimenlo appare chiaro anche
quando hn unito a skcel (db, che come altrove va in
teso nel senso di saggezza che ha successo , e non in
questo caso particolare come approvazione da parte di
altri . In maniera pi specifica hn di Prov 13,15, senza
ulteriori determinazioni, designa il frutto di simile skeel
tby in 22,1 hn (db un bene desiderabile come il buon
nome; in Sai 84,12 il parallelo kbcl gloria.
hn viene allora a significare la considerazione oggettiva,
non che uno trova, ma di cui gode. Questo sviluppo del
significato si delnea gi in Es 3,21 ; 11,3; 12,36. In questa
direzione, in riferimento cio a qualcosa d cui si di
spone, si deve forse ricercare il significato di *cebcen hn,
il talismano di Prov 17,8, che peraltro di difficile spie
gazione. A questo punto del resto si pu anche citare la
forma verbale jhan di ls 26,10; tutta l'espressione, che
senza mutare il testo va intesa come proposizione condi
zionale abbreviata (GK 159c), non pu voler dire che
lempio trova grazia presso Jahwe (sarebbe una bestem
mia contro Dio), ma si riferisce piuttosto alla considera
zione di cui lempio gode e che potrebbe far dubitare
della giustizia di Dio.

c) Questo spostamento daccento porta per conse


guenza a far assumere a hn il sign. di grazia,
] n hnn ESSERE MISERICORDIOSO

512

amabilit , intesa come propriet, percepibile alia


vista, di una persona o di un oggetto, in cui an
che implicata una certa idea di successo e di for
tuna, Bench non esclusivamente (cfr. Prov
11,16), questo particolare modo di intendere il ter
mine si trova soprattutto nella collezione pi re
cente di Prov 1-9 (1,9; 3,22; 4,9).
tin seJatdw grazia delle sue labbra in Prov 22,11 va
riferito alleloquenza del sapiente. Nella stessa linea si
trovano Nah 3,4 e Zac 4,7. Qui sembra appropriata la
traduzione bene, bene (W.Nowack, Die kJeinen
Propheten, '1897, 330) oppure bravo, bravo (E.Sellin,
Das Zwlfprophetenbuch, 1930, 501; cfr. anche Stoebe,
l.c., 245), mentre la traduzione salute, salute (Elligei,
ATD 25,117) appare troppo oggettiva, e grazia, grazia
(Sellin, l.c., 504) troppo formale. Nel caso che hjn (fitti)
di Giob 41,4 piene scriptum sia hn (Knig 107a),
rientrerebbe anchesso in questaccezione del termine; si
tratta per di un vocabolo sconosciuto.

d) Laggettivo hannun misericordioso solo in


Sai 112,4, e anche ivi non in senso univoco (cfr.
Kraus, BK X V ,770), viene riferito a uomini; in
ogni caso per capirlo bisogna ricorrere al suo uso
in un ambito sacro (vd. st. 4b).
e) Il verbo hnn q. mostrare hn verso qualcuno
non molto frequente nelluso ordinario. Mentre
la traduzione tradizionale essere misericor
dioso , adottata anche nel titolo di questa voce,
va bene piuttosto per i casi in cui Dio il soggetto
che manifesta hn (vd. st. 4c), nelluso profano va
tenuto presente il significato di hn in tutta la sua
ampiezza favore, considerazione, affezione ,
anche se per lo pi sono i deboli e i miserabili log
getto a cui rivolto il hn (Lam 4,16 anziani, par.
n' pnm rivolgere lattenzione a qualcuno;
Deut 28,50 fanciulli; Sai 109,12 orfani).
In Giob 19,21 Giobbe non si aspetta grazia o piet dagli
amici, poich essi non possono mutare il suo destino d
malattia, ma essi potrebbero almeno prendere in consi
derazione il suo stalo e smetterla con le loro chiacchiere.
In Deut 7,2 si tende gi ad una valutazione pi positiva.
Con hnn non si pensa qui alle conseguenze e al conte
nuto dellalleanza precedentemente vietata (come crede
Neubauer, l.c., il quale proprio qui trova confennala la
sua opinione per cui hnn designa una condotta secondo
le regole della societ), ma si vuol dire che gli israeliti
non devono concludere alcun patto con gli abitanti della
terra in cui stanno per entrare, n riservare loro alcun
trattamento di riguardo per i! fatto che essi sono grandi
e potenti (v. 1).
Quanto al passo difficile di Giud 21,22 cfr. W.Rudolph,
FS Eissfeldt 1947, 212 (I hannn 'otm essi ci fecero
dispiacere ); G.R Driver, A LUOS 4, 1962/63, 22.
Il part. q. hnn in Sai 37,21 26; 112,5 (par. ntn dare
o Iwh hi. prestare ) gi dagli antichi venne reso giusta
mente con regalare . In questo caso non bisogna pen
sale alla misericordia in senso stretto (cos p.e. Tholuck),
ma alla generosit intesa come virt (cfr. Sai 112,4).
In Prov 14,31 e 19,17 (indirettamente anche 28,8) il
comportamento che si richiede verso i( prossimo viene
fondato sul dovere verso Dio. Il valore del termine si av
vicina pertanto alluso di hn in un ambito sacro. Come
oggetto compaiono qui i poveri (cebjn 14,31; daI 19,17;
28,8; cfr. ''ani 14,21 poi.).

513

ITI hnn ESSERE MISERICORDIOSO

0 Tra le coniugazioni verbali derivate, hnn pi.


rendere gradito e il poi., con significato simile
a quello del qal, vengono usati solo con valore
profano, hnn hitp. chiedere attenzione, grazia
al contrario viene adoperato per lo pi in contesto
teologico.
Prov 26,25 pi. rendere piacevole (la propria voce) ri
corda luso di hn grazia, amabilit in Prov 1,9; 3,22;
4,9; 22,11. Cos anche il verbo condivide la pienezza di
significato del nome (un po diversamente Jenni, HP
269).
In Sai 102,15 poi. non si tratta di uomini, ma delle ro
vine di Gerusalemme, per le quali si afflggono i servi di
Jahwe (pai. rsh amare ). Come gi nei testi dove si ha
il part. q., anche in Prov 14,21 beato colui che ha piet
dei miseri si pu riscontrare queirampliamento di si
gnificato per cui hnn passa ad indicare un bene morale e
un ideale di vita.

Il fatto che hn/hnn non si riferisca unilateral


mente a colui che attesta benevolenza, acquista
maggior rilievo se si considera che la forma rifles
siva non significa mai mostrarsi misericor
dioso (cfr. hsd hitp.). Tale forma esprime anzi
tutto in maniera molto generale una richiesta di
considerazione, di attenzione, e poi anche, in
senso pi vasto, una richiesta di grazia. Il conte
nuto concreto si precisa con la situazione partico
lare, la posizione e le possibilit di colui che viene
invocato.
In Est 4,8 e 8,3 al re che viene chiesto un favore, e cio
grazia, contro le trame di un vicer avverso ai giudei. In
Gen 42,21 ci si aspetta di essere liberati dalla paura. In
2Re 1,13 luomo che viene inviato ad Elia supplica per la
propria vita e per quella dei suoi seguaci. In Giob 19,16
lespressione che viene scelta indica un rovesciamento di
rapporti; il signore abituato al comando deve ora pregare.
Lo stesso rovesciamento, ma in un processo giuridico,
viene deplorato in Giob 9,15; qui per la verit si accentua
gi fortemente laspetto della grazia, proprio perch lav
versario nel processo Dio stesso.

g) Analogamente, i nomi derivati dalla forma ri


flessiva fhinn e tah(niimm hanno il senso fonda
mentale di supplica; ricorrono per lo pi in
campo sacro, pi raramente per designare le rela
zioni tra uomini.
tahamtm m di Prov 18,23 acquista il suo significato dalla
contrapposizione con azzot (zz): il povero chiede con
umilt. Simile il caso di Giob 40,27 (parallelismo sino
nimico). Il significalo esatto d Fhinn in Gios 11,20
difficile a stabilirsi. Di solilo viene tradotto con mise
ricordia e Neubauer, l.c., 53, lo spiega in base agli ob
blighi che derivano dal patto stipulato. In effetti questo
sarebbe un significato che si allontana da quello abituale
(cfr. Ap-Thomas, l.c., 130, il quale per quesLo motivo
pensa ad un emendamento in hamn piet ). Ci si
pu chiedere se anche qui non venga accentuata forte
mente lidea di preghiera . La contrapposizione tra
lotta/attacco e preghiera. Jahwe aveva disposto che essi
continuassero ad andare avanti nella guerra e non fosse
lascialo spazio per trattative (preghiere). Lo sfondo teo
logico di questa visione delle cose, se si tiene presente
lampio significato del termine, pone in forte evidenza la
grazia; diverso invece il caso di Esd 9,8, a cui spesso si
514

fa riferimento, come mostra il contesto. In Ger 37,20;


38,26; 42,9 tehinn la preghiera pressante rivolta a
qualcuno che la pu ascoltare.

4/ Dato che la differenza fra Dio e luomo


senza misura, quando si vuol determinare il con
tenuto della radice viene posto in primo piano
laspetto delle libera grazia nei casi in cui la con
troparte Dio. La concezione di Dio basata sulla
fede non viene influenzata da ci che si pensa del
hn\ al contrario, ci che Puomo crede, spera ed
attende da Dio, determina il contenuto di hn (a),
hanfiuti (b), hnn q. (c), hnn hitp. (d), thinn e talfnrnim (e).
a) hn nel linguaggio teologico non molto fre
quente. Se si esclude Ger, manca del tutto nei pro
feti (per Nah 3,4 e Zac 4,7 vd. sp. 3c; per Zac 12,10
vd. sp. 3a). Forse il termine non appariva suffi
cientemente precisato dal punto di vista teologico.

condo la sua polarit sia secondo la promessa che


tale presenza include, usando termini che si rife
riscono allagile di un signore (re) o d un padre
(- rhm).
Per capire meglio la cosa bisognerebbe rifarsi a Mal 1,9;
se la si pone a confronto con il predicato nominale, si
vede che lespressione qui indipendente, in quanto
vuole accentuare pi fortemente lesigenza che da essa
risulta per luomo (cfr. anche Sai 103,12).

c) La stessa idea si incontra in Es 33,19, dove me


diante forme verbali finite del qal il nome di
Jahwe viene spiegato facendo riferimento sia al
suo contenuto sia alla sovranit delPazione divina.
unidea che influenza 2Re 13,23, ed anche Is
30,18 (v. 19 hnn solo come risposta ad uninvoca
zione di lamento), e si trova infine in forma pi li
bera in Is 27,11 dove i soggetti suo creatore e
colui che Pha fonuato vanno al di l della con
cezione originaria (cfr. anche Sai 102,14).
Spesso nel linguaggio liturgico dei salmi si usa
limperativo con suffisso come invocazione di pre
ghiera. chiaro che qui il significato diventa pi
generale e perde i suoi contorni precisi, per anche
qui il contesto spesso istruttivo. Quando a honnrtl siimi benigno si fa seguire una preghiera
concreta (Sai 4,2; 6,3; 9,14; 27,7; 30,11; 41,5.11;
51,3s.; 86,16), si pu constatare come il presuppo
sto della supplica sa ancora Pidea dellinclina
zione affettiva. Inoltre si hanno delle connessioni,
che compaiono spesso in questo caso, nelle quali
limperativo viene subordinato ad una simile pre
ghiera particolare, e pertanto hnn viene inteso
piuttosto in senso assoluto (25,16; 26,11; 27,7;
30,11; 86,16). Nella stessa direzione si dovrebbero
intendere quei passi in cui linvocazione per otte
nere hn resta isolata (31,10; 56,2; 57,2; 86,3; cfr.
123,2s. plur.). Lo sviluppo che si pu riscontrare
qui diventa molto evidente in Sai 119,29.

In Gen 6,8, poich non si d alcuna motivazione della


grazia che No trova, lespressione pone in rilievo piut
tosto colui che elargisce la grazia (v. 9 P non il fonda
mento di v. 8 J). In Gen 19,19 si insiste sul hcesced, la
cui grandezza viene sprimentata da Lot per il fatto che la
sua vita risparmiata senza alcun merito; di fronte a
questa realt egli riconosce di aver trovato il hn che gli
consente di esprimere unulteriore preghiera. In 2Sam
15,25 la libera decisione di grazia viene sottolineata an
cor pi con lantitesi nulla trovo in te che mi piaccia
(v. 26). Es 33,12ss. riceve la sua connotazione caratteri
stica dal fatto che qui il contenuto della preghiera ri
guarda Dio stesso, la sua presenza nel cammino, e hn
allora significa la sua completa comunicazione di grazia.
Di qui si capisce bene anche il significato oscillante di hn
in Es 3,21; 11,3; 12,36 (vd, sp. 3a). Ger 31,2 difficile dal
lato testuale, ma hn troppo ben precisato per poter
essere mutato (Rudolph, HT 12,193), La maggior parte
dei commentatori suppongono una affinit con Es 33;
ammesso che ci sia giusto, non per questo tuttavia si
pu vedere in hn un comportamento che si manifesta
airinlerno di una comunit stabile (cos Neubauer, l.c.,
69). Esso sta a significare piuttosto una promessa di gra
zia senza condizioni e senza limiti. Oltre ad alcune dif
ferenze rispetto ad Es 33, vanno notati anche punti di
contatto, almeno per quanto riguarda lidea generale,
con Gen 19,19 (cfr. hcesced al v. 3). Ci si accorderebbe
col fatto che il hanJn di Ger 16,13, che ricorre una sola
volta nellAT, per il suo contenuto si avvicina a hcesced
o almeno a rahamJm piet .

Lespressione wrtrtrka honnn difficilmente pu in


tendersi della tor che viene donata (cos A.Deissler,
Psalm 119 und seine Theologie, 1955, 124s.; 123:
fammi dono di ); questo sarebbe un modo di parlare
sapienziale che non si pu ritenere adatto nei confronti
di Dio. Qui la tor lessenza della comunicazione di s
e del dono di grazia. In questa luce vanno intesi anche
i versi 58 e 132.

b) Laggettivo isolato hannun misericordioso


(Es 22,26) va inteso pensando alla figura di un re,
il quale deve avere un occhio aperto per lamenti
dei propri sudditi. Questidea compare anche
quando hanmm ampliato con saddlq giusto
(Sai 116,5); Sai 112,4, incerto tanto per il testo che
per il contenuto, va visto in questa luce, anche se
in una maniera del tutto generica. Negli altri casi
lunione con rahmn misericordioso costante;
si tratta di una formula liturgica fissa, che si in
contra anzitutto nel predicato nominale di Es 34,6
(hannim preposto: Gioe 2,13; Giona 4,2; Sai 111,4;
112,4 txt?; 145,8; Neem 9,17.31; 2Cron 30,9; cfr.
Sai 116,5; posposto: Sai 86,15; 103,8). Con essa
viene descritta la presenza di Dio alPuomo sia se

In forma riassuntiva con la formula di benedi


zione di Num 6,25 egli ti sia benigno si
esprime in una maniera esemplare laugurio che
Jahwe volga il suo sguardo (di qui dipende Sai
67,2). caratteristico il fatto che spesso, o con fa
poich (Sai 25,16; 31,10; 41,5; 57,2; 86,3;
123,3) o in forma asindetica (Sai 4,2; 9,14; 26,11;
27,7; 56,2; cfr. Is 33,2), viene data una motiva
zione alla preghiera, oppure si accenna alla situa
zione di colui che invoca. 11 contenuto di questa
motivazione un accenno alla situazione di biso
gno (Sai 4,2; 6,3; 9,14; 25,16; 56,2; anche 102,14
tempo ), meno alla devozione personale
dellinvocante (Sai 26,11; 27,7?; 57,2; 86,3; 119,58;
cfr. Is 33,2 e Mal 1,9). Va notato Sai 41,5 contro

515

p n finn ESSERE MISERICORDIOSO

516

di te ho peccato ; qui viene tratta lultima conse


guenza: il volgersi di Dio perdono.

119,170). Anche qui non raro un collegamento


con la radice p l!{ IRe 8,28.30; Sai 6,10; 55,2 ecc.).

Non sono necessari mutamenti del testo (cfr. BH1, trala


sciati in BHS), dato che in Sai 51,6 si trova la stessa idea
(cfr. anche Sai 103,3). Qui viene espresso nella maniera
pi chiara quello che contenuto nella formula hannn
werahm (vd. sp. 4b). 1

Caratteristico il modo di parlare di Baruc in Ger 36,7;


37,20; 38,26; 42,2.9 (vd. sp. 3g); cfr. anche Dan 9,20 (v.
18 lahanflm). 11 collegamento con npl hi. far cadere >
dovrebbe denotare in maniera particolare linsistenza
nella supplica; ci sarebbe da chiedersi se in questo caso
non si possa individuare una associazione esterna con
tefill,

Fuori di questuso liturgico le connessioni diven


gono forse ancora pi chiare.
In 2Sam 12,22 troviamo la speranza che il fanciullo so
pravviva per via detratto penitenziale di Davide (diver
samente Hertzberg, ATD 10,254). Lo stesso timido
forse si trova in Am 5,15, dove all5 essere benigno
del v. 14 corrisponde un Jahwe sar con voi ; in ogni
caso resta garantita la sovranit della decisione divina. In
Gen 33,11 hnn non semplicemente regalare ; anche
qui la ricchezza inattesa si spiega con la speciale benevo
lenza di Jahwe. Giob 33,24 fuori di questa linea solo
per la forma, non per il contenuto. In seguito allinter
vento di un mediatore che addita aHuomo il suo dovere
(mark melts v. 23), il giudice divino pronuncia una
sentenza positiva; la traduzione ha piet non del
tutto corretta.

In Gen 43,29 il verbo praticamente ridotto a for


mula di saluto, corrispondente pressapoco al no
stro Dio ti benedica! (cfr. hcsced
di
2Sam 15,20).
d) Come gi nel campo profano, quando si usa
hnn hitp. il contenuto della preghiera si determina
in base alla potenza di colui al quale essa rivolta
(cfr. in Deut 3,23 laccenno alla precedente mani
festazione di potenza di Jahwe). Spesso hnn hitp.
si trova usato insieme con pH hitp. pregare (cfr.
anche Sai 30,9, con q f chiamare; 142,2, con
z'q gridare ) per esprimere in maniera generale
la preghiera rivolta a Dio ( a te IRe 8,33; da
vanti a te 9,3), e in questo caso laccento posto
sul perdono che si attende. Talvolta la possibilit
di una simile supplica appare legata a determinati
presupposti (IRe 8,33.47; 2Cron 6,24.37 ritorno,
conversione).

Lo stesso vale per taharumTm\ anchesso talvolta


sta in parallelo con tfitt (Sai 86,6; 143,1; Dan
9,3.17; 2Cron 6,21). Nei salmi esso ricorre, per Io
pi con un suffisso, come genitivo di ql voce
e allora dipende da unespressione che denota
ascoltare (Sai 28,2.6; 31,23; 86,6; 116,1; 130,2;
140,7; 143,1). A questo modo viene messo lac
cento propriamente su quel che c di insistente,
di amaro in questo supplicare, come appare chiaro
in Ger 3,21 dove tahanunTm unito a bekf
pianto .
Al contrario ili Ger 31,9 meglio leggere con G betanhmlm (cfr. Rudolph, HAT 12,195); per Zac 12,10 vd.
sp. 3a.

5/ Nei LXX hen viene tradotto per lo pi, anche


se non esclusivamente, con
kn,i con
eXeeLv e pi raramente etn q x t cpetv. Questi
termini non esprimono esattamente tutte le sfu
matura del vocabolo ebraico; si pu anzi osservare
come siano venuti a convergere tra loro i conte
nuti delle singole manifestazioni d grazia. Con i
suddetti termini greci si illustra poi, nellannuncio
nts., la pienezza della grazia di Dio in Ges Cristo
(cfr. al riguardo soprattutto R.Bultmann, art.
eXeoq, ThW II,474-483 = GLNT 111,399-424).
HJ,Stoebe

rpn hnp ESSERE PERVERTITO

quanto possiamo scorgere anche alla base dellammo


nimento di Bildad, in Giob 8,5, ammonimento che
esatto da un punto di vista di teologia di scuola; ven
gono poste in relazione tra loro ricerca seria e preghiera,
mentre probit e schiettezza sono il presupposto perch
la preghiera sia esaudita. In certo qual modo rimane
oscuro Os 12,5. A parte la guestione se in questo testo
di Osea si debba vedere una tradizione diversa da quel
la d Gen 32 (cfr. Th.CVriezen, OTS 1, 1942, 64-78),
in ogni caso nella traduzione abituale egli prevalse,
egli pianse e implor (diversamente Wolff, BK
XIV/l,274s.) hnn hitp. viene ad essere determinato tra
mite la contrapposizione. Piangere e implorare non il
comportamento del vincitore, ma del vinto.

1/ La radice di uso corrente nellarea lingui


stica semO. (ug. ijnp spietato , WUS nr. 1053;
UT nr. 981; sost. e verbo come prst. can. in E
288, r. 8 linfamia che essi commisero , e 162,
r. 74 che conosce infamia , cfr. AHw 320a.
321a; CAD H 76b.80s.; per le successive ramifica
zioni linguistiche vd. st. 3, cfr. HAL 322).
Nelfebr, la radice ricorre con valore intransitivo al
qal e con valore causativo allh l, come aggettivo
verbale hnf e in due, formazioni nominali
astratte, il nome segolato lincefc la forma femmi
nile hnupp (BL 467).

e) tehitine7 una volta soltanto sta ad indicare una


preghiera esaudita (Esd 9,8; cfr. Ap-Thomas, l.c.,
131 e sopra 3g). Altrimenti designa genericamente
la preghiera che Dio ascolta (IRe 8,30.45 ecc.;
2Cron 6,35.39; Sai 6,10), alla quale egli si volge
(IRe 8,28; 9,3), davanti alla quale egli non si
chiude (Sai 55,2), che sale davanti a lui (Sai

2/ Tutte le 26 attestazioni si trovano esclusiva


mente nel linguaggio poetico o comunque elevato:
qal 7x (Is 24,5; Ger 3,1.1.9; 23,11; Mi 4,11; Sai
106,38), hi. 4x (Num 35,33.33; Ger 3,2; Dan
11,32), hnf 13x (8x in Giob, 3x in Is, inoltre Sai
35,16; Prov 11,9), hncef lx (Is 32,6), hanupp lx
(Ger 23,15).
'

517

*]H hnp ESSERE PERVERTITO

518

3/ Sulla base dellarabo hanifa avere il piede


storto e hanafci voltarsi di fianco si pu pen
sare ad un concreto significato primario essere
girato, storto (congetturato in Sai 35,16 bhanj
nel mio zoppicare da G.R.Driver, ThZ 9, 953,
468s., cfr. HAL 322b e BHS; forse presente ancora
in Mi 4,11 (Sion) sia rovesciata/profanata ); di
solito domina per il senso figurato q. essere per
vertito , hi. corrompere, pervertire (cfr. il me
dioebr. e laram. giud. fingere , sir. hanpd em
pio, pagano , et. fjnj pagano, eretico , ecc.).
il sign. essere pervertito (hi. pervertire ) ri
scontrabile in tutte le ricorrenze del verbo (Dan
11,32 istigazione alla apostasia; Ger 23,11 profeta
e sacerdote; Mi 4,11 Sion; negli altri casi soggetto
o oggetto la terra in espressioni tipiche della teo
logia sacerdotale). La perversit di tipo giuridico:
omicidio (Sai 106,38; Num 35,33), trasgressione
dei comandamenti (ls 24,5, cfr. il contesto v. 3s.,
secondo il quale lo sconvolgimento dellordine del
mondo conseguenza della profanazione della
terra), oppure di tipo pi complesso (giuridico,
sociale, morale, cultuale), come in Ger 3,1.2.9,
dove hnp indica il pervertimento di un rapporto
sociale configurabile giuridicamente: la terra ap
partiene a dei stranieri invece che a Jahwe, come
la donna che appartenga ad un altro uomo anzich
al suo primitivo marito. Cos pure in Num 35,33:
la terra rimane contaminata fino a che romicidio
resti inespiato.
Anche i sostantivi lasciano trasparire il significato
primario di perversione : in Ger 23,15b si trova
hncef nella motivazione della condanna, alla
quale corrisponde proporzionalmente lannuncio
della pena; in ls 32,6 fare Ifnupp parallelo
a dire cose errate (t) .
Quanto airaggettivo, i testi d ls in cui esso ricorre
implicano il sign. di pervertito (Is 9,16; 10,6;
33,14; cfr. anche Prov 11,9), mentre Sai 35,16 txt?
e soprattutto i testi di Giobbe (8,13; 13,16; 15,34;
17,8; 20,5; 27,8; 34,30; 36,13) nel quadro del lin
guaggio poetico adoperano la parola in contesti pi
ampi rispetto alla situazione originaria (cfr. tutta
via 15,34 hnf insieme con tende della corru
zione ). Sicch soprattutto Paggettivo che pre
suppone ancora la tradizione della radice e la usa
in un senso genericamente negativo. Tra le tradu
zioni usuali forse preferibile quella di malva
gio, malvagit (non empio, sacrilego ), poich
il significato primario pervertito, essere perver
tito non rispecchia pi il senso nel suo com
plesso.
4/ Il vocabolo in tutte le sue ricorrenze assume
pi o meno direttamente il carattere di una con
danna teologica. Sia che avvenga in campo giuri
dico (vd. sp.), sociale (Prov 11,9), cultuale (Is
24,5), morale, politico (Giob 34,30), sia che consi
sta in opere (Is 9,16; 32,6) o in parole (Sai 35,16;
Prov 11,9), il pervertimento sconvolge sempre gli
ordinamenti su cui fondata lesistenza. Questa
dimensione ontologica del retto, integro, vero, che
519

sta dietro ad un pervertimento, conferisce ad esso


la grave caratteristica di essere uno sconvolgi
mento radicale dellordine del mondo. Su questa
base possibile capire anche la formula che parla
del la perversione della terra , cosa che pu ve
rificarsi nelle singole azioni. Poich tuttavia il
pensiero antico e biblico vede Dio strettamente
collegato con la conservazione dellordine del
mondo, ogni fenomeno di perversione denota
labolizione dellordine del mondo nel suo valore
ultimo, cio in relazione alla significativa presenza
di Dio in esso. Da ci risulta chiaro che Dio stesso
col suo giudizio muta la terra, dopo che essa si
totalmente pervertita per opera degli uomini (Is
24,5). Designando un simile, fenomeno con la ra
dice hnp, si vuol perci condannare in ogni caso
una grave mancanza contro Dio.
5/ Luso di hncef \
n 1QS 4,10, dove si enume
rano le propriet dello spirito della malvagit ,
richiama di pi F essere pervertito in senso psi
cologico che non F empiet .
I LXX non erano pi in grado di capire il termine
ebraico in tutta la sua portata. Lo dimostra non
solo la traduzione generalmente insufficiente, ma
anche e soprattutto labbondanza dei iermini so
stitutivi.
R.Knierim

*10n h&sced BONT


*

1/ 1/ La radice ricorre solo nellebr, e


nelfaram. Mentre in ebr. prevale il significato po
sitivo (ficsad bont, grazia ), e quello negativo
(hcsced ignominia ) si trova solo in Lev 20,17
e Prov 14,34 (cfr. anche Eccli 41,22 margine; 1QM
3,6; hsd pi. oltraggiare Prov 25,10; Eccli 14,2;
per Sai 52,3 cfr. C.Schedi, BZ 5, 1961,259), nel sir.
predomina invece questo senso negativo (LS 245;
comprensibile che nel pai. crist. le due possibilit
coesistano assieme, cfr. F.Schulthess, Lexicon
Syropalaestinum, 1903, 67s.). Resta incerto al ri
guardo se si tratti di un influsso reciproco tra le
due lingue (ebraismi o aramaismi) (cosi p.e.
F.Schulthess, Homonyme Wurzeln im Syr., 1900,
31; Noldeke, NB 93; Wagner nr. 105/106), oppure
se sia lebr. sia laram. possedessero entrambi i si
gnificati fin da principio (U.Masing, Der Begriff
HESED im atl. Sprachgebrauch, FS Kopp 1954,
32); come pure dubbio se si abbia qui uno svi
luppo semantico diversificato di ununica radice
(in senso opposto) (p.e. Noldeke, l.c., 93; cfr. an
che R.Gordis, JQR 27, 1936/37, 58), oppure se si
tratti della fusione di due radici diverse, che per
caso avevano senso opposto (Schulthess, l.c., 32).
Letimologia non chiara. possibile un legame con
larabo hasada radunarsi per prestare aiuto (Schult
hess, l.c., 32; N.GIueck, Das Wort Hesed..., 1927,67s. =
id., Hesed in th Bible, 1967,106s.; HAL 323a), ma non
in modo cos sicuro da poterne dedurre conseguenze se

"fOn

hcesczd

BONT

520

masiologiche (cfr, le considerazioni di Schulthess, Noldeke, Masing, e il fatto che sarebbe sorprendente una co
stante trascrizione errata di s (che corrisponde allarabo s]
con 5 ).

2/

Oltre al sost. hcesced ricorrono nellAT lagg.


hsd (attestato una volta anche in pun.: KAI
nr. 145, r. 7; DISO 93; per la forma nominale vd.
st. IV/6b), hasd (Lev 11,19; Deut 14,18 in una
lista di animali impuri; Ger 8,7; Zac 5,9; Sai
104,17; Giob 39,13), che di solito viene tradotto
con cicogna , per via delle qualit comune
mente attribuite a questo animale (cfr. F.S.Bodenheimer, Animai and Man in Bible Lands, I960,
61; anche G.R.Driver, PEQ 87,1955,17), e infine
il verbo denominativo hsd hilp. comportarsi da
hsd (2Sam 22,26 = Sai 18,26).
Nomi propri sono Hcesced (IRe 4,10), forma ri
dotta di H'sadj (lCron 3,20; cfr. Noth, IP 183;
HAL 323b); per Jusab-(icsced ( possa tornare la
grazia) cfr. Rudolph, HAT 21,29s. (diversa
mente Noth, IP 245).

11/

1/ hcesced

ricorre 245x nellAT, distri


buito nel modo seguente: Sai 127x, 2Sam 12x,
Gen 1lx, Prov e 2Cron lOx, Is 8x, Ger e Os 6x;
inoltre 5x in IRe, Neem, lCron; 4x in Es, ISam;
3x in Deut, Gios, Mi, Giob, Rut, Esd; 2x in Num,
Giud, Giona, Lam, Est, Dan; lx in Gioe e Zac.
Delle 8 ricorrenze in Is, 4 sono nel Dtis e 3 nel Tritois.
Is 16,5 non pare di Isaia, e nonostante lintento messia
nico (cfr. Is 9,6) ha nella formulazione un carattere sa
pienziale (cfr. Prov 20,28).
In Es 20,6; 34,6.7; Deut, 5,9s. si ha una formula stereo
tipa, che si ritrova in Num 14,18.19, ma anche in Gioe
2,13; Giona 4,2; Mi 7,18; Neem 9,17; un po trasformata
in Dan 9,4; Neem 13,22 (anche in Mi 7,20, ma molto ab
breviata).
Nelle Cronache le ricorrenze di lCron 17,13; 19,2,2;
2Cron 1,8; 6,14; 24,22 corrispondono ai loro modelli
(Sam/Re). lCron 16,34.41; 2Cron 5,13; 6,42 (cfr. Is
55,3); 7,3; 20,21 hanno carattere innico (anche Esd

3, 11).

Il termine quindi comune nella letteratura nar


rativa e in quella sapienziale, ma soprattutto nel
linguaggio dei salmi. Ci coincide entro un certo
ambito, ma certo non esclusivamente, con luso
profano 0 religioso del termine. Esso manca del
tutto nella tradizione sacerdotale e compare molto
poco nei profeti. Un significato determinante dal
punto di vista teologico s ha solo in Osea, in Ge
remia e, in un contesto diverso, anche nel Deute
roisaia.
2/ A ci corrisponde, con una delimitazione an
cor pi evidente, luso di hsd (32x, di cui Sai
25x; hsd hitp. 2x).
28 ricorrenze si trovano nelle preghiere dei salmi (inclu
dendo anche ISam 2,9; 2Sam 22,26 = Sai 18,26; 2Cron
6,41). Molto simile il detto su Levi nella benedizione
di Mos Deul 33,18. Una volta il termine ricorre nella
letteratura sapienziale (Prov 2,8) e solo due volte nei
profeti (Ger 3,12 e Mi 7,2, solo qui riferito a Dio).

521

non
hcesced
BONT

111/ La parola hcesced (per hsd vd. st. IV/6)


resa solo imperfettamente con litaliano bont ,
il termine che abbiamo posto come titolo di questa
voce. Ci risulta (in sintesi III/8) anzitutto dai ter
mini che compaiono uniti a hcesced (III/l) e dagli
studi sin qui fatti (UI/2), per quello che possono
rivelare dal punto di vista grammaticale-semasiologico (II1/3) e per lo sviluppo del significato di
hcesced allinterno del suo campo semantico
(III/4), ma anche dalluso del termine in campo
profano (letteratura narrativa IIT/5, letteratura sa
pienziale e salmi I1I/6, Cronache e affini m /7) e
in campo teologico (IV/1-5).
1/ a) Spesso hcesced unito a ,a?mcet fedelt
('mn E III/2.4 1V/2) nellespressione hcesced
wce'a'm(et 0 sim. (Gen 24,27.49; 32,11; 47,29; Es
34,6; Gios 2,14; 2Sam 2,6; 15,20; Sai 25,10;
40,11.12; 57,4, 61,8; 85,11; 86,15; 89,15; 115,1;
138,2; Prov 3,3; 14,22; 16,6; 20,28). I due termini
sono uniti anche meno strettamente tra loro (Os
4,1; Mi 7,20; Sai 26,3; 57,11; 69,14; 108,5; 117,2),
e possono essere persino attribuiti a soggetti di
versi ( 1Re 3,6; Is 16,5), e talvolta, anche in questo
caso in connessione meno stretta, invece di wmcet
pu stare il termine etimologicamente affine tVmn (i passi sono citati in mn D III/8). Va notato
a questo proposito che, salvo poche eccezioni (Os
4,1; Mi 7,20, per via del contenuto; Sai 89,25),
lordine dei due termini resta fisso.
Lunione con bert non cos frequente ed li
mitata ad un settore abbastanza ristretto delia let
teratura dellAT. Essa si trova in Deut 7,9.12 e, in
dipendenza da questo testo, in Re 8,23; Neem
1,5; 9,32; 2Cron 6,14; inoltre Dan 9,4: Dove non
si nota pi il modello di una formula fissa, lor
dine dei termini pu variare (Sai 89,29; cfr. anche
Is 55,3).
b) Un altro aspetto dellambito semantico di
hcesced viene messo in risalto quando il termine
usato con rahamm (rhm), o con un legame
stretto (Ger 16,5; Os 2,21; Zac 7,9; Sai 25,6; 40,12;
103,4; Dan 1,9) o con una connessione pi ampia
(Sai 69,17; Lam 3,22 txt?, cfr. v. 32 rhm pi.). si
gnificativo che anche questuso sia limitato ad
unarea ristretta; manca sia nella letteratura sa
pienziale come in quella narrativa. Bench hcesced
abbia una certa alTinit di contenuto con rahmim
(vd. st. 111/4), tuttavia se ne distngue per il fatto
che esprime una relazione che pu essere ad una
sola direzione (di un superiore verso un debole/un
bambino/un peccatore), ma pu essere anche re
ciproca, per cui in alcune affermazioni, teologica
mente molto ben determinate, Tuomo pu mani
festare hdesced verso Dio (vd. st. IV/3; in modo
del tutto diverso A Jepsen, KuD 7, 1961, 269),
c) Diversamente da hn
* favore , hcesced
unito ad un genitivo pronominale e (pi rara
mente) nominale (p.e, ISam 20,14; Sai 21,8;
52,10), sempre per designare colui da cui hcsced
proviene (in Sai 59,11.18 il testo va modificato
522

[cfr. per J.Weingreen, VT 4, 1954, 55], e cos


pure in Sa! 144,2). I due termini vengono perci
usati anche come non sinonimi; quando ricorrono
assieme, si deve distinguere tra lo stile dellallocu
zione (hn) e ii contenuto delia supplica (hsced)
(diversamente Masing, l.c., 50).
Lunica eccezione al riguardo Est 2,17 ella (Ester) s
conquist il suo favore e la sua simpatia ; ma qui si ha
un uso tardivo e pi raffinalo di hcsced, che chiaro gi
al v. 9, dove hcsced sta da solo, nelfuso del verbo rrs
ottenere, guadagnare .

2/ a) Lunione con ^mcet,


berft e
rahamim , e inoltre la chiara limitazione dei testi
nei quali queste parole, come del resto anche hcsced da solo, ricorrono, mettono in evidenza il
peso teologico del termine. Si capisce perci come
si abbia una bibliografia molto ampia su hcsced, la
sua storia e il suo sviluppo semantico. La discus
sione sorta a cominciare da N.Glueck, Das Wort
hcsced im atl. Sprachgebrauche als menschliche
und gttliche gemeinschftsgemsse Verhaltungsweise, 1927 (ristampa 1961), esposta ampia
mente, nelPedizione inglese di questopera (Hesed
in th Bible, 1967), da G.A.Larue, Recent Studies
in Hesed, p. 1-32.
Secondo Glueck, hcsced non designa una benevo
lenza spontanea e in sostanza immotivata, ma un
atteggiamento che deriva da una relazione com
portante diritti e doveri (marito-moglie; genitorifigli; sovrano-sudditi). Se hcsced riguarda Dio, si
tratta allora della realizzazione delle promesse ba
sate sullalleanza. Se hcsced di fatto assume il si
gnificato di benevolenza, lo si deve allassimila
zione secondaria con rahamirti (p. 47s.). Ci signi
ficherebbe inoltre che la formulazione hcsced wce>(*mcet va intesa come endiadi (p. 66).
b) Questa concezione, che gi prima di Glueck
era stata proposta da LEibogen, hsdy Verpflichtung, Verheissung, Bekrftigung, FS Haupt 1926,
43-46, esercit un notevole influsso, soprattutto
perch accentuava lidea di alleanza (cfr. p.e.
K.Gailing, ThLZ 53, 1928, 561s.; W.F.Lofthouse,
Hen and Hesed in th OT, ZAW 51,1933, 29-35;
ichrodt 1,150-155; R.Bultmann, ThW 11,475-479
= GLNT 111,403-411; Khler, Theol. 173.245; id.,
KBL 318; J.A.Montgomery, Hebrew hesed and
Greek charis, HThR 32,1939,97-102; N.H.Snaith,
The Distinctive Ideas af th OT, 1944, 94-130;
A.Neher, Lessence du prophtisme, 1955, 264
275; A.R.Johnson, FS Mowinckel 1955, 100-112;
E.E.Flack, The Concept of Grace in Biblical
Thought, FS Alleman I960, 137-154; K.Koch,
Wesen und Ursprung der Gemeinschaftstreue
im Israel der Konigszeit, ZEE 5, 1961, 72-90; cfr.
soprattutto le esegesi dei vari testi). Essa tuttavia
non rimasta del tutto incontestata (cfr. p.e.
F.Asensio, Misericordia et Veritas, el Hesed
y Emet divinos, su influjo religioso-social en
la historia de Israel, 1949; indipendente da
lui H.J, Stoebe, Gottes hingebende Giite und
523

Treue, Bedeutung und Geschichte des Begriffes


Hesed, Munster 1950 (tesi); id., Die Bedeutung
des Wortes hsad im AT, VT 2, 1952, 244-254;
R.J.Kahn, Religion in Life 25, 1955-56, 574-581;
A.Jepsen, Gnade und Barmherzigkeit im AT,
KuD 7, 1961, 261-271; infine U.Masing, Der Begriff HESED im atl Sprachgebrauch, FS Kopp
1954, 27-63).

c) Ora, certamente esatto che hcsced, se si rife


risce alle relazioni tra uomini, ha necessariamente
a che fare con la comunit. Con questo per non
si ancora detto che cosa si richiede perch hcsced
si realizzi, o qual la sua natura. Il concetto di co
munit sembra inteso qui troppo formalistica
mente ( un pericolo questo che sussiste anche al
trove) e perci in definitiva perde ogni sua effi
cienza.
Bisogna tener presente che quando, per forza di cose, si
pongono in evidenza le strutture che riguardano la vita
o anche il diritto, e nelle quali il presente e il passato re
stano tra loro distinti, non si fa altro che delineare un
quadro molto generale, il quale deve essere poi posto in
atto datfuomo stesso, nel quale passato e presente non
sono pi distinL cos nettamente (cfr. in proposito Jep
sen, l.c., 267; Masing, l.c., 45). In fondo si manifesta qui,
in modo inconscio ma anche determinante, la comune
convinzione u man a che le differenziazioni della vita mo
derna fossero del tutto inconcepibili in passato.

chiaro ad ogni modo che effettivamente i sin


goli testi possono avere molteplici significati, a se
conda della precomprensione formale con la quale
si affronta lesegesi. Perci, proprio perch il con
cetto racchiude diverse sfumature, bisogna cercare
di dare subito alcune indicazioni semasiologiche
abbastanza oggettive (cfr. su questi problemi so
prattutto Stoebe, Gottes hingebende Giite..., 6ss.).
Non ci si possono aspettare a questo proposito dei
risultati sicuri, ma si pu solo ricavare qualche
aiuto e qualche prospettiva utile per lesegesi.
3/ a) Il nome ricorre al sing. e al plur. Nella mi
sura in cui i passi si possono disporre in ordine
cronologico, le forme plurali sono di origine esilica
e postesilica (Is 55,3; 63,7.7; Sai 17,7; 25,6;
89,2.50; 106,7.45; 107,43; 119,41; Lam 3,22.32;
Neem 13,14; 2Cron 6,42; 32,32).
Gen 32,11 J io sono troppo inferiore a tutta la miseri
cordia (plur. di hcsced con articolo) e a tutta la fedelt
C^rncet) che hai usato verso il tuo servo forma unec
cezione. hcsced sembra congiunto qui con amcet in
modo abbastanza stretto, ma non in una formula. Ci
certo insolito, ma qui lo si deve a kl tutto . Non ne
cessario supporre che si abbia qui una dittografia del se
guente mikkl (O.Procksch, Die Genesis, *1924, 191;
anche Stoebe, Gottes hingebende Giite..., 139). Si po
trebbe invece supporre che questespressione, per il suo
carattere di confessione, sia stala rielaborata secondo
una concezione pi tardiva.

Questo fatto va spiegato tenendo presente che hc


sced inteso come una relat abbastanza ampia,
che si manifesta in singoli casi. Va osservato in
proposito che proprio nei salmi il sing. e il plur.
Ipn hcsced BONT

524

possono coesistere assieme (p.e. Sai 106,1.7.45).


Ci tuttavia non significa che hcsced sia una qua
lit o un comportamento. Anche il sing. pu es
sere determinato mediante larticolo, racchiu
dendo perci un contenuto concreto che anche le
forme plurali presuppongono.
Tra i passi con larticolo, Gen 21,23; 2Sam 2,5; IRe 3,6;
2Cron 24,22 si riferiscono ad un hcsced menzionato in
precedenza; in Ger 16,5 l'articolo sostituisce il pronome
possessivo; Sai 130,7; Prov 20,28; Is 16,5 restano indelerminati. forse particolarmente caratteristico che lar
ticolo compaia quando hcpsad unito a ben t (Deut 7,9.
12 ecc.).

b) Spesso il nome costruito con il verbo 'sh


fare . Ci si verifica soprattutto nella letteratura
narrativa pi antica, ma anche nei profeti e nei
salmi, sebbene in misura molto minore (Gen
19,19; 20,13; 21,23; 24,12.14.49; 32,11; 40,14;
47,29; Es 20,6; Deut 5,10; Gios 2,12.12.14; Giud
1,24; 8,35; ISam 15,6; 20,8.14; 2Sam 2,5.6; 3,8;
9,1.3.7; 10,2.2 = \Cron 19,2.2; IRe 2,7; 3,6 =
2Cron 1,8; Ger 9,23; 32,18; Zac 7,9; Sai 18,51 =
2Sam 22,51; 11.9,124; Giob 10,12; Rut 1,8). Questo
indica anzitutto che la concezione legata a hcesced
concreta, ma si supera anche il fatto singolo
mediante 7m a, presso , che ricorre presso
ch costantemente. Cos l'area semantica del
termine oltrepassa questa formulazione concreta.
Nellespressione mantenere ( nsr) hcesced (Es
34,7; formulala negativamente in 2Sam 7,15) lac
cento posto maggiormente sulla promessa che
insita in un atteggiamento.
Va notato che non si ha qui alcun legame con 'mcet,
che invece caia Iteristico in questo contesto. Andreb
bero ricordati qui anche passi con smr custodire
(Deut 7,9.12; IRe 8,23 = 2Cron 6,14; Os 12,7; Sai 89,29
[smr par. 'mn ni.]; Neem 1,5; 9,32).

c) hcsced in quanto atteggiamento particolar


mente chiaro quando, con una preposizione, di
venta la misura di una speranza o di unattesa
(con ke conformemente a : Gen 21,23; Sai 25,7;
51,3; 109,26; 119,88.124.149 159; cfr. Num 14,19
secondo la tua grande bont ; con Fma'an a
causa di : Sai 6,5; 44,27; con at a motivo di :
Sai 138,2, rientra qui anche il he in di Es 15,13;
Sai 31,17; 143,12).
Nella realt i due aspetti non sono naturalmente
cos distinti tra loro, come risulterebbe da queste
nostre affermazioni. Un atteggiamento che non si
manifesta in azioni concrete resta teoria; ogni as
serzione che non caratterizza la natura di ci a cui
si riferisce, resta qualcosa di fortuito che non ri
guarda lambito umano. Un esempio lo si pu
avere anche nelfitaliano benevolenza , che in
clude sia gli effetti sia ci che essi presuppongono
(cfr. Stoebe, Gottes hingebende Gute..., 49; Jep
sen, l.c., 266),
4/ a) In base a queste sfumature diventa chiara
lunione tra hcsced e rahamfm misericordia
(vd. sp. Ili/ lb), dove hcsced il termine che
525

toriH hcsced
BONT
*

precede (Sai 40,12 costituisce solo uneccezione


apparente) e il tutto va inteso nel senso che le
opere di rahamirri sono la manifestazione di un at
teggiamento di hcsced, come indica anche il paral
lelo qcdceq mispat diritto e giustizia di Os
2,21. In questo significato di rahamm rientra, evi
dentemente in unepoca posteriore, la stessa
forma plurale hasdfni (vd. sp. UI/3a). Quando
quesfultima collegata con rahamlm (Sai 25,6; Is
63,7), viene per primo rahamim. Anche se si tratta
di un argomento piuttosto ristretto, si pu tuttavia
dedurre di qui che a un certo momento si
visto in ra(amini il termine pi forte e pi signi
ficativo.
b) Nella misura in cui si pu supporre una confu
sione dei confini linguistici fra hcsced e raham fm ,
si pu dire che per hcsced si avuta una limita
zione piuttosto che un ampliamento di significato.
Ci spiega anche perch proprio in testi pi recenti
hcsced sia spesso ripreso e sottolineato per mezzo
di tub bont e tb buono (cfr. Es 33,19
con 34,6; Is 63,7; Sai 69,17 1ketb pr k f tb, cfr.
Kraus, BK XV,479s.). Anche in Sai 25,7 i due ter
mini compaiono assieme, pur essendo vero che
qui (b come dono buono non sembra limitare es
senzialmente hcsced nel suo significato. Al con
trario nelle formule liturgiche abituali perch
egli buono {(db), s, la sua bont (hcsced) dura
in eterno o sim. (Sai 100,5; 106,1; 107,1;
118,1.2.3.4.29; 136,1-26; Esd 3,11; lCron
16,34.41; 2Cron 5,13; 7,3.6; 20,21) fjicsced esprime
la natura di Dio, relativamente alla sua bont. Ci
risulta anche dal fatto che apparentemente feilm
hasd il suo hcsced dura in eterno per forma e
contenuto sostituisce >cemcet nella formula fycsced
wce'/xmcet.
Mentre rnhamJm nel targum e nella versione sir. viene
tradotlo generalmente con la medesima radice, per
hcsced il targum si attiene ad essa solo in circa 50 casi
(il sir. solo 12x circa) La versione con rahmin ha un
certo rilievo (targum pi raramente, sir. 36x), ma nella
maggior parte dei casi hcsced viene tradotto con un de
rivato di ib (circa 130x), senza che si possa stabilire una
regola Tissa. Anche qui c una corrispondenza tra forme
singolari e forme plurali; tuttavia la versione non con
corda sempre con l originale (Stoebe, Gottes hingebende
Giite..., 54ss.).

5/ a) Le osservazioni fin qui fatte sulla ricor


renza del termine, il suo ampliamento, la sua re
strizione e i suoi complementi chiarificatori, per
mettono di giungere alla conclusione, per ora an
cora indeterminata, che con hcsced si intende una
relazione reciproca contraddistinta da qualcosa di
particolare, che in ogni caso oltrepassa levidenza
immediata. Concretamente ci si pu indicare e
chiarire nel suo contenuto con unanalisi di quei
passi, soprattutto della letteratura narrativa, in cui
hcsced riguarda le relazioni tra uomini.
A questo proposito ci si deve chiedere anzitutto se
c un uso profano in senso proprio. Il termine
gi nei testi pi antichi pu venir usato per indi 526

care un comportamento di Dio nei riguardi degli


uomini, che rende possibile un influsso reciproco
da ambedue le parti. Ci per non significa che
quanto poteva essere detto prima ed esclusiva
mente di Dio sia stato esteso in seguito allambito
puramente umano (cos apparentemente Jepsen,
1.c., 269), poich proprio nei testi storico-narrativi
pi antichi prevale il cd. uso profano (Stoebe, VT
2, 1952, 248).
In Gen le ricorrenze sono 11: sei caratterizzano
unazione umana (Gen 20,13; 21,23; 24,49; 39,21; 40,14;
47,29), cinque unazione divina (19,19?; 24,12.14.27;
32,11 ). Si pu affermare con una certa sicurezza che que
sti ultimi passi sono esclusivamente jahwistici.

b) IRe 20,31 sembra essere relativamente libero


da tali influssi. Qui indubbiamente hcsced lina
spettato, ci su cui non si pu contare; rende pos
sibile il sorgere d un trattato ma non esso stesso
un punto e una condizione di questo trattato. In
questa direzione va anche 2Sam 2,5, unantica e
irriflessa tradizione. Gi il fatto che hcsced sia de
terminato indica che quanto gli iabesiti hanno
fatto qualcosa di straordinario, che supera il
contraccambio (cos Glueck, l.c., 19) e per la
sua difficolt e il suo pericolo espressione di un
profondo senso di umanit (giustamente Neher,
l.c., 266); si basa senzaltro sulla riconoscenza, ma
qualcosa di assolutamente unico.
Allo stesso modo linumazione del padre un evidente
dovere del figlio (L.J.Kuyper, Interpretation 18,1964,4);
ma in Gen 47,29 Giacobbe chiede una cortesia ancora
pi grande. Saul non chiama hcesced il suo monito ai keniti (ISam 15,6); il loro hcscedycui egli si riferisce, era
stata a suo tempo una gentilezza compiacente, non un
dovere. Anche 2Sam 10,2, in cui il termine viene usato
per entrambe le parli, non pu significare altro che ri
cambiare una cortesia con unaltra cortesia; il fatto che il
comportamento di Davide pu venir frainteso mostra
quanto fosse inaspettato. In 2Sam 3,8 Abner presenta la
sua sollecitudine per il debole Isbaal come pura benevo
lenza, che pu a mala pena essere giustificata dallo stato
delle cose. Per 2Sam 16,17 ci si pu naturalmente do
mandare se ei si riferisca ad una devota benevolenza o
alla lealt. Ma anche qui si pu intendere il rimprovero
di Assalonne come mordace ironia: sei proprio un
bell*amico! In IRe 2,7 Davide pensa alla sua particolare
relazione di amicizia con Barzillai, richiedendo hcesced
per i figli di questultimo. La riconoscenza verso il padre
cos grande che si tramuta in benevolenza per i figli.
Gen 39,21 molto indicativo. Jahwe manifesta hcesced a
Giuseppe, naturalmente non il suo (ci non potrebbe ve
nire espresso con nth hi.), ma quello degli altri uomini;
i loro cuori si rivolgono a Giuseppe, che incontra bene
volenza. Diverso invece il riguardo particolare (hn,
hnn 3a) che il capo della prigione gli riserva. In Gen
40,14 il coppiere non ha alcun obbligo di ricordare Giu
seppe, poich costui spiegandogli il sogno non gli ha
reso un vero e proprio servizio (cos giustamente Neher,
l.c., 266). In Gen 20,13 laccento sta sul fatto che
Abramo con hcsced chiede qualcosa che supera i doveri
della moglie. Se Sara si attenesse solo ad essi, il tutto sa
rebbe abbastanza superfluo (analogamente in Gen
24,49).
_
In Gios 2,12 Raab designa con hcesced ci che essa com
pie verso i messaggeri; se qui si pensasse solo ai doveri

527

di ospitalit, sorgerebbe una grave difficolt, poich


Raab va contro gli interessi della citt da cui tollerata
e protetta. Ella giustifica anche teologicamente la sua
condotta (v. 9-11). hcesced qui una cortesia premurosa
che si fa con la speranza d essere ricambiati (una situa
zione simile in Giud 1,24, dove si promette hcsced
come ricompensa). Un dovere sorge solo con un giura
mento, come sua conseguenza. Allo stesso modo in Gen
21,23 il hcsced liberamente concesso da Abimelech il
presupposto del giuramento richiesto ad bramo, non
viceversa (cos anche Jepsen, l.c., 265).

Indubbiamente difficile ISam 20,8, dove di fatto


hcsced viene posto in relazione con una berit di
Jahwe (cfr. anche v. 14 hcsced Jhwh). Ad essa si
riferisce anche 2Sam 9,1.3,'7, dove al v. 3 si parla
direttamente di un h&sved'^lhm. In questo caso
si corre facilmente il pericolo di sopravvalutare il
termine dal lato formalistico (Glueck, l.c., 12). In
sostanza anche qui hcsced indica la dimostrazione
spontanea di una benevolenza cordiale. Lag
giunta del nome divino (ISam 20,14; 2Sam 9,3)
indica che i mezzi utilizzati oltrepassano vera
mente, nella loro portata, le possibilit umane (cfr.
D.W.Thomas, VT 3, 1953, 209ss.).
In Gen 19,19 insolita la connessione tra hcesced e gdl
hi. far diventar grande . Essa non si spiega dicendo
che Lot chiama grande il suo comportamento, di per s
comprensibile, perch ha riconosciuto i suoi ospiti come
angeli (Glueck, l.c., 9). Piuttosto, hcesced non pu essere
messo in rapporto con il comportamento umano. Il rac
conto presuppone i doveri dellospitalit. Certo anche gli
ospiti erano obbligati a proteggere lospitante secondo la
loro possibilit; ci accadde con laccecamento dei sodo
miti. La salvezza della vita di fronte alla catastrofe in
combente grazia e sta su un altro piano.
In Giud 8,35 non si pu dire se la gratitudine che non
viene manifestata includa anche ci che dovuto. Rut
3,10 viene di solito inteso, anche se non unanimemente
(Kuyper, l.c., 5), come un atto di amore devoto. Resta da
osservare che in tre passi (Gen 24,49; 47,29; Gios 2,14)
a hcesced si unisce 'amcel. la manifestazione attesa qui
per il futuro, o per lo meno lo include in se stessa,

6/ a) Anche nei libri sapienziali hcsced viene


usato per lo pi per esprimere relazioni tra uomini.
La difficolt consiste qui nel fatto che sentenze ge
nerali non permettono di individuare bene la si
tuazione in cui quanto esse annunciano deve
realizzarsi.
in certo qual modo chiaro che la donna virtuosa di
Prov 31,26 viene lodata anche perch sulle sue labbra sta
tmi hcsced (par. con sapienza ). Ci si riferisce qui
alla magnanimit e allabnegazione nel parlare. La tradu
zione graziosi discorsi (assimilazione di h>sced a hn)
gi di per s improbabile in un lesto relativamente re
cente, tenendo conto del v. 30; resta solo possibile inten
dere benevolo .
Allo stesso modo in Prov 11,27 lo 75 hcsced sta in con
trapposizione allo 'akzri, il crudele; egli colui che
sa aver nguardo e venire incontro agli altri, e che non bada
al proprio vantaggio. In 20,6 fjcsced posto accanto a is
<pmwim uomo fidato ; molti parlano della propria bene
volenza, ma luomo fidato, che la possiede, raro (probabil
mente si vuol parafrasare hcsced wce'^mcet).
In Prov 19,22 hcsced deve addirittura significare rettitu
dine di cuore e vero senso di umanit. Questo ci che

nOJl hcsced BONT

528

si chiede agli uomini, e perci un povero che lo pu pos


sedere migliore di un imbroglione che ovviamente non
pu averlo. Bisogna ammettere che qui si comincia ad
intendere legoismo come fonte di menzogna. In 21,12 si
ha s edcia e hcsced%tuttavia laffermazione resta nel ge
nerico, Ci vale ancora di pi per 3,3; 14,22; pure
chiaro che con hcsced wce'^mcet si pensa ad un atteggia
mento umano (similmente 16,6, dove la frase con la
bont e la fedelt si espia la colpa resta fuori di ogni
schema). In 20,28 (cfr. ls 16,5) il hcsced del re certa
mente qualcosa di pi della sua giustizia: la sua affa
bilit, che contribuisce a rendere stabile il suo trono;
nella prima met del verso potrebbe trattarsi di manife
stazioni divine, ma anche qui meglio pensare ad un
agire che divenuto ipostasi.

b) Nelle sentenze proverbiali dei testi sapienziali


pi recenti (Eccli) hcsced caratterizza quasi sem
pre situazioni religiose. Uneccezione si ha solo in
Eccli 7,33 e 37,11.
c) Nei salmi hcsced usato raramente per indi
care un atteggiamento umano e presenta anche
qui dei tratti sapienziali, p.e. in Sai 141,5, dove
una percossa non unoffesa, ma segno di bene
volenza, se data da un giusto.
Sai 109,12 non parla certamente di grazia che va al di l
della morte, ma in parallelismo antitetico con usuraio
del v. 11, di una dilazione, addirittura di un credito ca
ritatevole. Poich maledizione e omissione (opp. azione)
si corrispondono tra loro, al v. 16 hcsced da intendere
in tal senso.
Infine, nonostante qualche oscurit, si dovrebbe men
zionare anche Giob 6,14 in questo contesto. Anche qui
hcsced sembra essere un comune atteggiamento umano
(benevolenza, compassione, sollecitudine nel prestare
ascolto a qualcuno), che oltrepassa i normali presupposti
di una vita comunitaria ordinata (timore di Dio).

7/ I pochi passi che si potrebbero citare dalle


Cronache e dai testi affini non aggiungono nulla
di nuovo. 2Cron 24,22 ricorda Giud 8,35, e Esd
7,28; 9,9 ricordano Gen 39,21. Vanno menzionate
le forme plurali di 2Cron 32,32; 35,26, che conten
gono un giudizio elogiativo sul periodo di governo
di Ezechia e di Giosia (similmente Neem 13,14).
Naturalmente i confini semantici di hcsced possono di
venire imprecisi. Quanto alla costruzione, in Ester 2,9.17
c un accostamento a hn, in Dan 1,9 a rahamm .

8/ Non possibile descrivere esattamente con


una parola italiana l'ambito semantico d hcsced,
quale compare nelPuso profano, hcsced non
grazia , n sufficiente il termine favore
spesso proposto. Anzitutto hcsced qualcosa che
diventa sperimentabile in situazioni concrete, ma
che oltrepassa la manifestazione singola e con
tiene un riferimento alFagente stesso. In questo
senso il concetto si avvicina alla nostra benevo
lenza , e anche a bont (vd. sp. 3c). Ma cer
tamente hcsced, anche quando si realizza entro
determinate forme comunitarie, e per quanto
possa essere caratterizzato da queste ultime nella
sua espressione, non mai qualcosa di scontato e
di doveroso. un atteggiamento umano che deve
529

non
hcsced
BONT

*

anzitutto rendere vitale una forma, in determinati


casi (non sempre) il presupposto perch una co
munit possa costituirsi. Jepsen (l.c., 269) ha ten
tato di delinearne il senso dicendo che una
buona volont che si traduce in azioni buone, una
disposizione ad aiutare. Tutto questo vi certa
mente incluso, ma non sufficiente. Io vi vedrei
piuttosto indicata una certa magnanimit, un at
teggiamento umano che pronto a rinunciare a se
stesso ed a servire gli altri (Gottes hingebende
Giite..., 67; VT 2, 1952, 248). Questo significa an
che che hcsced ha sempre a che fare in qualche
modo con la vita delfaltro, e che dal destinatario
di un tale hcsced ci si attende e si spera uneguale
sollecitudine, che a sua volta oltrepassa lambito
del dovuto.
IV/ Esaminiamo luso religioso di htsced nella
letteratura narrativa (IV/1), negli attributi di Dio
in Es 34,6 (IV/2), nei profeti (IV/3), nel Deut e
negli scritti da esso influenzati (IV/4) ed infine
nei salmi (IV/5). Tratteremo poi delfaggettivo
hsfd (IV/6).

1/

a) Nella letteratura narrativa il termine


stato usato molto presto per esprimere anche il
comportamento di Dio nei riguardi delluomo (vd.
sp III/5a). Non si hanno certo elementi suffi
cienti per poter affermare con sicurezza che questa
unidea costitutiva della teologia dello Jahwista
(cosi Stoebe, Gottes hingebende Giite..., 135). Ma
certamente espressione di una vitale esperienza
di fede ed daltra parte un rischio dal punto di
vista teologico, poich a questo concetto non si
addice nessuno dei presupposti quasi metafisici
che sono contenuti in -hnn e in rhm, per cui ab
biamo qui un antropomorfismo vero e proprio;
esso certamente rende possibili anche le afferma
zioni teologiche di maggiore portata.
b) Questo tentativo azzardato, che vuole nello
stesso tempo dare una certa consistenza alla con
cezione di Dio, si esprime nellunione di hcsced
con 'amcet. Tale unione si ritrova anche nelluso
profano (vd. sp. ltl/5b, alla fine, per Gen 24,49;
47,29; Gios 2,14), tuttavia pi rara rispetto
alluso religioso. In questultimo essa particolar
mente significativa negli attributi divini di Es 34,6
(vd. st. IV/2), ma non compare soltanto nel lin
guaggio liturgico, poich si tratta di unespres
sione frequente anche nel linguaggio comune.
Anche qui molto antica.
In 2Sam 15,20, in un brano che appartiene certamente
ad una tradizione molto antica, hcsced wce'^mcet equi
vale ad un saluto, che pi o meno potrebbe corrispon
dere airiUiliano Dio li custodisca; esso indica come
questespressione designava gi in epoca antica una ca
ratteristica essenziale di Dio La brevit dellespressione
(i LXX la completano secondo il senso) dipende dalla si
tuazione. 2Sam 2,6 ha la forma pi completa. Ad ogni
modo it soggetto Jahwe, non Davide (cosi
A.B.Ehrlich, Randglossen zurhebr. Bibel, III, 1910, 313,
che volle scorgere qui un arrivederci). Questi due

530

passi confermano inoltre che con ivmcei si augura


una sollecitudine di Dio che non si esaurisce in un mo
mento, il che certo sarebbe un antropomorfismo molto
forte.
In Gen 24 il servo di A bramo attende il soccorso bene
volo di Dio nella situazione in cui si trova (v. 12.14
hcsced), quando tale soccorso si manifesta egli riconosce
che Jahwe non venuto meno (lz6; cfr. nsr conser
vare Es 34,7) alla sua sollecitudine nei riguardi di
bramo, come gi era accaduto prima (v. 27 hcesced wceurmcet). Il fatto che egli invochi hcsced dal Dio del suo
padrone Abramo non significa che si sollevi una certa
pretesa nei confronti del hcsced. Lo schiavo domestico
si rivolge al Dio dei padri, perch sa che egli sempre di
sposto a mostrare benevolenza verso il suo padrone.
Nella preghiera di Giacobbe di Gen 32,11 (per il plur. vd.
sp. III/3a) si esprime qualcosa di pi della sua umilt.
una confessione rivolta a Jahwe, il quale nonostante il
suo peccato durante tutto il tempo in cui era rimasto in
un paese straniero, gli era rimasto vicino e non gli aveva
rifiutalo il suo benevolo soccorso. Giustamente v. 9-U
sono attribuiti allo Jahwista (W.Elliger, ZThK48, 1951,
18; anche J.Stoebe, EvTh 14, 1954, 470): si manifesta
qui la sua certezza teologica che Jahwe segue segreta
mente anche la via del mondo peccatore e lo conduce al
suo fine. Il termine hcsced esprime in maniera adeguata
questa convinzione, hcesced riassume in sostanza ci che
viene espresso in Gen 50,20 (E?): voi avete pensato di
fare del male, ma Dio ha pensato di farlo servire a un
bene .

2/ a) Gli attributi di Dio in Es 34,6 un Dio


misericordioso e benigno, longanime e ricco di
hcsced wceyEmcet costituiscono una formula li
turgica (cfr. J.Scharbert, Bibl 38, 1957,130-150), a
proposito della quale ci si pu chiedere tuttal pi
se non sia stata ampliata per influsso jahwista
(Stoebe, VT 2,1952,250; vd. per anche la riserva
di W.Beyerlin, Herkunft und Geschichte der lteslen Sinaitraditionen, 1961, 158 n. 5). Noi se
guiamo anzitutto lanalisi di Scharbert e conside
riamo anzitutto v.6ap.b una formula di preghiera
indipendente (che ritorna anche in tutto o in parte
in Num 14,18; Gioe 2.13; Giona 4,2; Sai 86,15;
103,8; 145,8; Neem 9,17).
rahin wehannn misericordioso e benigno fa
unaffermazione in certo qual modo statica sui
rapporti tra Jahwe e il suo popolo; essa non tiene
conto che tale rapporto pu essere messo in di
scussione dalla condotta degli uomini. Perci gli
sviluppi successivi stabiliscono che lapertura di
Jahwe verso il suo popolo sussiste anche di fronte
ad un rifiuto di quest'ultimo. ' crcek'appqjim signi
fica inoltre la longanimit , che non reagisce con
passione, ma sa attendere (cfr. in proposito
lespressione metaforica di Is 42,14). Questa limi
tazione piuttosto negativa viene compensata posi
tivamente mediante rab hcsced wce'*mcet, laffer
mazione della sollecitudine verso gli uomini che
non viene meno (su questo passo, soprattutto sul
fatto che in questa costruzione hcsced il termine
su cui si l'onda tulio il senso, cfr. Asensio, l.c., 77s.).
Il v. 7, sorprendentemente, continua la stessa idea con
lespressione il quale conserva la sua grazia fino alla
millesima generazione , che costituisce una tautologia

531

rispetto a '"'mcet (eh. Sai 40,12 e 61,8 dove ridea subisce


una trasformazione caratteristica; hcsced wce'^mcef, che
custodiscono lorante, sono quasi delle ipostasi di Dio).
Ci potrebbe indicare che qui s ha una formula di con
fessione indipendente e pi antica (Scharbert, l.c., 137),
ma non si possono stabilire confini precisi. Si deve piut
tosto pensare ad un ampliamento di un nucleo fonda
mentale, per poter esprimere esaurientemente una con
vinzione di fede. Il hcsced qui promesso non pu igno
rare la colpevolezza del luomo, ma anzi contiene come
presupposto e come caratteristica fondamentale la dispo
sizione a perdonare i peccati. Si vuol esprimere qualcosa
che supera la comprensione umana. La bont universale
di Dio non esclude la sua sovranit. La tensione concet
tuale si esprime nel lespressione il quale per non la
scia affatto impunito (v. 7b), che quasi annulla quanto
detto prima.

b) significativo che le singole parti della for


mula ricorrano in Es 20,5s. e Deut 5,9s, in ordine
inverso. Risulta chiaro di qui che la fede di Israele
nel suo Dio si fonda soprattutto sulla fiducia nella
sua grazia e nella sua magnanimit, e che con
hcsced si intende qualcosa che va al di l delle co
muni concezioni dei diritti e dei doveri.
La relazione tra hcsced e il perdono (cfr. Es 34,7a) si
esprime in diverse maniere nella religiosit pi recente,
soprattutto quando tra le varie qualifiche si trova anche
sffy perdonare (Sai 86,5; Neem 9,17; cfr. Sai 130,7; in
forma pi libera Sai 6,5,25,10.11; 85,8; 103,3.4). In 2Sam
7,14.15 hcsced include la punizione, entro limiti per
che luomo pu sopportare; del resto qui limmagine che
viene usata quella delle relazioni tra padre e figlio
{rhm).
In un primo tempo non si d mollo rilievo alla risposta
deiruomo al hcsced di Dio: la si sottintende quando si
esorta alFubbidienza, in certo modo tuttavia gi lespres
sione di coloro che mi amano (Es 20,6; Deut 5,10)
indica come avviene tale risposta. Si tratta per di unaf
fermazione secondaria e non di una dichiarazione di
principio.

3/ a) Si inserisce qui la predicazione di Osea. In


Os 2,21 si tratta dell'alleanza di Jahwe con il suo
popolo, descritta con l'immagine del matrimonio,
che viene inteso non come una relazione sponta
nea, ma come una comunit espressamente ricer
cata: ti fidanzo con me nella giustizia e nel di
ritto, nella bont e nella misericordia... nella fe
delt . Questi comportamenti sono il prezzo paga
to dallo sposo, poich vanno direttamente a van
taggio della sposa; pi propriamente, sono il dono
che egli fa a lei. La sequenza dei termini corri
sponde ad una logica interna: un comportamento
conforme alla norma, il diritto e la correttezza for
mano lambito entro cui si colloca hcsced werafmim , ossia la dedizione cordiale e misericor
diosa che oltrepassa la norma; mima fedelt
accentua la stabilit e la sicurezza che di per s
sono gi contenute nellespressione in eterno .
Questi doni sono segno di una dedizione sponta
nea e come tali, sotto molti aspetti, sono il fonda
mento della comunione. Perci Dio si aspetta da
gli uomini lo stesso atteggiamento di dedizione
verso di lui (hcsced), non in ricompensa, ma come

lOrl hcsced
BONT

532

grato riconoscimento di ci che egli ha fatto per


primo, come conferma e realizzazione dellal
leanza da lui concessa.
Jepsen, l.c., 269, non ammette questa possibilit, e re
stringe allambito umano ogni richiesta di hcsced da
parte dei profeti. Invece proprio qui risulta evidente che
troppo poco intendere hcsced solo come una certa sol
lecitudine nel venire in aiuto.

Sulla questione della reciprocit del Ijcsced si do


vrebbe citare anzitutto Os 10,12: seminate per
voi giustizia, e raccoglierete secondo hcsced.
$edq e hcsced da un lato sono dati da Dio, e
dallaltro debbono essere realizzati dalluomo, per
cui il hcsced di Do nello stesso tempo premessa
ed esempio del giusto comportamento delluomo
verso di lui; cfr. anche C.Wiener, Recherches sur
l7amour pour Dieu dans lAT, 1957, 20
Anche Os 12,7 rientra in questo contesto. Lesortazione
osserva hcsced e giustizia inserita in un richiamo
alla conversione a Dio e va intesa in riferimento ad essa.
vero che si sottolinea di pi qui il comportamento de
gli uomini tra di loro, ma i due aspetti non si possono se
parare nettamente. Ci chiaro anche in Os 6,6, dove si
contrappongono hcesced e i sacrifici (cfr. ISam 15,22).
Lalternativa tra hcsced verso Dio o hcesced solo tra gli
uomini falsa, poich nellAT ambedue le cose sono
strettamente unite, li fatto che hcsced e il sacrificio cul
tuale vengano posti a confronto, significa che il sacrificio
non deve escludere la dedizione umana ma anche
fadempimento di un obbligo, e ci necessariamente in
fluisce anche sul comportamento verso gli altri uomini
(cfr. Am 8,4-6).
In questa prospettiva particolarmente interessante Os
4,1. NelPesortazione rivolta agli uomini si invertono in
tenzionalmente i termini che compaiono nella serie
2,21s.: essi formano un climax discendente. Jahwe di
sputa in causa propria: se non c stabilit, ci dovrebbe
essere almeno una cerla dedizione fondala sul hcsced\se
anche questultima viene a mancare, ci dovrebbe essere
almeno la consapevolezza di ci che Jahwe ha fatto ed
ha dato. 6,4 rivela che anche altrove queste idee non
sono estranee ad Osea. Di fronte alla minaccia di una
punizione si assume un certo atteggiamento di hcsced
nei confronti di Dio (diversamente Jepsen, l.c., 269); per
lo meno lo si prende in considerazione. Ma tale atteggia
mento dura quanto la rugiada o la nube del mattino.
b) Molto pi lardi la stessa idea si ritrova leggermente
modificata in Is 40,6 (cfr. al riguardo H.J.Stoebe, WuD
2, 1950,122-128; la traduzione di hasd con la sua bel
lezza, la sua forza, in analogia con Sai 103,15s., si
fonda su una assimilazione tra hcsced e hn, che im
probabile in questepoca, vd. sp. Ill/lc ; ma cfr. Elliger
BK XI,23s.): ogni predicazione appare priva di senso,
poich il popolo non pi disposto ad ascoltare Dio, ma
su questa profonda rassegnazione trionfa la parola di
Jahwe.
In 2Cron 32,32; 35,26 il plurale si riferisce similmente
alla piet che questi re hanno dimostrato nelle loro ri
forme; lo stesso vale per Neem 13,14 e anche, bench
non con la stessa certezza, per 2Cron 6,42. Questa restri
zione allambito cultuale delimita certo fortemente ci
che intendeva affermare Osea.

c) Rientra infine in questo contesto Mi 6,8, nono


stante alcune oscurit (cfr. s/?4 hi. e H.J.Stoebe,
WuD 6, 1959, 180-194). Non possibile precisare
533

10n
BONT
hcsced
V

l'ambito di validit di hcsced, ma questa forse non


era neppure lintenzione originaria. Al contrario di
esercitare il diritto , espressione che al pari di
esercitare hcsced in Zac 7,9 si riferisce ad un
agire tra gli uomini, amare hsced (gen. ogg.,
non accusativo avverbiale) designa il hcsced di
Dio verso gli uomini, includendo anche implicita
mente lamore come risposta umana a questo
hcsced.
Mi 7,18 (non autentico) parafrasa ed amplia gli attributi
usuali e sostanzialmente non contiene nulla di nuovo.
Al v. 20, in un modo che sembra essere del tutto forma
listico, si parla di hcsced e di 1CEmcet elargiti ai patriarchi
(si potrebbe per anche pensare che la collocazione dei
due sostantivi sia intenzionale, poich di fatto questo
hcsced fu da principio promesso ad Abramo, e in se
guito, nonostante tutto, fu conservato a Giacobbe).

d) Le affinit tra Geremia ed Osea si manifestano


anche ndluso che essi fanno dellidea di hcsced.
Particolarmente interessante Ger 2,2, dove il
hcsced della giovinezza viene posto in parallelo
con lamore del tempo del fidanzamento. Perci
hcsced non va tradotto qui con fedelt (cos, ri
facendosi a Glueck, Rudolph, HAT 12,14s.; Wei
ser, ATD 20,17); il termine significa piuttosto la
confidenza smisurata e la dedizione con cui il gio
vane Israele seguiva Jahwe nel deserto. Anche qui
hcsced non il presupposto di una particolare co
munione di vita, ma la risposta ad una manife
stazione di Dio.
Ger 31,3 dice ancor pi chiaramente che il hcsced del
popolo viene dopo il hcsced di Dio. Anche qui vengono
usati contemporaneamente ahab e hcsced, Lalleanza,
che perdura anche nei momenti di apostasia, si fonda
esclusivamente suHamore di Dio.
Ger 9,23 ricorda Os 2,21, Anche qui si parla del ricono
scere Dio, ma la sequenza dei termini mutata. Il con
fronto che viene fatto con quello che fuorno pensa di s
(v. 22), pone ancor pi in evidenza che si tratta di un
dono. Coloro che ne sono consapevoli devono assumere
un comportamento analogo.
In Ger 16,5 hcsced e rahumm vengono racchiusi nel ter
mine pi vasto saloni ' pace, salvezza . Se Dio li ri
tira, ne consegue la morte. Lascesi imposta a Geremia
unazione simbolica; cosi anche da questo punto di vista
hcsced denota una sollecitudine compartecipe.

4/ a) Nel Deuteronomio si pone in particolare


evidenza la relazione tra alleanza e grazia, senza
raggiungere tuttavia chiare precisazioni concet
tuali. Il termine hcesced, oltre che in 5,10 (vd. sp.
IV/2b), ricorre altrove solo in 7,9.12, dove ven
gono parafrasate le espressioni di 5,10, ma anche
di Es 34,6, nel senso che hcsced preceduto da berit
dipende da smr (vd. sp. lll/3b). Laffermazione
che hcsced sia perci un atteggiamento che deriva
dalfalleanza (Glueck, l.c., 38), formalmente giu
sta, ma troppo rigida. Proprio nelle parti pi anti
che del Deut il termine berJt legato al giura
mento ai patriarchi, e si fonda quindi su una libera
decisione di Jahwe, ed ha esso stesso carattere di
promessa (G. von Rad, Das Gottesvolk im Deuteronomium, 1929, 69).
534

Anche qui in 7,8 viene in primo luogo lamore di Dio; a


differenza di Osea, sembra che 'hb amare sia diven
tato sinonimo di hcsced, anche quando si tratta
dellamore deiruomo verso Dio. Ci si potrebbe chiedere
se la formula amare con tutto il cuore ecc. (p.e. 6,5;
10,12; 11,13; 13,4; 30,6) non esprima anche la dedizione
incondizionata che viene designata con hcsced.
b) Queste concezioni sono presenti anche nella lettera
tura deuterone mistica, pur con alcune attenuazioni e al
cuni limiti,
Nella preghiera per la consacrazione del tempio in Re
8,23 ci si scosta dalla linea generale in quanto berit di
v. 21 il documento di unalleanza storica, cosa che na
turalmente limita anche laffermazione del v. 23. Su
questa linea sta anche la sostituzione di nce><ernn fe
dele di Deut 7,9 con nora* terribile in Neem 1,5;
9,32; Dan 9,4.
Qui andrebbe collocata la promessa a Davide di Sai
89,29. La mia alleanza sar stabile per lui forma s
una frase a s, ma resta subordinata logicamente a per
sempre gli Conserver il mio hcsced . Lalleanza pro
messa si fonda sul hce$ced\questultimo proclamato al
v, 3, mentre al v. 4 segue la conclusione dellalleanza.
Sotto il profilo della promessa risultano chiari anche i
vv. 25.34.40.
In Is 55,3b i hasdim promessi a Davide, che non hanno
perduto la loro validit nel corso degli eventi, divengono
unalleanza eterna (ossia una promessa illimitata) che si
estende a tutto il popolo. In maniera simile va intesa la
relazione tra il hcsced eterno e lalleanza di pace che non
deve venir meno (Is 58,8.10). Sulle forme plurali e il loro
rapporto con rahamlm vd. sp. II/3a.4a; cfr. thm. In Is
57,1 anse hcsced unespressione che equivale a hasdtm (vd. st*. IV/6).

5/ a) Nei salmi hcsced indica in genere, anche


se non esclusivamente (vd. sp. III/6c), un atteg
giamento di Dio. Le formule liturgiche'attraverso
cui ci si esprime non consentono di per s di di
stinguere chiaramente tra loro le varie concezioni.
Dato per che nella preghiera dei salmi i termini
vengono usati in maniera pi vitale, i pensieri che
vi si esprimono possono essere maggiormente pre
cisati ed ampliati. significativo al riguardo fuso
della formula hcsced wce'*mcet, con i due termini
uniti (Sai 25,10; 40,11,12; 57,4; 61,8; 86,15; 115,1;
138,2; con ^min. 89,25; 98,3; in una formula
fissa ma senza '^meet 145,8) oppure staccati tra
loro (26,3; 36,6; 57,11; 85,11; 89,34; 92,3; 100,5;
cfr. anche Mi 7,20). Poich talvolta in un unico
salmo i due termini compaiono sia uniti sia stac
cati (Sai 57,89), questa distinzione non ha molta
importanza. I verbi che accompagnano lespres
sione indicano abbastanza chiaramente che hcsced
e hcsced wce'amcet non si riferiscono pi allaper
tura e alla sollecitudine di Dio per luomo, le quali
si manifestano nei fatti, ma esprimono piuttosto
una delle sue qualit.
Il hcsced riempie la terra (33,5; 119,64), alto quanto il
cielo (36,6; 57,11; 108,5), scende sulFuomo o grande su
di lui (33,22; 86,13; 89,25; 117,2; 119,41), circonda chi
teme Dio (32,10), segue luomo (23,6), lo sazia (90,14),
prezioso (36,8); Dio esercita il suo dominio su di esso
(42,9), lo fa udire (143,8), lo sottrae (66,20; 77,9). 2Sam
22,51 = Sai 18,51 contiene ancora lantica forma conven
zionale con "sh, mostrare hcsced.

535

b) Lo sviluppo successivo fa di hcsced unipostasi


(cos p.e. Sai 40,12; 57,4 aggiunta; 61,8; 85,11;
89,15). Questo processo gi in atto nelfuso an
tico di hcsced, ma ad un certo momento si sviluppa
ampiamente e nello stesso tempo restringe il senso
originario del termine. Tale restrizione si manifesta
anche nelluso delle forme plurali di hcsced(vd. sp.
UI/3a), mentre va acquistando sempre pi impor
tanza il termine tob quando unito a hcsced (vd.
sp. III/4b).

'
Cfr. in senso pi ampio Sai 25,7; 86,5; 109,21; 145,8s.,
ma soprattutto la formula liturgica poich egli bene
volo, la sua bont dura in eterno . Questo sviluppo
piuttosto fluttuante; talvolta infatti in simili casi tb pu
anche mancare (25,6; 89,2.3.29; 103,17; 138,8).

c) Non si pu tuttavia stabilire una distinzione


netta; altre affermazioni si riferiscono ancora ad
un atteggiamento di Dio, per esempio quando si
confida nel hcsced (Sai 13,6; 52,10) come si con
fida in Jahwe stesso o nel suo nome (p.e. 9,11;
33,21), quando lo s attende (33,18; 52,10), ci si
rallegra in esso (31,8), lo si canta, lo si esamina o
lo si celebra (48,10; 59,17; 88,12; 92,3; 101,1;
107,8.15.21.31).
Ci si verifica particolarmente quando (in genere, anche
se non esclusivamente, nelle lamentazioni) si prega per
ch Dio agisca a causa del suo hcsced o in conformit ad
esso (vd. sp. m /3 c ) . In senso pi ampio si possono ci
tare qui Sai 21,8; 31,17; 143,12, e le espressioni
nella/secondo la pienezza del tuo ficsced (5,8; 69,14;
106,45; cfr. anche Is 63,7; Lam 3,32).
Ci che si chiede invocando il hcsced sempre qualcosa
di fondamentale, la salvezza e laiuto, insomma la vita
nel senso pi ampio. Di particolare importanza anche
in questo contesto lunione con slh perdonare (vd.
sp. TV/2b).
Va infine ricordato il legame tra hcsced e i prodigi di
Dio; i due termini possono per trovarsi molto distanti
tra loro nei sngoli testi (Sai 4,4 txt em; 17,7 txt em;
26,3.7; 31,22; 77,9.12; 86,5.10; 88,12.13; 89,3s.6; 98,1.3;
106,7; 107,8.15.21; 136,1-3.4).

d) Sono molto rari, e per di pi non molto chiari,


i passi che non rientrano in questa linea e in cui
hcsced si fonda maggiormente sul comporta
mento del destinatario.
In Sai 62,13 poich tu ricompensi ciascuno secondo il
suo agire questo accostamento potrebbe basarsi sulla
natura del detto numerico. In Sai 33,18; 103,11.17;
147,11, dove hcsced sta in relazione col timore di Dio, il
contesto rivela che questultimo non una qualit pre
requisita, ma indica semplicemente la devozione ed
equivale quasi al conoscere Dio (cfr. 36,11). Piuttosto
singolare 144,2: se il testo non va corretto (cfr. p.e.
Kraus, BK XV,940s.: hosnl mia forza ), il termine po
trebbe riferirsi allatteggiamento di fede delluomo (in
modo simile Elbogen, l.c,, 46: mia promessa, mia fidu
cia ).

6/ a) Laggettivo frasid, comunemente tradotto


con fedele, pio , indica colui che esercita hcsced
(sulle ricorrenze, specialmente nel linguaggio dei
salmi, vd. sp. 11/2). Viene usata molto poco la
forma non seguita da un genitivo (sing.: Ger 3,12;
nOJl hcsced BONT

536

Mi 7,2; Sai 4,4 txt?; 12,2 txt?; 18,26=2Sam 22,26;


Sai 32,6; 43,1; 86,2; 145,17; plur.: Sai 149,1.5), a
differenza di altre espressioni del linguaggio devo
zionale (p.e. jsr, tmTm), dove essa normale
(diversamente LI. A. Brongers, NedThT 8, 1954,
282). 1 suffissi pronominali (di la, 2a o 3* pers.)
si riferiscono esclusivamente a Jahwe; poich i
vari passi in cui essi ricorrono sono delle pre
ghiere, chiaro che non si parla di un hsd di
Jahwe.
b) Laggettivo, in quanto forma nominale, pu
essere sia attivo che passivo (BL 470; sul valore
deila forma passiva cfr. A.Jepsen, Nabi, 1934, 5),
e probabilmente non possibile distinguere esat
tamente i due sensi. Chiaramente attivo Ger
3,12: Dio stesso hsd (similmente Sai 145,17
par. saddq giusto; cfr. lespressione rab
hcsced, vd. sp. IV/2a).
c) hsd viene usato altrimenti solo per indicare
un comportamento devoto delPuomo. Basandosi
sulluso linguistico, L.GuIkowitsch, Die Entwicklung des Begriffes hsd im A'T, 1934,22, ha tratto
la conclusione che hsd, conformemente alla sua
origine, sia stato alfinizio soprattutto un termine
collettivo che indicava l'appartenenza alla comu
nit di Jahwe. Ci senza dubbio esatto, non per
nel senso che hsd in origine fosse del tutto neu
trale e sia stato completato in seguito per essere
meglio precisato (l.c., 28). 1 hasfdm sono coloro
che conoscono perfettamente la loro relazione par
ticolare con Jahwe(Brongers, l.c., 291), ma questo
vale essenzialmente per tutto il popolo, e non si
pu quindi pensare ad un gruppo particolare e bel
licoso di devoti, che a cominciare dalJ8/7 sec. sia
perdurato fino allepoca dei Maccabei (cos
B.D.Eerdmans, OTS 1, 1942, 176-257).
La stretta comunione con Jahwe si esprime in varie
forme: Jahwe vicino ad essi (Sai 145,17) oppure essi
sono vicini a lui (148,14); essi lo pregano (32,6), confi
dano in lui (86,2), lo amano (31,24); si rallegrano in lui
e lo lodano (Sai 30,5; 52,11; 132,9.16; 145,10; 148J4;
149,5; 2Cron 6,41). Jahwe parla con loro faccia a faccia
(89,20), perdona loro (32,5), li protegge (ISam 2,9; Sai
37,28; 86,2; 97,10; Prov 2,8), li libera dalla morte (Sai
16,10; 116,15; al contrario nel lamento di 79,2); essi for
mano la sua comunit ( 149,1 ), il suo popolo (85,9), sono
i suoi servi (79,2; 86,2; cfr. 116,15s.>-

Se si prescinde dalle espressioni piuttosto comuni


del linguaggio devozionale, parallele a hsd
( retto Sai 97,10; Prov 2,8; giusto Sa! 97,10;
fedele Sai 31,24; in parallelismo antitetico
empio ISam 2,9; Sai 37,28; cfr. 43,1), si deve
dire che con hsd non si intende esprimere una
particolare valutazione di ordine etico (Gulkowitsch, l.c., 22). hsd sono coloro che apparten
gono alla comunit, ossia che vivono sotto la pro
tezione della benevolenza di Dio (senso passivo
della forma nominale); cfr. hsd accanto al
hcesced di Dio in Sai 31,8.17.22.24; 32,6.10;
52,10.11; 85,8.9.11; 86,2.5.13.15; 89,15.20.25.29;
2Cron 6,41.42. Il significato di hsd pu essere
537

n o n hcsced BONT

espresso bene dalla traduzione favorito assieme


agli altri (cfr. Brongers, l.c., 294).
d) Si spiegano allora anche le sfumature che il ter
mine certamente contiene. Per capire Mi 7,2 per
esempio bisogna ricorrere a 6,8. La sollecitudine
(hcesced) di Dio crea un fondamento di fiducia e di
vita, su cui pu basarsi anche il hcesced umano in
teso come analoga sollecitudine verso Dio e verso
gli uomini, hsd diventa perci luomo devoto
che opera anchegli hcesced. Non necessario ve
dere in questo un valore etico particolare del ter
mine (Gulkowitsch, l.c., 22), che si manifeste
rebbe nelle forme dellaggettivo prive di suffisso
(vd. sp. 6a). Esse infatti da un lato non possiedono
caratteristiche particolari, e dallaltro, almeno in
parte, dipendono dal loro contesto.
e) Questo senso pi spiccatamente attivo si ha in
Sai 18,26=2Sam 22,26, lunico passo in cui si usa
hsd hitp. mostrarsi hsd: con il pio tu
(Jahwe) ti mostri pio . Il comportamento di un
hsd forma qui il presupposto del hcsced di Dio.
0 Si comprende facilmente come un termine cos im
portante dal lato religioso con landar del tempo abbia ri
stretto il suo significato fino a designare un gruppo par
ticolare, i silenziosi nel paese , cosa che conduce poi
agli AatSttiot di IMac 2,42; 7,13; 2Mac 14,6, i quali'
riuniscono in s la devozione e l'attitudine a combattere
(cfr. H.W.Huppenbauer, BHH 1,298). II fatto che il ter
mine ebraico venga trascritto tale e quale indica che esso
diventato ormai designazione di un gruppo.

V/
1/
Per i testi non biblici di Qumran che
sono stati pubblicati, e per il Documento di Da
masco, Kuhn, Konk. 74s., elenca 58 ricorrenze di
hcsced, di cui 15 nella Regola della comunit, 31
negli Inni e 7 nella Regola della guerra. A noi in
teressano solo quei passi in cui si nota nelluso di
hcsced uno sviluppo delle linee dellAT. Rispetto
allAT le fornie con il plurale sono diventate pi
frequenti di quelle con il singolare (32x plur, 26x
sing.), ed esse non si riferiscono sempre a dimo
strazioni di grazia , ma talvolta si tratta forse di
un plurale astratto (p.e. IQH 2,23; 4,37; 6,9; 9,7;
11,18).
hcsced inoltre si allontana dal suo significato ori
ginario e perde la sua autonomia, come si pu ve
dere quando il termine unito ad altri sostantivi
come genitivo attributivo.
Caratteristico a questo proposito 'hb( hsd 1QS 2,24;
5,4.25; 8,2; 10,26 (anche CD 13,18; cfr. Ph.Hyatt, AThR
24, 1952, 232), espressione che pur essendo uguale a
quella di Mi 6,8, del tutto diversa da essa dal punto di
vista sintattico (P.Wernberg-M0 ller, The Manual of Dis
cipline, 1957, 57). Si tratta qui delfat leggi amento che i
membri della comunit assumono tra di loro.
Si spiega perci anche brjt hsd di 1QS 1,8 (cfr. anche
lQ H f 7,7), che designa parimenti la comunit come tale.
A questo modo il significato di hcesced diventa flut
tuante, tuttavia fondamentalmente si conserva il signifi
cato di hcsced in quanto manifestazione di Dio, come
indica la formula hswmr hsd Ibrjtw di IQM 14,4, la quale
si rifa a Deut 7,9 (cfr. anche CD 19,1). Lo stesso si ricava

538

dalla formulazione bnjhsddi IQH 7,20, e forse ancor pi


chiaramente da "'bjwnj hsd di IQH 5,22, che dovrebbe de
signare i membri dell'alleanza conie poveri ripieni di gra
zia (diversamente M.Mansoor, The Thanksgiving

Hymns, 1961, 135).


2/ Nei LXX hcesced viene tradotto prevalente
mente con eq<;, hsd con omo*;. Per questi ter
mini nel NT cfr. R.Bultmann, art. eXeo<;, ThW
11,474-483 (= GLNT 111,399-424); F.Hauck, art.
rUTLOS, ThW Y,488-492 (=GLNT V ili,1367-1380).
H.J.Stoebe

non hsh RIFUGIARSI


1/ Lebr. hsh rifugiarsi col significato prima
rio di nascondersi appartiene ad una radice
non molto usata, che in acc. (fjesu, cfr, AHw
342a; CAD H 176s.) significa coprire, occul
tare , in et. (hasawa, Dillmann 93) coprire, na
scondere . Per i supposti paralleli arab. ed aram.
cfr. L.Delekat, VT 14, 1964, 28s. (per larab,
hasija temere anche L.Kopf, VT 8, 1958, 173).
Il sir. hasj pio con altre derivazioni indica che il ter
mine pu essere usato in senso teologico (LS 245; cfr.
anche DISO 93: palm. hsj pa. consacrare ).

Tra i termini appartenenti a questo gruppo, solo


due hanno nelFAT un valore completo, il verbo
che ricorre unicamente al qal e il nome mahs&
rifugio con m preformante. Lastratto hst
compare solamente in ls 30,3, parallelo a m'z
rifugio, con lo stesso significato di mahsc. I
nomi di persona//m (lCron 16,38; 26,10.11.16)
e Mahsj ( Jahwe rifugio , Ger 32,12; 51,59;
cfr. Noth, IP 57,62.158) non danno nessun ap
porto sostanziale alla storia del significato.
2/ Il verbo e il nome dal lato letterario si limi
tano soprattutto al linguaggio liturgico; la stati
stica mostra quindi una forte concentrazione nel
salterio: hsh q. 37x (Sai 25x, Is 3x), hst lx (vd.
sp.), mahsc 20x (Sai 12x, Is 4x); in totale 37 delle
58 ricorrenze sono in Sai.
3/ Con Delekat (l.c., 28-31) si pu considerare
come significato di fondo del verbo rifugiarsi
in/presso (cfr. Giud 9,15; ls 14,32). LAT pre
senta una grande abbondanza di espressioni paral
lele molto chiare, p.e. xz be trovar rifugio
presso (Is 30,2), str ni. be nascondersi in
(ISam 20,5; Is 28,15),m/t ni. oppurens'ce/(o se
guito da h locativo) fuggire verso (Gen 19,17
22; Es 21,13; Num 35,6.32; ISam 22,1), brh 'a>Ul1'
fuggire verso (IRe 2,39; Neem 13,10), pqd hi.
nfaes bejd affidarsi a qualcuno (Sai 31,6),
-dbq berim aderire a (Rut 1,14; 2,8; Deut
10,20), jsb be o ln hitpo, bc stare presso
(Sai 91,1). hsh si trova strettamente unito a simiti
espressioni, e denota quindi in senso reale o figu
rato la ricerca di un ambiente protetto, mahsc
539

designa direttamente o metaforicamente, fatta ec


cezione per due casi (Sai 62,8; 73,28) nei quali si
pu vedere il passaggio ad una concezione che in
siste di pi sul lato soggettivo (contro L.Delekat,
Asylie und Schutzorakel, 1967, 211), il nascondi
glio o ci che d sicurezza (cfr. Is 4,6; Sai 91,ls.9;
104,18); sinonimi sono p.e, Lz/m''z rifugio
(i/z), stcerlmistr/mistr nascondiglio (str),
misgb fortezza, rifugio , miqlt rifugio,
asilo .
4/ I testi cultuali adoperano il verbo e il nome
specialmente per esprimere labbandono fiducioso
in Dio nella forma di una confesssione; si tratta di
espressioni che da una parte richiedono la prote
zione d Jahwe (a), dalfaltra, con il verbo usato
soprattutto al participio attivo, descrivono la co
munit cultuale (b).
(a) Una formula di fiducia propria del canto di la
mento o del canto di fiducia : bk hst (Jhwh)
mi rifugio presso di te, (Jahwe), (m i) affido
a te , cos in Sai 7,2; 11,1; 16,1; 25,20; 31,2; 57,2;
71,1; 141,8; cfr. bek b(aht in te confido
(bth). Nel contesto innico essa suona, conforme
mente allo stile: in lui, Jahwe, confido (Sai
18,3; 144,2). Il verbo allimperfetto si trova con
uguale funzione in Sai 57,2; 61,5; la frase nomi
nale : tu sei (egli ) il mio (nostro) mahsc (Sai
46,2; 61,4; 62,8.9; 71,7; 91,2.9; 94,22; 142,6; cfr. ls
25,4; Ger 17,17). Reminiscenze della formula di
fiducia si possono riscontrare in Is 28,15 e Gioe
4,16.
(b) In funzione descrittiva il verbo pone in risalto
non tanto il singolo orante (come accade in ma
niera preponderante nella formula di fiducia)
quanto invece la comunit bisognosa di prote
zione. Sai 64,11 ed Is 57,13 riferiscono hsh be al
singolo; Prov 14,32 dice che il giusto pu fare af
fidamento sulla propria innocenza (le G hsc
betumm). Negli altri casi la molteplicit dei hsm che - parallelamente a coloro che temono
Jahwe (Sai 31,20), che amano il suo nome (5,12),
che sono suoi servi (34,23)-viene descritta in for
mule fisse, spesso in detti di benedizione (Sai
2,12; 5,12; 17,7; 18,31; 31,20; 34,23; Nah 1,7; Prov
30,5; cfr. fuso delle forme verbali finite in Sai
34,9; 36,8; 37,40; Sof 3,12).

hsh pu quindi significare la ricerca dellambiente


di protezione (il santuario); lespressione pi pre
cisa rifugiarsi sotto le ali di Jahwe (Rut 2,12)
o allombra delle tue ali (Sai 36,8; 57,2) ac
cenna al luogo di culto (-knjf). Fin qui si pu es
sere daccordo con Delekat, l.c,, 209ss. Lespres
sione di fiducia per non significa soltanto FefTettiva ricerca di asilo (chi pensasse cos, dovrebbe
abbandonare il carattere liturgico dei salmi in fa
vore di una teoria delliscrizione!), ma anche lat
teggiamento interiore della comunit in preghiera.
Colui che si rifugia presso Jahwe (Sai 6l3;91,ls.),
fa propria lesperienza delle generazioni che lo
hanno preceduto nel culto.
n o n hsh RIFUGIARSI

540

A quanto pare laggettivo sir. Ija$) ha raggiunto lo stesso


grado di
significato.
Anche
il
gr. 'EooaTot
(RaoTjvoi) esseni , derivato daHaram., prolunga
luso comunitario (cfr. K.G.Kuhn, RGG 11,701-703).

I LXX e il NT esprimono i contenuti di hsh con


molti termini, ma tendono ad una interpretazione
spirituale: 7re7i:oi0vai confidare , X7c^etv
sperare , frx7c^e(r0at cercare rifugio (cfr.
R.Bultmann-K.H.Rengstorf, **rt IXkl^} ThW
11,515-531 = GLNT 111,507-552; R.Bultmann, art.
ttscGgj, ThW VI,1-12 = GLNT IX,1351-1382;
l.c. 5= 1363: hsh cercar rifugio contiene seconda
riamente anche l'idea di fiducia ). LXXBin Giud
9,15 mette in evidenza il senso locativo. Nel nome
(designazione straniera?!) e nellideologia degli es
seni si manifesta la pretesa esclusivistica di questa
comunit religiosa.
E.Gerstenberger

sn

b m

com piacersi

1/ La radice hps si trova solo nel semO. (fen.:


mhps f?], Lidzbarski, Kl nr. 38; Hpsb1 come
nome proprio, cfr. Ilarris 104; aram. antico: Sef.
Ili, r. 8 kl )psj> cfr. DISO 94 tout ce que je dsire, Fitzmyer, Sef. 97.112 any of my busi
ness ; sir.: hp( darsi premura , LS 249s.; arabo:
haftza custodire , cfr. HAL 326a) e nellAT sol
tanto in ebr. Per letimologia L.Kopf, VT 8, 1958,
173, si rifa allarabo hafiza serbare, custodire.
Dal verbo, che compare solo al qal, sono derivate
due forme nominali: hqfs colui che s com
piace , il quale ha funzione di part. oppure di ag
gettivo verbale, e hfces piacere, desiderio; af
fare, faccenda , che il sostantivo verbale.
Una seconda radice fips usata in Giob 40,17: far peodere (?) , cfr. arabo hafada abbassare (HAL 326b).
2/ Il verbo ricorre nellAT 86x, se con Mand. si
contano anche i passi col part. hfs (secondo Lis.
12x)(Sai 18 + 6x, incl. 111,2 con Lis. e HAL 326b,
mentre Mand. lo pone sotto hfces; Is 12x, gli altri
profeti 8 + lx, Est 7x); il sostantivo verbale hfces
ricorre 38x, cui si devono aggiungere due casi in
cui usato come elemento del nome di persona
fem. HzfT-bh ( mi compiaccio di lei , 2Re 21,1
e come nome simbolico Is 62,4, cfr. Noth, IP 223).
3/ a) Nellambito profano il verbo con oggetto
di persona (introdotto sempre con be) esprime laf
fezione di un uomo verso un altro (Gen 34,19;
ISam 19,1; 2Sam 20,11), e soprattutto il favore di
uno che superiore o dal lato giuridico o dal lato
sociale verso colui che in qualche maniera da lui
dipende (Deut 21,14; ISam 18,22; Est 2,14).
Quando loggetto una cosa, pu essere intro
dotto con bc o stare come semplice accusativo.
Nel primo caso si trovano termini sia concreti (Is
13,17; Sai 73,25) sia astratti (Is 66,3; Sai 109,17;
Prov 18,2; Est 6,6.7.9.9.11 ). Come oggetto diretto,
541

fD n hps COMPIACERSI

sempre quando si tratta di cose, si trovano solo


termini astratti (Os 6,6; Sai 68,31; Giob 21,14).
Il significato vero e proprio della radice pu risul
tare pi evidente da un confronto con vocaboli di
significato affine, soprattuttorsh e hb. La linea
di divisione fra hps e r$h per la verit non sem-*
pre molto netta. I due vocaboli sono usati fre
quentemente come sinonimi (Sai 147,10 in paral
lelo). Ciascuno dei due temiini tuttavia sviluppa
il suo particolare campo semantico in maniera au
tonoma. Mentre rsh divenuto un termine tec
nico cultuale per designare il sacrificio in quanto
accetto (R.Rendtorff, Die Gesetze in der Priesterschrift, 1954, 74s.; E.Wurthwein, ThLZ 72,
1947,147s.), il significato di hps, con una attenua
zione dellelemento emozionale, si spostato nella
direzione di volere, avere interesse (Is 55,11;
Giona 1,14; Sai 115,3; Cant 2,7; Eccle 8,3). Non di
rado hps accompagnato da un infinito e allora
assume il valore di semplice verbo servile (Deul
25,8; Giud 13,23; ISam 2,25). Corrispondente
mente il sostantivo hfces viene usato nel signifi
cato affievolito di faccenda, affare (ls 58,3.13;
Eccle 3,1.17; 5,7 e ripetutamente nei testi di Qum
ran); per luso di hfces in Eccle cfr. W.E.Staples,
JNES 24,1965,113-115: business or facts della
vita; cfr. inoltre G.Rinaldi, BeO 9, 1967, 48; Wa
gner nr. 109.
hps si distingue da yhb soprattutto per il fatto che
nel compiacersi si esprime una certa differenza
di livello fra soggetto ed oggetto - si tratta per lo
pi di compiacenza da parte di uncTche sta pi
in alto -, differenza che manca del tutto in
amare ; cfr. p.e. il racconto di Davide alla corte
di Saul, dove la benevolenza di Saul verso Davide
espressa con hps (ISam 18,22), mentre per dire
laffezione che Gionata (18,1), il popolo (18,16) e
Mikal (18,20) manifestano a Davide si usa *hb.
b) Lo stesso si ricava da un confronto fra i due so
stantivi sinonimi hfces e hn {hnn). Questul
timo ha il significato passivo di favore e com
pare per lo pi come oggetto, e pi precisamente
in espressioni verbali che indicano una benevo
lenza dallesterno, soprattutto, come oggetto del
verno ms' trovare. Per hfces al contrario si
tratta anzitutto di una manifestazione attiva, ri
volta allesterno, hfces si trova solo raramente
come complemento oggetto, e solo con verbi che
esprimono un fare o un dare (lRe 5,22s.; 10,13 =
2Cron 9,12; Is 46,10; 48,14).
Anzitutto hfces designa un sentimento sogget
tivo: il piacere come atteggiamento spirituale.
Questo si verifica sempre quando hfces unito ad
una preposizione (be o le). Se per non segue al
cuna preposizione, allora il senso quasi sempre
spostato verso loggetto, nel senso che al senti
mento si sostituisce loggetto a cui esso tende. In
vece di esprimere un sentimento o una affezione
benevola, hfces designa allora loggetto del com
piacimento quel che a uno piace, lattrattiva
(2Sam 23,5; Re 5,24; 9,11; 10,13; Sai 107,30;
542

Giob 31,16); cfr. Pacc. migru laccondiscendere, il


favore > oggetto dei favore, favorito (per
ulteriori esempi cfr. W.Eilers, Zur Funktion von
Nominaiformen, WdO ffl/2, 1964, 126).
In Prov 3,15; 8,11, dove hfces (plur., par. peninTm
perle ) chiaramente designa un oggetto pre
zioso, si giunge ad una oggettivizzazione e ad una
concretizzazione del tutto particolare. Probabil
mente Pespressione una forma abbreviata di
abn hfceq pietre preziose (cos ls 54,12; Eccli
45,11; 1QM 5,6.9.14; 12,13); cfr. le espressioni si
mili 'crces/dibr hfces terra/parole apportatrici
di gioia (Mal 3,12; Eccle 12,10) e k?\l n hfces
b vaso che non piace a nessuno (Ger 22,28;
48,38; Os 8,8).
4/ Dal momento che la compiacenza indica
Patteggiamento di un superiore verso un inferiore,
naturale che il termine compaia nel linguaggio
teologico, specialmente in espressioni che hanno
Dio come soggetto. Tuttavia n il verbo n le
forme nominali vengono usati con un valore teo
logico fisso. Come oggetto diretto della compia
cenza divina si trovano le seguenti realt concrete
e astratte: sangue, sacrificio, amore, strada
delPuomo pio, verit; oggetti introdotti con be: il
pio, Israele, Sion, vita, morte, foiza del cavallo.
Come persone singole, indicate col loro nome,
sono oggetto della compiacenza divina Salomone
(IRe 10,9 = 2Cron 9,8) e Zadok (2Sam 15,26).
La compiacenza umana (a differenza di hb)
non pu mai avere come oggetto Dio/Jahwe, ma
al contrario la parola di Jahwe (Ger 6,10), i
suoi comandamenti (Sai 112,1; 119,35), e inol
tre la conoscenza della sua via (Is 58,2; Giob
21,14), lintelligenza (Prov 18,2), la benedi
zione (Sai 109,17), Pessere vicino a Dio (Is
58,2).
5/ Tanto il verbo quanto il sostantivo com
paiono negli scrtti di Qumran (rispettivamente 5
e 13 volte secondo Kuhn, Konk. 75), ma sono
molto meno usati rispetto al pi frequente rsh/rsn. Il nts. eSoxstv si riallaccia soprattutto a
rsh (cfr. G.Schrenk, art. eSoxw, ThW 11,736
748 = GLNT 111,736-748),
G.Gerteman

ppn

hqq INCIDERE, STABILIRE

La radice hqq oltre che nelPAT si trova an


che nel liscrizione in aram. antico della statua di
Adad di Zencirli (8 sec. a.C.; KAI nr. 34 scrive
rai (?), cfr. Friedrich 158), nel fen. (DISO 95), e
inoltre nel medioebr., nelParam. giud., nel sir.,
nelParab. e nellet. (HAL 333b; RHentschke,
Satzung und Setzender, 1963, 21s.).
Accanto a hqq compare neilAT (e nel medioebr.)
la forma secondaria tjqh (pu,: IRe 6,35; Ez 8,10;
23,14; hitp.: Giob 13,27). Il part, del poi
1/

543

(,mehqq), che sostituisce il pi., diventato un so


stantivo indipendente ( uno che incide oppure
qualcosa che incide ), Il sost. masc, hq Pinf.
sostantivato di hqq q. (BL 455); il suo fem. fruqq,
abbastanza tardivo, si formato in analogia con i
femminili tor, misw (K.Albrecht, ZAW 16,
1896, 98; Liedke, vd. st., 176).
2/ NelPAT il verbo hqq ricorre 12x (q. 9x, pu.,
ho. e poi. lx), la forma secondaria fjqh 4x (vd. sp.).
Quanto ai sostantivi, mehqq ricorre 7x, Ijdq 129x
(Sai 30x, di cui 21x in Sai 119; Peut 21x, Lev llx ),
huqq 104x (Lev 26x, di cui 23x nella legge di san
tit; Ez 22x, Num 14x; cfr. Hentschke, l.c., n. 3;
Elliger, HAT 4,223 n. 15; 236s.).
Per eventuali congetture vd. HAL 333; Giud 5,15; Sof
2,2; Sai 74,11; Giob 23,12 vanno certamenle corretti.

3/ a) Il verbo hqq (hqh) dal suo chiaro signifi


cato primario di scavare, incdere, scolpire si
evolve in due direzioni: da una parte verso il senso
di disegnare, scrivere , dallaltra verso quello d
stabilire, determinare (>/</ 3d).
Cfr. a questo riguardo e per tutto largomento la se
guente bibliogr.: R.Hentschke, Satzung und Setzender,
1963 (lo studio pi completo); J. van der Ploeg, Studies
in Hebrew Law, CBQ 12, 1950, 250-252; S.Mowinckel,
The Hebrew Equivalent of Taxo in Ass. Mos. IX, SVT
1, 1953, 88-96; Z.W.Falk, Hebrew Legai Terms, JSS 5,
1960, 350-354; P.Victor, A Note on hq in th O.T., VT
16, 1966, 358-361; G.Liedke, Gestalt und Bezeichnung
atl. Rechtssatze, 1971, 154ss.

Il significato pi immediato si pu ancora perce


pire nei seguenti passi: in Is 22,16 designato con
hqq lo scavare un sepolcro nella roccia (par. a hsb)\
in Ez 4,1 Pincidere la mappa di Gerusalemme su
un mattone (al riguardo cfr. A.Jeremias, Das AT
im Lichte des Alten Orients, 31916, 617.621, pro
getto di una citt tracciato sulla creta); in Is 49,16
il tatuaggio del nome dellamata sulla mano di co
lui che la ama (P.Volz, Jesaja II, 1932, 102); in
IRe 6,35b; Ez 8,10,23,14 il part, pu. mehuqqU? de
signa ci che intagliato, disegni incisi; in
Giob 13,27 il fissare le orme un disegnare sul
suolo i contorni dello spazio occupato dai piedi di
Giobbe (Horst, BK XVI, 205). Come parallelo a
ktb scrivere hqq si trova in Is 10,1; 30,8; Giob
19,23 (ho.). Mentre in Giob 19,23 il verbo designa
lincidere un'iscrizione sulla roccia (con Fohrer,
KAT XVI,317), ossia pi che altro laspetto tec
nico della scrittura, in ls 30,8 hqq significa regi
strare in un sfcer (forse un rotolo di pelle) , ed
quindi sinonimo di ktb. In ls 10,1 con lespres
sione scrivere sentenze di condanna si passa
gi al sign. di stabilire, determinare .
Il part. q. hqq sia qui che in Giud 5,9 difficilmente de
signa una carica nelfambito dellanfzionia (contro
Hentschke, l.c., llss.).

Prov 8,5 (poi.) e 31,5 (pu.), e anche Is 10,1, rien


trano nel campo giuridico; hqq significa qui sta
bilire il diritto, governare . Anche in Giud 5,9
pprT hqq INCIDERE, STABILIRE

544

hqq pu essere reso benissimo con disporre (su


Israele) . Is 10,1; Prov 8,15; Giud 5,9; Giob 13,27
mostrano che soggetti di hqq sono delle autorit;
hqq pu quindi designare la decisione sovrana di
un signore nei confronti dei suoi sudditi.
b) mehqq si trova per lo pi in testi poetici an
tichi per denotare anzitutto un oggetto, ossia un
bastone, scettro in Num 21,18 (canto del
pozzo) e Gen 49,10 (benedizione di Giacobbe),
Questi bastoni dei prncipi {sari m, nedJbim) o
del re sono simboli dellautorit e della dignit;
neiramministrazione della giustizia essi hanno
una loro importanza (cfr, Iliade XVIII,503ss.; raf
figurazione di un simile bastone in una pittura
murale eg. in LH.Grollenberg, Bildatlas zur Bibel,
1957, 38 figura 121). Dalla designazione del ba
stone di governo si passa ( pars pr toto ) alla
designazione di colui che lo possiede, il capo, pa
drone: Giud 5,14 (cantico di Debora); Deut
33,21 (benedizione di Mos).
La possibilit che mehqq in un determinato periodo o
in determinati ambienti dellAT fosse inteso come titolo
di una carica nelT amministrazione autonoma delle fe
derazioni locali non da rifiutarsi del tutto, ma certa
mente molto scarsa (contro Hentschke, Le., llss.). In
Deut 33,21 si pu leggere anche il part. pu. mehuqqq
stabilito, determinato (cfr. Prov 31,5; HAL 334a).

certo comunque che mehqq un termine che


appartiene alla sfera del comandare e del gover
nare, e che designa o lo strumento o la persona di
colui che comanda.
c) Il significato vero e proprio di hq pi evi
dente dove esso va inteso come quel che inciso
= linea che segna i contorni . In Ger 5,22; Giob
38,10; Prov 8,29a hq il confine imposto al mare,
che non pu essere superato Cbr)\ in Sai 148,6 il
confine delloceano celeste. In Mi 7,1 lb si pro
mette a Sion Pampliamento del suo territorio con
le parole: la tua linea di confine (hq) sar spo
stata , In Is 5,14 del mostro dello seoi vien detto
che esso spalancher le sue fauci senza hq, cio
in misura tale che non si potranno pi vedere i
contorni, senza limiti.

hq si riferisce propriamente alla durata delia


vita stabilita e delimitata (da Dio).
In Sai 148,6 hq non si riferisce soltanto all'oceano
celeste ma al cielo dei cieli (v. 4), agli astri (v. 3),
ai messaggeri e alle schiere di Jahwe (v. 2). Questa
serie mostra come fyq si allontani dal suo signi
ficato pi immediato e assuma il senso di ordine
stabilito (cfr. anche Giob 28,26). Anche in Gen
47,26 hq va inteso senzaltro come ordine, e
certamente va inteso cos in Giud ll,39b e 2Cron
35,25b,
Se si tiene presente chi che stabilisce il hq (il fa
raone, i preposti del faraone, la padrona di casa,
Giuseppe come vicer, Jahwe) e a chi il hq si ri
ferisce (i sacerdoti egiziani, i sorveglianti degli
israeliti, le serve, gli egiziani, Giobbe, Gerusa
lemme, il mare ecc.), risulta che hq indica la li
nea di confine che il superiore traccia al suo infe
riore e fino alla quale l'inferiore pu spingersi o
fino alla quale deve avvicinarsi, ma oltre la quale
non pu andare.
I verbi a cui hq unito di preferenza sono: sim (Ger
5,22; Prov 8,29), ntn (Sai 148,6; Prov 31,15), sh
(Giob 28,26), sempre nel senso di collocare, dare . Il
genitivo dopo hq sta a designare per lo pi Tautorit
che lo pone.
Come mispi (spt) designa la legge casistica ( Alt,
BCS 1,278-332), cos hq potrebbe designare un partico
lare genere letterario, dal momento che limite e ordine in
molti casi devono essere stabiliti usando un linguaggio
che si esprime con una particolare forma. Uno studio
delle leggi dellAT indica che la legge apodittica
(R.Hentschke, Ervvagungen zur isr. Rechtsgeschichte,
Theologia Viatorum 10, 1966, 108-133; Liedke, l.c.,
lOlss.; Alt attribu questa forma al diritto apodttico ,
ma egli non la distinse dai comandamenti ; esempio:
Es 21,12) ha lo stesso contesto sociale (superiore-infe
riore; cfr. Gen 26,11). probabile che hq fosse la desi
gnazione originaria di questo tipo di legge (J.Morgenstern, HUCA 7, 1930, 27; Liedke, l.c., 177ss.). Le leggi
vtrt. per sono gi in uno stadio in cui i diversi termini
hq, mispi, tor e misw, completamente sinonimi tra
loro, designano l'ordinamento di Jahwe (vd. st 4d; solo
in Lev 18,3.30; 20,23 si parla dei huqqt degli egiziani,
dei cananei, dei popoli).

hq si distingue da gebl confine per il fatto che geb


(originariamente dorso di una montagna ) designa il
confine naturale , mentre hq come linea segnata il
contine artificiale .

d) huqq possiede soltanto un significato traskto;


in Ger 5,24b; 33,25; Giob 38,33 nel senso di or
dinamento/i , altrimenti per designare leggi e co
mandamenti (cfr. IRe 3,3 huqqt di Davide; Mi
6,16 huqqt di Omri; 2Re 17,8 huqqt dei popoli),

Quando in Ez 16,27 si parla del hq di Gerusa


lemme che viene accorciato (gr), intendendo con
questo la riduzione del suo territorio (cfr. O.Eiss
feldt, PJB 27,1931, 58ss.), appare chiaro che in hq,
come pure in gebill e nel lai. finis, nel gr.ptov,
nell'italiano confini , l'indicazione del limite viene
a designare la superficie che cos de
limitata. Nella stessa linea hq viene usato in Ez
45,14 per una determinata quantit dolio , per
una quantit fissata di grano in Gen 47,22
(Liedke, l.c., 165s.), per la quantit di lavoro pre
scritta in Es 5,14 (Noth, ATD 5,35) e Prov
31,15. In Giob 14,5.13; 23,14; Prov 30,8

4/ a) In senso teologico hqq oppure hq/huqq


vengono usati soprattutto quando si descrive l'at
tivit creatrice di Dio nelPAT, In Prov 8,27 la sa
pienza si gloria di essere stata presente allorch
Dio sulla superficie dell'abisso tracciava {hqq)
un cerchio. Anche in Giob 26,10 (dove con i
commentari bisogna leggere hqaq) si dice che
Dio traccia questo cerchio, lorizzonte. In Ger
5,22; Giob 38,10; Prov 8,29a hq il confine che
Dio impone al mare. Queste descrizioni della creazipne sono da porsi in relazione con un determi
nato tipo di linguaggio di creazione: si tratta della

545

p p n hqq INCIDERE, STABILIRE

546

creazione per divisione o separazione (Westermann, BK 1,46-48). Il hq tracciato da Dio divide


l'oceano celeste dalla terra (Prov 8,27; Giob 26,10;
Sai 148,6; cfr. Gen 1,6-7), il mare dalla terraferma
(Prov 8,27; Ger 5,22; Giob 38,10; cfr. Gen 1,9
10). Li senso figurato fjtqq si trova anche in Ger
31,35
(coi
commentari
bisogna
leggere
hqq), in una descrizione della creazione:
stabil la luna e le stelle per il chiarore della
notte. Anche in Ger 31,36 e Giob 28,26 hq
e huqqfm significano rispettivamente ordi
na mento/i ; in Ger 5,24b; 33,25; Giob 38,33
huqqf designa parimenti le leggi (della natura)
imposte da Dio.
mehqq in Sai 60,9 = 108,9 il bastone (regale)
di Jahwe, in Is 33,22 assieme a mccek re e sfe( giudice titolo di Jahwe.
b) Del fyq, che Dio impone alluomo, si parla in
Giob 14,5.13; 23,14; Prov 30,8. Anche se in questi
passi si pu ancora vedere il significato immediato
di tempo delimitato , in Sai 2,7; 94,20; 105,10s.;
ls 24,5b hq designando P ordine di Jahwe as
sume un senso del tutto figurato. Qui si pu ve
dere come fjq in quanto ordine non soltanto
designa il dovere del suddito, risultante da un or
dine stabilito da Dio (Is 24,5; cfr. Ger 31,36; Giob
28,26), ma pu includere anche la promessa, lim
pegno di Dio; vd. Sai 105,l()s. = lCron 16,17s.,
dove la promessa della terra ai patriarchi viene
detta berit e hq. Anche il testo discusso di Sai
2,7 (vd. anche G.H.Jones, The Decree of Yahweh VT 15, 1965, 336-344) va inteso in questa
maniera: secondo G. von Rad, Das judische Knigsritual, ThLZ 72, 1947, 211-216 = GesStud
205-213, hq significa qui il contenuto del proto
collo regale, che Jahwe consegna al re di Giuda al
momento della sua incoronazione; P ordine che
in tal modo Jahwe fonda ladozione del re a fi
glio di Jahwe; si tratta di una promessa (Sai 2,7b9; 2Sam 7) e di un impegno per il re,
c) Nella formula del codice sacerdotale hoq-'lm
(per lo pi con laggiunta per Aronne e i suoi fi
gli ), hq adoperato come termine tecnico per
indicare la porzione del sacrificio destinata al sa
cerdote (Es 29,28; 30,21; Lev 6,11; 7,34; 10,15;
Num 18,8.11.19; cfr. Lev 6,15; 10,13s. e 24,9 fH];
Hentschke, l.c., 33ss.). Quest'uso di hq, ancora
vicino al senso immediato, va confrontato con hq
di Gen 47,22.
La formula corrispondente huqqat-"m, che si
trova in P e H (il pi delle volte con laggiunta
per le vostre generazioni ), una 'semplice
formula di chiusura o di introduzione che
segue o precede prescrizioni cultuali (P: Es
12,14.17; 27,21; 28,43; 29,9; Lev 3,17; 7,36; 10,9;
16,29.31.34; Num 10,8; 15,15; 18,23; 19,10.21; H:
Lev 17,7; 23,14.21.31.41; 24,3; cfr. Ez 46,14, Hen
tschke, l.c.,42ss.64s.); la formula afferma la vali
dit incondizionata ed eterna della norma rispet
tiva; huqq significa in tal ca^q ordinamento cul
547

tuale, legge . Lo stesso vale per la fiuqq delia


Pasqua (Es 12,43; Num 9,12.14); anche per
Num 9,3.14; 15,15.
Nellespressione huqqat mispt (Num 27,11; 35,29)
huqq denota lautorit divina, mispt lambito (diritto
civile) in cui vale la prescrizione (Hentschke, l.c., 46ss.).
L'espressione huqqat hattr (Num 19,2; 31,21) un
pleonasmo che attesta come in P tor e huqq siano
usati insieme, huqq in P usato sostanzialmente con
la stessa ampiezza di tor (R.RendCorfT, Die Gesetze
in der Priesterschrift, *1963, 73s.), i due termini sono
praticamente sinonimi.

d) Nel Deut, nel Dtn, nel Cron., in H e in Ez hq


e huqq ricorrono per lo pi al plurale, in serie che
includono anche altri termini indicanti comanda
mento e legge. Tutti i termini sono sullo stesso li
vello e come sinonimi designano la totalit o una
parte delle disposizioni e dei comandamenti di
Jahwe. Per Deut caratteristico il binomio hnqqm/
mispatim (Deut 4,1.5.8.14.45; 5,1.31; 6,1/20; 7,11;
11,32; 12,1; 26,16.17; cfr. N.Lohfink, Das Hauptgebot, 1963, 54-58); esso rispecchia forse ancora
la convergenza tra una tradizione giuridica legata
a Jahwe e una tradizione estranea a Jahwe
(F.Horst, Das Privilegrecht Jahwes, 1930, 120 =
Gottes Recht, 1961, 150). Anche la successione
huqqt/miswt (Deut 6,2; 8,11; 10,13; 11,1;
28,15.45; 30,16; cfr. Gen 26,5) caratterizza il quadro
del Deut, Nel Dtr. ricorrono i termini huqqfm/
huqqt/misp(Tm/mi$wt in quasi tutte le combi
nazioni possibili (Deut 30,10; Re 2,3; 3,14; 6,12;
8,58; 9,4.6; ll,33s.38; 2Re 17,13.15.19.34 37;
23,3). Il Cron., che per designare la legge si muove
sulla stessa linea del Deut (G. von Rad, Das Geschichtsbild des chronistischen Werkes, 1930,
4lss.), preferisce nuovamente huqqimfrrtisp{trrt
(Neem 1,7; 9,13; 10,30; lCron 22,13; 2Cron 7,17;
19,10; 33,8). In H ed Ez tipica la coppia huqqf/
mispatim (H: Lev 18,4.5.26; 19,37, 20,22; 25,18;
26,14s.43; Ez: Ez 5,6s.; 11,20; 18,9.17;
20,11.13.16.19; 37,24; 44,24; Zimmerli, BK
XIII,133s.). In Sai 119 huqqm fa parte delle va
rianti con cui vengono designate la legge o la
parola di Dio (Kraus, BK XV,819).
In Es 15,25b; Gios 24,25b; ISam 30,25b; Sai 81,5s.; Esd
7,1 Ob stanno Tuno accanto allaltro i singolari hq e
mispf. Mentre Esd 7,10b unimitazione di Gicxs
24,25b, e da Sai 81,5s. non si pu dedurre nessun signi
ficato pregnante per i due termini, in ISam 30,25b; Gios
24v25b ed Es 15,25b si pu supporre il senso di norma
(hq) e diritto (mispf, -sp()v> (Liedke, l.c., 180ss.).

5/ Nei tsti di Qumran hq'b huqq vengono


adoperati nel senso .illustrato in 4d (M.Delcor,
Conili buin Ttde de la lgislatih des sectaires de Damas et de Qumran, RB 61,1954, 539
541; W.Nauck, Lex insculpta in der Sektenschrift,
ZNW 46, 1955, 138-140; K.Baltzer, Das Bundesfomiular, 1960, 116s. 123 n. 4); CD 6,3ss. usa il
duplice significato di mehqq per unesegesi alle
gorica di mehqq di Num 21,18 in riferimento ad
una persona ( colui che - studia * la legge ),

ppn I m INCIDERE, STABILIRE

548

cfr. Mowinckel, l.c., 92s.; O.Eissfeldt, Einleitung


in das AT, M964, 883; M.Delcor, RB 62, 1955,
60-66.
Sulla traduzione di hdq/fauqq nei LXX e per il
NT cfr. Hentschke^ l.c., 103ss. e G.QuellG.Schrenk, art.
ThW 11,176-229 (= GLNT
0,1191-1328), in particolare 223-225 (= GLNT
II, 1312-1316); G.Delling, art. xcraGj (TupoaTaa<*o ). ThW V ili, 27-49, soprattutto 38s. ; H.Kleinknecht-W.Gutbrod, art. vjjlo^, ThW IV,10161084 (= GLNT V II,1233-1418), soprattutto 1081s.
(= GLNT VII,1412s.).
G.Liedke

m n hrh ACCENDERSI
1/ La radice hrh va vista in parallelo con hrr
essere ardente, bruciare ; ma a differenza di hrr
(cfr. AHw 238b; WUS nr. 973) non fa parte del se
mitico comune, e oltre che in ebr. si trova ampia
mente sviluppata solo in aram. (arab. harwat
ardore, fiamma dira, Wehr 156a).
Le attestazioni aram, pi antiche sono KAI nr. 214, r. 23
e Adad sfogher la sua collera (/?#) (par. rgz ira ),
e KAI nr. 223 B, r. 12 nel giorno dellira (/irn); cfr.
inoltre HAL 337.

11 verbo ricorre al qal, ni, (part. in Is 41,11 e 45,24;


Cant 1,6 secondo GK 75x; Bergstr. 11,111; BL
424 va collocato qui, mentre secondo G.R.Driver,
JThSt 34, 1937, 380s. e KBL 609b un pi. di nhr
fremere dira ), hi. (Giob 19,11 e Neem 3,20 in
un testo controverso), hitp. e due volte in forme
con la preformate t (col sign. di gareggiare Ger
12,5; 22,15; secondo GK 55h tifel; secondo
J.Blau, VT 7, 1957, 385-388, hitafel; secondo
Barth 279; Meyer 11,127; HAL 337b: verbo deno
minativo da tahar lotta Eccli 40,5). Vengono
poi i sostantivi hn raccendersi (dellira) e h
rem (ardore d)ira (per la formazione nominale
cfr. BL 460s. e 499).
2/ Il verbo ricorre 93x nelfAT, e precisamente
82x al qal (Gen e Num llx ciascuno, 2Sam 8x,
Giud e ISam 7x ciascuno, Es 6x, Deut e Giob 5x
ciascuno, Giona 4x ecc., in misura preponderante
nei testi narrativi), 4x nellhitp. (Sai 37,1.7.8; Prov
24,19), 3x al ni. (vd, sp, 1), 2x ciascuno alFhi. e al
tif. (vd. sp. 1). hrn ha 41 ricorrenze (Ger 9x, Sai
6x, 2Cron 4x, altri libri da 3x in gi), hri ne conta
6 (Es 11,8; Deut 29,23; ISam 20,34; Is 7,4; Lam
2,3; 2Cron 25,10).
I passi al qal riguardano per met la collera umana e per
met la collera divina, le restanti forme verbali, ad ecce
zione di Giob 19,11 hi., si riferiscono alla collera umana,
hrn si riferisce sempre alla collera divina, mentre hn
a quella umana (ad eccezione di Deut 29,23 e Lam 2,3).

