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API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

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Api ingegnose
Quaderno di studi ricerche e sperimentazione didattica
a cura del liceo classico Pietro Giannone Benevento
Numero 3 Maggio 2014
Direzione: Norma Fortuna Pedicini
Coordinamento: Amerigo Ciervo
Hanno collaborato a questo numero:
Giovanni Bachelet, Francesco Barbagallo, Antonio Barbieri,
Angelo Bosco, Massimiliano Calabrese, Roberto Costanzo,
Maria Felicia Crisci, Erminia Delcogliano, Luigi Grimaldi,
Carlo Nardone, Gianluigi Panarese, Nicola Sguera.

Grafica: C&M Comunicazione

Giornate Giannoniane 2013-2014

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INDICE

Presentazione 7
AMERIGO CIERVO

Parole antiche per capire il presente.


Cultura classica e filosofia politica

NICOLA SGUERA

Lorigine della metropolia di Benevento

Organizzazione ecclesiastica e poteri civili dal VI al X secolo d.C.


MASSIMILIANO CALABRESE

15

Analisi della sonata in la minore op. 105


per violino e pianoforte di Robert Schumann

31

Il valore del patrimonio artistico

49

GIANLUIGI PANARESE
ANGELO BOSCO

Giornate Giannoniane IV edizione


La storia e la memoria
a trenta anni dallassassinio di Raffaele Delcogliano e Aldo Iermano
MARIA FELICIA CRISCI CARLO NARDONE ANTONIO BARBIERI
ROBERTO COSTANZO FRANCESCO BARBAGALLO LUIGI GRIMALDI
GIOVANNI BACHELET ERMINIA DELCOGLIANO

61

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AMERIGO
CIERVO

Presentazione
E siamo al terzo numero della rivi-

lotta Nobile. Lobiettivo, poi, resta


sempre, poi, puntato sulla storia della
citt, di cui Massimiliano Calabrese,
docente di latino e greco, esamina un
particolarissimo, importante periodo.
La riflessione sul valore della cultura
classica allinterno della complessit
della contemporaneit in sintonia
con le attivit culturali dellassociazione degli ex-alunni del Giannone si
rivolge, questa volta, con larticolo di
Nicola Sguera, docente di filosofia e
storia, verso le parole della politica
in un momento particolarmente critico della storia del nostro paese. E,
infine, la relazione di Angelo Bosco,
docente di storia dellarte, con cui
stato aperto il convegno organizzato dal dipartimento storico-filosofico
del nostro liceo a cui ha partecipato
come relatore Tomaso Montanari,
docente della Federico II, apre uno
squarcio sulla vexata quaestio del
patrimonio artistico-culturale italiano
e su quanti problemi ad esso collegati
derivino da scelte politiche sbagliate
o, addirittura, assenti. Lultima parte, la pi corposa, raccoglie quasi
unappendice monografica tutti gli
interventi della penultima edizione
delle Giornate giannoniane, dedicata a un tema dolente e terribile,
come quello del terrorismo in Italia, in
occasione del trentesimo anniversario
delluccisione, ad opera delle Brigate

sta del liceo Giannone. Seguendo


la traccia individuata gi dal primo
numero, ancora una volta se ne conferma, a distanza di quasi quattro
anni, la finalit: dare vita a uno spazio attraverso il quale ricerche, studi
e lavori dei docenti del Giannone
possano entrare in un circuito pi
vasto e contribuire, in modo rigoroso e
creativo, alla vita culturale della citt
e della provincia, tenendo fede in tal
modo a quella che, storicamente,
stata una delle funzioni di un istituto
che, da pi di due secoli, cuore
pulsante culturale di Benevento e
dintorni.
Si diceva: in modo rigoroso e creativo.
Aggiungiamo: senza preclusione per
nessun campo dindagine. Ed ecco
perch si ritrova, in questo numero,
un esempio di analisi di un testo musicale, a cura di Gianluigi Panarese,
docente di italiano e latino ma anche
violinista e studioso di musica, uno dei
linguaggi fondamentali della civilt
umana, desolatamente escluso dal
piano di studi del liceo classico sebbene ad esso venga riconosciuta la grande capacit di arricchire e ampliare la
personalit complessiva degli studenti
e delle studentesse, soprattutto in direzione delleducazione al bello, come
ha mostrato la breve ma intensissima
vita della nostra indimenticabile Car7

