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ISSN: 1133-9527
RIASSUNTO
Nella sua lettura del canto finale, Paradiso XXXIII, Georges Gntert ricorda come
da un punto di vista semiotico la visione mistica corrisponda alla fase glorificante
della prova, che conduce al definitivo riconoscimento delleroe. Si tratta quindi della
sanzione ultima tramite cui Dante fa legittimare la propria missione poetica. Anche in
questesperienza del trascendente comunque necessario distinguere tra il personaggiovisionario (al passato e al presente), il narratore e il livello del testo. Un aspetto
importante del livello discorsivo (o del testo) la configurazione numerica. La prima
macrosequenza di 45 versi, riservata alla preghiera mariana di San Bernardo, dominata
dal numero di Beatrice, il 9. Lintero canto ha 145 versi (45+100) ed informato,
nella seconda macrosequenza, dal numero divino 10 (33 terzine +1 verso). Il climax del
canto Un punto solo m maggior letargo..., che merita particolare attenzione,
fatto oggetto di uno studio approfondito che mostra la centralit del concetto
delladmiratio.
Parole chiave: visione mistica, prova glorificante, configurazione numerica.
ABSTRACT
In his reading of Paradiso XXXIII, Georges Gntert emphasises the semiotic
correspondence of the mystical vision and the glorifying test that leads to the final
acknowledgement of the hero. It is through this final sanction that Dante legitimises his
own poetic mission. However, even within this experience of the transcendent, a
clear distinction has to be made between the figure of the visionary hero (past and
present), that of the narrator and the text itself. An important aspect on the level of
discourse (i.e. that of the text) is represented by the numerical configuration of this
canto. Its first part consists of 45 verses entirely occupied by Saint Bernards prayer to
the Virgin and is dominated by Beatrices number 9 (nine tercets). The whole canto
counts 145 verses (45+100) and its second part is marked by the divine number 10 (33
tercets + 1 verse). The cantos climax (Un punto solo m maggior letargo...) is
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particularly meaningful: a close analysis of this verse shows that the concept of
admiratio is at the heart of it.
Key words: mystical vision, glorifying test, numerical configuration.
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dice, fa sentire
narratario
io-personaggio presente
sente (ancora)
io-personaggio visionario
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quegli, prima che alcun gli vedesse, mandare a messer Can della Scala [...] e poi
che da lui eran veduti, ne facea copia a chi la volea; e nelle Esposizioni
sostiene che Dante aveva raccolto i primi sette canti dellInferno, scritti ancora
a Firenze, in un quadernetto.11 Ma per quanto il poeta fosse materialmente
costretto a conservare i suoi canti in fascicoli, tutto induce a credere che avesse,
fin dallinizio, concepito la Commedia come lavoro unitario, convergente verso
un solo fine. A confermarlo anche la struttura numerica del poema, che in
questo canto ci riserva non poche sorprese.
5. I rapporti numerici sono un aspetto importante della dimensione
discorsiva di un testo. Non darei allargomento un tale rilievo, se linteresse per
la numerologia non fosse un elemento costitutivo del poema dantesco. E non
penso solo alle tre Cantiche, ai 33 canti del Paradiso e alluso della terza
rima, che confermano la centralit del pensiero trinitario, ma anche al numero
complessivo dei versi che costituiscono un canto o una sua macrosequenza e,
infine, alla somma delle cifre di quel numero.
Il canto XXXIII appare strutturato in una prima macrosequenza di 45 versi,
riservata alla preghiera mariana di San Bernardo (si cambia argomento al v. 46,
quando entra in scena Dante: ed io chal fine) e in una seconda
macrosequenza di 33 terzine pi un verso, vale a dire di 100 versi esatti,
dove si rievocano la visione di Dio e le conseguenze che tale esperienza ha su
Dante. Si badi ora al valore simbolico di queste proporzioni: mentre lelemento
femminile (Beatrice, da sempre associata al nove, e ora anche la Vergine)
corrisponde al numero 9, lidea della divinit richiede invece o il numero
perfetto, luno, presente anche in 100, oppure quello trinitario, compreso nelle 33
terzine (pi un verso). N deve stupire che la parte A, dedicata principalmente
alla Vergine Bernardo solo un suo fedele, sia imperniata sul numero 9
(sono 45 versi, cifra, questa, che d per somma un 9) e che la parte B, riservata
alla triplice visione del divino, contenga in s il numero perfetto: 100, ossia 1, il
molteplice e lunum insieme. Aggiungiamo a questo che anche lintero canto
XXXIII costituito da 145 versi (=1+4+5), da cui risulta come somma
complessiva un 10; e non potrebbe essere altrimenti, nellultimo canto. Il
linguaggio dei numeri di per s eloquente: dal soglio pi alto della femminilit,
sul quale siede Maria, passiamo nella sfera stessa del divino, le cui proporzioni
perfette hanno dato forma e consistenza al poema dantesco.