3/ Tanto il verbo quanto i sostantivi della ra


dice hrh vengono adoperati in campo spirituale

549 m n hrh ACCENDERSI

solo in senso figurato. Con il qal in due terzi delle


ricorrenze il soggetto 'a f ira (in Ab 3,8 Jahwe
non soggetto, bens vocativo, cfr. W.RAlbright,
FS Robinson 1950, 12); hrh significa qui accen
dersi (p.e. Gen 44,18 non si accenda la tua ira
contro il tuo servo ), e non necessario risalire ai
significati primari dei due vocaboli (KBL 33lb =
HAL 337b: il suo naso divenne caldo). Negli altri
casi il verbo costruito senza il soggetto af Si
tratta allora di unespressione ellittica si accende
in lui (la collera) = si adira (p.e. Gen 4,5.6).
Invece della preposizione in Gen 31,35 e 45,5 si
trova beinw ai suoi occhi . Loggetto o il mo
tivo della collera introdotto per lo pi con be, ra
ramente con 'ce/(Num 24,10) o la/(2Sam 3,8; Zac
10,3).
Per le coniugazioni hi. far accendere , ni. essere in
collera , hitp. riscaldarsi , tif. gareggiare cfr. HAL
337b.

hri di regola e hrn nella grandissima maggio


ranza dei casi sono costruiti con 'a f come nome
retto d una catena costrutta, sicch anche qui so
pravvive integralmente, bench con va]ore tra
slato, il significato primario bruciore, fiamma .
Solamente in Es 15,7; Ger 25,38ba txt em; Ez
7,12.14; Sai 2,5; 58,10 txt em; 88,17 (lunico luogo
con il plur.); Neem 13,18 si trova h^rn come ter
mine indipendente per ardore di collera .
4/ Come pu accendersi lira di un uomo, cos
pu accendersi anche lira di Jahwe (p.e. contro
Mos Es 4,14; complessivamente 37x hrh q. con
af per soggetto, cui vanno aggiunti Giob 19,11
hi., dove si suppone di solito una forma qal, e
inoltre Gen 18,30.32; 2Sam 22,8 = Sai 18,8
senza 'a f ma con !e). Oggetti dellira divina
sono (come per a f Ijm ed altri sinonimi)
degli individui (p.e. bramo, Gen 18,30.32), op
pure, e soprattutto, il popolo dIsraele (Num
11,1.10.33 ecc.).
hrn in tutti i casi (39x, non contando Ger
25,38bx e Sai 58,10 con testo dubbio) e hri in
Deut 29,23 e Lam 2,3 vengono adoperati in rife
rimento alla collera di Dio. Lardore della collera
riguarda il pi delle volte il popolo dIsraele (Es
32,12 ecc.), ma anche p.e. Babilonia (Is 13,9) o Amalek(lSam 28,18). In Is 13,13 e Lam 1,12 si parla del
giorno della sua collera ardente .
Anche nelle iscrizioni di Sfire (8 sec.) ricorre questo ter
mine (KAI nr, 223 B, r. 12, vd. sp. 1). Secondo il con
testo frammentario, a quanto pare gli dei intervengono
nel giorno dellira contro usurpatori e violatori del
patto (cfr. KAI 11,261 ). Cfr. anche i passi della pressoch
contemporanea iscrizione di Adad (KAI nr. 214, r. 23,
vd. sp. 1), secondo la quale lira di Adad si sfogher su
colui che vuole impadronirsi del trono regale di Panammuwa I di Samal (Zencirli).

5/ Negli scritti di Qumran si trovano tanto hrh


quanto hrn (Kuhn, Konk. 77) e hn (4Q 171 1-2
1,14).
Per il NT cfr. a f 5, /j/w 5.
G.Sauer
550

D in hrcem SCOMUNICA
pi

1/ La radice hrm consacrare o sim. si incon


tra in quasi tutte le lingue semitiche (P.Fronzaroli,
AANLR V ili/20, 1965, 249s.262.267: distinzione
tra sem. orientale (h)armu/ermu coprire e
sem. occidentale hrm proibire ).
Non sicuro se Pacc. harimlu prostituta derivi da
harmu II separare (che si incontra solo in un elenco
di parole), ed anche incerto se e come questultimo
vada collegato con la radice del sem. comune hrm (cfr.
AHw 323a.325b e CAD H 89s.l01s.). A Ugarit si cono
scono finora solo nomi di persona derivati dalla radice
hrm (Grndahl 136; cfr. anche Huffmon 204).
LAT conosce anche una radice hrtn II (*hrm) spac
care, passare da parte a parte (part. pass" q. con il
naso fesso Lev 21,18; hi. tagliare Is 11,15 txt?, se
condo G.R-Driver, JThSt 32, 1931, 251; HAL 340a; cfr.
per Barr, CPT 119; cfr. anche hrcem II rete ). Re
centemente G.R.Driver, FS Baumgartner 1967, 56-59,
ha cercato d collegare con questa radice anche altri casi
di hrm hi.

NelPAT primario il nome hrcem scomunica .


Non si trova invece la coniugazione ^qal del verbo;
al suo posto viene usato hjh (Ie)hra>m votato
alla scomunica (Gios 6,17; 7,12). Dal nome de
rivano le coniugazioni verbali hi. e ho. Invece
dellhi. si usa anche sm lehrcem (Gios 6,18), nkh
hi. hrcem (Mai 3,24) oppure ntn tahrcem (Is
43.28),
Vanno ricordati anche i norni geografici Ijcermn (cfr.
HAL 341a), fjormd e l i 0rem (queste due ultimi per per
Noth, HAT 7,146, dovrebbero derivare da hrm II: spac
catura di roccia ). Per il nome di persona Hnm cfr.
Noth, IP 136s.216.

2/ Il nome hrcem ricorre nelPAT 29x (solo al


sing.; Gios 13x, Lev 4x)} hrm hi. 48x (Gios 14x;
Deut 8x; ISam 7x; incl. Is 11,15), ho. 3x.
3/ La radice hrm (cfr.
suIPargomento
C.H. W.Brekelmans, De herem in het Onde Testa
ment, 1959) significa originariamente ci che
proibito, sa perch maledetto e deve essere di
strutto ( res exsecranda ), sia perch eccessiva
mente sacro ( res sacrosancta ), Nelle diverse
lingue sem. la radice ha subito unevoluzione
piuttosto strana (cfr. p.e. J.Chelhod, La notion
ambigue du sacre chez les Arabes et dans lIsIam,
RHR 159,1961, 67-79); qui ci occuperemo solo di
quella che riguarda PAntico Testamento.
a) II sost. hrcem nelPAT una parola come qdces {qds) e hdl(hll) e significa anzitutto la qua
lit propria di uria, persona o di una cosa (Lev
27,21; Deut 7,26; Gios 6,17s.; 7,12). Ma anche ci
che possiede tale qualit viene detto hrcem\si po
trebbe perci tradurre con ci che scomuni
cato o quanto appartiene allanatema (Deut
13,18; Gios 6,18; 7,1.12.13; ISam 15,21), quando
non si tratta di un uomo (come invece in Lev
27.29). Inoltre, hrcem unespressione tecnica
per indicare una determinata offerta votiva
551

( dono votato allanatema ) come in Lev 27,28;


Num 18,14; Ez 44,29. Solo in Zac 14,11 hrcem
diventato un nome dazione ( Patto dello scomu
nicare ).
hrcem ancora ritenuto un nome dazione in
HAL 340b. Ma le espressioni 7s hcermf in IRe
20,42 e am hcermf in Is 34,5 non vanno tradotte
con luomo/il popolo che io ho scomunicato
(in questo caso il soggetto sarebbe Jahwe), ma
Puomo/il popolo che, come hrcem, mi appar
tiene .
b) Per quanto concerne hrm hi., in quasi due terzi
dei passi il soggetto Israele, una o pi trib o an
che condottieri militari (Giosu, Saul). Negli altri
casi invece sono popoli stranieri (assiri 2Re 19,11
= Is 37,11; 2Cron 32,14; ammoniti e moabiti
2Cron 20,23; i popoli che causano il declino di Ba
bilonia Ger 50,21.26; 51,3; Antioco IV Dan 11,44).
In tre testi profetici il soggetto Jahwe (Is 11,15
txt?; 34,2; Ger 25,9).
In tutti questi casi hrm hi. collegato alla guerra.
Solo in Lev 27,28 in relazione con un voto. Il h
rcem legato alla guerra viene prescritto nelle leggi
(Deut 7,2; 13,16; 20,17), annunciato dai profeti
(Is 34,2; Ger 25,9; 50,12.26; 51,3) o ricorre nelle
narrazioni (i testi rimanenti). Quando Israele attua
il hrcem di guerra, oggetto sono il popolo di Ca
naan (Num 21,2s.; Gios 6,21; 8,26; 10,1.28 ecc.),
Sicon e Og (Deut 2,34; 3,6; Gios 2,10), gli amaleciti (ISam 15) o una parte di Israele stesso (Deut
13,16; Giud 21,11). Quando non sono israeliti co
loro che lo attuano, oggetto sono Babilonia (Ger
50,21,26; 51,3), Seir (2Cron 20,23) oppure pi in
generale paesi/popoli/molti (2Re 19,11 = Is 37,11;
Dan 11,44). In alcuni passi loggetto non costi
tuito solo da uomini, ma anche dal bestiame e da
tutto il bottino (Deul 13,16s.; Gios 6,21ss.). Non
si pu dire che questa forma radicale sia quella ori
ginaria.
c) hrm ho. ricorre solo in testi giuridici (Es 22,19;
Lev 27,29; Esd 10,8). Originariamente si indica
con esso una specie di condanna a morte. Il verbo
viene usato per la sentenza che stabilisce tale pu
nizione (Lev 27,29; lesecuzione stessa viene
espressa invece con la frase mi jmt egli deve
essere ucciso ), ma anche per la stessa esecuzione
(Es 22,19). Pi tardi con il verbo viene indicata
anche una sorta di confisca dei beni (Esd 10,8).
4/ La radice hrm ha in Israele fin dallinizio di
versi significati.
a) Nella guerra santa hrm unazione religiosa at
traverso la quale i nemici (talora anche il bottino)
vengono consacrati a Dio (cfr. W.E.Muller, Die
Vorstellung vom Rest im AT, 1939, 4-21; G. von
Rad, Der heilige Kiieg im alten Israel, 1951;
F.Horst, art. Bann, RGG I,860s.; Brekelmans, l.c.;
D.Merli* Le guerre di sterminio nellantichit
orientale e biblica, BeO 9,1967, 53-67). Essi sono
perci sottratti a qualsiasi uso umano e sono vo
D"lj
hrcem SCOMUNICA
i

552

tati allannientamento. Nella stele di Mesa (KAI


nr. 181, r. 17) il carattere religioso reso evidente
dal legame di hnn con rstr Knts poich io li
avevo consacrati a Astar-Kemos . Per lAT si
pu citare Num 21}2s-, dove lesecuzione del h
rcem oggetto di un voto, e anche lespressione kIIflpJhwh offerta a Jahwe in Deut 13,17 e hjh h
rcem lcJhwh essere votato allanatema per
Jahwe in Gios 6,17. Non si pu provare che h
rcem sia stato sempre una componente della guerra
santa. Probabilmente esso veniva promesso ed ese
guito soltanto in casi di particolare necessit, per
garantirsi laiuto di Dio (cfr. Num 21,2s.; Giud
1,17).
In due casi la scomunica d luogo ad una contro
versia: in Gios 7 (il furto di Acan) e in ISam 15
(Samuele e Saul). Samuele interviene contro il re
Saul, poich lordine di anatema nei confronti di
Amalek non stato messo in pratica pienamente;
questo passo ci permette di constatare che a par
tire dallepoca dei re lanatema legato alla guerra
aveva cessato di esistere, mentre i rappresentanti
delle antiche tradizioni (in questo caso Samuele)
lo consideravano ancora in vigore. In Gios 7 si
in uno stadio precedente, nel quale il precetto
della scomunica ha ancora pieno valore: in questo
caso si tratta di un individuo che mette le mani su
ci che interdetto (= il bottino votato allana
tema) e cos facendo indebolisce la forza di Israele,
Egli deve essere ucciso perch questa debolezza
venga eliminata (Gios 6,17s.; 7,1.11-13.15).
r

Come espressione parallela di sim Fhrcemappare in Gios


6,18 7c/- q. portare sfortuna , che in 7,25s. collegalo
con leziologia del luogo e del nome della valle di Acor
Cakr) Ckr q. turbare, disorientare, portare sfortuna
nellAT 12x, tra cui Gen 34,30; Gjud 11,35; ISam 14,29;
IRe I8,l7s.; ni. Sai 39,3; Prov 15,6).

Ambedue i passi, e soprattutto Gios 7, indicano


che originariamente fuso cultuale di hrcem (vd.
st. 4bc) e luso collegato con la guerra si identifi
cavano; in ambedue i casi si tratta del fatto che ci
che interdetto, il hrcem, appartiene a Jahwe e
qualsiasi trasgressione di questo diritto di pro
priet, che Jahwe ha sul hrcem, causa la rovina
della comunit. Si pu inoltre constatare come
questa validit incondizionata del hrcem risalga
ad uno stadio anteriore alla scissione tra fatto cul
tuale e fatto storico.
Con lapparire della monarchia in Israele il hrcem
legato alla guerra scomparve. Negli ambienti pro
fetici (oltre a ISam 15 cfr. IRe 20,42) esso fu an
cora ritenuto valido, ma con il passare del tempo
ci avvenne non perch i nemici dovevano essere
consacrati a Jahwe, ma perch bisognava preser
vare la religione jahwista da qualsiasi forma di sin
cretismo. Nei numerosi testi dtn.-dtr. (soprattutto
nelle narrazioni sommarie e tendenziose della
conquista della terra in Gios 10-11) il hrcem della
guerra significa semplicemente lannientamento
del nemico con questo scopo religioso. Altrove
non si ritrova pi nemmeno questo motivo reli
553

fin n Iv i TACERE

gioso, in quanto hrm hi. divenuto un termine


profano per dire distruggere (completamente)
(gi in parte nei testi profetici, e inoltre in 2Re
19,11 = ls 37,11; Dan 11,44). Solo allora diven
tano soggetto del verbo anche non israeliti e
Jahwe.
b) hrm ho, viene usato per indicare una pena di
morte, che colpisce soprattutto chi infedele alla
religione di Jahwe. Quando questa punizione
viene comminata, non si pu avere nessuna forma
di riscatto (Lev 27,29). Il colpevole votato a Dio
e deve essere sterminato come res exsecranda .
Da pi parti si voluto sostenere che questa con
danna veniva eseguita con una determinata proce
dura (bruciando il colpevole). Probabilmente
meglio pensare soltanto ad unesecuzione solenne
o ad una sorta di maledizione.
c) Si pu anche consacrare qualcosa a Jahwe
come hroem. Questo tipo di voto si distingue da
gli altri per i suoi effetti: ogni riscatto impossibile
(Lev 27,21-28), poich tutto ci che viene pro
messo oltremodo santo (qdces qdasfm) (Lev
27,28) e appartiene ai sacerdoti (Lev 27,21; Num
18,14; Ez 44,29). In Mi 4,13 si dice che anche il
bottino di guerra consacrato a Jahwe in questa
maniera.
5/ Negli scritti di Qumran (1QM 9,7; 18,5; CD
6,15; 9,1) hrm usato come nel periodo pi tar
divo dellAT. Per la traduzione di hrcem con
dtvOejia e di hrm hi. con va6s(j(.aTteiv e per
il NT cfr. J.Behm, art. avaTtffyrxL, ThW 1,355-357
(= GLNT 1,951-958).
C.Brekelmans

Bhn hrs TACERE


1/ La radice *fjrs essere sordo, muto va di
stinta dalle due radici del semitico comune con h
come prima radicale: *hrs costruire (artigianal
mente) (ug.: WUS nr. 976; UT nr. 903; acc. ersu
saggio ; ebr. hras artigiano ) e *hrt arare
(ug.: WUS nr. 980; UT nr. 905; acc. ersu\ebr. hrs
1; cfr. S.E.Loewenstamm, JJSt 10, 1959, 63-65;
H.-P.Muller, UF 1, 1969, 80). Essa manca in ug.
e, nel periodo vtrt., ricorre solo molto raramente
nei testi semNO. (DISO 97; Sznycer 144 per Poen.
1027), ma al contrario ben attestata nelFaram,
tardivo (cfr. LS 259) e in arab. (,fiorisci essere
muto , Wehr 210b).
.
F.Delitzsch, Prolegomena eines neuen hebr.-aram. Wrterbuchs zum AT, 1886, 100, ha supposto una connes
sione con Pacc. harasu legare ( > impedire , KBL
337b; diversamente AHw 324b); recentemente si tro
vato Tacc. harasu essere muto in una lettera di Mari
(G.Dossin, RA 62, 1968, 75s.).

TI verbo compare al qal, hi. e hitp.; si hanno inoltre


fagg. heres sordo (BL 477) ed il sost. hderces
silenzio usato una volta in Gios 2,1 come av
verbio ( di nascosto ); come nomi propri vanno
554

ricordati tcrces (lCron 9,15 txt?) e Hars (Esd


2,52; Neem 7,54) (Noth, IP 228).
2/ U verbo ricorre nellAT 47x: qal 7x (Sai 6x e
Mi 7,16), hi. 39x (Giob 9x, Num 6x) e hitp. lx
(Giud 16,2); hrs si ha 9x (Is 5x), fjcerces lx.
3/ a) Poich il disturbo della sordit spesso
collegato con quello del mutismo (sordomuto), la
medesima radice serve ad esprimere entrambi i
concetti. Tuttavia l'aggettivo hrs viene usato, in
senso sia proprio che traslato, solo nel significato
di sordo (accanto a illm muto in Es 4,11;
Is 35,5s.; Sai 38,14 in una preghiera di lamenta
zione individuale ma io sono come un sordo che
non sente, e come un muto che non apre la
bocca >>).. In senso proprio Lev 19,14 proibisce di
maledire il sordo o di porre un inciampo davanti
al cieco (cfr. anche Sai 58,5 vipera sorda, che
chiude il suo orecchio ). In senso figurato viene
detto di Israele che sordo e cieco nella sua osti
nazione (Is 42,18s.; 43,8; cfr. Westermann, ATD
19,90s.99); la promessa escatologica dice che la
sordit sar abolita (Is 29,18; 35,5).
b) Al qal il significato essere sordo si limita a
Mi 7,16 i vostri orecchi diverranno sordi. Nei
rimanenti passi, che si trovano nei salmi, hrs ri
ferito a Dio in senso figurato e al negativo nella
preghiera non tacere! (lamentazione indivi
duale: Sai 28,1 pregnante con min: non tacere
lontano da me , par. hsh tacere ; 35,22; 39,13;
109,1; nella lamentazione collettiva: Sai 83,2) e
nellaffermazione il nostro Dio viene e non
tace (Sai 50,3). Cos tacere di fronte ad unin
vocazione equivale ad essere inoperoso, indiffe
rente (cfr. Ab 1,13 hi.), significato che sotto
lineato dalle espressioni parallele con dm
calma , sq( qal riposare, mantenersi inope
roso in* Sai 83,2 e rhq qal allontanarsi in
35,22,
c) In hi! il significato causativo far tacere ri
corre in Giob 11,3 (41,4 txt?), ma di solito esso ha
il significato intransitivo (causativo interno) ta
cere (p.e. Gen 34,5). Pu anche significare es
sere paziente (Is 42,14 accanto a pq hitp. trat
tenersi ), giungendo perci facilmente al senso di
essere tranquillo, mantenersi tranquillo (p.e.
Es 14,14; cfr. hrs hitp. in Giud 16,2). Con la pre
posizione 'osi significa ascoltare uno in silenzio
(Is 41,1),x:on \
e lasciar fare in silenzio (Num
30,5.8.12.15; cfr, CD 9,6 al posto delfammonizione fraterna, jkh hi.). In ISam 10,27 egli rest
inattivo il testo secondo G va mutato in tra
scorso circa un mese (S.R.Driver, Notes on th
Hebrew Text of th Books of Samuel, 21913, 85).
d) Sinonimi di hrs sono: (1) hsh qal tacere, tenersi si
lenzioso (Is 62,1.6; 64,11, da confrontare con Ab 1,13;
65,6; Sai 28";1; 107,29; Eccle 3,7 con lopposto dbr pi.
parlare ), hi. Far tacere (Neem 8,11) e tacere
(2Re 2,3.5; Is 42,14; 57,11; Sai 39,3), esitare (Giud
18,9; Re 22,3; 2Re 7,9);

555

(2) dmh qal essere silenzioso (Ger 6,2; 14,17; Lam


3,49; Os 4,5 txt?), ni. dover tacere oppure essere
annientato (31x; cfr. Wildberger, BK X,232s. per ls
6,5; per dmm essere immobile, silenzioso cfr. N.Loh
fink, VT 12, 1962, 275s. con bibliogr.);
(3) smi qal far tacere (Lam 3,53; cos pure hi. 2Sam
22,41 = Sai 18,41 e altre 7x nei salmi; pi. Sai 88,17 txt
em; 119,139; ni. pass. Giob 6,17; 23,17);
(4) skt hi. mantenersi silenzioso (Deut 27,9);
(5) hsh hi. zittire (Num 13,30), denominativo di has
zitto! (Giud 3,19; Am 6,10; 8,3; Ab 2,20; Sof 1,7; Zac
2,17; negli ultimi tre passi si tratta del silenzio cultuale
davanti a Jahwe; plur. Neem 8,11 hass).

4/ V uso teologico di hrs tacere si collega al


significato derivato essere inattivo, indiffe
rente . Il salmista prega Dio di non tacere pi
(Sai 28,1; 35,22; 39,13; 83,2; 109,1; cfr. Ab 1,13 e
Is 64,11 hsh). Secondo i salmi di lamentazione Dio
tace quando non esaudisce le richieste
deHorante. Similmente alcuni salmi parlano del
dormire di Jahwe quando egli resta inoperoso
(cfr. Sai 44,24; 78,65; 121,4). Nel contesto di Sai
50,3-21 non tacere pi significa che Jahwe
vuole intentare un processo al suo popolo; egli
chiama il cielo e la terra a testimoni (v. 4). La lon
ganimit di Dio verso il suo popolo pu mostrarsi
nel suo silenzio (Sai 50,21; in Sof 3,17 il testo va
mutato, cfr. Horst, HAT 14,198). 11silenzio di Dio
pu per significare anche un castigo per i suoi (Is
64,11 hsh)\se egli rompe il silenzio, perch vuole
intervenire a favore del suo popolo (Is 42,14; 62,1
hsh).
Per il salmista che si riconosce peccatore il silenzio
lopposto della confessione dei peccati (Sai 32,3,
cfr. v. 5). Nel linguaggio sapienziale ii tacere
la caratteristica del saggio, che in tal modo si trat
tiene dal pronunciare giudizi affrettati (Prov
II,12; 17,28; cfr. H.-J.Hennisson, Studien zur isr,
Spruchweisheit, 1968, 72s.; sullideale eg.
delluomo silenzioso cfr. H.Gese, Lehre und
Wirklichkeit in der alten Weisheit, 1958, 15s ).
5/ I LXX per lo pi traducono hrs con myv,
aiomav e Trapamoj-av. Questultimo verbo
manca nel NT; gli altri due non hanno un parti
colare uso teologico, per cui mancano nel ThW;
cfr. p.e, W.Schmithals, art. Schweigen, BHH
III,1748; W.Herrmann, Das Wunder in der evangelischen Botschaft. Zur Interpretation der Begriffe blind und taub im Alten und Neuen Testa
ment, 1961.
M.Delcor

2Urt fisb

PENSARE

1/ La radice hsb nellarea semNO. attestata


oltre che in ebr. anche in ug. (htbrv. UT nr.
917; M.Dahood, Bibl 45, 1964, 409; id., UH Pii
58s.), come pure (con la stessa forma fonetica
delfebr.) in fen. pun, e in aram. (DISO 97s.),
2E?n hsb PENSARE

556

inoltre nel seni, meridionale nella forma hsb in


arab. e in et.

pre un atto mentale, che avviene nel cuore (Is


10,7; 32,6 G; Zac 7,10; 8,17; Sai 140,3; cfr. anche
Gen 6,5; Ez 38,10; Prov 6,18; 19,21 ; lCron 29,18)
oppure nellintimo (Ger 4,14), ma anche, in
quanto giunge ad esprimersi, con la lingua (Sai
52,4). A differenza di altri verbi ed espressioni che
denotano un pensare, i quali come dmh pi, im
maginarsi, pensare (Is 10,7), zkr ricordare
(2Sam 19,20; Sai 77,6) -jd conoscere (Sai
144,3), Ih 'al-lb venire in mente (Ez 38,10)
sono talvolta paralleli a hsb (cfr, p.e, anche mr
bcibb pensare , hgh riflettere , zmm medi
tare, progettare , laram. bibl. lst progettare ),
nellatto mentale designato con questo verbo si
gnificativo laspetto della valutazione ad esso ine
rente (H.-W.Heidland, Die Anrechnung des
Glaubens zur Gerechtigkeit, 1936, specialmente
10-13.15s.36s.): hsb significa calcolare, ma a
differenza di mnb e spr non nel senso di un
calcolo numerico, bens di una valutazione esti
mativa.
A questo riguardo caratteristico il parallelismo
tra hsb e hps (Is 13,17), opp. r$h (Lev 7,18)
compiacersi e la contrapposizione tra hsb e bzh
tenere in poco conto, disprezzare (ls 53,3), m's
rigettare (Is 33,8; Sai 36,5), ns pcesa opp. ksh
pi. wn perdonare il peccato (Sai 32,1 s,).

hsb calcolare, contare ricorre in eg. come prst. sem.

gi nei testi delle piramidi (Erman-Grapow IJI,166s.;


W.Vycichl, MDAI Kairo 16, 1958, 375).
Non possibile accertare una connessione etimologica
con Pacc. epsu fare, agire ( < hsb, cos GB 265a;
KBL 339b) (AHw 223b avvicina questo verbo acc.
allarab. e allet. hfs arraffare ).

Si ritiene di solito che il significato primario della


radice hsb sia connettere, tessere (M.D.Goldman, BR 1, 1951, 135-137; G.R.Driver, WdO
n/3, 1956, 258).
Questo significato primario pu fondarsi sul nome di
professione formato dal part. alt. qal sostantivato hsb
tessitore ( ricamatore ?, cosi Dalman, AuS V,126;
Driver, l.c., 255-258), e forse anche su hsceb nastro,
fascia (Driver, l.c., 255.258s.; cfr. l'eg. hsb fascia
incrociata, Erman-Grapow 111,166). Ma forse hsceb
va spiegato come derivato da hbs legare (GB
265b; HAL 346b), con metatesi tra laringale e labiate
(GVG 1,275).

hsb nelPAT compare, oltre che al qal (anche


aram.) e al pi. calcolare, progettare, ideare, al
ni. passivo opp. tollerativo rispetto al qal venir
considerato, valere , come pure alPhitp. riflessivo
ritenersi . Formazioni nominali della radice
sono: a) il part. att. qal, usato come sostantivo h
sb tessitore (P in Es 25-31.35-40) opp. tec
nico (2Cron 26,15); cfr. luso diverso per signi
ficato ma formalmente analogo del part. att. qal
hsb (CIS I 74, r. 4) e del part. pi. mfjsbm (Harris
104; DISO 97) come nome di professione que
store in fen. pun,; b) le formazioni astratte in
(-n>) -n: hceSbn conto, risultato di un cal
colo (Eccle 7,25-27; 9,10), corrispondente alPug.
htbn (testo 1127, r. 2; 2101, r. I), alParam. eg. (Cowley nr. 81, r. l)e al palm. (CIS II 3913 11,75.115)
hsbn conto, risultato (cfr. anche J.Starcky, In
ventane des inscriptions de Palmyre X, 1949,
nr. 127, r. 2 Ihsbn in riconoscimento di... ), e
*fjissbn invenzione (Eccle 7,29), e specifica
mente catapulta (2Cron 26,15; cos BRL 95;
Rudolph, HAT 21,286; diversamente de Vaux
11,43); c) mahQsb progetto, invenzione ;
d) hsceb (vd. sp.).

Luso particolare come termine tecnico del commercio e


della contabilit (fiscale ecc.), che hsb possiede nelfarea
sem. (cfr. pun. [/?]&> ammont a KAI nr. 160, r. 5;
palm. la consegna delle carni deve essere calcolata (inf.
hitp.) in base al denaro CIS II 3913 ll,102s.; Hatra:
hsbn! dbjt B'smn contabile dei tempio di Be'elsamen ,
A.Caquot, Syria 32, 1955, 54 nr. 49, r. 3) e in eg., at
testato in ebr, nel pi. calcolare, fare i conti (Lev
25,27.50.52; 27,18.23; 2Re 12,16) e al ni. essere calco
lato (2Re 22,7).

Comunemente hsb esprime la valutazione con cui


si collocano persone e cose in determinate catego
rie, cos al qal nella costruzione con Paccus. e le
ritenere uno/qualcosa per (Gen 38,15; 50,20;
ISam 1,13 ecc.; con doppio accus.: Is 53,4; con accus. e ke\Giob 19,11), al ni. nelle costruzioni con
/*, 'al, ini essere annoverato fra (Lev 25,31;
Gios 13,3; Sai 88,5 ecc.), con kf essere conside
rato come (Deut 2,11; ls 5,28; 29,16 ecc.; con bCi
Is 2,22, ma cfr. BH1; cfr. nab. kP nhsb bjnj Ibjiyk
non vale nulla tra me e te , J.Starcky, RB 61,
1954, 164 framm. A, r. 13; J.J.Rabinowitz, BASOR 139,1955, 13, e cfr. al riguardo Re 10,21 =
2Cron 9,20, Dan 4,32) e con Paccus. predicativo
passare per (Gen 31,15; Deut 2,20 ecc.), e in
fine alPhitp. nella costruzione con bc annove
rarsi tra (Num 23,9).
Quando usato senza che sia indicata la misura
della valutazione, hsb denota soprattutto sti
mare, apprezzare, prendere in considerazione
(qal Is 13,17; 33,8; 53,3; Mal 3,16; pi. Sai 144,3),
e in senso gi pi evoluto riflettere, meditare,
pensare, progettare (qal Is 10,7; cfr. pun. hsb nlm
ben disposto, KAI nr. 161, r. 2; pi. SaJ 77,6;
119,59). Analogamente a mrtzkr le con Pinf.

2/ Le forme della radice hsb ricorrono comples


sivamente nelPAT 186x (incluso hsceb 194x): qal
65x (Ger 12x, Sai llx), ni. 30x (Is 7x), pi. 16x,
hitp. lx; hsb 12x, hcesbn 3x, fcissabn 2x,
mahsb 5x (Ger 12x, Ls 9x, Prov 8x), fjsceb 8x;
aram. bibl. qal lx. Non si incontrano forme di fjsb
in Giud, Gioe, Abd, Ab, Sof, Agg, Rut, Cant, sd
(in 9,13 alcuni manoscritti hanno hasabi anzich
hsakt).
3/ Prescindendo da hsb tessitore (e forse
hsceb nastro, fascia }, dove presumibilmente si
conservato il significato concreto della radice
connettere, tessere, hsb nelPAT esprime sem
557

nm

ifsb PENSARE

iTi

558

pensare di far qualcosa , ffsb fe con linf, pro


gettare, avere in mente di far qualcosa (qal ISam
18,25; Ger 18,8; 23,27 ecc.; pi. Giona 1,4; Sai
73,16; Prov 24,8) esprime lintenzione di compiere
unazione.
Quando legato ad oggetti (cfr, specialmente la
costruzione fissa hsb mafsblmaffsbt medi
tare un piano/dei piani, qal 2Sam 14,14; Ger
11,19; 18,11.18 ecc.; pi, Dan 11,24; tra le altre so
prattutto: hsb rl meditare il male , qal Gen
50,20; Ger 48,2; Mi 2,3 ecc.; cfr. pi. Os 7,15; ffsb
crwcen meditare iniquit, qal Ez 11,2; Mi 2,1;
Sai 36,5, ed espressioni simili), hsb sta insieme a
fs (consigliare), progettare, meditare qual
cosa (Ger 49,20.30; 50,45; Ez 11,2; Nah 1,11); la
stessa relazione sussiste fra maffsb progetto
e "sa (consiglio), progetto (cfr. i frequenti pa
ralleli tra questi due sostantivi: Is 49,20.30; 50,45;
Mi 4,12 ecc.). Lintenzione generalmente negativa
di tale progettare (cfr. tuttavia p.e. Ger 29,11
mahsebt slm piani di salvezza , e Sai 33,105.;
40,6; 92,6; Prov 12,5; 16,3; 20,18; 21,5), gi
espressa in queste costruzioni dalloggetto di ffsb,
si manifesta inoltre nelle espressioni preposizio
nali che spesso seguono: il progettare avviene
contro qualcuno (re/, Ie, 'al).
Senza questa coloritura negativa, hsb significa infine
ideare, inventare nel senso di abilit artistica e tec
nica (Es 31,4; 35,32.35; Am 6,5; 2Cron 2,13; 26,15).

a) In senso teologico, ffsb qal con (doppio)


accus. di cosa e le di persona attribuire qualcosa
a qualcuno (come...) (Gen 15,6; Sai 32,2; cfr.
2Sam 19,20; Esd 9,13 G) e ffsb ni. nella costru
zione corrispondente essere attribuito a qual
cuno (come...) (Lev 7,18; 17,4; Num 18,27.30;
Sai 106,31; cfr. anche Prov 27,14), assieme a -rsh
(Lev 7,18) e hp compiacersi di (e presumibil
mente anche zkr ricordare ), sono termini tec
nici della teologia cultuale sacerdotale.
Con ffsb e gli altri termini menzionati, usati in
modo analogo* il sacerdote intende sanzionare con
formule declaratorie (R.Rendtorff, Die Gesetze in
der Priesterschrift, 1954, 74-76) un sacrificio in
quanto compiuto secondo le norme, oppure lo di
chiara invalido (E.Wirthwein, ThLZ 72, 1947,
143-152; id., Tradition und Situation, 1963, 115
131; G. von Rad, GesStud 130-135; von Rad
I,273ss.; R.Rendtorff, ThLZ 81, 1956, 339-342;
id., Studien zur Geschichte des Opfers im alten
Israel, 1967, 253-260); cos pure il sacerdote nel
culto, specialmente col dichiarare nella liturgia di
ingresso al tempio che colui che entra saddiq,
proclama la attribuzione a giustizia (per la vita)
o viceversa (G. von Rad, GesStud 225-234; von
Rad 1,389-392; W.Zimmerli, GO 178-191; H.Reventlow, Wchter uber Israel, 1962, 95-134;
K.Koch. FS von Rad 1961, 45-60, specialmente
57s.).
Tra i passi citati, Gen 15,6 (E) ha unimportanza
particolare in quanto testimonia come la preesi
stente terminologia cultuale si sia spiritualizzata:
4/

559

la mediazione cultuale qui superata da una rela


zione diretta con Do, e ci che viene attribuito
non pi lopera umana ma la fede nella pro
messa (G. von Rad, GesStud 130-135; H.-J.Hermisson, Sprache und Ritus im altisraeltischen
Kult, 1965, 58s,).
Sui nomi propri israelitici formati con fisb (come Hsabja-.
[hQD che rientrano in questuso teologico, cfr. Nolh, IP
188s.

b) Mentre testi sapienziali dicono che i progetti


umani si realizzano se ad essi si unisce un com
portamento saggio (Prov 12,5; 15,22; 16,3; 19,21;
20,18; 21,5), ma falliscono se sono in contraddi
zione con tale comportamento (Prov 6,18; 15,26;
Giob 15,12), e solo FEcclesiaste mette in dubbio
in questa prospettiva il risultato dellattivit
sapienziale (Eccle 7,23-8,1; 9,10), il pensare,
progettare umano, quando nellAT, viene
valutato da un punto di vista teologico, non
quasi mai giudicato positivamente (tranne
che in lCron 29,18; cfr. inoltre il talento divino
di cui dotato lartista secondo P in Es 31,2-5;
35,30-35).
La motivazione che J in Gen 6,5 d del diluvio, e
cio che le aspirazioni del cuore umano erano
ormai solo malvagie, costituisce una valutazione
che caratteristica anche per luso che i profeti
fanno della radice hsb quando parlano del pen
sare, aspirare, progettare delPuomo (Is 55,7;
59,7; 65,2; Ger 4,14; 18,12; Ez 11,2; 38,10; Mi 2,1;
Zac 7,10; 8,17). Nelle lamentazioni individuali dei
salmi i nemici dellorante sono sempre descritti
come coloro che escogitano il male contro di
lui (Sai 10,2; 35,4.20; 36,5; 41,8; 52,4; 56,6; 140,3;
cfr. Ger 11,19; 18,18; Lam 3,60s.). Solo in Nah
2,11; Sai 21,12 si dice che gli uomini escogitano
il male contro Dio , e in Sai 21,12 si dice per an
che che non vi riescono. Mentre gli uomini non
sono in grado di scrutare i pensieri, piani di
Jahwe (Is 55,8s.; Mi 4,12; cfr. Sai 92,6s.), Jahwe
conosce invece i pensieri delfuomo (Is 66,18;
Sai 94,11; lCron 28,9) ed in grado di sconvol
gerne i piani (Sai 33,10; Giob 5,12).
I profeti contrappongono in maniera caratteristica
alle aspirazioni malvagie degli uomini il male
che Jahwe progetta contro d loro (cfr. Mi 2,3 con
v. 1 e cfr. Ger 18,11; 49,20; 50,45; 51,29). Negli
scritti profetici si usa hsb per parlare del piano sal
vifico di Jahwe solo in Ger 29,11. Al contrario gli
inni esaltano la stabilit dei piani (salvifici) di
Jahwe (Sai 33,11 pensieri del suo cuore) e li
pongono in parallelo con i prodigi di Jahwe (pf \
Sai 40,6; cfr. 92,6).
5/ Per il giudaismo ed il NT cfr. H.-W.Heidland, Die Anrechnung des Glaubens zur Gerechtigkeit, 1936; id., art. XoyiCo|Aou, ThW IV ,287295 (= GLNT VI,763-788). Per la letteratura
qumranica, che ivi non viene ancora trattata, cfr.
F,Ntscher, Zur theologischen Terminologie der
Qumran-Texte, 1956, 52s.
W.Schottrojf
ffsb PENSARE

560

T ifi th r ESSERE PURO


1/ La radice semO. (fir essere puro non si
trova nei pi antichi testi sem. (ad eccezione
delfug.) e anche nelFAT usata quasi esclusiva
mente in libri di origine tardiva.
in ug. la radice stata individuata finora solo nel plur.
di un sostantivo che designa una pietra preziosa (bril
lante) (51 [= II AB] V,81.96; WUS nr. 1115; UT nr.
1032). Per le ricorrenze nel pun. cfr. DISO 100.
Sulla base della supposta affinit con le radici zhrlshr
(ebr. sohrjim mezzogiorno , shw in Gen 6,16 se
condo alcuni apertura per la luce ; arab. zhr divenire
visibile ) e zhr brillare (aram., arab.; ebr. hi. e zhar
splendore ) si ritiene spesso che il significato origina
rio della radice sia luce, splendore (J.L.Palache, Semantic Notes on th Hebrew Lexicon, 1959, 35s.;
J.A.Emerton, ZAW 79, 1967, 236; J.H.Eaton, JThSt 19,
1968,604s.), tuttavia ebr. $ohrjim punto culminante
(del corso del sole) e shar copertura (dell'arca)
(cfr. J.F.Armstrong, VT 10, 1960, 328-333) apparten
gono al sem. comune *zahr- schiena (P.Fronzaroli,
AANLR V ili/19, 1964, 257-271.278).

Del verbo si hanno nellAT il qal e le coniugazioni


con raddoppiamento. Frequente come il verbo
lagg, {hr, mentre i sostantivi thar purezza,
purificazione , tohr purezza e tehr splen
dore (Sai 89,45 txt?) sono pi rari.
2/ Il verbo ricorre 94x: qal 34x (Lev 18x, Num
5x), pi. 39x (Lev 13x, Ez 8x, 2Cron 6x), pu. lx (Ez
22,24) e hitp. 20x (Lev 12x, Neem 2x); (hr si ha
95x (Es 28x, Lev 21x, Num 8x, Gen e Deut 6x),
thar 3x (Es 24,10; Lev 12,4.6), [ohr 13x
(Lev 8x, Num, Ez, Neem e 1/2Cron lx), fhr lx
(vd. sp.).
Per la verit dei 94 passi che contengono il verbo, solo
quelli di Gen 35,2 e 2Re 5 possono essere assegnati con
una qualche sicurezza al periodo preesilico; gli altri si
trovano in testi provenienti da! periodo esilico e postesi lico: questo dato mette in luce quanto sia problematico
trarre conseguenze sulFevoluzione di unidea partendo
da un esame statistico; i passi che si riferiscono ai rac
conti di Naaman in 2Re 5,13s. sono formalmente vicini
p.e. a quelli di Lev 14,8s., e la purificazione cultuale richie
sta in Gen 35,2 esige riti simili a quelli che furono abituali
nel periodo postesilico. Si deve notare inoltre che i libri pro
fetici prima di Geremia non conoscono la radice.
Lo stesso vale per (hr. Delle 95 ricorrenze vtrt., P (con
H) ne contiene da solo circa due terzi. Certamente an
tica la doppia ricorrenza nella storia di Saul-Davide in
ISam 20,26. Tuttavia passi con (hr si trovano anche
nel Deut (Deut 12,15.22; 14,11.20; 15,22; 23,11), il quale
non contiene il verbo.

3/ a) thr si riferisce nellAT alla purezza corpo


rale, morale e religiosa (cultuale) (cfr. H.-J.Hermisson, Sprache und Ritus im altisraelitischen
Kult, 1965,84-99). Nonostante le scarse ricorrenze
negli scritti meno recenti, bisogna tuttavia am
mettere che le antiche concezioni della purit e
dellimpurit religiosa, note a tutte le civilt, tro
varono espressione gi nel pi antico Israele attra
verso le radici thr e im (nelfacc. cfr. ebbu, ellu
561

nntt thr ESSERE PURO

e zaku essere puro , che designano sia la purit


fsica sia quella cultuale, AHw 180s. 197s.; CAD Z
23-32).
I sinonimi pi vicini a thr vengono quasi costantemente
usati in senso figurato in riferimento alla purit morale:
brr ni. essere puro, conservarsi puro (2Sam 22,27 =
Sai 18,27, cfr. J.BIau, VT 7, 1957, 387; Is 52,11; bar
schietto Sai 19,9; 24,4; 73,1; Giob 11,4; Cant 6,9.10;
brr puro, schietto Sof 3,9; Giob 33,3; br purit
2Sam 22,21.25 = Sai 18,21.25; Giob 22,30), zkh q. es
sere puro (Mi 6,11; Sai 51,6; Giob 15,14; 25,4; pi.
conservare puro Sai 73,13; 119,9; Prov 20,9; hitp.
purificarsi Is 1,16, cfr. A.M.Honeyman, VT 1,1951,
63-65; forma secondaria zkk q. essere schietto, lim
pido Giob 15,15; 25,5; Lam 4,7; hi. rendere puro
Giob 9,30; zak puro, schietto Es 27,20; 30,34; Lev
24,2.7; Giob 8,6; 11,4; 16,17; 33,9; Prov 16,2; 20,11; 21,8;
cfr. il nome di persona Zakkaj Esd 2,9; Neem 3,20Q;
7,14), e anche haf pulito (moralmente) (Giob 33,9;
cfr. Wagner nr. 108).*

II pi. per lo pi dichiarativo ( dichiarare puro ;


D.R.Hillers, JBL 86, 1967, 320-324 lo definisce
delocutive ), spesso tuttavia anche fattitivo
( purificare , Lev 16,19.30; Num 8,6s. 15.21; Ger
33,8; Ez 24,13; 36,25.33; 37,23; 39,12; 43,26; Mal
3,3.3; Sai 51,4); cfr. Jenni, IIP 34-41.83. Lhitp. si
gnifica purificarsi , il part. hitp. designa colui
che si sottopone alla purificazione ( 12x in Lev 14).
b) Soltanto P (incluso H) d particolari informa
zioni sulla necessit e sul modo di operare la pu
rificazione. I parti (Lev 12,7), la lebbra (Lev 13;
14; 22,4), gli efflussi sessuali (Lev 15; 22,4; cfr.
Deut 23,11), il toccare o il mangiare animali im
puri (Lev 11,32; 17,15), la vicinanza o il contatto
con i cadaveri (Lev 21,1-4; 22,4; Num 6,6-9;
19,11.14-16; cfr. Ez 22,24 txt?; 39,12) esigono la
purificazione. Prima della consacrazione tanto il
sacerdote (Num 8,6s.l5) quanto laltare (Lev
16,19; Ez 43,26) devono essere purificati. Secondo
Esd 6,20 i leviti si purificano prima del sacrificio
pasquale. Ma P parla esplicitamente anche della
necessit di purificarsi da una colpa che provoca
calamit (Gios 22,17). Bench non si possa parlare
di colpevolezza in parecchi cast di contaminazione
personale (infezione in caso di lebbra, mestrua
zione Lev 15,28), si ha limpressione che si pensi
sempre ad un aspetto di colpa: per un improvviso
caso di morte verificatosi vicino a lui il nazireo ha
contratto impurit e ha peccato a causa dei ca
davere (Num 6,9-11); persino laltare, il santua
rio e la tenda del convegno devono essere purifi
cati (santificati ed espiati) dalle (o a causa delle)
impurit degli israeliti (Lev 16,18-20). Mentre i
testi a carattere d halaka, nei quali compare thr,
non lasciano trasparire alcuna emozione, gli ora
coli di Ezechiele che toccano questo argomento
contengono una violenta accusa contro la prosti
tuzione, Fimpurit e il culto degli idoli (Ez 22,24
txt?; 24,13; 36,25.33). AlPopera del Cronista inte
ressa quasi esclusivamente la purificazione dai di
sordini causati da stranieri (Neem 13,9.30; 2Cron
29,15s.l8; 34,3.5.8).
562

Soltanto gli animali puri possono essere sacrificati


e mangiati (Deut 14,7-20; Lev 11,4-47; Gen 7,2;
8,20 J; W.Kornfeld, Reine und unreine Tiere im
AT, Kairos 7,1965,134-147), e solo a chi era puro
era permesso mangiare la carne sacrificata (Lev
22,4). Le concezioni e le pratiche corrispondenti
sono molto antiche: Saul si spiega lassenza di Da
vide al banchetto per la luna nuova col fatto che
gli capitato qualcosa (miqrc, forse una pollu
zione), per cui egli non puro (ISam 20,26). An
che coloro che servono gli idoli si santificano e
si purificano per il loro banchetto sacrificale (Is
66,17). Nella macellazione profana permessa dal
Deut, colui che mangia la carne non deve tuttavia
preoccuparsi se sia puro o impuro (Deut 12,15,22;
15,22).
c) Le cerimonie di purificazione sono: abluzioni,
sacrifici, riti con sangue, olio e sale, taglio dei ca
pelli, mortificazione, riposo dal lavoro e, trattan
dosi di metallo, farlo passare attraverso il
fuoco . Tanto le persone come le cose devono es
sere purificate con acqua (Lev 11,32; 14,8s.;
15,13.28; 17,15; 22,7; Num 8,7; 19,19; 31,23; Ez
36,25). Trattandosi di persone si aggiunge per lo
pi la richiesta di lavare o di cambiare i vestiti
(Lev 13,6,58; 14,8s.; 15,28; 17,15; Num 8,7; 19,19;
31,24); Giacobbe ordina ai suoi, prima del viaggio
verso Betel, di disfarsi degli dei stranieri, di puri
ficarsi e di cambiarsi le vesti (Gen 35,2 E).
Solo di rado viene citato esplicitamente il sacrifi
cio come mezzo di purificazione: dopo il parto
(Lev 12,6,8), dopo la guarigione dalla lebbra (Lev
14,4-7.10-20.21-32) e in occasione della consacra
zione di un altare (Ez 43,26). Il sacrificio opera in
questo caso non solo la purificazione, ma anche
l'espiazione (-/cpr pi.; Lev 12,8; 14,18-20.21.29.31;
Ez 43,26), due cose che spesso sono inseparabili
(Lev 14,19.20.29.31), Anche il rito di purificazione
col sangue presuppone un sacrificio (Lev 14;
16,19; Ez 43,26). Particolarmente complicato il
rito col sangue nella purificazione dalla lebbra: di
due uccelli uno devessere sgozzato e laltro in
sieme con legno di cedro, con un drappo scarlatto
e con issopo devessere bagnato nel sangue; poi
colui che deve essere purificato viene asperso sette
volte col sangue e l'uccello vivo lasciato libero
(Lev 14,4-7.49-53). Insieme con la giovenca rossa
viene bruciato legno di cedro, drappo scarlatto e
issopo, e la cenere viene conservata per la prepa
razione dellacqua di purificazione (Num 19,1-10).
Non ci sono indizi comprovanti che la magia ori
ginaria di questi riti fosse nota alia comunit po
stesilica. Sangue ed olio devono essere applicati al
lobo destro deirorecchio, sul pollice destro e
sullalluce destro (Lev 14,15.17.26,28), quel che ri
mane dellolio va versato sul capo di colui che
deve essere purificato (14,18.29). Fra i riti di espia
zione e di purificazione per la consacrazione
delfaltare compare in Ez 43,24 anche unapplica
zione di saie.
La tosatura richiesta nel rituale per i lebbrosi
563

(Lev 13,33; 14,8s.)e nella consacrazione dei leviti


(Num 8,7; cfr. Num 6,9). Tra le condizioni preli
minari per lespiazione e la purificazione del
giorno della riconciliazione vi la mortificazione
e lastensione dal lavoro (Lev 16,29s.). Gli oggetti
metallici presi come bottino ai madianiti devono
essere fatti passare attraverso il fuoco per la puri
ficazione (Num 31,23); zhb [ahr{24x in Es 25
39 e altrove solo in lCron 28,17; 2Cron 3,4; 9,17)
significa oro libero da scorie.
d) I passi dellAT con thr, non ancora citati, in
tendono chiarire che la purificazione una cancel
lazione della colpa. Geremia dubita se Gerusa
lemme possa o voglia veramente purificarsi an
cora dagli orrori della prostituzione (Ger
13,27); tuttavia Dio conceder un tempo quello
che ora appare impossibile (33,8). Anche Malachia
attende la purificazione dei sacerdoti proprio sulla
base di un processo di depurazione nel giorno di
Jahwe (Mal 3,3). Secondo Sai 51 la purificazione
cancellazione dei peccati per pura misericordia di
Dio ( v. 3s.), anche se si allude a cerimonie cultuali
di purificazione (v, 9, cfr. Kraus, BK XV,388). Le
affermazioni sulla generale peccaminosit umana
nella letteratura sapienziale pongono la domanda
retorica se un qualche uomo possa essere puro
(Giob 4,17; Prov 20,9).
4/ Tutte le religioni hanno qualcosa di analogo
alle concezioni vtrt. della purit (cfr. p.e. G. van
der Leeuw, Phnomenologie der Religion, 21956,
386-393; RGG V,939-944). stata spesso sottoli
neata laffinit col tab polinesiano (con partico
lare insistenza p.e. da parte di R.Baentsch, Exodus-Leviticus, 1903, 354-356). Quanto riscon
triamo nelPAT tuttavia non permette di intendere
la purificazione, nella sua sostanza, come libera
zione da potenze demoniache o come osservanza
di un tab. Il carattere ipotetico delle spiegazioni
date in questo senso manifesto. chiaro che tal
volta ci si avvicina gi al collegamento rabbinico
tra santo e impuro (vd. st. 5) (Num 19,7s.l0); tut
tavia si dice anche che la purificazione si opera as
sieme alla santificazione (Lev 16,19; cfr. Ez 36,23
25) o allespiazione (Ez 43,26). evidente che nei
testi dellAT puro e santo (qds) sono stretta
mente collegati, mentre puro e impuro (tm')
sono diametralmente opposti.
Le leggi di purit derivano dalleccessiva esigenza
di purit della comunit postesilica, la quale as
sunse nel suo sistema anche riti arcaici (R. de
Vaux, Les institutions de PAncien Testament, IT,
1960, 353). I riti d purificazione prescritti da P ci
offrono di questo apparato un quadro che non
certo perfetto, ma tuttavia assai espressivo. Non
si pu dire che si possa cogliere una relazione lo
gica interna fra le singole pratiche cultuali e lo
scopo, la purificazione. Nel caso della purifica
zione escluso un meccanismo di trasmissione,
cos come lo sostiene K.Koch, EvTh 26, 1966,
225-231, per spiegare il fatto dellespiazione. N si
"P O [hr ESSERE PURO

564

pu dire che i riti contengano un esperienza (von


Rad 1,292).
Dai testi si pu per desumere che le leggi di pu
rit lasciano trasparire la raffinata e attentissima
consapevolezza di peccato della comunit postesilica. Questa legislazione detenni nata dalla lotta
contro il pericolo di una nuova apostasia del po
polo di Dio e dalla ferma volont di creare una se
parazione da ci che pagano-impuro. Non si
deve supporre una fede ingenua nell'efficacia del
rito ottenuta con la sua semplice esecuzione.
Come i testi escatologici (Ger 33,8; Ez 36,25.33;
37,23; Mal 3,3), cos anche queste osservanze le
gali sono del tutto consapevoli che la purificazione
(alla stessa maniera del perdono) racchiusa nella
decisione di Dio ed un miracolo operato e do
nato da Dio. Gli studi pi recenti tendono ad in
terpretare a questo modo i testi con (hr (cfr.
W.H.Gispen, The Distinction between Clean and
Unclean, OTS 5, 1948, 190-196; J.K.Zink, Uncleanness and Sin, VT 17, 1967, 354-361, spec. 361).
5/ Negli scritti di Qumran (cfr. H.Huppenbauer, (hr und (hrh in der Sektenregel von Qum
ran, ThZ 13,1957, 350s.) la radice ricorre con par
ticolare frequenza in 1QS e IQH. I membri della
comunit vivono nella purificazione ( 1QS
5,13; 6,16.22.25; 7,3-16.19.25; cfr. CD 9,21.23;
10,10.12); chi non si unisce alla comunit im
puro e non pu essere purificato con lacqua di pu
rificazione (1QS 3,4-8; cfr. 4,21; 11,14). In IQH
purificare significa sempre la cancellazione del
peccato (IQH 1,32; 3,21; 4,37; 5,16; 6,8; 7,30;
11,10.30; 16,12). Nel Rotolo del tempio la purit
cultuale (secondo la presentazione fattane da
Y.Yadin, BA 30, 1967, 135-139) uno dei terni
principali.
Linsegnamento rabbinico sulla purit sviluppa
una casistica ingegnosa con diversi gradi di purit
(G.Lisowski, Jadajim, 1956,2-4; Tebul Jom, 1964,
4s.; Uksim, 1967, 2s.; per lequiparazione tra
impuro e santo cfr. G.Lisowski, Jadajim, 1956,
49-51).
Labolizione del formalismo rabbinico nella deter
minazione del puro e delfimpuro una delle no
vit rivoluzionarie del cristianesimo primitivo
(Me 7,1-23; Mt 15,1-20; cfr. R.Meyer-F.Hauck,
art. xaOap^, ThW 111,416-434 = GLNT IV,
1255-1302). '
EMaass

3 B

tb B U O N O

1/ La radice soggiacente alfebr. (db buono


del semitico comune (Bergstr. Einf. 189); essa
(talvolta in forme secondarie come jtb e fb ) ri
corre spesso come verbo e in diverse formazioni
nominali in acc., aram. e arab., mentre manca in
et. (cfr. anche ug.: WUS nr. 1110; LIT nr. 1028;
cocci di Lachi: DISO 99.106s.; aram.: KBL 1078;
565

n to (b BUONO

DISO 98s.l06s.; sudarab. antico: Conti Rossini


159b).
Nelfebr. il verbo denominativo tob (BL 392;
Meyer 11,151) sicuramente al qal nelle forme
plurali del perf (Num 24,5; Cant 4,10) e nelfinf.
(assol. Giud 11,25; cs. Giud 16,25Q; 2Sam 13,28;
Est 1,10; per ISam 2,26 cfr. GK 113u). Per il re
sto la differenza tra il perf. (e part.) qal e fagg. (b
non sempre chiara (cfr. le collocazioni discor
danti di Mand. e Lis.). fb hi. ricorre in IRe 8,18
= 2Cron 6,8; 2Re 10,30. AHimpf qal, come in ge
nere allhi. (cfr. il sost. m(b il meglio), su
bentra invece la radice jtb.
Oltre alfagg. tb buono (spesso sostantivato e
usato allora per lo pi come astratto (db opp. fem.
(b il bene) si hanno anche il sostantivo tb
Il profumo (2Re 20,13 e Is 39,2; Ger 6,20; Cant
7,10; cfr. KBL 349s.; J.Gray, 1 & Il Kings, 1963,
638) e lastratto tb bont, benessere o sim.
Manca la formazione in -ut (aram. DISO 99; acc.).
NelParam. bibl. ricorre laggettivo tb (Dan 2,32;
Esd 5,17) e il perf. qal te'eb (Dan 6**24; BLA 141),
Nomi personali con (b e tb (cfr. per H.Bauer, ZA W
48, 1930, 75) sono ab\[b, *ahitb e tdbijj(h) (cfr.
Noth, IP 153; sul nome doppio rb-'uddnijj originatosi
in 2Cron 17,8 per una dittografa cfr. Rudolph, HAT
21,250), nelFamhito aram. tabrimmn, tbe'l/(be'al
(cfr. Wildberger, BK X ,226.275); cfr. anche Huffmon
207; Stamm, AN 234-2 36.294s. Per tb come nome di
una regione della Trasgiordania settentrionale cfr.
A.Jirku, ZA W 62, 1950, 319; E.Hhne, BHH 111,1996.

2/ 11 gruppo tbfj(b (senza i nomi propri) at


testato 741x nellAT (di cui 738x ebr. e 3x aram.).
Secondo Lis. si ha tb qal 18x, hi 3x,j(b qal 44x,
hi. 73x. Rispetto a tb II (3x, vd. sp.), tb (32x) e
m(b (6x), predomina fagg. tb con 559 ricor
renze: Sai 68x, Prov 62x, Eccle 52x, Gen 41x,
ISam 37x, Ger 36x, Deut 28x, IRe 24x, 2Cron
23x, Est 22x, 2Sam 21x, Is 13x, 2Re, Giob e Neem
13x ciascuno, Giud llx, Ez 9x, Gios e lCron 8x,
Num e Lam 7x, Esd 6x, Es, Lev e Os 5x, Am, Mi
e Zac 4x, Rut 3x, Giona, Nah, Cant e Dan 2x,
Gioe e Mal lx, Abd, Ab, Sof, Agg Ox.
3/ (b usato in un ambito molto vasto. Perci,
a seconda del contesto, esso pu essere tradotto
con buono , ma anche con numerosi altri ag
gettivi: piacevole, allietante, soddisfacente, gra
devole, favorevole, pratico, idoneo, retto, utile,
abbondante, bello proporzionato, profumato, be
nevolo, clemente, lieto, onesto, valoroso, vero
ecc. (cfr. i dizionari). Senza attenerci ad una rigida
sistematicit e senza pretendere di esaminare tutte
le ricorrenze, consideriamo nei punti che seguono
solo i principali ambiti semantici di tb (opp. del
verbo): (a) idoneit ad uno scopo, (b) designazioni
di qualit, (c) caratterizzazione di persone, (d) giu
dizi di valore, specialmente nella letteratura sa
pienziale, (e) (b e ra'. Net paragrafo 4 si esami
ner poi: (a) tb come designazione del bene mo
rale in senso religioso, (b) le affermazioni su Dio,
(c) i termini astratti.
566

a) (db esprme spesso un giudizio sulPidoneit di


un oggetto o di un provvedimento nei coniVonti di
una persona o di uno scopo (p.e. Gen 3,6 buono
come cibo ). Quando il soggetto di una tale affer
mazione una persona, non si vuol pronunciare
un giudizio etico, ma ci si riferisce alle conse
guenze del suo comportamento (p.e. ISam 19,4 le
azioni di Davide sono utili a Saul; 25,15 uomini
caritatevoli/utili per noi; Prov. 31,18 il lavoro
della donna per la famiglia; pi sentimentale
ISam 1>8 pi prezioso di dieci figli, cfr. Rut
4,15; cfr. inoltre tdb unito a parola o sim.: Re
12,7 = 2Cron 10,7 parole che non solo sono bene
vole, ma rendono pi facile la vita; Re 22,13 =
2C*ron 18,12 parole dei profeti favorevoli al re; Sai
45,2 parole liete; Prov 15,30 buona notizia; 25,25
notizia lieta). Quando Jahwe che parla, tali
parole promettono vita a chi nellangustia e
nell'incertezza: Gios 21,45; 23,14.15; Re8,56; Ger
29,10; 33,14; Zac 1,13 (lespressione trita buone
parole rara: Ger 12,6 tdbt\ cfr. Prov 12,25).
Soggetto di (db inoltre una frase dichiarativa o
infinitiva. Spesso si esprime con essa un giudizio
o una decisione su ci che necessario per salvare
la propria vita quando in pericolo o per raggiun
gere una certa prosperit (Es 14,12; Num 14,3;
ISam 27,1; 2Sam 14,32; molto netto il giudizio
di Dio sullesistenza deiruomo in Gen 2,18 non
bene che luomo sia solo ), In un senso pi am
pio rientrano qui anche le riflessioni di carattere
sapienziale (Giob 10,3; Eccle 2,24 (db sostanti
vato; 6,12; 11,7; Lam 3,26.27; vd. st. 3d). D altra
parte quello a cui si tende sempre una vita pro
spera, e lo si afferma mentre si pensa a ci che
rende possibile lesistenza (in modo impersonale:
Num 11,18; Deut 5,33 e 15,16 (db qal; ISam
16,16.23; Os 2,9; Sai 128,2; in modo personale: Is
3,10; Ger 44,17; Sai 112,5; in senso attenuato
ISam 20,12 bene per Davide ; in Deut 23,17
nella prescrizione sullo schiavo che fuggito ba(tb l non vuol dire dove a lui piace, ma
dove egli ha possibilit di vivere ).
La stessa idea viene espressa anche con jlb qal fe andar
bene per qualcuno (constatazione di un dato di fatto:
Gen 40,14; Sai 49,19 txt em; scopo di un comportamento
richiesto o previsto: Gen 12,13; Deut 4,40; 5,16.29;
6,3.18; 12,25.28; 22,7; 2Re 25,24; Ger 7,23; 38,20; 40,9;
42,6; Rut 3,1). A ndar bene significa vita; lo si
dice evspressamente in Gen 12,13; Deut 4,40; 5,16.33
[tb qal); 22,7 (cfr. Deut 6,3.18 con una promessa
analoga).
Se la prosperit opera di uomini (Gen 12,16; Num
10,29) oppure (in prevalenza) di Dio, si ha jlb hi. (con /e,
la forma pi antica: Gen 12,16; Es 1,20; N um 10,29;
Gios 24,20; G iud 17,13; ISam 25,31; Ez 36,11 txt em; Sai
125,4; con accusativo: Deut 8,16; 28,63; 30,5; ISam 2,32;
Ger 18,10; 32,40.41; Zac 8,15; Sai 51,20; Giob 24,21; con
V/n: Gen 32,10.13; N um 10,32; M i 2,7 txt?). In questo
caso la traduzione fare del bene, mostrarsi benevolo
(GB 298b) formalmente esatta; tuttavia dal punto di
vista del contenuto ci si riferisce non lanto alfazione
stessa (p.e. Sai 119,68, vd. st. 4b) quanto alle conse
guenze dell'azione.

567

b) Soprattutto quando unito a terra e a ter


mini agricoli tb designa una qualit. Si parla di
una buona terra in Es 3,8; Num 13,19; 14,7;
18,9.1 riferimenti alla sua fertilit mostrano che si
pensa in primo luogo alle possibilit di sussistenza
(cfr. Deut 23,17). Invece nelPespressione stereo
tipa dtn. e dtr. la buona/bella tetra (con cerces
Deut 1,35; 3,25; 4,21.22; 6,18; 8,7.10; 9,6; 11,17;
Gios 23,16; lCron 28,8; con adma\ Gios
23,13.15; Re 14,15) laccento non pi sulluti
lit oggettiva (cfr. specialmente Deut 3,25). Per il
fatto che Dio lha promessa (Deut 8,10; 9,6; Gios
23,13.15.16), che gli israeliti ne entreranno in pos
sesso (6,18; 9,6) come eredit (Deut 4,21), la terra
diventa un bene salvifico, e lo stesso termine (db
diventa pi statico (cfr. al riguardo Gen 49,15; in
senso pi ampio anche Deut 28,12). Quando in
vece i riferimenti allambito agricolo non hanno
propriamente un orientamento salvifico, resta pre
valente Pidea dellutilizzazione e del vantaggio
(p.e. ISam 8,14; Re 21,2; 2Re 3,19.25; Ez 17,8;
34,14.18; lCron 4,40; nella parabola del canestro
di fichi lantitetico ra4 cattivo viene spiegato
con non buono da mangiare ; infine si pu ci
tare qui anche 2Re 2,19, e cosi pure entro certi li
miti Giud 9,11; Os 4,13).
s tb (2Re 3,19.25) lalbero da frutto in contrap
posizione alPalbero frondifero. Ci che in un primo
tempo era una valutazione diventato un termine fisso.
Nel corso di questo sviluppo tb pu designare una qua
lit in senso assoluto e pu affermare che una cosa pos
siede una determinata caratteristica in misura particolare
(folio: ls 39,2, ma vd. sp. 1 per 2Re 20,13; Sai 133,2;
loro: zdhb Gen 2,12; 2Cron 3,5.8; aram, dehab Dan
2,32; kcetcem Lam 4,1; cfr. anche Esd 8,27 e cos pure
lug. tb con yn vino e ksp argento , WUS nr. 1110;
UT nr. 1028),

c) Un gruppo a s formano quei testi in cui tdb


descrive la natura delPuomo. I testi pi antichi
parlano dellidoneit a certi compiti, in genere mi
litari. Non si ha di per s un giudizio etico
( uomo buono ) (ma vd. st. 4a): si designa p.e.
unlite (ISam 8,16; 9,2; Re 20,3; Am 6,2; e an
che 2Re 10,3). In 2Sam 18,27 Achimaaz un
uomo dabbene poich porta la buona notizia
(della vittoria). Tuttavia (ob viene inteso in senso
etico in ISam 15,28 (influsso di idee profetiche?);
Re 2,32 (par. saddtq giusto; forse aggiunta
posteriore per Noth, BK IX /1,11 ); Mi 7,4 (par. jsr retto ; txt?); 2Cron 21,13.
Ad una valutazione pi esteriore tendono i passi
in cui tdb regge un genitivo che descrive la figura,
laspetto ( bello o sim.: Gen 24,16; 26,7; ISam
16,12; 2Sam 11,2; Re 1,6; Est 1,11; 2,2.3.7; Dan
1,4; cfr. Nah 3,4; Dan 1,15 e senza il genitivo, ma
con lo stesso significato, Gen 6,2; Giud 15,2).
In questo senso tb pu avere lo stesso valore di altri vo
caboli pi specifici che indicano bello , come jjc
(42x, inoltre Ger 46,20 j ef-/jj',jph qal essere bello
6x, pi. ornare lx, hitp. farsi bello lx, j j bel
lezza 19x; la radice ricorre con maggior frequenza in
Cant 16x, Ez 15x, Gen 9x), nwc (9x, radice t'h es

Sica (db BUONO

568

sere bello, conveniente pai. 3x) e aram. sappir (Dan


4,9.18; aram. spr qal piacere 3x; ebr. spr qal lx in Sai
16,6, cfr. Wagner nr. 316), Cfr. anche W .Grundm aun,
ThW III,545s. (= GLNT V,28ss.); von Rad I,375s.

Spesso tb unito in diversi modi a lb cuore


(p.e. IRe 8,66 = 2Cron 7,10; Prov 15,15; Eccle 9,7;
Est 5,9; tb qal: Giud 16,25; ISam 25,36; 2Sam
13,28; Est 1,10\jtb qal: Giud 18,20; 19,6.9; Re
21,7; Rut 3,7\j(b hi.: Giud 19,22; Eccle 11,9; (b:
Is 65,14; simile per contenuto Prov 17,22). lb
inteso qui come sede dei sentimenti, per cui non
si designa con esso la qualit morale ma la situa
zione interiore delPuomo. Questo senso viene sot
tolineato dal parallelo smah lieto / simh
gioia (IRe 8,66 = 2Cron 7,10; Eccle 9,7; Est
5,9). jtb qal/hi. esprime il sopraggiungere di que
sto stato, in quanto esso nelle intenzioni o in
quanto ne consegue (Eccle 7,3 ha invece una forte
accentuazione etica, mentre Giud 18,20 si avvi
cina a jtb b^n piacere ).
Ricordiamo qui anche l'espressione j m tb giorno fe
stivo in quanto, al di l di ogni concezione magica,
buono per Fuomo, poich ci si d alla gioia (ISam 25,8;
Est 8,17; 9,19.22; cfr. Zac 8,19). Cfr. anche sb tob
et avanzata/bella (Gen 15,15; 25,8; Giud 8,32;
lCron 29,28); let non buona in s n pregevole dal
lato morale, ma tuttavia piacevole quando si pu mo
rire vecchi e sazi di anni (Gen 25,8; lCron 29,28; legger
mente diverso Eccle 7,10).

d) Ogni aggettivo contiene di per s un giudizio.


Ora tdb, in quanto si riferisce a situazioni vitali,
indica spesso in maniera generica la presa depo
sizione positiva del soggetto nei confronti di una
realt, senza dire in molti casi se tale atteggia
mento sia giusto o meno. Un messaggio, un con
siglio, una parola ecc. sono tb, se sembrano favo
revoli (p.e. Gen 40,16; ISam 9,10; 2Sam 17,7.14;
18,27; IRe 2,38.42; 2Re 20,19 = ls 39,8; Is 52,7),
un'azione o una cosa (dbr) lo sono, se sembrano
propizie (Es 18,17; Deut 1,14; ISam 26,16).. Tal
volta vi anche espresso un giudizio etico (Neem
5,9; 2Cron 12,12 cera ancora qualcosa di buono
in Giuda , cfr. Rudolph, HAT 21,234; 19,3; 2Sam
15,3 sta a met strada: la tua causa giusta =
ti si dovrebbe dar ragione).
tb pu diventare una particella di assenso, come
del resto capita anche in italiano (Gen 24,50;
ISam 20,7; 2Sam 3,13; Rut 2,22; 3,13; cfr. anche
Is 41,7).
.
11 carattere di decisione viene posto in evidenza
con alcune ligure retoriche: (1) qualcosa (db (in
senso pi ingressivo j{b qal) a giudizio (be<rt
agli cchi ) di colui che si ripromette da essa
utilit, vantaggio. Soggetto in genere non una
persona, ma una cosa (eccezioni: Num 36,6; ISam
29,6.9 non diletto , ma sollecito/salutare
come un angelo ; Est 2,4.9; 8,5; Neem 2,5), Il ge
nitivo dipendente da b^rt una persona in
grado di giudicare e decidere della idoneit allo
scopo (il che pu essere assolutamente indiffe
rente dal punto di vista etico, cfr. Gen 19,8; Giud
19,24; ISam 11,10; Ger 26,14; Mal 2,17). Tale per
569

30 tb BUONO

sona un governante (Gen 41,37; 45,16; ISam


14,36.40; 24,5; 29,6.9; 2Sam 19,19.28.38; 2Re 10,5;
Est 1,21; 2,4,9), un patriarca o un individuo (Gen
16,6; 20,15; Lev 10,20; Deut 1,23; Gios 9,25; ISam
1,23; 2Sam 19,39; 24,22 = lCron 21,23; IRe 21,2;
Ger 40,4; Est 3,11), un popolo o un gruppo (Gen
34,18; Num 36,6; Gios 22,30.33; ISam 18,5; 2Sam
3,19.36; 18,4; Est 8,8; Zac 11,12). In testi pi re
centi pu subentrare "al al posto di ben (Est 3,9;
5,4.8; 7,3; 9,13; Neem 2,5.7; lCron 13,2; diversi
sono invece Est 7,9 [cfr. anche G.R.Driver, VT 4,
1954, 236]; ISam 20,13 txt?), e anche lifn (Eccle
2,26; 7,26; Est 5,14; Neem 2,5.6). Se il genitivo di
pendente da b^n Dio , si intende allora ci
che corrisponde alla sua volont (Num 24,1; Giud
10,15; ISam 3,18; 2Sam 10,12, cfr. lCron 19,13;
2Sam 15,26; IRe 3,10; 2Re 20,3 = Is 38,3), alle
norme cultuali (Lev 10,19; 2Cron 31,20 con lifn)
0 etiche (Deut 6,18; 12,28; 2Cron 14,1) da lui sta
bilite. Dio di per s non trae alcun vantaggio dalle
azioni delPuomo (cfr. Sai 50,12.13).
(2) tb, pi spesso che gli altri aggettivi, unito
al min di paragone { migliore di ), indicando cos
la scelta fra due possibilit. Non si d rilievo alla
decisione finch si tratta di una constatazione
(Gen 29,19; Giud 15,2; ISam 9,2; IRe 21,2), di
una promessa (Is 56,5) o di un desiderio ( IRe 1,47
jtb hi.). Invece una decisione fondata su riflessioni
precedenti compare in Giud 8,2 (la spigolatura di
Efraim); 11,25 (la stima che gli ammoniti hanno
di s); IRe 19,4 (Pidoneit di Elia al suo compito);
Est 1,19 (vd. sp, 3c per ISam 15,28). Ci parti
colarmente chiaro nelle domande (Giud 9,2;
18,19; 2Re 5,12) oppure nelle affermazioni dettate
dalla disperazione (Giona 4,3.8; Lam 4,9).
Questuso molto frequente nella letteratura sa
pienziale, la quale resta legata alla vita nel senso
che vuole aiutare a scegliere giustamente e a giu
dicare adeguatamente i diversi valori secondo il
grado della loro importanza. Si va da constatazioni
elementari ed ovvie (il mangiare il miele Prov
24,13; 25,27; il soffrire a causa di una donna ris
sosa Prov 21,9.19; 25,24) fino ad affermazioni di
importanza vitale e di per s non evidenti, che ri
guardano i valori autentici, ossia ci che bene
(Sai 111,10; 119,71.72; Prov 15,23; 17,5.26; 18,5;
Eccle 5,17) e ci che meglio (Prov 3,14;
8,11.19; 12,9; 15,16.17; 16,8.16.19.32; 17,1;
19,1.2.22; 22,1; 25,7; 27,10; 28,6; similmente Giob
13,9). Bisogna citare qui anche PEcclesiaste
(4,3.6.9.13; 5,4; 6,3.9; 7,1.2.3.10.18; 9,4), dove
per il legame con la vita assume una configura
zione particolare a causa della sua idea di felicit
(3,22).
1 detti sapienziali, poich sono espressione di un
ordine fisso, non esauriscono la loro funzione
nelPindicare un determinato scopo, ma con il loro
contenuto incidono anche sul campo delletica
(Prov 17,26; 18,5; 24,23; cfr, anche 2,20). Un tb
dello stesso tipo, sottolineato particolarmente
dalla religiosit profetica, ricorre anche in ISam
15,22 e Mi 6,8, e in senso pi ampio in Giona 4,4.
570

Per linflusso della religiosit israelitica sulla for


mazione del pensiero sapienziale cfr. J.Fichtner,
Die altorientalische Weisheit in ihrer isr.-jud.
Auspragung, 1933; sulla relazione tra sapienza ed
etica in generale cfr. W.Richter, Recht und Ethos,
1966.
In questambito del pensiero sapienziale va collocalo
luso di jtb hi. nel senso profano di fare qualcosa se
condo le norme/accuratamente (Es 30,7; Deut 5,28;
18,17; ISam 16,17; 2Re 9,30; Is 23,16; Ger 1,12; Ez
33,32; Os 10,1; Mi 7,3 txt em; Sai 33,3; Prov 15,13;
17,22). In tal caso fini. assol. pu diventare un puro av
verbio (GK 113k), che designa il compimento di
unazione secondo le norme (Deut 13,15; 17,4; 19,18
nelle norme processuali; inoltre Deut 9,21; 27,8; 2Re
11,18; Giona 4,4.9).

e) Spesso tb unito al suo opposto ra malva


gio, cattivo (/ ). Vanno ricordati qui tra laltro
i merismi dal buono fino al cattivo e buono
o cattivo nel significato di qualsiasi cosa
(Gen 31,24.29; 2Sam 13,22; cfr. Lev 5,4 con j(b hi.
e
hi.; cfr, H.A.Brongers, OTS 14, 1965, 100
114), inoltre le asserzioni che contengono i verbi
fare e ricompensare (p.e. ISam 24,18;
25,21; Ger 18,10; Sai 35,12; Prov 31,12), le valu
tazioni (Lev 17,10,12.14.33) e le affermazioni
sullagire di Dio in bene o in male (vd. st. 4b).
Talvolta si pu ancora notare chiaramente come
questa contrapposizione di due possibilit esiga o
eviti una scelta (cfr. p.e. Num 13,19; 24,13; 2Sam
14,17; 19,36; IRe 3,9; Is 41,23; Ger 10,5; 40,4, vd.
sp. 3d; 42,6; Sof 1,12; i due termini vengono usati
in Gen 24,50 con valore di formula ed equival
gono a si-no).
In tutti questi passi si stabilisce in sostanza ci che
utile e ci che dannoso alla vita, e non si tratta
ancora di per se di una valutazione morale (per Is
5,20 vd. st. 4a). Su questo piano va intesa anche
la conoscenza del bene e del male di Gen
2,9.17; 3,5.22 (-#/* IIl/lc; tra le possibili spiega
zioni ivi enumerate accettiamo la nr. 2; il fatto che
il racconto del peccato originale nel suo complesso
non trovi alcuna corrispondenza nei miti del
mondo circostante, induce ad eliminare la spiega
zione che vede nel racconto una presa di coscienza
della sessualit [nr. 31; daltra parte non del tutto
errata lopinione che vi scorge il desiderio di un
perfetto discernimento morale [nr. 1]; von Rad,
ATD 2,65, e Brongers, l.c., 105, interpretano
lespressione come un merismo [tb ward1 =
tutto , nr. 4], tuttavia il desiderio di una cono
scenza divina perfetta avrebbe potuto venir
espresso diversamente). Che laccento stia su que
sto punto lo si nota fra laltro dal fatto che linser
zione dellalbero della conoscenza produce delle
forzature nel contesto (HJ.Stoebe, ThZ 18, 1962,
387-390). La spiegazione secondo cui luomo con
la conoscenza del bene e del male pretende di de
cidere da s che cosa utile e che cosa dannoso
alla sua vita, ossia pretende per s la piena au
tonomia (H.J.Stoebe, ZAW 65, 1953, 188-204),
non introduce quindi nel testo idee estranee
571

allAT, ma al contrario non fa che sviluppare ed


approfondire ci che gi contenuto nella
parola tb.
In Is 7,15.16 la capacit di scegliere tra il bene e il male
designa un grado di maturit che un neonato non pos
siede ancora; poich la promessa si riferisce a qualcosa
che dovrebbe realizzarsi entro breve termine, non si pu
pensare ad una maturit fisica o allet dei ventanni
(G.W. Buchanan, JBL 75, 1956, 114-120), ma soltanto
alla presa di coscienza della propria volont. Lo stesso
vale per Deut 1,39 (cfr. Num 14,31).
Non improbabile che la formula di approvazione del
racconto
sacerdotale
della
creazione
(Gen
1,4.10.12.18.21.25.31 ) stia espressamente in relazione col
tema del peccato originale. Indipendentemente dalforigine e dal significato sintattico della formula (W.F.A1bright, FS Robert 1954, 22.26), si vuol dire con essa che
il mondo voluto da Dio ordinato (W.H.Schmidt, Die
Schopfungsgeschichte der Priesterschrift, *1967, 59-63),
ossia che corrisponde ai suoi fini.

4/ a) Il significato di tb come buono in


senso etico-religioso non il risultato tardivo di
una spiritualizzazione. Il collegamento con tale si
gnificato gi dato dal fatto che tb ha un legame
diretto con la vita. Ci presuppone la consapevo
lezza che la vita possibile solo entro un certo or
dinamento, con il quale le affermazioni contenenti
tb pongono a contatto, poich al di l di esso non
c vita.
Anche la sapienza vuole insegnare la via della vita
(Prov 2,19; 5,6; 6,23; 12,28; 15,24; 16,17). Essa
la via del bene/dei buoni (Prov 2,9.20; cfr. 2,12
via del male ). Anchessa ricerca una moralit
e conosce luomo buono (Prov 2,20; 12,2; 13,2;
14,14.19). La norma di questa via sono diritto
e giustizia (Prov 2,9; cfr. 12,28; 16,31), laiuto
la sapienza e lintelligenza (Giob 34,4; Ec
cle 7,11; cfr. Prov 4,7; 9,6). Tuttavia anche qui
non mancano espressioni che esulano dal pensiero
propriamente sapienziale (Prov 2,9; 14,22; 15,3).
Non si pu perci stabilire una contrapposizione
esclusiva tra religiosit e sapienza (sugli influssi
vd. sp. 3d), e tanto meno si pu vedere in questa
religiosit solo una forma del pensiero sapienziale,
poich questultimo al di l delle norme orien
tato verso Dio stesso.
Questo collegamento viene approfondito nella
predicazione profetica (p.e. ISam 15,22; Mi 6,8;
cfr. Os 6,6), nella quale alcune formulazioni pos
sono essere identiche a quelle della letteratura sa
pienziale. Particolarmente istruttiva la predica
zione di Amos (Am 5,4.14.15). Lidea della vita
ha qui unimportanza decisiva; solo il Dio vivente
la concede. La si pu trovare solo nella comunione
con lui, se si rispettano i suoi precetti. Cos cer
care Dio e cercare il bene diventano concetti
pressoch identici.
Anche qui si insiste sullaspetto della decisione.
Bisogna riconoscere e accettare una cosa come
bene, per amarla oppure odiarla, poterla fare op
pure no (cfr. p.e. Is 5,20; Ger 13,23; Am 5,15; Mi
3,2; Sai 14,1.3; 34,15; 37,3.27; 38,21; ma anche
3CD (db BUONO

572

Prov 11,27; 14,22; Giob 34,4), e Pultima decisione


spetta a Dio (cfr. Eccle 12,14; con uninversione
ironica Mal 2,17; cfr. anche -itlaj forse di Ani
5,15).
Cosi sia nel linguaggio devozionale sia in quello
sapienziale (vd. sp.) la via di un uomo pu essere
detta buona (p.e. ISam 12,23; Re 8,36 =
2Cron 6,27), includendo entrambi gli aspetti: che
la via in S buona e giusta, e che conduce ad un
buon fine (in senso profano ISam 24,20; su! radi
camento di questo concetto nella fede veterotesta
mentaria cfr. A.Kuschke, StTh 5, 1952, 106-118;
F. Notscher, Gotteswege und Menschenwege in
der Bibel und in Qumran, 1958; dcrcek).
A questo proposito va ricordata la connessione, partico
larmente caratteristica in Geremia, tra Jtb hi. e dcrcek
v ia oppure ma"afallm azioni (Ger 7,3.5; 18,11;
26,13; 35,15). La traduzione migliorare non esprime
esattamente il senso, che piuttosto quello di rendere
giusto, mettere in ordine (cfr. Ger 2,33: rendere giu
sto per uno scopo determinato). Il soggetto pu essere
tralasciato perch evidente, e allora jlb hi. usato in asso
luto significa agire rettamente, bene (Ger 4,22; 10,5;
33,23; anche Is 1,17). Questuso linguistico manca nei
testi sapienziali. Di solito viene inteso cos anche Gen
4,7; data la difficolt del testo, probabile che questa
fosse gi la spiegazione tardiva di una tradizione non pi
compresa rettamente. chiaro che si ha anche qui unel
lissi (cfr. G.R.Castellino, VT 10, 1960, 442-445).

Su questa linea tb compare anche come oggetto


nominale di Lsh fare o di espressioni simili (Ez
18,18; 36,31; Sai 14,1.3; 34,15; 37,3.27; 38,21;
53,2.4; Prov 14,22 hrs preparare ); tralasciamo
quei passi che parlano solo di un soccorso vicen
devole tra uomini (p.e. Gen 26,29; ISam 24,18;
Prov 31,12). Per il loro contesto vanno collocati
qui anche i passi con tb hi. (Re 8,18 = 2Cron
6,8; 2Re 10,30).
Cos luomo stesso (al di l del significato ristretto
adatto per , scelto ) pu essere detto
buono in senso etico-religioso (p.e. ISam 2,26,
cfr. v. 24; 15,28; Re 2,32; Sai 125,4; Prov 13,22;
Eccle 9,2; Est 1.19; 2Cron 21,13; con j(b qal Nah
3,8; per i testi sapienziali vd. sp. 4a allinizio).
b) Il fatto che tb sia orientato verso Dio ha infine
come conseguenza che Dio stesso viene chiamato
{db, e ci si verifica in testi recenti e specialmente
nel linguaggio dei salmi (Sai 25,8; 34,9; 73,1; 86,5;
119,68; 135,3; 145,9; Lam 3,25; 2Cron 30,18; cfr.
Nah 1,7). In tal caso al posto di Jahwe si trova il
Nome (Sai 52,11; 54,8), lo Spirito (Sai 143,10;
Neem 9,20, che si richiama a Num ll,17.23ss.),
oppure si parla del suo agire diretto (Sai 119,39;
Neem 9,13) o indiretto (jd mano: Esd 7,9;
8,18; Neem 2,8). Si potrebbe inoltre sostituire la
buona parola con promessa (Gios 21,45;
23,14.15; vd. sp. 3a).
tb come attributo divino ricorre con particolare
frequenza nella formula che introduce la lode li
turgica (Ger 33,11; Sai 100,5; 106,1; 107,1;
118,1.29; 136,1; Esd 3,11; lCron 16,34; 2Cron
5,13; 7,3); significativo che la formula sia spesso
573

ntD tb BUONO

completata con poich il suo fjcsced dura in


eterno .
Anche quando non si dice espressamente (come
in Nah 1,7; Sai 73,1; 86,5; 145,9; Lam 3,25) verso
chi Dio sa buono, non si ha con questo unastra
zione, poich il hcsced di Dio implica gi la solle
citudine verso Puomo. Perci in testi pi recenti
e soprattutto nelle versioni hcsced pu essere
completato o sostituito dalla radice tb
(H.J.Stoebe, VT 2, 1952, 248). Ci tuttavia va ol
tre lidea che Dio rende prospero qualcuno e gli
usa benevolenza (jtb hi.; cfr. il part. hi. assoluto
mtjb Sai 119,68) e sposta laccento dal dono al
donatore. Poich Dio stesso tb, si pu accettare
dalla sua mano sia il bene che il male, sia lamore
che la sofferenza {Giob 2,10; Lam 3,38).
Se nellinno la lode stessa di Dio viene detta (b (Sai
92,2; 147,1; similmente 118,8.9; Lam 3,26), non si tratta
di affermazioni interessate, ma ci si fonda sul (db di Dio
e sulle sue azioni salvifiche che precedono ogni lode (cfr.
anche Sai 73,28).
interessante laccostamento tra tb, hcesced e hajjim
vita in Sai 63,4. In Sai 69,17 e 109,21 la versione abi
tuale la tua grazia magnifica troppo statica; si ha
invece unendiadi: la tua benevolenza munifica
(cfr. Kraus, BK XV,479s.745s.).

c) Gi abbiamo parlato in parte dei termini


astratti per spiegare alcune connessioni concet
tuali; li riprendiamo qui in uno sguardo d'in
sieme.
Il pi chiaro mtb la cosa migliore ; come in
dicazione di qualit ricorre solo unito a terra
(Gen 47,6.11), campo/vigna (Es 22,4.4) 6 ar
mento (ISam 15,9.15).
Per tb il senso originario prodotto, ci che
uno ricava (Gen 45,18.20.23; Is 1,19; Ger 2,7;
Esd 9,12; Neem 9,25.36; con esso si possono tro
vare i termini mangiare , saziarsi , frutto )
e pi genericamente patrimonio, possedimenti,
averi (Gen 24,10; Deut 6,11; 2Re 8,9; Giob
20,21; Neem 9,25). Al posto di tb si pu trovare
qui anche tb, con significato sostanzialmente
identico, pur tenendo presente in questo caso la
possibilit di una vocalizzazione errata (ISam
15,9; Re 10,7; Is 55,2; Ger 5,25; Zac 1,17; Sai
34,11.13; 85,13; 104,28; Giob 22,18; (b: Giob
22,21; Eccle 6,3). Quando si vuol sottolineare che
Dio a concedere il bene, tb significa benedi
zione, salvezza (Sai 27,13; 65,5; 128,5; Neem
9,25.35; pi genericamente benessere Giob
21,16, Prov 11,10; a met strada p.e. Ger 31,12.14;
cfr. anche Sai 65,12 tba). Come ultima conse
guenza si ha che (b significa infine bont ed
entra cos stretto rapporto con hcsced(Es 33,19; Is
63,7; Os 3,5; Sai 25,7; 31,20; 119,66 txt?; 145,7;
cfr. tb Sai 23,6; (b Sai 68,11). tb lb come
gioia del cuore si trova in Deut 28,47 e Is
65,14; tb come bellezza in Os 10,11 e Zac
9,17.
Non si pu stabilire chiaramente una netta diffe
renza tra tb e tb. Si pu dire con riserva che (b parla in modo neutrale dellazione buona in s,
574

mentre il contesto offre di volta in volta la sfuma


tura necessaria (cfr, p.e, Giud 8,35; ISam 24,19).
Ci risulta particolarmente evidente quando il ter
mine unito a Lsh fare o a verbi dello stesso ge
nere (Gen 44,4; Num 24,13 agire di propria inizia
tiva; Giud 9,16; ISam 24,18.19; 25,21, ma al v. 30
chiaramente benedizione; 2Sam 2,6 [cfr. per al
riguardo G.Buccellati, BeO 4, 1962, 233; W.L.
Moran, JNES 22,1963,173-176; D.R.Hillers, BASOR 176, 1964, 46s.; J.S.Croatto, AION 18,1968,
385-389]; Ger 18,20a; Sai 35,12; 38,21a, mentre in
2b tb invece il bene morale; 109,5; Prov 17,13;
quando vi contrapposto
si pensa ad un at
teggiamento che non si giustifica col proprio
agire). Questo senso generico presente anche in
2Cron 24,16 ( rendersi benemerito , Rudolph
HAT 21,276); Ger 18,20b ( parlare a favore , si
milmente Ger 15,11 con tb)\ 2Re 25,28 = Ger
52,32 ( parlare amichevolmente ); Neem 5,19 e
13,31 ( ricordarsi benevolmente ). lsh (b sotto
linea invece di pi il lato morale di unazione (Ez
18,18; Sai 14,1.3; 34,15; 37,3.27; similmente Is
5,20.20; Am 5,14.15; Mi 3,2; Sai 38,21b; Prov
11,27; anche Prov 11,23; 14,22; per laspetto della
decisione vd. sp. 4a).
Questo significato pi generico sconfina nel con
cetto pi preciso di felicit, successo, buon
esito . Diversamente da tb, non si pu pi dire
con sicurezza se con tb si volesse esprimere qual
cosa di concreto, ammesso che questa fosse del re
sto lintenzione originaria ({b: Deut 23,7; Sai
16,2; 106,5; Giob 9,25; 21,25; Eccle 4,8; 5,17; 6,6;
7,14 accanto a (db, questultimo come applica
zione dimostrativa 9,18; Lam 3,17; Esd 9,12;
Neem 2,10; tb pi frequente: Num 10,29; Ger
8,15; 14,19; 17,6; Os 8,3 accentua laspetto di fe
licit ; Mi 1,12; Sai 4,7; 25,13; 34,13; 39,3; 103,5;
107,9; Giob 7,7; 21,13; 30,26; 36,11; Prov 13,21;
16,20; 17,20; 18,22; 19,8; 28,10 txt?; Eccle 2,1.3;
3,12.12,13,22; 5,17; 8,12.13/15).
Se fautore di questa situazione felice Dio, tb
significa benedizione, salvezza (Es 18,9; ISam
25,30; 2Sam 7,28 = lCron 17,26; IRe 8,66 =
2Cron 7,10; Ger 18,10; 32,42; 33,9). Anche qui si
pu trovare tb con Io stesso significato, allu
dendo allaspetto concreto della situazione (Num
10,32, cfr. v. 29; Is 52,7; Ger 29,32; Sai 21,4; 34,11;
84,12; 119,65; 122,9; Prov 24,25; 2Cron 6,41;
10,7),
Questo contenuto del termine tb viene sottoli
neato in modo caratteristico quando tb/tb
costruito con i e. In senso generico e{b per la
buona impresa si trova in Neem 2,18; ma per lo
pi Jahwe che in quanto Signore crea per gli uo
mini questo stato di benedizione e d salvezza (t
b: Deut 28,11; 30,9; Ger 14,11; 24,5; Sai 86,17;
Esd 8,22; tb: Deut 6,24; 10,13; Ger 32,39). Que
sto si deve supporre anche per Gen 50,20 (la tra
duzione volgere in meglio non del tutto sod
disfacente; Dio ha trasformato in salvezza il piano
malvagio; cfr. Sai 119,122). La responsabilit
delluomo viene sottolineata nella predicazione
575

profetica contrapponendo tra loro (b e r.


Jahwe non obbligato ad agire per la salvezza,
anzi egli pu anche agire per la perdizione: questo
viene affermato gi in Am 9,4, ma caratterizza in
modo particolare il messaggio di Geremia (Ger
21,10; 24,6; 39,16; 44,27).
5/ Nei LXX tb viene tradotto in genere con
yoc0<;, ma anche con xaX<; e
Per
luso linguistico post-vtrt. cfr. W.Grundmann,
art. dcyaOc, ThW 1,10-18 (= GLNT 1,29-50);
E.Beyreuther, ThBNT 1,621-626.
H.J.Stoebe

fm ESSERE IM PURO
1/ Oltre che in ebr. il verbo in i conosciuto in
aram, e in arab. (cfr. LS 279s.); manca in acc., ug.
e nelle iscrizioni semNO. contemporanee aliAT.
Oltre al verbo (q., ni., pi., pu., hitp. e hotp., GK
54h; BL 285) nellAT ricorrono lagg. tme'
impuro e il sost. tum' impurit (Mi 2,10
txt? tom ', o inf. q.?).
2/ Per il verbo si trovano nelfAT 160 ricor
renze, la cui frequenza maggiore si ha nei testi esi
lici e postesilici: Lev, Num (P) ed Ez contengono
circa T85% delle ricorrenze (Lev 85x, Ez 30x,
Num 23x). Il qal si trova 75x (Lev 58x, Num lOx,
Ez 4x, cui si aggiungono Agg 2,13.13 e Sai
106,39), il ni. 18x (Num 7x, Ez 6x, Lev ed Os 2x,
Ger lx), il pi. 50x (Lev 17x, di cui 12x in Lev 13,3
59 e 20,25 nel significato di dichiarare impuro ;
Ez 14x, Num 5x, 2Re 23,8-16 4x, Gen 34 e Ger 3x
ciascuno, inoltre Deut 21,23; Is 30,22; Sai 79,1;
2Cron 36,14), il pu. lx (Ez 4,14), Phitp. 15x (Lev
8x, Ez 5x, Num 6,7 e Os 9,4), lhotp. lx (Deut
24,4).
tme1ricorre 89x (Lev 47x, in 13,45 raddoppiato;
incl. 5,2b, che per lo pi viene corretto secondo i
v. 3.4 in jda\ cfr. Elliger, HAT 4,55s.; Num 12x,
Deut 8x, Ez 5x, e inoltre Gios 22,19 P; Giud 13,4;
Is 6,5.5; 35,8; 52,1.11; 64,5; Ger 19,13; Os 9,3; Am
7,17; Agg 2,13.14; Giob 14,4; Eccle 9,2; Lam 4,15;
2Cron 23,19), tum' 37x (Lev 18x, Ez 8x, e inoltre
Num 5,19; 19,13; Giud 13,7.14; 2Sam 11,4; Zac
13,2; Lam 1,9; Esd 6,21; 9,11; 2Cron 29,16).
3/4/ Quanto al concetto e ai modi con cui si in
tende limpurit cfr. (hr. la contaminazione e
limpurit richiedono la purificazione.
Il transitivo contaminare viene espresso anche con
g't II pi. (Mal 1,7) e hi, (Is 63,3); divenire contami
nato viene espresso anche con g/ ni. (Is 59,3 forma?;
Sof 3,1; Lam 4,14) e pu. (Mal 1,7.12; Esd 2,62; Neem
7,64); rendersi impuro con g't hitp. (Dan 1,8.8); cfr.
gd'af contaminazione Neem 13,29.

In Gen 34,5.13.27 viene qualificata come conta


minazione la violenza fatta a Dina. Betsabea si
purificata dalla sua impurit con il bagno
NDtt tm ' ESSERE IMPURO

576

dopo il suo ciclo (2Sam 11,2.4). La madre di San


sone riceve con lannuncio della nascita del figlio
il comando di non mangiare niente di impuro
(Giud 13,4.7.14); a tale comando si unisce ogni
volta il divieto di bere vino e bevanda inebriante.
Per Osea Israele macchiato per la prostituzione
(Os 5,3; 6,10); per questo in Assiria costretto a
mangiare cibi impuri (9,3) e rester contaminato cos pure per il fatto che deve mangiare del pane
di lutto - (9,4, cfr. Wolff, BK XIV/1,199s.; Ru
dolph, KAT XI/1,172.176). Amos minaccia ad
Amasia che morir in terra straniera, impura (Am
7,17), ed Jsaia teme di essere perduto (diversa
mente Wildberger, BK X,232s.), perch egli,
uomo dalle labbra impure che vive in mezzo ad
un popolo dalle labbra impure, ha visto il re Jahwe
Sabaoth (ls 6,5). Geremia stigmatizza la contami
nazione della terra e del tempio (Ger 2,7; 7,30;
32,34) e lautoprofanazione di Israele (2,23; cfr. Sai
106,39). Sai 79,1 parla invece della contamina
zione del tempio ad opera dei pagani. Secondo la
legge dtn. la terra viene contaminata se un impic
cato non viene portato via prima del calar della
notte (Deut 21,23), e una donna si contamina con
un nuovo matrimonio dopo il divorzio (24,4).
Giosia profana i luoghi del culto degli idoli (2Re
23,8.10.13.16; cfr. ls 30,22; Ger 19,13).
La promessa del Deuteroisaia contiene lafferma
zione che nessun impuro verr pi a Gerusa
lemme (Is 52,1; cfr. 35,8); coloro che tornano in
patria non devono toccare nulla di impuro (52,11).
Tali concezioni trovano unattuazione concreta,
come ci riferisce lopera del Cronista (Esd 6,21;
9,11; 2Cron 23,19; 29,16; il caso contrario si trova
in 36,14). Aggeo mette in luce la forza di contagio
dellimpurit: se ad uno reso immondo per il con
tatto con un morto capila di toccare una qualsiasi
cosa commestibile, anche questa cosa diviene im
pura; alla stessa maniera divengono impuri i sacri
fici presentati da uno che sia immondo (2,13s ).
Zac 13,2 annuncia lesilio ai profeti e allo spirito
immondo .
L .contami nazione, secondo la testimonianza di
Ezechiele, si contrae soprattutto con il culto reso
agli idoli (Ez 20,7.18.30s.43; 22,3s.; 23,7.13.17.30;
36,18; 37,23, per lo pi in unione con il termine
gHIultm idoli , cfr. Zimmerli, BK XIII,149s.) e
con ladulterio (18,6.11,15; 22,11; 33,26). Quando
il santuario viene trascurato, allora si solleva lo
sdegno pi violento del profeta (5,11; 23,38). Egli
per ordine di Jahwe annunzia che la profanazione
radicale del tempio sar punita (9,7), e dichiara
che Jahwe stesso ha fatto in modo che Israele di
venisse immondo attraverso il sacrificio dei pri
mogeniti e che fosse ripieno di terrore (20,26; al ri
guardo Fohrer, HAT 13,112-114; Zimmerli, BK
XIII,449s.)
Nel codice sacerdotale e nella legge di santit luso
della radice si concentra in Lev 11 (verbo 20x, ag
gettivo 14x), Lev 13 (verbo 13x, di cui llx dichia
rativo, agg. 8x), Lev 15 (verbo 25x, agg. 4x, sost.
7x) e Num 5; 9; 19. Tornano con frequenza di577

j d MANO

verse formule fisse: sia per voi immondo solo


in Lev 11 e Deut 14, senza per voi special
mente in Lev 13; egli impuro fino alla sera
in Lev 11 e 15; cosicch egli diventi per ci im
puro solo in Lev 15,32; 18,20.23; 19,31; 22,8 (cfr.
Elliger, HAT 4,150ss. n. 4.14.18, 240 n. 18).
5/ Per quanto riguarda i casi di contaminazione
e i tipi di impurit secondo la concezione della let
teratura sacerdotale e per quanto riguarda io svi
luppo nel periodo rabbinico vd. sotto la voce thr.
Per i LXX e per il NT cfr. F.Hauck, art. [xiaivo,
ThW IV,647-650 (= GLNT VI,215-224).
F.Maass

T j d MANO
1/ La radice bilaterale *jad-> che sta alla base
del vocabolo ebraico jdd mano , appartiene al
semitico comune (Bergstr. Einf. 184; P.Fronzaroli,
AANLR V III/19, 1964, 259.273.279) e significa
originariamente sia braccio (zra') sia
mano (cos in acc., cfr. H.Holma, Die Namen
der Krperteile im Ass.-Bab., 1911, 116s.; nel se
condo significato tuttavia idu stato soppiantato
da qtu mano , cfr. Dhorme 138s.). Anche nel
somO. jd conserva ancora talvolta il significato di
braccio (cfr. lebr. ben jdjim , Zac 13,6, e fug.
bn ydm spalle , UT nr. 1072; Gen 49,24 zerol
jdwV, Cant 5,14, dove il plurale jdw parago
nato a cilindri doro ).
Nelle lettere di Amama si trova ancora questa oscilla
zione di significato, per il fatto che ina qlsu nella sua
mano glossato con badiu (EA 245,35) e qtu con zuruh (= 2 (frfll)(EA 287,27; 288,34). Questo doppio signi
ficato ricorre anche in arab. (cfr. p.e. Wehr 982a).
Lindicazione del suono d mediante la figura della
mano nella scrittura paleoegiziana, fa supporre che in
tempi preistorici lo stesso vocabolo./tf sia stato utilizzato
in ambiente egiziano.
Nellug. si trova con la preposizione b la forma abbre
viata bd{cfr. anche 1sir. bad per bejacf). La soppressione
della j si ha anche in sb'd o sb'id settuplo (UT nr.
1072). Da questo fatto si pu perci dedurre anche per
lAT uno scambio o fonetico o grafico fra bejd e bead
(bjd invece di bd: ls 64,6; bLd invece di bjd: ISam 4,18;
Gioe 2,8; R.Gordis, JBL 62, 1943, 341-344).
Quanto a possibili denominativi di jdd cfr. J.L.Palache,
Semantic Notes on th Hebrew Lexicon, 1959, 38.

2/ Con oltre 1600 ricorrenze,jd una delle pa


role pi frequenti nellAT.
Gen
Es
Lev

Num
Deut
Gios
Giud
ISam

sing.

duale

fem. plur.

totale

79
91
41
41
71
34
83
117

14
12
9
4
12
2
9
2

2
6

95
109
50
45
83
36
92
119

578

2Sum
Re
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Gioe
Am
Abd
Giona
Mi
Nah
Ab
Sof
Agg
Zac
Mal
Sai
Giob
Prov
Rut
Cant
Eccle
Lam
Est
Dan
Esd
Neem
lCron
2Cron
AT ebr.
Dan aram.
Esd aram.
AT aram.

sing.
53
42
61
71
95
93
5
1
4

duale
9
1
11
21
22
15
1

fem. plur.
1
6
1

totale
63
49
73
92
117
108

1
4

1
3
3
14
5
58
40
21
3
1
8
9
21
14
13
35
38
72
1345
10
5
15

1
1
2
5

36
13
10

3
5
6
1
I
4
5
7
8
253
2

2
20

2
4
5
19
5
94
53
31
3
4
13
15
22
16
17
41
45
82
1618
12
5
17

Non viene elencato Agg 2,10 bejad (BIT: 5re/); in Lis.


manca Os 12,11. In Es 32,19; Lev 9,22; 16,21; Giob 5,18;
Prov 3,27 e 2Cron 18,33 (cfr. Re 22,34) si preferisce il
Q; Deut 32,27 considerato sing., mentre Ab 3,10 txt?
considerato plur.
La frequenza maggiore della parola si riscontra in ISam
e in Ger (dove la si trova pi di 50x in unione con be),
seguiti da Es ed Ez.

3/ a) In senso propriojd indica in ebr. la mano


di un uomo (Gen 38,28; Re 13,4-6) o di un an
gelo (Dan 10,10).
*
Gli oggetti che si possono prendere con la mano
vengono talvolta denotati come tali in maniera
pi precisa con laggiunta di jd (Num 35,17 pie
tra; 35,18 utensile di legno; Ez 39,9 bastone). Solo
in quanto mano umana jd usato in Dan 8,25 e
in Giob 34,20. Il taglio della mano viene commi
nato nelle leggi del taglione (Es 21,24; cfr. Lev
24,19; Alt, KS 1,343; Noth, ATD 5,147; D.Daube,
Studies in Biblical Law, 1947, 128), nel caso della
donna che tocchi le vergogne delPuomo non suo
nel corso di una lite fra uomini (Deut 25,1 ls.) e
talv. nel caso di testimoni che depongono il falso
(Deut 19,16-21). Per quel che riguarda la scritta
menetekel tracciata sul muro del palazzo di
Baldassarre da una misteriosa mano duomo (Dan
5,5), cfr. Eissfeldt, KS 111,210-217.
Pi o meno sinonimi di jd sono in questo signi
579

ficato zerai braccio , jmn mano destra ,


seml mano sinistra , kaf cavo della mano,
palma della mano (192x, esci. Lev 23,40; Sai
21x, Num 20x, Lev, Is e Giob 13x ciascuno* Ez
12x; sing, 106x, du. 63x, plur. 23x; riferito alla
mano protettrice di Dio Es 33,22s. ) e hofnjim le
due palme delle mani (6x). Cfr. anche cegrf
pugno (Es 21,18; ls 58,4; HAL 11).
b) Un uso pi ampio di jd si ha in tutte le lingue
semitiche e si fonda sulla posizione della mano
(oppure del braccio, vd. sp. 1) rispetto al corpo e
sul suo impiego:
(1) Come Pace. du (cfr. ana idi accanto ), jd
significa lato (di una citt Gios 15,46; di una
strada ISam 4,13; 2Sam 15,2; di una porta ISam
4,18; di una regione Gen 34,21; di un popolo
2Cron 21,16) o anche riva (di un fiume Es 2,5;
Num 13,29; Deut 2,37). In questo senso il termine
indica anche un luogo in disparte (Deut 23,13
gabinetto ).
(2) La mano che d e che riceve porta al signifi
cato di parte, porzione (acc. man inai ana qt
assegnare come porzione ; plur. fem. cbTjdt,
acc. qtti\ ug, yd Krt [= IK] 127?, cfr. UT
nr. 1072) in Gen 35,4; Ger 6,3; 2Re 11,7 ecc. (cfr.
PJouon, Bibl 14, 1933, 453).
(3) Quasi come mani servono i sostegni per lin
castro di assi (Es 26,17; 36,22), i manici del mare
di bronzo (Re 7,35s.; cfr. ug. ydt UT 1127, r. 9)
e i braccioli del trono salomonico (Re 10,19 fem.
plur. jdt).
(4) Luso della mano per dare indicazioni po
trebbe essere alla base del sign. cippo comme
morativo (ISam 15,12; 2Sam 18,18; Is 56,5) op
pure indicazione stradale (Ez 21,24), In oppo
sizione a nes insegna si tratta qui forse di pietre
con iscrizioni (Zimmerli, BK X III,487). M.Delcor,
JSS 12,1967,230-234, tende a spiegare la designa
zione di simili stele in base alle mani rappresen
tate su di esse e le paragona alle stele pun. e can.
che avevano mani in rilievo (cfr. K.Galling,
ZDPV 75, 1959, 7).
(5) In questo contesto ricordiamo anche il signi
ficato di jd come membro virile (Is 57,8.10?;
1QS 7,13; cfr. ug. yd e mand., vd. UT nr. 1072).
Si tentato di spiegare questuso di jd dal punto
di vista archeologico con le massebe rappresentate
come fallo , dal punto di vista stilistico come
eufemismo (cfr. Is 6,2; 7,20) e dal punto di vista
filologico con la radice wdd/jdd amare (ug.,
arab.) (M.Delcor, l.c., 234-240). Nell'ultimo caso
jd come membro virile non avrebbe nulla a
che vedere con jd mano (cfr. A.Fitzgerald,
CBQ 29, 1967, 368-374).
c) Nel senso figurato di forza o sim. laspetto
specifico di questa concezione viene a coincidere
spesso col significato di zer(li braccio adope
rato in maniera analoga. Cos troviamo spessojd
per esprimere la potenza o la capacit di un uomo,
T

j d M ANO

580

che lo mettono in grado di dominare sugli altri


(lCron 18,3), d esercitare autorit (ISam 23,7), di
punire (Sai 21,9), di salvarsi da una situazione pe
ricolosa (Gios 8,20), di concedere doni in abbon
danza (detto solo del re: IRe 10,13; Est 1,7; 2,18),
di dimostrarsi zelante (Prov 10,4; 12,24), ecc.
Questa potenza si concretizza nel possesso (Lev
25,28) e nella fortuna economica (Lev 5,7; 25,47;
27,8; cfr. G.Rinaldi, BeO 6, 1964, 246), cfr, hjil
potenza, potere, esercito e kah.
d) I significati proprio, ampliato e figurato non
sempre si possono chiaramente distinguere tra
loro nei diversi composti che jd forma con un
verbo e/o con una preposizione:
(1) Airambito della vita ordinaria appartengono:
mettere la mano sulla bocca nel senso di tacere
(Mi 7,16; Giob 21,5 ecc.); alzare la mano nel sign.
di minacciare (Is 10,32; 11,15; 19,16; Zac 2,13;
Giob 31,21); cfr. con kaf. battere le mani, o per
gioia (Is 55,12) o per ira (Num 24,10), per accla
mare un re (2Re 11,12), per malignit (Nah 3,19;
Lam 2,15). Per esprimere tristezza ci si mette le
mani sul capo (2Sam 13,19; Ger 2,37; AOB figure
195.198.665; BHH,2022).
(2) Al campo della vita giuridica appartengono le
espressioni che si riallacciano ai gesti della mano:
colui che fa giuramento solleva (rum hi., ns'\cfr.
acc. nasu qta/qt) la sua mano o le mani (Gen
14,22; Dan 12,7) a Dio verso il cielo, oppure mette
la sua mano sotto lanca di colui il cui desiderio
egli promette di compiere (testimoniato solo per LI
periodo patriarcale: Gen 24,2; 47,29). Il toccare i
genitali indica probabilmente sterilit o annienta
mento della posterit nel caso di non adempi
mento della promessa (E.A.Speiser, Genesis,
1964, 178). Si potrebbe citare anche ntn jd that
fare atto di sottomissione a qualcuno con giura
mento ( lCron 29,24).
Con la stretta di mano si offre fideiussione (Prov
6,1 con kaf), a conferma di un accordo (Esd 10,19)
e di una dichiarazione (2Re 10,15). Lespressione
jd lejd formula e gesto di conferma, special mente nella fideiussione (Prov 11,21; 16,5).
In contrasto con bsgg involontario (-sgg,
Lev A,2.22.21 ecc.; Num 15,27-29) si ha bejd ra
ma a mano alzata per esprimere una trasgres
sione volontaria in Num 15,30 (in Es 14,8 e Num
33,3 si intende la mano di Jahwe),
(3) Mentre in acc. mull ana qt riempire la
mano significa trasferire una persona, una popo
lazione, un regno ecc. nelle mani di un determi
nato individuo (AHw 598), Pebr. mi1pi. jd si li
mita allambito cultuale e significa linvestitura di
sacerdoti e leviti (Es 28,41; 29,29; cfr. 32,29; Lev
8,33; Giud 17,5.12; IRe 13,33; 2Cron 13,9 ecc.).
(4) In numerose altre espressioni, che vengono
usate in molteplici settori della vita, jd , unito
ad una preposizione (per lo pi bee min), utiliz
zato con senso pi o meno vicino al significato
originale.
581

j d M ANO

Unito a rntjjad dalla mano di risi hi, significa la li


berazione dal potere di un avversario (Es 3,8; Is 47,14) e
viene usato particolarmente nel vocabolario della pre
ghiera (Sai 22,21; 31,16 ecc.), nella sfera giuridica (nella
vendetta Num 35,25), in campo politico-militare (Gios
9,26; ISam 7,14) e per descrivere la potenza salvifica di
Jahwe soprattutto di fronte a nemici politici (Deut 32,39;
Giud 8,34; Is 43,13 ecc.). js' hi. salvare con nvjjad
viene usato in senso analogo a quello di nsl hi.; al con
trailo pdh riscattare (Os 13,14; Sai 49,16) e g l
redimere (Ger 31,11; Sai 106,10) generalmente sono
usati con Jahwe come soggetto.
Unito a mijjad, qnh acquistare significa il passaggio
dalla mano di uno a quella di un altro di un possedi
mento comprato (Gen 33,19; Lev 25,14; Rut 4,5,9 ecc,),
'sp raccogliere significa la somma totale delle offerte
(solo 2Cron 34,9), Iqh prendere il ricevere (Gen
38,20; Num 5,25; lespiazione ls 40,2; il sacrificio Giud
13,23), soprattutto per in campo militare la presa di de
terminati luoghi (Gen 48,22; Deut 3,8; IRe 11,35; lCron
18,1 ecc.).
In unione con mijfad fa parte del vocabolario della pre
ghiera pii pi. salvare (Sai 71,4), mentre apparten
gono al settore della vita giuridica drs domandar
conto (Gen 9,5; Ez 33,6), bqs domandar conto
(ISam 20,16), nqm vendicare (2Re 9,7) e spi
rendere giustizia di fronte a (2Sam 18,19.31).
Con bjad ntn significa mettere a disposizione, rega
lare, mettere agli ordini ecc. (Gen 27,17; 2Sam 10,10;
16,8), soprattutto per in campo militare e giuridico la
consegna nelle mani dei nemici o deUawersario (in ge
nere: IRe 18,9; Ger 26,24 ecc.; nel caso della vendetta:
Deut 19,12). Per la sua potenza, Jahwe colui che con
degna i nemici. Lespressione perci caratteristica del
linguaggio usato quando si ricerca un oracolo prima
della battaglia (2Sam 5,19; IRe 22,6) o nel voto di guerra
(Num 21,2; Giud 11,30); eh. nelloracolo dellefod sgr hi.
consegnare (ISam 23,20) e mkr vendere (Giud
2,14; 10,7; ISam 12,9; Gioe 4,8 ecc.).
dbr pi. beja d parlare attraverso (soggetto: Dio) , spe
cialmente negli scritti dtr. e in quelli postesilici da essi
influenzati, caratteristico per i profeti mandati da
Jahwe come suoi messaggeri al popolo dIsraele (IRe
16,12; 17,16; 2Re 9,36; 10,10; 14,25; Ger 37,2; Agg 1,1.3;
2,1.10 [MSS]; Mal 1,1; per Mos per Es 9,35; Num 17,5;
27,23; cfr. anche Is 20,2 e Os 12,11, e inoltre nelle lettere
di Amama lespressione qab ina qti parlare tramite
qualcuno , EA 263, r. 20s.). Invece swh pi. bejad si ri
ferisce ai comandamenti che Dio, attraverso la media
zione di Mos, fece conoscere al suo popolo (Es 35,29;
Lev 8,36; Num 15,23; Gios 14,2; 21,8; Neem 8,14 ecc.).
Solo nella letteratura pi recente lespressione viene rife
rita anche ai profeti (Esd 9,11, ma nel contesto della con
quista della terra; 2Cron 29,25 prescrizioni per i leviti).
Una sola volta si ha in questo significato anche ntn bejad
dare tramite (Lev 26,46 Mos). sih bejad significa il
consegnare un regalo (Gen 38,20; ISam 16,20), un ani
male (Lev 16,21 pi.), oppure lesecuzione di un compito
(IRe 2,25; cfr. Es 4,13) per mezzo di un incaricato.
Per i composti con altre preposizioni vd. i dizionari.

4/ NelPAT s parla oltre 200x antropomorfica


mente della mano d Dio (o nellespressione jad
Jhwh o con jd usato con un suffisso o come as
soluto).
a) A nzitutto^/ designa Pirresistibile potenza di
Jahwe (Deut 32,39) e le opere di Dio che ne de
rivano. espressione che trova riscontro nellam
582

biente semitico (acc. qat ili, qt istar, anche se solo


in riferimento a malattie che colpiscono un uomo,
cfr. Dhorme 145, e inoltre Sai 32,4; 39,11; ISam
5,6; 6,3.5; ug. hyd btlt
3Aqht [= III D]
rev. 14: [aiutare a sottrarsi] dalla mano della ver
gine [Anat] ). pertanto dubbio se la forte accen
tuazione con cui si parla della mano (e del braccio)
di Jahwe abbia la sua origine nei racconti
deiresodo. Lonnipotenza di Dio si manifesta
nella creazione (Is 45,12; 48,13; Sai 8,7; Giob
26,13) e nella conservazione del mondo (Giob
12,9), nellaiuto da lui accordato (Is 51,16; Sai
119,173), nella salvezza da lui donata (cfr. le pie
espressioni tardive sulla mano buona di Dio Esd
7,6.9; Neem 2,8.18) e nella punizione da lui messa
in atto (Sai 32,4; 39,11; Giob 12,9), e poi soprat
tutto nellazione salvifica della liberazione del po
polo dallEgitto (con mano forte Es 13,9; cfr.
3,19; 6,1; Deut 6,21; 7,8; 9,26; Dan 9,15; con
mano forte e braccio teso Deut 4,34; 5,15; 7,19;
11,2; 26,8; Ger 32,21; Sai 136,12; in IRe 8,42 =
2Cron 6,32 senza un riferimento diretto alf Egitto;
zerG\fjzq).
b) Diverso il modo con cui si parla del posarsi
(iRe 18,46; Ez 3,22; 33,22) o del cadere (Ez 8,1)
della mano di Jahwe su un profeta. Non si tratta
in questo caso di una semplice fomiula profetica
per esprimere la ricezione della parola (F.Hussermann, Wortempfang und Symbol in der atl. Prophetie, 1932, 22ss.), che sarebbe percepita come
un peso e un ostacolo, ma si intende anche
unestasi visionaria (P.Volz, Der Geist Gottes,
1910,70). In virt della mano di Jahwe Elia corre
davanti ai carri di Acab dal Carmelo a Iizreel (IRe
18,46). La condizione dellestasi viene raggiunta
coscientemente attraverso la musica (2Re 3,15).
Una certa forza di costrizione possiede la mano di
Dio quando afferra i profeti scrittori Isaia (8,11),
Geremia (15,17) ed Ezechiele: in quest'ultimo
caso la formula unita a racconti di visioni in
sette passi (Ez 1,3; 3,14.22; 8,1; 33,22; 37,1; 40,1;
cfr. Zimmerli, BK XIII,49s.; -hzq),
c) In opposizione a slh jd stendere la mano
(P.Humbert, tendre la main, VT 12, 1962, 383
395, p. 388: un geste banal et rapide de la main,
soit au sens purement naturel et physique pour
saisir un objet, soit avec une connotation morale
pour une entreprise ou une main-mise, de nature
surtout hostile, mais, trs exceptionellement, pacifique. Geste essentiellement humain ), nthjcfo
Lal stendere la propria mano contro si riferisce
solamente a Dio o al suo rappresentante (cos in
Es). Il gesto espresso con questa frase si riferisce
allincarico di portare a compimento la punizione
divina o indirizzato direttamente a colui che
colpito dalla punizione. Non ha mai un significato
salvifico (contrariamente a slhjd , dove tale signi
ficato possibile: Gen 48,14; Prov 31,20).
d) Nelfambito dellalleanza si ha ntn jd leJhwh
darsi a Jahwe (R.Kraetzschmar, Die Bundes583

vorstellung im AT, 1896, 47; cfr. J.Wellhausen,


Reste arab. Heidentums, 1897, 186; in senso pro
fano: 2Re 10,15; Ez 17,18).
e) Nella preghiera si alza la mano (le mani) a Dio
verso il cielo (Deut 32,40) o la si stende (Is 1,15
kaf), secondo il costume dellOriente antico (acc.
nis qti elevazione della mano ).
5/ Negli scritti di Qumran continua in generale
luso vtrt. di jd , solo che non appare mai menzio
nata la liberazione dallEgitto. Lo stesso accade
nel NT, cfr. W.Bauer, Gr.-dt. Worterbuch zu den
Schriften des NT, =1958,1039-1041 sub voce
A.S.van der Woude

HT

jd h

hi. ESALTARE

1/ jdh hi. esaltare, confessare (hitp. con


fessare) ha corrispondenze nellaram. bibl. (jdh
ha. esaltare Dan 2,23; 6,11), palm. (DISO 104)
e aram. tardivo (KRL 1080s.), e pi lontanamente
in arab. ed et. (KBL 363s.).
Si deve rifiutare una connessione con jd h /jd d I lan
ciare, scagliare (Mand. 457).

Oltre al verbo (hi., hitp.) viene usato il sostantivo


td canto di lode, sacrificio di lode , del
tutto incerto il nome hujjedt inno di lode
Neem 12,8 (cfr. Rudolph, HAT 20,190). Cfr. an
che il nome di persona Hdawj(h) (Noth, IP
32.194s.219).

