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Introduzione alla filosofia di Aristotele

1: Vita e scritti
Bibliografia scelta: (1) E. Berti, Profilo di Aristotele, Milano 2012; (2) J. Barnes,
Aristotele, trad. di C. Nizzo, Torino 2002
2: La filosofia e le scienze
Testi principali: Metafisica A; Analitici Secondi
Testo scelto: Analitici Secondi I 2
3: La logica e la scienza
Testi principali: De interpretatione; Analitici Primi; Topici
Testo scelto: Analitici Primi I 2
4: Gli oggetti della scienza filosofica
Testi principali: Metafisica A, , E, M, N
Testo scelto: Metafisica

5: Le categorie
Testi principali: Categorie
Testo scelto: Categorie 7
6: Le sostanze
Testi principali: Metafisica , Z, H,
Testo scelto: Metafisica Z 3
7: La natura
Testi principali: Fisica I-II; Le parti degli animali I
Testo scelto: Fisica II 1
8: La causalit
Testi principali: Fisica II; Le parti degli animali I; Metafisica
Testo scelto: Fisica II 3
9: La teleologia
Testi principali: Fisica II; Le parti degli animali I; La generazione degli
animali I
Testo scelto: Fisica II 8
10: La psicologia

Testi principali: LAnima; Sulla sensazione


Testo scelto: Lanima, II 6, 418a7-25
11: La politica
Testi principali: La politica; La costituzione di Atene
Testo scelto: Politica I 2
12: La poetica
Testi principali: Retorica; Poetica
Testo scelto: Poetica 6

1: Vita e scritti di Aristotele (384/3-322/1)


Aristotele muore nellautunno del 322/1 a.C. Aveva sessantadue anni ed
era nel pieno delle sue forze: studioso infaticabile, celebre filosofo e
scienziato, maestro che aveva formato generazioni di allievi pi o meno
illustriera stato il precettore di Alessandro il Grandefigura pubblica
controversa.
Si sa molto poco della sua vita. Proveniva da famiglia ricca. A
diciassette anni, nel 367/6, entr nellaccademia di Platone, dove studi e
poi insegn fino al 348/7. Poi lasci improvvisamente la citt, non si sa
bene per quale motivo, forse perch nel 348 ad Atene prese il potere
Demostene con i suoi alleati antimacedoni, mentre pare che Aristotele
(sebbene la cosa sia controversa) ebbe per tutta la vita rapporti con la
Macedonia (suo padre era medico alla corte di Macedonia e amico del
padre di Filippo II; nel 343/2 Aristotele diviene precettore di Alessandro, e
comunque fu sempre visto come amico dei Macedoni). Come che sia,
Aristotele con alcuni compagni fece vela verso est, si stabil ad Atarneo, al
cui governo si trovava Ermia, amico della filosofia e dei macedoni. Ermia
diede ad Aristotele e ai suoi amici la citt di Asso, dove A. rest per
qualche anno. Poi si spost a Mitilene, nellisola di Lesbo, dove incontr
Teofrasto, che sarebbe divenuto il suo allievo pi fedele e il suo assistente.
Infine torn nella sua citt natale, Stagira (citt-stato della Grecia
settentrionale, situata nella parte alta della penisola Calcidica), dove rimase
fino a quando non fu convocato da Filippo per diventare appunto precettore
del figlio Alessandro. Nel 335/4 torn ad Atene e fond il suo Liceo, in cui
insegn fino al 322/1. Nella primavera del 322 dovette ripartirsene da
Atene, ancora una volta probabilmente per i sentimenti antimacedoni che
riacquistarono forza dopo la morte di Alessandro (nel giugno del 323).
3

Mor pochi mesi dopo, a Calcide, nellisola di Eubea.


Generalmente si ritiene che la vita di un filosofo sia scollegata dalla sua
produzione filosofica (il caso celebre quello di J.-J. Rousseau, che scrisse
unopera sulleducazione ideale dei fanciulli, e poi abbandon i suoi
numerosi figli in orfanotrofio). Nel caso di Aristotele, invece, tale
separazione stata messa radicalmente in dubbio da un grande studioso, W.
Jaeger, che nel 1923 scrisse una monografia su Aristotele1 in cui inaugur
il celebre metodo storico-genetico, cio, come afferma Berti (Profilo di
Aristotele, p.10), la tendenza a ricostruire la genesi e lo sviluppo delle
varie dottrine filosofiche in stretto collegamento con la vita, con lambiente
e in generale con la situazione storica. Attraverso limpiego di tale
metodo, Jaeger ottenne una serie di risultati, in parte accettati come dogmi
da tutti gli studiosi di Aristotele, in parte rifiutati per la troppa radicalit.
Uno dei risultati oramai accettati da tutti la divisione in tre grandi
periodi della vita di Aristotele, cui corrispondono, anche se non in modo
rigido, tre diverse fasi della sua produzione filosofico-scientifica:
(1) 367/6-348/7: il periodo accademico, in cui Aristotele studi e
insegn nellAccademia di Platone, periodo caratterizzato da una
sostanziale adesione (totale secondo Jaeger, critica secondo altri studiosi,
tra cui Berti) alle dottrine platoniche, ma anche da una prima elaborazione
di parti del suo sistema filosofico (dettagli in Berti, 1 capitolo);
(2) 348/7-335/4: gli anni di viaggio, in cui Aristotele svilupp soprattutto
le sue ricerche scientifiche;
(3) 335/4-322/1: gli anni del suo rientro ad Atene, in cui fond il suo
liceo, una scuola in evidente competizione con lAccademia di Platone, ma
anche con altre celebri scuole pi basate sulla retorica, come quella di
1

Aristoteles, Berlino 1923 (trad. it. di G. Calogero, Aristotele, Firenze 1935 (varie ristampe, di cui
lultima pubblicata a Milano nel 2004 con prefazione di E. Berti)).

Isocrate. In questo periodo Aristotele rimette le mani nella sua filosofia,


completandone le parti antiche e elaborandone di nuove.
Tutto quello che ho appena detto va preso con le debite precauzioni, dal
momento che per Aristotele, come spesso succede per molti filosofi antichi,
si pongono due problemi:
1) il problema della cronologia;
2) il problema dei suoi scritti.
1) La cronologia
Secondo tutti gli studiosi (tra cui Berti, Profilo di Aristotele, p. 12), le
fonti per la conoscenza della sua vita sono poche e di dubbia credibilit.
Sono considerati pi attendibili alcuni documenti, e cio il testamento di
Aristotele, e alcune iscrizioni, che per danno delle indicazioni assai
limitate.
Tra i biografi di Aristotele ricordiamo Diogene Laerzio (II-III d.C.), che
scrive le sue Vite e dottrine dei filosofi illustri pi di cinquecento anni dopo
Aristotele, pur attingendo a una biografia pi antica (del III secolo a.C.), e
un certo Tolomeo (IV d.C.) dalla cui biografia ne sono state tratte una serie
in greco, in latino, in siriaco e in arabo. Diogene Laerzio considerato non
molto attendibile perch mescola notizie di varia provenienza, spesso di
seconda

mano,

con

intelligenza

variabile.

Tolomeo

invece

era

filosoficamente viziato, poich, essendo di tendenza platonizzante, ha


mirato a mostrare la sostanziale concordanza tra Platone ed Aristotele.
Comunque, la cronologia di cui si tiene conto per stabilire i tre periodi della
vita di Aristotele quella riportata da Diogene Laerzio e risalenti alle
cronache di Apollodoro, storico ateniese del II secolo a.C2.

E interessante notare che il sistema di datazione dellepoca non era un sistema di cifre (giorno, mese,
anno) come il nostro, ma si basava sugli arconti che si succedevano regolarmente ad Atene (come in

2) Gli scritti
Diogene Laerzio fornisce un elenco di scritti aristotelici notevole,
qualcosa come 150 titoli che, riuniti e pubblicati con gli standard attuali,
equivarrebbero pi o meno a cinquanta grossi volumi3. E lelenco non
include tutti gli scritti di Aristotele: per esempio, non include la Metafisica
(che di fatto una riunione di vari trattati di Aristotele attribuita a un
editore del I d.C., Andronico di Rodi), n lEtica Nicomachea, che sono tra
le opere pi studiate di Aristotele. Si tratta di un elenco che mostra una
quantit di interessi smisurata: sulla giustizia, sulla ricchezza, sullanima,
sui pitagorici, sugli animali, su Omero, sui proverbi, sulla fisica, sul
linguaggio, ecc. ecc.
Dei suoi scritti ne sopravvissuto solo un quinto, anche se piuttosto
rappresentativo delle sue straordinarie capacit. Le sue opere vengono
tradizionalmente divise in opere esoteriche (o interne) ed essoteriche (o
destinate alla pubblicazione). Le essoteriche (dialoghi di stile platonico)
sono andate tutte perdute, tranne qualche frammento. Noi possediamo gran
parte delle opere esoteriche, cio di trattati dedicati allinsegnamento e
comunque al Liceo (e forse, nelle loro parti pi antiche, dedicati
allinsegnamento nellAccademia platonica). Proprio perch opere di
scuola, sono difficili da leggere perch scritte non per la pubblicazione
(cio, per la circolazione pubblica e ufficiale), quindi con uno stile poco
accurato, e anche perch sono state chiaramente rimaneggiate, o da
Aristotele o anche dai suoi allievi. Lo stile per c, e anche leleganza e la
potenza di ragionamento: ne vedremo parecchi esempi.
Platone e Aristotele
Fin dallantichit molto si dibattuto sul rapporto tra i due grandi
Apollodoro), e in seguito +sui giochi olimpici, che si succedevano ogni quattro anni.
3
J. Barnes, Aristotele, p.5.

filosofi, e a questo proposito sono state assunte posizioni molto varie, che
vanno dal sostenere unaperta ostilit tra i due a sostenere una sostanziale
conciliazione. NellEtica Nicomachea si trova una frase che pi tardi ha
dato luogo alla celebre frase medievale, attribuita appunto ad Aristotele che
dice Amicus Plato, sed magis amica veritas. Questa frase significa che
Platone e resta un amico, ma che lamicizia per lui non pu impedire ad
Aristotele di criticare le sue dottrine, qualora sia necessario per palesare la
verit. Ed indubbio che Aristotele, allievo ma anche collega di Platone,
pur dichiarandosi a volte platonico (per esempio nel libro Alpha della
Metafisica), ha criticato spesso, e a volte molto aspramente, il suo maestro.
Anzi, un luogo comune afferma che Aristotele abbia elaborato gran parte
delle sue teorie in opposizione a quelle di Platone. In realt, come molti
studiosi riconoscono4, in Aristotele c molto Platone, anche se ovviamente
Aristotele progressivamente si staccato da Platone per elaborare delle
dottrine personali. Platone ha influenzato Aristotele in almeno cinque
aspetti5.
i) Platone ha riflettuto molto sullunit delle scienze. Ha concepito la
conoscenza come un sistema almeno potenzialmente unificato, che
rifletteva un mondo organizzato in maniera coerente. Aristotele accoglie
questa visione di una teoria unificata della scienza, anche se se ne distacc
sulla maniera di concepirla.
ii) Platone era in certo qual modo un logico perch eredit e svilupp la
confutazione socratica, inserendola in una dialettica che era anche esercizio
di ragionamento, come dialoghi quale il Parmenide o il Sofista mostrano
chiaramente. Cos facendo ha preparato il terreno ad Aristotele che, pur
dichiarandosi a ragione linventore della logica, ha potuto esserlo proprio
4

Berti nel suo Profilo di Aristotele presenta unaccuratissima analisi dei rapporti tra Platone e Aristotele e
sul platonismo di questultimo. Vedi anche Barnes, Aristotele, cap. V, Il retroterra filosofico.

per il retroterra dialettico dellAccademia Platonica.


iii) Platone si occupato di problemi ontologici, cio ha indagato su
quali enti esistono realmente. A causa di un percorso suo, giunto alla
conclusione che le vere realt esistenti sono le idee, cio gli universali
astratti (non Socrate, ma luomo; non Bucefalo ma il cavallo). Aristotele
criticher aspramente la dottrina delle idee, ma molti dei suoi sforzi
saranno rivolti a costruire unontologia alternativa.
iv) Platone concepiva la conoscenza scientifica come una ricerca delle
cause e delle spiegazioni delle cose. Per lui le nozioni di scienza e
conoscenza sono intimamente associate ed esaminano i tipi di spiegazioni
possibili anche per i fenomeni. Aristotele fece interamente suo questo
punto di vista, come avremo modo di vedere.
v) Infine, la questione della conoscenza stessa. Platone si variamente
interrogato su come si pu conoscere, su questioni epistemologiche. E
anche in questo caso, Aristotele ha seguito le orme del suo maestro.

Vedi Barnes, op.cit., pp. 32-34.

2: La filosofia e le scienze
Testi principali: Metafisica A; Analitici Secondi
Testo scelto: Analitici Secondi I 2

Come ho detto in precedenza, uno degli aspetti che Aristotele riprende


dal suo maestro Platone la visione di una teoria unificata delle scienze. In
particolare, Aristotele ha pensato che il sapere si ottiene attraverso la
scienza, ma la scienza viene divisa da Aristotele in parti, precisamente in
tre. In Metafisica Epsilon 1025b25 egli infatti afferma che ogni pensiero
razionale (dianoia) o pratico, o produttivo o teoretico, e sulla base di
questa affermazione distingue le scienze in teoretiche, pratiche e
produttive. (1) Le scienze teoretiche, come per esempio la geometria,
hanno come scopo la conoscenza di per s; (2) le scienze pratiche, come
letica e la politica, riguardano il comportamento, hanno cio lo scopo di
produrre una praxis (qui Aristotele d un contributo fondamentale
scrivendo appunto i suoi trattati sulletica e la politica); (3) le scienze
poietiche (da poiein, fare), di cui fanno parte tutte le arti (technai), come
lagricoltura, larte di fare le scarpe, la cosmesi, ma anche la poesia e la
retorica (e anche su queste Aristotele scrive dei trattati fondamentali e
ancor oggi studiatissimi) hanno lo scopo di produrre qualcosa, tra cui anche
un discorso, o una poesia.
Per Aristotele, la conoscenza teoretica merita un posto a parte. Essa
superiore alle altre precisamente perch il fine la conoscenza per se
stessa, cio non strumentale a nessuna produzione (n comportamentale, n
tecnica). La sua superiorit si basa su unopinione che probabilmente
Aristotele riteneva universale e condivisa da tutti, e cio che tutti gli
uomini per natura tendono a conoscere (Metafisica Alpha, 980a1. Si tratta
dellinizio di quello che considerato il primo libro della Metafisica).
9

Questo perch, platonicamente, Aristotele riteneva che luomo dovesse


essere identificato con lintelletto (nous)la cui attivit fondamentale
pensare e conoscere, come alcuni passi dellEtica Nicomachea e non solo
mostrano.
La conoscenza teoretica viene a sua volta divisa da Aristotele in tre tipi6:
(1a) la matematica (o meglio, le matematiche, aritmetica e geometria); (1b)
la fisica (chiamata cos da Aristotele, ma da intendersi come scienza
naturale, che quindi include zoologia, psicologia, meteorologia, chimica e
fisica propriamente detta, quella che in generale si occupa delle entit in
movimento); (1c) la teologia, termine che devessere utilizzato con cautela,
perch non riguarda gli enti divini come i nostri, ma di fatto lastronomia.
Gli esseri divini di cui si occupa lastronomia aristotelica sono infatti gli
astri e i motori immobili; essi per Aristotele sono entit senza mutamento o
quasi (gli astri si muovono infatti di movimento circolare, il pi perfetto),
superiori agli enti della fisica e loro causa prima.
Come potete notare, quasi tutte le scienze di cui si occupato Aristotele
rientrano in questa classificazione: letica e la politica, la poesia e la
retorica, la fisica e lastronomia. Quanto alle matematiche, sebbene
Aristotele non abbia dedicato ad esse dei trattati, ne parla moltissimo, e
sicuramente ne era esperto, come qualunque allievo platonico doveva
essere.
A questo punto si pongono due questioni:
(a) in questo schema dove si pongono due discipline aristoteliche
fondamentali, e cio la logica e la filosofia?
(b) In che senso Aristotele parla di tutte queste discipline come di
scienze?
(a) La prima questione molto complicata e dipende anche da cosa si

10

intende per filosofia. Normalmente, si fa coincidere la filosofia aristotelica


con la metafisica, termine che per non aristotelico n dal punto di vista
editoriale (titolo del trattato Metafisica), n dal punto di vista del
contenuto (Aristotele non ha mai usato il temine questo termine per fare
riferimento alla sua filosofia). Inoltre, come sappiamo, la Metafisica non
un trattato unitario (e non compare come tale nelle lista delle opere di
Aristotele): essa non si occupa di una disciplina unica, ma comprende
trattati diversi (i vari libri della Metafisica) che hanno a che fare con
argomenti metafisici relativamente poco unificati: scienza delle cause
(libro Alpha), scienza dellente in quanto ente (libro Gamma, leggeremo il
testo pertinente), scienza della sostanza (libri Zeta, Eta, Theta), e
finalmente scienza delle sostanze divine o teologia. Sta di fatto che, con
qualche difficolt, Aristotele far rientrare tutti questi soggetti metafisici
nella teologia. In effetti, nel libro Epsilon della Metafisica (1026a30-31),
Aristotele afferma che la teologia (che abbiamo visto essere lastronomia,
una sorta di super-fisica), occupandosi delle sostanze divine, che sono
principi e cause prime di tutte le altre cose, di fatto si occupa anche di tutte
le altre cose, perch secondo Aristotele, occuparsi delle cause prime e dei
principi delle cose significa occuparsi anche delle cose di cui essi sono
cause prime e principi.
Torneremo pi avanti su questa gerarchia, per ora possiamo ricapitolarla:
1) sostanze divine
2) sostanze fisiche.
In alcuni passi Aristotele sembrerebbe aggiungere un livello intermedio
tra 1) e 2), e cio gli enti matematici. Stabilirebbe cos una gerarchia tra le
tre scienze teoretiche distinte in Epsilon 1026a18-19.
Quanto alla logica, che la sola disciplina di cui Aristotele rivendica
6

Metafisica Epsilon, 1026a18-19.