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rosse, di Raffaele Delcogliano e Aldo


Iermano. Le relazioni di Francesco
Barbagallo, Giovanni Bachelet, Luigi
Grimaldi e Roberto Costanzo, insieme
ai saluti dellallora dirigente scolastica Crisci, del giovane studente Carlo
Nardone e del vicepresidente della
provincia dellepoca Antonio Barbieri

e, infine, la tenerissima e appassionate


testimonianza dellavvocato Erminia
Delcogliano, ricostruiscono un quadro
chiaro ed esauriente, soprattutto per
gli alunni e le alunne, di quel periodo
tragico, superato grazie alla forza della democrazia, corroborata dai valori
imprescindibili della Costituzione.

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NICOLA
SGUERA

Parole antiche
per capire il presente.
Cultura classica
e filosofia politica
C
on le Indicazioni nazionali per i
Licei del 2012 stata apportata una

kegaard, Marx e Nietzsche e di un


movimento come il Positivismo, per
il Novecento si lascia ampia libert di
scelta e programmazione al docente,
che potr scegliere almeno quattro
autori o problemi della filosofia del
Novecento tra dodici possibili ambiti
concettuali diversi:
a) Husserl e la fenomenologia; b)
Freud e la psicanalisi; c) Heidegger
e lesistenzialismo; d) il neoidealismo
italiano; e) Wittgenstein e la filosofia
analitica; f) vitalismo e pragmatismo;
g) la filosofia dispirazione cristiana
e la nuova teologia; h) interpretazioni
e sviluppi del marxismo, in particolare
di quello italiano; i) temi e problemi di
filosofia politica; l) gli sviluppi della
riflessione epistemologica; i) la filosofia del linguaggio; l) lermeneutica
filosofica.

significativa (e da molti auspicata) modificazione nello studio della filosofia.


Rompendo, infatti, una tradizione secolare, si deciso di compattare lo studio
della filosofia moderna, includendovi
anche lo studio dellIdealismo tedesco,
prima segmento iniziale dellultimo
anno del triennio, per destinare largo
spazio alla filosofia contemporanea.
Personalmente ritengo questa scelta
doverosa, avendo il pensiero del XX
secolo elaborato questioni che non potevano essere poste in precedenza: basti
pensare allimpatto della tecnologia o
alle questioni bioetiche che interpellano
letica, ai genocidi e ai totalitarismi che
interpellano etica e filosofia politica.
Per quanto riguarda gli obiettivi di
apprendimento dellultimo anno,
stabilita la centralit, nellOttocento,
di autori come Schopenhauer, Kier-

Modificando e integrando un intervento tenuto allinterno di un incontro or9

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Hannah Arendt

ganizzato da i Giannoniani (Futuro


dellidentit mediterranea, Seminari
congiunti Benevento-Caserta, Rocca
dei Rettori, 1 marzo 2012), il presente
lavoro si pone come traccia di un possibile modulo che cali temi e problemi
di filosofia politica (il punto i delle
Indicazioni) nel contesto specifico
di un Liceo Classico, partendo dalla
premessa che il pensiero politico del
Novecento e quello contemporaneo
trovano nel mondo greco e romano, nel
pensiero classico, nutrimento e parolechiave. Questa caratteristica, lungi
dallessersi affievolita, pare crescere
nel tempo, costituendo, dunque, un
campo privilegiato per lindagine della
permanenza del classico. Il rapporto
in ambito politico pu modularsi in
due maniere diverse. Il classico pu
divenire:

