Professional Documents
Culture Documents
ANALISI FUNZIONALE
Dispensa del Corso di
Metodi Matematici della Fisica
(versione ridotta, gennaio 2009)
Prof. Marco Boiti
a.a. 2008-2009
Indice
1 Spazi Metrici
5
1.1 Insiemi Aperti. Insiemi Chiusi. Intorni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.2 Convergenza. Successioni di Cauchy. Completezza. . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.3 Completamento di uno Spazio metrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
2 Spazi Normati. Spazi di Banach
2.1 Spazio Vettoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2 Spazio Normato. Spazio di Banach . . . . . . . . . . . . . .
2.3 Ulteriori Propriet`a degli Spazi Normati . . . . . . . . . . . .
2.4 Spazi Normati Finito Dimensionali e Sottospaz . . . . . . .
2.5 Compattezza e Dimensioni Finite . . . . . . . . . . . . . . .
2.6 Operatori Lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.7 Spazi Lineari di Operatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.8 Operatori Lineari Limitati e Continui . . . . . . . . . . . .
2.9 Funzionali Lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.10 Operatori Lineari e Funzionali su Spazi Finito Dimensionali
2.11 Spazi Normati di Operatori. Spazio Duale . . . . . . . . . .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
15
15
18
20
20
24
27
30
30
35
38
41
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
45
45
46
48
50
52
52
58
61
64
68
72
75
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
79
79
79
80
81
87
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
INDICE
4.6
4.7
4.8
4.9
4.10
Spazi Riflessivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Teorema della Categoria e della Uniforme Limitatezza .
Convergenza Forte e Debole . . . . . . . . . . . . . . . .
Convergenza di Successioni di Operatori e di Funzionali
Teorema dellApplicazione Aperta . . . . . . . . . . . .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
90
92
94
98
101
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
107
107
110
110
114
117
Capitolo 1
Spazi Metrici
Uno spazio metrico `e un insieme X dotato di una metrica. La metrica associa ad ogni coppia
di elementi (punti ) di X una distanza. La metrica `e definita assiomaticamente, gli assiomi
essendo suggeriti da alcune propriet`a semplici della distanza, cos` com`e familiarmente definita fra punti della retta reale R o del piano complesso C. Si tratta come mostrano alcuni
esempi basilari di un concetto molto generale. Unimportante propriet`a aggiuntiva che uno
spazio metrico pu`o possedere `e la completezza. Un altro concetto di interesse teorico e pratico `e la separabilit`
a di uno spazio metrico. Gli spazi metrici separabili sono pi`
u semplici di
quelli non separabili.
1.1 Definizione (Spazio Metrico, Metrica)
Uno spazio metrico `e una coppia (X, d), dove X `e un insieme e d una metrica su X (o
distanza su X), cio`e una funzione definita su X X tale che per ogni x, y, z X si abbia
M1 d `e a valori reali, finito e non negativo.
M2 d(x, y) = 0 se e solo se x = y.
M3 d(x, y) = d(y, x)
(Simmetria)
(Disuguaglianza Triangolare)
sezione contiene molti concetti, ma il lettore noter`a che molti di loro divengono familiari
quando vengono applicati agli spazi euclidei.
Consideriamo dapprima alcuni importanti sottoinsiemi di un dato spazio metrico X =
(X, d).
1.2 Definizione (Palla e Sfera)
Dato un punto x0 X ed un numero reale r > 0 definiamo tre tipi di insiemi
(a) B(x0 ; r) = {x X|d(x, x0 ) < r}
(Palla Aperta)
e 0 ; r) = {x X|d(x, x0 ) r}
(b) B(x
(Palla Chiusa)
(Sfera)
Dimostrazione. (T1) segue dallosservazione che non ha elementi e, ovviamente, X `e aperto. Proviamo (T2). Un punto qualunque x dellunione U degli insiemi aperti appartiene ad
(almeno) uno di questi insiemi, sia M, ed M contiene una palla B di x poiche M `e aperto.
Allora B U per definizione di unione. Ci`o prova (T2). Infine se y `e un punto qualunque
dellintersezione degli insiemi aperti M1 , , Mn allora ciascun Mj contiene una palla di y
e la pi`
u piccola di queste palle `e contenuta nellintersezione. Ci`o prova (T3).
Osserviamo che le propriet`a da (T1) a (T3) sono cos` fondamentali che vengono di norma
inserite in un contesto pi`
u generale. Precisamente si definisce come uno spazio topologico
(X, T ) un insieme X ed una collezione T che soddisfa gli assiomi da (T1) a (T3). Linsieme
T `e chiamato una topologia per X. Da questa definizione segue che
Uno spazio metrico `e uno spazio topologico.
Gli insiemi aperti giocano anche un ruolo in connessione con le applicazioni continue,
dove la continuit`a `e una naturale generalizzazione della continuit`a conosciuta dallanalisi ed
`e definita come segue.
1.4 Definizione (Applicazione Continua)
e due spazi metrici. Unapplicazione T : X Y `e detta
Siano X = (X, d) e Y = (Y, d)
continua nel punto x0 X se per ogni > 0 v`e un > 0 tale che
e x, T x0 ) <
d(T
d(x, x0 ) < .
Prime di procedere menzioniamo unaltra propriet`a inusuale delle palle in uno spazio
metrico. Mentre in R3 la chiusura B(x0 ; r) di una palla aperta B(x0 ; r) `e la palla chiusa
e 0 ; r), in un generico spazio metrico ci`o pu`o non essere valido.
B(x
Usando il concetto di chiusura vogliamo dare una definizione che risulter`a di particolare
importanza nel seguito.
1.6 Definizione (Insieme Denso, Spazio Separabile)
Un sottoinsieme M di uno spazio metrico X `e detto denso in X se
M = X.
X `e detto separabile se ha un sottoinsieme numerabile che `e denso in X.
Quindi se M `e denso in X ogni palla in X, per quanto piccola, conterr`a punti di M ; o,
in altre parole, non c`e punto x X che abbia un intorno che non contiene punti di M.
Vedremo nel seguito che gli spazi metrici separabili sono alquanto pi`
u semplici di quelli
non separabili.
o semplicemente
xn x.
Diciamo che (xn ) converge a x o ammette il limite x. Se (xn ) non `e convergente si dice che
`e divergente.
Come `e stata usata la metrica d in questa definizione? d ha fornito la successione di
numeri reali an = d(xn , x) la cui convergenza definisce quella di (xn ). Quindi se xn x,
dato un > 0, esiste un N = N () tale che tutti gli xn con n > N giacciono in un intorno
B(x; ) di x.
Per evitare incomprensioni osserviamo che il limite di una successione convergente deve
essere un punto dello spazio X.
Mostriamo ora che due propriet`a delle successioni convergenti (unicit`a del limite e limitatezza), che risultano familiari dallanalisi, si mantengono in questo contesto molto pi`
u
generale.
`e finito. Chiamiamo una successione (xn ) in X una successione limitata se linsieme dei
suoi punti `e un sottoinsieme limitato di X.
Ovviamente se M `e limitato allora M B(x0 ; r), dove x0 X `e un qualunque punto
ed r `e un numero reale (sufficientemente grande) e viceversa.
La nostra asserzione `e allora formulata come segue.
10
Qui |xm xn | `e la distanza d(xm , xn ) da xm a xn sulla retta reale R o nel piano complesso
C. Quindi possiamo scrivere la diseguaglianza del criterio di Cauchy nella forma
d(xm , xn ) <
( m, n > N ).
Se una successione (xn ) soddisfa alla condizione del criterio di Cauchy potremo chiamarla
una successione di Cauchy. Allora il criterio di Cauchy dice semplicemente che una successione di numeri reali o complessi converge in R o C se e solamente se `e una successione di
Cauchy. Sfortunatamente in spazi pi`
u generali la situazione pu`o essere pi`
u complicata e vi
possono essere successioni di Cauchy che non convergono.
1.9 Definizione (Successione di Cauchy, Completezza)
Una successione (xn ) in uno spazio metrico X = (X, d) `e detta di Cauchy (o fondamentale)
se per ogni > 0 v`e un N = N () tale che
d(xm , xn ) <
(1.1)
+ = .
2 2
11
e `e
Unapplicazione T : X Y di uno spazio metrico (X, d) in uno spazio metrico (Y, d)
continua in un punto x0 X se e solo se
xn x0
implica
T xn T x 0 .
Dimostrazione. Si assuma che T sia continua in x0 . Allora per un dato > 0 v`e un > 0
tale che
e x, T x0 ) < .
d(x, x0 ) <
implica
d(T
Sia xn x0 . Allora v`e un N tale che per ogni n > N sia
d(xn , x0 ) < .
Quindi per ogni n > N
e xn , T x0 ) < .
d(T
implichi
T xn T x0
e proviamo che allora T `e continua in x0 . Supponiamo che ci`o sia falso. Allora v`e un > 0
tale che per ogni > 0 v`e un x 6= x0 che soddisfa a
d(x, x0 ) <
ma tale che
e x, T x0 ) .
d(T
1
n
ma tale che
e xn , T x0 ) .
d(T
12
In particolare da questo teorema e dal Lemma 1.8 al punto b) segue la seguente proposizione.
b che ha
b = (X,
b d)
Per ogni spazio metrico X = (X, d) esiste uno spazio metrico completo X
b Questo spazio X
b `e unico a meno
un sottospazio W che `e isometrico a X e che `e denso in X.
e `e un qualunque spazio metrico completo che ha un sottospazio denso
di isometrie, cio`e, se X
f isometrico a X, allora X
e eX
b sono isometrici.
W
Lo studente interessato pu`o trovare la dimostrazione di questo teorema nella versione
estesa delle dispense.
Problemi
1. Sia ` lo spazio delle successioni x = j jN limitate di numeri complessi, ossia tali
che
j cx
(j = 1, 2, . . . )
13
d (x, y) = sup j j
jN
dove y = j ` definisce una metrica su ` .
2. Sia C [a, b] linsieme di tutte le funzioni a valori reali x(t), y(t), . . . definite e continue
nella variabile t sullintervallo chiuso J = [a, b]. Mostrare che
d (x, y) = max |x (t) y (t)|
tJ
X
p
j < .
j=1
Mostrare che
1/p
p
j j
d (x, y) =
j=1
dove y = j `p definisce una metrica su `p .
Suggerimento: Utilizzare la diseguaglianza di Minkowski
1/p
1/p
1/p
X
X
X
p
p
p
j + j
j +
j .
j=1
j=1
j=1
4. Sia la distanza D (A, B) fra due sottoinsiemi non vuoti A e B di uno spazio metrico
(X, d) definita essere
D (A, B) = inf d (a, b) .
aA
bB
Mostrare che D (A, B) non definisce una metrica sullinsieme dei sottoinsiemi non vuoti
di X.
5. Mostrare che lo spazio ` non `e separabile.
Soluzione: Sia y = ( 1 , 2 , . . . ) una successione di 0 e di 1. Allora y ` e due successioni differenti di questo tipo distano 1. Essi possono essere messi in corrispondenza
biunivoca coi reali nellintervallo [0, 1], giacche un qualunque reale nellintervallo [0, 1]
`e rappresentabile in forma binaria come
1
+ 22 + + nn + . . .
1
2
2
2
Quindi non sono numerabili. Consideriamo ora le palle di raggio 1/3 centrate in queste
particolari successioni. Esse sono non numerabili ed hanno a due a due intersezione
nulla. Quindi se esistesse un insieme M numerabile e denso in l . . .
6. Mostrare che lo spazio `p (p 1) `e separabile.
14
p
X
p
j < .
2
j=n+1
j j p < .
2
j=1
Quindi . . .
7. Mostrare che ` `e completo.
(m) (m)
Suggerimento: Sia (xm ) una successione di Cauchy di ` , dove (xm ) = 1 , 2 , . . . .
(m)
Mostrare che le successioni di numeri j
per ogni j fissato sono di Cauchy ed
(m)
Capitolo 2
16
e le leggi distributive
(x + y) = x + y
( + )x = x + x.
Dalla definizione vediamo che la somma vettoriale `e unapplicazione X X X, mentre
la moltiplicazione per scalari `e unapplicazione K X X.
K `e chiamato il campo scalare (o campo dei coefficienti ) dello spazio vettoriale X, e
X `e chiamato uno spazio vettoriale reale se K = R (il campo dei numeri reali) ed uno
spazio vettoriale complesso se K = C (il campo dei numeri complessi).