11

esplicitamente linvenzione (vedi Elenchi Sofistici, 184b1-8), come


sappiamo comprende sia la teoria sillogistica (Analitici Primi) sia la teoria
dellargomentazione scientifica propriamente detta (Analitici secondi). Ora,
i successori di Aristotele furono in dubbio circa il suo status: per alcuni
essa era una parte della filosofia (vedi gli stoici, che divisero la filosofia
in fisica, etica e dialettica (termine con cui designavano la logica)), mentre
per altri, tra cui i seguaci di Aristotele, essa fu piuttosto considerata come
uno strumento della filosofia, qualcosa cio che filosofi e scienziati
usavano senza considerarla oggetto dei loro studi. Tutti sanno che le opere
logiche di Aristotele (Categorie, De interpretatione, Analiti Primi, Analitici
secondi, Topici, Elenchi Sofistici) vanno tradizionalmente sotto il termine
Organon, che appunto significa strumento. Quanto ad Aristotele, egli non
dice niente sul posto della logica nel suo schema delle scienze. Ma alcuni
passi della sua Metafisica (ancora una volta, il riferimento al libro
Gamma), sembrano indicare che il teologo deve essere anche logico: deve
per esempio occuparsi di quelli che i matematici chiamano assiomi
perch essi ineriscono a tutti gli enti (Metafisica Gamma, 1005a20;
1005b10; 1005a22-23). Ma altri passi invece tengono le due figure, quella
del filosofo e quella del logico, distinte, nonostante il fatto che i logici (nel
passo in questione, chiamati dialettici) si occupino delle stesse cose di cui
si occupano i filosofi (Metaph. Gamma, 1004b17-25).
(b) Lo statuto delle scienze
Come vedremo nel passo scelto, Aristotele quando parla di scienza ha in
mente un sistema assiomatico-deduttivo di tipo geometrico (si pensi per
esempio alla geometria di Euclide, che parte da elementi per dimostrare).
Secondo questo modello, si parte da assiomi per dedurre delle
conseguenze. Una questione naturale da porsi quindi la seguente: le
scienze che Aristotele menziona e pratica (le teoriche, le pratiche e le
12

poietiche) devono avere, e nelle sue intenzioni hanno, questa struttura? E


chiaramente difficile sostenere questa tesi per le scienze poietiche come la
poetica e la retorica, malgrado il fatto che Aristotele mostri sempre un
grande interesse per le definizioni, che sono il punto di partenza e, per cos
dire, gli assiomi di qualunque scienza; e malgrado il fatto che vi sia un
sillogismo tipicamente retorico, chiamato entimema. Lo anche per le
scienze pratiche, nonostante il fatto che ci sia una grande discussione
ancora in corso per letica, tant vero che alcuni parlano di sillogismo
pratico.
Cosa dire delle scienze teoretiche, tra cui, come abbiamo visto, si colloca
con qualche difficolt anche la filosofia? Ovviamente le matematiche
possiedono questa struttura, e per questo sono state prese a modello sia da
Platone che da Aristotele, proprio perch allepoca rappresentavano le
scienze pi evolute. Le scienze della natura possono essere concepite come
scientifiche, anche se Aristotele a loro proposito parla di conclusioni che
valgono per lo pi, cio ammettono delle eccezioni (laddove le deduzioni
scientifiche sono universali e necessarie). Ma che dire della filosofia? Qui
da sempre si fronteggiano due schieramenti opposti: alcuni (tra cui
senzaltro Berti) ritengono che la filosofia, almeno quella che si trova nella
Metafisica, abbia un andamento dialettico (in senso quasi socratico), cio
cerchi di stabilire, sulla base di opinioni notevoli contrapposte, i principi
da cui partire per i propri argomenti, scartando quelle che si mostrano
insostenibili

perch contraddittorie;

altri, sulla base di

esplicite

affermazioni di Aristotele (ne vedremo alcune nella continuazione del


nostro corso), ritengono invece che Aristotele abbia quanto meno
lintenzione di organizzare il sapere filosofico, una volta scoperto, in
sequenze scientifiche. Lobiezione seria che nella Metafisica (come del
resto nemmeno nella Fisica) non si trovano argomenti di tipo assiomatico13

deduttivo. Una risposta plausibile ( quella data da J. Barnes nel volumetto


su Aristotele che ho indicato nella bibliografia della prima lezione) che
nei trattati di Metafisica, cos come in quelli appartenenti alla scienza della
natura, Aristotele ancora impegnato a trovare le conoscenze, e in
particolare i principi da cui partire per poi organizzare i saperi filosofici.
Del resto Aristotele sembra pensare che qualunque principio, anche il pi
scientifico, si costituisca a partire da opinioni notevoli (quelle opinioni
condivise da tutti o da uomini sapienti) messe alla prova (vedi Topici A,
101a35-101b5).
Testo: Analitici Secondi I 2, 71b9-72b4
71b9 Noi crediamo di comprendere (epistasthai) ogni cosa in modo assoluto, e non in
modo sofistico secondo accidente,
10
quando crediamo di sapere a proposito della causa per cui la cosa , che essa
causa della cosa, e che la cosa non pu essere altra da ci che . E quindi evidente che
la comprensione qualche cosa di questo tipo: e in effetti (nel caso di) coloro che non
comprendono e (di) coloro che comprendono, i primi credono essi stessi di trovarsi
nella situazione descritta, mentre coloro che comprendono
15
si trovano nella situazione descritta. Di conseguenza ci di cui vi
comprensione in modo assoluto non pu essere altro da ci che .
- Considereremo pi tardi se, daltra parte, c un altro modo di comprendere, ma qui
noi affermiamo che si pu anche conoscere (eidenai) per dimostrazione. Chiamo
dimostrazione un sillogismo comprensivo; chiamo comprensivo un sillogismo secondo
il quale, grazie al fatto di possederlo, comprendiamo qualche cosa. Se quindi la
comprensione come noi abbiamo stabilito, necessario
20
che la comprensione dimostrativa proceda a partire da premesse vere e prime e
immediate e pi conosciute e anteriori e cause delle conclusioni; cos infatti saranno
anche i principi propri a ci che dimostrato. In effetti, ci sar un sillogismo senza
queste condizioni, ma non sar dimostrativo, perch non sar produttivo di
comprensione.
25
- Bisogna che le premesse siano vere, perch non possibile comprendere ci
che non ; per esempio, che la diagonale del quadrato commensurabile. E bisogna che
la scienza dimostrativa proceda a partire da premesse prime e indimostrabili, perch non
si avrebbe comprensione senza avere dimostrazione di esse, perch comprendere le cose
di cui si ha dimostrazione e non secondo accidente significa averne dimostrazione. E
bisogna che queste
30
premesse siano cause di e pi conosciute di e anteriori alla conclusione: cause
perch quando conosciamo la causa che comprendiamo; anteriori se veramente esse
sono cause; conosciute prima non solo grazie al fatto di afferrarle, ma anche per il fatto
di sapere che esse sono.
14

Le cose sono anteriori e pi conosciute in due sensi: perch non c identit tra
ci che anteriore per natura e ci che anteriore per
72a noi, n tra ci che pi conosciuto e ci che pi conosciuto per noi. Chiamo
anteriori e pi conosciute per noi le cose pi prossime alla percezione, mentre chiamo
semplicemente anteriori e pi conosciute le cose pi lontane. Le cose pi lontane sono
le cose pi universali, mentre le cose pi prossime sono le cose particolari; e le une
sono opposte alle altre.
5
- Procedere a partire da premesse prime procedere a partire da principi propri;
infatti dico che primo e principio sono la stessa cosa. Principio di una dimostrazione
una proposizione immediata, e immediata quella di cui non ce n unaltra anteriore.
Una premessa (protasis) luna o laltra parte di una contraddizione, che attribuisce una
sola cosa a una sola cosa; essa
10
dialettica se prende indifferentemente qualunque parte, dimostrativa se
prende una delle due parti in modo determinato, perch questa parte vera. Un
enunciato (apofansis) qualunque delle parti di una contraddizione. Una contraddizione
unopposizione di cui per se stessa non vi intermediario. La parte di una
contraddizione che dice qualche cosa di qualche cosa una negazione.
15
- Dei principi immediati di un sillogismo chiamo tesi quello che non
possibile provare, n necessario per chi apprende qualche cosa; chiamo assioma quello
che necessario per chi apprende qualche cosa; infatti ci sono delle cose di questo tipo,
ed soprattutto a cose di questo tipo che abbiamo labitudine di dare questo nome. Una
tesi che prende qualunque parte di una
20 contraddizione cio che una cosa esista o non esista unipotesi, una tesi senza
questo una definizione. In effetti, una definizione una tesi, perch laritmetico pone
che lunit sia lindivisibile secondo la quantit; ma essa non unipotesi, perch ci
che lunit e lunit esiste non sono la stessa cosa
25
- Poich necessario credere e sapere la cosa grazie al possesso di un sillogismo
di quel tipo che chiamiamo dimostrazione, e questo tale grazie alle premesse da cui il
sillogismo procede, necessario non solo conoscere precedentemente le prime
premessetutte o alcunema anche conoscerle meglio delle conclusioni: sempre,
infatti, ci a causa di cui qualche cosa ,
30
pi di quello; per esempio, ci a causa di cui amiamo pi amabile. Di
conseguenza, se noi sappiamo e crediamo a causa delle premesse prime, sappiamo e
crediamo di pi a queste, perch a causa di esse che noi conosciamo anche le cose che
seguono. Ma se non conosciamo qualche cosa (e non ci troviamo e non ci troviamo in
una situazione pi favorevole che se noi la conoscessimo), allora non possiamo credervi
pi di quanto (crediamo) a ci che conosciamo.
35
Ma questo capiter se qualcuno tra coloro che credono tramite una
dimostrazione non conoscer precedentemente: infatti necessario credere pi ai
principitutti o alcunipiuttosto che alla conclusione.
E colui che vorr possedere la comprensione che procede per dimostrazione non solo
deve conoscere pi i principi e credere a questi che a ci che provato, ma bisogna
72b anche che nientaltro sia per lui pi creduto e pi conosciuto tra gli opposti dei
principi proverr un sillogismo dellerrore contrario, se veramente colui che comprende
in modo assoluto devessere immutabile.

Iniziamo con il primo paragrafo.

15

71b9-147: (1) Noi crediamo di comprendere (epistasthai) ogni cosa in modo


assoluto, e non in modo sofistico secondo accidente, quando crediamo di sapere a
proposito della causa per cui la cosa , che essa causa della cosa, e che la cosa
non pu essere altra da ci che . (2) E quindi evidente che la comprensione
qualche cosa di questo tipo: e in effetti sia (nel caso di) coloro che non
comprendono sia (nel caso di) coloro che comprendono, i primi credono essi
stessi di trovarsi nella situazione descritta, mentre coloro che comprendono si
trovano nella situazione descritta .

Forma dellargomento
In questa frase troviamo un argomento, segno ne quel quindi. Questo
significa che ci che precede una premessa, la cui conclusione appunto
sottolineata da quel quindi.
La forma dellargomento la seguente:
1) noi crediamo
2) quindi
3) in effetti(che ha la forza di un perch). Questultima frase pu avere
o lo scopo di dimostrare 2), o lo scopo di dimostrare 1). Unaltra possibilit
che 3) spieghi perch si possa inferire la conclusione 2) dalla premessa
1). Come decidere tra queste tre possibilit? Solo leggendo attentamente il
testo. Per ora lasciamo perdere 3) e concentriamoci sullargomento
1) 2).
Qui Aristotele sembra dire una cosa del genere:
1) noi crediamo x
2) quindi: x.
Questo un primo problema, che non ha nulla a che fare con il contenuto
delle proposizioni, ma con la forma: infatti assurdo concludere P dal fatto
che noi crediamo P. Esempio: assurdo concludere, dal fatto che gli asini
volano, che gli asini volano.
7

Ricordo che questo modo di riferirsi ad Aristotele, universalmente adottato, quello delledizione critica
di Aristotele (5 volumi) fatta da I. Bekker e pubblicata negli anni 1831-1836 a Berlino. La notazione
costituita dal numero di pagina, dalle lettere a o b che corrispondono alle colonne, e dalla riga. 71b9-14
significa dunque: pagina 71 de4lledizione, colonna b, righe 9-14.

16

Una domanda che si pone la seguente: a chi si riferisce questo noi? Ci


sono tre possibilit: i) io, Aristotele (plurale maiestatis); ii) noi, i filosofi
(nel senso degli aristotelici); iii) noi, tutto quanto il genere umano. Ci sono
dei segni tecnici nel greco di questo testo che fanno propendere per un noi
universale, cio tutti noi.
Ma di quale credenza generale si tratta? Di una credenza concettuale, che
si basa sul concetto che noi abbiamo di uomo. Aristotele sembra dire:
visto che noi consideriamo luomo come animale razionale, allora
crediamo che la conoscenza razionale sia cos e cos. Il che rende
largomento meno assurdo di quello che sembrerebbe a prima vista. In
generale, comunque, Aristotele pensa che le nostre credenze concettuali
universali (cio, condivise da tutti) siano una garanzia di verit. Es.: noi
tutti crediamo che il sole giri intorno alla terra, quindi il sole gira intorno
alla terra. Questo come sappiamo risultato falso, ma prima di Galileo tutti
pensavano che questa fosse una verit.
Contenuto dellargomento
Qual il contenuto di questa credenza universalmente condivisa? Si
tratta di una credenza relativa alla conoscenza scientifica (si noti il verbo
epistasthai, da cui deriva episteme, termine greco per scienza). Aristotele
non nega che vi siano altri modi di conoscere, ma qui impegnato a fornire
una sorta di definizione appunto della conoscenza scientifica, assoluta e
non sofistica (si noti il riferimento polemico ai sofisti. Si tratta di una finta
conoscenza, accidentale e non scientifica).
Secondo Aristotele, perch vi sia conoscenza scientifica, devono essere
soddisfatte tre condizioni:
a conosce scientificamente X (dove X una proposizione)
se e solo se (sse = usato per definire, segnala unequivalenza)
(i) a conosce Y (una o pi proposizioni)
17

(ii) a sa che Y la causa di X


(iii) a sa che X non pu essere altrimenti, ovvero che la proposizione X
vera e necessaria.
In che senso Aristotele parla di causa, o pi precisamente di aitia?
Intanto va detto che la traduzione ufficiale di aitia con causa qui
fuorviante, dal momento che noi intendiamo per causa qualcosa di attivo,
che fa qualche cosa, mentre in greco il termine aitia significa in generale
una spiegazione, cio tutto ci che costituisce una risposta alla domanda
perch?. Aristotele quindi afferma che c conoscenza scientifica solo in
questo caso:
Y
____
X
Cio Y, dunque X.
Ma che significa? Facciamo un esempio:
a) 32 maggiore di 22
Perch
b) 3 maggiore di 2.
Lesempio mostra chiaramente che la ragione della verit di a) risiede
nella conoscenza di b). Un altro modo per mostrare che cos la conoscenza
scientifica per Aristotele il seguente
P1
P2
P3
.
.
.
____
Q
Q deriva da una serie di premesse precedenti, che sono a loro volta
18

conclusioni di ragionamenti successivi, fino a quando si arriva ad una


premessa non ulteriormente dimostrabile, auto-evidente. Questa un
assioma.
E interessante notare che questa definizione di conoscenza scientifica,
che si trova in altri luoghi aristotelici (Analitici secondi 94a20; Fisica
184a12-14; 194b18-20; Metafisica Alpha, 983a25-26; alpha elatton
994b29-30) richiama lidea platonica espressa nel Menone (98A) secondo
cui la conoscenza (episteme) stabile consiste nellopinione legata con il
ragionamento della causa.
71b16-23 Considereremo pi tardi se, daltra parte, c un altro modo di
comprendere (epistasthai), ma qui noi affermiamo che si pu anche conoscere
(eidenai) per dimostrazione. Chiamo dimostrazione un sillogismo comprensivo
(epistemonikon); chiamo comprensivo un sillogismo secondo il quale, grazie al
fatto di possederlo, comprendiamo (epistametha) qualche cosa. Se quindi la
comprensione come noi abbiamo stabilito, necessario che la comprensione
dimostrativa proceda a partire da premesse vere e prime e immediate e pi
conosciute e anteriori e cause delle conclusioni; cos infatti saranno anche i
principi propri a ci che dimostrato. In effetti, ci sar un sillogismo senza queste
condizioni, ma non sar dimostrativo, perch non sar produttivo di
comprensione.

La frase iniziale (considereremo pi tardi se c un altro modo di


conoscere scientificamente) probabilmente allude alla conoscenza dei
principi immediati delle scienze, quelli cio la cui causa non conoscibile
perch non c: gli assiomi (cf. Analitici secondi, I 3, 72b18-25 e
soprattutto II 19. Vedi anche la Generazione degli animali, II 6, 742b2933). Aristotele rimanda la considerazione di questo tipo di conoscenza, e si
concentra sulla conoscenza dimostrativa. Afferma che si ha dimostrazione
quando si ha un sillogismo dimostrativo, cio quella sequenza P.Q che
abbiamo appena visto. Aristotele per dice qualcosa di pi, e cio che la
dimostrazione deve avere andamento sillogistico, cio presumibilmente
deve avere una struttura basata sulla sillogistica sviluppata negli Analitici
19

primi. Questo ovviamente ha costituito un problema per i seguaci di


Aristotele, che per esempio si sono sforzati di mettere sotto forma
sillogistica celebri argomenti scientifici, come la transitivit di Euclide
(vedi per esempio Alessandro di Afrodisia, noto commentatore aristotelico
del II-III d.C.). Devo dire con risultati non molto convincenti.
Qui per Aristotele non si concentra sulla dimostrazione, ma sui punti di
partenza delle dimostrazioni, cio sulle premesse assiomatiche. Nel passo
visto, egli individua sei caratteristiche delle premesse in senso stretto, cio
di quelle premesse che non possono anche fungere da conclusioni. queste
caratteristiche sono tradizionalmente divise in due gruppi:
A) le prime tre riguardano le premesse considerate in se stesse (vere,
prime, immediate);
B) le altre tre riguardano le premesse in relazione alle loro conclusioni
(pi note, anteriori e cause delle conclusioni).
Nella continuazione del testo, Aristotele spiega in maniera pi o meno
comprensibile queste sei caratteristiche:
1) verit: una premessa deve dire come stanno le cose, non come non
stanno. Lesempio il seguente: Non si pu avere conoscenza scientifica
del fatto che la diagonale commensurabile con il quadrato (infatti, la
diagonale non commensurabile con il quadrato, come tutti sappiamo).
2) e 3) primitivit e immediatezza: A. sembra dire che essere primo e
immediato significa essere primo e indimostrabile, e sembra poi far
coincidere la primitivit appunto con lindimostrabilit (vedi infra, passo
che inizia dalla riga 25). Infatti, osserva Aristotele, in caso contrario
esisterebbero delle verit precedenti da cui potrebbero essere derivate le
proposizioni in questione, che quindi non sarebbero principi primi o
assiomi.
4) pi conosciuto: nella misura in cui la nostra conoscenza dei teoremi
20

dipende dagli assiomi, ragionevole affermare che gli assiomi debbano


essere pi noti dei teoremi;
5) e 6) anteriorit e causa: questa duplice caratteristica si collega pi
direttamente alla concezione aristotelica della conoscenza. La nostra
conoscenza abbiamo visto che implica la conoscenza delle cause, e la
conoscenza dei teoremi implica la conoscenza delle cause. Di conseguenza,
gli assiomi devono individuare le cause ultime (le spiegazioni, possiamo
dire alla luce di quanto visto in precedenza) che spiegano i contenuti
espressi dai teoremi.
Per capire cosa vuol dire, facciamo un esempio tratto dalle Parti degli
animali 664a8-11; 674b5-148.
- Perch le mucche hanno le corna?
- Perch non hanno i denti (la materia che avrebbe formato i denti va a
formare le corna).
- Perch non hanno i denti?
- Perch hanno quattro stomaci (e quindi possono digerire il cibo
masticato).
- Perch hanno quattro stomaci?
- Perch sono ruminanti.
- Perch sono ruminanti?
- Perch s.
Cio, semplicemente perch sono mucche. Non ci sono ulteriori
caratteristiche, al di l del loro essere mucche, che spieghi perch le
mucche sono ruminanti. Che le mucche siano ruminanti e auto esplicativo.
Di solito Aristotele dice che tali fatti auto esplicativi sono definizioni o
parti di definizioni. Le definizioni per Aristotele esprimono lessenza della
cosa; e Aristotele concepisce la scienza come un metodo che partendo dalle

21

caratteristiche essenziali di certe entit (es. il triangolo a tre lati e tre


angoli) deduce caratteristiche essenziali ma non definizionali (es. la somma
dei tre angoli di un triangolo di 180).
Aristotele conclude il passo affermando che con queste caratteristiche, le
proposizioni saranno dei principi appropriati alle dimostrazioni. Aristotele
non esclude che ci siano sillogismi senza premesse di questo tipo (ho gi
fatto lesempio dei sillogismi pratici o degli entimemi); semplicemente,
non saranno dimostrativi, perch non produrranno una conoscenza
scientifica.

Vedi Barnes, op. cit., p. 50.

