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Opere

Copyright 2007, Meltemi editore, Roma


ISBN

978-88-8353-578-9

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Gianni Vattimo

Opere complete
Volume introduttivo
a cura di
Mario Cedrini, Alberto Martinengo, Santiago Zabala

MELTEMI

Indice

p.

Presentazione
Gianni Vattimo

13

Introduzione generale
Mario Cedrini, Alberto Martinengo, Santiago Zabala

47

Piano dellopera

49
53
55
57
59
61
65
67
71
75
77

Volume I. Ermeneutica
Volume II. Nietzsche
Volume III. Heidegger
Volume IV. Postmoderno
Volume V. Religione
Volume VI. Ontologia
Volume VII. Scritti e dialoghi autobiografici
Volume VIII. Scritti e note filosofiche
Volume IX. Scritti e interviste sulla politica
Volume X. Scritti e interviste sui diritti
Volume XI. Scritti e interviste sulla cultura e la religione

Presentazione
Gianni Vattimo

superfluo notare che, nel momento in cui si pubblica questo


Volume introduttivo, le Opere complete sono tali soltanto fino a
un certo punto, altrimenti non toccherebbe a me introdurle. Comincio con una battuta ironicamente superstiziosa per vincere un
certo imbarazzo: presentare ledizione completa di tutti i miei
scritti unesperienza del tutto nuova per me, e davvero non so
come affrontarla. Credo per che un modo per venire a capo del
mio non-finto problema sia tentare di richiamare lattenzione sulla continuit che a posteriori si rivela nellitinerario qui attestato.
Per forza di cose, e per comodit di chi avr la bont di leggere,
esso non ordinato in modo puramente cronologico, ma distingue zone e settori tematici allinterno dei quali si ritrova anche la
cronologia. Che, peraltro, si incrocia in modo non casuale con le
tematiche affrontate. Voglio dire che, guardando al lavoro che ho
fatto come professionista della filosofia dallepoca della pubblicazione della mia tesi di laurea fino alle cose pi recenti, i temi intorno a cui si concentrano i vari scritti delineano un percorso che
insieme storico e sistematico, e ci mi sembra significativo, addirittura tale da giustificare questa edizione. La quale non avrebbe senso come pura messa a disposizione di tutto quello che un
individuo di nome Gianni Vattimo ha prodotto nel corso di un
cinquantennio di vita filosofica. Non si pubblicano le Opere complete di uno studioso perch un grande filosofo; si decide di farlo grande nel momento in cui si costruisce, con qualche verosimiglianza, lindice dei suoi scritti. sempre anzitutto come nel
caso della verit stessa un affare di presentabilit: ha senso ci
a cui, in presenza di un pubblico tendenzialmente universale, riu-

GIANNI VATTIMO

sciamo a dare un senso. Perci, anche se sembra un eccesso di


presunzione, non posso non pensare che la decisione di pubblicare le mie Opere complete sia anzitutto un evento: non coinvolge
infatti soltanto me stesso, i miei editori-curatori, leditore in
senso proprio; un evento in quanto pretende non solo di rispecchiare un interesse pubblico esistente, ma di domandare un riconoscimento che ci si attende ragionevolmente di incontrare.
Quanto la facciamo lunga, si dir. Ogni editore quando stampa e mette in circolazione un libro affronta questo problema: il
pubblico risponder o no? Se rischia denaro e reputazione per
pubblicare un testo sperando di non concedersi solo la manifestazione di un gusto personale perch ritiene di cogliere lattualit
di una presenza, una qualche aspettativa che il testo in questione
gli pare capace di colmare.
Insomma, se partecipo e ovviamente con entusiasmo allimpresa di queste opere complete, perch anchio spero
non solo io considero che abbia un senso, sul quale non posso
non cercare di soffermarmi almeno in occasione del Volume introduttivo. Questo senso quello che mi pare emergere dallindice
che i miei amici-curatori hanno costruito. Vera o falsa che sia
con tutta la cautela che luso di questi termini non pu non comportare la filosofia contenuta in questi scritti ha una fisionomia riconoscibile; e tale riconoscibilit non nulla che dipenda
solo dalla sua consistenza interna. Ci che si stacca da uno sfondo
costruisce anche un certo ordinamento dello sfondo stesso, non
ne soltanto un altro pezzo, distinguibile per la propria eterogeneit rispetto a esso. Tanto quanto dire che la filosofia che qui si
presenta aspira anzitutto alla tanto vilipesa qualit di ideologia.
Osa presentarsi perch ritiene di non essere solo espressione di
un singolo (va bene, alla faccia di Sren Kierkegaard, quel singolo!) ma di dar voce a qualcosa di pi vasto, sebbene non possa
credere che questo qualcosa sia lessere stesso, secondo il detto di
Eraclito che qualche filosofo di oggi riprende impudicamente per
s. O meglio: ci che parla in una filosofia come questa bens
lessere stesso, ma pensato in termini niente affatto eterni, strutturali, parmenidei, che farebbero del filosofo la voce stessa di Dio.
Non c un essere che sta da qualche parte con le sue caratteristiche metafisiche, eterne, e che parla nelle mie parole: ouk emou
akousantes ecc. Le cose stesse di cui andava in cerca la prima