Ma linflusso del simbolismo numerico non si esaurisce qui. Si noti, ad
esempio, come proprio al v. 33 Bernardo trovi il modo di definire lessenza
della visione mistica parlando del sommo piacere e come al v. 99 la mente
dantesca sperimenti questo stesso piacere attraverso una fervida contemplazione
(e sempre di mirar faceasi accesa). Inoltre: tre sono le epifanie del divino, tre le
apostrofi riferite a Maria Vergine madre, Donna e Regina, ma una sola
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volta ricorre nel nostro canto la parola Dio. N manca in questo momento
supremo Beatrice: anche per il suo nome si registra una sola occorrenza (vedi
Beatrice con quanti beati, v. 38), sufficiente, per, a consentirle di assistere
allultimo trionfo del suo poeta. Nel canto precedente, essa appare in compagnia
di Rachele affinch il lettore intenda lallegoria implicita nel riferimento ai
gemelli diseguali Esa e Giacobbe: come a Giacobbe si rivel la scala che porta
in Paradiso, cos a Dante verr accordata la suprema grazia della visio Dei.
Volendo ora passare alla preghiera di San Bernardo, ci si aprono in teoria
diverse possibilit di lettura. Potremmo, per esempio, rifarci al magnifico
saggio di Auerbach, ora compreso nel volume feltrinelliano degli Studi su
Dante, nel quale viene analizzata lorazione del monaco di Clairvaux. Dopo
averla considerata, nella sua storia retorico-letteraria, come un testo risalente
alleulogia antica, con le sue tipiche strutture anaforiche, le sue serie di vocativi,
lodi e suppliche, Auerbach (1963) rileva come lelogio classico, nella preghiera,
tenda a valorizzare il mito e quello ebraico lidea di onnipotenza di Dio,
laddove quello paleo-cristiano ricorre al testo dei Vangeli e al dogma per
sviluppare una sorta di retorica simbolica, fondata sullinterpretazione
figurale. In questultima tradizione sinscrive la laudatio dantesca, che si
avvale pure del dogma e di altri elementi mariologici, mentre le immagini
suggeriscono interpretazioni figurali. O potremmo consultare i commenti di
Aldo Vallone, Mario Fubini e Hermann Gmelin che ripropongono il confronto
fra il testo dantesco e gli scritti mariani di San Bernardo: anche se gli elogi
rivolti a Maria dovevano essere noti a un cristiano del Trecento, Dante non
tralascia di raccogliere qualche fiore nelle omelie bernardiane in onore della
Vergine: cos, ad esempio, sul rapporto fra tempo ed eternit nellelezione di
Maria, Bernardo scrive: Nec noviter, nec fortuitu inventam, sed a saeculo
electam, ab Altissimo praecognitum et sibi praeparatam, ab angelis servatam, a
patribus praesignatam, a prophetis promissam.12 Daltra parte, se lorazione
non fosse che un esercizio retorico concepito ad imitazione dei modelli, o un
semplice omaggio a San Bernardo, allora avrebbe ragione Benedetto Croce che,
come lettore laico, salva di questo canto appena tre o quattro terzine ricche di
similitudini, giudicando la parte rimanente, e quindi la stessa orazione, come
esempio di oratoria sacra, di teologia messa in versi, nonostante il canto visto
nellinsieme gli sembri poi mirabilmente condotto (19664: 155). Il suo
giudizio non erra nellindividuare i momenti lirici dellopera darte; tuttavia,
egli non mostra di averne colto la dimensione riflessiva e metapoetica.
12
BERNARDO DI CHIARAVALLE, nel commento a Missus est angelus ad Virginem (Lc. I, 26-27)
in De laudibus Virginis Matris: Homilia II, in PL, 173, col. 63. Per un confronto testuale dettagliato
si veda il saggio di Vallone (ma cfr. anche dello stesso: La preghiera di San Bernardo, Humanitas,
X (1955), 8, pp. 775-88). Altri lavori che dedicano molta attenzione a questa preghiera sono quelli di
Pistelli, Fubini (in particolare pp. 109-17) e inoltre Esposito, che come possibili fonti dellorazione
ricorda In purificatione Beatae Mariae di Notkero di San Gallo, In assumptione Beatae Mariae di
Adamo di San Vittore e lanonima In nativitate Domini; e, infine, Fallani.
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chi godo (v. 93). Di questo sentire del postvisionario si avvale il narratore
che, ricorrendo alla forza espressiva di accostamenti inusitati e di immagini
vertiginose, riesce a comunicare al lettore uneco della straordinaria esperienza
e a suscitare in lui un alto grado di admiratio. Ho voluto rappresentare con uno
schema questa serie di analogie che va dal mirare del mistico allammirare di
Nettuno e che infine diventa admiratio, in senso retorico-poetico:
visionario
(Dante)
mira un punto
delleternit
Nettuno
maggior
letargo, oblio
ammira lombra
della nave
venticinque
secoli di storia
postvisionario
(Dante)
narratore
(Dante)
racconta lineffabile
tramite paragoni
imperfetti che
suscitano stupore
i posteri
ricordano
comunque
qualcosa del mito
degli Argonauti
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accenna allimpossibilit di distogliere lo sguardo dalloggetto amato (vv. 7678) e allaumentata ansia di vedere (vv. 97-99). Il dramma raggiunge il
parossismo con lilluminazione folgorante del v. 141, tramite cui si compie
e si annienta a un tempo lepifania dei supremi misteri. A questo punto
siamo giunti al termine dellesperienza: scompaiono ora, con la visione divina,
la figura del visionario e quella del narratore immaginoso. Negli ultimi due
versi anche la narrazione rientra nellordine, proponendo endecasillabi dalle
scansioni affatto regolari: la prospettiva si riapre per poi chiudersi
definitivamente sullimmensit del cosmo e sul movimento delle sfere che
mediante le loro perfette rotazioni ricollegano ogni essere allordine universale
sorretto dallamore divino.
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