Luso dello 0 sia per lo scalare 0 che per il vettore nullo non dovrebbe, in generale, creare
confusione. Se fosse desiderabile per ragioni di chiarezza, si pu`o indicare il vettore nullo con
0.
Il lettore pu`o provare che per tutti i vettori e gli scalari
0x = 0
0 = 0
e
(1)x = x.
Un sottospazio di uno spazio vettoriale X `e un sottoinsieme non vuoto Y di X tale che
per ogni y1, y2 Y e tutti gli scalari , si ha che y1 + y2 Y. Quindi Y stesso `e uno
spazio vettoriale, le due operazioni algebriche essendo quelle indotte da X.
Uno speciale sottospazio di X `e il sottospazio improprio Y = X. Ogni altro sottospazio
di X (6= {0}) `e chiamato proprio.
Un altro sottospazio speciale di un qualunque spazio vettoriale X `e Y = {0}.
Una combinazione lineare dei vettori x1 , , xm di uno spazio vettoriale X `e unespressione della forma
1 x1 + 2 x2 + + m xm
dove i coefficienti 1 , , m sono scalari qualunque.
Per ogni sottoinsieme non vuoto M X linsieme di tutte le combinazioni lineari di
vettori di M `e chiamato linviluppo o lo span di M e si scrive
span M.
Ovviamente `e un sottospazio Y di M e diciamo che Y `e generato da M.
Introduciamo ora due concetti fra di loro collegati che verranno usati molto spesso nel
seguito.
2.2 Definizione (Indipendenza Lineare, Dipendenza Lineare)
Lindipendenza e la dipendenza lineare di un dato insieme M di vettori x1 , , xr (r 1)
in uno spazio vettoriale X sono definite a mezzo dellequazione
1 x1 + 2 x2 + + r xr = 0,
(2.1)
17
( j = j /r ).
18
ed ha le propriet`a
(N1)
||x|| 0
(N2)
||x|| = 0 x = 0
(N3)
||x|| = ||||x||
(N4)
(Disuguaglianza Triangolare);
(x, y X)
ed `e chiamata la metrica indotta dalla norma. Lo spazio normato appena definito si indica
con (X, || ||) o semplicemente con X.
19
(i) Una successione (xn ) in uno spazio normato X `e convergente se X contiene un x tale
che
lim ||xn x|| = 0.
n
cio`e
||sn s|| 0
xk
k=1
xk .
k=1
P
Se k=1 ||xk || converge la serie `e detta assolutamente convergente. Tuttavia in uno
spazio normato la assoluta convergenza implica la convergenza se e solo se X `e completo.
Possiamo ora estendere il concetto di combinazione lineare al caso di una successione
(xn ) e dire che x `e combinazione lineare degli (xn ) con coefficienti la successione di scalari
(n ) se
X
x=
k xk .
k=1
20
k ek .
k=1
b ed una
Sia X = (X, || ||) uno spazio normato. Allora esiste uno spazio di Banach X
b
b
b
isometria A da X su un sottospazio W di X che `e denso in X. Lo spazio X `e unico a meno
di isometrie.
21
(c > 0).
(2.2)
n
X
| j | = 1 .
|| 1 x1 + + n xn || c
(2.3)
j=1
` quindi sufficiente provare lesistenza di un c > 0 tale che la (2.3) vale per ogni npla di
E
Pn
scalari 1 , , n con j=1 | j | = 1.
Supponiamo che ci`oPsia falso. Ossia supponiamo che per ogni c > 0 esista una npla di
n
scalari 1 , , n con j=1 | j | = 1 tali che || 1 x1 + n xn || < c. In corrispondenza della
successione c = 1/m esiste allora una successione (ym ) di vettori
(m)
(m)
ym = 1 x1 + + (m)
j = 1
n xn
j=1
tali che
||ym || <
1
m
come m .
Pn (m)
(m)
Ora ragioniamo come segue. Poiche j=1 j = 1 abbiamo che j 1. Quindi per
ogni fisso j la successione
(m)
(1)
(2)
= j , j ,
(m)
n
X
(1,m)
xj
j=1
22
ancora a 1 . Continuando in questo modo dopo n passi si ottiene una successione estratta
(yn,m ) = (yn,1 , yn,2 , ) di (ym ) i cui termini sono della forma
n
n
X
X
(n,m)
(n,m)
yn,m =
j
xj
j
= 1
j=1
j=1
(n,m)
j
(n,m)
j
X
X
n
n (n,m)
(n,m)
||yn,m y|| = ( j
j )xj
| j
j | ||xj ||
j=1
j=1
per m
yn,m y =
n
X
j xj .
j=1
P
j = 1 non tutti i j possono essere zero ed essendo {x1 , , xn } un insieme
Essendo
linearmente indipendente abbiamo che y 6= 0. Daltro lato poiche (yn,m ) `e una successione
estratta di (ym ) che converge a zero dobbiamo avere yn,m 0 cos che y = 0. Ci`o contraddice
y 6= 0 ed il lemma `e provato.
Come prima applicazione del lemma proviamo il seguente teorema basilare.
ym = 1 e1 + + (m)
n en .
Poiche (ym ) `e una successione di Cauchy, per ogni > 0 v`e un N tale che ||ym yr || <
quando m, r > N. Da ci`o e dal Lemma 2.10 abbiamo che per qualche c > 0
n
n
X
X (m)
(m)
(r)
(r)
> ||ym yr || =
j j
ej
j
j ,
j=1
j=1
X
(m)
(m)
(r)
(r)
j j
j j <
c
j=1
(m, r > N ).
(j
(1)
(2)
) = (j , j , )
j = 1, , n
23
Chiaramente y Y. Inoltre
X
n
n (m)
X
(m)
||ym y|| =
j j ej
||ej ||.
j
j
j=1
j=1
(m)
j
A destra
j . Quindi ||ym y|| 0, cio`e ym y. Ci`o mostra che (ym ) `e convergente
in Y. Poiche (ym ) era una successione di Cauchy in Y, ci`o prova che Y `e completo.
Da questo teorema e dal Teorema 1.13 si deriva il seguente teorema.
(2.4)
n
X
j=1
|j |||ej ||2 k
n
X
j=1
|j |
Assieme danno a||x||2 ||x||1 dove a = c/k > 0. Laltra disuguaglianza in (2.4) si ottiene
scambiando il ruolo di || ||1 e || ||2 nelle considerazioni precedenti.
Questo teorema ha una notevole importanza pratica. Ad esempio implica che la convergenza o la divergenza di una successione in uno spazio vettoriale finito dimensionale non
dipende dalla particolare scelta della norma su questo spazio.
24
xm = 1 e1 + + n(m) en .
Poiche M `e limitato lo `e anche (xm ), cio`e ||xm || k per tutti gli m. Per il Lemma 2.10
X
X
n (m)
(m)
k ||xm || =
j
j
j
j=1
j=1
1 Pi`
u precisamente sequenzialmente compatto; questo `
e il tipo pi`
u importante di compattezza in analisi.
Menzioniamo che ci sono due altri tipi di compattezza, ma per gli spazi metrici i tre concetti divengono
identici.
25
(m)
Chiaramente a > 0 perche Y `e chiuso. Prendiamo ora un qualunque (0, 1). Per la
definizione di estremo inferiore v`e un y0 Y tale che
a ||v y0 ||
(2.6)
dove
c=
1
.
||v y0 ||
Allora ||z|| = 1 e mostriamo che ||z y|| per ogni y Y. Abbiamo che
||z y|| = ||c(v y0 ) y||
= c||v y0 c1 y||
= c||v y1 ||
dove
y1 = y0 + c1 y.
La forma di y1 mostra che y1 Y. Quindi ||v y1 || a per definizione di a. Usando (2.5) e
(2.6) otteniamo
a
a
= .
||z y|| = c||v y1 || ca =
||v y0 ||
a/
Poiche y Y era arbitrario ci`o completa la prova.
26
Dimostrazione. Assumiamo che M sia compatto ma che dim X = e mostriamo che ci`o
porta ad una contraddizione. Scegliamo un qualunque x1 di norma 1. Questo x1 genera uno
sottospazio unidimensionale X1 di X, che `e chiuso (cf. 2.12) ed `e un sottospazio proprio di
X perche dim X = . Per il lemma di Riesz v`e un x2 X di norma 1 tale che
||x2 x1 || =
1
.
2
1
.
2
In particolare
1
,
2
1
||x3 x2 || .
2
||x3 x1 ||
Procedendo per induzione otteniamo una successione (xn ) di elementi xn M tali che
||xm xn ||
1
2
(m 6= n).
Ovviamente (xn ) non pu`o avere una successione estratta convergente. Ci`o contraddice la
compattezza di M. Quindi la nostra assunzione dim X = `e falsa e dim X < .
Questo teorema ha varie applicazioni. Lo utilizzeremo come uno strumento basilare in
connessione con i cosiddetti operatori compatti.
Gli insiemi compatti sono importanti perche hanno un buon comportamento; essi
ammettono numerose propriet`a basilari simili a quelle degli insiemi finiti e che non sono
soddisfatte dagli insiemi non compatti. In connessione con le applicazioni continue una
propriet`a fondamentale `e che gli insiemi compatti hanno immagini compatte.
27
(2.7)
(2.8)
28
Quindi y1 + y2 R(T ). Poiche y1 , y2 R(T ) erano arbitrari e cos` lo erano gli scalari ci`o
prova che R(T ) `e uno spazio vettoriale.
(b) Scegliamo n + 1 elementi y1 , , yn+1 di R(T ) in una maniera arbitraria. Allora
abbiamo y1 = T x1 , , yn+1 = T xn+1 per qualche x1 , , xn+1 in X. Poiche dim X = n
questo insieme {x1 , , xn+1 } deve essere linearmente dipendente. Quindi
1 x1 + + n+1 xn+1 = 0
per degli scalari non tutti nulli. Poiche T `e lineare e T 0 = 0 applicando T ad entrambi
membri si ottiene
T (1 x1 + + n+1 xn+1 ) = 1 y1 + + n+1 yn+1 = 0.
Ci`o mostra che linsieme {y1 , , yn+1 } `e linearmente dipendente perche gli j non sono
tutti nulli. Ricordando che questo sottoinsieme di R(T ) era stato scelto in una maniera
arbitraria ne concludiamo che R(T ) non ammette sottoinsiemi linearmente indipendenti di
n + 1 o pi`
u elementi. Per definizione ci`o significa che dim R(T ) n.
(c) Prendiamo due qualunque x1 , x2 N (T ). Allora T x1 = T x2 = 0. Poiche T `e lineare
per scalari qualunque , abbiamo che
T (1 x1 + 2 x2 ) = 0.
Ci`o mostra che 1 x1 + 2 x2 N (T ). Quindi N (T ) `e uno spazio vettoriale.
La seguente conseguenza immediata della parte (b) della dimostrazione `e degna di nota.
Gli operatori lineari conservano la dipendenza lineare.
Occupiamoci ora dellinverso di un operatore lineare. Ricordiamo dapprima che unapplicazione T : X Y `e detta iniettiva o biunivoca se punti differenti nel dominio hanno
immagini differenti, cio`e se per ogni x1 , x2 X
x1 6= x2 = T x1 6= T x2
(2.10)
T x1 = T x2 = x1 = x2 .
(2.11)
o in maniera equivalente se
In questo caso esiste lapplicazione
T 1 : R(T ) X
y0 7 x0
(y0 = T x0 )
(2.12)
T T 1 x = x
In connessione con gli operatori lineari sugli spazi vettoriali la situazione `e la seguente.
Linverso di un operatore lineare esiste se e solo se lo spazio nullo delloperatore consiste solamente del vettore nullo. Pi`
u precisamente abbiamo il seguente utile criterio che utilizzeremo
molto frequentemente.
29
x2 = T 1 y2 .
(2.13)
30
(2.14)
(x 6= 0)
e ci`o mostra che c deve essere almeno altrettanto grande che lestremo superiore dellespressione a sinistra considerata su X {0}. Quindi il minimo possibile c nella (2.14) `e questo
estremo superiore. Questa quantit`a `e indicata con ||T ||; cos`
||T || = sup
xX
x6=0
||T x||
.
||x||
(2.15)
31
(2.16)
(2.17)
xX
||x||=1
1
1
||T || = sup
||T x|| = sup T
x
= sup ||T y||.
||x||
xX ||x||
xX
yX
x6=0
x6=0
||y||=1
||x||=1
||x||=1
||x||=1
||x||=1
||x||=1
qui x X.