il totalmente altro che proprio in virt


della sua diversit radicale consente
uno sguardo straniato su un presente
opaco, e dunque formidabile strumento di comprensione che ci consente di
uscire dal nostro presente per guardarlo dallalto;
oppure strumento operativo da attualizzare, attraverso un processo di
innesto in un mondo che presenta
bisogni nuovi.
Partenza obbligata di questo percorso
non pu essere che la casa in campagna
dove Niccol Machiavelli venne esiliato
dai Medici nel 1513, per la sua collaborazione con la Repubblica fiorentina.
Qui il segretario, costretto forzosamente allozio, elabor i fondamenti della
teoria politica moderna, confluiti nel
De principatibus e ne I discorsi sulla
prima deca di Tito Livio. Nelle sue
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giornate il senso tutto racchiuso nel


momento epifanico di confronto con
gli antichi, che assume contorni addirittura sacrali:

significa che gli antichi sono nostri


contemporanei!
Carl Schmitt un pensatore grandioso,
che ci pone enormi problemi, stante
limportanza delle sue intuizioni ma
anche la sua adesione convinta al
nazismo. Ebbene, per comprendere le
epocali trasformazioni in atto nel corso
del secolo-belva, chiusasi lesperienza
tragica della seconda guerra mondiale,
Schmitt afferma che non pu esservi
storia di una comunit, storia umana,
se non sulla base di radicamento nellelemento terra. Di tutto ci memoria
la parola greca Nomos, alla quale, dice
Schmitt, vorrei restituire... la sua
forza e grandezza primitiva; il termine Nomos, che ai nostri giorni viene
perlopi tradotto con legge, deriva
dal verbo greco Nemein che in realt
possedeva in origine altri significati
tra loro strettamente intrecciati, che
stanno ad indicare la presa di possesso,
la conquista che in primis conquista
di terra. Non si tratta di una mera
operazione filologica, ma del tentativo
di porre let presente in una prospettiva storica adeguata, di prenderne le
distanze per meglio comprenderne le
trasformazioni: se nonostante tutto
ci io impiego di nuovo il termine
Nomos nel suo senso originario, non
lo faccio per far rivivere di nuova vita
artificiale miti sepolti, o per evocare
vuote ombre. Il termine Nomos per
noi utilizzabile perch in grado di preservare cognizioni che sorgono dalla
problematica mondiale odierna, dal
pericolo di essere scambiate con termini e concetti appartenenti alla scienza
giuridica dello stato del secolo XIX.
Schmitt autore prezioso per capire le
grandi trasformazioni ancora in atto (la
globalizzazione su tutte, con lo stravol-

Venuta la sera, mi ritorno a casa ed


entro nel mio scrittoio; e in sulluscio mi
spoglio quella veste cotidiana, piena di
fango e di loto, e mi metto panni reali
e curiali; e rivestito condecentemente,
entro nelle antique corti delli antiqui
huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che
solum mio e chio nacqui per lui;
dove io non mi vergogno parlare con
loro e domandarli della ragione delle
loro azioni; e quelli per loro humanit
mi rispondono; e non sento per quattro
hore di tempo alcuna noia, sdimentico
ogni affanno, non temo la povert,
non mi sbigottisce la morte: tutto mi
transferisco in loro.
Dunque, la fondazione della politica
moderna, sganciata da preoccupazioni di tipo religioso e morale, avviene
nel confronto serrato con gli storici e
pensatori antichi, indagati, per, non
come accadeva a molti coevi umanisti per la loro preziosit stilistica ma
per rispondere a domande di stringente
attualit. Machiavelli usa i classici
per capire il suo tempo drammatico,
quello in cui lItalia corsa da eserciti
spagnoli, tedeschi, francesi, per capire
se e come sia possibile fondare uno Stato forte nella penisola, per cogliere le
leggi della storia che fondino unazione
efficace nel presente.
A me pare che tutta la teoria politica
novecentesca resti nel solco dellinsegnamento del Segretario fiorentino nel
guardare agli antichi come fonte viva
di risposte per il presente. Il che non
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Giorgio Agamben