Il
II verbo ricorre lOOx in hi. (inoltre 2x ha.
aram.) e 1lx in hitp. Il nome td attestato 32x
(Sai 12x, Lev 5x, Neem 4x), hujjedt lx (vd. sp.).
hi. ricorre 67x nei salmi (raddoppiato in Sai 67,4.6;
75,2); si tratta quindi di una frequenza assai caratteri
stica (inoltre 20x in Esd-2Cron).

jd h

3/ Luso non teologico assai raro: Gen 49,8


Giuda, i tuoi fratelli ti esaltano (spiegazione
etimologica popolare del nome J ehd, cfr. Gen
29,35); Sai 45,18 (ogg. il re); 49,19 txt em, il ricco
esalta la sua anima, poich questa di s ai piaceri;
Giob 40,14 anchio (Jahwe) riconoscer te
(Giobbe), poich la tua destra ti aiuta.
Non si ha un uso fisso, tuttavia dai pochi passi in
cui si riscontra un uso non teologico si possono
trarre alcune conclusioni: (a) c una differenza
chiara rispetto a hll pi. Con questultimo termine
usato in senso non teologico viene esaltata la bel
lezza di una persona o la fama di una citt; log
getto di hll pi. un modo di essere. Nei pochi passi
in cui si ha un uso non teologico d jdh hi. si tratta
di reagire ad unazione o ad un operare: Gen 49,8
lascesa della trib di Giuda, Sai 45,18 il governo
del re, 49,19 acquisto e godimento della ricchezza,
Giob 40,14 poich la tua destra ti aiuta . Luso
profano dei due verbi mostra quindi che hll pi.
U T jd h hi. ESALTARE

584

reazione ad un modo di essere,,/*//? hi. la risposta


ad unazione o ad un modo di fare. A ci corri
sponde il fatto che quando si ha un uso teologico
jdh hi. appartiene originariamente alla lode divina
narrativa, mentre hll pi. appartiene a quella de
scrittiva (rendimento di grazie oppure inno cfr.
C.Westermann, Das Loben Gottes in den Psalmen, 1968; diversamente F.Crsemann, Studien
zur Formgeschichte von Hymnus und Danklied
in Israel, 1969, 9s.). (b) I pochi passi non permet
tono di fissare con sicurezza il significato prima
rio; si deve tuttavia ritenere per certo che jdh hi.
non ha in nessuno di questi passi il significato di
ringraziare , e in nessuno di essi va tradotto con
ringraziare . Perjdh hi. non si deve quindi sup
porre a priori un significato primario ringra
ziare (al riguardo vd. st. 4e).
4/ NeUuso teologico il verbo e il nome ricor
rono con due significati: il pi frequente, rac
chiuso in forme fisse, lodare, esaltare, ringra
ziare (4a-g), Faltro confessare (i peccati)
(hi. 6x, hitp. llx , td 2x, vd. st. 4h). Ci che col
lega i due significati pu essere espresso mediante
riconoscere o confessare ; possiamo parlare
di una confessione di lode . Entrambi sono un
riconoscere, anzitutto lagire salvifico di Dio, ma
anche per conseguenza la propria via sbagliata, il
proprio errore. Confessando la propria colpa si ri
conosce Dio, contro cui si commessa la colpa
(Gios 7,19; in modo un po' diverso H.Grimme,
ZAW 58, 1940/41, 234-240).
a) La gamma di significati di gran lunga pi fre
quente data dal coortativo voglio esaltare
Jahwe! . Questa forma ricorre 29x al sing. (inoltre
2x con td; al plur. 5x: Sai 44,9^ 75,2.2; 79,13;
lCron 29,13; con td Sai 95,2). E la forma del
voto di lode alla fine della lamentazione indivi
duale, che ritorna aJlinizio del salmo di lode
(salmo di ringraziamento) come annuncio della
lode o risoluzione alla lode, ma ricorre anche al
trove. Molto utile per stabilire il significato del
verbo in questa forma lunico passo in cui essa
ricorre al di fuori del linguaggio dei salmi: Gen
29,35, un'affermazione di Lea in occasione della
nascita di suo figlio Giuda, con cui viene spiegato
il suo nome: dora in poi voglio esaltare Jahwe!
La situazione chiarisce laffermazione: la nascita
de! bambino, che riempie di gioia la madre cos a
lungo trascurata, fa s che ella pronunci un voto o
una promessa. Lesclamazione voglio esaltare
quindi reazione ad un avvenimento, in essa
trova espressione la gioia per questo avvenimento,
gioia che fa spontaneamente scaturire la pro
messa. In questaffermazione della madre felice
non o comunque non soltanto espresso ci che
si intende con il nostro termine ringraziare .
happ'am dora in poi indica che la nascita del
bambino ha posto fine alla sua sofferenza, e do ora
in poi ella vuole esaltare Jahwe, ossia il rivolgersi
lieto a Jahwe deve caratterizzare il tempo succes
585

H T jdh hi, ESALTARE

sivo a tale evento. Lo stesso processo anche nei


passi dei salmi, ad es. Sai 28,7 allora fui soccorso
e il mio cuore giubil; voglio esaltarlo con il mio
inno! . Anche qui jdh hi. reazione ad un evento;
dalla gioia di questo evento deriva la promessa
della lode di Dio. Altri passi: Is 12,1; 25,1; Sai
7,18; 9,2; 18,50 = 2Sam 22,50; Sai 30,13; 35,18;
42,6.12; 43,4.5; 52,11; 54,8; 57,10; 71,22; 86,12;
108,4; 109,30; 111,1; 118,19.21.28; 119,7; 138,1.2;
139,14; con td Sai 56,13; 69,31.
La frase voglio esaltare sempre riferita ad
unazione che Dio compie nei riguardi di colui che
cos si esprime. Tale azione pu essere nominata
o accennata nella stessa frase, ad es. Sai 118,21
voglio esaltarti, perch mi hai esaudito oppure
Is 12,1; 25,1; Sai 18,50 perci... ; 52,11; 139,14.
Alla fine del salmo di lamentazione, nella pro
messa di lode si piesuppone gi fazione di Dio
che viene implorata (Sai 35,18; 54,8; 71,22; 109,30
ecc.). Oppure si esprime la certezza che fora delia
lode di Dio arriver (Sai 42,6.12; 43,4.5). Se la me
desima frase pu essere pronunciata nella mede
sima forma in situazioni cos differenti, perch
con essa si esprime il significato, decisivo per lesi
stenza, di questa risposta di lode allazione di Dio,
con la quale egli salva, esaudisce e libera, co
mune a tutte le situazioni il fatto che il proprio im
pulso o la decisione genuina e spontanea caratte
rizzi la risposta di lode. Lo si nota anche dalle
espressioni intensive che si usano nel conte
sto: con tutto il cuore (Sai 9,2; 86,12; 111,1;
119,7; 138,1), per sempre (Sai 30,13; 52,11;
plur. 44,9; 79,13). Le espressioni davanti ai po
poli (Sai 18,50; 57,10; 108,4), in una grande as
semblea (Sai 35,18) rivelano un aspetto forense;
cfr. raccompagnamento con strumenti musicali in
43,4; 71,22. Queste due ultime aggiunte ricorrono
pi spesso con hll pi., le prime due sono tipiche di
jdh hi.
Se dunque la forma predominante in hll pi. lac
clamazione di lode al limperativo, e in jdh hi. la ri
soluzione alla lode, si ha anche in questo caso una
chiara differenza di significato: mentre con hiI pi.
viene designala in primo luogo la lode di Dio nella
forma del giubilo festoso, il cui soggetto la co
munit nel servizio liturgico, con jdh hi. si indica
anzitutto lunirsi del singolo alla lode di Dio, in
seguito ad una decisione che egli ha preso in base
alla propria esperienza. Sebbene jdh hi. ricorra per
lo pi in forma plurale (vd. sp. 4a inizio) tuttavia
specifico di questo vocabolo il fatto che un singolo
arrivi alla lode mediante una sua propria deci
sione. In jdh hi., in qualsiasi forma venga usato, si
sottintende sempre anche un io voglio ; solo in
questo modo si pu comprendere la connessione
con laltro significato confessare (i peccati) . Il
senso del verbo viene quindi espresso con chia
rezza maggiore da quel gruppo di passi in cui com
pare la l a persona sing.
b) Nellacclamazione di lode allimperativo jdh hi.
ricorre come termine parallelo di hll pi., ma anche
586

isolatamente. Si tratta qui probabilmente di unas


similazione; in questa Forma hd esaltate! as
sume pi o meno lo stesso significato di hall
lodate! (Sai 30,5; 97,12; 100,40; 105,1 = lCron
16,8; Is 12,4; Ger 33,11; con td Sai 100,4a;
147,7). Ci vale anche per la frase allimperativo
esaltate Jahwe, perch benigno, si, la sua bont
dura in eterno (Sai 106,1 = lCron 16,34; Sai
107,1; 118,1.29; 136,1; cfr. 136,2.3.26; 2Cron
20,21). Questa frase, che ricorre pi spesso di tutte
quante le altre frasi all'imperativo prese insieme e
che nellopera del Cronista ancora pi frequente
mente compare in abbreviazioni fisse, lascia an
cora intravedere il significato specifico di jdh hi.:
la lode di Dio per un fatto determinato si amplia
nella lode della bont di Dio, dalla quale proviene
quel fatto. In ci trova fondamento lunilateralit
per la quale in questa acclamazione di lode Dio
viene lodato non per la sua maest e la sua bont
(come avviene nella lode descrittiva), ma solo per
la sua bont, come capita anche nella maggioranza
dei passi in cui la forma compare alla l a pers. sing,
(Sai 42,6; 54,8; 71,22; 118,28; 138,2). La lode di
Dio per aver sperimentato una salvezza, un esau
dimento o una liberazione viene ampliata in lode
della bont di Dio. Anche in questa frequentis
sima frase, con la quale lacclamazione di
lode si esprime con jdh hi. allimperativo, si pu
quindi riscontrare ancora ii significato specifico
del verbo.
c) In alcuni passi jdh hi. compare anche in forma
iussiva e finale. La funzione dello iussivo esal
tino indicata dalla frase che viene ripetuta alla
fine di ognuna delle quattro parti del Sai 107:
esaltino Jahwe per la sua bont e per i suoi pro
digi verso gii uomini (Sai 107,8.15.21.31). Que
sto salmo, una liturgia di ringraziamento , rac
coglie nelle sue quattro parti la lode narrativa a
partire da quattro situazioni tipiche (smarrimento
nel deserto, prigionia, malattia, nave in pericolo di
affondare), e le compone insieme in un salmo li
turgico di lode, che racchiude le quattro narrazioni
in un unico salmo di lode riassuntivo e descrittivo
(107,1 e 33-43). Si nota qui il passaggio dal vo
glio lodare (che introdurrebbe ognuna delle
quattro narrazioni prese isolatamente) al lo
dino ; ques^ultimo dovuto al fatto che gli aiuti
di Dio sperimentati isolatamente confluiscono
nella lode liturgica comunitaria. Si nota cio un ri
ferimento organico e significativo della forma
lodino alla forma voglio lodare . Lo iussivo
ricorre inoltre in Sai 67,4.4.6.6; 89,6; 99,3; 138,4;
140,14; 145,10. In Sai 76,11 txt?; 106,47 = lCron
16,35; Sai 142,8 si esprime infine la relazione tra
la liberazione da parte di Dio e la lode che ne sca
turisce.
d) Come hll pi., cos anche jdh hi. allinfuori
dellopera del Cronista non ricorre quasi mai in
forme assertive e narrative; i verbi hanno quasi
esclusivamente la funzione di porre in atto la
587

lode, e perci compaiono generalmente in forme


di acclamazione. Tanto pi importante quindi il
piccolo gruppo di passi in cui si riflette sulla lode e
in cui si dice qualcosa di essa. Si tratta di una sola
asserzione, che viene fatta nei quattro passi
Sai 6,6; 30,10; 88,11; ls 38,18s.: i morti non lodano
Jahwe (Sai 6,6 chi ti esalta nello seoi? , cfr. Is
38,18; Sai 30,10 ti loda forse la polvere, annuncia
forse la tua fedelt? ; 88,11 possono forse sor
gere le ombre ad esaltarti? ). Is 38,19 fornisce il
complemento positivo: la vita, la vita, essa ti
loda! . Nella struttura del salmo si tratta di un
motivo che deve muovere Dio ad intervenire, un
motivo unito allimplorazione di salvezza (Sai 6;
30; 88). Esso viene utilizzato nella lode narrativa
individuale (Is 38). Come qui la morte caratte
rizzata dal fatto che in essa non si d pi lode a
Dio, cos la lode di Dio appartiene alla vita (Is
38,19), appartiene allesistenza piena, totale e per
fetta. Appare qui con la massima evidenza che per
lAT la vita senza lapertura verso Dio espressa
nella lode non propriamente una vita degna di
essere vissuta. Lo si pu capire per soltanto se il
verbo viene visto nel significato pieno che ha
nelFAT, come p.e. nel caso della riflessione con
cui inizia il Sai 92: bello ((db) lodare Jahwe
(v, 2).
e) jdh hi. viene per lo pi traciotto con ringra
ziare, specialmente nella confessione ringra
ziate il Signore, poich buono... Tale tradu
zione non errata, tuttavia non in grado di ren
dere lampiezza di significato dellebr. jdh hi. (al
riguardo esaurientemente Westermann, l.c., 20
24). Per quanto riguarda la relazione reciproca dei
termini indicanti lodare e ringraziare , de
cisivo i! fatto che in tutte le lingue del mondo solo
tardivamente si fonila un vocabolo specifico per
ringraziare ; nessuna lingua primitiva ha nel
suo vocabolario un termine particolare per rin
graziare (lo stesso capita per i bambini, ai quali
si deve insegnare a ringraziare, mentre essi non
hanno bisogno di apprendere quello che si esprime
con la lode o con lesclamazione di gioia). Il rin
graziamento come vocabolo specifico si manifesta
nello sviluppo della civilt quando aumenta il pro
cesso di individuazione.
Poich dunquejd/7 hi. reazione ad unazione soc
corritrice e liberatrice di Dio, include anche ci
che noi chiamiamo ringraziare . I due atteggia
menti non sono per identici quanto a significato,
e lo si nota nel fatto che il termine non ricorre mai
quando si esprime un ringraziare tra uomini.
La differenza sta nei punii seguenti: (1) la lode
contiene un aspetto di elevazione o di esaltazione;
jdh hi. include quindi anche ci che noi chia
miamo ammirare (per il quale non c in
ebraico un vocabolo specifico); ci non implicito
nel nostro ringraziare . (2) La spontaneit una
caratteristica fondamentale della lode: questultima non pu mai diventare un dovere come il no
stro ringraziamento . (3) La lode include un

ITT Jdh hi.' ESALTARE

588

aspetto pubblico; essa si compie costantemente


davanti ad un gruppo, ed il verbo stesso suppone
implicitamente che essa avvenga nella gioia. (4) Il
ringraziamento si esprime con frasi in cui chi rin
grazia soggetto ( ti ringrazio, perch tu... ); la
lode si esprime in frasi in cui il soggetto colui
che viene lodato ( tu hai fatto... ), C qui una
differenza fondamentale tra le nostre preghiere di
ringraziamento e i salmi di lode del salterio. Que
ste differenze sono cos essenziali, che, dove
possibile* jdh hi. va tradotto preferibilmente con
lodare o esaltare (contro Crusemann, l.c.,
279-282), anche se in alcuni casi possibile tra
durre con ringraziare .
f) Il sost. td ricorre in 13 passi nel significato
speciale sacrifcio di lode , in 8 passi nel signi
ficato inno di lode . Sul sacrificio di lode cfr.
R.Rendtorff, Studien zur Geschichte des Opfers
im alten Israel, 1967, spec. 65. Il sacrificio di lode
viene descritto nella legislazione di Lev 7 (Lev
7,12.12.13.15; 22,29). Nella crtica che i profeti
muovono al sacrifcio ricorre in Am 4,5, mentre
nellannuncio di salvezza compare in Ger 17,26;
33,11. Nellopera del Cronista viene menzionato
in 2Cron 29,31.31 e 33,16, Il salmo 100 viene de
signato nel titolo come salmo per il sacrificio di
lode (v. 1). importante Sai 116,17, in quanto
mostra che il sacrificio di lode e linno di lode
sono in stretta relazione tra loro: voglio offrirti
un sacrificio di td e invocare il nome di Jahwe
(cfr. anche Sai 66,13s.). Assai vicino al sacrificio di
lode il sacrifcio votivo (ncdcer^ndr), supposto
che non coincidesse addirittura con esso (cos
Rendtorff, l.c.).
td nel significato di celebrazione di lode, inno
di lode ricorre in Is 51,3; Ger 30,19; Giona 2,10;
Sai 26,7; 42,5; 50,14.23; 107,22; la maggior parte
dei passi sono sulla stessa linea di uno di quelli gi
considerati (annuncio della lode: Giona 2,10 sa
crificher a te al risuonare delfinno di lode ; fi
nale: Sai 26,7 che io intoni a voce alta il canto d
lode ; nella confessione di fiducia: Sai 42,5; in
senso iussivo: Sai 107,22; nelfannunzio profetico
di salvezza: Is 51,3; Ger 30,19). In un passo i due
significati d td entrano in esplicito contrasto tra
loro. In Sai 50,14,23 si raccomanda la td anzich
il sacrificio come risposta pi adeguata alfagir di
Dio e pi aderente alla sua volont. Se si confron
tano queste frasi del Sai 50 con 116,17 (e 66,13s.),
i! modo diverso con cui si parla della td indica
che si verificato un mutamento dal punto di
vista storico-religioso: mentre in un primo
tempo era ovvio e naturale laccostamento tra
sacrifcio di lode e inno di lode (parola e azione),
nel periodo successivo i due elementi possono
entrare in collisione tra loro per cui td corri
sponde alla volont di Dio in quanto parola e
inno, ma non in quanto azione sacrificale.
Per zbh con oggetto td e per tutta la problematica cfr,
H.-J.Hermisson, Sprache und Ritus im altisr. Kult,
1965, 29-64. Ad eccezione di Sai 50,14.23, dove zbh as

589

rrp jd h hi. ESALTARE

sume il senso improprio di offrire come (sostituzione


di un) sacrifcio , il verbo ha ovunque il significato con
creto di macellare, sacrificare (qal 112x, inoltre lx
aram.; pi. 22x; dalla radice del semitico comune *dbh
sono derivati: zcebah sacrificio fcruento] [162x, di cui
35x in Lev, 20x in Num] e mizbah altare (400x, di
cui 87x in Lev, 59x in Es, 39x in 2Cron, 34x in IRe, 29x
in Num, 28x in 2Re], inoltre laiam. bibl. dbh qal sacri
ficare [Esd 6,3], debah sacrificio {Esd 6,3], e madbai
altare [Esd 7,17])/

g) Nei 20 passi in cui jdh hi. compare nellopera


del Cronista, il verbo si trova 11 volte in parallelo
con hiI pi. oppure tehill (lCron 16,4.35; 23,20;
25,3; 29,13; 2Cron 5,13; 31,2; Esd 3,11; Neem
11,17 txt em; 12,24.46). Questi passi sono trattati
sotto hll pi., dove si descrive luso specifico dei
verbi di lode nellopera del Cronista. Qui pratica
mente yc#? hi. diventato ovunque sinonimo di hll
pi.; il significato proprio di ciascuno dei due verbi
non compare pi\x.jdh hi sta da solo quando il suo
contenuto indicato con il ritornello poich egli
buono, s, la sua bont dura per sempre (lCron
16,41; 2Cron 7,3-6; cfr. lCron 16,7). td ha senso
tecnico in Neem 12,31.38.40, dove designa un
coro festivo (parimenti hujjedt in Neem 12,8
txt?), e in Neem 12,27, dove, come in Sai 100,1,
indica un tipo di inno. Questo senso tecnico com
pare gi in Sai 119,62, dove per jdh hi. viene fis
sato un tempo determinato di preghiera, e in
122,4, dove si dice che la lode una legge per
Israele.
h) jdh nel significato di confessare (i peccati)
forma un gruppo a s. Solo in sei passi lhi. ha
questo significato (IRe 8,33.35 = 2Cron 6,24,26;
Sai 32,5; Prov 28,13); nella maggioranza dei passi
si ha lhitp. (Lev 5,5; 16,21; 26,40; Num 5,7; Dan
9,4.20; Esd 10,1; Neem 1,6; 9,2.3; 2Cron 30,22;
quindi solo in P, Dan e nellopera del Cronista); si
veda inoltre td in Gios 7,19 e Esd 10,11,
Il passaggio da un significato aHaltro espresso
nei modo pi esplicito nel testo della preghiera di
Salomone per la consacrazione del tempio IRe
8,33.35. Al v, 35 si dice: ... e confesseranno il
tuo nome e si convertiranno dai loro peccati .jdh
hi. potrebbe anche essere tradotto qui con esal
tare ; riconoscere Jahwe significa ammettere che
la propria via malvagia, ma i due aspetti di que
sto processo vengono resi con due verbi, come in
Gios 7,19 nel racconto del furto di Acan: rendi
dunque kbd (gloria) a Jahwe e rendigli td\
(cfr. F.Horst, ZAW 47, 1929, 50s,). Al contrario
jdh hi. in Sai 32,5 voglio confessare a Jahwe le
mie trasgressioni e in Prov 28,13 ... chi li con
fessa (i peccati) e li abbandona, trova misericor
dia ha il significato di ammettere, confessare ,
e questo significato si ha sempre nellhitp. Si tratta
chiaramente di un termine liturgico, poich tutti i
passi alfhitp. ricorrono in contesto liturgico. I
passi mostrano che la confessione dei peccati ha
assunto un significato profondo nella liturgia del
periodo postesilico.

590

5/ I LXX traducono jdh hi. prevalentemente


con ^GnoXqyeiv, ma anche con gcIvslv, jdh hitp.
con l|ayQpeuec,v e ^o^oXoyeiaOai. Ci indica
da un lato che il significato della confessione dei
peccati nel giudaismo acquist maggiore impor
tanza, e dallaltro che i LXX hanno attribuito alla
voce greca fJLoXoyeov il valore di lodare, esal
tare che si discosta molto dal significato prima
rio di promettere (cfr, Q^.qAqyev per ridi' e
- W ni.); O.Michel, ThW V,204 (= GLNT
V ili,573), paila giustamente di un ebraismo les
sicale . A mio avviso, la differenza terminologica
tra jdh hi. e hll pi. continua ad esprimersi anche
nella traduzione; vi sono interferenze soprattutto
fra ouvetv e u^vetv.
Il gruppo pi importante delle ricorrenze delPAT,
quello con la forma coortativa, viene ripreso am
piamente nelle Hodajoth (canti di ringrazia
mento ) di Qumran. La formula dintroduzione
pi frequente 'd^ 0dnj ki (IQH 2,20.31;
3,19.37; 4,5; 5,5.20; 7,6.26.34; 8,4), che si deve tra
durre: ti voglio esaltare, Signore, poich... (di
versamente J.M.Robinson, BZNW 30,1964,194
235); cos pure con *li mio Dio IQH 11,3.15.
Ricorre anche il significato confessare (la propria
colpa, oppure genericamente i peccati) (hitp. CD
9,13; 15,4; 20,28; hi. 1QS 1,24).
Sulluso nel NT cfr, O.Michel, art. gfj.oXoyit,
ThW V,199-220 (= GLNT V ili,557-618).
C. Westermann

UT jd ' CONOSCERE
1/ 1/ La radice jd (riconoscere, sapere
appartiene al semitico comune.
In realt in arabo sono sopravvissute ancora alcune sue
tracce, mentre il suo significato rappresentato da arafa
(riconoscere, sapere e 'alima sapere (Th.Noldeke, ZDMG 40,1886, 725; id., NB 202s.; diversamente
P.Haupt, JBL 34, 1915, 72).
In egiz. rii (riconoscere, sapere rappresenta chiara
mente la versione antica e foneticamente corretta del
termine jd* di derivazione semitico-camitica (O.Rssler,
Neue Afrikanistische Studien, 1966, 218-229, spec. 228).
Al contrario il termine jd saggio , attestalo nel pap.
Anastasi I 17,8 (A.H.Gardiner, Egyptian Hieratic Texts
I/ l, 1911, 19*.58), va considerato piuttosto una deriva
zione neoegiziana dal part. att. qal di jd Ldel semO. (Erman-Grapow 1,153).

Come si pu ancora intravedere dalfacc. edu(m)/id(m) conoscere, sapere (GAG 103e; AHw
187s.; CAD I/.I 20-34; diversamente P.Jensen,
ZA 35,1924, 124-132) e soprattutto dal causativo
et. ajdela rendere noto J<f costituisce una ra
dice di l a j (GVG 1,604; Meyer 11,138; ma cfr. al
contrario Noldeke, NB 202s.; GK 69), che ha su
bito per linflusso delle radici di la w, sulla
cui analogia si costruiscono alcune forme di l a j,
come si desume nel nostro caso dalle forme della

591

flessione ebr. di jet1(Bergstr. 11,124-131; BL 376


385; Meyer 11,138-142), ma anche p.e. dalla radice
ass. \vadu(m)> variante delPacc. edu(m)/id0(m)
conoscere, sapere (GAG 106q).
2/ Dal lato etimologico non possibile risalire
oltre il significato (riconoscere, sapere (ma cfr.
F.Gaboriau, Angelicum 45, 1968, 3-43, spec. 6
17). molto ipotetico supporre un senso origina
rio olezzare, emettere odore (Haupt, l.c., 72),
come pure una derivazione dajd mano (J .Hanel, Das Erkennen Gottes bei den Schriftprophe
ten, 1923, 255 n. 2, seguendo O.Procksch), o una
relazione etimologica con larabo wadaa posare,
essere/diventare
tranquillo
(G.M,Redslob,
ZDMG, 1871, 506-508; F.Schwally, ThLZ 24,
1899, 357; G.J.Botterweck, "Gott erkennen im
Sprachgebrauch des AT, 1951,11; cfr. al contrario
D.W.Thomas, JThSt 35, 1934, 298-301).
Ci si pu tuttal pi chiedere se in una serie di passi
dellAT, difficili per significato e incerti dal lato testuale,
non si nasconda effettivamente dietro le forme di jcT
(riconoscere, sapere , tramandate dal TM, qualcuna
di queste altre radici. Sono stati fatti recentemente dei
tentativi in questo senso, seguendo lesempio di alcuni
autori di dizionari ebraici del passato (cfr. al riguardo
D.W.Thomas, JThSt 35, 1934, 298-301; 38,1937, 404s.;
42, 1941, 64s.; JQR NS 37, 1946/47, 177s.; ma cfr. al
contrario LJ.Uebreich, ibid., 337s.; J.A.Emerton, ZAW
81, 1969, 188-191), con riferimento a;
a) larabo wadaa (posare), diventare/essere tran
quillo > ebr. jd essere sottomesso, umiliato p.e,
per Giud 8,16; 16,9; Is 9,8; 53,3.11; Ger 31,19; Os 9,7; Sai
138,6; Giob 20,20; 21,19; Prov 10,9; 14,33; Dan 12,4
(D.W.Thomas, JThSt 35, 1934, 298-306; 36, 1935, 409
412, e altri studi, cfr. FS Thomas 1968, 217-228; inoltre
p.e. G.R.Driver, JThSt 38, 1937, 48s.; T.H.Robinson,
ZAW 73, 1961, 267s.; L.C.Alien, Vox Evangelica [1],
1962, 24-28; PR.Ackroyd, FS Thomas 1968, 10-14; ma
cfr. al contrario J.Reider, JBL 66, 1947, 315-317);
b) larabo da' cercare, indagare, chiamare, invocare,
invitare p.e, per Gen 18,19; Es 33,12; Os 6,3; Prov
10,32; 24,14; 29,7 (qui: da'at esigenza, pretesa;
D.W.Thomas, JThSt 38, 1937, 401s.; id., SVT 3, 1955,
284s.; E.Zolli, Sefarad 16, 1956, 23-31);
c) larabo da' abbattere, distruggere per Ez 19,7; Sai
74,5 (G.R.Driver, JBL 68, 1949, 57-59);
d) larabo wada"a grondare , Pug. (w/y)d sudare ,
Pacc, ztu, fug. rfV, febr. z^ sudore per lebr. jd*
sudare e da'al sudore (come varianti dialettali di
*jz\ z') in Is 53,11; Prov 10,9.32; 14,7.33 (M.Dahood,
Gregorianum 43, 1962, 63s.; id., Proverbs and North
west Semitic Philology, 1963, 21; id., Bibl 46, 1965,
316s.).

Daltro lato resta incerto se i fondamenti filologici


di queste proposte siano cos solidi da poter fon
dare tentativi validi di soluzione. Cfr. anche Barr,
CPT 19-25.325.328.
3/ NelPAT ricorrono tutte e sette le coniuga
zioni del verbo (glh 1): oltre al qal (ricono
scere, sapere (anche in aram. bibl.) si ha il ni. ri
flessivo (tollerativo) e passivo rispetto alla coniu
IH"1jd 1 CONOSCERE

592

gazione fondamentale farsi riconoscere, venir


conosciuto, essere conosciuto , Phi. causativo
far sapere, annunciare (sulla, delimitazione
dellha, aram., che ha lo stesso significato e indica
una constatazione neutrale, rispetto alParam. hwh
pa./ha. annunciare cfr. Jenni, HP 112-119), ii
suo passivo ho. venir conosciuto (per la forma
cfr. Meyer 11,141) e il riflessivo hitp. farsi rico
noscere .
Il pi. rendere edotto , attestato solo in Giob 38,12,
presumibilmente un denominativo dellaggettivo jda
esperto, competente in (Jenni, HP 235). Del suo pas
sivo pu. compare solo il part. usato come sostantivo
mejudd\ fem. mejuddat conoscente. ISam 21,3b
poi. da correggere secondo i LXX (cfr. BH3)-

In ebraico, formazioni nominali ed altri derivati


dalla radice jd l sono:
a) le forme delfinf. cs. qal, usate come sostantivi in
senso astratto (GK 69m), de01 (masc.), de1a (Fem.) il
sapere e d"ai conoscenza, sapere . Ad esse corri
spondono in acc. il nome d\d)tumf da'alum cono
scenza, notizia attestato neIJespressionetf/o/am slwn
chiedere notizia di qualcosa, informarsi su (B.Landsberger, ZDMG 69, 1915, 513s.; AHw 168b), e in ug.
d'tn sapere, conoscenza (WUS nr. 1148; UT nr. 1080),
il cui significato concreto compagno, amico (nel testo
62 [= 1 AB], r. 49 in parallelo con il sinonimo hbr) si ri
trova forse anche in Prov 8,12; 22,12 (M.Dahood, Bibl
45,1964,103; id., UHPh 61). I nomi astratti di questa ra
dice usati abitualmente in accadico, come e/idtitu il sa
pere (AHw 189a), mudutu sapere, conoscenza
(AHw 667) ecc., non hanno corrispondenti in ebr.
b) madd intelligenza , che ha un corrispondente nel
sostantivo manda'' intelligenza attestato in aram. eg.
(Ah. r. 53 knmd notoriamente , H.Torczyner, OLZ
15, 1912, 398; diversamente Cowley 232; cfr. anche
DISO 158) e in aram. bibl. (F.Rosenthal, A Grammar of
Biblical Aramaic, 1961, 16s ).
c) mda\ fem. mdat conoscente, lontano pa
rente. La forma maschile ha un equivalente nellacc.
mdu(m) sapiente, avveduto; conoscente (?) (AHw
666s.; cfr. anche Jensen, l.c., 124-132), che nei testi di
Ugarit (PRU 111,234) ricorre assieme alPug. mdl (UT
nr. 1080; M.Dahood, Bibl 46,1965,210-212) come titolo
di corte amico (del re/della regina) (come lebr.
rai amico del re , cfr. A. van Selms, JNES 16,
1957, 118-123; de Vaux 1,1885.; H.Donner, ZAW 73,
1961, 269-277; cfr. anche in questo contesto 2Re 10,11
mejuddLdw i suoi fdi Acab] fidi ),
d) il termine jiddeinf spirito di profezia , che
nellAT ricorre sempre assieme a 'b spirito dei
morti ; come larabo s'ir esso significa forse propria
mente colui che sa (GB 289a; H.Ringgren, Isr. Religion, 1963, 221s,)r
e) lagg. jdaL competente, esperto in (sul tipo di
formazione cfr. Meyer 11,28).
F) la particella interrogativa madda1 perch? , che a
differenza di lamm/lm perch? , particella per do
mande che contengono un rimprovero, introduce delle
richieste di informazione (A.Jepsen, FS Rost 1967, 106
113) ed presumibilmente una contrazione di mjda,
(diversamente K.Ahrens, ZDMG 64, 1910, 179) che
sai di ci? (BrSynt 131) oppure che cosa noto?
(GK 99e; Meyer 11,174). Cfr. anche mi jda, forse
(2Sam 12,22; Gioe 2,14; Giona 3,9; laj 1) come ulte

593

171* j d CONOSCERE

riore esempio di unespressione interrogativa che si


trasformata in espressione avverbiale; inoltre bibeli
dLat involontariamente (Deut 4,42, 19,4; Gios
20,3.5; cfr. CAD I/J 29s.) e mibbeIF-da',at improvvisa
mente (ls 5,13).
Sui nomi propri formati con jdl cfr. Noth, IP 181, e vd.
st. IV /la.

II/ Prescindendo dalla particella interrogativa


madda perch? , ricorrente 72x, le forme della
radice
compaiono nellAT in 1119 passi (ebr.
1068x, aram 51x), Di queste ricorrenze, 994 ri
guardano il verbo: ebr. qal 822x (Ez 86x, Ger 72x,
Sai 66x, Is 64x, Giob 60x, Gen 53x, ISam 49x,
Deut 43x}Es 36x, Eccle 34x, Re 33x, 2Sam 28x,
Prov 27x), ni. 41x, pi. lx (Giob 38,12), pu. 6x (Sai
4x), poi. lx (vd. sp. 1/3), hi. 71x (Sai 16x, Ez e
Giob 8x ciascuno, Is 7x), ho. 3x (Lev 4,23.28; Is
12,5), hitp. 2x (Gen 45,1; Num 12,6); aram. qal
22x (Dan 16x, Esd 6x), ha. 25x (Dan 20x, Esd 5x).
Le formazioni nominali della radice sono cos di
stribuite: da 5x (solo nei discorsi di Eliu Giob
32-37), d^ 6x, dalat 90x (Prov 40x, Giob llx , Is
9x, Eccle 8x, Os e Sai 4x), moda12x (Prov 7,4; Rut
2,1); md'at lx (Rut 3,2), madd16x (solo postesilico: Eccle 10,20 txt?, cfr. Hertzberg, KAT
XVII/4,197s.; M.Dahood, Bibl 46,1965, 210-212;
Dan 1,4.17; 2Cron 1,10.11.12), jiddeiiT llx ;
jadai (Deut 1,13.15; Is 53,3) posto sotto jd Lqal.
Mancano forme della radice in Abd, Agg e Lam.
In questa lista la distinzione tra d'at come inf. qal e
come sostantivo non segue Mand.,ma Lis. (Es 31,13 e
Giob 10,7 sost.; Ger 10,14 = 51,17 e 22,16 inf. qal). Es
25,22 in Lis. 579b collocato sotto j'd ni.

Il verbo jd (riconoscere, sapere


nel suo uso vtrt. dispone di una gamma di signi
ficati di ampiezza considerevole, senza che questa
tuttavia nel suo sviluppo possa essere ricondotta,
alfesterno o allinterno delPAT, ad una chiara
evoluzione semantica (Gaboriau, l.c., 3s ), oppure
senza che (ri)conoscere, sapere, almeno sotto
laspetto logico, possa gi essere inteso come atte
nuazione di un significato in origine pi pre
gnante, che sussisterebbe ancora soprattutto
quando il verbo si riferisce alla relazione fra per
sone, particolarmente fra coniugi (E.Baumann,
ZAW 28,1908,22-41.110-143; cfr. anche G.J.Rotterweck, Gott erkennen im Sprachgebrauch..,
des AT, 1951, spec. U-17). Piuttosto,/^ nelPAT
significa:
D I/

1/

a) In primo luogo la percezione che luomo ha,


mediante i sensi, di oggetti e situazioni del suo
mondo, entrando in rapporto con essi, in base
alfesperienza e attraverso la mediazione di altri
(qal. accorgersi, avvedersi, notare, avvertire,
percepire, sperimentare p.e. Gen 8,11; 9,24; Es
2,4; Lev 5,1; ISam 22,3; Ger 38,24; 50,24; Ez
25,14; Os 7,9; Sai 35,8; Giob 5,24; 9,5; 21,19; Prov
5,6; 23,35; Rut 3,4; Est 2,11; Neem 13,10; analo
gamente al ni., da intendersi in senso riflessivotollerativo oppure, conformemente ai significati
594

del qal, come impersonale, p.e, Gen 41,21.31;


ISam 22,6; 2Sam 17,19; Sai 77,20; Rut 3,3).
I testi presuppongono espressamente che loggetto della
percezione sia accessibile, dicendo che esso si trova di
fronte a qualcuno {ncegced Sai 51,5; 69,20) oppure
presso qualcuno (e t Is 59,12; *im Giob 15,9; Limmd
Sai 50,11), e non quindi inaccessibile (basr Ger
33,3), nelloscurit {bemajsk Is 29,15; aram. bafska Dan 2,22; cfr. anche Sai 88,13) oppure nascosto
(a...) (khd ni. min Os 5,3; Sai 69,6; 139,15; */m ni. min
Lev 5,3.4; cfr. ne$rt cosa nascosta Is 48,6 e 1mq hi.
occultare profondamente Is 29,15, inoltre il
basstcer di nascosto del contesto in Ger 40,15), inol
tre che gli organi della percezione, occhi e orecchie, non
sono incollati (thh Is 44,18), ma aperti (pqh Gen
3J;gIh Num 24,16; cfr, ISam 3,7; pth Is 48,8, cfr. anche
Deut 29,3; Is 6,9; 32,3s.), e che la capacit di percezione
non viene eliminata dal sonno ( 1Sam 26,12) o dallubria
chezza (Gen 19,33.35), per cui si pu arrivare ad una
percezione; cfr.jd* parallelo di ;sm1 ascoltare (Es 3,7;
Deut 9,2; 29,3; Is 6,9; 33,13; 40,21.28; 48,6.7.8; Ger 5,15;
Sai 78,3; Giob 5,27; Dan 5,23; Neem 6,16) e di r'h ve
dere (Gen 18,21; Es 2,25 txt em; 3,7; 6,3; Lev 5,1; Deut
4,35; 11,2; 29,3; 33,9; ISam 6,9; 18,28; 26,12; Is 5,19; 6,9;
29,15; 41,20; 44,9; 58,3; 61,9; Ger 2,23; 5,1; 11,18; 12,3;
Sai 31,8; 138,6 txt? [cfr. J.Reider, JBL 66, 1947, 317];
Giob 11,11; Eccle 6,5; Neem 4,5; cFr, specialmente
lespressione fissa da"
riconosci e vedi [anche
plur.]: ISam 12,17; 14,38; 23,22; 24,12; 25,17; 2Sam
24,13; IRe 20,7.22; 2Re 5,7; Ger 2,19; inoltre szp scor
gere Giob 28,7; s*h hitp. considerare Gen 24,21 e
aram. hzh vedere Dan 5,23).

b) In stretta connessione con quest7usoJ d viene


adoperato per designare la conoscenza ottenuta
mediante limpiego consapevole dei sensi, me
diante la ricerca e lesame, mediante la riflessione
e la meditazione (qal riconoscere, comprendere,
capire, esaminare p.e. Gen 42,33; Giud 18,14;
2Sam 24,2; Is 41,22; Ger 2,23; 26,15; Zac 11,11;
Giob 9,28; 34,4; 36,26; 42,2; ni. venir ricono
sciuto p.e. Es 33,16; Lev 4,14; Giud 16,9; IRe
18,36; Ger 28,9),
In questuso di j d 1 caratteristico il compito che spetta
al cuore come organo di conoscenza {lbflbb
Deut 8,5; 29,3; Gios 23,14; IRe 2,44; Is 32,4; 51,7; Ger
24,7; 31,33s.; Eccle 1,17; 7,22; 8,5; Dan 2,30; cfr. in pa
rallelo z jd * lespressione sim ['al-] ib Is 41,22; 42,25, ab
breviata in Is 41,20, e sub hi. *a>l Ib Deut 4,39 pren
dere a cuore ; inoltresft lb l e porre il cuore a... Prov
27,23, cfr. Prov 22,17). Al contrario, la conoscenza viene
ostacolata dal traviamento del cuore (to' lbb Sai
95,10)opp. dal traviamento dello spirilo (iL-rah Is
29,24), ma specialmente dalla incredibile ostinazione che
pregiudica il funzionamento degli organi della perce
zione e della conoscenza (cfr. Deut 29,4; Is 6,6s.; 29,9
12; 32,3s.; 42,18-25; 44,18; 48,8; Ger 5,3-5; 10,14; 51,17;
Sai 95,8-10; cfr. al riguardo F.Hesse, Das Verstockungsproblem im AT, 1955).
Si pu raggiungere la conoscenza con il cercare (bqs
pi. Ger 5,1; Eccle 7,25; 8,17; drs Sai 9,11; cfr. anche riir
esplorare, investigare Eccle 7,25 e 57 blhtm inter
rogare Dio Giud 18,5) e il trovare (ms Giob 28,13;
Eccle 8,17; cfr. Prov. 8,9), con il provare (bhn Ger
6,27; 12,3; Sai 139,23; Giob 23,10; bhr Giob 34,4; hqr Sai
139,1.23; nsh pi. Deut 8,2; 13,4; Giud 3,4; 2Cron 32,31),
con il ponderare {zkr Sai 103,14; hsb Sai 144,3) e con
il capire, esaminare {bin Is 1,3; 6,9; 40,21; 43,10;

595

44,18s.; Ger 4,22; Os 14,10; Mi 4,12; Sai 82,5; 92,7;


119,25; 139,2; Giob 14,21; 15,9; 23,5; 28,23; 42,3; Prov
1,2; 2,6; 8,9; 17,27; 29,7; Dan 1,4; Neem 10,29; skl hi. Is
41,20; Ger 9,23; Giob 34,35; Dan 1,4; 9,25).
Si pu infine trarre conoscenza da un segno ( t Es
7,3-5; 8,18s.; 10,2; 31,13; Deut 4,34s.; 11,2s.; Ger 44,29;
Ez 14,8; 20,12, cfr. C.A.Keller, Das Wort OTH als Offenbarungszeichen Gottes , 1946, 58), in cui viene
riconosciuto qualcosa (jd1
' be Gen 15,8; 24,14; 42,33; Es
7,17; 33,16; Ger 28,9; Sai 41,12; cfr. anche jd* nellapodosi di un periodo ipotetico, da intendersi in questo
senso: Num 16,30; Giud 6,37; ISam 6,9; 20,7 e lorientarnento di un fatto verso una conoscenza finale, p.e.
Gen 24,21; ISam 12,17; IRe 18,37; 20,13).

c) Infine jd' indica il sapere, derivante da perce


zione, esperienza e conoscenza, e che si pu impa
rare ed insegnare ad altri (qal. conoscere, sa
pere p.e. Gen 4,9; 12,11; 15,13; 20,7; 21,26; 27,2;
28,16; 30,26; 31,6.32 ecc.; ni. essere conosciuto
p.e. Es 2,14; 21,36; Deut 21,1; Is 61,9; Nah 3,17;
Zac 14,7; Eccle 6,10; forine come jda'tf io so
non vanno intese daltro Iato come perfetti termi
nativi, ma vanno spiegate come forme analoghe a
quelle dei corrispondenti preteriti acc. di e/idu(m)
conoscere, sapere , che sono degli stativi
quanto al loro significato, cfr. BrSynt 40 n. 2;
GAG 102 78b e 152 106q; diversamente GK
106g).
Per questuso di jd\ oltre ai paralleli con nkr hi. cono
scere (Deut 33,9; Is 63,16) e sV sapere di (Deut
32,17), sono significativi specialmente quei passi in cui il
sapere comunicato mediante insegnamento, istru
zione (Imd pi. con ogg. d'/d'ctl Is 40,14; Sai 94,10;
119,66; Giob 21,22; Eccle 12,9, cfr. anche Deut 31,12s.;
Is 29,24; Prov 30,3'Jrh hi. con ogg. d^ Is 28,9; cfr. an
che Esd 7,25), e quei passi in cui il sapere frutto di
uninformazione (cfr. Is 4I,22s,26; Giona 1,10; Sai 78,2
6; Eccle 8,7; cfr. in questo contesto lespressione aram.
j edtat Iceh^w le sia noto a... Dan 3,18; Esd 4,12.13;
5,8 con i suoi corrispondenti in aram. imperiale in
Driver, AD nr. 4, r. 3, e nr. 7, r. 8; su un possibile sot
tofondo persi, di questa espressione cfr. E.Ben veniste,
JA 242, 1954, 305).

Vanno intesi in questo senso in particolare quei


passi in cui jd significa la capacit di distnguere
correttamente le cose (Giona 4,11; 2Cron 12,8), la
quale non ancora posseduta dai bambini piccoli
(Deut 1,39; IRe 3,7; Is 7,15.16; Ger 4,22), che
propria dell'uomo maturo (lQSa l,10s.), e che
viene meno nella vecchiaia (2Sam 19,36), A que
sto scopo viene normalmente usata, accato a bin
hi. bn-tb ler (IRe 3,9) e sm Hattb wehr
(2Sam 14,17), anche lespressione jd bn-tb
ward1(Deut 1,39; 1QS 4,26; lQSa l,10s.) opp .jd*'
ben-tb !er\ (2Sam 19,36, cfr. anche Is 7,15s.;
Ger 4,22) conoscere bene e male oppure di
stinguere tra bene e male , il cui contenuto dif
ficile da precisare, poich la coppia di opposti tb
wr4 bene e male (tb) possiede significati
molteplici. Per quanto riguarda la conoscenza ot
tenuta mangiando il frutto dell albero della co
noscenza del bene e del male nel paradiso (Gen
2,9.17 ls hadda'at {b wr\ dove haddLat va in
teso come sostantivo verbale [inf. cs.], il quale in
U T jd - CONOSCERE

596

quanto verbo continua a reggere un complemento


diretto anche nella sua funzione di nome retto in
una catena costrutta, cfr. GK 115d; BrSynt 91;
J.A.Soggin, Bibl 44, 1963, 521-523; ma cfr. anche
H.J.Stoebe, ZAW 657 1953, 195; W.H.Schnidt,
Die Schpfungsgeschichte der Priesterschrift,
T967,223s.), conoscenza in origine riservata a Dio
(Gen 3,5.22), si distinguono in particolare quattro
modi di intendere lespressione. Conoscenza del
bene e del male pu essere;
(1) una capacit di distinguere dal punto di vista
etico (tb wr1 bene e male in senso morale:
K.Budde, Die Biblische Urgeschichte, 1883, 65
72; cfr. anche Khler, Theol. 157s.);
(2) una capacit di regolare autonomamente la
propria vita, fondandosi su una libera decisione
(tb wr" ci che utile o dannoso alla vita :
H.J.Stoebe, ZAW 65, 1953, 188-204; cfr. anche
E.Albert, ZAW 33, 1913, 161-191; R. de Vaux,
RB 56, 1949, 300-308; M.Buber, Bilder von Gut
und Bse, 1952, 15-31; G.W.Buchanan, JBL 75,
1956, 114-120; H.S.Stern, VT 8, 1958, 405-418, e
cfr. anche W.M.CIark, JBL 88, 1969, 266-278);
(3) unesperienza sessuale (tb wr" piacevole
e doloroso : H.Schmidt, Die Ezahlung von Paradies und Sundenfall, 1931, 13-31, oppure per de
signare manifestazioni normali e anormali o legit
time e illegittime della sessualit: R.Gordis, JBL
76, 1957, 123-138; cfr. anche I.Engnell, SVT 3,
1955,103-119; L.F.Hartmann, CBQ 20,1958, 26
40, e cfr, al riguardo dal punto di vista della storia
delle tradizioni Gilg, 1/3,49-4,43, spec. 4,29.34);
(4) una conoscenza globale e una saggezza pra
tica, con cui si diede inizio alla civilt umana (tb
wrL tutto : J.Wellhausen, Prolegomena zur
Geschichte Israels, 1927, 299-302; cfr. anche
P.Humbert, tudes sur le rcit du Paradis et de la
Chute dans la Gense, 1940, 82-116; H.A.Brongers, OTS 14, 1965, 100-114, spec, 105, e assieme
alla spiegazione precedente (3): J.Coppens, La
Connaissance du Bien et du Mal et le Pch du
Paradis, 1948, spec. 13-46; B.Reicke, JSS 1, 1956,
193-201: r" = la sessualit illegittima dei culti or
giastici della vegetazione).
.
In tutti questi casi il verbo jd" ricorre talvolta in
assoluto, ma normalmente con loggetto costituito
da una parola o da una frase; questultima viene
introdotta asindeticamente (p.e. Sai 9,21; Giob
19,25; 30,23), oppure in quanto frase oggettiva con
7et 'scer che cosa, kl> s<2P-, ascer, aram. di
che , opp. in quanto interrogativa indiretta con
mi chi, ma che cosa, ha... im se... op
pure e altre particelle interrogative.

tener conto allo stesso tempo dellimportanza


delfaspetto propriamente contattivo , ossia del
fatto che jd" non indica soltanto un comporta
mento teoretico, un mero atto di pensiero, ma
che la conoscenza espressa dal verbo jd si attua
nel rapporto pratico con i suoi oggetti.
Sono significativi a questo proposito termini paralleli a
jd come pqd occuparsi d (Giob 5,24; 35,15), smr
custodire, vegliare, stare attenti a (Ger 8,7; Giob
39,1), ms hn trovare grazia, favore (Es 33,12.17),
'mn hi. credere (Is 43,10),>' temere (IRe 8,43; Is
11,2; Sai 119,79; Prov 1,7; 2t5; 2Cron 6,33), lbd ser
vire (lCron 28,9), inoltre passi in cui dat ricorre ac
canto a 'amcet fiducia, fedelt (Os 4,1) e hcesced
unit, solidariet (Os 4,1; 6,6), e termini opposti a jd''
come m's rifiutare, rigettare (Giob 9,21), sur allon
tanarsi da (Sai 101,4), ps be ribellarsi contro (Ger
2,8), rsLhi. violare (Dan 11,32; cfr. anche Ger 9,2.5;
Giob 18,21).

a) Quest'aspetto pratico si nota particolarmente


quando jd" designa il possesso di una particolare
abilit e competenza, di una capacit tecnica ( in
tendersi di, essere competente in).
Per questuso di jd 1sono caratteristici oggetti come sjid
caccia (Gen 25,27)Jm mare (IRe 9,27 = 2Cron
8,18), sifeer scrittura (ls 29,1 ls,), nh lamento fu
nebre (Am 5,16), pescer dbr spiegazione di una pa
rola (Eccle 8,1; cfr. anche Dan 2,3), Litimi tem pi
(Est 1,13; cfr. lCron 12,33 e vd. Rudolph, HAT 21,109,
che riferisce lespressione a competenze astrologiche),
dt wadfn legge e deliberazione (Est 1,13; cfr. anche
Giob 37,15.16).
Va inoltre inteso allo stesso modo luso del verbo se
guito da una costruzione con linfinito in Es 36,1; 2Cron
2,6.7.13 (abilit dellartigiano); in ISam 16,16.18 (di un
esperto nel suonare Tarpa); in IRe 5,20 (dei taglialegna);
in ls 50,4; Ger 1,6, cfr. anche Is 8,4 (di uno abile a far di
scorsi); cfr. inoltre Ger 6,15; 8,12; Am 3,10; Eccle
4,13.17; 10,15).
In questo sensore/1 ha un corrispondente nelluso dellacc.
e/idu(m) conoscere, sapere in passi come Gilg. Xl,175s.,
in cui parlando di Ea in quanto dio artigiano si dice: Chi
scopre qualcosa allinfuori di Ea? Egli si che conosce ogni
opera! (Schott 93; cfr. CAD I/J 27b).

b) In altri passi jd" indica un prender parte inten


samente ad un oggetto, al di l di una relazione
puramente cognitiva, nel senso di occuparsi di
(Gen 39,6.8; Sai 31,8; Giob 9,21; 35,15; Prov
27,23). Questo significato, quando jd" non indica
soltanto il venire informato su una persona del
passato e sui suoi meriti (Es 1,8), la conoscenza
personale di un vivente (Gen 29,5; Deut 22,2; Ez
28,19; Giob 19,13; 29,16; 42,11; cfr. lespressione
fissa un popolo che tu non conosci [o sim.]
Deut 28,33.36; 2Sam 22,44; Ger 9,15; Zac 7,14; Sai
18,44; Rut 2,11; cfr. anche Is 55,5; similmente
una terra che voi non conoscete [o sim. ] Ger
2/ Come ha messo in rilievo soprattutto E.Bau15,14; 16,13; 17,4; 22,28; Ez 32,9) oppure la cono
mann (l.c., 22-41.110-143; cfr. anche Pedersen,
scenza delle qualit di una persona, in modo da
Israel 1-11,426-431; Botterweck, Le., 11-17;
poter comprendere sia essa sia le sue azioni (ISam
H.W.Wolff, EvTh 15, 1955, 426-431; Gaboriau,
10,11; 2Sam 3,25; 17,8; IRe 5,17; 18,37; 2Re 9,11;
I.c.,
3-43), il significato dijd" ebr. sarebbe determi
Sai 139,ls.; Prov 12,10; Cant 6,12), va supposto
nato in maniera insufficiente se lo si volesse limi
anche per jd" con oggetto personale ( occuparsi
tare allaspetto cognitivo (inora illustrato, senza
di Deut 33,9; Is 63,16; cfr. ls 1,3).

597

I7T jd " CONOSCERE

598

Questuso simile a quello dellacc. e/idu(m) nelle let


tere di Amarna, quando riferito a cose e persone, nella
costruzione id ana... occuparsi di, provvedere a (cfr.
J.A.Knudtzon, Die El-Amarna-Tafeln II, 1915, 1420s.;
CAD I/J 28a).

c) In questo contesto vanno collocati infine i passi


in cui _/Yf indica il rapporto sessuale delluomo con
la donna (Gen 4,1.17.25; 24,16; 38,26; Giud 19,25;
ISam 1,19; 1Re 1,4), della donna con luomo (Gen
19,8; Giud 11,39; altrimenti: jd ' [fe]miskab zkr
conoscere il coito con un uomo Num 31,17s.
35; Giud 21,lis.) e il rapporto omosessuale (Gen
19,5; Giud 19,22).
improbabile che in questuso del verbo sussista ancora
il suo significato originario (Baumann, Le., 30-32), ed
altrettanto improbabile la supposizione (risalente a A.Socin, cfr. GB 287b) che questuso sia da spiegare con
Tusanza di togliere ii velo alla donna nella prima notte di
nozze (perch solo allora il marito arrivava a vedere il
volto della sposa), o che si riferisca propriamente alla
constatazione della verginit nella consumazione delle
nozze (F.Schwally, ZDMG 52, 1898, 136). Si ha qui
piuttosto una circonlocuzione eufemistica, come
nelluso delFarabo Larafa conoscere (sessualmente) e
deir acc. efidu(m) conoscere (sessualmente) (AHw
188) opp. lamdu(m) imparare a conoscere (sessuale
mente) (AHw 53lb), analoghi a jd 1 conoscere (ses
sualmente) (per gli eufemismi in materia sessuale cfr.
per Tace. B.I^andsberger, MAOG 4,1928/29, 321 15.3;
ma cfr. per lebr. anche Gaboriau, l.c., 37-40).

IV/ 1/ a) Gi nel suo uso preisraelitico,/^ ri


corre come termine religioso per designare le cure
che la divinit rivolge a determinate persone. Per
questuso bisogna tener conto dei nomi teofori co
stituiti da una frase, particolarmente dei nomi di
ringraziamento formati con il perfetto, in cui jd\
nel senso di prendersi cura, interessarsi di ,
detto della divinit.
Si tratta di nomi che corrispondono alfebr. ^fjdt El
ha riconosciuto, J (eh)jdd\ J eda% (h ) Jahwe ha
riconosciuto ecc. (cfr. Noth, IP 181), e sono attestati
nellambito amorreo (Huffmon 209), a Ugaril (Grndahl
39.142), in fen. (Harris 106; KAI 111,48) e nel sudarab.
antico (G.Ryckmans, Les noms propres sudsmitiques
II, 1934, 69). Si possono confrontare anche i nomi acc.
che esprimono fiducia come dNabQ-Tdanni Nabu mi
conosce, -li-k-mm-i-di il mo dio conosce il giu
sto (cfr. Stamm, AN 198.239s,).

Luso linguistico che si nota in questi nomi perso


nali predomina nelIAT anche in singole asser
zioni della lirica religiosa (Nah l,7s.; Sai 31,8s.;
144,3; cfr. Sai 37,18) e nel Pentateuco forse in Es
2,25 P (ma cfr. BP: le G wajjiwwda), doVQjd in
dica laiuto concreto di Jahwe in determinale ne
cessit o il suo costante aiuto per tutta la vita.
Le ricorrenze di jd" che designano la relazione par
ticolare tra Jahwe e Israele o singoli israeliti vanno
intese in stretta connessione con questuso del
verbo, e non invece in dipendenza dalluso dellitt.
sek-/sak- (za), acc. efid(m) (ana)> ug.jd ' rico
noscere (giuridicamente) in trattati fra stati nel
vicino Oriente e in passi nei quali al di fuori dei
599

trattati veri e propri si tratta di relazioni regolate da


un contratto (H.B.Huffmon, BASOR 181,1966, 31
37; H.B.Huffmon-S.B.Parker, BASOR 184, 1966,
36-38; al contrario A.Goetze, JCS 22, 1968, 7s).
In questo senso jd\ applicato alla relazione tra
Jahwe ed Israele, specialmente in Am 3,2 (cfr. an
che Deut 9,24 e vd. Os 13,5 [ma anche BH3 per
questo passo]), s accosta a bhr scegliere , senza
per che dal punto di vista terminologico possa es
sere scambiato completamente con questo verbo:
jfJt indica piuttosto qui soltanto una conoscenza
intima (al riguardo Botterweck, l.c., 18-22;
Th.C.Vriezen, Die Erwhlung Israels nach dem
AT,
1953,
36s.; H.Wildberger,
Jahwes
Eigentumsvolk, I960, 108; R.Smend, EvTh 23,
1963, 409s.; P.Altmann, Erwhlungstheologie
und Universai ismus im AT, 1964, 2s.23s.).
Mentre i passi secondari del Pentateuco, non attri
buibili a fonti precise, Gen 18,19; Es 33,12,17;
Deut 34,10, inoltre Ger 1,5 e forse anche 2Sam
7,20 = lCron 17,18, in cui jd descrive la relazione
particolare di Jahwe con determinati individui
(Abramo, Mos, Geremia, Davide), mettono in
evidenza, oltre alla relazione salvifica con Jahwe
(Es 33,12.17jd ' besm conoscere per nome par.
a ms hn trovare grazia), anche un incarico
speciale (cos in particolare Ger 1,5, dove jd par.
a qds hi. consacrare indica una scelta che opera
una distinzione, cfr. luso analogo delleg. rh co
noscere su una stele del faraone Piankhy, 25a
din.: G.A.Reisner, ZS 66, 1931, 91 r. 4; M.Giluia, VT 17, 1967, 114), im Am 3,2 non va trascu
rata la conseguenza funesta, che coglie di sorpresa
il popolo, la quale viene qui collegata con lintima
relazione di esclusivit (contestata per in Am
9,7) tra Jahwe ed Israele, relazione in cui il popolo
si crede sicuro: in modo altrettanto speciale Israele
viene chiamato alla resa dei conti per le sue colpe
(pqd dwn '<?/)
In questambito jd 6 designa anche il sapere di
Jahwe in quanto giudice (cfr. Botterweck, l.c., 23).
Ad esso ricorrono gli oranti dei salmi di lamenta
zione, adducendolo come motivo perch Jahwe
intervenga (Ger 15,15; 18,23; Sai 69,20; cfr. anche
Sai 103,14; Neem 9,10), nella confessione dinno
cenza (Ger 12,3; Sai 40,10; 44,22; cfr. Giob 31,6)
e nella confessione delle colpe (Es 32,22 E; Sai
69,6), e anche nella confessione di fiducia (Sai
139,1.2,4.23; 142,4). A queste affennazioni corri
spondono daltro lato parole di Dio, in cui Jahwe
stesso documenta il suo sapere in quanto giudica
e prova (Gen 20,6 E; 22,12 E; 2Re 19,27 = Is
37,28; Is 48,4; Ger 48,30; Ez 11,5; Am 5,12), e an
che delle considerazioni sulla storia passata, le
quali attribuiscono ad un determinato evento il
carattere di una prova voluta da Jahwe per far
giungere ad un riconoscimento (nsh pi. come ter
mine parallelo: Deut 8,2; 13,4; Giud 3,4; 2Cron
32,31).
E a questo sapere che si riferisce lidea teologica di am
biente sapienziale, che parla di Jahwe come <?/ deLt...
we'i tkn (txt em, cfr. BH*) iafflt Dio del sapere... e

U T jet* CONOSCERE

600

Dio che valuta le azioni (ISam 2,3; cfr. Sai 94,11; Giob
23,10; 31,6; Prov 24,12; inoltre Sai 1,6; Giob 11,11);
questaffermazione contestata dai malvagi (Sai 73,11;
Giob 22,13s.).

b) Il ni. ( farsi riconoscere* annunciarsi ) e lhi.


( annunciare ) di jd 1 vengono usati come ter
mini di rivelazione (Botterweck, l.c., 23-33;
R.Rendtorff, in: Offenbarung als Geschichte,
"1963, 21-41; W.Zimmerli, EvTh 22,1962, 15-31;
R.Rendtorff, EvTh 22, 1962, 621-649). In Es 6,3
P contrappone il ni. di jd' al ni, di rfr, caratteri
stico delle antiche eziologie cultuali e delle pro
messe divine, operando una distinzione espressa
mente voluta dal lato teologico: con essa l appa
rire di Jahwe viene attribuito solo allo stadio pre
cedente, quello della religione dei patriarchi, men
tre da Mos in poi Jahwe si fatto conoscere in se
stesso, ossia nella sua propria natura, racchiusa nel
suo nome.
Una seconda tendenza ad usare jd ni./hi. come
termine di rivelazione s scorge soprattutto in as
serzioni inniche, dove si dice che Jahwe rivela se
stesso dando prova della sua potenza nella storia
(Sai 9,17; 48,4; 77,15,20; 79,10; 88,13; 98,2; 103,7);
talvolta si paila qui in modo fortemente antropo
morfico della manifestazione della mano di
Jahwe (Is 66,14; Ger 16,21; cfr. Sai 109,27). ^
Testi come Is 64,1; Sai 76,2, i quali affermano che
il nome di Jahwe diventa noto nelle prove sto
riche della sua potenza, mostrano la stretta rela
zione che intercorre tra questi due tipi di afferma
zioni.
Con il ni. e lhi. vengono inoltre indicate alcune
realt particolari che Jahwe comunica, i comanda
menti a Mos (Es 25,22 P) o direttamente agli
Israeliti (Ez 20,11), il sabato ad Israele (Neem
9,14), la promessa a Davide della durata della di
nastia (2Sam 7,21 = lCron 17,19), la spiegazione
del sogno del faraone a Giuseppe (Gen 41,39 E),
a Geremia una cospirazione segreta dei suoi ne
mici (Ger 11,18). Nelle preghiere (Sai 25,4; 39,5;
51,8; 90,12; 143,8; cfr. Es 33,13 J; Giob 13,23 e vd.
da'at in Sai 94,10; 119,66) e nelle espressioni di fi
ducia (Sai 16,11; 25,13) dei canti di lamentazione
si parla di tale manifestazione di Jahwe nel senso
di un ammaestramento individuale, che gli oranti
ricercano o riconoscono (cfr. Gunkel-Begrich
224); tale ammaestramento impartito probabil
mente con gli oracoli di salvezza o con linsegna
mento delia tor ad essi collegato (cfr. K_raus, BK
XV,822s.).
2/ a) Sejd' detto di uomini, in senso positivo
(cfr. Baumann, l.c., 39-41.110-141; Botterweck,
l.c., 42-98; R.C.Dentan, The Knowledge of God
in Ancient Israel, 1968, 34-41; per i profeti in par
ticolare: Hnel, l.c., spec. 223-239; S.Mowinckel,
Die Erkenntnis Gottes bei den atl. Propheten,
1941) o negativo (cfr. al riguardo W.Reiss, ZAW
58, 1940/41, 70-98) con Jahwe (o dei stranieri)
come oggetto, il verbo non indica affatto un cono
scere puramente intellettuale, ma una relazione
con la divinit che interessa anche il comporta
<501

U T jd " CONOSCERE

mento pratico: conoscere Jahwe nel senso di


avere familiarit con , occuparsi di , rico
noscere .
Questo significato chiaro particolarmente in quei
passi nei quali jd 1esprime la precedente mancanza
di relazioni fra non israeliti e Jahwe (Es 5,2 J; Is
45,4s.; Ez 38,16; Dan 11,38) o fra israeliti e dei
stranieri (cosi nella formula altri dei che voi non
conoscete Deut 11,28; 13,3,7.14; 28,64; 29,25;
Ger 7,9; 19,4; 44,3; cfr. Deut 32,17; Os 13,4), la
mancanza di unesperienza religiosa (ISam 3,7;
cfr. Ger 4,22) o la poca familiarit con determinate
realt religiose (Gen 28,16 J; Giud 2,10; 13,16;
2Re 17,26; cfr. Ger 31,34), che si manifesta in un
comportamento inadeguato verso la divinit.
Positivamente conoscere Jahwe indica il giu
sto comportamento verso di lui (par. a j f te
mere IRe 8,43; Is 11,2; Sai 119,79; Prov 1,7; 2,5;
2Cron 6,33; bd servire lCron 28,9; 'mn hi.
credere Is 43,10; drs cercare Sai 9,11; hsq be
dipendere da Sai 91,14;
besm invocare
per nome Ger 10,25; Sai 79,6; cfr. inoltre Sai
36,11; 87,4; Giob 24,1 ; Prov 3,6), al contrario
non conoscere Jahwe indica lallontanarsi da
lui trasgredendo i suoi comandamenti (ISam
2,12s.; Giob 18,21).
In questo contesto va pure menzionato luso ca
ratteristico che viene fatto dellimperativo hi. di
jd 1 annunciare nellinno (Is 12,4-6; Sai 105,1-5
= lCron 16,8-12; cfr. Is 38,18s.; Sai 89,2; 145,10
12 assieme a verbi come jdh hi. lodare ringra
ziando , qr besm invocare il nome , zkr hi.
proclamare e sim. negli inviti alla lode degli
inni; cfr. al riguardo Gunkel-Begrich 33-40; H.Zirker, Die kultische Vergegenwartigung der Vergangenheit in den Psalmen, 1964, 7-21; F.Criisemann, Studien zur Formgeschichte von Hymnus
und Danklied in Israel, 1969, ad loc.).
Una funzione di primo piano viene attribuita ajd
con oggetto Jahwe oppure allespressione da'at
Calhlm!Jhwh) conoscenza (di Dio/di Jahwe) ,
soprattutto in Osea e in Geremia, come concetto
basilare della predicazione profetica. Questo capita
in invettive (Os 4,1.6; 5,4; 8,2; Ger 2,8; 4,22; 9,2.5;
cfr. Os 2,10), in annunci di salvezza (Os 2,22; Ger
31,34; cfr. Is 11,2.9; 33,6) e in altri generi letterari
(Os 6,3.6; 13,4; Ger 22,16; Mal 2,7; cfr. Is 28,9;
Dan 11,32), dove nello stesso campo semantico
sono caratteristici i termini paralleli tEmcetn atten
dibilit, fedelt (Os 4,1) e frcsced unione, soli
dariet (Os 4,1; 6,6), e i termini opposti psl be
ribellarsi a (Ger 2,8), rsl hi. attentare (Dan
11,32), e affermazioni sul giusto giudizio (Ger
22,16) o sullagire con violenza (Ger 9,2.5; Os 4,1;
8,2).
Sebbene nei passi indicati sopra compaia talvolta
nello stesso campo semantico il termine bent
alleanza (Ger 31,31-34; Os 2,18-22; 6,5-7; 8,1
3; Mal 2,4-8; Dan 11,32), e bench in questa pro
spettiva la conoscenza di Jahwe sia subordinata
alla relazione tra Jahwe ed Israele descritta con ca
tegorie nuziali (Os 2,22jd' par. a /s fidanzarsi ;
602

Os 5,4 jd* in frase negativa par. a rah zenitntm


spirito di fornicazione; cfr. anche Ger 9,ls.),
queste ricorrenze di jd e specialmente dellespres
sione d'at 'ajhim non vanno tuttavia spiegate
probabilmente in base al linguaggio usato nei trat
tati fra stati nel medio Oriente (H.B.Huffmon,
BASOR 181, 1966, 35-37), n in base a quanto av
viene nel matrimonio (E.Baumann, l.c., 111-125;
id., EvTh 15, 1955, 416-425; G.Fohrer, Studien
zur atl. Prophetie, 1967, 228 [n. 16].275; W.Eichrodt, Interpretation 15, 1961, 259-273 spec.
264), ma con il fatto che lespressione era gi un
termine tecnico fisso per designare la scienza pro
fessionale dei sacerdoti (Begrich, GesStud 258;
WolfT, GesStud 182-205; id., EvTh 15, 1955; 426
431; cfr. anche J.L.McICenzie, JBL 74, 1955, 22
27), tenendo presente che tale scienza, essendo
sempre in atto, rende possibile un comportamento
adeguato nei riguardi di Jahwe (cfr. in proposito il
termine opposto skh dimenticare Os 4,6; 13,4-6
e 2,15 in riferimento a 2,10).
Questo modo di intendere lespressione si fonda
specialmente su Ger 2,8; 28,9; Os 4,6; Mal 2,7, che
attribuiscono la da'al,fl?lhfm in modo particolare
al sacerdote; allo stesso modo in Num 24,16 con
dcTat 1ce/jn conoscenza dellAltissimo assieme
alla capacit di sentire parole di Dio e contemplare
visioni, e con influsso sapienziale in Es 31,3 P;
35,31 P; 1Re 7,14 (cfr. 2Cron 2,12) con da"al as
sieme a rah lhini spirito di Dio , hokm sa
pienza , tebn intelligenza , mel'k abilit
artistica e in Is 11,2; 53,11; cfr. Ger 3,15 (vd. al
riguardo B.Reicke, FS Rost 1967, 186-192;
W.II.Schmidt, KuD 15,1969,18-34) con da'at (Is
53,11) oppure mah dat wE
jir'at Jhwh spirito di
conoscenza e di timore di Jahwe assieme a rah
Jhwh spirito di Jahwe , rftah hokm ubfn spi
rito di verit e di intelligenza e rah <
^ gebr
spirito di consiglio e di forza , si intendono le
attitudini specifiche (divine) del veggente, delfartigiano e del futuro re messianico oppure del servo
sofferente di Jahwe,
Per quanto riguarda il contenuto della d'at 7hm sacerdotale, in confronto con la tor sacerdo
tale (Ger 18,18; Ez 7,26), si tratta non solo della
competenza professionale esoterica in cose rituali
(Begrich, Le., 232-258, spec. 251-258), ma anche
di realt di cui si doveva tener conto nellinsegna
mento ai laici (R.Rendtorff, Die Gesetze in der
Priesterschrift, 1954; cfr. Ez 22,26; 44,23; Mal 2,7).
In ogni caso nella d'at,a?lhfm, come intesa da
Osea (e Geremia), sono inclusi anche gli ordina
menti del diritto di Jahwe e le tradizioni storico
salvifiche di Israele (Wolff, GesStud 193-202).
Limportanza fondamentale della trasmissione di
una tale scienza su Jahwe mediante linsegna
mento, in quanto presupposto del retto comporta
mento verso Jahwe, indicata anche nei passi in
cui jd indica lammaestramento dei figli da parte
dei genitori (Deut 4,9; Gios 4,22; Sai 78,5s.) op
pure del popolo da parte di Mos (Es 18,16.20 E;
cfr. R.Knierim, ZAW 73,1961, 146-171), da parte
603

di Ezechiele (43,11) e da parte di Esdra e dei leviti


(Neem 8,12; cfr. Esd 7,25).
ls 11,9; 33,6; Ger 31,34 (cfr. Ger 24,7) affermano
che quando verr il tempo della salvezza tut
to il popolo possieder (interiormente) la d'at
>tIohfmyper cui un tale insegnamento sar super
fluo (Ger 31,34; cfr. S.Herrmann, Die prophetischen Heilserwartungen im AT, 1965, 179-185).
b) In stretta corrispondenza con luso del ni. e
dellhi. per indicare f autorivelazione di Jahwe sta
luso di jd nella formula di riconoscimento ,
con la quale si indica che le azioni con cui Jahwe
si rivela nella storia tendono a produrre nelluomo
una conoscenza (cfr, Zimmerli, l.c., 41-119;
R.Rendtorff, in: Offenbarung als Geschichte, 35
41; cfr. anche H.Haag, Was lehrt die literarische
Untersuchung des Ezechiel-Textes, 1943, 25-37).
La formula di riconoscimento pone insieme
come elemento costante la asserzione di ricono
scimento jd'' kf riconoscere che ( tu/voi/
essi riconosceranno che... ), preceduta di solito
dalfannunzio o dalla menzione di una determi
nata azione divina, con lindicazione, di forma va
riabile, del contenuto di ci che si deve ricono
scere. A questo proposito, accanto ad espressioni
libere sulla natura di Jahwe, che va riconosciuta
nella sua singolarit in base alle manifestazioni
storiche di Jahwe, si incontra soprattutto come
asserzione di riconoscimento vera e propria la
formula lani Jhwh io sono Jahwe (vd. sp.
IV /lb), talvolta ampliata ancora con laggiunta di
altre asserzioni.
Lasserzione di riconoscimento si fonda sugli
eventi che hanno carattere di segno, che non pos
sono essere circoscritti con maggiore esattezza, i
quali fanno prendere decisioni e chiariscono situa
zioni oscure (Zimmerli, l.c., 90-98; vd. sp. Ill/lb).
Questo chiaro particolarmente per quelle for
mule di riconoscimento che compaiono spesso,
nellambito della tradizione dellesodo e specialmente nei racconti delle piaghe (in J si hanno as
serzioni di riconoscimento propriamente dette ac
canto ad espressioni pi libere: Es 7,17; 8,6.18;
9,14.29; 10,2; 11,7; in P prevalgono le asserzioni di
riconoscimento vere e proprie: Es 6,7; 7,5; 14,4.18;
16,6.12; 29,46; 31,13; Lev 23,43; Num 14,34). An
che nel Deut si pu ancora riconoscere ampia
mente questa relazione con la tradizione
delfesodo (Deut 4,35.39; 7,9; 11,2; 29,5; cfr. anche
Deut 9,3.6). Per il resto sono caratteristici per il
Deut e la tradizione dtr. luso parenetico della for
mula e lespressione riconoscere che Jahwe
Dio (IRe 8,60; 18,37; 2Re 19,19; cfr. Is 37,20; Sai
46,11; 100,3; 2Cron 6,33; 33,13).
La formula di riconoscimento ricorre altrove so
prattutto nei profeti, dove si riferisce ad eventi im
minenti ed lultima parte del genere letterario
che, proprio per la presenza della formula di rico
noscimento, viene denominato parola di dimo
strazione (Zimmerli, l.c., 120-132): cosi in IRe
20,13.28, dove collegata con la promessa di vitj d 1 CONOSCERE

604

tona nellambito della tradizione della guerra di


Jahwe, e particolarmente in Ezechiele (Ez 5,13;
6,7.10.13.14; 7,4.9.27 ecc., in totale 78 casi, dove
si ha in genere una formula di riconoscimento
vera e propria, mentre in 8 casi jd t viene adoperato
al di fuori di tale formula), soprattutto assieme ad
annunci di giudizio contro il proprio popolo, ma
anche in espressioni che vanno al di l di tale giu
dizio, come Ez 37,13; 39,28.
Oltre a presentare questo legame tra formula di ri
conoscimento e annuncio di giudizio, che s ri
scontra anche altrove fra i profeti (Ger 16,21; Mal
2,4; cfr. anche Is 41,23.26), il Deuteroisaia usa la
formula neiroracolo di salvezza proferito dal sa
cerdote (Is 41,20; 45,3.6; 49,23.26; cfr. Is 60,16;
Gioe 2,27; 4,17; vd. J.Begrich, Studien zu Deuterojesaja, 1938, 217-231; Zimmerli, l.c., 69-71.
81s.97), cfr. a questo proposito anche Sai 20,7;
41,12; 56,10; 135,5; 140,12 e inoltre Gios 22,31;
Giud 17,13; 2Sam 5,12 = lCron 14,2; 2Re 5,15;
Neem 6,16.
Anche i non israeliti possono conoscere Jahwe, e
ci ammesso fin dallinizio (nella tradizione
dellesodo il faraone e lEgitto, cfr. anche Is 19,21;
45,3s.; Ez 25,7.11.17 ecc.; Dan 4,22s.29; 5,21).
Tutti i popoli della terra hanno la possibilit di ri
conoscere Jahwe dal suo agire: questa estensione
universale si trova in Ezechiele (21,10, cfr. v. 4),
nel Deuteroisaia (43,10; 45,6; 49,26) e anche in
ISam 17,46s.; IRe 8,43.60; 2Re 19,19 = Is 37,20;
Sai 83,19 (cfr. Sai 9,21; 59,14); Dan 4,14.
Nel lambito della teologia dtr. della storia (cfr.
von Rad, GesStud 189-204) il riconoscimento ha
come oggetto anche la verit della parola di
Jaljwe, che si rende manifesta nel suo realizzarsi
nella storia (Gios 23,14; 2Re 10,10; Ger 32,8;
44,28s.; Ez 6,10; 17,21; 37,14). Soprattutto dove fa
sentire la sua influenza il criterio dtn. della vera
profezia (Deut 18,21s.; cfr. Ger 28,9), la formula
di riconoscimento, in quanto esprime la legitti
mit del profeta mandato da Jahwe, sta in stretta
relazione con questa sua funzione di attestare la
verit della parola di Jahwe (ISam 3,20; IRe
18,36s.; Ez 2,5; 33,33; Zac 2,13.15; 4,9; 6,15;
11,11; cfr. Num 16,28 J; IRe 17,24; 2Re 4,9; 5,8;
inoltre Giud 13,21; vd. K.Marti, FS Wellhausen
1914, 281-297; Zimmerli, l.c., 76-78.110).
c) Limportanza notevole che nella sapienza egi
ziana viene data alla conoscenza e al sapere
(S.Morenz, g. Religion, 1960, 128-132), trova
corrispondenza nei testi sapienziali israeliti
nelPimportanza attribuita alla radice jd
(U.Skladny, Die ltesten Spruchsammlungen in
Israel, 1962, spec. 10s.32-36.60; J.Corurad, ZAW
79, 1967, 67-76, spec. 71).
Nella sapienza di Ani (IX, 14) il discepolo manifesta al
maestro il seguente desiderio: Ah se fossi cosi (come
te), essendo sapiente (rfi) come te, allora metterei in pra
tica i tuoi insegnamenti (A. Volten, Studien zum Weisheitsbuch des Anii, 1937, 137J39), e Amenemope
(XXV II,7-10) raccomanda alla fine la sua dottrina a

605

ITP j d 4 CONOSCERE

questa maniera: Considera bene in te stesso questi


trenta capitoli; essi rallegrano e ammaestrano, essi sono
il primo di tutti i libri, essi rendono sapiente (rfjJ colui
che non sa (hm)y> (H.O.Lange, Das Weisheitsbuch des
Amenemope^ 1925, 134s.).

Analogamente, il sapiente (hkm) nella lettera


tura sapienziale di Israele viene chiamato colui
che sa, che comprende (jda Giob 34,2; Eccle
9,11; cfr. jda4Deut 1,13.15; 'is-d^at uomo di
intelligenza Prov 24,5\jdai dlat che pos
siede intelligenza Prov 17,27; Dan 1,4). Egli
capisce la sapienza (jd 4 hokm Eccle 1,17;
7,12.25) oppure lintelligenza (jd* bina Is
29,24; Giob 38,4; Prov 4,1; Dan 2,21; lCron 12,33;
2Cron 1,12,12; bn d'at Prov 19,25; 29,7; cfr. Dan
1,4), le sue parole sono parole giudiziose (V/wr-dlat Giob 33,3 txt em; Prov 19,27; 23,12), le
sue labbra sono giudiziose (sft-d^at Prov
14,7; 20,15; cfr. Prov 5,2; 10,14; 12,23; 15,2.7). A
lui vengono generalmente attribuiti intelligenza,
giudizio, conoscenza (Is 44,25; Giob 36,4; Prov
8,9; 11,9; 14,18; cfr. Giob 13,2; 15,9), mentre lo
stolto o il malvagio odia la da'at (su' Prov
1,22.29) e parla ed agisce senza intelligenza, giu
dizio, conoscenza (bel-dat Giob 35,16; 38,2;
42,3; bel-da l Prov 19,2; cfr. Giob 34,35), oppure
manifesta un sapere di vento (d'at-r^h Giob
15,2). '

Cosi d"at intelligenza, giudizio, conoscenza ,


assieme a mezimm riflessione (Prov 1,4;
2,10s.; 5,2; 8,12), 6orm accortezza (Prov 1,4;
8,12), tebm intelligenza (Prov 2,6.10s.; 17,27;
24,3s.; cfr. Es 31,3 P; 35,31 P; IRe 7,14; Is 44,19;
bina Prov 9,10; cfr. inoltre skl hi. avere intellir
genza Giob 34,35; Dan 1,4) e in parallelo con
hokm sapienza (Prov 2,6.10s.; 14,6; 24,3s.;
Eccle 1,18; 2,21.26; 9,10; cfr. Es 31,3 P; 35,31 P;
IRe 7,14; Is 47,10), forma la caratteristica di ci
che costituisce la natura della sapienza.
La d'at sapienziale pu essere cercata (bqs pi.
Prov 15,14; 18,15; cfr. Eccle 7,25); essa viene
trovata (m f Prov 8,9) opp. acquistata (qrth
Prov 18,15) accettando l insegnamento (Imd
pi. Giob 21,22; Prov 30,3; Eccle 12,19; cfr. musar
educazione Prov 8,10; 12,1; skl hi. istruire
Prov 21,11), e specialmente con Pascoltare
(sm4 Prov 18,15; 22,17).
La teologizzazione della sapienza, che si esprime qua
lificandola come ddat qedsTm conoscenza di ci
che santo (Prov 9,10; 30,3; cfr. H.S.Gehman, VT 4, 1954, 340), si manifesta soprattutto
nel fatto che linizio della conoscenza sapienziale
pu essere indicato con jir'at Jhwh timore di
Jahwe (Prov 1,7; 9,10; cfr. Prov 1,29). La sa
pienza spetta soprattutto a Jahwe, che viene detto
temim d'Tm perfetto in sapienza (Giob 37,16,;
cfr. a questo proposito anche Giob 21,22 e allop
posto Giob 22,13; cfr. lo stesso epiteto attribuito
ad Eliu in quanto ammaestrato da Jahwe Giob
36,3s.; cfr. Eccle 2,26) e che nella creazione ha
manifestato hokm, tebm e d'at come sue pro
priet (Prov 3,19s., non: ipostasi, G.Pfeifer, Ur606

sprung und Wesen der Hypostasenvorstellungen


im Judentum, 1967, 26). A differenza degli ani
mali e degli uomini (Giob 28,7.13), egli qonosce il
luogo della sapienza, intesa come una realt auto
noma (Giob 28,23; cfr. Pfeifer, l.c.>24). Mentre
la sapienza che conosce anzitutto lazione di Dio
che si manifesta nelle opere della creazione (Sai
92,7; Giob 37,7), Giobbe (Giob 38,18; 42,3; cfr.
11,8; 36,26; 37,5) e lo scetticismo dellEcclesiaste
(Eccle 9,12; 11,5; cfr. Prov 30,18) si rendono in
vece conto in questo campo dei limiti della loro
conoscenza.
V/ Per il giudaismo e il NT cfr. R.Bultmann,
art. y ^ <jxg>, ThW 1,688-719 (= GLNT 11,461
542); in modo speciale sul giudaismo intertestamentario: B.Reicke, in: Neotestamentica et Semi
tica, 1969, 245-255; per i testi di Qumran:
K.G.Kuhn, ZThK 47, 1950, 192-211, spec. 203
205; 49, 1952, 296-316, spec. 306s.; F.Ntscher,
Zur theologischen Terminologie der QumranTexte, 1956, 15-79; S.Wagner, FS Bardtke 1968,
232-252; su Paolo: E.Paicker, Tvcoaic; OeoS. Untersuchungen zur Bedeutung eines religisen
Begriffs beim Apostel Paulus und bei seiner Umwelt, 1937; J.Dupont, Gnosis. La connaissanceireligieuse dans les ptres de saint Paul, i960; sugli
scritti giovannei: E.Viau, La Vie Spirituelle 77,
1947, 324-333; M -E.Boismard, RB 56,1949, 365
391.
W.Schottroff

m m

Jhwh J A H W E

1/ a) Il nome vtrt. di Dio ricorre nellAT pre


valentemente nella forma completa del tetragramma Jhwh (la forma sempre completa nelle
attestazioni preesiliche extrabibliche: iscrizione di
Mesa, KAI nr, 181, r. 18 e presi di l le suppel
lettili (?) di Jahwe e le trascinai davanti a Kemos, del 9' sec.; cocci di Teli Arad, fine del T
sec.; cocci di Lachis, 2,2.5; 3,3.9; 4,1; 5,1.8; 6,1.12;
9,1 [KAI nr. 192-197] in formule di augurio e in
giuramenti, immediatamente prima del 587 a.C );
pi raramente ricorre in forme ridotte indipen
denti o strettamente legate ad altri termini, e si ha
allora Jhw (forma normale nei papiri di Elefantina
del 5' sec., cfr. Cowley 290 e Kraeling, BMAP
306a; una volta in Cowley nr. 13, r. 14, e su di un
coccio [A.Dupont-Sommer, Sem 2, 1949,31.34, r.
3.7] Jhh\ BMAP nr. 1, r. 2: Jh) e Jh/J (Es 15,2
e in parti pi recenti del libro di Isaia e in salmi
pi recenti; Es 17,2 e Sai 68,5.19 presentano dif
ficolt testuali, cfr. Noth, ATD 5,115; Kraus, BK
XV,466s.; per Cant 8,6 cfr, Gerleman, BK XVIII >
217). Nei nomi propri contenenti Jahwe si hanno
J eh-/J- (per dissimilazione J-) opp. -jhl-j
(Noth, IP 103-107; sui cocci di Samaria e su alcuni
sigilli anche -Jw = -jawt cfr. KAI II, 183). Data la
natura delle fonti e per motivi di verosimiglianza
filologica si deve dare la priorit alla forma piena
607

(Noth, IP 101s.; G.Fohrer, Geschichte der isr. Re


ligi on, 1969, 63s.; R. de Vaux, FS Davies 1970,
49-51).
In base a considerazioni filologiche e alle trascri
zioni in greco che si trovano nei padri della
Chiesa, si stabilito che la pronuncia originaria
del tetragramma fosse Jahwc (O.Eissfeldt, RGG
III, 515s. con bibliogr.; Fohrer, l.c., 63 con bi
bliogr.; diversamente W.Vischer, Eher Jahwo als
Jahwe, ThZ 16, 1960, 259-267). Il qere perpetuo
trasmessoci dai masoreti njrp (letto erronea
mente J ehw nel Medioevo/opp. rnrr si fonda
sulfunione delle consonanti Jhwh con le vocali
della parola 'drij Signore (dn)^ che nel
periodo postesilico aveva sostituito il nome di
vino, oppure, quando Jhwh unito ad adnj, con
le vocali di /him Dio (GB 290s.; KBL 368;
Zorell 298s.; la trascrizione pi recente n w in
BH1si fonda sulla lettura aram. sem il Nome ,
cfr. Meyer 1,81; diversamente P.Katz, ThZ 4,
1948, 467-469).
b) Non si pu dare unetimologia sicura del nome
di Dio. Nei vari manuali vengono elencati i mol
teplici tentativi di derivazione e di spiegazione,
con abbondanti indicazioni bibliografiche p.e. in
Fohrer, l.c., 64s.; de Vaux, l.c.,56-63.
Comunque vada risolta la questione etimologica,
cl si deve chiedere se e in quale misura la fede in
Jahwe abbia avuto coscienza di un significato par
ticolare del nome, sia che si trattasse di un signi
ficato originario, risalente ad un ambiente pre
israelitico, sia che tale significato avesse ricevuto
in Israele delle spiegazioni secondarie. Pertanto
eventuali deduzioni sulla natura originaria di
Jahwe, basate sul significato del termine, sono va
lide solo fino a un certo punto. Solo nel celebre
passo di Es 3,14 (hjh 4c) si utilizza una spiega
zione etimologica dei nome Jahwe con un'ese
gesi relativamene complessa; tale spiegazione, an
che nel caso che si avvicini abbastanza alletimo
logia giusta , potrebbe essere stata normativa
solo per un determinato gruppo airinterno di
Israele (cfr. von Rad I,193s.; W.H.Schmidt, Atl.
Glaube und seine Umwelt, 1968, 57-61; de Vaux,
l.c., 63-75).
La spiegazione sostenuta da L.Khler, Jod als
hebr. Nominalprafix, WdO 1/5, 1950, 404s., se
condo la quale il nome Jahwe una forma nomi
nale, si contrappone a quella che vede in Jahwe un
imperfetto di un verbo, ossia la forma che pi
comune nei nomi propri semitici. Etimologie pre
cedenti basate su radici arabe e su particolari con
cezioni storico-religiose vedevano nel termine il
senso di colui che soffia , colui che scaglia
fulmini, colui che strepita nella tempesta,
colui che fa piovere ecc. (cfr Kohler, Theol.
24s,; KBL 368$.). Pi che una forma derivante
dalFarabo, nelFambiente sinaitico del 2 millennio
si ha pi probabilmente una forma antica del
semNO., che induce a vedere nellebr. hjh e
nellaram. hwh un verbo dal significato di essere,
diventare, mostrarsi, operare o sim. Poich non
rTVr Jhwh JA H W E

608

sembra attestato un hi. causativo di questo verbo,


che condurrebbe alletimologia il creatore, colui
che conserva nell1esistenza , praticamente resta
da prendere in esame solo il qal egli , egli si mo
stra efficace (la vocale del prefisso non fa diffi
colt, poichji- dellebr./aram. pi recente risale a
ja-\cfr. Meyer 11,99). Perci letimologia del nome
di Jahwe oggi ritenuta di gran lunga pi probabile
si accosta molto alla spiegazione di Es 3,14 (cfr.
W. von Soden, WdO 01/3, 1966, 177-187;
Schmidt, l.c., 59-61; Fohrer, l.c., 65; S.Herrmann,
Israels Aufenthalt in gypten, 1970, 76-80);
molto importante allora interpretare giustamente
il significato di -hjh, che va liberato da una con
cezione statica (cfr. LXX in Es 3,14 6 covi per
passare ad indicare maggiormente unattivit di
namica.
2/ Quante volte ricorre nelPAT il nome Jahwe?
U dato pi preciso si trova in F.Brown - S.R.Dri
ver - Ch.A.Briggs, A Hebrew and English Lexi
con of th Old Testament, 1906, 217: 6823x, nu
mero che ripreso da L.Khler, Atl. Wortforschung, 1930, 3 (id,, Theol. 23: pi di 6700
volte; KBL 368a: circa 6823x , dove tuttavia
i dati relativi ai singoli libri [tratti da P. Vetter,
ThQ 85, 1903, 12-47] risultano inferiori, poich si
riferiscono solo a Jhwh quando sta da solo, e non
ad addnj Jhwh ecc.; strano anche il dato di
G.Quell, ThW HI,1065 = GLNT V,1413: 5321x).
Un conteggio e un confronto attento dei passi ci
tati in Mand. (p. 91 -96.982s. 1416-33.1534a.l541s.
con numerose interferenze) e in Lis. (p. 1612-19)
d il totale di 6828 ricorrenze (in Mand. mancano
Is 60,20 [p. 1424a] e Agg 2,17 [p. 1426a e 1542aJ;
in Sai 68,27 il textus receptus ha adnj, BIT
Jhwh). In Lis. mancano Giud 7,2; ISam 20,22;
2Sam 15,21; Mal 3,23 (jdm Jhwh), e non si indica
la ricorrenza doppia in 2Sam 5,19; Es 20,3 e quella
tripla in Ger 7,4.
Le liste dei passi in Vetter, l.c., 15-47, specialmente per
ISam-Ez, Sai, l/2Cron, contengono molte omissioni,
doppie indicazioni e somme enrate, dovute ad inavver
tenza; per Gen-Giud e i profeti minori si deve aggiun
gere Lev 8,9; Deut 2,37; Gios 6,24; 13,8; Am 5,15.27; Mi
4,5; Sof 1,17; Agg 1,13; Zac 8,14 e si deve cancellare Es
23,17 una volta, Mal 1,12 del tutto. Le cifre per i singoli
libri sono:
165
398
311
396
550

Gen
Es
Lev
Num
Deut

Pentateuco 1820
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
(Is 1-39
(Is 40-55
(Is 56-66

609

224
175
320
153
257
277
241)
126)
83)

s
Ger
Ez
Os
Gioe
Am
Abd
Giona
Mi
Nah
Ab
Sof
Agg
Zac
Mal

450
726
434
46
33
81
7
26
40
13
13
34
35
133
46

Profeti

3523

m n 1 Jhwh JA H W E

Sai
Giob
Prov
Rut
Cant
Eccle
Lam
Est
Dan
Esd
Neem
lCron
2Cron
Ketubim

695
32
87
18

8
37
17
175
384
1485

AT totale

6828

32

La forma ridotta Jh viene indicata 50x in Lis. (Es


15,2; 17,16; Ls 12,2; 26,4; 38,11.11; Cant 8,6 sulhcebcetj e 43x in Sai, di cui 27x con hll pi., 24x halel{-) Jh alleluia , scritto con una o due parole
con o senza maqqef).
3/ La questione delforigine del nome del Dio di
Mos legata strettamente ai problemi che ri
guardano gli addentellati storici della fede in
Jahwe e che qui non possiamo approfondire (cfr.
al riguardo le teologie dellAT e le storie della re
ligione di Israele). Le tradizioni vtrt, (eccetto Gen
4,26 J; cfr. F.Horst, Die Notiz vom Anfang des
Jahwekultes in Gen 4,26, FS Delekat 1957,68-74)
collegano il nome di Jahwe col Sinai e con Mos
nellambiente dei madianiti; questo conferisce una
certa importanza all'ipotesi madianita-kenita (che
in realt non si pu provare con certezza, ma che
pu essere abbastanza verosimile), secondo la
quale le trib israelite avrebbero ricevuto in qual
che maniera la fede in Jahwe dai madianiti o dai
keniti (W.Vischer, Jahwe, der Gott Kains, 1929;
K.H.Bemhardt, Gott und Bild, 1956, 116ss.;
A.H.J.Gunneweg, Mose in Midian, ZThK 61,
1964, 1-9; KHeyde, Kain, dererste Jahwe-Verehrer, 1965; M.Weippert, Die Landnahme der isr.
Stmme in der neueren wissenschaftlichen
Diskussion, 1967, 105s.; W.H.Schmidt, l.c., 61
68).
Non c tuttavia sinora una prova sicura che il
nome di Jahwe fosse usato al di fuori di Israele e
prima di Mos (cfr. de Vaux, l.c., 52-56). Non si
pu ancora valutare con sicurezza limportanza
che ha per il nostro problema la designazione di
alcuni beduini della penisola del Sinai come
Sasu del/di Jahwe , che si trovata di recente
in fonti egiziane (S.Herrmann, Der atl. Gottesname, EvTh 26, 1966, 281-293; id., Israels
Aufenthalt in gypten, 1970, 42: Purtroppo
ancora troppo poco chiaro se questo nome
11Jahwe apparentemente testimoniato in fonti
egiziane, abbia qualcosa da fare con lo Jahwe ve
terotestamentario; tuttavia, anche se con molta
cautela, si dovrebbe poter parlare di uninteres
sante formazione di un nome, che potrebbe aver
contribuito anche al sorgere del nome di Dio,
Jahwe; M.Weippert, l.c., 106).
A prescindere da questi testi egiziani, finora non
si ancora trovato il nome di Jahwe, da solo o in
nomi propri, in nessun ambiente che non sia le
gato in qualche maniera alla fede israelitica in
Jahwe (cfr. anche i vecchi lavori di G.R.Driver,
ZAW 46, 1928, 7-25; A.Murtonen, The Appearance of th Name YlfW H outside Israel, 1951 ). Si
devono escludere i nomi antico-babilonesi con
lelemento j'u(m), che gi da lungo tempo stato
riconosciuto come possessivo indipendente
mio; nei nomi provenienti da Mari (18 sec.
a.C.), che sono in parte di derivazione semiticooccidentale, lelemento Jawi-/Jahwi- pu derivare
senzaltro dalla stessa radice del nome divino
Jahwe, tuttavia p.e. Ja-af}~wi-AN non significa
610

Jahwe Dio , ma probabilmente Dio (W.


von Soden, WdO III/3, 1966, 177-187; pi cauto
Huffmon 70-73). Anche il dio ugaritico Yw, figlio
del dio El, non va identificato con Jahwe (J.Gray,
JNES 12, 1953, 278-285; id., Legacy 180-184;
H.Gese - M.Hfner - K.Rudolph, Die Religionen
Altsyriens, Altarabiens und der Mander, 1970,
55s.).
4/ Nellambito di questo dizionario possiamo
dare solo pochi accenni sulla storia delluso del
nome di Jahwe e sullimportanza del nome divino
per la fede dIsraele. Sono le teologie dellAT che
devono stabilire quale funzione ha il nome (sm)
per la rivelazione di Dio ( - an l) e per la relazione
personale tra Dio e il suo popolo (cfr. tra gli altri
von Rad, 1,193-200; panoramica sulla tematica
con indicazioni bibliografiche in H.D.Preuss, Jahweglaube und Zukunftserwartung, 1968, 14-28;
da un punto di vista pi divulgativo oppure sistematico-teologico p.e. H.W.WolfF, Wegweisung,
1965, 59-71; RMildenberger, Gottes Tat im Wort,
1964, 137-140).
Per luso del nome divino nei vari testi bisogna
anzitutto distinguere dagli altri usi linvocazione
al vocativo, che si ha nella preghiera. Linvoca
zione s trova circa 380x, e non di rado viene ri
petuta alPintemo di una preghiera o di un salmo,
pi frequentemente nei corrispondenti generi let
terari del salterio (circa 210x) e per il resto in mi
sura ineguale, proporzionalmente alla frequenza
delle preghiere e alluso del nome divino nei sin
goli libri; tale invocazione manca p.e. nei testi le
gislativi e sapienziali, e in larga misura anche nei
profeti (Gen 15,2.8; 24,12.42; 32,10; 49,18; Es
5,22; 15,6.6.11.16.17; 32,11; Num 10,35.36;
14,14.14; Deut 3,24; 9,26; 21,8; 26,10; 33,7.11;
Gios 7,7; Giud 5.4.31; 6,22; 16,28; 21,3; ISam
1,11; 3,9; 23,10.11; 2Sam 7,18.19.19.20.22.24.25.
27.28.29; 15,31; 22,29.50; 24,10; Re 3,7; 8,23.25.
28.53; 17,20.21; 18,36.37.37; 19,4; 2Re 6,17.20;
19,15.16.16.17.19.19; 20,3; Is 12,1; 26,8.11.12.13.
15.16.17; 33,2; 37,16.17.17.18.20.20; 38,3.20; 63,
16.17; 64,7.8.Ih Ger 1,6; 4,10; 53; 10,23.24; 11,5;
12,1.3; 14,7.9.13.20.22; 15,15.16; 16,19; 17,13.14;
18,19.23; 20,7; 32,17.25; 51,62; E z4,14; 9,8; 11,13;
21,5; Os 9,14; Gioe 1,19; 2,17; 4,11; Am 7,2.5;
Giona 1,14.14; 2,7; 4,2.3; Ab 1,2.12.12; 3,2.2.8;
Zac 1,12; Sai 3,2.4.8 ecc.; Lam 1,9.11.20; 2,20;
3,55.59.61.64; 5,1.19.21; Dan 9,8; Esd 9,15; Neem
1.5; 9,6.7; lCron 17.16.17 19 20 22.23.26.27;
21,17; 29,10.11.16.18; 2Cron 1,9; 6J4.16.17.19.
41.42; 14,10.10.10; 20,6\-'"hah).
Luso del nome di Jahwe nelle diverse espressioni
(in circa un terzo delle ricorrenze Jhwh il se
condo membro di unespressione in stato co
strutto; afybert, dabr ecc.) viene trattato
nelle altre voci del presente dizionario, a seconda
dellimportanza che assume nella formula stessa o
per il suo contenuto, e perci non pu essere espo
sto qui nei dettagli (mr, br\ brk ecc.).
611

Lo stesso vale per i nomi divini uniti a Jhwh


e che erano in origine degli appellativi (- dn.-!['celjn]ycelhm, sb't [~sb'], -saddaj)y e per i molteplici epiteti di Jahwe, dallar
caico z&-SJnaj quello del Sinai(?) (Giud 5,5;
Sai 68,9; bibliografa in W.Richter, Traditionsgeschichtliche Untersuchungen zum Richterbuch,
21966, 69 n. 35) fino a D io del cielo
(-smqjim), usato prevalentemente in epoca po
steriore, e alla circonlocuzione allusiva da
un altro luogo (hr 3) di Est 4,14 ('ab, b'al,
mc/cek ecc.).
Sulluso del nome divino nei nomi propri teofori cfr.
Noth, IP 101-114; esso compare con Giosu e raggiunge
il suo punto culminante nel periodo dei re, mentre passa
in secondordine nel 7' sec., quando cio compaiono
nuovamente nomi con #/.

5/ Nel giudaismo postesilico il nome divino


Jhwh per vari motivi e in misura differente nei di
versi ambienti diventa sempre meno frequente,
finch nel giudaismo tardivo scompare del tutto e
viene sostituito da adnj e da >o>pio<; (dn
IY/5). Poich si era sviluppata la fede monotei
stica, era venuta meno la funzione originaria del
nome, la quale aveva il compito di distinguere il
suo detentore dalle potenze dellambiente politei
stico circostante (cfr. p.e. Mi 4,5 poich tutti i
popoli camminano ciascuno nel nome del suo dio,
noi invece camminiamo nel nome di Jahwe no
stro Dio, per tutta retemit); non era venuta
meno invece laltra funzione del nome, collegata
alla precedente o percepita con altri mezzi lin
guistici nel giudaismo e nel cristianesimo pri
mitivo, quella cio di esprimere che Dio si rive
la agli uomini in un rapporto personale (p.e.
Giov 17,6 ho manifestato il tuo nome agli uomi
ni , cfr. v. 26).
E Jenni

D1 j m GIORNO
1/ 11 sost. *jawm- giorno del semitico co
mune (Bergstr. Einf. 185; P.Fronzaroli, AANLR
VIII/20, 1965, 140s.l47) (come il suo opposto
*!ajlaj-[at\- notte) attestato frequentemente in
tutta larea linguistica (acc. umu, anche tempe
sta , cfr. G R.Driver, JSS 13,1968,46; ug,: WUS
nr. 1171; UT nr, 1100; iscrizioni semNO.: DISO
107s.; et. solojm oggi , altrimenti si usa modali
per giorno ).
Oltre alFebr. (e aram. bibl.) jm giorno (per le
forme cfr. BL 618s.; Meyer 11,83) esiste anche
lavverbio jmm di giorno, durante il giorno
(BL 529; Meyer 11,39).
2/ La statistica delle ricorrenze di questo so
stantivo, che il quinto in ordine di frequenza
nellAT, fornisce il quadro seguente (che si di
UV j m GIORNO

612

stacca fortemente da KBL 372a e 374a e include


Is 54,9 kJm BHJ, mentre BBS ha kl-m):
sing.
Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
ls
Ger
Ez.
Os
Goe
Am
Abd
Giona
Mi
Nah
Ab
Sof
Agg
Zac
Mal
Sai
Giob
Prov
Rut
Cant
Eccle
Lam
Est
Dan
Esd
Neem
lCron
2Cron
AT ebr.
aram.
Dan
Esd
toL

83
80
68
85
109
55
43
108
59
48
31
94
79
78
15
9
15
12
2
8
3
1
20
8
32
6
75
20
25
7
5
7
13
35
7
12
40
21
34
1452
2
3
5

duale

2
-

plur.
69
33
45
34
58
23
32
42
16
52
48
27
58
30
12
4
7

totale jmm

19
6
18
16
9
20
20
41
847

152
115
113
121
167
78
75
150
75
100
79
121
137
108
28
13
22
12
4
14
4
2
21
8
40
8
1L5
59
32
8
5
26
19
53
23
21
60
41
75
2304

9
2
11

11
5
16

2
6
1
1
1
-

8
2
40
39
7
1

4
1
3
2
1
1
1
1

6
7
4

10
2

1
-

4
1
1
51

3/ Nonostante alcune interferenze, meglio


considerare separatamente luso del singolare (3ae) e del plurale (3f-l) di jm/jmlm. Come per gli
altri termini che indicano tempo {/, lm),
gli usi avverbiali hanno unimportanza molto pi
grande delle espressioni con jm come soggetto o
come oggetto.
a) 11 significato primario di jm giorno
(dallalba al tramonto) , distinto da Jjl(ljil, /l)
notte (233x, inoltre 5x aram. litl\ej\ Sai
28x, Gen 25x, Es e ls 18x ciascuno, Giob 17x);
perci frequente lunione e la contrapposizione tra
giorno e notte , specialmente in senso av
verbiale di giomo/di notte (p.e. Gen 1,14.18;
8,22; 31,39.40; Es 10,13; 13,21; Is 28,19; 38,12.13;
Ger 36,30, Am 5,8; Sai 19,3; 22,3; 32,4; 88,2;

613

o r j m GIORNO

136,8s.; Giob 3,3-7; Eccle 8,16 ecc. con jmnr, an


che in ordine inverso: Deut 28,66; ISam 25,16;
IRe 8,29 [cfr. il parallelo 2Cron 6,20]; Is 27,3;
34,10; Ger 14,17; Giob 17,12; Est 4,16; Neem
4,16).
Un altro campo semantico formato dai termini
che indicano le varie parti della giornata. I voca
boli pi importanti sono: bqcer mattino (214x,
di cui Es 36x; Gen 19x, ISam e Sai 18x, Num 12x;
cfr. J.Ziegler, Die Hilfe Gottes am Morgen , FS
Ntscher 1950, 281-288; L.Delekat, VT 14, 1964,
7-9), Lcerceb sera (134x, di cui Lev 33x, Gen,
Es e Num 13x ciascuno; per ben ha'arbjim al
crepuscolo (della sera) di Es 12,6 e altre lOx in
P cfr. BL 518) e $ohrjim mezzogiorno (23x;
cfr. P.Fronzarol, AANLR VIII/19, 1964,
170.257.271.278). Per shar aurora scmccs.
Per il resto le affermazioni con jm riferentesi alle sin
gole parti o al corso della giornata sono relativamente
rare. Vanno ricordate: reb sH hajjm per un quarto
della giornata (Neem 9,3; non c ancora nelIAT una
suddivisione della giornata in ore, cfr. de Vaux 1,278; la
notte viene suddivisa in tre veglie notturne [almur
smr], cfr. spec. Es 14,24; Giud 7,19; ISam 11,11 Va*/
nekn hajjm fino a giorno pieno (Prov 4,18), mahas7t
hajjm met della giornata = mezzogiorno (Neem
8,3), hm hajjm ora calda del giorno (Gen 18,1;
ISam 11,11; 2Sam 4,5), rnh hajjm brezza del giorno
= brezza pomeridiana di ponente (Gen 3,8; cfr. Cant
2,17 = 4,6 quando spira il giorno, e Gerleman, BK
XV111J28), bejm r alla luce del giorno (Am 8,9),
bed hajjm mentre era ancora giorno (2Sam 3,35),
"odhqjjm gdl ancora giorno alto (Gen 29,7), b* *a>rceb jm al declinare del giorno (Prov 7,9), e i di
versi verbi col significato di abbassarsi per indicare lo
scomparire del giorno: nfh/rph/hnh (Giud 19,8s.), jrd
(Giud 19,11 txt en\\pnh (Ger 6,4; cfr. anche "br andar
sene Sof 2,2 txt?).

b) Come avviene nella maggior parte delle lingue,


questo significato primario si amplia in quello di
giorno (di 24 ore), nel senso dellunit astrono
mica o dei calendario (sulla possibilit in altre lin
gue di ricavare questo significato dal termine che
designa la notte , cfr. Fronzaroli, l.c., 141, in ri
ferimento a G.Devoto, Origini indoeuropee, 1962,
216s.). Diversamente dal sir. non si distingue dal
lato terminologico tra il giorno come parte lumi
nosa della giornata (sir. fmmd) e il giorno come
unit del calendario (sir. jawrn), anche se si av
verte sempre la differenza semantica. Cos p.e. nel
racconto sacerdotale della creazione alla narra
zione pi antica con la sua distinzione tra
<( giorno e notte (Gen l,5a Dio chiam la
luce giorno , alla descrizione provvisoria me
diante -=-9r luce si sostituisce la designazione
normale; inoltre v. 14.16.18) si sovrappone lo
schema pi recente dei sette giorni, ossia della set
timana (l,5b.8.13.19.23.31; 2,2.2.3).
Sulla questione dellinizio della giornata (in test poste
silici chiari come Es 12,18; Lev 23,32 ecc. il giorno dura
dalla sera fino alla sera successiva; in Dan 8,14 per dire
giorno si usa la perifrasi "cerceb bqcvr sera-matti -

614

no ) cfr. W.H.Schmidt, Die Schopfungsgeschichte der


Priesterschrift, '1967, 68; H.R.Stroes, VT 16,1966, 460
475 (diversamente de Vaux 1,275-277).

Altre enumerazioni di giorni si trovano in Num


7,12-78 (1M2 giorno) e 29,17-35 (2#-8" giorno).
Complessivamente jdm unito circa 150x ad un
numero ordinale. Limportanza che ha la setti
mana (ebr. sabat settimo, settimana , 20x) per
il calendario e le feste di Israele spiega perch
molto spesso si parli del settimo giorno (circa
50x, per lo pi in testi legislativi: Gen 2,2.23; Es
12,15.16; 13,6; 16,26,27.29.30; 20,10.11; 23,12;
24,16; 31,15.17; 34,21; 35,2; Lev 13,5 ecc.; fuori
del Pentateuco Gios 6,4.15; Giud 14,17.18; 2Sam
12,18; IRe 20,29; Est 1,10; n relazione ad esso an
che il sesto giorno Es 16,5.22.29 e lottavo
giorno 16x); seguono con frequenza descrescente il terzo giorno (32x), il primo giorno
(13x), il secondo giorno (12x); sono molto rari
il quarto giorno (Giud 14,15 txt em; 19,5; Esd
8,33; 2Cron 20,26), il quinto giorno (Giud
19,8) e lultimo giorno (Neem 8,18).
Nella datazione (cfr. Ez 24,2 sm hajjm nome =
data del giorno ) che viene usata a cominciare
dalleslio, per indicare il mese e il giorno si usa
ogni volta con jm il numero cardinale (circa 40x,
aram. Esd 6,15), tuttavia spesso jdm viene trala
sciato (p.e. cfr. Agg 2,1.10; Est 9,17b rispetto ad
Agg 1,1.15; 2,18; Est 9,17a con jm\ regolarmente
nelle date in cui la rivelazione viene comunicata
in Ez 1,1-40,1). Le date si riferiscono per lo pi a
giorni di festa (Es 12,6.18.18 ecc. in Es-Num;
Gios 5,10: IRe 12,32.33; Ez 45,21.25; Est 3,12;
9,1.15.17.19.21.21; Esd 3,6; Num 8,2; 9,1; 2Cron
7,10; 29,17.17; i pi frequentemente citati sono il
14 e il 15 giorno del mese), pi raramente al
giorno in cui un profeta riceve una rivelazione
(Agg 1,1.15; 2,18; Zac 1,7; Dan 10,4) o ad altri av
venimenti (Gen 7,11; 8,4.14; Es 16,1 nel racconto
sacerdotale).
Per esprimere una durata di tempo misurata in giorni si
usano dei numeri: jdm 'chd per la durata di un
giorno (Gen 33,13; Num 11,19; ISam 9,15; Giona 3,4;
Esd 10,13; cfr.jm da solo in Es 21,21; dcercekjm per
il cammino di una giornata Num 11,31.31; IRe 19,4;
kfjdm lamini circa un giorno intero, Gios 10,13), jmjim per due giorni (Es 21,21; Num 9,22; 11,19; cfr.
Es 16,29 pane per due giorni; Os 6,2 dopo due
giorni ), selsceijmlm per tre giorni ecc. per le cifre
dal tre fino al dieci (vd. st. 3f), mentre si usa di nuovo
jm (sing.) per numen pi alti (eccettuati Dan 12,11.12,
in tutto 36x).

c) In molti casi jm perde il significato specifico di


giorno e diventa un termine generico e un po
vago per indicare tempo, momento , con lo
stesso valore di L In tal senso relativamente
frequente la costruzione bejm + inf. nel giorno
in cui... = al tempo in cui... = quando, allor
quando ; al posto di be si pu avere anche min
da oppure ad fino a , e al posto dell'infinito,
pi raramente, vi pu essere un perf. o un impf.
(p.e. Gen 2,4 nel tempo in cui il Signore Dio fece

615

il cielo e la terra con inf; 2Sam 22,1 = Sai 18,1


al tempo in cui Jahwe lo aveva salvato dalla
mano di tutti i suoi nemici col perf.; Sai 102,3
quando io grido con limpf.). Spesso si pu
mantenere anche qui la traduzione giorno , poi
ch i vari usi di jm non sono nettamente separa
bili tra loro e il significato primario in molti casi
traspare ancora in modo pi o meno chiaro.
bejm + inf. ricorre pi di 60x, soprattutto in Num ed Ez
(Gen 2,4.17; 3,5; 5,1.2; 21,8; Es 10,28; 32,34; Lev 6,13;
7,16.36.38; 13,14; 23,12; Num 3,13; 6,13; 7,1.10.84; 8,17;
9,15; 30,6.^9-13-15; Deut 21,16; Gios 9,12; 10,12; 14,11;
ISam 21,7; 2Sam 21,12; IRe 2,8.37.42; ls 11,16; 14,3;
17,11; 30,26; Ger 7,22; 11,4.7; 31,32; 34,13; Ez 20,5;
24,25; 28,13; 31,15; 33,12.12; 34,12; 36,33; 38,18; 43,18;
44,27; Am 3,14; Abd 11.11.12; Nah 2,4; Zac 8,9; Sai
20,10; Rut 4,5; Neem 13,15). Corrispondentemente, si
hanno altre espressioni con min da quando (Es 9,18;
10,6; Lev 23,15; Deut 9,24; Giud 19,30; ISam 7,2; 8,8;
29,3.6; 2Sam 7,6; 13,32; 19,25 txt?; Is 7,17; Ez 28,15), W
fino a (Es 40,37; Lev 8,33; Gios 6,10; Giud 18,30;
2Sam 20,3; IRe 17,14; Ger 27,22); be viene omesso dopo
ke come (Os 2,5.17; Zac 14,3); cfr. anche Sof 3,8 con
/e; Ez 39,13 con il solo accusativo avverbiale.
bejm 4- perf. si trova in Es 6,28; Lev 7,35; Num 3,1;
Deut 4,15; 2Sam 22,1 = Sai 18,1; Sai 59,17; 102,3a;
138,3; con min: 2Re 8,6; Ger 36,2; cfr. anche Ger 31,6.
bejm + impf. si trova solo con qr'' gridare : Sai 56,10
(cfr. v. 4 txt?); 102,3b; Lam 3,57.

Il testo in cui jm si allontana maggiormente dal


significato di giorno Lev 14,57 bejm hattm ubejm hatjhr (insegnare) quando una
cosa impura e quando pura .
d) I casi che abbiamo menzionato si avvicinano a
quello in cui jm nel senso di giorno o pi ge
nericamente di tempo/periodo viene specifi
cato con una susseguente frase relativa introdotta
da ascer (opp. sce-\con un genitivo o con un ag
gettivo.
jm + lascer (pi di 20x) descrive in prevalenza al
cuni eventi salvifici importanti (creazione Deut
4,32; esodo Deut 9,7; IRe 8,16 = 2Cron 6,5; 2Re
21,15; Ger 7,25; lCron 17,5; cfr. Sai 78,42; comu
nicazione dei comandamenti Num 15,23; Deut
4,10; conquista della terra Deut 27,2; costituzione
dei giudici 2Sam 7,11; costruzione opp. presa di
possesso di Gerusalemme Ger 32,31; 38,28; posa
della prima pietra dei tempio Agg 2,18; venuta
escatologica di Jahwe Mal 3,17.21; cfr. inoltre
ISam 29,8; 2Sam 19,20.25; Est 9,1; Neem 5,14;
con sce-\Cant 8,8; Eccle 12,3; Lam 2,16).
I giorni contraddistinti da genitivi o da aggettivi
sono indicati in molte maniere. Oltre ad espres
sioni fisse per indicare i giorni speciali del calen
dario {jm hassabbt il giorno del sabato Es
20,8.11; 31,15; 35,3; Lev 24,8.8; Num 15,32; 28,9;
Deut 5,12.15; Ger 17,21-27 7x; Ez 46,1.4.12; Sai
92,1; Neem 10,32; 13,15.17.19.22;cfr. Is 58,13 il
mio giorno santo ; aram. imperiale jwm sbh,
DISO 108, r. 29, sbt\jm hahdces giorno del
novilunio Es 40,2; ISam 20,34; Ez 46,1.6; jm
hakkcsce' giorno del plenilunio Prov l,2Q\jm
V j m GIORNO

616

hakkippnm giorno dell'espiazione Lev


23,27.28; 25,9) o i giorni della vita umana (p.e.
jm huUdedcet giorno genetliaco Gen 40,20; Ez
16,4.5; cfr. le espressioni pi libere di Ger
20,14,14; Giob 3,1 [ il suo giorno = il suo giorno
natale].3.4; Eccle 7,1; jm hammawcet giorno
della morte Eccle 7,1; 8,8; con suffissi Gen 27,2;
Giud 13,7; ISam 15,35; 2Sani 6,23; 20,3; 2Re 15,5;
Ger 52,11.34; 2Cron 26,21) s incontrano espres
sioni pi o meno usuali o anche occasionali, in cui
un giorno viene designato mediante fenomeni na
turali o attivit umane (ISam 20,19 nel giorno
del fatto non chiaro, cfr. Hertzberg, ATD
10,137). Come fenomeni meteorologici vengono
nominati; la pioggia (Ez 1,28; Prov 27,15), la neve
(2Sam 23,20 = lCron 11,22), il vento delloriente
(ls 27,8; cfr. aram. imperiale jwm mh giorno di
tempesta Ah. 168), il freddo (Nah 3,17; Prov
25,20). In riferimento alle attivit umane si trova:
jm qsfr giorno del raccolto (Prov 25,13\jm
milhm giorno della battaglia (Os 10,14; Am
1,14; Prov 21,31; cfr. ISam 13,22; Zac 14,3; Sai
78,9; 140,8; Giob 38,23) e una serie di feste e di ce
lebrazioni cultuali o non cultuali: jm tb giorno
di festa (ISam 25,8; Est 8,17; 9,19.22; giorno
del nostro re : Os 7,5; cfr. giorno della tua
forza Sai 110,3\jm md'd Os 9,5; Lam 2,7.22;
giorno della festa di Jahwe Os 9,5; Sai 81,4; cfr.
84,11 un giorno nei tuoi atri ; 118,24 il giorno
che Jahwe ha fatto ; Neem 10,32 giorno
santo ; giorno di gioia Num 10,10; giorno dellac
clamazione Num 29,1)Jm besr giorno di lieta
notizia (2Re 7,9), giorno di nozze e giorno di
esultanza (Cant 3,11.11), banchetto (Est 9,17.18),
giorno dellofferta di sacrifici (Lev 5,24; 7,15; 14,2;
19,6; Num 6,9; 28,26), jm som giorno di di
giuno (ls 58,3; Ger 36,6; cfr. Is 58,5 giorno in
cui luomo si mortifica... che piace a Jahwe).
Vanno infine menzionati particolari eventi storici:
jm hammaggja giorno del flagello (Num
25,18), jm haqqh! giomo dellassemblea
(alla rivelazione del Sinai, Deut 9,10; 10,4; 18,16),
jm $'tek giorno della tua uscita (dallEgitto,
Deut 16,3), jm qetannt giorno degli umili
inizi (nella ricostruzione del tempio, Zac 4,10);
rientrano qui anche quei giorni designati con
nomi propri particolari: jm Midjn (ls 9,3, allu
sione alla liberazione narrata in Giud 1,9ss.), jm
Jizr^ce! (Os 2,2, antitetico a Os l,4s. e quindi an
che alla rivoluzione di leu 2Re 9-10), jm Massa
(Sai 95,8, cfr. la tradizione di Es 17 e Num 20),
jm J'rfslm (Sai 137,7, riferito alla catastrofe di
Gerusalemme nel 587 a.C.).
Pi numerose delle designazioni dei giorni felici
sono quelle dei vari giorni di sventura (i giorni
buoni e quelli cattivi sono in contrapposizione ter
minologica in Eccle 7,14.14 jm ldb/r''d). Le
espressioni formate con jm per designare la ve
nuta escatologica di Dio vengono trattate st. 4b.
Qui citiamo solo le formule (non sempre chiara
mente distinte da quelle) che si incontrano parti
colarmente nei linguaggio dei salmi (pi rara
617

Di j m GIORN O

mente nella letteratura sapienziale e in quella pro


fetica), le quali non si possono collegare diretta
mente alla predicazione escatologica, anche se
questultima vede spesso nella sventura un giudi
zio e un castigo di Dio. Sostantivi caratteristici
sono qui sar angustia (Gen 35,3; 2Re 19,3 =
ls 37,3; Ger 16,19; Abd 12,14; Nah 1,7; Ab 3,16;
Sai 20,2; 50,15; 77,3; 86,7; Prov 24,10; 25,19), -'d
sventura (Deut 32,25; 2Sam 22,19 = Sai 18,19;
Ger 18,17; 46,21; Abd 13 3x; Prov 27,10), r"
disgrazia (Ger 17,17.18 nella lamentazione, al
contrario 51,2 in tono escatologico; Sai 27,5; 41,2;
Prov 16,4), inoltre giorno della vendetta (Prov
6,34) e giorno del lira (Prov 11,4); si hanno
inoltre gli aggettivi ra cattivo (Am 6,3), mar
amaro (Am 8,10) ynus funesto (Ger
17,16).
.
In alcuni dei passi citati la traduzione giorno po
trebbe essere troppo forte (p.e. Os 10,14 al tempo della
guerra; Nah 3,17 quando fa freddo ; cfr. anche Ez
16,56 al tempo della tua superbia ; Ez 33,12 quando
egli pecca ). Ci vale anche per l'espressione questo
il giorno o sim., che indica una circostanza particolare
(Giud 4,14; ISam 24,5; Re 14,14 txt?).
jmo il suo giorno , senza altra precisazione che il suf
fisso pronominale, pu indicare sia il giorno natale (Giob
3,1) sia il giorno della morte (ISam 26,10; Sai 37,13;
Giob 15,32; 18,20), inoltre il giorno in cui uno di turno
(Giob 1,4; cfr Deut 24,16 bcjo m )yoppure anche gene
ricamente la vita di uno (di un salariato Giob 14,6;
cfr. Giob 30,25 qes jm uno che ha una vita difficile ;
similmente in aram. antico KAI nr. 222 C, r. 15s. gli
dei allontanino ogni male dalla sua vita [mn jwmh] e
dalla sua casa , cfr. J.A.Fitzmyer, JAOS 81, 1961, 207).

e) Sono molto frequenti le espressioni avverbiali


formate da jm e una preposizione, un pronome
dimostrativo o un numerale.
Circa 350x, quindi circa in un quarto dei passi con
jm al sing., hajjm (con larticolo in funzione
deittica) o lequivalente hajjm hazzc questo
giorno stanno nel senso di oggi (diversa
mente Gen 7,11; 17,23; Es 12,14.17; 13,3; 19,1;
Lev 16,30; 2Re 19,3 = ls 37,3; Est 3,14; 8,13, dove
questo giorno richiama o preannuncia un
giorno speciale, come anche col rafforzativo
cqcem proprio, appunto in Gen 7,13; 17,26; Es
12,17.41.51; Lev 23,14.21.28.29.30; Deut 32,48;
Gios 5,11; Ez 40,1).
La preposizione pi frequentemente unita ad hajjm
(hazzc) Lad fino a (ne! 25% dei casi fino ad
oggi ), pi rare sono ke(kehajjm oppure kqjjm hazzc
come oggi = come si verifica oggi o sim., soprat
tutto nel linguaggio dtn. e dir. e in quello del Cronista:
Gen 50,20; Deut 2,30; 4,20.38; 6,24; 8,18; 10,15;
29,27; ISam 22,8.13; Re 3,6; 8,24.61; Ger 11,5; 25,18;
32,20; 44,6.22.23; Dan 9,7.15; Esd 9,7.15; Neem 9,10;
lCron 28,7; 2Cron 6,15; cfr, Neem 5,11 ancora og
gi), be (Lev 8,34; Gios 7,25; ISam 11,13; Re 2,26;
Neem 3,34 gi oggi ) e min ( a partire <la oggi Agg4
2,15.18.19); ''(sscem rafforzativo si trova in Gios 10,27;
Ez 2,3; 24,2.2.

Nei testi narrativi oggi per lo pi in rapporto


a chi sta direttamente parlando. Tuttavia in circa
un sesto dei passi il narratore si riferisce al tempo
618

in cui egli vive (ad hajjm: Gen 19,37.38, 35,20;


2Re 10,27; 2Cron 20,26; 35,25; 'ad hajjm hazzce:
Gen 26,33; 32,33; 47,26; Gios 4,9; 5,9; 6,25;
7,26.26; 8,28.29; 9,27; 13,13; 14,14; 15,63; 16,10;
Giud 1,21.26; 6,24; 10,4; 15,19; 18,21; ISam 5,5;
6,18; 27,6; 30,25; 2Sam 18,18; IRe 8,8; 9,13.21;
10,12; 12,19; 2Re 2,22; 8,22; 14,7; 16,6;
17,23.34.41; Ez 20,29; lCron 4,41.43; 5,26; 13,11;
2Cron 5,9; 8,8; 10,19; 21,10; "ad Kcscem hajjdm
hazzce: Gios 10,27; cfr. hajjm Gen 22,14; ISam
9,9) e fornisce spesso perci uneziologia, la deri
vazione di un fatto presente da un evento passato,
con la formula fino al giorno presente (cfr. Alt,
KS 1,182s.; M.Noth, SVT 7, 1960, 279s.;
B.S.Childs, A Study of th Formula, Until this
Day , JBL 82, 1963, 279-292: formula of perso
nal testimony added to, and confirming, a received tradition [ formula di testimonianza perso
nale che si aggiunge ad una tradizione ricevuta e
la conferma], l.c., 292; C.Westermann, Forschung am AT, 1964, 43-47: B.O.Long, The Pro
blem of Etiological Narrative in th OT, 1968).
Mentre questo giorno in senso avverbiale in
dica la contemporaneit con chi parla, hajjm hah
quel giorno esprime un tempo lontano nel pas
sato (circa 90x) o nel futuro (circa 120x). Lespres
sione usuale bajjm hahil\ riferita al passato pu
essere tradotta con in quel giorno , lo stesso
giorno , oppure in senso pi attenuato allora
(Gen 15,18; 26,32; 30,35; 33,16; 48,20; Es 5,6;
14,30; 32,28; Num 9,6.6; 32,10; Deut 27,11; 31,22,
Gios 4,14 - 2Re 3,6 ca. 60x; Ger 39,10; Ez 20,6;
23,38.39; Est 5,9; 8,1; 9,11; Neem 12,43.44; 13,1;
lCron 13,12; 16,7; 29,22; 2Cron 15,11; 18,34;
35,16; con min da quel giorno = da allora
Neem 4,10; in ISam 16,13 e 30,25 unito a wmfri
in poi, in ISam 18,9 con lequivalente
whle>\ con 1ad fino a quel giorno Neem
8,17; cfr. anche Os 10,14 come quel giorno con
ke\Giud 13,10 bajjm senza hah allora, recen
temente ); riferita al futuro pu essere tradotta
con lo stesso giorno o allora (Es 8,18; 13,8;
Lev 22,30; 27,23; Num 6,11; Deut 21,23;
31,17.17.18; ISam 3,12; 8,18.18; IRe 22,25 =
2Cron 18,24; Is 2,11 - Zac ]4,21 ca, 105x;con min
e whle' a partire da quel giorno e per sempre
Ez 39,22). Sulla questione se lespressione sia un
termine tecnico dellescatologia, vd. st. 4b.
Nel significato attenuato di allora (passato/futuro)
l'espressione ha lo stesso significato dellavverbio z1,
che pu riferirei sia al passato sia (pi raramente) al fu
turo (138x, inoltre 3x nella forma 'azc{j\cfr. anche sm
l , che in alcuni casi pu avere significato temporale,
cfr. GB 839b; KBL 983a).

Altre espressioni avverbiali sono:


( 1) kol-hajjm tutto il giorno oppure conti
nuamente, sempre (Gen 6,5; Es 10,13; Num
11,32; Deut 28,32; 33,12; Giud 9,45 con hah,
ISam 19,24; 28,20; Is 28,24; 51,13; 52,5; 62,6;
65,2.5; Ger 20,7.8; Os 12,2; Sai 25,5; 32,3; 35,28;
37,26; 38,7.13; 42,4.11; 44,9.16.23; 52,3 txt?;
619

56,2.3.6; 71,8.15.24; 72,15; 73,14; 74,22; 86,3;


88,18; 89,17; 102,9; 119,97; Prov 21,26; 23,17;
Lam 1,13; 3,3.14.62; kol-jm Sai 140,3; bekol-jm
Sai 7,12; 88,10; 145,2); i testi citati mostrano che
tale espressione viene preferita nelle lamentazioni
e nelle promesse di lode;
.
(2) (be)jm cehd un giorno, lo stesso giorno,
contemporaneamente (Gen 27,45; Lev 22,28;
ISam 2,34; IRe 20,29; Js 9,13; 10,17; 47,9; 66,8;
Zac 3,9; Est 3,13; 8,12; 2Cron 28,6), invece in
ISam 27,1 jm 'oehd un certo giorno (= un
giorno o laltro );
(3) bcjm 'afrer unaltra volta (2Sam 18,20);
bajjm h'abr il giorno successivo (2Re 6,29);
jm affrn giorno venturo (Is 30,8; Prov
31,25); jm mdhr domani (Gen 30,33 nel
significato di venturo; Is 56,12), il gior
no di domani (Prov 27,1), cfr. jm hammoffrt
(Num 11,32) e mohrat hajjdm (lCron 29,21 )
giorno seguente )>\jm aetml il giorno di ieri
(Sai 90,4);
(4) jm jm giornalmente, giorno per giorno
(Ger 39,10; Es 16,5; Is 58,2; Ger 7,25 txt em; Sai
61,9; 68,20; Prov 8,30.34) e analoghe espressioni
distributive con jm raddoppiato (jm wjm
Est 2,11; 3,4; con diverse preposizioni: Num
30,15; ISam 18,10; Sai 96,2; Est 3,7; Esd 3,4; Neem
8,18; lCron 12,23; 16,23; 2Cron 24,11; 30,21;
aram. Esd 6,9; debarjm bejm razione quo
tidiana o sim.: Es 5,13.19; Lev 23,37; IRe 8,59;
2Re 25,30 = Ger 52,34; Dan 1,5; Esd 3,4; Neem
11,23; 12,47; lCron 16,37; 2Cron 8,14; 31,16;
senza suffisso 2Cron 8,13; cfr. anche Num 14,34;
Ez 4,6); anche in fen. e in aram. (DISO 108,
nr. 9 e 11);
(5) lajjm quotidiano, di ogni giorno (Es
29,36.38; Num 7,11.11; 28,3.24; Ger 37,21; Ez
4,10; 43,25; 45,23.23; 46,13; lCron 26,17 txt em.
17.17; lejm '&hd IRe 5,2; Neem 5,18); aram.
bejm Dan 6,11.14;
(6) wajehf hajjm un giorno (accadde che)
(ISam 14,1; 2Re 4,8.11.18; Giob 1,6.13; 2,1;
quando giunse il giorno ISam 1,4); kehajjm
hazz un giorno (Gen 39,11);
(7) k(eh)ajjm adesso (ISam 9,13.27; ls 58,4;
cfr. 7 kjm ora in questo momento cocci di Lachis 2,3 e 4,1) oppure subito (Ger 25,31.33;
ISam 2,16; IRe 1,51; 22,5 = 2Cron 18,4);
(8) hqifm in questo giorno (IRe 13,11; di
giorno Os 4,5 txt?; cfr Neem 4,16 txt?); ad
hajjm fino a quel tempo (Giud 18,1); bajjm
(hah) subito (Sai 146,4; Prov 12,16); scbaL
baj/m sette volte al giorno (Sai 119,164); lifn
jm prima di oggi (ls 48,7); mijjm dora in
poi (Is 43,13; Ez 48,35).
0 II plur. jmlm viene usato anzitutto quando si
indica una determinata quantit (cfr. Num 14,34;
Ez 4,4.5.9) di giorni (del calendario) (cfr. Gen
1,14; Giob 3,6 giorni delfanno). Come nel caso
Di1 j m GIORNO

620

del sing. unito ad un numero ordinale (vd. sp. 3b),


cos anche qui il numero sette ha unimportanza
particolare; in pi di 90 passi e in contesti diversi
si parla di un periodo di sette giorni (Gen 7,4.10;
8,10.12; 31,23; 50,10; Es 7,25 - Deut 16,15 pi di
50x in testi legislativi; Giud 14,12.17; ISam 10,8;
11,3; 13,8; 31,13; IRe 8,65.65; 16,15; 20,29; 2Re
3,9; Ez 3,15.16; 43,25.26; 44,26; 45,21 [txt
emj.23.23.25; Giob 2,13; Est 1,5; Esd 6,22; Neem
8,18; lCron 9,25; 10,12; 2Cron 7,8.9.9;
30,21.22.23.23; 35,17; diversamente Ger 30,26 la
luce del sole sar sette volte di pi, come la luce
di sette giorni ); con frequenza decrescente se
guono indicazioni di tre giorni (42x), sei giorni
(15x, tranne che in Es 24,16; Deut 16,8; Gios
6,3.14 sempre in diretta connessione con il sabato:
Es 16,26; 20,9.11; 23,12; 31,15.17; 34,21; 35,2; Lev
23,3; Deut 5,13; Ez 46,1), dieci giorni (Num 11,19;
ISam 25,38; Ger 42,7; Dan 1,12.14.15; Neem 5,18;
2Cron 36,9; cfr. Gen 24,55 'sr dcade ), otto
giorni (Gen 17,12; 21,4; 2Cron 29,17), due giorni
(2Sam 1,1; Est 9,27; sul duale per indicare un pe
riodo di tempo vs. sp. 3b), quattro giorni (Giud
11,40) e cinque giorni (Num 11,19); cfr. anche ci
fre pi alte in Lev 12,4 5 e Dan 12,11.12; aram
Dan 6,8.13.
Quando il numero indeterminato, il termine
giorni assume facilmente il significato, che gli
del resto confacente, di tempo nel senso di
durata, periodo di tempo: oltre a jmfm
ahdfm alcuni giorni, per un certo tempo
(Gen 27,44; 29,20; Dan 11,20; cfr. jmfm mispr
pochi giorni Num 9,20) si trova anche jmfm
da solo con lo stesso significato (Gen 24,55; 40,4;
Lev 25,29; Num 9,22; Giud 19,2; IRe 17,15 txt?;
Is 65,20; Dan 8,27; 11,33; Neem 1,4; inoltre
mijjmm dopo un. certo tempo Giud 11,4;
14,8; 15,1; miqqs jmfm trascorsi alcuni giorni
Gen 4,3; IRe 17,7; leqs jmfm poco dopo
Neem 13,6); sono frequenti le espressioni avver
biali jmfm rabbfm per molti giorni, un lungo
tempo (Gen 21,34; 37,34 e altre 25x, determi
nato in Es 2,23; cfr. anche mrb jmfm dopo
molti giorni Is 24,22; berb hajjmfm Eccle 11,1)
e kol-hajjmfm tutti i giorni, ogni momento,
sempre (Gen 43,9; 44,32; Deut 4,10.40; 5,29 e al
tre 40x; tale espressione particolarmente fre
quente nel linguaggio dtn. e dtr.).
g) Con il termine giorni , specificato da un ge
nitivo che lo segue, nella maggior parte dei casi,
quando si tratta di giorni di determinate persone,
ci si riferisce ai loro giorni di vita o al loro
tempo di vita (cfr. Giob 10,5 giorni degli uo
mini par. giorni di un uomo ), nel caso dei re
al loro periodo di regno (cfr. Is 23,15 tanto
quanto dura la vita di un re ). Il termine pu ve
nir precisato anche da hajjfm vita (frequente
nellespressione tutti i giorni della mia/tua/sua
ecc. vita : Gen 3,14.17; Deut 4,9; 6,2; 16,3; 17,19;
Gios 1,5; 4,14; ISam 1,11; 7,15; IRe 5,1; 11,34;
15.5.6; 2Re 25,29.30 = Ger 52,33.34; Is 38,20; Sai
621

D jm GIORNO

23,6; 27,4; 128,5; Prov 31,12; cfr. Eccle 2,3;


5,17.19; 6,12; 8,15; 9,9; giorni degli anni della,
vita : Gen 25,7; 47,8.9.9 cfr. v. 28), oppure hajjfm
pu mancare (circa 200x); anche qui in molti casi
anzich con giorni si pu tradurre con
tempo. Sono frequenti le espressioni: bfm...
nei giorni = al tempo di... (Gen 14,1;
26,1.15.18; Giud 5,6.6; 8,28; 15,20 e altre 40x;
aram. Dan 2,44; 5,11; con min da 2Re 23,22;
Ger 36,2; Nah 2,9 txt?; Mal 3,7; Esd 4,2; 9,7;
Neem 8,17; 9,32; 2Cron 30,26; 35,18; con "ad
fino a Neem 12,3; con k1' ls 54,9 txt? come
nei giorni di No), nei miei/tuoi/suoi
ecc. giorni ( nel periodo della sua vita , du
rante il suo regno o sim., Gen 10,25 = lCron 1,19;
IRe 11,12; 16,34; 21,29; 2Re 8,20 =2Cron 21,8;
2Re 20,19 = Is 39,8; 2Re 23,29; 24/1; Ger 16,9;
22,30; 23,6; Ez 12,25; Gioe 1,2; Ab 1,5; Sai
44,2; 72,7; 116,2; cfr. mijjrnk finch vi
vrai ISam 25,28; Giob 38,12; mijjmw fin
ch egli visse IRe 1,6), kl j em... tutti i gior
ni di... (finch... visse; Gen 5,5-31 9x;
9,29; Gios 24,31.31; Giud 2,7.7.18; ISam 7,13;
14,52; IRe 5,5; 11,25; 2Re 13,22; 23,22; Esd 4,5;
2Cron 24,2.14), tutti i miei/tuoi ecc. giorni
(Deut 12,19; 22,19.29; IRe 3,13; 15,14.16.32; 2Re
12,3; 15,18; Ger 35,7.8; Sai 90.9.14, cfr. v. 10;
139,16 txt em; Eccle 5,16; 2Cron 15,17; 18,7;
34,33); cfr. anche Gen 5,4; 6,3, 11,32; 29,21;
35,28; 47,28.29; Es 23,26; Deut 33,25; 2Sam
7,12 = lCron 17,11; 2Re 20,6 = ls 38,5; Is
38,10; 65,20; Ger 17,11; 20,18; Gioe 1,2; Sai
34,13; 37,18; 39,5.6; 55,24; 61,7.7; 78,33;
90,10.12; 102,4.12.24.25; 103,15; 109,8; 119,84;
144,4; Giob 7,1.6.16; 8,9; 9,25; 10,5.20; 14,5;
15,20; 17,1.11; 21,13; 27,6; 30,1; 32,4.6; 36,11;
38,21; Prov 10,27; 15,15; Eccle 2,23; 6,3; Lam
4,18; 5,21.
Con questo significato di periodo di vita jmfm spe
cifica anche degli aggettivi (participi) in diverse espres
sioni che designano unet avanzata: mel jmfm
avanzato negli anni (Ger 6,11; cfr. qesar jmfm di
vita breve Giob 14,1), seba" jmfm sazio di vita
(par. zqn vecchio : Gen 35,29; Giob 42,17; senza z
qn lCron 29,28; espressione verbale in lCron 23,1;
2Cron 24.15), kabbi r jmfm ricco di giorni (Giob
15,10), b' bajjmfm avanzalo negli anni (Gen 24,1;
Gios 13,1.1; 23,1.2; IRe 1,1); cfr. aram. "atlfq
jmn avanzato negli anni (Dan 7,9.13.22).
Rientrano qui, almeno in parte (vd. st. 3i), anche le co
struzioni con Y/c e rbh: con VAr hi. rendere lunghi i
giorni = vivere a lungo (Deut 4,26.40; 5,33; 11,9;
17,20; 22,7; 30,18; 32,47; Gios 24,31; Giud 2,7; Is 53,10;
Prov 28,16; Eccle 8,13), far vivere a lungo qualcuno
(IRe 3,14), con giorni come sogg. essere lungo
(Es 20,12 = Deut 5,16; Deut 6,2; 25,15), con il sost.
'rcek lunghezza Deut 30,20, Sai 21,5; 23,6; 91,16;
Giob 12,12, Prov 3,2.16; con rbh qal essere numeroso
Deut 11,21.21; Prov 9,11; con rbh hi. rendere nume
roso Giob 29,18; c,fr.jmfm rabbfm molti giorni = vita
longeva IRe 3,11 = 2Cron 1,11.
In Giob 32,7 jmfm giorni viene usato nel significato
Lraslato di et in riferimento a persone anziane.
Per devsignare (iperbolicamente) una durata particolar

622

mente lunga si trova fm giorni = durata della vita


di... unito ad un genitivo non di persona: Gen 8,22
finch dura la terra ; Is 65,22 come let dellalbero
deve essere let del mio popolo ; Sai 89,30 finch
dura il cielo .