Si noti che loperatore identit`a I : X X e loperatore zero 0 : X X su uno spazio
normato X sono operatori limitati ed hanno rispettivamente norma ||I|| = 1 e ||0|| = 0.
||T x||
= sup ||T x||.
||x||
xX
(2.18)
||x||=1
Esaminiamo ora alcune propriet`a specifiche importanti degli operatori lineari limitati.
32
Dimostrazione.
Sia dim X = n e {e1 , , en } una base per X. Prendiamo un qualunque
P
x=
j ej e consideriamo un qualunque operatore lineare T su X. Poiche T `e lineare
X
X
X
||T x|| =
T
e
| j | ||T ej || max ||T ek ||
| j |
j
j
X
1
1
j ej
| j |
= c ||x||.
c
Assieme danno
||T x|| ||x||
dove
1
max ||T ek ||.
c k
||x x0 || < .
||T ||
otteniamo
||T x T x0 || .
Poiche x0 X era arbitrario ci`o mostra che T `e continuo.
Viceversa assumiamo che T sia continuo in un arbitrario x0 X. Allora dato un > 0
arbitrario v`e un > 0 tale che
||T x T x0 || <
||x x0 || < .
(2.19)
33
y.
2||y||
Allora
x x0 =
y.
2||y||
Quindi ||x x0 || = /2 cos` che possiamo usare la (2.19). Poiche T `e lineare abbiamo
= ||T y||
||T x T x0 || = ||T (x x0 )|| =
T
y
2||y|| 2||y||
e (2.19) implica
Cos`
2
||y||.
Ci`o pu`o essere scritto ||T y|| c||y||, dove c = 2/. Quindi poiche c dipende da x0 e non da
y ne segue che T `e limitato.
(b) La continuit`a di T in un punto implica la limitatezza di T per la seconda parte della
dimostrazione di (a), che a sua volta implica la continuit`a di T per l(a).
(n N)
(2.20)
34
35
|f (x)|
||x||
(2.22)
o
||f || = sup |f (x)|.
(2.23)
xX
||x||=1
(2.24)
36
37
Generico elemento
x
f
g
Valore in un punto
f (x)
g(f )
g(f ) = gx (f ) = f (x)
(2.25)
gx+y (f )
f (x + y)
f (x) + f (y)
gx (f ) + gy (f )
(Cx)(f ) + (Cy)(f ).
38
Una risposta matematicamente precisa `e data dallintroduzione del concetto di isomore che conserva la
fismo. Per definizione si tratta di unapplicazione biiettiva di X su X
struttura.
Corrispondentemente un isomorfismo T di uno spazio metrico X = (X, d) su uno spazio
e `e unapplicazione biiettiva che conserva la distanza, cio`e per tutti gli
e = (X,
e d)
metrico X
x, y X
e x, T y) = d(x, y).
d(T
e `e allora detto isomorfo ad X. Ci`o non ci `e nuovo ma si tratta semplicemente di un altro
X
nome per lisometria introdotta nella Def. 1.16. Nuovo `e il seguito.
e sul medesimo
Un isomorfismo T di uno spazio vettoriale X su uno spazio vettoriale X
campo `e unapplicazione biiettiva che conserva le due operazioni algebriche dello spazio
vettoriale; cos` per tutti gli x, y X e scalari
T (x + y) = T x + T y,
T (x) = T x,
(2.26)
y = Tx = T
n
X
k=1
!
k ek
n
X
k T ek .
(2.27)
k=1
r
X
j=1
r
X
j bj
(2.28)
jk bj .
(2.29)
j=1
r
X
j=1
j bj =
n
X
k T ek =
k=1
n
X
k=1
r
X
jk bj =
j=1
n
r
X
X
j=1
!
jk k
bj .
k=1
n
X
jk k
j = 1, , r.
(2.30)
k=1
(2.32)
dove T e `e il vettore colonna con componenti T e1 , , T en (che sono essi stessi vettori) e b `e
>
il vettore colonna di componenti b1 , , br e dove dobbiamo usare il trasposto TEB
di TEB
perche nella (2.29) sommiamo su j che `e il primo indice.
Le nostre considerazioni mostrano che un operatore lineare T determina ununica matrice
rappresentante T rispetto ad una data base per X ed ad una data base per Y . Viceversa
ogni matrice con r righe ed n colonne determina un operatore lineare che essa rappresenta
rispetto a basi date per X e Y.
Ritorniamo ora ai funzionali lineari su X, dove dim X = n e {e1 , , en } `e una base
n
n
n
X
X
X
f (x) = f
j ej =
j f (ej ) =
j j
(2.33)
j=1
j=1
j=1
40
dove
j = f (ej )
j = 1, , n
(2.34)
(0,
0, 0,
1, 0,
0, 0,
0, 0)
0, 0)
0, 1).
Per le (2.33), (2.34) ci`o fornisce n funzionali che denotiamo f1 , , fn e che hanno valori
0
se j 6= k
(2.35)
fk (ej ) = jk =
1
se j = k;
cio`e fk ha il valore 1 al kmo vettore di base e il valore 0 agli altri n 1 vettori di base.
jk `e chiamato la delta di Kroneker. {f1 , , fn } `e chiamato la base duale della base
{e1 , , en } per X. Ci`o `e giustificato dal seguente teorema.
k fk (x) = 0
(x X)
(2.36)
k=1
per x = ej d`a
n
X
k fk (ej ) =
k=1
n
X
k jk = j = 0,
k=1
cos` che tutte le k in (2.36) sono zero. Mostriamo che ogni f X pu`o essere rappresentata
come una combinazione lineare degli elementi di F in una maniera unica. Scriviamo come
in (2.34) f (ej ) = j . Per la (2.33)
f (x) =
n
X
j j
j=1
n
X
j fj (x).
j=1
41
(n, m > N ).
Per tutti gli x X ed n, m > N otteniamo cos` [cf. (2.16) nella Sez. 2.8]
||Tn x Tm x|| = ||(Tn Tm )x|| ||Tn Tm || ||x|| < ||x||.
(2.37)
(2.38)
Ci`o mostra che (Tn T ) con n > N `e un operatore limitato. Poiche Tn `e limitato T =
Tn (Tn T ) `e limitato, ossia T B(X, Y ). Inoltre se in (2.38) prendiamo lestremo superiore
per tutti gli x di norma 1 otteniamo
||Tn T ||
(n > N ).
42
Quindi ||Tn T || 0.
Questo teorema ha importanti conseguenze rispetto allo spazio duale X 0 di X, che `e
definito come segue.
2.42 Definizione (Spazio Duale X 0 )
Sia X uno spazio normato. Allora linsieme di tutti i funzionali lineari limitati su X
costituisce uno spazio normato con norma definita da
||f || = sup
xX
x6=0
|f (x)|
= sup |f (x)|
||x||
xX
(2.39)
||x||=1
[cf. (2.22) e (2.23) nella Sez. 2.9] che `e chiamato la spazio duale 2 di X ed `e indicato con
X 0.
Poiche un funzionale lineare su X applica X in R o C (i campi scalari di X) e poiche R e
C presi colla metrica usuale sono completi vediamo che X 0 `e B(X, Y ) con lo spazio completo
Y = R o C. Quindi il Teorema 2.41 `e applicabile ed implica il basilare teorema seguente.
Problemi
1. Mostrare che nello spazio delle n-ple x = ( 1 , 2 , . . . , n ) reali o complesse possibili
norme sono
p
p 1/p
||x||p = (| 1 | + | 2 | + . . . | n | )
||x|| = max (| 1 | , | 2 | , . . . | n |) .
(1 p < +)
1/p
X
p
j .
||x|| =
j=1
43
1/p
!1/q
X
X
X
p
q
j j
j
| k |
.
j=1
j=1
k=1
1/p
1/p
!1/p
X
X
X
p
p
p
j + j
j
+
| k |
j=1
j=1
k=1
n
X
||T || =
| jk |2 ,
j,k=1
norma che tuttavia, come vedremo al capitolo sugli spazi con prodotto scalare, non
corrisponde alla norma naturale definita dalla norma euclidea in Cn .
4. Nel caso in cui T sia una matrice n n di elementi ( jk ), che opera sullo spazio Cn
della n-ple complesse x = ( 1 , 2 , . . . , n ) in cui sia introdotta la norma
n
X
||x|| =
| k |,
k=1
n
X
| jk |.
j=1
6. Mostrare che lo spazio C[a, b] delle funzioni u (t) continue nellintervallo [a, b] ammette
norma
||u|| = max |u (t)| .
t[a,b]
44
yb =
+ 22 + + nn + . . .
2
2
2
si stabilisce una corrispondenza biiettiva fra M ed i numeri reali yb dellintervallo [0, 1].
Poiche quindi linsieme M non `e numerabile . . .
9. Mostrare che lo spazio `p `e separabile.
p
Suggerimento:
Mostrare che
y (t) =
k (t, ) x ( ) d
0
con k (t, ) continua nel quadrato J J. Mostrare che T `e lineare e limitato e che
||T || k0 con k0 = max(t, )JJ |k (t, )| .
14. Sia X = C[a, b]. Mostrare che
Z
f (x) =
x (t) dt
a
Capitolo 3
3.1
Uno spazio con prodotto scalare X `e uno spazio vettoriale dotato di prodotto scalare hx, yi.
Questultimo generalizza il prodotto scalare di vettori nello spazio tridimensionale ed `e usato
per definire
(I) una norma || || con ||x|| = hx, xi1/2 .
(II) lortogonalit`a con hx, yi = 0.
Uno spazio di Hilbert H `e uno spazio con prodotto scalare completo.
La teoria degli spazi con prodotto scalare e degli spazi di Hilbert `e pi`
u ricca di quella
degli spazi normati generali e degli spazi di Banach. Ci occuperemo
(i) della rappresentazione di H come somma diretta di un sottospazio chiuso e del suo
complemento ortogonale,
(ii) degli insiemi e successioni ortogonali e corrispondenti rappresentazioni degli elementi
di H,
(iii) della rappresentazione di Riesz dei funzionali limitati lineari mediante il prodotto
scalare,
(iv) delloperatore aggiunto di Hilbert T di un operatore limitato lineare.
Vedremo che gli insiemi e le successioni ortogonali sono veramente interessanti solo se
sono totali e che gli operatori aggiunti di Hilbert possono essere usati per definire classi di
operatori (autoaggiunti, unitari, normali ) che sono di grande importanza nelle applicazioni.
45
46
(IP2)
hx, yi = hx, yi
(IP3)
hx, yi = hy, xi
(IP4)
hx, xi 0
hx, xi = 0 x = 0.
(Simmetria).
(3.1)
p
hx y, x yi.
(3.2)
La prova che (3.1) soddisfa agli assiomi da (N1) a (N4) di una norma sar`a data allinizio
della prossima sezione.
Quindi gli spazi con prodotto scalare sono spazi normati.
3.2 Definizione (Spazio di Hilbert)
Uno spazio con prodotto scalare che sia completo (completo nella metrica definita dal
prodotto scalare; cf. (3.2)) si dice spazio di Hilbert.
Da (IP1) a (IP3) otteniamo le formule
hx, y + zi = hx, yi + hx, zi
hx, yi = hx, yi
hx + y, zi = hx, zi + hy, zi
(3.3)
(3.4)
(3.5)
che useremo molto spesso. (3.3) mostra che il prodotto scalare `e lineare nel secondo fattore.
Poiche in (3.5) abbiamo a destra i numeri complessi coniugati e diciamo che il prodotto
scalare `e coniugato lineare nel primo fattore. Riferendosi ad entrambe le propriet`a diciamo
che il prodotto scalare `e sesquilineare. Ci`o significa 1 21 volte lineare ed `e motivato dal
fatto che coniugato lineare `e anche noto come semilineare, un termine meno suggestivo
che non useremo.
Il lettore pu`o mostrare con un semplice calcolo diretto che la norma in uno spazio con
prodotto scalare soddisfa limportante uguaglianza del parallelogramma
||x + y||2 + ||x y||2 = 2(||x||2 + ||y||2 ).