PRESENTAZIONE

fenomenologia husserliana sono per lappunto ci che , e cio, in


una prospettiva non pi dominata dallidea metafisica delleterno,
il modo e i termini (anche e anzitutto linguistici) in cui lessere si
d, accade a noi, in noi, con noi. La verit della filosofia, come
quella che qui si propone, la sua capacit di dialogare con altri
pensieri che costituiscono la nostra attualit. Ma non si potrebbe
essere pi vaghi e generici di cos, osserver qualcuno. S, per
non pi di qualunque empirista che si richiama allesperienza.
Con il vantaggio, rispetto a lui, che qui non questione di purificare lesperienza, il dato ultimo e incontrovertibile, per costruirci sopra la teoria. Lesperienza, mi si permetta qui di ricorrere a
unespressione della tradizione cristiana, tale per sentito dire, fides (o experientia) ex auditu. Non sar proprio questo significato
dellesperienza il precategoriale su cui si affannata la fenomenologia e che Heidegger ha cercato di cogliere nellinnanzitutto
e per lo pi di molte pagine di Essere e tempo?
Filosofia come pura chiacchiera da bar, allora? Ossia: se non
credi a Parmenide, se non echeggi la voce dellessere (parmenideo) stesso, non farai altro che ripetere il si dice quotidiano, e
soprattutto, dei quotidiani, cio la pretesa opinione pubblica che
pi manipolata non si pu? la domanda a cui, come a conclusione dellitinerario percorso da questi scritti, cerca di rispondere
lontologia dellattualit; che provocatoriamente, in un dibattito
allEscorial di molte estati fa, proposi anche di chiamare periodismo ontologico, giornalismo ontologico, memore dellespressione con cui Gyrgy Lukcs aveva battezzato il pensiero di Georg
Simmel impressionismo sociologico, unetichetta che mi pare
possa accomunare anche tanti filosofi dellattualit, da Theodor
W. Adorno a Martin Heidegger e prima allo stesso Friedrich
Nietzsche.
ovvio che quando si parla di attualit si apre il discorso a
sempre nuove dimensioni e sviluppi. Le opere, dunque, non possono essere complete perch aspettano ancora sempre nuove
pagine e nuove riflessioni. Questo vale certo per qualunque lavoro filosofico, anche per un sistema che vorrebbe essere chiuso,
come (si pensa fosse) quello di Hegel. Non avrebbe senso, a parte la sproporzione, soprattutto per la mia ontologia dellattualit,
pensare che lessenziale stato detto e che si tratta solo di documentare, per amore di informazione storiografica, il divenire di

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GIANNI VATTIMO

questo pensiero. Si vuole documentare un itinerario filosofico


perch sembra che esso abbia un possibile sviluppo e una specifica attualit. Dunque si tratter qui di mostrare che la filosofia
italiana, o la filosofia tout court, non sarebbe ci che senza la
presenza del pensiero debole e della appena abbozzata ontologia
dellattualit? Ma se questo, non per cavarmela troppo a buon
mercato, ci che fanno gli scritti che qui si presentano, non ha
senso comunque tentarne una sorta di riassunto propedeutico
per orientarne o stimolarne la lettura. Dunque, solo due punti
possono sostanziare brevemente questa Presentazione. In primo
luogo, le aperture che restano a partire dalle opere qui presentate. Non un caso che, sia sistematicamente sia cronologicamente, litinerario che esse disegnano si concluda, sbocchi, termini,
per ora, in due tematiche molto caratteristiche, quella religiosa e
quella politica. In termini autobiografici, se posso permettermi
questo ulteriore autoriferimento, a me ora interessano quasi solo
la (filosofia) politica e la riflessione religiosa. Non mi sembra di
dover argomentare la centralit di queste due tematiche per la
quotidianit del mondo tardo industriale, neoimperialista, talvolta decisamente apocalittico in cui ci troviamo oggi a vivere.
Naturalmente il significato della filosofia che queste opere attestano non solo quello (del resto niente affatto di poco valore)
di parlare delle cose che ci riguardano. Ha anche lambizione di
parlarne in qualche modo risolutivo. La visione nichilista che il
pensiero debole trae dalla meditazione su Nietzsche, Heidegger,
lermeneutica, propone anche una, paradossale quanto si vuole,
filosofia della storia e del suo senso, che si pu riassumere nellidea dellindebolimento dellessere come sola possibilit di emancipazione. Nichilista questa proposta perch non ricava la nozione di indebolimento da una qualche scoperta metafisica della
essenza negativa dellessere, della verit del nulla, ecc. Ma la
rilegge nel corso della storia dellOccidente il cui nome stesso
denso di suggestione, terra del tramonto sulla traccia di Nietzsche e ripensandola alla luce della differenza ontologica heideggeriana. In questa lettura come del resto si pu documentare
attraverso la lettura degli scritti nietzscheani e heideggeriani, ma
non solo di questi ha una parte decisiva la presenza della tradizione giudaico-cristiana. Il pensiero debole non sarebbe possibile
senza la fondamentale dottrina della kenosis, dellIncarnazione di