ISam 3,1; 28,1; 2Sam 16,23; 2Re 10,32; 15,37; 20,1


= Is 38,1 = 2Cron 32,24; Ez 38,17; Est 1,2; 2,21;
Dan 10,2; Neem 6,17; 13,15.23; con W fino a :
Re 3,2; 2Re 18,4; con iifn prima di : Zac 8,10;
per il futuro: Deut 17,9; 19,17; 26,3; Gios 20,6;
h) Altrove, ossia quando non designa la vita
Ger 3,16.18; 5,18; 31,29; 33,15.16; 50,4.20; Gioe
degli uomini, il termine giorni nel senso di
3,2; 4,1; Zac 8,6.23; con 'ahar dopo: Ger
tempo, periodo, momento indeterminato si
31,33).
trova in espressioni fisse che per non sono cos jmm si usa pure per indicare una durata (Lev
frequenti come nel caso del singolare. Giorni
25,8 il periodo dei sette anni sabbatici; ISam
viene precisato con un inf, in Gen 25,24;
27,7 con mispar hajjmm il numero dei giorni =
Lev 26,34.35; Num 6,6; Deut 31,14; Giud
il tempo in cui Davide visse nel paese dei filistei ;
18,31; ISam 22,4; 25,7.16; Re 2,1; Mi 7,15;
similmente 2Sam 2,11 'Jmm 'n mispar tempo
Rul 1,1; 2Cron 26,5; 36,21; con una frase rela
illimitato Ger 2,32), spesso pleonastico dopo
tiva con ascer Lev 13,46; Num 6,5; 9,18; Deut
lindicazione di un tempo piuttosto lungo: sen1,46; 2,14; ISam 1,28; Re 2,11; 11,42; 14,20; tjini jmm due anni in giorni = per due anni
2Re 10,36; Is 7,17; Ez 22,14; Est 9,22; lCron (Gen 41,1; 2Sam 13,23; 14,28; Ger 28,3.11), inol
17,10; 29,27; senza ^scer Lev 14,46; ISam 25,15;
tre sta dopo hcices o jcerah mese (rispettiva
Sai 90,15; Giob 29,2.
mente Gen 29,14; Num 11,20.21 e Deut 21,13;
Tra le espressioni con lo stato costrutto ricor
2Re 15,13) e dopo sb'm settimane (Dan
diamo: tempo della raccolta (Gen 30,14; Gios
10,2.3); cfr. anche le indicazioni pi vaghe jmm
3,15; Giud 15,1; 2Sam 21,9; cfr. anche Num a!-jmm e Iejmm mijjmm nel corso del
13,20.20 tempo delle prime uve), tempo
tempo (2Cron 21,15.19; per Pjmm senjim al v.
della giovent (Ez 16,22.43.60; 23,19; Os 2,17;
19 txt? cfr. Rudolph, HAT 21,266) zjmm lal- sa
Sai 89,46; Giob 33,25; Eccle 11,9; 12,1; cfr, Giob
na fra un anno (Is32,10).
29,4 giorni del mio autunno ), tempo di fe
11 plurale determinato nel significato di tempo
sta (Giob 1,5; Est 9,22), tempo di lutto (Gen
ricorre in espressioni con verbi come rbh qal di
27,41; 50,4; Deut 34,8), periodo di servizio o
ventare numeroso (Gen 38,12 e ISam 7,2 tra
sim. (Lev 25,50; Giob 7,1; 14,14), e inoltre ogni
scorse un lungo tempo ), V/c qal diventare
genere di espressioni che indicano periodi di scia
lungo (Gen 26,8 ma quando abitava l gi da
gura (Is 60,20; Ez 4,8; 5,2; Sai 37,19; 49,6; 94,13;
lungo tempo ; Ez 12,22 i giorni si prolungano ,
Giob 30,16,27; Eccle 11,8; 12,1; Lam 1,7; cfr. an
cfr. v. 23 qrb qal essere vicino ), msk ni. pro
che Gen 47,9.9 tempo di vita errabonda),
trarsi, ritardare (Is 13,22 i loro giorni non ritar
azioni particolari (Gen 50,3 imbalsamazione; Est
dano ), m/' qal diventare pieno (ISam 18,26
2,12 massaggi), periodi adatti al culto (Lev 8,33;
il tempo non era ancora passato ; Ger 25,34 il
12,2.4.6; 15,25.25.26; Num 6,4.5.8.12.13; Est
vostro tempo compiuto ), inoltre in espressioni
9,28.31). Unallusione ad un evento storico si
come lem"d hajjmm al tempo determinato
trova in Os 9,9 e 10,9 i giorni di Gabaa (cfr.
( 1Sam 13,11), Iemiqsi hajjm m trascorso i1
Giud 19-21), mentre Os 2,15 giorni dei Baal e
tempo (Dan 1,18), aram. liq$t jmjja tra
12,10 giorni della festa si riferiscono a celebra
scorso questo tempo (Deut 4,31),
zioni cultuali (cfr. Rudolph, KAT X III/1,71.234),
Vanno infine ricordate le varie espressioni nelle
Circonlocuzioni per il giudizio escatologico sono
quali si usa jmm per indicare il passato e il
rare: Os 9,7.7 giorni della rappresaglia/della tri
futuro . l passato lontano viene designato con
bolazione ; cfr. Ez 22,4 i tuoi giorni (del giudi
jem qcedcem i giorni del passato (2Re 19,25
zio) ; Giob 24,1 i suoi giorni (del giudizio di
= Is 37,26; Is 23,7; 51,9; Ger 46,26; Mi 7,20; Sai
Dio), vd. st. 4b.
44,2; Lam 1,7; 2,17; cfr. jmfm miqqcdcpm Sai
i) In una serie di espressioni avverbiali e d co
77,6; 143,5;jmm qadmnm giorni antichi Ez
struzioni in cui jmm unito ad altri vocaboli
38,17), fm lm giorni del passato (Is
che racchiudono un significato temporale, risulta
63,9.11; Am 9,11; Mi 5,1; 7,14; Mal 3,4; jemt cparticolarmente chiaro il senso generale di
lm Deut 32,7; aramJmt lem Esd 4,15.19); il
tempo .
passato in generale indicato con jmm risonim
Come per il sing. (vd. sp. 3e), vanno ricordate an
i giorni antichi (Deut 4,32; Zac 8,11; Eccle
zitutto le espressioni avverbiali con pronomi di
7,10; cfr. Num 6,12 il tempo precedente ; Deut
mostrativi. Un plurale di hajjm hazz& oggi
10,10 come la prima volta ). Riferite al futuro
in bajjmim ha1elic in questi giorni (presenti)
(hajjmm habb'im i giorni venturi Eccle
= attualmente (Zac 8,9.15; diversamente
2,16) sono le espressioni beaharit hajjmm nel
questi giorni [nominati] Est 1,5; 9,26.28; cfr.
seguito dei giorni (testi e interpretazione hr
Ez 43,27 senza questi ); pi frequente
4b), hinn jmfm b'm ecco, vengono giorni
bajjmim hhm(m), plur. di bqjjm hah, che si
(ISam 2,31; 2Re 20,17 = Is 39,6; Ger 7,32; 9,24;
riferisce anchesso o al passato ( un tempo ) o al
16,14; 19,6; 23,5.7; 30,3; 31,27.3138; 33,14; 48,12;
futuro ( allora ) (per un tempo passato: Gen 6,4;
49,2; 51,47.52; Am 4,2; 8,11; 9,13) e rrcek
Es 2,11; Giud 17,6; 18,1.1; 19,1; 20,27.28; 21,25; jmm per sempre (Sai 93,5; Lam 5,20); un

623

or

jm GIORN O

624

tono pi escatologico in lpq$ hajjmin


alla fine dei giorni (Dan 12,13; cfr. Iqjjmlm
Dan 10,14).
NelPespressione s/cer dibr hajjmim libro degli avve
nimento dei giorni = cronaca hajjmim unito a
dibr si avvicina al significato di storia (cfr. O.Eissfeldt, Einleitung in das AT, M964, 382; IRe 14,19- 2Re
24,5 33x; Est 2,23; 6,1; 10,2; Neem 12,23; lCron 27,24
txt em).

I) Nei testi narrativi pi antichi si ha un uso idio


matico di j'nN N N E a'm im nel significato di
anno (detto altrimenti sn anno , 876x
[esci. Sai 77,11; in Lis. manca Gen ll,10b], di cui
Gen 161x, 2Re 104x, Num 92x, 2Cron 78x; Lev
59x, IRe 58x, Ger 44x), che deriva probabilmente
dalla concezione del ritorno dei singoli giorni di
un anno nellanno successivo, per cui i giorni
(dellanno) pu stare al posto di anno (diver
samente F.S.North, Four-Month Seasons of th
Hebrew Bible, VT 11,1961,446448). Tranne che
in ISam 27,7 ( un anno e quattro mesi ) e ISam
29,33,,33 txt em ( uno o due anni ), dove in
dica una durata, jmm in questo significato com
pare soltanto per designare eventi che ricorrono
annualmente: zcebah hqijmm sacrificio an
nuale (ISam 1,21; 2,19; 20,6), teqfot hajjmim
la fine dellanno (ISam 1,20; cfr. fqtifat haSsm Es 34,22; 2Cron 24,23), mjjjmim jamim ogni
anno (Es 13,10; Giud 11,40; 21,19; ISam 1,3;
2,19), Iqijmlm per anno (Giud 17,10), miqq$
jmlm lajjmm alla fine di ogni anno oppure
ogni anno (2Sam 14,26).
4/ a) Come indicano i vari usi di jmljmlm , il
vocabolo non designa soltanto unimportante ri
partizione del tempo, ma si evolve fino a diven
tare il termine temporale pi importante dellAT,
che pu esprimere momenti e periodi determinati.
La parola ha in comune con - et e lm il fatto
di designare quasi esclusivamente dei tempi con
creti, ossia in stretta connessione con i vari con
tenuti, e non ricorre quindi nelle affermazioni
astratte sul tempo come tale. In questo non
s deve vedere una particolare concezione ebrai
ca del tempo; del resto anche per gli altri usi di
jm/jmlm si possono citare delle analogie extra
ebraiche.
Pertanto le affermazioni tipicamente vtrt. con jm
nel suo significato comune non hanno un partico
lare rilievo. Come tutti i fenomeni naturali anche
il giorno e la notte sono sottomessi al dominio di
Dio, perch da lui sono stati creati (Gen 1,5.14; Sai
74,16 tuo il giorno, tua anche la notte; tu hai
collocato il luminare e il sole ; cfr. v. 16 estate
e inverno, tu li hai creati ). In contesto escatolo
gico si dice persino in un testo tardivo che lalter
narsi perenne tra il giorno e la notte (Gen 8,22)
sar abolito da Jahwe (Zac 14,7 ci sar un solo
giorno... non ci sar un alternarsi tra giorno e
notte, anche verso sera risplender la luce ), Non
si tratta qui di una divinizzazione, come nella Siria
625

D' jm GIORNO

settentrionale e nellAsia minore (cfr. W.L.


Moran, Bibl 43, 1962, 319; nel trattato aram.
di Sfire del sec. 8* a.C. jwm giorno e /jlh
notte compaiono in coppia nella lista dei testi
moni divini del giuramento, KAI nr. 222 A, r. 12).
Sono del resto relativamente rari anche i modi di
dire in cui il giorno viene pi o meno personificato
(cfr. p.e. Prov 27,1 poich non sai che cosa pu
produrre un giorno , col verbo jid generare, pro
durre; in Ger 20,14 e Giob 3,lss. viene male
detto it giorno della nascita).
b) Un uso specificamente teologico si ha in jm
Jhwh, il giorno di Jahwe , con le idee ad esso
collegate. Possiamo citare qui solo alcuni lavori tra
finnumerevole
bibliografia
sullargomento.
Laspetto linguistico delle espressioni adoperate
viene studiato su vasta scala da L.Cerny, The Day
of Yahweh and some Relevant Problems. 1948;
per una panoramica recente sul problema con ul
teriori indicazioni bibliografiche si pu vedere: K.D.Schunck, Strukturlinien in der Entwicklung der
Vorstellung vom uTag Jahwes , VT 14, 1964,
319-330; H.D.Preuss, Jahweglaube und Zukunftserwartung, 1968, 170-179; G.Fohrer, Geschichte der isr. Religion, 1969, 272s.
Lespressione jm Jhwh il giorno di Jahwe ri
corre in questa forma solo 16x (Is 13,6.9; Ez 13,5;
Gioe 1,15; 2,1.11; 3,4; 4,14; Am 5,18.18.20; Abd
15; Sof 1,7.14.14; Mal 3,23). Tuttavia per indicare
il giudizio di Jahwe, che essa esprime, vi sono al
tre possibilit: jm leJhwh viene usato in senso in
determinato in Is 2,12 ed Ez 30,3; tra jm e
(/e)Jhwh si possono inserire termini che precisano
meglio il contenuto (nqm vendetta ls 34,8;
'oebr ira Ez 7,19; Sof 1,18; af ira Sof 2,2.3;
Lam 2,22; zcebah sacrificio Sof 1,8), c che com
paiono in contesti simili anche senza il nome di
Dio e caratterizzano il giorno del giudizio atteso (o
vissuto) nella sua luce negativa (ira, vendetta, tri
bolazione o sim.: Is 10,3; 13,13; 34,8; 61,2; 63,4;
Ger 46,10; Ez 22,24; Os 5,9; Sof 1,15; Lam 1,12;
2,1.21; cfr. Sof 3,8; oscurit, nubi, tempesta o
sim.: Ez 30,3; 34,12; Gioe 2,2; Am 1,14; Sof 1,15;
cfr. Ez 30,18; Mi 3,6; battaglia, sterminio, rovina,
sconvolgimento: ls 22,5; 30,25; Ger 12,3; Ez
26,18; 27,27; 32,10; Am 1,14; Sof 1,16; cfr. Mi 7,4;
sventura, corruzione, indigenza ecc.: Is 17,11 ; Ger
18,17; 46,21; 51,2; Abd 12; Sof 1,15). Ci si riferisce
inoltre al giorno con pronomi dimostrativi ed
interiezioni (quel giorno Ger 30,7; 46,10; Sof
1,15; cfr. Ez 39,8; con hinn ecco! Ez 7,10;
con ahh opp. hh ah! Ez 30,2; Gioe 1,15); si
parla del suo arrivo e della sua prossimit (Ger
47,4; Ez 7,1.12; 30,3.3; Zac 14,1; Mal 3,2.19.19);
esso pu essere designato anche come il giorno
di coloro sui quali sopravverr ( il tuo/suo/loro
giorno Ger 50,27.31; Ez 21,30.34; 22,4 txt em;
il giorno del tuo fratello Abd 12). Quando si
parla di giudizio escatologico, anche nelfespressione bajjm hah in quel giorno = allora (vd,
sp. 3e), che di per s puramente avverbiale, si
626

pu percepire lidea del giorno di Jahwe (cfr.


p.e. Is 2,11.17 assieme al v. 12); tale idea comun
que non contenuta come tale nellespressione
(cfr. lesauriente analisi di P.A.Munch, The
Expression hajjm hh\ is it an Eschatologica! terminus techncus?, 1936, contro II.Gressmann, Der
Messias, 1929,75.83, ecc.; anche Preuss, le 174,
segue Munch). Spesso lespressione serve da for
mula di collegamento nelle promesse, mentre in
genere espressioni particolari con jm sono rare
nelle promesse salvifiche e non manifestano un
legame con il giorno di Jhawe (cfr. Is 49,8; Ger
31,6; Mi 7,11.12).
Quando si studia il significato dellespressione jm
Jhwh, prima ancora d vedere dal punto di vista
della storia della tradizione quale sia lorigine e lo
sviluppo di tale idea, ci si deve chiedere quale sia
il senso di jm in questo particolare contesto. Dal
lato formale jm Jhwh appartiene ad una serie di
costruzioni con il genitivo che specificanojm con
un nome proprio (vd. sp. 3d per jm Midjn ecc.;
vd. sp, 3h j em Gib') e designano cos in modo
pregnante e abbreviato un evento importante, in
dicato dal nome proprio, e al di l della semplice
determinazione del tempo, che resta abbastanza
vaga, sottolineano in modo particolare il carattere
di evento (cfr. ai riguardo S.Herrmann, Die prophetischen Heilserwartungen im AT, 1965,120s.).
Un evento che viene determinato nella sua natura
propria con il nome lahwe pu appartenere al pas
sato (Ez 13,5; 34,12; Lam 2,22; cfr. Ez 22,24; Lam
1,12; 2,1.12) oppure al futuro (cosi nella maggior
parte dei passi); al principio forse si pensava anche
a pi giorni di Jahwe (cfr. probabilmente an
che Giob 24,1). Nellambito della visione storica
di Israele e della sua persuasione di essere in una
posizione di guida (orientate ambedue verso il fu
turo e radicate in Dio e nei suo agire nella storia)
questidea fu trasferita sempre pi nellavvenire e
divenne cos gradualmente il giorno di Jahwe,
ossia quel concetto che ci ormai abituale
(Preuss, l.c., 172).
Per quanto riguarda lorigine della concezione di
un giorno in cui si realizza pienamente il giudizio
di Jahwe, la storia delle tradizioni ha stabilito con
una certa probabilit che non si deve pensare ad
un giorno cultuale di Jahwe, come per esempio la
presunta festa di intronizzazione di Jahwe (cos tra
gli altri S.Mowinckei, Psalmenstudien, 11,1922;
id., NTT 59, 1958, 1-56.209-229; J.Lindblom,
Prophecy in Ancient Israel, 1962, 316ss,), ma, te
nendo conto anche delle altre concezioni che
emergono dai singoli testi, si deve supporre lespe
rienza di unazione storica che Jahwe ha compiuto
per la salvezza del suo popolo e che consistita in
una vittoria sui nemici di Dio, Soprattutto le tra
dizioni della guerra di Jahwe (b\ - hmm), ri
prese poi dai profeti, possono aver influenzato il
modo con cui veniva configurata lattesa del fu
turo (cfr. von Rad, The Origin of th Concept of
th Day of Yahweh, JSS 4, 1959, 97-108; id., II,
129-133; Schunck, l.c., 320s.330; con qualche mo
627

difica Preuss, Le., 173-179, che sottolinea mag


giormente levento dellesodo, e H.-M.Lutz,
Jahwe, Jerusalem und die Vlker, 1968, 130-146:
il giorno di Jahwe anche guerra, ma non saio
guerra flx., 146]; sulla relazione tra le descrizioni
delle teofanie e il giorno di Jahwe cfr. Jeremias,
Theophanie, 1965, 97-100; secondo M.Weiss, The
Origin of (he Day of th Lord - Reconsidered,
UUCA 37, 1966,29-60, lespressione stata riela
borala da Amos).
Per la storia di questidea rimandiamo a quanto
viene detto nei lavori che abbiamo citato. Il passo
pi antico Am 5,18-20 (cfr. Wolff, BK
XIV/2,38s.298-302): Guai a voi, che sospirate il
giorno di Jahwe! Che cosa sar infatti per voi il
giorno di Jahwe? Esso tenebre e non luce!... .
Amos pone in discussione lattesa salvifica dei
suoi contemporanei: dal momento che Israele sta
sulla stessa linea dei nemici di Jahwe, non pu
considerarsi come il resto (sY), a cui verr
concessa la salvezza nel giorno di Jahwe, ma deve
aspettarsi le terribili conseguenze della venuta di
Jahwe, alla quale non ci si pu sottrarre. Qui,
come anche in Is 2,12-17 (Wildberger, BK
X,105s.), vengono sottolineati soltanto alcuni
aspetti: in Amos le tenebre, in Isaia la superiorit
di Dio rispetto ad ogni arroganza e ad ogni orgo
glio, Pi ampi sono i testi di Sof l,7ss. ed Ez 7
(Zimmerli, BK X III,166-168), dove il giorno di
Jahwe si rivolge interamente contro Israele, men
tre dopo la catastrofe del 587 (in Ez 13,5; 34,12;
Lam 1,12; 2,1.21s. designata retrospettivamente
come giorno d Jahwe o sim.) il giudizio di Dio
si rivolge in prevalenza, ma non esclusivamente
(cfr. Gioe 1,15; 2,1.11; Zac 14,1; Mal 3,23) contro
i popoli stranieri (soprattutto contro Babilonia in
Is 13,6.9; contro lEgitto Ez 30,3; contro Edom
Abd 15; cfr. inoltre Is 34,8; 61,2; Ger 46,10; Gioe
3,4; 4,14). Il passaggio d questidea dalla profezia
di sventura alla profezia di salvezza e viceversa
reso possibile dal fatto che il giorno di Jahwe gi
di per s ha un carattere ambivalente; esso arreca
sventura ai nemici di Jahwe e salvezza a coloro
che gli appartengono. Tutto dipende da quale
parte stanno Israele opp. coloro a cui ci si rivolge.
Lidea del giorno di Jahwe fomia cos un importante
anello di congiunzione tra lannuncio del giudizio e
lannuncio della salvezza da parte dei profeti e rivela
anche la loro connessione intrinseca.
5/ Nei testi di Qumran jm viene adoperato
senza innovazioni essenziali rispetto allAT. Nei
LXX Y)(iipa, meglio ancora di quanto avviene nel
resto del greco, assume il senso di tempo ,
traendolo dallAT. Per la storia ulteriore dellidea
del giorno di Jahwe , espressa cqn una nuova
terminologia ( giorno di Dio , giorno del Si
gnore ecc.) nel giudaismo tardivo e nel NT, cfr.
p.e, P.Volz, Die Eschatologie der jiid. Gemeinde
im ntl, Zeitalter, 1934, 163-165; G. von Rad G.Delling, art. 7)(xpa, ThW 11,945-956 (= GLNT
IV,105-134).
E.Jenni

nr

j m GIORNO

628

^JT j h l pi./hi. ASPETTARE


1/ jhl pi./hi. aspettare, attendere attestato
solo in ebr; iJ rimando al sudarab. whl essere ti
tubante (GB 297b; KBL 377b) di scarsa utilit.
Le attestazioni di una forma secondaria /?/7(III) sono in
sicure (in Gen 8,10 e Mi 1,12 si deve leggere jhl pi., in
Giud 3,25; Sai 37,7 e Giob 35,14 7 /7/ hi.; cfr. Bergstr.
11,173; diversamente L.Kopf, VT 8, 1958, 176s.),

Il verbo attestato al pi. e allhi. (sulla differenza


di significato tra pi. aspettare e hi. tenersi in
aspettativa, cfr. KBL 377s.; Jenni, HP 249s.
257s.); le forme ni. in Gen 8,12 (da vocalizzare al
pi., come al v. 10) e Ez 19,5 txt? (cfr. Zimmerli,
BK XIII,418) sono insicure. Al verbo si accostano
lagg. jhil aspettante (Lam 3,26, ma certa
mente da emendare in jhl hi.) e il sost. thc/cei
attesa, speranza (sulla formazione nominale
cfr. GK 85p).
Il nome proprio Joh!e'l (Gen 46,14; Num 26,26) fatto
derivare da Noth, IP 204, non da questa radice (cosi
KBL 378a), ma dairaram./arab. hlw/j essere dolce, pia
cevole .

2/ Secondo Lis. (cancotando ISam 13,8 come


hi.) jhl pi. ricorre 24x (Sai 14x, Giob 6x, Dtis 2x,
Ez e Mi lx ciascuno), hi. 15x (Sai 5x), ni. 2x (vd.
sp.)J h il lx (vd. sp.), thd'lcpt 6x (Sai 39,8; Giob
41,1; Prov 10,28; 11,7; 13,12; Lam 3,18), tutta la
radice complessivamente 48x (senza lui III, vd.
sp,), di cui 20x in Sai, 9x in Giob, 4x in Lam, 3x
in Prov.
*
3/ Il verbo va collocato fra quelli che indicano
attesa e speranza, i quali formano un gruppo se
mantico solo se vengono presi nel loro insieme. Il
pi importante dei verbi paralleli qwh pi. spe
rare (vd. ivi anche per hkh pi., sr pi. e i nomi
derivati iiqw, miqwa\ sbcer). Per lintero campo
semantico cfr. C.Westermann, Das Hoffen im
AT, Theologia Viatorum 4,1952/53,19-70 = Forschung am AT, 1964, 219-265.
Un terzo circa dei passi non ha importanza teolo
gica. Il verbo corrisponde allitaliano aspettare
in Gen 8,10.12 txt em: No aspetta che il flusso
delle acque sabbassi; similmente ISam 10,8; 13,8;
Giob 32,11.16 (testualmente incerto 2Sam 18,14).
La particolare sfumatura di questattesa varia a se
conda della situazione. In Giob 29,21 e 32,11.16
la rispettosa attesa dei pi giovani, quando parla il
pi anziano, in 29,23 rafforzala nelPaspettativa:
aspettavano me come la pioggia . Nel lamento
di Giobbe un perseverare 0 un sopportare corri
spondente alla sua situazione (Giob 6,11; 13,15;
14,14; 30,26). Lestensione semantica di questat
tesa si mostra ad esempio quando vi la possibi
lit di intendere in pi modi; Giob 13,15 pu es
sere tradotto: ecco, egli mi uccide, io non lo sop
porto! , ma si pu anche intendere: ecco, egli
mi uccide, io non laspetto! . Questambivalenza
dellattesa, a seconda della situazione, appare an
629

^rr

pi./hi. a s p e t t a r e

che in Prov 13,12: unattesa (thcelcet) prolun


gata causa apprensione, poich lattesa pu di
mostrarsi vana (Ez 19,5). Al limite tra Fuso teo
logico e quello non teologico sta Ez 13,6: i falsi
profeti aspettano che Dio adempia la parola da essi
annunciata.
4/ Negli altri luoghi jhl viene usato in riferi
mento a Dio. jhl uno di quei verbi il cui signi'
ficato coincide con la funzione che essi hanno in
una determinata forma letteraria, in base alla
quale devono poi essere interpretati tutti gli altri
usi e le variet semantiche. Questa forma lettera
ria (come nel caso degli altri verbi indicanti at
tesa e speranza, in riferimento a Dio) la dichiara
zione della fiducia, nel salmo di lamento del sin
golo. La maggior parte dei passi in cui il verbo
usato con valore teologico appartiene a questa
forma e alle sue variazioni.
a) jhl nella dichiarazione di fiducia: nel Sai 130
alla supplica dal profondo (vv. 1-2), che legata a
due motivi (vv. 3 e 4), fa seguito la dichiarazione
della fiducia vv. 5-6 (txt em): io spero (qwh pi.)
in te, Jahwe, la mia anima aspetta (qwh pi.) la tua
parola. La mia anima aspetta (jhl hi.) il Signore,
pi che le sentinelle il mattino . Grazie al para
gone, che come tale appartiene alluso non teolo
gico, molto chiaro ci che sintende esprimere
nella dichiarazione di fiducia. Parlando di spe
ranza o attesa di Jahwe sintende lattesa di un
evento, corrispondentemente al sorgere del crepu
scolo mattutino nel paragone. Per attesa di Jahwe
sintende lattesa del suo intervento salvifico.
chiaro quindi che parlando dellattesa di Dio sin
tende esattamente la stessa cosa che si esprime
con il termine aspettare , usato in senso pro
fano, non riferito a Dio; lunica differenza consiste
nel fatto che ci che sattende specificato come
azione di Dio, come intervento di Dio. Per ii resto
il verbo conserva, quando riferito a Dio, tutta
lestensione semantica che esso ha nelluso non
teologico; pu essere accentuato laspetto del per
durare nellattesa, come in Sai 71,14 ma io aspet
ter in eterno , o lo scopo dellattesa in Mi 7,7
aspetter il Dio della mia salvezza, 0 il tor
mento dellattesa in Sai 69,4 i miei occhi si con
sumano nellattesa del mio Dio . Ovvero lattesa
si basa proprio su questo, sul fatto che unattesa
di Dio, Sai 39,8 ed ora cosa aspetto, Jahw? La
mia speranza riposta in te! (similmente Sai
38,16; 130,5, Lam 3,24). Quasi come una fuga sul
tema dellattesa di Dio, Lam 3,21-26 propone un
ampliamento meditativo della dichiarazione di fi
ducia. Le prime proposizioni dicono espressa
mente che attendere Dio significa attendere il suo
intervento liberatore: di questo mi preoccuper,
questo attender; le dimostrazioni di grazia da
parte di Jahwe non sono finite, le sue misericordie
non sono esaurite... . Questo tema viene conti
nuato nel v. 23 e lattesa di Jahwe viene ulterior
mente motivata nei vv. 24-25.
630

b) Questa attesa di Dio nella dichiarazione di


fiducia evidentemente un segno che contraddi
stingue Patteggiamento delPuomo nei confronti di
Dio in Israele; nei passi relativamente scarsi in cui
ricorre la parola, si trova una serie di ampliamenti
e di variazioni del tema: (1) Nel Sai 119 ricorre
frequentemente come secondo membro lespres
sione io aspetto la tua parola (vv. 81.114.147,
cfr. v. 74; con una leggera variazione ai vv. 43 e
49), sempre come dichiarazione di fiducia in la
pers. sing., non pi nella stessa funzione, ma in
tesa a denotale pi in generale Patteggiamento del
devoto. Nella letteratura sapienziale a sfondo reli
gioso Pattesa del malvagio viene contrapposta
allattesa del devoto (Prov 10,28; 11,7). (2) in una
serie di passi si fa appello a questa attesa di Jahwe;
la dichiarazione di fiducia si muta in parenesi.
Lorigine delPammonizione dalla dichiarazione di
fiducia visibile in Sai 130,5-7, dove la dichiara
zione si trasforma nel l'ammonizione attendi
Jahwe, o Israele! (v. 7; ugualmente 131,3).
Lammonizione si trova inoltre in Sai 42,6.12;
43,5; oppure viene fatta una promessa a chi at
tende: Sai 31,25; 33,18; 147,11; cfr. Prov 10,28.
(3) 11 significato dellattesa di Dio ben visibile
nel lamento, nel quale il venir meno dellattesa si
gnifica che si toccato il punto pi basso; cosi
Lam 3,18 la mia attesa di Jahwe finita e 2Re
6,33, in cui il re esclama: cosi grande la disgra
zia che Jahwe ha mandato su di noi, e allora cosa
devo ancora aspettarmi da Jahwe? .
c) In alcuni passi Pattesa di Dio inserita nellan
nuncio di salvezza dei profeti; nel messaggio di
salvezza del Deuteroisaia, che si estende a lutto
luniverso, le regioni lontane, le isole attendono
Jahwe (Is 42,4; 51,5); in Mi 5,6 si dice che il re
sto attende non gli uomini, ma solo Dio.
5/

qwh pi.

C. Westermann

nCT jt b ESSERE BUONO -

tb.

hi. STABILIRE CI CHE


GIUSTO

r o ' jkh

1/ La radice jkh si ritrova solo nelPebr. e


nelParam. giud. (KBL 380a). Dallhi. del verbo,
con laggiunta del prefisso la-, derivano i due so
stantivi fem. tdkhat e tkeh (BL 499).
Alla stessa famiglia appartengono i nomi nkah retto,
ci che retto (8x) e nkah davanti (a) , usalo per
lo pi come preposizione (24x; scambio tra n e w iniziale,
Noldeke, NB 190s.).

2/ NelPAT il verbo attestato 59x (hi. 54x, di


cui Giob 15x,Prov lOx, Sai 7x;ni. 3x,ho. lx [inol
631

tre Sai 73,14 txt em], hitp. lx), il sost. tdkhat 24x,
il sost. tkh 4x. Le attestazioni sono particolar
mente numerose in Prov e Giob (rispettivamente
26 e 19 degli 87 passi complessivi),
3/ a) La radice ambientata originariamente
nel campo della procedura giudiziaria (cfr, Is
29,21; Am 5,10 alla porta ). 11significato fonda
mentale di jkh hi. stabilire ci che giusto
(cos con H.J.Boecker, Redeformen des Rechtslebetis im AT, 1964,45-47; attestazioni: Gen 31,37;
Giob 9,33; 16,21; 13,3.15; Lev 19.17; con F.Horst,
Gottes Recht, 1961, 289; id., BK X V I/1,86 ret
tifica processuale ; diversamente V.Maag, Text,
Wortschatz und Begriffswelt des Buches Amos,
1951, 152-154, che assume come significato pri
mario ammonire e ritiene secondario il signi
ficato processuale). Soggetto di jkh hi. in origine
listanza che d origine al processo (p.e. Gen 31,37
E; Giob 9,33; cfr. Wolff, BK XIV/l,94);y/ty hi. ha
luogo alla fine del processo. Giob 13,3 e 15,3 (cfr.
Ab 2,1 tkhat) mostrano che nel caso di jkh hi.
si tratta di una parola che viene pronunciata. 1Re
3,27b hi 'immd essa sua madre potrebbe es
sere un esempio di tale sentenza declaratoria
(Boecker, l.c., 142s.; cfr. Es 22,8 h z?). In Is 2,4
= Mi 4,3; Is 11,3.4; Ab 1,12; Giob 22,4; 23,4 si
trova jkh accanto a -spt giudicare , in Os 4,4;
Mi 6,2; Giob 13,6; 40,2 accanto a rib intentare
un processo, in Giob 32,12 accanto a nh
rispondere . Quando soggetto di jkh sono le
parti in causa, il loro stabilire ci che giu
sto passa a significare provare, ribattere,
giustificare e sim.: cos gli amici di Giobbe in
Giob 6,25s.; 19,5; 32,12 e Giobbe in Giob 13,3.
6.15; 15,3; 23,4; 40,2 (cfr, Gen 21,25; Sai 38,15;
Ab 2,1). Per le preposizioni dopo jkh hi. cfr.
BKL 380b.
b) Quando jkh viene usato nei confronti di uno
che dalla parte del torto, il significato diventa
ammonire, chiedere conto (Boecker, l.c.,
47). Con questo significato jkh ricorre soprattutto
in Prov: jfch in Prov 9,7s.; 10,10 txt em; 15,12;
19,25; 24,25; 28,23; tdkhat sempre al sing. e per
lo pi in parallelo con musar disciplina (jsr) in
Prov 5,12; 6,23; 10,17; 12,1; 13,18; 15,5.10.32; par.
s consiglio (/$ ) in Prov 1,25.30 (cfr. von
Rad 1,444 n. 33). Gli ammonimenti educativi dei
genitori e dei sapienti sono disprezzati dai beffardi
e dai malvagi (Prov 1,30; 5,12 ecc.); essi detestano
lammonizione (Prov 15,10; 12,1), chi giudizioso
invece Pascolta (Prov 15,31s.) e la custodisce
(Prov 13,18; 15,5).
Come opposti sono da menzionare qrs 4jin strizzare
l'occhio (Prov 10,10) e hlq lason lusingare con la lin
gua (Prov 28,23); conseguenza dello jkh hi. per la per
sona in questione essere trovato bugiardo (kzb ni.,
Prov 30,6).
Anche il termine affine nkh ci che retto ca
ratteristico del linguaggio sapienziale (Prov 8,9; 24.26;
26,28 txt em; Eccli 11,21; cfr. H.W.WoJfT, Amos* geistige Heimat, 1964 , 38-40).

r c r jk h hi. STABILIRE CI CHE GIUSTO

632

4/ Luso teologico si adegua ad ambedue i si


gnificati:
a) processuale: Dio come giudice soggetto di jkh
hi. in Gen 31,42b E; 2Re 19,4 = Is 37,4; Is 2,4 =
Mi 4,3; Sai 50,8.21; Giob 22,4; lCron 12,18; hitp.
Mi 6,2. 11 ni. in Is 1,18 mostra che ambedue le
parti in causa, Jahwe e il popolo, possono essere
reciprocamente detentori del potere di jkh (Wildberger, BK X,52). In Ez 5,15; 25,17 il mezzo di cui
Dio si serve per punire viene caratterizzato con la
formula betkeljt hema con feroce punizione .
Anche Pespressionejm tkh giorno della pu
nizione (Os 5,9; 2Re 19,3 = Is 37,3) potrebbe
avere il carattere di formula (diversamente Woiff,
BK XIV/1,143). In Giob 13,3.15; 40,2; Ab 2,1;
Giob 23,4 oggetto di jkh Dio.
b) educativo: Dio ammonisce lorante (Sai 6,2;
38,2; 39,12), i re (Sai 105,14 = lCron 16,21; 2Sam
7,14), i malvagi (Sai 94,10), i faziosi amici di
Giobbe (Giob 13,10), colui che aggiunge qualcosa
alle parole di Dio (Prov 30,6). Tali ammonimenti
si rivolgono prima di tutto a coloro che Dio ama
(Prov 3,1 ls.); perci luomo, che Dio ammonisce,
detto beato (Giob 5,17).
Singolare luso d jkh hi. in Gen 24,14.44 ( prendere
una decisione , stabilire , cfr. O.Procksch, Die Genesis. Ji924, 324).

5/ Nei testi di Qumran jkh hi. e tkhat sono


usati come nelPAT; in CD 7,2; 9,7s. e 1QS 5,26
citato Lev 19,17. Prov 3,1 ls. ha grande impor
tanza nel giudaismo (vd. in O.Michel, Der Brief
an die Hebraer, "1964, 439s., la digressione dal ti
tolo: Das Leiden als Ztichtigung Gottes), cfr. nel
NT Ebr 12,5ss. LXX generalmente rendono jkh
con
P-Bchsel [- G.Bertram], art.
ekyyo, ThW II,470-474 = GLNT 111,389-398).
G.Liedke

jld GENERARE
1/ La radice *wld (semNO. > jld , cfr. tuttavia
Gen 11,30 wld figlio; Meyer 1,97) gene
rare appartiene al semitico comune (Bergstr.
Einf. 182; P.Fronzaroli, AANLR VIII/19, 1964,
246.262) ed ben attestata negli ambienti contem
poranei allAT; acc. (w)aldu (CAD A /I, 287
294), ug. yd (WUS nr. 1166), nelle iscrizioni fen.
e aram. jld (DISO 107; manca nelfaram. bibl.).
Per quanto riguarda il verbo, sono attestate tutte
e sette le coniugazioni (q. partorire, generare ,
ni, nascere , pi. lare la levatrice , cfr, Jen
ni, HP 210s., pu. nascere, propriamente qal
passivo, hi. far generare, partorire , ho. na
scere , hitp. far (riConoscere la propria origi
ne Num 1,18). Il principale sostantivo della ra
dice jdced ragazzo, figlio; si incontrano
inoltre jald
ragazza , jafid figlio ,
jilld (neo)nato , wld figlio , e anche lda
633

l b ' jld GENERARE

parto (BL 450), mlcdcef discendenza, paren


tela (BL 490), ldt generazioni, genealogia .
(BL 495); ad essi si aggiungono i nomi di persona
Mld (lCron 2,29; Noth, IP 144) e i nomi di
luogo Mlad (Gios 15,26; 19,2; Neem 11,26;
lCron 4,28), Tld (lCron 4,29) = celtlad (Gios
15,30; 19,4; cfr. HAL 58).
2/ La maggior parte delle 492 attestazioni del
verbo si distribuiscono tra Gen (170x) e lCron
(117x); seguono Is 23x, Ger 22x, Es e Giob 15x,
Rut 14x. Di esse 237 sono al qal (Gen 90x, lCron
26x, Ger 17x, Is 15x), 38 al ni. (lCron lOx, Gen
7x), 10 al pi. (Es 8x, Gen 2x), 27 al pu. (Gen llx),
176 alPhi. (lCron 80x, Gen 59x, Rut 9x, Is 6x), 3
alfho. (Gen 40,20; Ez 16,4.5), 1 alPhitp. (Num

U 8).

Per i nomi si hanno le seguenti cifre: jcloed 89x


(incl. ISam 6,23 Q; Gen 19x, Es e 2Sam 12x, Re
9x\ jald 3x, jadii 3x* jilld 5x, jlld 13x, wld
lx, ldei 4x, mleklcet 22x (Gen 9x), lldt 39x
(Gen e Num 13x ciascuno, lCron 9x, Es 3x, Rut
lx), quindi i nomi ricorrono complessivamente
179x (la radice, senza i nomi propri, 671x).
La frequenza in Gen e LCron va spiegata con luso del
verbo nelle genealogie; quasi tutte le attestazioni
dellopera del Cronista appartengono agli alberi genealo
gici, e lo stesso vale per la maggior parte delle ricorrenze
in Rut (4,18-22).

3/ a) Nel suo significato primario jld q. va tra


dotto con partorire (Gen 4,ls.) o (pi rara
mente) con generare (Gen 4,18), se ii soggetto
rispettivamente una donna o un uomo. La
costruzione usuale quella con 'cei seguito dalla
menzione del nome di colui che stato generato
0 procreato. Ma spesso si trova anche il semplice
accusativo, soprattutto nellespressione essa ha
partorito un figlio . Il nome del padre, a cui
nato il figlio (la figlia) retto da le,
b) Il campo semantico di jld dato dalla natura stessa:
iss donna (Giud 13,24) o m madre (Ger
15,10), anche ''ama ancella o ptlcegces concubina
(Gen 22,24) designano i soggetti, ben figlio (ISam
1,20; pi. bnlfn figli, figliuoli , Gen 10,1) o hai fi
glia (Gen 30,21) per lo pi indicano loggetto del par
torire (cfr. zkr maschio Lev 12,2; neqb fem
mina Lev 12,5; nlat ragazzo Giud 13,8); cfr. anche
ab padre (Is 45,10) relativamente al sign. di ge
nerare .
Tra i verbi che appartengono al campo semantico di jld
1pi comuni sono: hrh rimanere/essere incinta (41x,
agg. hrce incinta 15x), hll avere le doglie (q. 30x
secondo Lis.) e gdl pi. allevare (Is 1,2, cfr. Wildberger} BK X,12; 49,21; 51,18 ecc.); cfr. anche le radici V
Caqr sterile ) e skl (pi. rendere senza prole, avere
un aborto , skl/sakkl senza prole ).

c) La formazione segolata jcelced ragazzo non


di rado usata come sinonimo di ben figlio ,
con la sola differenza che ben precisa meglio
dellindifferenziato jeleed il rapporto con il padre
o la madre (cos in Re 3,25; Ger 31,20 eccJclced
sta accanto a bn\ invece p.e. in Es ls. o Dan 1,
634

in cui il rapporto con i genitori non ha alcuna im


portanza, si trova solo j&lced', per Gen 4,23 cfr.
P.D.MilIer, JBL 85, 1966, 477s.). jcelced come ter
mine maschile si contrappone direttamente al
femminile jaldd ragazza (Gioe 4,3; Zac 8,5),
ma viene anche usato pi in generale nel sign. di
figliuolo (Esd Oyl). fldTm sono i giovani ,
soprattutto in contrapposizione agli anziani
(zeqnTm\ IRe 12,8.10.14 = 2Cron 10,8.10.14; cfr.
A.Malamat, JNES 22, 1963, 247-253).
jlfd figlio si unisce spesso a -bjit casa
nellespressione j elid() bjit (Gen 14,14;
17,12s.23.27; Lev 22,11; Ger 2,14); ci si riferisce
agli schiavi nati in casa, in contrapposizione a
quelli comprati con denaro (miqnat kcescef, Gen
17,12 ecc.).
d) Non di rado jld viene usato anche in riferi
mento ad animali (jld q. Gen 30,39; 31,8; Ger 14,5;
17,11, ecc.; jddced Is 11,7 dei cuccioli dellorsa,
Giob 39,3 dei piccoli della cerva, Giob 38,41 dei
piccoli del corvo).
e) In senso figurato si pu parlare di Mos che
partorisce: Allora, tutto questo popolo lho con
cepito o lho partorito io? (Num 11,12), pari
menti della roccia (Deut 32,18), del mare (ls
23,4), della pietra (Ger 2,27), del giorno (Prov
27,1), ma anche di Israele (Is 33,11), di Sion (Is
66,8) o del nemico (Sai 7,15); cfr. inoltre luso me
taforico in ls 55,10; 59,4; Giob 38,28 hi.; Sai 90,2
pu.; Prov 17,17 ni.

4/ a) Uno dei motivi pi antichi che ricorrono


nelle storie dei patriarchi il racconto della man
canza di figli della capostipite (Gen 16,ls. essa
non gli aveva generato nessun figlio ; cfr. 17,17;
18,13). A questa donna viene promesso un figlio
da Dio (o da un suo messaggero); Gen 16,11.15;
17,19-21 ( tu/essa genererai/generer un fi
glio). Il motivo ripreso in Giud 13,3-5.7; IRe
13,2; Is 7,14; 9,5; cfr. Is 54,1 (cfr. in proposito
C.Westermann, Forschung am AT, 1964, 19ss.).
?
b)'Per quanto riguarda gli scritti profetici basti ac
cennare a tre contesti, in cui la radice jld assume
un valore teologico: ( 1) Nella descrizione del giu
dizio annunciato viene talora usata limmagine
delle doglie di una partoriente : Mi 4,9s.; Ger
22,23; cfr. Is 13,8; 21,3; Ger 6,24 (la stessa imma
gine si trova anche in altri contesti: Is 23,4;
26,17s.; Cant 8,5); limmagine serve a mettere in
risalto la spaventosit del giudizio. (2) jld ricorre
anche quando si parla degli stessi figli che sono
nati ai profeti: Osea deve (1,2) prendere una
donna di prostituzione e generare dei figli di pro
stituzione (jald zennfm). In questa designazione
gi contenuta laccusa contro Israele: gli israeliti
sono figli di prostituzione, perch si sono allonta
nati da Jahwe e hanno preso parte ai riti cananei
di fertilit, in onore di Baal. I nomi dei figli che gli
nascerenno (jld in Os 1,3.6.8) da questa donna di
prostituzione indicano in modo inequivocabile il
635

giudizio futuro. Lo stesso significato di prefigu


razione hanno anche i figli (opp. i loro nomi), che
nasceranno a Isaia (jld in Is 8,3; }eIdm in 8,18).
Per Is 7,14 cfr. H.W.WolfT, Immanuel, 1959; cfr.
inoltre Is 9,5. [n ambedue i casi la promessa del
bambino, che viene messo al mondo, legata a
quanto viene detto sulla salvezza futura. (3) 1 la
menti del profeta Geremia culminano nella male
dizione della propria nascita; qui si incontra ogni
volta il verbo jld: 15,10 o me infelice, o madre,
perch mi hai partorito! e 20,14 maledetto il
giorno in cui nacqui, il giorno in cui mia madre mi
partor non sia benedetto . Questo lamento ri
preso, sempre in unione con jldy in Giob 3,3.
c) In alcuni casi jld serve a definire il rapporto tra
Jahwe e luomo come un rapporto padre-figlio
{ab IV/3, -ben IV/3). Cosi ladozione del re da
parte di Jahwe nelPatto di intronizzazione viene
intesa come un generare (Sai 2,7 mio figlio
sei tu, io oggi ti ho generato ), anche se non in
senso mitico e fisico, come invece avviene
nellideologia egiziana (cfr. G. von Rad, Das judaische Konigsritual, ThLZ 72, 1947, 211-216 =
GesStud 205-213; Kraus, BK XV,18s.; K.-H.Bernhardt, Das Problem der altorientalischen Konigsideologie im AT, 1961 ).jld serve inoltre (per la ve
rit solo in attestazioni tardive) a definire il rap
porto tra Jahwe e il suo popolo (ben IV/3b). Par
lare di Jahwe come di colui che ha generato il suo
popolo (opp. a cui nato Israele) significa adottare
un linguaggio metaforico (cfr. su questo tema
P.Humbert, Yahv Dieu Gniteur?, Asiatische
Studien 18/19,1965,247-251), evidente per esem
pio in Deut 32,18 della roccia, che ti ha generato
(jld q.), non ti ricordasti e dimenticasti il Dio, che
ti partor (hil poi.), cfr. Ger 31,20. Quando p.e.
in Ez si dice della trovatella (16,20) o di Oola e
Ooliba (23,4.37) che hanno generato dei figli a
Jahwe, anche in questo caso si ha un discorso me
taforico; si tratta deHimmagine, attestata per la
prima volta in Osea, di Israele quale sposa infedele
di Jahwe. Tutle queste immagini richiamano lori
ginario rapporto di amore e di protezione che in
tercorre tra Jahwe e il suo popolo e che rende
tanto pi dolorosa la realt dell'attuale apostasia di
Israele da Jahwe.
In Giob 38,28s. lazione creatrice di Jahwe viene
presentata indirettamente mediante il verbojld q./
hi.
5/ La radice jld non ha in greco una corrispon
denza uniforme. I LXX traducono il verbo al qal
generare con t i x t g l v , altrimenti con una
forma di yevvav (cfr. F.Buchsel - IC.H.Rengstorf, art. yevvdtco, ThW 1,663-674 = GLNT
11,397-424). Anche jclced reso in diversi modi
nei LXX: 7cat^tov (Gen 21,16 ecc.),TKvqv
(Gen 33,7 ecc.), Tta^ptov (2Sam 12,18 ecc.),
v eq c v ic tx c x ; (Dan
1,10 ecc.), cfr. A.Oepke, art.
Trau;, ThW V,636-653 (= GLNT IX,223-276).
.

J.Ktihlewein
* 6 jld GENERARE

636

; j m MARE - DlJTfl ftm.

HO" jfrrf F O N D A R E
1/ La radice jsd ricorre in ebr., ug. e aram.
giud., con un significato pi limitato anche in al
tre lingue sem. (sir. satt piantina di vite , <
sadt, LS 502a; arab. wisd cuscino , Wehr
947a), mentre dubbia una connessione con lacc.
isdu fondamento (KBL 386a; cfr. tuttavia
AHw 393b).
Il verbo ricorre per lo pi al qal e al pi. (senza al
cuna differenza?, cfr, Esd 3,10 con 3,12; diversa
mente Jenni, HP 21 ls.), inoltre anche al pu., ni.
e ho. Dalla radice si sviluppata una serie di so
stantivi comej esde msd(vd. st. 2), sempre con
il significato di fondo/fondamento, fonda
zione .
2/ Il verbo (41x: q. 20x, di cui Sai 7x, Is 5x; pi.
lOx, pu. 6x, ho. 3x, ni. 2x) appartiene prima di
tutto, a prescindere dal suo uso tecnico nella ter
minologia edile (particolarmente nei libri storici),
alla terminologia della creazione (Sai, Dtis ecc.).
Tra i sostantivi, fsd ricorre 19x (Lev 8x), msd
I3x, msd e msd 2x ciascuno, fsd, f sd e
trnssad lx ciascuno (considerando con Lis. 2Cron
24,27 come q., Ez 41,8Q come sost., esci. Sai 2,2
e 31,14 jsd II ni. riunirsi ). Cfr. gli elenchi in
P.Humbert, Note sur ysad et ses drivs, FS
Baumgartner 1967, 135-142.
3/ jsd indica Fatto di gettare le fondamenta; ra
ramente quindi lo si usa per indicare la posa di
una prima pietra da sola (invisibile dopo lerezione
delPedifcio; cfr. Is 28,16), mentre per lo pi desi
gna la costruzione del muro maestro (IRe 5,31;
cfr. 7,10s.; K.Galling, Studien zur Geschichte
Israels im persischen Zeitalter, 1964,129ss.). Tut
tavia questo significato preciso pu essere indebo
lito in mettere lo strato pi basso (2Cron 31,7)
o ampliato nel sign. pi generico restaurare, rin
novare (cfr. 2Cron 24,27 con 24,4 e 2Re 12,13;
A.Gelston, VT 16,1966,232-235). Inoltre il fon
dare pu essere usato, anzich per edifici come
il tempio (IRe 5,31 ecc.) o il palazzo (7,10), in
senso traslato per citt (Gios 6,26; IRe 16,34; Is
54,11) o intere regioni (Es 9,18; Is 23,13), anzi,
pu diventare unimmagine della sicurezza della
fede (Is 28,16). Poichjsd in base al suo significato
primario denota anche fissare , accanto a ini*
ziare, cominciare (Zac 4,9; cfr. Es 9,18), questo
verbo pu infine assumere il significato di stabi
lire, comandare (Est 1,8) o esprimere lidea di
stabilit (Sai 119,152 delle testimonianze opp, pre
cetti di Jahwe; cfr, Prov 10,25).
Il significato di Sai 8,3 stabilire la potenza (o concreta
mente: fortificazione, baluardo?; non: lode, cfr. Mi
21,16) molto discusso.

637

I O 1' js d FONDARE

4/ Come espressione tecnica in campo edilizio,


sembra che jsd in origine fosse diffuso nellam
biente della sapienza artigiana (cfr. Prov 3,19;
Giob 38,4) e sia passato poi nella terminologia di
creazione del linguaggio cultuale (cfr. anche
Humbert, l.c., 137s.l40s.j. In questo linguaggio rie
cheggia ancora il significato primario, quando la
creazione considerata opera della mano (cfr.
p.e. Is 48,13 con Zac 4,9). Tuttavia le concezioni
cosmogoniche sono diverse nei particolari. La du
plice affermazione del fondare la terra e disten
dere (o sim.) il cielo (Is 48,13; 51,13.16; Zac
12,1; dr. Sai 78,69; 102,26) non d nessuna infor
mazione sulf origine delle due parti del mondo e
non dice su quale base ha luogo la fondazione. Al
contrario Sai 24,2 include il mare come indica
zione del luogo (Jsd4al fondare su ) e Sai 104,5
parla di fondamenta (mkn) sotto la terra (cfr.
Giob 3S,4ss.), Ma molto discutibile se tutte le af
fermazioni di questo genere si rifacciano ad
ununica concezione di un disco terrestre, che
poggia su pilastri nel mare; limmagine del mondo
vtrt. ben poco unitaria.
La narrazione della creazione di Gen 1 risale a conce
zioni che si sono configurate in altro modo; p.e. bisogna
distinguere la concezione della divisione tra cielo e terra
opp. tra acqua e terraferma da quella del fondare la
terra. Cos in Sai 89,10ss. (v. 12) sono mescolate in
sieme concezioni diverse, oppure Is 48,13 (cfr. 51,16)
pu sviluppare lattivit artigiana intesa come creazione
mediante la parola (qr1 chiamare ).
Am 9,6 (cfr. Sai 78,69) conosce inoltre una fondazione
della volta (?) del cielo sulla terra . Analogamente
si parla di fondamenta della terra (Sai 82,5; Mi 6,2
ecc.; cfr. ug. 51 [= Il AB] 1,41 msdtars), dei monti (Deut
32,22; Sai 18,8), della terrafeima (Sai 18,16; cfr. Sai
89,12) e del cielo (2Sam 22,8).

5/ Nella comunit di Qumran jswd- forse in di


pendenza da Is 28,16 - indica la comunit stessa
(J.Maier, Die Texte vom Toten Meer, II, I960,
93s.; S.H.Siedl, Qumran. Eine Mnchsgemeinde
im Alten Bund, 1963, 54ss.).
Lequivalente greco XTt^etv ha avuto uno svi
luppo in un certo senso simile: da coltivare, fon
dare a creare (cfr. W.Foersler, art.
ThW III,999-1034 = GLNT V,1235-1330).
WH. Schmidt

10' js r PUNIRE
1/ La radice *wsi\ di cui non possibile deter
minare univocamente il significato primario, ri
corre oltre che in ebr. anche in ug. (wsr D am
monire, rimproverare ; WUS nr. 870; UT
nr. 807.1120).
Laram. giud Jissw II (o 'isr II) punizione pu es
sere dovuto ad uninfluenza ebr. (cfr. medioebr. jissr),
se non da collocarsi sotto un jsr 11 (accanto a jsr le
gare ) (vd. Dalman !85a: diversamente p.e. Jastrow
582s.); altrimenti ammonire, biasimare in aram. si

638

dice ad esempio ks' II / ksn / kss(similmente in sir.). Per


il discusso aram. eg. itsr in Af;i. 80, vd. Cowley 234. Cfr.
anche AHw 79a asru (con rimando a Landsberger),

NellAT ebr., oltre al verbo jsr punire, ricorre


soprattutto il sost. musar punizione, correzione
(BL 490); jissr biasimatore (BL 479) un
apaxlegomenon (Giob 40,2). Il verbo, che atte
stato in particolare al pi., oltre che al qal e al ni.,
presenta ancora numerose forme irregolari, ad
esempio la forma hi. isolata 'ajsFrm (Os 7,12 txt?,
cfr. BL 383) come anche il raro riflessivo-passivo
nitp. (Ez 23,48, cfr. BL 283).
2/ 11 gruppo lessicale, che ricorre complessiva
mente 93x nel TM, ha la sua diffusione pi varia
nelle 42 attestazioni del verbo; ia diffusione pi ri
stretta delle 50 attestazioni del nome musar per
mette di riconoscere un profilo pi chiaro di co
niazione sapienziale,

musar si trova 30x in Prov (60%) e specialmente nelle


raccolte formate dai c. 1-9 e 10,1-22,16 (13x ciascuno),
per il resto 4x in Giob (oltre ajissr Giob 40,2), I4x nei
profeti (di cui Ger 8x) e lx ciascuno in Deut 11,2 e Sai
50,17. Il verbo, che ricorre 4x al qal, 5x al ni. e 31x al pi.
(per hi. e nitp. vd. sp. 1), attestato 3x in Lev 26, 5x in
Deut, 6x in Re 12,11.14 par. 2Cron 10,11.14, 13x nei
profeti (di cui 7x in Ger), 9x in Sai, lx in Giob 4,3 e 5x
in Prov. La radice f. la. manca compleLamente in Eccle.

3/ Il significato fondamentale del verbo pu


nire , quello del sost. musar punizione ; pu
venir espressa sia una punizione corporale (jsr
pi.: Prov 19,18; 29,17; anche Deut 22,18; cfr. Prov
29,19 ni.; musar assieme a sbcet verga: Prov
13,24; 22,15; 23,13; cfr. Ger 2,30; 30,14) sia anche
- e in realt pi spesso - una punizione per
mezzo di parole, nel senso di ammonire (cfr.
Jenni, HP 217s., che colloca jsr tra i verbi del
dire ); verga e parole come strumento non
devono essere contrapposte, poich ambedue face
vano parte del leducazione che era impartita
nellambito della famiglia (cfr. oltre i passi gi ci
tati Deut 21,18), come anche nella scuola dei sa
pienti (cfr. H.Brunner, Altg. Erziehung, 1957,
56ss.l31ss.; anche L.Diirr, Das Erziehungswesen
im AT und im antiken Orient, 1932, 114ss.). Per
quanto concerne la punizione verbale, si ha anche
spesso un uso linguistico pi lato, che talora pre
senta un carattere negativo (vd. ad esempio Giob
20,3; cfr. jissr biasimatore Giob 40,2), ma tal
volta ne presenta anche uno positivo (pi o meno
nel senso di ammonizione o ammonire,
istruire; vd. i dizionari e G.Bertram, ThW
V,604ss. = GLNT IX,131ss.; sul termine eg. si
mile sb'j.t insegnamento cfr, Gemser, HAT
16,19; H.H.Schmid, Wesen und Geschichte der
Weisheit, 1966, 9ss.), e Io stesso vale anche per
quanto concerne luso in senso traslato, in cui per
lo pi si parla della punizione/educazione im
partita da Dio (vd. st. 4; ma cfr. anche Prov 16,22
punizione degli stolti la stoltezza ).
I soggetti (logici) del punire sono anzitutto i
639

genitori e i sapienti (ma anche altri, come il re


nellesercizio del suo governo, Re 12,11.14) e in
senso traslato soprattutto Dio (cfr. Deut 8,5; inol
tre vd. st. 4). Tuttavia linteresse sembra rivolto in
primo luogo agli oggetti, che sono sempre persone
e su cui devono produrre i loro effetti la puni
zione educativa e r ammaestramento (per
l'eterogeneit degli effetti vd. st. 4); grammatical
mente essi possono diventare anche soggetti. Dai
punto di vista semasiologico inoltre notevole il
mutamento di significato del nome, per cui musar
talvolta significa non la punizione (quindi
latto}, ma anche it suo effetto (cio la corre
zione ) (von Rad I,459s.; G.Gerleman, FS Vrie*
zen 1966, 112s.), cosa che nel verbo trova corri
spondenza solo nel carattere terminavito del pi.,
che per lo pi usato in questo senso (vd. Jenni,
HP 218).
Inoltre sono indicativi i sinonimi del verbo e del
nome, come anche i verbi usati con il nome. Verbi
paralleli a jsr sono: Imd pi. insegnare (Sai
94,10.12; cfr. Ger 31,18; 32,33), jkh hi. ammo
nire (Ger 2,19; Sai 6,2; Prov 9,7); cfr. anche jrh
hi. insegnare (Is 28,26) e sub convertirsi
(Ger 5,3; cfr. 31,18). Come verbo sinonimo si
trova inoltre khh pi. ammonire ( ISam 3,13). Il
sinonimo pi importante di musar , in Prov, il
sosUkhat (-jkh) ammonizione, avvertimento,
rimprovero (3,11; 5,12; 10,17; 12,1; 13,18; 15,5.
10.32; cfr. 6,23 txt?); altrimenti in Prov si trovano:
ger riprensione (13,1), bina discerni
mento (1,2; 4,1 e spec. 23,23), d'at cono
scenza (8,10; 23,12), hokm sapienza (1,2.7),
's consiglio (19,20), tor istruzione, diret
tiva (1,8; cfr. 6,23), jir'at Jhwh timore di
Jahwe ( 1,7; cfr. Sof 3,7); cfr. anche debraj le
mie parole (Sai 50,17; cfr. Ger 35,13) e ql
voce (Ger 7,28; Sof 3,2), ambedue in riferi
mento a Jahwe.
Tra i verbi uniti a musar degno di nota soprattutto sm1
ascoltare (Prov 1,8; 4,1; 13,1; 19,27; cfr. 5,12s.; 15,32;
23,12; Giob 20,3; 36,10; anche Ger 7,28; 17,23; 32,33;
35,13; Sof 3,2; Sai 50,17). Altri verbi in senso positivo
sono: Iqh accogliere, conseguire (Prov 1,3; 8,10;
24,32; inoltre Ger 7,28, 17,23; 32,33; 35,13; Sof 3,2), qbl
pi. accogliere (Prov 19,20), qnh acquistare (23,23),
*hb amare (12,1; cfr. 13,1 txt em), hzq hi. attenersi
saldamente (4,13), smr custodire (10,17), jd 1 co
noscere (1,2); in senso negativo: bzh (Prov 1,7) / m's
(3,11) / n's (15,5) disprezzare, pr1 trascurare
(8,33; 13,18; 15,32; cfr. 1,25), sn odiare (5,12; cfr.
12,1; Sai 50,17).

4/ Se genitori e maestri,come anche Dio, sono


in primo luogo i soggetti effettivi (vd. sp. 3),
chiaro che la punizione/educazione impartita
da unautorit, che presuppone un preciso ordina
mento. Essa non fatta per essere fine a se stessa,
ma mira ad un effetto positivo in chi punito (vd.
sp, 3), quando eventualmente non significhi puni
zione in senso giuridico (cfr. Deut 22,18 e i giudizi
profetici, vd. st.).
Nelfambito sapienziale leffetto in ultima analisi
IO1 js r PUNIRE

640

lammaestramento e la formazione del singolo. La


punizione allontana la stoltezza dal giovane
(Prov 22,15, cfr. tuttavia 19,27) e rende saggio ,
cosicch il musar per i suoi effetti pu diventare
equivalente di sapienza e discernimento
(Prov l,2s.; 8,33; 15,32s.; 19,20; 23,23; cfr, 12,1;
G: von Rad, Weisheit in Israel, 1970,75), cosa che
non va intesa in senso intellettualistico, ma deve
essere inquadrata in una concezione della vita fon
data sulla religione. Al giovane che punito resta
ancora speranza (19,18), egli non deve mo
rire (23,13), poich msr una via della vita
(6,23; cfr. 10,17 txt em); il malvagio (rasa") invece
muore per mancanza di correzione (5,23; cfr.
15,10.32). Quindi msr unazione buona che
decide il destino, che elargisce vita come sua
conseguenza e ad essa appartengono anche
onore (cfr. 13,18; 15,33) e gioia (29,17) (cfr.
Gemser, HAT 16,27).
Una particolarit del carattere religioso del msr
il suo legame con il timore di Jahwe (jir'at
Jhwh) e F umilt (andw\ Prov 15,33; cfr. 1,7)
ed anche, in quanto via della vita , con la luce
del precetto e della legge (6,23; cfr. Gemser,
HAT 16,41; 1,7; Sai 94,12); esso si avvicina cos,
allobbedienza religiosa (cfr. anche Lev 26,18ss.).
L'astrazione teologica dellespressione punizione
di Jahwe (msr Jhwh Deut 11,2; Prov 3,11) in
riferimento al singolo (Prov 3,1 ls.) vuole porre in
evidenza il dolore in quanto provvedimento
educativo di Dio (cfr. Gemser, HAT 16,28s.,
J.A.Sanders, Suffering as Divine Discipline in th
OT and Post-Biblical Judaism, 1955; Fohrer, KAT
XV I,152, per Giob 5,17; inoltre Sai 6,2; 38,2;
39,12; 118,18; anche Ger 10,24), facendo spesso ri
saltare lamore di Dio, e in riferimento al popolo
di Dio (Deut 11,2) vuol porre in evidenza il suo
governo della storia in quanto educazione ; de
gno di nota il paragone di Deut 8,5.
Tuttavia questa considerazione storico-salvifica
propria soprattutto della predicazione profetica, in
cui msr pu ancora essere associato alla pa
rola o voce di Jahwe (vd. sp. 3). Nel quadro
dei giudizi profetici jsr/msr significa per gene
ralmente il processo giudiziario di Dio che punisce
il suo popolo, sia nel passato (Ger 2,30; 5,3; 17,23;
30,14; 32,33; 35,13; cfr. 31,18 come pure ls 26,16;
Sof 3,2) sia nel futuro imminente (Os 5,2; 7,12;
10,10; cfr. Wolff, BK XIV/1,125; inoltre Ger
2,19); ma ricorre anche nel significato di ammoni
zione (Ger 6,8; cfr. Ez 5,15; 23,48) e di promessa
condizionata (Ger 30,11; 46,28). Una posizione
particolare occupa Is 53,5 musar selmn lw
castigo/dolore della nostra salvezza su di lui ,
in cui viene alTermato il carattere escatologico
della sofferenza (espiatrice) vicaria.
La configurazione teologica del gruppo lessicale
jsr/msr/jissr cambia secondo i contesti e i modi
dimpiego; tuttavia essa essenzialmente fondata
su una teologia degli ordinamenti divini, in
quanto significa principalmente inserimento nelle
norme di vita date da Dio.
641

UT f d DETERMINARE

5/ Il gruppo lessicale non sembra particolar


mente importante negli scritti di Qumran. Nei
LXX jsr viene reso generalmente con 7roci<kijs!,v,
msr generalmente con 7rat.'a. Per il muta
mento di significato e per l'influsso ebr. sul con
cetto nts. di 7raiSda, vd. G.Bertram, ari ttouM ^ T h W V,596-624 (= GLNT IX ,105-190);
H.J.Kraus, Paedagogia Dei als theologischer GeschichtsbegrifT, EvTh 8, 1948/49, 515-527.
M. Scebo

T1T f d D E T E R M IN A R E
1/ La radice *w"d, conosciuta in tutti i rami
delle lngue sem., ha il significato di determi
nare, fissare . Nelle forme verbali e nominali essa
ha conservato sfumature diverse, p.e. acc. adannu
termine, periodo fissato (<*"ad-n-, AHw
lOb; CAD A/1,97-101.184s.); ug. "dt, mLd as
semblea (degli dei) (WUS nr. 1195); aram. bibl.
(con una derivazione non del tutto certa secondo
BLA 196) K
iddn tempo, anno (KBL 1106b;
DISO 204, LS 51 la); sir. wa'd determinazione,
periodo fissato (LS 185b, pa. denominativo in
vitare ); medioebr. pi. e aram. giud. pa. desti
nare in moglie (KBL 388a); arab. wV promet
tere , maw'id (luogo/tempo di un) appunta
mento (Wehr 960s.); et. m'al giorno (stabi
lito) ( <*mawadt, GVG 1,237).La connessione Ira Taram. antico dn (plur.) (clausole
del) trattato (DISO 203s.; Fitzmyer, Sef. 23s.; cfr. acc.
adu giuramento , AHw 14a; CAD A /l, 131-134) e la
nostra radice (cos p.e. KAI 11,242) non sicura.

11 verbo ebr. ricorre in qal determinare, defi


nire , ni. darsi convegno, trovarsi , hi. citare
(in giudizio) e ho. essere posto, costituito.
Formazioni nominali sono md'd luogo stabi
lito, tempo fissato , m'd luogo di raduno
(cos O.Procksch, Jesaja 1,1930, 206 a proposito di
Is 14,31; L.Rost, Die Vorstufen von Kirche und
Synagoge im AT, 1938, 7), mu'd designa*
zione (solo Gios. 20,9 delle citt di rifugio stabi
lite per gli omicidi; cfr. anche Rost, l.c., 7) e vd
comunit (BL 450, per l'aram. eg, kdh cfr.
DISO 39; A.Verger, AANLR VHI/19, 1964, 77s.;
id., Ricerche giuridiche sui papiri aramaici di Ele
fantina, 1965, 116-118).
incerto se et tempo sia connesso con f d (BL
450: < *7rf-fw). Ulteriori e parz. diverse affinit tra radici
sono esaminate da G.R.Driver, WdO 1/5, 1950, 412.
Nd'adj un nome proprio formato con j d ni. (Esd 8,33
levila; Neem 6,14 profetessa; Noth, IP 184: Jahwe si
rivelato, manifestato ; J.J.Stamm, FS Baumgartner
1967, 312).

2/ Il verbo ricorre in qal 5x (Es 21,8 txt em?


[cfr. p.e. Rost, l.c., 33; diversamente Noth, ATD
5,136]; Es 21,9; 2Sam 20,5; Ger 47,7; Mi 6,9), nel
ni. 19x (Es 25,22; 29,42.43; 30,6.36; Num 10,3.4;
14,35; 16,11; 17,19; 27,3; Gios 11,5; IRe 8,5 =
642

2Cron 5,6; Am 3,3; Sai 48,5; Giob 2,11; Neem


6,2.10), nelfhi. 3x (Ger 49,19 = 50,44; Giob 9,19),
nelfho. 2x (Ger 24,1; Ez 21,21), complessiva
mente 29x.
md si ha 223x (di cui 25x plur. masc., lx 2Cron
8,13 plur. fem.; Num 65x, Lev 49x, Es 38x, 2Cron
8x), di cui 146x nell'espressione 'hce m'd
(Num 56x, Lev 43x, Es 34x, 2Cron 4x, lCron 3x,
Deut e Gios 2x, ISam e IRe lx); md e md
ricorrono lx ciascuno (vd. sp. 1), d 149x (Num
83x, Es e Gios 15x, Lev 12x, Sai lOx, Giud 5x,
IRe, Ger Giob 2x, Os, Prov e 2Cron lx),
prevalentemente in P e nelluso da esso dipen
dente (cfr. le tabelle in Rost, l.c., 76 [comp. Lev
8,4] e 85).
3/ a) Il significato primario del verbo chiara
mente definito. Esso pu essere determinato
come notifica di una decisione o risoluzione, che
talmente legata nella sua attuazione ad Un luogo
stabilito o ad un tempo prefissato o ad una data si
tuazione, che una deroga a questa determina
zione... va assimilata alla trasgressione di un or
dine (Rost, l.c., 6). Davide stabilisce tempo e
luogo per Amasa (2Sam 20,5); un padrone destina
la sua schiava a) matrimonio per s (Es 21,8 txt
em) o per il suo figlio (v. 9); in Mi 6,9 il testo
corrotto. Se pi persone si fissano reciprocamente
una scadenza (ni.), vuol dire che si radunano, si
trovano: re (Gios 11,5; Sai 48,5), due uomini per
la strada (Am 3,3), gli amici di Giobbe (Giob
2,11), condottiero e popolo (Num 10,3s. ) ecc. ( 1Re
8,5 = 2Cron 5,6; Neem 6,2.10). Sembra che lhi.
abbia avuto qualche relazione con la radice lud
testimoniare (d) (Rost, l.c., 6); esso viene
usato esclusivamente per indicare la fissazione e la
definizione del giorno di comparizione in giudizio
o fatto del citare in giudizio (Ger 49,19 = 50,44;
Giob 9,19, ogni volta con Dio come oggetto). Nei
due passi in cui ricorre lho, attestato solo il
part., che pu essere tradotto come passivo del qal
posto, costituito (Ger 24.1 txt?, cfr. Rudolph,
HAT 12,156; Ez 21,21).
b) Il sost. tn'd pu designare il luogo (Gios
8,14) o il tempo delFincontro (ISam 9,24; 13,8.11;
2Sam 20,5 con fd , vd. sp.; 24,15) o funo e Paltro
(ISam 20,35). Per lo pi m'dequivale a tempo
stabilito, coincidenza d diverse scadenze o sim.:
stelle (Gen 1,14; Sai 104,19), il tempo delluscita
dallEgitto (Deut 16,6), il momento di un attacco
(Giud 20,38), il momento della migrazione delle
cicogne (Ger 8,7). Le promesse di un figlio sono
unite allespressione tra un anno in questo pe
riodo (lammid [hazzcY) (Gen 17,21; 18,14;
2Re 4,16.17; cfr. Gen 21,2; jjh 3c). Il luogo sta
bilito per ogni vivente la morte (Giob 30,23).
c) "d pu in un caso essere usato per designare
lo sciame di api, che Sansone trova nel cadavere
del leone (Giud 14,8); altrimenti la parola usata
esclusivamente in senso religioso (vd. st. 4c).
643

d) In Ger 47,7 swh pi. stabilire, comandare


unespressione parallela af d q.;/</, rispetto a swh
pi., ha un significato pi ristretto, perch precisa
meglio una data o un luogo (Rost, Le., 6 n. 2).
Il significato determinare, stabilire viene ricavato nei
verbi sinonimi dai significati primari di scalfire o di porre
e fissare, cosi ad esempio nel caso di hqq (3a; Is 10,1),
hrs (Giob 14,5, giorni), nqh (significato primario perfo
rare ; Gen 30,28 salario; Is 62,2 nome), fh (Num 34,7s.
linea di confine), e nel caso di jsd (q. Sai 104,8 luogo),
kn hi. (3c; Es 23,20 ecc. luogo; Nah 2,4 giorno), sim
( porre, mettere ; Es 23,13 luogo; Es 9,5 mo'd mo
mento , cfr. Giob 34,23 txt em), st ( porre, mettere ;
Es 23,31 confini). Solo zmn significa determinare un
tempo (part. pu. Esd 10,14; Neem 10,35; 13,31); esso
denominativo di zemn tempo stabilito, ora (Est
9,27.31; Neem 2,6; prst. aram., cfr. Wagner nr. 77/78).*

4/ a) Il verbo usato raramente in contesti teo


logici, Jahwe stabilisce tempo e luogo per la spada,
che sguaina contro Ascalona (Ger 47,7). Se egli
stesso fissa un appuntamento (presso larca o la
tenda sacra), f d ni. assume il significato di rive
larsi (Es 25,22; 29,42s.; 30,6.36; Num 17,19).
Quando si riuniscono degli uomini, pu trattarsi
di una rivolta contro Dio come nel caso della fa
zione di Core (Num 14,35; 16,11; 27,3).
b) Il sost. md tempo stabilito nelluso reli
gioso designa la data di una festa (Lev 23,2.4; Is
1,14; Ez 36,38; Os 2,13), in particolare la festa di
Pasqua e degli azzimi (Es 13,10; 23,15 ecc.). Con
esso pu essere indicato anche il luogo della festa
(Sai 74,4.8). La fine del tempo ben determinata
in anticipo (Dan 8,19; 11,27 ecc.). Il monte del
convegno (har m^d) nellestremo nord il
monte su cui si riuniscono gli dei (Is 14,13).
'hczl m'd tenda del convegno (di Dio con
Mos opp. di Dio con il popolo = tenda sacra )
il santuario mobile (da non confondersi con
larca: G.von Rad, Zelt und Lade, NKZ 42, 1931,
476-498 = GesStud 109-129, inoltre Eichrodt
1,6ls.) e il luogo di rivelazione del tempo della mi
grazione nel deserto; cfr. Rost, l.c., 35-38; von Rad
I,248s.; bibl. in G.Fohrer, Geschichte der isr. Religion, 1968, 72.
c) Con ld viene designata quasi esclusivamente
la comunit in senso religioso (talvolta con un ge
nitivo dipendente: ladat[ben] Jsr',iadat Jhwh,
per lo pi senza ulteriori specificazioni; cfr. Rost,
l.c.., 76), specialmente in P (Rost, l.c., 32), che nel
tempo dellesilio, per influsso del nome hcel in*d adotta questo termine al posto di 'am, in uso
nel periodo antecedente (Rost, l.c., 39s.). indi
cata a questa maniera anche la fazione di Core
(Num 16,5 ecc.), inoltre al di fuori del Pentateuco
la fazione dei malfattori (Sai 22,17; cfr. anche
68,31 e 86,14) e fassemblea degli dei, che
Jahwe giudica (Sai 82,1; cfr. Kraus, BK XV,571,
con paralleli ug.).
Accanto a {d va posto qahi assemblea (cfr. Rost,
l.c., in particolare 87-91).

H P f d DETERMINARE

644

5/ a) Tutti gli equivalenti gr. usati nei LXX


(Rosi, l.c., 107-138, con tabelle) hanno ampliato
notevolmente nel loro significato i termini ebr. f d
viene tradotto f. fa. con cpjvyeiv/^ per lo pi
conGuvaycoy (clr. W, Schrage* uri. auvavwYY),
ThW VII, 798,-850), md generalmente con
xaip<; (cfr. G.DeMing. art. xatp^ThW 111,456
465 = GLNT IV,1363-1390) o io ^ ' h c e l m*d con vj axvjv/] toO fjiapTupfou (m'd quindi
viene fatto derivare da 1ud testimoniare , Rosi,
l.c., 132).
b) Il giudaismo sostituisce quasi sempre a f d
laram. zmn e accentua quindi particolarmente la
determinazione del tempo. Per d viene usato
Param. lanista (Giud 14,8 per nido ideile api;
Rost, l.c., 97-101; Schrage, l.c., 808s.).
Diversamente la comunit di Qumran. Volendo
ritornare espressamente alla terminologia dellAT
ebr., essa preferisce il termine "d per designare
la comunit di Dio (Schrage, l.c., 809s.) e le ap
plica diversi attributi: comunit di Israele
( lQSa 1,1.20; 2,12 ecc.), comunit santa (lQSa
1,12; 2,16), comunit degli uomini della santit
perfetta (CD 20,2), comunit degli esseri di
vini (1QM 1,10), comunit di Dio (IQ M 4,9)
ecc. Ma anche la comunit di Belial (IQH
2,22) e la comunit della malvagit (1QM
15,9) possono essere designale con tale termine,
m'd significa principalmente tempo (nume
rose attestazioni, p.e. 1QS 1,9 tempi delle testi
monianze ; per lo pi al plur., ma anche al sing.:
tempo della sua visita , 1QS 3,18), anche tem
po di festa, festa (attestazioni altrettanto numero
se, p.e. lQpI I 11,6; per lo pi al plur. masc., in CD
6,18 e 12,4 al plur. fem.). Anche qui dunque,
come nel caso del verbo per il giudaismo, pas
sato in secondo piano il significato, bene attestato
in origine, della determinazione di un luogo pre
ciso (cfr. F.Ntscher, Zur theologischen Termino
logie der Qumram-Texte, 1956,169; J.Carmignac,
VT 5, 1955, 354). Anche la stessa assemblea
(1QM 2,7; lQSa 2,2 con fd , ecc.) e la casa
delPassemblea (bt m'd, 1QM 3,4) possono es
sere indicate con m'd. Il verbo fd al contrario,
oltre a designare il giorno della battaglia (1QM
1,10), esprime anche il fissare e il riunirsi in un
luogo determinato (LQSa 2,2 con m'd; 2,22 i
dieci uomini, che concorrono a formare ununit
atta a celebrare unazione di culto, ecc.).
c) Il NT sceglie exxXvj<na per designare la primi
tiva comunit cristiana (cfr. ICL.Schmidt, art.
xaXw, ThW 111,488-539 [= GLNT IV,14531580], in particolare 502-539 [= GLNT IV,149015801 per xxXTjiTLa, il ali significato spiegato in
base alParam. kfnist) e sembra quindi che voglia
ricollegarsi alla concezione del qhl vtrt. (Rost,
l.c,, 151-156). Secondo W.Schrage, ZThK 60,
1963,178-202, scegliendo xxXyjaia ci si voluto
invece distaccare dalla sinagoga giudaica, il cui
fondamento era la legge e che proprio per questo
fu abbandonata.
G.Sauer
645

b v f i hi. GIOVARE

f i

hi. GIOVARE

1/ Il verbo ebr. f i, la cui derivazione etimolo


gica incerta, attestato solo nellhi.
Quando la parola viene posta in relazione con il verbo
arab. wa^ala cercare riparo su unaltura (cos p.e. GB
307a; Konig 154b; KBL 389a; Zorell 318; ma non BDB
418b), solitamente anche j' l stambecco (ISam
24,3; Sai 104,18; Giob 39,1) e ja ia/ stambecco fem
mina (Prov 5,19) vengono considerati come derivati
(cos G.B, Knig e Zorell, ma non KBL), in ogni casojll appartiene al semitico comune (P.Fronzaroli>
AANLR VIII/23, 1968, 283.294; u g .//, WUS nr. 1197;
UT nr. 1124; arab. hh?7, waUI, da cui mia/a come deno
minativo?) e va distinto, con BDB e KBL, dal nostro
verbo.
Alcuni interpretano anche bclijLal cosa priva di uti
lit, empiet (/5) come un derivato di/ / , presuppo
nendo un nome *jlat utilit o sim. La spiegazione
etimologica di beljjjayal per ancora molto controversa
(cfr. V.Maag, Belrjaal im AT, ThZ 21, 1965, 287-299;
HAL 128 con bibliogr.); tuttavia Luso vtrt. di beltijal
(27x, di cui 17x in Deut-IRe) sembra corrispondere al
meno funzionalmente alluso sempre negativo di f i hi.
(vd. st.).

2/ /'7 hi. attestato 16x in testi profetici (Is


30,5.5.6, 44,9.10; 47,12; 48,17; 57,12; Ger 2,8.11;
7,8; 12,13; 16,19; 23,32.32; Ab 2,18), 6x in testi sa
pienziali (Giob 15,3; 21,15; 30,13; 35,3; Prov 10,2;
11,4), inoltre una volta nelPopera storica dtr.
(ISam 12,21), complessivamente 23x.
3/ Luso della parola, il cui significato princi
pale aiutare, giovare , si articola in due gruppi
fondamentali: (a) uno profetico, a cui si aggiunge
lunico passo dtr.; (b) uno sapienziale (Giob e
Prov).
Comune ai due gruppi unaccezione prevalentemente negativa, che viene espressa anzitutto per mezzo di par
ticelle negative (per lo pi l + impf., Is 30,5b + inf.; ls
44,9 bai + impf.; Is 44,10 e Ger 7,8 Obliti + inf.; Ger
16,19 'n + part.), ma anche in modo indiretto, talora in
tono canzonatorio e ironico (Is 47,12 con >laj forse ),
e talvolta per mezzo di domande retoriche, che lasciano
presagire una risposta negativa (Ab 2,18; Giob 21,15;
35,3); un senso negativo ha anche Giob 30,13. Lunica
vera eccezione ls 48,17.

a) Is 48,17 occupa veramente una posizione par


ticolare alPinterno delluso profetico, poich in un
discorso di Jahwe si dice di Israele, in senso posi
tivo, che Jahwe gli insegna ci che '(a lui)
giova . Negli altri casi il verbo indica ci che non
giova o aiuta , specialmente in riferimento
agli idoli (ISam 12,21; Ger 2,8.11, in cui si ha un
uso quasi sostantivato; inoltre Ger 16,19; Is 44,9,
cfr. anche 57,12) o alle immagini degli idoli (Ab
2,18), o anche agli incantesimi e alte magie di Ba
bilonia (Is 47,12). Un uso antico e caratteristico di
Isaia la designazione delPEgitto come un po
polo che non pu essere daiuto (a Israele) (Is
30,5s.); cosi pure tipico di Geremia il riferimento
ai falsi profeti e alle loro menzogne (Ger 23,32;
7,8; cfr. 2,8).
646

Nelluso negativo sono espressioni parallele in ISam


12,21 non potere salvare{nsl hi.), in Ls 30,5 non
di aiuto (''zcer, zr) e -.a vergogna ( b'scct) e anche a
ignominia ( hcerp) , in ls 44,9 inutile (th) (cfir.
anche Is 47,12; Ger 12,13), mentre in Ger 2,11 il termine
contrario costituito da kbd onore (del tutto sin
golare in riferimento a Jahwe). Unespressione parallela
con valore positivo condurre (drk hi.) sulla strada
in ls 48,17.

b) In Prov 10,2 e 11,4, che appartengono ad una


delle pi antiche raccolte dei Proverbi, luso nega
tivo del verbo si riferisce a i tesori, che sono ot
tenuti per mezzo dellingiustizia ed alla ric
chezza , che non di aiuto nel giorno dellira ;
nei due casi lopposto suona cosi: ma la giustizia
salva (n$l hi.) dalla morte . In Giob si trova due
volte un sfai q. portare giovamento , al nega
tivo, come sinonimo (Giob 15,3; 35,3; inoltre ri
corre ancora in Giob 22,2.2; 34,9); in questi casi si
tratta dell utilit delle sagge parole di Giobbe
(15,2s.) o ancora pi radicalmente della sua giu
stizia davanti a Dio (35,2s.); altrove il verbo al
negativo viene riferito ai suoi avversari (21,15;
30,13), che si identificano (cfr. 21,7ss.) con i
malvagi (r^s'Tm) .
4/ Tanto nelluso sapienziale quanto e soprat
tutto nelPuso profetico il verbo ha quindi un tim
bro prettamente teologico. Si tratta qui non di una
utilit neutrale-profana o addirittura eudemo
nistica (cfr. anche W.Zimmerli, ZAW 51, 1933,
193 n. ), ma, nella contrapposizione di tipo sa
pienziale tra giustizia e agire empio, tra vita ricca
e morte, della possibilit di salvezza dellindivi
duo, e nellarringa profetica e nella lotta contro al
leati stranieri, falsi profeti e idolatria di vario ge
nere si tratta della salvezza di Israele, popolo di
Dio. Solo Jahwe, nel suo agire e nel suo parlare,
pu insegnargli positivamente ci che di
aiuto e giova alla sua salvezza e al retto culto.
5/ f i hi. ricorre lx nella letteratura qumranica
(IQH 6,20). Nei LXX il verbo stato reso, salvo
poche eccezioni, con cl)cpe>,c?v e derivati. Luso
teologico continua nel NT (cfr. p.e. le domande e
le affermazioni negative in ICor 15,32 con 'cpe\or utilit, Mt 16,26; Gv 6,63; ICor 13,3;
14,6; Gal 5,2 ecc. con
giovare).

M. Serbe

YU' f s

CONSIGLIARE

1/ La radice che sta alla base dellebr. fs at


testata al semO. e ricorre nel pun. (/\y consi
gliere RES 906, r. 1; DISO 110), aram. (aram.
imperiale: part. q. f i consigliere Ah. 12; "Ih
consiglio Ah. 28 ecc.; aram. bibl.:/ ( q. part.
consigliere Esd 7,14.15, itpa. consigliarsi
Dan 6,8; et consiglio Dan 2,14; aram. giud.:
f t e /s , KBL 1082b) ed arab. (w'z ammonire ,
Wehr 961b), cfr. et. m'd (Dillmann 210).
647

Nei suoi significati j's coincide con lacc. maiku con


sigliare (AHw 593s.), che attestato in Neem 5,7 come
mlk II ni. consultarsi con se stesso (cfr. Wagner
nr. 170; diversamente L.Kopf, VT 9, 1959, 26ls.); cfr,
anche aram. bibl. n/lcik consiglio (Dan 4,24,meeIcek 1).

NelPAT vengono formati sulla base della radice,


oltre a fs q. consigliare, decidere , il ni. (tollerativo lasciarsi consigliare , reciproco consi
gliarsi ), lhitp. consigliarsi e i sostantivi ver
bali 's consiglio, decisione, progetto e m's. Come forma secondaria di f s si incontra due
volte 4iiy (Giud 19,30; Is 8,10).
In base alla proposta di G.R.Driver, ET 57, 1946, I92s.,
KBL 726s. fa derivare 1s in Sai 13,3 e 106,43 da 1sh II
e traduce con disobbedienza, ribellione, resistenza
(ripreso anche da G.R.Driver in JSS 13, 1968, 45),

2/ NelPAT ebr. il qal ricorre 57x (senza le due


forme di Y/s, vd. sp.; Is 15x, 2Sam 7x), ni. 22x
(2Cron 9x, IRe 5x), hitp. lx (Sai 83,4), il verbo
complessivamente 80x, 's 88x (incl. Sai 13,3;
106,43; ls I8x, Sai I lx, 2Sam e Prov lOx, Giob 9x,
Ger 8x) e m's 7x. La radice (175 attestazioni)
ricorre con la maggior frequenza in ls (35x); se
guono Sai e 2Cron 19x ciascuno, 2Sam e Prov 17x
ciascuno, Ger 13x, IRe e Giob 12x ciascuno, Esd
6x, lCron 5x, Mi 4x, Ez 3x, 2Re, Os e Neem 2x
ciascuno, Es, Num, Deut, Giud, Nah, Ab, Zac lx
ciascuno.
3/ a) Il qal nel significato primario di giudi
care presenta diverse costruzioni; si trova ad
esempio: /$ seguito da un discorso diretto (2Sam
17,11),/$ e consigliare uno (Giob 26,3), con
accusativo della persona consigliare qualcuno,
dare consigli a qualcuno (Es 18,19; 2Sam 17,15;
Ger 38,15), fs 's dare un consiglio (figura
etimologica, cfr. GK 117p; 2Sam 16,23; 17,7),
con Ls e accusativo consigliare qualcuno, dare
un consiglio (IRe 1,12; 12,8.13), con doppio ac
cusativo consigliare qualcosa a qualcuno
(Num 24,14).
In pochi casi, il fatto che si consigli qualcuno in
vista del futuro suggerisce di tradurre con ren
dere noto, dare una spiegazione (Num 24,14;
forse anche Ger 38,15, cfr. inoltre ngd hi.).
Dal sign. consigliare deriva anche quello di
decidere, progettare , che pu avere un senso
sia positivo (raramente, cfr. ls 32,8) sia negativo,
a seconda del contesto di questo progettare o di
questo decidere, cosi ad esempio fs r'4al pro
gettare del male, tramare contro (ls 7,5; cfr. f.
la. anche Is 32,7; Nah 1,11; Ab 2,10; Sai 62,5);/$
s 'a/ prendere una decisione, tramare contro
(Ger 49,30); f s <a$at-ral progettare del male
(Ez 11,2).
Dal significato del qal derivano i possibili usi del
ni.: tollerativo lasciarsi consigliare (Prov 13,10,
senza apportare alcun mutamento al testo [cfr.
BHJ]), reciproco consigliarsi a vicenda (con
jahdw insieme Is 45,21 ; Sai 71,10; 83,6; Neem
PIT f s CONSIGLIARE

648

6,7), consigliarsi, consultarsi con qualcuno


(con im lCron 13,1; 2Cron 32,3; con *cet IRe
12,6.8; con oe/2Re 6,8; 2Cron 20,21), deliberare,
decidere in base ad un consiglio (IRe 12,28;
2Cron 25,17; 30,2.23), consigliare (IRe 12,6.9
= 2Cron 10,6.9),
b) Il part. qaljd Ls (aram. j't) viene usato varie
volte come termine tecnico per consigliere, con
sulente. Il consigliere appartiene come confi
dente del re alla cerchia di coloro che pi gli sono
vicini (2Sam 15,12, cfr. 16,20.23; lCron 27,32s.;
2Cron 25,16; Is 1,26; 3,3) e potrebbe essere reclu
tato dal circolo dei saggi (cfr. Is 19,9, per il
quale vd. Wildberger, BK X,66.122; Prov 11,14;
24,5s.; cos pure nel romanzo d Ahiqar
r. 12. [27.] 28.42 ecc., Cowley 212 ss.). Proprio per
questo tuttavia diffcile distinguere la sua figura
da quella degli altri cortigiani (cfr. H.Reventlow,
BHH 111,1551; de Vaux 1,185). Solo nei testi pi
recenti (Esd 4,5; 7,14.28; 8,25; cfr. Est 1,14) il ti
tolo viene a designare una carica.
c) s significa, in analogia con il significato di
fs , ii consiglio che uno d (2Sam 15,31.34;
16,23; 17,14; IRe 12,14; cfr.fs $,vd. sp. 3a\
jhb
4s dare un consiglio Giud 20,7; 2Sam 16,20;
b1 hi. "s provvedere Is 16,3) o che uno ri
ceve, che uno ascolta (sm Prov 12,15; 19,20), che
si segue (\s7j ni. 2Sam 17,23), a cui non ci si attiene
Czb IRe 12,8.13 - 2Cron 10,8.13). D qui risulta
che in Is 40,13 75 L$ va inteso come consi
gliere. In Prov 1,25.30 (par. tdkhat, jkh) e
19,20 (par. musar,
jsr) si dovrebbe intendere nel
senso pi preciso di ammonizione .
In seconda linea4s designa il risultato che fa se
guito al consiglio, ossia decisione, risoluzione
(Esd 10,8), piano (Sai 14,6; 20,5; cfr. anche
lCron 12,20 b'^es [ con intenzione ] = di pro
posito ), ad esempio in contesti politici (ls 29,15;
30,1 sh s realizzare un piano [superflua la
proposta di M.Dahood, Bibl 50, 1969, 57s.: 4?s
legno nel senso di idolo, con la desinenza ar
caica delfaccusativo -\ Esd 4,5; Neem 4,9), e
pu talvolta essere tradotto addirittura con com
plotto (Is 8,10 *wy
Ger 18,23 attentato ).
Inoltre in diversi passi (Is 19,3; Ger 19,7; 49,7;
Prov 21,30) s consiglio va inteso come sa
pienza, abilit a trovare il giusto mezzo (GB
610b).
Un sign. particolare preoccupazione (cfr. il ter
mine parallelo jgr) probabile in Sai 13,3, forse
anche in Prov 27,9 (non necessario mutare il te
sto; cfr. Kraus, BK XV,98; ma cfr. anche sp. 1),
Un uso pi lato si trova in Is 19,11, dove s sta
come astratto al posto di un concreto e significa
adunanza del consiglio (cfr. B.Duhm, Das
Buch Jesaja, *1914, 118),
Con R.Bergmeier, ZAW 79, 1967, 229-232, po
trebbe probabilmente essere collocato gi in et
postesilica anche il sign. comunit , che sarebbe
derivato dal sign. adunanza del consiglio quale
si ha in Is 19,11, e tale senso si avrebbe in Sai 1,1
649

f l P f $ CONSIGLIARE

(par. msb\ diversamente p.e. GB 61Ob; Kraus,


BK XV,4, che propongono: massime, princpi di
vita); Giob 10,3; 21,16; 22,18, Con questo signifi
cato 's si trova spesso a Qumran per designare
la comunit (in quanto organizzazione) della setta
di Qumran (1QS 5,7; 6,3; 7,2.24 ecc.; cfr. in merito
J.Maier, Die Texte vom Toten Meer, II, 1960,
204.206 ind. alle voci 44Gemeinschaft der
Einung e Gemeinschaft , ma anche J.Worrell, "$h: Counse] or Council at Qumran?,
VT 20, 1970, 65-74),
d) ms ricorre solo al pi., ad eccezione di Giob
29,21 che va certamente emendato (cfr. BH1), con
il sign. di consiglio (Giob 29,21; Prov 22,20) e
piano (sempre con un senso negativo: Ger
7,24; Sai 81,13 par. ostinazione; in Sai 5,11 la
traduzione di Kraus, BK XV,44, perfidi piani
abbastanza probabile).
e) Le radici hkm, bin, skf, che si trovano
spesso, con i loro derivati, nel campo semantico di
fs/*s (cfr. ad esempio Deut 32,28s.; Is 19,11;
Ger 49,7; Sai 32,8; Giob 12,13; 26,3; Prov 8,14;
12,15; 13,10; 21,30; Dan 2,13s.; nel romanzo di
Ahiqar r. 12 ecc.), mostrano chiaramente che la
radice/5 appartiene alf ambito della sapienza, Ger
18,18 listruzione non verr mai meno al sacer
dote, n il consiglio al saggio, n la parola al pro
feta prova lo stretto legame che intercorre tra
s e hkm.
Simile a Ger 18,18 Ez 7,26, dove vengono nominati gli
anziani (zeqnlm) in luogo del hkm. Ci si pu chiedere
con J.Fichtner, Jesaja unter den Weisen, ThLZ 74,
1949,77 = Gottes Weisheit, 1965,21, se i saggi , in
fluenti nel periodo preesilico e importanti dal punto di
vista diplomatico, non siano scomparsi dalla scena ce
dendo il posto agli anziani .

I termini adoperati assieme a fs (2Re 18,20 = Is


36,5 ^ gebur decisione energica [cosi HAL
165b] e dal lato opposto debar seftjim semplici
parole [cfr. Is 11,2; Giob 12,13]; ls 29,15 ma^sc
opera ; Prov 8,14 tusijj riuscita ), come an
che il contesto pi ampio in cui la radice ricorre,
indicano che/$ include la decisione insieme con
la sua attuazione (Kaiser, ATD 17,102 n. 24; cfr.
Pedersen, Israel 1-11,129: Counsel and action are
identical [= consiglio ed azione si identifi
cano]; per questo punto e su tutta la questione
cfr, anche P.A.H. de Boer, The counsellor, SVT 3,
1955, 42-71).
a) La radice/s, che proviene dalla tradi
zione sapienziale, viene usata per la prima volta
nelfambito religioso da Isaia (cfr. J.Fichtner, Jahwes Pian in der Botschaft des Jesaja, ZAW 63,
1951, 16-33 = Gottes Weisheit, 1965, 27-43). Egli
da una parte si scaglia con violenza contro il fs
umano, che prescinde da Dio e che viene reso
vano (Is 7,7 fd tqmi esso non si realizzer;
8,10 prr ho. venire spezzato ; cfr. Sai 33,10 prr
hi. spezzare ); dallaltra si inserisce nella tradi
zione sapienzale (cfr. Is 28,23-29) e parla delio/?
4/

650

opp. della 4y di Jahwe (Is 5,19 par. ma<asce


opera ; 14,24-27; 28,29), con cui certamente viene
superato Fambito dell esperienza umana (Is 28,29
meraviglioso il suo consiglio ,
cfr. anche ls
25,1). Wldberger, BK X,188s., mokra come la pa
rola, ripresa dallambito sapienziale, divenga un ter
mine tecnico per designare il giudizio divino. Si
tratta dell agire di Jahwe nella storia, con il quale
si realizza il suo giudizio sul popolo (l.c., 192).
Isaia si ricollega alla tradizione sapienziale anche
quando in Is 11,2 fa s che il re messianico sa do*
tato di rah
spirilo di consiglio come dono
di Jahwe (cfr. oltre a 's le altre designazioni,
inoltre Prov 8,14s.). Come uno dei titoli regali del
messia, Is 9,5 nomina pce/ce' /'s (cfr. Mi 4,9,
dove il re terreno detto j's consigliere o
meglio uno che formula dei piani ; cfr. anche
Sai 20,5), che potrebbe essere tradotto con H.'Wil
dberger, Die Thronnamen des Messias, Jes. 9,5b,
ThZ 16, 1960, 316, come colui che progetta
qualcosa di meraviglioso (cos anche Kaiser,
ATD 17,102; per altre proposte di traduzione, cfr.
Wildberger, l.c., 316).
s va certamente compreso nel senso teologico vSopra
indicato, reso evidente da Isaia, e si deve inoltre ricor
dare che /?/ in Isaia riservato strettamente allam
bito dellagire divino, ch trascende di molto l'agire
umano (Wildberger, l.c., 316). Per una derivazione dai
titoli regali eg., sul piano della storia delle religioni, cfr.
Wildberger, l.c., 319ss.

La Ks delluomo a questo punto assume pari


menti una caratteristica teologica in quanto un
progettare (politico) autonomo (Is 29,15; 30,1
che attuano un piano che non proviene da
me ).
4

b) Nella letteratura postisaiana j's/'s si trova


sia (1) in riferimento ai (al) consigli(o) di Dio sia
(2) in riferimento al suo piano e alla sua delibera
zione:
(1) Giob 12,13 (nellinno sulla sapienza e la po
tenza di Dio v. 12-25; cfr. Prov 8,14 in una mas
sima sulla sapienza); Sai 16,7; 32,8; 119,24 le tue
prescrizioni... sono i miei consiglieri ;
(2) 1sa piano, deliberazione viene ripreso per
designare il decreto di Jahwe che opera nella storia
in Sai 33,11; 106,13 (in questo caso come piano di
salvezza e azione salvifica di Dio); ls 44,26;
46,10s.; Ger 49,20 (cfr. 50,45); Is 23>8s. (come giu
dizio), ed anche per esprimere la volont e
lagire di Dio nella creazione e nel governo del
mondo (Giob 38,2; G.Fohrer, KAT XVI,500).
5/ 1 LXX traducono generalmente la radice con
(au[x) pouXejetv, 30'jXyj. Qumran e il NT ripren
dono luso vtrt., per cui I^ouXt] nel NT significa per
lo pi la volont/deliberazione di Dio (cfr.
G.Schrenk, art. (JouX/j, ThW 1,631-636 = GLNT
11,311-324).
H.-P.Sthli
H IP jfc B E L L O - 310 (b.
T

651

! 2 ' jp

hi. R J S P L E N D E R E

1/ Lebr. ,//;c hi. (radice *wp') risplendere, ri


fulgere, apparir luminoso o sim. (anche nel me
dioebr. e nellaram. targumico risplendere ; in
Ez 38,7.17 anche il sost. jif' splendore, cfr.
Zimmerli, BK XIII, 664.676) ha le sue corrispon
denze nellacc. (w)ap G essere visibile, S
rendere visibile (GAG 103b.l06o; CAD
A/II,201-204), mentre la radice *//?' (arab. a l
zarsi, crescere , antico sudarab. alzarsi ), a cui
potrebbe appartenere anche lug. yp%(WUS nr.
1215: 137 |= III AB,B],3 essere grandioso [?];
UT nr. 1133 arise [= alzarsi) [?]; cfr. per F.L.
Moriarty, CBQ 14,1952,62; per i nomi di persona
Grndahi 144s.), indipendente da essa (Huffmon 212s.).
2/ jp4 hi. ricorre 8x (Deut 33,2; Sai 50,2; 80,2;
94,1; Giob 3,4; 10,3.22; 37,15), jfa 2x (Ez
28,7.17).
3/ Il verbo./p hi. ha il sign. causativo interno di
diventar visibile risplendendo (in Giob 37,15
sarebbe possibile anche il sign. causativo normale
far risplendere , cfr. p.e. la Bibbia di Zurigo:
come fa risplendere la luce delle sue nubi ). In
tre passi del libro di Giob (lamento e inno) la luce
intesa come soggetto: Giob 3,4 non risplenda
su di esso un raggio di luce [nhr)\ 10,22 txt
em, secondo Fohrer, KAT, XVI,201, da inten
dersi come comparazione paradossale (dove) ri
splende (solo) come le tenebre (cfr. Horst, BK
XVI/1,139: dove, quando si fa giorno, Ile tene
bre] risplendono nel crepuscolo); 37,15 come
Dio ordina, che la luce ('r) delle sue nuvole irra
diandosi diventi visibile (cos Fohrer, l.c.,483). Il
quarto passo in Giob 10,3 ha Dio come soggetto;
secondo Horst, l.c., 138.154s. (quando tu... di
venti chiaramente visibile nellassemblea dei mal
vagi ), luso del termine, appartenente al linguag
gio cultuale (vd. st. 4), sottolinea lagire parados
sale di Dio nellaccusa di Giobbe.
4/ Negli altri passi, che appartengono alla lette
ratura poetica cultuale, jp" hi., accanto ad altri
verbi come b' venire,
js ' uscire, jref
scendere (Ih), qm innalzarsi,
unespressione tipica per descrivere le teofanie
(F.Schnutenhaus, Das Kommen und Erscheinen
Gottes im AT, ZAW 76, 1964, 1-21, spec. 8s.;
J.Jeremias, Theophanie, 1965, spec. 8-10.6264.77s.). Si trova gi nel testo innico Deut 33,2
Jahwe venne () dal Sinai e rifulse (zrh) su di
loro da Seir; risplendette (jp' hi.) dai monti di Paran e si avvicin ('th) da Meriba di Kades , e in
Sa! 50,2 da Sion, corona di bellezza, Dio ri
splende ; neirintroduzione del lamento pubblico
si prega inoltre perch Jahwe appaia cosi contro i
nemici: Sai 80,2s. tu che siedi in trono sopra i
cherubini, risplendi davanti a Efraim... ; 94,1 txt
em Dio della vendetta, rifulgi! . Assieme agli
UD1jp ' hi. RISPLENDERE

652

altri verbi sinonimi zrh sorgere, rifulgere (Deut


33,2; cfr. Is 60,1 s.) e ngh (con h consonantico
come 3a radicale) hi. far risplendere (2Sam
22,29 = Sai 18,29; rigah splendore 2Sam 22,13
= Sai 18,13; Ab 3,4.11; cfr. Is 60,3; 62,1) esso ri
porta cos il motivo dellapparizione della divinit
nello splendore (terribile) di luce, molto cono
sciuto nellambiente religioso dellantico Oriente
(cfr. sum. me-lm, acc. melammu), alla tradizione
teofanica che in Israele si fonda su basi autonome.
Lepifania di Dio in una luce splendente, cantata
nell'inno o invocata nel lamento, significa, pur
con i toni dellantica mitologia orientale, linter
vento di Jahwe nella storia del suo popolo.
Come accade nellambiente sum.-bab., dove lo splen
do^ terribile proprio non solo degli dei ma anche dei
re (AHw 643; Seux 257.291), cos anche in Ez 28,7.17 si
parla dello splendore (jif) del principe di Tiro, che
si crede Dio (v. 2.6.9).

5/ A Qumran jp<
hi. nel sign. di brillare e
apparire o sim. molto frequente (Kuhn,
Konk. 91); in lQpAb 11,7 il verbo si riferisce al
sacerdote empio , che ha perseguitato il mae
stro di giustizia (cfr. K.Elliger, Studien zum
Habakuk-Kommentar vom Toten Meer, 1953,
214s.; A.S. van der Woude, Die messianischen
Vorstellungen der Gemeinde von Qumran,
1957, 162*164).
I LXX traducono i singoli passi in maniera diversa
luno dallaltro, in Sai 80,2 con fiipaiveiv (Sai
50,2 fJKpotvoj;). Nel NT si pu riscontrare fuso
vtrt. p.e. in Le 1,79 (eTi^ouveLv). Cfr. R.Bultmann - D.Luhrmann, art. cpodvto, ThW IX ,1-

,/y USCIRE

1/

La radice appartiene al semitico comune


(Bergstr. Einf. 187; acc. [w]a$u, CAD A/II,356385; ug.: WUS nr. 1222; UT nr. 1138; iscrizioni
semNO.: DISO 110.164; aram.: KBL 1082b; LS
304s.), tuttavia nel significato di uscire sop
piantata in aram. da npq, in arabo da fjrg.
In base all'arabo wadu'a risplendere alcuni autori,
specialmente M.Dahood, Proverbs and Northwest Se
mitic Philology, 1963, 52; id., Bibl 46, 1965, 321; 47,
1966, 416, suppongono anche per js* dellAT, p.e. in
Prov 25,4, il significato di risplendere.

Il verbo./? (come il suo oppostob') ricorre in


qal, hi. e ho. Sono derivazioni nominali: il part.
fem. sostantivato j$'t aborto (Sai 144,14; cfr.
Es 21,22), i nomi j$V discendente (2Cron
32,21 Q) e $ce1<p$'Tm progenie, posterit (cfr.
Gen 15,4; 17,6; 25,25s. ecc.ys venir fuori nel
senso di essere partorito e Re 5,13; Is 11J
venir fuori = spuntare, crescere, sir. f
crescere ), e le formazioni astratte con diversi
significati msci' uscita o sim. (vd. st. 3a), m
sa'a origine (Mi 5,1) opp. latrina (2Re
653

K2T js ' USCIRE

10,27 Q) e fs't uscite o sim. (vd. st., 3a).


Laram. bibl. conosce solo la forma afel sdsT
(Esd 6,15), derivata dallacc., nel senso di com
piere (KBL I082b.l 129s.)> e per dire uscire
usa npq qal (6x; ha. trarre fuori , 5x).
Non sicuro che sn ( < *s a 'n - ) bestiame piccolo
appartenga a questa radice (cos p.e. KBL 790a); anche il
nome proprio Ms' (lCron 2,46 ecc.; KBL rimanda a
Sai 19,7) non chiaro.

2/ li verbo compare soprattutto al qal (esci. Sai


144,14) e allhi. (incl. 2Sam 18,22), in particolar
modo nella letteratura narrativa.

Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Gioe
Am
Abd
Giona
Mi
Nah
Ab
Sor
Age
Zac
Mal
Sai
Giob
Prov
Rut
Cant
Eccic
Lam
Est
Dan
Esd
Neem
lCron
2Cron
AT

qal

hi.

61
62
22
56
34
44
46
45
39
32
42
31
5i
43
1
2
3

17
32
16
14
32
9
8

ho.

totale

9
10
10
10
!8
28
1

79
94
38
70
66
53
54
46
48
42
52
41
70
74
2
2
4

I
3

1
7
1
5

1
8
1
5

1
20
1
17
22
6
3
4
4
3
9
6

1
2

2
22
1
34
28
11

17
6
5
1

4
5
3
9
7
5
10
24
49

1068

7
19
35

5
3
5
14

785

278

I nomi ricorrono: js't lx , jsV lx, sce' a s'im

1lx (Is 7x, Giob 4x), ms' 27x (Sai 6x, Ez 4x), ms' 2x, 1$'ot 23x (Gios 14x, Num 5x).
3/ a) I molteplici significati di fa' qal, per i
quali si rimanda ai lessici, non si allontanano
molto in genere dal significato originario di
uscire. Poich in ebr. nei verbi di movimento
come K
!h salire lass/salire quass e jrd
scendere laggi/scendere quaggi , e anche in
654

ho" andare l/ venire qua , correlativo di j$ \il


punto di vista di colui che parla viene espresso
tuttal pi mediante verbi differenti (h/k an
dare , bd' venire ), e non come in italiano me
diante una coppia di morfemi opposti ( l per
indicare lallontanarsi da chi parla, qua per in
dicare lavvicinarsi a chi parla) oppure come in
acc. con suffissi ventivi particolari (GAG 82),
anche riguardo a /$' poco appropriato suddivi
dere gli usi del verbo secondo la distinzione lessi
cale andar fuori venir fuori (cos tenden
zialmente KBL 393). meglio invece operare una
suddivisione in base ai soggetti, distinguendo tra
persone e cose (cfr. GB 310s.; Zorell 321 s.).
Le varie sfumature nelluso del verbo hanno un
corrispondente nei significati particolari che ven
gono ad assumere i termini astratti m$ (m$) e ts'r, con soggetti personali si confronti il
comune uscire da una casa, da una citt ecc.
(per lo pi con min da , talvolta per anche con
laccusativo di luogo, Gen 44,4; Es 9,29.33; Num
35,26; Giob 31,34; per Gen 34,24 cfr. E.A.Speiser,
BASOR 144, 1956, 20-23; G.Evans, ibid. 150,
1958, 28-33) con ms uscita (Ez 42,11; 43,11;
44,5; cfr. tstft Ez 48,30), andar via, emigrare
da un luogo, un teritorio ecc. (Gen 10,11; 11,31;
12,4.5; 15,14 ecc,) con mds9 emigrazione (Ez
12,4) e luogo duscita (Num 33,2.2), intra
prendere qualcosa (Giud 2,15; 2Re 18,7 ecc.;
comparire ISam 17,4; Zac 5,5 ecc.; cfr. L.Kohler, ThZ 3,1947,471; G.Ch.Aalders, ibid. 4,1948,
234; frequentemente uscire in battaglia , Gen
14,8; Num l,3-20ss.; Deut 20,1; 23,10; ISam 8,20;
18,30; 2Sam 18,2-4,6; Am 5,3 ecc.) con mos
progetto, partenza (2Sam 3,25 accanto a
mb\ cfr. Pespressione uscire ed entrare per
designare tutta quanta lattivit, specialmente
nellambito militare [Gios 14,11; ISam 18,13.16;
29,6], ma anche cultuale [Es 28,35; Lev 16,17] e in
senso del tutto generico [bd' 3; cfr. P.Boccaccio,
Bibl. 33, 1952, 173-190]), uscirne illeso (Giud
16,20; ISam 14,41; 2Re 13,5; Ez 15,7; Eccle 7,18;
cfr. diventare libero Es 21,2-11; Lev 25,28ss.;
27,21; Is 49,9) con tdsadt via di scampo (Sai
68.21 dalla morte), derivare da (vd. sp. 1 es
sere partorito ) con mds' origine (Mi 5,1).
Lo stesso vale per gli usi in cui i soggetti sono
delle cose; vanno confrontati qui i significati al
zarsi (sole: Gen 19,23; Giud 5,31; Is 13,10; Sai
19,6; stelle: Neem 4,15) con mds' il sorgere
(Sai 19,7; 75,7 oriente; cfr. s 6,3; Sai 65,9),
essere esportato (IRe 10,29 q. e hi. espor
tare ; cfr. Noth, BK IX,234) e m$'' esporta
zione (IRe 10,28), scaturire di acqua ecc.
(Gen 2,10; Es 17,6 ecc.) con mds sorgente
(2Re 2,21; Is 41,18; 58,11; Sai 107,33.35; 2Cron
32,30), crescere (vd. sp. 1) con Giob 38,27
terreno dove cresce lerba (txt?; cfr. anche
Giob 28,1 giacimento dargento), sporgere
(bracci
del
candelabro:
Es
25,32.33.35;
37.18.19.21 ; asta: 2Sam 2,23) con f$tft con
trafforte (di una montagna lCron 5,16), esten
655

dersi (confini: Num 34,4.9; Gios 15,3.4.9.11


ecc.) con ts't estensione, dilatazione (dei
confini: Num 34,4.5.8.9.12; Gios 15,4.7.11 ecc.),
venir pronunciato (parole ecc.: Num 30,3;
32,24; Gios 6,10 ecc.) con mds espressione
(Num 30,13; Deut 8,3; 23,24; Ger 17,16; Sai 89,35;
Dan 9,25), originarsi (fuoco: Es 22,5; Lev 9,24;
10,2 ecc., cfr. anche S.Esh, VT 4, 1954, 305-307;
malvagit: ISam 24,14; accadere Gen 24,50; Is
28,29; cfr. Eccle 10,5) con tsat punto di par
tenza, origine (Prov 4,23 della vita; cfr. Gios
17,18 ci che risulta, Noth, HAT 7,102), cfr.
anche smettere, terminare (Prov 22,10; Dan
10,20) e s'thassn conclusione dellanno (Es
23,16; cfr. E.Kutsch, ZAW 83, 1971, 15-21) e
venir meno (vino: ISam 25,37; forza vitale:
Gen 35,18; Sai 146,4; Cant 5,6; coraggio: Gen
42,28) con s'tk la tua uscita = fine (Ez
26,18).
b) Nellhi. del verbo la maggior parte dei signifi
cati del qal ricompaiono nel corrispondente senso
causativo ( condurre fuori, far venir fuori ecc.).
Sono relativamente rari i causativi di venir
fuori inteso come crescere oppure na
scere > ossia i significati produrre (piante ecc.)
(terra, terreno: Gen 1,12.24; Is 61,11; Agg 1,11;
bastone: Num 17,23) oppure generare (proge
nie) (Is 65,9 Giacobbe). Sulluso teologico, pi
rilevante qui che nel qal, vd. st. 4b.
4/ a) js' qal. con Jahwe come soggetto (16x)
pone laccento non tanto suIPuscire da un dato
luogo per abbandonarlo (vedi anzitutto Mi 7,15
come nel tempo in cui sei uscito dallEgitto ;
cfr. anche Ez 10,18, dove la gloria di Jahwe abban
dona il tempio), ma, come spesso nel linguaggio
comune, sulluscire per unimpresa, p.e. per lot
tare contro i nemici. In questo significato il verbo
un vocabolo tipico per descrivere le teofanie e le
loro reminiscenze (Giud 5,4; Is 26,21; 42,13; Mi
1,3; Ab 3,13; Zac 14,3; Sai 68,8; cfr. anche Giud
4,14; 2Sam 5,24 = lCron 14,15 in narrazioni delle
guerre di Jahwe; nel contesto della tradizione
dellesodo il verbo si trova, oltre che in Mi 7,15,
anche in Es 11,4 e Sai 81,6; cfr, F.Schnutenhaus,
Das Kommen und Erscheinen Gottes im AT,
ZAW 76, 1964, 2-5; J.Jeremias, Theophanie,
1965, 7,10s, ecc.;b'>4), Il luogo di partenza in
Giud 5,4 Seir, in Mi 1,3 e Is 26,21 la sua di
mora (ossia labitazione celeste); nel contesto
per laccento non posto su questo punto, ma
sullo scopo, sulla lotta e sul giudizio contro i ne
mici oppure sullaiuto che Dio presta al suo po
polo. Analogamente, nelle lamentazioni pubbliche
si dice: tu non esci con le nostre schiere (Sai
44,10; 60,12 = 108,12).
js' ha lo stesso significato quando il messaggero
di Jahwe (maPk) affronta unimpresa (Num
22,32; 2Re 19,35 = Is 37,36; cfr. anche Gabriele in
Dan 9,22). Il caso leggermente diverso quando
Pagire di Jahwe inteso come qualcosa che pro
K T j$ ' USCIRE

656

viene ( deriva ) da Jahwe (decreto della provvi


denza Gen 24,50; Is 28,29) oppure come una realt
teologica astratta che esce ( viene inviata ) da
Jahwe (lira di Jahwe: Num 17,11; Ger 4,4; 21,12
ecc.; la mano di Jahwe Rut 1,13; la mia parola,
che proviene dalla mia bocca ls 55,11; la mia
salvezza Is 51,5; giustizia: Is 45,23; cfr. 62,1;
istruzione: ls 51,4; da Sion Is 2,3 = Mi 4,2).
b) Quasi la met dei passi con /$ hi. esprime
unazione divina. Una buona panoramica suiruso
del verbo in senso teologico offerta da P.Humbert, Dieu fait sortir, ThZ 18, 1962,357-361 (com
plementi ibid. 433-436).
Bisogna invece constatare che il verbo non si rife
risce mai airazone creatrice di Dio nel senso di
un far sorgere allorigine (Humbert, l.c., 359), ma
soltanto ad unazione attuale sulla natura (Sai
104,14 pane dalla terra ; Ger 10,13 = 51,16 e Sai
135,7 vento dai suoi depositi ; acqua dalla roc
cia: Deut 8,15; Sai 78,16; Neem 9,15; stelle Is
40,26; cfr. Giob 28,32). ltre che per indicare sem
plici cambiamenti di luogo (Gen 15,5 ecc.; anche
rapimento nello spirito: Ez 37,1; cfr. 42,1.15;
46,21; 47,2), js y hi. ricorre soprattutto nel signifi
cato di trarre fuori = liberare, salvare , diven tando cosi un verbo importante per indicare sal
vezza e redenzione (cfr. J.J.Stamm, Erlsen und
Vergeben im AT, 1940, 18.97.103; C,Barth, Die
Errettung vom Tode in den individueilen KJageund Dankliedern des AT, 1947, 126s.; g '/,js\
risi, -pdh, plt). Vanno ricordati qui molteplici
passi dei salmi di lamentazione e di ringrazia
mento, in cui Dio viene invocato o ringraziato per
la liberazione da ogni genere di angustia e di pe
ricolo (2Sam 22,49 salvezza dai nemici [il passo
parallelo Sai 18,49 adopera pii pi.]; liberazione in
genere: 2Sam 22,20 = Sai 18,20; Sai 66,12; dalla
rete, dallangustia: Sai 25,15.17; 31,5; 107,28;
143,11; dalla prigionia o sim.: Sai 68,7; 107,14;
142,8; cfr. Mi 7,9 verso la luce), come pure tutti
quei passi che parlano della liberazione dallEgitto
(76x; elenchi in llumbert, l.c., 358; e J.Wijngaards, VT 15, 1965, 92) oppure, influenzali da
questultima, parlano di liberazione dalla disper
sione fra i pagani (13x 20,34.38.41; 34,13).
La formula Jahwe che ha fatto uscire Israele
daiFEgitto si riferisce allatto salvifico fonda
mentale compiuto da Jhwe verso il suo popolo e
costituisce la confessione originaria di Israele
(M.Noth, beriieferungsgeschichte des Penta
teuci!, 1948, 50-54; von Rad I,189s.). Essasi trova
con diverse varianti gi in narrazioni antiche (Es
13,3.9.14.16; 18,1; 20,2; 32,11.12; Num 20,16;
23,22; 24,8; Gios 24,5.6), e poi soprattutto nel
Deuteronomio (Deut 5,6.15; 6,12.21.23; 7,8.19;
8,14; 9,26.28.28.29; 13,6.11; 16,1; 26,8; 29,24),
nellopera dtr. (Deut 1,27; 4,20.37; Giud 2,12; 6,8;
Re 8,16.21.51.53; 9,9) e nella tradizione sacerdo
tale (Es 6,6.7; 7,4.5; 12,17.42.51; 14,11; 16,6.32;
29,46; Num 15,41; nella legge di santit: Lev
19,36; 22,33; 23,43; 25,38.42.55; 26,13.45), men

657 ")2P

j$ r

MODELLARE

tre nei profeti essa compare solo a partire da Ge


remia (Ger 7,22; 11,4; 31,32; 32,21; 34,13; Ez
20,6.9.10.14.22); testi tardivi sono infine anche Sai
105,37.43; 136,11; Dan 9,15; 2Cron 6,5 (= Re
8,16) e 7,22 (= Re 9,9); con Mos ed Aronne
come soggetto ,/s hi. ricorre in Es 3,10.11.12;
6,13.26.27; Deut 9,12; ISam 12,8 (Wijngaards,
l.c., 91 n. 3).
Gli studi pi recenti sulla formula (P.Humbert,
ThZ 18, 1962, 357-361.433-436; H.Lubsczyk, Der
Auszug Israels aus gypten, 1963; J.Wijngaards,
VT 15, 1965, 91-102; W.Richter, FS Schmaus
1967, 175-212; B.S.Childs, FS Baumgartner 1967,
30-39; H.J.Boecker, Die Beurteilung der Anfange
des Knigtums in den dtr. Abschnitten des 1. Samuelbuches, 1969,39-43) sottolineano tutti il con
cetto di liberazione, incluso nellidea del far uscire
fuori (cfr. laggiunta dalla casa di schiavit in
Es 13,3.14; 20,2; Deut 5,6; 6,12; 7,8; 8,14; 13,6.11;
Giud 6,8; Ger 34,13; inoltre Es 6,6.7; Lev 26,13),
e trattano specialmente la funzione e la storia della
formula, e in particolare la sua relazione con la
formula che usa 7h hi. far salire (circa 40x), la
quale ricorre gi presso i profeti pi antichi e dal
Deut in poi cede il posto alla formula che usa far
uscire (-Ih).
/.v qal uscire viene usato meno frequentemente
quando si parla dellesodo di Israele dallEgitto, e per lo
pi serve ad indicare una data della storia della salvezza
(cfr. p.e. Es 12,41; 13,3.4.8; 16,1; 19,1; 23,15; 34,18;
Num 1,1; 9,1; 33,38; Deut 9,7; 16,3.6; Re 6,1; 8,9 =
2Cron 5,10; Ger 7,25; Agg 2,5; Sai 114,1); nel Deutero
isaia viene pi volte riferito al nuovo esodo (Is 48,20;
52,11.11.12; 55,12).