(3.6)
47
y
x+y
xy
x
xj
xk =
hxj , xk i =
hxj , xj i =
||xj ||2
xj ,
=
j
1
(||x + y||2 ||x y||2 )
4
(3.7)
48
(3.8)
dove <hx, yi e =hx, yi indicano la parte reale ed immaginaria. La formula (3.8) `e talvolta
chiamata identit`
a di polarizzazione.
(Diseguaglianza di Schwarz)
(3.9)
(Disuguaglianza Triangolare)
(3.10)
hy, xi
|hx, yi|2
hx, yi = ||x||2
,
hy, yi
||y||2
dove abbiamo usato hy, xi = hx, yi. Moltiplicando per ||y||2 , trasferendo lultimo termine a
sinistra e prendendo la radice si ottiene la (3.9).
Luguaglianza vale in questa derivazione se e solo se y = 0 o 0 = ||x y||2 , quindi
x y = 0, cos` che x = y, che mostra la dipendenza lineare.
1 Si noti che questa condizione per leguaglianza `
e perfettamente simmetrica in x e y perch
e x=0`
e
incluso in x = cy (per c = 0) ed `
e pure y = kx, k = 1/c (per c > 0).
49
(3.11)
Poiche la parte reale di un numero complesso non pu`o essere maggiore del suo modulo
dobbiamo avere luguaglianza. il che implica la dipendenza lineare per la parte (a), cio`e
y = 0 o x = cy. Mostriamo che c `e reale e 0. Dalla (3.11) col segno duguale abbiamo
Rehx, yi = |hx, yi|. Ma se la parte reale di un numero complesso `e uguale al suo modulo la
parte immaginaria deve essere zero. Quindi hx, yi = Rehx, yi 0 per la (3.11) e c 0 segue
da
0 hx, yi = hcy, yi = c||y||2 .
La disuguaglianza di Schwarz (3.9) `e molto importante e sar`a utilizzata nelle dimostrazioni pi`
u e pi`
u volte.
Unaltra propriet`a frequentemente usata `e la continuit`a del prodotto scalare.
(3.12)
|hy, yi|
|hy, xi|
= ||y||
||x||
||y||
(3.13)
50
(3.14)
Lequivalenza di questa definizione con la definizione 3.1 `e provata dal seguente teorema
e suo corollario.
1
(||x + y||2 ||x y||2 ).
4
(3.15)
1
(||x + y||2 ||x y||2 + ||x + z||2 ||x z||2 ).
4
yz
y+z
x
2
2
y+z
yz
xz = x
2
2
xy =
51
2
2 !
y
+
z
y
+
z
x +
x
2
2
y+z
hx, yi + hx, zi = 2 x,
.
(3.16)
2
m
n,
perche
z
n
z
1
i = hx, i = hx, zi.
n
n
n
n
Poiche dalla definizione (3.15) segue che hx, zi = hx, zi, la (IP2) vale anche per un numero
razionale negativo qualunque.
In uno spazio normato ||x+y||2 e ||xy||2 sono continui in e quindi per la (3.15) anche hx, yi `e continuo in . Poiche ogni reale si pu`o ottenere come limite di una successione
di numeri razionali, anche (IP2) `e provata.
(3.17)
dove
hx, yi1 =
1
(||x + y||2 ||x y||2 ).
4
(3.18)
e hx, ixi1 =
1
(|1 + i|2 |1 i|2 )||x||2 = 0.
4
52
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
.
Non v`e y
x
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
.. y
.
Un solo y
53
x.
.....
... .... ....
.
.. .. ...
.. ... ....
.
.. ..
...
.
..
...
..
..
...
...
.
.
.
...
..
...
..
.
y
.
M
.
y
Infiniti y
(3.19)
(3.20)
( R, 0 1).
54
Dimostrazione. (a) Esistenza. Per definizione di estremo inferiore v`e una successione (yn )
in M tale che
n
dove
n = ||x yn ||.
(3.22)
Mostriamo che (yn ) `e di Cauchy. Ponendo yn x = vn abbiamo yn ym = vn vm e per
luguaglianza del parallelogramma
||yn ym ||2 = ||vn vm ||2 = ||vn + vm ||2 + 2(||vn ||2 + ||vm ||2 ).
(3.23)
(3.24)
(b) Unicit`
a. Assumiamo che entrambi y M e y0 M soddisfino
||x y|| =
||x y0 || =
2
1
.
= 2 2 + 2 2 22
(y
+
y
)
x
0
2
1
(y + y0 ) x .
2
Ci`o implica che il membro a destra `e minore od uguale a 2 2 +2 2 4 2 = 0. Quindi abbiamo
la diseguaglianza ||y y0 ||2 0, ossia y0 = y.
55
Passando dagli spazi convessi arbitrari ai sottospaz otteniamo il lemma che generalizza
lidea familiare della geometria elementare che lunico punto y in un sottospazio dato Y pi`
u
vicino ad un dato x viene trovato tracciando una perpendicolare da x a Y .
(3.25)
.
hy1 , y1 i
Dalla (3.21) abbiamo ||z|| = ||x y|| = cos` che la nostra equazione ora ci d`a
||z y1 ||2 = ||z||2
||2
< 2.
hy1 , y1 i
dove
y2 = y + y1 Y,
cos` che ||z y1 || per definizione di . Quindi (3.25) non pu`o essere valida ed il lemma
`e dimostrato.
` sovente utile rappresentare uno spazio di Hilbert come somma diretta di due sottoE
spazi. Questa decomposizione risulta essere particolarmente semplice e conveniente se viene
realizzata utilizzando lortogonalit`a. Per comprendere la situazione ed il problema introduciamo dapprima il concetto di somma diretta. Questo concetto ha senso per qualunque
spazio vettoriale ed `e definito come segue.
3.14 Definizione (Somma Diretta)
Uno spazio vettoriale X `e detto somma diretta di due sottospazi Y e Z di X e si scrive
X =Y Z
se ciascun x X ha ununica rappresentazione
x=y+z
y Y, z Z.
56
Analogamente nel caso di uno spazio generale di Hilbert H linteresse principale riguarda le rappresentazioni di H come somma diretta di un sottospazio chiuso Y e del suo
complemento ortogonale
Y = {z H : z Y },
che `e linsieme di tutti i vettori ortogonali a Y. Questo `e il maggior risultato in questa sezione,
che `e qualche volta chiamato il teorema della proiezione per ragioni che spiegheremo dopo
la dimostrazione.
H =Y Z
(3.26)
x=y+z
zY .
(3.27)
Notiamo ora che Y = Y perche se v Y , per la continuit`a del prodotto scalare, `e anche
v Y.
Rimane quindi da provare lunicit`a della decomposizione (3.27). Assumiamo sia
x = y + z = y1 + z1
dove y, y1 Y e z, z1 Z. Allora y y1 = z1 z. Poiche y y1 Y mentre z1 z Z =
y Y,
z Y .
(3.28)
per ogni y Y
57
per ogni x H.
Inoltre
P z = 0,
per ogni z Z = Y .
(3.29)
Infatti se
x M = x M = x (M )
cio`e M M . Inoltre se x M allora esiste una successione (xn ) di M tale che xn x.
Per la continuit`a del prodotto scalare, poiche xn M anche x M e quindi x M .
Nel caso in cui M sia un sottospazio possiamo formulare il seguente lemma.
(3.30)
58
0
se x 6= y
hx, yi =
(3.31)
1
se x = y.
Se un insieme ortogonale o ortonormale M `e numerabile possiamo ordinarlo in una
successione (xn ) e chiamarlo, rispettivamente, successione ortogonale o ortonormale.
Pi`
u in generale un insieme con indice, o famiglia, (x ), I, `e chiamato ortogonale se
x x per tutti gli , I, 6= . La famiglia `e chiamata ortonormale se `e ortogonale e
tutti gli x hanno norma 1, cos` che per tutti gli , I abbiamo
0
se 6=
hx , x i = =
,
(3.32)
1
se = .
dove `e la delta di Kronecker.
Consideriamo ora alcune semplici propriet`a degli insiemi ortogonali e ortonormali.
ci`o che prova lindipendenza lineare per ogni insieme finito o infinito ortonormale.
Un grande vantaggio delle successioni ortonormali rispetto alle successioni arbitrarie
linearmente indipendenti `e il seguente. Se sappiamo che un dato x pu`o essere rappresentato come una combinazione lineare di alcuni elementi di una successione ortonormale,
allora la ortonormalit`a rende leffettiva determinazione dei coefficienti molto facile. Infatti
59
n
X
k ek ,
(3.33)
k=1
k=1
n
X
hek , xiek .
(3.34)
k=1
n
X
hek , xiek ,
(3.35)
k=1
e vale
(Diseguaglianza di Bessel).
(3.36)
k=1
I prodotti scalari hek , xi nella (3.36) sono chiamati i coefficienti di Fourier di x rispetto
alla successione ortonormale (ek ).
Dimostrazione. Per un generico ye Yn
ye =
n
X
k ek
k=1
= ||x||2
= ||x||2
k=1
n
X
k=1
k=1
k hek , xi
n
X
k=1
|hek , xi|2 +
n
X
k=1
k hx, ek i +
n
X
k=1
|hek , xi k |2 .
|k |2
60
(3.37)
k=1
Questa somma ha termini non negativi e perci`o forma una successione monotona non decrescente. Questa successione converge perche `e limitata da ||x||2 . Quindi la (3.37) implica
la diseguaglianza di Bessel (3.36).
Si noti che la (3.35) si pu`o ottenere pi`
u direttamente osservando che grazie al Teorema
3.12 ed al Lemma 3.13 si pu`o scrivere per ogni x X
x=
n
X
k ek + z
(3.38)
k=1
Pn
ove y =
k=1 k ek ha distanza minima da x e z Yn . I coefficienti k si ottengono
calcolando il prodotto scalare della (3.38) con ej (j = 1, 2, . . . n).
Si noti che se X `e finito dimensionale allora ogni insieme ortonormale in X, essendo
linearmente indipendente per il Lemma 3.19, deve essere finito. Quindi in questo caso in
(3.36) abbiamo una somma finita.
Osserviamo infine che, grazie al Lemma 3.13, z = x yy. Ci`o si pu`o anche mostrare
direttamente. Notiamo dapprima che per lortonormalit`a
* n
+
n
n
X
X
X
hek , xiek ,
hem , xiem =
|hek , xi|2 .
(3.39)
||y||2 =
m=1
k=1
k=1
n
X
hek , xihek , xi
k=1
n
X
|hek , xi|2
k=1
=0
ossia z y.
Abbiamo visto che le successioni ortonormali sono molto convenienti da utilizzare. Rimane il problema pratico di come ottenere una successione ortonormale se `e data unarbitraria
successione linearmente indipendente. Ci`o si ottiene mediante un procedimento costruttivo,
il processo di Gram-Schmidt per ortonormalizzare una successione linearmente indipendente (xj ) in uno spazio con prodotto scalare. La successione ortonormale risultante (en )
ha la propriet`a che per ogni n
span{e1 , , en } = span{x1 , , xn }.
Il processo `e il seguente.
Primo passo. Il primo elemento di (en ) `e
e1 =
1
x1 .
||x1 ||
61
n1
X
hek , xn iek
(3.40)
k=1
1
vn .
||vn ||
(3.41)
Si noti che la somma che viene sottratta nel membro a destra della (3.40) `e la proiezione
di xn sullo span{e1 , , en1 }. In altre parole ad ogni passo sottraiamo a xn la sua componente nella direzione dei vettori precedentemente ortonormalizzati. Ci`o d`a vn che `e poi
moltiplicato per 1/||vn || in modo da ottenere un vettore di norma uno. vn per n qualunque
non pu`o essere un vettore nullo. Infatti se n fosse il pi`
u piccolo indice per cui vn = 0 allora
la (3.40) mostrerebbe che xn sarebbe una combinazione lineare degli e1 , , en1 e quindi
una combinazione lineare degli x1 , , xn1 contraddicendo lassunzione che {x1 , , xn }
`e linearmente indipendente.
X
k ek
(3.42)
k=1
dove gli 1 , 2 , sono scalari qualunque. In accordo con la definizione data nella Sez. 2.3
una tale serie converge ed ha la somma s se esiste un s H tale che la successione (sn )
delle somme parziali
sn = 1 e1 + + n en
converge a s, ossia ||s sn || 0 per n .
X
k=1
|k |2
(3.43)
62
(b) Se la (3.42) converge e si indica con x la sua somma, allora i coefficienti k sono i
coefficienti di Fourier hx, ek i di x e si pu`
o scrivere
x=
hek , xiek .