22

3: La logica e la scienza9
Testi principali: De interpretatione; Analitici Primi; Topici
Testo scelto: Analitici Primi I 2

La scienza per Aristotele si presenta, come abbiamo visto, come un


sistema assiomatico-deduttivo. Negli Analitici secondi egli, tra le altre
cose, presenta le caratteristiche che devono avere i principi primi o assiomi
delle scienze. Negli Analitici primi, invece, Aristotele presenta le regole di
deduzione, cio la forma che devono possedere tutte le deduzioni. Questo
insieme di regole costituisce il primo trattato di logica formale, che avr
enorme influenza sulla logica successiva fino alla fine dell800.
La logica di Aristotele si basa su un preciso concetto di proposizione.
Nel De interpretatione, testo dellOrganon dedicato appunto alla teoria
dellenunciato o proposizione, Aristotele per prima cosa osserva che molti
sono gli enunciati significanti, ma non tutti costituiscono delle
enunciazioni. Sono enunciazioni solo quelle in cui si trovano verit o falsit
(De interpretatione, 16b33-17a3), e sono le uniche proposizioni a cui il
logico si interessa: ordini, domande, esortazioni e simili sono anchessi
significativi, ma sono oggetto di studi di altre discipline, come la retorica o
la linguistica.
Unaltra distinzione che si trova nel De interpretatione (17a20-22)
quella tra

enunciazione semplice, che afferma o nega qualcosa di

qualcosaltro, e enunciazione composta, costituita da enunciazioni


semplici.
Le enunciazioni semplici, osserva Aristotele, affermano o negano
qualcosa di qualcosa, e in questo Aristotele erede di Platone, che nel
Sofista aveva affermato che il discorso minimo, e come tale soggetto a
9

Vedi su tutto questo J Barnes, op.cit, p.42-47.

23

verit o falsit, costituito da nome e verbo (262c-263b). Tuttavia, in molti


aspetti Aristotele supera ampiamente le osservazioni platoniche. Per prima
cosa egli chiama le enunciazioni semplici di cui si serve la logica
proposizioni (protasis, termine greco che significa anche premessa).
Inoltre, le proposizioni vengono analizzate nei termini di soggetto (S) e
predicato (P), nel senso che, se una proposizione dice o nega P di S, allora
S e P sono i suoi termini. Le proposizioni semplici, poi, vengono divise in
universali o particolari, cio in proposizioni che affermano o negano P o di
ogni S o di qualche S. Per esempio, tutti gli uomini sono mortali afferma
lessere mortale di tutti gli uomini; alcuni animali non hanno sangue
nega lavere sangue di alcuni animali.
Ci saranno cos quattro tipi di proposizioni semplici:
i) universali affermative (AaB), che affermano B di tutti gli A (es: tutte
le mucche hanno quattro stomaci);
ii) particolari affermative (AiB), che affermano B di qualche A (es.
qualche fiore blu);
iii) universali negative (AeB), che negano B di qualunque A (es. nessun
uomo ha quattro stomaci);
iv) particolari negative (AoB) che negano B di qualche A (es: alcuni
animali non hanno sangue).
La notazione AaB; AiB; AeB; AoB; medievale e utilizza le vocali a, i
del verbo latino adfirmo per le affermative (rispettivamente universali e
particolari), e, o di nego per le negative (universali e particolari). Va notato
che le lettere B (predicato) e A (soggetto) vengono da Aristotele utilizzate
al posto di S e P. Inoltre, Aristotele usa spesso, al posto di copulativo, il
verbo appartenere, che assume cos una funzione quasi-tecnica, pur
essendo un verbo mutuato dal linguaggio ordinario.
Il sistema logico di Aristotele (conosciuto come teoria del sillogismo)
24

si basa sulla teoria delle proposizioni vista. Negli Analitici primi Aristotele
definisce il sillogismo come un argomento in cui, assunte certe cose,
qualcosa di differente dalle cose assunte segue di necessit per il loro stesso
porsi (Analitici primi, 24b18-20). Il greco un po contorto dovuto alla
difficolt di esprimere concetti logici in un linguaggio ordinario, ma mette
in luce il fatto che il sillogismo uninferenza in cui, poste delle premesse,
segue di necessit la conclusione per il solo fatto di aver posto le premesse.
Aristotele considera solo argomenti a due premesse e a una conclusione, e
queste tre proposizioni sono tutte e tre semplici, cio affermano o negano
un predicato di un soggetto.
La prima osservazione da fare che Aristotele voleva dare alla logica un
carattere assolutamente generale, voleva cio che le regole logiche si
applicassero a qualunque argomento, per non farne dipendere la validit dal
contenuto proposizionale. E per questo che ha utilizzato delle lettere A, B,
C, etc., proprio a garanzia della generalit.
Se in un argomento del tipo:
ogni uomo un animale; ogni animale mortale; quindi ogni uomo
mortale
Sostituisco uomo con lupo, largomento resta comunque valido. Di
conseguenza, esso pu essere reso cos:
ogni A B; ogni B C; ogni A C.
Questo il primissimo argomento considerato da Aristotele negli
Analitici primi. Esso risulta formalmente valido, come lo sono tutti gli
argomenti di questa forma.
Proprio perch Aristotele apre la strada alla generalizzazione, si pone la
questione di come distinguere tra buoni e cattivi argomenti. La sua
definizione di sillogismo risponde a questa questione, stabilendo che un
buon argomento quello in cui la conclusione segue di necessit dallaver
25

posto delle premesse. Aggiungiamo che, secondo la definizione, la


conclusione che segue dalle premesse diversa dalle premesse.
La teoria sillogistica del buon argomento si trova nei primi sette capitoli
degli Analitici primi, e si occupa di proposizioni della forma i) AaB; ii)
AiB; iii) AeB, iv) AoB10. Essa funziona sulla base di un certo numero di
stipulazioni:
a) le due proposizioni che fungono da premesse devono appunto avere
la forma a-e-i-o;
b) le due premesse devono avere un termine comune, chiamato medio.
Questa stipulazione necessaria per trarre la conclusione dalle
premesse;
c) gli altri termini (chiamati estremi) delle proposizioni che fungono da
premesse devono essere diversi;
d) la conclusione deve contenere i termini estremi e non il medio.
Nel corso della trattazione Aristotele prende in esame tutte le
possibili coppie di proposizioni semplici e individua da quali coppie pu
venire inferita correttamente la conclusione e da quali no. Divide gli
accoppiamenti in tre gruppi o figure (una quarta verr aggiunta nel
Medio Evo) sulla base della posizione del termine medio:
1) AxB, BxC, dunque AxC
2) AxB, CxB, dunque CxA
3) AxB, AxC, dunque CxB11
e procede al loro esame rigoroso e ordinato. Dei 192 sillogismi
possibili ne risultano validi solo quattordici.
E importante sottolineare il fatto che Aristotele afferma che
10

Negli Analitici primi si trova anche una parte che verte sui sillogismi modali, cio sui sillogismi che
riguardano le proposizioni che esprimono ci che vale necessariamente o ci che vale possibilmente
(Analitici primi, 25a1-2), ma decisamente la parte pi debole e meno famosa della teoria del sillogismo.
11
Dove x pu essere sostituita solo da a, i, e, o.

26

qualunque dimostrazione e qualunque sillogismo devono procedere


secondo le tre figure che abbiamo descritto (Analitici primi, 41b1-3).
Questa affermazione sicuramente falsa: basti pensare a moltissimi
teoremi dellaritmetica e della geometria, che non si presentano in forma
sillogistica pur essendo delle deduzioni valide. Il fatto che la teoria del
sillogismo si basa sul concetto di proposizione intesa come soggettopredicato. Dove non c questa proposizione, non pu esserci neanche il
sillogismo, ed chiaro che molte proposizioni geometriche e
aritmetiche sfuggono a questa forma (si pensi per esempio alla
transitivit di Euclide: a = b; b = c; dunque a = c). Resta per il fatto che
la logica aristotelica costituisce un primo geniale tentativo di
formalizzare gli argomenti scientifici.
Una seconda osservazione si impone. Aristotele presenta la sua
definizione di sillogismo non solo negli Analitici primi, ma anche nei
Topici (100a25-27), il trattato in cui Aristotele cerca di regolamentare le
discussioni

dialettiche

(di

origine

socratico-platonica)

tra

due

interlocutori. Nei Topici Aristotele distingue anche tra il sillogismo


dimostrativo (che parte da premesse vere, indimostrabili, insomma,
dagli assiomi) e il sillogismo dialettico, che invece parte da opinioni
autorevoli, quelle condivise universalmente o propugnate dai sapienti.
Ci significa che la formalizzazione degli argomenti non riservata solo
alle scienze come aritmetica e geometria, ma che in linea di principio
tutte le discipline possono sillogizzare, e in special modo la filosofia:
cambier solo lo statuto dei principi delle dimostrazioni.

27

Testo: Analitici Primi I 2, 25a1-36


25a Poich ogni proposizione (protasis) riguarda lappartenere, o
lappartenere per necessit, o la possibilit di appartenere, e tra queste
proposizioni le une sono affermative e le altre negative secondo ogni tipo di
attribuzione, e a loro volta
5 le proposizioni affermative e negative sono le une universali, altre
particolari, altre indefinite, necessario che la proposizione privativa e
universale nellappartenenza sia convertibile nei termini: per esempio, se nessun
piacere un bene, nessun bene sar un piacere; in compenso, bisogna che la
proposizione predicativa sia convertibile non universalmente, ma
particolarmente: per esempio, se ogni piacere un bene, bisogna che qualche
bene sia un piacere.
10 Tra le proposizioni particolari, necessario che laffermativa sia
convertibile particolarmente (infatti, se qualche piacere un bene, qualche bene
sar un piacere), mentre non necessario che la privativa sia convertibile
(infatti, se uomo non appartiene a qualche animale, non ne consegue che
animale non appartenga a qualche uomo).
Sia dunque la proposizione AB privativa e universale. Se quindi A non
15 appartiene a nessun B, B non apparterr a nessun A; infatti, se B
appartiene a qualche A, per esempio a , non sar vero che A non appartiene a
nessun B: infatti qualcuno tra i B. Ma se A appartiene ad ogni B, anche B
apparterr a qualche A; infatti, se B non appartiene a nessun A, A non apparterr
a nessun B; ma A era supposto appartenere ad ogni B.
20 Ugualmente se la proposizione particolare: se infatti A appartiene a
qualche B, necessario che appartenga anche a qualche A; infatti, se B non
appartiene a nessun A, A non appartiene a nessun B. Ma se A non appartiene a
qualche B, non necessario che B non appartenga a qualche A, per esempio se
B animale e A uomo; infatti, uomo non appartiene ad ogni animale, mentre
animale appartiene ad ogni uomo.

Questo testo si divide in due parti:


A) programma che annuncia i risultati in modo informale;
B) regole ed argomenti che giustificano il programma.
A) programma che annuncia i risultati in modo informale
righe 1-13: Poich ogni proposizionenon appartenga a qualche
uomo).
Aristotele enuncia i diversi tipi di proposizione semplici, quelle
che abbiamo visto laltra volta:
i) assertive/apodittiche (cio necessarie)/problematiche (cio

28

possibili);
ii) affermative/negative;
iii) universale/particolari/indefinite (di queste ultime per non vi
scienza).
Afferma che poich ogni proposizione bla bla, necessario che
la proposizione privativa (cio, negativa) universale si converta.
Aristotele non spiega il termine conversione, ma ne d subito un
esempio:
se nessun piacere un bene, nessun bene un piacere.
Convertire, quindi, significa cambiare i termini (il verbo greco
antistrepho significa cambiare direzione, voltare dalla parte
opposta)
(i) nessun S P
si converte in
(i*) nessun P S.
Aristotele afferma che se (i) vera, anche (i*) vera. Ed questo
ci che Aristotele intende per convertire.
Quindi
(1) SeP PeS.
Poi Aristotele considera il caso della proposizione predicativa
(cio affermativa) universale, e osserva che essa pu convertirsi non
universalmente, ma particolarmente. Es:
se ogni piacere un bene, qualche bene un piacere.
Cio
(2) SaP PiS.
Poi stabilisce che la proposizione particolare affermativa si
converte:
Se qualche piacere un bene, qualche bene un piacere
29

(3) SiP PiS.


Infine stabilisce che la particolare negativa non si converte:
se qualche animale non uomo, non ne consegue che qualche
uomo non animale.
(4) SoP non si converte in PoS.
Aristotele non stabilisce la verit di queste conversioni, forse
perch le riteneva evidenti (nel senso che basta riflettere un po per
vedere che sono vere).
B) regole ed argomenti che giustificano il programma
Aristotele per fornisce dei piccoli argomenti: Sia dunque la
proposizione AB ecc.. Per ogni conversione d una piccola prova,
di pochissime righe e difficile.
E opportuno, prima di considerare una delle prove, fare due
osservazioni:
(i) a differenza nostra, Aristotele non usa S e P ma A e B, per con
la sessa funzione di generalit;
(ii) Aristotele non dice nessun S P, ecc., ma A non appartiene
a nessun B, o A appartiene a qualche B Appartenere un
termine quasi tecnico, che rende la copula
SP
equivale a
P appartiene a S.
Argomento per la prima conversione, righe 14-19: Se A
appartenere a ogni B.
Si tratta di una sorta di reductio ad absurdum: infatti A. dice
infatti, se B appartiene a qualche A, per esempio a , non sar vero
che A.... Aristotele cio, per dimostrare la conversione
AeB BeA
30

prende la negazione di BeA, cio BiA (infatti A. pensa che la


negazione di BeA sia BiA), e dimostra che allora non sar vera AeB,
che invece era data per accettata o supposta. Ora AeB e BiA sono
contraddittorie, quindi bisogna rigettare BiA e accettare BeA.
i) AeB per ipotesi non si converte con BeA
ii) avremo allora BiA
iii) ma cos avremo AiB (perch BiA si converte con AiB, vedi
supra) e quindi negheremo AeB, che invece data
iv) quindi non BiA, cioe BeA.
Ma Aristotele non dice esattamente questo. In realt egli dice che
se BiA vero, prendiamo un caso, per esempio . Ma, sulla base di
, non possiamo avere AeB, perch

sia AiB che BiA (se B

appartiene a qualche A, per esempio a , non sar vero che A non


appartiene a nessun B: infatti

qualcuno tra i B)12. Queste righe

non rappresentano una spiegazione ma solo unintroduzione a una


possibile spiegazione. Sono righe difficili, e i commentatori si sono
arrampicati sugli specchi per spiegarle. Noi abbiamo cercato di darne
una (passi i)-iv)).

12

Es. Se qualche animale uomo, per esempio Socrate, non sar vero dire che nessun uomo
animale, perch se Socrate uomo, allora necessariamente sar animale, e quindi qualche uomo sar
animale.

31

4: Gli oggetti della scienza filosofica


Testi principali: Metafisica A, , E, M, N
Testo scelto: Metafisica

1e2

Secondo quello che abbiamo visto fino ad ora, la scienza composta da


proposizioni vere che si dividono in due gruppi: i) principi/assiomi e ii)
teoremi (sequenza di proposizioni in forma sillogistica).
Ogni scienza deve stabilire le proprie verit, a cominciare dagli assiomi.
Il problema fondamentale per ogni scienza stabilire il proprio oggetto, A.
dice il proprio genere (ghenos). Per A. gli oggetti di qualunque scienza
debbono esistere, devono essere degli onta, degli enti in senso di
esistenti. Questa convinzione sembra interessante perch non tutte le
scienze sembrano avere a che fare con oggetti esistenti, si pensi per
esempio ai numeri. Ma perch supporre che gli oggetti della scienza
debbano esistere? Perch altrimenti risulta impossibile stabilire la verit dei
teoremi. La verit, infatti, per Aristotele si trova nelle proposizioni che
dicono come le cose stanno.
Come porre il problema dellesistenza degli enti matematici? A. parla
delle scienze matematiche in Metafisica Mu e Nu, e comincia con il porre
proprio la domanda sullesistenza dei numeri (i numeri di cui parla A. sono
quelli interi). La risposta che i numeri esistono perch esiste la scienza
dei

numeri:

A.

insomma

non

discute il

problema,

ma

passa

immediatamente ad analizzare il tipo di esistenza dei numeri. In particolare,


si chiede se i numeri possiedono unesistenza indipendente o dipendente.
Secondo A. i numeri hanno unesistenza dipendente: cos come il
movimento esiste in quanto ci sono oggetti che si muovono, i numeri
esistono in quanto ci sono oggetti numerabili. Altro esempio: la salute e la
malattia sono oggetti della scienza medica ed esistono in quanto esistono
32

cose sane. Lesistenza cos resta riservata agli oggetti della vita quotidiana:
cose che si vedono, che si toccano, e che sono anche numerabili, sane o
malate, esistenti, ecc. Si noter che la posizione di A,. diametralmente
opposta a quella di Platone: per Platone perch esiste lidea di movimento
che gli oggetto si muovono, per A. perch ci sono oggetti che si muovono
che il movimento esiste. Dunque, per ritornare alla questione dellesistenza
degli oggetti delle scienze, possiamo dire che per A. la fisica esiste perch
ci sono oggetti fisici (in movimento, che nascono, muoiono e si
sviluppano); la medicina esiste perch ci sono cose sane o malate; la
geometria e laritmetica esistono perch ci sono oggetti che si inscrivono in
figure geometriche e che sono numerabili. Anche se hanno unesistenza
dipendente, questi oggetti costituiscono i vari generi delle scienze
corrispondenti, e a proposito di essi le scienze costruiscono dei teoremi
veri.
Vi sono delle obiezioni alla considerazione degli oggetti della geometria
e dellaritmetica in chiave aristotelica:
1) prendiamo un numero elevatissimo, per esempio 10 alla ventotto alla
ventotto. Laritmetica ha a che fare con numeri cos elevati, ma possiamo
dire che nel mondo esiste un numero di individui cos elevato? A. ha una
concezione delluniverso finito, quindi risulta non plausibile che accetti una
teoria cos. A ci si pu obiettare che laritmetica non ha bisogno di tali
numeri, ma solo dellunit, poich in definitiva ogni numero
riconducibile ad una somma di unit;
2) consideriamo il teorema secondo cui la somma degli angoli di un
triangolo uguale a 180. Tuttavia, se noi misuriamo i vari rettangoli che
disegniamo o che troviamo nel mondo, non troveremo mai che la somma
dei loro angoli di 180, perch non esistono nel mondo triangoli perfetti.
A questa obiezione A. potrebbe rispondere che non sono perfetti i triangoli
33

fisici, ma quelli che possiamo ricostruire nellimmaginazione su qualunque


tipo di superficie.
Importanza della formula in quanto: la matematica studia le mucche in
quanto numerabili; la geometria studia i tavoli in quanto rettangoli.
Insomma, ogni scienza si interessa a qualche caratteristica degli oggetti, ma
non a tutte. Idea interessante, ma che non vale per tutte le scienze.