5/ Negli scritti di Qumran js * spesso anche un


termine tecnico militare (IQM 1>13; 2,8; 3,1.7
ecc.); inoltre /s viene usato dai membri di quel
gruppo religioso anche per designare se stessi
come coloro che sono usciti dalla terra di
Giuda (CD 4,3; 6,5; cfr. 20,22; cfr. i Hrigiti
musulmani = separatisti , dallarabo fjrg
uscire ).
In Ebr. 11,8 lemigrazione di Abramo conside
rata azione di fede. I principali equivalenti di js'
qal e dei sostantivi sono ^pyotxaL (cfr. J.Schneider, ThW 11,676-678 = GLNT III,947-95IX exropeuo[ai(cfr. F.Hauck-S.Schulz, ThW VI,578s. =
GLNT X, 1443-1446) e
(cfr. W.Michaelis,
ThW V,108-l 13 = GLNT VIII,295-311), lequiva
lente principale di js hi. ^ycj
E.Jenni

j$ r

MODELLARE

1/ La radicejsr diffusa soprattutto in can. e in


acc.: ug. (WUS nr. 1229; UT nr. 1142) e fen.
(DISO 110) hanno if sost. jsr vasaio (cfr. anche
i nomi propri in Grndahl 146; Huffmon 89.214);
l'acc. ha esru disegnare, modellare, determi

658

nare e derivati (AHw 252s., qui e KBL 396a con


rimando allarabo wisr accordo ).
Oltre al verbo (qal, ni., pu. e ho, opp, qal pass.)
PAT conosce i sost.jscer figura, pensiero (nel
significato medioebr. di inclinazione anche
laram. giud. e il sir. jasr, cfr, Th.Nldeke,
ZDMG 40, 1886, 722) z/s n m membra (del
corpo) (solo Giob 17,7) e come nomi propri
Jscer/Jisn (Gen 46,24; Num 26,49; lCron 7,13;
25,11 txt?; Noth, IP 172.247).
2/ La radice ben attestata per il periodo preesilico nel racconto jahwista della creazione (Gen
27s.l9; anche Am 7,1 e altri passi). In seguito ri
corre spesso nel Deuteroisaia (20x), mentre manca
nel Deut (e nel Dtr.), nello scritto sacerdotale e
nella letteratura sapienziale (Prov, Eccle, Giob). Il
verbo viene adoperato 60x al qal (incl. Is 49,8 e
Ger 1,5, cfr. BL 379, in Lis. fatti derivare da nsr),
di cui in Is 26x, Ger 13x, Sai 7x, molto spesso al
part. (sostantivato vasaio, 17x), solo una volta
in ni. (Is 43,10), pu. (Sai 139,16) e ho. (Is 54,17).
jqcer si trova 9x ,jesurfm lx. Cfr. P.Humbert,
Emploi et porte bibliques du verbe ysar et de ses
drivs substantifs, FS Eissfeldt 1958, 82-88.
3/ j$r ndica (a) il lavoro del vasaio; Ger 18,2ss.
(cfr. Sap 15,7) descrive la sua attivit (al tornio a
due dischi, che viene fatto ruotare coi piedi). An
che nel linguaggio metaforico si esprime il fatto
che il lavoro viene eseguito con le mani su mate
riale di argilla (Is 64,7; Lam 4,2; Sai 95,5 ecc.). Il
part.jqr come gi in ug. e in fen. viene usato per
designare la professione (1Cron 4,23 ecc.), e in di
verse espressioni composte utensili del vasaio
(= vasellame di terracotta) diventata unespres
sione stereotipa (2Sam 17,28; Is 30,14; Ger
19,1.11; Sai 2,9; cfr. anche Lam 4,2).
Ma/$r si riferisce anche (b) al modellare o for
giare una statua (di metallo col martello Is
44,12; cfr. 44,9s.; Ab 2,18 in unanaloga polemica
contro gli idoli in tempo tardivo) opp. alla fabbri
cazione di armi (Is 54,17). Similmente, il part. as
sume una volta il significato di forgiatore,
fonditore (Zac 11,13; a questo proposito C.C.
Torrey, JBL 55, 1936, 247-260; Eissfeldt, KS
11,107-109), Questattivit pot essere designata
con lo stesso verbo che si riferisce allarte del va
saio, poich entrambi i mestieri riducono a for
ma consistente un materiale modellabile (umi
do o liquido).
Venendo meno progressivamente il significato
concreto, j$r assume il valore generico di for
mare, fare e viene cosi usato in sensi diversi (vd.
st. 4). Mentre quindi il verbo pu riferirsi sia ad
azioni che a pensieri (cfr. Ger 18,11 par. hsb), il
sost. jscer indica di preferenza i prodotti (= i
pensieri, il meditare) del cuore (Gen 6,5; 8,21;
cfr. lCron 28,9; 29,18; Deut 31,21; cos pure Is
26,3 idea fissa, inamovibile).
I verbi paralleli a jsr si possono vedere in Humbert,
l.c,, 85.
'
659

4/ j$r da un lato un termine importante della


teologia della creazione (a) e della storia (b) e
dallaltro descrive (c) metaforicamente la rela
zione tra Dio e luomo,
a) Poich jsr si riferisce alla formazione delle
montagne (Am 4,13), della terra o della terra
ferma (Is 45,18; Ger 33,2; Sai 95,5), ma non del
mare, si pu ancora vedere qui il significato pri
mario di modellare. Inoltre./.?/' (diversamente
da br nel racconto sacerdotale) non dice che si
sia gi raggiunto lo stadio definitivo della crea
zione; anzi, pu essere necessario un secondo atto
di consolidamento (Ger 33,2; Is 45,18). Tutta
via limmagine del formare viene ampliata in
modo tale, che ./sr pu indicare anche la creazione
del tutto (Ger 10,16 = 51,19). Allo stesso modo la
coppia di opposti estate e inverno (Sai 74,17)
indica la totalit. La formulazione di Is 45,7 io
formo la luce e creo le tenebre , che nellAT ap
pare piuttosto insolita e con la quale Jahwe par
lando in prima persona si dichiara creatore della
salvezza e della perdizione, del bene e del male
nella storia, non si rivolge necessariamente contro
un dualismo persiano (cfr. la domanda simile di
Zaratustra ad Ahura Mazda quale maestro cre
luce e tenebre? , Yasna 44,5).
Sai 104,26 demitizza Leviatan, il mostro marino,
riducendolo a creatura, anzi a giocattolo d Jahwe.
Si parla ancora di una creazione (j$r) degli ammali
in Am 7,1 e Gen 2,19, In conformit con una con
cezione antropogonica diffusa nellOriente antico
ed altrove, Dio secondo Gen 2,7s. modella an
che luomo con terra. Ma egli solo (non gli ani
mali) riceve il soffio di vita di Dio, il quale sol
tanto rende luomo anima vivente , ossia indi
viduo, e mediante questa unione tra terreno e
divino fonda la sua posizione particolare tra Dio
e il mondo. Del resto Gen 2,7 non segue fedel
mente la concezione a cui si ispira; infatti il ma
teriale del vasaio non la polvere Cqfr).
Questaggiunta prelude gi alla maledizione
(3,I9b); luomo diverr nuovamente polvere
(cfr. 18,27 J; Sai 103,14 ecc.).
In modo simile Zac 12,1 con lo spirito plasmato da
Dio alPinterno deiruomo intende parlare della vita. Poi
ch Dio forma anche il cuore (Sai 33,15), egli conosce i
pensieri e le aspirazioni delPuomo, nascosti al prossimo
(cfr. anche locchio in Sai 94,9). Infine la misericordia di
Dio pu fondarsi sulla confessione che luomo soltanto
un prodotto , ossia una creatura (Sai 103,14).

b) Soprattutto nei profeti jsr descrive anche lagire


storico di Dio e pu riferirsi quindi al futuro (Ger
18,11 con oggetto un male; cfr. Sai 94,20). Il suo
operare storico viene indicato cos come unatti
vit creatrice. Egli forma fin dal seno materno
il singolo, il profeta (Ger 1,5) e il servo di Jahwe
(Is 49,5; cfr. 49,8), come pure Israele: questultimo
nominato spesso nel Deuteroisaia, che intende
elezione e redenzione come una cosa sola (44,2.24;
cfr. 43,1.7.21 ecc.; anche 27,11). Lelezione oppure
la destinazione ad un incarico avviene perci
i r

js r M ODELLARE

660

senza che chi chiamato possa dare il suo proprio


contributo. Similmente, anche gli eventi che Dio
ha previsto e realizzato sono formati prima
(2Re 19,25 = Is 37,26; Is 22,11; 46,11). Sai 139,16
sembra applicare quest'idea ai giorni di vita
deirindividuo: lonniscienza di Dio si estende non
solo a ci che nascosto (v. 13ss.), ma anche al
futuro.
c) Nei paragoni lattivit del vasaio e la sua opera
diventano immagine del modo di agire di Dio.
Cos la differenza tra il comportamento divino e
quello umano viene mantenuta pi rigorosamente
che nelle affermazioni sulla creazione, che inten
dono lagire di Dio in modo analogo al model
lare umano. Analogamente alla superiorit del
vasaio sul suo materiale, limmagine rappresenta
(1) la potenza e la libert di Dio ne! suo compor
tamento verso i popoli (Ger 18, in particolare, v.
6; cfr. Ls 41,25 Ciro; anche Eccli 33136], 13ss.). La
fragilit dellutensile dargilla - a differenza
dellargilla umida che dopo un modellamento mal
riuscito pu nuovamente venir modellata (Ger
18,4) - diventa (2) segno di caducit, di nullit
(Lam 4,2; cfr. Ger 22,28) o di impotenza (Sai 2,9;
cfr. Giob 4,19; 10,9; 33,6). In un uso pi generico,
limmagine serve (3) ad esprimere la differenza
tra creatore e creatura, per escludere pretese o pri
vilegi (Is 29,16; 45,9.11; cfr. 64,7).
5/ Paolo riprende in senso analogo limmagine
vtrt., per far presente che impossibile alluomo
muovere obiezioni a Dio o contrapporsi a lui, il
quale ha la libert sa di usare misericordia sia di
rendere ostinati (Rom 9,19ss.; cfr. H.Braun. art.
TCcrcTG), ThW VI,254-263 = GLNT X, 523-576).
Per js cer nella letteratura intertestamentaria e a Qum
ran cfr. R.E.Murphy, Bibl 39, 1958, 334-344.

W.H Schmid*

m\ p 'jq r

ESSERE PESANTE, PREZIOSO

-122

kbd.

NT j r ' TEMERE
La radice.//* temere compare in ebr.
e in ug. (49 [= I AB] VI,30 yru bn ii mt Mot, fi
glio di El, ebbe paura ; 67 [= I* AB] 11,6 yraun
aliyn b'i il forte Baal ebbe paura di lui ; WUS
nr. 1234); forse come glossa cananea in EA 155,
r. 33.
1/

1/

Alcune radici arabe prese in considerazione per un con


fronto e per stabilire un significato originario (cfr. GB
315a; J.Becker, Gottesfurcht im AT, 1965, ls.) pos
sono essere tuttal pi considerate come affini nel signi
ficato (Becker, l.c., 2).
M.Dahood, Proverbs and Northwest Semitic Philology,
1963, 23s.; id., Bibl 46, 1965, 32ls., sostiene per Prov
22,4 una radice // II essere grasso .

661

X T j r ' TEMERE

Allebr. jr' corrispondono quanto al significato


lacc. palf]u e laram. dhl(KBL 1064a; aram. bibl.
qal Dan 5,19; 6,27; pa. spaventare Dan 4,2;
dehif terribile Dan 2,31; 7,7.19; cfr. lebr. zh!
aver paura Giob 32,6, HAL 257a).
2/ La radice jr' compare, oltre al qal temere,
aver paura (di) , al pi. incutere paura, spaven
tare , al ni. venire temuto (con il part. nrd
temuto, terribile , che viene sentito tuttavia
non pi come part. ma piuttosto come aggettivo,
vd. st. 111/2), nel laggettivo verbale jr' (fre
quente nelle espressioni fre* J hwhI dhJ m, plur.
jir' Jhwh), nellinf. fem. sostantivato jir'
paura (cfr. GK 45d; Joon 111; la forma nor
male delf inf. j er1 attestata solo in Gios 22,25;
ISam 18,29)e nel nome mra1 paura, spavento
di tipo maqtal.
Il nome di localit Jir'n (Gios 19,38) ed il nome perso
nale Tiraci' (lCron 4,16) vengono considerali da alcuni
come derivati da jr* (cos GB 315b; Becker, l.c., 4; di di
verso parere Noth, IP 163).
II/
La seguente statistica indica che//- qal fre
quente in Deut e in Sai, il ni. (nrd') vjr' in Sai
c jir' in Prov.

Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re

qal ni .inora' Pi. jr1 jr mra

tot.

24
15
8
4
44

20
11
8
4
32
11
6
21
6
8
19

Ls
Ger
Ez
Os
Gioe
Am
Gionp
Mi
Ab
Sof
Agg
Zac
Mal

22
21
5

Sai
Giob
Prov

30
8
5

Rut
Eccle
Lam

Dan
Neem
lCron
2Cron

3
6
3
6

AT

2
1
4
1

1
2

2
-

5
1
2

st.

83

3
2
3
2

1
2
1+15

1
3
2
-

1+44

21
3
3
___

8
5
14

im m

1
5

45

1
45

tl
8
22
10
8
19
34
23
8
1
4
1
6
1
2
4
2
3
9

2
1

284

7
1

12

17

22

I
9
I
4
14
6
8
436

662

Ili/
Dei due studi esaustivi sulla radice jr' ap
parsi negli ultimi anni: S. Plath, Furcht Gottes.
Der Begriff jr' im AT, 1963; J Becker, Gottesfurcht im AT, 1965, il primo tratta non solo del ti
mor di Do (vd. st. IV /1-6), ma anche del timore
di fronte a persone o cose (vd. III/l // qal, 1II/2
nra\ III/3 mra1).
1/ a) Per
qal - il cui significato originario,
non pi evidente nei testi delPAT, sembra essere
secondo alcuni tremare (cfr. Becker, l.c., 1) a seconda della posizione sintattica si pu dare la
traduzione relativamente unitaria di aver ti
more, temere qualcuno o qualcosa, aver timore di
qualcuno o qualcosa, temere di far qualcosa .
1 passi in cui.//-1 causato da cose o persone pre
sentano le seguenti costruzioni sintattiche:
(1) uso assoluto, in cui loggetto della paura o la
sua motivazione si possono spesso ricavare dal
contesto (cfr. in particolare Gen 31,31; 32,8; 43,18;
Es 2,14; 14,10; Deut 13.12; 17,13; 19,20; 20,3;
Gios 10,2; ISam 17,11.24; 28,5; 2Re 10,4; Ger
26,21; Am 3,8; Neem 2,2; 6,13; 2Cron 20,3);
(2) costruzione con l'accusativo (relativamente
rara, cfr. Gen 32,12; Lev 19,3; Num 14,9.9; 21,34;
Deut 3,2.22; Giud 6,27; ISam 14,26; 15,24; Re
1,51; Ez 3,9; 11,8; Dan 1,10);
(3) costruzione con le preposizioni min (cfr. Deut
I,29; 2,4; 7,18; 20,1; Gios. 10,8) e mippen (cfr.
Deut 5,5; 7,19; Gios 9,24; 11,6; ISam 7,7; 21,13;
Re 1,50; 2Re 25,26; Ger 41,18; 42,11.11);
(4) in pochi passi si incontrajr' con le + inf, (cfr.
Gen 19,30; Num 12,8; Giud 7,10; 2Sam 1,14;
10,19; 12,18).
b) jr' indica una reazione (psichica) davanti a pe
ricoli incombenti soprattutto quando si tratta di:
(1) paura di animali e cose: Am 3,8; Ger 42,16; Ez
II,8; Giob 5,22; Prov 31,21; Eccle 12,5;
(2) paura della morte: Gen 26,7; 32,12; Deut
13,12; 17,13; 19,20; Re l,50s.; Ger 26,21; Giona
1,5; Dan 1,10; Neem 6,13;
(3) secondo Plath, l.c.,19, si tratta piuttosto di una
sensazione incontrollabile di ansiet p.e. in Es
2,14; 2Sam 12,18, sebbene anche qui in ultima
analisi si intraveda la paura della morte;
(4) paura dei nemici (in battaglia): Es 14,10;
Deut 2,4; Gios 10,2; ISam 7,7; 17,11.24; 28,5;
2Sam 10,19; 2Re 10,4 (rafforzato mediante me'd
me'd).
Bisognerebbe menzionare qui anche i passi dove com
pare la formula al-iir* non aver timore nelle cosid
dette allocuzioni di guerra, per le quali vd. st. IV/2.
In Deut 20,8 e Giud 7,3 presente in jr' timoroso
anche una sfumatura di vigliaccheria o per lo meno di
mancanza di coraggio (cfr. G, von Rad, Der heilige Krieg
im Alten Israel, 1951, 72).

(5) In alcuni passi.//- esprime la paura di fronte a


qualcosa di misterioso e inquietante, p.e. Gen
18,15; 19,30; 42,35 (soprattutto se con M.Noth,
Oberiieferungsgeschichte des Pentateuch, 1948,
663

38, si colloca il v. 28b dopo il v. 35); Sai 91,5 (cfr.


Kraus, BK XV,638).
c) In pochi passi si avverte che il significato tende
ad assumere connotazioni etiche. In Giob 32,6 jr'
esprime la riverenza del giovane verso l'anziano
(cfr. accanto ad esso zhl, vd. sp. 1/1, comune
mente acquattarsi , KBL 254a). La traduzione
pi appropriata sarebbe aver soggezione . Nel
comandamento di temere il padre e la madre, Lev
19,3, la formulazione vuol esprimere il senso di
nutrire soggezione rispettosa oppure in modo
pi attenuato avere in onore (sullambientazione del comandamento cfr. Noth, ATD 6,121;
cfr. anche Es 20,12 kbd pi. onorare ).
d) Un significato completamente attenuato com
pare infine in Prov 14,16, dove jY va inteso come
essere guardingo (cos Becker, l.c., 235s.;
Plath, l.c., 64; in modo simile anche Ringgren,
ATD 16,62).
*e) Becker, Le., 6-18, enumera molti vocaboli in
dicanti temere, pi o meno sinonimi e in parte
usati come paralleli di.// . Ricordiamo qui solo i si
nonimi pi prossimi:
(1) gr qal aver timore (lOx; mgr! m6gra
orrore risp. 8x e 3x);
(2) hrdqal tremare di paura (23x; hi. spaven
tare 16x; hrd pauroso 6x; hard tremore,
angoscia 9x);
(3) htt qal/ni. essere spaventato (risp. I7x e
30x; pi. anche spaventare Giob 7,14; hai
pieno di spavento 2x; sost. nel sign. di spa
vento : hai 2x; hitt Gen 35,5; hathattm Eccle
12,5; hatat Giob 6,21; (fittit 8x, solon Ez; m'hitt
llx);
(4) jgr qal aver timore (5x;jgr che nutre ti
more 2x);
(5) re qal spaventarsi/aver timore (llx ; ni.
part. terribile Sai 89,8; hi. temere 2x; ma'ari timore Is 8,13; maiar$ spavento ls
10,33);
(6) phd qal aver paura, tremare (22x; pi. tre
mare 2x; hi. far tremare Giob 4,14; phad
tremore, spavento 49x; pahd spavento Ger
2,19 txt?);
'
(7) st qal aver timore di Is 41,10.23 recente
mente stato riconosciuto come corrispondente
alfug.
(UT nr. 2763) e al len. si" (DISO 322)
(cfr. Meyer II, 123).
2/ II part. ni. nra viene usato come aggettivo
indipendente, appartiene allambito del timore
numinoso e significa terribile, terrificante. La
traduzione temuto potrebbe essere valida solo
per ls 18,2.7; Ab 1,7, dove riferito ad un popolo
(cfr. KBL 400a). nr' una caratteristica del de
serto (Is 21,1; Deut 1,19; 8,15), del ghiaccio (Ez
1,22), delle imprese belliche del re (Sai 45,5), seb
bene in questultimo passo potrebbe avere anche
il significato gi attenuato di stupefacente, me
N T .// TEMERE

664

raviglioso, magnifico (cfr. Becker, l.c., 47; Plath,


l.c., 23; LXX: Oaufiaarti^).

opere potenti di Jahwe nella storia e nella crea


zione in genere (Sai 145,6; 65,6).

3/ Il sost. mra' (in Sai 9,21 bisogna leggere coh


BHS - anzich -h) significa paura, spavento ,
ci che incute spavento ed termine caratte
ristico delia paura numinosa. Designa la paura de
gli animali verso luomo (Gen 9,2 par. haf), la
paura verso Israele (Deut 11,25 par. pahad),

Nelluso avverbiale di nra't in Sai 139,14 si ha proba


bilmente un affievolimento del contenuto numinoso
(cfr. GK 118p) nel senso di meravigliosamente, in
modo magnifico (cfr. Kraus, BK XV,913; Becker, l.c.,
34 n. 91). rwr1 orribile, terrificante (cos Plath, l.c.,
I l i n. 330) secondo Giud 13,6 laspetto del messag
gero di Dio, ma anche il luogo dove Dio si rivela, Gen
28,17.

IV/ Nella grande maggioranza dei passi in cui


ricorre (circa 4/5), Jr' ha un senso teologico. Gli
aspetti caratteristici sono i seguenti: IV/1 il carat
tere numinoSo di jr'\ IV/2 la fonnula al-tlr
non aver timore ; IV/3 jr* nella letteratura dtn.
e dtr,; IV/4 jir' Jhwh coloro che temono
Jahwe nei salmi; IV/5 jr' come venerazione
cultuale; IV/6 jr' nei testi sapienziali; IV/7 il
concetto nomistico di timore di Dio.

b) mra' nelle confessioni di fede dtn., che si ri


feriscono alla liberazione dal l'Egitto, significa le
azioni terrificanti di Dio (Deut 4,34; 26,8;
34,12; cfr. Ger 32,21; von Rad, ATD 8,35.112.150:
terrori , imprese terribili ). Becker, l.c., 31
n. 73, vorrebbe vedere una differenza tra il plur.
mr'Jm in Deut 4,34 e il sing. negli altri passi, in
quanto riferisce il primo alle azioni stesse, il se
condo allo spavento che accompagna lazione di
Jahwe.

1/ In diversi passi ancora chiaro il carattere


numinoso originario del timore (di Dio) :
nelPagg. nrd' (a), nel sost. mra' (b) e nel verbo
jr' (c).

a) Pi di 30x iira' terribile viene usato come


attributo di Jahwe (Es 15,11; Deut 7,21; 10,17; Sof
2,11; Sai 47,3; 68,36; 76,8.13; 89,8; 96,4 = lCron
16,25; Giob 37,22; Dan 9,4; Neem 1,5; 4,8; 9,32),
del suo nome (Deut 28,58; Mal 1,14; Sai 99,3;
111,9), delle sue azioni (Es 34,10; Deut 10,21;
2Sam 7,23 = lCron 17,21; Is 64,2; Sai 65,6; 66,3;
106,22; 145,6) e del giorno del suo giudizio esca
tologico (Gioe 2,11; 3,4; Mal 3,23), per quanto sia
singolare il Fatto che tale concetto non compaia
quasi per nulla nel periodo preesilico (sarebbe tut
tavia errato dedurre da ci uno sviluppo seman
tico relativamente tardivo), nrd' si trova talvolta
in parallelo con altri termini esprimenti laspetto
numinoso di Dio, come qds (-qds) santo
(Sai 99,3; 111,9; Es 15,11), gdi{-gdl) grande
(Deut 7,21; 10,17.21; 2Sam 7,23 = lCron 17,21;
Sai 96,4 = lCron 16,25; Sai 99,3; 106,2ls.; 145,6;
Dan 9,4; Neem 1,5; 4,8; 9,32), na'ars terribile
(Sai 89,8; vd. sp. III/le).
Come attributo di Jahwe, nta appartiene al vo
cabolario tipico dei salmi di Sion e della regalit
di Jahwe (Sai 47,3; 76,8.13; 96,4; 99,3; anche
68,36; 89,8). Si pu quindi vedere in nrd' un
termine del linguaggio cultuale (Becker, l.c., 48,
con rimando a J.Hempel, Gott und Mensch im
AT, 1926,30: nrd' sarebbe passato da questo am
biente ai brani della cornice dtn,, cfr, Deut 7,21;
10,17.21; 28,58). La formula stereotipa h' haggdl wchannr' Dio grande e terribile ricorre
in Dan 9,4; Neem 1,5; 4,8; 9,32; qui Vaffermazione
si riferisce al Dio benigno.
nra' come designazione delle azioni terribili
di Dio si riferisce in genere a ci che avviene per
la salvezza di Israele, sia che si tratti dellesodo
dallEgitto (Deut 10,21; Sai 66,3; cfr. v. 6; 106,22;
2Sam 7,23 = lCron 17,21), sia che si tratti delle

c) Il verbo jr' temere viene talvolta usato


in assoluto (p.e. Gen 28,17; ISam 4,7; Is 41,5;
Sai 40,4; 52,8); il pi delle volte costruito con
loggetto in accusativo (Es 14,31; Lev 19,30;
26,2; ISam 12,18; 2Sam 6,9; Is 25,3; 59,19; Sai
67,8), in diversi casi con la preposizione min opp.
mippen (cfr. Es 34,30; Deut 28,10; Mi 7,17; Sai
33,8; 65,9 ecc.).
Il carattere chiaramente numinoso di jr', che si
pu rendere spesso con rabbrividire , si manife
sta: (1) quando si sperimenta la presenza di Dio
nelle teofanie (Es 20,18 [txt em].20; Deut 5,5; cfr.
Sai 76,9), quando si sperimentano sogni o visioni
(Gen 28,17; cfr. Dan 10,12.19), quando si teme lo
sguardo di Jahwe che causa la morte (Es 3,6);
(2) di fronte alle azioni di Jahwe in quanto sono
un agire nella storia e una dimostrazione di po
tenza (Is 25,3; 41,5; Ger 10,7; Ab 3,2; Zac 9,5; Sai
65,9; 76,9; Giob 6,21 orrore di fronte a chi col
pito da Dio), specialmente nellesodo dallEgitto
(Es 14,31, Mi 7,17; cfr. ISam 4,7ss ), nellinter
vento a favore di singole persone e nel giudizio
punitivo verso i malvagi (Sai 40,4; 52,8; 64,10),
nelle azioni creative (Ger 5,22.24; Sai 33,8; 65,9;
cfr, ISam 12,18); (3) in relazione al tempio (Lev
19,30; 26,2; 2Sam 6,9 = lCron 13,12), a persone
che stanno in un rapporto particolare con Jahwe
(Es 34,30 Mos; Gios 4,14 Mos e Giosu; ISam
12,18 Samuele; 31,4 = lCron 10,4; 2Sam 1,14; cfr.
ISam 24,7, il re come lunto), al popolo di Jahwe,
poich il suo nome stato invocato su di esso
(Deut 28,10).
Becker, l.c., 38s., mostra che da una parte il ti
more numinoso di fronte alle azioni di Dio appare
come punto di partenza di uno sviluppo seman
tico verso il timore di Dio in quanto senti
mento morale , e mediante lidea del riconosci
mento di Jahwe e della dedizione a lui si avvicina
al significato cultuale (temere = venerare) (cfr.
p.e. Es 14,31 ; Ger 10,7), e che daltra parte negli

665 N T

jr '

TEMERE

Se in Sai 76,12 mra' conservato nel testo (cfr. tuttavia


BHS), Jahwe stesso viene chiamato spavento .

666

usi che menzioneremo st. IV/3-6 ancora pre


sente, per quanto fortemente attenuata, una nota
fondamentale di timore numinoso (con riferi
mento allo sviluppo che si riscontra nei paralleli
non israeliti, particolarmente nelfacc. pailju, l.c.,
78-80; cfr. AHw 812s.; inoltre p.e. R.H.Pfeiffer,
The Fear of God, IEJ 5, 1955, 41-48).
2/ a) La formula a!-tira1 non aver timore
anzitutto usata come formula di rassicurazione in
campo profano (circa 15x); per lo pi al singolare
e senza complementi (solo 2Re 25,24 Ger 40,9
con miti) e viene motivata in genere da una frase
indipendente che segue (Gen 43,23; 50,21; Rut
3,11) o da una proposizione secondaria introdotta
da kJ (Gen 35,17; ISam 4,20; 22,23; 2Sam 9,7; 2Re
6,16). Essa spesso tiene lontano il timore della
morte (cfr. Giud 4,18; ISam 22,23; 23,17; 2Sam
9,7). In Gen 35,17 e ISam 4,20 (in occasione di
una nascita) si potrebbe avere una comune
espressione di consolazione diventata formula
fissa (Plath, l.c., 114), che promette coraggio in
una situazione di angustia e pu essere tradotta
stai tranquilla (cfr. la Bibbia di Zurgo). In Sai
49,17 'al-tir' ha il senso affievolito di aspetta
tranquillo (Becker, l.c., 52 n. 219), non tur
barti (cfr. la Bibbia di Zurigo).
b) Luso teologico della formula al-tfr (circa
60x, in pochi passi Id tir') si trova in prevalenza
nel Deuteroisaia (Is 41,10.13.14; 43,1.5; 44,2; 54,4;
cfr. 44,8; 51,12), in Ger e nel Deut (cfr. Plath,
115.122; Becker, 50-55); singolare i fatto che
nella letteratura sapienziale si abbia solo un passo
(Prov 3,25) e che la formula manchi del tutto nei
salmi.
Si tratta, come nelluso profano, di una formula di
rassicurazione oppure di unespressione di conso
lazione, che viene pronunciata in situazioni gene
riche di necessit; pronunciata soprattutto da
Dio (circa i 2/3 dei casi) - raramente dal messag
gero di Dio (Gen 21,17; 2Re 1,15; Dan 10,12.19)
- e da una persona (ad eccezione di Is 35,4; Gioe
2,2ls.; Sof 3,16; Prov 3,25 solo nei libri storici) che
ha un incarico particolare da parte di Jahwe (p.e.
Mos, Giosu, Samuele, Elia, Neemia, un sacer
dote).
Come parola d Dio la formula si incontra nelle
formule di rivelazione che promettono salvezza e
consolazione. Essa costituisce di norma lintrodu
zione di un discorso (come conclusione in Agg
2,5; Zac 8,13.15; Dan 10,19) e si trova in stretta re
lazione con quelle formule nelle quali Jahwe de
scrive se stesso (Gen 15,1; 26,24; 46,3; Is 41,10.
13.14; 43,1.5; Ger 30,10s.; 46,27s.). In genere alla
formula segue una motivazione (Gen 21,17;
26,24; Deut 3,2; Gios 8,1; 11,6; Is 10,24; 41,10 e
spesso nel Deuteroisaia; cfr. sp. 2a). Luso asso
luto si ha in Gen 15,1; 21,17; 26,24; Gios 8,1; Giud
6,23 e nei passi del Deuteroisaia; altrimenti si ha
la costruzione con le preposizioni min/mippen o
con la particella dellaccusativo (cfr. Num 21,34;

667

Deut 3,2; Gios 10,8; 11,6; 2Re 19,6; Is 10,24; Ger


42,11 ecc.).
,
La formula possiede queste caratteristiche anche
quando pronunciata da uomini. In questo caso
tuttavia si hanno anche degli ampliamenti che
danno origine a delle serie, mediante termini pa
ralleli usati in senso positivo o negativo. Si tratta
specialmente dei verbi 'ms essere forte (Deut
31,6; Gios 10,25; lCron 22,13; 28,20; 2Cron 32,7),
hzq essere saldo (Deut 31,6; Gios 10,25; Is
35,4; lCron 22,13; 28,20; 2Cron 32,7), htt ni. es
sere abbattuto (Deut 1,21; 31,8; Gios 8,1; 10,25;
Ger 30,10; Ez 3,9; lCron 22,13; 28,20; 2Cron
32,7), Vs aver timore (Deut 1,29; 20,3; 31,6),
rkk essere trepidante (cuore) (Deut 20,3; Is
7,4).
Dopo che la formula1a-tr\ nellanalisi letteraria
del Deuteroisaia, era stata gi riconosciuta come
parte dei discorsi di rivelazione da parte di
II.Gressmann (ZAW 34, 1914, 254-297, in parti
colare 287-289), il quale aveva considerato come
suo luogo di origine gli oracoli di salvezza sacer
dotali, rifacendosi a modelli babilonesi (cfr. p.e,
AOT 28ls.; ANET 449s.), J.Begrich, Das priesterliche Heilsorakel, ZAW 52, 1934, 81-92 = Ges
Stud 217-231, ha provato che listituzione dellora
colo di salvezza sacerdotale esisteva gi nelfambito israelitico. Chiaro passo probativo Lam 3,57
(cfr. Begrich, l.c., 82 e 219).
Lipotesi di L.Kohler, che fa derivare la formula
dallesperienza numinosa della teofania (Die Offenbarungsformel Frchte dich nicht! im AT, STliZ 36,
1919, 33-39), poco probabile, tanto pi che a sostegno
di essa possono essere citati solo Es 20,20; Giud 6,23;
Dan 10,12.19, e nel migliore dei casi anche Gen 26,24.

Va ancora ricordato in particolare il frequente ri


correre della formula nelle cosiddette allocuzioni
di guerra (cfr. H.W.Wolff, Immanuel. Das Zeichen, dem widersprochen wird, 1959, 15) nella
tradizione relativa alla guerra di Jahwe (G. von
Rad, Der heilige Krieg im alten Israel, 1951, 9s.);
Es 14,13; Num 21,34; Deut 1,21.29; 3,2.22; 20,1.3;
31,6.8; Gios 8,1; 10,8.25; 11,6; Is 7,4; Neem 4,8;
2Cron 20,15.17; 32,7; inoltre 1QM 10,3; 15,8; 17,4.
Anche qui 'al-tfr' da intendersi come oracolo di
salvezza, o pi precisamente come oracolo di
guerra che, come attestano corrispondenti paralleli
al d fuori di Israele, una forma nota allOriente
antico.
Come riferimenti citiamo soltanto (cfr. H.Wildberger,
ZThK 65, 1968, 135 e - w? B/IV/2; inoltre H.Cazelles,
RB 69, 1962, 321-349; O.Kaiser, ZAW 70, 1958, 107
126): loracolo di Istar di Arbela ad Asarhaddon (AOT
282, III,38-IV,10): Non aver timore (l tapatiah), o
re! ti dissi. Non ti ho respinto!... non permetter che
tu vada in rovina... Con la mia mano annienter i tuoi
nemici! ; dalPambiente aram. liscrizione di ZKR (KAI
n. 202 A; r. 12-14): [Cos mi parl] B'LSMJN: non
aver timore (7 (zht)\poich io (ti] ho [costituito] ile],... e
ti salver da tutti [questi re...] ; cfr. anche la lettera di
Suppiluliuma a Niqmadu di Ugarit (RS 17.132, r. 3-5):
Anche se Nuhas e Mukis sono in guerra con me, tu,
Niqmadu, non aver timore di loro (PRU IV,35s.).

KT

jr '

TEMERE 668

c) Per completare il quadro menzioniamo in que


sto contesto la formula caratteristica di alcuni
salmi lo 7/tf (plur. solo in Sai 46,3) non ho ti
more (come libert da qualsiasi timore di fronte
a uomini, in particolare nemici, e a calamit natu
rali), che s ritrova in canti di fiducia (Sai 23,4;
27,1, qui come domanda), in espressioni di fiducia
dei salmi di lamentazione (Sa! 3,7; 56.5.12) o dei
salmi di ringraziamento (Sai 118,6). E ovvio un
collegamento con loracolo di salvezza (cfr. Kraus,
BK XV,805, che vorrebbe intendere la confes
sione Jahwe per me, non ho timore in Sai
118,6 come eco di un.,, oracolo di salvezza ).
3/ Sono unitari sia per significato sia per forma
linguistica i passi sul timore di Dio della lette
ratura dtn. e dtr. (Deut 4,10; 5,29; 6,2.13.24; 8,6;
10,12.20; 13,5; 14,23; 17,19; 28,58; 31,12.13; Gios
4,24; 24,14; Giud 6,10; ISam 12,14.24; Re
8,40.43 = 2Cron 6,31.33; 2Re 17,7.25-28.32-39.41;
Plath, l.c., 33-45; Becker, l.c., 85-124).
Vengono usate solo forme verbali, e per il Deut
caratteristica la forma dellinf. cs. con le (Fjir').
Oggetto del verbo - quando viene nominato
espressamente - sempre Jahwe oppure lespres
sione composta Jahwe tuo/nostro/vostro Dio .
Come termini paralleli importanti (superiori, sullo
stesso piano o subordinati, cfr. Plath, l.c., 33) sono
da menzionare: hb amare (Deut 10,12),
dbq aderire (Deut 10,20; 13,5),hlk bdrkaw
camminare nelle sue vie (Deut 8,6; 10,12), hlk
ahar seguire (Deut 13,5), 'bd servire
(Deut 6,13; 10,12.20; 13,5; Gios 24,14; ISam
12,14), li/7 hahuqqm osservare i comanda
menti (Deut 6,24), sbL ni. bism giurare nel
suo nome (Deut 6,13; 10,20), sm beq!
ascoltare la sua voce (Deut 13,5; ISam 12,14),
smr osservare (i comandamenti ecc.) (Deut
5,29; 6,2; 8,6; 13,5; 17,19; 31,12).
rilevante la stretta connessione tra temere
Jahwe ed osservanza della legge. Tale relazione
reciproca dei due concetti pu essere determinata
e compresa nel giusto senso se si parte dal cd.
formulario delPalleanza (cfr. K.Baltzer, Das
Bundesformular, M964, specialmente 22s.46s.), in
cui y'r *cet-Jhwh temere Jahwe uno dei punti
costitutivi (cfr. Vt, dbq), che esprime la di
chiarazione di principio della relazione di fedelt
che unisce Israele a Jahwe. Cos,//- cet-Jhwh da
intendersi come esclusiva venerazione di Jahwe
sotto laspetto particolare della fedelt verso di lui
in quanto Dio dellalleanza (Becker, l.c., 85).
In 2Re 17,36.39.//* ha lo stesso significato di venerare
in quanto espressione di fedelt verso Jahwe, mentre gli
altri passi del capitolo intendono > unicamente come
termine tecnico cultuale sia della venerazione di dei stra
nieri sia di un culto illegittimo verso Jahwe (cfr. Pialli,
l.c., 43; Becker, lx., 123).

4/ Espressione tipica dei salmi /'//'1 Jhwh co


loro che temono Jahwe (aggettivo verbale jpr'
al plur. cs. con significato di sostantivo, cfr. Joiion

669 N T j r TEMERE

343; Plath, l.c., 84-103; Becker, l.c., 125-161). Ol


tre a jir' Jhwh (Sai 15,4; 22,24; 115,11,13; 118,4;
135,20; cfr. Mal 3,16.16; in origine anche 66,16 nel
salterio elohista) ricorrono le fonne equivalenti
con suffissi coloro che ti/lo temono (Sai 22,26;
25,14; 31,20; 33,18; 34,8.10; 60,6; 85,10; 103,11.
13.17; 111,5; 119,74.79; 145,19; 147,11) oppure
coloro che temono il mio/tuo nome (Mal 3,20,
Sai 61,6), in totale 27 passi (in pi forse Sai 119,63
txt em).
Con jir' Jhwh si intende la comunit cultuale de
gli adoratori di Jahwe, e precisamente a) in ori
gine la comunit cultuale radunata in actu nel
tempio (Sai 22,24.26; 31,20; 66,16); b) in senso
pi ampio tutto il popolo di Jahwe (cfr. Sai 60,6
par. "am popolo v. 5; 61,6, cfr. Weiser, ATD
15,302; 85,10); c) in salmi del tutto tardivi
l'espressione indica i devoti di Jahwe , i fe
deli della comunit (Sai 25,14; 33,18; 34,8.10;
103,11.13.17; 111,5; 119,74.79; 147,11; cfr. anche
Mal 3,16.20), e qui in parte si sottintende anche
un senso morale-sapienziale (Sai 25,12.14; 34,8.10,
cfr. v. 12; vd. st. 6a) oppure un senso nomistico
(cfr. Sai 103,17; 119,74.79; vd. st. 7); d) dubbio
se in Sai 115,11.13; 118,4; 135,20jir' Jhwh indichi
i cosiddetti proseliti (cfr. A.Bertholet, Die Stellung der Israeliten un der Juden zu den Fremden,
1896,182, inoltre Kraus, BK XV,786.789; Weiser,
ATD 15,498s.), tanto pi che il termine tecnico
che si usa di solito a questo rigiialdo gcn"rn
cfr. E.Schurer, Geschichte des jiidischen Volkes
im Zeitalter Jesu Chrsti, III, T909, 175ss.). pi
naturale scorgere in jir' Jhwh (con Plath, l.c.,
102s.; Becker, l.c., 160) il termine collettivo che
designa i partecipanti al culto del periodo postesilico, gerarchicamente articolati.
5/ Al di fuori dellambiente dtn. e dtr. e del
gruppo degli.jir' Jhwh del salterio (vd. sp. 3 e 4),
il significato temere nel senso di venerare fe
delmente Jahwe si ritrova p.e, in Re 18,3.12;
2Re 4,1 ; Ger 32,39.40; Neem 1,11 (in Ger e Neem
si tratta evidentemente di influsso dtr.). Il signi
ficato semplice di venerazione cultuale in ls
29,13 (B.Duhm, Das Buch Jesaja, M922, 186; Foh
rer, Jes. 11,77), e Giona 1,9 ha il significato tecnico
elaborato di appartenenza al culto, alla reli
gione .
6/ a) I passi contenenti jr che si trovano
nelfambito della tradizione sapienziale sono sin
golari per la formulazione linguistica ad essi carat
teristica. Vanno ricordati: (1) lagg. jr1
nellespressione j er' Jhwh (secondo Becker, l.c.,
126s. 188, il plur.y/r Jhwh dei salmi corrisponde
rebbe piuttosto ad un genitivo possessivo, il sing.
j cryJhwh ad un genitivo oggettivo), p.e. Is 50,10;
Sai 25,12; 128,1.4; Prov 14,2; j er' >(Flhm p.e.
Giob 1,1.8; 2,3; Eccle 7,18. da notare come - a
differenza dei salmi - non ricorra mai una forma
con suffissi e solo due volte si abbiano forme plu
rali (Es 18,21; Eccle 8,12). (2) il sost.y/r, in pre

670

valenza nellespressione jir'at Jhwh timore di


Jahwe (Prov 1,7.29; 2,5; 8,13; 9,10; 10,27; 14,
26.27; 15,16.33; 16,6; 19,23; 22,4; 23,17; cfr. Is
l , 2.3; 33,6; Sai 34,12; 111,10; 2Cron 19,9), inoltre
jir'at saddaj(Giob 6,14\jir'at 'adnj (Giob 28,28)
ejir' usato in assoluto (Giob 4,6; 15,4; 22,4), che
potrebbe per stare per jir'at lhm (Plath, l.c.,
55; Fohrer, KAT XV I,138.267.355). (3) il verbojr 9
con oggetto D io (Giob 1,9; Eccle 5,6; 12,13;
con miUifn davanti a : Eccle 3,14; 8,12.13) opp.
Jahwe (Prov 3,7; 24,21).
b) Sono da menzionare le seguenti caratteristiche,
che rivelano un legame stretto con la tradizione
sapienziale: (1) soprattutto nella raccolta di sen
tenze di Prov \
-9jir'at Jhwh strettamente paral
lelo a termini sapienziali e pu essere usato quasi
come sinonimo di dat (jd ) conoscenza (cfr.
Prov 1,7.29; 2,5; 9,10; 15,33; anche ls 11,2; 33,6;
Giob 28,28; cfr. Gemser, HAT 16,25, Ringgren,
ATD 16/1,43; Becker, l.c., 217ss.); (2) jir'at Jhwh
si incontra quando si parla della connessione che
esiste tra azione e conseguenza, tipica della lette
ratura sapienziale (Prov 10,27; 14,26; 15,16; 16,6;
19,23; 22,4).
c) Le espressioni che indicano timor di Dio,
sopra menzionate, stanno pi volte nei testi sa
pienziali in parallelo con tm integro , josar
retto, $addq giusto, sur mra4 tenersi
lontano dal male , sn ra odiare il male (cfr.
Prov 3,7; 8,13; 10,27; Giob 1,1.8; 4,16; 28,28; an
che Sai 34,12.15; 2Sam 23,3; come opposto rasa1
colpevole Prov 10,27), sicch timor di Dio
va inteso qui come espressione stereotipa per in
dicare il giusto comportamento morale (Becker,
l.c., 187; cfr. anche Plath, l.c., 78).
d) Sebbene faccia parte della tradizione sapien
ziale, PEcclesiaste segue tuttavia una linea sua
propria (accanto ajr '!jer' 1cpfhm Eccle 5,6; 7,18;
12,13 si ha qui anche lespressione> milli/n
l
hm] aver timore davanti a Dio , Eccle 3,14; 8,
12.13, la quale non ricorre in nessun altro passo
della letteratura sapienziale), in quanto, colpito
dalla distanza fra Dio e Puomo (cfr. p.e. 5,1 ), pone
fortemente in primo piano gli aspetti numinosi
che indicano la paura di fronte allincomprensibi
lit di Dio, per la quale luomo cosciente di es
sere in stretta dipendenza da Dio (cfr. Zimmerli,
ATD 16/1,174, Becker, l.c., 249s.; in particolare
E.Pfeiffer, Die Gotteslurcht ini Buche Kohelet,
FS Hertzberg 1965, 133-158).
e) Dal punto di vista linguistico PElohista ha nel
Pentateuco le stesse forme caratteristiche della let
teratura sapienziale (jr' 'cet-h'*lhm Gen 42,18;
Es 1,112\\jer' '*lhm Gen 22,12\jir' lhm
Es 18,21; jir'a tyalhm Gen 20,11) e sembra, se
condo Becker, l.c., 209, che sia ambientato
nellarea sapienziale (di diversa opinione Plath,
Le., 46s. ecc., che lo spiega a partire dalla tradi
zione nebiistica ; ovviamente anchegli con
671

A.Jepsen, Die Quellen des Knigsbuches, *1956,


78.98s., suppone che vi siano relazioni tra il nebiismo e la sapienza e influssi reciproci tra i due am
bienti, cfr. Plath 72, n. 181). Si tratta anche qui del
timore di Dio dal lato morale, e in questo senso
Gen 20,11; 42,18 designano un atteggiamento
morale generico da parte delPuomo (cfr. von Rad,
ATD 3,195, che definisce lo jir'at lhm in Gen
20,11 come riverenza e rispetto per le pi ele
mentari norme della morale di cui si sapeva che la
divinit era ovunque vindice severa ; H.Gunkel,
Genesis, 1910,444, vede in Gen 42,18 una certa
qual moralit religiosa internazionale ).
Sulla stessa linea in Es 18,21 uomini che temono
Dio si potrebbe sottintendere, tenendo conto dei
termini paralleli (uomini qualificati... e di fidu
cia, che hanno in disonore il guadagno disone
sto, Noth, ATD 5,116), il significato di co
scienzioso (cfr. Becker, l.c., 197).
0 Una stretta connessione tra timore di Dio e
comportamento morale si manifesta infine, oltre
che in Mal 3,5, nella formula temerai il Signore
tuo Dio, io sono Jahwe , che ricorre nel codice di
santit assieme a comandamenti che regolano la
vita umana normale (Lev 19,14.32; 25,17.36.43).
La motivazione 'n Jhwh, in quanto spiega la
manifestazione con cui il Dio Jahwe si presenta
nel momento in cui avanza delle esigenze al suo
popolo, o meglio, nel momento in cui santifica il
suo popolo (W.Zimmerli, Ich bin Jahwe, GO 23)
caratterizza jr' non solo come normale agire mo
rale, ma come obbedienza verso la volont rivela
trice di Jahwe.
7/ In alcuni salmi sapienziali, in cui la legge
una realt assoluta del periodo tardivo (cfr.
M.Noth, Die Gesetze im Pentateuch, 1940, 70ss.
= GesStud 112ss.), il concetto di timore di Dio
acquista carattere nomistico e si riferisce esclu
sivamente alla legge, jr' indica colui che si com
piace dei comandamenti di Jahwe (Sai 112,1), co
lui che osserva la legge (Sai 119,63) e cammina
nelle sue vie (Sai 128,1). In Sai 19,10 jir'at Jhwh
indica la legge stessa, cfr. i termini paralleli
(tor ecc.; non vi alcuna ragione di cambiare
jir'at in 'imrat parola, come vorrebbe Kraus,
BK XV ,153).
V/ Il giudaismo tardivo riprende i vari sensi di
jr' e in parte li sviluppa ulteriormente (cfr. J.Haspecker, Gottesfurcht bei Jesus Sirach, 1967). Cos
p.e. i rabbini usano abitualmente mra' e mor'
per designare il timore di Dio in senso morale (cfr.
Levy IIl,57a; R.Sander, Furcht urid Liebe im palastinischen Judentum, 1935). singolare il fatto
che a Qumran si abbiano poche ricorrenze (cfr.
S.J. de Vries, Note Concerni ng th Fear of God in
th Qumran Scrolls, RQ 5, 1965, 233-237; IQSb
5,25 come citazione di Is 11,2; CD 20,19 come ci
tazione di Mal 3,16; cfr. i passi nella tradizione
della guerra santa in 1QM, vd. sp. TV/2b,jr' 7 7
N T j r ' TEMERE

672

uno che teme Dio in CD 10,2 secondo J.Maier,


Die Texte vom Toten Meer, II, 1960,54, equivale
ad adatto al culto , cfr. sp. IV/6a(3)).
I LXX traducono .// soprattutto con po(kiv e de
rivati; pi rari sono dpctrOati, 0eo<jefv)<; e altri.
Per il NT cfr. G.Bertram, art. Oeoaepvj^ThW
111,124-128 (= GLNT IV,473-488); W.Foerster, art.
apofxoct, ThW V II>168-195; H.R.Balz - G.
Wanke, art.<popo),ThW IX,186-216; R.Bultmann,
Theologie des NT, *1965, 321s.561s.; K.Romaniuk,
II timore di Dio nella teologia di S. Paolo, 1967.
H. -P.Sthli

"IT j r d SCENDERE - 7 S Ih .
TT jr h hi. ISTRUIRE - n*]P tor.
0 T jr s EREDITARE
1/

La radice *wrt, cui appartiene rebr.jir ere


ditare, entrare in possesso, ben attestata in
tutta larea semO.; cfr. nel semNO. pi antico: ug.
jrt (WUS nr. 1248 impossessarsi ; UT nr. 1161
ereditare, ricevere; Grndahl 145), moab. jrs
(iscrizione di Mesa[= KAI nr. 181 ]r. 7s.: e Omri
si era impossessato di tutto il territorio di Medeba ), aram. antico jrt (Sef. I [= KAI nr. 222] C,
r. 24s.: e la sua discendenza non erediter alcun
nome ; cfr. Fitzmyer, Sef. 77; R.Degen, Altaram.
Grammatik, 1969* 43).
Non si pu accettare (cfr. GAG 106r) una connessione
con Pacc. rasu (Zimmern 17); nel tardo babilonese ri
corre come parola derivata dalfaram. faritu eredit
(AHw 412a).

Il verbo compare al qal e alfhi., pi raramente an


che al ni. e al pi. Sono derivazioni nominali j ers,
j eru$sy mras e morosa (cfr. il nome di luogo
Mrcscet Gat Mi 1,14), tutte nel significato di
possesso . Sul nome di donna J erus ( colei
che stata presa in possesso [per adozione])
cfr. Noth, IP 23ls.; J.J.Stamm, FS Baumgartner
1967, 327.
Diverge molto invece quanto a significato rcescet rete
(22x, di cui 8x in Sai; ug. ///), che di solito viene fatto de
rivare anchesso da jrs (non in UT nr. 2361). Per firs
vd. st. 3b.

2/ Questo gruppo attestato complessivamente


258x nellAT ebr., con particolare frequenza nella
letteratura dtn. e dtr.: qal 159x (esci, Num,
21,32K; Giud 14,15; di cui Deut 63x, Gios 12x,
Is e Sai lOx, Gen e Giud 9x), ni. 4x, pi 2x
(incl. Giud 14,15; cfr. Jenni, HP 212s.), hi. 66x
(incl. Num 21,32Q; di cui Gios e Giud 17x ciascu
no, Num 8x, Deut 7x), j'res 2x (Num 24,18),
j erussa 14x (Deut 7x, Gios 3x), mras 2x (Is 14,23;
673

SPT jrs EREDITARE

Abd 17; esci. Giob 17,11 desiderio , radice 'rs,


wh 3), mras 9x (Ez 7x, inoltre Es 6,8;
Deut 33,4).
3/ a) Il qal del verbo nella maggioranza dei casi
viene tradotto con entrare in possesso o sim.,
ed ha come oggetto per lo pi la terra (diven
tando una formula fissa nel linguaggio dtn. e dtr.,
cfr. J.G.PIoger, Literarkritische, formgeschichtliche und stilkritische Untersuchungen zum Deut,
1967, 83) oppure un territorio determinato, en
trambi uniti prevalentemente alle affermazioni
sull'ingresso nella terra promessa.
Sono oggetti grammaticali: *cerces terra in generale
(Gen 15,7.8; 28,4; Num 13,30; 33,53; Deut 1,8.21.39;
3,18.20; 4,1.5.14 ecc.; Gios 1,11.15 ecc.; Ger 32,23; Ez
33,24-26; Sai 44,4; Esd 9,11; Neem 9,15.23; cfr, ls 60,21;
Ger 30,3; Sai 37,9.11.22.29.34 ecc. [cfr. Mt 5,5], 'cerces di
un popolo o di un padrone (Sicon Num 21,24; Deut
2,24.31; 4,47 ecc.; Og Num 21,35; cfr. Deut 3,12; Amor
rei Gios 24,8; Am 2,10 [testo dtr.? cfr. W.H.Schmidt,
ZAW 77, 1965, 178-183; Wolff, BK XlV/2,185.206s.]
ecc.), -~'adm suolo (Lev 20,24; Deut 28,21.63;
30,18; 31,13; 32,47); nahat eredit (Num 27,11;
36,8), Ir citt >>(Giud 3,13; Abd 20; Sai 69,36), salar
porta (Gen 22,17; 24,60), inoltre case (Ez 7,24;
Neem 9,25), montagna (Is 57,13), cam pi (Abd
19) ecc.

Talvolta si ha come oggetto un popolo, e allora //i


viene normalmente tradotto con scacciare,
espellere dal possesso: i refaim (Deut 2,21), gli
hurriti (Deut 2,12.22 ), gli amorrei (Giud 11,23), in
genere i popoli che dimorano nel territorio (Deut
9,1.5; 12,29; 18,14; 19,1) ecc.
Solo in un passo loggetto non un popolo n un suo
possesso (della terra), ma gli schiavi (Lev 25,46); il con
testo usa per dei termini che di solito vengono adope
rati per designare la propriet terriera.

Lhi. (che ricorre quasi esclusivamente nella lette


ratura dtr. e in Num) identico in molti casi al qal
per il suo uso e il suo significato. In molte tradu
zioni si accentua la cacciata dei popoli ren
dendo con estirpare o sterminare .
in questo contesto che si inquadrano i derivati
nominali j ersjeruss) mras e mras, che signi
ficano tutti possesso , prevalentemente nel
senso di possesso della terra (in parallelo con
1ahuzz ['hz\, natala, helceq [hlq], frcebcet
ecc.). Il ni. significa in senso privativo essere pri
vato della propriet, diventare povero (Gen
45,11; Prov 20,13; 23,21; 30,9), e corrispondente
mente dal lato positivo fhi. pu essere usato nel
senso di rendere povero (ISam 2,7; Zac 9,4;
cfr. il termine attestato solo in ebr. rus essere po
vero , nh II),
b) Luso di jrs nel senso di ereditare appare
senza connessione con la precedente serie di signi
ficati (Gen 15,3.4.4; 21,10; Ger49,ls.; cfr. il part.
sostantivatojres eredit 2Sam 14,7; Ger 49,1).
Il significato di ereditare da considerare
quello originario, non solo perch i testi in cui si
ha questo significalo (pochi in realt) sono tra i
674

pi antichi, ma anche perch esso spiega nel modo


pi semplice gli altri usi del termine e il suo senso
nelle altre lingue semitiche: possesso e possesso
della terra in particolare, cui in genere jrs si rife
risce, per PAT e anche al di fuori dIsraele fon
damentalmente possesso ereditario (per questo
j erussa, nahal e 'ahuzz sono termini che si riferi
scono alla stessa realt). Cfr. anche F.Dreyfus, Le
thme de Phritage dans PAT, RScPhTh 42,1958,
349 (soprattutto 5-8).
Il corrispondente greco di questi significati si ha nel ter
mine
che vuol dire parte, possesso panche
sorte ) e nello stesso tempo eredit (cfr. xX^povo[llo. atto di ereditare, eredit, porzione di eredit,
propriet e xX^povojjt-eZv ereditare . Cfr. i lessici
greci e W.Foerstcr, art.xXTjpo<;,ThW lll,757ss. = GLNT
V,583ss.).

In ebr. la radice.//s, come nhl, ha superato lambito


ristretto delleredit, e designa in genere il pos
sesso terriero oppure il venire in possesso della
terra (anche con la guerra).
Per questo motivo, in relazione a trs mosto, vino o
sim., non necessario supporre che il significato prima
rio della radice sia calpestare, pigiare (cos P.Haupt,
AJSL 26,1909/10, 215.223 per Mi 6,15, in seguito L.K5hler, ZAW 46, 1928, 218-220; KBL 406b). trs vino
(cfr. ug. (ri par. yn vino in 2Aqht [= II D] VI,7 e RS
24.258 [= g. V, nr. 1]), r. 4.16; fen. trs nelPiscrizione di
Karalepe 1= KAI nr. 261 111, r. 7.9) va quindi collegato
con unaltra radice jrs (B.Hartmann oralmente; cfr. an
che laram. giud. mretysir. merit mosto , LS 406a;
forse anche ug. mri, UT nr. 1558; J.C. de Moor, UF 1,
1969, 170), a meno che con C.Rabin, Or NS 32, 1963,
137s. (cfr. UT nr. 2613), non lo si debba considerare un
termine derivalo dallarea della civilt mediterranea
(come nel caso di./4//fl vino ). Per lug. Tri come epi
teto divino (UT 1,16 e RS 24.246 [= Ug. V, nr. 14|, r. 9)
cfr. M.C.Astour, JAOS 86, 1966,283; M.Dahood, EThL
44, 1968, 53 (per Os 7,14); cfr. in precedenza gi Zimmern 40; GB 877b; W.F. Albright, BASOR 139,1955,18.

4 / Questo gruppo acquista rilevanza teologica


nella concezione dtn. e dtr. della conquista della
terra. Sebbene dal punto di vista grammaticale il
soggetto di jrs al qal sia normalmente Israele,
tuttavia chiaro che in ultima analisi Jahwe a
dare ad Israele la terra in possesso (ereditario). Le
formule pi frequenti sono: entrerete e prende
rete possesso della terra (Deut 4,1; 8,1; 11,8;
sing. 6,18); la terra in cui entrerete (oltre il Gior
dano) per prenderne possesso (Deut 4,14.26; 6,1;
11,8.11; 31,13; 32,47); la terra in cui entri per
prenderne possesso o sim. (Deut 7,1; 11,10.29;
23,21; 28,21.63; 30,16; plur. 4,5; Esd 9,11); Jahwe
d ad Israele la terra ll'rfsth per possederla
(Gen 15,7; Deut 3,18; 5,28; 9,6; 12,1; 19,2.14; 21,1;
Gios 1,11; ogg. nahal: Deut 15,4; 25,19). Si hanno
formule stereotipe simili con linf. senza sufisso lrcesoet e singole forme verbali.
Allhi. Jahwe diventa spesso soggetto, quando di
lui si dice che ha cacciato i popoli davanti agli
israeliti (con formula fissa in Re 14,24; 21,26;
2Re 16,3; 17,8; 21,2; 2Cron 28,3; 33,2 ecc.).
675

5/ A Qumran la radice viene usata come


nelPAT, tanto pi che alcune ricorrenze consi
stono in citazioni veterotestamentarie. Nel NT
questo gruppo non sussiste pi, se si eccettua il ri
chiamo evidente di Mt 5,5; insieme con nhl/
nahal e gral confluito in KXvjpo^Cfr. W.Foerster - J.Herrmann, art.xXyjpo^ThW 111,757-786,
spec. 768ss. (= GLNT V,583-664, spec. 615ss.; ivi
si indica anche il modo con cui traducono i LXX);
J.D.Hester, PauPs Concept of Inheritance, 1968.
H.H.Schmid

J is r ' l

ISRAELE

1/ Jisr'l un nome composto da unintera


frase, di un tipo non insolito proprio fra i pi an
tichi nomi personali isr. e anche tra i nomi di
trib, con esatte corrispondenze anche tra i nomi
di localit (Noth, IP 207-209; id., Geschichte
lsraels, 1956, 12). Noth ritiene probabile che
Israele fosse in origine un nome di trib o di
popolo formato in analogia con i nomi personali,
o pi esattamente una designazione che include
pi trib, e non un nome personale che solo se
condariamente sarebbe diventato nome di popolo,
tanto pi che Israele non ricorre mai nelPAT
come nome personale vero e proprio.
La pi antica altestazione epigrafica del nome
Israele si trova nel cantico di vittoria d Merenptah, nella cosiddetta stele dIsraele del suo tem
pio funerario situalo vicino a Tebe, attorno al 1225
a.C. (ora nel museo egiziano del Cairo). In occa
sione della rivolta di alcune citt della Palestina il
faraone avrebbe distrutto anche Israele :
Israele distrutto, non ha pi seme (r. 27; tra
duzione del testo in AOT 20-25; TGP 39s.; ripro
duzione della stele in AOB nr. 109; ANEP nr.
342/343). Resta incerto se questo Israele coincida
gi con la lega delle trib che conosciamo dall1AT,
o se indichi una realt sociologica pi antica. Dal
lato storico pi chiaro l'Israele attestato
nelPiscrizione moabita di Mesa della met del 9
sec. a.C. (KAI nr. 181, r. 5.7.lOs. 14.18.26).
Anche il significato della parola non si pu deter
minare con esattezza. La spiegazione che si trova
in Gen 32,29; Os 12,4 interpreta come oggetto la
parte teofora del nome: colui che combatte (con)
Dio; ci per improbabile, dato che ' l nei
nomi propri sempre soggetto. Le opinioni diver
gono anche sul significato del verbo: El/Dio
sincero/splende/salva/regna/combatte
(una
rassegna delle varie spiegazioni in G.A.Danell,
Studies in The Name of Israel in th OT, 1946,
22ss.). Forse il nome andrebbe itfteso come invo
cazione liturgica nellambito della guerra santa:
che El combatta! , ossia si mostri guerriero e
combattente vittorioso (J.Heller, Ursprung des
Namens Israel, CV 7, 1964, 263s.). Nuove possi
bilit di confronto si possono ricavare dal nome
personale ug. ysril (PRU V, nr. 69, r. 3; cfr. O.EisWlfff Jisr'l ISRAELE

676

sfeldt, Neue keilalphabetische Texte aus Ras


Schamra-Ugarit, SAB 1965, Heft 6, 28).
2/ Il nome Israele ha nellAT (incluse le part
aram.) pi di 2500 ricorrenze, che si suddividono
nel modo seguente (con una lista a parte per
Pespressione frequente ben Jisr'l figli
dIsraele = israeliti ; in Lis. mancano Gen 47,31
e la seconda ricorrenza in IRe 9,7 e 16,29):
Gen
Es
Lev
Num
DeuL

ben Jisr'l
1
123
54
171
21

Jisr'l totale
43
170
65
237
72

Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re

69
61
12
5
2l
11

160
184
151
117
203
164

Is
Ger
Ez
Os
Gioe
Am
Abd
Giona
Mi.
Nah
Ab
Sof
Agg
Zac
Mal
Sai
Giob
Prov
Rut
Cant
Eccle
Lam
Est
Dan
Esd
Neem
lCron
2Cron

5
9
a
6
t
5

92
125
186
44
3
30
1

12
1

AT

5
5
62

2
-

1
5
1
1
3

1
4
9
4
23

4
40
22
114
187

637

2514

Tra le numerose costruzioni con il genitivo, oltre


a ben Jisr'l, citiamo: 'acimai J. terra dL 17x
(solo in Ez); lh J. Dio dTsraele 201x (Ger
49x, Cron/Esd/Neem 46x); bl J . casa dI.
146x (Ez 83x; lespressione si formata forse in
analogia con casa di Giuda , data la vicinanza
degli stati dIsraele e di Giuda, cfr. M.Noth, Ge
schichte lsraelsJ1956,50 n. 2); hr J . montagne
dTsraele 16x (solo in Ez); qeds J. il Santo
dTsraele 31x (Is 25x).
3/ Israele non indica sempre nellAT la
stessa realt. Gli eventi storici che furono impor
677

Jisr'l ISRAELE

tanti per lidentit di Israele si rispecchiano nei


vari usi linguistici. Bisogna partire da Israele
come designazione della federazione delle dodici
trib (Noth, lx., 74ss.); la maggior parte delle ri
correnze si riferisce ad essa. Secondo la concezione
dellAT le trib che compongono Israele derivano
dalla famiglia di un comune progenitore, dal quale
proviene anche il nome. Questo eroe eponimo
Israele fu identificato assai presto (ma in se
guito ad un processo secondario dal punto di vista
della storia delle tradizioni) con il patriarca
Giacobbe (Noth, l.c,, 62 n. 1), per cui Israele fu
adoperato anche come nome personale. In Gen
32,29-50,25 si trova 34x Israele e 75x Giacobbe
come nome del patriarca.
In quanto designazione del popolo di Dio, Israele
per pi frequente di Giacobbe . Se si pre
scinde dalle costruzioni con il genitivo, nelle quali
Giacobbe il nome retto ( Dio di Giacobbe ,
casa di Giacobbe, forte di Giacobbe ecc.,
circa 60 passi), e dove non si pu sempre distin
guere chiaramente quando il termine designa la
persona e quando designa il popolo, si hanno circa
60 passi in cui Giacobbe da solo sta come nome di
popolo (Dtis 15x, Sai 12x, Ger 9x). Si tratta esclu
sivamente di testi poetici, e in due terzi di essi si
ha come parallelo Israele o il resto dTsraele
(Gen 49,7.24; Num 23,7.21.23.23; 24,5.17; Deut
33,10; Is 9,7; 14,1; 27,6; 40,27; 41,8.14; 42,24;
43,1.22.28; 44,1.21.23; 45,4; 48,12; 49,5; Ger
30,10; 31,7; 46,27; Mi 2,12; 3,8; Sai 14,7 = 53,7;
78,5.21.71; 105,10 = lCron 16,17; Sai 135,4;
147,19; Lam 2,3; cfr. tra le costruzioni col genitivo
p.e. Gen 49,24; Es 19,3; Num 23,10; 2Sam 23,1; Is
29,23; 44,5; 49,6; Ger 2,4; Ez 39,25; Mi 1,5; 3,1.9;
Nah 2,3; Sai 22,24). Molto raramente si usa figli
di Giacobbe per designare il popolo: Mal 3,6; cfr.
Sai 105,6 = lCron 16,13.
La divisione politica del regno dIsraele in due
parti significa anche per il nome Israele una divi
sione nelluso linguistico. Mentre i profeti nelle
loro asserzioni teologico-religiose restano sostan
zialmente fedeli alluso linguistico precedente e
adoperano Israele ancora per designare la con
federazione sacra delle trib, nei libri dei Re si
trova invece una terminologia di sapore politico,
che riserva il nome Israele ad una particolare
entit statale, il regno del nord. Ci si ricollega cos
probabilmente ad un uso linguistico pi antico;
cfr 2Sam 2,9; 3,17, dove Israele designa un
gruppo determinato di trib, ossia quello setten
trionale (cfr. L.Rost, Israel bei den Propheten,
1937, 1). I profeti desigano il regno settentrionale
con Efraim (che del tutto assente in l/2Re);
ci avviene specialmente in Is e Os, ma talvolta
anche in Ger, Ez, Zac e 2Cron
4/ A differenza di Giuda , che anzitutto il
nome di uno stato ed saldamente legato al regno
della dinastia davidica (Rost, l.c., 3s.), Israele
solo secondariamente e in seguito ad un determi
nato processo storico stato adoperato per desi
678

gnare una realt politica. In quanto si riferisce ad


una confederazione sacra di trib sottoposta alla
legge di Dio, confederazione che non si pu defi
nire esattamente n come popolo n come
stato, Israele non anzitutto un termine
politico, ma un termine religioso (cfr. A.R.HuIst,
Der Name Israel im Deuteronomium, OTS 9,
1951, 65-106, specialmente I03s.). Israele il
popolo come unit religiosa, in quanto detiene
le tradizioni degli interventi fondamentali di Dio
nella storia, e come tale anche dopo il tramonto
della sua autonomia politica ha potuto continuare
a vivere nella forma di una comunit cultuale (cfr.
Noth, Le., 5s.l59).
5/ Nei testi di Qumran Israele attestato
con particolre frequenza nella Regola della Co
munit, nella Regola della guerra e nel Docu
mento di Damasco. La setta di Qumran non si
identifica con Israele inteso come popolo o come
unit religiosa, ma considera se stessa come parte
eletta di Israele (1QS 6,13; 8,9; 9,6; CD 1,7; 3,19;
6,5). Talvolta Israele il termine ideale che
viene contrapposto a Giuda , il quale ha invece
un senso pi nazionale e geografico: i convertiti
dIsraele, che sono usciti dalla terra di Giuda
(CD 6,5). Le due case dIsraele vengono desi
gnate come Efraim e Giuda (CD 7,12s.).
Il NT, riprendendo fuso linguistico vtrt., designa
con Israele il popolo ebraico nella sua qualit di
popolo di Dio; cfr. G.von Rad - K.G.Kuhn W.Gutbrod, art. TcrpayjX, ThW III, 356-394 (=
GLNT IV,1101-1198); R.Mayer, ThBNT 11,742
752; A.George, Israel dans foeuvre de Lue, RJB
75, 1968* 481-525.
G.Gerleman

D2P jsb SEDERE, RISIEDERE, ABI


TARE - ptff skn.

I?KT j r hi, AIUTARE


1/ La radice, in origine *//\ oltre che in ebr.
attestata solo in moab. (KAI nr. 181; r. 3s. [/Js
salvezza ?; r. 4 hs'nj mi ha liberato ; DISO
U2) e come elemento di nomi personali in amor.
(Huffmon 215s.), ug. (Grondahl 147) e sudarab.
antico (Conti-Rossini 165a).
Letimologia pi corrente, che vede il significato fonda
mentale nellarabo wasi"a essere ampio, spazioso
(p.e. GB 325b; C.Barth, Die Errettung vom Tode in den
individuellen Klage- und Dankliedem des AT, 1947,
127; J.LPalache, Semantic Notes on th Hebrew Lexi
con, 1959,40: make wide > save, deliver [ ampliare
> salvare, liberare]; G.Fohrer, ThW Vll,973s.),
senzaltro attraente (cfr. come opposto s/r essere angu
sto , hi. costringere ; in contrapposizione a /s1p.e. Is
63,8s.; Ger 14,8), ma incontra difficolt a causa della di

679

versa corrispondenza delle consonanti (sudarab. antico


j(\ arab. ws')(cfr. J.Sawyer, VT 15, 1965,475s.485 n. I);
meglio perci astenersi da spiegazioni di natura etimo
logica.

In ebr. il verbo attestato in hi. e ni,; la coniuga


zione fondamentale si mantenuta solo nei nomi
personali (Jesalj[h 1, forma ridotta JisT\J<ptTss
< celjas\cfr. Noth, IP 36.155.176; Wildberger,
BK X,4; inoltre con./s hi.: Hsa'j, Hsai\cfr.
anche la forma sostantivata Mesa1 opp. Msa' [=
aiuto]). Sostantivi derivati sono: jesa\ j esL,
ms't e fsif (BL 496), tutti col significato di
aiuto, salvezza .
2/ Statistica: hi. I84x (di cui 27x il part. sostan
tivato mslQi\Sai 51x, ls 25x, Giud 21x), ni. 21x
(Ger e Sai 6x\jsa' 36x (Sai 20x ),fsr/d 78x (Sa!
45x, Is 19x, altri libri l-2x), msdt lx (Sai 68,21),
t's' 34x (Sai 13x, altri libri l-3x). Delle 354 ri
correnze della radice (esclusi i nomi propri), 136 si
trovano in Sai, 56 in Is, 22 in Giud, 20 rispettiva
mente in ISam, 2Sam e Ger.
3/ In molti casi fs' hi. (il ni. ha significato pas
sivo e viene usato negli stessi contesti delPhi.) de
signa laiuto tra uomini, p.e. nel lavoro (Es 2,17),
spesso in guerra (Gios 10,6 par, 'Lzr; Giud 12,2;
ISam 11,3; 23,2.5; 2Sam 10,11.19; 2Re 16,7;
lCron 19,12.19); da un eroe (gibbr) ci si aspetta
che sia in grado di prestare soccorso in battaglia
(Ger 14,9).
,/s* hi. ha pure una sua importanza nella sfera giu
ridica. Se qualcuno subisce uningiustizia, invoca
soccorso ( grido di aiuto), per cui coloro che lo
sentono sono tenuti ad aiutarlo; il termine per il
grido di aiuto -sV/ (von Rad, ATD 2,86; 3,179).
Un caso giudiziario di questo genere si incontra
(con i verbi sq efs1hi.) in Deut 22,27; cfr. anche
Deut 28,29.31: il contenuto del formulario di ma
ledizione implica tra laltro che questa istituzione
giuridica viene a cessare.
Anche il re rappresenta unistanza presso cui si
pu far valere un tale diritto; lespressione fissa
hsV hamntcelcek aiuto, 0 re! (2Sam 14,4; 2Re
6,26; cfr anche H J.Boecker, Redeformen des Rechtslebens im AT, 1964, 61-66; I.L.Seeligmann,
FS Baumgartner 1967, 274ss.).
La funzione del re consiste soprattutto nel fatto
che egli aiuta il suo popolo (ISam 10,27; Os
13,10; in entrambi i casi si tratta di espressioni che
provengono da ambienti contrari alla monarchia,
e tuttavia si rispecchia in essi il valore positivo che
essa possiede; cfr. anche Giud 8,22; Ger 23,6,
dove si ha unasserzione riguardante il re salvfico
del tempo futuro). Si tratta di un aiuto sia militare
che giuridico.
4/ a) 11 lamento dei salmi si struttura sostan
zialmente come le controversie giudiziarie pro
fane. Nella preghiera il grido di soccorso spesso
hsV salva! (spesso con espressioni parallele:
ns hi. liberare Sai 59,3; 71,2; nh rispon
S &

fs K

hi. AIUTARE 680

dere 20,7; 22,22; 60,7; brk pi. benedire 28,9;


-pl( pi. salvare 37,40; 71,2; din e spt ren
dere giustizia 54,3 e 72,4; -smr ndfces proteg
gere 86,2; g'J redimere 106,10; con -qm
sorgere 3,8; 76,10; termine opposto bs hi.
svergognare 44,8). Il gridare delPuomo viene
indicato come nellambito profano (~qry e -sq:
55,17; 107,13.19; accanto a saw grido daiuto :
145,19). Lorante nella sua angustia attende
quindi la risposta e lintervento salvifico di Jahwe,
di cui si parla con i termini caratteristici della teo
fania (far risplendere il volto Sai 31,17; 44,4;
80,4.8.20; anche qm si trova di questo contesto).
Laiuto di Dio riguarda particolarmente il re
(20,7.10; cfr. nei libri storici 2Sam 8,6.14), il quale
deve far osservare gli ordinamenti divini, e ri
guarda anche i poveri e i miseri (Sai 18,28; 72,4;
109,31; cfr. anche Giob 5,15), i quali hanno parti
colare bisogno di tale aiuto.
Nei salmi di lode il motivo della liberazione divina
assume lo stesso valore che ha nelle lamentazioni:
quello che era ivi oggetto di preghiera, qui viene
sperimentato (Sai 18,4; 98,1; anche nel canto
escatologico di lode Ger 31,7).
qui che va considerato luso dei nomi derivati
dal verbo, quale si ha nel salterio. Nelloracolo di
salvezza, che originariamente fa parte della la
mentazione in quanto risposta di Dio, questi si fa
conoscere come colui che presta jsa aiuto
(Sai 12,6; cfr. anche le somiglianze con la forma
delloracolo nelluso del verbo in Ger 30,10s.;
42,11; 46,27; per la forma cfr. J.Begrich, Das priesteri iche Heilsorakel, ZAW 52, 1934, 81-92 =
GesStud 217-231). Quando si professa fiducia Dio
viene chiamato spesso 'crlh jis7/jis'n Dio
del mio/nostro aiuto (Deul 18,47; 25,5; 65,6;
79,9; 85,5 ecc.). Analogo luso dellespressione
j es"a/teW\ queste forme sembrano indicare so
prattutto laiuto di Dio gi avvenuto e sperimen
tato, ma spesso sono unite al lespressione di gioia
(con gii gioire Sai 9,15; 13,6; 21,2; con altri
verbi simili ISam 2,1; Is 25,9; Sai 20,6; 35,9;
42,6.12).
Dalle espressioni parallele si deduce quali siano le
realt connesse con Paiuto divino: frequente so
prattutto sedq giustizia (Is 45,8; 46,13; 51,5
[scdceq]\ 56,1; 61,10; Sai 71,15; secondo Is 45,8
connessa con jesa' anche lidea della fertilit, che
va intesa come un influsso del concetto di edqa,
cfr. H.H.Schmid, Gerechtigkeit als Weltordnung,
1968, 15ss.),ma anche'z forza(Sai 21,2; 28,8;
cfr. Sai 140,8), mispi giudizio (ls 59,11), berk benedizione (Sai 3,9), hsml grazia (Sai
119,41), r luce (Sai 27,1, reminiscenza della
luce della teofania, vd. sp.). Accanto a jesa' si in
contrano inoltre varie espressioni figurate per de
signare Paiuto di Jahwe, come torre , difesa
ecc. (Sai 18,3; Is 17,10; 61,10 ecc.). Tutta quanta
lopera salvifica di Dio, che si realizza nel culto,
pu essere espressa perci con questi concetti: il
suo agire da Sion j es' per Israele (Sai 14,7); Dio
viene chiamato colui che compie atti di salvezza
681

intf ./s hi. AIUTARE

(jes',t) in mezzo alla terra (Sal 74,12, con un ri


chiamo allidea del tempio come centro del
mondo). In tutti questi casi quindi fs stretta
mente legato al culto. Queste concezioni hanno
una grande risonanza nei testi profetici, nei quali,
certo per influsso dir. (cfr. p.e. Giud 10,12ss. e in
genere la polemica contro il culto degli dei stra
nieri), si sottolinea il fatto che solo Jahwe libera e
nessun altro dio, soprattutto in Geremia (2,27s.;
8,20; 11,12; 15,20; 17,14) e nel Deuteroisaia (i
temi della lamentazione e delPaiuto che ne conse
gue sono ripresi in ls 45,17.20.22; 46,7; frequente
lespressione mosa*: 43,3.11; 45,15.21; 47,15;
49,26). In testi pi tardivi, soprattutto nel periodo
posiesilico, laiuto di Jahwe diventa atto salvifico
escatologico-apocalittico (p.e. Is 25,9; 33,22; 35,4;
35,4; 60,16; 63,1; Zac 8,7.13; 9,16 ecc.).
Solo una volta compare in Osea il termine ms7a\ in
vaga connessione con la tradizione dellEgitto (Os 13,4)
ed in antitesi contro dei indigeni. Si pu supporre che il
titolo di ms7ai non spetti originariamente al Dio
dellEgitto, bens agli dei del paese, fs1 hi. viene usato
ancora solo una volta nella pericope dellEsodo: Jahwe
libera Israele dalle mani degli Egiziani (Es 14,30 J); viene
qui adoperata la terminologia della guerra santa (a que
sto riguardo vd. st.).

b) jsl hi. usato spesso nella narrazione delle


guerre dTsraele nel periodo che va da Samuele a
Davide. Nella guerra contro i filistei ci si attende
la liberazione da parte dellarca di Jahwe (ISam
4,3); guerre e vittorie posteriori sono ugualmente
dovute alfintervento di Jahwe (ISam 14,6.23.39;
17,47). Deut 20,4 dice con espressione generica
che Jahwe scende in battaglia nella guerra santa
per portarvi aiuto . Qui si deve vedere probabil
mente una tradizione autonoma, in cui fs1 hi. era
originariamente ambientato.
c) js hi. ha un uso specifico anche in relazione ai
giudici maggiori . Otniel in Giud 3,9, Eud in
3,15 vengono chiamati msa liberatori. Si
supposto con ragione che in origine tutti i giudici
maggiori fossero chiamati non sfet ma msla\e
che questuiti ma designazione sia stata poi scar
tata nella fase redazionale (W.Beyerlin, Gattung
und Herkunft des Rahmens im Richterbuch, FS
Weiser 1963, 7). La funzione di liberatore
viene attribuita anche ad altre figure di giudici:
Samgar (Giud 3,31), Gedeone (6,14s.31.36s.),
Tola (10,1), Sansone (13,5); anche Saul era allini
zio un eroe carismatico (ISam 9,16); per i giudici
minori qui menzionati il tema della liberazione
potrebbe essere secondario.
Se, come probabile, gli eroi carismatici si chia
mavano da tempo immemorabile liberatori , il
quadro attuale del libro dei Giudici sviluppa an
cora questa concezione: ogni volta che entra in
scena un giudice, Israele abbandona Jahwe, cade
perci in angustia e leva un grido di lamento ($'q),
in seguito al quale Jahwe manda di nuovo un li
beratore. Il quadro si basa quindi sul modello del
formulrio della lamentazione civile e cultuale
682

(Giud 2,16ss.; IOJOss.; 2Cron 20,9; cfr. anche la


variante sacerdotale Num 10,9; anche Sam 7,8;
Neem 9,27). Questo modo di esprimersi ha in
fluenzato anche alcuni passi che parlano del laiuto
che Jahwe concede attraverso altri (2Sam 3,18;
2Re 14,27; con il termine msla% 2Re 13,5, dove
resta indeterminato chi sia questo liberatore ; in
ls 19,20 si trova la concezione singolare di un li
beratore escatologico).

Grndahl 146), fen. (DISO 112s.; KAI nr. 4, r. 6s.:


mlk jsr un re onesto ).
NelPAT accanto al verbo (qal, pi., pu., hi.; cfr.
Jenni, HP 104s.) si trova Pagg. jasr retto,
lastratto jscer rettitudine (una volta in Re
3,6 anche il fem.jisr), inoltre i sostantivi, formati
mediante il prefisso m, misr ci che retto,
pianura e msrim ci che giusto (solo al
plurale, astratto).

d) Questo tema talvolta precisato meglio, in


quanto si dice espressamente che per Israele la sal
vezza viene da Dio e non dalle proprie forze. Que
sta concezione si trova gi nelle narrazioni antiche
(Giud 7,2ss.; ISam 17,47, qui ulteriormente svi
luppata: Jahwe non aiuta mediante spada o lan
cia , laiuto avviene quindi in modo del tutto mi
racoloso; forse queste concezioni sono presenti an
che in ISam 25,26.31.33 e 2Re 6,27), ritorna come
tema dei salmi (Sai 33,16; formulata spesso con il
sost. tes'\ Sai 60,13; 108,13; 146,3), viene ripresa
nei testi profetici (Is 30,15; 31,1; Os 1,7; 14,4) e
compare infine come tema dei libri sapienziali
(Prov 21,31; cfr. luso totalmente diverso, origina
riamente sapienziale, dellidea di tesL in Prov
11,14; 24,6). Anche questo tema risale alla tradi
zione della guerra santa ; esso entrato nella
tradizione cultuale di Gerusalemme e quindi nei
salmi e di qui si trasmesso ad altri ambienti (pro
fetici e sapienziali) (cfr. G. von Rad, Der heilige
Krieg im alten Israel, 1951, soprattutto 57ss.82s.).

NeirAT si trovano due nomi elogiativi formati con jsr.


in Re 4,6 il sovrintendente del palazzo di Salomone si
chiama ahVsr (= mio fratello [= Dio] giusto ;
Noth, IP 189 n. 5 vuol leggere 'ahjsr)\ uno dei figli di
Caleb secondo lCron 2,18 porta il nome Jscer, che da
Noth, IP 189, viene spiegalo come abbreviazione di Jwjsr
(= Jahwe giusto) attestato nei cocci di Samaria.
J esrn ( il retto ) titolo onorifico di Israele in Deut
32,15; 33,5.26; Is 44,2; Eccli 37,25, forse in opposizione
a Giacobbe (= lastuto ), cfr. Is 40,4 Cqh Iterreno]
accidentato accanto a misr) e W.Bacher, ZAW 5,
1885, 161-163; G.Wallis, BHH 11,858.
incerto se il nome di luogo Srn derivi da fsr (cos
KBL 1011; K.Galling, RGG V,1370s.) oppure da srh II
(cos KBL Suppl. 191 b; Rudolph, HAT 21,48 n. 2) (cfr.
anche K.Hlliger, BHH 111,1673s.).

5/ La tendenza, che gi presente nei testi tar


divi dellAT, a collegare sempre pi /s1e i suoi de
rivati con lazione escatologica di Dio, si rafforza
nel giudaismo tardivo. A Qumran vengono ado
perati jsuhi./ni.,'j'sa" ejesl\spesso uno di questi
vocaboli si riferisce alPimminente battaglia deci
siva tra le potenze divine e le potenze avverse
(1QM 10,4.8; 11,3; anche 1QM 1,5; 13,13; 18,7;
CD 20,20). Questuso si pu avvertire ancora in
parte nel NT, tuttavia i termini crocei v, <j<jjT7)pa
e aojTTjp (che rappresentano le traduzioni preva
lenti del gruppo fs nei LXX), oltre a componenti
tardogiudaiche e apocalittiche, racchiudono
spesso diversi elementi propri del pensiero greco
ellenistico (cfr. su tutta la questione W.Foerster G. Fohrer, art. <jo >o >, ThW VII,966-1024).
F. Stolz

js r

ESSERE RETTO, GIUSTO

1/ La radice /sr essere retto appartiene al se


mitico comune (KBL 413b, Suppl. I59a,166a); il
significato traslato essere giusto o sim. si in
contra anche in acc. ( esru, AHw 254-256; CAD
E 352-363), ug. ( Krt [= IK] 13; WUS nr. 1252: ysr
rettitudine ; UT nr. 1163 cita anche: mtrfjt ysrh
his rightful bride [= la sua sposa legittima ];

683

2/ Il verbo ricorre nelPAT 25x (qal 13x, pi. 9x,


esci. Giob 37,3 [da srh], pu. lx, hi. 2x; Is 45,2Q
considerato pi.), jasr 119x (Sai e Prov 25x cia
scuno, 2Cron llx , 2Re lOx, Giob 8x, Deut 7x,
Re 6\)yjscer 14x, jisr lx, misr 23x (Sai e Gios
5x ciascuno), msrim 19x (Sai 7x, Prov 5x).
3/ La radice jsr ha in origine il significato con
creto essere diritto (opposto a storto ), tutta
via nelPAT ricorre in prevalenza nel significato
traslato di essere giusto (opposto a cattivo,
falso o sim.); cfr. analogamente nkah diritto,
il diritto (
jkh 1) e tqn pi. giudicare retta
mente (Eccie 7,13; 12,9; Eccli 47,9; qal Eccle
1,15 I ni.; cfr. Wagner nr. 328).
a) Il significato concreto compare in Ez 1,7
gamba diritta (Zimmerli, BK X III,1.62) e al pi.
del verbo rendere piano (Is 40,3 par. puh pi.;
45,2 par. sbr pi.; 45,13; Prov 3,6; 9,15; 11,5); va ri
cordato qui anche luso di fsr pi. incanalare lac
qua per una via retta in 2Cron 32,30. mfsr ri
corre di preferenza nel significato concreto di
pianura ; designa da una parte laltopiano fertile
che si estende a nord dellArnon (Deut 3,10; 4,43;
Gios 13,9.16.17.21; Ger 48,8.21; 2Cron 26,10),
dallaltra la pianura in genere, in contrapposizione
al territorio montuoso ( 1Re 20,23.25; Zac 4,7; in Is
40.4; 42,16 si trovano accumulati i termini paral
leli e quelli opposti, Sai 26,12; 27,11; 143,10 vanno
intesi gi in senso traslato: pianura = sicu
rezza ). Anche msrim ha in un caso significato
concreto: in Prov 23,31 e Cant 7,10 si parla della
rettitudine del vino, o meglio del fatto che esso
liscio, scorrevole ,
Gi con Jsr pi. si trova spesso come oggetto la via
o la strada; lespressione via diritta va ancora
intesa p,e. in sd 8,21 in senso concreto, ma per

ItT

fs r

ESSERE RETTO, GIUSTO 684

lo pi ha un senso traslato (ISam 12,23; Ger 31,9;


Os 14,10; Sai 107,7; Prov 12,15; 14,12; 16,25; 21,2,
forse espressione tipicamente sapienziale, cfr.
Wolff, BK XIV/l,310s).

b) 11

significato chiaramente traslato nelle


espressioni cuore retto (2Re 10,15), opera
retta (Prov 20,11; 21,8), come pure nella formula
della lingua corrente jsr b^n essere giusto agli
occhi (di qualcuno), che racchiude in s, con
una sola eccezione (ISam 6,12), tutte le ricorrenze
di./s/qal (Giud 14,3.7; ISam 18,20.26; 2Sam 17,4;
IRe 9,12; Ger 18,4; lCron 13,4; 2Cron 30,4 e vd.
st. 4). L'agg.jsr riferito sia alle persone sia alle
cose; quando riferito alle cose si trova nella for
mula affine a quella appena menzionata "sh hajjsr tf'n fate ci che giusto agli occhi (di qual
cuno). Questa formula soprattutto dtn. e dtr.
(Deut 12,8; Gios 9,25;'2Sam 19,7; Ger 26,14;
40,4.5), ma la si ritrova puro nel ritornello a
tesi (von Rad 1,345 n. 9 con M.Buber) delie ag
giunte al libro dei Giudici (Giud 17,6; 21,25); cfr.
CD 3,6; 8,7; 19,20. Quando jsr riferito a per
sone, si trova molto spesso il plur. jesrim: i
retti, i giusti . Si pu considerare j esrim un ter
mine caratteristico del linguaggio dei salmi e di
quello sapienziale: Sai 33,1; 107,42; 111,1; 112,2.4;
140,14; Giob 4,7; 17,8; Prov 2,7.21; 3,32;
11,3.6.11; 12,6; 14,9.11; 1QS 3,1; 4,2; IQH 2,10;
CD 20,2. Per i salmi particolarmente caratteri
stica lespressione ampliata jsr Ib i retti di
cuore (Sai 7,11; 11,2; 32,11; 36,11; 64,11; 94,15;
97,11; cfr. Sai 125,4; 2Cron 29,34).
sfcer hajjasr libro del giusto opp. del valoroso
il titolo di una raccolta di poemi risalenti al pe
riodo della conquista della lerra e ai primi tempi
della monarchia (Gios 10,13; 2Sam 1,18; IRe 8,13
LXX?; cfr. O.Eissfeldt, Einleitung in das AT,
*1964, 176-178; L.Rost, BHH 1,279).
jsr si trova spesso assieme a (b buono (Deut 6,18;
Gios 9,25; ISam 12,23; 29,6; 2Re 10,3; Ger 26,14; 40,4;
Sai 25,8; 125,4; Neem 9,13; 1QS 1*2)\
jesrim sta spesso
assieme a saddfqtfm) giusto(giusli) (Sai 32,11; 33,1;
64,11; 97,11; 140,14; cfr. Deut 32,4; Sai 94,15; 119,137);
in Giob 4,7; 17,8 accanto a jsr si ha nq innocente ,
in Giob 8,6; Prov 20,11; 21,8 zak puro . La connes
sione tmm (essere) irreprensibile / jsr si trova oltre
che in Giob 1,1 = 1,8 = 2,3 anche in Prov 2,7.21 (Horst,
BK X V I/ 1,4.9 espressione corrente). Come termini
opposti a j e'srm si hanno soprattutto bffdim infe
deli (Prov 11,3.6; 21,18) e r*s'm malvagi (Prov
11,11; 12,6; 14,11; 15,8; 21,29).

Il parallelismo di saddiq e tm con jsr mostra


che anchejsr uno di quei termini che indicano
un rapporto, volendo esprimere un comporta
mento conforme alla comunit (von Rad 1,383
n, 6).

Per il termine jscer, usato solo in senso traslato,


tipica lespressione rettitudine di cuore (Deut
9,5; IRe 9,4;,Sal 119,7; Giob 33,3; lCron 29,17);
in Deut 9,5 jscer si trova accanto a sedq (sdq),
in 1Re 9,4; Sai 25,21 accanto a tm (cfr. von Rad,
GesStud 200s.).

685 I M

kbd

ESSERE PESANTE

Anche msarim caratteristico in Sai e Prov (par.


a sedqfscedoeq in Sai 9,9; 58,2; 99,4; Prov 1,3;
2,9; Is 33,15; 45,19; par. a inispt[spt] in Sai 17,2;
99,4; Prov 1,3; 2,9). Corrispondentemente al plu
rale astratto msarim, anche misr in Is 11,4; Mal
2,6; Sai 45,7; 67,5; (Ger 21,13?) ha assunto il signi
ficato di rettitudine = onest .
4/ Alcune espressioni e alcuni significati tra
quelli sopra illustrati vengono usati nelPAT anche
in senso specificamente teologico; quasi sempre in
tal caso si ha il significato traslato.
La formula fare ci che giusto agli occhi di
Jahwe esclusivamente dtn. e dtr. (Es 15,26;
Deut 12,25.28; 13,19; 21,9; IRe 11,33.38; 14,8;
15,5; 2Re 10,30; Ger 34,15; cfr. A.Jepsen, Die
Quellen des Knigsbuches, *1956, 85). Essa so
prattutto un elemento fisso delle valutazioni che
fanno parte dello schema dtr. nel quale sono in
quadrati i libri dei Re (IRe 15,11 = 2Cron 14,1;
IRe 22,43 = 2Cron 20,32; 2Re 12,3 = 2Cron 24,2;
2Re 14,3 = 2Cron 25,2; 2Re 15,3 = 2Cron 26,4;
2Re 15,34 = 2Cron 27,2; 2Re 16,2 = 2Cron 28,1;
2Re 18,3 = 2Cron 29,2; 2Re 22,2 = 2Cron 34,2; in
2Cron 31,20 la formula subisce una variazione au
tonoma); ad essa corrisponde la valutazione nega
tiva fare ci che male agli occhi di Jahwe
(
P-e 2Re 13,2; cfr. von Rad I,347s. La for
mula affine essere giusto (jsr qal) agli occhi di
Dio ricorre in Num 23,27; Ger 27,5.
Luso personale delfaggettivo si ha quando Dio
viene designato come jsr (Deut 32,4; Is 26,7?;
Sa) 25,8; 92,16). Anche i comandamenti di Jahwe,
la sua parola e sim. sono retti (Sai 19,9; 33,4;
119,137; Neem 9,13). Jahwe giudica i popoli {-sp(
e din) con msarim (Sai 9,9; 75,3; 96,10; 98,9;
cfr. 58,2) e mtsr(Sal 67,5; cfr. Is 11,4); cfr. Kraus,
BK XV,200.
5/ La radice viene usata a Qumran come
nelPAT Per il giudaismo tardivo e il NT cfr.
H.Kster, art. pOoToyito, ThW Vin,112s.;
W.Foerster, art. otpraoj, ThW 1,455-457 (=
GLNT 1,1213-1220); H.Preisker, art. pOs, ThW
V,450-453 (= GLNT V ili,1259-1266); W.Bauer,
Worterbuch zum NT, s1965, s.v.e0<;. ls 40,3 ha
un'importanza particolare, cfr. p.e. 1QS 8,14; Me
I,3
pai*.; Giov 1,23.
G.Liedke

? ke COME - nn*1 dmh.


m

1 2 2 kbd

ESSERE PESANTE

1/ La radice kbd appartiene al semitico comune;


negli ambienti pi vicini all'AT essa ricorre in acc.
{kbd > kbt, cfr, GAG Ergnzungsheft 8**; AHw
416s.418), ug. (WUS nr. 1274; UT nr. 1187; Grndahl 148) e fen pun. (DISO 114; Harris 110). In
686

tutte le ramificazioni linguistiche usato corren


temente il termine *kabid-(at-) fegato (Bergstr.
Einf. 184; P.Fronzaroli, AANLR V ili/19, 1964,
257s.272.279), mentre per il qal essere pesante ,
pi. onorare ecc. Param. preferisce la radice jqr
(*wqr) essere pesante, prezioso (DISO 110;
KBL 1083a).
Il verbo ricorre in tutte le coniugazioni eccetto
Pho. Tra le derivazioni nominali, le pi importanti
sono Pagg. kbd pesante e il sost. kbd
peso, onore, gloria ; pi raramente sono usati
kbd come designazione de) fegato in quanto
organo pesante (in acc. in senso ampliato kabattul kabittu anche intimo, animo, cfr.
Dhorme 128-130; il significato anim a pu es
sere accettato anche in ebr. emendando kbd in
kbd in Gen 49,6; Sai 7,6; 16,9; 30,13; 57,9;
108,2, cfr. KBL 420a; F.Ntscher, VT 2, 1952,
358-362) e i termini astratti kbced pesantezza ,
kcbdt difficolt e kebudd preziosit . Sul
nome personale kbd ( ISam 4,21 con etimolo
gia popolare; 14,3) cfr. Stamm, HN 416a ( dov
la magnificenza come nome sostitutivo), su Jkcbced (Es 6,20; Num 26,59) cfr. J.J.Stamm, FS
Baumgartner 1967, 315.
Della radice jqr ricorrono laram. bibl. jaqqtr difficile
(Dan 2,11), egregio (Esd 4,10), e j eqr dignit
(Dan 2,6.37; 4,27.33; 5,18.20; 7,14), ed entrambi questi
vocaboli ricorrono anche in ebr. come prst. dalParam.
(jaqqir Ger 31,20 caro, degno \j eqr 17x; cfr. Wagner
nr. 120a/121), mentre febr. possiede anche jqr qal es
sere difficile, prezioso (9x), hi. rendere prezioso,
raro (2x) Qjaqr raro, prezioso (35x, esci. Is 28,16).

2/ Il verbo ricorre ! 14x (Is 20x, ISam e Sai 1lx


ciascuno, Es lOx), di cui qal 23x (incl. 2Sam
14,26), ni. 30x> pi. 38x, pu. 3x, hitp. 3x, hi. 17x.
La frequenza dei nomi la seguente: kbd 200x
(Sai 51x, Is 38x, Ez 19x, Prov 16x), kbd pe
sante 40x (Es I2x, Gen 9x), kbd fegato 14x
(Es 29,13.22 e 9x in Lev lobo di fegato, cfr.
L.Rost, ZAW 79, 1967, 35-41; inoltre Ez 21,26;
Prov 7,23; Lam 2,11), kbced 4x (Is 21,15; 30,27;
Nah 3,3; Prov 27,3), kebudda 3x (Giud 18,21; Ez
23,41 txt?; Sai 45,14) e kebdt lx (Es 14,25).
3/ a) Lagg. kbd pu corrispondere al Pi tal.
pesante , ma il suo uso ha tuttavia alcune carat
teristiche particolari. Solo in pochi passi ha il sem
plice significato di pesante (ISam 4,18 di Eli:
era vecchio e pesante ; inoltre Es 17,12 le mani
di Mos; Prov 27,3 il fastidio dato dallo stolto pa
ragonato alla roccia e alla sabbia). Ma gi questi
passi mostrano che pesante non qui unindi
cazione oggettiva; kbd indica propriamente il
peso che grava, il peso nella sua funzione. Se qual
cuno impone ad un altro un giogo pesante, ci
viene inteso nel senso di onere, come noi parliamo
p.e. dellonere delle tasse (cfr. IRe 12,4.11 =
2Cron 10,4.11).
.
Se per kbd indica il peso nella sua funzione, ne
deriva la possibilit di un significato ambiva
687

lente: Pesser pesante di qualcosa pu essere inteso


sia positivamente che negativamente. A questo ri
guardo non casuale il fatto che la percezione ne
gativa del peso sia pi marcata e frequente
nelPuso di questo termine. Luomo primitivo spe
rimenta Pesser pesante (1) come un onere che il
suo corpo deve sopportare, oppure (2) come una
pesantezza che viene su di lui e lo aggredisce.
Sotto (l) vanno collocati i passi sul giogo pesante
(vd. sp.) e Puso traslato, che parla dei peccati
come di un peso grave (Sai 38,5; cfr. Is 1,4). gra
vemente oneroso un compito troppo grande (Es
18,18; cfr. Num lt,14). difficile sopportare il
fastidio provocato dallo stolto (Prov 27,3; cfr.
G.Rinaldi, BeO 3, 1961, 129). kbd pu signifi
care anche tardo, impacciato : nel rifiutare lin
carico Mos dice: la mia bocca e la mia lingua
grave (Es 4,10); cfr. popolo dal linguaggio
oscuro e dalla lingua dura (Es 3,5.6); pesante
nel senso di indurito infine il cuore del fa
raone (Es 7,14). Sotto (2) vanno collocate le espe
rienze elementari del lirrompere del peso di una
grandinata (Es 9,18.24), di una grande moltitudine
di tafani (Es 8,20) o di cavallette (10,14), di una
grave epidemia (9,3) o di una carestia (Gen 12,10;
4131; 43,1; 47.4.13X una nuvola su di una monta
gna pu dare limpressione di un gravame (Es
19,16), come pure una roccia imponente (Is 32,2).
La pesantezza unesperienza positiva in quanto
conferisce importanza. Cos essa pu significare
ricchezza (Gen 13,2) oppure abbondanza, gran
dezza (Gen 50,9; Es 12,38). La regina di Saba
viene con un seguito pesante , ossia molto
grande, imponente (IRe 10,2 = 2Cron 9,1); in par
ticolare un grande esercito viene detto pesante
(Num 20,20; 2Re 6,14; 18,17 = Is 36,2; cfr. IRe
3,9 il tuo popolo potente ). Si pensa alla pesan
tezza nel senso di imponenza anche quando una
celebrazione funebre viene indicata come pe
sante (Gen 50,10 una grande e solenne lamen
tazione funebre, similmente v. II). Spesso in
ebraico si incontra pesantezza oppure pe
sante l dove noi in italiano parleremmo di
grandezza .
Per lagg. kbd non si ha una particolare conno
tazione teologica.
b) Il verbo kbd un verbo stativo con significato
essere/diventare pesante ; tutte quante le ricor
renze del verbo si possono spiegare a partire da
questo significato primario.
Il qal viene usato raramente per indicare Pesser
pesante in senso fisico (2Sam 14,26; Giob 6,3
Giobbe paragona la pesantezza della sua sventura
alla pesantezza della sabbia del mare; cfr. Prov
27,3); si avvicina al significato fisico lonere del la
voro (Es 5,9) o della servit (Neem 5,18; cfr. Giud
1,35; kbd hi. nel senso di rendere pesante un
giogo: IRe 12,10.14 = 2Cron 10,10.14; Is 47,6; cfr.
Lam 3,7; kbd hi. pu designare perci anche
l opprimere , Neem 5,15). kbd qal in 2Sam
13,25 significa riuscire gravoso a qualcuno (cfr.

IM

kbd

ESSERE PESANTE 688

Giob 33,7); pu designare Tesser pesante dei pec


cati (Gen 18,20; Is 24,20; cfr. Ab 2,6 hi. di un
onere di debiti; Sai 38,5); si parla di pesanti
combattimenti (Giud 20,34; ISam 31,3; lCron
10,3).
.
Lessere pesante pu anche essere inteso in senso
positivo (Ez 27,5; Giob 14,21 ricco e stimato; Prov
8,24 ni. sorgenti ricche dacqua).
Essere pesante pu esser detto anche di organi del
corpo; in tal caso si intende che tale organo
tardo, lento , che non funzione pi o non fun
ziona a dovere (Gen 48,10 occhi; ls 59,1 orecchio
di Dio; cfr, Zac 7,11 hi ); cos del cuore del faraone
in Es 9,7; al pi. (ISam 6,6) e allhi. (Es 8,11.28;
9,34; 10,1; ls 6,10) indica lindurimento del cuore
(-lb 4d).
Per luso teologico vd. si. 4a.
c) 11 pi. nella maggior parte dei casi ha il signifi
cato di onorare , ossia attribuire peso a qual
cuno oppure riconoscere che qualcuno ha
molto peso. Nel decalogo si ordina: onora tuo
padre e tua madre (Es 20,12; Deul 5,16; cfr. Mal
1,6); nella liturgia della tor di Sai 15,4 degno di
accedere colui che onora quelli che temono Dio.
Quando Saul in ISam 15,30 chiede a Samuele:
onorami ora al cospetto degli anziani del mio po
polo, intende dire che Samuele deve ricono
scerlo davanti agli altri nella sua veste di re. Nelle
relazioni diplomatiche si deve dimostrare rispetto
anche al re del territorio vicino (2Sam 10,3 =
ICron 19,3). Quando l'uomo di Dio in ISam 2,29
rimprovera ad Eli: tu onori i tuoi figli pi di me
(Dio), intende dire che a causa della grande in
dulgenza di Eli verso i suoi figli viene tributato ad
essi lonore che propriamente spetta a Dio.
Lonore pu esssere reso con un rito (Giud 9,9).
Onorare pu essere talvolta un compensare (Num
22,17.37; 24,11), La sapienza ricolma di onori
(Prov 4,8).
Luso del ni. corrisponde a quello del pi.: uomini
vengono onorati da altri uomini. Un uomo trova
stima nella sua parentela (Gen 34,19; ISam 9,6;
22,14; lCron 4,9) o nella sua unit militare ( fra
i trenta 2Sam 23,19.23; ICron 11,21.25), nel
numero degli onorati, ossia degli stimati (Num
22,15; Is 3,5; 23,8.9; Nah 3,10; Sai 149,8). La sa
pienza insegna come arrivare alla stima (pu. Prov
13,18; 27,18). Se uno onorato, deve esserne con
tento (2Re 14,10 ni., cfr. 2Cron 25,19 hi. txt?).
Prov 12,9 (hitp.) ammonisce di non darsi delle
arie, se non si ha nemmeno da mangiare. Due
concezioni diverse dellonore possono essere in
contrasto tra loro (2Sam 6,20 e 22).
Il fatto che nellAT lonore tra uomini non meno
frequente dellonore tributato dalluomo a Dio
(vd. st. 4a), indica gi che questi due tipi di onore
non debbono essere incompatibili tra loro. In de
terminati casi (p.e. Es 20,12) lonorare gli uomini
essenziale quanto {'onorare Dio. Le due realt
possono certamente trovarsi in urto tra loro, ma
proprio ISam 2,29 mostra che esse, se si prescinde
689

*733 kbd ESSERE PESANTE

da tale conflitto, possono coesistere in armonia. Il


nostro termine onorare non pu rendere esat
tamente lidea; kbd pi. nellAT non un distintivo
che eleva una persona al di sopra delle altre, ma
significa riconoscere il posto che uno occupa nella
comunit.

d) Per il sost. kbd si possono distnguere tre si


gnificati principali: (!) pesantezza in senso fi
sico, (2) gloria oppure onore nelle relazioni
umane, (3) gloria oppure onore di Dio (vd. st. 4b0 Tutti e tre si possono spiegare esclusivamente
a partire dal significato primario di pesantezza .
A differenza del verbo e dellaggettivo, kbd non
viene usato in modo ambivalente; kbd non ha
mai il significato di pesantezza nel senso
dellonere, di ci che opprime (diversamente kbced pesantezza Prov 27,3; peso Is 21,15;
30,27; moltitudine pesante Nah 3,3; k*bdt
aggravio, difficolt Es 14,25).
.
(1) 11 significato fisico pesantezza o quan
tit si ha in Nah 2,10 un carico (opp. quantit?)
di tutte le cose preziose ; Is 22,24 e si aggrap
per a lui tutto il carico (opp.: quantit?) della sua
famiglia ; Os 9,11 Efraim somiglia allo stormo
degli uccelli, la sua moltitudine si disperde
(Wolff, BK XIV/1,207, traduce la sua gloria
svanisce, ma poi spiega p. 215: in base a
quanto segue kbd significa concretamente lab
bondanza di figli [cfr. Prov 11,161 - un esempio
di come il significato moltitudine possa avvi
cinarsi a quello di gloria ). interessante notare
come in nessuno di questi passi il significato con
creto di kf)d sia pesantezza ; il termine usa
to ogni volta piuttosto nel senso di grave mol
titudine, cio di una moltitudine imponente.
(2) Si avvicinano al significato concreto anche i
passi in cui kbd significa ricchezza e
stima (Gen 31,1; 45,13; Is 10,3; 61,6; 66,12; Sai
49,17.18; Est 1,4; 5,11; cfr. Num 24,11 ricompensa
abbondante; similmente kebudd Giud 18,21 ric
chezza opp. averi preziosi ). Hanno kbd an
che gli alberi e le foreste opp. le montagne boscose
(Is 10,18; 35,2; 60,13; Ez 31,18). La foresta, ma an
che il singolo albero ha qualcosa di imponente (bi
sogna pensare al clima e al paesaggio di quella
terra): esso d limpressione della vita piena e frut
tuosa, e insieme anche l'impressione di bellezza,
che pu essere espressa col nostro termine splen
dore , ma che contenuta in kbd in questo
gruppo d passi (similmente Sai 85,10 perch ab
bondanza abiti nella nostra terra ). Limpressione
di splendore o di magnificenza pu essere pro
dotta anche da quello che l'uomo produce (ls
22,18 carrozza di lusso; Os 10,5 immagine di un
toro; in particolare il tempio: Ger 14,21; 17,12;
Agg 2,3.9; il trono del re escatologico Is 11,10; cfr.
anche kebadd in Ez 23,41 txt?; Sai 45,14).
Mentre il kbd di una foresta si avvicina molto
al significato concreto, il termine riceve un signi
ficato pi ampio e pi astratto quando il kbd
viene attribuito ad unintera regione: fra tre anni
690

la gloria d Maob diverr spregevole (ls 16,14;


cfr. Ger 48,18; di Kedar: ls 21,16; di Assiria: Is 8,7;
10,16; Ab 2,16). Cos si parla pure della gloria di
Israele (Is 17,3.4; 62,2; 66,11; Mi 1,15; in senso
particolarmente pregnante nella lamentazione:
se ne andata la gloria dTsraele! ISam
4,21.22). Questo kbd di una regione non cos
evidente come quello di una foresta, e si mostra
piuttosto in un insieme di fenomeni che costitui
scono la prosperit di un popolo o di una regione:
grandezza e stabilit delle citt, fioritura delle ci
vilt, grandezza politica, commercio, organizza
zione militare ecc. Alla prosperit della regione
contribuisce anche la nobilt; cosi in Is 5,13 i no
bili del popolo possono essere designati con kbd.
Ai nobili spetta il posto donore (Is 22,23); anche
al re viene attribuito kbd (Sai 21,6).
Quando muta luso del termine si ha anche un
grande capovolgimento nella storia di Israele: in
un gruppo di passi kbd non designa pi la realt
attuale; la gloria della regione, del popolo, del
tempio viene ora attesa oppure annunciata per il
futuro: Is 4,2 in quel giorno il germoglio di
Jahwe crescer in onore e gloria (inoltre Is 11,10;
24,23; 61,6; 62,2; 66,11; Mi 1,15; Agg 2,7.9; Zac
2,9; Sai 85,10?; questa insistenza sulla gloria fu
tura di Israele e di Sion soprattutto caratteristica
nel Tritoisaia).
Un altro gruppo formato da quei passi nei quali
kbd viene tradotto con gloria . 11 fatto che
onore e gloria in ebr. siano due significati
di un unico vocabolo, si pu spiegare a questo
modo: se di una persona si dice che ha kbd, si
pu intendere con ci la sua ricchezza, ma anche
la sua rilevanza in senso pi ampio (cos p.e. Gen
45,13), corrispondente al nostro importante (=
che ha peso ). Per gli ebrei questa rilevanza di
un uomo identica alla stima che egli ha nella sua
cerchia; la sua rilevanza la sua stima, il suo
onore. In base a questo modo totalitario di vedere
le cose kdd pu includere i due elementi.
Lonore quindi non qualcosa che proviene da chi
rende onore, ma da chi onorato; ii riflesso della
rilevanza di un uomo.
.
Luso di kbd nel senso di onore si pu tut
tavia suddistinguere in due punti principali. Il
primo si ha nelluso di kbd nei proverbi sapien
ziali, Qui kbd designa la posizione di riguardo
che una persona ha nella sua cerchia, tanto la
donna (Prov 11,16) come luomo (Prov 3,35;
15,33; 18,12; cfr. 29,23; Eccle 10,1 ). Si pu perdere
questonore con il proprio comportamento (Prov
26,1.8; cfr. Ab 2,16); lo si manifesta con la propria
condotta (Prov 20,3; 25,2); vita e onore stanno as
sieme (Prov 21,21; 22,4; cfr. Sai 112,9; 149,5; Giob
29,20). Alle persone onorate viene tributato
lestremo onore quando muoiono (2Cron 32,33);
esse riposano negli onori (Is 14,18). da ricordare
qui un gruppo di passi dei salmi (lamentazioni in
dividuali), in cui lorante lamenta la diminuzione
o la distruzione del suo onore (Sai 4,3; 7,6; cfr.
Giob 19,9); al contrario lorante nella confessione
691

di fiducia sa che Dio ha assunto la tutela del suo


onore (Sai 3,4; 62,8; 73,24; 84,12; cfr. lCron 29,12
ed Eccle 6,2). Ma si parla cos solo in situazioni
particolari; altrimenti lonore qualcosa che ri
guarda le relazioni umane.
Il secondo punto principale caratterizzato dalla
coppia ricchezza ed onore . Essa si ritrova
spesso nellopera del Cronista (lCron 29,28 mor
in felice vecchiaia, sazio di vita, ricchezza e
onore: inoltre IC'ron 29,12; 2Cron 1,11.12; 17,5;
18,1; 32,27; cfr. Prov 3,16; 8,18; 22,4; Eccle 6,2).
Si tratta per lo pi di passi tardivi. La coppia di ter
mini ricorre per la prima volta in IRe 3,13 nel re
soconto del sogno di Salomone ( inoltre ti dar
anche ci che tu non hai chiesto, ricchezza ed
onore ). Non certo casuale che questa coppia
compaia per la prima volta all1inizio della monar
chia, Essa testimonia una trsformazione sociale
resa possibile dalla monarchia: sorge un gruppo di
famiglie pi ricche e pi potenti, e la stima di cui
gode tale gruppo pi ricco viene ora designata
come onore . Certo non neppure casuale che
la coppia di termini ricchezza ed onore com
paia in Prov proprio nella raccolta pi recente Prov
1-8 (3,16 e 8,18). A questo onore aristocratico le
gato anche il fatto che il potente onora colui che
lo riconosce come tale (Dan 11,39).
4/ a) Luso teologico del verbo ha diverse sfu
mature, a seconda delle coniugazioni verbali, kbd
pi. pu essere usato come termine parallelo dei
verbi che esprimono lode (nelPacclamazione di
lode alfimperativo Is 24,15; Sai 22,24; nella pro
messa di lode Sai 86,12; 91,15; in Sai 86,9 si pro
spetta la lode dei popoli, cfr. Is 25,3; lode degli
animali Is 43,20; risposta ad una liberazione o al
realizzarsi di una promessa Giud 13,17; Sa! 50,15).
Pu essere usato in genere per la venerazione di
Dio (Dan 11,38; cfr. Deut 28,58 ni.). Ma l'uso spe
cifico va inteso a partire dal significato primario
rendere pesante . Onorare Dio significa render
gli il peso che gli spetta, riconoscerlo nella sua di
vinit (negativamente Is 29,13 essi mi onorano
con la bocca e con le labbra ; 43,23 tu non mi
hai onorato coi tuoi sacrifici ; cfr. anche Is 58,13;
Sai 50,23; Prov 14,31 colui che ha compassione
dei poveri onora il Creatore , cfr. Prov 3,9). da
menzionare qui anche ISam 2,29 (vd. sp. 3c).
Lonore perci pu essere anche scambievole: io
onoro (solo) chi mi onora (ISam 2,30).
AI ni. il verbo non ha significato passivo (come
nel gruppo di passi in cui riferito a uomini), ma
riflessivo: Dio riconosce a se stesso la propria im
portanza. Questuso ricorre solo tardivamente.
Dopo aver sperimentato a lungo che a Dio non
stato tributato lonore che gli spetta, si giunge a ri
conoscere che Dio stesso rende a s lonore a lui
dovuto. Questuso si trova in parte in P: Dio si
rende onore annientando una potenza ostile ad
Israele (Es 14,4.17.18); lo stesso significato com
pare in Ez 28,22; 29,13; anche nei tre passi Is
26,15; 66,5 txt em; Agg 1,8 sembra ripre
kbd ESSERE PESANTE

692

so questuso, i! quale resta cos limitato al periodo


esilico ed a quello immediatamente postesilico.
C' anche un uso in cui Dio soggetto del verbo
kbd, tuttavia non al pi., ma solo al qal e due volte
rispettivamente al ni. e all'hi. Al qal viene usato
nel significato primario essere pesante , e pi
precisamente nel senso dellonere, come nella
maggioranza dei passi non teologici. Si tratta di
una formula fissa la mano di Dio grava su...
(ISam 5,6.11; Sai 32,4; Giob 23,2; 33,7; molto si
mile Lam 3,7 hi, egli ha reso pesanti i miei le
gami ; cfr Giud 1,35, vd. sp. 3b). La pesantezza
non in questo gruppo unasserzione su Dio, ma
sulla potenza da lui esercitata (
jd), con la quale
egli agisce contro qualcuno. A questo proposito va
notata unimportante differenza: in ISam 5,6.11 si
intende Pagire storico di Dio; egli esercita la po
tenza contro i nemici dIsraele. Questa la conce
zione antica, che si incontra spesso. Invece in Sai
32,4; Giob 23,2; 33,7; Lam 3,7 Dio esercita la sua
potenza contro singoli, ed in particolare contro
membri del suo stesso popolo; la frase in tutti que
sti casi fa parte della lamentazione del singolo. Si
suppone qui una trasformazione profonda: anche
un membro del popolo di Dio pu sperimentare il
peso della potenza di Dio rivolta contro di lui. Il
dramma s spostato dal campo della lotta
dIsraele contro i nemici a quello dellesistenza
contrassegnata dalla sofferenza e dallinsicurezza.
In due promesse tardive, che risentono del lungo
periodo di umiliazione per via della terra oppressa,
viene annunciato che Dio riporter in onore la
terra (il popolo) (ls 8,23, cfr. al riguardo J.A.Emerton, JSS 14,1969,151-175; Ger 30,19; in entrambi
i casi hi.); e nel Deuteroisaia viene annunciato ad
Israele, in una promessa di salvezza, che egli
prezioso agli occhi di Dio (Is 43,4 ni.; lo stesso del
servo di Jahwe Is 49,5).
b) Sul sost. kbd in senso teologico (4b-f) esiste
(e anche gi da molto tempo) una bibliografia
molto vasta (citata in C.Westermann, Die
Pierri ichkeit Gottes in der Priesterschrift, FS Eichrodt 1970, 227); ricordiamo solo: A. von Gali,
Die Herrlchkeit Gottes, 1900; W.Caspari, Die Bedeutungen der Wortsippe kbd im Hebr., 1908;
H.Kittei, Die Herrlichkeit Gottes, 1934; B.Stein,
Der BegrifT Kcbod Jahweh und seine Bedeutung
fiir die atl. Gotteserkenntnis, 1939; T.A.Meger,
The Notion of Divine Glory in th Hebrew Bible,
Louvain 1965 (tesi). Qui tratteremo soltanto:
Ponore presente che Dio possiede e che gli viene
tributato (4c), il kbd futuro di Dio (4d), kebd
Jhwh nella letteratura sacerdotale (4e), kebd Jhwh
in Ezechiele (4f).
c) Si delinea chiaramente un uso teologico in
passi, in parte antichi, nei quali kbd viene nomi
nato quando si tributano onori. Questuso si avvi
cina a quello di kbd pi. (vd. sp. 4a) ed esprime il
fatto che il kbd di Dio esige un comportamento
ad esso corrispondente, esige riconoscimento.
693

133

kbd ESSERE PESANTE

Cos nella narrazione del furto di Acan Giosu


chiede a quest1ultimo: rendi dunque kbd a
Jahwe, Dio di Israele! (Gios 7,19; similmente
nelPepisodio dellarca in ISam 6,5). Dalla somi
glianza di questi due passi antichi si pu conclu
dere che gi in un periodo antico era viva in
Israele una concezione secondo la quale il peso, la
dignit o la stima di Jahwe (kbd non pu qui es
sere reso esattamente nella traduzione) potevano
essere offesi e bisognava preoccuparsi di rendere a
lui lonore dovuto, mediante unazione che fosse
adeguata alla situazione. Questuso ricorre poi nei
profeti. Isaia, volendo motivare un giudizio che
annuncia contro Gerusalemme, dice (3,8): la
loro lingua e le loro azioni sono contro Jahwe, per
addolorare gli occhi della sua maest . la stessa
concezione: la stima di Jahwe viene offesa da un
determinato comportamento. Va notato che in
base a questo passo luso di kbd in Isaia pu es
sere ritenuto autenticamente israelitico. Tale uso
si ritrova anche in Ger 13,16: rendete kbd a
Jahwe vostro Dio, prima che venga Poscurit ;
cos pure nel profeta Malachia: e se io sono un
padre, dov' il mio onore? (Mal 1,6; inoltre 2,2
... e non vi preoccupate di rendere onore al mio
nome; cfr. anche Prov 25,2 in contesto sapien
ziale). Questuso si ebbe dunque dal periodo pi
antico fino a quello postesilico; esso corrisponde a
quello che si trova nellambito delle relazioni
umane, e non c alcun motivo di pensare ad un
influsso extraisraelitico.
E analogo ad esso un altro uso in cui kbd desi
gna ancora la rilevanza di Dio, e si richiede perci
di tributare kbd a Jahwe, ma questa dimostra
zione di onore non deve verificarsi con unazione,
bens con lomaggio cultuale, in particolare col ri
conoscere Dio in quanto tale nella lode divina.
Cosi nel salmo 29: rendete a Dio onore e po
tenza (v. 1 = Sai 96,7 = ICron 16,28; v. 2 e par.:
rendete a Jahwe Ponore del suo nome ). kbd
in realt una parola chiave nei Sai 29: v. 3b il
Dio della gloria tuona e v. 9b ... e nel suo tem
pio tutto acclama kbd (allusione a Is 6,3). La
differenza rispetto al gruppo precedente consiste
soprattutto nel fatto che nelle frasi allimperativo
dei vv. 1 e 2 traduciamo onore , mentre lepi
teto divino p/ hakkbd v. 3 va tradotto Dio
della gloria . kbd quindi in questo salmo in
clude ambedue le concezioni. Inoltre il kbd di
Dio viene qui posto in relazione non solo con gli
uomini, ma anche con la creazione: il Dio della
gloria tuona , cfr. vv. 4-9. chiaro da tempo che
Israele ha preso il Sai 29 da un ambiente cananeo,
o perlomeno chiaro che il salmo ha una preisto
ria cananea. Si ha qui allora un uso cananeo del
termine kbd, in cui la rilevanza di un Dio ve
niva vista soprattutto nel suo influsso sulla na
tura. Nel culto viene reso onore alla maest di
questo Dio; egli viene riconosciuto nella sua mae
st. Ora, vero che il Sai 29 Punico lesto dellAT
in cui il kbd di Dio si manifesta cosi immedia
tamente ed espressamente in un evento naturale.
694

ma il fatto che nel culto venga tributato onore alla


maest di Dio (e che si esorti a farlo) corrisponde
in pieno alla concezione israelitica, e perci si in
contra spesso (p.e. Sai 66,2 cantate alla gloria del
suo nome ; altri passi vd. st.). Tutti questi passi po
trebbero essere paralleli a quelli del primo gruppo,
ma qui il rendere onore non consiste in unazione,
bens in un dire o in un cantare, nel riconoscere
Ponore di Dio nella onoranza liturgica.
Alcuni salmi rivelano tuttavia che la concezione cananea
del kbd del Sai 29, secondo cui il kbcl si manifesta
soprattutto in fenomeni naturali come la tempesta, eser
cit il suo influsso anche in seguito. Come in Sa! 29, cos
anche in Sai 24,7-10 kbd diventa una parola chiave,
che ricorre nei v. 7.8.9 e due volte nel v. IO, tuttavia
sempre nella catena costrutta mcefcek hakkbd. Questa
designazione lascia supporre che il salmo appartenga al
culto del tempio di Gerusalemme, che ha conservato
elementi del culto cananeo. Unulteriore corrispondenza
con il Sai 29 si ha nel fatto che i vv. 1-2 parlano del Crea
tore e del suo dominio sulla creazione. Come nel Sai 29,
cos anche nel Sai 24 kbd ha pi il senso di maest
che di onore; perci viene giustamente tradotto in
genere con re della gloria . Lo stesso significato e le
stesse allusioni si trovano in Sai 19,2, dove il kbd an
cora unito allazione del Creatore, e nel ritornello di Sai
57,6.12 innalza al di sopra del cielo, o Dio, e al di sopra
di tutta la terra il tuo kbd , che mal si accorda con la
lamentazione individuale e sembra essere un elemento
autonomo che viene usaLo in questo salmo (cfr. anche
Sai 108,6).
A questo passi si avvicina Is 6,3; piena tutta la terra
del suo kbd . Dellestensione a tutta la terra parla an
che Sai 57,6 (cfr. 97,6); vi si allude in 19,2. Il luogo a par
tire dal quale il kbd si diffonde su tutta la terra il
tempio (possiamo lasciare in sospeso qui la questione se
si tratti del tempio terreno o di quello celeste). Si tratta
della maest di Dio, che viene onorata nel tempio, men
tre ci si immagina Jahwe sedente sul trono. Si deve
quindi supporre che questa frase della vocazione di Isaia
sia collegata alle tradizioni del tempio di Gerusalemme,
nelle quali riecheggia una concezione preisraelitica e ca
nanea del kbd di El. Cos intende anche Rendtorff,
KuD Beiheft 1 ,5I965, 31: Nella concezione pi antica,
risalente alla tradizione del tempio di Gerusalemme, ve
niva celebrato il kbd di Jahwe, che compare visibil
mente a tutti gli uomini; esso quellaspetto dellagire di
Jahwe che luomo pu conoscere, e nel quale egli stesso
diventa visibile nella sua potenza . Se per ricordiamo
quanto si detto a proposito di Is 3,8, si ha allora in Isaia
un uso di kbd autenticamente israelitico e un uso in
fluenzato dallambiente cananeo; questo senso genuina
mente israelitico si pu quindi avvertire anche in ls 6,3.

Questo vale sostanzialmente anche per luso preesilico de! termine. Due sono le linee che conver
gono qui: la prima consiste in un uso pi antico
specificamente israelitico, in cui kbd significa Ja
rilevanza di Jahwe, che deve essere rispettata, so
prattutto con il modo di agire. Questuso dura fino
al periodo postesilico. Laltra linea un modo di
parlare tipicamente liturgico del kbd di Jahwe,
che risale ad una concezione preisraelitica cananea
del kbd di El, con cui si celebra in particolare il
suo manifestarsi nei fenomeni naturali. A questo
proposito Rendtorff, l.c., 28 n. 33, dice: El re
nel panteon cananeo; cfr. anche Sai 29,10b.
695

Per 29,2 cfr. i testi ugaritici, nei quali kbd... una


delle forme pi usate con cui si manifesta il ti
more riverenziale davanti a! trono di El (cfr. Gor
don, Ugaritic Manual, testo 49,1,10; 51,IV,26)
come pure di fronte ad altri dei (51,Vlll,28s.;
2Aqht V,20,30; 'nt 111,7; VI,20) . Cfr. al riguardo
W.H.Schmidt, Knigtum Gottes in Ugarit und
Israel, "1966, 25s.; Wildberger, BK X,249s. Tutta
via quando neKAT si parla del kbcl di Jahwe
queste due linee sono cos strettamente unite tra
loro che non pi possibile, nella maggior parte
dei casi, ricollegarsi chiaramente ad una sola di
esse. R.Rendtorff fa notare anche che la linea spe
cificamente israelitica chiara nella misura in cui
la storia viene vista come l'ambito specifico in cui
agisce il kbd, come mostra p.e. il parallelismo
singolare di Sai 97,6; i cieli annunciano il suo
$cdceq, e tutti i popoli vedono il suo kbd . Si
possono tuttavia distinguere gruppi, in cui prevale
lima o fai tra linea; in un primo gruppo (1) kbd
si riferisce particolarmente all'azione nella storia,
in un secondo (2) si parla maggiormente della glo
ria celebrata nel culto.