(3.44)
k=1
(c) Per qualsiasi x H la serie (3.42) con k = hek , xi converge (non necessariamente a
x).
(d) Dato un qualsiasi x H condizione necessaria e sufficiente perche sia
x=
hek , xiek
k=1
`e che sia
kxk2 =
|hek , xi| .
(3.45)
k=1
n = |1 |2 + + |n |2 .
per ogni n k.
|hek , xi|2 .
k=1
63
X
X
X
x
hek , xiek , x
hej , xiej .
hek , xiek = x
j=1
k=1
k=1
Utilizzando la continuit`a del prodotto scalare e lortonormalit`a della successione {en } otteniamo
X
X
2
x
= kx||2
he
,
xie
|hek , xi|
k
k
k=1
k=1
P
e quindi x = k=1 hek , xiek come volevasi dimostrare.
Se una famiglia ortonormale (e ), I, in uno spazio con prodotto scalare X non
`e numerabile (perche linsieme di indici I non `e numerabile) possiamo ancora formare i
coefficienti di Fourier he , xi di un x X. In questo caso possiamo provare il rimarchevole
Teorema seguente.
he , xie
(3.46)
converge. Inoltre la sua somma non dipende dallordine secondo cui gli e con coefficiente
di Fourier diverso da zero sono inseriti nella successione.
Dimostrazione. Per ciascun fissato m = 1, 2, il numero dei coefficienti di Fourier tali che
|he , xi| > 1/m deve essere finito, perch
e, qualora ci`o non fosse, vi sarebbe una successione
P
ortonormale di e per la quale la serie I |he , xi|2 sarebbe divergente in contraddizione
colla disuguaglianza di Bessel (3.36) del Teorema 3.20. Pertanto i coefficienti di Fourier
he , xi, che siano diversi da zero, risultano costituire un insieme che `e lunione di una collezione numerabile di insiemi ciascuno con un numero finito di elementi e sono quindi al pi`
u
numerabili.
La convergenza della serie (3.46) segue dal Teorema 3.21.
Sia ora (wn ) un riordinamento di (en ). Per definizione questo significa che v`e unapplicazione biiettiva n m(n) di N in se stesso tale che i termini corrispondenti delle due
successioni sono uguali, cio`e wm(n) = en . Poniamo
n = hen , xi,
e
x1 =
X
n=1
n en ,
m = hwm , xi
x2 =
X
m=1
m wm .
64
m = hwm , xi = hwm , x2 i.
n en
n=1
m wm , x1 x2 i
m=1
n hen , x1 x2 i
n=1
m hwm , x1 x2 i = 0.
m=1
65
hek , xiek ,
(3.48)
dove nel caso M sia non numerabile la somma si intende estesa su tutti i coefficienti di
Fourier non nulli di x rispetto a M .
Dimostrazione. (a) Sia soddisfatta la (3.47) per ogni x e supponiamo per assurdo che M
non sia una base. Per il Teorema 3.24 v`e un x M in X non nullo. Poiche x M in
(3.47) abbiamo hek , xi = 0 per tutti i k, cos` che il membro a sinistra in (3.47) `e nullo mentre
||x||2 6= 0. Ci`o mostra che la (3.47) non vale. Dalla contraddizione segue che M deve essere
una base in H.
(b) Viceversa si assuma che M sia una base in H. Si consideri un qualunque x H ed i
suoi coefficienti di Fourier non nulli ordinati in una successione he1 , xi, he2 , xi, , o scritti
in un definito ordine se sono in numero finito. Definiamo ora y mediante
X
y=
hek , xiek
(3.49)
k
notando che nel caso di una serie infinita la convergenza segue dal Teorema 3.21. Mostriamo
che x y M. Per ogni ej che appare in (3.49) abbiamo, usando lortonormalit`a,
hej , x y, i = hej , xi
Inoltre per ogni v M non contenuto in (3.49) abbiamo hv, xi = 0, cos` che
hv, x yi = hv, xi
X
k
hx, ek ihv, ek i = 0 0 = 0.
66
1 e1 + + (n)
n en
(n)
(n)
(n)
(n)
(n)
n = 1, 2,
(n)
n
X
x
k ek
< 2.
k=1
67
(n)
(n)
k k <
2n
ed abbiamo allora
X
X
n
n
(n)
[k (n) ]ek
k k < .
k
2
k=1
k=1
Quindi v A definito da
v=
n
X
(n)
k ek
k=1
soddisfa
||x v|| = ||x
(n)
k ek ||
X
X
X (n)
||x
k ek || + ||
k ek
k ek ||
< + = .
2 2
Ci`o prova che A `e denso in H e quindi, poiche A `e numerabile, H `e separabile.
Per concludere questa sezione vogliamo sottolineare che la nostra presente discussione
ha alcune conseguenze di importanza basilare che possono esser formulate in termini di
isomorfismo di spazi di Hilbert.
Il fatto pi`
u straordinario in questa discussione `e che due spazi astratti di Hilbert sul
medesimo campo sono distinguibili solo per le loro dimensioni di Hilbert, una situazione che
generalizza quella degli spazi euclidei. Questo `e il significato del seguente teorema.
68
dove il membro a destra `e una somma finita o una serie infinita (cf. 3.22) e
per la diseguaglianza di Bessel. Introduciamo la serie
X
x
e=
he , xie
e .
Da ci`o e da (3.7), (3.8) nella Sez. 3.2 vediamo che T conserva il prodotto scalare. Inoltre
lisometria implica liniettivit`a. Infatti se T x = T y allora
||x y|| = ||T (x y)|| = ||T x T y|| = 0,
cos` che x = y e T `e iniettivo per il 2.26.
Mostriamo infine che T `e surgettivo. Dato un qualunque
X
x
e=
ee
`e una somma finita o una serie che converge ad un x H per il 3.21 ed = he , xi per il
e era arbitrario ci`o
medesimo teorema. Abbiamo perci`o x
e = T x per la (3.51). Poiche x
eH
mostra che T `e surgettivo.
(c) Rimane da mostrare che uno spazio di Hilbert H non pu`o avere due basi M ed M 0
con cardinalit`a diversa. Supponiamo per assurdo che ad esempio la cardinalit`a di M sia
f $ M 0 . Sia
inferiore a quella di M 0 . Allora esiste un corrispondenza biiettiva fra M ed M
f e consideriamo Ve = H
e che essendo un sottospazio chiuso `e uno spazio di
ora Ve = span M
e
e ed H sono isomorfi, che `e impossibile.
Hilbert H $ H. Dal punto (b) precedente segue che H
0
Segue quindi che M ed M hanno la medesima cardinalit`a.
(3.52)
69
(3.53)
f (z0 )
hz0 , xi.
hz0 , z0 i
f (z0 )
z0 .
hz0 , z0 i
70
Dividendo per ||z|| 6= 0 si ottiene ||z|| ||f ||. Rimane da mostrare che ||f || ||z||. Dalla
(3.52) e dalla diseguaglianza di Schwarz vediamo che
|f (x)| = |hz, xi| ||z|| ||x||.
Ci`o implica
||f || = sup |hz, xi| ||z||.
||x||=1
=
=
=
=
h(x, y1 ) + h(x, y2 )
h(x1 , y) + h(x2 , y)
h(x, y)
h(x, y).
(3.54)
(3.55)
(3.56)
(3.57)
Quindi h `e lineare nel secondo argomento e coniugato lineare nel primo argomento. Se X e
Y sono reali (K = R) allora (3.57) diviene semplicemente
h(x, y) = h(x, y)
e h `e chiamata bilineare perche `e lineare in entrambi gli argomenti.
Se X e Y sono spazi normati e se esiste un numero reale c tale che per tutti gli x, y
|h(x, y)| c||x|| ||y||,
(3.58)
|h(x, y)|
= sup |h(x, y)|
xX{0} ||x|| ||y||
||x||=1
sup
yY {0}
(3.59)
||y||=1
`e chiamato la norma di h.
Ad esempio il prodotto scalare `e sesquilineare e limitato di norma 1.
Si noti che dalla (3.58) e dalla (3.59) abbiamo che
|h(x, y)| ||h|| ||x|| ||y||.
(3.60)
71
(3.61)
(3.63)
Qui z H1 `e unico ma dipende naturalmente dal nostro y H2 fisso. Ne segue che la (3.63)
con la variabile y definisce un operatore
S : H2 H1
dato da
z = Sy.
Sy6=0
72
Otteniamo ora la (3.62) notando che ||h|| ||S|| segue dallapplicazione della diseguaglianza di Schwarz
|hx, Syi|
||x|| ||Sy||
||h|| = sup
sup
= ||S||.
x6=0 ||x|| ||y||
x6=0 ||x|| ||y||
y6=0
y6=0
S `e unico. Infatti se assumiamo che esista un operatore lineare T : H2 H1 tale che per
tutti gli x H1 e gli y H2 si abbia
h(x, y) = hx, Syi = hx, T yi,
vediamo che per il Lemma 3.6 Sy = T y per tutti gli y H2 . Quindi S = T per definizione.
(3.64)
(3.65)
Naturalmente dobbiamo mostrare che questa definizione ha senso, dobbiamo cio`e provare
che per un dato T un tale T esiste.
Dimostrazione. La formula
h(x, y) = hT x, yi
(3.67)
73
|hT x, yi|
|hT x, T xi|
sup
= ||T ||.
||x|| ||y||
x6=0 ||x|| ||T x||
T x6=0
Dal confronto
||h|| = ||T ||.
(3.68)
Il Teorema 3.30 fornisce una rappresentazione di Riesz per h. Scrivendo T per S abbiamo
h(x, y) = hx, T yi
(3.69)
74
(S + T ) = S + T
(T ) = T
(T ) = T
(3.70)
(3.71)
(3.72)
d)
e)
(3.73)
(3.74)
e assumendo S : H1 H2 e T : H2 H3
f)
(T S) = S T .
(3.75)
75
T = T
T = T
T = T 1
T T = T T.
(3.76)
dove x e y sono scritti come vettori colonna e > significa trasposto; allora x> = ( 1 , , n )
ed usiamo lordinaria moltiplicazione fra matrici.
Sia T : Cn Cn un operatore lineare (che `e limitato per il Teorema 2.31). Essendo data
una base per Cn possiamo rappresentare T ed il suo aggiunto di Hilbert T con due matrici
quadrate a n righe, siano A e B rispettivamente.
76
Usando la (3.76) e la regola familiare (Ax)> = x> A> per il trasposto di un prodotto
otteniamo
>
>
hT x, yi = (Ax) y = x> A y
e
hx, T yi = x> By.
Per la (3.64), Sez. 3.11, i membri a sinistra sono uguali per tutti gli x, y Cn . Quindi
dobbiamo avere
>
B=A .
Il risultato `e il seguente.
Se `e data una base per Cn ed un operatore lineare su Cn `e rappresentato da una certa
matrice, allora il suo operatore aggiunto di Hilbert `e rappresentato dal trasposto complesso
coniugato di questa matrice.
Pertanto una matrice quadrata A = (jk ) `e detta
>
hermitiana se A = A
(quindi kj = jk )
>
anti-hermitiana se A = A
(quindi kj = jk )
>
1
unitaria se A = A
>
>
normale se AA = A A.
Invece una matrice quadrata reale A = (jk ) `e detta
(reale) simmetrica se A> = A
(quindi kj = jk )
(reale) anti-simmetrica se A> = A
(quindi kj = jk )
ortogonale se A> = A1 .
Quindi una matrice reale hermitiana `e una matrice (reale) simmetrica. Una matrice reale
antihermitiana `e una matrice (reale) antisimmetrica. Una matrice reale unitaria `e una
matrice ortogonale.
Ritorniamo agli operatori lineari su un arbitrario spazio di Hilbert e enunciamo un
importante e piuttosto semplice criterio per la propriet`a di autoaggiunto.
77
cio`e
||Tn T || 0,
dove || || `e la norma sullo spazio B(H, H); cf. Sez. 2.8. Allora loperatore lineare limitato
T limite della successione `e autoaggiunto su H.
Dimostrazione. Dobbiamo mostrare che T = T ossia che ||T T || = 0 od anche, equivalentemente, per la continuit`a della norma che limn ||Tn T || = 0. Per provarlo basta
osservare che, essendo gli operatori Tn autoaggiunti, per il 3.34 ed il 3.32 abbiamo
||Tn T || = ||Tn T || = ||(Tn T ) || = ||Tn T ||.