Capitolo 1
1003a21 C una scienza che fa la teoria dellente in quanto ente, e di ci che gli
appartiene in se stesso. Ora, essa non identica ad alcuna delle scienze dette
parziali: infatti nessuna di esse considera lente in quanto ente nella sua totalit,
ma dopo averne tagliato una parte
25 , riguardo allente, dellaccidente che esse fanno la teoria, come le
matematiche.
- Poich, daltra parte, noi cerchiamo i principi e le cause pi elevate, chiaro
che essi devono essere principi e cause di una certa natura in se stessa. Se
quindi coloro che ricercavano gli elementi degli enti
30 ricercavano anche quei principi, necessario che questi elementi siano
elementi dellente, non per accidente, ma in quanto ente. Perci noi dobbiamo
afferrare le prime cause dellente in quanto ente.
Capitolo 2
Lente si dice in molti sensi, ma in relazione ad ununit, ad una certa natura
unica, cio in modo non omonimo:
35 esattamente come tutto ci che si dice sano si dice relativamente alla
salute, o perch la conserva, o perch la d, o perch ne segno, o perch la
1003b riceve; e ci che medico lo relativamente alla medicina, perch questo
detto medico perch ha la medicina, quello perch vi naturalmente atto,
quellaltro perch opera delle medicina; e noi potremmo prendere altre cose
che
5 si dicono in modo simile. Cos lente si dice in molti sensi, ma interamente in
riferimento a un principio unico: in effetti, quelli sono detti enti perch sostanze,
quelli perch affezioni della sostanza, quelli perch cammino verso la sostanza,
o distruzioni, privazioni, qualit, produzioni, generazioni, o della sostanza, o
10 delle cose che si dicono relativamente alla sostanza, o ancora negazione di
una di queste cose o della sostanza: per questo diciamo che il non-ente nonente.
- Ora, esattamente come di tutto ci che si dice sano c una scienza unica, la
stessa cosa anche per il resto. Infatti non sono solo le cose che si dicono in
ununit che costituiscono loggetto di una scienza una, ma anche le cose che si

34

dicono in relazione a una natura unica, poich esse si dicono in un certo modo
15 nellunit. E quindi evidente che anche gli enti, di una sola scienza il farne
la teoria, in quanto enti.
- Ora, in tutti i casi, la scienza eminentemente scienza del primo, di ci da cui
il resto dipende, e grazie al quale lo si dice. Se tale la sostanza, bisogner che
delle sostanze il filosofo afferri i principi e le cause.

Capitolo 1
La prima cosa da osservare che qui Aristotele parla di scienza (cos
come aveva parlato di scienza delle cause prime e dei principi).
La seconda cosa da osservare che Aristotele dice che questa scienza c'
gi: non l'ha inventata lui (invece altrove dir, per esempio, che ha
inventato la logica). Ma, a differenza di quello che fa nel libro Alpha (in cui
analizza le indagini dei predecessori), qui non menziona nessuno. Noi
sappiamo che, prima di lui, l'ontologia (o scienza dell'essere) stata
praticata da Parmenide e da Platone.
Fatte queste due precisazioni, vediamo che Aristotele caratterizza questa
scienza innanzitutto come assolutamente generale o universale: a differenza
delle altre scienze, infatti, questa scienza analizza in generale l'ente in
quanto ente; le altre scienze, invece, sono parziali perch analizzano solo
una parte dell'ente.
Varie le questioni da affrontare.
Innanzitutto, che significa indagare l'ente in quanto ente? Cosa significa
questa espressione, ente in quanto ente?
Questa espressione va divisa in due parti:
- l'ente
- in quanto ente.
L'ente.
si tratta della traduzione di to on: to = articolo neutro; on = participio del
verbo einai (essere), l'essente o l'ente. Nonostante il participio sia alla
forma singolare, la presenza dell'articolo to segno di universalit, per cui
35

possiamo parlare di tutto ci che . Tra i possibili significati di questa


formula, il pi plausibile (e comprensibile) quello che riguarda
lesistenza. Possiamo intendere quindi l'espressione con
tutto ci che esiste
oppure
le entit esistenti.
Secondo Aristotele, l'oggetto della scienza deve esistere perch, in caso
contrario, sarebbe impossibile affermare che le proposizioni che parlano di
questo oggetto sono vere. In altre parole, l'esistenza degli oggetti la
condizione di verit delle proposizioni che riguardano questi oggetti. Ma
che cosa si intende per esistenza? Quali cose esistono?
Capitolo 2
Aristotele afferma che le cose sono dette esistere in molti sensi, cio, che
il verbo essere o esistere omonimo (per Aristotele omonimia = nome
comune, ma definizione diversa, come per esempio pesca che si riferisce
sia al frutto, sia all'arte di catturare i pesci). Nel libro Zeta della Metafisica
(1028a10-13) egli osserva che:
le cose sono dette esistere in molti modi [] ente significa infatti l'essenza (to ti
esti) e alcunch di determinato (cio un tode ti), e la qualit, e la quantit, e
ciascuna delle altre cose predicate in questo modo (kategoroumenon).

Aristotele cio, afferma che vi sono tanti sensi di esistere quante sono le
categorie. Torner sulla celebre dottrina aristotelica delle categorie fra
breve.
Se si prende questo testo seriamente, Aristotele sta affermando che nella
frase il gatto esiste (qui il verbo si applica a un tode ti e a un ti esti, due
modi, come vedremo nelle prossime lezioni, per riferirsi alla sostanza) il
verbo esistere ha un significato diverso che nella frase i colori esistono
(qui il verbo si applica a una qualit). Si pu dire con verit che i gatti
36

esistono e che i colori esistono: ma i gatti non esistono nella stessa maniera
in cui i colori esistono. In tal caso, diviene molto difficile il compito della
metafisica come scienza dell'esistente: infatti, gli esistenti esistono in
maniera diversa, e se questo vero, non potremo affermare proposizioni
vere per tutti gli esistenti, come pretende invece Aristotele nel libro
Gamma della Metafisica.
Tuttavia, a un certo punto del suo percorso metafisico, Aristotele trova
una soluzione che salva una scienza unitaria degli esistenti. Infatti, nel
secondo capitolo del libro Gamma, Aristotele diche che esistere si dice in
molti sensi, ma tutti in riferimento a una cosa e a partire da una cosa.
Quello che intende Aristotele a proposito dell'esistente illustrato da due
esempi, quello della salute e quello della medicina. Consideriamo il primo.
Prendiamo la parola salute. Un atleta, uno sport, una dieta, una
costituzione fisica,
possono essere opportunamente chiamati sani. Ma essi sono sani in
modo diverso:
l'essere sano per Achille non l'essere sano per una dieta, o per una
medicina. Tuttavia, i due sensi di essere sano non sono sconnessi, cio
Achille e la dieta non sono puri omonimi. In particolare, il modo in cui la
dieta sana parassitario (cio, dipendente) dal modo in cui Achille
sano: infatti, il modo in cui la dieta sana perch produce, o conserva, la
salute in soggetti come Achille. Insomma (1003a34-b2), ogni cosa sana in
riferimento alla saluteo perch la preserva, o perch la produce, o perch
segno di salute, o perch la riceve, ecc.
- Achille sano perch in ottima forma fisica
- una dieta sana perch produce un'ottima forma fisica in Achille
- una medicina sana perch permette ad Achille di ritrovare la sua
forma fisica
37

- il colorito di Achille sano perch segno della sua ottima forma


fisica.
Si noter che tutte le cose a cui la parola sano si applica, sono sane in
riferimento
a una sola cosa (a un sostanza, nell'esempio ad Achille).
Un grande studioso (G.E.L. Owen) ha parlato, per termini come la
salute, di focal meaning (cio, di significato focale). Una parola possiede
un focal meaning quando usata in molti sensi, uno dei quali primario e
gli altri derivati; le descrizioni di quelli derivati debbono contenere la
descrizione di quello primario (nell'esempio, contengono tutte un
riferimento alla salute di Achille, cio alla sua ottima forma fisica).
Quando sano applicato a Achille, usato in senso primario, significa
che Achille ha un corpo in eccellente forma fisica. Quando sano
applicato alla costituzione di Achille o alla sua dieta, usato in senso
derivato: significa che la sua dieta ci che rende il corpo di Achille sano
(cio, in perfetta forma fisica), e che la costituzione di Achille segno del
suo essere sana (cio, in perfetta forma fisica).
Il verbo essere (esistere) si comporta, per Aristotele, esattamente nella
stessa maniera. La parola ha un uso primario, e i suoi vari usi derivati
contengono, nella loro descrizione, la descrizione del senso dell'uso
primario: viene cos fatta salva una scienza unitaria dell'esistente.
Gamma 2. 1003b5-16: esistere si dice in molti sensi, ma tutti in
riferimento alla sostanza.
- Achille esistente
- l'affezione (per esempio, l'essere biondo) esiste perch un'affezione di
Achille
- 55 kili esiste perch il peso di Achille
e cos via.
38

Quindi:
- in un senso primario esistente la sostanza:
le sostanze sono per Aristotele ci che sta sotto o supporta altre entit;
-in senso derivato esistenti sono gli accidenti della sostanza, cio le
qualit, le azioni, i pesi, ecc.: infatti una qualit esiste solo perch vi sono
sostanze qualificate, un peso solo perch esistono sostanze pesanti, ecc.
ecc. Gli accidenti sono cose che accadono a o dipendono da altre entit
(le sostanze).
Ogni entit (= ogni cosa che esiste) o una sostanza o un accidente. Ma
il primato esistenziale va alle sostanze, e se non ci fosse una differenza di
esistenze, finirebbe che tutte le entit sarebbero sostanze.
In Metafisica Zeta 1 (1028b2-4), la disciplina metafisica sembra essere
implicitamente determinata in riferimento a una questione centrale:
Aristotele, infatti, afferma che quando noi chiediamo che cos' l'ente?
Chiediamo: che cos' la sostanza?
Cio, quando noi chiediamo che cos' l'ente? chiediamo che cosa
esiste?, o meglio quali cose esistono?. In Zeta 1 Aristotele riduce la
questione dell'ente alla questione della sostanza, cio, la questione cosa
esiste? alla questione cosa esiste primariamente?. Egli assume che, una
volta stabilita la categoria della sostanza, gli accidenti in qualche maniera
seguono.
A questo punto si pone un drammatico problema? Quali cose esistono?
Infinite. E come dominare scientificamente (con una scienza) le infinite
cose che esistono?
Aristotele risolve il problema fornendo una classificazione e
categorizzazione della realt: le cose sono categorizzabili in generi e
specie, gerarchicamente organizzate. Per esempio, il gatto esiste; quindi,
anche i mammiferi esistono; quindi anche gli animali esistono. I gatti sono
39

una specie di mammiferi, e i mammiferi una specie di animali: di


conseguenza, queste tre cose saranno organizzate in una struttura
gerarchica. Procedendo verso l'alto di specie in genere pi generale,
arriviamo a pochi generi supremi, che Aristotele, come sappiamo, chiama
categorie, che dovrebbero essere dieci (Aristotele oscilla nei vari testi), ma
che comunque sono in numero limitato: sostanza, qualit, quantit,
relazione, dove, quando, avere, giacere, fare, subire.
Il passo di Zeta visto sopra, e cio 1028a10-13, sembra implicare che ci
sono tanti sensi di esistere quante sono le categorie (e tante categorie quanti
sono i sensi di esistere).
La prima cosa da osservare che la prima categoria quella delle
sostanze, mentre le altre sono tutte di accidenti.
Ora, nella sequenza:
- il gatto esiste
- il giallo esiste
- un chilogrammo esiste
- la paternit esiste
- piazza Vecchia esiste
ecc. ecc.
l'esistenza del gatto diversa dall'esistenza del giallo, che diversa
dall'esistenza del chilogrammo, ecc.
Di fatto, per, Aristotele sembra parlare solo di due esistenze differenti:
quella della sostanza, che primaria; e quella di tutti gli altri accidenti, che
secondaria, derivata. Cerchiamo allora di spiegare l'esistenza degli
accidenti in termini di esistenza delle sostanze, seguendo quello che dice
Aristotele in Metafisica Gamma.
Prendiamo un accidente nella categoria di qualit, diciamo il bianco.
Secondo Aristotele, il bianco esiste perch esistono sostanze che sono
40

bianche, come Socrate, mia madre, ecc. L'esistenza del bianco quindi
derivata, cio dipende dall'esistenza di sostanze bianche (o, pi
esattamente, delle superfici bianche).
Lo stesso discorso vale per le cose astratte, per esempio la saggezza (la
saggezza esiste solo perch vi sono sostanze sagge). e cos via per tutti i tipi
di categorie che non sono sostanze.
Qui c' una differenza notevole tra Aristotele e Platone. Platone riteneva
che entit come la Giustizia o la Saggezza possedessero un'esistenza
indipendente e eterna, in quanto Idee o Forme. Invece, Aristotele riteneva
che entit come queste esistono, ma possiedono un'esistenza parassitaria,
cio dipendente dalle sostanze giuste o sagge.
E lo stesso vale addirittura per i numeri. Anche qui vi una posizione
differente per Platone e per Aristotele. Per Platone, i numeri hanno
un'esistenza eterna e indipendente (sono non esattamente delle forme,
perch sono molteplici, ma sono intermedie); per Aristotele i numeri
esistono solo perch esistono sostanze numerabili.
Addirittura, la relazione esiste, cio, un'entit, perch esistono due
sostanze che stanno in questa relazione: la paternit esiste perch esiste x
che sta in una relazione di paternit con y.
In definitiva, nel libro Gamma, Aristotele dichiara che c' una scienza
che si occupa degli esistenti. Qui, esistenza, va intesa in senso molto
astratto (non come esistenza corporea, spazio-temporale, ma come
esistenza/sussistenza, anche di enti non corporei), cio come una propriet
che appartiene davvero a ogni entit. Per capire cosa qui si intende, vale la
pena di fare un esperimento mentale. Prendiamo Socrate che, constatiamo,
un concentrato di propriet. Se eliminiamo tutte quante le propriet, e ci
chiediamo cosa resta di Socrate una volta fatta questa operazione,
risponderemo: ci che resta un qualcosa che c', un sostrato esistente che
41

permane unitario, indipendentemente da tutte le propriet che riceve. Esso,


che la sostanza, c' primariamente, mentre le propriet che ad esso
ineriscono, ci sono (e non ci sono) secondariamente.
Aristotele, quindi, stabilisce come presupposto un'asimmetria tra
l'esistenza della sostanza e quella degli accidenti.

42

5: Le categorie
Testi principali: Categorie
Testo scelto: Categorie 7
Abbiamo visto che ente si dice in molti sensi, cio che esistere
significa molte cose. Questo potrebbe costituire un problema per le scienze,
dal momento che esse si occupano di cose che esistono.
Unopera aristotelica che pare occuparsi dei differenti sensi di essere
il testo giovanile Categorie, che infatti si occupa delle categorie dellessere.
Nel libro in questione, la dottrina sembra piuttosto articolata, mentre
altrove A. sembra avere delle idee un po vaghe. Lidea generale
comunque identificabile, anche se di essa sono state date pi versioni.
Prima versione: secondo la dottrina tradizionale, le categorie sarebbero
generi dellessere. Pi precisamente, gli enti sarebbero un genere divisibile
in dieci specie: sostanza, qualit, quantit, relazione, dove, quando, avere,
giacere, fare, patire. Una questione, molto discussa, e se questa lista sia
esaustiva (addirittura sono state inventate altre categorie).
Ma questo modello non adeguato al pensiero di Aristotele per due
ragioni:
1) tra la sostanza e le altre categorie c una separazione importante. Le
sostanze sono gli enti fondamentali, gli altri accidenti (o propriet)
esistono in modo dipendente dalle sostanze. La prima revisione da
fare sarebbe quindi quella che vede le sostanze da una parte e le altre
categorie dallaltra.
2) Ma lobiezione pi importante che questo modello presenta gli enti
come se fossero un genere di cui le categorie sono le specie. Tuttavia,
per Aristotele, lessere non un genere, perch essere si dice in
molti sensi, si applica cio a cose differenti con significati differenti
43

(che non sono le sue specie). Il rapporto genere/specie piuttosto di


sinonimia: animale, infatti (genere) si applica a cane, gatto, bue,
ecc., con lo stesso significato.
Seconda versione
Il termine greco kategoria non corrisponde al nostro uso (categoria
come classe o insieme), ma vuol dire predicato. Si tratta di un termine
quasi-tecnico che A. usa nella logica, dicendo per esempio che A si
predica (kategorein, verbo) di B. Ma come introdurre il predicato nello
schema delle categorie intese come significati dellente (vedi sopra,
Prima versione, schema che divide gli enti in sostanze da una parte e
accidenti dallaltra)?
Bisogna partire dalla proposizione incompleta, cio costituita da
soggetto + copula:
Socrate
Bisogna in seguito fare una lista di predicati attribuibili a Socrate, e
poi classificarli. Questa classificazione non per chiara, perch
Aristotele non spiega come distinguere tra i vari tipi di categorie. Egli
per fornisce qualche indicazione: per esempio, fornisce una serie di
domande con pronomi interrogativi, del tipo chi?; dove?, ecc. (ancora
una volta legati alla lingua greca).
Chi Socrate? Un uomo.
Come Socrate? Bianco.
Quanto grande Socrate? Un metro e settanta.
In relazione a chi Socrate? In relazione a sua moglie Santippe.
Ecc. ecc.
Sono le risposte a tali questioni che forniscono la lista delle categorie
(Sostanza, qualit, quantit, relazione, ecc.). Tutto questo resta per un
po vago, perch sembra legato allaccidentalit della lingua greca.
44

Problema: perch, introducendo le categorie, Aristotele parla di sensi


di ente/essere?
Aristotele stesso suggerisce almeno tre possibili risposte, che non sono
equivalenti:
i) tutti i predicati sono legati al soggetto dalla copula . Aristotele
suggerirebbe che la copula prende dieci significati differenti, che
dipendono dal predicato che le associato. Ma non affatto evidente (in
nessuna lingua), che il verbo sia ambiguo in tal senso.
ii)

--- pallido una cosa pallida esiste


--- grande una cosa grande esiste
ecc.

Aristotele in tutti questi casi penserebbe nel senso di esiste. La


differenza della classe dei predicati produrrebbe una differenza nel senso di
esistere. Ancora una volta ci non chiaro, e al massimo possiamo
distinguere tra esistenza indipendente (delle sostanze) e esistenza
dipendente (degli altri accidenti). Tuttavia, vi sono testi aristotelici che
suggeriscono tale versione.
iii)

--- pallido il pallore esiste


--- grande la grandezza esiste
ecc.

Questa versione potrebbe essere ricondotta a ii) poich, come sappiamo,


per Aristotele (contrariamente a Platone) il pallore esiste perch c una
sostanza (mettiamo, Socrate) che pallida.
Testo: Categorie 7, 6a36-b2 + 8a13-33
6a36 Relative sono dette le cose che sono dette ci che sono di altre cose, o
in virt di qualunque altra relazione ad altra cosa. Per esempio, il pi grande
detto ci che di unaltra cosa (infatti detto pi grande di qualche cosa) e il
doppio detto ci che di unaltra cosa (infatti detto doppio di qualche cosa).
45

Ugualmente per tutte le altre cose di questo tipo.


8a13 C un problema: forse che nessuna sostanza detta relativa (come
sembra), oppure possibile per alcune 8a15 sostanze seconde. Quanto alle
sostanze prime, vero, perch n le sostanze intere n le loro parti si dicono
relative: un uomo individuale non detto uomo individuale di qualche cosa, n
un bue individuale, bue individuale di qualche cosa; la stessa cosa anche per le
parti: una mano individuale non detta mano individuale di qualche cosa (ma
mano di qualche cosa), 8a20 una testa individuale non detta testa individuale
di qualche cosa (ma testa di qualche cosa).
La stessa cosa per le sostanze seconde, per la maggior parte. Per esempio,
luomo non detto uomo di qualche cosa, n il bue, bue di qualche cosa, n il
legno, legno di qualche cosa (ma detto la propriet di qualche cosa). Ora, in
tali casi evidente 8a25 che non si tratta di cose relative. Ma per alcune
sostanze seconde la cosa discutibile. Per esempio, una testa detta testa di
qualche cosa, una mano detta mano di qualche cosae cos per tutte le cose di
questo tipo. Di conseguenza, queste cose sembrano trovarsi tra le cose relative.
Ora, se la definizione delle cose relative fosse formulata in modo
soddisfacente, o 8a30 molto difficile o impossibile risolvere il problema
mostrando che nessuna sostanza detta relativa. Ma se la definizione non fosse
formulata in modo soddisfacentese relative sono piuttosto le cose il cui essere
si identifica nel trovarsi in una certa relazione a qualche cosa, in questo caso
si potrebbe forse trovare qualche cosa da dire.