dallaltra, e nella sua relazione con il


mondo prima romano poi cristiano,
cercare la possibilit di un nuovo
inizio per la politica, che la fondi non
come necessit biologica (luomo
non per la Arendt zoon politkon) ma
libera scelta, sul modello dellarte, che
compie, realizza lesistenza umana, elevandola. E, dunque, compito in linea
di principio per e di tutti, non solo di
presunti detentori di una tekn politik,
reggitori-filosofi o tecnici che siano.
Dunque, loperazione della Arendt
attivare una polarit del mondo classico, sconfitta e depotenziata dalla
corrente che, con una semplificazione
didattica, potrei definire platonico-romana-cristiana. LAtene cui guarda la
pensatrice ebrea-tedesca non quella
dellAccademia ma quella che Platone

gimento delle categorie spaziali). Ma


qui mi interessa rimarcare il suo approccio metodologico: la parola-chiave
della sua filosofia giuridica e politica
una parola greca che viene forzata
per capire il presente. E non in una
banale attualizzazione (rischio sempre in agguato con i classici), ma per
consentire allosservatore uno sguardo
distante (perch la vicinanza spesso
si impedisce di cogliere ci che accade).
La forza del classico, dunque, risiede
proprio nella sua differenza, nella
sua distanza illuminante.
Guardare al mondo greco (non romano!) significa per Hannah Arendt,
entrando nella complessit di quel
mondo, nella sua stratificazione interna, che contrappone, ad esempio alcuni
sofisti e Pericle da una parte, Platone
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contest nella Politeia. la possibile


rifondazione di un luogo politico che
parte non dalla pistis ma dalla doxa,
perch fondata sulla pluralit degli
uomini e non sullunicit dellUomo.
Da pi parti, in questi anni, stato
riconosciuto una sorta di primato al
pensiero vivente dei filosofi italiani
nellelaborazione delle categorie pi
avanzate del pensiero politico. Sebbene
liniziatore di questi studi sia un francese, cio Foucault, i pensatori che maggiormente ne hanno elaborato leredit
teorica sono tre italiani: Toni Negri,
Giorgio Agamben e Roberto Esposito.
Lintuizione geniale di Foucault fu
levoluzione della politica moderna
verso forme biopolitiche, in cui, cio,
il controllo diventa pervasivo, fino a
riguardare la vita nella sua interezza.
Quindi alla base di queste teorie c la
distinzione greca tra bios e zoe.
Toni Negri, che fa della biopolitica il
suo campo dindagine privilegiato,
nellambizioso tentativo di riscrivere
un marxismo adeguato alla tarda modernit, coniugandolo, dunque, con
le intuizioni di Foucault, intitola il
primo libro della sua fortunata trilogia
Impero. Dunque, unaltra categoria
classica che gli permette di cogliere
la strutturazione di un potere planetario e la formazione dialettica di un
contropotere, anchesso planetario (la
spinoziana moltitudine). Polibio,
Sallustio, Tucidide sono solo alcuni
degli autori di cui Negri si serve per
costruire la sua filosofia della prassi.
Potremmo dire, con un gioco di parole,
che in questo caso il classico diventa
strumento della lotta di classe.
Il penultimo autore su cui vorrei rapidamente soffermarmi , probabilmente, il pi originale, tra quelli prodotti in