Quindi poiche limn ||Tn T || = 0 `e ||T T || = 0 e T = T.
Questi teoremi ci danno unidea delle propriet`a basilari degli operatori lineari autoaggiunti. Essi saranno anche utili nel nostro lavoro successivo, in particolare nella teoria spettrale
di questi operatori, dove discuteremo ulteriori propriet`a.
Ritorniamo ora agli operatori unitari e consideriamo alcune delle loro propriet`a basilari.
78
h(T T I)x, xi = 0
Problemi
1. Mostrare che `2 ammette il prodotto scalare
< x, y >=
j j
j=1
Capitolo 4
a a per ogni a M.
(Riflessivit`
a)
79
80
(PO2)
Se a b e b a allora a = b.
(Antisimmetria)
(PO3)
Se a b e b c allora a c.
(Transitivit`
a)
81
82
(4.2)
(4.3)
(4.4)
(4.5)
perche
p(x) = ||f ||Z ||x|| = ||||f ||Z ||x|| = ||p(x).
Consideriamo ora separatamente i due casi, quello in cui X `e uno spazio vettoriale reale e
quello complesso.
Spazio vettoriale reale. Se X `e reale allora (4.2), essendo p(x) 0, implica
f (x) p(x)
(4.6)
83
significa
h `e unestensione di g,
cio`e per definizione D(h) D(g) ed h(x) = g(x) per ogni x D(g).
Per qualsiasi catena C E di elementi g consideriamo
[
DC =
D(g)
gC
che `e uno spazio vettoriale perche C `e una catena. Per ogni x DC esiste una g C tale
che x D(g) e possiamo quindi definire su DC lapplicazione gb con
gb(x) = g(x)
se x D(g)
con g C.
T
La definizione di gb non `e ambigua. Infatti per un x D(g1 ) D(g2 ) con g1 , g2 C abbiamo,
poiche C `e una catena, g1 g2 o g2 g1 e quindi g1 (x) = g2 (x). Per ogni x DC `e
gb(x) p(x). Inoltre, sempre grazie al fatto che C `e una catena, gb `e un funzionale lineare.
Chiaramente g gb per tutti i g C. Quindi gb `e un limite superiore di C. Poiche C E
era arbitrario il lemma di Zorn implica che E ha un elemento massimale fe. Per definizione
di E questo `e una estensione lineare di f che soddisfa
fe(x) p(x)
per x D(fe).
(4.7)
(b) Mostriamo ora che D(fe) `e tutto X. Supponiamo che ci`o sia falso. Allora possiamo
scegliere un y1 X D(fe) e considerare il sottospazio Y1 di X generato da D(fe) ed y1 . Si
noti che y1 6= 0 perche 0 D(fe). Qualsiasi x Y1 pu`o essere scritto
x = y + y1
y D(fe).
(4.8)
(4.9)
dove c `e una qualsiasi costante reale. Non `e difficile vedere che g1 `e lineare. Inoltre per
= 0 abbiamo g1 (y) = fe(y). Quindi g1 `e una estensione lineare di fe ed `e propria, perche
D(fe) `e un sottoinsieme proprio di D(g1 ). Conseguentemente se possiamo provare che, per
un opportuno c, lestensione g1 `e tale che
g1 (x) p(x)
(4.10)
allora g1 E e ci`o contraddir`a la massimalit`a di fe, cos` che D(fe) 6= X `e falso e D(fe) = X
`e vero.
Consideriamo ora un qualunque w e z in D(fe). Dalla linearit`a della fe e da (4.7), (4.4) e
(4.5) otteniamo
fe(w) fe(z) = fe(w z) p(w z)
= p(w + y1 y1 z)
p(w + y1 ) + p(y1 + z).
84
(4.11)
dove y1 `e fisso. Poiche w non appare a sinistra e z non appare a destra lineguaglianza
continua a valere se prendiamo lestremo superiore sugli z D(fe) a sinistra (chiamiamolo
m0 ) e lestremo inferiore sui w D(fe) a destra, chiamiamolo m1 . Allora m0 m1 e per un
c tale che m0 c m1 abbiamo dalla (4.11)
p(y1 + z) fe(z) c
c p(w + y1 ) fe(w)
y
y
p y1 +
fe
+ c p y1 +
ossia
y
e
+ c p y1 +
f
(4.12)
(4.13)
(4.14)
(4.15)
e moltiplicando entrambi i membri per ||, utilizzando la linearit`a di fe, (4.5) e ricordando
la (4.9) si ottiene (4.10).
Spazio vettoriale complesso. Sia X complesso. Allora anche Z `e uno spazio vettoriale
complesso. Quindi f `e a valori complessi e possiamo scrivere
f (x) = f1 (x) + if2 (x)
xZ
dove f1 e f2 sono a valori reali. Per il momento consideriamo X e Z come spazi vettoriali reali
e li indichiamo con Xr e Zr rispettivamente; ci`o significa semplicemente che restringiamo
la moltiplicazione per scalari ai numeri reali (invece che ai numeri complessi). Poiche f
`e lineare su Z e f1 e f2 sono a valori reali, f1 e f2 sono funzionali lineari su Zr . Inoltre
f1 (x) |f (x)| perche la parte reale di un numero complesso non pu`o essere maggiore del
suo modulo. Quindi per la (4.6)
f1 (x) p(x)
Per quanto dimostrato nel caso degli spazi normati reali v`e unestensione fe1 di f1 da Zr a
Xr tale che
fe1 (x) p(x)
per tutti gli x X.
(4.16)
Ci`o per quanto riguarda f1 . Occupiamoci ora di f2 . Ritornando a Z ed usando f = f1 + if2 ,
abbiamo per ogni x Z
i[f1 (x) + if2 (x)] = if (x) = f (ix) = f1 (ix) + if2 (ix).
Le parti reali dei due membri devono essere uguali
f2 (x) = f1 (ix)
x Z.
(4.17)
x X,
(4.18)
vediamo dalla (4.17) che fe(x) = f (x) su Z. Ci`o mostra che fe `e unestensione di f da Z a
X. Ci rimane da dimostrare che
85
e cos`
Poiche |fe(x)| `e reale, lultima espressione `e reale e quindi uguale alla sua parte reale. Quindi
per la (4.16) e la (4.5)
|fe(x)| = fe(ei x) = fe1 (ei x) p(ei x) = |ei |p(x) = p(x).
Ci`o completa la dimostrazione.
Quindi possiamo concludere che esiste un funzionale lineare fe su X che `e unestensione
di f e che soddisfa
|fe(x)| p(x) = ||f ||Z ||x||
x X.
Prendendo lestremo superiore su tutti gli x X di norma 1 otteniamo la diseguaglianza
||fe||X = sup |fe(x)| ||f ||Z .
xX
||x||=1
Poiche sotto unestensione la norma non pu`o decrescere abbiamo anche ||fe||X ||f ||Z .
Confrontando otteniamo la (4.1) ed il teorema `e dimostrato.
In casi speciali la situazione pu`o diventare molto semplice. Gli spazi di Hilbert sono di
questo tipo. Infatti se Z `e un sottospazio chiuso di uno spazio di Hilbert X = H, allora f
ha una rappresentazione di Riesz 3.28, ossia
f (x) = hz, xi
zZ
dove ||z|| = ||f ||. Naturalmente poiche il prodotto scalare `e definito su tutto H ci`o fornisce
immediatamente una estensione lineare fe di f da Z a H, ed fe ha la stessa norma di f perche
||fe|| = ||z|| = ||f || per il Teorema 3.28. Quindi in questo caso lestensione `e immediata.
Possiamo, tuttavia, nel caso generale fare a meno del lemma di Zorn? Questa domanda
`e di interesse in particolare perche il lemma non d`a un metodo di costruzione. Se nella (4.9)
prendiamo f invece di fe otteniamo perSun conveniente c reale una estensione lineare g1 di
f al sottospazio Z1 generato da D(f ) {y1 } e tale che g1 (x) p(x) per tutti gli x Z1 ,
come si pu`o vedere dalla parte finale della dimostrazione con fe sostituito con f. Se X = Z1
abbiamo concluso. Se X 6= Z1 possiamo prendere un y2 X Z1 e ripetere il processo
86
per estendere f a Z2 generato da Z1 e y2, etc. Ci`o fornisce una successione di sottospazi
ciascuno contenente il precedente e tali che f pu`o essere esteso da ciascuno al successivo e
lestensione gj soddisfa gj (x) p(x) per tutti gli x Zj . Se
X=
n
[
Zj
j=1
Zj
j=1
(4.19)
f X
f 6=0
|f (x)|
.
||f ||
|f (x)|
|fe(x)|
||x||
=
= ||x||
e
||f ||
1
||f ||
(4.20)
87
f
g
T
-
|f (x)|
||x||.
||f ||
(4.21)
otteniamo un funzionale f su X, che `e lineare dal momento che g e T sono lineari. In inglese
si chiama il funzionale pull back di g, `e cio`e il funzionale che si ottiene risospingendo g
allindietro su X, utilizzando lapplicazione T (vedi figura 4.1). Il funzionale f `e limitato
perche
|f (x)| = |g(T x)| ||g|| ||T x|| ||g|| ||T || ||x||.
Prendendo lestremo superiore su tutti gli x X di norma uno otteniamo la diseguaglianza
||f || ||g|| ||T ||.
(4.22)
88
Ci`o mostra che f X 0 , dove X 0 `e lo spazio duale di X definito in 2.42. Per ipotesi g Y 0 .
Conseguentemente per g Y 0 variabile la formula (4.21) definisce un operatore da Y 0 in
X 0 , che `e chiamato loperatore duale di T ed `e indicato con T 0 . Abbiamo cos`
T
X Y
T0
Y 0 X 0
(4.23)
(g Y 0 )
(4.24)
(4.25)
(4.26)
89
||T 0 g||
||T 0 ge||
||fe|| ||x||
=
||g||
||e
g ||
||x||
|fe(x)|
|e
g (T x)|
||T x||
=
=
,
||x||
||x||
||x||
n
X
k ek
(4.27)
k=1
n
X
ji ej
(4.28)
j=1
n
X
k ek
(4.29)
k=1
od in componenti
j =
n
X
jk k .
(4.30)
k=1
Sia ora F = {f1 , , fn } la base duale di E (cf. Sez. 2.10) ossia tale che
fj (ei ) = ij .
(4.31)
Questa `e una base anche per X 0 (che `e anche esso uno spazio ndimensionale). Sia ora
f = T 0 g ed abbiano g ed f X 0 la rappresentazione
g = 1 f1 + + n fn
(4.32)
f = 1 f1 + + n fn
(4.33)
g(ej ) = j
f (ei ) = i
(4.34)
(4.35)
ove
90
n
X
ji g(ej ).
j=1
n
X
ji j .
j=1
(4.36)
(4.37)
Siano X, Y, Z spazi normati e T B(X, Y ) e S B(Y, Z). Allora per loperatore duale
del prodotto ST abbiamo
(ST )0 = T 0 S 0 .
(4.38)
Se T B(X, Y ) e T 1 esiste e T 1 B(Y, X) allora anche (T 0 )1 esiste, (T 0 )1
B(X 0 , Y 0 ) e
(T 0 )1 = (T 1 )0 .
(4.39)
(f X 0 variabile).
(4.40)
(4.41)
x 7 gx .
C `e chiamata lapplicazione canonica di X in X 00 .Questa applicazione, cos` come per gli
spazi duali e biduali algebrici, `e lineare e biiettiva di X su R(C) X 00 . In questo caso
possiamo aggiungere che gx `e limitata e che lapplicazione C `e un isometria, poiche abbiamo
il seguente lemma basilare.
91
(4.42)
Dimostrazione. La linearit`a di gx `e nota dalla Sez. 2.9 e la (4.42) segue dalla (4.40) e dal
Corollario 4.10
|gx (f )|
|f (x)|
||gx || = sup
= sup
= ||x||.
(4.43)
0
0 ||f ||
||f
||
f X
f X
f 6=0
f 6=0
92
[
k=1
Ak
(4.44)
93
Mk
(4.45)
k=1
con ciascun Mk chiuso non contenente un sottoinsieme aperto non vuoto. Costruiremo una
successione di Cauchy (pk ) il cui limite p (che esiste per la completezza) non `e in alcun Mk ,
contraddicendo perci`o la rappresentazione (4.45).