(1) Sai 115,1: non a noi, Jahwe, non a noi, ma al tuo


nome rendi onore . La frase viene pronunciata mentresi invoca lintervento di Dio con una lamentazione col
lettiva (fortemente trasformata); si intende invocare l'in
tervento liberatore di Dio per amore del suo onore. Il suo
kbd si rende manifesto nellintervento liberatore a fa
vore del suo popolo, come nella lamentazione collettiva
di Sai 79,9; aiutaci, Dio della nostra salvezza, per
amore dellonore del tuo nome. Cfr. nel Deuteroisaia
passi come ls 42,8 e non cedo a nessun altro il mio
onore ; cfr. 48,11; 43,7 lho creato per il mio onore .
Appartiene a questo gruppo anche la frase che si trova in
un giudizio annunziato da Geremia: il mio popolo ha
scambialo il suo onore con un essere inutile (Ger
2,11), la quale ricorre anche in Os 4,7 ed ripresa in Sai
106,20. Jahwe lonore di Israele, in quanto questi pu
gloriarsi di se stesso; tuttavia allo stesso tempo lagire di
Dio per il suo popolo una dimostrazione del suo kbd.
(2) Per la celebrazione cultuale del kbd di Jahwe sono
significativi alcuni passi dei salmi, come Sai 138,5: poi
ch grande il kbd di Jahwe , oppure Sai 145,5; essi
cantano lo splendore glorioso del tuo kbd , cfr. v. 11
e 12. Questi passi richiamano chiaramente la concezione
preisraelitica del kbd del Dio che troneggia nel suo
santuario. In Sai 26,8 il tempio viene nominato espres
samente: la dimora della tua casa, il luogo ove abita il
tuo kbd , cfr. 63,3. Il termine ricorre anche nei salmi
della regalit di Jahwe: Sai 96,3 = lCron 16,24 narrate
tra i popoli la sua gloria e Sai 97,6 (vd. sp ). Esso pu
esprimere in genere anche la maest di Dio, come in Sa!
113,4: Jahwe eccelso sopra tutti i popoli e sopra i cieli
la sua gloria (cos anche nella dossologia tardiva di
Sai 72,9 e in Neem 9,5). Altri passi sono Sai 66,2; 79,9;
104,31; cfr. Is 42,12.
d) In un gruppo numeroso di passi il manifestarsi
del kbd viene atteso per il futuro o annunciato
per il futuro. Questo gruppo di passi si fonda sulla
concezione che il kbd di Dio si manifesta
nelfagre storico, il quale tuttavia si realizzer nel
futuro. Si incontra anche qui una serie di passi che
mostrano un chiaro influsso dell'altra concezione,
" Q 3 kbd ESSERE PESANTE

696

quella della gloria venerata nel tempio. Un passo


particolarmente pregnante Is 40,5. In 40,3-4 con
I immagine della via che viene appianata si de
scrive lintervento di Dio, che deve rendere pos
sibile al popolo di Dio il ritorno in patria; e proprio
qui si manifester il kbd di Jahwe, ed ogni
carne lo vedr . gJh ni. diventare manifesto
non significa qui che qualcosa che prima era oc
culto diventa visibile, ma che un avvenimento si
svolger sotto gli occhi di' tutti. La rilevanza di
Dio non era riconoscibile nella situazione di abbat
timento in cui si trovava Israele in esilio; con la.
sua liberazione essa diventa nuovamente ricono
scibile, e davanti a tutto il mondo, kbd inteso
quindi in Is 40,5 in un contesto del tutto storico;
cos pure in 42,8 e 43,7 (vd. sp.), solo che qui si
pensa di pi al riflesso di questa rilevanza, per cui
il termine va tradotto qui con onore (come an
che in 42,12, che parla del riconoscere questo agire
di Dio).
Nel Tritoisaia per il termine ha unaltra riso
nanza. In Is 60,ls., dove kbd in parallelo con
'r luce, si ha una sfumatura del tutto nuova:
lapparire del kbd viene paragonato alPapparire
di una luce (lo stesso parallelismo in Is 58,8). Ai
v. 1 e 2b i verbi che indicano venire e apparire (=
sorgere di un astro) sono tra loro interscambievoli
in una maniera del tutto caratteristica... Lantica
concezione dellepifania, che presuppone un ve
nire reale di Jahwe, quasi sopraffatta dalla rap
presentazione del sorgere di un astro (Wester
mann, ATD 19,284s.). In questo modo per kbd
assume nel Tritoisaia un significato astratto e og
gettivante, che viene ulteriormente accentuato in
P ed Ez, Esso compare anche in 58,8: il kbd di
Jahwe ti seguir. Del riconoscimento di questo
kbd parlano 62,2 e tutti j re vedono il tuo kbd e 59,19 (similmente Is 35,2). Ma mentre que
sto evento cui si riferisce il Tritoisaia si compie
ancora nella storia, Is 66,l8s. ( essi verranno ed
annunceranno la mia gloria fra i popoli ) rimanda
ad un avvenimento al di l della storia presente;
qui il concetto di kbd compare nel contesto del
linguaggio apocalittico, e presuppone che Dio
venga a giudicare il mondo (v. 15). Unidea simile
si trova in unaggiunta tardiva al Sai 102 (v. 14
23); anche qui si parla del raduno dei popoli (v.
23), poich Jahwe ha ricostruito Sion e si mo
strato nel suo kbd (v. 17)... tutti i re della
terra temeranno il tuo kbd (v. 16). Va ricor
dato qui anche Ez 39,21 (cfr. v. 13).
In un gruppo di testi tardivi, i quali parlano tutti
di un kbd futuro, si avverte linflusso della con
cezione del kbd propria della tradizione sacerdo
tale. In Is 4,5, un tardivo oracolo di salvezza, si
parla deHapparire di Jahwe in Sion, che trasforma
tutto; tale apparizione viene descritta con i tratti
della teofania del Sinai, e poi si spiega: poich la
gloria di Jahwe protezione e riparo su tutto .
evidente linflusso della concezione di P nellag
giunta tardiva di IRe 8,11; poich il kbd di
Jahwe riempiva la casa di Jahwe. Nelfunico

697

*133

kbd

ESSERE PESANTE

passo di Deut (5,24) ci si riferisce retrospettiva


mente allevento del Sinai con le parole: ecco,
Jahwe nostro Dio ci ha fatto vedere la sua gloria
e la sua grandezza ; questo potrebbe essere un
linguaggio dei salmi, per anche possibile qui un
influsso di P.
La pericope Es 33,18-23 molto controversa. Essa si
apre cos: fammi dunque vedere il tuo kbd . Paral
lelamente si ha al v. 19 kol-ib tutta la mia bellezza
e al v. 20 panai il mio volto , e poi al v. 22: se il mio
kbd passa... . Nella preghiera di Mos che chiede di
poter vedere Dio, i vocaboli knbd, fifb. panim hanno
soltanto il compito di smorzare o di relativizzare la vi
sione immediata di Dio, senza possedere un significato
proprio, Secondo Jevol uzione del concetto che abbiamo
qui presentato da escludere che questa pericope appar
tenga ad una delle fonti antiche, J oppure E. Si tratta di
unaggiunta tardiva che ha di mira lesaltazione di Mos,
di cui bisogna sottolineare la singolare relazione con Dio.

e) kbd ricorre 13x nella tradizione sacerdotale


(kebd Jhwh 12x, inoltre Es 29,43 kl'bdl), a cui
vanno aggiunti quattro passi che usano il verbo
con significato teologico. Nella tradizione sacerdo
tale kbd acquista un significato di notevole im
portanza; si tratta di un concetto caratteristico
della teologia di P, in quanto termine fisso
nellespressione kebd Jhwh. Questultima ricorre
in P in due diversi contesti: (1) in passi che si ri
collegano allevento del Sinai, nei quali si vuol
dare un fondamento al culto (Es 24,16.17,
40,34.35; Lev 9,6.23, cfr. v. 4b.24; inoltre come
sviluppo secondario Es 29,43); (2) in racconti di
avvenimenti accaduti durante la peregrinazione
nel deserto (Es 16,7.10; Num 14,10; 16,19; 17,7;
20,6; inoltre gli sviluppi secondari Num 14,21.22);
a ci si deve aggiungere (3) il verbo kbd ni.: Jahwe
si mostra glorioso ne 11agi re storico (Es 14,4.17.18;
Lev 10,3).
( 1) Luso di kebd Jhwh nei tre passi Es 24,l5b-l8;
40,34-35 e Lev 9 associato ad una serie di eventi.
Essa inizia con la menzione di un luogo, il monte
Sinai, e narra farrivo del popolo al monte Sinai
(Es 19,1.2a). Il Sinai ha qui due funzioni: una
tappa della peregrinazione di Israele, ed un
monte sacro. Larrivo al Sinai un atto storico, il
monte sacro fondamento dei culto. Tutto quello
che ora segue si inquadra in ambedue le strutture,
quella di ci che accade per la prima ed unica volta
e quella di ci che perdura. Il per la prima volta
viene indicato con levento del kabd\ si caratte
rizza cos levento particolare della fondazione e
della autenticazione del culto (cos anche Rendtorff, l.c., 30s.). (a) P designa con kbd la maest
del Dio che Israele ha incontrato per la prima
volta in cima al monte. Es 24,15-18 la presenta
zione dellevento sinaitico secondo P, parallela a
Es 19 (J ed E), kbd sottolinea la particolarit di
questevento rispetto a tutto ci che in precedenza
era successo ad Israele o a cui questulti mo era an
dato incontro. successo un tempo sul Sinai ci
che da allora in poi viene indicato come rivela
zione del kebd Jhwh. (b) Questo procedimento si

698

proponeva di presentare un discorso di Dio ad


Israele. La novit di questo discorso consste nel
fatto che si tratta di un parlare particolare, in un
luogo sacro durante un tempo sacro. Ci esige un
mediatore, il quale soltanto si accosta al luogo sa
cro, e mediante il quale tale discorso viene comu
nicato al popolo. Su questo fatto vengono fondate
le strutture fondamentali dellevento sacro (cul
tuale). (c) Il discorso che viene fatto dal luogo sa
cro consiste nelraffidare a Mos, e mediante lui al
popolo, il compito di costruire la tenda del conve
gno (Es 25,1ss.). Dopo che essa costruita, ii Ifbd
Jhwh riempie la dimora; in tal modo viene con
fermata per Israele la santit del luogo sacro (Es
40,34-35). (d) Il luogo sacro rende possibile
lazione sacra. Lincarico spetta nuovamente a
Mos, e ancora una volta quando esso viene
adempiuto Papparizione del kbd Jhwh conferma
fazione sacra che s compiuta. In tal modo co
stituito e sanzionato Patto cultuale, che ora deve
restare valido per Israele (Lev 9).
(2) I testi Es 16 (manna), Num 14 (parzialmente
P; i messaggeri), Num 17,6-15 (ribellione per lo
sterminio di Core) e Num 20,1-13 (lacqua della
discordia), i quali descrivono avvenimenti della
peregrinazione nel deserto, sono molto simili nelle
loro sequenze: I) occasione, II) localizzazione
nella tenda del convegno, III) apparizione del
kebd Jhwh, IV) parola di Jahwe a Mos,
V) unazione di Jahwe. In tutti questi testi l'appa
rizione del kebod Jhwh occupa un posto centrale,
operando un mutamento in una situazione perico
losa. Nei punti II, III e IV la struttura dellevento
ripresa da Es 24,15-18. La struttura della rivela
zione attraverso la parola viene utilizzata da P per
configurare la rivelazione attraverso lazione. Si
tratta ogni volta di un intervento di Dio nella sto
ria. In tal modo P in grado di mostrare che
Punica rivelazione fondamentale di Dio caratte
rizza tutti gli eventi successivi. Mediante il con
cetto di kebd Jhwh P ricollega gli eventi che si
susseguono durante la peregrinazione nel deserto
alpevento originario del Sinai. In tal modo per P
il kfbd Jhwh era qualcosa che poteva venir perce
pito in uguale misura in ambedue le forme con cui
si manifestava Pevento, quella cultuale e quella
storica: si tratta sempre della maest con cui Dio
rivela se stesso. Con kebd Jhwh si intende non
lapparizione della luce o del fuoco in quanto tali
(cosi Elliger, HAT 4,131; G. von Rad, ThW 11,243
= GLNT II,1365s.; Zimmerli, BK XIII,57, ecc.),
ma la maest di Dio che si pu incontrare ovun
que. In Es 24,15-18 il v. 17, che parla della com
parsa della luce, una parentesi; lavvenimento ha
senso compiuto anche senza di essa.
(3) Solo a questo significato corrisponde luso ver
bale in Es 14,4 cos mi voglio mostrare glorioso
al faraone e a tutto il suo esercito (inoltre v.
17.18; cfr. Lev 10,3).
Limportanza delfassunzione del concetto di
kbd da parte di P sta nelPunire il nome di Jahwe
699

con gli elementi fondamentali dellevento


sacro, il luogo sacro, il tempo sacro, il mediatore
della santit, cosa che in Israele non si era mai
realizzata prima dellevento del Sinai (Es 24,15
18), e che riceve espressione linguistica nella for
mula in stato costrutto kebd Jhwh (su tutto il pa
ragrafo cfr. C. Westermann, Die Herrlichkeit Got
tes in der Priesterschrift, FS Eichrodt 1970, 227
249).
f) In Ezechiele kbd ricorre solo in pochi contesti
limitati, dove per in genere ripetuto pi volte:
(1) al termine della visione di vocazione Ez 1,28,
inoltre quando termina il conferimento dellinca
rico in 3,23, dove si fa riferimento a 1,28; (2) in
Ez 8-11 quando s parla dellabbandono del tem
pio, e (3) in Ez 43-44 al ritorno nel tempio. I due
ultimi gruppi di passi sono molto affini tra loro.
In Ez 8,1-3 Ezechiele viene portato in visione alla
porta del cortile del tempio, ed ecco l cera il kbd del Dio dIsraele, cos come.., (si rimanda a
I,28) (v. 4). Ez 10,4 narra che il kbd si leva so
pra il cherubino accanto alla soglia del tempio,
finch Patrio divenne pieno dello splendore del
kbd . In 10,18.19 il kbd si allontana dalla so
glia del tempio, e in 10,22-23 lascia la citt. In 43,2
il kbd torna da oriente, e il suo frastuono era
come il frastuono di acqua abbondante e il paese
rifulgeva per il suo kbd ; in 43,4 il kbd rientra
nel tempio, ed ecco, il tempio era pieno del k
bd di Jahwe (v. 5; cos anche in 44,4).
La concezione che qui si rispecchia uguale a
quella di P: il kbd la maest di Dio, con la
quale egli appare agli uomini (1,28; 3,23; 8,4), ma
che ha il suo posto proprio nel tempio; in quanto
sta sui cherubini il kbd la maest di Dio che
troneggia nel tempio (9,3; 10,4; 11,22). Luso che
Ezechiele fa del termine particolare per il fatto
che proprio questa maest di Dio che troneggia nel
suo tempio diventa quasi un essere a s stante e la
scia il tempio, cos come pi tardi vi fa ritorno.
Questa particolarit si fonda in Ezechiele sulla
confluenza tra il linguaggio profetico e il linguag
gio sacerdotale; una profonda rielaborazione teo
logica del contrasto esistente tra l'annuncio profe
tico del giudizio sul tempio di Gerusalemme e la
teologia del santuario, in cui la maest di Dio sul
trono strettamente legata al santuario stesso. Il
profeta ha visto lallontanarsi di Jahwe dal suo
santuario e con ci il compiersi del giudizio sulla
citt (Zimmerli, BK XIII,234, commento a
II,23). Con questa rappresentazione si ottiene che
quando si compie il giudizio su Gerusalemme, che
Ezechiele stesso aveva annunciato, non viene in
taccata la maest di Dio che troneggia nel tempio,
perch essa ha in precedenza abbandonato il tem
pio e la citt. Quando verr edificato il nuovo san
tuario, la maest di Dio pu farvi ritorno, senza
essere stata toccata dal giudizio sul tempio.
A ci si ricollega unaltra particolarit. La forma
con la quale si rappresenta la partenza ed il ritorno
del kbd la stessa che compare nella descrizione
IM

kbd ESSERE PESANTE

700

della visione. Il profeta viene rapito in estasi (8,1


3) e vede come il kbd abbandona il tempio. In
questa presentazione il kbd stesso diventa per
ci un fenomeno visibile (8,4; 10,4; 43,2 e la
terra rifulgeva per il suo kbd ; 43,5). Viene qui
ripresa la concezione pi antica di P, secondo cui
in determinati momenti culminanti della celebra
zione cultuale il tempio si riempie del kbd di
Jahwe (10,4b; 43,5); questa concezione tuttavia
un po in contrasto con quella di Ezechiele, se
condo la quale il kbd di Jahwe si mostra a qual
cuno (8,4).
Quesf ultima concezione determinante per luso
di kbd in Ez 1-3, nella vocazione e nel conferi
mento dell'incarico al profeta. Qui kbd ha un al
tro senso ed unaltra funzione; in 1,28 e in 3,23 si
descrive una teofania nei suoi tre momenti: (1)
apparizione, (2) prostrazione, (3) discorso pronun
ciato da colui che appare. Tutto questo parallelo
a Is 6 (sebbene ivi kbd sa. usato in senso un po
diverso) e si inserisce nella narrazione della voca
zione profetica. Ez tuttavia va oltre Is 6 in quanto
il kbd diventa anche qui una specie di essere a
s stante, quasi unipostasi di Dio: la maest di
Dio rappresenta Dio stesso. Questa fatto e il ge
nere di apparizione (ossia un'apparizione lumi
nosa, come mostra 1,27 rispetto al v. 28) collegano
tra loro luso di Ez 1-3 e quello di 8-11 e 4344.
kbd in quanto apparizione luminosa non quin
di la concezione fondamentale, ma la rielabo
razione operata da Ezechiele. In lui per la prima
volta il kbd che rappresenta Dio diventa una
realt autonoma, che appare in mezzo allo splen
dore di luce.
5/ Per linflusso delle concezioni dellAT sul
giudaismo e sul NT cfr. J.Schneider, Doxa, 1932;
H.Kittel, Die Herrlichkeit Gottes, 1934; H.Kittel G. von Rad, art. Soxo),ThW II, 235-258 (=
GLNT II, 1343-1404); J.Schneider, art.Tipi,ThW
V ili,170-182; S.Aalen, art. Ehre, ThBNT 1,204
210.
C.Westermann

J12 kn ni. STARE SALDO


1/ 1 termini derivati dalla radice kn in quasi
tutte le lingue sem. (cfr. Bergstr. Einf. 187) indi
cano, in tutto quanto il loro campo semantico che
straordinariamente ristretto, lessere stabile,
vero, giusto e lesistere (cfr. mn 1/7, hjh e
-hzq).

Cfr. acc. knu essere/divenire duraturo, vero, fedele


(AHw 438-440), ug. hi essere (coniugazione L knn
fare, creare; WUS nr. 1335; UT nr. 1213), fen. pun.
kn qal essere (DISO 117), nelParam. tardivo p.e.
aram. giud. kwn pa. raddrizzare (Dalman 194b; cfr.
LS 32ls.; Drower-Macucb 207s.), arab. kna essere,
accadere (WKAS 1,451-473), et. kna essere, acca
dere (Dillmann 861-865; W.LesIau, Hebrew Cognates in
701

J D kn ni. STARE SALDO

Amharic, 1969,46). I termini semitici che si possono far


derivare dal gruppo consonantico kn con lintroduzione di
una vocale lunga intermedia, sono in numero considere
vole, che aumenta ancora di pi se si includono le forme
secondarie e le radici probabilmente affini come knn (ebr.
kn base, stallo, luogo, posto ), k n (ebr. abitare ),
/kn (ebr. pi. collocare saldamente ).

NelPAT hanno particolare importanza le coniuga


zioni verbali attive polel collocare saldamente,
fondare, ancorare, assicurare e hi. allestire,
procacciare, preparare, ordinare , e anche il ni.,
pi stativo che passivo, essere saldo, vero, si
curo. Laggettivo verbale kn saldo, giusto,
vero (derivato da un qal altrimenti inusitato, cfr.
KBL 442) meno frequente, e va distinto dalla
particella esplicativa usata spesso (anche
nelParam. pi antico) kn cos (fkn per
ci , *al-kn per questo motivo , aram. bibl.
kn e kenm cos ), la quale deriva da un ele
mento dimostrativo k. Coniugazioni verbali pas
sive sono assai poco attestate: polal (Ez 28,13 txt?,
cfr. Zimmerli, BK XTII,675; Sai 37,23 txt?, cfr.
Kraus, BK XV,287), ho. e hitpol. (in senso rifles
sivo erigersi , mostrarsi stabilmente fon
dato ). Sostantivi derivati mediante prefissi sono:
mkn dimora, mekn dimora (sacra)
(Zacc 5,11; Esd 3,3; cfr. ug. mkm) e telaio, car
rello (IRe 7,27-43 ecc.; cfr. G.Fohrer, BHII
11,944; Noth, BK IX/l,156ss.) e tckn dimora,
abitazione (Giob 23,3), arredamento, equipag
giamento (Ez 43,11; Nah 2,10).
I nomi personali vengono formati sulla base del poi. e
dellhi. (con forme secondarie che presuppongono kn
qal e knn qal, cfr. Noth, IP 179.202): K nonjdh , K enanj { h ), K *nani e J ehjktn , Jjk n , Jkin, J ekonj(h\
Konjahu\ cfr. inoltre N kn (2Sam 6,6; cfr. Rudolph,
HAT 21,112 per lCron 13,9)e il nomedi luogo M ekna
(Neem 11,28). Per le analogie acc., amor., ug. e fen. cfr.
Stamm, AN 356b; Huffmon 221s.; Grondahl 153; Harris
110.

2/ Le tre derivazioni pi importanti dalla radice


kn si incontrano nelPAT distribuite un po ovun
que in uguale misura. Il ni. ricorre 66x (esci. Giob
12,5 nkn colpo , da nkh hi. colpire ; manca
del tutto - esci. Deut 13.15; 17,4 - nei testi legi
slativi e si concentra maggiormente in Sai [18x1,
Prov [llx] e Giob [5x]), il poi. 29x (Sai I7x, spe
cialmente negli inni in affermazioni che si riferi
scono alla creazione), Phi. llOx (incl. 2Cron
35,4Q; la frequenza in 2Cron [23x] e lCron [20x]
si spiega facilmente col fatto che secondo lopi
nione del Cronista bisogna che si lavori a lungo
per preparare e condurre a termine la costruzione
del tempio: lCron 22; 29; 2Cron 1-3 contengono
kn hi. 15x, 2Cron 35, soprattutto nel contesto
della preparazione della pasqua, altre 6x). Il polal
ricorre 2x (vd. sp.), lho. 6x, Phitpol. 4x, mkn
17x, mrkn 25x (di cui 15x in IRe 7,27-43), Lekun 3x (vd. sp.), kn 24x (secondo Lis. 684b).
Per kn cos restano quindi 340 ricorrenze (Es 40x, Is
26x. Num 24x, Ger 22x, Gen 21 x), cui si aggiungono ~

702

kn 200x (Ez 63x, Ger 55x, ls 27x, profeti minori 2lx,


2Re e Giob 6x) e tal-kn 155x (Gen e ls 22x, Ger 15x, Sai
I3x); aram. bibl. kn 8x e kenm 5x.

3/ a) kun ili. significa essere saldo, essere sal


damente fondato, ancorato in modo concreto
(Giud 16,26.29 tetti o mura che poggiano su co
lonne; Ez 16,7 seni di una ragazza; Is 2,2 e Sai 93,1
le montagne e la piattaforma terrestre).
Lespressione la terra salda ( likkn), non pu vacil
lare (Sai 93,1; 96,10 = lCron 16,30) non deve essere
corretta proprio in contesto inriico! in tikkn... (tkn
pi.) egli ha fondato la terra , secondo Sai 75,4; si con
fronti quanto si afferma sulla montagna di Dio negli
inni: Sai 48,3; 68,16; Is 2,2.

In modo simile anche cose astratte possono essere


rese salde e quindi confermate, garantite : la
continuazione della famiglia (Giob 21,8); il carat
tere deiruomo(Sal 51,12); il dominio del re (ISam
20,31; 2Sam 7,16.26); il giorno luminoso (Os 6,3;
Prov 4,18); lannuncio di un sogno (Gen 41,32);
unaccusa (Deut 13,15). Negli ultimi due passi si
tratta di vedere se salda una cosa (= nkn
hadclbi ), che potrebbe essere molto incerta. Cos
anche in ISam 23,23, dove Saul dice: tornate da
me appena sapete qualcosa di certo (\f/ nkn =
in base a ci che stato accertato) .
Dalla concezione secondo la quale una cosa fatta
come si deve necessita di un suo fondamento, de
rivano alcuni modi di esprimersi: nkn (part.
fem, ni.) la cosa giusta, che si pronuncia
(Sai 5,10; Giob 42,7s.); essa ha consistenza (Prov
12,19 tikkn). Noi diciamo: cos non va, mentre
lebreo dice: non giusto (nkn) fare cos
(Es 8,22). La via della vita pu essere retta, deter
minata (Sai 119,5; Prov 4,26), Ci che uno si
propone (Prov 16,3; 20,18), oppure le azioni
cultuali (2Cron 29,35; 35,10) debbono essere al
loro posto.
Il significato dellaggettivo verbale kn va collocato in
questa prospettiva. La sua identificazione sempre stata
difficile: cfr. GB con KBL e Lis.; gi i LXX hanno inter
pretato erroneamente alcuni passi secondo il pi cor
rente kn = ouxcog cos (cfr. Gios 2,4; 2Re 7,9; 17,9;
Ger 8,6; 23,10). Laggettivo significa stabile (Prov
11,19), vero (N um 27,7; 36,5), giusto (Giud 12,6),
retto (Gen 42,11.19.31.33.34, al plur.), mentre kn
cos in quanto collegamento sintattico pu assumere
qualsiasi funzione deittica.

Ci che fermo o fsso, pu anche sviluppare


un'azione che gli propria; kun ni. pu quindi si
gnificare anche star pronto . La sciagura
pronta ad abbattersi sul malvagio (Giob 18,12; cfr.
Sai 38,18; Giob 15,23; Prov 19,29). Laiuto pu es
sere a portata di mano (Sai 89,22). Si rivolge lat
tenzione (lb) a qualcosa (Sai 57,8; 78,37; 108,2;
112,7), ossia si pronti ad intraprendere ci a cui
gi si rivolta lattenzione. Lesortazione a prepa
rarsi pu quindi essere implicita nelle parole wehj neknlm te (Es 19,11.15; cfr. Es 34,2; Gios 8,4),
oppure pu essere espressa con limp. hikkn (Am
4,12; Ez 38,7).
703

b) Il polel afferma che qualcuno produce la situa


zione di stabilit. Si pone qui in evidenza laspetto
dellattivit manuale, quando si tratta della fonda
zione o della ricostruzione di edifici e di citt (Is
62,7; Ab 2,12; Sai 48,9; per le affermazioni sulla
creazione che fanno parte di questo contesto vd.
st. 4a), oppure quando si erige un oggetto (pe
sante) (Sai 9,8 il trono regale di Jahwe). Natural
mente c uno stare saldo anche in senso tra
slato, e in vari modi, kun poh hs significa porre
la freccia sulla corda (Sai 7,13; 11,2), e usato
senza oggetto vuol dire mirare (Sai 21,13),
Jahwe pu rendere stabili i passi di un uomo
(Sai 40,3) oppure rimettere in piedi un territorio
(Sai 68,10). Ci si pu prefiggere di far qualcosa
(kn poi. + inf con Ie: Is 51,13; Giob 8,8, cfr.
M.Dahood, Bibl 46, 1965, 329).
c) Il significato dellhi. ampio e pi attenuato.
Se usato senza oggetto, questultimo lo si deduce1
chiaramente dalla situazione, cfr. Gen 43,16.
in Gios 3,17 linf. assol. usato semplicemente con fun
zione ausiliare: stettero... fermi (hdkn) (= si ferma
rono ; in Gios 4,3 il verbo va omesso in quanto ditto
grafia). In
Sai
68,11
significa la distribu
zione o la preparazione del cibo, cfr. Sai 65,10. In
Giob 15,35 il malvagio prepara linganno (par. ge
nera ); in Giud 12,6 jdkln va corretto probabil
mente in jkL

Pi volte si tratta della preparazione di oggetti o di


materiali (in genere lam hi. con accus. e le): per la
costruzione del tempio (IRe 5,32; vd. sp. 2), per
i pasti (Es 16,5; Sai 78,20; Giob 38,41; Prov 6,8);
si preparano regali (Gen 43,5), animali sacrificali
(Num 23,1), armi (Ez 7,14; Nah 2,4; Sai 7,14),
strumenti di caccia (Sai 57,7), pioggia (Sai 147,8),
vestiti (Giob 27,16), forca (Est 6,4; 7,10). Oppure
si tratta di portare a termine un progetto, p.e. lim
magine di un idolo (Is 40,20), il Santo dei Santi
(IRe 6,19), laltare (Esd 3,3). Quando si tratta di
ambienti interni, il portare a termine si riferisce
evidentemente al larredamento interno (2Cron
31,11; 35,20).
I significati traslati includono: (1) installare, or
dinare (cfr. Ger 10,23; 51,12; Sai 65,10; Prov
16,9; 21,29), (2) fissare, determinare (cfr. Es
23,20; Deut 19,3; Gios 4,4; 2Sam 5,12; IRe 2,24;
Sai 68,11; lCron 15,1.3.12), (3) rinforzare, assi
curare (cfr. ISam 13,13; ls 9,6; Ger 46,14; Sai
89,5; 2Cron 17,5; affinit con il polel!), (4) fare
attenzione, indagare, cercare (ISam 23,22; Esd
7,10; 2Cron 12,14; 19,3). Lespressione kun hi, libb cel significa in origine rivolgere la propria at
tenzione a , cfr. lespressione probabilmente ellit
tica di ISam 23,22, la frase simile kun hi. pnw
volgere la faccia a (Ez 4,3.7) e sopra in 3a kn
ni. libb. La formula assume una connotazione
teologica.

4/ Significati propriamente teologici compaiono


solo in espressioni composte, non in singole forme
della radice kun. Il linguaggio religioso riprende
1*0 kn ni. STARE SALDO

704

qui i valori semantici sopra descritti e li sviluppa


ulteriormente.

2T2

a) Nelle affermazioni sulla creazione alcune


forme del polel e dellhi. di kn sono sinonime di
verbi che significano fare e modellare. Con knn
oppure hkn si intende sottolineare la stabilit e
la sicurezza del lopera. La terra sta salda (cfr. an
che sopra 3a kn ni.): Is 45,18 kn poi. accanto a

jsr, -sh, br'\Sai 24,2 accanto a jsd\Sai 119,90


accanto a md\ cfr, luso simile delle forme hi.:
Ger 10J 2; 33,2; 51,15; Sai 65,7. Il pericolo del caos
continua a sussistere; Jahwe pone le fondamenta
del mondo contro le potenze distruttrici, egli il
mkln (part. hi.) del mondo (Ger 51,15; Sai 65,7).
Anche il cielo e gli astri sono saldi (Sai 8,4 poi.;
74,16 hi.; Prov 3,19 poi.; 8,27 hi.; nel caso del sole
e della luna ci non significa evidentemente es
sere immobile !). E poich Israele collega stretta
mente la sua storia salvifica alla creazione del
mondo, troviamo non solo affermazioni sullori
gine delluomo (Sai 119,73 poi ), ma anche di
tutto il popolo (Deut 32,6 poi.; 2Sam 7,24 poi.,
lo scopo espresso con lek per te ). Anche
la fondazione della citt di Sion appartiene
alla creazione e alla storia salvifica (Sai 48,9;
87,5), come pure l'affermazione generale tu
hai stabilito ci che retto (msrim) (Sai
99,4 poi; c un richiamo alla maat egiziana e
alPacc. kittu u mesoni diritto e giustizia , cfr.
AHw 494s.659s. ).

La radice *kdb mentire diffusa nel sem.


Al di fuori dellebr. s hanno numerose attesta
zioni in arab. (kdb\ WKAS 1,90-100; M.A.KJopfenstein, Die Liige nach dem AT, 1964, 179s.) e
in aram. (kdb pa.; nelfaram. giud. anche kzd <
ebr.; aram. imperiale: DISO 115.117; KJopfenstein, l.c., 180-182; aram. bibl. kidb menzogna
Dan 2,9, KBL 1084; GenAp 2,6.7; sir.: LS 318a;
mand.: Drower-Macuch 203s.), talvolta come
prst. can. nellacc. delle lettere di Amarna (kazbu
II mentire e kazbtu menzogna , AHw
467a).
In ebr. kzb compare al q. (solo part.) e al pi, men
tire, al ni. dimostrarsi menzognero, essere
dimostrato colpevole di menzogna , allhi. ac
cusare qlcn. di menzogna, dimostrare la men
zogna di qlcn. ; le forme nominali derivate sono
kzb menzogna e 'akib menzognero,
ingannatore, sostantivato torrente inganne
vole (Ger 15,18; Mi 1,14; KJopfenstein, l.c,,
243-252).

b) Con Phi. si arriva quasi ad un termine tecnico


cultuale: kn hi., quando si parla della prepara
zione di sacrifci (Num 23,1.29; Sof 1,7), non rag
giunge tuttavia l'estensione e Pautonomia di 7/c
allestire (Lev 6,5; Sai 5,4; 23,5) oppure di lsh
inteso in senso tecnico cultuale (cfr. Gen 18,7;
Lev 6,15; Giud 6,19; diverso luso di kunnu in
acc., cfr. AHw 439s.). Soltanto in 1/2Cron kn hi.,
usato in genere con molta frequenza, ha soppian
tato anche il 'sh cultuale.
c) Chi rivolge la sua mente a Jahwe (kn hi.
libb 'cei Jhwh, cosi la formula completa, cfr.
ISam 7,3), in una posizione giusta nei confronti
del Dio dIsraele (ICron 29,18; 2Cron 30,19).
Lespressione viene usata per anche per indicare
in particolare la preghiera cultuale (Giob 11,13,
come gesto di preghiera assieme a stendere le
mani ); cfr. i rimproveri contro il popolo, che
non rivolge il suo cuore (forma abbreviata in
Sai 78,8; cfr. 2Cron 20,33).
5/ Gli equivalenti greci dei termini del gruppo
kn e levoluzione del loro significato sono presen
tati nei rispettivi articoli del ThW; in particolare
cfr. W Grundmann, art. erotto*;,ThW 11,702-704
(= GLNT 111,1015-1024); W.Foerster, art. kt^co,
ThW 111,999-1034, spec. 1008 (= GLNT V,12351330, spec. 1257s.); H.Preisker, art. pOc, ThW
V,450-453 (= GLNT V ili,1259-1266).
E. Gerstenberger
705

ST2 kzb MENTIRE

kzb

MENTIRE

1/

Si hanno inoltre i nomi di luogo *akzlb (Gios 15,44; Mi


1,14 in Giuda; Gios 19,29; Giud 1,31 in Aser), K ezb
(Gen 38,5) e Kzb (ICron 4,22), probabilmente
(luogo che si trova vicino a un) letto di un torrente in
gannevole (senz'acqua) (Noth, HAT 7,142; KJopfen
stein, Le., 252s.; per Gen 38,5 cfr. anche G.R.Driver, FS
Robert 1957, 71s.).

2/ kzb q. si trova lx (Sai 116,11), pi. 12x, ni. 2x


(Giob 41,1; Prov 30,6), hi. lx (Giob 24,25), kzb
31x (Prov 9x, Ez 7x, Sai 6x), akzb 2x, aram, kid
b lx. Le 50 attestazioni si raggruppano soprat
tutto nella triade Sai/Giob/Prov da un lato (24x)
e nel corpo profetico (incl. Dan) dallaltro (22x). I
quattro passi restanti sono: Num 23,19 e 2Re 4,16
pi., Giud 16,10.13 kzb.
3/ a) kzb q./pi. viene usato 7x in modo asso
luto, una volta regge esplicitamente e due volte
implicitamente un complemento oggetto ( dare
ad intendere qualcosa a qualcuno Ez 13,19; Mi
2,11; Sai 78,36), due volte regge una preposizione
(con lc e con bc e la persona: mentire a qlcn.,
ingannare qlcn. Sai 89,36; 2Re 4,16) e una vol
ta si trova kzb pi. Kalpen, che corrisponde esatta
mente al nostro mentire in faccia a qualcuno
(Giob 6,28). 11 nome kzb nei due terzi dei ca
si dipende da un verbum dicendi sive audiendi
(come accusativo), oppure dipende da un nomen dicendi sive audiendi (come genitivo o
come apposizione), cfr. il prospetto in KJopfen
stein, l.c., 21Os.
La preponderante dipendenza del nome kzb da
vocaboli di dire o di ascoltare, come gi il mate
riale extrabiblico, conferma il significato principale
della radice kzb: mentire = proferire parole men
zognere, dire il falso, non dire le cose come
stanno . Da tale significato primario parte una
706

linea di sviluppo che, attraverso il significato es


sere nellingiustizia (in opposizione a sdq q.,
Giob 34,5s.), giunge a quello di essere infedele ,
venendo quindi ad assimilarsi al significato di
sr/r (in Is 57,11). Unaltra linea di sviluppo con
duce alla descrizione della natura interna di una
realt, che caratterizzata nella sua inanit proprio
mediante f<zb: una rivelazione pu venire
meno (Ab 2,3), le acque possono mancare, ina
ridirsi (Is 58,11, cfr. 'akzb torrente inganne
vole vd. sp. 1).
Senza dubbio kzb viene usato con frequenza
quando si parla di menzogna in giudizio ("d
testimone ; anche jfFh in Prov 6,19; 14,5.25;
19,5.9; cfr. Ab 2,3; Sai 27,12; in Prov 12,17 viene
tradotto ora secondo lug. yph testimone , cfr.
UT nr. 1129; S.E.Loewenstamm, Leshonenu 26,
1962, 205-208.280; ibid. 27, 1963, 182; M.Dahood,
Bibl 46, 1965, 319s.), tuttavia il suo Sitz im Le
ben non si trova qui, ma va ricercato nei rapporti
e negli scambi quotidiani che gli uomini hanno tra
di loro, dove si presentano sempre occasioni per
abusare della parola. In tal senso kzb esprime la di
screpanza tra laffermazione e la realt, oppure tra
la promessa e la realizzazione, mentre sqr quali
fica la menzogna come una slealt aggressiva,
che intende danneggiare il prossimo, e khs la raf
figura nel suo aspetto indebito di occultamento,
nascondimento, negazione (KJopfenstein, l.c.,
2ss.254ss.). Esempi di questo Sitz im Leben
sono Giud 16,10.13 e Dan 11,27, ma esso si rispec
chia anche nella preghiera sapienziale in forma di
sentenza: inganno (sw) e parola menzognera
(debar-kzb) tieni lontano da me (Prov 30,8),
come pure nella speranza profetica che in avvenire
il resto dIsraele non dir pi menzogna (Sof
3,13).
b) Una lingua bugiarda pu indicare, in quanto
pars pr toto, il comportamento e la natura
stessa di un uomo, kzb pu quindi assumere un
significato pi esteso del semplice parlare menzo
gnero. Lo stesso avviene quando una realt in
dicata come falsa. Per esempio P uomo di men
zogna (is kzb) di Prov 19,22 avr da rimpro
verarsi truffe ben diverse dalle semplici parole
menzognere, ammesso che il verso si riferisca ad
affari disonesti (cfr. Klopfenstein, l.c., 220; diver
samente M.Dahood, Proverbs and Northwest Se
mitic Philolog>\ 1963, 42s.); analogamente in Sai
62,5. Il pane che inganna (Ichcem kezbim)
alla mensa del magnate (Prov 23,3) si chiama cos
perch al protetto appare come garanzia della
immutabile grazia del principe, mentre proprio
questa spesso Poccasione buona per ingannarlo
(F.Delitzsch, Das salomonische Spruchbuch,
1873, 365).
c) A prescindere dalla vita di ogni giorno, kzb
viene usato per indicare la condizione dellaccusa
tore o del testimone in tribunale. Il falso testi
mone (d kezbim Prov 21,28; pi spesso d se707

qrim, sqr) secondo la mentalit giuridica


dellAT abominevole. Anche Pespressione jqfPh
k*zbm frequente in Prov (vd. sp. 3a; tradizional
mente intesa come una specie di proposizione at
tributiva oppure come una frase relativa equiva
lente ad un termine fsso con il verbo pi^h
allimpf.: colui che spaccia menzogne = un bu
giardo) un termine tecnico per indicate il
falso testimone . Ad essa si oppone il d
^mcvt/yxmn (Prov 14,5.25) oppure il jfFlj ''imiu (Prov 12,17), il testimone verace . In un effet
tivo procedimento giudiziario anche i bugiardi
trovano posto nelle preghiere degli accusati in
nocenti (H.Schmidt, Das Gebet der Angeklagten im AT, 1928), come si pu constatare in Sai
5,7 e 4,3, mentre la contesa giudiziaria, in quanto
elemento stilistico dominante della composizione
di Giobbe, caratterizza il ragionamento p.e. di
Giob 6,28; 24,25; 34,6.
d) Si ha un uso traslato quando il soggetto di una
proposizione verbale una realt, come la rivela
zione (Ab 2,3), la speranza (Giob 41,1), lacqua
della sorgente escatologica della vita (Is 58,11;
inoltre il fenomeno del torrente ingannevole
akzb, descritto con efficacia in Giob 6,15-20); a
tali acque ingannevoli - in Ger 15,18 acqua
di cui non ci si pu fidare - si oppone per con
trasto limmagine delPacqua viva (Gen 26,19
ecc.), acqua sicura (Is 33,16), acqua che
scorre fresca (Ger 18,14).
e) Come opposti si possono ricordare sommariamente:
la radice
e i suoi derivati (Sai 58,2.4; 78,36s.;
89,36.38, cfr. 3cd), la radice sdq e i suoi derivati (Prov
12,17; Giob 6,28-30; 34,5s.; cfr. 3a), nekn {Icn ni.;
Sai 5,7.10), mispai ($p(\Giob 34,5s.). Paralleli di kzb
sono hcebcel (Sai 62,10), sw' (Prov 30,8 e spesso in
Ez, vd. st. 4d) e tarmi! inganno (Sof 3,13).

4/ a) Non possibile distinguere chiaramente


tra luso profano e quello teologico, tuttavia dal
contesto dei passi indicati in 3a-d possiamo rico
noscere che anche la menzogna profana sot
toposta a giudizio teologico ed etico. Tale verdetto
formulato in modo indiretto nellaffermazjone
teologica espressa sotto forma di contrasto: Dio
non un uomo, da poter mentire (Num 23,19;
cfr. Sai 89,36), ed espresso in modo diretto nella
sentenza: tutti gli uomini sono menzogneri
(Sai 116,11); nel primo caso sintende dire che Dio
compie realmente quello che ha detto, mentre nel
secondo si dice che tutti gli uomini necessaria
mente falliscono nel ptestare quellaiuto definitivo
che uno si aspetta da loro anzich da Dio (cos an
che Sai 62,10).
b) kzb, mentre resta del tutto escluso dalla na
tura di Dio, di ostacolo al rapporto delPuomo
con Dio. Mentire diviene quindi segno del pec
cato, il quale cerca di tenere in suo potere anche
i giusti; per esempio coloro che proferiscono
menzogna in Sai 58,4, i quali in quanto empi
(resLJm) sono nemici del giusto (,saddq), di
3 D kzb MENTIRE

708

ventano una tentazione per questultimo con la


loro ostinata negazione di un Dio giusto. Non si
ha per menzogna solo quando si nega Dio, ma
anche quando lo si riconosce e lo si prega, ossia
quando si proferiscono false parole di penitenza, a
cui non corrisponde una conversione effettiva (Os
7,13; cfr. 6,1-3 e Wolff, BK XIV/1,162; simil
mente Sai 78,36). possibile che questi passi si ri
feriscano ad un culto spurio: un po Baal e un po
Jahwe; questo sicuro comunque per ls 57,11,
dove kzb indica unapostasia cultuale. Sempre su
questa linea kzb in Am 2,4 pu indicare
r idolo stesso nella sua concretezza (V.Maag,
Text, Wortschatz und Begriffswelt des Buches
Amos, 1951, 11.81; kfzbim sostituisce qui gli habtm della storiografia dtr., cfr. Wolff, BK XIV/2,
163.199).
E controverso il significato delle parole sie kzb di Sai
40,5. In genere si intende: coloro che si volgono alla
menzogna oppure coloro che sono irretiti nella men
zogna. Nel caso per che con M.Dahood, Psalms I,
1965, 243.245S., si debba tradurre frandulenl images
(satini = s/sifm in Sai 101,3; Os 5,2 = immagini di
idoli ), kzb sarebbe un genitivo che specifica termini
concreti relativi allidolatria, e non si sarebbe quindi lon
tani da Am 2,4.

c) Isaia (28,15.17 txt?) e Osea (12,2) usano kzb


come giudizio teologico di una politica sbagliata e
opposta alla fiducia esclusiva in Jahwe. Si tratta
del patto antiassiro del re Ezechia con il faraone
Sabako e della debole ed oscillante politica del re
Osea, fatta di alleanze ora con lEgitto ora con
PAssiria. Il rapporto autentico con Dio si
realizza,., nella verit, nella franchezza e nella
sincerit di una relazione fondata sulla fiducia
totale, senza ricercare, oltre Dio e a sua insa
puta, altre fonti di aiuto... In questa richiesta bi
blica di autenticit nei rapporti con Dio si rispec
chia lassoluto delle esigenze divine (Weiser,
ATD 24,74).
d) Con un rigore teologico particolare viene giu
dicato kzb un comportamento indiscriminato e
irresponsabile nei riguardi della parola rivelata. Si
pu vedere nellambito sapienziale Prov 30,6: la
parola rivelata, ricevuta in modo misterioso ed
estatico, deve essere confrontata con la rivelazione
positiva di Jahwe in Israele in fatti e in parole (cfr.
Gemser, HAT 16,103-105; diversamente G.Wiideboer, Die Spruche, 1897, 86). Ma interessante
soprattutto lambito profetico (cfr. G.Quell, Wahre und falsche Propheten, 1952): kzb unito a
sw diventa addirittura in Ezechiele un termine
tecnico (13,6-9.19; 21,34; 22,28), e kzb oggetto
di qsm q. proferire oracoli oppure genitivo di
miqsm oracolo , mentre sw oggetto di hzh
guardare oppure genitivo di hzn visione
(diversamente solo Ez 13,8). Evidentemente Eze
chiele con questa doppia espressione vuole carat-J
terizzare la ricezione della rivelazione (hzh) come
presuntuosa illusione (&7M>) e il proferire ora
coli (qsm) come menzogna (kzb). Geremia
709

2T2 kzb MENTIRE

per esprimere la stessa realt usa il termine dina


mico scqcer perfidia, slealt , che corrisponde
di pi forse allo spirito bollente (Zimmerli, BK
XIII,289) di questo profeta pi passionale.
Dal lato della storia delle religioni rientra in maniera del
tutto secondaria in questo contesto Tuso di kidb per in
dicare la falsa spiegazione dei sogni in Dan 2,9.

5/ a) A Qumran il verbo kzb viene usato solo


nel senso figurato di sorgenti dacqua non ingan
nevoli (vd. sp. 3d) in IQH 8,16 e lQSb 1,4. Si
tratta di metafore che indicano le dottrine salvifi
che esoteriche ed escatologiche della comunit di
Qumran, la conoscenza dei santi (lQSb 1,4).
Ambedue i passi dipendono da Is 58,11. - Il nome
compare fra Pallro tre volte nellespressione mat
ti/hakkzb il falso profeta (IQpAb 10,9; CD
8,13; 1Q 14 10,2) e tre volte in 75 hakkzb
Puomo menzognero (lQpAb 2,2; 5,11; 11,1 in
sicuro; CD 20,15). Tale uomo menzognero
forse Antioco Epifane, secondo H.H.Rowely (cfr.
J.Maier, Die Texte vom Toten Meer, II, 1960,
139). Lespressione pseudoprofeta (LXX b&j $o7rpo'py)T7)<;) che ancora manca nelPAT come
termine tecnico, si trova per la prima volta in
IQH 4,16 (plur. nebV kzb).
b) Nei LXX le traduzioni di kzb e dei suoi derivati
confermano lampiezza del significato della radice
kzb, che abbiamo descritto sopra in 3a (Klopfenstein, l.c., 253s.); le 46 versioni esatte sono cosi ri
partite: 32 hanno la radice
-(significato prin
cipale: mentire, essere mentitore ), 7 hanno
[xaTaia o xsv e una xXetTCetv (il significato
orientato verso inanit di una realt ), una
-coaaote una syxaXsw Si>cG)<;(che tende a signi
ficare: essere nellingiustizia ).
c) Rom 3,4 cita Sai 116,11 (vd. sp. 4a) nel conte
sto della dottrina sulla giustificazione, e forse
pensa anche a Num 23,19 (vd. sp. 4a): Dio ve
race, ogni uomo menzognero . Secondo Gv
14,6 il Cristo la verit , in 8,44 il demonio
menzognero e padre della menzogna . Si rico
nosce se uno sta dalla parte della verit o della
menzogna dalla posizione che egli assume nei
confronti di Cristo (lGv 1,6; 2,21s.). Se si pensa
inoltre alla terminologia giovannea luce - tene
bre , sembra che in questi testi riecheggi la dot
trina di Qumran. Latteggiamento nei confronti di
Cristo decisivo anche per distinguere tra pseu
docristi e pseudoprofeti , secondo i discorsi
escatologici (Me 13,22; Mt 24,11). Gli pseudopro
feti vanno distinti dai falsi profeti delPAT
per quanto riguarda la denominazione tecni
ca (la quale proviene da Qumran e dai LXX), tut
tavia al pari di quelli si rendono colpevoli di
un cattivo uso della parola rivelata. Il profeta
menzognero di IQpAb 10,9 ecc. pu forse
preludere a // falso profeta dellApocalisse
giovannea (16,13; 19,20; 20,10).
M A .Klopfenstein
710

n k ah FORZA
1/ kQh forza , usato solo al singolare, un
vocabolo che si trova unicamente in ebr. e
nellaram. giud, (kha, derivato dal precedente).
GB 340 e KBL 430a citano anche radici, forse affini,
dellarab. e delPet. kah II indica in Lev 11,30 una specie
di lucertola.

2/ Le 124 attestazioni, distribuite peraltro in


maniera normale, spettano 21 a Giob, 13 a Dan,
12 a Is (di cui 9x in Dtis), 11 ai Sai, 8 a 2Cron; gli
8 passi di Giud si trovano tutti in Giud 16, fatta
eccezione di 6,14.
3/ Dal significato principale, che va definito
come forza vitale (i morti vengono indicati in
Giob 3,17 come sfiniti di forze ) derivano tutte
le altre accezioni. kah indica quindi la potenza ge
nerativa delPuomo (Gen 49,3), la forza produttiva
della terra coltivata (Gen 4,12; Giob 31,39), e la
forza di sostentamento data dal cibo (ISam 28,22;
Re 19,8), ma anche la forza fisica di un animale
(Giob 39,11; Prov 14,4) o delluomo (della sua
mano Giob 30,2; del braccio Is 44,12; in generale
Giud 16,6ss,; ISam 28,20; 30,4; Is 44,12 ecc.; di un
popolo Gios 17,17). Pi volte si intende anche ta
potenza spirituale (Gen 31,6; Is 40,31; 49,4; Sai
31,11), per cui kGh (spesso unito a V Qal te
nere ; cfr. E.Kutsch, Die Wurzel V im Hebrischen, VT 2, 1952, 57-59, specialmente p, 57)
nella letteratura pi recente pu evolversi verso ii
sign. di capacit, attitudine, idoneit (Cron,
Dan).
La forza di un uomo si manifesta concretamente
nei suoi beni materiali (Giob 6,22; Prov 5,10; Esd
2,69; in riferimento alla riserva militare ed econo
mica di un popolo Os 7,9).
In questo senso kah si avvicina a ktjil forza,
propriet; esercito (243x, di cui Ger 32x, ICron
28x, 2Cron 27x Sai 19x, 2Re 16x, Ez 14x, 2Sam
13x), il quale per a differenza di kah non viene
usato per la potenza di Dio (HAL 298b).
Vanno ancora citati kcelah pienezza delle forze, gagliardia (Giob 5,26; 30,2) e n f ' d forza, beni economici
(300x; alPinfuori di Deut 6,5 e 2Re 23,25 usato solo
come avverbio molto , spesso raddoppiato; Gen 38x,
Sai 35x, ISam 31x, 2Sam 20x, Gios, Re, Ger, 2Cron 16x
ciascuno, Es ed Ez 14x ciascuno); cfr. inoltre n po
tenza generativa, forza fisica, ricchezza (1wcen) e le
radici ms, gbr, hzq, zz, e anche j d , zer a(.

4/ Nel libro di Giobbe, in conformit alle ricor


renze relativamente numerose, kah viene usato
per indicare tematicamente lonnipotenza divina
(9,19; 36,22; cfr. 42,2), che del tutto superiore a
ogni potenza umana. Tale onnipotenza di Do, che
viene celebrata negli inni (Es 15,6; Sai 111,6;
147,5; ICron 29,12), Pargomento della predica
zione del Deuteroisaia, il quale invita cosi il po
polo in esilio a porre la sua speranza in Jahwe (Is
40,26.29.31; 41,1; 50,2). La forza onnipotente di
711

Dio si manifesta nella creazione (Ger 10,12; 51,15;


Sai 65,7) e nella storia (Es 9,16; Deut 4,37; Sai
111,6; Neem 1,10) e trova espressione nei modi di
dire stereotipati: con grande forza e con mano
potente (Es 32,11) e con grande potenza e con
braccio teso (2Re 17,36; cfr. Ger 27,5; 32,17;
Deut 9,29), che si riferiscono in parte alla crea
zione (testi di Ger) e in parte allesodo dallEgitto.
Nel salterio kah sincontra nella maggior parte dei
casi nelle lamentazioni individuali per indicare la
forza che viene a mancare alluomo, e per questo
motivo i giusti invocano laiuto di Dio (Sai 22,16;
31,11; 38,11; 71,9; 102,24; cfr. Lam 1,6.14).
Nella letteratura sapienziale vi uno stretto rap
porto tra forza e saggezza (Prov 24,5; cfr. Giob
9,4), anche in riferimento a Dio (Giob 36,22; cfr.
12,13; 36,5; anche ls 10,13; P.Biard, La puissance
de Dieu dans la Bible, 1960, 75ss.).
LAT ammonisce a non voler andare al di l delle
proprie forze (Deut 8,17; Is 10,13; Ab 1,11): n un
grande esercito n una grande forza possono aiu
tare luomo, se non vi laiuto di Dio (Sai
33,16ss.; ISam 2,9). Soprattutto in Dan si sottoli
nea che il kh di un dominatore non forza sua
(Dan 8,22.24).
In Mi 3,8 le parole spirito di Jahwe sono probabil
mente lina glossa a kafr. si intende qui la forza invin
cibile che Dio d al profeta perch possa predicare la ro
vina.
Zac 4,6b tradotto da B.ITartmann, OTS 14,1965, 115
121: non c forza e non c potenza allinfuori di me
(p. 120). Nellinterpretazione consueta: n con la forza
n con la potenza, ma con il mio spirito , si contrap
pone la forza di Dio a quella umana. Sul testo vd. anche
K.Galling, Studien zur Geschichte lsraels im persischen
Zeitalter, 1964, 141s. = FS Rudolph 1961, 83s. (altra
spiegazione).

5/ Nei testi di Qumran viene ripreso luso di


kah descritto sopra (Kuhn, Konk. 99). Per il NT
cfr. W.Grundmann, art. LcrxucOjThW 111,400-405
(= GLNT IV,1211-1226).
A.S.van der Woude

tfro khs pi. NEGARE


1/ La radice khs nel sign. di negare, occul
tare non ancora attestata fuori delPebr.
Lomogeneit tra khs q. dimagrire e khs pi. ne
gare , supposta da KBL 431 e da GB 341a (cfr. anche
J.Blau, VT 7,1957,99), fu gi contestata da W.J.Gerber,
Die hebr. verba denominativa, 1896, 26s., e cos pure la
supposizione di un significato comune deficere. Di
conseguenza Zorell 352 riporta le due radici separate.
Neiresposizione che segue partiremo da questa base,
poich lidentit delle radici resta insicura.
W.F.Albright, BASOR 83, 1941, 40, si richiama allug.
t_kh. A questo proposito bisogna notare: (1) per tjkh non
sicuro un sign. analogo a quello di dimagrire, sfio
rire (WUS nr. 2863 spiega tutti passi ug. partendo da
un significato primario: trovare, cogliere ; diversa
mente Driver, CML 15lb: w ilted [= avvizzito];

0 3 kh FORZA

712

cfr. anche UT nr. 2673); (2) anche se esso fosse sicuro,


non si ricaverebbe nulla per kf?s pi., qualora si suppon
gano radici differenti in khs q e pi.
Nellaram. giud. kJis af. dimostrar mentitore e itpa.
essere dimostrato mentitore (Dalman 196b) derivano
dallebr.

Olire al verbo (pi., ni., hitp.) si hanno il sost.


khas menzogna e 'laggettivo kcehs bu
giardo (per la forma nominale cfr. BL 479).
Questo gruppo ricorre nellAT 27x; khs pi.
19x, ni lx (Deut 33,29), hitp ix (2Sam 22,45, par.
Sai 18,45 pi.), khas 5x, kaths lx (Is 30,9). La di
stribuzione abbastanza uniforme; solo in Osea si
ha una frequenza significativa (5x: pi. Os 4,2; 9,2;
sost. 7,3; 10,13; 12,1).

2/

3/ U significato fondamentale di khs ambiva


lente. In italiano si pu esprimere con la doppia
forma: dire/fare che non... , e non dire/non
fare che... . Sembra che nessuna di queste due li
nee sia primaria; probabilmente coesistono fin
dalfinizio come funzioni inversive. Dal senso fon
damentale derivano da un lato i significati oppu
gnare, contestare, mettere in dubbio, negare,
smentire, rinnegare, rifiutare , dallaltro tacere,
tener segreto, dissimulare, occultare, celare (si
milmente khd pi occultare e i suoi equivalenti
arab. ed et.; cfr. M.A.Klopfenstein, Die Lge nach
dem AT, 1964, 254-310, sui rapporti tra khs e khci:
258-260.278s.). Al secondo tipo di significati ap
partengono anche i sensi del pi. fingere, non di
mostrare le proprie vere intenzioni, farsi passare
per, dare lillusione di qualcosa (IRe 13,18, Zac
13,4), che nei passi dei salmi (Sai 18,45; 66,3;
81,16) possono avere il senso specifico di lusin
gare, atteggiarsi a premuroso, fingere sottomis
sione nel contesto dellomaggio rituale del ne
mico vinto davanti al vincitore (Klopfenstein, l.c.,
284-297). Queste sono anche le accezioni dellhipt.
(2Sam 22,45) e del ni. (Deut 33,29); non per ne
cessario negare tale senso per il pi. dei testi dei
salmi e correggerlo in un ni.
Il sostantivo e raggettivo confermano le serie di
significati ambivalenti: kalas indica tanto il rin
negamento di Jahwe o del suo patto o la falsi
ficazione di fatti veri, quanto la finzione
verso il prossimo; kcehs rinnegato, infedele
appartiene alla prima serie e viene tradotto da
Aquila con pvY)T7)<;, pi esatto di
usato
dai LXX.
7x kJis viene costruito con be\
5x segue la persona, lx la
cosa, lx con due be la persona e la cosa; in Giob 31,28
csta al posto di be. In tutti questi casi il verbo regge una
preposizione: negare (una cosa), rinnegare (una
persona) . Dove invece segue un le(altre 6x) si tratta di
un vero e proprio dativo di persona: fingere di fronte a
qualcuno o sim. NeJiuso assoluto del pi. (6x) si pu
presupporre o un oggetto implicito o unaccezione ri fles
siva: nascondere (roba rubata) (Gios 7,11), conte
stare (il rimprovero) o fingersi (Gen 18,15).

A differenza di sqr, che distrugge un rapporto


fondato sul diritto o sulla fiducia, e di kzb, che
713

tPD khs pi. NEGARE

indica unaffermazione o un modo di comportarsi


antitetici alla realt o privi di essa, khs svisare o
contraffare, negare o nascondere un dato di fatto
in mala fede. In 11 delle 27 attestazioni khs inol
tre un termine giuridico o giuridico-sacrale, e qui
potrebbe trovrsi Poriginario Sitz im I.eben ,
Passi giuridico- profani - una rigorosa separa
zione del sacro ignota allAT! - sono I^ev
5.21 ( negare un bene depositato o rubato), Lev
5.22 ( tenere nascosto un oggetto trovato), Lev
19,11 (occultamento della refurtiva), Os 4,2
(oltre alla vita, alla libert e al matrimonio, anche
tutti gli averi devono essere tutelati con il divieto
di ricettazione; diversamente Rudolph, KAT
X III/1,100). Al di fuori di un contesto giuridico
sono il negare d Gen 18,15, il fingere di
IRe 13,18 e Puso traslato e adattato a cose in Giob
8,18; Os 9,2; Ab 3,17. Una certa risonanza del di
ritto sacro pu trovarsi nell atteggiarsi a pro
feta di Zac 13,4, e si possono trovare tracce di una
legge marziale nellatto di fingere sottomis
sione come gesto di lealt del vinto (vd. sp.).
Frode nel commercio e nella politica estera
(Nah 3,1), intrigo nella politica interna (Os
7,3), travisamenti nellaccusa contro gli inno
centi (Sai 59,13; diversamente S.Mowinckel, Psalmenstudien I, 1921, 57s.): tali sono quindi gli usi
profani del nome in questione.
4/ Luso teologico segue strettamente quello
profano: anche qui s pu distinguere un uso
giuridico (sacrale) da un uso pi esteso. Inoltre
lambiente giuridico-sacrale pu avere le stesse
origini di quello giuridico-profano (vd. sp. 3).
khs funge espressamente da termine giuridico-sa
crale in Gios 7,11, dove la ricettazione di ci
che era votato allanatema un grave sacrilegio.
Senza dubbio questo antico testo eziologico che
descrive il comportamento di Acan (cfr. Noth,
HAT 7,43-46) ci riporta alle origini della nostra ra
dice. In Gios 24,27 (khs pi. bthm) e Giob 31,28
(khs l'f) con lapostasia ed il rivolgersi rispettivamente
ad un culto straniero e ad un culto astrale
si rinnega Dio : anche qui si tratta di un delitto
nelPambito del diritto sacrale; lo stesso avviene in
Os 12,1 (secondo linterpretazione di E.Sellin, Das
Zwlfprophetenbuch, ** 1929,118; Weiser, ATD
24,73; diversamente Rudolph, KAT X III/1,225).
Rinnegamento di Jahwe in un senso pi ampio,
ossia infedelt alla sua alleanza, viene espresso in
ktisbeJhwh di ls 59,13; allo stesso modo va inteso'
khas in Os 10,13, dove il termine sta in parallelo
con rcesai/ awlcit e in contrasto con sdcpq/fdq, hjsced e dal (v. 12 txt em; cfr. WolfT, BK
X IV /1,240-242). Un senso pi specifico, in quanto
si tratta di non voler ascoltare la tor di Jahwe, pos
siede la ribellione dei bnm kwhsm, i figli
bugiardi di Is 30,9, mentre in Ger 5,12 (khs pi. beJhwh) e Prov 30,9s. rinnegamento semplice
mente il non tenere conto di Jahwe. 11 tema
dell omaggio forzato del nemico davanti al vinci
tore (secondo la storia delle forme e delle tradi
714

zioni si tratta di un elemento dellinno, soprattutto


del canto di vittoria) sembra assumere un senso
teologico in Sai 66,3, dove indica lomaggio davanti
a Dio.
5/ Qumran presenta finora solo due esempi del
sostantivo khas: 1QS 4,9, in un catalogo dei vizi
di coloro che.appartengono allo spirito di ingiusti
zia, e 1QS 10,22, nelle promesse di un cantico di
lode. Nel primo passo khaS sta accanto a remijj
simulazione , nel secondo viene indicato con
colpevole inganno (khas "wn) un peccato
delle labbra. La parola sembra aver perduto il
suo significato specifico.
I LXX traducono indistintamente con la radice
; solo in Gen 18,15 si ha il pi preciso pvej Ooci (cfr.rpvyjTrjc; di Aquila in Is 30,9), con cui
per lo meno si sottolinea entro certi limiti uno dei
due significati della radice.
Nel NT luso teologico assume un significato cri
stologico (cfr. H.Schlier, art. pvojxou, ThW
1,468-471 = GLNT 1,1247-1256). Dio viene
rinnegato quando rinnegato Cristo (lG v 2,23).
Chi rinnega Cristo, sar rinnegato da lui davanti
al Padre suo (Mt 10,33 par.; 2Tini 2,12). Se si ritie
ne che si parli qui anzitutto di un rinnegamento
mediante la parola (cfr. lGv 2,22), non va di
menticato che secondo Tit 1,16 il rinnegamen
to pu avvenire anche mediante Fazione, co
me nel lAT.
M.A. Klopfenstein

h i k l

TOTALIT

1/ Il sost. del sem. comune *kuH- totalit


(Bergstr. Einf. 190), il cui significato originario
sembra essere cerchio (GVG 11,253) o circon
ferenza (BL 267), appartiene alla radice kll, che
in ebr. forma il verbo q. compiere, rendere com
pleto (acc. e aram. kit S compiere ; aram. bibl.
saf. e istaf. essere compiuto , KBL 1085s.) e le
derivazioni nominali klfl completo; oblazione
totale, mkl perfezione (Ez 23,12; 38,4),
mikll perfezione, corona (Sai 50,2) e maklllm
vesti splendide (Ez 27,24); cfr. anche il nome
proprio KelaI (Esd 10,30; Noth, IP 224: perfe
zione ).
Laoc. oltre a kal, kalma, kuHatu ( AHw 423s.427.501s.)
possiede una serie di sinonimi: gimru, gmimi, kfssatu,
nagbu, napharu (GAG 134h). Per lug. kl, kit cfr. WUS
nr. 1320; UT nr. 1240; per le iscrizioni del semNO. cfr.
DISO 118-120.

2/ kll q. ricorre solo in Ez 27,4.11, k/Tl 15x,


mikll 2x, mikll e maklllm lx; aram. bibl. kll saf.
5x, ttaf. 2x.
kl/kol- secondo Mand. 563-583.1328s. 1535 sin
contra in ebr. 5404x (di cui kJ 843x, con suffissi
214x), in aram. 82x (Dan 67x, Esd 15x). Per una
parola di uso cos comune c da aspettarsi che la

715

sua frequenza nei singoli libri delPAT sia propor


zionale alla loro estensione. Se si escludono i libri
con una estensione inferiore a iri96 rispetto a
tutto lAT, i valori che divergono pi sensibil
mente dalla media sono in eccesso in Deut (353x)
e soprattutto in Eccle (91x) e in difetto in Giob
(73x) e Prov (77x); ci pu dipendere in parte dal
contenuto (Deut: con tutto il cuore, con tutta
lanima e con tutte le tue forze ; Eccle tutto
vano ) e in parte dalla forma poetica concisa.*
3/ a) Lagg. kaflf significa completo, per
fetto (Is 2,18 del tutto ; Giud 20,40 tutta la
citt ). La bellezza di una citt pu essere detta kll perfetta (Ez 16,14 e Lam 2,15 Gerusa
lemme; Ez 27,3 e 28,12 Tiro); cfr. anche luso del
verbo kll q. completare, rendere perfetto in Ez
27,4.11 (Tiro), inoltre GenAp 20,5 aram. kljln
perfetto , riferito alle mani di Sara nella descri
zione della sua bellezza.
Per Es 28,31 e 39,22 (probabilmente anche Num 4,6)
G.R.Driver, Techmcal Terms in th Pentateuch, WdO
11/3, 1956, 254-263, adotta il sign. tessuto tutto dun
pezzo (p. 259).

Il sost. kdlII indica un tipo di offerta (Lev 6,15.16;


Deut 13,17; 33,10), ossia I oblazione totale ; ad
esso si affiancato "ol ( olocausto; Sai 51,21)
che lo ha poi soppiantato definitivamente (ISam
7,9; cfr. Khler, Theol. 174s.; R.de Vaux, Les sacrifices de lAT, 1964, 43s.98s.).
mikll descrive cavalieri abbigliati ed equipaggiati
alla perfezione (Ez 23,12; 38,4); makllm si
unisce a mikll e indica le vesti magnifiche che
sono oggetto di commercio a Tiro (Ez 27,24). mik
ll (Sai 50,2) pur essendo di origini aram, potrebbe
derivare da kll cingere ed essere tradotto perci
con corona, ghirlanda (con la maggior parte
degli esegeti, contro GB 421b e KBL 521 b; cfr. kljl
a Qumran, vd. st. 5).
b) Per luso e la costruzione di kdl cfr. i vocabolari
e le grammatiche, kl si trova piuttosto raramente
da solo con il sign. la totalit, intero, tutto (Es
29,24; Lev 1,9; 2Sam 1,9 ecc.; cfr. GVG ll,253s.);
nella maggior parte dei casi si trova in relazione
con altri nomi, originariamente come nome reg
gente davanti ad un genitivo, ma in seguito come
apposizione davanti o dopo un altro sostantivo
(GVG 11,214-216). Se questo non determinato, il
sign. che ne segue ogni, di ogni specie . Se in
vece ii nome che segue determinato, kl al sing.
significa tutto quanto , al plurale tutti . Se vi
poi una negazione, esso assume il sign. di nes
suno . Quando kl posposto, assume molto
spesso un suffisso che richiama il sostantivo pre
cedente: p,e. Jisr'l kullh tutto quanto Israele
2Sam 2,9 ecc.; questo tipo di costruzione molto
diffuso negli altri dialetti sem. (cfr. p.e. acc.: GAG
134h; ug.: O.Eissfeldt, E1 im ug. Pantheon,
1951, 42s.; aram.: Fitzmyer, Sef. 29).
superfluo esaminare in dettaglio i termini uniti a kl,
poich ci si dovrebbe nferire a tutti i fenomeni di questo

*73 kl TOTALIT

716

mondo, relativi ai molteplici aspetti della vita. Per uno


sguardo dinsieme si possono consultare, oltre alle con
cordanze ebr., le liste suddivise secondo le varie associa
zioni di parole in K.Huber - H.H.Schmid, Ziircher Bibel-Konkordanz. I, 1969, 39ss.638ss.
r

4/ kl, usato sia in maniera assoluta sia con lar


ticolo, in talune affermazioni teologiche (esiliche e
postesiliche) descrive lintera creazione, senza tut
tavia divenire un termine tecnico teologico o co
smologico per indicare P universo o il mondo
intero (C.R.North, IDB IV, 874b; id., The Second Isaiah, 1964, 145s.). Per esempio Ger 10,16
= 51,19 (esilico, cfr. Rudolph, HAT 12,75) parla
del creatore del tutto ; Is 44,24 afferma: io,
Jahwe, faccio tutto, distendo il cielo e 45,7: io
formo la luce e creo le tenebre.,., sono io, Jahwe,
che faccio tutto questo; cfr. Sai 103,19 la
sua sovranit domina il tutto; 119,91 tutto
al tuo servizio; ICron 29,14 da te viene
tutto , v. 16 tutto tuo ; Giob 42,2 ho com
preso che puoi tutto; infine anche in Sai 8,7
si dice deiruomo: tutto hai posto sotto i suoi
piedi .
5/ A Qumran kl ricorre pi di 800x (in genere
con scriptio piena hvf) in CD kl). Luso del
tutto parallelo a quello delPAT. Per kljl perfetta
mente (hello) vd. sp. 3a; inoltre kljl viene usato
in 1QS 4,7 e in IQH 9,25 nel sign. di corona,
ghirlanda (keftf kbd corona di gloria ).
Le traduzioni in gr. sono molteplici e il senso si
deve ricavare dal contesto; il termine nxq e i suoi
derivati sono ovviamente predominanti.
Per il NT cfr. B.Reicke - G.Bertram, art.
ThW
V,885-895 (= GLNT IX,931-962).
G,Scuter

i"3 klh ESSERE ALLA FINE


1/ In ebr, non vi morfologicamente alcun
confine preciso tra klh terminare e kl tratte
nere , come si pu riconoscere dalle numerose
assimilazioni che hanno luogo nella flessione (BL
375.424; KBL 436a). Le due radici si trovano
nellug. (WUS nr.' 1311: kla chiudere ; nr. 1317:
kly essere alla fine ), mentre lacc. kau va in
teso forse come *kP (GAG 105c; AHw 428s.),
che con il significato primario di trattenere rac
chiude in s anche quello di terminare . Come
Pacc., cos anche Param. conosce solo la radice kP
(del sem. comune) nel senso di trattenere e di
terminare . Nel neopun. klh pi. non attestato
con sicurezza (KAI nr. 145, r. 11; DISO 121),
Uno sguardo ai significati dei due verbi nel loro complesso
indica che essi sono strettamente collegati tra loro
anche dal lato semasiologico. Sembra essere un elemen
tare processo semasiologico quello per cui dal sign. prima
rio trattenere e serrare si passa allidea di delimi

717 r 3

k lh

ESSERE ALLA FINE

tare e di terminare; cfr. litaliano chiudere


e il lat. claudere con il caratteristico doppio senso
di racchiudere e concludere . Un analogo processo
semasiologico si verifica anche per il termine opposto
hll hi.: sign. primario: sciogliere, rilasciare > inco
minciare ; cfr. litaliano aprire e il lat. aperire ,
per esempio per indicare linizio di un dibattito.

Anche in ebr. le corrispondenze fra i due verbi si


spiegano molto semplicemente supponendo che
terminare si sia sviluppato secondariamente da
trattenere , che si riferisce allo spazio ed pi prmivito, e inoltre che l'allargamento di significato ab
bia avuto come conseguenza una scomposizione
morfologica delia radice, la quale per non si sem
pre realizzata rigorosamente.
Molte sono le forme nominali derivate dal verbo:
lagg. klce languido (Deut 28,32, detto degli oc
chi), il sost. col prefisso mi miklt perfezione
(2Cron 4,21), dove -t viene spiegato come desi
nenza astratta sing. o come plurale di intensit (cfr.
BrSynt 16; similmente da kf si ha mikfc^] re
cinto ; cfr. claudere > clausula e claustrum); per
fezione significano anche tiki(Sai 119,96) e taklll
(Barth 295; BL 496), mentre kl e killjn (Barth
326) indicano la distruzione, il terminare inteso
in modo negativo. Per il nome di persona Kiljn vale
quanto detto per Maliln {hlh 1).
2/ La radice ricorre solo nelPAT ebr. (laram. bibl.
ha invece kll saf. completare , Esd 4,12; 5,3.9.11;
6,14; ist. pass. Esd 4,13.16; slm q. essere finitov.
Esd 5,16). Il verbo ricorre 207x, con una distribu
zione normale: qal 64x, pi. 141x, pu. 2x. Quanto alle
forme nominali kfiz compare lx, kf 22x (Ger 7x,
Ez 3x) e 15x come oggetto di "sh porre fine (so
prattutto nei profeti: Ger 7x, Ez 2x, Is e Sof lx),
takilt 5x (Giob 3x, inoltre Sai 119,22 e Neem 3,21),
killdjn 2x (Deut 28,65; Is 10,22), tikl e miklt solo
lx (vd. sp.).
3/ Con un ampliamento secondario del sign.
serrare, delimitare klh viene usato per lo pi
come transitivo (klh pi. col poco frequente klh q.
come intransitivo) e significa in primo luogo con
cludere , ossia porre fine ad una cosa o ad un
avvenimento (spesso accompagnato da un inf. con
o senza le\klh q. terminare ha diversi soggetti,
tanto concreti quanto astratti.
Come verbi sinonimi si possono citare: %
ps q. terminare,
essere alla fine (Gen 47,15.16 denaro; Is 16,4 oppressore,
par. klh q.; 29,20 tiranno, par. klh q.; Sai 77,9 grazia, par. gmr
q,)egmr q. essere alla fine (Sai 7,10; 12,2; 77,9), portare
alla fine (Sai 57,3; 138,8; cfr. O.Loretz, Das hebr. Verbum
GMR, BZ 5, 1961, 261-263); cfr. tmm, qs.

Il concetto neutrale di concludere viene spesso


modificato in diverse maniere, anzitutto dai lato po
sitivo nel senso di essere finito, completo , dove
il concludere soprattutto il raggiungimento di un
fine perseguito (Gen 2,2; 6,16); q. essere completo,
giungere a compimento viene usato specialmente
dal Cronista (ICron 28,20 ecc.). Un ampliamento di
718

significato, corrispondente al nostro venir de


ciso, deliberato , si incontra quattro volte (ISam
20*7,9; 25,17; Est 7,7, sempre con r male
come soggetto; diversamente L.Kopf, VT 9, 1959,
284, per klh 'ce/'l in ISam 25,17 e Est 7,7: con
seguire ); cfr. ISam 20,33 dove il sost. kl indica
una cosa decisa ; cos probabilmente anche Es
11,1: quando il suo rilascio una cosa decisa.
Ancora pi frequentemente per la conclusione
accompagnata da una valutazione negativa: pi.
preparare una fine = distruggere , q. perire
(Gen 41,30; Es 32,10.12). In questo senso il verbo
al qal pu indicare iperbolicamente un illanguidi
mento tormentoso che, a seconda del contesto,
consiste principalmente in una brama e in un de
siderio ardente (Sai 84,3; Lam 4,17) o ancora pi
spesso in una oppressione per la mancanza di
qualcosa (Ger 14,6; Sai 69,4); cfr. a questo propo
sito anche Pagg. ktc languido in Deut 28,32,
Il sostantivo verbale kl del tutto privo
dellaspetto temporale; esso nellAT indica soprat
tutto la fine nel senso di distruzione. Solo
una volta viene usato a Qumran per indicare una
fine temporale: 'ti kl senza fine (IQH 5,34
= vtrt. ri q$).

4 / Nelluso teologico spesso il qal ha quasi lo


stesso valore di bel andare in rovina , riferito
alla sorte dei peccatori. 11 pi. ha circa 30x come
soggetto Dio/Jahwe e, con poche eccezioni, ha il
sign. di distruggere , con un complemento og
getto personale. In alcuni casi, principalmente in
Ez, klh pi. ha come oggetto Pira di Dio =
dare compimento allira (Ez 5,13; 6,12; 7,8;
13,15; 20,8.21; Lam 4,11).
kl viene applicato due volte alla parola di Dio
che giunge a compimento (Esd 1,1; 2Cron 36,22;
cfr. Esd 9,1 pi.; cfr. inoltre qum hi. o mV pi.}.
Il verbo (n al qal n al pi.) non viene mai usato
come termine teologico, per esempio per indicare
il giudizio finale, e cos pure le forme nominali.
5/ Per il NT cfr. G.Delling, art. TeXo^, ThW
VIII,50-88
(soprattutto 63-65 per ctuvtsXw). NelPescatologia tardogiudaica e protocri
stiana klh ebbe molto meno importanza rispetto a
q$, il quale si prestava maggiormente a venir
interpretato in riferimento alla fine dei tempi.
G. Gerleman

knf

ALA

1/ La radice *kanap- ala appartiene al semi


tico comune (Bergstr. Einf. 184; P.'Fronzaroli, AANLR VIII/19, 1964, 274.279; ibid. 23,
1968, 283; acc. kappu, AHw 444; ug. knp, WUS
nr. 1345; UT nr. 1273; giaud. e aram. imperiale
knp, DISO 123).
In Is 30,20 si ha un verbo denominativo knp ni. na
scondersi .

719

2/ knf nelle sue diverse forme e sign. ricorre


nelPAT 109x (sing. 38x, duale 66x, plur. fem. 5x;
Ez 26x, IRe e Sai 12x ciascuno, 2Cron lOx, Is 7x).
La maggior parte di tali ricorrenze si trovano nella
letteratura sacerdotale o in altri scrittori interessati
al tempio (Gen 2x, solo P; Es 5x, di cui 4x P; Lev
lx e Num 2x solo P; IRe 6-8 e 2Cron 3,11-13;
5,7s. 22x per descrivere le ali dei cherubini del
tempio; 16x in Ez 1 e 10). Cfr. anche le attesta
zioni postesiliche in Agg, Zac e Mal (in tutto 7x)
contro lx (Os) nei profeti minori preesilici (ls 7x,
di cui 2 non di Isaia; aSvSente ne! Dtis; Ger 3x).
3/4/ a) NelPAT si parla di ali non solo per gli
uccelli (metaforicamente Prov 23,5; per ls 8,8 vd.
i commentari; cfr. Ez 17,3.7), ma spesso anche per
figure mitologiche, come i cherubini con due ali
nominati in Ez e in relazione con Parca (Es 25,20;
37,9; IRe 6 e 2Cron 3) o i cherubini con quattro
ali di Ez (R.de Vaux, MUSJ 37, 1960-61, 91-124;
P.Dhorme - L.H.Vincent, RB 35, 1926, 328-358;
BRL 382-385), i serafini con sei ali a forma di ser
pente (Is 6,2), gli esseri con quattro ali di Ez 1; 3
e 10 (L.Durr, Ezechiels Visions von der Erscheinung Gottes [Ez c. 1 u. 10] im Lichte der vorderasiatischen Altertumskunde, 1917; Zimmerli,
BK XIII,lss. per Ez 1), e le figure di donne alate
di Zac 5,9. Escludendo i cherubini del tempio, os
sia quelli che si trovano nel tabernacolo, le figure
mitologiche alate compaiono solo nei racconti di
visioni. Le ali de! vento menzionate nei testi
innici (2Sam 22,11 = Sai 18,11; 104,3), come pure
i termini sinonimi kerb cherubino (2 Sam
22,11 = Sai 18,11; BHH l,298s.) e b nube (Sai
104,3; nn), designano il carro di Jahwe che
compare nelle epifanie di Dio, e ricordano le ali
del vento del sud nel mito di Adapa ( ANET lOlb;
a questa immagine mitologica allude Os 4,19 in
una sentenza di condanna). Le ali delPaurora
(Sai 139,9) potrebbero corrispondere alle ali bene
fiche del sole di giustizia che dovr sorgere
(Mal 3,20). In questo testo Puso giuridico di sdq,
secondo cui il $addfq che teme il nome del Si
gnore sar salvato nel giudizio finale, si collega
alluso che viene fatto delia radice per indicare la
situazione generale di salvezza. Il collegamento
col sole riprende un antichissimo mitolpgema, in
quanto proprio il dio sole divenuto molto spesso
il custode del diritto e dellordine (H.H.Schmid,
Gerechtigkeit als Weltordnung, 1968,142). Il mo
tivo del sole alato lo si ritrova nellarte figurativa
dellOriente lungo i millenni della sua storia
(O.Eissfeldt, Die Flgelsonne als kunstlerisches
Motiv und als religises Symbol, FF 18, 1942,
145-147 = KS 11,416-419; AOB nr. 307 311.331
333; BRL 338, nr. 3), La questione se limmagine
del rifugiarsi sotto le ali di Jahwe, che compare
soprattutto nelle lamentazioni individuali (Sai
17,8; 57,2; 61,5; cfr. anche Sai 36,8; 63,8; nelPinsegnamento in forma di confessione di Sai 91,4) e
in Rut 2,2, derivi dalluccello che protegge (cfr.
Deut 32,11; ls 31,5; J.HempeL ZAW 42, 1924,
/ ~
knf ALA

720

101-103) o risalga allimmagine di un dio alato


(AOB nr. 35.197.258; F.C.Fensham, Winged
Gods and Goddesses in th Ugaritic Tablets,
Oriens Antiquus, 5 ,1966, 157-164), va risolta a fa
vore della prima alternativa, tanto pi che nella
letteratura ug. non si parla affatto della funzione
protettrice delle ali di un dio. Nonostante Sai 36,8,
non sicuro che con questa immagine si volesse
in origine proclamare lasilo divino pensando alla
protezione esercitata da Jahwe nei santuario e
simbolizzata dalle ali dei cherubini (cosi Kraus,
BK XV v283, al seguito di von Rad 1,416).
Come sinonimi poetici di knf sincontrano: 'bcer ( Ez
17,3 par. knqf\ls 40,31 e Sai 55,7 da solo) e 1cebr (Deut
32,11; Sai 68,14; 91,4; Giob 39,13, sempre par. knf)
ala ; cfr. anche il verbo denominativo 'br hi. spiccare
il volo (Giob 39,26).

b) In senso lato knf indica il lembo del man


tello. Nelluso legale esso viene steso dalluomo
sulla sposa prescelta (Rut 3,9 txt em; Ez 16,8;
A.Jirku, Die magische Bedeutung der Kleidung in
Israel, 1914, 14ss.). 1 fiocchi (sisjt Num I5,38s.;
gpdilim Deut 22,12) ai quattro lembi della veste e
i cordoni violetto-purpurei sovrapposti avevano
forse allorigine un significato apotropaico
(P.Jouon, knf aile , employ figurment, Bibl
16, 1935, 201-204; R.Gradwohl, Die Farben im
AT, 1963, 7ls.; Noth ATD 7,104), ma furono in
terpretati nello jahvismo come mezzi per ricordare
i comandamenti di Dio (Num 15,39-40). Nel di
vieto apodittico di Deut 23,1 e nelPantica serie di
proibizioni del dodecalogo sichemita di Deut
27,20 lo scoprimento del lembo della veste del pa
dre significa il rapporto sessuale con la matrigna
(per divieti simili cfr, Lev 18 e K.Elliger, ZAW
67, 1955, 1-25).
Unito ad h'rce$, knf (pur. cs. fem. kanfot) in
dica i (quattro) angoli, ossia le estremit deila terra
(Ez 7,2; ls 11,12; Giob 37,3; 38,13; sing. Is 24,16;
quindi solo nei testi pi recenti) e viene usato
come lespressione acc. kippat erbetti (AHw 482b),
pur non dipendendo da essa.
5/ Luso linguistico vtrt. prosegue a Qumran
(p.e. ali del vento, lQHf 19,3) e nel NT
(TCTpol; come nei LXX; ali protettrici in Mt
23,37 par. Le 13,34; ali delle figure celesti Apoc
4,8; 9,9; 12,14).
A.S.van der Woude

kTS

STOLTO

1/ Se la radice ks/ originariamente significava


essere grasso, grosso (cfr. arab. kasila essere
pesante ), come si ritiene generalmente (vd. i les
sici), questo significato primario pu in qualche
misura spiegare in ebr. i sign. derivati, che dal lato
semasiologico sono molto differenti tra loro (cfr.
anche J.L.Palache, Semantic Notes on th Hebrew

721 r o a

k 's il

STOLTO

Lexicon, 1959,37); tale sign. primario non si trova


per in ebr.
Al significato corporeo essere grasso si avvi
cina molto kcescel I lombo (Lev 3,4 10.15; 4,9;
7,4; Sai 38,8; Giob 15,27; cfr. Dhorme 132s.; ug.
ks/ lombo , WUS nr. 1357; UT nr. 1280: th
back [ ii dorso ]). Predomina per il senso tra
slto, sia dal lato positivo sia soprattutto dal lato
negativo ( essere pesante > lento >
sciocco/stolto ?; >a,vw7 l), mentre kcscel II in
dica in parte fiducia (Sai 49,14 txt?; 78,7; Giob
8,14; 31,24; Prov 3,26), in parte stoltezza (Ec
cle 7,25), e kisl similmente in parte fiducia
(Giob 4,6), in parte stoltezza (Sai 85,9 txt.?; cfr.
anche Sai 143,9 txt em); invece il verbo kslq. es
sere stolto (Ger 10,8) e il nome kesTlut stol
tezza (Prov 9,13), ricorrenti una sola volta, e so
prattutto il termine kcsU I (vd. st. 3) hanno
senza dubbio un senso negativo; lo stesso vale
per ks!l 11, con cui si indica la costellazione di
Orione come violenta e audace (KBL 447b;
Am 5,8; Giob 9,9; 38,31; plur. Is 13,10; cfr.
Fohrer, KAT XVI,198 con bibliogr.; G.R,Driver,
JThSt N.S. 7, 1956, 1-11). Cfr. anche il nome
personale Kisln (Num 34,21; Noth, IP 227:
pesante ).
Il termine pi importante sia per frequenza sia per
significato kesTl I che significa, talvolta, come
aggettivo, stolto (contro Barth 44; Prov 10,1;
14,7; 15,20; 17,25; 19,13; 21,20; Eccle 4,13; cfr. an
che 5,2, vd. i commentari), ma altrimenti, come
sostantivo, lo stolto . La formazione kesl non c
di derivazione straniera (cfr. BL 471) n aramaismo (cos Meyer 11,28; pi cauto Wagner 122; cfr.
Barth 44; GK 84ao).
2/ interessante vedere come ricorre kesTll: su
un totale di 70 attestazioni esso, ad eccezione di
Sai 49,11; 92,7; 94,8, si trova solo in Prov (49x, di
cui solo 4x in Prov 1-9, e ben 30x nella raccolta
10.1-22,16 e llx nella descrizione dello stolto di
26.1-12) e in Eccle (18x).
Senza considerare la differenza di significato assai
rilevante tra kcscel I (7x) e k sil II (4x), la radice
in tutto ricorre 80x (ksl q. lx, kcscel U 6x, kisl 2x,
kesllt !x).
3/ Il termine kesJ/, il cui significato principale
stolto (agg. e sost.) usato in senso espressa
mente sapienziale. Non chiaro se esso abbia so
stituito il pi antico -nabl stolto (cfr, W.Gaspari, NKZ, 39, 1928, 674s.; G.Bertram, ThW
IV,839 = GLNT VII,731 ); interessante per che
il termine sia usato come aggettivo soprattutto
nella pi antica parte dei Prov, e che come sostan
tivo con larticolo si trovi invece nel pi recente
Eccle (1 lx su un totale di 18x). Vi pu essere qui
un processo semasiologico attraverso cui si tende
ad una sostantivizzazione: kesTl divenuto pian
piano un modello preciso, antitetico a hkm, il
saggio (hkm), rispetto al quale kcsfl loppo
sto pi importante (cfr. U.Skladny, Die altesten

722'

Spruchsammlungen in Israel, 1962, I2.21s.33ss.


50s.60s.; T. Donald, VT 13, 1963, 285-292).
Cosi in SaJ 49,11; Prov 3,35; 10,1; 13,20; 14,16.24; 15,2.
7.20; 21,20; 26,5; 29,11; cfr. 10,23; 17,16; 28,26; inoltre
Eccle 2,14s. 16; 4,13; 6,8; 7,4s.; 9,17; 10,2.12; altri opposti
in Prov (in Eccle predomina hkm): nbn assen
nato (14,33; 15,14) e mbri intelligente (17,10.24;
bin\ *arimi avveduto (12,23; 13,16; 14,8), cfr. an
che skcel saggezza (23,9). Tra i sinonimi vanno ri
cordati: b'ar brutale, sciocco (Sai 49,11; 92,7; cfr.
73,22; Prov 12,1; 30,2) e br q. essere brutale, sciocco
(Ger 10,8; Sai 94,8), ambedue denominativi da beiTr
animale ; in Prov: petjim inesperti (1,22.32; 8,5;
pth), ltfm derisori (1,22; 19,29; cfr. H.N.Richardson, VT 5 ,1955,163-179),nbla stolto ( 17,21;cfr.
W.M.W.Roth, VT 10, 1960, 394-409, spec. 403: nbl
is by his very fate an outcasl [ un proscritto per
suo stesso destino |).

Il discredito che risulta da tali sinonimi, e che cor


risponde alla descrizione canzonatoria dello stolto
in Prov 26,1-12, rafforza limmagine negativa del
A:es//che si riscontra altrove: il keslt non di poche
parole come il saggio , ma la sua bocca rivela la
sua stoltezza (~,a?uv7 3; 12,23; 13,16; 14,7.33;
15,2.14; 18,2; 29,11.20) e il suo cuore falso e cat
tivo (ra"\ 15,7; 19,1; cfr. Eccle 10,2), induce gli
altri alla lite ed rovina e trappola per
lo stesso kesfl (18,6s.; cfr. 10,18). Egli sparge ca
lunnie (10,18), pericoloso per il suo prossimo
(13,20; 17,12), disprezza sua madre (15,20), di
venta fonte di amarezza e dinfelicit per i suoi ge
nitori (10,1; 17,21.25; 19,13). Lo stolto non serve
a nulla (26,6; cfr. v. 10; Eccle 10,15b) e si com
piace di commettere liniquit (Prov 10,23; 13,19).
Egli odia la conoscenza (1,22; 18,2) e si consi
dera saggio (26,5.12; 28,26), ma ci d maggior
risalto alla sua stoltezza.
4/ Limmagine del tutto negativa del kesl ha
anche una configurazione e un valore teologico; lo
si nota gi nellantitesi sapienziale tra kes/l e hikm, tanto pi che essa corrisponde allopposi
zione fra ras" malvagio - a cui simile io
stolto - e addq giusto (vd, p.e. Prov
10,23; 15,7; Skladny, l.c., 12,21ss.), ma lo si nota
soprattutto nelle conseguenze fatali del comporta
mento e delazione dello stolto . Non solo (da
un punto di vista sociale) egli riceve ignominia
anzich onore (3,35; cfr. 26,1.8; anche 19,10) ed
pericoloso per il suo prossimo (vd. sp. 3), ma di
strugge anche se stesso: la sua bocca per lui ro
vina e trappola (vd. sp. 3), la sua stoltezza in
ganno {mirma 14,8), la sua sicurezza ambigua lo
distrugge ( 1,32 'bd pi.: cfr. 14,16b). Si pu esortare
lo stolto a correggersi (8,5), ma pi spesso si
dice che tale invito inutile, poich lo stolto
legato senza via di scampo alla sua stoltezza
(cfr. 14,24; 17,10.16; 23,9; 26,11). La sua stol
tezza cos una sinistra potenza di perdizione e
come tale viene anche personificata come donna
stoltezza (9,13 kesflt\ cfr. G.Bostrm, Proverbiastudien, 1935; G.von Rad, Weisheit in Israel,
1970, 217ss.)723

5/ Nei LXX kesl viene reso soprattutto con


a">p6)v, pi raramente con
e o . ' tt. voca
boli, cfr. G.Bertram, art. cpp^v? ThW IX,216-231;
id., art. fjup^, fh W IV,837-852 (= GLNT
VII,723-766), dove viene esposto il significato che
il termine possiede per il giudaismo e il NT (cfr.
anche W.Caspari, NKZ 39, 1928, 668-695;
U.Wilckens, Weisheit und Torheit, 1959).
M.ScEbo

D in k s ADIRARSI
1/ Il verbo non possiede corrispondenze etimo
logiche sicure al di fuori delfebr. e deiraram.
(aram. imperiale: Ah. 189 ks part. q. luomo
corrucciato si sazi di pane, AOT 462; aram.
giud.: Dalman 204b; Jastrow 1,656). Spesso si ri
corre allarab. kasi'a essere atterrito (p.e. 1CBL
449a), ma tale relazione incerta. La radice denota
sempre uno stato danimo turbato (J.Scharbert,
Der Schmerz im AT, 1955, 32-34). Oltre al verbo
(q., pi., hi.) si trova anche il sost. ka'as affli
zione (in Giob viene scritto k'os).
2/ kLs qal si trova 6x, pi. 2x, hi. 46x (Ger llx ,
IRe lOx, 2Re 7x, Deut 5x); kLas/kas compare
25x. La radice manca in Gen-Num, Am, Is, Dtis,
ma gode di una particolare preferenza nella lette
ratura dtr. e in quella che da essa dipende; co
nosciuta da Os, Ger ed Ez ed anche dai testi sa
pienziali.

3/ a) Al qal il verbo significa agitarsi, adi


rarsi . Termini paralleli (in 2Cron 16,10 con cel
a causa di ; in Eccle 7,9 assieme a riffa spirito )
sono hrh q. esseie in collera (Num 3,33)
e hrq q. sirmim digrignare i denti (Sai 112,10);
in questultimo testo le due espressioni descri
vono (nel salmo sapienziale) la sorte deHempio.
Termine opposto a k's sqt qal calmarsi (Ez
16,42). In Eccle 5,16 invece del verbo bisogna leg
gere il sostantivo.
Il pi. ha i! sign. d far adirare, affliggere ; esso
viene usato una volta per le relazioni con il pros
simo (ISam 1,6) e una volta per il rapporto tra
Israele e Dio (Deut 32,21 par. qrC pi.; vd. st. 4).
Lhi. ha le stesse accezioni e gli stessi usi del pi.
(cfr. Jenni, HP 68-70): afflizione fra persone
(ISam 1,7) e afflizione che Israele provoca a Dio
(Os 12,15 e spesso negli scritti dtr., vd. st. 4). Una
volta Jahwe il soggetto del verbo: secondo Ez
32,9 Jahwe sgomenta il cuore di molte nazioni
con la rovina che fa cadere sullEgitto; vengono
usati qui anche altri termini, come smm hi. riem
pire di terrore e (da parte dei terrorizzati) sV at
terrire , lird tremare . 11 verbo indica quindi
unemozione molto intensa.
b) Il sost. k'as viene unito talvolta al verbo come
rafforzativo (ISam 1,6; IRe 15,30; 2Re 23,26).
OJJD k's ADIRARSI

724

Anchesso indica l'afflizione nei riguardi del pros


simo (ISam 1,6) e pi in generale la disperazione
(ISam 1,16 par. sfah dolore). Questo signifi
cato sincontra nelle varie forme della lamenta
zione: il ka'as uno dei pesi che Forante deve sop
portare (Sai 6,8; 10,14 par. "amai tormento ).
Anche il linguaggio di Giob 6,2; 17,7 quello della
lamentazione individuale (in 6,2 txt em par.
haww sventura ).
AlPopposto si pu parlare del ka'as di Dio che si
rivolge contro Israele (secondo lunica attesta
zione Deut 32,27 anche attraverso il nemico). Il
lamento del popolo supplica che lo sdegno divino
abbia fine (Sai 85,5; cfr. anche Giob 10,17 nella la
mentazione individuale). Quando si ricorda il rap
porto che esiste tra il ka'as divino e il comporta
mento umano sempre evidente un influsso dtr
(Deut 32,19; IRe 15,30; 21,22; 2Re 23,26; Ez
20,28; inoltre vd. st. 4).
La letteratura sapienziale vede in ka'as una pas
sione pericolosa: lo stolto ucciso dal suo ka'as
(Giob 5,2 par. qrC collera ), mentre il saggio lo
sa nascondere (Prov 12,16). Con ka'as non si in
dica solo lo stato danimo soggettivo, ma anche
ci che obiettivamente lo produce. Il figlio stolto
perci un k'as per il padre (Prov 17,25 par. mcmcer dispiacere ) e lo stolto lo per il saggio
(Prov 27,3); anche una donna pu diventare un
ka'as (Prov 21,19).
c) Per le radici sinonime, soprattutto \s6 q./pi. contri
stare (q. IRe 1,6; ls 54,6; lCron 4,10; pi. Is 63,10 essi
contristarono il suo santo spirito; Sai 56,6 txt?; ni.
farsi del male, contristarsi 7x; hi. irritare Sai
78,40; hitp. sentirsi irritato Gen 6,6; 34,7; inoltre di
verse derivazioni nominali, tra cui lascebcet dolore
5x) ejgh hi. contristare (Is 51,23; Giob 19,2; in Lam
1,5.12; 3,32 con soggetto Jahwe; cos pure Lam 3,33 pi ;
ni. part. Sor3,18 txt?; Lam 1,4Jgn afflizione 14x;
tuga afflizione 4x), si veda Scharbert, l.c., 27-32.35s.
( jgh esprime semplicemente un profondo turbamento
interiore ed accenna ad un comportamento passivo
dellinteressato...
verbo transitivo, kls intransitivo.
Con ksb ci si riferisce ad un fatto offensivo obiettivo, di
natura spirituale o corporale, ma, a seconda del contesto,
si esprime anche la rassegnazione o il senso di difesa che
ne derivano, ossia lira; kLs invece indica direttamente lo
stato danimo, il cattivo umore, l'irritazione e la forte in
clinazione al lira, ma pu anche risalire, a seconda de!
contesto, alla causa di questo stato danimo, ai senti
menti di ostilit, alla stoltezza o al dolore interiore , l.c.,
35s.).*

4/ Un particolare significato teologico si ha


nelluso deuteronomistico, dove questo verbo
(allhi., una volta al pi.) descrive un comporta
mento errato delPuomo nei confronti di Dio e la
reazione di quest'ultimo. Questo tema dtr. gi in
Osea (Os 12,15: Efraim lo ha provocato amara
mente, perci il suo Signore gli far cadere ad
dosso il sangue versato e lo ripagher del suo ol
traggio ; il verso conclude la serie dei detti di
12,1-15, dove si ha unaccusa che contiene tutti gli
elementi della teologia di Osea, in antitesi con la
religiosit cananaica dominante). Quello che in
725

0 U 2 k's ADIRARSI

Osea viene detto in maniera originale, nella teolo


gia deuteronomistica assume una formulazione
fissa; i motivi per i quali Jahwe pu affliggersi
sono diversi: il servizio di altri dei (Giud 2,12; IRe
22,54; 2Re 17,11; 22,17), il fare delle immagini di
Dio (Deut 4,25; IRe 14,9 e delle asere ( 1Re 14,15;
16,33), il costruire santuari sulle alture (2Re
23,19), oppure, pi genericamente, azioni che
provocano lo sdegno di Jahwe, peccati ecc.
(Deut 9,18; 31,29; IRe 15,30; 16,2.7; 2Re 17,17;
21,6 ecc.).
Tutti questi motivi si concentrano nel primo e nel
secondo comandamento, il nucleo essenziale della
teologia dtr.; le trasgressioni sono ritenute offese
deliberate di Jahwe, che lo provocano alPira. Men
tre i passi del Deut mettono in guardia contro
un tal modo di fare, nei libri dei Re si descrive tal
volta come si esplica lindignazione di Jahwe
(IRe 16,2.7.13; 2Re 17,11.17; 21,15 con il loro
contesto).
Geremia si rifa alla medesima concezione. La
maggior parte dei passi di Ger potrebbero essere
attribuiti alla redazione dtr., tuttavia si trovano
due testi originali: in Ger 7,18s. il profeta riflette
su che cosa significhi propriamente per gli uomini
offendere Dio (con il culto degli dei) e con
clude che gli israeliti con unazione cosi umiliante
in realt hanno offeso se stessi. Un modo corrente
di esprimersi viene cos interpretato dal lato antro
pologico. Anche la liturgia profetica a cui si ac
cenna in Ger 8,18ss. potrebbe essere autentica.
Lespressione provocare alPira Jahwe con imma
gini e idoli stranieri , pur essendo una formula
dtr. (8,19), rappresenta qui una contrapposizione
critica alla tradizione del tempio di Gerusalemme,
nota a Geremia (p.e. Ger 7), ma non alla lettera
tura dtr. Ger 11,17; 25,6s.; 32,29s.32; 44,3.8 vanno
attribuiti alla redazione dtr. del libro.
Anche in Ezechiele si ritrova il medesimo modo
d'esprimersi. In Ez 16,26 la formulazione e il
senso si rifanno completamente alluso dtr. (si
tratta degli dei stranieri e del culto della natura);
diverso il caso di Ez 8,17: Poffesa di Dio
viene descritta nel suo contenuto con espressioni
del linguaggio sacerdotale e cultuale (t'b of
fesa cultuale ) e del linguaggio giuridico (hms
ingiustizia ).
Anche altri testi^ usano Pespressione col legandosi
alla concezione dtr.: Sai 78,58 (par. qn hi.);
106,29; praticamente si tratta delladorazione degli
dei stranieri, come in 2Cron 28,35; 33,6; 34,25; in
Neem 3,37 loffesa di Dio non consiste nel
culto degli idoli, ma nellopposizione al piano di
Jahwe. Infine la liturgia profetica di ls 64s., di
stampo dtr., usa Pespressione in 65,3 nella risposta
di Jahwe al lamento del popolo; anche qui si tratta
in realt di un culto idolatrico.
Non si pu delineare con facilit la storia del tema
dell offesa di Dio . evidente che questo tipo
di affermazioni noto ai profeti (Os - Ger - Ez;
negli ultimi due la formulazione non sempre
dtr.); daltra parte il tema si ambienta bene nella
726

teologia dtr. Tuttavia bisogna notare a questo pro


posito che nel Deut stesso lespressione rara,
mentre pi frequente nella rielaborazione dtr.
(pi recente) dei libri dei Giudici e dei Re. Forse
si pu concludere che il tema proviene dagli am
bienti profetici (del regno del nord), e che a un
certo punto stato fatto proprio dalla teologia dtr.
5/ Nei giudaismo tardivo e nel NT non si in
contra pi laffermazione teologica delf offesa di
Dio, come labbiamo delineata sopra. Suben
trano in primo piano altre concezioni vtrt.
dell ira di Dio : cfr. O.Grether - J.Fichtner, art.
py^ThW V,392-410 (= GLNT VIII,1103-1151),
ESjberg - G.Stahlin, ibid. V,413-448 (= GLNT
111,1161-1254),
F.Stolz

H33 kpr pi. ESPIARE


1/ a) Sulla derivazione e sul significato del
verbo esistono numerosi studi. Tra i pi recenti
sono particolarmente ampi: D.Schtz, Schuldund Sndopfer im AT, 1930, 102-106; J.Herrmann, Shne und Shneformen im AT, ThW
111,302-311 = GLNT IV,956-978 (cfr. id., Die Idee
der Shne im AT, 1905, 37-57); J.J.Stamm, Erlosen und Vergeben im AT, 1940,59-66; L.Moraldi,
Espiazione sacrificale e riti espiatori nelfambiente
biblico e nelPAT, 1956, 182-221; S.Lyonnet, De
notione expiationis, VD 37, 1959, 336-352; 38,
1960, 65-75 (su kpr pi.: 37, 1959, 343-352);
K.Koch, Die isr. Suhneanschauung und ihre historischen Wandlungen, 1956; Elliger, HAT
4,70s.
b) Le spiegazioni etimologiche che si sono propo
ste risalendo ad un termine non ebraico oppure
analizzando le attestazioni bibliche, non sono an
cora giunte a risultati soddisfacenti. Non si an
cora in grado di decidere tra due possibili deriva
zioni da unaltra lingua semitica, ossia tra facc.
kuppuru estirpare, cancellare e anche purifi
care (cultualmente) (AHw 442s.) e farab. kfr
coprire, occultare (WKAS 1,261-264; Lane
I/7,2620s.). Nel senso di espiare il termine
stato comunemente usato in arabo solo a partire
dal periodo islamico. La maggior parte degli stu
diosi suppongono una parentela tra kpr pi. e l'arab.
kfr coprire ; essa si baserebbe allora sulla conce
zione che i peccati vengono coperti (cos anche
Wildberger, BK X,253 per Is 6,7), oppure che il
peccatore viene protetto contro lazione esercitala
da quella sfera formata dalla stretta associazione
tra peccato e disgrazia (Elliger, HAT 4,71). La de
rivazione dallacc. kuppuru solleva obiezioni, poi
ch si ritiene che essa non sia provata a sufficienza
dai testi dellAT (secondo Stamm, l.c., 62, chiaro
a questo proposito sarebbe solo il passo di Is 28,28,
che per problematico; vd. st. 3g); tuttavia il ma
teriale di paragone sarebbe molto pi abbondante,
727

se si considerasse di pi anche lidea di purifica


zione presente in kpr pi.; secondo Lev 14,19;
16,18s.; Ez 43,26 ecc. P espiazione anche una
purificazione (ci viene posto in risalto in modo
particolare da Moraldi, l.c., 184-192, in un appro
fondito paragone con le concezioni babilonesi).
Come prove pi evidenti a sostegno del significato
primario coprire vengono spesso citati Gen
32,21 (soprattutto in paragone con Gen 20,16) e
Ger 18,23 (Neem 3,37). Da Gen 32,21 (Giacobbe
vuole espiare il volto di Esa) si potrebbe per
trarre un argomento contro il significato di co
prire : il verbo infatti potrebbe non avere qui tale
significato, poich subito dopo si dice che Gia
cobbe vuol vedere il volto di Esa (cfr. J.Her
rmann, ThW 111,304 = GLNT IV,960s.). Ci di
mostra comunque come sia problematico risalire
ad un significato originario. E interessante notare
che Neem 3,37 cita Ger 18,23 sostituendo kpr pi.
con il verbo ksh pi. ricoprire .
Una terza possibilit consiste nel far derivare il
verbo dallantico sost. kfeer (danaro del) ri
scatto o sim. (vd. st. c), ma una tale etimologa
viene di solito scartata, soprattutto perch kfeer
non ha nulla a che fare con l'ambito cultuale e va
considerato anzi una derivazione secondaria da
kpr pi. (prima che questo si fissasse nellambito
cultuale).
1testi di Ras Samra non sono stati finora di nessun aiuto
per letimologia di kpr pi. (UT nr. 1289; WUS nr. 1369:
kpr alcanna(?)). Anche nei testi del semNO. il senso
non chiaro (DISO 126). Nei testi tardivi medioebraici
e giudaico-aramaici predominano le concezioni dellAT,
come pure nellarabo islamico.

c) Da kpr pi. espiare deriva il sost. kippurim


espiazione, che si limita a P (Es 29,36;
30,10.16; Num 5,8; 29,11 e in jm kippurim
giorno dellespiazione Lev 23,27.28; 25,9;
come in questespressione tecnica e tranne che in
Es 29,36 per lespiazione , kippurim si trova solo
in catene costrutte: sacrificio espiatorio, de
naro/capro del lespiazione ).
kfeer, derivato anchesso da kpr pi., viene usato
gi nel codice delfalleanza e da Amos; un ter
mine del diritto civile e significa risarcimento,
riscatto (Es 21,30; 30,12; Num 35,3ls.; Is 43.3;
Sai 49,8; Giob 33,24; 36,18; Prov 6,35; 13,8; 21,18)
oppure danaro di corruzione (ISam 12,3; Am
5,12).

Resta anche problematico il far risalire kapprcet a


kpr pi. NellAT kapprcet un termine particolare
che indica la lastra con due cherubini che stava
sullarca, in tutto 27x e, se si esclude ICron 28,11,
solo in P (Es 25-31; 35-40; Lev 16 e Num 7,89).
Sembra che in origine non fosse il coperchio
dellarca (Es 25,17.21), ma un oggetto sacro indi
pendente (in Re 8 non se ne fa menzione).
d) Unaltra radice kpr negli apaxlegomena kfeer
asfalto e kpr qal ricoprire d'asfalto di Gen 6,14, i
quali hanno i loro esatti equivalenti in acc. (anche in
Gilg. XI,65, da cui Gen 6,14 in qualche modo dipende):

~)ED kpr pi. ESPIARE

728

kapru II rivestire dasfalto (AHw 443a), derivato dal


sostantivo kupru asfalto (AHw 509).
In ararn. esiste unaltra radice kpr, a cui risalgono senza
dubbio kqfar (Cani 7,12, cfr. Gerleman, BK XVIII,207;
lCron 27,25) e kqfier( ISam 6,18) villaggio (cfr. Wa
gner nr. 134/135). kdfeer nel significato alcanna(sia il
fiore che la pannocchia: Cant 1,14; 4,13; cfr. il tedesco
Cypemblume e Gerleman, BK XVIII, 11ls.) va po
sto in relazione con xu7rpo<;. Ricordiamo infine che il
problema detletimologia di kpr pi si estende anche a
kefr leoncello (V ; ricoperto della criniera ?),
kefbr coppa (Esd 1,10; 8,27; lCron 28,17) e kcfbr
brina (Es 16,14; Sai 147,16; Giob 38,29).

2/ Il verbo kpr compare nel canone ebraico


lOlx, 92x pi. (Lev 49x, Num 15x, Es 7x, Ez 6x),
7x pu. (Is 4x) e lx hitp. (ISam 3,14) e nitp. (Deut
21,8). I 3/4 circa delle ricorrenze si trovano in P
(70x pi., 2x pu.); le altre sono in Ez (6x), Is (5x,
pi. solo 47,11), Deut, Sai e Cron 3x ciascuno, Elo
hista (Gen 32,21; Es 32,20), l/2Sani; Prov 2x cia
scuno, Ger, Dan e Neem lx. La proporzione tra i
testi preesilici e quelli esilici e postesilici quindi
di 1 a 10.
3/ kpr pi. nel significato di espiare ha sem
pre nelPAT un significato terminativo ( non
mai adoperato per descrivere qualcosa che si sta
compiendo, ma sempre in vista del risultato da ot
tenere , Jenni, HP 241). Dobbiamo trattare anzi
tutto della costruzione grammaticale del verbo (a),
quindi del suo uso nei testi sacerdotali (b-e), in Ez
(f) e nei rimanenti testi (g).
a) In P il verbo viene costruito 53x con al. Sog
getto di solito il sacerdote; la preposizione si ri
ferisce nella maggior parte dei casi ad un singolo
o ad un gruppo in quanto oggetto dellespiazione
e corrisponde - se kpr pi. viene reso con operare
unespiazione - allitaliano per (GK 119bb;
BrSynt 106s.).
Nella frase il sacerdote compir per lui lespiazione ,
ricorrente 12x(Lev 4,26.31.35; 5,6.10.13.18.26; 14,18.20;
15,15; 19,22) e in quella che segue e gli verr perdo
nato , R.Rendtorff, Studien zur Geschichte des Opfers
im Alten Israel, 1967, 230, vede la forma fondamen
tale del rituale della pattai e di quello tW'asm.
In P kpr pi. "al viene collegato 6x con laltare (Es
2936.37; 30,10.10 {corni delPaltare^e altare]; Lev 8,15;
16,18), una volta con il tempio (qddtp's e hcel m'd,
Lev 16,10) e una volta con la casa purificata dalla lebbra
(Lev 14,53). In l>ev 16,10 si ordina di collocare vivo da
vanti a Jahwe il capro per Azazel, per compiere lespia
zione per esso (il capro espiatorio!); ci per non d
senso (Elliger, HAT 4,201 ). S potrebbe eventualmente
intendere per compiere i riti espiatori su di esso , ma
sarebbe insolito quanto a forma e quanto a contenuto^ in
genere il passo viene tralasciato.
Pi raramente P costruisce kpr con altre preposizioni',
con b'ad per (6x), con be e cet (ciascuna 3x), op
pure senza oggetto (5x).

La costruzione kpr aI non prevale in nessun altro


testo o gruppo di testi. Si pu trovare indifferen
temente luna o laltra costruzione e non possi
bile stabilire alcuna coerenza, anche perch le ri
729

kpr pi. ESPIARE

correnze sono molto scarse, bench sia interes


sante constatare che un passo di Neem e due di
Cron hanno la medesima formulazione, e che E
usa solo il coortativo, Is (eccetto Dtis, 47,11) solo
il pu. Anche il tentativo di fissare unet alle di
verse costruzioni incontra difficolt.
b) La fomula il sacerdote compie Pespiazione

per lui (perf. consecutivo -I-al) costituisce parte


fissa delle norme per i sacrifici espiatori di Lev 4,1
- 5,13. Si deve offrire il sacrificio se qualcuno ha
inavvertitamente peccato contro un comanda
mento (o un divieto) di Jahwe (4,2). La legge re
gola la cerimonia per quattro casi di colpa: del
sacerdote unto (= sommo sacerdote) (4,3-12),
della comunit di Israele (4,13-21), del capo (4,22
26) e di tutti gii altri israeliti (4,27-35); tre appen
dici contengono istruzioni per colpe minori (il ta
cere o il parlare inconsulto e la contaminazione
contratta senza avvedersene, 5,1-6), per poveri
(5,7-10) e poverissimi (5,11-13). Le ultime 5 di
queste 7 pericopi terminano con la formula citata,
cui segue e gli verr perdonato (nella seconda
pericope, conformemente al senso, viene usato il
plur. al posto del sing., 4,20; nelle prescrizioni per
la hail't del sommo sacerdote la frase manca).
La cerimonia si svolge cos: offerta delfanimale (bue, pe
cora o Capra; per i poveri due colombe o vegetali) alfingresso della tenda, imposizione delle mani e uccisione
(da parte del sacrificante), settuplice aspersione di san
gue davanti a Jahwe allingresso del santuario e co
spersane del Tal Lare dei profumi con sangue, e versa
mento del resto del sangue alla base dellaltare dei sacri
fici, separazione e combustione del grasso ed estromis
sione del cadavere dalPaccampamento (il tutto com
piuto dal sacerdote). Se tutto si svolto secondo le
norme, il sacerdote ha compiuto Pespiazione per il
sacrificante, e gli verr perdonato .

Da questa serie di prescrizioni non si pu ricavare


quali idee avessero sul processo del Pespiazione il
legislatore, il sacerdote e il sacrificante. Le ipotesi
recenti, che si contraddicono tra loro, dimostrano
soltanto che il testo non si presta a ci che gli si
vorrebbe far dire. Il waw consecutivo in w*kppcer
non ha il senso di mediante ci , il che potrebbe
significare che il compimento del rito secondo la
legge opera da solo Pespiazione. Quanto ai riti
vengono fatte ai poveri le pi larghe concessioni;
nel sacrificio dei poverissimi manca persino il rito
de! sangue (5,11-13). Ci indica che non si crede
in unespiazione ex opere operato. Non si deve
neppure dedurre dal testo che il sacrificante trasfe
risca i suoi peccati sulPanimale con limposizione
delle mani, e lanimale muoia al suo posto (cosi
P.Volz, ZAW 21, 1901, 93-100; K.Koch, EvTh
26, 1966, 217-239). Oggi il rito viene in genere
spiegato diversamente: il sacrificante deve essere
stimolato ad una partecipazione personale
(B.J.van der Merwe, The Laying on of th Hands
in th OT, OuTWP 1962, 34-43); il gesto una
conferma solenne che questo animale sacrificale
viene veramente da lui, dal sacrificante (R.de
Vaux, Les institutions de PAncien Testament, II,
730

I960, 292); sulla discussione antecedente cfr.


E.Lohse, Die Ordination im Sptjudentum und
im NT, 1951, 23s. Daltra parte non si dice che si
debba richiedere umiliazione, pentimento o con
versione da colui che deve espiare; si suppone
per che costui abbia riconosciuto la sua colpa.
Lespiazione (e il perdono) dipende da Dio: lo con
ferma tra laltro lespressione pi volte ripetuta
davanti a Jahwe (e il passivo gli verr perdo
nato , slh)\ cfr. H.Thyen, Studien zur Siindenvergebung... 1970, 34s.
c) La costruzione kpr perf. pi. aI compare ancora
quattro volte nelle prescrizioni per dichiarare pu
rificato chi guarito dalla lebbra (Lev 14,18.20 e
14,19.31). Nella complicata procedura di Lev 14,120 vengono prescritti 16 riti diversi; i pi impor
tanti sono: luso del sangue e delfolio, le ablu
zioni, la rasatura totale, il sacrificio (thr). La pericope termina con la frase cosi il sacerdote com
pir per lui lespiazione, ed egli sar puro . Anche
la malattia della lebbra esige quindi espiazione
(Moraldi, l.c., 203-209, scorge lidea di purifica
zione anche in P e in Ez). La maggior parte di que
sti riti non suppongono per nulla una sostituzione.
Anche chi guarito dalla gonorrea tenuto alla
abluzione e al sacrificio: cos il sacerdote compie
per lui lespiazione per la sua gonorrea (Lev
15,15); chi ha un rapporto sessuale con una
schiava riservata ad un altro deve offrire il sacri
ficio di un montone per compiere lespiazione
(Lev 19,22); il nazireo, vicino al quale morto
qualcuno allimprovviso, ha peccato a causa
del cadavere e deve far operare lespiazione me
diante rasatura, sacrificio di espiazione e olocausto
(Num 15,25).
d) Prescindiamo per ora da Lev 16 e 17,11 e
diamo uno sguardo alle forme dellimperfetto, in
finito e imperativo con a! dei testi sacerdotali. Da
Lev 5,16 si ricava senza dubbio che la necessit di
una compensazione ha una parte importante
nel lidea di espiazione. Chi inavvertitamente si
reso colpevole contro cose sacre deve offrire un sa
crificio di un montone e compensare lappropria
zione indebita maggiorata di un quinto. Lo stesso
dovere si ricorda in Num 5,7.8. Liberazione dal
peccato, purificazione ed espiazione sono le condi
zioni richieste per il servizio dei leviti (Num 8,21);
Aronne opera lespiazione per il popolo con fuoco
preso dallaltare e messo nel suo incensiere (Num
17,12), come gli aveva ordinato Mos (Num
17,11); Finees ha procurato espiazione per il po
polo con la sua lancia (Num 25,13). Linfinito con
al si trova in Lev 1,4 (aggiunta alla legge degli
olocausti, spesso tralasciata), 8,34 e 10,17 (per i
doveri cultuali dei sacerdoti, con i quali viene ope
rata espiazione per i sacerdoti stessi e per la comu
nit), 14,21.29 (precisazioni che riguardano chi si
deve purificare, e che operano anchesse una com
pleta espiazione), 23,28 (riconciliazione nel giorno
dellespiazione, vd. st. 0, Num 8,12.19 (i levili ri
731

cevono espiazione mediante il sacrificio per i pec


cati e lolocausto e debbono operare espiazione per
gli israeliti con il loro servizio della tenda del con
vegno), Num 15,28 (sacrificio di una capra per
colpe contratte inavvertitamente), 28,22.30 e 29,5
(sacrificio di un montone per lespiazione nella fe
sta della pasqua, dei primogeniti e del nuovo
anno). al rtcfces per la vita compare inoltre in
Es 30,15.16 (tassazione personale, in occasione del
censimento, per lespiazione della vostra vita ;
Beer, HAT 3,148, ritiene lespressione unag
giunta secondaria; cfr. per E.A.Speiser, Census
and Rjtual Expiation in Mari and Israel, BASOR
149, 1958, 17-25), Num 31,50 (i capi, in ricono
scenza [! J per il fatto che nella battaglia coi madia
niti nessuno caduto, portano unofferta rituale
rqorbn]costituita da gioielli in espiazione per la
nostra vita ). Che con lespiazione s intenda con
sacrare e santificare per Jahwe, oltre che ristabilire
una relazione con Dio che era stata interrotta, ri
sulta chiaro dalle prescrizioni espiatorie per lalta
re (Es 29,36s.; 30,10; Lev 8,15; 16,18); anche il
santuario e la tenda, pur non essendo respon
sabili dellimpurit e dellinfedelt degli israeliti,
debbono essere soggetti ad espiazione (Lev
16,16); lo stesso vale per la casa purificata dalla
lebbra (Lev 14,53).
kpr pi. con bad per oltre che in Lev 16 (4x, vd. st.
e) si trova solo due volte in Ixv 9,7 (al di fuori di P solo
in Ez 45,17); P in tutti i passi usa questa costruzione

solo per lespiazione dei sacerdoti e del popolo. Con be


con, mediante kpr pi. si trova in Lev 7,7 (con
esso , ossia con il sacrificio espiatorio), 17,11 b (vd. st. e)
e al perf. pu. in Es 29,33 (i sacerdoti hanno ricevuto
espiazione mangiando ci che riservato a loro nel sacri
ficio di investitura), kpr pi. con cet si trova solo 3x in P
in Lev 16 (vd. st.), kpr senza oggetto in Lev 6,23 (tut
tavia la frase afferma che si espia con il sangue del sacri
ficio espiatorio), Num 35,33 (impf. pu,; per la terra non
si pu compiere nessuna espiazione, se non con il san
gue di colui che ha versato sangue) e tre volte in Lev 16
(v. 17a.27.32).

e) In Lev 16 kpr pi. compare 16x (v.


6.10.11.16.17a.b. 18.20.24.27.30 32.33aap.b.34).
singolare il mutamento continuo di costruzione
(anche allinterno dei diversi strati che vi si pos
sono riconoscere, per esempio i tre di Elliger): 6x
con a!, 4x con b'ad, 3x con ycet e 3x senza og
getto. I vv. 1-19 dicono come si deve svolgere il
rito espiatorio. Aronne deve presentare un toro
per il sacrificio espiatorio e un montone per lolo
causto, il popolo due capretti per il sacrificio espia
torio e un montone per lolocausto. Con lofferta
del toro Aronne ottiene espiazione per s e per la
sua casa (v. 6.11). Tra i due capretti si stabilisce
con la sorte quale per Jahwe e quale per Azazel
(v. 7s.). Per operare espiazione per lui al v. 10
viene per lo pi considerato secondario (vd. sp. a).
Aronne deve poi offrire incenso nel Santo dei
Santi (cfr. Num 17,12), e con il sangue del suo
toro e con quello del capro della hatt't de! popolo
deve aspergere sette volte la kapprcet (v, 12-15);
cos egli opera espiazione per il santuario e per la
nSD kpr pi. ESPIARE

732

tenda del convegno (v. 16). Nessuno alFinfuori di


lui deve trovarsi nel santuario durante questa ce
rimonia; egli opera espiazione per s, per la sua
casa e per tutta la comunit di Israele (v. 17). Me
diante la cerimonia del sangue egli opera poi
lespiazione anche per l'altare degli olocausti (v.
18), purificandolo e santificandolo (v. 19). Segue
infine lespulsione del capro espiatorio nel deserto
(v. 20-28). All'inizio di questa pericope si constata
espressamente che la cerimonia di espiazione
conclusa. Il rito dell'invio del capro nel deserto
quindi staccato dal resto. Il v. 24 parla dellespia
zione di Aronne e del popolo mediante i due olo
causti, e al v. 26 con le norme sull'espulsione del
cadavere si parla ancora una volta retrospettiva
mente del potere espiatorio della hattU; ai versi
29-34 ( redazione finale ) si parla in sintesi dei
riti espiatori; qui c in pi il precetto della umi
liazione {nh l pi.) e della totale astensione dal
lavoro in questo giorno di espiazione (v. 29.31).
Il testo non d alcun motivo di vedere nellespul
sione del capro unespiazione ottenuta mediante
un animale con funzione di rappresentanza; si
tratta di un rito di eliminazione che si incontra
spesso nellAT ( Lev 14,7.53; Zac 5,5-11) ed evi
dente anche nei rituali di sostituzione ittiti
(H.M.Kummel, Ersatzrituale fiir den hethitiscen
Knig, 1967, 191-195 ecc.; id., ZAW 80, 1968,
289-318, specialmente 310s.). Lazione espiatoria
ha il suo punto culminante nellaspersione della
kapprcet (v. 14-16) e dellaltare (v. 18s.) con il
sangue degli animali.
Il significato fondamentale dell'uso del sangue nei
riti espiatori viene spiegato in Lev 17,11: la vita
della carne nel sangue, e io stesso ve lho dato
per il servizio dellaltare, affinch operiate espia
zione per voi stessi; poich il sangue che opera
espiazione mediante la vita (il discorso di Jahwe
in prima persona, che interrompe lo stile legisla
tivo, segno di un ampliamento secondario e
omiletico; cfr. H.Reventlow, Das Heiligkeitsge
setz, 1961,47). In questo testo la frase spiega il di
vieto di mangiare il sangue; le motivazioni sono
due: (1) nel sangue risiede la vita, (2) il sangue e
la vita che risiede in esso sono destinati a scopi
espiatori; la prima di queste motivazioni pu an
cora manifestare il tentativo di frenare una ten
denza primitiva ad assimilarsi ad una vita estra
nea; la seconda idea, e cio che il sangue (sog
getto!) espia mediante la vita (banncfces), vuole
chiarire il processo di espiazione. Con questo per
non si ha ancora una base sufficiente per capire il
senso dellespiazione delfantico Israele. Le varie
azioni di espiazione descritte nelPAT non confer
mano quanto detto in Lev 17,11; da esse infatti
non si pu dedurre che con il rito del sangue si vo
glia restituire la vita a Jahwe, per operare in tal
modo l'espiazione. Se questa fosse stata la convin
zione comune, non ci sarebbe stato bisogno di al
cun altro rito espiatorio. Limportanza della ceri
monia del sangue nel lespiazione fuori discus
sione; Lev 17,11 pu essere considerato per solo
733

1D3 kpr pi. ESPIARE

un tentativo di spiegazione insufficiente - pro


babilmente molto tardivo - dellistituzione
dellespiazione dellantico Israele (cfr. al riguardo
D.J.McCarthy, The Symbolism of Blood and Sacrifice, JBL 88, 1969, 166-176, spec. I69s.).
0 A differenza di P, secondo Ez 40-48 anche
minh oblazione e sclcetn sacrificio pacifico
possono essere un sacrificio d espiazione (Ez
45,15.17), e cos pure ol olocausto , che P in
clude espressamente nella legge dellespiazione
solo nel passo di Lev 1,4b B considerato spesso se
condario. Lidea di espiazione si affermata an
cora pi fortemente nel culto. Secondo il pro
getto di costituzione di Ezechiele debbono es
sere espiati l'altare (Ez 43,20.26), Israele
(45,15.17), colui che pecca inavvertitamente e in
consciamente e il tempio (45,20). Per laltare biso
gna operare espiazione nel giorno in cui esso
viene costruito (43,18). Sebbene oltre a kpr pi. si
usino anche /// pi. purificare e (hr pi. mon
dare (43,26), chiaro che si pensa ad un atto di
consacrazione. Non si tratta tanto di purificare o
di mondare, quanto piuttosto di adattare quel
luogo alla santit di Jahwe. L'agente principale
deve essere il bcen-'dm, il (figlio dell) uomo
cui rivolto il discorso; i sacerdoti collaborano. Il
rito fondamentale consiste nel versare il sangue
degli animali sull'altare. Ez 45,13-17 tratta della
terma oblazione fatta al nasi, che in quanto
incaricato del sacrificio deve trarre da essa le of
ferte sacrificali (nasi forse inserzione posteriore,
cfr. Zimmerli, BK XIII,1155). Tutti i sacrifici pro
curano lespiazione di Israele {hatt't e sm non
sono nominati). Ez 45,19 prescrive lespiazione
della casa (tempio) ordinando che si aspergano gli
stipiti con il sangue della hatt't. Al v. 18, nellin
troduzione, si parlava della purificazione del tem
pio nel primo giorno del primo mese; il v. 20 co
mincia: lo stesso farai il sette del mese... (sul
mutamento in nel primo giorno del settimo
mese , in modo che lanno avrebbe due giorni di
espiazione, al primo e al settimo mese, cfr. Zim
merli, BK Xm,l 161) e prosegue: per chi abbia
peccato per errore e per ignoranza, e cos purifi
cherete la casa (del tempio) (probabilmente si
tratta di un'aggiunta).
In Ez 1-39 kpr pi. si trova solo lina volta in 16,63: Dio
con lo stabilire una nuova alleanza eterna (16,60-62)
opera espiazione per il popolo che stato infedele all'al
leanza.

g) Dallesame delle rimanenti 22 ricorrenze se


condo i temi: chi concede lespiazione e mediante
chi o che cosa, per qual motivo e per chi essa
viene operata, si ricava che solo lopera del Croni
sta si adegua al quadro ricavato da P ed Ez (ICron
6,34; 2Cron 29,24; 30,18; Neem 10,34). Lespia
zione concessa da Jahwe (2Cron 30,18), coioro
che agiscono sono i sacerdoti, il mezzo la ceri
monia del sangue, il beneficiario Israele. Par
lando di Ezechia viene sottolineato che egli pro
muove la purificazione del tempio (2Cron 29,5), i
734

sacrifici per i peccati e Pespiazione (v. 21.23s.), e


prega Jahwe di voler concedere espiazione a chi ha
mangiato la Pasqua senza prima purificarsi, tra
sgredendo le prescrizioni (30,18), In ISam 3,14 si
accenna alla possibilit di unespiazione con zcebah sacrificio cruento e mitih oblazione .
Sette testi fanno dell'espiazione unazione esclu
siva di Dio. Non si pensa allattivit umana (ec
cetto che per il pentimento e la conversione), poi
ch essa insignificante. A questo gruppo appar
tengono i tre testi dei salmi. Se la colpa diventa
troppo grande, Jahwe interviene ed espia
(65,4); il fatto che nel seguito del salmo si parli del
tempio e degli atri (come del resto di tutta la crea
zione) non significa che questazione sia un rito
cultuale (cos K.Koch, EvTh 26, 1966, 225s.). Ci
escluso anche in Sai 78,38 ( egli espi la colpa,
poich misericordioso) e 79,9 (liberaci ed
espia le nostre colpe). In questi passi kpr pi. as
sume il senso di perdonare (posto in partico
lare rilievo da J.J.Stamm, Erlsen und Vergeben
im AT, 1940, e S.Herner, Siili ne und Vergebung
in Israel, 1942).
Mos (Es 32,30) vuole ottenere da Jahwe espia
zione (= perdono, cfr. v. 32 ni') per il popolo, a
causa del suo grave peccato. Egli non offre la sua
vita in sostituzione, ma provoca Dio: se tu non
perdoni loro, cancella allora anche la mia vita dal
libro. Vendicandosi di coloro che affliggono
Israele (Deut 32,43) e distruggendo i culti stranieri
(Is 27,9) Jahwe espia la terra del suo popolo
(txt em) e la colpa di Giacobbe. Dan 9,24 parla di
unespiazione escatologica.
Questi due ultimi testi risalgono al tempo dei
Maccabei, il Sai 79 certamente del tempo
delPesiiio o postesilico; la discussione sullanti
chit degli altri passi aperta. Se testimonianze
evidenti dei tempi pi recenti intendono l'espia
zione come atto esclusivo di Dio, allora non
esatta lopinione secondo la quale i rituali
delfespiazione dei testi sacerdotali conterrebbero
* tutto quello che essenziale per capire Pespiazione
dell'epoca postesilica.
Non prendiamo qui in considerazione ls 28,18 wekuppart
perf. consecutivo con oggetto diretto senza 'cet. Il verbo
ha pi o meno il significato di togliere, cancellare
( la vostra alleanza con la morte ). vero che la for
mulazione al passivo, tuttavia il contesto dice che
lunico agente Jahwe. In genere il testo viene mutato
secondo il Targum in wetfar si spezzer (prr ho.).