La prima frase incomprensibile. Per, per capire la definizione di


relativi data da Aristotele nelle prime righe, possiamo partire da una
distinzione vagamente famigliare:
a) le cose che sono dette ci che sono per se = le sostanze
b) le cose che sono dette ci che sono di altre cose = relativi, per
esempio, i genitori. I genitori, infatti, sono detti genitori di qualche cosa,
cio dei figli.
Lesempio proposto da Aristotele il pi grande. Secondo Aristotele,
questo predicato relativo perch si dice pi grande di. Si tratta,
insomma, di quei predicati che non funzionano da soli, ma devono essere
completati da qualche altra cosa.
o in virt di qualunque altra relazione ad altra cosa: Aristotele vuol
dire che i predicati
Fs
46

sono relativi
se e solo se
il predicato F (per esempio, padre) vero di qualunque cosa x (per
esempio, mio padre), in quanto x si trova in una certa relazione qualche
cosa daltro (per esempio, mio fratello).
La definizione di relativi data pone un problema per alcune sostanze, che
potrebbero essere dette relative (mentre Aristotele non vuole assolutamente
considerarle come tali).
Il problema non si pone per le sostanze prime (cio per le sostanze
individuali, come questo bue individuale, Socrate, ecc.), perch non si dice
questo bue di qualche cosa in modo relativo (cio, non si definisce il bue
individuale in rapporto a qualche cosa daltro; in compenso padre viene
definito in rapporto a qualche cosa daltro, il figlio).
Anche per le parti delle sostanze prime il problema non si pone: infatti se
io parlo della mano di Socrate, questo di Socrate non esprime relazione
ma possesso. Se io dico la mano di Socrate bella, la formula mano di
Socrate non relativizza, ma individua la mano di cui parlo.
Neppure per le sostanze seconde (cio per le sostanze universali, come
uomo, bue, ecc.) si pone il problema. Uomo in generale, infatti, non si
definisce in rapporto a qualcosa desteriore.
Invece il problema sembra porsi per le parti delle sostanze seconde:
infatti, per definire ad esempio la testa, sembra necessario dover ricorrere
al corpo, di cui la testa appunto testa.
Per Aristotele si pu risolvere il problema passando dal livello
linguistico al livello della realt: Aristotele propone una nuova definizione
(relative sono piuttosto le cose il cui essere si identifica nel trovarsi in una certa
relazione a qualche cosa) che secondo lui permetterebbe di escludere tutte le

sostanze (anche le parti) dallessere relative.


47

6: Le sostanze
Testi principali: Metafisica , Z, H,
La prima tra le categorie, la sostanza , ousa. E la pi importante e
quella che pone i problemi pi grandi.
La discussione sulla sostanza si trova nei libri Zeta, Eta e Theta della
Metafisica, i libri pi difficili di questopera, soprattutto perch non
chiaro dove Aristotele vada a parare, procedendo per tentativi.
Quello che certo che le sostanze sono cose di base, fondamentali, enti
che si trovano alla base degli altri enti. Le sostanze, come afferma
Aristotele nelle categorie, non si dicono di altro, mentre le altre cose sono
dette di esse.
Quindi, il predicato ---- una sostanza, equivale a una cosa
fondamentale.
I problemi di Aristotele sono essenzialmente due:
1) specificare un po questa idea di sostanza;
2) chiarire quali sono queste sostanze di base.
1) Lanalisi della sostanza avviene attraverso la considerazione di due
caratteristiche:
i) la separatezza/separabilit delle sostanze (christos): esse infatti non
dipendono da altre cose (al contrario per esempio della salute o dei numeri,
che esistono in dipendenza da altre cose).
Ma in che senso si parla di indipendenza? Se prendiamo infatti un
esempio di sostanza aristotelica per eccellenza, un albero, diremo che esso
sembra invece unentit dipendente (dal sole, dallacqua, dalla semenza).
Questo punto per non pertinente: vero che lesistenza dellalbero
dipende in modo causale, naturale, da altre cose; tuttavia, la salute dipende
48

dal corpo in modo diverso dal tipo di dipendenza dellalbero dal sole.
Questa dipendenza logico-concettuale (si sa a priori che la salute esiste in
quanto qualit dei corpi).
Ora, per Aristotele, vi sono cose che non dipendono logicamente da
altre: le sostanze separabili/separate, infatti, esistono senza riferimento ad
altro.
ii) le sostanze sono essenziali. La parola ousa spesso tradotta con
essenza al posto di sostanza. Il che corretto.
Essenza = caratteri centrali di un tipo di oggetto tali che questo tipo di
oggetto

deve

possedere

queste

caratteristiche,

che

fungono

da

caratteristiche di base per spiegare altre caratteristiche.


Es: loro malleabile, giallo, ecc.
Tutte queste propriet dipendono dalla struttura molecolare delloro, che
quindi costituisce la sua essenza.
Il problema come trovare queste propriet, ma lidea delle propriet
essenziali si trova ancor oggi alla base di ogni scienza.
In generale si afferma che il termine ousa sia ambiguo tra essenza (che
sempre essenza di qualche cosa) e sostanza (che invece sostanza senza
riferimento ad altro). Ma forse non si tratta di vera e propria ambiguit, ma
di stretta connessione.
Se prendiamo la frase
Socrate un uomo
vediamo che un uomo da una parte un predicato essenziale che
specifica una propriet di base di Socrate; dallaltro un predicato
sostanziale che appartiene alla categoria di sostanza.
Secondo Aristotele, quando ci si trova di fronte a propriet essenziali, il
posto del predicato deve sempre essere riempito da propriet di base. Si
pu dunque identificare la sostanza allessenza, nel senso che le
49

predicazioni sostanziali sono sempre essenziali, e viceversa.


Aristotele cos, parla di sostanza come di un tode ti, cio di i) qualche
cosa (in greco tode, qualcosa di separato) ii) di un certo tipo (in greco ti,
che esprime le propriet essenziali). Proprio perch dotate di queste
caratteristiche, Aristotele ha sempre avuto difficolt a individuare le
sostanze.
2) Quali sono queste sostanze di base? Si tratta di partire da una
caratterizzazione piuttosto ampia, che ci possa aiutare a determinare se una
cosa una sostanza oppure no.
Il testo scelto affronta tale questione.
Testo: Metafisica Z 3
- Si parla della sostanza in quattro sensi principali, se non in pi: in effetti, 1028b35
lessenza e luniversale e il genere sembrano essere la sostanza di ciascuna cosae
anche, quattro, il sostrato (upokeimenon). Il sostrato ci di cui tutte le altre cose
sono dette mentre lui non detto di nientaltro. Per questa ragione il sostrato che
bisogna 1029a1 in primo luogo discutere; infatti, la sostanza sembra essere
particolarmente il primo sostrato.
- Ora, la materia detta sostrato in un certo modo, la forma in un altro, il composto di
esse in un terzo. Per materia intendo per esempio il bronzo, 1029a5 per forma (morph)
la configurazione (schema) o la figura, per composto dei due la statua. Di conseguenza,
se la forma anteriore alla materia e pi ente di essa, per la stessa ragione essa sar
anteriore al composto dei due.
- Ora, noi abbiamo dato un abbozzo di ci che la sostanzacio, essa ci che non
detta di un sostrato, mentre le altre cose sono dette di essa. Ma non bisogna limitarsi a
questa caratterizzazione: 1029a10 essa in se stessa non chiara, e inoltre la materia
diventerebbe allora sostanza. In effetti, se la materia non sostanza, ci sfugge quale
altra cosa lo sar, infatti, se le altre cose sono eliminate, sembra che nulla resti. Le altre
cose sono affezioni e atti e capacit dei corpi, mentre la lunghezza, la larghezza e la
profondit sono delle quantit e non delle sostanze, 1029a15 (una quantit non una
sostanza): la sostanza, piuttosto, la prima cosa a cui queste quantit appartengono. Ma
se la lunghezza e la larghezza e la profondit vengono eliminate, noi non vediamo nulla
che restasalvo se ci che determinato da esse qualche cosa. Se quindi riflettiamo
in questa maniera, solo la materia deve apparire come sostanza.
- 1029a20 Per materia intendo ci che non detto essere per s n qualche cosa, n una
certa quantit, n alcunaltra delle cose per le quali lente determinato. Infatti c
qualcosa di cui ciascuna delle cose predicata, il cui essere non sidentifica a quello di
nessuno dei predicati (in effetti, le altre cose sono predicate della sostanza, e questa
della materia). Di conseguenza, il sostrato ultimo in s non n qualche cosa, n una
quantit, 1029a25 n nullaltro ().
- Ora, da queste considerazioni risulta che la materia sostanza. Ma questo

50

impossibile; infatti, essere separabile e essere un questo qualche cosa (tode ti)
sembrano soprattutto appartenere alla sostanza.

Primo paragrafo: ci sono quattro candidati per essere sostanze (essenza,


universale, genere, sostrato), di cui il pi probabile sembra il sostrato. Il
sostrato qualcosa di cui si dice qualcosa, ma che a sua volta non
predicabile di altro.
Secondo paragrafo: se si parla di sostrato, si ha una scelta di tre cose: i)
forma, ii) materia, iii) composto dei due.
Terzo paragrafo: se la sostanza si identifica con il sostrato, allora si deve
identificare con la materia. Ma vista la definizione di materia data da
Aristotele nel quarto paragrafo (sostrato del tutto privo di determinazioni),
la materia non sostanza, e non lo sar neppure il sostrato (contrariamente
a quanto si creduto allinizio del testo), se non in senso debole.
Ma che cosa intende Aristotele per materia in questo capitolo?
A) introduzione del concetto di materia: bisogna sempre ricordare che la
materia va sempre con la forma (materia di qualche cosa; forma di qualche
cosa; oggetto come composto dai due, nel senso che ha queste due
caratteristiche assieme). La statua, per esempio, un composto di materia
8es. bronzo) e forma (es. lanciatore di giavellotto).
B) descrizione della materia: praticamente la descrizione di nulla,
essendo ci che resta una volta tolte tutte le propriet. Ma la materia
qualcosa: come dunque Aristotele pu dire che la materia praticamente
nulla? In realt Aristotele dice che materia qualcosa che non detta per
s, cio non ha caratteristiche essenziali. Le qualit come colore,
grandezza, lunghezza, ecc. non sono presenti nella materia in s, ma sono
accidentali. Tutte le propriet che si riconoscono come materiali non sono
essenziali ma accidentali. E comunque certo che Aristotele arriva ad una
conclusione esagerata, perch della materia qualcosa si pu dire.
51

7: La natura
Testi principali: Fisica I-II; Le parti degli animali I

Come abbiamo visto in precedenza Aristotele si occupa principalmente


delle sostanze, tra cui quelle naturali. Le sostanze naturali sono quelle che
rientrano nella physis, termine greco che deriva dal verbo phy, che
significa crescere).
Luniverso di Aristotele diviso in due mondi totalmente separati:
1) la parte sublunare
2) cieli.
Queste due parti obbediscono a leggi naturali diverse e sono fatte di
materie diverse.
1) il mondo sublunare costituito da quattro elementi fondamentali
(terra, acque, aria, fuoco), ognuno dei quali ha qualit diverse (caldofreddo; secco-umido) e movimenti diversi (alto-basso). Il loro mlange
costituisce tutti gli esseri naturali.
2) il mondo dei cieli invece costituito dalletere (cosiddetto quinto
elemento). Quindi, secondo Aristotele, il sole (che fa parte del cielo) non
caldo, perch fatto di etere e non di fuoco. Il motivo per cui riscalda la
sua velocit, talmente sostenuta che produce calore al suo passaggio.
Mondo sublunare
Gli esseri del mondo sublunare si muovono (movimenti verso lalto e
verso il basso) per imitare la perfezione degli dei-astri (i quali a loro volta
si muovono di movimento circolare perch attratti dal (o dai) motori
immobili. Quello che per importante notare che per A. ciascun essere
naturale ha in s una natura interna, unessenza, che un principio di
movimento e di sviluppo (cio di cambiamento. A. sostiene che ci siano
quattro tipi di cambiamento: locale; di quantit (aumento/diminuzione); di
52

qualit (alterazione); sostanziale (generazione/corruzione)), che fa degli


esseri naturali quello che sono (ivi compreso il loro aspetto). Ci implica
che ci sono sviluppi e movimenti naturali, in modo tale che ogni essere
naturale possiede un movimento naturale (naturale nel senso che grazie alla
natura interna, lessere si muove in un determinato modo).
La natura si comporta quindi in modo regolare, altrimenti non potremmo
descriverla. Essa insomma si comporta secondo leggi naturali che per
valgono solo per la maggior parte (epi to pol) degli esseri naturali. Il
mondo dei cieli, invece, ha le proprie leggi (studiate dallastronomia) senza
eccezioni.
Quindi, per il mondo sublunare c una sorta di regolarit ma non
universale. Tuttavia, questo non inficia la regolarit, per A. leccezionalit
della natura qualcosa che accade, che ha anche la sua ragione
(limperfezione della materia), ma che fa parte della natura. Del resto A. ha
ragione: in effetti anche la fisica moderna formula le sue leggi sulla base di
una sorta di idealizzazione dei fenomeni, che non esistono cos come essa
la descrive).
Testo: Fisica II 1, 192b8-32
192b8 Fra gli enti, alcuni sono per natura, altri per altre cause: per natura, gli animali
e le loro parti, le piante e 192b10 i corpi semplici, come terra, fuoco, acqua, aria; di
queste cose, infatti, e di altre dello stesso tipo, diciamo che esse sono per natura, ed
esse differiscono chiaramente da quelle che non sono composte per natura.
Qualunque essere naturale, infatti, ha in se stesso un principio di movimento e di
riposo, gli uni quanto al luogo, gli altri 192b15 quanto allaccrescimento e alla
diminuzione, altri quanto allalterazione. Al contrario un letto, un mantello e ogni
altro oggetto di questo tipo, in quanto ciascuno ha diritto al suo predicato, e nella
misura in cui prodotto dellarte, non possiede nessuna tendenza naturale al
cambiamento, ma <la possiede> solo in quanto esso in pietra o in legno 192b20 o
in un miscuglio di queste cose, e sotto questo rapporto, cosicch la natura un
principio e una causa di movimento e di riposo per la cosa in cui essa risiede
immediatamente, per essenza e non per accidente.
- Dico non per accidente perch potrebbe capitare che un uomo, in quanto medico,
fosse lui stesso la causa della propria salute; 192b25 e tuttavia, non in quanto ha

53

ricevuto la guarigione che possiede larte medica; ma, per accidente, lo stesso uomo
medico e ricevente la guarigione; queste due qualit possono anche separarsi luna
dallaltra. La stessa cosa per tutte le altre cose fabbricate: nessuna ha in essa il
principio di fabbricazione; alcune lo hanno in altre cose, e fuori di esse, per esempio
una casa e qualunque oggetto manufatto delluomo; altre lhanno in loro stesse, ma
non per essenza, cio tutte quelle che possono essere per accidente cause per loro
stesse.

La prima cosa da osservare in questo testo che la natura si comporta


come una causa (si veda prima riga: fra gli enti, alcuni sono per natura,
altri per altre cause). Si noti poi la lista degli esseri naturali, in cui A.
introduce anche i quattro corpi semplici, terra, aria, acqua, fuoco. A.
afferma che qualunque essere naturale ha in s il principio di
cambiamento (qui egli elenca solo tre dei quattro tipi di cambiamento:
luogo, qualit, quantit).
Il fatto di avere in s il principio di cambiamento ci che distingue
gli esseri naturali dagli esseri artificiali. Infatti, un letto o un mantello
non possiedono una tendenza naturale al cambiamento, salvo grazie alla
materia di cui sono fatti. Per esempio, un letto fatto di legno pu
germogliare, ma non in quanto letto, ma in quanto fatto di legno
(quindi per accidente e non per essenza).
Nella successiva sezione, A. spiega il per accidente, allo scopo di
mostrare perch gli esseri artificiali non hanno in s il movimento.
Prende lesempio del medico che causa la guarigione in se stesso:
x medico
x guarito.
medico non dipende da guarito; in effetti, medico ed
guarito si trovano nello stesso uomo accidentalmente, perch possiamo
avere il caso in cui x uomo e x guarito sono separati.
Stesso discorso per gli oggetti artificiali. Prendiamo lesempio del
letto:

54

i) questo letto germoglia


ii) questo letto comodo.
ii) non dipende da i), ma i) e ii) si trovano in questo pezzo di legno
accidentalmente, perch possono anche essere separati (es. il letto di
metallo, che comodo ma non germoglia).

55

8: La causalit
Testi principali: Fisica II; Le parti degli animali I; Metafisica

Lo studio delle cause si trova ovunque in Aristotele: nella Fisica, nella


Metafisica, nelle opere biologiche, nei Secondi Analitici (vedi sopra,
Analitici Secondi I 2, 71b9-72b4). Ma quando si parla di causa in
Aristotele (e in Platone) non si parla esattamente della causa in senso
moderno, in quanto noi siamo abituati a pensare alla causa come a qualche
cosa (individuo (Socrate spinge Platone), o stato di cose (il calore del sole
causa dello scioglimento del burro)) che fa qualche cosa, in senso attivo,
cio che produce un effetto.
In greco il termine causa aitia o aition (aggettivo che significa
responsabile, autore di qualcosa. Una formula equivalente, utilizzata da
Aristotele (e prima di lui, da Platone) dioti, letteralmente perch, che
possiamo sostantivizzare dicendo il perch. Come ho detto, queste due
espressioni sono equivalenti:
x causa di y se e solo se x fornisce il perch di y.
Alla domanda perch y?, si risponde dicendo perch x. La risposta,
cio, il perch, fornisce la spiegazione causale di y.
Esempio:
Perch la statua fonde? Perch fatta di bronzo. Questo perch
fornisce la spiegazione causale di quel perch.
Ora, per questa illustrazione della causa si presentano due problemi
che manifestano chiaramente una sorta di dcalage tra la nostra nozione di
causa, e il perch.
1) il perch pu essere utilizzato per introdurre la spiegazione di
qualche cosa: ma causa e spiegazione non si riferiscono alle stesse
cose, perch la spiegazione pi ampia.
56

Vediamo due esempi che possono chiarire quello che sto dicendo:
i) esempio tratto dalle verit matematiche:
22 minore di 32
perch
2 minore di 3.
In questo caso, la relazione causa/effetto non sembra adattarsi alle
scienze astratte come le matematiche: in compenso, la spiegazione
funziona. In effetti, il fatto che due alla seconda un numero pi piccolo di
tre alla seconda si spiega con il fatto che due un numero pi piccolo di tre
(ma non si pu propriamente dire che 2 minore di 3 causi 22 minore
di 32).
ii) esempio tratto dallesperienza quotidiana:
nevica. Perch? inverno.
Qui inverno spiega il fatto che nevica. In questo caso, dare una
spiegazione significa citare un contesto in cui questo fenomeno risulta
normale. Ma non possiamo dire che l'inverno causa direttamente la neve.
2) altro problema: il perch implica una spiegazione in forma di
proposizione.
Se io dico y perch x
sto dicendo: il fatto che nevica avviene perch inverno.
nevica e inverno sono due proposizioni.
Se io invece dico
x causa di y
riempio x e y con due nomi (o due nominalizzazioni):
per esempio: linquinamento causa del riscaldamento terrestre.
Quindi, da un punto di vista linguistico, non c' un'esatta corrispondenza
tra causa e perch. Dal punto di vista delle scienze esatte, laddove si
57

usa un concetto di causa, non vi una causalit attiva, ma una spiegazione.