una fioritura per certi versi eccezionale


del pensiero italiano. Parlo di Giorgio
Agamben, che ha avuto nella sua vita
frequentazioni importanti, da Pasolini
alla Morante, da Heidegger a Char, da
Derrida a Lyotard. Tutti riconoscono
in Homo sacer lopera chiave della sua
magmatica produzione (paragonabile
solo a quella dellautore la cui opera ha
curato per Einaudi, cio Walter Benjamin). Agamben recupera la definizione
di Homo sacer dal grammatico latino
Festo: homo sacer is est, quem populus iudicavit ob maleficium; neque
fas est eum immolari, sed, qui occidit,
parricidii non damnatur (colui che
il popolo ha giudicato per un delitto; e non lecito sacrificarlo, ma chi
lo uccide, non sar condannato per
omicidio). Si tratta, quindi, di una
vita umana che si pu uccidere ma
che non sacrificabile, che trascende
tanto lordinamento del diritto umano
quanto le norme del diritto divino. Se
qui sacro il vivente giudicato come
assassino, allora nel momento in cui
la vita viene dichiarata sacra in s, ci
equivale a dichiararla colpevole. Da
ci si evince la violenza connaturata
del diritto: la nuda vita portatrice del
bando sovrano, ovvero del nesso tra
violenza e diritto perch in quanto
tale colpevole. Si tratta della nuda
vita, secondo lenigmatica espressione
adottata da Walter Benjamin in Per la
critica della violenza. Un esempio
dato dagli ebrei nella Germania nazista: gli ebrei erano colpevoli perch erano ebrei, in questo senso diventavano
anche sacri e di conseguenza uccidibili.
La nuda vita in quanto sacra viene
deportata nel campo (di sterminio):
il campo cos inteso (come paradigma
biopolitico del moderno) lo spazio
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munit e fa emergere prepotente il bios


come unico fondamento dellesistenza
collettiva, soprattutto nellera della
globalizzazione, da cui scaturisce la
necessit di superare qualunque impostazione personalistica del pensiero
e del diritto occidentale.
Anche le parole-chiave per comprendere il nostro tempo, e cercare di guidarne
la trasformazione, sono riprese attraverso una forzatura creativa dal
mondo greco e latino.

in cui si manifesta appieno la sacert


della vita. Ma, chiediamoci, i migranti
che vengono lasciati morire nelle acque
del Mediterraneo, non sono anchessi
nuda vita, homines sacri? Ancora
una volta, la prospettiva straniante del
classico ci consente di cogliere i grandi
processi storici e politici della modernit e della tarda modernit. Agamben,
in assoluto, lautore in cui questo
impianto metodologico viene spinto
alle massime conseguenze.
Lultimo autore che emblematizza un
rapporto con il classico produttrice di
senso Roberto Esposito. La sua trilogia (Immunitas, Communitas, Bios)
parte dal presupposto che il lessico
tradizionale della politica si esaurito
e che sia necessario trovargli nuove
formulazioni. Non si tratta, tuttavia, di
abbandonare definitivamente le parole
della filosofia politica occidentale, ma
di coglierle da un punto di vista storico e teorico in modo da evidenziare
i loro aspetti finora impensati. Per
il filosofo napoletano la communitas
si fonda sul munus, ma la modernit
politica porta alla creazione di uno
Stato-macchina che cancella il dono
reciproco come fondamento della co-

BIBLIOGRAFIA
G. Agamben, Homo sacer. Il potere
sovrano e la nuda vita, Einaudi, 1995.
H. Arendt, Vita activa, Bompiani,
1964.
R. Esposito, Communitas. Origine e
destino della comunit, Einaudi, 1998.
R. Esposito, Immunitas. Protezione e
negazione della vita, Einaudi, 2002.
R. Esposito, Bios. Biopolitica e filosofia, Einaudi, 2004.
T. Negri, Impero: il nuovo ordine della
globalizzazione, (con Michael Hardt),
Rizzoli, 2002.
C. Schmitt, Il nomos della terra,
Adelphi, 1991.