PRESENTAZIONE

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Dio come suo abbassamento e vera e propria autodissoluzione


per amore. Con ci, come si vedr dagli scritti dedicati a questa
tematica, non solo la filosofia (la nostra filosofia occidentale) trova le sue basi nella tradizione religiosa dominante a cui si costantemente, anche se polemicamente, riferita. Ma lo stesso cristianesimo si presenta come ancora possibile solo nella forma del
debolismo. Con tutto ci che questo riconoscimento comporta
in termini di polemica contro le posizioni attuali delle Chiese e
soprattutto della Chiesa cattolica.
Levocazione del cristianesimo e della kenosis fa pensare che
qui si tratti soprattutto di salvezza delle anime, di vita eterna e dei
modi per assicurarsela. Ma lidea di emancipazione come indebolimento (della perentoriet) dellessere metafisico (eterno, necessario, dato come fondamento conoscitivo e come norma etica universale) essenzialmente un ideale storico, e dunque anche politico. La domanda sul che fare non pu avere risposte fondate su
qualche essenza eterna, pu solo dare luogo a una rilettura del
dove siamo per capire rischiosamente e con tutta lincertezza
dellinterpretazione il verso dove andare. Il nichilismo e lindebolimento sono, oltre che il (solo?) modo di essere cristiani oggi, anche il pi ragionevole programma politico che si possa proporre. Non lidea di costruire (finalmente) una societ giusta,
ossia conforme al modello vero che era gi il sogno di Platone;
ma, se si vuole, una societ aperta, che pu essere tale solo se,
anzitutto, liquida i tanti tab metafisici (i Valori, i Principi, le
Verit) che sono serviti ai privilegiati per mantenere e rafforzare i
loro privilegi, e si apre al dialogo tra persone e gruppi. La politica
che il debolismo e lermeneutica vogliono ispirare radicalmente realistica, fino agli estremi del machiavellismo. Non ci sono
essenze immutabili, ci sono solo interpretazioni, e cio, in politica, negoziazioni tra individui e gruppi che hanno senza dubbio
interessi contrastanti, e che possono trovare conciliazione solo in
nome di valori comuni reperibili nel loro patrimonio culturale, inteso soprattutto come repertorio di argomenti retoricamente persuasivi che si sostituiscono finalmente alle ragioni dei pi forti:
qui le analisi nietzscheane sul rapporto tra verit (imposta) e forza
rimangono decisive, almeno quanto quelle marxiane. Ma ci si
chieder: vogliamo sostituire alle ragioni della forza la forza (retorica) delle ragioni, perch questo ci sembra pi giusto? Anche li-

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deale di una societ aperta dunque un ideale metafisico, un Valore da cui non possiamo prescindere? Qui la risposta no: siamo (queste Opere complete sono) contro le ragioni della forza
perch ci troviamo a essere tra i deboli, i perdenti della storia di
Walter Benjamin. Neanche il pensiero debole, anzi meno che mai
esso, una filosofia universale. soltanto come il proletariato
marxiano: in quanto espropriato, ha pi titoli per presentarsi come portatore dellessenza umana pi generalmente valida. In
qualche senso dunque giusto dire che il pensiero debole il
pensiero dei deboli, degli sconfitti della storia, non per orientati
a cercare il proprio riscatto solo nella vita eterna. Il non detto
che la metafisica (e in definitiva il potere) ha oscurato da sempre,
e a cui Heidegger cerca di prestare orecchio, la parola inudibile
dei vinti della storia che la filosofia ha il compito, il solo compito,
di renderci capaci di ascoltare. In quella parola soltanto, se mai
qualcosa del genere possibile, pu parlarci di nuovo lessere.

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