Ora, Aristotele non considera questo dcalage. Spesso, egli fornisce
degli esempi della forma
x aitia di y,
in cui, piuttosto che di causa, si potr parlare di spiegazione.

Testo: Fisica II 3, 194b16-195b30


194b16 () bisogna esaminare le cause, di quale natura e quante siano. Poich il
nostro studio ha per oggetto il conoscere, e noi non crediamo di conoscere nulla
prima di aver afferrato il perch di ogni cosa (cio, di aver afferrato la causa prima),
chiaro che dobbiamo fare la stessa cosa 194b20 per la generazione e la corruzione e
ogni cambiamento naturale, in maniera tale che, conoscendo i principi delle cose,
cerchiamo di ricondurvi ogni cosa che noi ricerchiamo.
- In un senso, la causa ci da cui, come suo costituente interno, una cosa fatta,
come per esempio il bronzo causa della statua e largento della coppa, cos come i
194b25 loro generi. In un altro senso, la forma e il modello, e questa la
definizione dellessenza, e i suoi generi (per esempio, il rapporto di due a uno per
lottava e generalmente il numero), e le parti della definizione. Ancora, ci da cui
proviene il primo inizio del cambiamento e del riposo; per esempio, 194b30 lautore
di una decisione causa, il padre causa del figlio e, in generale, lagente causa di
ci che fatto, ci che produce il cambiamento di ci che cambiato. Ancora, come
fine; e questo lin-vista-di-cui, per esempio, la salute causa della passeggiata; in
effetti, perch passeggia? Per la sua salute, diciamo, e, con questa risposta, noi
pensiamo di aver fornito la causa. 194b35 E anche tutto ci che, mosso da altra cosa
rispetto a s, intermediario del fine, come per esempio, per la salute, 195a il
dimagrimento, la purga, i rimedi, gli strumenti; infatti, tutte queste cose sono in vista
di un fine, e differiscono tra di loro per il fatto che le une sono azioni, le altre sono
strumenti.
- Ecco grosso modo in quanti modi si dicono le cause; ma poich 195a5 le cause
sono dette in molti modi, accade che le cause di una stessa cosa siano molteplici, e
questo non per accidente; per esempio, per la statua, larte statuaria e il bronzo, e
questo non in rapporto a qualche cosa daltro, ma in quanto statua, per non nello
stesso senso: una come materia, laltra come ci da cui proviene il movimento. Ci
sono anche delle cose che sono cause 195a10 luna dellaltra, come per esempio lo
sforzo fisico del buono stato del corpo, e questo dello sforzo fisico, ma non nello
stesso senso: luno come fine, laltro come principio del movimento. Inoltre, la stessa
cosa pu essere causa dei contrari: in effetti, di ci che grazie alla sua presenza
causa delleffetto, noi constatiamo lassenza come causa delleffetto contrario, come
per esempio lassenza del pilota causa del naufragio, laddove la sua presenza era
causa di salvezza.
195a15 - Ora, tutte le cause cha abbiamo menzionato cadono sotto le quattro specie
pi manifeste: le lettere in rapporto alle sillabe, la materia in rapporto agli oggetti
fabbricati, il fuoco e le altre cose in rapporto ai corpi, le parti in rapporto al tutto, le
58

ipotesi in rapporto alla conclusione, sono cause come ci da cui. Di queste cose, le
une sono cause come sostrato, 195a20 per esempio le parti, le altre come essenze, il
tutto, il composto, la forma; daltra parte il seme, il medico, lautore di una decisione,
e in generale lagente, tutto questo ci da cui proviene linizio del cambiamento o
del riposo. Altre cose come fine e bene delle altre cose: infatti, lin-vista-di-cui
195a25 vuol essere cosa eccellente e fine delle altre cose; poco importa il dire che si
tratta del bene in s o del bene apparente.

La teoria delle quattro cause.


In questo testo Aristotele presenta la sua teoria delle quattro cause. Si
tratta di una teoria molto celebre, tipica di Aristotele (ne parler anche nel
libro Alpha della Metafisica): ma forse, sarebbe meglio parlare di teoria
delle quattro spiegazioni.
Ci sono due problemi nella teoria aristotelica;
1) si tratta di una teoria di quattro tipi di causa, oppure di un'analisi dei
significati di un termine (aitia) ambiguo? Nel primo caso, si tratterebbe di
un termine (aitia) che ha un solo significato, ma specie differenti (come
animale, che significa la stessa cosa sia quando si parla di un gatto, sia
quando si parla di un uccellino, o di un pesce). Nel secondo caso, si
tratterebbe di un termine ambiguo (come ad esempio pesca che significa
sia il frutto che l'arte di catturare dei pesci: si tratta di un termine che ha
due significati che non hanno nulla in comune).
Aristotele non lo dice: ma la teoria delle quattro cause , come vedremo,
una mescolanza tra le due cose.
2) perch solo quattro cause?
Aristotele non lo dice, ma nel libro Alpha della Metafisica considera le
ricerche dei suoi predecessori, e trova quattro cause e basta. Questo
significa che, prima di lui, per analizzare i fenomeni e la realt sono state
necessarie solamente quattro tipi di spiegazione.
Lidea aristotelica che governa tutto il testo che conosciamo qualche
cosa se e solo ne conosciamo la causa prima (aitia prote). Cosa vuol dire
59

causa prima? L'idea che ci troviamo di fronte a una sequenza di questo


tipo:
A perch B perch C....perch Y, perch Z. Immaginiamo che oltre Z
non ci sia null'altro: Z sar allora la causa prima, ovverosia la sommit
della catena esplicativa. Z, invece, non verr spiegato da nulla, sar
inesplicabile (o, in termini scientifici, auto-evidente). Gli altri membri
saranno anch'essi cause (cio, membri della spiegazione), ma solo Z sar la
causa prima13.
Avremo quindi un sistema di derivazione:
Z
Y
.
.
.
.
C
B
---------A
La causa: una spiegazione in forma proposizionale.
Nel libro Zeta della Metafisica (1041a10), Aristotele dichiara che
quando si domanda perch?, si domanda perch una cosa appartiene a
un'altra cosa?.
Cosa vuol dire? Ebbene, sul piano della realt, questo significa:
perch una propriet appartiene a una determinata sostanza?
Sul piano logico-linguistico:
13

Vedi Metafisica, alpha piccolo: ogni catena di cause deve avere un primo termine (non pu cio risalire
allinfinito).

60

perch un predicato appartiene a un dato soggetto?14.


Quindi, la causalit in Aristotele , o dovrebbe essere, una teoria di
quattro tipi di spiegazione causale per le propriet delle cose (forse con la
parziale eccezione della causa efficiente, che assomiglia un po pi alla
nostra causa, anche se non tutti sono daccordo).
Chiariremo questo concetto fornendo quattro esempi destinati a illustrare
i quattro tipi di causa secondo Aristotele.
1) Causa materiale :
per illustrare il primo tipo di causa (la causa materiale), prendiamo
esempi che lo stesso Aristotele presenta nella Fisica:
- il bronzo causa della statua
- l'argento causa della coppa.
Sappiamo, perch Aristotele che lo dice, che la causa il perch:
Perch la statua?. Perch il bronzo.
Perch la coppa?. Perch l'argento.
Ma questo che senso pu avere?
Sulla base di quello che Aristotele dice in Metafisica Zeta 1041a10,
possiamo dire la cosa seguente:
il bronzo la causa della statua nel senso che esso spiega perch la statua
possiede determinate propriet.
Per esempio:
la statua bruna perch fatta di bronzo
la statua fonde perch fatta di bronzo
ecc. Vi sono, cio, molte cose che sono vere della statua a causa del fatto
che essa fatta di bronzo. Si noter la trasformazione di
il bronzo causa della statua
14

Si noti che Aristotele non fa che riprendere il concetto di causa che si trova in Platone: cfr. Fedone,
95b-102a.

61

a
la statua fonde perch fatta di bronzo.
Si tratta di spiegazioni in forma proposizionale.
Quindi, per la spiegazione materiale possiamo dare la seguente formula:
x

perch x fatto di

x = un soggetto;

= un predicato;

= materia.

2) Causa formale:
vale lo stesso discorso. Vediamo un esempio di Aristotele, che possiamo
trarre dal libro Alpha della Metafisica:
perch gli uomini sono capaci di praticare la filosofia?
perch sono esseri razionali
cio, appartiene loro la propriet di essere razionali.
x

perch x

x = un soggetto;

= un predicato;

= una parte della definizione di x,

cio un predicato che rientra nella definizione essenziale di x. Infatti, la


causa formale riguarda quei predicati che dipendono dalla definizione della
cosa a cui tale predicato si applica.
3) Causa efficiente:
quella che generalmente considerata pi vicina al nostro concetto
moderno di causa, intesa cio come qualcosa di attivo, distinto dall'effetto,
e che produce qualche cosa.
Contro questa teoria, per, c' un argomento forte, cio che Aristotele
non presenta in nessun caso, per questo tipo di causa, una caratterizzazione
diversa rispetto alle altre cause. Quindi, anche per questa causa, occorrer
cercare una spiegazione nei termini di perch x?
cio, nei termini di una spiegazione che appunto spieghi lappartenenza
di un predicato a un soggetto (o di una propriet alla sostanza). Per
esempio: il figlio ha gli occhi blu perch il padre ha gli occhi blu.
62

perch y

x = un soggetto; y = un altro soggetto:

= un predicato (che appartiene

sia a x che a y).


Tuttavia, nel caso della causa efficiente, Aristotele fa intravedere anche
un concetto pi vicino al nostro: quello di un agente, di qualcosa che fa
qualcosa. In effetti, lo stesso Aristotele (vedi Metafisica Alfa, 983a30-32)
definisce questa causa come principio a partire da cui ha inizio il
movimento, facendo di essa un principio dinamico esterno che trasmette
delle propriet (es. la mano, che calda perch il fuoco che la lambisce
caldo).
4) causa finale: invece, il caso della causa (spiegazione) finale
differente. Qui non vogliamo trovare la formula che ci servita per
caratterizzare le altre, cio, alla
domanda che utilizza perch? non vogliamo utilizzare come risposta
perch. Lo stesso Aristotele ci d la formula:
perch
affinch

?
.

Affinch in greco eneka ou, letteralmente l'in vista di cui. Esempio


di Aristotele: perch passeggia? al fine di essere sano, cio, al fine di
ottenere (o preservare) l'essere sano.
x

al fine di essere

x = soggetto;
predicato);

= passeggiante (per Aristotele passeggia un

= un altro predicato (una propriet che si vuole acquisire).

Per ritornare al senso del termine aitia, possiamo dire che il termine
possiede due significati, perch e in vista di. Il primo si distingue in tre
perch: il perch materiale, il perch formale, il perch efficiente (anche
se, in questultimo caso, con qualche riserva).

63

9: La teleologia
Tra le quattro cause viste, si distingue quella che noi chiamiamo causa
finale, a cui Aristotele si riferisce con una formula composta dalla
preposizione eneka (in-vista) pi larticolo o pronome relativo al genitivo
tou (di-qualche-cosa o in-vista-di-cui): in-vista-di-cui.
Ora, la causa finale fornisce una spiegazione che lega dei
comportamenti, che si possono esprimere con le proposizioni. Si possono
pensare due proposizioni che hanno una relazione tale che la prima cosa
espressa dalla prima proposizione accade per (allo scopo di) permettere la
seconda cosa (espressa dalla seconda definizione).
Es. Ho preso un taxinon sono in ritardo.
Alla domanda perch x? (perch ho preso un taxi?) rispondo con allo
scopo di y (allo scopo di non essere in ritardo).
Si tratta di una risposta a un perch.
In generale, per spiegare un comportamento determinato si fa ricorso ai
desideri e alle credenze del soggetto del comportamento. C sicuramente
uno stretto legame tra spiegazioni di questo tipo e la formula allo scopo
di.
Es.: perch hai preso un taxi? perch desideravo non arrivare in ritardo
+ perch credevo che il taxi fosse il mezzo pi rapido per arrivare.
Ma, per Aristotele non c una relazione, almeno non nella trattazione
della sua teoria delle quattro cause, tra allo scopo di e desideri e credenze.
Se consideriamo lesempio di causa finale data da Aristotele
1) ho passeggiato a causa della mia salute
si potrebbe dire che tale frase corrisponda a
2) ho passeggiato perch volevo diventare sano.
Ma per Aristotele, tra le due frasi ci sono delle differenze:
64

i) in 1) la causa segue la mia passeggiata, cio, la salute la causa, e io la


posso ottenere grazie alla passeggiata. Si tratta del solo caso in cui la causa
segue leffetto. Invece in 2) il mio desiderio e la mia volont precedono la
mia azione ( perch voglio diventare sano che passeggio).
ii) ci sono casi in cui le cause non esistono, ma restano cause: per
esempio, ho camminato, non ho ottenuto la salute, ma la salute resta la
causa della mia passeggiata. E nel caso degli atti intenzionali?
Il finalismo nella natura
Fino ad ora abbiamo preso esempi di atti umani, che sono facilmente
spiegabili nei termini di desideri, credenze e volont. Ma per Aristotele
nella natura nella sua interezza che si trova il senso primo del finalismo.
Per esempio, possiamo individuare una spiegazione finale a certi
comportamenti animali: per esempio, il ragno tesse la sua tela allo scopo di
catturare le mosche. Questo per non ha nulla a che fare con la volont i
desideri, le credenze del ragno. Almeno per Aristotele. Quindi, per il ragno
i) vero che tesse la sua tela allo scopo di catturare le mosche
ii) ma falso che tesse la sua tela perch vuole catturare le mosche.
Altri esempi aristotelici: le querce hanno lunghe radici per (allo scopo di)
radicarsi meglio, perch per esempio allorigine si trovavano in luoghi
particolarmente ventosi.
Aristotele non crede che gli alberi abbiano desideri e volont; tuttavia,
essi manifestano (possiamo vedere letteralmente) dei comportamenti allo
scopo di qualche cosa.
Altri esempi, considerati lungamente nelle opere biologiche di
Aristotele: le parti degli animali. Per esempio, secondo Aristotele, gli
animali come noi possiedono denti aguzzi per lacerare il cibo e piatti per
masticarlo. In tutta una serie di casi comportamentali e forme naturali, si
possono invocare delle spiegazioni finali che non hanno nulla a che fare
65

con la volont di animali e piante in questione. Bisogna poi aggiungere che


Aristotele non crede che nella natura ci sia finalismo ovunque: per
esempio, afferma che ci sono casi di eventi naturali senza spiegazione
finale, per esempio, il colore degli occhi.
Tuttavia Aristotele pensa che la finalit si trovi in natura quasi ovunque.
Qual allora la differenza tra il finalismo aristotelico e il finalismo
diciamo standard ?
Normalmente, quando si parla del finalismo in natura, si pensa ad una
intelligenza (Dio, il Demiurgo platonico, ecc.) che fabbrica il mondo come
una macchina, in cui ogni pezzo ha la sua funzione, decisa appunto dal
Demiurgo. Questa per esempio lidea di Galeno, celebre medico e
filosofo del II secolo dopo cristo, che scrive unopera per spiegare la
funzione di ogni parte, anche la pi piccola, della mano umana.
Forse Aristotele attribuisce intenzioni del tipo demiurgico, se non alle
creature naturali e a un artigiano che le fabbrica, almeno alla natura stessa ?
Vi sono passi in cui Aristotele parla della natura come di un artigiano
intelligente, ma ce ne sono altri in cui Aristotele fornendo spiegazioni finali
dettagliate (per esempio, nei suoi scritti biologici), non fa alcun riferimento
ai progetti della natura o alle intenzioni dellartigiano. Anzi, d
limpressione di voler spiegare una serie di comportamenti e forme naturali
senza assolutamente riferirsi a un disegno generale che governerebbe la
natura intera. Se allora non possibile spiegare la teleologia aristotelica nei
termini di un piano intenzionale, allora la possiamo spiegare come una
sorta di funzionalismo. In generale, la maggior parte delle caratteristiche
strutturali e comportamentali degli animali e delle piante ha una funzione.
Tali caratteristiche, cio, permettono attivit essenziali, o almeno utili,
allorganismo. Si pensi ad esempio alle zampe palmate delle anatre, che
permettono allanatra di nuotare, sapendo che nuotare una parte
66

essenziale della vita di unanatra.


Perch lanatra palmipede?
Allo scopo di nuotare.
Queste spiegazioni non hanno nulla a che fare con gli atti intenzionali: si
tratta di una funzione, e Aristotele vede ovunque nella natura delle
funzioni.
Come vedremo ora nel testo, non bisogna confondere il funzionalismo
aristotelico (allo scopo di) con la teoria della selezione naturale, che non
utilizza spiegazioni finalistiche ma meccanicistiche: lidea che, per
esempio, lanatra palmipede a causa di ci che precede (i suoi genitori,
anchessi palmipedi) e non a causa di ci che segue (allo scopo di
nuotare). Cio, leredit dellanatra le permette di sopravvivere, mentre
invece, se il suo organismo non fosse adattato a una certa attivit essenziale
per la sua sopravvivenza, non potrebbe sopravvivere, o vivrebbe con
difficolt.
Testo scelto: Fisica II 8, 198b10-199a8

Prima di tutto bisogna dire che la natura si trova nelle cause in-vista-di cui, poi come
il necessario esiste nelle cose naturali. Infatti, tutti riconducono le cose a questa causa,
dicendo che, poich il caldo per natura tale e il freddo tale, ecc., tali cose sono e
divengono per necessit; 198b15 infatti, se essi invocano unaltra causa, appena lhanno
toccata labbandonanocome colui che parla dellamore e dellodio, o laltro
dellintelligenza.
Ma si presenta una difficolt, (1) che cosa impedisce alla natura di agire non in vista
di un fine n perch meglio, ma come Zeus fa pioverenon per far aumentare il
raccolto ma per necessit? In effetti, levaporazione, essendosi innalzata, deve
raffreddarsi e, essendosi raffreddata e divenuta acqua, deve discendere; 195b20 e
quando questo capita, ne consegue che il raccolto aumenta. Ugualmente, se la raccolta
si perde sullaia, non in vista di questo scopo che piove (allo scopo che esso si perda),
ma ne risulta. (2) Quindi, cosa impedisce che sia cos anche per le parti? Per esempio,
che i denti crescano per necessit, gli incisivi aguzzi 195b25 e adatti a lacerare, i molari
larghi e atti a triturare, che non siano stati generati in vista di ci ma che si tratti di
coincidenza? Ugualmente per le altre parti dove sembra vi sia lin-vista-di-cui. Ora,
dove tutto accaduto come se fosse accaduto in-vista-di-cui 195b30 in questi casi le
cose sono conservate in quanto esse possiedono, per caso, una costituzione opportuna,
mentre le cose che non sono tali sono perite e perisconocome Empedocle dice dei
67

bovini a muso umano.


(3) Ecco un argomento che potrebbe presentare delle difficolt, e ce ne sono altri. Ma
impossibile che sia cos. In effetti, queste cose e tutte quelle che esistono per natura, si
producono come sono 195b35 o sempre o nella maggioranza dei casi, il che non il
caso per le cose che dipendono dalla fortuna o dal caso: non si crede che per fortuna o
per coincidenza se spesso piove in inverno, ma se piove durante la canicola, n se fa
caldo durante la canicola, ma se cos in inverno. 199a1 Se quindi queste cose
accadono o per coincidenza o in vista di qualche cose, e se non possibile che esse
accadano per coincidenza o per caso, esse accadranno in-vista-di-cui. 199a5 ma tutte le
cose di questo tipo sono per natura, anche secondo coloro che sostengono queste tesi.
Lin-vista-di-cui si trova dunque tra le cose che divengono e sono per natura.