In quattro testi viene negata la speranza in


unespiazione. Secondo il giuramento di Dio, la
colpa della casa di Eli non pu essere in alcun
modo espiata (ISam 3,14); al profeta viene rive
lato che lorgoglioso disprezzo di Jahwe non verr
espiato (Is 22,14); Geremia prega che la colpa dei
suo persecutori resti inespiata (Ger 18,23); il Deu
teroisaia annuncia a Babilonia che essa non pu
espiare (= eliminare) la sua rovina (hwd) (Is
47,11).
In tre testi antichi la concessione dellespiazione
dipende dalle azioni rituali. Quando si verifica un
735

omicidio di cui non si conosce l'autore, gli anziani


della citt pi vicina devono ammazzare una vi
tella in una valle incolta dove scorre acqua pe
renne (un antico luogo di culto?), devono lavarsi
le mani e pregare Jahwe perch espii il suo popolo
e non gli imputi la colpa (Deut 21,8.8),
Con l'uccisione dei sette discendenti di Saul Da
vide ottiene espiazione e distoglie Pira di Jahwe
dal paese (2Sam 21,3, cfr. v. 14; W.Preiser, che in
uno studio giuridico: Vergeltung und Shne im
altisraelitischen Strafrecht, FS Schmidt 1961, 7
38, esamina anche questo testo, ritiene che il re
cedere della conciliazione privata e la sotto
missione di tutte le azioni espiatorie al diritto pe
nale sacro costituisca uneccezione degna di
nota nelPantico Oriente fp. 38]). Isaia, che teme
la morte perch ha visto da impuro Jahwe, deve
essere espiato con razione taumaturgica del sera
fino (Is 6,7).
Per tre volte nelPAT Pespiazione si verifica tra uo
mini. Giacobbe vuole espiare il volto di Esa
con doni, ossia pacificarlo o rabbonirlo (Gen
32,21); nei Proverbi si trova il detto sapienziale
che si pu espiare (= riparare ) la colpa con la
bont e la fedelt (bhcsced wcey(emce() (Prov 16,6)
e che Puomo saggio pu espiare (= placare)
Pira del re (16,14); si potrebbe pensare che in 16,6
ci sia un riferimento a Dio.
Va notato che nel quarto canto del servo di Jahwe del
Dtis, in cui non viene usata la radice kpr, la sofferenza
vicaria del servo viene designata come sacrificio espiato
rio (1
'sm). Si quindi avvertito il potere espiatorio
della libera sofferenza vicaria; tuttavia questa testimo
nianza piuttosto singolare nelPAT (cfr. G.Fohrer,
Stellvertretung und Schuldopfer in Jes 52,13-53,12 vor
dem Hintergrund des AT und des Alten Orients, Das
Kreuz Jesu, 1969, 7-31).

4/ I risultati pi importanti di questo sguardo


panoramico sulle ricorrenze di kpr nelPAT pos
sono essere riassunti nelle frasi seguenti (rinun
ciando ad ogni tentativo di formulare una precisa
teoria dellespiazione):
0 ) Dio lagente determinante, colui che con
cede Pespiazione. - Ci non viene detto espressa
mente nei rituali espiatori dei testi sacerdotali, ma
si pu dedurre con certezza e non mai stato po
sto seriamente in dubbio; risulta anche chiara
mente dai passi di Deut, Sam, profeti e salmi. I te
sti escatologici lo esprimono con un notevole ri
lievo (Ez 16,63; Dan 9,24). Anche quando il senso
immediato della parole non lo rivela a prima vista,
non se ne pu dubitare, Lev 4-5: il sacerdote ot
tiene lespiazione, Dio la concede; Lev 17,11: il
sangue espia (mediante la vita), ma Dio lo ha dato
e lo ha destinato al Pespiazione. Solo nei due passi
in cui si parla esclusivamente di una relazione tra
uomini (Gen 32,21; Prov 16,14) P espiazione
non attribuita a Dio. Nel ricondurre lespiazione
a Dio non vi quindi alcuna differenza essenziale
tra le ricorrenze pi antiche e quelle pi recenti.
Ne consegue che il fatto dellespiazione non pu
nQD kpr pi. ESPIARE

736

essere del tutto intelligibile e razionale per i


credenti in Jahwe; Dio resta libero nella sua
decisione.
(2) Ci che spinge a compiere lespiazione non
solo laspirazione a ristabilire una relazione con
Dio che si spezzata, ma anche la coscienza, che
propria del credente in Jahwe, di essere indegno
del rapporto con Dio, di aver costante bisogno di
un aiuto per incontrarsi con lui. - Cosi le cerimo
nie di espiazione diventano unistituzione fissa
non solo del giorno dellespiazione, ma anche
della festa di Pasqua, delle primizie e del nuovo
anno (Num 28,22.30; 29,5). La consacrazione e il
servizio dei sacerdoti e dei leviti esigono espia
zione, purificazione, santificazione (Lev 8,34;
Num 8,21). Chi non autorizzato e non qualificato
tocca laltare che stato reso sacro con i riti espia
tori, deve essere sottoposto alla legge del santua
rio (Es 29,37). Per ciascuno vale la norma che ci
si pu accostare a Dio solo con la preparazione e
i requisiti necessari, cosa che si ottiene con lespia
zione (Is 6,7).
(3) L espiazione pu significare una consacra
zione a Jahwe^e in tal senso non si deve supporre
che essa abbia una vera e propria connessione lo
gica con una liberazione dal peccato. - Questo si
verifica ne!I espiazione delPaltare appena
eretto (Ez 43,18), ma potrebbe essere intesa cos
anche P espiazione del tempio (Ez 45,19), della
tenda e del Santo dei Santi (Lev 16,16), sebbene
qui si parli delle impurit e delle trasgressioni de
gli israeliti.
(4) Si richiede qualcosa da parte di chi deve rice
vere lespiazione. - Non evidentemente uno
sforzo per redimere se stesso, ma comunque una
rinuncia e un sacrificio. Per colpe lievi, scono
sciute o inavvertite, che si .commettono tutti i
giorni (Lev 5,1-5), il singolo deve offrire una pe
cora o una capra (5,6); il lebbroso guarito, che vo
glia ottenere espiazione, deve consegnare al sacer
dote, oltre al resto, due agnelli (Lev 14,1 Os.). Chi
inavvertitamente si reso colpevole di appropria
zione indebita di cose sacre (Lev 5,15), deve for
nire il valore di un montone e di ci di cui si ap
propriato con laumento di un quinto, per poter ri
cevere espiazione.
(5) Lespiazione non solo nellinteresse della co
munit, ma anche del singolo. - Si distingue net
tamente tra colpe collettive e colpe individuali
(Num 15,26.27 e il rituale del sacrificio espiato
rio). Non si pu dar credito alfopinione, oggi in
voga, che la colpa dei singoli e i mali che essa pro
voca si riversino su tutto il popolo e sul paese
come unepidemia devastatrice o una contamina
zione atomica, se non vengono espiati, e perci la
comunit deve tendere ad una incessante purifica
zione. Anche se p.e. i figli di Eli non vengono
sterminati e non vengono neppure allontanati
completamente dal servizio dellaltare (ISam
2,33), la loro colpa secondo il giuramento di Dio
deve restare inespiata (ISam 3,14). Non si avverte
737

-)EQ kpr pi. ESPIARE

la preoccupazione che la comunit, a causa di tale


mancanza, potrebbe essere votata allo sterminio.
Colui che stato guarito dalla lebbra, durante la
sua purificazione e ancor prima dellespiazione
pu recarsi di nuovo nella comunit (nel campo),
ma non nella sua tenda (Lev 14,8.20), e anche
questo rivela che non si teme alcuna conseguenza
per la comunit.
(6) Chi si sottoponeva al processo di espiazione
dimostrava di capirne la necessit. - I rituali tac^
ciono sul modo in cui si svolge il processo
di espiazione. In Lev 5,2.3.4 sono enumerate
solo cose private, di cui spesso pu essere consa
pevole solo linteressato. In questi casi egli
stesso deve quindi aver causato il processo di
espiazione. La situazione chiara nei passi dei
salmi e in ls 6,7.
(7) Il singolo ha preso parte coscientemente
allespiazione. - Lo si pu dedurre persino dai ri
tuali, i quali si interessano di per s solo alla pre
scrizione dei riti. Secondo Lev 5,5 colui che deve
ricevere espiazione deve confessare la propria
colpa {jdh hitp.); lumiliazione di s viene elevata
a norma eterna (Lev 16,29 dovete umiliare voi
stessi , cosi Noth, ATD 6,99). Secondo Es 32,30;
Deut 21,8, i passi dei salmi e 2Cron 30,18, il la
mento, linvocazione e la preghiera formano un
tuttuno con lespiazione.
(8) improbabile che si intendesse lespiazione
come uno scaricare la colpa sullanimale da ucci
dere. - A ci si oppongono nelle leggi sulPespiazione dei testi sacerdotali e di Ezechiele tutti quei
procesi di espiazione per i quali non necessario
un animale (Num 17,1 ls.; Lev 5,11-13; Ez
45,15.17). In P il termine viene usato in una vasta
accezione; una volta infatti indica una tassa di
censimento (Es 30,15s.) e una volta unofferta di
ringraziamento (Num 31,50). Nella maggior parte
delle ricorrenze allinfuori di P non si richiede per
lespiazione luccisione di un animale (Es 32,30;
Deut 32,43, i lesti di ls e di Sai, i testi escatolo
gici).
5/ Listituto del lespiazione, quale descritto in
P e in Ez 40-48, ha dato al giudaismo unimpronta
particolare per mezzo millennio. Al posto di kpr
pi. i testi greci extracanonici - e anche i LXX
adoperano in genere tAacr/ecrOat. Secondo la fede
comune il sacrificio espiatorio produce grandis
simi effetti (Giub 6,2.14; 50,11; Preghiera di Aza
ria 17; 2Mac 3,33); anche i defunti possono essere
liberati dai loro peccati mediante il sacrificio di
espiazione (2Mac 12,45). LEcclesiastico pone in
risalto il compito di Aronne, che quello di otte
nere espiazione per Israele, ed esalta anche
Pazione espiatoria di Finees (Eccli 45,16.23; cfr.
K.Koch, Die isr. Suhneanschauung und ihre historischen Wandlungen, 1956,99ss ). Si pensa an
che ad unespiazione mediante sofferenza vicaria
(4Macc 6,29; 17,22).
Anche il fariseismo condivide questa fede, seb
738

bene con alcune riserve gi evidenti fin dai tempi


pi antichi (Ber 55a; Yoma 5a; Seb 5b); sia kpr qal
ricoprire, simulare sia kpr pi. perdonare, ri
conciliare, espiare sono molto frequenti (Levy li,
383-385; aram. qal negare, cancellare e pa.
espiare ibid. 385s.).
A Qumran si sono trovate finora 27 ricorrenze di
kpr pi. (Kuhn, Konk. 105; aggiunte in RQ4, 1963,
202). I sacrifici espiatori non vengono respinti in
linea di principio (1QS 9,6s.); per necessario ap
partenere alla comunit di Qumran, la quale solo
pu espiare (1QS 5,6s.). Accanto ad affermazioni
conservatrici si trova lesigenza di sostituire il sa
crificio cruento con il tributo delle labbra ( 1QS
9,4s., cfr. Test Lev 3,6 il sacrificio incruento
delle parole ; cfr. S.Lyonnel, VD 37, 1959, 349
352; H.Braun, Qumran und das NT, I/II, 1966,
spec. II,220s.315).
Queste non sono affatto esigenze settarie; esse
vengono anzi sottolineate con crescente vigore in
tutto il giudaismo anteriore al 70 d.C.; tale evolu
zione certamente influenzata dallascesa del fa
riseismo. Il crollo dellapparato sacrificale non ha
scosso il giudaismo, anzi nel periodo tannaitico si
ebbe una nuova fioritura. Lespiazione si ottiene
con la conversione, la preghiera, il digiuno, lele
mosina, altrimenti i riti cultuali sono senza effica
cia (Eccli 3,30; Tob 4,1Os.; MYoma 8,8s.; Ab
RNat 4,2; cfr. J.Schmid, Stinde und Suhne im Judentum, Bibel und Leben 6, 1965, 16-26).
Per il NT cfr. J.Herrmann - F.Btichsel, art.Oveox;,
ThW 111,300-324 (= GLNT IV,951-1012).
F.Maass

m a krt TAGLIARE
1/ krt si trova, oltre che in ebr. e in fen. (giura
mento di Arslan Tas [= KAI nr. 27]. r. 8s.l0 17*
sec. a.C.J), nellacc. (AHw 448b.451b: kartu ta
gliare o sim., agg. verbale kartu fatto a pezzi )
e nel tigrai (Littmann-Hfner 401a: karta fi
nire ).
Il moab. krtj e il sost. plur. mkrtt (KAI nr. 181, r. 25) in
base al contesto sono piuttosto da collegarsi alla radice
krh scavare (nellAT: un pozzo Gen 26,25; Num
21,18; una cisterna Es 21,33; Sai 7,16; cfr. S.Segert, ArOr
29, 1961, 242, contro DISO 127). Un sost. pun. krt( ta
gliapietre ?) non sicuro sia per lettura sia per signifi
cato (DISO 127).

Come passivo del qal si usano talvolta forme del


ni. (Gios 3,13.16; 4,7.7; Giob 14,7) e il pu. (Giud
6,28; Ez 16,4). Lhi. viene usato in un senso pi
intensivo che causativo (in mancanza del pi.),
col sign. d sterminare (cos anche il qal di
Ger 50,16; tuttavia cfr. a questo proposito Ru
dolph, HAT 12,302); come suo passivo si ha anzi
tutto il ni., e anche lho. (Gioe 1,9 essere/veni
re eliminato).
Nell'AT compaiono come sostantivi verbali de
739

rivati dalla radice kri: kertt travi tagliate e


squadrate (?) (Re 6,36; 7,2.12; cfr. KBL
458a), o forse in modo pi preciso, diversamente
dal legname lungo, pezzi (di fusto di cedro) ta
gliati pi corti (Noth, BK IX /1,102); k*rftt se
parazione, divorzio (Deut 24,1.3; Is 50,1; Ger
3,8; cfr. medioebr. krt dividere, sciogliere [un
matrimonio] ).
Kerit, nome di un torrente (Re 17,3.5), va fatto deri
vare non da krt (KBL 454b), ma da krh scanalare, sca
vare .

2/ Il verbo krt si trova in tutto lAT, eccettuati


Giona, Ab, Cant, Eccle, Lam, Est. Viene usato a
cominciare dallo Jahwista (opp. dalle tradizioni da
esso rielaborate) fino a Dan, e specialmente verso
il 6 sec. La statistica la seguente: qal 134x (Ger
16x, Deut 15x, ISam e 2Cron 12x), di cui quasi
80x nellespressione krt bent\ ni. 73x (Lev I3x,
Num 7x, Is 6x, Es, Gios e Sai 5x), pu. 2x, hi 78x
(Ez 14x, Re e Ger 7x, Lev 6x), ho. lx; totale 288x
(inoltre kertt 3x, kerltut 4x, vd. sp.).
In I Sam 20,16a il testo chiaro, ma il contesto induce a
pensare che questa non sia la forma originale.

3/ La traduzione di krt dipende dalfoggetto:


abbattere alberi (Deut 19,5 ecc., 17x), reci
dere tralci (Num 13,23), troncare testa e
mani (ISam 5,4), squartare un animale (in due
pezzi) (Ger 34,18; in questo senso in Gen 15,10 btr
q. e pi. dividere, cfr. Jenni, HP 130).
Si paria di sterminio - allhi. e al ni. - per lo pi
quando si annuncia la condanna dei popoli (anche
di Israele: p.e. Re 9,7 hi.; Os 8,4 ni.) o dei mal
fattori, in particolare nella formula di stermi
nio : luomo/ questo uomo/ questa persona
( ncfces) sar sterminato (cfr. Elliger, HAT
4,101) o sim., che ricorre negli scritti sacerdotali e
nella legge di santit (non nel Deut), e nella for
mula di non-sterminio (Gios 9,23 ecc., lOx). Un
significato leggermente diverso si ha nella estin
zione del nome, del ricordo, della speranza (cfr.
anche KBL 457s. e tra i sinonimi soprattutto
~smd).
4/ Come avviene per altri verbi in ebr, (gzr di
videre , in Giob 22,28 decidere , cfr. Est 2,1
ni.; hr$, in Re 20,40; Is 10,22; Giob 14,5 fis
sare; htk ni. Dan 9,24 essere fissato; me
dioebr. psq spartire e fissare, determinare ;
cfr. anche -tjqq 3a, - fd 3d), in aram. (aram. an
tico, aram. bibl. e giud. gzr, aram. giud psq) e in
acc. (/jarsu, parasit), krt evolve il suo significato
primario tagliare o sim. verso il senso traslato
di fissare, determinare, decidere (cfr. il lat. de
cidere e levoluzione di significato dellacc. parsu
separare [dividere] > distinguere > decidere ,
AHw 831): questo accade in 2Cron 7,18 (cfr. G,
sir.; per dbr pi. Re 9,5) e anche in Is 57,8 (cos
pure in fen., KAI nr. 27, r. 10), e soprattutto
nel lespressione krt bert.
Questa espressione viene di solito tradotta con
m 3 krt TAGLIARE

740

concludere un patto, in riferimento al gr.opxia


stabilire un impegno, un obbligo (F.MUhlau
T(jiveiv, lat. fcedus icere (/'ernie, perente 'e) (cfr, GeW.Volck in: Gesenius, Hebr. und chaid. Hansenius, Thesaurus 11,718a, ecc.). Inoltre krt tfrit
dworterbuch iiber das AT, *1878, 413b; K.Siegviene fatto derivare da un rito che si poteva com
fried -B.Stade, Hebr. Wrterbuch zum AT, 1893,
piere quando si imponeva una bent (ossia un
301 a; J.Pedersen, Der Eid bei den Semiten, 1914,
46; Kutsch, l.c.; al contrario: H.Holzinger, Gene
obbligo ; berit): il soggetto della bcritycio co
lui che tagliava la berit, passava tra i due pezzi
sis, 1898, 150; Quell, l.c., 108 n. -18 = GLNT
contrapposti di un animale squartato apposita-1 11,1023 n. 18; M.Buber, Knigtum Gottes, J1956,
mente per questo rito (krt, Ger 34,18), e che non
200 n. 20), come nel sumerico nam - eri m - TAR
era perci una vittima sacrificale (p.e. G.Quell,
tagliare il giuramento = prestare giuramento (as
ThW n108s.ll7s. = GLNT' II,l022ss.l042ss.;
sertorio) (A.Falkenstein, Die neusumeri schen
S.E.Loewenstamm, VT 18,1968, 500-506; al con
Gerichtsurkunden, l, 1956, 64.67; HI, 1957,
trario GB 364b; KBL457 ecc.);cfr Ger 34,18; Gen
144s.), nelParam. antico gzr 'dn (tagliare =) fis
15.17.
sare un impegno (opp. degli impegni) (Fitzmyer,
Questo rito (a) non significa lunione dei due con
Sef 32s.) e analogamente nellespressione targutraenti, indicata dalla fiamma che attraversa le
mica gezar q^jm (tagliare =) fissare un impe
due parti dellanimale, come in Gen 15,17 (cosi
gno ,
e
anche
nella
frase SiaGyjXTjv
p.e. C.F.Keil, Gen und Ex, *1878,184); tale signi
SiaTteaOai (dove passa in secondo piano il
ficato infatti non si adatta a Ger 34,18 (JJ.P.Vasenso di ultime volont testamentarie , come in
leton, ZAW 12, 1892, 227); (b) non significa
Aristofane, Aves 440s. [cfr. E.Kutsch, KuD 14,
P unione mistico-sacramentale dei due con
1968, 167 n. 30]) usata dai LXX (Gen 15,18 ecc.;
traenti (B.Duhm, Das Buch Jeremia, 1901, 284;
Kutsch, l.c., 164ss.).
J.Henninger, Bibl 34, 1953, 344-353, spec. 352s.);
bert come oggetto di krt risulta in ISam 11,2 dal v. 1 e
infatti in Gen 15,17 e in Ger 34,18 solo il soggetto
va supposto logicamente in ISam 20,16a (TM); 22,8 (cfr.
della berf( attraversa le due parli dellanimale, e
la preposizione 'im). In IRe 8,9 = 2Cron 5,10 berft si ri
non anche laltro contraente; (c) non significa la
cava per congettura, in quanto il termine a cui si rife
risce il pronome relativo che oggetto di krt (vd. BH1,
purificazione di colui che passa fra le parti
cfr. Deut 9,9).
delPanimale (cfr. O.Masson, A propos dun rituel
AlPespressione kn bert cornspondono krt 'l (Deul
hittite pour la lustration d'une arme, RHR 137,
29,11.13; fen.: KAI nr. 27, r. 8) fissare una maledi
1950, 5-25), e neppure (d) che a costui viene co
zione, krt dbr fissare una parola (= una pro
municata la forza vitale che scaturisce dallani
messa) (Agg 2,5) e krt 'amn fissare (stabilmente)
male ucciso, perch aumentino le sue capacit
un impegno (Neem 11,23: par. ml$w = ordine;
Neeti 10,1).
(W.R.Smith, Die Religion der Semiten, 1899,243;
E.Bikerman, Couper une alliance , Archives
Per quanto riguarda il verbo, e per lo pi in testi
dhistoire du droit orientai 5, 1950/51, 133-156;
recenti, accanto a krt berit si trovano con signifi
F.Horst,
Gottes Recht, 1961, 309); queste due ul
cato analogo qm h\.,ntn,sfm con ogg. bent\
time interpretazioni non trovano alcun fonda
far sorgere , dare , porre un impegno,
mento nel contesto (D.J.McCarthy, Treaty and
un obbligo . Come opposto viene usato soprat
Covenant, 1963, 55ss.); tale rito (e) significa in
tutto prr hi. ber l rompere un obbligo (be/it
vece che colui il quale attraversa le parti dellani
Ill/6c; prr hi.).
male maledice se stesso per analogia: egli sar col
pito dallo stesso destino dellanimale se non os
5/ La lingua di Qumran, che ha una colorazione
serva la bent (= impegno assunto) (cos gi Rasi
fortemente religiosa, usa krt quasi solo nel sign. di
e oggi la maggior parte degli esegeti); questa spie
sterminare (hi., con ni. come pass.), di solito
gazione quella che meglio si adatta a Ger 34,18
con Jahwe come soggetto effettivo o logico
e si fonda su paralleli dellantichit classica (cfr.
dell'azione punitiva. Invece di krt brjt(QM 13,7;
R.Kraetzschmar, Die Bundesvorstellung im AT,
CD 15,8 in riferimento ai primi tempi della storia
1896, 44s.; p.e. Livio 1,24) e delle civilt medioo
dTsraele) si preferisce1br bbrjt e bw' bbrjt entrare
rientali (cfr. p.e. E.Kutsch, krat bent eine Verpflichtung festsetzen , FS Elliger 1971 [ivi
nella brjt (nellobbligo) .
n. 26]).
.
Le traduzionldi krt nei LXX%sono numerosissime;
nel senso concreto di estirpare, sterminare esso
Se si fa derivare lespressione krt berit da krt di Gr
viene reso generalmente con e^oAeOpeuetv e
34.18, si deve supporre che loggetto vero e pro
X7TTELV (e i suoi composti), termini che nel NT
prio di krt (un animale) venga sostituito dalla in
non hanno una particolare importanza (cfr.
dicazione delleffetto o dello scopo del rito (berit =
J.Schneider, art. Xeflpeu6>, ThW V ,168-171 =
obbligo). Lespressione, intesa nel senso di ta
GLNT Vili,471-482; G.Stahlin, art. .koktzto
gliare/dividere una bert , un paradosso
ecc., ThW 111,851-860 = GLNT V,835-858); krt
(McCarthy, l.c., 55), sia nel caso che tfrit signifi
con oggetto ffrlt viene comunemente reso con
chi patto , sia nel caso che significhi ob
iaTiOeaOa, (cfr. G.Quell - J.Behm, art. Sia*
bligo . Tale difficolt tuttavia viene a cadere, per
TiOvjjjLij ThW 11,105-137 = GLNT 11,1013-1094).
il fatto che krt significa anche stabilire, fissare ;
E.Kutsch
krt berit(dove bert oggetto di krt) significa allora
741

rT D krt TAGLIARE

742

31? Ib CUORE
1/ Il termine *libb- appartiene al semitico co
mune (Bergstr. Einf. 184; P.Fronzaroli, AANLR
V III/19, 1964,272.279); il significato cuore ^su
bisce ovunque notevoli ampliamenti (acc. lbbu
interno , che si riduce persino ad una espres
sione preposizionale, cfr. AHw 549-551; arab. lubb
ci che pi interno, la parte centrale, intelli
genza ecc., cfr. Wehr 760a). Per le ricorrenze del
semNO. nellepoca pi antica cfr. WL1S nr. 1434;
ITT nr. 1348; DISO 134.
Nelfebr. (e nelParam.) dellAT compare accanto a
Ib (*libb-) anche lbb (*libab-, aram lebab)\ non
si pu stabilire quale sia la successione cronologica
tra le due forme (contro C.A.Briggs, A Study of
th Use of LEB and LEBAB, FS Kohut 1897, 94
105; cfr. F.H.von Meyenfeldt, Het Hart (LEB, LE
BAB) in het OT, 1950, 207-212); J sembra usare
solo la forma ib (distinzione di fonti in Es 14,5?),
E al contrario lbb\ ls usa in prevalenza l
bb, e lo stesso termine usato quasi esclusiva
mente nel Deut e dal deuteronomista, Dtis invece
usa quasi esclusivamente Ib, ecc.
Come forma femminile compare in Ez 16,30 ibba.
G.RDriver, JThSt 29, 1928, 393; 32, 1931, 366, si rifa
ailacc. libbatit (solo plur.) furore (AHw 548b, inoltre
labbu infuriare, ibid. 521 b), il cui significato egli
vuol ritrovare in Ez 16,30 (cos anche KBL 471b). Ma
libbu e labbu sono affini tra loro in acc.? In Ez 16,30 si
parla del cuore come sede del desiderio (cfr. F.Stummer,
VT 4, 1954, 34-40).
Da Ib deriva il verbo denominativo Ibb: ni. metter
giudizio (Giob 11,12) e pi. rapire il senno (Cani
4,9.9).

2/ Ib e lbb ricorrono 853x (601+252x, di cui


7+lx al plur.; cfr. la statistica in von Meyenfeldt,
l.c., 209s., dove si deve leggere per l/2Cron 24x
anzich 2x), libb lx, Ibb ni. lx, pi. 2x; inoltre
laram. bibl. Ib lx e Iebab 7x (tutti in Dan).
Una frequenza particolare si riscontra in Deut, Ger, Ez,
Sai, Prov, Eccle e Cron: Sai 137x (lb 102x, lbb 35x),
Prov 97+2x, Ger 58+8x, Deut 4+47x, Is 31+18x, Es
46+lx, Ez 41+6x, 2Cron 16+28x, Eccle 41+lx.

pu essere indicalo con Ib (Es 28,29s.; P.Joon,


Bibl 5, 1924, 49ss., ritiene che questo sia il signi
ficato originario anche nelPespressionecal-lb, p.e.
in sim 4al-lb posare sul cuore , Deut 11,18, e in
alcune espressioni simili; cfr. per von Meyen
feldt, l.c., 135ss.). Secondo H.L.Ginsberg, FS
Baumgartner 1967, 80, lb significa anche la gola
come organo della parola, ma questo incerto.
Anche il cuore dellanimale si chiama Ib (2Sam
17,10; Giob 41,16, in entrambi i casi in senso fi
gurato per designare la natura delPanimale in que
stione).
b) In senso traslato lb significa non solo
cuore , ma anche centro , soprattutto
nelPespressione belceb-jm (Es 15,8; Prov 23,34;
30,19), belb jammlm (Ez 27,4,25-27; 28,2.8; Sai
46,3; cfr. Giona 2,4) in mezzo al mare , cfr. an
che Ib hassmjim centro del cielo (Deut
4,11).
c) Al Ib umano vengono attribuite funzioni che
riguardano la natura corporea, psichica e spirituale
delPuomo. lb significa la forza vitale
nelPespressione s'd Ib sostenere il cuore nel
senso di mangiare (Gen 18,5; Giud 19,5.8; Sai
104,15). Parimenti il lb Porgano della forza e
del desiderio sessuale (Os 4,11; Giob 31,9; Prov
6,25 con hmd desiderare ; cfr. anche Ez 16,30,
vd. sp. 1).
d) Laspetto psichico del Ib si manifesta nel fatto
che esso la sede dei sentimenti pi diversi: do
lore (ISam 1,8; Is 1,5; 57,15; Ger 4,18; 8,18; Sai
13,3; 34,19 ecc.; i passi dei salmi ricalcano la to
pica della lamentazione), gioia (Es 4,14; Giud
16,25; Is 24,7; Ger 15,16; Sai 4,8; Prov 4,10 ecc.),
paura (Deut 20,3.8; Gios 2,11; Is 7,2; Sai 25,17
ecc.), disperazione (Eccle 2,20; Lam 1,20), corag
gio (Sai 40,13) e altre passioni. Quando Dio o un
uomo assumono nei confronti di un essere umano
un atteggiamento pieno di sentimento e di fidu
cia, si usa spesso questo termine (p.e. dbr pi. al
Ib esortare , Gen 34,3; ls 40,2 ecc.; anche srrt
al-lb, vd. sp. 3a).

e) Tra le funzioni spirituali del lb vi anzitutto


la conoscenza. Venire a conoscenza d una
3/ a) lb significa originariamente Porgano
cosa pu essere espresso con molti verbi (slt Es
anatomico. In Israele si conosceva per esempio la
7,23; ISam 4,20; sim Es 9,21; ISam 21,13; ntn Ec
diagnosi delP infarto (ISam 25,37), senza che
cle 1,13.17) costruiti con una preposizione unita a
tuttavia il cuore fosse oggetto di una pi profonda
Ib. Anche il riconoscere, il ricordare, avviene nel
conoscenza medica (come accadeva invece presso
Ib (Deut 4,9; Is 33,18; 65,17; Ger 3,16; Sai 31,13),
i popoli vicini, cfr. J.IIempel, NAWG 1958,
Questa funzione del Ib pu essere ancor pi spe
253s.). Il palpito del cuore segno di eccitazione
cificata indicando labilit nel lavoro come una
(Sai 38,11). Quando si parla di lesioni che interes
realt che appartiene al Ib (nelPespressione Ifsano il cuore, ci si riferisce non specificamente al
kam Ib abile - che non va intesa perci in
cuore, ma alla regione cardiaca (2Sam 18,14; Sai
senso sapienziale - Es 28,3; 31,6; 35,10 ecc.).
37,15 ecc.; in Os 13,8 si menziona un segr Ib,
Anche le facolt propriamente intellettuali sono
propr. chiusura del cuore = cassa toracica ?); svolte dal Ib: il discernimento (Deut 8,5; Giob
il petto , per il quale in ebr. manca un termine
17,4; Prov 2,2; Eccle 7,2), la capacit di giudicare
specifico (hzc solo per animali sacrificali, 13x in
criticamente una cosa (Gios 14,7; Giud 5,15s.; Ec
P; aram. bibl had petto in Dan 2,32; origina
cle 2,1.3.15), Pesame in senso giuridico (IRe 3,9;
riamente parte anteriore , cfr. Dhorme 105),
2Cron 19,9). Questo aspetto del Ib significativo

743

3 1? Ib CUORE

744

soprattutto in un contesto sapienziale: il lb or


gano della hokm (Prov 2,10; 14,33; 16,23; Eccle
1,16; cfr. Re 10,24). Il lb del sapiente fa parlare
con rettitudine (Prov 16,23; 23,15s.), sa discemere
il tempo e gli eventi (Eccle 1,16; Sai 90,12). Non
solo la sapienza israelitica, ma anche quella egi
ziana attribuisce al cuore questa importanza (cfr.
H.Brunner, Das horende Herz, ThLZ 79, 1954,
697-700; C.Kayatz, Studien zu Proverbien 1-9,
1966, 43-47; inoltre per il cuore in Egitto: F.Hintze, FS Grapow 1955, 140ss.; A.Hermann, Altg.
Liebesdichtung, 1959, 95-97 con bibliogr.).
Infine il lb anche sede della volont e dei pro
getti (2Sam 7,3; Re 8,17; Is 10,7; Ger 22,17; Sai
20,5; 21,3 ecc.).
0 II lb abbraccia cos tutte le dimensioni dellesi
stenza umana (cfr. Dhorme 109-128 sullabbon
dante materiale acc. ed ebr.; W.H.Schmidt, Anthropologische Begriffe im AT, EvTh 24, 1964,
374-388, spec. 383ss.). Si possono quindi fare su di
esso delle affermazioni che si riferiscono a tutto
luomo: il lb vacilla (mg, Ez 21,20), esso si
scioglie ( mss ni., Deut 20,8; Gios 2,11; 5,1; 7,5;
ls 13,7; 19,1; Ez 21,12 ecc.), messo in agita
zione (raggz, Deut 28,65), pu essere scon
volto (ks hi., Ez 32,9). Il lbyin un senso molto
attenuato, pu designare anche la persona e pu
quasi sostituire un pronome personale (parallelo
ad esso p.e. in Sai 22,15; 27,3; 33,21; 45,2). Tut
tavia il termine pu essere usato anche in modo
tale da far scorgere proprio nel lb la natura par
ticolare della persona (Giud 16,15.17s.; ISam 9,19;
anche questa concezione non esclusiva di
Israele, cfr. H.Brunner, Das Herz als Silz des Lebensgeheimnisses, AfO 17, 1954/55, 140s.).
Lespressione belb (con suffisso personale) e un
verbo che indica pensare o parlare (p.e. Gen 17,17;
27,41; Deut 7,17; Sai 4,5 ecc.) indica un pensiero
che uno tiene per s e non vuole comunicare ad
altri. Anche il sogno, che rende visibili le regioni
pi nascoste ed inaccessibili delPuomo, s svolge
nel lb (Cant 5,2). Cos la sapienza sa che il lb
inscrutabile (Ger 17,9; Sai 64,7; Prov 20,5).
Poich luomo prende le sue decisioni e ne as
sume la responsabilit nel lb, la parola va intesa
talvolta come coscienza (Gen 20,5s.; ISam
24,6 ecc., cfr. Khler, Theo!. 192).
Dato che lesistenza umana per lo pi non viene
considerata nelPAT sotto 1aspetto individuali
stico, si parla non solo del lb del singolo, ma an
che di quello di un intero gruppo (Gen 18,5; 42,28;
Es 35,29; cfr. Khler, Theol. 149).
g) I termini paralleli completano questo quadro. Ven
gono usati frequentemente: ncef&s (in origine gola ,
poi forza vitale , persona , con significato ampio
come quello d lb in Sai 13,3; 84,3; Pfov 2,10; 19,8 ecc.),
ritah (in origine fiato , in seguito sia vento , sia
forza vitale , spirito , cfr. Es 35,21; Deul 2,30; Gios
2,11; 5,1; Is 65,14; Sai 34,19 ecc.). Pi raramente com
paiono qcerceb l'interno, il centro (Ger 31,33; Prov
14,33) e altri. Oltre a kbd fegato {kbd) si deve an
cora ricordare keljt reni , che abbastanza spesso

745

2 1? lb CUORE

indicano in parallelo al cuore Ih natura in Lima e nascosta


delPuomo, accessibile solo a Dio (Ger 11,20; 12,2; 17,10;
20,12; Sai 7,10; 16,7; 26,2; 73,21; 139,13; Giob 16,13;
19,27; Prov 23,16; Lam 3,13; altre 16x in Es-Lev come
parte del corpo di animali sacrificali, inoltre Deut 32,14;
ls 34,6; cfr. bhn 3a e Dhorme 131).

4/ ovvio che un tale termine, cos importante


dal lato antropologico, descriva anche la relazione
tra Dio e luomo.
a) Quando lb ha un rilievo teologico nei salmi,
compare nella lamentazione, o per designare la co
scienza pura dellorante (sono frequenti le espres
sioni jisr lb i retti di cuore [Sai 7,11; 11,2 ecc.;
fsr 3b 1, bar lbb puro di cuore [Sai 24,4 in
una liturgia per lingresso nel tempio; 73,1; in al
cuni passi sono evidenti anche influssi sapien
ziali]) oppure per designare il pentimento
delPorante che confessa la sua colpa ( nisbar lb
colui che ha il cuore infranto Sai 34,19; 51,19).
b) Gli scritti sapienziali sottolineano fortemente
la conoscenza che Dio ha delle passioni del lb
umano (Prov 17,3; 21,2), e sostengono che non i
progetti del lb umano ma la volont d Jahwe si
realizza (Prov 16,1; 19,21).
c) Il lb acquista particolare rilevanza teologica
quando si considerano espressamente i problemi
antropologici.
Questo avviene nel Deuteronomio. Luomo viene
qui esortato ad ascoltare e ad agire con tutto il
cuore e con tutta Tanima (Deut 4,29; 6,5; 10,12;
11,13). Egli deve conservare nel cuore la cono
scenza delle azioni di Jahwe (4,9.39; 6,6; 8,5 ecc.).
Il rito della circoncisione (ml circoncidere)
viene spiritualizzato e riferito al lbb (Deut 10,16;
30,6; cfr. Lev 26,41; Ger 4,4; Ez 44,7.9 con rl
incirconciso riferito al cuore; cfr. H.-J.Hermisson, Sprache und Ritus im altisr. Kult, 1965, 64
76). Questa esortazione ad un impegno di tutto il
lb si spiega in un tempo in cui da un lato si ri
pensa alla relazione originaria tra Dio e il suo po
polo e daUaltro inizia un processo di individualiz
zazione.
Tale anche la posizione di Geremia e di Eze
chiele, la cui prospettiva teologica collima a que
sto riguardo con quella del Deuteronomio. Anche
Geremia esge da coloro che lo ascoltano che si
impegnino con il loro lb (Ger 3,10; 4,4 ripresa del
motivo dtn. della circoncisione del cuore, vd. sp.;
29,13 ecc.). Tuttavia egli parla molto chiaramente
deHostinazione del cuore (sprJrt lb, 3,17;
7,24; 9,13; 11,8 ecc.). Appare chiaro al profeta
quanto sia difficile l'ascolto richiesto dalla parenesi della legge. Quel rinnovamento della rela
zione tra Dio e luomo non pu pi quindi essere
sperato nel presente e viene perci atteso per il fu
turo (Ger 31,31ss.; 32,38s.): alleanza e legge sa
ranno completamente incorporate nel lb (cfr. al
riguardo von Rad U,220ss.).
Ezechiele si esprime in modo simile. Anchegli
esperimenta lostinazione del lb dei suoi uditori
746

(Ez 2,4; 3,7), anchegli attende un futuro in cui


Dio sostituir il cuore di pietra ( Ib h'cbcen)
delPuomo con un cuore di carne (Ib basar)
(Ez 36,26ss.).
In seguito la concezione profetica dellostinazione del b
umano (che in tutti questi casi, a differenza dell* indu
rimento del cuore di cui parleremo subito, deriva dalla
libera volont dell'uomo) stata ripresa anche altrove
(Zac 7,12; Sai 95,8, entrambi i passi con una formula
zione dtr.).

d) Secondo la fede israelitica, Jahwe d al Ib


umano le sue possibilit (cosi p.e. Sai 51,12), ma
egli pu anche bloccare tali possibilit. Questo
motivo delP indurimento del cuore si ambienta
anzitutto nella tradizione dellesodo. Lo Jahwista
(Es 8,11.28; 9,34; 10,1) lo formula con kbd hi. Ib
far indurire il cuore (del faraone) , Soggetto
sia Jahwe sia il faraone stesso. Lautore dello
scritto sacerdotale distingue invece pi chiara
mente, dicendo che Jahwe indurisce il cuore del
faraone (hzq pi. lb, Es 9,12; 10,20.27; 11,10 ecc.;
anche qsh hi. Ib rendere duro il cuore , Es 7,3),
e che invece il cuore del faraone diventa duro (hzq
qal, Es 7,13.22; 8,15 ecc.); si sottolinea quindi con
precisione che solo Jahwe Pagente. Il significato
teologico che lindurimento assume in P appare
chiarissimo in Es 14,4. Il motivo si ritrova inoltre
in Es 4,21 (in un'aggiunta posteriore) e nel Deut
viene trasferito ad un episodio della conquista
(Deut 2,30, qsh hi. e
pi.).
Nella pericope dellesodo secondo ambedue le
fonti il motivo delPindurimento del cuore consiste
nel fatto che Jahwe sottrae al faraone le facolt
spirituali e psichiche, in modo che non possa ca
pire il senso delle piaghe e comportarsi di conse
guenza. Esso vuole mostrare in tutta la sua am
piezza la sovranit di Jahwe sulla storia: essa si
estende alle possibilit stesse di pensiero e di com
prensione dei suoi nemici.
Lo stesso motivo si ritrova nei profeti. Linduri
mento del cuore si applica ora ad Israele (senza
una terminologia antropologica gi in IRe 22,21;
con smn hi. Ib ricoprire di grasso il cuore Is
6,9s,; ripreso in Deut 29,4). Come gi in Ger e in
Ez si rispecchia qui la triste constatazione dei pro
feti, e cio che Israele non ha voluto prestare
ascolto. Ma questo non-comprendere viene qui in
terpretato come un giudizio di Jahwe; colpa e pu
nizione vengono quindi a coincidere (cfr. F.Hesse,
Das Verstockungsproblem im AT, 1955; von Rad
11,158ss.).
e) LAT paria non solo del Ib delPuomo, ma an
che del Ib di Dio (von Meyenfeldt, l.c., 193s.). Le
sue funzioni sono ancora le stesse: nel Ib di
Jahwe hanno origine i sentimenti (afflizione Gen
6,6; compassione Os 11,8), la conoscenza e il ri
cordo (IRe 9,3; Ger 44,21 ecc.), la volont e i pro
getti (Gen 8,21; Ger 7,31 ecc.). Geremia parla ab
bastanza spesso dei Ib di Jahwe (8 volte); luso di
antropomorfismi applicati a Dio si fonda su un in
teresse antropologico.
747

5/ Luso di Ib nel giudaismo tardivo non dif


ferisce essenzialmente da quello dellAT
(J.B.Bauer, De cordis notione biblica et judaica, VD 40, 1962, 27-32). Tuttavia aumenta
linteresse antropologico e psicologico. A Qumran
(pi di 120 ricorrenze!) il concetto della serrt Ib
durezza di cuore , molto importante: si desi
gnano cos coloro che non appartengono alla setta
(1QS 1,6; 2,14.26; 3,3 ecc.). Rispetto alPuso vete
rotestamentario nuovo il fatto che potenze del
mondo ostili a Dio si inseriscono nel cuore; si
parla per esempio degli idoli del cuore (1QS
2,11); gli spiriti della verit e delle tenebre si
danno battaglia nel lb (1QS 4,23), il fedele deve
cacciare Belial dal Ib (1QS 10,21), mentre la
legge allinterno del suo Ib (IQH 4,10). Conce
zioni simili compaiono nelle speculazioni rabbini
che sullo jesoer 0b e lo jsasr ra\ linclinazione
buona e linclinazione cattiva, che abitano nel Ib
e lottano tra loro (StrB IV,466ss.). La variante
apocalittica di questa concezione compare in 4Esd
3 (specialmente v. 20ss.).
Sulluso neotestamentario di xotp$Loc c f. F.Baumgrtel-J.Behm, art. xap^La, ThW 111,609-616 (=
GLNT V,193-216).
F.Stolz

ED*? Ibs VESTIRSI


1/ La radice Ibs vestirsi appartiene al semi
tico comune (Bergstr. Einf. 188). Nellepoca
dell'AT ben testimoniata allinfuori di Israele
(ad eccezione del fen. pun.) e in parte anche nei
suoi usi metaforici (acc.: AHw 532s.561; ug, WUS
nr. 1444; UT nr. 1353; can.: EA 369,9 cfr. DISO
151; aram.: DISO 135; KBL 1089s.).
In ebr. Ibs si trova al qal (perf. stativo lbs ancora
in Lev 16,4; Sai 93,1.1, cfr. Bergstr. 11,77, altri
menti lbas\per il part. pass, oppure aggettivo ver
bale lbus vestito cfr. Joion 345), pu. (part.
vestito) e hi. (causativo vestire), in epoca
postvtrt. anche alPhitp. (Eccli 50,11 vestirsi).
Derivazioni nominali nel sign. di veste, vestito,
abito sono: fbus (< *lubs, cfr. Joon 197; al
contrario BL 473; forse la + bus per le vergo
gne ), ma/bus e tifbscet (solo in Is 59,17, cfr. per
BHS). NelParam. bibl. si hanno Ibs q. (Dan
5,7.16), ha. (Dan 5,29) e lebs vestito (Dan
3,21; 7,9).
Radici omonime sulla base delTarab. sono state proposte
da l.Eitan, HCJCA 12/13,1938, 63 (in Is 14,19), e J.Reider, JJSt 3, 1952, 79 (per Giud 6,34), cfr. Barr, CPT 330.

2/ NelPAT la radice attestata 152 volte; 60


sono al qal (senza lbs\ Lev 9x, Sai 8x, Is 7x, Ez
e Giob 6x ciascuno), 4 al pu. (IRe 22,10 = 2Cron
18,9; Esd 3,10; 2Cron 5,12), 32 alPhi. (Es 5x, Gen
4x, Is ed Est 3x ciascuno); lbs ricorre 16x (Ez
9x), lebus 31x (Giob 7x, Sai ed Est 6x ciascuno),
malbus 8x, tilboscet lx (vd. sp. 1). Vi sono inoltre
5 attestazioni nelParam. bibl. (vd. sp. 1).
B a b m VESTIRSI

748

3/ Insieme a bcgced veste (bgd 1), Ibs ve


stirsi con (costruito collaccusativo, cfr. GK
117vy, traducibile perci anche con indossare ;
solo Esl 6,8 con bc) domina il campo semantico
del vestire, che non possiamo qui trattare nei det
tagli (cfr. p.e. il materiale in H.W.Honig, Die Bekleidung des Hchrers, 1957). 1 vocaboli sinonimi
che compaiono nello stesso ambito di Ibs sono
quanto a significato o pi generici Cth avvol
gersi ls 59,17 e Sai 104,2 detto metaforicamente
di Dio; Sai 109,19.29 del nemico dellorante; ksh
hitp. coprirsi Giona 3,8; ntn 'a! mettere qual
cosa a qualcuno Lev 8,7) o pi specifici (p.e. hgr
cingere Lev 8,7 ecc.; in senso metaforico Sai
65,13 i colli si cingono di giubilo; Prov 31,17 di
forza; riferito a Dio Sai 76,11 txt?; zr q. cin
gersi] ISam 2,4 i deboli si cingono di forza ;
ni. Sai 65,7 Dio si cinge di potenza; pi. cingere
2Sam 22,40; Sai 18,33.40 Dio cinge di forza il re;
Sai 30,12 Dio cinge di gioia lorante; hitp. cin
gersi Sai 93,1 Dio si cinge di potenza; dh ador
nare , assieme a bs: Ger 4,30; Ez 16,11.13; Giob
40,10). Gli opposti pi importanti sono: p'st sve
stire (accanto a Ibs: Lev 6,4; 16,23; Ez 26,16;
44,i 9; Cant 5,3) e 1rm nudo (16x; per Gen
2,25 cfr. J.de Fraine, FS Robert 1957, 53s.; inoltre
rm nudo Gen 3,7.10.11; Ez 18,7.16 e 5x nel
sign. di nudit ; *cerj nudit 6x; lr ni. es
sere denudato Ab 3,9). Per i vari usi del verbo
Ibs - dal vestito quotidiano (il vestito con il cibo
una delle necessit pi comuni della vita: Gen
28,20; Is 4,1; cfr. Agg 1,6; hi. 2Cron 28,15) fino al
vestito di lutto (2Sam 14,2; con saq sacco in se
gno di lutto Giona 3,5; Est 4,1) e alla veste son
tuosa (p.e. Is 52,1; Ger 4,30; Est 5,1; 6,8), dalle ve
sti cultuali (Es 29,30 ecc.) fino al mantello del pro
feta (Zac 13,4) e alla corazza (Ger 46,4) - e per le
concezioni e i valori simbolici connessi al vestito
cfr. oltre a Hnig, lx., anche BRL 332-337 e G.Fo
hrer, BHH II,962-965; cfr. inoltre E.Haulotte,
Symbolique du vtement selon la Bible, 1966;
R.von Ungern-Sternberg, Redeweisen der Bibel,
1968, 83-95.
4/ Nella lingua poetica delPAT sono possibili
per Ibs usi traslati o metaforici a noi inconsueti. In
particolare uno pu essere vestito di realt astratte
come z forza (Is 51,9; 52,1; vd. sp. hgr e zr),
g'ut maest (Sai 93,1), hd wehdr splen
dore e maest (Sai 104,1; Giob 40,10), sedqf
$dedceq giustizia (Is 59,17 come di una co
razza , accanto a vesti della vendetta ; Giob
29,14), tesya (2Cron 6,41 )zjdesa' salvezza (hi.
ls 61,10 vesti della salvezza; Sai 132,16), ma
anche con bscet/k*limm vergogna (Sai 35,26;
109,29; Giob 8,22; hi. Sai 132,18), qell maledi
zione (Sai 109,18) e semm spavento (Ez
7,27; anche hardt Ez 26,16, cfr. Zimmerli, BK
X11I,610). Pi ardua diventa limmagine quando
si dice che Sion si veste di coloro che tornano
come di un ornamento (Is 49,18), o quando i
monti si vestono di greggi (Sai 65,14, cfr. v. 13;
anche lbus di Is 14,19 nel sign, traslato di co
749

11*7 ln OPPORSI

perto [di uccisi]); sono invece conformi alla no


stra sensibilit stilistica le immagini di Is 50,3 hi.
( nvesto il cielo a lutto, cfr. IQH 5,31), Giob 7,5
( il mio corpo ricoperto di piaghe e di croste ),
oppure limmagine di Giob 10,11, con bs hi. che
designa lopera creativa di Dio (di pelle e di
carne mi hai rivestito ), come anchn in 39,19
( rivesti tu il suo [del cavallo] collo con la cri
niera? ).
1 passi che parlano concretamente della veste di
Dio (dalla radice Ibs: lebus Is 63,1.2; malbus v. 3;
cfr. aram, lebus Dan 7,9, detto del vestito
deir anziano dei giorni , bianco come la neve)
restano nellambito dei consueti antropomorfismi
e dipendono dalle immagini dei paragoni o delle
visioni. Inoltre anche quando si tratta di Dio si
concretizzano e si applicano a lui quelle realt
astratte che abbiamo nominato sopra (Is 51,9;
59,17; Sai 93,1; 104,1).
In tre passi si parla dellazione dello spirito di Dio nei ri
guardi di un uomo, come se esso abitasse in lui alla
stessa maniera con cui luomo racchiuso nei suoi ve
stiti (Giud 6,34; lCron 12,19; 2Cron 24,20; Ibs quindi si
gnifica qui come al solito rivestirsi di , e non ha senso
transitivo rivestire qualcuno , come se lo spirito fosse
la veste, cfr. p.e. C.F.Bumey, The Book of Judges,
21920, 203; Rudolph, HAT 21,107; al contrario p.e.
B.Hertzberg, ATD 9,183.193; -rah).

5/ Ibs viene tradotto dai LXX soprattutto con


vSuetv. Per il NT cfr. A.Oepke(-G.Bertram), art.
Stai, ThW 11,318-321 (= GLNT II,1555-1564);
A.Oepke K.G.Kuhn, art. 077 X0 ^ ThW V,292315 (= GLNT V ili,819-884).
E Jenni

li1? ln OPPORSI
1/ U verbo ln ni./hi. mormorare, opporsi
non attestato con sicurezza al di fuori delPebr. (a
Qumran 1QS 7,17; IQH 5,25; medioebr. anche
hitp.)*
Un rapporto con larab. hvm biasimare (GB 382b;
KBL 477b) improbabile; inoltre non si sa con certezza
se il termine compaia nelliscrizione di Kilamuwa prove
niente da Zencirli (KAI nr. 24, r. 10, cfr. S.Herrmann,
OLZ 48, 1953, 295-297: di fronte ai re precedenti i
muskabim mormorarono come cani , cfr. Sai 59,15s.;
DISO 136 con bibliogr., KAI 11,33).

Il verbo (al ni., e pi spesso alPhi. con la gemina


zione della prima radicale) fatto derivare di so
lito da una radice ln (distinta da ln pernot
tare ), tuttavia si pensato anche a l/m (Nldeke,
BS 42; P.Jouon, Bibl 1, 1920, 361s.; Bergstr.
11,151). Oltre al verbo si ha il fem. astratto con t
preformativo: flunndt (solo al plur.; BL 496: <
tclnt).
2/ Il verbo ricorre 14x, secondo le forme del
q ^ 5x al ni. (solo impf. plur.: Es 15,24; 16,2Q;
Num 14,2; 17,6; Gios 9,18), alPhi. 9x, di cui 4x
part. (Es 16,8; Num 14,27.27; 17,20), lx al perf.
750

(Num 14,29), altrimenti allimpf. (Es 16,7; 17,3;


Num 14,36Q; 16,11Q); in Es 16,2.7; Num 14,36;
16,11 la grafia oscilla tra ni. e hi. Il nome ricorre
8x (Es 16,7.8.8.9.12; Num 14,27, 17,20.25).
I passi di Es 15,24 e 17,3 provengono da J oppure
da J/E; tutte le altre attestazioni appartengono a
P. determinante il fatto che il termine venga
usato solo quando si narrano gli avvenimenti della
migrazione nel deserto (ad eccezione di Gios 9,11
e Sai 59,16, dove si vuol vedere spesso rimpf. hi.
del nostro verbo).
3/ Le differenze fra le coniugazioni verbali sono
da attribuirsi in parte airincerta tradizione te
stuale. Num 14,36 ha significato causativo ( in
durre a mormorare ); per il resto sembra che non
vi sia una differenza di significato tra le varie co
niugazioni.
Nei singoli contesti n indica sempre una ribel
lione aperta e unaccusa contro una persona ( co
struito normalmente con la preposizione ai con
tro ) coi fine di sovvertire. Il suo genere letterario
e la sua situazione sono quelli della controversia
pregiudiziaria, la quale tuttavia spinge ad una
chiarificazione giudiziaria ufficiale. Mentre quindi
letimologia del termine non chiara, il suo signi
ficato sicuro: ribellarsi contro qualcuno . La
traduzione solita mormorare potrebbe essere
perci troppo debole. Termini analoghi sono mrh
essere ostinato (cfr. Num 20,10) e mrd ri
bellarsi, sollevarsi (Num 14,9).
Ribelli sono i membri della fazione di Core (Num
16,11), ma anche normalmente tutto quanto
Israele (in Sai 59,16 text em cani). Le persone con
tro cui Israele si ribella sono: Mos o Mos e
Aronne (Es 15,24; 16,2.7; 17,3; Num 14,2.36;
16,11; 17.6.20), i capi dIsraele (Gios 9,18), Jahwe
(Es 16,7.8; Num 14,27.29; 17,25). Motivo d ribel
lione sono anzitutto i pericoli incorsi nel deserto:
la mancanza di acqua e di pane (Es 15,24; 16,2-7;
17,3), la paura di fronte alla superiorit degli abi
tanti del paese (Num 14,2ss.) o il venire
a patti con loro (Gios 9,18), ed infine la posizio
ne di guida in cui si trovano Mos ed Aronne
(Num 16).
II termine stato usato in origine dalla tradizione
che narrava la ribellione della fazione di Core con
tro la guida di Mos nel deserto (Num 16s.). Que
sto potrebbe anche essere il nocciolo storico della
tradizione relativa alla ribellione.Sulla base di que
sto episodio limitato la teologia jahwistica (forse a
Gerusalemme) e quella sacerdotale interpretarono
in seguito la ribellione di tutto quanto Israele, non
solo contro la guida di Mos, ma contro linsieme
degli eventi (esodo, cammino nel deserto, conqui
sta).

4 / Nelle fonti del Pentateuco questo termine ha


un valore teologico rilevante. Israele, trovandosi
in un pericolo nel deserto, rimprovera a Mos (ed
Aronne) e a Jahwe di averlo condotto nel deserto
per farlo morire (Es 16,3b; 17,3b Num 14,3) e
751

vuole tornare in Egitto (Num 14,4). La ribellione


sorge per il fatto che si interpreta erroneamente la
storia della liberazione come storia di rovina, ten
dendo perci ad abolirla.Essa quindi diretta fon
damentalmente contro Jahwe (vd. sp.), anche
quando si rivolge contro i capi (Num 16,11), e
vede in Jahwe e nei suoi rappresentanti dei per
vertitori anzich dei salvatori. Il termine n rivela
perci alle radici della teologia delfAT un tipo di
peccato per il quale il popolo di Dio nella sua to
talit, fraintendendo per cecit e impazienza il suo
Dio nei pericoli del deserto, ossia nel periodo in
termedio che va dalla liberazione (esodo) alla rea
lizzazione (conquista), rifiuta ci che Dio ha ope
rato per la sua liberazione e perci anche la sal
vezza futura. Questo tipo di rivolta chiama in giu
dizio il Dio salvatore ( unaccusa pregiudiziaria
che porta al processo) e respinge in blocco la sal
vezza. Essa quindi mortale per i ribelli (Num
14,27ss.).
In Gios 9,18 il popolo si ribella contro i capi che hanno
violato delle tradizioni sacre. 11 contesto cerca di giusti
ficare in qualche modo questa ribellione, senza riuscirvi
del tutto.

Per la questione in generale cfr. G.W.Coats, Rebellion in th Wilderness, 1968.


5/ Le attestazioni di Qumran (vd. sp. 1) sup
pongono una condotta ribelle (IQ H 5,25 par. srr
essere testardo ).
I LXX traducono ln con (Sia )yoYYi^etv, in
troducendo il significato pi attenuato di
mormorare , che si trova anche nel NT (cfr.
ICor 10,10; cfr. K.H.Rengstorf, art. yoyyuCco,
ThW 1,727-737 = GLNT 11,565-592). R.knierim

01-6 Ujm ni. COMBATTERE - KHS


$ba\

TT

TO1? Im d IMPARARE
1/ Lebr. Imd q. abituarsi, imparare e il pi.
insegnare hanno corrispondenti in acc. (AHw
531s.), in ug. (WUS nr. 1469; UT nr. 1385) e in et.
(Dillmann 35). La forma corrente in aram. 7/?
essere abituato, imparare (cfr. DISO 15), che
come aramaismo passato anche nellebr. (q.
Prov 22,25; pi. insegnare Giob. 15,5; 33,33;
35,11; Wagner nr. 18).
Un diverso significato unirsi, attaccarsi si incontra
nel medioebr. e nel sir. ed probabilmente iri relazione
con lug. nidi (J.C.Greenfield, Bibl 45, 1964, 527-534;
UT nr. 1429; diversamente, in precedenza, M.H.
Goshen-Gottstein, Bibl 41, 1960, 64-66).

Oltre al qal si ha il fattitivo Imd pi. abituare, in


segnare (Jenni, HP 22) e il suo passivo pu. ve
nire abituato, ammaestrato. Derivazioni nomi
nali sono limmd scolaro, discepolo , malmd

ID 1?

Imd

IMPARARE 752

pungolo o sim. (Giud 3,31), e talmJci sco


laro (lCron 25,8; Wagner nr. 326) che proviene
dallacc.
2/ Imd q. si trova nellAT 24x (Deut 7x, Is 5x),
il pi. 57x (Sai 23x, Deut lOx, Ger 9x), il pu. 5x,
Hmmd 6x (Is 4x, Ger 2x), malmad e talmid lx
(vd. sp. 1). La radice ricorre complessivamente in
94 passi, cos distribuiti: 27 in Sai, 17 in Deut, 15
in Ger, 13 in Is (negli altri libri da 0 a tre volte).
3/ Tutti quanti i passi si spiegano bene in base
al significato primario q. abituarsi, imparare,
pi. abituare, far esercitare, insegnare . Pur pre
valendo nellAT luso della parola in contesti
etico-religiosi, si possono tuttavia individuare al
meno tre ambiti nei quali Imd si riferisce allatti
vit dellinsegnare e del rapprendere nella vita
quotidiana: (1) rammaestramento degli animali,
(2) lesercitazione militare, (3) linsegnamento e
lesercizio del canto.
1) A differenza di jrh hi. istruire, insegnare,
dove si suppone sempre !a comunicazione verbale
(Prov 6,13 attraverso segni; per la delimitazione di
jrh hi. nei confronti di Imd -tor e cfr. Jenni, HP
119-122), Imd si trova anche riferito ad animali:
Ger 31,18 pu. come un vitello non domato >v; Os
10,11 pu. Efraim somiglia ad una giovenca ad
domesticata, che ama trebbiare ; cfr. anche
malmd pungolo (Giud 3,31 ; un significato pri
mario stimolare, pungere o sim. non evi
dente, cfr. Rudolph, HAT 12,195, contro
M.D.Goldman, ABR 1, 1951, 139, e Greenfield,
l.c., 530, contro G.R Driver, FS Ntscher 1950,
52). Ez 19,3.6 egli (il leoncello) ha imparato a
depredare) gi vicino al gruppo seguente.
2) In molti passi Imd legato allapprendimento e
allesercizio dellarte della guerra (qal: Is 2,4 = Mi
4,3 essi non impareranno pi Parte della
guerra ; lCron 5,18 lemd mi/hcim addestrarsi
alla battaglia; pi.: Giud 3,2 per insegnare loro
larte della guerra, almeno a coloro che prima non
ne erano esperti ; 2Sam 22,35 = Sai 18,35 che
addestra le mie mani alla battaglia; Sai 144,1
che addestra le mie mani allassalto ; pu.: Cant
3,8 esperto in guerra ; diversamente Greenfield, l.c., 532s.).
3) Un terzo gruppo di testi riguarda lapprendi
mento intellettuale, come pure lesercizio del
canto (pi.: Deut 31,19.22 canto di Mos, 2Sam
1,18 lamento funebre di Davide; Ger 9,19 lamento
delle figlie di Sion; Sai 60,1 titolo del salmo; pu.:
lCron 25,7 esperti nel canto di Jahwe cfr. v. 8
talmd).

Imd pi. non indica solamente linsegnamento di


tipo intellettuale: ci chiaro nei passi di Geremia
ove si parla di un abituarsi al male, alla menzogna,
al servizio di Baal ecc. (pi.: Ger 2,33; 9,4.13; 13,21;
Hmmd avezzo 13,23). Un senso del tutto sco
lastico possiede Imd pi. in Dan 1,4 (i paggi della
corte di Nabucodonosor devono imparare la scrit
753

IO1? Imd IMPARARE

tura e la lingua dei caldei), ma per il resto si parla


ben poco di un insegnare e di un imparare istitu
zionalizzati (cfr. p.e. il part. pi. sostantivato
melammd nel significato di maestro Sai
119,99 par. gli anziani al v. 100; Prov 5,13 par.
mrce, part. -jrh hi.; inoltre talmd scolaro
lCron 25,8 lesperto [mbJn, bin] e lallievo ).
Oltre al sapiente (Prov 12,9) soprattutto il padre
che ha il compito di insegnare ai suoi tgli (Deut
4,10; 11, 19; cfr. 31,13 q.; per Cant 8,2 istruire
detto della madre o, con significato erotico, della
persona amata, cfr. Gerleman, BK XVIII,212, ma
anche Rudolph, KAT XVII/2,178).
4/ Imd q. non un vocabolo frequente nella tra
dizione sapienziale (Prov 30,3 [txt?] non ho ap
preso la sapienza , in senso contrario p.e. Gemser, HAT 16,102; G.Sauer, Die Spruche Agurs,
1963, 99: ma allora imparai la sapienza ) e nep
pure nella predicazione profetica (Is 1,17 impa
rate a fare il bene; 26,9.10 la giustizia; 29,24 la
saggezza; Ger 10,2 il cammino dei popoli; 12,16 le
vie del mio popolo); esso per in 6eut e in Sai 119
fa parte di quei verbi tipici che indicano losser
vanza della legge (imparare a temere Jahwe: Deut
4,10; 14,23; 17,19; 31,12.13; gli statuti e i decreti:
Deut 5,1; similmente Sai 119,7.71.73; non abi
tuarsi agli abomini delle nazioni: Deut 18,9; cfr.
Sai 106,35 ed impararono le loro opere ; N.Lohfink, Das Hauptgebot, 1963, 68.299-302).
Imd pi. usato in senso strettamente teologico
solo in antiche celebrazioni inniche di Jahwe, che
addestra il re alla battaglia (2Sam 22,35 = Sai
18,35; Sai 144,1); inoltre ricorre nella tradizione
profetica pi recente e in alcuni testi dei salmi nei
quali si parla di Jahwe come di un maestro (Is
48,17 che ti insegna quello che giova ; Ger
32,33.33 per quanto io li istruissi premurosa
mente e incessantemente; Sai 71,17; 94,10.12;
cfr. Ip pi. Giob 35,11), al quale per nessuno ha
qualcosa da insegnare (Is 40,14.14; Giob 21,22).
Anche qui il Deut, oltre che alcuni salmi (so
prattutto Sai 119), il luogo dove Imd pi. usato in
modo caratteristico con Dio o luomo come sog
getto e con termini che esprimono la volont di
Dio come oggetto ( statuti e decreti , timore di
Jahwe , via ecc.). Mos insegna ad Israele, in
nome di Jahwe, gli statuti e i decreti, che gli israe
liti a loro volta insegnano ai loro figli (Deut
4,1.5.10.14; 5,31; 6,1; 11,19; inoltre Deut 6,7 snn
pi. inculcare ; cfr. 20,18 il rifiuto di influssi pa
gani); nei salmi Dio che insegna (Sai 25,4.5.9;
119,12.26.64.66.68.108.124.135.171 ;132,12;
143,10), pi raramente lorante (Sai 34,12 come
maestro di sapienza; 51,15). Infine Esdra viene
presentato, come maestro degli ordinamenti e
della legge (Esd 7,10), e secondo il Cronista Giosafat manda maestri della legge nelle citt di
Giuda (2Cron 17,7.9.9). Nel vocabolario sapien
ziale si incontra spesso 'Ip pi. (Giob 33,33) o
jsr.
1 limiti dellinsegnamento umano vengono messi
in luce soprattutto dai profeti: Is 29,13 pu. parla di
754

statuti umani appresi , e quando si parla della


nuova alleanza e della legge scritta nei cuori si
dice che linsegnamento reciproco nel tempo della
salvezza sar superfluo (Ger 31,34).
K.H.Rengstorf, ThW IV,428ss. (= GLNT
Vl,1150ss.), ha posto in luce che nelPAT quando
si tratta di uomini di Dio non si parla mai di un
rapporto tra insegnante ed allievo, oppure tra mae
stro e discepolo. U sost. limmd discepolo, al
lievo indica tuttal pi il discepolo di un profeta
in Is 8,16, un passo del resto di contenuto oscuro;
altrimenti con il termine limmd si indicano co
loro che sono istruiti direttamente da Dio (ls
50,4,4 il servo di Dio che parla ed ascolta; 54,13
Itxt em] i costruttori della nuova Sion).
5/ Nei testi di Qumran il termine ricorre soprat
tutto in relazione alla guerra e quando si parla di
sapienti e di scribi (Kuhn, Konk. lllb ). Per i
LXX, il tardo giudaismo e il NT cfr. K.H.Rengs
torf, art. {j.av0v<*), ThW IV, 392-465 (= GLNT
VI,1053-1238); id., art. 8i8cxaxG),ThW 11,138-168
(= GLNT 11,1093-1172); K.Wegenast-L.Coenen,
EJenn
art. Lehre, ThBNT 11,852-867.

n p b Iqh

PRENDERE

1/ Iqh prendere appartiene al semitico co


mune, ma nelle lingue pi recenti viene sostituito
ampiamente da altri verbi (arab. aqiha concepire
I in senso sessuale] e '(jd prendere ; sir nsh,
sqf\cfr. KBL 1101 b per Param. bibl. ns').
Per le attestazioni degli ambienti contemporanei alPAT
cfr. AHw 544-546 (acc. lequ)\AHw 537b (aqhu, pre
stito can. in EA 287,56); WUS nr. 1482; UT iir. 1396
(ug. Iqh, frequente); DISO 139s. (fen. pun., moab., let
tere di Lachis, giaud., aram. antico e imperiale Iqh).

II passivo del qal dato dal ni. e dal pu. (che un


passivo qal); si ha inoltre Iqh hitp. con un signifi
cato particolare (afferrarsi qua e l =) guizzare
(detto del fuoco). Anche i sostantivi che ne
derivano hanno in parte significati molto specifi
ci: Icqafj dottrina, scienza (apprendimen
to come termine tipico della tradizione sapien
ziale), malq<Jh bottino (linguaggio militare),
tnalqhajim fauci (duale), mcelqhjim mol
le (duale), miqqh accettazione (nome di
azione), maqqaht merci (linguaggio commer
ciale).
2/ Il qal del verbo ricorre 939x (Gen 137x, Es
79x, ISam 74x, Num e 2Re 70x, Ger 63x, Ez 62x,
Lev 56x, Deut 45x, Giud 43x, 2Sam 39x, 1Re 38x,
Gios 22x, Prov 19x, Is 17x, Giob e 2Cron 16x,
lCron 15x, Sai I3x, Os 9x, Zac e Neem 7x, Am
6x, Est 4x, Rut 3x, Mi e Sof 2x, Gioe, Giona, Agg,
Mal ed Esd lx, manca in Abd, Nah, Ab, Cant, Ec
cle, Lam e Dan); tre quarti dei passi si trovano nei
libri storici. Inoltre ricorrono: Iqh ni. lOx, pu. (qal
755

pass.) 15x, hitp. 2x; Iceqah 9x (Prov 6x, e inoltre


Deut 32,2; Is 29,24; Giob 11,4, in contesti sapien
ziali), malqali 7x, (Num 31,1 ls.26s.32; Is
49,24s.), malqhajim lx (Sai 22,16), mcelqhjim
6x, miqqh lx (2Cron 19,7), maqqht lx (Neem
10,32).
3/ a) Iqh (costruito con Pacc. e be) significa an
zitutto prendere, afferrare, cogliere (con le
mani). Oggetti del verbo sono: bastone (Es
4,17.20; 17,5; 2Re 4,29), tavole (Es 34,4), lancia
(Num 25,7; 2Sam 18,14), frutti (Deut 1,25), ascia
(Giud 9,48), cetra (ISam 16,23), verga (ISam
17,40), viveri (IRe 14,3; 17,11), doni (2Re 5,5;
8.8.9), sacchetto del danaro (Prov 7,20), animali
per lofferta (Gen 15,9.10; ISam 16,2), e altro, p.e.
Gen 22,6; 32,14; 43,12; Giud 7,8; ISam 16,2; Ger
38,10.11; cfr. anche passi come Gen 8,9 egli
stese la mano, la afferr (la colomba; Iqh) e la tir
dentro .
I sinonimi di Iqh in questo significato sono elencati sotto
7/z 3; inoltre cfr. hzq hi., ns' per una parte dei signi
ficati, e anche i verbi pi specifici rdh II prendere (in
mano) (Giud 14,9.9; Ger 5,31?), qms prendere una
manciata (qnurs) (Lev 2,2; 5,12; Num 5,26).*

b) In senso pi pregnante il verbo significa sot


trarre, portare via, portare con s ed ha per og
getto: beni (Gen 14,11; 34,28; cfr, Gios 7,23; ISam
27.9), benedizione (Gen 27,35), uomini (Gen
42,24.36), terra (Deut 3,8; 29,7; Giud 11,13.15),
cadaveri (ISam 31,12), vestiti (Prov 27,13)ecc.; in
contesto militare: occupare (citt, territori)
(Num 21,25; Gios 11,16.19; Am 6,13 ecc.); cfr. an
che il sost. malqah bottino .
I verbi sinonimi sono qui particolarmente numerosi; cfr,
p.e. oltre a jrs e tps soprattutto Ikd afferrare, pren
dere (q. 83x, ni. 36x [incl. Is 8,15, in Lis. sotto qal],
hitp. attaccarsi strettamente Giob 38,30; 41,9; Icekced
laccio Prov 3,26; mafkdcei cappio Giob 18,10);
inoltre 'sp raccogliere, mietere , in alcuni passi por
tar via (p.e. Gen 30,23; Giud 18,25; ISam 14,19; 15,6;
Is 4,1; Ger 16,5; Sof l,2s.; Sai 26,9; 85,4; 104,29; Giob
34,14), $/ q. (porre da parte =) portar via (Num
11,17.25), grz ni. essere sottratto, gr q. (accor
ciare -) sottrarre (Deut 4,2; 13,1 ecc.),//; q. portare
via (?) (Is 28,17), sph q. afferrare, portar via (Gen
18,23.24; Deut 29,18; Is 7,20; Sa! 40,15; ni. pass. 9x); si*
gnificato pi specifico hanno gzl e hip rapire , gnb
rubare .*

c) In un senso meno attivo, Iqh pu venire tra


dotto con accettare, ricevere (dalle mani di qual
cuno) . Oggetto del verbo sono p.e.: agnelli (Gen
21,30), danaro(Gen 23,13), doni (Gen 33,10), cor
ruzione (Es 23,8; Deut 10,17; 16,19; Ez 22,12; Sai
15,5), riscatto (Num 35,31.32; Am 5,12), regali
(2Re 5,15.20), istruzione (Giob 22,22), correzione
(Ger 2,30; 5,3; 7,28; 17,23; 32,33; 35,13; Sof 3,2.7;
Prov 1,3; 8,10) ecc.; cfr. anche il sostantivo miq
qh accettazione di doni (2Cron 19,7, a scopo
di corruzione).
Come sinonimo va ricordalo qbl pi. accettare, rice
vere (1 lx, solo in testi tardivi, cfr. Wagner nr. 250).
n p b

Iq h

PRENDERE 75

d) Costruito con laccusativo e con !e il verbo siIm gnifica prendere qualcosa/qualcuno per/come :
come schiavo (Gen 43,18; 2Re 4,1; Giob 40,24),
come figlia (Est 2,7,15; cfr. G.Rinaldi, BeO 9,
1967, 37s.; H.Donner, OrAnt 8, 1969, 104s.), in
moglie (Gen 4,19; 6,2; 11,29; 12,19; ISam 25,43
ecc., in fornia ellittica Iqh sposare : Es 2,1; cfr.
inoltre Es 21,10; 34,16; in testi tardivi ns' al po
sto di Iqh: Rut 1,4; Esd 10,44; 2Cron 11,21; 13,21;
in forma ellittica Esd 9,2.12; Neem 13,25 ecc.; altri
termini paralleli in W.PIautz, ZAW 76, 1964,
31 ls.).

re(Os 13,11), il resto di Giuda (Ger 44,12), cfr. an


che Am 93;
(5) portar via qualcosa, annunciandolo in un ora
colo di salvezza: il calice dellebbrezza (Is 51,22);
(6) nel lamento: afferrare (Ger 15,15; cfr. Giona
4,3), prendere per salvare (2Sam 22,17 = Sai
18,17);
(7) usi particolari sono: Jahwe non accetta corru
zione (Deut 10,17), egli si vendica (Is 47,3), egli
prende una nazione dal settentrione (Ger 25,9),
egli toglie il suo santo spirito (Sai 51,13).

e) In senso traslato si incontrano espressioni


come Iqh nqml n'qm vendicarsi (Is 47,3;
Ger 20,10); Iqh hcerp prendere su di s lignomi
nia (Ez 36,30); Iqh1amnm (Prov 2,1) opp. dbr
(Ger 9,19) accogliere le parole (Giob 4,12 smczs sussurro? ), cfr. a questo proposito il so
stantivo Icqah dottrina, persuasione, scienza ;
Iqh
esaudire la preghiera (Sai 6,10); Iqh
lammcrwcet trascinare alla morte (Prov 24,11);
Iqh ncfass prendere la vita (Ez 33,6; Giona 4,3;
Sai 31,14; Prov 11,30 txt?); Iqh assoluto rapire
(Is 57,13; Ger 15,15; 43,10).

b) Va sottolineato inoltre luso assoluto di Iqh nel


senso di rapire in Gen 5,24 (Enoc) e 2Re 2,3.5
(Elia).

0 Nella maggior parte dei passi il verbo non viene


usato in senso specifico e, se seguito da un se
condo verbo, serve solo a preparare unaltra azione
pi importante, Cfr. p.e. Gen 2*15 Jahwe Dio
prese luomo e lo pose nel giardino ; 6,21 pren
diti ogni sorta di cibo e fattene una provvista ;
Gen 9,23; 11,31; 12,5; 16,3; 17,23; 18,7.8; Deut
4,20; 15,17; 2Sam 17,19; 18,8 e molti altri passi.
Talora Iqh si presenta in forma ellittica: prendere
(e portare) = andare a prendere : Gen 7,2; 18,5;
27,13; 42,16; Es 25,2; 35,5; 2Re 2,20 ecc,; man
dare a prendere: Gen 20,2; 27,45; ISam 17,31;
Ger 38,14; 40,2.

4 / a) Piuttosto raramente Dio soggetto


del verbo (circa 50x); la maggior parte dei casi si
trova stranamente nei libri profetici e poetici dellAT, i quali complessivamente usano que
sto gruppo molto meno che i libri storici (vd.
sp. 2). Il verbo viene usato in alcuni contesti par
ticolari:
*
(1) quando si parla di Jahwe in maniera antropo
morfica (Gen 2,15.21.22);
(2) prendere nel senso di eleggere : Abramo
(Gen 24,7; cfr. Gios 24,3), Israele dallEgitto
(Deut 4,20; cfr. Os 11,3), Davide (2Sam 7,8 =
ICron 17,7; Sai 78,70), Amos (Am 7,15), Zorobabele (Agg 2,23), leviti (Num 8,16,18; 18,6); cfr. Es
6,7 accogliere come popolo e anche Deut 30,4;
ls 66,21; Ger 3,14;
(3) accogliere offerte (Giud 13,23; Sai 50,9; cfr.
Sai 68,19 e Giob 35,7), accogliere preghiere (Sai
6 , 10);
(4) portar via qualcosa, annunciandolo con una
sentenza: donne (2Sam 12,11; Ez 24,16), il regno
(Re 11,34.35.37; 19,4), grano e vino (Os 2,11), il

757 ONE) m 's RIFIUTARE

Con il verbo acc. lequ, analogo a Iqh, si descrive anche il


rapimento di Utnapistim nellepopea di Gilgames
(E.Schrader, Die Keilinschriften und das AT, J1903, 551;
B Meissner, Babylonien and Assyrien, II, 1925,149); per
i rapimenti in ambiente greco cfr. F.R.Walton, RGG
Il,499s.

Non chiaro se si debba supporre lo stesso signi


ficato anche in Sai 49,16 e 73,24 (cfr. i comm.;
C.Barth, Die Errettung vom Tod& in den individuellen Klage- und Dankliedem des AT, 1947,
158-163; diversamente V.Maag, Tod und Jenseits
nach dem AT, SThU 34, 1964, spec. 26ss.; von
Rad I,403ss.).
Se esatto il nome di persona L iqh in ICron 7,19 (di
versamente Noth, IP nr. 818; cfr. GB 390b), allora esso
va citato qui, in quanto forma ridotta di *L eqahj
Jahwe ha rapito (KBL 486a).

5/ Per quanto concerne luso del verbo (e del


nome Icqah nel significato di insegnamento ,
IQS 11,1) a Qumram, non c da segnalare alcuna
particolarit. Per il verbo usato nei LXX e nel NT,
Xa(jLpdcvei.v, nel quale il significato passivo ( ac
cogliere, ricevere ) ancora pi evidente che
non nellebr. Iqh, cfr. O.Delling, art.
ThW IV,5-16 (= GLNT VI,21-50). t.H.Schmid

o m

m 's

RIFIUTARE

1/ 1/ m9s ricorre oltre che nellAT anche


nellambito linguistico del medioebr. e delParam.
giud. Lacc. masu (ass. mas'u) dimenticare va
distinto dallebr. m's (in ebr. corrisponde a nshy
AHw 63la). Lo stesso vale anche per lacc. msu
abbattere e msu disprezzare (la grafia con
e esclude un verbo di media alef, cfr. G A p 98a),
bench il significato di msu nelle sue varie acce
zioni coincida ampiamente con quello di m's.
Per le eventuali corrispondenze arab. (manosa to think
little of [ dare poca importanza a 1 e ma'sun one
who rejects advice I colui che non si lascia consi
gliare 1) vd. A.Guillaume, Abr-Nahrain 1, 1959, 11; 4,
1963/64(1965), 8
Oltre a mrs I l'AT presenta al ni. una radice m's II pas
sare (forma secondaria di mss).

758

2/ NelPAT il verbo possiede,oltre al qal, il ni.


con significato passivo essere respinto . Non si
hanno derivazioni nominali; solo in Lam 3,45
finf. assol. qal usato come sostantivo: ci hai
resi esseri esecrabili (m's par. sehT spazza
tura, rifiuto ).

caratteristico a questo riguardo che nei LXX si trovi


uno straordinario numero di equivalenti: dbr<oOo(jjai
rigettare, respingere (19x), oo8eva> e sim. te
nere in nessun conto, disprezzare ( I6x). noflwi riiicliarc (7x). irreiO*! essere insubordi
nato t4x), drroTTototxoti levare di mezzo (3x),
inoltre tre altri \>erbi con due passi ciascuno e 13 tradu
zioni con altri vocaboli.

II/ Il verbo m's viene usato nelPAT in contesti


profani (Pr) e teologici. Nel luso teologico il sog
getto pu essere Jahwe (vd. st. IV/2a-h), ma an
che Israele o un altro termine collettivo oppure un
singolo (vd. st. lV/la-c), per cui si pu distin
guere un uso teologico con soggetto Dio (TD) e
un uso teologico con soggetto un uomo (TU)
quali autori del rifiuto (in tal senso non si pu
tracciare una linea d separazione precisa tra Pr e
TU). Il prospetto generale si presenta cosi (fra pa
rentesi i passi con m's ni ):

b) Un quadro analogo offrono i termini paralleli,


gli opposti e altri vocaboli dello stesso campo se
mantico di ms, che sono particolarmente adatti a
chiarirne il senso.

Pr
Lev
Num
Giud
1Sani
2Rc
Is 1-39
Is 40-55
Ger
Ez
Os
Am
Sai
Giob
Prov
Lam
AT

TD
1

TU
2
2

4
2

5
1
4

4
-m
i (i)
2

1
8

2
1
4
3

1(1)
7
1

17(3)

3
29

2
4
1
1
2
1
1

26

totale
3
2
1

3
8
10)
11(1)
6
3
2
7(1)
II
2
3
72(3)

Lattestazione pi antica si dovrebbe trovare in Giud


9,38 (Pr, ancora premonarchco). La distribuzione del
termine nellAT di scarso rilievo. Sorprendente tut
tavia la totale mancanza nelle antiche fonti scritte del
Pentateuco (Num 11,20 unaggiunta). Va notata la re
lativa frequenza in ISam, ls e Ger. 1 passi di Giobbe in
dicano che m's rest a lungo radicato nella lingua quo
tidiana, anche quando era diventato da tempo un ter
mine teologico (cfr. in proposito LJ.Kuyper, VT 9,
1959,91-94).

I li/
1/ a) Il verbo pu essere usato in modo
assoluto (Giob 42,6 ritrattare ), ma di solito
costruito con be o (pi frequentemente) col sem
plice accusativo. Non si pu dire su che cosa si
fondi la distinzione tra questi due usi possibili (cfr.
GK. 117uv.ll9k e BrSynt 106d).
In base al contesto m's esige una traduzione dif
ferenziata. Certamente lo sviluppo semasiologico
gravita attorno al concetto teologico del rifiuto.
Tultavia altri sensi possibili sono: disprezzare,
disdegnare, sdegnare, scacciare, respingere, non
stimare, non volere, ritrattare. Anche nelPuso
teologico si deve usare con precauzione la tradu
zione rifiutare , che determinata dal suo op
posto scegliere ; m's ancor meno di bhr un
termine tecnico di un sistema teologico, con signi
ficato rigorosamente circoscrtto.
759

Termini paralleli sono gV detestare (Lv 26,15.43.44;


Ger 14,19), n*s disdegnare (Ts 5,24 pi.; Ger 33,24
q ), -i*b pi. detestare (Giob 19,19), nts abbando
nare (ISam 12,22; ls 2,6; Ger 7,29; 12,7; 23,33.39; Sai
78,59s.), bzh disprezzare (ISam 15,9 txt em), sur hi.
eliminare (2Re 17,18.23; 23,27), prr hi. bert rom
pere il patto (Lev 26,15; Is 33,8). ikh dimenticare
(Os 4,6.6), znli respingere (Sai 89,39), sny odiare
(Am 5,21), S//r hi. mippen scacciare dal proprio co
spetto (2Re 17,20).
Gli opposti sono: bhr eleggere (ISam 16,8; 2Re
23,27; Is 7,15s,; Sai 78,67s.; 106,23; Giob 34,33), -r'h
scegliere (ISam 16,1), jd* conoscere, darsi cura
di (Giob 9,21), hsb tenere in conto, osservare (Is
33,8).
Nel l'ambito di ms si trovano: mrh essere ostinato
(Ez 5,6), r hitp. im essere sdegnato per (Sai 89,39),
qsp adirarsi (Lam 5,22), liq sottovalutare (Giob
10,3), dbr pi. be schernire (Giob 19,18), q$ essere
disgustato (ls 7,16). Rigettare gli ordini di Jahwe
equivale a dimostrarsi ostinalo (mrh hi.) contro la
legge di Jahwe e non camminare nei suoi precetti (Ez
5,6; cfr. 20,13.16; 2Re 17,19), non compiere i suoi co
mandamenti (Ez 20,24) opp. non osservarli (2Re 17,19;
Am 2,4). Il rifiuto della tor di Jahwe consiste nel
fatto che non la si ascolta (qsb hi., Ger 6,19). Rigettare
gli ordini di Jahwe significa essere di dura cervice
(qsh hi. 'r(jefs 2Re I7,14s.)ecc.

c) La gamma piuttosto ricca degli usi possibili in


dica che si pu assumere come significato prima
rio: non voler aver nulla a che fare con ; la co
struzione del verbo con be potrebbe essere origina
ria. Nellidea espressa dal verbo vi un aspetto ir
razionale con una forte carica emotiva; si rifiuta
qualcosa perch internamente non si pu e nonNsi
vuole identificarsi con essa.
La ragione di questo atteggiamento non occorre che sia
espressa e spesso non nemmeno possibile esporla con
chiare motivazioni. Tuttavia si deve tener presente la
traduzione relativamente frequente di m's con zi?ti
Sgvcci) nei LXX: si detesta qualcosa perch si scoperto
che non ha alcun valore. 7ro8oxi[j.dco ancora pi
chiaro in questo senso: il verbo semplice significa
esaminare, provare (fiy-ijxoc; provato, sperimentato,
fidalo, degno di fede ), e quindi il composto vuol
dire rifiutare nella prova, trovare senza valore
(cfr. W.Grundmann, art. Sxt^oc, ThW 11,258-264 =
GLNT 11,1403-1418). ' Questo appunto il senso
delPebr. m's, cfr. Sai 118,22; Giob 30,1 oppure Giob
19,18. Si sceglie il bene e si rifiuta il male; Puomo
deve essere maturo a tal punto da poter fare questa
scelta, che presuppone unequivalente capacit di
giudizio. Se Israele disdegna la terra (Num 14,31),
perch ritiene (anche se erroneamente) che la terra

OKQ m's RIFIUTARE

760

sia pericolosa. Laspetto emotivo del verbo . ben esem


plificato in Ger 4,30 (di una donna violentata nessuno
vuoi pi saperne) e cos pure in Is 54,6: un uomo pu ri
pudiare la propria moglie, forse perfino (a donna amata
in giovent, ma questo comportamento sarebbe del
tutto incomprensibile e innaturale. E chiaro che in que
sto caso si cercher di giustificare con precise ragioni tale
azione dettata dalla passione. Daltro lato Gaal, giudi
cando Abimelech e il suo esercito insignificanti da un
punto di vista militare (Giud 9,38), d una valutazione
che offuscata da unincontrollata ambizione. Giobbe si
lascia trascinare a dichiarare che disprezza la vita (Giob
7,16; 9,21), ritenendo di potersi basare su validi motivi,
ma i suoi interlocutori contestano lesattezza del giudizio
sulla sua situazione. Ger 6,30 indica per che il ri
fiuto pu fondarsi su un giudizio provato e consolidato
dallesperienza {kcesccfnim's, ov. argento che fondendo
si dimostra inutilizzabile).

Da quanto si detto consegue che il soggetto di


m's pu fare del proprio sentire la misura del suo
rifiuto autonomo di una persona o di una cosa, ma
che in altri casi la sua decisione pu essere presa
in base a motivazioni tratte da una norma ricono
sciuta o da esperienze controllabili. Non si pu
tuttavia negare che da un lato si cerca di giustifi
care lazione dettata dallemotivit, e che dallaltro
il rifiuto, che si basa in apparenza su motivi chiari
e razionali, di fatto guidato dallemozione.
2/ Un uso speciale di ms si riscontra nella vi
sione etica legata al mondo sapienziale. Quello di
cui si lamenta Giobbe, e cio che i fanciulli lo di
sprezzano e i parenti lo disdegnano (Giob 19,18s. ),
contrario allordinamento morale secondo cui i
giovani devono onorare gli anziani (cfr. 30,1) e i
parenti devono aver cura luno dellaltro, Lo
stesso vale per il disprezzo del diritto di un servo
o di una serva (31,13). Luomo non libero di sce
gliere o di rifiutare a suo piacimento (Giob 34,33),
poich la volont di Dio che determinante (cfr.
anche Giob 36,5 txt?). Solo lempio non rifiuta
quel che male (Sai 36,5), mentre il timorato di
Dio respinge chi opp. ci che ripudiato (da Dio?;
Sai 15,4, testo e interpretazione controversi) e di
sdegna i guadagni estorti (ls 33,15). Il saggio (opp.
il pio) sa che la sua vita pu essere ricca di suecesso (o d benedizione) solo se essa resta nel solco
dellordine stabilito; egli non disprezza la corre
zione e si considera piccolo con la modestia che
gli conviene (ws, Prov 15,32). Insegna ai suoi figli
a non disprezzare la correzione delfOnnipotente,
poich l'ammonizione di Dio sar benefica (Prov
3,11; Giob 5,17). L'uomo deve essere grato
quando Dio lo richiama allordine con la corre
zione .
Su questo punto Israele si trova inserito nelle tradizioni
sapienziali delFantico Oriente. Si pu confrontare p.e. la
Teodicea bab. r. 78-81: vero, o dotato dintelligenza,
che... hai rifiutato la verit (kitta ta-at-ta-du, da nad
Gin gettare) e non ti sei curato dellordine divino,
che nel tuo cuore non hai desiderato osservare i santi riti
del dio, che i veri culti della dea disprezzi nel tuo in
timo) ( temsu, da tnsu, completato nel finale, B.Landsberger, ZA 43,1936, 54) . Oppure in un'iscrizione se
polcrale egiziana si pu leggere: Io ho usato giustizia e

761

OKD m's RIFIUTARE

rifiutato lingiustizia, io ho conosciuto... in che cosa


(Dio) si compiace (F. von Bissing, Altag. Lebensweisheit, 1955,146ss.); ... io sono uno che... presta ascolto
alla giustizia, e respinge dal cuore il male (l.c., 150);
io non ho fatto quello che il dio detesta, ma ci che gli
uomini lodano e di cui gli dei gioiscono (l.c., 154).

IV/ 1/ a) 1confini tra il disprezzo debordine


del mondo e il disprezzo della volont divina
esplicitamente manifestata sono naturalmente in
certi. La volont di Dio si rivela ad Israele anzi
tutto come un complesso di esigenze espresse da
un determinato rappresentante, un sacerdote o un
profeta, che ritiene di annunciare linsegnamento
(tor) o la parola (dbr) di Jahwe. Il rifiuto della
volont di Dio si manifesta quindi nel disprezzo
deirinsegnamento e della parola. Saul rifiuta la
parola di Dio come gli stata presentata da Sa- ,
muele. Osea deve accusare il popolo per aver ri
fiutato la conoscenza (Os 4,6; cfr. N.Lohfink,
Bibl 42, 1961, 303-332, particol. 320ss.). Isaia
fonda il giudizio che annunzia sul rifiuto
deirinsegnamento di Jahwe (Is 5,24, par. al di
sprezzo della parola del Santo dTsraele, con cui
sintende non una data legge, ma la parola profe
tica legata ad una determinata situazione). Le alter
native di ms, ossia 'mn hi. avere fiducia e s'n
ni. 1al appoggiarsi a (cfr. ls 10,20) dimostrano
che lopposto di ms non unobbedienza orientata
verso la legge, e che la fede sarebbe unauten
tica risposta allinvito profetico. Quando si dice che
Isaia rinfaccia al popolo di aver disprezzato le acque
di Siloe che scorrono placidamente, non si intende
parlare solo del rifiuto della concreta parola profe
tica, ma del rifiuto, -in esso racchiuso, della pro
messa salvifica di Jahwe ad Israele, quale si
esprime nella tradizione dellinespugnabilit della
citt di Dio. In altre parole, Israele dicendo di no
all'insegnamento di Jahwe dice di no anche alla co
noscenza, che gli viene comunicata, di essere pro
tetto da Dio.
Anche Geremia parla di rifiuto deirinsegnamento
di Jahwe, che porter con s solo sventura (Ger
6,19). Egli vede praticato questo rifiuto soprat
tutto dai saggi del suo tempo. Senza dubbio il
vero saggio avrebbe dovuto consultare proprio la
tor di Jahwe, ma c' una saggezza che, fon
dandosi sulla presunzione umana, crede di sapere
a priori cosa luomo deve o non deve fare, e si
chiude cosi la strada alla conoscenza di Dio.
Diversamente da Isaia e da Geremia, Ezechiele
parla effettivamente del rifiuto dei comandamenti
(mfsptJm, Ez 5,6; 20,13.16) o degli statuti
(huqqt, 20,24). Il modo di esprimersi diventa una
formula, e di tal natura sono anche le affermazioni
parallele ( non camminare negli statuti di
Jahwe, 5,6; 20,13.16). 20,16 p.e. indica in che
cosa consista tale rifiuto: i sabati di Jahwe sono
profanati e il cuore dIsraele aderisce agli idoli (cfr.
anche Lev 26,43). Risulta chiaro in tutto questo
Porientamento legalistico di Ezechiele rispetto ad
Isaia. Si deve per sottolineare che Ezechiele, no
762

nostante tutta la severit delle sue accuse, non


parla del rifiuto di Jahwe da parte del suo popolo,
e che nella seconda parte del suo libro il tema del
rifiuto scompare.
b) Il particolare tenore teologico del Deuteroisaia
fa s che in esso il tema del rifiuto non venga pi
trattato; qui ogni sforzo tende a rendere Israele
certo e contento della sua fede nellelezione (bhr
IV/3b).
11 Deuteronomista, quasi contemporaneo di Ez e del
Dtis, vuol invece far notare ad Israele che la catastrofe
del 587 non sopravvenuta accidentalmente o imme
ritatamente. Gi la creazione della monarchia, voluta a
tutti costi dal popolo, viene interpretata come un rifiuto
di Jahwe. Queir atto era stato, percosi dire, il peccato ori
ginale di lsraele(lSam 8,7; 10,19eOs9,15.17). Si usano
perci temi ini pi severi rispetto alla tradizione pi an
tica, che parlava in ISam 15,23ss. del rifiuto
della parola di Dio ad opera di Saul. Bisogna inol
tre chiedersi se la traduzione consueta rifiutare
non sia un po esagerata; non si pu parlare di un
abbandono assoluto di Jahwe (cfr. la traduzione
dei LXX con
considerare di poco va
lore). Analogamente Num 11,20 parla del di
sprezzo di Jahwe usando il verbo m's. In 2Re 17
il Dtr., dopo aver esposto la fine dei regno del
nord, traccia in sintesi quale stato il comporta
mento dIsraele; egli non ha ascoltato le ammoni
zioni che gli giungevano attraverso i profetica in
durito la sua cervice, ha disprezzato i comanda
menti di Jahwe ed ha servito gli idoli (v. 14ss.).
In questo modo il Dtr. si avvicina alla concezione
di Ezechiele; ma egli va ancora pi in l nel fon
dare la disobbedienza sulla mancanza di fiducia in
Jahwe e nellintenderla come un rifiuto del patto
che Jahwe aveva concluso con i padri. Egli cio
rinfaccia ad Israele di aver troncato il fondamen
tale rapporto di amicizia che Dio aveva stretto con
lui, Il v. 19 anticipa anzi che Giuda si reso col
pevole della stessa infedelt rispetto a Dio, ossia
rispetto alla controparte dellalleanza. Anche
nellinterpolazione dtr. di Am 2,1-4 si ritiene che
il giudizio che ha colpito Giuda sia fondato sul ri
fiuto della tor di Jahwe e sulla trasgressione dei
suo statuti, tor non pi qui linsegnamento
come in Is e in Ger, ma la volont di Dio nel suo
insieme, la legge, come indica la frase parallela, e
anche se il brano non accenna alla rottura dellal
leanza, si intende parlare della negazione delle
norme di vita stabilite da Jahwe (per la rottura
dellalleanza cfr. W.Thiel, VT 20,1970, 214-229).
c) significativo che con i! Dtr. cessi quasi compietamente luso del verbo m's con luomo come soggetto
(TU). Soltanto Num 14,31 e Sai 106 (v. 24), da esso di
pendente, dicono ancora che Israele ha disprezzato la
terra, mancando di fiducia in Jahwe. Tuttavia questo ap
partiene ad una storia passata gi da lungo tempo. La ge
nerazione di quel tempo fu punita per il suo dubitare,
ma i posteri hanno trovato misericordia; si parla ancora
di quei tempi malvagi per lodare le opere gloriose e le ge
sta potenti di Jahwe (Sai 106,2) e per rendersi certi della

763

validit dellalleanza. Naturalmente anche lIsraele postesilico si rende conto della sua infedelt, ma non si osa
pi spiegare questa disobbedienza come rifiuto della
legge o di Jahwe stesso. La scomparsa di m's anche dalle
accuse di minor importanza pu essere messa in rap
porto col fatto che il verbo aveva assunto un valore teo
logico sempre pi accentuato, consistente nel rinnega
mento di Jahwe. Un atteggiamento di Israele, che an
dava condannato con un rimprovero cosi duro, avrebbe
potuto evocare di nuovo, come reazione, il rifiuto del po
polo da parte del suo Dio. La comunit postesilica per
certa della sua elezione e sa di poter godere della prote
zione del suo Dio.

2/ a) Quando Samuele vede Eliab, figlio di


lesse, Jahwe dice a lui non lo voglio . Anche
per i vari fratelli di Eliab Dio dichiara: nemmeno
questo ho scelto ( ISam 16,7ss.). mys non pu es
sere tradotto qui con rifiutare , mentre si coglie
bene il suo significato rendendolo con non sce
gliere . Infatti pu essere rifiutato solo chi prima
stato scelto. Allo stesso modo va inteso m's in
Ger 2,37: la frase non pu essere tradotta, come di
solito, con: Jahwe ha rifiutato quelli in cui tu
confidavi , ma anche qui la traduzione migliore
: non li ha scelti .
b) Ma questi sono dei casi particolari. Normal
mente la traduzione rifiutare infatti esatta
per luso teologico in cui Dio soggetto, poich
loggetto colui che scelto da Jahwe, ossia il re,
il popolo o anche uno qualsiasi. Non quindi
strano che in Israele, come si parlato anzitutto
della elezione del re, si sia parlato anzitutto anche
del suo rifiuto. Questo avviene gi nella tradizione ,
di Saul di ISam 15; poich hai rifiutato la parola
di Jahwe, egli ti ha rifiutato come re (v. 23, cfr.
anche 16,1 pi recente). Si suppone senzaltro che
Saul sia un eletto. Tuttavia si deve gi osservare
qui che il rifiuto da parte di Jahwe non frutto
dellarbitrio divino; diversamente dalla scelta,
esso non dipende semplicemente dalla libert di
Jahwe. una reazione alla cattiva prova del re, la
quale non consiste in un fallimento politico-mili
tare (ISam 15 riporta al contrario una rilevante
vittoria di Saul); il ripudio di Saul il risultato di
un concreto atto di disobbedienza. In altri termini,
n il successo n linsuccesso sono la misura con
cui viene giudicato il re, ma il rispetto del diritto
di Dio di cui garante Samuele. Il problema del
come un eletto di Dio possa venir meno non in
teressa al narratore; in ogni caso egli ritiene che
lelezione non produca un carattere indelebile, che
non possa essere messo in questione dalla con
dotta errata delleletto.
c) Per la dinastiadavidica non si contempla la pos
sibilit di un rifiuto. In questo potrebbe riflet
tersi la diversa struttura del regno di Gerusa
lemme, che si era stabilito come monarchia eredi
taria. Solo una volta, in Sai 89,39s., sembra che
Jahwe esprima un no nei confronti della dinastia
davidica: ora tu hai respinto (znfj) e hai rifiutato
OKD/ h s RIFIUTARE

764

(m's), ti sei adirato (4br hitp.) con il tuo unto, hai


esecrato lalleanza con il tuo servo . 11 salmo deve
essere sorto in un periodo di estrema debolezza
dei re davidici, e da questa situazione di fatto si
conclude che i rapporti tra la monarchia e Jahwe
dovevano essere tesi. Tuttavia questo non signi
fica che Punto di Jahwe potesse perdere la sua po
sizione di privilegio, per esempio a causa della sua
infedelt. Lalleanza con Davide infatti unal
leanza per leternit (v. 5.29s.), la grazia di
Jahwe fondata per sempre , la sua fedelt
fondata nei cieli (v. 3). Perci v. 39s. non pu af
fatto significare una revoca delPelezione, e non fa
meraviglia che il salmo termini con Pinvocazione
a Jahwe di ricordarsi dellinsulto fatto al suo
servo.
Come nel Sai 89 si parla del rifiuto del re da parte
della divinit, cos anche neHambiente circostante si
pu parlare della divinit che si allontana dal re, e si
prega perch essa ritorni vicino a lui. Cos p.e. supplica
ssurnasirpal I in un lamento rivolto ad Itar: Volgiti
a me, o signora, poich a causa del tuo allontanamento
si potrebbe turbare il cuore del tuo servo . E come nel
Sai 89 ci si richiama allelezione di Davide, cos il re as
siro accenna alla sua posizione nei confronti della dea:
ssurnasirpal sono io, il tuo fervente servo, lumile,
colui che teme la tua divinit, lavveduto, il favorito...
(SAHC 265).

Questa concezione gerosolimitana discorda quindi


fortemente dalla tradizione di Saul,.come pure
dalle voci profetiche dellAT, che sottopongono la
monarchia ad una critica severa, quando addirit
tura non riconoscono neppure la sua legittima
zione divina (cfr. Os 8,4).
d) 1) Deuteronomio, sebbene parli ampiamente
dellelezione dIsraele (-bhr IV/2b), non fa parola
del rifiuto. Esso si batte perch Israele tragga dalla
sua elezione le necessarie conseguenze e la realizzi
cosi pienamente. Esso non considera per neppure
che lelezione possa essere soppressa; pensa che la
punizione sia severissima in caso di disobbedienza
(cfr. le maledizioni di Deut 28,16ss.), senza trarre
la conseguenza, in apparenza inevitabile, che
Jahwe potrebbe sciogliere di nuovo lalleanza.
Israele il popolo di Jahwe e lo sar per sempre.
La legge di santit, quasi contemporanea, non ha
paura di minacciare queste ultime conseguenze:
... se disprezzerete i miei statuti e rifiuterete i
miei comandamenti... e infrangerete la mia al
leanza, anchio far altrettanto con voi
(Lev 26,15s.). Ci corrisponde alla logica dello
schema di alleanza in cui inserita la legge
dellAT: se uno dei contraenti infedele, il patto
viene infranto . La tensione in cui stanno tra
loro la teologia dellalleanza e la teologia dellele
zione non si conserva qui, come nel Deut, ma
viene superata in base alla coerenza interna
dellidea di alleanza.
.
e) 1 profeti preesilici evitano in generale di parlare
delPelezione. Tuttavia per essi fuori discussione
che Israele il popolo eletto di Jahwe. Il tema del
765

ONB m's RIFIUTARE

rifiuto pu quindi essere trattato anche da loro.


Amos, per il quale lelezione dIsraele certa
mente divenuta problematica (cfr. p.e. Am 9,7),
dice che Jahwe detesta le feste di Israele (5,21).
Non per casuale che egli non parli del rifiuto
dIsraele nel senso di una abrogazione della scelta.
Osea invece minaccia di rifiuto anzitutto i sacer
doti (Os 4,6), poich da parte loro avevano re
spinto la conoscenza . In 9,17 egli parla espres
samente anche del ripudio di Efraim. Il ricordo di
Saul, che era presente nella sua memoria gi dal
precedente v. 15, pu avergli suggerito la parola
m's. Laffermazione tuttavia ancora pi forte per
il fatto che Osea non parla di Jahwe e del loro
Dio, ma del mio Dio (cfr. 1,9 non-miopopolo ). Tuttavia secondo la predicazione di
Osea questo non significa che il legame tra Jahwe
ed Israele sa finito del tutto (cfr. 11,8 e Rudolph,
KAT xm/1,189), Anche qui m's non pu essere
lopposto logico esatto di bhr. Isaia accusa Israele
di aver rifiutato la parola profetica, come abbiamo
detto sopra. Ma egli non ne deduce di qui un ri
fiuto dIsraele (o del re davidico). incerto se Ger
7,29 sia del profeta stesso o se debba attribuirsi
alla rielaborazione dtr. (cfr. anche 7,15). In 14,19
senza dubbio Geremia stesso che pone sulla
bocca del popolo il lamento: hai forse rigettato
completamente Giuda? ti sei disgustato di
Sion? . Il passo espressione di quella piet cul
tuale, di cui abbiamo gi parlato sopra a proposito
di Sai 89, secondo la quale era impossibile pensare
che Jahwe potesse avere buone ragioni per stac
carsi da Israele. Non questa evidentemente lopi
nione di Geremia. Ma anche se la risposta al la
mento del popolo dura, egli non nega mai espli
citamente la fede nellelezione di Israele. Rimane
tuttavia ancora 6,30: si chiamano scoria di ar
gento, perch Jahwe li ha rifiutati . Non si deve
sopravvalutare limportanza teologica di questo
passo; rifiutare significa senza dubbio labban
dono al giudizio, tuttavia non si dice con questo
che la storia dei rapporti tra Jahwe e il suo popolo
sia del tutto finita.
0 In una maniera ancora diversa considera il problema
lautore di Sai 78 (salmo storico). Di fronte a lui sta la
dura realt della fine del regno del nord: (Dio) rifiut
del tutto Israele, respinse (n($) la sua abitazione di Silo
(v. 59s.). Nel v. 67 egli ripete l'affermazione: ha re
spinto la tenda di Giuseppe , ma egli la interpreta con
levidente consapevolezza che Pespressione veramente
impossibile: egli non ha scelto la trib di Efraim.
Lelezione in verit valeva solo per Giuda, per Sion e per
il servo di Jahwe, Davide (v. 68-72). Questa tesi, per
quanto discutibile, testimonia la consapevolezza dellaulore che non possibile accettare teologicamente che
Jahwe possa revocare di nuovo la sua scelta.

g) Lautore del Sai 78 poteva senza difficolt tra


scurare o negare la scelta del regno del nord, dal
momento che egli poteva guardare a Giuda, scam
pato dallassedio assiro, come al vero Israele per il
quale valevano le promesse di Dio. Ma dopo il 587
la fede di Israele nella propria elezione si vide con
766

frapposta al tramonto dellindipendenza di Giuda,


alla distruzione del tempio, alla fine del dominio
dei re discendenti di Davide. Nelle Lamentazioni
si rimprovera a Dio: ci hai ridotto a spazzatura
e rifiuto in mezzo ai popoli (Lam 3,45). E la pic
cola raccolta termina con una dura domanda: o
ci hai respinti del tutto, senza limite sei adirato
contro di noi? (5,22). Tuttavia forante delle la
mentazioni rimane inserito nella tradizione cul
tuale di Gerusalemme: egli sa che un tale rifiuto
non pu essere una realt.
Gi in una preghiera sumerica ci si lamenta che il regno
sia slato eliminato dalla terra, che lo sguardo sia diretto
verso il suolo straniero, e che in accordo con la decisione
di An ed Enlil legge ed ordine abbiano cessato di esi
stere, e tutto ci perch gli dei hanno tolto il loro favore
dalla terra di Sumer (cfr. ANET 612, r. 19ss.).

Il Deuteronimista vide diventare ancor pi proble


matico quello che un tempo aveva costituito il
fondamento solido della fede. Jahwe ha rifiutato
tutta la stirpe dIsraele, e fha allontanata dal suo
sguardo (2Re 17,20). In 2Re 23,27 esprime con
precisione ancora maggiore il significato degli av
venimenti del 587: allontaner anche Giuda dal
mio cospetto, come ho allontanato Israele, e riget
ter Gerusalemme, la citt che ho scelto... . In
questo modo gli interventi a favore di Israele sem
brano definitivamente conclusi. Per taluni esegeti
lopera storica dtr. sostanzialmente intenderebbe
esporre che si doveva giungere a questa fine, poi
ch Israele aveva abusato fino airestremo della
pazienza di Jahwe. Tuttavia ci sembra esagerato
(bfrr IV/3a); il Dtr. voleva meditare a fondo la
severit del giudizio che si era realizzato e ricono
scerne anche la necessit.
Lev 26,44 sottolinea espressamente che tale giudi
zio non pu essere un abbandono alla distruzione.
Non si pu parlare di uno scioglimento dellalle
anza. Ancora pi accentuatamente alcune parti se
condarie del libro di Geremia dicono che Jahwe
non respinger Israele (Ger 31,37). Lautore di
33,23ss., un passo forse ancor pi recente, prende
decisamente posizione contro quanto il popolo va
dicendo, e cio che Jahwe abbia respinto le due fa
miglie, e tiene ad affermare che anche la discen
denza di Davide sar ancora per lavvenire sotto il
segno dellelezione. Israele, divenuto insicuro di
se stesso nelle catastrofi del 721 e del 587, ha ri
preso coscienza di essere sostenuto dal suo Dio,
In questo senso ha fornito un contributo non in1
differente anche il Deuteroisaia. Egli non solo sot
tolinea con insistenza che Israele/Giacobbe
leletto di Jahwe ed il suo servo (cfr. H.Wildber
ger, Die Neuinterpretation des Erwahlungsglaubens Israels in der Krise der Exilszeit, FS Eichrodt
1970, 307-324), ma fa dire chiaramente a Jahwe:
non ti ho rifiutato (Is 41,9). Limpossibilit in
trinseca che Jahwe possa respingere il suo popolo
espressa da lui con la domanda metaforica: si
pu forse ripudiare la donna della giovinezza? dice
il tuo Dio (54,6). Certo, Israele somiglia ad una
767

donna abbandonata ed afflitta, e si pu anche par


lare della sua vedovanza (v. 4), ma non si pu dire
che sia stato respinto (cfr. per la metafora Ger
2 ,2 ).

h) Anche nellepoca postesilica non si pensa che


Israele possa essere rifiutato da Dio. Per quanto
fosse diffcile il rapporto dIsraele con il suo Dio,
la fede nelfelezione di Israele, dopo che questi
aveva sperimentato la dura crisi deila caduta di
Giuda, costituiva sempre una base sicura. Tutta
via in questepoca la fede nelfelezione diventa pi
individuale (bhr IV/4c), e ci si rispecchia anche
nelle affermazioni relative al rifiuto. Nei testi pi
antichi non si parla mai del rifiuto di un singolo,
se si esclude il caso particolare del re. Nelle lamen
tazioni, cos come venivano utilizzate nel culto del
tempio, si poteva ceno parlare talvolta del rifiuto
degli empi. In Sai 53,6 si legge che i malfattori si
sono vergognati perch Dio li ha rifiutati (il Sai 14,
del tutto identico al Sai 53, non parla di questo; la
sua composizione potrebbe essere pi antica). An
che Sai 15,4 sembra supporre che nella comunit
cultuale si sia parlato di coloro che erano rifiutati.
Purtroppo il testo in questo punto incerto, e lo
stesso vale per Giob 36,5; forse qui si deve tra
durre: ecco, Dio respinge il caparbio (cfr. i
comm.); in tal caso si avrebbe unaltra prova che
anche i singoli furono ritenuti respinti da Dio a
motivo della loro condotta. Certamente Giob 10,3
si collega strettamente al tenore delle suppliche
cultuali quando dice in tono di accusa: forse
bene per te opprimermi, disprezzare lopera delle
tue mani e favorire i progetti dei malvagi? . Que
sti dati mostrano effettivamente che nel momento
in cui la scelta dIsraele sostanzialmente non era
pi oggetto di discussione, la questione delf iden
tit di ci che era Israele, e quindi quella dellap
partenenza al popolo di Dio, anche se non veniva
affrontata per la prima volta, veniva posta per lo
meno con nuova energia.
Da quanto si detto risulta che Israele, oltre alla
fede nella propria elezione, ha considerato seria
mente la possibilit di un rifiuto e talvolta ha do
vuto concretamente fare i conti con essa. Tale ri
fiuto per non mai stato concepito come un puro
atto arbitrario di Dio, ma come una reazione di
Jahwe ad una fedelt venuta meno nei suoi con
fronti. Lidea che il rifiuto comporti Fallontanamento definitivo da Jahwe solo marginale e
viene superata dalla conoscenza della fedelt di
Jahwe e della eternit delle sue manifestazioni
di grazia. Quando il rifiuto minacciato o consta
tato di fatto, non viene inteso come fine assoluta
dIsraele, ma interpretato come abbandono a un
duro giudizio. Lev 26,44 pu cosi chiarire che
anche se essi si trovano nella terra dei nemici,
non li rifiuto n mi sdegno contro di essi fino al
punto di distruggerli infrangendo la mia alleanza
con loro, poich io sono Jahwe, loro Dio . Le af
fermazioni sul rifiuto non significano unaboli
zione dellelezione, ma vogliono impedire che si
OKtt m 's RIFIUTARE

768

traggano false deduzioni dallidea di elezione.


Lelezione non pone il popolo di Dio in uno stato
di inattaccabilit o di sicurezza di fronte al giudi
zio di Dio, ma esige anzi con estremo vigore la ri
sposta dIsraele nella Fiducia, nelPubbidienza e
nel lamore.
V/ 1/ Nella letteratura di Qumran prevale
fortemente fuso teologico con luomo per sog
getto (TU) (15 dei 19 casi elencati in Kuhn, Konk.
113s.). Inoltre come complemento oggetto si
hanno soprattutto termini che equivalgono a
legge , alleanza o sim. Qui, come pure net
due passi con soggetto Dio (TD) (1Q 34bis 3 II,4s,
Dio respinge coloro che un tempo aveva scelto,
cfr. F.Ntscher, BZ 3, 1959, 225; IQS 1,4), si ma
nifesta chiaramente nelle affermazioni sulla ele
zione o il rifiuto dei singoli il tentativo della co
munit di Qumran di definirsi come il vero popolo
di Dio. Si tratta di amare tutto quello che egli ha
scelto e di odiare ci che egli ha respinto (IQS

1,4)2/ Tra i vri-termini con cui i LXX rendono m's


(vd.sp.Ili/la) il NT usn I lx e^ouOevw (inoltre lx
i^ouStvsoj, e 9x 7.7co^ovit[x^oJ. In 6 di questi
casi citando Sai 118,22 (la pietra dangolo = Cri
sto) si parla del rifiuto del figlio delPuomo. In Ebr
12,17 Esa viene indicato come respinto, accen
tuando il passo vtrt. di Mal. 1,2. Cfr. H.Gross, art.
Verwerfung, BLexJ 1845s.
H. Wildberger

nifi

mt

MORIRE

1/ La radice mt morire del semitico co


mune (Bergstr. Einf. 185; P.Fronzaroli, AANLR
VllI/19, 1964, 249.263) ed ha un corrispondente
nelleg. Non c unetimologia soddisfacente.
11 verbo ha in ebr., oltre al qal, il poi. e Phi. (con
il pass, ho.) con il significato di uccidere. Dal
verbo derivano tre sostantivi: la forma segolata del
tipo qatf *rnawt- > mwcet morte , il fem. con
prefisso temt il morire (Barth 300) e il plu
rale tantum memtfm morte; morti .
2/ Lelenco delle attestazioni difficile per il
fatto che in alcuni casi non .n possibile n op
portuno distinguere tra il verbo (allinf.) e il nome
(st. cs.). Seguiamo lenumerazione di Lis., il quale
diversamente da Mand. pone 12 passi sotto mt q.
anzich sotto rnwcet, ma consideriamo come
verbo i 72 part, q. sostantivati mt uccisore ,
che Lis. enumera a parte (incl. Sai 55,16Q; esci.
al(-)mt in Sai 9,1 e 48,15; Prov 19,16 conside
rato con Q come q., e non con K come ho ). Con
lunica attestazione delParam. bibl. mt morte
in Esd 7,26, la radice ricorre dunque esattamente
769

HID

mt MORIRE

1000 volte (con al. sono indicati: temt Sai


79,11; 102,21; memtJm Ger 16,4; Ez 28,8):
Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Gioe
Ara
Abd
Giona
Mi
Nah
Ab
Sof
Agg
Zac
Mal
Sai
Giob
Prov
Rut
Cant
Eccle
Lam
Est
Dan
Esd

Neem

1Cron
2Cron

AT

poi.

Q*
73
44
27
67
35
8
30
32
54
38
34
18
30
42
1

1
2
3

ho, mwcpi
1
6
10
1
15
1
10
5
7
9
1
3
4
2
4
6
3
9
1
3
8
5
8
1
13
1
5
2

hi.
5
5
1
6
4
2
6
21
14
18
15
3
15
1
2

al.

tot.
85
60
44
88
55
14
43
65
83
60
62
29
61
50
5

]
1

11
1

3
3
2

10
13
6
10

22
8
19
2
I
4
1
1

39
24
27
12
1
15
2
2

1(aram)

22
15
630

3
8

138 68

6
151

27
33
1000

3/ a) Il senso di mt q. morire , se lo si con


fronta con fuso acc. e con il linguaggio moderno,
risulta pi circoscritto e pi preciso. Morire
usato nelPAT anzitutto per luomo, e poi anche
circa 20x per gli animali (p.e. Gen 33,13; Es
7,18.21; 22,9). In un passo soltanto si parla del
morire delle piante, e non gi per r fiori o per il fo
gliame, ma per la radice maestra (Giob 14,8). Un
uso traslato di mt assai raro nelIAT (Gen 47,19
campo; Giob 12,2 la sapienza). NelPAT, diversa
mente dalPacc. (AHw 635a), morire non viene
mai usato per indicare che un documento ha perso
valore; inoltre, diversamente da quanto accade
spesso nel linguaggio moderno, il termine non
viene esteso ad altri elementi della natura (fuoco,
colori, luce) o a fenomeni acustici (discorso,
canto, suono). Unica nel suo genere lespres
sione d ISam 25,37: il cuore di Nabal mor ,
per indicare iperbolicamente uno spavento mor
tale; cfr. luso corrispondente di vivere in Gen
45,27; Giud 15,19.
770

Un verbo affine, che viene usato con frequenza


nelle tradizioni pi recenti, gw* q' (24x; 12x in
P in Gen, Num e Gios 22,20; 8x in Giob; inoltre
Zac 13,8; Sai 88,16; 104,29; Lam 1,19); esso
usato talvolta in coppia con mt e il suo campo
semantico ancora pi circoscritto: indica an
zitutto un morire violento, perire , sia per
un incidente che per privazioni o simili (cfr.
anche B.Ifrink, OTS 5, 1948, 123; G.FLDriver,
JSS 7, 1962, 15-17). Eufemismi correnti per in
dicare il morire sono riunirsi ai propri padri/
congiunti (sp ni.) (-'db III/2a, IV/2a) e tra
passare (hlk 3a).
b) Tra le due coniugazioni causative il poi. ha un
significato particolare: dare l'ultimo colpo mortale
e liberatore a chi quasi morto o votato ineso
rabilmente alla morte,
Uccidere indicato nonna 1mente con Phi.
Solo raramente il verbo usato in assoluto: tre
volte nelPespressione uccidere e far vivere
(Deut 32,39; ISam 2,6; 2Re 5,7 sempre con Jahwe
come soggetto), e in Giob 9,23. Loggetto sem
pre una persona (uomini o animali) e il verbo per
conseguenza usato in senso proprio. Solo rara
mente il soggetto formato da cose o da nomi
astratti (ci che causa la morte): arca (ISam
5,11), flagello (Giob 9,23), zelo (Giob 5,2),
cupidigia (Prov 21,25), e cosi pure quattro
volte un animale: bue (Es 21,29), leone
(IRe 13,24.26; 2Re 17,26). Con soggetto personale
mt hi. significa uccidere nel senso pi ampio,
che comprende anche luccidere in guerra o quello
previsto dalla legge (p.e. Gios 10,26; 11,17; 2Sam
8,2; 2Re 14,6).
Mentre per mt q. intransitivo si hanno solo pochi
vocaboli con significato analogo, molti sono in
vece i sinonimi di mt hi. Il pi vicino dal lato se
masiologico hrg (q. 162x, di cui 16x sia in Gen
che in Giud, 2Cron I2x, Es Num, I Re llx [in Lis.
manca IRe 19,14J; ni. 3x, pu. 2x; hcerceg e harg
uccidere 5x ciascuno) che sottolinea per mag
giormente Paspetto violento e sanguinario dell1uc
cidere (cfr. Is 14,30). Con r$b (40x q. [di cui 33x,
precisamente 20x in Num 35, 8x in Gios 20-21,
inoltre Deut 4,42.42; 19,3.4,6,nelle leggi riguar
danti le citt di rifugio]; oltre al comandamento
del decalogo Es 20,13; Deut 5,17; cfr. Ger 7,9; Os
4,2,restano ancora Deut 22,26; IRe 21,19; Giob
24,14; ni. 2x, pi. 5x, iw$ah omicidio 2x)
si esprime una censura morale o religiosa (Pucci
dere come azione malvagia; cfr.. J J .Stamm,'
ThZ 1, 1945, 81-90), che di per s non inclusa
in mt.
Solo tardivamente e di rado ricorre qtl uccidere (q.
Sai 139,19; Giob 13,15; 24,14; qcetcel assassinio Abd
9) come aramaismo (Wagner nr. 254/255); nelParam.
bibl. questo il termine pi comune per indicare ucci
dere (q. Dan 5,19.30; 7,11; pa. Dan 2,14; 3,22; hitp.
Dan 2,13.13).

Pi chiara la distinzione rispetto a nkh hi. col


pire, che spesso in coppia con mt hi., indi
771

cando allora non l'uccidere vero e proprio, ma


Pazione che ha come conseguenza la morte (Gios
10,26; 11,17; 2Sam 4,7; 18,15; 21,17; IRe 16,10;
2Re 15,10.30).
Per l'espressione mt-jmat egli deve essere ucciso
(mt ho.), che compare nelle leggi riunite in serie, cfr.
Alt, KS 1,308-313; V.Wagner, OLZ 63, 1968, 325-328;
H.Schulz, Das Todesrecht im AT, 1969.

c) Il sost. mwcet significa il morire e l'essere


morto, sia d morte naturale sia per unazione vio
lenta, e non di rado in contrapposizione esplicita
a vivere (Deut 30,19; 2Sam 15,21; Ger 8,3;
Giona 4,3.8; Sai 89,49; Prov 18,21).
.
Una certa concretizzazione del termine si ha so
prattutto nel linguaggio poetico, ma entro limiti
ben precisi. Si trovano soltanto poche tracce di
una personificazione, p.e. in espressioni come
primogenito della morte (Giob 18,13), con
cludere un patto (bert) con la morte (Is
28,15.18). Alcune volte ci si imbatte in espressioni
, che attribuiscono alla morte una dimensione spa
ziale: porte della morte (Sai 9,14; 107,18; Giob
38,17), vie della morte (Ger 21,8; Prov 14,12 =
16,25; cfr. acc. uruf] muti), penetrali della morte
(Prov 7,27). In. simili passi mawcet sostituisce evi
dentemente la parola se'l; cfr. lyadr se'5l pe
netrali del regno dei morti , IQH 10,34; inoltre
2Sam 22,6; ls 28,15; Os 13,14; Sai 6,6; 22,16; Giob
30,23, ove mwcet ha pure lo stesso valore di sel
(cfr. C.Barth, Die Errettung vom Tode in den individuellen KJage- und Dankliedern des AT,
1947, 89). significativo che non si incontrino af
fatto attributi personificanti, p.e. in relazione alla
corporeit, agli ornamenti ecc., e ci tanto pi
sorprendente se s tiene conto del linguaggio
ardito dei testi acc. e ug. (il Mot ug. e un dio
che uccide Baal e viene poi ucciso da Anat). I
rari tentativi di illustrare la morte utilizzano
quasi esclusivamente espressioni predicative
e si limitano perci a dire qualcosa sulla sua
attivit e sui suoi effetti (Ger 9,20; Sai 49,15;
Giob 28,22).
mawopt, in un senso molto ridotto, usato talvolta come
un semplice rafforzativo, p.e. impaziente lino a mo
rirne (Giud 16,16; cfr. D.WThomas, VT 3, 1953,
219ss.; S.Rin, VT 9, 1959, 324s.; D.W Thomas, VT 18,
1968,123).

4 / Bench quanto viene racchiuso nel termine


morte sia assai significativo da un punto di
vista teologico, non si pu tuttavia parlare di un
uso specificamente teologico del termine, n
possibile distinguere fra un uso profano e un uso
teologico. Fra le teologie dellAT cfr. particolar
mente von Rad 1,288-290.399-403.417-420; inoltre
G.Quell, Die Aufiassung des Todes in Israel,
1925; L.Wchter, Der Tod im AT, 1967 (molto
dettagliato per quanto concerne Patteggiamento
emotiva di fronte alla morte e la valutazione reli
giosa della morte, con riferimento alPambiente
dell'antico Oriente).
m n mt M ORIRE

772

5/ Per il termine morire opp. morte nel


giudaismo e nel NT cfr. J.Lindblom, Das ewige
Leben, Eine Studie iiber die Entstehung der religisen Lebensidee im NT, 1914; R.Bultmann, art.
0avaTo<s, ThW 111,7-25 (= GLNT IV,159-208).
G. Ger/eman

m jim

n m i'

ACQUA - DPin fh o m .

ESSERE PIENO, RIEMPIRE

1/ La radice mP essere pieno, riempire ap


partiene al semitico comune. Essa attestata in
tutto larco linguistico: acc. (AHw 597-599), ug.
(WUS nr. 1568; UT nr. 1479), fen., giaud., aram.
(DISO 151; KBL 1093), sir. (LS 388-390), arab., et.
(Bergstr. Einf. 190).
NelPAT oltre al verbo (q., ni., pi., pu., hitp.) si ha
Pagg. male' pieno e i sost.. mel5 pienezza ,
irfle' intero provento , miliCfmlffm inca
stonatura (con pietre) (in rapporto a mi' pi. in
senso tecnico), mifl'Tm consacrazione (per mP
pi. jd consacrare vd. st. 4), mille't pienezza
(cfr. Gerleman, BK XVIII,174), mill terra
pieno, acropoli (per questa discussa espressione
archeologica cfr. BRL 7; G.Sauer, BHH 11,1217s.;
Noth, BK IX/l,219s.). Vi inoltre il nome di per
sona JimlC) ([la divinit] adempia, Noth IP
246).
NelParam. bibl. sono attestati mP q. riempire (Dan

2,35) e hitp. essere riempito (Dan 3,19).


2/ Il verbo si incontra nellAT ebr. 246x: qal
97x (distinzione rispetto allagg. ml secondo
Lis.; Ger 51,11 va considerato contro Lis. come
qal invece di pi.; Is 14x, Ger ed Ez l lx, Sai 9x,
Gen 8x), ni. 36x, pi. lllx (incluso Giob 8,21 con
la forma secondaria mlh\Es 15x, Ger, Ez e Sai 9x,
Re e Giob 8x), pu. lx (Cant 5,14), hitp. lx (Giob
16,10).
Come sostantivi si incontrano: male' 67x (Num
25x, Ger ed Ez 6x), me!' 38x (Is, Ez e Sai 5x cia
scuno), mei' 3x, milli 3x, mil!in ni 15x, mille'f
lx, mill' lOx; lintera radice 383x, pi 2 volte
nelfaram. bibl. (vd. sp.).
3/ a) Corrispondentemente alluso proprio e
traslato della radice, uno spazio pu essere riem
pito con cose di ogni genere sia in senso proprio
sia in senso traslato, p.e. lacqua del mare pu es
sere riempita con animali (Gen 1,22) o la terra con
atti di violenza (Gen 6,13). Nel qal il verbo pu
avere significato transitivo, come in altre lingue
semitiche, ma nella maggior parte dei casi usato
in senso intransitivo (ci di cui qualcosa pieno
sta allaccusativoi cfr. BrSynt 80). In senso transi
tivo ha dopo di s laccusativo delloggetto (p.e.
Es 40,34s.; Ger 51,11; Ez 8,17), con o senza la par
773

i O m !' ESSERE PIENO, RIEMPIRE

ticella 'et. Sulle particolarit dei diversi modi in


cui usato cfr. i lessici,
b) Nelluso transitivo il verbo assume spesso un
senso tecnico, militare o cultuale (vd. st. 4a). Cos
Ger 51,11 riempite gli scudi intende dire in
senso militare: riempite gli scudi con i vostri
corpi , cio armatevi con i vostri scudi . Tale
uso militare proprio anche del ni., cfr. 2Sam 23,7
egli si riempie (cio: la mano) con un ferro e una
lancia, ossia si arma; analogamente il pi. in
Zac 9,13 (cfr. acc. mullu qasta armare larco con
la freccia AHw 598a). In tutti questi casi il verbo
ebr. mP nel sign. di armare o armarsi ha
dopo di s un accusativo delloggetto (anche
mano con la determinazione delParma
espressa con be> cfr. 2Re 9,24). Il verbo per
pu essere usato anche in senso assoluto, come
in Ger 4,5, dove si ha Pinip. in un contesto bel
lico ( armatevi! , cfr. D.W.Thomas, mPw
in Jeremiah 4:5: A Military Term, JJSt 3, 1952,
47-52).
c) Come sinonimi di mi' nel senso di essere perfetto
o sim. si possono citare sim e tmm, Opposto ad es
sere pieno riq essere vuoto (nellAT solo hi.
svuotare, 17x; ho. 2x; inoltre gli agg, riq e rq
vuoto, vano , rispettivamente 12x e 14x, e lavverbio
rqm a mani vuote, senza successo, senza motivo ,
16x, in Rut 1,21 in opposizione a male': sono partita
ricca e povera mi ha ricondotta lahwe ).