Per ipotesi M1 non contiene un insieme aperto non vuoto. Ma X s` (ad esempio X
stesso). Questo implica che M1 6= X. Quindi il complemento M1C = X M1 di M1 `e non
vuoto ed aperto. Possiamo cos` scegliere un punto p1 in M1C ed una palla chiusa di cui `e
centro tale che
1
B1 = B(p1 ; r1 ) M1C
r1 .
2
Per ipotesi anche M2 non contiene un insieme aperto non vuoto. Quindi non contiene la
T
palla aperta B 1 . Ci`o implica che M2C B 1 `e non vuoto ed aperto, cos` che possiamo scegliere
una palla chiusa B2 in questo insieme tale che
B2 = B(p2 ; r2 ) M2C
B1
r2
1
.
22
rk
1
2k
Mk = e
Bk+1 Bk
k = 1, 2, .
94
n = 1, 2,
(4.46)
dove cx `e un numero reale. Allora la successione di norme ||Tn || `e limitata, ossia v`e un c
tale che
||Tn || c
n = 1, 2, .
(4.47)
Ak `e chiuso. Infatti per ogni x Ak v`e una successione (xj ) in Ak che converge a x. Questo
significa che per ogni n fisso abbiamo ||Tn xj || k ed otteniamo ||Tn x|| k perche Tn `e
continuo e cos` la norma in Y (cf. Sez. 2.2). Quindi x Ak e Ak `e chiuso.
Per la (4.46) ciascun x X appartiene a qualche Ak . Quindi
X=
Ak .
k=1
Poiche X `e completo il teorema di Baire implica che qualche Ak contiene una palla aperta,
sia
B0 = B(x0 ; r) Ak0 .
(4.48)
Sia x X arbitrario e non nullo. Poniamo
z = x0 + x
r
.
2||x||
(4.49)
Allora ||z x0 || < r, cos` che z B0 . Per la (4.48) e dalla definizione di Ak0 abbiamo quindi
che ||Tn z|| k0 per tutti gli n. Inoltre ||Tn x0 || k0 perche x0 B0 . Dalla (4.49) otteniamo
x=
1
(z x0 ).
1
1
4
||Tn (z x0 )|| (||Tn z|| + ||Tn x0 ||) ||x||k0 .
4
k0 ,
r
95
maggiore variet`a di possibilit`a che risultano di interesse pratico. Nella presente sezione ci
occupiamo principalmente della convergenza debole. Questo `e un concetto basilare. Lo
presentiamo ora perche la teoria della convergenza debole fa un uso essenziale del teorema di
uniforme limitatezza discusso nella sezione precedente. Infatti `e questa una delle maggiori
applicazioni di questo teorema.
La convergenza di successioni di elementi in uno spazio normato `e stata definita nella
Sez. 2.3 e dora innanzi sar`a chiamata convergenza forte per distinguerla dalla convergenza
debole.
Definiamo quindi dapprima la convergenza forte.
4.21 Definizione (Convergenza Forte)
Una successione (xn ) in uno spazio normato X `e detta convergente fortemente (o convergente
in norma) se v`e un x X tale che
lim ||xn x|| = 0.
Si scrive
lim xn = x
o semplicemente
xn x.
x `e chiamato il limite forte di (xn ) e diciamo che (xn ) converge fortemente a x.
La convergenza debole `e definita in termini di funzionali lineari limitati su X come segue.
4.22 Definizione (Convergenza Debole)
Una successione (xn ) in uno spazio normato X `e detta debolmente convergente se v`e un x
tale che per ogni f X 0
lim f (xn ) = f (x).
n
Si scrive
xn x
o xn * x. Lelemento x `e chiamato il limite debole di (xn ) e diciamo che (xn ) converge
debolmente a x.
Si noti che la convergenza debole significa la convergenza per la successione di numeri
an = f (xn ) per ogni f X 0 .
Il concetto illustra un principio basilare dellanalisi funzionale e precisamente il fatto che
la studio degli spazi `e spesso collegato a quello dei loro spazi duali.
Per applicare la convergenza debole abbiamo bisogno di conoscere alcune propriet`a basilari, che enunciamo nel prossimo lemma. Il lettore noter`a che nella prova utilizziamo il
Corollario 4.10 ed il Lemma 4.13, che sono una diretta conseguenza del teorema di Hahn
Banach, ed il teorema di uniforme limitatezza. Ci`o mostra limportanza di questi teoremi
in connessione con la convergenza debole.
Sia (xn ) una successione convergente debolmente in uno spazio normato X, ossia xn x.
Allora
(a) Il limite debole x di (xn ) `e unico.
(b) Ogni sottosuccessione di (xn ) converge debolmente a x.
96
Dimostrazione. (a) Supponiamo che xn x e che del pari xn y. Allora f (xn ) f (x)
e del pari f (xn ) f (y). Poiche (f (xn )) `e una successione di numeri il suo limite `e unico.
Quindi f (x) = f (y), cio`e per ogni f X 0 abbiamo
f (x) f (y) = f (x y) = 0.
Ci`o implica x y = 0 per il Corollario 4.10 e mostra che il limite debole `e unico.
(b) segue dal fatto che (f (xn )) `e una successione convergente di numeri, cos` che ogni
sottosuccessione di (f (xn )) converge ed ha il medesimo limite.
(c) Poiche (f (xn )) `e una successione convergente di numeri essa `e limitata, cio`e |f (xn )|
cf per tutti gli n, dove cf `e una costante che dipende da f ma non da n. Usando lapplicazione
canonica C : X X 00 (Sez. 4.6) possiamo definire gn X 00 con
gn (f ) = f (xn )
f X 0.
(Scriviamo gn invece di gxn per evitare indici di indici.) Allora per tutti gli n
|gn (f )| = |f (xn )| cf ,
cio`e la successione (|gn (f )|) `e limitata per ogni f X 0 . Poiche X 0 `e completo per il 2.43
`e applicabile il teorema della uniforme limitatezza 4.20 e ci`o implica che (||gn ||) `e limitata.
Ora ||gn || = ||xn || per il 4.13 e quindi (c) `e provato.
Il lettore pu`o forse meravigliarsi del fatto che la convergenza debole non giochi un ruolo
negli spazi Rn e Cn . La semplice ragione `e che negli spazi normati finito dimensionali la
distinzione fra convergenza debole e forte scompare completamente. Proviamo questo fatto
e giustifichiamo anche i termini forte e debole.
X
n=1
97
Quindi la serie a sinistra converge, cos` che i suoi termini devono tendere a zero per n .
Ci`o implica
f (en ) = hz, en i 0.
w
Poiche f H 0 era arbitrario vediamo che en 0. Tuttavia (en ) non converge fortemente
perche
||em en ||2 = hem en , em en i = 2
(m 6= n).
w
(c) Supponiamo che xn x e che dim X = k. Sia {e1 , , ek } una base per X e sia
(n)
(n)
x n = 1 e1 + + k ek
e
x = 1 e1 + + k ek .
Per ipotesi f (xn ) f (x) per ogni f X 0 . Prendiamo in particolare f1 , , fk definiti da
fj (ej ) = 1,
fj (em ) = 0
(m 6= j).
fj (xn ) = j ,
(n)
fj (x) = j .
X (n)
||xn x|| =
(
)e
j j
j
j=1
k
X
(n)
|j
j | ||ej || 0
j=1
allora xn x.
Dimostrazione. Consideriamo un qualunque f X 0 e mostriamo che f (xn ) f (x), che
significa la convergenza debole per definizione.
Per (a) abbiamo che per un c sufficientemente largo ||xn || c per tutti gli n e ||x|| c.
Applicando la diseguaglianza triangolare otteniamo per una qualunque (fj ) in span M
|f (xn ) f (x)| |f (xn ) fj (xn )| + |fj (xn ) fj (x)| + |fj (x) f (x)|
< ||f fj || ||xn || + |fj (xn ) fj (x)| + ||fj f || ||x||.
98
Poiche per lipotesi (b) span M = X 0 , per ogni f X 0 v`e una successione (fj ) in span M
tale che fj f. Quindi per ogni dato > 0 possiamo trovare un j tale che
||fj f || <
.
3c
Inoltre poiche fj span M per lipotesi (b) v`e un N tale che per tutti gli n > N
|fj (xn ) fj (x)| <
.
3
c + + c = .
3c
3 3c
Poiche f X 0 era arbitrario ci`o mostra che la successione (xn ) converge debolmente a x.
In conclusione consideriamo la convergenza debole in due spazi particolarmente importanti.
Esempi
4.26 Teorema (Spazio di Hilbert)
w
In uno spazio di Hilbert xn x se e solo se hz, xn i hz, xi per tutti gli z nello spazio.
` evidente per il 3.28.
Dimostrazione. E
(n)
j per n , dove xn = ( j ) e x = ( j ).
99
(4.50)
(4.51)
|f (Tn x) f (T x)| 0
(4.52)
100
.
3c
Poiche y span M la successione (Tn y) `e di Cauchy per (b). Quindi v`e un N tale che
||Tn y Tm y|| <
(m, n > N ).
+ + c = .
3c 3
3c
Poiche Y `e completo (Tn x) converge in Y. Poiche x X era arbitrario ci`o prova la convergenza forte di (Tn ).
I funzionali lineari sono particolari operatori lineari (con immagine nei campi scalari R
o C), cos` che (4.50), (4.51) e (4.52) si applicano immediatamente. Tuttavia (4.51) e (4.52)
ora diventano equivalenti per la seguente ragione. Abbiamo Tn x Y, ma ora abbiamo
fn (x) R (o C). Quindi la convergenza in (4.51) e (4.52) ora ha luogo in uno spazio
finito dimensionale (unidimensionale) R (o C) e lequivalenza di (4.51) e (4.52) segue dal
Teorema 4.24(c). I due concetti rimanenti sono chiamati convergenza forte e debole (si
legga convergenza debole star).
4.31 Definizione (Convergenza Forte e Debole di una Successione di Funzionali)
Sia (fn ) una successione di funzionali lineari limitati su uno spazio normato X. Allora
(a) La convergenza forte di (fn ) significa che v`e un f X 0 tale che ||fn f || 0. Si scrive
fn f.
101
(b) La convergenza debole di (fn ) significa che v`e un f X 0 tale che fn (x) f (x) 0
per tutti gli x X. Si scrive2
w
fn f.
f in (a) e (b) `e chiamato, rispettivamente, il limite forte e debole di (fn ).
Vale il seguente teorema che `e semplicemente una riformulazione del teorema 4.30 nel
caso dei funzionali lineari.
102
(4.53)
(4.54)
kB1 .
k=1
Y = T (X) = T
[
k=1
!
kB1
kT (B1 ) =
k=1
kT (B1 ).
(4.55)
k=1
Si noti che prendendo la chiusura non aggiungiamo alcun altro punto allunione perche
lunione era gi`a lintero spazio Y. Poiche Y `e completo si applica il Teorema 4.19 di Baire.
Quindi notando che (4.55) `e simile a (4.44) del Teorema 4.19 concludiamo che almeno un
kT (B1 ) deve contenere una palla aperta. Ci`o implica che anche T (B1 ) contiene una palla
aperta, sia V = B(y0 ; ) T (B1 ). Ne segue che
V0 = B(0; ) = V y0 T (B1 ) y0 .
(4.56)
(b) Proviamo che V0 T (B0 ) dove B0 `e la palla unitaria aperta. Poiche per la (4.56)
sappiamo che V0 T (B1 ) y0 `e sufficiente mostrare che
T (B1 ) y0 T (B0 ).
(4.57)
103
vn y0 .
1 1
+ = 1,
2 2
cos` che wn zn B0 . Da
T (wn zn ) = T wn T zn = un vn y
vediamo che y T (B0 ). Poiche y T (B1 ) y0 era arbitrario ci`o prova la (4.57). Dalla
(4.56) abbiamo cos`
V0 = B(0; ) T (B0 ).
(4.58)
(c) Infine proviamo che
V1 = B(0; /2) T (B0 ).
(4.59)
Conviene introdurre le due seguenti successioni di palle aperte centrate nellorigine, rispettivamente in X ed in Y , nelle quali ciascuna palla contiene la palla successiva con raggio
che tende a zero. Precisamente poniamo
Bn = B(0; 1/2n ) X
Vn = B(0; /2n ) Y.