Prima di tuttointelligenza.
Aristotele pensa che tutto ci che accade, accada per necessit, e che
questo sia compatibile con la finalit, e questo contrariamente a coloro che,
ammettendo la necessit, rifiutino il finalismo.
Aristotele (a) deve giustificare l affermazione secondo cui la natura ha
un fine e (b) deve mostrare in che modo sia coinvolta la necessit nei
fenomeni naturali.
Infatti, gli altri fisici riconducono i fenomeni alla necessit, cio,
spiegano gli eventi naturali come il risultato necessario di ci che precede.
Es: il caldo per natura tale; il freddo per natura tale. I fenomeni quindi
accadono di necessit; e i fisici di fatto accettano questa teoria, utilizzando
molto poco le altre cause che tuttavia menzionano. Per esempio, lamore e
lodio (Empedocle), o lintelligenza (Anassagora). Aristotele vuol dire che
ci sono dei predecessori che hanno afferrato la causa finale, ma senza
svilupparla in maniera adeguata. Nella continuazione del testo troviamo (a),
cio la giustificazione del finalismo.
Nel secondo paragrafo (ma si presenta una difficoltmuso umano),
Aristotele presenta una difficolt contro la tesi del finalismo in natura. Si
tratta di un argomento in tre tappe:
(1) Aristotele constata che vi sono eventi naturali in cui si ha a che fare
con la necessit e non con il finalismo. Qui Zeus menzionato non come
68

causa finale, ma come causa meccanica. Zeus, afferma Aristotele, non invia
la pioggia per permettere al raccolto di aumentare; piuttosto, la pioggia
segue di necessit dalle condizioni preesistenti, e laumento del raccolto
segue di necessit. La pioggia dunque, una spiegazione meccanicista.
Solo dopo la raccolta aumenta. Ma sarebbe stupido dire che il fine della
pioggia laumento del raccolto, perch la stessa pioggia pu far marcire il
raccolto, e sarebbe sciocco dire che il fine della pioggia far marcire il
raccoltoLa spiegazione sar quindi: piove, e questo fa aumentare il
raccolto.
(2) Ora, nulla impedisce che questo accada anche in altri casi, per
esempio per le parti dei corpi organici (tipico caso di finalismo
aristotelico). Potrebbe succedere che i denti si producano per necessit, e
che le loro forme per le loro funzioni (incisivi per lacerare, molari per
masticare) siano il risultato di una causa precedente. Gli oppositori di
Aristotele potrebbero dire che i molari omogeneizzano il cibo, senza per
questo ammettere che essi siano l a questo scopo. Sarebbe la selezione
naturale, dicono gli avversari, responsabile di certe conformazioni degli
animali (es. che loca sia palmipede). In questo modo, gli animali che
possiedono una costituzione appropriata (per caso e per fortuna, non allo
scopo di!) possono sopravvivere, gli altri no.
(3) Il resto del capitolo (capitolo 8 del secondo libro della Fisica)
contiene una serie di risposte al meccanicismo. Nel nostro testo ne abbiamo
solo una.
Prima premessa:
- le cose naturali si producono sempre o nella maggior parte dei casi.
Seconda premessa:
- quindi, le cose naturali non si producono per caso (= senza causa).
Terza premessa:
69

le cose naturali capitano o per caso (=senza scopo) o con scopo.


Conclusione:
-le cose naturali accadono con uno scopo (infatti accadono nella maggior
parte dei casi).
Forma dellargomento: P (le cose naturali non accadono per caso); P (le
cose naturali accadono per caso) Q le cose naturali accadono con uno
scopo); quindi Q (le cose naturali accadono con uno scopo).
Difficolt dellargomento:
i) Aristotele utilizza la formula per caso in modo ambiguo: una volta
nel senso di senza causa (in opposizione a ci che viene detto nella prima
premessa, e cio che le cose naturali hanno quasi sempre una causa),
unaltra nel senso di senza uno scopo;
ii) la conclusione troppo forte anche per lo stesso Aristotele, perch
egli non crede che tutte le cose naturali abbiano uno scopo.

70

10: La psicologia
Testi principali: LAnima; Sulla sensazione
Nelluniverso aristotelico ci sono due distinzioni:
1) cielo/terra (mondo sublunare);
2) mondo sublunare (fatto di esseri viventi (animali, piante) e esseri non
viventi (pietre, ecc.) e mondo lunare (fatto di esseri viventi, cio astri).
Gli esistenti del mondo lunare sono oggetto della scienza astronomica,
quelli del mondo sublunare sono invece oggetto di molteplici discipline
(biologia, zoologia, ecc.), inclusa la psicologia (che daltra parte non
chiamata cos da Aristotele).
La psicologia si situa cos tra le scienze della natura, ed strettamente
apparentata alla biologia, e soprattutto alla zoologia. per A. la psicologia
connessa sia alla scienza sperimentale che alla filosofia e alla logica,
perch per lui la distinzione tra scienze empiriche e scienze analitiche non
esisteva ancora.
La traduzione di psych con anima ancora una volta fuorviante, anche
se troppo radicata per cercare unaltra traduzione. In effetti, la psych
aristotelica ci che fa la differenza tra gli esseri viventi e esseri non
viventi, sicch il fatto di essere vivente ha come conseguenza logica quella
di possedere una psych. Questo significa che essa posseduta da tutti gli
esseri viventi, anche dagli alberi. Anima quindi non coincide con psych,
nella misura in cui sarebbe stupido dire che gli alberi hanno unanima.
Cos dunque la psych?
E ci che distingue gli esseri viventi dagli esseri non-viventi. Varie le
risposte che sono state date dai presocratici: aria; sangue; tipo di atomi che
si trovano ovunque nel mio corpo (Epicuro), ecc. Tutte queste sono risposte
materialiste, nel senso che si pensato che lanima fosse una parte fisica
71

del corpo. Con Platone, per, si trova una risposta diversa: lanima si
configura essere una parte del corpo incorporea, un principio attaccato al
corpo che lo fa funzionare.
Contrariamente a quel che si crede, nessun filosofo greco post-platonico,
con la parziale eccezione di Aristotele, ha accettato la soluzione platonica.
Perfino i primi cristiani (come ad esempio Tertulliano) hanno ritenuto che
lanima fosse una parte corporea, altrimenti come sarebbe possibile che le
anime dei peccatori brucino allinferno?
Aristotele non accetta n la soluzione materialistica, n quella platonica
secondo cui lanima sarebbe unaggiunta incorporea al corpo. Piuttosto, fa
una sorta di miscuglio delle due, difficile da spiegare perch lui stesso
procede per tentativi.
In De anima II, 1-2 Aristotele fornisce ben tre definizioni di anima.
Prima definizione: lanima la prima attualit di un corpo organico e
potenzialmente vivente.
Attualit: richiama la celebre teoria aristotelica di potenza/atto, che in
pratica presenta la distinzione tra avere la capacit di divenire qualcosa
(potenza) e essere realmente qualcosa.
Dire per esempio che i pomodori non sono rossi in atto ma in potenza
significa dire che essi hanno la capacit di diventare rossi. Essi saranno in
atto quando saranno effettivamente rossi. La distinzione potenza/atto la
tematizzazione di unidea conosciuta: vi sono cose che possono realizzarsi,
altre no. Es. sono in potenza a Parigi, ma non sono in potenza su Giove.
Prima attualit: rispetto ai vari gradi di attualit.
Di un corpo organico: di un corpo organizzato in parti che possono fare
qualcosa (organi) in atto, cio realizzato.
Lanima come prima attualit di un corpo: per esempio, la prima volta
che un gattino ha aperto gli occhi per vedere.
72

Potenzialmente

vivente:

per

distinguerlo

dalle

macchine

che

costituiscono anchesse una organizzazione di parti ma non vivente.


Questa definizione significa grosso modo questo: possedere unanima
significa essere un corpo dotato di strumenti dazione che esso pronto ad
utilizzare.
Seconda definizione: lanima la forma di un corpo vivente.
A. fornisce unanalogia. Consideriamo una sega per tagliare il legno:
dovremo scegliere il materiale adatto (es. metallo), e dargli una forma. Ora,
noi potremmo scegliere tra varie figure di sega (infatti posso utilizzare
seghe di varie forme per tagliare il legno), quindi non c ununica figura
della sega. Ci di cui A. parla quando nomina la forma sar piuttosto la
funzione, la configurazione della forma. La psych come forma del corpo
appunto la capacit di questo corpo qui.
Questa definizione significa dunque: il possesso di unanima d al corpo
la capacit di vivere.
Questa per quasi una tautologia, visto che essere vivi ha come
conseguenza logica avere la psych.
Aristotele distingue quattro capacit psicologiche (che distinguono
appunto gli esseri viventi dagli esseri non viventi, che non possiedono
queste capacit):
1) la capacit di nutrirsi
2) la capacit di percepire
3) la capacit di pensare in senso lato
4) la capacit di movimento.
Secondo A., queste capacit formano una sorta di gerarchia. Ma ci che
importante sottolineare che sufficiente una sola capacit per essere
viventi (es. le piante, che posseggono solo la capacit di nutrirsi), e quindi
per possedere lanima. Luomo possiede tutti i tipi di capacit. E poi vi un
73

essere superiore, dio, che possiede 3) e 4) (questo per limitatamente ai


motori immobili, perch il motore immobile appunto immobile), ma
certamente non possiede 1) e probabilmente neanche 2).
Testo scelto: Lanima, II 6, 418a7-25
418a7 In ci che concerne ogni senso, bisogna innanzitutto parlare degli oggetti della
percezione. Loggetto di percezione si dice in tre modi, di cui diciamo che due sono per
se, laltro per accidente. Dei due 418a10 primi, luno proprio a ogni senso, laltro
comune a tutti. Chiamo proprio quello che non si pu percepire per mezzo di un altro
senso, e rispetto al quale non ci si pu sbagliare, come per esempio la vista del colore,
ludito del suono, il gusto del sapore. Il tatto, quanto a lui, ha come oggetto pi
differenze. Ma almeno 418a15 ognuno giudica riguardo a queste cose e non si sbaglia
sul colore o sul suono, ma su ci che la cosa colorata , oppure dove essa sia, o su ci
che produce il suono oppure dove esso sia. Le cose di questo tipo sono chiamate proprie
ad ogni senso, mentre il movimento, il riposo, il numero, la figura, la grandezza sono
comuni, perch essi non sono propri a nessun senso, ma comuni a tutti. In effetti, un
certo movimento oggetto di percezione sia per il tatto sia per la vista.
418a20 Si parla di oggetto di percezione per accidente se per esempio questo bianco
il figlio di Diare; in effetti per accidente che lo si percepisce, perch ci che si
percepisce accidentalmente unito al bianco. E anche per questo che non si
modificati dalloggetto della percezione in quanto tale. Tra gli oggetti di percezione per
se, ci sono i propri che sono oggetto di percezione propriamente detti, ed in rapporto
ad essi che 418a25 lessenza di ogni senso naturalmente determinata.

Nel testo scelto Aristotele tratta della percezione, e dichiara che


innanzitutto dobbiamo trattare gli oggetti della percezione. Perch
dobbiamo farlo? In effetti, per stabilire cos la percezione, potremmo
prendere tre direzioni possibili: i) considerare lente che possiede la
capacit; ii) considerare loggetto della capacit, iii) considerare la
relazione tra i due.
Per A. bisogna per prima cosa trattare loggetto della capacit, e non
spiega perch, ma forse la risposta banale: molto pi semplice parlare
delloggetto della capacit rispetto agli organi di essa, poich loggetto
visibile, quotidiano.
Ora, ci spiega A. nella continuazione del testo, loggetto di percezione si
dice in tre modi, due per se (proprio e comune), uno per accidente. Il fatto
74

che A. affermi che loggetto si dice in tre modi lascia aperta una certa
ambiguit: infatti, non si capisce se A. vuol dire che ci sono tre tipi di
oggetti di percezione o tre significati di un termine (oggetto di
percezione) ambiguo.
Sensibile per se:
oggetto di percezione proprio: loggetto che appartiene a un solo senso
(il colore per la vista, il suono per ludito, il sapore per il gusto);
oggetto di percezione comune: loggetto che, afferma A., comune a
tutti i sensi. Tuttavia, difficile pensare ad un oggetto percepibile da tutti i
sensi. Inoltre, quando A. commenta uno degli esempi di sensibili comuni
(movimento, riposo, numero, figura, grandezza), e cio il movimento, dice
che esso oggetto di percezione sia per il tatto che per la vista. Quindi
dovremo ridurre la portata di quel che dice A. e affermare che i sensibili
comuni sono quelli percepiti da pi di un senso. Comunque, anche
lesempio di movimento come sensibile comune un po discutibile.
Per ci che riguarda la distinzione tra sensibili per se e sensibili per
accidente, lesempio dato da A. quello di questo bianco figlio di Diare.
per rendere lesempio pi chiaro, possiamo cambiarlo e riflettere sul colore
della mai borsa. Secondo Aristotele io vedo la mia borsa solo per accidente,
cio grazie a qualcosa daltro che appartiene alla borsa, il suo colore. Il
colore accidente della borsa, ma ci che la vista vede propriamente.
Le due tesi aristoteliche, insomma, sono queste:
i) (tesi implicita): vediamo la borsa (e in generale le cose) solo grazie al
colore;
2) (tesi implicita): vi una teoria della percezione con i cinque sensi
collegati e subordinati.

75

11: La politica
Lo scopo delluomovedremo nelletica, quello di realizzare la sua
natura particolare, cio la propria razionalit. Ma questo non basta: secondo
Aristotele, infatti, gli uomini non sono individui isolati, e leccellenza
umana non pu essere praticata da un individuo isolato. Perch? Perch
per Aristotele luomo per natura politico. E lo stato (che per Aristotele
coincide con la citt-stato, cio la polis, incarnata da Sparta e Atene)
unentit naturale. La politica di Aristotele, dunque, cio lo studio dello
stato, si basa su una definizione di uomo come naturalmente politico, e di
stato come entit naturale.
Svilupperemo ora un poco lidea di uomo come animale politico per
natura. Laltra idea, quella di stato come entit naturale, invece sviluppata
nel testo scelto.
Luomo per natura animale politico
Lidea di uomo come animale politico viene sviluppata nel libro I della
Politica. La definizione (uomo =df animale politico) subordinata alla
scienza della zoologia, di modo che la politica sembra cadere sotto il
genere zoologia: luomo, cio, risulta essere un animale di una certa
specie.
Nella Storia degli animali, 488a2ss., Aristotele presenta una distinzione
secondo cui gli animali si dividono in i) solitari e in ii) gregari.
Questi ultimi (gli animali che vivono assieme), si dividono a loro volta
in iia) non sociali (puramente gregari: per esempio le pecore, che vivono
assieme ma facendo ciascuna i fatti propri) e iib) sociali (che si aiutano a
vicenda, come uomini, api, vespe formiche, gru).
Luomo poi, a differenza degli altri animali, politico (cio, abita la
polis con forme di governoin questo senso anche le api per Aristotele
76

sono politiche, perch ad esempio hanno lape regina, che segno di


politicit) perch, come vedremo nel testo scelto, il solo in grado di
percepire bene e male, giusto e ingiusto, e il comunicarsi queste cose
costituisce la base di famiglia e stato.
Essere politico (caratteristica essenziale delluomo) significa allora
abitare una comunit dove c qui governa e chi governato, e questo
secondo leggi, che si deve assicurare siano rispettate. Invece gli animali
puramente sociali collaborano assieme, ma senza governo n regole
(=leggi). In tal senso, politico non una caratteristica essenziale che
dipende dalla definizione di uomo (ugualmente celebre) come animale
razionale, perch abbiamo visto che anche le api sono in certo qual modo
politiche. La politica rientra nel quadro della zoologia, e questa
osservazione va presa seriamente: cos come le formiche e le gru hanno
comportamenti determinati dalla loro natura, ugualmente luomo per
natura (e non per convenzione) politico.
Questo per non significa che per A. tutti gli uomini sono politici. Come
per tutte le leggi naturali, anche la politicit delluomo vale per lo pi,
cio nella maggioranza dei casi. Le eccezioni sono dunque ammesse. Il
fatto che luomo sia per natura politico, e che quindi viva nella polis, non
impedisce che ci siano individui che fuori-polis, quelli che le hanno
fondate. Aristotele vuol dire che per garantire la vita politica luomo deve o
ha dovuto fare qualcosa fuori politica. Questo non una contraddizione: da
una parte noi facciamo qualcosa per natura (cio abbiamo un
comportamento politico); dallaltra, ogni tanto, bisogna fare qualcosa che
metta in moto il comportamento naturale. Si tratta insomma di una
tendenza naturale che ha bisogno di essere avviata.
Per A. quindi essere politico significa vivere nella polis. Lo stato ideale,
per il nostro filosofo, non deve mai superare i centomila abitanti, perch A.
77

ha in mente citt antiche come Atene e Sparta. Le citt-stato in effetti


costituiscono la realt di base per la teoria politica aristotelica. Il che in
certo qual modo bizzarro, visto che Aristotele fu listitutore di Alessandro
il Grande, responsabile proprio della distruzione delle citt-stato.
Nondimeno, A. non perse la convinzione della correttezza della citt-stato
come forma corretta del viver civile.
Il cittadino
Data la tendenza naturale delluomo per il comportamento politico, ci si
potranno porre tre questioni:
1) chi deve governare, cio quale forma di governo per A. ideale;
2) in relazione a che cosa si deve governare, visto che il governo politico
in teoria non dirige tutta la vita delluomo;
3) quali sono le questioni politiche e quali quelle private.
In generale A. non ha trattato le varie questioni in modo chiaro, ma ci
sono indicazioni che portano a pensare che egli fosse totalitarista (cio, che
pensasse ad uno stato forte e molto interventista nella vita degli individui) e
non molto interessato alla questione delle libert individuali. E per vero
che ci che resta della Politica di Aristotele incompleto, e non possiamo
escludere che se ne fosse occupato
Quanto alla domanda 1), e cio chi debba governare, la maggior parte
della Politica cerca di rispondere proprio a questo. Egli discute tale
questione sotto la rubrica pi generale di costituzione, perch per lui
essere cittadino significa avere il diritto, e probabilmente anche il dovere,
di partecipare alla costituzione delle leggi e alle corti di giustizia. Questo
costituisce una differenza tra cittadini ed abitanti della citt. I primi,
per essere tali, devono avere caratteristiche razionali, perch per A., anche
se luomo animale razionale, vi sono uomini che non sono capaci di
ragionare, che di fatto sono la maggior parte del genere umano (i barbari,
78

gli schiavi, i bambini, le donne). La teoria sulle donne ha basi


scientifiche: Aristotele dice che le donne sono mutilate, come i castrati
(egli osserva gli animali castrati e nota che hanno comportamenti
femminili).
Chi deve governare, dunque? I cittadini sotto una determinata forma di
governo, tenendo presente che la forma di governo si applica solo alla
classe selezionata dei cittadini (nel senso che solo essi si occupano di
guerra, governo e culto. Gli altri obbediscono).
Alla domanda chi deve governare? ci sono tre possibili risposte:
i) una sola persona tra i cittadini (non necessariamente una monarchia
ereditaria);
ii) un piccolo gruppo
iii) tutti i cittadini.
Secondo queste tre possibilit, Aristotele presenta sei forme di governo
(che chiama costituzioni), di cui tre degradate in relazione alle altre tre (a
seconda che si segua linteresse comune o quello privato)
forma positiva

forma degenerata

- monarchia

tirannia (potere assoluto)

- aristocrazia (da aristos =eccellente)

oligarchia (potere di pochi)

- democrazia (da demos, popolo)

ochlocrazia (ochlos = plebe)

Per ci che riguarda i nomi, si tratta evidentemente di stipulazioni; ci


che importante notare che ci sono sei tipi di governo che hanno valori
differenti: il meglio per A. sarebbe la monarchia, qualora si sia in presenza
di un uomo particolarmente eccellente; il peggio la tirannia. Tra le due si
collocano (in ordine di valori) aristocrazia, democrazia, ochlocrazia e
oligarchia.
Di fatto, Aristotele ritiene che un uomo adatto alla monarchia non esiste;
quindi, realisticamente, opta per la democrazia, cio per un governo di
79

cittadini di ceto medio.