4/ a) Uno dei significati religiosi particolari di


mP consacrare qualcuno al servizio di Dio . In
questo caso la parola jd mano e la preposi
zione lc (cfr. Es 28,41; 32,29; ICron 29,5) seguono
il verbo (Es 32,29 in qal, altrimenti al pi.). Nella
forma pi estesa si dice: riempire la mano di
qualcuno per Jahwe; il testo pi antico in cui
questa espressione si trova nella forma semplice
riempire la mano Giud 17,5.12. Al v. 5 si
tratta di uno dei figli di Mica che assume funzioni
sacerdotali. Lespressione si ritrova in Es 32,29;
Re 13,33 e in alcuni testi sacerdotali (Es 28,41;
29,9.29.33.35; Lev 8,33; 16,32; 21,10; Num 3,3;
cfr. 2Croo 13,9). Essa perde in Ez 43,26 ogni signi
ficato concreto e viene usata per la consacrazione
di un altare. Analogamente il sost. miffu'Jm
riempimento (della mano) serve ad esprimere
linvestitura dei sacerdoti (cfr. Es 29,22-34; Lev
7,37; 8,22-33).
Il senso originario delfespressione non si pu pi
determinare con sicurezza (la traduzione letterale
dei LXX non qui di alcun aiuto). Una spiega
zione si trova in Es 29,24s. e Lev 8,27s., ma pur
troppo questi sono testi tardivi, e c da supporre
che si tratti della spiegazione secondaria di
un'espressione il cui senso era andato da lungo
tempo perduto. Secondo tali testi Mos pone nelle
mani di Aronne e dei suoi figli le offerte destinate
allaltare, fa con loro il gesto della presentazione,
riprende dalle loro mani le offerte sacrificali e le fa
bruciare sullaltare. Secondo questo sacrificio
detto mill'Im, riempire la mano significhe
774

rebbe che in occasione dellinvestitura vengono


posti per la prima volta nelle mani del sacerdote i
doni sacrificali. Unaltra spiegazione pensa invece
alla ricompensa del sacerdote che in tal modo
viene insediato. Tale ipotesi pu fondarsi su Giud
17,10; 18,4, dove il levila, a cui Mica riempie la
mano, viene assunto per dieci sicli dargento
allanno pi il vestito e il vitto. Una terza spiega
zione si fonda su una lettera di Mari, dove mi! qtsunu riempimento della loro mano si riferisce
alla parte di bottino che spetta ad ogni ufficiale
(ARM II, nr. 13, r. 17). Per il sacerdote ci ver
rebbe a significare una partecipazione alle entrate
del santuario e ai doni sacrificali (de Vaux, 11,197;
M.Noth, Amt und Berufung im AT, 1958, 7s.; id.,
BK IX/l,304s.).
b) Alcuni usi ulteriori della radice in contesto teo
logico si rifanno al significato traslato riempire ,
che mP ha di solito al pi., senza che si possa di
stinguere un uso specificamente teologico. Come
in IRe 1,14 Natan riempie le parole di Betsa
bea, cio le conferma , cosi ladempimento di
una profezia lattestazione della sua autenticit e
spesso nellT un fatto avviene in adempi
mento della parola di Dio pronunciata attraverso
un profeta, p.e. IRe 2,27 affinch si adempisse
la parola di Jahwe che aveva pronunciato contro la
casa di Eli in Silo ; 8,24 ci che tu con la tua
bocca hai promesso, lo hai adempiuto con la tua
mano, come ora appare; 2Cron 36,21 cos si
doveva adempire la parola di Jahwe pronunciata
da Geremia... .
Spesso si parla anche di periodi di tempo che di
ventano pieni (mP qal) (p.e, jmTm giorni,
tempo in Gen 25,24; 29,21; 50,3 ecc.; sb'fm
settimane Dan 10,3); di conseguenza in conte
sti escatologici possono essere adempiuti i
tempi (Is 40,2; Ger 25,12.34; 29,16; Dan 9,2
pi.), e tale espressione non si riferisce ad una pie
nezza raggiunta dalluomo, ma ad un intervento
di Dio,
c) U sost. met pienezza usato di preferenza
nel linguaggio degli inni in espressioni come il
mare e ci che lo riempie (Is 42,10; Sai 96,11 =
98,7 = lCron 16,32) e la terra/luniverso e ci
che la/lo riempie (Deut 33,16; Is 34,1; Mi 1,2;
Sai 24,1; 50,12; 89,12). Secondo Is 6,3 la pie
nezza della terra = ci che riempie la terra equi
vale alla gloria (kbd) di Jahwe (cfr. Wildberger
BK X,232.250), senza che tuttavia lespressione
abbia una colorazione panteistica. In altro modo
viene espressa una volta lonnipresenza di Dio in
Ger 23,24: non sono forse io che riempio il cielo
e la terra, dice il Signore? . Il kbd di Jahwe
riempie il tabernacolo opp. il tempio: lo si dice in
Es 40,34s.; IRe 8,11 = 2Cron 5,14; Ez 43,5; 44,4;
2Cron 7,ls.; la gloria concretizza qui la pre
senza di Dio nel santuario.
5/ Nei LXX mi tradotto generalmente con
t 7 r X v ) p o u v e derivati. Nel NT ladempi
775

mento dei tempi e delle profezie ha un peso mag


giore che nelPAT, e cosi pure il termine teologico
7rXy;p6)u.a(nei LXX sta per mel')\ cfr. G.Delling,
art. rcXYjpTqs, ThW VI,283-309.
M.Delcor

TOt1?

m a r k

MESSAGGERO

1/ mark messaggero va fatto derivare dalla


radice //c mandare , conosciuta nellug.,
nelfarab. e nelleL, e cos pure il nome astratto
maVkt la funzione del messaggero (Agg
1,13; cfr. Gulkowitsch 43) ed il sost. fem., con
molti significati, mel'k missione, impresa, af
fare, lavoro. Poich nel titolo di Mal 1,1 si
identificato il precursore di Jahwe, menzionato in
Mal 3,1, con l'autore anonimo del libretto di Ma
lachia, con landare del tempo lappellativo maPkf il mio messaggero diventato il nome pro
prio MaPhki Malachia (Selling-Fohrer 515s.).
Per l'ug. Pk mandare , mlak messaggero e mlakt
messaggio cfr. WUS nr. 1432; UT nr. 1344. mPk
messaggero ricorre anche nel fen. e nelFaram. antico
(DISO 151), e maPak angelo neUaram. bibl. (Dan
3,28; 6,23). Nel significato di messaggero soprannatu
rale, angelo il termine passalo anche neHaram. giud.,
nel sir., nel mand. e nell'et. (LS 354b; Nldeke, MG 129
n. 1; diversamente P.Boneschi, JAOS 65, 1945, 107
111).

2/ Nellebr. dellAT maPk ricorre 213x (inoltre


lx MaPkT e 2x maPak delParam. bibl.), maPkut
lx (vd. sp.) e mel'k 167x (Es 33x, Neem 22x,
lCron 20x, Lev e 2Cron 16x ciascuno, Re lOx,
Num 8x, 2Re 6x ecc.). Mentre m''k ricorre so
prattutto nei testi pi recenti, anche se non del
tutto assente in periodi precedenti, maPk si trova
specialmente nei testi narrativi pi antichi: Giud
31x, 2Re e Zac 20x ciascuno, ISam 19x, 2Sam
18x, Gen 17x, Num 15x, lCron 12x, Is lOx, IRe
9x, Sai 8x, Es 6x ecc. (2Re 6,33 e lCron 21,20
hanno erroneamente maPk invece di mclcek, in
Zac 3,2 bisogna introdurre con il testo sir. maPak
prima di Jhwh, cfr. BIT).
L'espressione maPak Jhwh (sempre al sing.) ricorre 58x:
Gen 16,7.9-11; 22,11.15; Es 3,2; Num 22,22-35 lOx;
Giud 2,1.4; 5,23; 13,3-21 lOx; 2Sam 24,16; IRe 19,7; 2Re
1,3.15; 19,35 = Is 37,36; Agg 1,13; Zac 1,11.12; 3,1.5.6;
12,8; Mal 2,7; Sai 34,8; 35,5.6; lCron 21,12.15.16.18.30.
maPak (ha)' * lhm in 11 passi: Gen 21,17; 31,11 ; 32,2;
Es 14,19; Giud 6,20; 13,6.9; ISam 29,9; 2Sam 14,17.20;
19,28; al plur. Gen 28,12; 32,2.

3/ a) Con i termini maPk o maPkm ven


gono indicate delle persone che, in quanto incari
cate da un individuo (Gen 32,4.7; Num 22,5;
ISam 16,19; 19,11ss.; 2Sam 3,26 ecc.)o da una co
munit (Num 21,21 ; ISam 11,3ss. ), devono curare
gli interessi dei loro mandanti in una regione lon
tana, presso altri, siano questi degli individui (Gen
mark MESSAGGERO

776

32,4.7; Num 22,5) oppure delle comunit (Giud


6,35; 7,24; ISam 11,7).
Funzione essenziale dei maPklm di superare
una distanza spaziale per assolvere Pincarico (cfr.
C.Westermann, Gottes Engel brauchen keine
Flugel, 1957, 9), come appare chiaramente dai te
sti che narrano la missione di messaggeri (cfr.
C.Westermann, Grundformen prophetiscer Rede,
*1964, 71ss.). La narrazione della missione con
tiene di regola il nome del mandatario e quello di
colui che riceve i messaggeri, e talora riferisce an
che il luogo ove luno e laltro si trovano (Num
20,14; Deut 2,26; Gen 32,4) secondo lo schema:
e NN mand (slh) maPklm a X (cfr. Gen
32,4; Num 20,14; 22,5; Deut 2,26; Giud ll,12ss.;
ISam 19,20s. ecc.). Al racconto della missione se
gue in Gen 32,5 laffidamento dellincarico; i
markim vengono autorizzati dal mandatario
alladempimento della loro missione: ed egli co
mand loro: cosi dovrete dire ad Esa, mio si
gnore:... (cfr. 2Re 1,2; 19,10; Is 37,10). Per lo pi
tuttavia manca laffidamento dellincarico e dopo
aver esposto la missione si parla subito del man
dato che i markim devono espletare (Num
20,14; 22,5; ISam 6,21; 11,7; 16,19; 2Sam 2,5
ecc.).
b) Gli incarichi possono essere di natura diversa.
Molto spesso i maPkim vengono mandati per co
municare notizie o messaggi di diverso genere, e
possono pertanto percepire la loro funzione di
messaggeri (Gen 32,4ss.; Num 22,5; Giud
9,31ss.; ll,12ss.; ISam 6,21; ll,3ss.; 25,14; 2Sam
12,27; 2Re 19,9ss. ecc.). In questi casi il messaggio
da comunicare viene introdotto talvolta con la for
mula k amar NN cosi dice NN , e in questo
modo esso viene legittimato come parola del man
datario (Gen 32,5; Num 20,14; Giud 11,15);
spesso tuttavia questa formula non precede il con
tenuto del messaggio, che allora viene collegato
alla narrazione della missione con un semplice mr ( nel modo seguente) (Num 22,5; Deut
2,26; ISam 6,21 ecc.). I messaggi possono avere
carattere narrativo (cfr. Gen 32,5ss.; Num 22,5;
Giud 9,31; ISam 6,21; 2Sam ll,19.22s.25; 12,27),
e in questi casi spesso la narrazione serve a moti
vare una richiesta o un comando (Num 22,5s.;
Giud 9,31ss.)o anche un favore (Gen 32,5s.; Num
20,14ss.). Tuttavia possono anche venire tra
smessi messaggi che contengono semplicemente
un ordine (ISam 16,19) o una preghiera (Deut
2,26).
I markim hanno un compito molto importante
in campo politico come trasmettitori di notizie.
Essi possono per esempio annunciare il bando
della guerra santa (Giud 6,35; 7,24; ISam 11,7). I
maPkTm nella loro qualit di inviati presso un re
possono anche espletare la funzione di diploma
tici. Cosi lefte conduce un negozialo con il re degli
ammoniti mandando dei messaggeri (maP
klm; Giud ll,12ss,); in lRe20,2ss, i maPklm tra
smettono ad Acab le condizioni di capitolazione
777

maPk MESSAGGERO

poste da Ben-Adad (cfr. 2Re 19,9ss.; 2Sam 3,12).


Inoltre i maPklm possono essere mandati a con
sultare una divinit (2Re 1,2).
I markim tuttavia non solo possono essere in
viati a comunicare notizie a qualcuno su incarico
del loro mandatario ( messaggeri ), ma possono
anche essere incaricati di raccogliere informazioni
per il loro mandatario; essi possono esercitare cio
la funzione di spie . Cos in Gios 2,1 si narra
che Giosu invia due uomini come esploratori
(meraggelm ), e in Gios 6,17.25 questi esploratori
vengono detti markim. Anche in 2Re 7,15
m arkim sono inviati chiaramente in qualit di
esploratori. Infine i m arkim possono essere man*
dati a compiere una determinata azione in nome
del proprio mandatario. Saul manda m arkim con
il compito di sorvegliare Davide (ISam 19,llss.);
i m arkim di Ioab tirano fuori Abner dalla ci
sterna di Sira (2Sam 3,26); in 2Sam 11,4 Davide
manda anchegli dei mal'kim perch gli condu
cano Betsabea (cfr. IRe 22,9.13; 2Cron 18,12). I
m arkim possono avere anche la funzione di ac
compagnare una persona dal loro mandatario
(ISam 25,42).
c) I maPkfm stanno in un rapporto molto stretto
con il loro mandatario; essi ricevono da lui pienj
poteri, in modo da poter parlare o agire a suo
nome; attraverso di essi parla o agisce lo stesso
mandatario. Pertanto i maPklm vengono identi
ficati con lui e chi parla loro come se parlasse
con il loro mandatario (Giud 11,13; 2Sam 3,12ss.;
IRe 20,2ss.); trattare aspramente i maPklm equi
vale a trattare aspramente il loro mandatario
(ISam 25,14ssJ. Al mandatario pu anche venir
rimproverato ci che egli ha compiuto attraverso
i suoi maPklm (2Re 19,23; cfr. a questo proposito
A.S.van der Woude, De MaPakJahweh: een Godsbode, NedThT 18,1963/64, 6s.; per l'intera que
stione: M.S.Luker, The Figure of Moses in th
Plague Traditions, Drew Univ. Madison, 1968
(tesi), cap, II: The Messenger Figure in Sumerian
and Akkadian Literature).
*d) Tra i sinonimi va ricordato in primo luogo
slh inviare, che nel suo complesso ha un si
gnificato ancora pi ampio di quello della radice
Pk e che nel medioebr. sllah e nel greco a7raroXo<; ha subito unevoluzione simile a quella
che maPk ha avuto nel greco ayyeXo^.
Con il significato specifico di messaggero ricorrono il
termine srr (Is 18,2; 57,9; Ger 49,14- Abd l; Prov 13,17
par. maPk\ 25,13), e talvolta perifrasi come maggid
(part. hi. di ngd Ger 51,21; cfr, 2Sam 1,5.6.13 ecc.). Cfr.
anche il nome di persona azgd (= persi, izgad messagger , KBL 694a).

L'attivit particolare del trasmettere un messaggio


viene indicata con la radice del semitico comune
bsr, che ha in un primo momento significato neu
tro, ma spesso (soprattutto nel Dtis.: Is 40,9.9;
41,27; 52,7.7; cfr. 60,6; 61,1; Sai 96,2 = lCron
16,23; Elliger, BK XI,33-35) viene ad indicare
778

portare una buona notizia (acc. bussuru por


tare, inviare un messaggio , AHw 142b; ug. bsr
D, WUS nr. 599; UT nr. 535; ebr. bsr pi. portare
un messaggio [buono o cattivo] 23x, fra cui
spesso il part. sostantivato nfbassr.; hitp. farsi
annunciare 2Sam 18,31; sost. b'sr annun
cio e ricompensa del messaggero 6x; cfr.
anche G.Friedrich, art.^avyeXt^oaa^ThW II,
705-735 [= GLNT 111,1023-1106]; R.W.Fisher, A
Study of th Semitic Root BS* Columbia Univ.
1966 (tesi);.P.Stuhlmacher, Das paulinische Evangelium. I. Vorgeschichte, 1968).
4/ a) Nelle espressioni maPak Jhwh e maPak
lhTm (vd. sp. 2 per i testi) il nome maPk as
sume un significato particolare: esso designa un
incaricato di Dio, il quale deve compiere la sua
missione fra gli uomini; questultima - esatta
mente come nel caso dei maPkm che vengono
mandati da uomini presso altri uomini - pu con
sistere nella trasmissione di un messaggio (Gen
16,9ss.; 21,17s.; 22,lls.l5ss.; Giud 6,11; 13,3ss.;
IRe 13,18; 2Re 1,3.15) o in unazione che il
maPk deve compiere (Gen 24,7.40; Es 14,19;
2Sam 24,16s.; 2Re 19,35 = Is 37,36; lCron
21,12s.)- In tal modo il maPak Jhwh incarna la pa
rola e lazione di Dio che riguardano la terra (cfr.
C. Westermann, art. Engel, EKL 1,1071-1075). A
differenza dei maPkm che vengono mandati da
gli uomini e che generalmente sono pi di
uno, il maPak Jhwh quasi sempre al singolare.
Soltanto in 2 passi si parla di maPak fhlm
al plurale (Gen 28,12; 32,2), e ad essi vanno ag
giunti ancora pochi passi, nei quali una moltitudi
ne di maPkm vengono detti i suoi (= di
Jahwe) maPkm (Is 44,26; Sai 91,11; 103,20;
104,4; 148,2; Giob 4,18); anche i due maPkm di
Gen 19,1.15 devono essere considerati maPkm
di Jahwe.
b) In molti casi lintervento del maPak Jhwh (=
m.J.) significa salvezza dal pericolo o dallangustia
(Gen 19; Es 14,19; Num 20,16) o annuncio di una
salvezza (Giud 13), Lannuncio della salvezza at
traverso un m.J. pu verificarsi in diverse ma
niere. Cos ad esempio il m.J. pu dare lincarico
ad un salvatore: Gedeone riceve da un m.J. lin
carico di salvare Israele dalla mano dei madianiti
(Giud 6,1 lss.). Anche nella teofania della voca
zione di Mos si parla del m.J. (Es 3,2). Daltro
lato il m J. pu invitare, o anche spingere, colui
che in preda ad una minaccia a salvarsi dal pe
ricolo (Gen 19), oppure il suo intervento apre gli
occhi di chi in pericolo, in modo che questi
possa vedere le possibilit di salvarsi, come il
caso ad esempio di Agar minacciata dalla sete
(Gen 21,17ss.; cfr. anche IRe 19,5, dove Elia nel
deserto invitato a mangiare). Anche lannuncio
della nascita di un figlio da parte di un m.J. in
stretta connessione con lannuncio di una sal
vezza. Il m.J. che incontra Agar alla fonte sulla
strada di Sur (Gen 16,7ss.), le promette che la sua
779

discendenza si moltiplicher (16,10; cfr. 21,17s.).


Condizione infatti di una discendenza numerosa
precisamente la nascita di un figlio, che viene an
nunciata dal m.J. con le parole: ecco, tu sei in
cinta: partorirai un figlio e lo chiamerai Ismaele
(16,11). Con parole simili un m.J. annuncia la na
scita di un figlio alla moglie di Manoach: ecco tu
sei sterile e non hai figli, ma concepirai e genererai
un figlio (Giud 13,3), In questo caso lannuncio
della nascita di un figlio denota salvezza in due
sensi. La moglie di Manoach viene salvata dal do
lore di non avere figli, e allo stesso tempo il figlio
preannunciato un consacrato di Dio, il quale inizier a salvare Israele dalla mano dei filistei (13,5),
Dobbiamo ancora ricordare qui Gen 18, dove i tre
uomini annunciano ad bramo che sua moglie
avr un figlio. .
Il m.J. non ha per soltanto la funzione di annun
ciare una salvezza con la sua parola; egli pu an
che compiere questa stessa salvezza con la sua
azione. Quando Lot esita ad eseguire lordine dei
maPkm e quindi a salvarsi, essi lo prendono e lo
portano fuori della citt (Gen 19,16). Anche il po
polo di Israele fu salvato dalla schiavit
dellEgitto per il fatto che Jahwe, avendo udito il
lamento del popolo, aveva mandato il suo maPk>
il quale lo aveva portato fuori dallEgitto (Num
20,16). Con lintervento del m.J. Gerusalemme fu
salvata dal grave pericolo di essere occupata
dairesercito di Sennacherib (2Re 19,35 = ls
37,36). Quando Israele benedice Giuseppe e i suoi
figli Efraim e Manasse, si parla di un maPk che
mi ha liberato da qualsiasi calamit (Gen 48,16;
cfr. Sai 34,8). Oltre ad una funzione precisa, circo
scritta nel tempo, quella cio di salvare da un
male, il m.J. pu anche esercitare una funzione
pi lunga, protratta nel tempo. Cos egli pu cu
stodire un uomo sul suo cammino (Sai 91,11), in
quanto inviato da Dio presso colui che ha biso
gno di protezione (Gen 24,7.40; cfr. Es 32,34); cos
pure egli viene inviato davanti a tutto il popolo
per proteggerlo (Es 14,19; 23,20.23; 32,34; 33,2;
cfr. Num 20,16).
Inoltre il m.J. pu trasmettere ad un profeta un
incarico (IRe 13,18; lCron 21,18) o una parola di
Dio che egli poi deve ulteriormente annunziare
(2Re 1,3). Una funzione di tipo particolare svolge
il m.J. nei primi sei capitoli del libro postesilico di
Zaccaria, dove per indicato per lo pi come
hammaPk haddbr b langelo che mi ha
parlato (Zac 1,9.13.14; 2,2 ecc.). Il suo compito
consiste nellinterpretare i sogni del profeta su
richiesta di questultimo (Zac 1,9; 2,2; 4,4; 5,5s. 10;
6,4).
Il m .J., che per lo pi svolge una funzione di sal
vezza e di protezione, pu daltra parte arrecare in
alcuni casi sciagure e distruzioni. In 2Sam 24,16s.
il m.J. colpisce il popolo in punizione per la pre
varicazione di Davide (cfr. lCron 21,15s.); anche
in 2Re 19,35 il maPk ha il compito di seminare
rovina tra lesercito di Sennacherib, cosa che dal
tra parte significa salvezza (vd. sp.) per Gerusa
T

maPk MESSAGGERO

780

lemme (cfr. ls 37,36). Unanaloga funzione deva


statrice esercita il m.J. anche in Sai 31,5.6 e
78,49.
Linlervento del m.J. non in alcun modo legato ad un
luogo o ad un tempo preciso, poich egli incontra
l'uomo dovunque si trovi, per la strada (Gen 16,7; 32,2),
nel deserto (Gen 21,17; Re 19,5.7), sul lavoro (Giud
6,1 lss.), nei campi (Giud 13,9s.). interessante il fatto
che il m.J%non viene riconosciuto subito dagli uomini,
ma essi si rendono conto con chi hanno avuto a che fare
soltanto quando il m.J. li ha gi lasciati (Gen 16; Giud
6 e 13), o quando i loro occhi vengono aperti in modo
che essi possano riconoscere il m.J. (Num 22,31). Il ri
conoscere il mark suscita paura (Giud 6; 13).

c) difficile precisare il rapporto che esiste fra


Jahwe e il suo mark, per il fatto che in molti testi
non si pu distinguere tra Jahwe e il maPak Jhwh
(Gen 16,7ss.; 21,17ss.; 22,1 lss.; 31,llss.;Es 3,2ss.;
Giud 6,1 lss.; 13,21s.). Questo problema stato
studiato diffusamente (per i diversi tentativi di so
luzione cfr. A.S.van der Woude, l.c., 4ss,, con ul
teriore bibliografa), ed ha ricevuto soluzioni di
verse, pi o meno soddisfacenti. Nella letteratura
patristica si voluto vedere nel m.J. la parola di
Dio (teoria del logos); nellambiente cattolico ro
mano ha trovato molti sostenitori il tentativo di
soluzione secondo il quale il m.J. sarebbe un mes
saggero creato, il quale agisce in nome e dietro in
carico di Dio (teoria della rappresentanza). Per
E.Kautzsch, Biblische Theologie des AT, 1911,
83-87; W.G.Heidt, Angelology of th OT, 1949
(cfr, anche R.North, Separated Spiritual Substances in th OT, CBQ 29, 1967, 419-449), il m.J.
un modo di apparire di Jahwe: si tratta di Jahwe
stesso che appare agli uomini in una forma
umana (von Rad 1,300) (teoria delfidentit). Al
tri vedono nel m.J. unipostasi di Jahwe (teoria
dellipostasi). G.van der Leeuw, Zielen en Engelen,ThT 53 (= N.R. 11), 1919,224-237, e A.Lods,
Lange de Jahwe et Pnie extrieure, FS Wellhausen 1914, 263-278, sostengono la teoria dell me
extrieure , la quale afferma che un angelo per
sua natura unanima separata; il m.J. sarebbe per
tanto una potenza esterna di Dio. Altri vedono nel
m.J. uninterpolazione tardiva per Jahwe, la quale
avrebbe lo scopo di eliminare una rappresenta
zione troppo antropomorfica di Jahwe (teoria
dellinterpolazione, sostenuta da B.Stade, H.Gunkel; cfr. W.Baumgartner, Zum Problem des
Jahwe-Engels, SThU 14,1944,97-102 = Zum AT
und seiner Umwelt, 1959,240-246). Fra tutte que
ste teorie la pi giustificata certamente quella
della rappresentanza, poich spiega meglio la fun
zione che il m.J. svolge come incaricato da Dio a
parlare e ad agire. La difficolt secondo la quale
Jahwe e il suo maPk vengono talvolta identificati
non sussiste pi se si tiene presente che un maPk
generalmente viene identificato con il suo manda
tario (vd. sp. 3c). Daltra parte questa teoria non
in contraddizione con la teoria dellinterpolazione; essa infatti tenta di chiarire la funzione del
m J.ymentre la teoria dellinterpolazione parte dal

mcelcek RE

781
i

presupposto che solamente in un secondo tempo


il termine maPk fu inserito nel testo, e cerca di
spiegare tale inserzione.
Il m.J. per le sue particolari funzioni va distinto
nettamente da tutti gli altri esseri celesti; pi di
ogni altro essere celeste interviene direttamente
nella vita degli uomini. A questa figura personale
di essere celeste, ben delineata nel suo aspetto re
ligioso, spetta una funzione precisa nella storia;
quando se ne parla, la si colloca sempre al centro
degli avvenimenti (cfr. von Rad 1,299). La distin
zione fra il maPak Jhwh e gli altri esseri celesti co
minci a venir meno con i LXX, i quali indicano
con ayyeXoanche altri esseri celesti (vd. st. 5).
5/ I LXX traducono maPk per lo pi con
ayyeXo<; (ma anche npiafieu; inviati : Num
21,21;22,5;Deut2,26; za7a<yxo7csy<jaV7ss esplo
ratori Gios 6,25;
servi ISam 25,42).
maPak Jhwh viene tradotto con ayyeXoc; xoptou,
e maVak 'xlhfmcon ayyeXo' tgu Oeoo. Come il
tennine ebraico maPk, cos anche il greco yyeo< designa sia Pincaricato da parte di un uomo
sia lincaricato da parte di Dio. Soltanto la Volgata
distingue fra il messaggero umano, che viene
detto mmtius, e quello divino, che viene detto an
gelus (cfr. Baumgartner, Le,, 98 = Zum AT und
seiner Umwelt, 1959, 241).
Oltre al maPk, linviato da Dio, anche altri esseri
celesti vengono indicati dai LXX con il termine
ayysXoL. Cos xyysXoc pu essere lequivalente di
ben lhlm (Gen 6,2; Deut 32.8; Giob 1,6; 2,1;
38,7), di 'abbr (Sai 78,25), di *lhlm (Sai 8,6;
97,7; 138,1) e di w (D a n 10,21; 12,1). Inizia cosi
unevoluzione che fa diventare xyyeXoc un ter
mine tecnico e che si conclude con la Volgata. Cfr,
anche W.Gmndmann - G. von Rad - G.Kittel,
art. yyeXo<;,ThW 1,72-87 <= GLNT 1,195-234);
H.Ringgren, RGG 11,1301-1303.
R.Fcker

ttbn m lt pi. SALVARE -

mclcek

p l(.

RE

1/ a) mlk una radice del semitico comune


(Bergstr. Einf. 182), ma solo nel semitico nordoc
cidentale e meridionale ha il significato essere
re . In acc. malku II significa sempre consi
gliare, deliberare (AHw 593s.; cfr. p.e, mliku
consigliere , ma/ku II consiglio ), mentre per
il re e il suo ufficio viene usato in genere sarru, pi
raramente malku I, a cui corrisponde un malku
* III, attestato una volta nei testi acc. di Ugarit
(PRU n i, 135, 16) (un chiaro prst. dal semNO.).
Sono anche probabilmente di derivazione semO. i
nomi attestati nellarea di Mari e composti con
mlk}a meno che la radice non abbia qui il comune
significato acc. (Huffmon 230s ).
782

11significato consigliare* deliberare non per estra


neo neppure al semNO.: in ebr. compare in mlk ni.
consultarsi con se stesso di Neem 5,7 (secondo Wa
gner nr. 170 un aramaismo; in modo del tutto diverso
L.Kopf, VT 9, 1959,261 s.) e forse anche in mceicek di Ec
cle 1,12, nei caso che sia esatta la versione consigliere,
consulente proposta da W.F.AIbright, SVT 3, 1955, 15
n. 2, e presa in considerazione anche da RKroeber, Der
Prediger, 1963, 5. Ritroviamo inoltre tale significato
nelParam. bibl. melak consiglio (Dan 4,24),
nelParam. giud., nel medioebr. e nel sir. accanto al signi
ficato comune regnare . Non si pu stabilire con sicu
rezza se e in quale misura vi siano relazioni tra i due si
gnificati.

b) NelPAT risalgono alla stessa radice di mceicek


il verbo mlk (qal, [ni. vd. sp.], hi. e ho.) e i se
guenti sostantivi, derivati in parte da mceicek. il
fem. malk regina (anche in aram. bibl.), il
raro e forse creato artificialmente mclckcet (hassmjim) regina (del cielo) , mclk regalit
( potestas regia ), malkt regno (aram. bibl.
malk), mamlk potere regale opp. dignit
regale , il pi raro mamlkt. Gli ultimi quattro
termini non si possono sempre distinguere facil
mente tra loro nelle sfumature di significato. Inol
tre abbiamo il termine sacrificale mlcek (vd. st.
4e), etimologicamente discusso e attestato partico
larmente nel fen. pun.
.
A partire dall'epoca di Mari sono frequentemente
attestati nel semitico nordoccidentale e meridio
nale nomi propri formati con w//c(Huffmon 230s.;
Grndahl 157s.; Harris 118s.; Noth, IP 114s.
Il8s.). NelPAT accanto al nome divino A//7km (vd. st. 4f), ai nomi di donna Milka, Mlckcet
e ai nomi maschili Mceicek, Mallk, ricorrono so
prattutto nomi composti come MalkTl, Malkijjih), Malklscvdceq e abmcelcek, 'ahmcelcek, limceicek.

*H mceicek, dopo ben ed lhfm, il terzo tra


i sostantivi pi frequenti dellAT ebr. (2526 ricor
renze, incluso IRe 15,9b, esci. lCron 21,20; Lis.
814b ha due volte Ger 32,4a). Il concentrarsi delle
ricorrenze in alcune parti dovuto tra laltro ad
elenchi: p.e. mceicek ricorre 39x in Gios 10 e 37x
in Gios 12. In Gen si hanno 27 ricorrenze in Gen
14; daltra parte P usa il termine solo per il fa
raone.
Nella tabella seguente, dove non sono riportati mlk ni.
(Neem 5,7), mlcek (8x, di cui 5x in Lev 18 e 20) e i
nomi propri, usiamo le seguenti abbreviazioni: m. =
mceicek, f. = malk, (f.) = melcekcet, I = melk, 11 =
malkt, III = mamlk, IV = mamlkt.
*

hi. TtL
(ho.)
, 41
12
14
1 _

- 20
26
3 109
5 3 37
12 5 * 86

qal
Gen
Es
Lev
Num
Deut
Gios
Giud
ISam
783

ni

IV

2 *
1

2
7
2

55
16

23
- * 33
5 119
45
1 116

tot.

qal

hi.
(ho.)
II
1
56 6
81 9
4
l
10 1
1 1
1

2Sam
IRe
2Re
Is
Ger
Ez
Os
Gioe
Am

Abd

Giona
Mi
1 *

Nah

Ab

sor

Agg

7.ac

Mal
Sai
6
1
Giob
Prov
2

Rut
*

Cant
Eccle
1
'
Lam
Est
3
1
Dan
1 (!)

Esd

*Neem
lCron 20
7
2Cron 66 13
AT
ebr

m.
284
305
370
80
269
37
19

11

111

6
12
5
14
17
4

2
7
1
2
J
2

I
1

1
2

11
l
2
7
2
1
5
4
9
1
86
9
34

---

f.
(r.)

2
5
1
1
4
2
9
1
67
8
32
-

5
12
3
196
52
32
43
69
277

297 49 2526
(1)

IV
I

25

-,

4
35 24
(5)

26
16
6
2
11
17

I
1
3
19

91

117

tot.
305
391
466
101
307
45
21

7
-14
4
251
71
39
46
111
396

9 3154

NelParam. bibl. si ha mceicek 180x (Dan I35x, Esd


45x), malk 2x (Dan), malk 57x (Dan 53x, Esd 4x), totale
239x.

3/ Il sost. mceicek e il verbo mlk in qal e hi. nella


maggior parte dei passi si riferiscono a uomini, pi
raramente a Jahwe; lo stesso vale per i nomi deri
vati. Nel primo caso si tratta della regalit in senso
politico (3a-b), nel secondo del dominio
regale di Jahwe, un concetto teologico fonda
mentale (4a-d). mlcek (4e) e Milkm (40 so
no casi particolari. Tra i sinonimi vanno ricordati
msl, il cui significato spesso coincide esatta
mente con quello di mlk, e soprattutto mciah
unto (3c e 5).
a) La monarchia come realt politica appare relati
vamente tardi in Israele, tra la fine del secondo mil
lennio e Pinizio del primo millennio, alcuni secoli
dopo la sedentarizzazione e la conquista, e perci
non fa parte del patrimonio ideologico originario di
Israele e di quanto necessario alla sua esistenza. Il
paese di Sumer, secondo la lista dei re sumerici
fu governato fin dalle prime origini da una regalit
discesa dal cielo (ANET 265b; S.N.Kramer, The Sumerians, 1963, 43-53.328-331); la religione egiziana
vede nella regalit terrestre Pincarnazione del go
verno celeste di Horo (H.Frankfort, Kingship and
mceicek RE

784

th Gods, 1948, 148ss.; E.Hornung, Einfhrung


in die Aegyptologie, 1967, 76-78); in Siria nella
citt-stato di Ugarit il re adottato e allattato dalla
divinit e il suo ufficio ritenuto indispensabile
per la fertilit del suolo e del bestiame (J.Gray,
The Krt Text in th Literature of Ras Shamra,
*1964, 5ss.); nelPAT invece la regalit preceduta
da un lungo periodo di tempo, che giudicato po
sitivamente dalla storiografia successiva.
In Israele si arriv alla monarchia per motivi politici:
da una parte essa rappresent il risultato finale del
processo cominciato con la sedentarizzazione e la
conquista (G.Buccellati, Da Saul a David, BeO 1,
1959, 99-128), dallaltra questo sviluppo fu accele
rato dalla pressione militare dei filistei (ISam 8,20;
9,l7b; Alt, KS 11,1-65). Poich mancava unorigina
ria teologia della monarchia, si spiega come qualche
re sia stato attaccato dai profeti e dal Dtr., e anzi
come listituzione stessa abbia costituito un problema(lSam 8,lss.; 10,17-27). Il tramonto della mo
narchia nel 6 sec. venne perci interpretato non
tanto come una tragedia religioso-nazionale, ma
come un giudizio di Dio sul popolo e i suoi rappre
sentanti (Is 40,2).
Si trovano tuttavia alcuni tratti di una concezione
cananaica della monarchia (cfr. Sai 2,7; 21,5; 45,7,
cfr. i comm.; 72,6.16; inoltre 2Sam 21,17 e proba
bilmente ISam 24,1 lb par 26,1 la). Si tratta di al
cune idee originatesi nel sud, presumibilmente as
sumendo il patrimonio culturale della citt-stato
Gerusalemme, dopo la sua conquista, e sulla cui
diffusione non abbiamo notizie. Nellepoca del
NT ancora forte la ripugnanza di Israele verso
ogni tentativo di tributare onori divini ad un re
(cfr. Gius. Flavio, Ant. XIX, 8,2 = 343-352). Di
versamente vengono valutati i poteri sacerdotali
che furono attribuiti, non senza contraddizione, al
re (IRe 6,lss.; 8,lss.; i tentativi di riforma di Eze
chia e di Giosia ecc.; cfr. J.A.Soggin, ZAW 78,
1966, 193 n. 35).
b) Ci tuttavia non vuol dire che si trattasse di
unistituzione puramente secolare: gi fin dallini
zio il re riceve da Dio uninvestitura e una voca
zione, che possono essere definite carismatiche: in
ISam 11 ci opera dello spirito di Jahwe, in 9,15
16 ci avviene con una visione di Samuele, in
10,20s. con il sorteggio. I segni di tale vocazione
venivano esaminati dalla comunit e portavano
allacclamazione. Anche nel caso di Davide e di
Geroboamo I lincoronazione preceduta rispetti
vamente da un oracolo pronunciato sul candidato
(2Sam 3,9.18; 5,2b e 2,1-4; 5,1-3) e dalla designa
zione da parte di un profeta (IRe 11,26-40 e
12,20). Il tentativo di ripristinare tale forma nel
nord dopo la divisione del regno naufrag pre
sto, soprattutto per il nazionalismo e lorganizza
zione militare dei cananei, a cui le assemblee di
Israele riuscirono raramente ad imporre la propria
volont. Nel sud la vocazione carismatica del re fu
sostituita per sempre dalla promessa rivolta alla
dinastia davidica, descritta in 2Sam 7, senza tut
785

metcvk R

tavia che le assemblee venissero destituite dei loro


privilegi, e questo port ad una maggiore stabilit
fino alla fine del 7 sec.
,
Per tutti questi problemi cfr. J. de Fraine, Laspect religieux de la royaut isralite, 1954; K-H.Bernhardt, Das
Problem der altorientalischen Knigsideologie im AT,
1961; A.R.Johnson, Sacrai Kingship in Ancient Israel,
(1955) *1967; G.Buccellati, Cities and Nations of An
cient Syria, 1967; J.A.Soggin, Das Knigtum in Israel,
1967; anche, in parte, le opere citate sotto 4a.

*c) Queste molteplici forme di cui si riveste la mo


narchia al linterno e allesterno di Israele non ven
gono espresse dal punto di vista linguistico con al
trettante designazioni, mclcek indica anzi tutti i tipi
di monarchi di una citt-stato, di una regione o d un
territorio, di una trib o di un popolo (cfr. KBL
530b). Forme superlative'come re dei re (Ez 26,7
e Dan 2,37 per il re di Babilonia; Esd 7,12 per il re
dei persiani) oppure il grande re (Is 36,4
per il re dellAssiria) risalgono ai titoli corrispon
denti usati nei grandi regni dellantico Oriente (cfr.
Seux 298-300.318s. per Pacc. sarru rab e sar
sarrrii', Zimmerli, BK XIII,616); per signore dei
re (Dan 2,47) cfr. KXialling, ZDPV 79, 1963,
140-151.
Non c un aggettivo particolare per indicare regale ;
quest'ultimo viene espresso con l'uso frequente di mcelcek
come genitivo di una catena costrutta (cfr. i lessici, in Est
8,10.14 viene usato, in riferimento ai cavalli, il prst. persi.
ahsfrn nohile, regale ).
Solo in pochi casi mcecek usato al di fuon dellambito
umano (o divino), come nella favola d Giud 9,8.15 per gli
alberi che si creano un re, in Giob 41,26 per lippopolamo
che un re al di sopra di tutti gli animali orgogliosi , e
in Prov 30,27 per le cavai lette che non hanno un re.
molto rara lespressione metaforica moelcek ballhr re del
terrore per descrivere poeticamente la morte (Giob 18,14;
cfr. Horst, BK X V I/1,273).

Dopo quanto si detto, chiaro che mcelcek ha pochi


sinonimi. I temiini usati nelle serie o nei membri pa
ralleli sono o pi generici ( condottiero o sim.) o
pi limitati (p.e. giudice , - spt) e in genere desi
gnano persone che non sono sullo stesso piano del
re (cfr. p.e. sar funzionario, superiore , e per deri
vazione principe , msl 3b; rzn dignitario ,
par. mclcek in Giud 5,3; Ab 1,10; Sai 2,2; Prov 8,15;
31,4; par. sfet in Is 40,23; per nagfd ngd\per nsV
ns*).
Va ricordata per in modo particolare la radice msh:
il verbo msh qal ungere (64x) e il sost ma
siah unto, che da essa derivano, sono spesso
equivalenti di mlk hi, fare re e mclcek re
(E.Kutsch, Salbung als RechLsakt im AT und im al
ten Orie.nl, 1963, soprattutto 7-9.52-66). In alcuni
passi msh viene usato in contesti non cultuali (Is 21,5
unzione dello scudo; Ger 22,14 pitturare la casa; Am
6,6 cura del corpo; Sai 45,8 unzione metaforica con
olio di letizia, cfr. Kutsch, l.c., 63-65; inoltre Param.
bibl. mesah unguento , Esd 6,9; 7,22; = ebr. scmeen e jihi\ cfr, L.Khler, JSS 1, 1956, 9s.), in Es,
Num e Deut per riti cultuali con cui si ungono og
getti e persone (24x, inoltre msh ni. 5x, mishae mosh
786

unzione, rispettivamente 21x in Es - Num e 2x


in Es; Elliger, HAT 4>117s.{cfr. anche Gen 31,13
unzione di una stele, Dan 9,24 di un santo dei
santi ). Si parla inoltre per due volte dellunzione di
un profeta (1 Re 19,16; Is 61,1, in senso traslato, cfr.
Kutsch, l.c., 62) e 32x, soprattutto in ISam - 2Re
(inoltre Giud 9,8.15; Sai 89,21; ICron 11,3; 29,22;
2Cron 22,7; 23,11), dellunzione del re (consacrato
ngci ISam 9,16; 10,1; ICron 29,22; consacrato mcpIcek Giud 9,8.15; ISam 15,1,17 ecc.). Corrisponden
temente msfuh unto (39x) indica in testi tardivi
il sommo sacerdote (Lev 4,3-5.16; 6,15; Dan 9,25.26)
e i patriarchi (in quanto profeti?, Sai 105,15 = ICron
16,22), nella maggior parte dei casi per indica il re
(ls 45,1 Ciro, altrimenti sempre un ie israelita; 2Sam
1,21 txt?).
La forma fondamentale di questo titolo m^sV'h Jhwh
unto di Jahwe (Saul: ISam 24,7.7.11; 26,9.11.16.23;
2Sam 1,14.16; Davide: 2Sam 19,22; Sedecia: Lam 4,20). A
seconda del contesto viene mutata in mio (ISam 2,35; Sai
132,17) / tuo (Ab 3,13; Sai 84,10; 89,39.52; 132,10; 2Cron
6,42) / suo (ISam 2,10; 12,3.5; 16,6; 2Sam 22,51 = Sai
18,51; Sai 2,2; 20,7; 28,8) unto e una volta in unto de!
Dio di Giacobbe (2Sam 23,1).

Lespressione sottolinea la stretta relazione che esiste


tra Jahwe ed il re. Conseguenze dellunzione sono
linviolabilit (ISam 24 c 26; 2Sam 1,14.16; 19,22) e
lessere pieni dello spirito di Jahwe (ISam 16,13).
NellAT non si pu ancora vedere in questo titolo
un preciso significato mcssianico-escatologico, nem
meno in Is 45,1, dove Ciro non viene identificato
con il re atteso per gli ultimi tempi (tale attesa
manca del tutto nel Deuteroisaia), ma in quanto
strumento eletto di Jahwe riceve un particolare ti
tolo onorifico (msh nel senso traslato di autoriz
zare , cfr. Kutsch, l.c., 61s.; Westermann, ATD
19,129).
Le fasi ulteriori attraverso cui questo titolo si svi
luppato, fino a designare il messia (grecizzatone
dellaram. mesih = ebr. hammsFah), non rientrano
pi quindi nelluso linguistico vtrt., ma riguardano
la sua evoluzione nel giudaismo tardivo (vd. st. 5).
L attesa messianica dellAT designa il re atteso
negli ultimi tempi con diverse espressioni, in parte
solamente allusive oppure metaforiche (come
htoer
rampollo
Is
11,1,
fwtm
sigillo Agg 2,23): le pi importanti sono mosci
dominatore (Mi 5,1, msl 4d), scrinali saddlq
germoglio giusto (Ger 23,5; Rudolph, HAT
12,134s.: germoglio genuino [di Davide); in se
guito Zac 3,8 e 6,12 scmah come termine tecnico)
e anche mclcek (Ez 37,22.24, cfr. per il lesto e lese
gesi Zimmerli,
BK
XIIl,905s.912s.915918; Zac 9,9).
4/ a) La designazione di Jahwe come re impor
tante dal punto di vista della storia delle religioni e
dal lato teologico. Dalla immensa bibliografia ci
tiamo:
P.Volz, Dai Neujahrsfest Jahwes, 1912; S.Mowinckel,
Psalmenstudien, II, 1922 (ristampa 1961); H.Schmidt,

787

Die Thronfahrt Jahwes am Fest der Jahreswende im al


ten Israel, 1927; F.M.Th.de Liagre Bohl, Nieuwjaarsfeest en Koningsdag in Baby loti en in Israel, 1927 =
Opera Minora, 1953,263-281; O.Eissfeldt, Jahwe als K-.
nig, ZAW 46, 1928,81-105 = KS 1,172-193; Gunkel-Be
grich 94-116; I.EngnelI, Studies in Divine Kingship in
th Ancient Near East, 1943 (ristampa 1967); J.Muilenbuig, Psalm 47, JBL 63,1944,235-256; A. Alt,Gedanken
iiber das Konigtum Jahwes, (1945) = KS 1,345-357;
I.EngnelI, The Cali of Isaiah, 1949; A.Bcntzen, King
ldeology - Urmensch - Troonsbestijgingsfeest ,
StTh 3, 1949, 143-157; M.Noth, Gott, Knig, Volk im
AT, ZThK 47, 1950, 157-191 = GesStud 188-229;
A.Weiser, Zur Frage nach den Beziehungen der Psalmen zum Kult, FS Bertholet, 1950, 513-531 = Glaube
und Geschichte im AT, 1961, 303-321; H.J.Kraus, Die
Konigsherrschaft Gottes im AT, 1951; L.Khler, Jahwdh mlk, VT 3,1953, 188s.; J.Ridderbos, Jahwh malak, VT 4, 1954, 87-89; R.Hcntschke, Dio sakrale Stellung des Konigs in Israel, ELK2 9, 1955, 69-74; G.Widengren, Sakrales Konigtum im AT und im Judentum,
1955; W.S.McCullough, The Enthronemcnt of Yahweh Psalms, FS Irwin 1956, 53-61; D.Michel, Studien
zu den sogenannten Thronbesteigungspsalmen, VT 6,
1956,40-68; R.Press, Jahwe und sein Gesalbter, ThZ 13,
1957, 321-334; Eichrodt 1,122-126.295-308; A.Caquot,
Le Psaume 47 et la royautde Yahw, RHPhR 39,1959,
311-337; de Vaux 11,409-412; D.Michel, Tempora und
Satzstellung in den Psalmen, 1960 , 215-221; Kraus, BK
XV, p. XLills. 197-205.879-883; T.H.Gaster, Tthespis,
'1961, 450-452; K.-H.Bernhard!, l.c. (vd. sp. 3b), 183
242; C.Westermann, Das Loben Gottes in den Psalmen,
*1961, 106-111; H.J.Kraus, Gottesdienst in Israel, *1962,
239-242; S.Mowinckel, The Psalms in lsraels Worship,
I, 1962, 106-192; E.Upinski, Yhweh mlk, Bibl 44,
1963, 45-46G; J.Schreiner, Sion-Jerusalem Jahwes Konigssitz, 1963, 191-216; A.S.Kapelrud, Nochmals Jahw
mlk, VT 13, 1963, 229-231; E.Lipinski, La royaut de
Yahw dans la poesie et le culte de lancien Israel, 1965;
Gray, Legacy 86ss.; J.D.W.Watts, Yahweh Mlak
Psalms, ThZ 21, 1965, 341-348; W.II.Schmidt, Knigtum Gottes in Ugarit und Israel, 1966, 66ss.80ss.; Wei
ser, ATD I4,22ss.; Th.C.Vriezen, Hoofdlijnen der theologie van het OT, *1966, 358s.; X.Gelston, A Note on
Jhwh mlk%VT 16, 1966, 507-512; A.R.Johnson, l.c. (vd.
sp. 3b), 70s.; W H.Schmidt, Atl. Glaube und seine
Umwelt', 1968, 126-134; 11 Bardike, BiOr 25,1968,289
302.
Cfr. inoltre le sintesi sullo stato delle ricerche in J. de
Fraine, l.c., 122ss.; J.J.Stamm, ThR 23, 1955,46-50; E.Lipi nski, Les Psaumes de la Royaut de Yahv daas Pexgse moderne, in: R. de Langhe, Le Psautier, 1962, 133
272; id., l.c., 11-90; J.Coppens, Ijes Psaumes de lintronisation de Yahv, EThL 42, 1966, 225-231; id., La date des
Psaumes de lintronLsation de Yahv, EThL 43,1967, 192
197.

Questa designazione relativamente rara (cfr. anche


msl 3a[3]): 13x Jahwe soggetto di mlk qal, di cui
7x nei salmi della regalit di Jahwe e in brani affini
(Es 15,18; ISam 8,7; Is 24,23; 52,7; Ez 20,33; Mi 4,7;
Sai 47,9; 93,1; 96,10 = ICron 16,31; Sai 97,1; 99,1;
146-,10); a Jahwe viene dato il titolo di mclcek in
Num 23,21 (E?); Deut 33,5 (E?); ls 6,5; 41,21; 43,15;
44,6; Ger 8,19; Sof 3,15; Sai 5,3; 10,16; 24,7.10;
29,10; 44,5; 473-7; 483; 68,25; 74,12; 84,4; 89,19;
95,3; 98,6; 99,4; 145,1; 149,2; Dan 434. Si parla della
malkt Jhwh in Sai 103,19 (par. il suo trono) e
145, 11-13 (par. mcems!)\ secondo Sai 22,29 e
motcek RE

788

Abd 21 a Jahwe spetta la melk, e la mamlk se


condo lCron 29,11 si addice a Jahwe (cfr. Dan
3,33 e 4,31 malk par. soitii dominio ). Is 10>10
menziona i regni (mamlkt) degli idoli . La re
galit di Jahwe viene posta in rilievo anche con la
menzione del suo trono (kiss') (Is 6,1; 66,1; Ger
3,17; 17,12; Ez 1,26; Sai 9,5.8; 47,9; 89,15; 93,2;
103,19); cfr. anche kbd {-kbd). In alcuni passi si
sottolinea la regalit di Dio sopra Israele, in altri la
sua sovranit cosmica.
b) Poich in tutto il mondo semitico vi sono divi
nit che possiedono il titolo di re e dato che testi ar
caici (Es 15,18; Num 23,21; Deut 33,5) testimoniano
che questuso era praticato anche in Israele in epoca
premonarchica, non c alcun motivo di credere che
questo titolo sia stato attribuito a Jahwe solo dopo
lintroduzione della monarchia in Israele. In parte si
mile la tesi del Deuteronomista, secondo la quale
il popolo aveva avuto nel periodo premonarchico un
regime teocratico (Giud 8,22-23 ms!\ ISam 8,7;
10,18s.; 12,12), per cui introducendosi la monarchia
politica (specialmente in Giuda, dove il monarca in
base alla profezia di Natan di 2Sam 7 ebbe il suo po
sto nei culto ufficiale e nella teologia) si inser una
terza realt fra Jahwe e il popolo. Questo legame
della regalit divina con quella terrestre non si re
alizzato senza contrasti, ed significativo a questo ri
guardo il ritegno con cui i profeti e il Dtr. applicano
a Jahwe il titolo di re (cfr. anche H.J.Boecker,
Die Beurteilung der Anfnge des Knigtums in
den deuteronomistischen Abschnitten des LSamuelbuches, 1969). Anche lintroduzione del culto
di mlcek (vd. st. 4e), come del resto il titolo di
Baal, possono aver avuto la loro parte in tutto
questo processo.
D titolo e il verbo vengono ripresi dal Deuteroisaia,
per annunciare limminente e grandiosa opera di
liberazione di Jahwe, con la quale egli manifesta
la sua sovranit cosmica, come gi ai tempi delle
origini,
1
c) I salmi della regalit d Jahwe, che sono senzaltro
preesilici, costituiscono un problema particolare,
dopo che P.Volz e S.Mowinckel, indipendente
mente luno dallaltro, hanno collocato il loro Sitz
im Leben in una festa, conosciuta in tutto
lOriente antico e celebrata anche in Israele, con la
quale allinizio dellanno si celebrava lintronizza
zione del vincitore del caos. A questo riguardo sor
gono continuamente nuovi problemi, poich non
si ancora trovata una soluzione soddisfacente
per tutta la questione. Ci dovuto alle difficolt in
terne di questo genere di salmi e anche al fatto che
(e parti costitutive di questa festa non sono sempre
chiare al di fuori di Israele, mentre spesso viene loro
attribuita una uguale importanza senza le dovute
sfumature.
Si deve iniziare dalla frase Jhwh mlak (Sai 93,1;
96,10 = lCron 16,31; Sai 97,1; 99,1) oppure mlak
>d?lhfm (Sai 47,9); cfr. anche Sai 146,10, dove si
ha jimlk Jhwh. S.Mowinckel e al suo seguito
789

^1 3

m lw k RE

H.Schmidt, F.M-Th. de Liagre Bolli, i maestri della


scuola denominata Myth and Ritual e della
scuola di Uppsala,
hanno tradotto la frase con
Jahwe diventato re e lhanno intesa come
unacclamazione di intronizzazione. Sono stati ad
dotti a sostegno di questa opinione i passi dellAT in
cui si trovano espressioni simili: 2Sam
15,10; IRe 1,11; 2Re 9,13 ( Assalonne / Adonia /
leu diventato re! ), Si sono rinvenuti inoltre ul
teriori paralleli nell1antico Oriente: lacclamazione
dMarduk-ma sarru (Enuma elis IV,28; ANET
66a), preferita nella festa della/c/ tu a Babilonia, e
dAssursar, la sua corrispondente in Assiria; si sono
aggiunti in seguito alcuni testi ugaritici: 68 (= ITI
AB,A), 32 ym hnt blm ymi [fc] Yam veramente
morto, ora deve regnare Baal ; 129 (= 1X1 AB,C),
22 tpt nhr mlkt o principe Fiume, tu ora sei re
ecc.Gi A.Alt e M.Noth (l.c.) avevano espresso una
critica generica, ma solo negli ultimi anni la que
stione stata trattata dal punto d vista gramma
ticale e sintattico. Tranne che in un caso i salmi
citati hanno la costruzione x-qatal, mentre i passi
di 2Sam e l/2Re hanno la costruzione qatal-x; le
due costruzioni non hanno il medesimo signifi
cato neppure nella grammatica tradizionale, poi
ch in una frase verbale un soggetto posto prima
del verbo acquista un rilievo enfatico. Lespres
sione babilonese in quanto frase nominale non co
stituisce un autentico parallelo, e la sua traduzione
pu essere soltanto: Marduk re . Lespres
sione assira ha la costruzione x-qatal, e Io stesso
vale per i passi ugaritici. La sua somiglianza con
i nostri salmi indica che si tratta di una formula
largamente diffusa nel mondo semitico. Ora, poi
ch in tutti questi passi il soggetto posto enfati
camente prima del verbo, si deve tradurre con
Jahwe re (a differenza di altri; Khler,
McCullough, Johnson) oppure Jahwe (da sem
pre) re (Ridderbos, Schreiner, Watts, Gray) op
pure Jahwe colui che esercita il dominio re
gale (Michel). Nonostante che i modi di inten
dere la frase siano diversi, tuttavia chiaro che
non si tratta di una acclamazione con cui si an
nuncia la reintegrazione periodica di Jahwe nel
suo dominio regale, ma di una proclamazione kerigmatico-cultuale deHeterna regalit di Jahwe
(cos anche W.H.Schmidt, sebbene egli traduca
Jahwe diventato re ). Di fatto nei passi citati
Jahwe presentato spesso come un re al di sopra
degli dei (Sai 95,3; cfr. 96,4; 97,7-9).
V

d) La questione relativa al contenuto e alla forma


della festa, sulla cui esistenza i passi che abbiamo
citato offrono alcune informazioni, non pu rice
vere una risposta soddisfacente. Kraus e Weiser
sono giunti a supporre una festa regale di Sion
(con la processione dellarca) e un culto della festa
dellalleanza, da celebrarsi a Gerusalemme in con
nessione con la festa dei tabernacoli. Con Weiser
e N.Poulssen, Knig und Tempel im Glaubenszeugnis des AT, 1967, 64ss., bisogna tuttavia am
790

mettere che il materiale da cui si potrebbe dedurre


una festa regale di Sion non sufficiente, e lo
stesso vale per il culto della festa dellalleanza, an
che perch recentemente si posta in discussione
Pantichit dellidea stessa di alleanza (berit).
e) Le fonti fenicio-puniche hanno rivelato da
tempo un sacrificio denominato molek (o molk)
(cfr. O.Eissfeldt, Molk als Opferbegriff im Punischen und das Ende des Gottes Moloch, 1935; id.,
RGG rv,1089s.; R.Dussaud, CRAIBL 1946, 371
387; R. de Vaux, Les sacrifices de PAT, 1964, 67
81). Secondo de Vaux la radice (in base alliscri
zione di Karatepe, KAI nr. 26, LI, r. 19; cfr. A. AJt,
WdO 1/4, 1949, 282s.) non mlk, ma hlk (fenicio
jiPil, offrire ), tuttavia il termine quando fu ri
preso in Israele sarebbe stato riferito ad un dio Mlk
(l.c., 70.80; la vocalizzazione ebraica mlcek[LXX
MoXoyJ basata su quella di bcet ignominia e
diffcilmente corrisponde a quella originale). Che
si tratti di un sacrifcio di bambini stato dimo
strato fra laltro dal ritrovamento di numerosi
scheletri infantili nei diversi luoghi di culto feni
cio-punici (tfcet) che si sono scavati. Poich
Puomo sacrificato era oggetto di apoteosi, in que
sti luoghi si celebrava forse anche un culto dei
morti.
.
I passi delPAT che interessano qui sono: Lev
18,21; 20,2-5; IRe 11,7; 2Re 23,10; Ger 32,35. Si
parla di tfcet in 2Re 23,10; Ls 30,33; Ger 7,31.
32a.b; 19,6.11-14. Lespressione spesso ricorrente
far passare attraverso il fuoco (es 3a) si rife
risce a questo tipo d sacrificio.
Sulfintera questione cfr. anche E.Dhorme, Le dieu Baal
et le dieu Moloch dans la tradition biblique, Anatolian
Studies 6, 1956, 57-61; S.Moscati, Il sacrificio dei fan
ciulli, Pontificia Accademia Romana di Archeologia,
Rendiconti 38, 1965-66, 61-68; id.. Il tofet, FS Ri
naldi, 1967,71-75. Forse anche Ger 2,32 va spiegato alla
luce di questo sacrificio, cfr. J.A.Soggin, OrAnt 8 ,1969,
215-217.
'

0 Una divinit Milkm attestata per gli ammo


niti in Re 11,5.33; 2Re 23,13 (cfr. anche le emen
dazioni proposte per 2Sam 12,30; IRe 11,7; Ger
49,1.3; Sof 1,5). Si tratta evidentemente di una
forma di mclcek con mimazione. Milcom atte
stato solo nelPAT e su due sigilli aramaici; non
sappiamo nulla del suo culto.
Cfr. Gray, Legacy 171*173; N.Avigad, Seals of Exiles,
IEJ 15,1965, 222-228; G.Garbini, Un nuovo sigillo aramaico-ammonita, AION 17,1967, 251-256; H.Gese, Die
Religionen Aksyriens, 1970, 139.214s.

5/ a) Nei testi di Qumran questo gruppo non


ha un particolare rilievo (oltre al raro mlk qal solo
mclcek e malkt, cfr. Kuhn, Konk. 124s.). In Gen
Ap 2,4.7 ricorre la designazione divina mlk kw!
Inym re di tutti gli eoni/mondi , in 2,14 mlk
smf re del cielo (cfr. Fitzmyer, Gen.Ap.
75.80).
Nella versione dei LXX predominano ^aatXsuc e
791

i suoi derivati; uno di essi, pocaiXsia regno


(ebr. malkt), diventato un termine particolar
mente importante nel giudaismo tardivo e nel NT
(cfr. H.KJeinknecht - G.von Rad - K.G.Kuhn KX.Schmidt, art.
Xeu<;, ThW 1,562-595 (=
GLNT 11,133-212); K.Galling - H.Conzelmann,
art. Reich Gottes, RGG V,912-918; C.Wester
mann - G.Schille, BHH 111,1573-1577).
b) La stretta connessione che si era stabilita nel
culto gerosolimitano tra il re divino e quello ter
reno, e il rilievo che si era dato alle dimensioni co
smiche e metastoriche gi in epoca preesilica, fon
darono nel giudaismo lattesa escatologica di un
regno divino, realizzato e governato da un unto di
Dio (masiah, Meccnoc^, gr.Xpicrrs). 9 uesta tra
sformazione ben testimoniata nei libri pseudepigrafi e nella letteratura di Qumran. Cfr. p.e. la sin
tesi di A.S.van der Woude, BHH 11,1197-1204,
con ulteriori indicazioni bibliografiche. chiaro
che anche idee non teologiche e concezioni estra
nee, come p.e. eventuali faistrazioni politiche o
unideologia persiana, hanno contribuito ad una
simile trasformazione, tuttavia questo non spiega
il fenomeno nella sua totalit, poich la fede nella
regalit di Dio, meditata ed approfondita con una
certa coerenza, doveva senzaltro condurre a spe
rare in un regno di Dio realizzato.
J.A.Soggin

?ri3 m I ESSERE INFEDELE


1/ Il verbo niLl q. essere/divenire infedele ri
corre solo nelPebr. (e, in dipendenza da esso,
nellaram. giud.; medioebr. anche meiTl infe
delt, atto di infedelt ).
I tentativi per individuare unetimologia stabilendo con
nessioni con verbi arabi (cfr. GB 445a; KBL 547b; Zorell
457b) o con m*7f veste esterna (GB 445a; J.L.
Palache, Semantic Notes on th Hebrew Lexicon, 1959,
10; significato primario coprire?, bgd), restano di
dubbia validit.

NelPAT accanto al verbo (solo in qal) attestato


il nome segolato ma"al.
2/ II verbo ricorre 35x (2Cron 8x, Ez 7x, Gios
4x, Lev, Num e lCron 3x, Esd e Neem 2x, Deut,
Prov, Dan lx), il sostantivo 29x, d cui 20 in una
figura etimologica insieme col verbo (Ez 6x, Gios
4x, Lev e Num 3x, 2Cron 2x, Dan e lCron lx).
mU non compare nei libri storici (eccettuato Gios),
nei salmi e nei libri profetici (ad eccezione di Ez),
e solo lx rispettivamente in Deut 32,51 q., in Giob
21,34 sostantivo, e in Prov 16,10 q. Le ricorrenze
si trovano quasi tutte nella letteratura esilica-postesilica e pi precisamente nel vocabolario della
teologia sacerdotale (per Prov 16,10 la data non
pu essere precisata; i passi di Gios potrebbero es
sere dtr.).
i v a

m 'I

ESSERE INFEDELE 792

3/ a) Il significato primario pu essere ricavato


da Num 5,12: un uomo, la cui moglie si allon
tana (sfft, altrove solo in Num 5,19.20.29; Prov
4,15; 7,25) e commette uninfedelt contro di
lui . L* allontanarsi viene spiegato come un
divenire infedele, m'1 si riferisce pertanto al
rapporto di fedelt, configlirabile giuridicamente,
esistente fra due persone. Di infedelt verso uo
mini si tratta anche in Prov 16,10 e Giob 21,34.
Solo una volta ml si riferisce ad una cosa, allin
terdetto: Gios 7,1; cfr. 22,20, ICron 2,7.
b) Si tratta di un rapporto di fedelt anche quando
m7 q ./ma1al sono uniti tramite be alloggetto di
persona (27 su 44 casi): si infedeli con
qualcuno; questo soprattutto nei testi legislativi
(eccettuato Lev 5,15) e in Gios, dove da rilevare
anche la composizione del verbo col sostantivo
(vd. sp. 2). In questi testi luso linguistico assume
forme fisse, mentre nei testi non legislativi il ter
mine appare per lo pi in forma assoluta (m 7 q.:
Ez 14,13; 15,8; 18,24; Prov 16,10; Esd 10,10;
Neem 1,8; 2Cron 26,18; 29,6; 36,14; ma'al: Lev
5,15; Giob 21,34; Esd 9,2.4; 10,6; ICron 9,1;
2Cron 29,19; 33,19).
c) Termini paralleli sono: ht'thafi't mancanza
(Lev 5,15.21; Num 5,6; Ez 14,13; 18,24, 2Cron 33,19), 1am n colpa (Lev 26,40), fmy essere impuro (Num
5,27; 2Cron 36,14), meereed ribellione (Gios 22.22),
Lwcef iniquit (Ez 18,24), t'b abominio
(2Cron 36,14; cfr. Ez 18,24); gdp pi. insultare (Ez
20,27), rax cosa cattiva (2Cron 29,6), znh amoreg
giare (ICron 5*25).
I termini paralleli mostrano che ni7 un termine formale
molto generico, che lascia amplissimo spazio (Lev 5,15;
Num 5,6) a diverse forme di infedelt (cfr. Num
31,16, Deut 32,51; Gios 22,20.22; Ez 18,24; Esd 9,2.4;
ICron 5,25; 2Cron 26,16 ecc.), e che daltra parte /r?7 de
finisce i termini paralleli secondo il suo senso proprio.

4/ Prescindendo da alcune eccezioni, il voca


bolo riferito all infedelt verso Jahwe/Dio/il
Dio dIsraele. Si tratta pertanto, anche in base
alPoggetto, di un termine esplicitamente teolo
gico.
Caratteristica la formula w7 {ma"a!) bJhwh
commettere infedelt contro Jahwe (Lev 5,21;
26,40; Num 5,6; Deut 32,51; ICron 10,13; 2Cron
12,2; 26,16; 28,19.22; 30,7; cfr. Gios 22,16; Esd
10,2; Neem 13,27; ICron 5,25). I generi letterari in
cui la parola viene impiegata sono molto diversi:
introduzioni ad ordinamenti cultuali (Lev 5,15;
Num,5,6.1'2.27), istruzione per la confessione dei
peccati e confessione dei peccati del popolo (Lev
26,40, Esd 10,2; Dan 9,7), accusa (Deut 32,51; Ez
14,13; 15,8; 17,20; 20,27; 39,23; Esd 10,10; ICron
9,1; 2Cron 12,2), proclamazione del diritto (Ez
18,24), dichiarazione di non colpevolezza (Gios
22,31), annuncio di salvezza (Ez 39,26).
II diretto riferimento a Jahwe, nelle diverse forme
letterarie, mostra un avanzato stadio del pensiero
teologico, in cui le trasgressioni, gi stigmatizzate
di per s, vengono valutate espressamente anche

793 K3E

TROVARE

sotto il punto di vista del rapporto d fedelt esi


stente con Jahwe, In altri termini: la caratteristica
teologica del termine infedelt sta nel fatto che
limplicazione giuridica di quel rapporto che la co
munit ha con Dio viene trasformata in un crite
rio etico di fedelt, ed esattamente della fedelt
personale verso Dio stesso.
Per quel che riguarda la relazione fra linfedelt in
volontaria e quella cosciente cfr. Elliger, HAT
4,75s. L.a traduzione abituale infedelt va tut
tavia preferita a quella di Elliger violazione di
doveri .
5/ Luso e il significato della parola negli scritti
di Qumran (verbo e sostantivo, vd. Kuhn, Konk.
127) seguono lo sviluppo che si nota nei testi po
stesilici. Il trattato della Mi&naM^f/ tratta di tra
sgressioni contro ci che consacrato.
I LXX adoperano oltre una decina di vocaboli
greci per tradurre /n7. Tuttavia i singoli traduttori
si mostrano in genere coerenti (p.e. Gios, Dan e
Eccli 7iY)(j.[i.XeLv commettere errore , Ez per lo
pi TrapaniTTTCtv trasgredire , Esd/NeemavvOcTstv rompere un patto ); solo i traduttori di
Lev/Num e Cron sono molto flessibili. NelPinsieme comunque nessuno dei tenni ni greci copre
esattamente il significato primario del termine
ebr.
R. Knierim

tesa

TROVARE

1/ La radice m$\ del semitico comune, ricorre


nelPAT solo nella forma verbale (qal, ni. passivo,
hi. cusativo). Sebbene la dimensione spaziale sia
attestata solo raramente nellebr. m$ \come anche
nellacc. masu , originariamente si trattava con
molta probabilit di un verbo di movimento: ar
rivare ; lo confermano anche i testi di Is 10,10.14;
Sai 21,9; Giob 11,7, e le forme allhi., le quali
vanno intese tutte come causativi di un verbo di
movimento (il senso spaziale si conservato so
prattutto nelPet. masa venire).
La questione etimologica viene complicata dalla pre
senza di unaltra radice *mz} {cfr. G.Garbini, Il semitico
di nord-ovest, 1960, 30) venire, giungere , ben atte
stata nellug. mgy (ITI nr. 1520; WLJS nr. 1627) e
nclFaram. mtj (aram. imperiale, aram. bibl. mC q. arri
vare a, entrare in, pervenire [8x in Dani, sir. ecc.:
KBL 1092s.); cfr. anche Huffmon 232; Grndahl 156;
secondo G.R.Driver, ZAW 50, 1932, 146, seguito
da KBL 515b, questa radice anche in mata? che arri
va Prov 24,11; incarta l'affinit con larab. mad
andare, cfr. p.e. P.Fronzaroli, La fonetica ugarilica, 1955, 35 * - * * .
La radice ms manca in arab. e in aram. ricorre rara
mente: aram. eg. trovare (?) (DISO 164); sir. e mand.
potere, trovare (LS 398s.; Drower-Macuch 276b);
aram. giud. q./itpe. potere, af. far trovare (Dal
man 248a); cfr. inoltre acc. mas essere equivalente,
sufficiente, bastare (AHw 621s ); ug. ms' D far arri
vare (WUS nr. 1634; forma secondaria m f trovare

794

qualcuno , WUS nr. 1649; clr. UT nr. 1524, anchc per


lantico sudarab.); et. venire (Dillmann 226s.). La
questione del rapporto tra le varie radici e dei loro even
tuali influssi reciproci non stata ancora risolta in ma
niera definitiva*

Laram. usa di solito skh per dire trovare


(aram. bibl. ha. 9x, hitpe. pass. 9x; KBL 1130a). Il
termine acc. che vi corrisponde quanto a sign. non
masu, ma kasdu, che si sviluppato come lebr.
m s arrivare (conseguire uno scopo) > tro
vare ; cfr. lat. venire - invenire.
2/ NellAT il verbo ricorre 454x, con una distri
buzione normale; il qal si trova 306x (Gen 44x,
ISam 27x, Prov 24x, Sai e Eccle 17x ciascuno,
Deut 16x, IRe I4x incluso IRe 18,5 qal impf. lfl
plur. [in Lis. ni. perf.l), ni. 141x (2Cron 20x [in
Lis. manca 2Cron 21,17]), hi. 7x (esci. 2Sam 18,22
W hi.]).
*
3/ a) Il significato di
trovare copre
unarea semantica che affine a quella di bqs pi.
cercare . Se il trovare espressamente pre
ceduto o accompagnato da un cercare , si usa
quasi sempre bqs pi. (circa 35 passii), mentre drs
e altri verbi che indicano cercare solo raramente
sono gli opposti di ms' (Jenni, HP 249). Come bqs
pi. indica anzitutto la ricerca di ci che si perso
o di ci che manca e pu avere per oggetto per
sone, animali o cose, casi ms' ha per significato
fondamentale il corrispondente trovare . In
circa un terzo dei casi si tratta di trovare qualcosa
che si cerca, senza sapere dove si trovava, come
p.e. Gen 19,11 (lat invenire).
Il significato diventa pi ampio in quei numerosi
casi in cui ms' indica un trovare fortuito, non pre
ceduto da alcuna ricerca, p.e. Gen 30>14 (lat. re
perire).
Oltre a questo significato locale, m$' possiede
unaltra vasta accezione del tutto estranea alla
sfera spaziale. Esso indica il fine e il risultato di un
qualche sforzo nel senso pi ampio: raggiungere,
riuscire a trovare (p.e. Giob 31,25); cfr. nsg hi.
( procacciare, raggiungere , 49x [escluso Giob
24,21), che spesso quasi sinonimo di ms', il cui
oggetto tuttavia non considerato mancante, ma
fuggevole, sfuggente. In senso analogo viene
usato bqs pi. con una connotazione emotiva e vo
lontaristica ( aspirare a qualcosa, cercare di pro
curarsi qualcosa ).
Come inoltre il cercare pu essere un insegui
mento ostile, cos il trovare assume a sua volta
non raramente il significato di impadronirsi ,
p.e. 2Sam 20,6 (lat. usurpare). Soggetto possono
essere anche nomi astratti: disgrazia (Gen
44,34; Deut 31,17.21; Giob 31,29; Est 8,6),
colpa (Num 32,23; 2Re 7,9), affanno (Es
18,8; Num 20,14; 9,32), paura (Sai 116,3;
119,143).
b) Il ni. anzitutto il passivo del qal ( essere tro
vato ed essere raggiunto ) ed anche il pas
sivo del trovare ostile, ossia essere afferrato,
795

venire in potere (Ger 50,24). S.Iwry, Textus 5,


1966, 34-43, vedrebbe nel part. ni. nims un ter
mine tecnico per detenuto, displaced person [de
portato] .
Un uso riflessivo del ni. ( dimostrarsi ) si ha soprat
tutto negli scritti del Cronista (Esd 10,18; Neem 13,1;
lCron 24,4; 2Cron 2,16).

Molto spesso m$' ni. ha il significato indebolito


trovarsi in qualche posto (con lindicazione
del luogo, circa 30x) e nella lingua pi recente an
che essere presente (2Cron 35,7.17s.). Quasi
50x ms' ni. pressoch sinonimo di hjh q. c
(Gen 41,38; Deut 21,17).
4/ Non si ha un uso teologico particolare di
ms'. Solo 13x Dio soggetto del trovare, senza al
cuna distinzione rispetto all'uso profano (Gen
2,20; 18,26.28.30; 44,16; Deut 32,10; Ger 23,11 ; Ez
22,30; Os 9,10; Sai 17,3; 89,21; Giob 33,10; Neem
9,8; inoltre Is 10,10.14 la mia [di Dio] mano ).
Sulla Fundtradition (tradizione del ritrova
mento) scoperta da R.Bach, Die Erwhlung
Israels in der Wiiste, Bonn 1951 (tesi) (cfr. IhLZ
78, 1953, 687) in base a Deut 32,10 e a Os 9,10
(come pure in altri passi senza m$'), la quale sa
rebbe indipendente dalla tradizione dell'esodo-, cfr.
E.Rohland, Die Bedeutung der Erwhlungstraditionen Irsaels flir die Eschatologie der atl. Prophe
ten, 1957, 27-32; Wolff, BK X IV /1,2128.; von
Rad, ATD 8,141; in posizione pi critica Zim
merli, BK XIII,345s.; Rudolph, KAT X III/1,185.
Ancora pi raramente Dio oggetto di m f (Deut
4,29; Ger 29,13; Os 5,6; Giob 23,3; 37,23); si de
vono per citare a questo riguardo anche i comple
menti oggetto che provengono dalla letteratura sa
pienziale, dove
non raramente ha il senso di
conoscere : le profondit di Dio e la perfe
zione dellOnnipotente (Giob 11,7), la cono
scenza di Dio (Prov 2,5), lopera di Dio (Ec
cle 3,11; 8,17); anche la parola di Dio (Am

8,12).

Trovar grazia presso qualcuno ricorre 40x, di cui 13x


in riferimento a Dio (Gen 6,8; 18,3; 19,19; Es
33,12.13.13.16.17; 34,9; Num 11,11.15; Giud 6,17; 2Sam
15,25). La frase, che compare esclusivamente in testi
narrativi, una semplice attestazione di cortesia, senza
alcun carattere religioso (-hn 3a).

5/ * Le 16 ricorrenze nei testi di Qumran (Kuhn,


Konk. 130b) divergono dalluso linguistico biblico
solo per una marcata prevalenza del passivo (3x
qal, 13x ni.). Nei LXX m$' viene tradotto preva
lentemente con suptaxsiv (circa 385x),^ ma si
hanno anche non meno di altri venti equivalenti^
cfr. Il.Preisker, art. eupiaxco, ThW 11,7673;- (=
GLNT in ,1189-1194).
.G.Gerlem

X jft mre" (aram.) SIGNORE T 'dn.


NSE ms' TROVARE

796

ITO m rd RIBELLARSI
J

1/ . La radice mrd ribellarsi compare solo nel


seni, nordoccidentale e meridionale, con signifi
cato unitario.
{jt pi antiche attestazioni extrabibliche si trovano
nelParam. imperiale (DISO 167; cfr. anche GenAp
21 *27). Oltre che in ebr. e in aram., la radice anche
nelfarab., nell'antico sudarab. e in et. (KBL 564b).

Nellebr. delPAT si hanno oltre al verbo (solo in


qal) i sost. m&rced (Gios 22,22) e mardut (ISam
20,30) ribellione. Laram. bibl. ha merad ri
bellione (Esd 4,19 par. ' cestaddr rivolta ) e
mrd (BLA 191: forma nominale di tipo qattl)
sommossa (Esd 4,12.15).
2/ Statistica: mrd qal 25x (Gios 5x, 2Re e Ez 4x,
Neem 3x, Dan e 2Cron 2x; Gen 14,4; Num 14,9;
Is 36,5; Ger 52,3; Giob 24,13), mcrced e mardut
lx; aram. bibl. merad lx, mrd 2x; in totale 30 ri
correnze.
Le attestazioni pi antiche sono Num 14,9 (J); 2Re
18,7.20 = Is 36,5; 2Re 24,1.20 = Ger 52,3- Gli altri testi
sono del periodo esilico e postesiiico.

3/ a) mrd un termine del diritto internazio


nale (12x e anche Esd 4,12.15.19 e ISam 20,30 in
senso non teologico). Lo si vede chiaramente dai
contesti: colui che si ribella era diventato vassallo
0 oebced) di un re (Gen 14,4; 2Re 18,7; 24,1; 2Cron
13.6) con un trattato (Ez 17,13-15) e con un giu
ramento di fronte a Dio (2Cron 36,13) ed era te
nuto allosservanza del trattato (Ez 17,14s.). Ri
bellandosi egli rompe il trattato e il giuramento
prestato di fronte a Dio e tenta di rendersi politi
camente autonomo. Cfr. anche Esd 4,12.15.19.
Nei contesti politici si ha come termine parallelo
qm sollevarsi (2Cron 13,6).
Le attestazioni che compaiono nella parte aramaica
delliscrizione di Behistun (Bfstn) di Dario I (mrdf
ribelli, Cowley 251ss,, r. 1.3.5.7.8.44; lequivalente
acc. nekru nemico [AHw 776a] ha un senso pi ge
nerico) si riferiscono alla guerra civile che si era determi
nata dopo la morte di Cambise; il termine che compare
in Cowley nr. 27, r. 1; Driver, AD nr. 5, r. 6; nr. 7, r. 1
(mrd qal) si riferisce invece ai tumulti verificatisi in
Egitto nel 411/410 a.C. (Driver, AD 9). GenAp 21,27
(mrd qal) traduce Gen 14,4.
Il verbo costruito quasi sempre con la preposizione />*,
solo tardivamente con 'al contro (Neem 2,19; 2Cron
13.6); in Gen 14,4 e Neem 6,6 usato in assoluto.
It termine ricorre nello stile cronistico (Gen 14.4; 2Re
18,7; 24,1.20 = Ger 52,3; 2Cron 36,13), nelle dispute
(ISam 20,30; 2Re 18,20 = Is 36,5; Neem 2,19; 2Cron
13.6), nelle narrazioni a scopo didattico (Ez 17,5) e in
una lettera (Neem 6,6).

b) mrd designa fondamentalmente una ribellione


in una fase incompleta. Tranne che in 2Cron
36,16 essa fallisce sempre. Cfr. particolarmente le
dispute sulla riuscita (vd. sp.).
Anche in ISam 20,30 (mardt) c' un risvolto po
797

TTO mrd RIBELLARSI

litico, come risulta dal contesto in v. 30s.: Saul ri


tiene che Gionata, nella sua fedelt a Davide, si ri
belli contro di lui e il suo regno.
c) Il modo con cui va inteso il termine, esposto
sopra in 3a-b, indica anche come esso deve essere
tradotto e distinto da altri termini sinonimi. La
traduzione pi appropriata : ribellarsi (be= con
tro) oppure ribellione , a differenza di ab
bandonare, rinnegare , che suppone gi
unazione compiuta e corrisponde ad un altro ter
mine ebr.
La Bibbia di Zurigo incoerente nella sua traduzione
(anche nei passi con senso teologico), rendendo mrd
a) con sollevarsi (Gios 22,16.18.19.29; Ez 20,38;
Neem 9,26; 2Cron 13,6), b) con essere ostinato
(Num 14,9), ebr. mrh, c) con rinnegare (2Re
18,7.20 = Is 36,5; Ez 2,3; Dan 9,5.9) o con abbando
nare (Gen 14,4; 2Re 24,1.20 = Ger 52,3; Ez 17,15;
Neem 2,19; 6,6; 2Cron 36,13), ebr. - pV.

mrd da un lato anche distinto da psL romperla


con (qualcuno o qualcosa) nel senso di
unazione compiuta (solo nel linguaggio tardivo
questa differenza viene ad estinguersi), e dallaltro
ha un significato simile a quello di fini ni./hi,
opporsi : ln tende a far s che gli aggressori
prendano il posto degli aggrediti, mentre mrd mira
solo allautonomia dei ribelli.
d) La ribellione dei re di Israele o di Giuda, che
dal punto di vista dei grandi regni contro cui di
retta si presenta come la rottura di un trattato,
viene giudicata nei testi in maniere diverse: posi
tivamente in 2Re 18,7.20ss.; negativamente in
2Re 24,1.20; Ez 17,15;2Cron 36,13. Una ribellione
politica non in s n buona n cattiva (come del
resto lo ammette anche uno stile cronistico neu
trale, Gen 14,4), ma nel contesto essa viene valu
tata in base alla relazione che il ribelle ha con
Jahwe. Lazione politica acquista perci una di
mensione teologica.
4/ La ribellione contro Jahwe sempre illegit
tima (12 casi, e anche Giob 24,13; ribellione con
tro la luce). Dal punto di vista della relazione con
Jahwe mrd significa ribellarsi contro il rapporto di
fedelt e di servizio che si ha con lui, tentare cio
di sottrarsi a lui.
Anche in questo caso prevale la costruzione con la pre
posizione be (Num 14,9; Gios 22,16.18.19b<*. 29; Ez
2,3aa; 20,38, Dan 9,9; Neem 9,26); in Gios 22,19bp si
ha 'cet\in Ez 2,3a0 e Dan 9,5 il verbo usato in asso
luto.

La ribellione avviene quando si perde la fiducia


(Num 14,9) o quando - anche solo per supposi
zione - ci si dedica al culto di dei stranieri (Gios
22,18-29); essa caratterizza latteggiamento del po
polo, specialmente nellaccusa profetica (Ez 2,3;
20,38) o quando il popolo stesso confessa i propri
peccati (Dan 9,5.9; Neem 9,26).
I termini sinonimi sono usati spesso e con acce
zioni generiche in questa fase tardiva. Essi, vo~
798

Iendo generalizzare e condannare dal lato teolo


gico, non lasciano pi intravedere il significato
originario. 11 miglior termine parallelo ma'al
infedelt (wc/; Gios 22,16.22 \mcrced]), che
ricorre del resto significativamente solo in conte
sto teologico, e condanna automaticamente il
fatto della ribellione, che in un ambito politico re
sta neutrale. Ez 2,3 ha ps be\in 20,38 questul
timo forma endiadi con mrd ( rivoltoso e rinne
gato/infedele ). I termini paralleli sono usati
tanto pi spesso e in senso generico, quanto pi i
testi sono tardivi (cfr. Gios 22,16.29 P; Neem 9,26;
Dan 9,5).

mento che implica sempre un comportamento de


liberato e volontario, questo termine rende evi
dente un atteggiamento delPuomo nel quale egli
ha soggettivamente una parte attiva (cfr. Deut
21,18.20; Is 30,9; Ger 5,23; Sai 78,8). ^ostina
zione quindi unopposizione caparbia e di prin
cipio.

5/ Nei testi di Qumran il verbo compare tre


volte, secondo Kuhn, Konk. 133: lQpAb 8,11
(contro Dio); 8,16; CD 8,4.
I LXX traducono il verbo prevalentemente con
^crrovai (9x), un termine che non gi pi molto
preciso, ma anche con Qexelv sollevai, rimuo
vere (2Re 18,7.20; 24,1.20; 2Cron 36,13) e con
altri verbi ed altre espressioni. Cfr. anche
H.Schlier, art. dbCcmifU, ThW 1,509-511 (=
GLNT 1,1362-1368).
R.Knierim

mn

mrh

ESSERE OSTINATO
-

1/
La radice mrh (*mrj) essere ostinato com
pare con questo significato solo in ebr,; Brockelmann ed altri (LS 402a; KBL 565a) collocano Pebr.
mrh accanto alParam. giud. mrj af. far adirare ,
al sir. mrj pa. contendere e alParab. mrj HI di
sputare .
NelPebr. delPAT si trova il verbo al qal e alPhi.
causativo interno (GK 53d; Bergstr. n,102) e il
sostantivo segolato merl ostinazione (BL
577ss.).
Per i nomi di persona M erqj M erqjt cfr. Noth, IP 250;
Rudolph, HAT 20,66s. ( caparbio ?), per Jmra (ICron
7,36 txt?) Noth, IP 246; Rudolph, HAT 21,74; per il
nome di luogo M ertjim (per designare Babilonia, con
un gioco di parole che ricorda Tacc. nar marrtu) cfr. Ru
dolph, HAT 12,302s.

2/ Il verbo (qal 22x, inoltre Sof 3,1 con la forma


secondaria mr'\ hi. 22x, cui si deve aggiungere Es
23,21, che nel testo attuale vocalizzato come
forma di mrr) ricorre 10x in Sai, 8x in Deut, 4x ri
spettivamente in Is, Ez e Lam e qualche altra
volta specialmente nei libri storici. mer compare
23x, di cui 16x in Ez. Certamente preesilici sono
Deut 21,18.20; ISam 15,23; Re 13,21.26; Is 1,20;
3,8; 30,9; Ger 4,17; 5,23; Os 14,1; forse anche Sai
78,8.17.40 56; 107,11; Prov 17,11.

b) Lostinazione si esprime con una contrapposi


zione aperta o in parole (Num 17,25; 20,10, cfr. v.
3-5; 27,14; Deut 1,26; Sai 78,17-20) o in azioni
(Deut 21,18-21; ISam 12,l4s.; Re 13,21.26; 2Re
14,26; Ger 4,17s.; Ez 5,6; 20,8.13.21). Cfr. Is 3,8
poich la loro lingua e le loro azioni sono contro
Jahwe, per provocare gli occhi della sua maest .
c) I sinonimi di mrh/mer, che compaiono negli stessi
contesti, sono circa venti; i pi importanti sono: l sm1
non ascoltare (molto frequente, p.e. Deut 9,23; Gios
1,18; Is 30,9; Ez 20,8); m'n pi. rifiutarsi (Is 1,20;
Neem 9,17); rlb litigare (Num 20,3 e 10); lun
opporsi (Num 17,25 telunnt)\ lo 'bh non vo
lere (Deut 1,26; Is 30,9); srr essere testardo (Deut
21,18; Sai 78,8; cfr. sar ostinazione ); m's rifiu
tare (Es 20,13); cfr. inoltre Deut l,26s.; 9,23; 31,27; Is
30,9; 63,10; Os 14,1; Sai 106,7; Lam 3,42; Neem 9,26.
Cfr. anche le espressioni con 'dr&f cervice e qsh hi,
indurire (Es 32,9 ecc.) opp. qasc duro (Deut
10,16 ecc.), le quali descrivono lostinarsi con Pimmagine della dura cervice . Per srb ostinato Ez 2,6
txt? cfr. Zimmerli, Bit XIII,10; Wagner nr. 205; per ',$

I I - A l.
4/ a) Tranne che in poche eccezioni (Deut
21,18.20; Giob 17,2; 32,2; Prov 17,11), mrh/men
designa sempre una ribellione contro Dio. Cfr. le
formule mrh <,im-/a>t-/beJhwh essere ostinato
contro Jahwe (Deut 9,7.24; 31,27; Ger 4,17; Ez
20,8.13.21; Sai 5,11; 78,40; contro Dio: Os 14,1;
Sai 78,56; contro lo spirito di Dio: Sai 106,33; con
tro gli occhi del suo kbd: Is 3,8),
b) I testi pi antichi (vd. sp. 2) indicano che il ter
mine usato in origine solo per determinate situa
zioni: ostinazione del figlio contro i genitori (Deut
21,18.20), ostinazione in quanto divinazione
(ISam 15,23 par. con il non chiaro hafsar = psr
hi.), in quanto disubbidienza ad una precisa parola
di Jahwe (Re 13,21.26; Is 1,20). La letteratura
profetica dell8 e del 7 secolo estende poi il ter
mine a tutto quanto il comportamento del popolo
verso Jahwe (Is 3,8; 30,9; Os 14,1 ; Ger 4,17; 5,23).

c) In seguito il termine viene usato nei testi che


accusano Postinazione di Israele contro le azioni
Compiute da Jahwe nella storia, specialmente nel
deserto: Num 17,25; 20,10.24; 27,14 (P); Deut
9,7.23s.; 31,27; ls 63,10; Sai 78,8.17; 106,7.43.
Lostinazione diretta per il pi delle volte con
tro la parola stessa di Jahwe: Is 30,9; 50,5; Ez
2,4ss.; 5,6; 20,13.21; Sai 105,38. tipica la formula
di accusa mrh qal /hi. aet-pi Jhwh essere ostinato
3/ a) mrh essere ostinato, caparbio e merJ
contro la bocca (= la parola, il precetto) di Jahwe
ostinazione adirata, caparbia , esprimendo
unattitudine interiore, vanno collocati nelPam- , (qal Num 27,14; Re 13,21.26; hi. Deut 1,26.43;
9,23s.; Gios 1,18; ISam 12,14s.). Cfr. in proposito
bito della terminologia antropologica. Dal mo
799

rH B mrh ESSERE OSTINATO

800

lespressione non ascoltare (vd. sp. 3c), La tra


dizione originaria deirostinazione contro la parola
di Jahwe comunicata al profeta (IRe 13,21.26; Is
30,9) stata ripresa e capovolta in Is 50,5 il Si
gnore Jahwe mi ha aperto lorecchio, ed io non
sono ostinato... (similmente Ez 2,8).
Per Ezechiele infine lostinazione contro la parola
del profeta (Ez 2,5.8; 3,9; 5,6; 20,13.21) serve a
stigmatizzare il popolo di Dio, che viene definito
con una formula stereotipa casa di ostinazione
(Ez 2,5.6.7; 3,9.26.27; 12,2.3.9,25; 17,12; 24,3;
44,6); cfr. anche Is 30,9; Sai 78,8. II comporta
mento di tutto quanto il popolo di Dio lungo la
sua storia viene condannato come ostinazione
contro la parola rivelatrice di Jahwe; lo stesso ac
cade nella confessione dei peccati (Lam 1,18.20;
3,42; Neem 9,17.26).
In questi testi mrh/men diventa un termine fon
damentale per designare il peccato; esso caratte
rizza il comportamento di Israele verso Jahwe in
un modo del tutto particolare, ossia come una
malvagia opposizione di principio contro tutto ci
che si sa di Jahwe. Il termine esprime perci qual
cosa di analogo a quello che viene detto con lim
magine dellindurimento.
5/ I tasti di Qumran usano soltanto il verbo (4x,
in CD 9,10 si ha mr dire). Il suo significato
viene ancora conservato, ma nella sua accezione
originaria pi ristretta di ostinazione contro il con
siglio del prossimo, la parola di Dio, la conver
sione.
I LXX traducono m r h /m er ! con diversi e nume
rosi termini greci, ma soprattutto con 7ixpa '.xpxivstv amareggiare, esasperare (sempre in
Sai e - ad eccezione di Ez 5,6; 12,2; 20,13.21 - in
Ez, e anche in Deut 31,27; IRe 13,21.26; Lam
1,18.20; cfr. mxps in 2Re 14,26), che per influsso
di miil ha ampliato il suo significato originario (=
ebr. mrr)\ cfr. W.Michaelis, art. mxp^, ThW
Vt,122-127 (= GLNT X ,185-202).
R.'Knierim

nttfD msh UNGERE -

hm

rrisl

mceicek.

DOMINARE

1/

La radice msIII dominare, governare (lat.


dominari) (da distinguersi da msl I < *mtj es
sere uguale , dmh 3a) attestata per ora solo
nellambiente semNO. (fen., pun,, aram. antico:
DISO 171; non in ug.) e anche ivi con frequenza
relativamente scarsa. NelPAT essa si trova usata
principalmente al qal, meno frequentemente
allhi.; il part. mosl tende a divenire sostantivo
indipendente ( signore, capo ). Da msl si for
mano i sostantivi msce/ ambito in cui si esercita
il dominio , mimsl signoria, il governare e
mcemsl regno, governo .
801

b r msl DOM INARE

Nellaram. bibl. msl viene sostituito dalla radice sl( (an


che in acc., ug,: per le molteplici derivazioni in ebr., arab.
ed et. vd. Wagner nr. 306-309): qal regnare , ha. in
sediare come signore, siltdn funzionario, so/tdn
signoria, salli( potente (KBL 1131); in ebr. s
trova slt qal/hi., siltn e saiit avente potere , saliai cet
potente (KBL 977).

2/ Il verbo ricorre 77x al qa! (escluso Is 28,14),


3x allhi.; nei 43 passi in cui viene adoperato il
part. att. masc. qal (di cui 33x al sing.), non si rie
sce a delimitare chiaramente i casi in cui si ha un
uso sostantivato (secondo Lis. 24x). Quanto ai so
stantivi, si trovano msce/ 2x (tardivo: Zac 9,10;
Dan 11,4), mimsl 3x (tardivo: Dan 11,3.5; lCron
26,6), mcemsl 17x.
3/ a) A seconda del contesto il significato di
msl va sfumato come segue:
(1) dominare in generale, non in senso poli
tico, il pi delle volte costruito con be su : (a)
luomo sulla creazione: Sai 8,7 hi. lo hai costi
tuito signore sopra lopera delle tue mani ; (b)
luomo sui suoi simili (p.e. luomo sulla donna,
un fratello sui suoi fratelli, il padrone sugli
schiavi, una nazione su unaltra): Gen 3,6; 37,8
(par. mlk)\ Es 21,8; Deut 15,6; Gioe 2,17; Ab
I,14 (negativo, cfr. per lQpAb); Sai 106,41; Prov
12,24; 17,2; 19,10; 22,7; Lam 5,8; (c) nel senso di
dominio su di s: Gen 4,7 txt?; Sai 19,14; Prov
16,32 (part., dora in poi indicato con *); (d) nel
senso di amministrare : Gen 24,2*; Sai 105,21*;
(2) dominare in senso politico: Gen 45,8*.26*;
Gios 12,2*.5* (sogg. -mclcek)\ Giud 8,22-23; 9,2;
14,4*; 15,11*; 2Sam 23,3*; IRe 5,1*; Is 3,4.12;
14,5*; 16,1*; 19,4 (sogg. mdelcek)\ 49,7* txt? (par.
mclcek)\ Ger 22,30* (par. uno che assiso sul
trono di Davide ); 30,21*; 51,46*; Ez 19,11*; Zac
6,13 (accanto a sedere sul trono); Giob 25,2;
Prov 23,1*; 29,2.12*. 26*; Eccle 9,17*; 10,4*; Dan
II,3-5 (par. mclcek). 39.43; Neem 9,37*; 2Cron
7,18* (par. trono del tuo regno ); 9,26*; 23,20*;
(3) dominare , con Jahwe come soggetto o in ri
ferimento a lui: Is 40,10; 63,19; Sai 22,29 (par.
m'Iuk regno); 59,14*; 66,7*; 89,10*; 103,19
(sogg. la sua maest regale); lCron 29,12*;
2Cron 20,6 ( su tutti i regni delie nazioni );
(4) detto del Signore escatologico: Mi 5,1*.
b) Negli ultimi tre significati spesso msl coincide
quindi con mlk dominare (in qualit di re) (e
derivati).
Altri vocaboli sinonimi sono:
(1) rdh premere (il torchio) (Gioe 4,13) e dom i
nare (21x; Gen 1,26.28 luomo sulle bestie; Sai 72,8 do
minio universale del re; non con Dio come sogg.; hi. Is
41,2 txt?);
(2) srr qal governare (Giud 9,22; Ts 32,1; Prov 8,16;
Est 1,22; lCron 15,22 srr dirigere ; hitp. costituirsi
signore Num 16,13.13; hi. costituire sar Os 8,4 par.
a mlk hi.), a cui bisogna aggiungere il sost. sar funzio
nario, sovrintendente (421x, di cui Ger 56x, 2Cron 51x
[in Lis. 1386b da cancellare 2Cron 35,251, lCron 47x,

802

Gen, IRe e 2Re 25x ciascuno, Dan 18x, Num, ISam, Is


e Neem 17x ciascuno, 2Sam ed Est lSx, Esd 1lx, Es
lOx, Giud e Sa! 9x, Os 8x, Deul 5x, Giobe e Lam 4x, Ez,
Prov ed Eccle 3x, Gios, Am e Sof 2x, Mi lx, prevalente
quindi nei libri storici; in Gios 5,14s. e Dan 8,25.25;
10,13.20.20.21 ; 12,1 detto di esseri angelici) e sar
principessa (Giud 5,29; IRe 11,3; ls 49,23; Lam 1,1;
Est 1,18; cfr. il nome di persona Sraj/Sr), cfr. Pacc.
sarru re ;
(3) mitra dominio (Is 9,5s.; radice ir//);
(4) s/ty vd. sp. 1; cfr. anchespi*

4/ a) Dominare nel suo significato generale


ha in diversi casi rilevanza teologica. Sai 8,7 p.e.
parla di un dominio delPuomo creato ad imma
gine di Dio ($cla>m) sul resto del creato a lui sot
tomesso (Gen 1,26.28 rdh dominare, al v. 28
insieme con kbs assoggettare, soggiogare ; cfr.
anche Gen 1,18 che parla del dominare [msl] delle
due grandi sorgenti luminose o luminari sul
giorno e sulla notte, anche questo della fonte P).
Il fatto che in questi testi non sia adoperata la ra
dice mlk di scarsa importanza, dato che la fonte
P evita di usare questa radice (mlk 2), mentre il
suo uso nel salterio in riferimento agli uomini
avrebbe potuto portare a delle confusioni con
Jahwe che esercita il suo dominio regale. Si spiega
cos anche il fatto che spesso (f. Pa. soprattutto da
parte della scuola scandinava e della scuola deno
minata Myth and Ritual ) la figura delPuomo
primordiale viene presentata, sulla falsariga
delPuomo primordiale di Ez 28,12b-16 (cfr. v. 2b5), come un re o come uno che porta insegne re*
gali. Una simile interpretazione, per s legittima,
non pu tuttavia essere proposta con sicurezza.
Per quanto riguarda gli altri passi, il dominio di
una persona o di un popolo su altri viene spesso
presentato come una condanna per i peccati di
questi ultimi, e ci non avviene soltanto nelPambito della dottrina dtr. della retribuzione: Gen
3,16; Deut 15,6; Sai 106,41.
b) In senso politico msl viene utilizzato talvolta
(p.e. in Giud 8,22s. e 9,2), a quanto pare di pro
posito, al posto della radice mlk, probabilmente in
conformit con quella tesi del Dtr., secondo la
quale Israele nel periodo anteriore alla monarchia
era retto teocraticamente e non poteva esserci un
re designato con il termine mlk (mclcek 4b);
forse secondo il Dtr. la radice, ormai screditata per
via della valutazione negativa data agli sviluppi
del regno, non doveva essere utilizzata per lantico
periodo della fondazione. In modo simile si com
porta Ezechiele col principe della restaura
zione, il quale viene designato non col termine
mclcek, ma con nasi \
c) Collegato con Jahwe come soggetto o con il
suo dominio, msl appare in testi che ideologica
mente appartengono a quella teologia che designa
Jahwe come mclcek (mclcek 4a).
d) Particolarmente importante il msl si
gnore escatologico di Mi 5,1 ss. (-mclcek 3c),
803

che Jahwe susciter; in questa designazione viene


evitata ancora una volta la radice mlk, forse per gli
stessi motivi esposti sopra (vd. 4b).
5/ La radice e la maggior parte dei suoi derivati
sono ben attestati anche negli scritti di Qumran.
Fra le possibili traduzioni dei LXX apyeiv
(ap/cov ) e xupteuetv sono fra le pi importanti
(cfr." G.Delling, art.
ThW 1,476-488 =
GLNT 1,1271-1302; W.Foerster, art. xupts),
ThW m,1097s. = GLNT V,1494-1498). Il testo
di Mi 5,lss. (vd. sp. 4b), essendo citato in Mt
2,6 (cfr. Gv 7,42), crea anche per msl un collega
mento col NT (cfr. F.Buchsel, art. f.yonoci, ThW
II,909-911 = GLNT IV,9-16).
J.A.Soggin

Tin m a ta j QUANDO?
1/ Lavverbio temporale interrogativo mtaj
quando? uno degli elementi fondamentali
del semitico comune (Bergstr. Einf. 192; Moscati,
Introduction 121).
Escludendo Pebr. e Pacc. (AHw 632b; GAG 113k,
119a), mancano finora attestazioni nei testi pi antichi
(ug.; fen. pun.; aram. mt quando ricorre per la prima
volta sul coccio RES 1793 de! sec. 5\ cfr. A.DupontSommer, REJ 7, 1946/47, 39-51; BMAP 96; P.Grelot,
VT 4, 1954, 378 n. 1; DISO 18).

Lavverbio locale ?na (opp. *n Giob 8,2) unito


a 1ad fino a pu essere usato in senso tempo
rale ( ajj 2); cfr. anche laci-m (Num 24,22 txt?;
Sai 74,9; 79,5; 89,47), ad-mc (Sai 4,3) e kamm
(Sai .35,17; Giob 7,19) con il sign. di fino a
quando, quanto tempo .
2/ mtaj ricorre nelPAT 43x, con maggiore fre
quenza nei salmi (13x), come pure 'ad-'nf) (5x
tra tutte le 14 attestazioni),
3/ Ancor meno di quanto si verifica per 'ajj
dove? , le domande formate con mtaj non
sono vere e proprie interrogazioni fatte con lo
scopo di informarsi su qualcosa, a cui deve seguire
una risposta concreta (solo Es 8,5; Dan 8,13; 12,6;
Neem 2,6.6; cfr. anche Is 6,11; in Ger 23,26 e Sai
101,2 si deve mutare il testo), mtaj quando? ,
4ad-mtaj lino a quando, quanto tempo? e 'ad'n() per quanto tempo? formano (i primi
due nella maggior parte dei casi, il terzo regolar
mente) delle domande retoriche con cui si
esprime con diverse sfumature un rimprovero
sdegnato e impaziente. Con tale domanda si inizia
spesso il discorso (cfr. Es 10,3.7; Num 14,27 fino
a quando sopporter questa comunit perversa? ;
ISam 1,14 fino a quando continuerai a fare
Pubriaca? ; 16,1 fino a quando ti affliggerai per
Saul? ; 2Sam 2,26 dopo due altre domande reto
riche; IRe 18,21 fino a quando zoppicherete da
Tltt mtaj QUANDO?

804

entrambi i piedi? ; Ger 47,5; Zac 1,12; Sai 41,6;


82,2; Prov 1,22; in Am 8,5; Giob 7,4; Prov 23,35
si ha invece un soliloquio; con ad-'n(): Es
16,28; Num 14,11.11; Gios 18,3; Ger 47,6; Ab 1,2;
Sai 13,2.2.3.3; 62,4; Giob 8,2; 18,2; 19,2). Pi ra
ramente mtaj si trova alla fine del discorso, come
un riepilogo (Gen 30,30; Ger 13,27), mentre nella
lamentazione e nellammonizione la posizione
pi libera (Ger 4,14.21; 12,4; 31,22; Os 8,5; Ab 2,6;
Sai 6,4; 42,3; 74,10; 80,5; 90,13; 94,3.3.8;
119,82.84; Prov 6,9.9). Vanno infine notate le aposiopesi (Ger 23,26 txt?; Ab 2,6; Sai 6,4; 90,13) e le
domande moltiplicate (Num 14,11; Ger 47,5s.; Sai
13,2s.; 74,9s.; 94,3; Prov 6,9).
Quanto si detto vale anche per la domanda
topica, che viene rivolta a Dio con un tono di rim
provero e un senso di angoscia quando..., fino a
quando...? , la quale si incontra nella lamenta
zione del popolo (ad-mtaj: Sai 74,10; 80,5 fino
a quando fremerai di sdegno contro le preghiere
del tuo popolo?; 90,13; 94,3.3; cfr. ad-m Sai
79,5) e nel lamento del singolo ('ad-mtaj: Sai 6,4;
119,82.84; cfr. Ger 12,4; Zac 1,12; forse anche Is
6,11,cfr. Wildberger,BK X,257; ad-'n: Ab 1,2;
Sai 13,2.2.3.3; cfr. 1ad-m Sai 89,47; kamm Sai
35,17; Giob 7,19). Questo elemento stato posto
in evidenza gi da lungo tempo negli studi sulle
forme dei salmi (cfr. p.e. Gunkel-Begrich 127.230;
E.Baumann, ZAW 61, 1945-48, 126-131; C W e
4/

*05

T1Q mtaj QUANDO ?

stermann, Struktur und Geschichte der Klage im


AT, ZAW 66, 1954, 44-80, spec. 53s.58s., = Forschung am AT, 1964, 276s.282); esso da un lato
corrisponde a quello della domanda rivolta a Dio
con mm / m perch? (cfr. A.Jepsen, Warum? Eine Iexikalische und theologische Studie,
FS Rost 1967,106-113: si citano qui i passi e si di
stngue la domanda in tono di rimprovero con lni
ma dalla domanda meravigliata o fatta a scopo
informativo con m a d d l - jd 1 I/3f), e dallaltro
va posto in relazione con lo stile del lamento e
delle suppliche babilonesi (cfr. p.e. lanalogia che
si riscontra in una lamentazione ad ltar riportata
in E.Ebeling, Die akkadische Gebetsserie Handerhebung , 1953, 132-135, r. 56.59.93s. [= AOT
259s.; ANET 384s.; la traduzione che diamo qui si
basa su SAHG 331.333]: Fino a quando, mia si
gnora, i miei avversari mi guarderanno bieca
mente... Fino a quando, mia signora, [perfino]
lidiota [e] lo storpio mi passeranno davanti [senza
avvedersene]?... Fino a quando sarai adirata, mia
signora, e il tuo sguardo sar volto altrove? Fino
a quando, mia signora, sarai in collera e il tuo
animo rester adirato? ).
5/ L'ambientazione vtrt, della domanda reto
rica o)^ 7TGTS fino a quando? , rivolta con
tono di indignazione o di lamento, ancora
viva in IMac 6,22; Mt 17,17.17 par.; Gv 10,24;
Apoc 6,10.
E Jenni

806

INDICE EBRAICO
L'asterisco indica munitilo ad altre voci.

ebraico

italiano

autore

traduttore.

V7b

padre

E. Jenni

G . Cadeddu

'bd

andare in rovina

E. Jenni

M. Sampaolo

15

'bh

volere

E, Gerstenberger

M . Sampaolo

* '(ebjon

povero

'abbr

forte

H. H. Schmid

M . Sampaolo

18
22
22

'hi

essere in pena

F. Stolz

M . Sampaolo

24

* '(ba>n

pietra

\lddn

signore

E. Jenni

'addir

potente

E. Jenni

'dm

uomo

col.

27
M. Sampaolo

27

M. Sampaolo

34

C. Westermann

G . Cadeddu

36

suolo

H. H. Schmid

M . Sampaolo

49

hb

amare

E. Jenni

M. Sampaolo

53

'hh

ah!

E, Jenni

G . Massi

64

* htel

tenda

' wh pi.

desiderare

E. Gerstenberger

G . Massi

65

,{FwJl

stolto

M . SiEb0

G . Massi

67

Tifaj

forse

E. Jenni

G . Massi

69

'wttn

iniquit

R. Knierim

G . L. Prato

70

'r
ot
i-
ozam
h
'thd
* ht

luce

M. Sieb0

G . Cadeddu

74

segno

F. Stolz

G . Massi

79

orecchio

G. Liedke

G . Massi-

83

fratello

E. Jenni

G . Cadeddu

85

uno

G. Sauer

G . Massi

90

d<ln l

65

93

sorella

'hz
'hr
ojb

afferrare

H. H . Schmid

B. Chiesa

93

dopo

E. Jenni

G. Massi

96

nemico

E. Jenni

G . Cadeddu

103

ed

sventura

M, Steb0

G . L. Prato

106

oie

dove?

E. Jenni

B. Chiesa

108

'fin

non esserci

S. Schwertner

B. Chiesa

Ut

uomo

J. Kiihlewein

M. Sampaolo

113

*ki

mangiare

G. Gerleman

G . Testa

121

*el

Dio

W. H. Schmidt

G . Cadeddu

J24

IN D IC E E B R A IC O

[405]

italiano

autore

tradattore

maledizione

C. A. Keller

G. Massi

131

W. H. Schmidt

G . Cadeddu

134

nullit

S, Schwertner

B. Chiesa

I46

a m d n d

vedova

J. Kuhlewein

G . Massi

148

'em

madre

i . Kuhlewein

G . Cadeddu

151

* U nno

serva

'm n

stabile, sicuro

H. Wildberger

G . Cadeddu

155

'm s*

essere forte

A. S. van der Woude

B. Vercesi

183

'm r

dire

H. H. Schmid

G . Cadeddu

185

* "'ni

uomo

*%tu

io

* *sp

raccogliere

af

ira

ebraico
' ia

, Dio

'" lo h h n

coi.

155

189
K. Gunther

<

M. Sampaolo

189
193

G . Sauer
*

G. Massi

193

* c fic r

polvere

196

* ' rafi

va

196

an

leone

F. Stolz

B. Chiesa

197

artes

terra, paese

H. H. Schmid

G . Cadeddu

199

Vf

maledire

C. A. Keller

G . Massi

207

'rs pi.

fidanzarsi

J. Kuhlewein

G . Massi

fuoco

F. Stolz

G. Massi

210
212

donna

J. Kuhlewein

M. Sampaolo

216

s a m

obbligazione

R. Knierim

M . Sampaolo

220

pi.
* et
* th
hgil

proclamare beato

M. S;eb0

G. Massi

225

V*

issa

es

v *r

iv

sr

228

con
venire
comportarsi infedelmente

228

M . A . Klopfenstein

M. Sampaolo

228
231

* baci

essere solo

ho

venire

E. Jenni

G. Massi

231

hs

essere smascheralo

F. Stolz

G. Massi

236

hhn

esaminare

E. Jenni

G. Massi

238

hhr

eleggere

H. Wildberger

G. Testa

241

hth

confidare

E. Gerstenberger

G. Massi

261

hin

capire

H. H. Schmid

N. Negretti

266

b a jif

casa

E. Jenni

M. Sampaolo

268

hkh

piangere

F. Stolz

N. Negretti

273

ben

figlio

J. Kuhlewein

G . Cadeddu

275

bnh

costruire

A. R. Hulst

N. Negretti

282

ha'a!

padrone

J. Kuhlewein

B. Vercesi

284

bqs pi.

cercare

G . Gerleman

G. Massi

289

hr

creare

W . H. Schmidt

G . Massi

292

* hrh

fuggire

hertt

impegno

E. Kutsch

brk pi.

benedire

C. A. Keller (I-II1)

295

G . Wehmeier (IV-V)
* bsr pi.

[406]

annunziare un messaggio

IN D IC E E B R A IC O

G . Massi

295

G. Cadeddu

306
326

ita lia n o

nidore

traci ii li ore

carne
figlia

G . Gerleman

G. Cadeddu

essere alto

H.-P. Sthli

N. Negretti

329

redimere

J. J. Stamm

G. Testa

332

essere alto

H.-P. Sthli

N. Negretti

342

essere superiore

J. Kuhlewein

B. Vercesi

345

grande

E. Jenni

G. Massi

348

326
329

354

popolo
dimorare come forestiero

R. Martin-Achard

N. Negretti

355

sorte

H. H. Schmid

N. Negretti

358

esultare

C. Westermann

N. Negretti

360

scoprire

C. Westermann/R. Albertz N. Negretti

363

rendere, tributare

G. Sauer

N. Negretti

370

rimproverare

G . Liedke

N. Negretti

371

forestiero

373

aderire

E. Jenni

B. Vercesi

373

parola

G. Gerleman

G . Cadeddu

375

generazione

G . Gerleman

G . Massi

384

giudicare

G . Liedke

G . Massi

386

388

povero
sangue

G . Gerleman

G. Massi

388

essere uguale

E. Jenni

N. Negretti

391

conoscenza

395

via

G . Sauer

M. Sampaolo

395

cercare

G . Gerleman (l-4a, 5)
E. Ruprecht (4b-e)

N. Negretti

399

soffio

R. Albertz

N. Negretti

405

splendore

G . Wehmeier (1-3)
D. Vetter (4-5)

N. Negretti

407

D . Vetter

N. Negretti

410

E. Jenni

N. Negretti

411

S. Amsler

N. Negretti

414

nobilt
guai!

essere

421

tempio
andare i

G . Sauer

G . Testa

42!

lodare

C. Westermann

M . Sampaolo

427

creare confusione

F. Stolz

M. Sampaolo

435

ecco!

D. Vetter

M. Sampaolo

437
439

monte
ricordare

W . Schottroff

G, L. Prato

440

fornicare

J. Kuhlewein

M. Sampaolo

449

maledire

451

gridare

451

straniero

R. Martin-Achard

M. Sampaolo

4SI

braccio

A. S. van der W oude

M. Sampaolo

453

nuovo

C. Westermann

G. Massi

IN D IC E E B R A IC O

ebraico

italiano

cultore

traduttore

col.

hwh hiSt.

prostrarsi

H.-P. Stahli

M. Sampaolo

459

hzh

guardare

D. Vetter

M. Sampaolo

462

hzq

essere saldo

A. S. van der Woude

M. Sampaolo

466

hf
hjh

mancare

R. Knierim

M. Sampaolo

469

vivere

G . Gerleman

M. Sampaolo

475

* hajil

forza

hkm

essere saggio

M. S*eb0

M. Sampaolo

433

hlh

essere am malalo

F. Stolz

M. Sampaolo

491

hll pi,

profanare

F. Maass

M. Sampaolo

494

hlq

dividere

H. H. Schmid

G . L. Prato

499

hmd

desiderare

E. Gerstenberger

M. Sampaolo

501

hni

eccitazione

G . Sauer

M. Sampaolo

503

* hml

aver compassione

hms

violenza

H. J. Stoebe

M. Sampaolo

505

hnn

essere misericordioso

H. J. Stoebe

M. Sampaolo

509

hnp

essere pervertito

R. Knierim

M. Sampaolo

518

hcsced

bont

H. J. Stoebe

G. Cadeddu

520

hsh

rifugiarsi

E. Gerstenberger

M. Sampaolo

539

hps

compiacersi

G . Gerleman

M. Sampaolo

541

hqq

incidere, stabilire

G . Liedke

M. Sampaolo

543

hrh

accendersi

G . Sauer

M, Sampaolo

549

hircem

scomunica

C. Brekelrnans

G . Massi

551

hrs

tacere

M. Delcor

G . Cadeddu

554

hsb

pensare

W. SchottrofF

G . Cadeddu

556

thr

essere puro

F. Maass

M. Sampaolo

561

tb

buono

H. J . Stoebe

G . Cadeddu

565

tnt*

essere impuro

F. Maass

M. Sampaolo

576

j d

mano

A. S. van der W oude

M. Sampaolo

578

jd h hi.

esaltare

C. Westermann

G . Cadeddu

584

conoscere

W , Schottroff

G . Cadeddu

591

Jhw h

Jahwe

E. Jenni

G. Cadeddu

607

jm

giorno

E. Jenni

G. Cadeddu

612

jhl pi./hi.

aspettare

C. Westermann

B. Chiesa

629

* jtb

essere buono

jk h hi.

stabilire ci che giusto

G. Liedke

B. Chiesa

631

Hd

generare

J. KLihlewein

B. Chiesa

633

* jm

mare

jsd

fondare

W. H . Schmidt

B. Chiesa

637

jsr

punire

M. Sieb0

B. Chiesa

638

i'd

determinare

G . Sauer

B. Chiesa

642

r i hi.

giovare

M. Saeb0

B. Chiesa

646

rt
* jfcr

consigliare

H.-P. Stahli

B. Chiesa

647

P1 hi.

risplendere

E. Jenni

G. L. Prato

652

uscire

E. Jenni

G . Cadeddu

653

[408]

483

505

631

637

651

bello

IN D IC E E B R A IC O

ebraico

italiano

autore

traduttore

coi.

m
* jqr

modellare
essere pesante, prezioso
temere
scendere
istruire
ereditare
Israele
sedere, risiedere, abitare
aiutare
essere retto, giusto
come
essere pesante
stare saldo
mentire
forza
negare
totalit
essere alla fine
ala
stolto
adirarsi
espiare
tagliare

W, H. Schmidt

G. Cadeddu

658

* jrd
* jrh hi,
v

jrs
Jsr&l

* jsb
js1 hi.
\t

fsr
*

* ke
khd
kun ni.
kzb
kd('h
khs pi.
kol
klh
knf
kesl
k's
kpr pi.
krt

cuore
m
vestirsi
lu ri
opporsi
* Ihm ni.
combattere
imd
imparare
Iqh
prendere
m s
ri fi litare
miti
morire
* majim
acqua
mt
essere pieno, riempire
malk
messaggero
* mlt pi.
salvare
niddcck
re
fti't
essere infedele
ms'
trovare
* nutre (aram.) signore
leb

mrd
mrh
* msh
msl
mtaj

ribellarsi
essere ostinato
ungere
dominare
quando?

H.-P, Statili

G. Cadeddu

H. H. Schmid
G. Gerleman

G. Cadeddu
G. Cadeddu

F. Stolz
G. Liedke

G. Cadeddu
G. Cadeddu

C. Westermann
E. Gerstenberger
M. A. Klopfenstein
A. S. van der Woude
M, A. Klopfenstein
G. Sauer
G. Gerleman
A. S. van der Woude
M. SiEb0
F. Stolz
F. Maass
E. Kutsch

G.
G.
F.
F.
F.
F.
F.
F,
F,
F.
G.
F.

F. Stolz
E. Jenni
R. Knierim

G. Cadeddu
F. Bontempi
F. Bontempi

E. Jenni

G. Massi

H. H. Schmid
H. Wildberger
G. Gerleman

G. Massi
F. Bontempi
G. Massi

M. Delcor
R. Ficker

G. Testa
G. Massi

Cadeddu
Cadeddu
Bontempi
Bontempi
Bontempi
Bontempi
Bontempi
Bontempi
Bontempi
Bontempi
Cadeddu
Bontempi

J. A. Soggi n
R. Knierim
G. Gerleman

G, Cadeddu
M, Sampaolo
F. Bontempi

R. Knierim
R. Knierim

G. L. Prato
G. L. Prato

J. A. Soggin
E. Jenni

M. Sampaolo
F. Bontempi
IN D IC E EBRAICO

661
661
673
673
673
676
679
679
683
686
686
701
706
711
712
715
717
719
721
724
727
739
743
748
750
752
752
755
758
769
773
773
776
782
782
792
794
796
797
799
801
801
804
[409]

INDICE ITALIANO
Lasterisco indica rimando ad altre voci.

679

.
.
.
.
.
.

.
.
.
.
.
.

549
773
373
724
93
64

.
.
.
.
.
.
.

,
679
.
719
329.342
.
53
. 491
.
421
.
629
.

buono .....................................
* buono (essere b.) . . . .
braccio.....................................

.
.
.
.
.
*
.

c a p ir e ......................................
carne ......................................
c a s a .....................................
cercare ......................................
* c o m b a tte r e .........................
* c o m e .....................................
* compassione (avere c.)
. .
compiacersi...............................
* c o n .....................................
c o n fid a r e ...............................
confusione (creare c.) . .
.
* conoscenza
. . . . .

- .
266
.
.
326
.
.
268
, 289.399
.
.
752
. .
68f)
.
.
505
.
.
541
. .
228
.
.
261

. 435
.
.
395

beato (proclamare b.) . .


.
* b e llo .....................................
benedire
...............................
b o n t .....................................

.
.
.
.
.

225
651
306
520
565
631
673

conoscere...............................
consigliare...............................
c o s t r u i r e ...............................
c r e a r e .....................................
cuore .....................................

. .
. .
. .
.
.

CT-

* a b i t a r e ...............................
accendersi...............................
* acqua .
. * .........................
aderire......................................
adirarsi......................................
a f f e r r a r e ...............................
a h ! ............................................
aiutare .....................................
a l a ............................................
alto (essere a . ) .........................
a m a r e .....................................
ammalato (essere a.) . . .
andare . ................................
a s p e tta r e ...............................

647
282
292
743

desiderare...............................

65.501

determinare...............................
D io ............................................
dire............................................
dividere.....................................
dove? .....................................
d o m in a r e ...............................
donna .....................................
d o p o .....................................

.
.
.
.
.
.

.
642
124.134
.
185
.
499
.
J08
.
801

.
.

,
.

216
96

eccitazione...............................
e c c o ! .....................................
e l e g g e r e ...............................
ereditare
. . . . . .
esaltare . . . . . . .
esam in are ...............................
espiare.....................................
esserci (non e .).........................

.
.
.

.
.
.

503
437
241

.
.
.
.
.
.
.

,
.
.
.
.
.
.

673
584
238
727
Ili
414
360

essere .....................................
e s u l t a r e ...............................
fid a n z a r s i...............................
* f ig lia .....................................
figlio
. . . . . . .
fine (essere alla f.) . .
.
.
f o n d a r e ...............................
* forestiero...............................

.
.
.

.
.
.

210
329
275

.
.
.

.
.
.

717
637
373

forestiero (dimorare come f.) .


f o r n ic a r e ...............................

.
.

.
.

355
449

IN D IC E ITALIANO

1411]

fo rs e
f o r t e .....................................
forte (essere f . ) .........................
forza
fratello.....................................
* f u g g i r e ...............................
fuoco .....................................

................................................................

generare
...............................
generazione...............................
g io r n o .....................................
giovare
g iu d ic a r e ...............................
giusto (essere g.)
giusto (stabilire ci che g.)
grande .....................................
* g r i d a r e ...............................
g u a i ! .....................................
guardare
...............................
.

*483.711
85
295
212
*

'

im p a r a r e ...............................
im p e g n o
impuro (essere i.)
in c id e r e
infedele (essere i.)
infedelmente (comportarsi i.)
iniquit
io
ir a
Israe le
* is tr u ir e

......................................................

......................................................

4L

................................................................

............................................................................

............................................................................

................................................................

......................................................

Ja h w e

.................................................................

le o n e
lodare . . ' .........................
l u c e .....................................

............................................

[412]

IN D ICE ITALIANO

607

427

74

151
207. *451
i 31
469
121
578
4

637

706

776

.....................................................

.....................................................

752
295
576
543
792
22S
70
189
193
676
673

................................................................

......................................................

633
384
612
646
386
683
631
348
451
411
462

197

................................................................

m adre
m a le d ir e
maledizione
mancare
mangiare
. .
. .
.
.
m a n o .....................................
* m are
mentire
messaggero
* messaggio (annunziare un m.)

misericordioso (essere m )
modellare
* monte
morire

509
658
439
769

69
22
183

326

negare
nemico
nobilt
nullit
nuovo

obbligazione
opporsi
.
orecchio
.
ostinato (essere o.)
.

padre
padrone
paese
parola
pena (essere in P.)
pensare
pervertito (essere p.)
pesante (essere p.)
piangere
pieno (essere p.)
* pietra
* polvere
* popolo
potente
* povero
prendere
* prezioso (essere p.)
profanare .
prostrarsi .
punire .
.
puro (essere p.)
.

.................................

quando?

1
284
199
375
24
556
518
*661.686
273
773
.

220
750
83
799

712
103
410
146
455

27
196
354
34
22. 388
755
661

494

459

638
561

804

.
.
.

.
.
.

193
782
332
370

683

797

440

773

* raccogliere
re .
. .
redimere
.
rendere .
.
retto (essere r.)
ribellarsi
ricordare
riempire
.

ti

rifiutare.................................................. 758
r if u g ia r s i............................................539
rim p ro v e rare ..................................... 371
* risiedere............................................679
risplendere . .
............................... 652
rovina (andare inr . ) ........................... 15
saggio (essere s . ) ............................... 483
saldo (essere s . ) ............................... 466
saldo (stare s.) .
. -......................... 701
* salvare
. . . . . . . .
782
sangue .
............................................ 388
* scendere............................................673
scomunica . . . ............................ 551
s c o p r i r e ............................................363
* sedere.................................................. 679
s e g n o .................................................. 79
* se rv a.................................................. 155
s ic u r o .................................................. 155
signore . . . . . . . .
27. *796
smascherato (essere s .) ......................... 236
s o f f i o .................................................. 405
* solo (essere s.)......................................231
* s o r e l l a ............................................93
s o r t e .................................................. 358
s p le n d o re ............................................407
s ta b ile ..................................................155
stabilire. .
...............................543

s t o l t o ...........................................
67.721
s t r a n ie r o ............................................451
s u o l o ............................... ......
49
superiore (essere s.)............................... 345
s v e n t u r a ............................................106
ta c e r e ..................................................554
tagliare..................................................739
tem ere..................................................661
* tempio
. . . .
* te n d a..................................................65
t e r r a ..................................................199
to talit..................................................715
t r i b u t a r e ............................................370
trovare..................................................794
uguale (essere u . ) ............................... 391
* u n g e r e ........................................... 801
u n o ..................................................90
u o m o ..........................................36. 113. *189
u s c ir e ..................................................653
vedova..................................................148
v e n ir e ..................................... ...... *228.231
vestirsi..................................................748
v i a ..................................................*196.395
v i o l e n z a ........................................... 505
v iv e r e ..................................................475
v o le r e ..................................................18

INDICE ITALIANO

[413]

. . . 42

AGGIORNAMENTO BIBLIOGRAFICO ITALIANO


Colonna
ii
w
tr

w
jt

18. riga 45, dopo: ThW VI,


ThW VI,
20, 58,
ThW VI,
22, N 31,
w ThW VI,
140, H.
ThW VI,
214> t) 35,
ThW VI,
215, II 59,

ThW VII,
328, 34,
)>
329,
5,
)>
ThW VII,
329,
17,
17,

341,
VI,

ThW VI,
357, 30,

358, 1 14,
VI,

ThW VI,
462, ]>
5,
))
673,
ThW VU,
,
ThW VI,
776,
4,

889,
aggiungere: GLNT XI, 719 s.
t
885-915,

GLNT Xf, 710-788.

~ GLNT XI, 734 ss.


894 ss.,
u
809,

GLNT XI, 515 s.


GLNT XI, 841.
M
934.
;= GLNT XI, 821-888.

927-953,
---- GLNT XI, 1288 s.
$f
107 s.,

113,
*>
GLNT XI, 1294-1304.
113-151,
GLNT XI, 1304-1398.
i
GLNT XI, 1005 s.
j
1000,
727-745,

GLNT XI, 297-344.


--- GLNT XI, 297-344.
727-745,
GLNT XI, 379-402.
.0
759-767,
GLNT XI, 1441-1518.
>
168-195,

tl
283-309,
GLNT X, 633-712.

Per molivi lecnici di lolocomposizione, qualche cognome di autore straniero sialo suddiviso non confor
memente alTorlografia originale. Ci luliavia non pregiudica in alcun modo la comprensibilil del rife
rimento.
G

li

E d it o r i

INDICE

Premessa ......................................................................................................................................... V

I n t r o d u z io n e .............................................................................. ............................................ VIE


A. Obiettivi del presente dizionario................................................................................ vii
B. L impostazione del d i z i o n a r i o ............................................................................... vili
C. L impostazione delle singole voci

............................................................................x

D. La trascrizione delle b ra ic o ..................................................................................... xm

E . C o n co rd an za dei testi bib lici con num erazio ne d iv e r s a ...................................... xv


F. Osservazioni sul primo v o l u m e ............................................................................. xvti
Nota delleditore i t a l i a n o ....................................................................................................xvn
A b b r e v ia z i o n i .....................................................................................................................xvm
D i z i o n a r i o ............................................................................................................col. 1-806
Indice ebraico

............................................................................................................ [405]

Indice italiano

........................................................................................ [411]

Aggiornamento bibliografico ita lia n o .......................................................................... [414]

L. 75.000
IV A inclusa

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