Poiche T `e lineare T (Bn ) = 2n T (B0 ) e quindi moltiplicando la (4.58) per 1/2n otteniamo
Vn = B(0; /2n ) T (Bn ).
(4.60)
.
22
Da ci`o e dalla (4.60) per n = 2 vediamo che y T x1 V2 T (B2 ). Come prima concludiamo
che v`e un x2 B2 tale che
||(y T x1 ) T x2 || < 3 .
2
104
n
X
y
T
x
(n = 1, 2, ).
(4.61)
k < n+1
2
k=1
n
X
||xk || <
k=m+1
n
X
k=m+1
k=1
k=1
X 1
X 1
1
=
2k
2k
2k
P
e quindi, poiche la serie k=1 21k converge, la successione zn `e di Cauchy e nello spazio
completo X converge a un x. Essendo
||x||
X
k=1
||xk || <
X
1
= 1.
2k
(4.62)
k=1
x B0 come affermato.
Sia zn = x1 + + xn . Per quanto sopra detto zn x ove x B0 . Poiche T `e continuo
T zn T x e la (4.61) mostra che T x = y. Quindi y T (B0 ). Si noti infine, anche se ci`o `e
inessenziale per la dimostrazione, che la successione (zn ) B0 .
Problemi
1. Siano Tn : `2 `2 definiti da
Tn 1 , 2 , . . . , n , n+1 , . . . = (0, 0, . . . , 0
, ,
, . . . ).
| {z }n zeri n n+1
Mostrare che i Tn sono lineari e limitati con norma ||Tn || = 1.. Mostrare che la
successione Tn converge a 0 fortemente, ma non uniformemente.
2. Siano Tn : `2 `2 definiti da
Tn ( 1 , 2 , . . . ) = (0, 0, . . . , 0
, , , . . . ).
| {z }n zeri 1 2
105
j j .
j=1
Allora
f (Tn x) =
n+k k
k=1
106
Capitolo 5
(5.1)
come segue.
5.1 Definizione (Spettro, Insieme Risolvente di una Matrice)
Un autovalore di una matrice quadrata A = (jk ) `e un numero tale che la (5.1) ha una
soluzione x 6= 0. Questo x `e chiamato un autovettore di A corrispondente allautovalore . Gli
107
108
(5.2)
11 12 1n
21 22 2n
(5.3)
det(A I) =
= 0.
..
..
..
..
.
.
.
.
n1
n2 nn
det(A I) `e chiamato il determinante caratteristico di A. Sviluppandolo otteniamo un
polinomio in di grado n, il polinomio caratteristico di A.
Il nostro risultato `e il teorema basilare seguente.
109
(5.6)
0 = A0 0 .
(5.7)
(5.8)
110
(5.9)
5.3 Propriet`
a Spettrali degli Operatori Lineari Limitati
Le propriet`a dello spettro dipendono dal tipo di spazio su cui loperatore `e definito e dal
tipo di operatore che si considera. Questa situazione suggerisce di studiare separatamente
larghe classi di operatori con propriet`a spettrali comuni ed in questa sezione ci occupiamo
degli operatori lineari limitati T su uno spazio di Banach complesso X. Cos` T B(X, X),
dove X `e completo; cf. Sez. 2.11.
Nel caso degli operatori lineari limitati su uno spazio di Banach conviene distinguere i
seguenti casi possibili:
R (T ) esiste,
def
R(T ) = X
(T )
def
R (T ) non esiste
p (T )
def
R (T ) esiste,
R(T )
X,
R (T ) limitato
c (T )
R (T ) esiste,
R(T )
X,
R (T ) non limitato
r (T )
def
111
m1
X
j (T m I)xj
j=1
m1
X
j (j m )xj .
j=1
quindi j = 0
(j = 1, , m 1)
112
Tj = I + T + T2 +
(5.12)
j=0
(5.13)
(5.14)
Ci`o mostra che S `e linverso destro e sinistro di (I T ). Il fatto che S sia definito su tutto
X e sia linverso sinistro garantisce che la soluzione dellequazione operatoriale (I T )x = y
per un y X qualunque sia data da x = Sy e quindi il range di I T `e X. Il fatto che S sia
linverso destro garantisce che lequazione operatoriale Sx = y per un y X qualunque sia
data da x = (I T )y e quindi il range di S `e X. S `e dunque linverso di (I T ) applicazione
di X su X.
Come prima applicazione di questo teorema proviamo limportante fatto che il risolvente
R si pu`o rappresentare mediante una serie di potenze in .
1
||R0 ||
(5.15)
( 0 )j Rj+1
,
0
j=0
(5.16)
113
dove
V = I ( 0 )R0 ,
(5.17)
[( 0 )R0 ]j =
j=0
X
( 0 )j Rj 0
(5.18)
j=0
1
.
||R0 ||
(5.19)
Poiche T1
= R0 B(X, X) vediamo da ci`o e dalla (5.17) che per ogni che soddisfa la
0
(5.19) loperatore T ha un inverso in B(X, X) definito su tutto X
R = T1 = (T0 V )1 = V 1 R0 .
(5.20)
poiche il disco di raggio r centrato in 0 contiene solo punti di regolarit`a ne segue che
r=
1
(0 )
||R0 ||
e quindi
||R0 (T )||
come
(0 ) 0.
(5.22)
Il teorema 5.7 sopra dimostrato ci permetter`a di applicare lanalisi complessa alla teoria
spettrale, come vedremo nella Sez. 5.5.
Inoltre da questo teorema segue immediatamente che lo spettro di un operatore lineare
limitato `e un insieme chiuso nel piano complesso (mostreremo che 6= in 5.15.).
(5.23)
114
1
j
1
1
1X 1
R = (T I)1 =
I T
=
T
j=0
(5.24)
dove per il Teorema 5.6 la serie converge per tutti i tali che
1 ||T ||
T =
<1
cio`e
|| > ||T ||.
||
Il medesimo teorema mostra anche che un qualunque tale `e in (T ). Quindi lo spettro
(T ) = C (T ) deve giacere nel disco (5.23), cos` che (T ) `e limitato. Inoltre (T ) `e
chiuso per il Teorema 5.8. Quindi (T ) `e compatto.
Poiche dal teorema appena dimostrato sappiamo che per un operatore lineare limitato T
su uno spazio di Banach lo spettro `e limitato sembra naturale chiedersi qual `e il disco minimo
attorno allorigine che contiene lintero spettro. Questa domanda suggerisce il seguente
concetto.
5.10 Definizione (Raggio Spettrale)
Il raggio spettrale r (T ) di un operatore T B(X, X) su uno spazio di Banach complesso
X `e il raggio
r (T ) = sup ||
(T )
del pi`
u piccolo disco chiuso centrato nellorigine del piano complesso di che contiene (T ).
Dalla (5.23) `e ovvio che per il raggio spettrale di un operatore lineare limitato su uno
spazio di Banach complesso abbiamo
r (T ) ||T ||
(5.25)
1/n
(5.26)
[, (T )].
(5.27)
[, (T )].
(5.28)
115
(5.29)
cio`e p((T )) `e linsieme di tutti i numeri complessi tali che = p() per qualche (T ).
Useremo anche p((T )) con un significato simile.
(n 6= 0).
Allora
(p(T )) = p((T ));
(5.30)
116
(5.31)
(5.32)
(5.33)
1
(T n I)1 (T 2 I)1 (T 1 I)1 .
n
Quindi in questo caso (p(T )) in contraddizione con lipotesi assurda fatta. Da ci`o
concludiamo che
(p(T )) p((T )).
(b) Dimostriamo ora la (5.32)
p((T )) (p(T )).
(5.34)
Supponiamo per assurdo che esista un p((T )), ossia un per cui
= p()
per qualche
e tale che
/ (p(T )), ossia tale che (p(T )).
(T ),
117
(5.35)
(5.36)
Supponiamo per assurdo che (p(T )) e che quindi S abbia un inverso. Allora la (5.35)
e la (5.36) ci danno
I = (T I)g(T )S1 = S1 g(T )(T I)
che mostra che (T I) ha inverso destro e sinistro. Ma allora, per le medesime considerazioni fatte nella dimostrazione del teorema 5.6, ne segue che per limmagine di (T I)
dobbiamo avere
R(T I) = X
(5.37)
e (T I)1 esiste ed `e definito su tutto X, che contraddirebbe (T ). Ci`o prova la
(5.34). Il teorema `e dimostrato.
Sj ( 0 )j
j=0
118
X
1
Tj
(5.41)
R =
j+1
j=0
per || > r (T ).
119
Dimostrazione. Sappiamo dal Teorema 5.9 che la serie (5.41) converge per || > ||T || e
quindi possiamo scrivere per ogni x X ed f X 0 e per || > ||T ||, grazie alla continuit`a
della f ,
X
1
f (R x) =
f (T j x)
(5.42)
j+1
j=0
ottenendo cos` uno sviluppo in serie di Laurent per la funzione h() = f (R x). Poiche la
funzione h() per le propriet`a di olomorfia di R `e olomorfa per || > r (T ) ne segue che la
sua serie di Laurent (5.42) converge per || > r (T ) e quindi sempre per la continuit`a della
f otteniamo
X
1
f (R x) = f
T j x ,
per || > r (T ),
(5.43)
j+1
j=0
da cui per il Corollario 4.10
R x =
X
j=0
j+1
T j x,
per || > r (T ).
(5.44)
k1
(5.45)
(5.46)
Dato un > 0 qualunque per definizione di inf esiste un m tale che ||T m ||1/m r + .
Per un n arbitrario scriviamo n = pm + q dove 0 q m 1. Allora, poiche ||AB||
||A|| ||B||, otteniamo
||T n ||1/n ||T m ||p/n ||T ||q/n (r + )mp/n ||T ||q/n .
Ad m fisso per n `e q/n 0 e quindi mp/n 1. Perci`o abbiamo che la limitazione
superiore di ||T n ||1/n tende a r + per n e quindi esiste un N tale che per n > N sia
||T n ||1/n (r + ) + .
Da questa diseguaglianza e dalla (5.46) segue che limn ||T n ||1/n esiste ed `e uguale ad r.
Mostriamo ora che
r (T ) lim ||T n ||1/n .
(5.47)
n
120
Dalla (5.25) nella Sez. 5.3 applicata a T n invece che a T vediamo che
r (T n ) ||T n ||.
Dal confronto
r (T ) = (r (T n ))
1/n
1/n
(||T n ||)
(5.48)
R `e olomorfa in per || > r (T ). Per il Teorema 5.16 sappiamo che la serie operatoriale
1X
R =
k=0
k
T
(5.49)
Problemi
1. Sia X = C[0, 1] e sia T : X X definito da
T x (t) = v(t)x (t)
con v (t) X. Mostrare che T `e lineare e limitato e studiarne lo spettro.
` ||T || = ||v||. T = v(t) ammette inverso limitato R = (v(t) )
Suggerimento: E
per tutti i , che non appartengono allintervallo chiuso R (v) e quindi (T ) = p (T ) =
R (v).
2. Sia {j }jN un insieme numerabile di reali denso nellintervallo [0, 1]. Si consideri
1
1
x = (1 ) 1 , (2 ) 2 , . . . ).
121
Se
/ [0, 1] linverso R esiste ed `e definito su tutto `2 . Infatti, se () = mins[0,1] | s|
`e la distanza di dallintervallo, abbiamo
X j 2
1 X 2
j .
2
2
|j |
()
Se [0, 1] allora R sicuramente non esiste per = j . Quindi poiche (T ) `e chiuso
segue che (T ) = [0, 1]. Se 6= j allora R certamente esiste per tutti gli x `2
della forma ( 1 , 2 , . . . , n , 0, 0. . . . ) che costituiscono un insieme denso in `2 . Quindi
p (T ) = {j }jN e c (T ) = (T ) p (T ).
3. Si consideri loperatore T : `p `p definito da y = T x dove se x = j risulta
x = , , 2 , . . .
con C. Per || < 1 essi appartengono a `p e quindi (T ) = { | || 1}. Per
|| = 1 invece x 6= `p e quindi linverso R esiste. Poiche R (T ) = X loperatore R per
|| = 1 non pu`o essere limitato e quindi p (T ) `e il disco aperto centrato nellorigine e
di raggio 1 e c (T ) `e la circonferenza centrata nellorigine e di raggio 1.