Da notare che A. riconosce che lo schema delle forme di governo non ha
molto valore perch troppo semplice. In effetti, egli ha riconosciuto che la
domanda non quante persone devono governare?, ma quali persone
devono governare?. Per rispondere a questa domanda, ha individuato pi
criteri: ricchezza, nobilt di famiglia, valore militare, ecc.
In rapporto alla questione chi deve governare?, la risposta dipender in
ultima istanza dal tipo di governo. Secondo Aristotele ce ne sono diversi
tipi, tra cui esercito, marina, culto religioso: si tratta di tipi di ministero,
che hanno compiti diversi e che si occupano di parti diverse del governo
della polis. Per ognuna di queste parti, si risponder diversamente: per i
preti con unoligarchia ereditaria, per lesercito con unoligarchia non
ereditaria, per giustizia, leggi, ecc., con la democrazia. Le differenti forme
di governo funzioneranno insomma a seconda del ministero (termine
moderno che usiamo solo per chiarire ci che A. aveva in mente), cosicch
esse saranno adatte a seconda della parte di governo in questione. La
domanda sar allora: quale forma di governo in relazione a un ministero
dato?
Rispetto alle domande 2) e 3), la prima cosa da tenere presente che lo
stato per A. unentit naturale, e come tale ha lo scopo di dare
lopportunit di vivere bene. La buona vita da A. identificata con
leudaimonia, che come vedremo nellEtica, lo scopo di ogni uomo. Dato
il valore etico dello stato, A. prevede un suo forte intervento nella vita dei
cittadini. Questo non tanto nelleconomia (che riguarda innanzitutto le
famiglie, mentre lo stato non possessore dei mezzi di produzione), anche
se lo stato interverr con leggi che regolano il comportamento economico
dei cittadini. In compenso, lintervento sar forte nelle questioni sociali.

80

Lo stato per natura


Nel testo scelto, Aristotele vuole dimostrare due cose
1) che la citt per natura
2) che la citt anteriore allindividuo.

Testo scelto: Politica I 2, 1252a25, 26 + 1253a1-25

1252a25 Se si esaminano le cose a partire dalla loro origine, qui come negli altri casi
si condurr lo studio nel modo migliore.
1253a1 E evidente che la citt (polis) per natura, e che luomo per natura un
animale politico (politiks): quindi, chi vive fuori dalla citt (polis) per natura e non per
caso o degradato o sovra umano, proprio1253a5 come quello biasimato da Omero
privo di fratria, di leggi, di focolare. Infatti cos di natura e contemporaneamente
desideroso di guerra, giacch isolato, come una pedina al gioco degli scacchi. Perci
chiaro che luomo animale politico pi di ogni ape e animale gregario. La natura,
infatti, come diciamo, non fa niente invano; 1253a10 e solo luomo, tra gli animali,
possiede la parola: certamente la voce segno di ci che doloroso e gioioso, e per
questo ce lhanno anche gli altri animali (fin qui giunge la loro natura, di avere la
sensazione di quanto doloroso e gioioso, e di segnalarselo reciprocamente), mentre la
parola fatta per mostrare il giovevole e il nocivo 1253a15 cosicch anche il giusto e
lingiusto; questo infatti proprio delluomo rispetto agli altri animali, di avere, egli
solo, la percezione del bene e del male, del giusto e dellingiusto, e delle altre cose; la
comunanza di queste cose costituisce la famiglia e la citt. E per natura la citt
anteriore alla famiglia e a ciascuno di noi. 1253a20 Infatti, il tutto devessere
necessariamente anteriore alla parte: infatti, soppresso il tutto, non ci sar pi piede n
mano, se non per omonimia, come se si dicesse una mano di pietra (tale sar infatti una
volta distrutta), ma tutte le cose sono definite dalla loro funzione e capacit, sicch
quando non sono pi tali non si deve dire che sono le stesse se non 1253a25 per
omonimia. E evidente dunque che lo stato (polis) per natura e precede lindividuo.

La citt per natura


La prima frase mostra che A. ha lo scopo lorigine, levoluzione e lo
scopo dello stato. Per poter fare ci, egli propone una sorta di metodo
genetico, cio di considerare la storia delluomo politico dallorigine alla
costituzione dello stato. Tale analisi basata sulla credenza, radicata in
Aristotele, nel progresso antropologico. Egli presenta una speculazione
antropologica progressiva e ottimista grazie alla sua tesi della teleologia

81

naturale. nella parte non riprodotta del testo (quella che si trova tra la prima
fase il testo che segue), Aristotele presenta il percorso che porta luomo
individuale

alla

polis,

passando

per

le

coppie

uomo/donna,

padrone/schiavo, padre/figlio, per arrivare alla costituzione del villaggio e


poi alla polis.
Nella successiva parte del testo (E evidentegioco degli scacchi)
Aristotele afferma che la citt per natura, e che luomo per natura
animale politico. Abbiamo gi visto la giustificazione della seconda
affermazione. Quanto alla prima, A. pensa che la citt faccia parte delle
cose naturali come causa finale e come causa formale. Come causa finale
perch, come A. ha spiegato appena prima del passo, lo scopo della citt
lassociazione degli uomini, e la natura un fine; come causa formale (cosa
che vedremo alla fine del testo) per ci che si gi visto a proposito degli
organismi naturali. La citt-stato vista come un organismo le cui parti (i
cittadini) esercitano differenti funzioni che realizzano la loro essenza di
uomini. Sulla base della tendenza naturale allassociazione politica, A.
afferma che luomo per natura animale politico, al punto che gli individui
al di fuori dello stato (per natura e non per caso: cio essenzialmente non
politici) sono o degradati al livello delle bestie feroci (violenti come una
pedina isolata, forse non pi umani), o sovrumani (abbiamo gi visto che ci
devessere qualcuno che fonda le citt, cio che metta in moto la tendenza
naturale politica).
Per ci chiaro che luomola famiglia e la citt.
Luomo animale politico pi di ogni ape e animale gregario (per la
classificazione tra animali gregari, sociali e politici, vedi sopra, inizio della
lezione sulla Politica). La vera differenza tra luomo e gli altri animali
passa attraverso il linguaggio. Infatti, gli animali hanno la voce per
comunicarsi reciprocamente il doloroso e il piacevole (condizione
82

necessaria ma non sufficiente per fondare lo stato. Ma solo gli uomini


hanno in pi il linguaggio, grazie al quale manifestare il vantaggioso e il
nocivo, e in seguito il giusto e lingiusto, e finalmente il bene e il male.
Questi ultimi, rispetto al piacevole e al doloroso, sono valori sociali,
perch non hanno alcun senso al di fuori della vita in comune. Da questo
punto di vista gli uomini hanno uno strumento naturale in pi degli altri
animali, il linguaggio, che permette la fondazione della citt e della
famiglia.
La citt anteriore allindividuo
E per natura la citt anteriore per natura e precede lindividuo.
Abbiamo gi visto questa tematica in rapporto alla teoria della teleologia
naturale. secondo A. la citt anteriore alla famiglia e allindividuo cos
come il tutto anteriore alla parte. Nei corpi di natura organica, infatti, le
parti si definiscono secondo la loro funzione e la loro virt (nel senso di
capacit a svolgere la funzione in modo eccellente), in modo tale che se il
tutto distrutto, anche la parte lo sar, e rester chiamata in modo
omonimo.
Esempio esplicativo: una mano si chiama mano e si definisce grazie alla
sua funzione nel corpo umano. se il corpo umano va distrutto, la mano non
avr pi la sua funzione. Essa continuer a chiamarsi mano, ma senza
avere pi la funzione grazie alla quale comprendiamo il termine mano
(sar mano solo per omonimia: manterr il nome, ma non avr pi la
definizione in comune con la vera mano, quella che svolge la propria
funzione nel corpo umano).
In questo modo A. ritiene di aver dimostrato che la citt per natura, e
anteriore allindividuo.

83

12 La poetica
Testi principali: Retorica; Poetica
Torniamo unultima volta allo schema delle scienze che si trova
allinizio di questa dispensa: scienze i) teoretiche (matematiche, filosofia,
ecc.), ii) pratiche (etica e politica) e iii) poietiche o produttive.
Le scienze produttive, di cui fanno parte retorica e poetica (ma anche le
tecniche), sono quelle che permettono di produrre qualcosa di differente
dallazione stessa.
La Poetica, trattato molto breve, di cui ci tra laltro giunta solo una
met, non parla tanto di emozioni, quanto di linguaggio. La maggior parte
di essa concerne ci che i commentatori hanno considerato come un trattato
di teoria letteraria. Tuttavia, questo punto di vista non era quello di
Aristotele, perch per lui la Poetica sarebbe piuttosto un contributo alla
scienza poietica. Ci significa che il suo scopo principale quello di dirci
non come giudicare unopera darte, ma come produrla. Infatti poetica
viene da poiein, che vuol dire fare, fabbricare.
Aristotele considera soprattutto la tragedia, e solo in modo subordinato
lepica (la narrazione, come Iliade e Odissea). Ha sicuramente trattato
anche la commedia, ma la parte ad essa relativa non giunta fino a noi
(sulla sua scomparsa si basato il celebre libro di U. Eco Il nome della
rosa). Comunque si pu dire che le osservazioni aristoteliche sulla tragedia
possono valere per lopera darte in generale.
Natura e scopo dellopera darte
Secondo Aristotele ci che il poeta produce unimitazione (poiesis). Le
parole per il poeta sono come il legno per falegname. Il falegname non
produce del legno, ma se ne serve per produrre un tavolo; allo stesso modo
il poeta non produce delle frasi ma se ne serve per produrre unimitazione
84

degli eventi umani. Loggetto della Poetica non quindi la letteratura


concepita come prodotto delle belle lettere, ma una finzione nel senso di
una imitazione della realt. Il problema allora quello di come produrre
delle buone imitazioni.
C quindi una differenza di scopo tra la poesia e per esempio la storia:
Tucidide ed Erodoto avevano lo scopo di dire la verit sugli eventi umani
passati, Omero e Sofocle invece avevano lo scopo di produrre delle
imitazioni. Ma di cosa? Come sappiamo, si ha imitazione quando si
produce qualcosa che non esiste, ma che un po come le cose che
esistono. Un caso celebre in Grecia era quello di un pittore che aveva
dipinto un quadro che raffigurava delluva. Limitazione era cos perfetta
che gli uccelli andavano a beccarla. Nella stessa maniera, Omero ha
prodotto dei guerrieri e dei personaggi come Ulisse che sono uomini, ma
non veri, e delle guerre che non hanno avuto luogo, almeno cos come le
racconta Omero. Per Omero ha prodotto una cosa come la guerra, e dei
personaggi come degli uomini, e questo grazie alle parole. Aristotele non
ha concepito lidea di unarte non imitativa (come per esempio la pittura
astratta), probabilmente per ragioni storiche, e cio che i quadri astratti non
esistevano. A. spesso infatti teorizza a partire dallesperienza. Come
abbiamo visto, la sua teoria politica si basa sulla politica greca dellepoca;
allo stesso modo la sua poetica si basa sulle opere poetiche che si
producevano alla sua epoca.
Due tipi di poesia
A. distingue due tipi di poesia:
i) quella drammatica: si tratta delle opere teatrali, cio della tragedia
(come ho detto prima A. ha probabilmente trattato anche la commedia, che
per non possediamo pi);
ii) la narrazione: si tratta dei poemi omerici, anche se vero che le opere
85

omeriche talvolta diventano un po drammatiche, quando per esempio


Ulisse parla in prima persona.
Comunque, come si gi detto, Aristotele si occupa soprattutto della
tragedia.
La tragedia e la catarsi
Lo scopo della tragedia la catarsi (katharsis), la purgazione delle
emozioni. Come vedremo nel testo scelto, secondo A., attraverso la piet e
la paura, la tragedia porta a compimento la purgazione di queste emozioni.
Questa una teoria celeberrima e molto contestata. Sicuramente A. utilizza
il termine catarsi in modo metaforico, ma ci sono due metafore esplicative
possibili:
a) una la purificazione religiosa: una volta purificati, si resta con le
proprie emozioni, ma in forma moderata;
b) unaltra la purgazione medica: si prende un vomitivo, e vomitando
ci si purga sia delle emozioni, sia del vomitivo stesso. In tale contesto, le
emozioni dovrebbero sparire.
Lidea insomma la seguente: assistiamo alla tragedia, e nella tragedia
vengono compiuti degli atti che suscitano paura e piet. Inseguito, si
produce la catarsi, il che significa che espelliamo queste emozioni, che
sono anche le stesse emozioni che producono lespulsione (il vomitivo).
Alla fine, saremo purgati di queste emozioni. nel primo caso, invece, quello
della purificazione religiosa, conserviamo le emozioni, ma in forma
moderata.
Non facile stabilire in quale dei due sensi Aristotele utilizzi il concetto
di catarsi. Altri testi suggeriscono forse la purgazione medica.
Ci sono per alcune perplessit riguardo questa teoria:
1) non sembra che sia ci che realmente accade quando assistiamo alla
tragedia. Non pare vero che, una volta vista la rappresentazione di Edipo
86

re, si ritorni a casa con le emozioni pi moderate, o anche senza emozioni;


2) di fatto Aristotele non spiega come avvenga questa purificazione.
Testo scelto: Poetica 6, 49b22-50a10
49b22 Discutiamo ora la tragedia, ricavando da ci che si detto quella che risulta la
sua definizione essenziale. Tragedia dunque (1) rappresentazione (mimesis) di
unazione nobile e completa, avente una propria grandezza, (2) con linguaggio elevato
49b25, separatamente per ciascuna delle specie nelle sue parti, (3) di persone che
agiscono e non tramite una narrazione, (4) la quale, per mezzo di piet e paura, porta a
compimento la purificazione (katharsis) di siffatte emozioni.
Dico linguaggio elevato quello fornito da ritmo e musica; separatamente per le
49b30 specie il comporre alcuni solo con versi, altri invece col canto. Poich agendo
che si realizza la rappresentazione, anzitutto di necessit una parte della tragedia sar
spettacolo, unaltra la musica e un altro lo stile. E con questi mezzi che si realizza la
rappresentazione. Intendo per stile la stessa composizione 49b35 dei versi e per canzone
ci la cui funzione perfettamente chiara. Poich rappresentazione di unazione, e un
atto compiuto da attori, che devono avere un certo carattere quanto alle loro
disposizioni e quanto alle loro idee (grazie a questi noi diciamo anche 50a1 che le
azioni sono dotate di una certa qualit, ed in seguito ad esse che tutti hanno successo o
falliscono), rappresentazione dellazione la storia (mythos); per storia intendo 50a5 la
composizione delle cose, per caratteri ci secondo cui diciamo che chi agisce ha una
propria qualit, per pensiero tutto ci con cui, parlando, si dimostra qualcosa o si
esprime un giudizio. E quindi necessario che di ogni tragedia ci siano sei parti grazie a
cui la tragedia ha una propria qualit: storia, caratteri, stile, 50a10 pensiero, spettacolo e
musica.

Questo testo estremamente celebre anche per la storia del teatro. Infatti
la definizione della tragedia qui contenuta stata presa a modello per la
produzione delle opere teatrali del XV-XVI secolo.
Il primo paragrafo definisce la tragedia. Il secondo paragrafo presenta
una serie di deduzioni a partire dalla definizione che stabiliscono le sei
parti essenziali della tragedia.
Definizione della tragedia
Discutiamo la tragediadi siffatte emozioni.
La prima osservazione da fare che non si tratta di una definizione
standard (del tipo genere + differenza specifica), ma di unenumerazione di

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quattro elementi essenziali:


(1) si tratta di una rappresentazione perch, come abbiamo visto, la
poetica mimesis, imitazione di un evento tramite parole;
- rappresentazione di un atto completo. E possibile che si tratti di un
solo atto? E in che senso parla di atto? Parla davvero di una sola azione,
o di un evento, costituito da pi azioni?
Inoltre, che significa atto completo? Per esempio, Edipo re ha una
continuazione (Edipo a Colono), e quindi non sarebbe completo, almeno
nel senso di finito.
- Aristotele poi parla di atto nobile, nel senso che non qualcosa di
quotidiano.
- infine parla di atto che ha una sua grandezza, forse nel senso di
importanza o influenza che questo atto pu esercitare sullo spettatore.
Ma perch affermare che tutto ci tipico della tragedia? Normalmente
si crede che ci che tipico della tragedia che accade sulla scena
qualcosa di catastrofico, per esempio che muoiono tutti. E curioso che,
enumerando gli elementi della tragedia, Aristotele non menzioni questo,
che sembra il pi caratteristico.
(2) la rappresentazione dellatto devessere scritta in un linguaggio
elevato, separatamente per ciascuna delle specie nelle sue parti.
Aristotele spiega subito dopo che linguaggio elevato significa linguaggio
fatto di parti differenti, cio versi e canzone. Quindi, quello che vuol dire
semplicemente che la tragedia unimitazione prodotta da un linguaggio di
specie differenti, versi e versi in musica.
(3) questa rappresentazione si realizza tramite personaggi che agiscono e
non tramite narrazione. Qui Aristotele vuol semplicemente dire che la
tragedia drammatica (drama = azione) e non narrativa, cio che i
personaggi parlano e agiscono in prima persona, non grazie allo scrittore
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che racconta lui cosa succede.


(4) questa rappresentazione, tramite piet e paura, giunge alla catarsi di
tali emozioni. Abbiamo gi parlato di questa parte e delle due possibili
interpretazioni della catarsi.
Deduzioni
Poich agendospettacolo e musica.
Qui Aristotele deduce le sei parti della tragedia:
a) storia (la trama)
b) disposizione
c) stile
d) pensiero (dei personaggi)
e) spettacolo
f) musica.
La teoria di Aristotele che queste sei parti sono conseguenze dirette
degli elementi della definizione della tragedia data, cosa che non sempre
evidente.
In particolare, ci sono quattro parti che derivano dal primo elemento, e
due che derivano dal terzo.
(1) rappresentazione di un atto: da esso derivano spettacolo, musica,
stile, storia. Daccordo per la storia e lo stile (che il mezzo di imitazione
dellatto), ma perch credere che spettacolo e musica derivino direttamente
ed essenzialmente dalla tragedia come rappresentazione di un atto?
Per lo spettacolo si proposto di considerare la seguente soluzione: lo
spettacolo una rappresentazione visuale di un atto, ma anche un
meccanismo che ci tocca e che provoca in noi la catarsi.
Per la musica, invece, che realizzata da canzoni cantate dagli individui
e dai cori, si pensato che Aristotele non stia occupandosi della tragedia,
ma dellopera tragica, quella che oggi chiamiamo opera.
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Si noti poi che lo stile riguarda solamente la composizione in versi,


ragion per cui impossibile per A. avere una tragedia in prosa.
(3) Rappresentazione che si realizza tramite personaggi.
Da questaltra caratterizzazione derivano gli altri due elementi essenziali
della tragedia, la disposizione e il pensiero dei personaggi. Aristotele
spiega che sono disposizione e idee che spingono i personaggi ad agire.
Aristotele in particolare spiega che la disposizione il carattere dei
personaggi (per esempio, la disposizione ad agire male), mentre le idee
sono ci che i personaggi esprimono attraverso le loro opinioni e
ragionamenti. Limportanza della disposizione e delle idee deriva
ovviamente dal fatto che sono esse che fanno agire i personaggi in vista
della realizzazione dellatto tragico.

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