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MASSIMILIANO
CALABRESE

Lorigine
della metropolia
di Benevento

Organizzazione ecclesiastica
e poteri civili dal VI al X secolo d .C.
L
a recente riapertura della cattedrale
di Benevento, a seguito dei lavori di re-

variabile e dai confini cronologicamente incerti; sembra disintegrarsi, fin


quasi a perdere, per un certo tempo, il
suo nome e dopo secoli di unit romana
nuovamente divisa, dal punto di vista
etnico e politico, in stati rivali, prima
bizantini e longobardi, poi franchi
, musulmani, normanni, al di sotto
dei quali prolifera una moltitudine
di poteri minori, feudali, signorili e
soprattutto ecclesiastici.

stauro, mi ha indotto ad affrontare studi e riflessioni sui rapporti intercorsi tra


vescovi, diocesi e potere politico nellItalia meridionale, e specificamente a
Benevento, tra il VI e il X secolo e ad
evidenziare aspetti dellorganizzazione
ecclesiastica funzionali alle costituzioni
delle metropolie di Capua, Salerno e
Benevento e alla moltiplicazione delle
diocesi suffraganee. Largumentum ha
richiesto unanalisi puntuale non solo
delle indagini effettuate dalla met degli anni Sessanta ad oggi, ma anche di
una vasta letteratura e di tutte le fonti
di primordine disponibili, imprescindibili per uno studio del genere.

Specificamente per la citt di Benevento assistiamo a una storia convulsa,


pregna di sperimentazioni, corruzioni,
conflitti di potere, di esclusioni drammatiche, di primazia e ierocrazia
pontificia; una storia in cui la Chiesa
cattolica si definisce secondo suddivisioni spaziali producendo strutture
territoriali ed ecclesiastiche: regioni
metropolitiche e arcidiocesi, diocesi,

Nellintervallo fra lAntichit e


Medioevo lItalia attraversa unet
complessa e tormentata, di intensit
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pievi, parrocchie.
La genesi del ducato longobardo di
Benevento avvolta nella nebbia del
tempo. Dopo che la guerra greco-gotica
ha sprofondato la citt nel silenzio
delle rovine, i nuovi barbari , le orde
di Alboino, gli invasori pi alieni dal
mito del prestigio romano sciamano,
in modo anarchico ma inarrestabile su
larga parte dellItalia.

garantiscono rifornimento, assistenza,


carit e giustizia. Lelectio del vescovo,
ad esempio, effettuata solo dai maggiorenti, un momento cruciale della vita
della comunit urbana che approva,
mediante ladclamatio, la candidatura
del consacrando.
Ad ogni modo, linvasione dei longobardi segna linizio di una nuova
era riguardo al mutamento della vita
delle citt italiane, come pure per i
rapporti tra potere pubblico e potere
ecclesiastico in Italia meridionale. Gi
la natura del primo insediamento,
infatti, spezzando i vincoli tra citt e
territorio e incrinando lassetto degli
antichi municipi, mette in crisi, in
tempi brevissimi, le aristocrazie agrarie
romane, gli organi di governo cittadini
e le stesse strutture ecclesiastiche.
I comandi militari dei duchi, che hanno compreso benissimo la funzione
coordinante delle citt, come strutture
territoriali definite, si insediano nelle
medesime o anche in castra tardoantichi di particolare importanza.
Secondo la logica insediativa militare,
pertanto, lassetto preesistente sopravvive se coincidente con le necessit
belliche, altrimenti stravolto dalla
nuova iudiciaria longobarda.5
Non il caso di enunciare la varie
teorie sulla scomparsa delle diocesi
del Mezzogiorno, attestate tra la fine
della guerra greco-gotica e lavvento
dei Longobardi, conseguente, peraltro,
allo spopolamento e al decadimento
dei centri urbani e allimpaludamento
della rete viaria.6 Vero che delle 182
diocesi presenti ben 90 non sono pi
attestate in et longobarda ed entro i
confini del ducato di Benevento sono
scomparsi 47 vescovadi7.
Le prime tracce di saccheggi di chiese

Tra questa nebbia e silenzio cosa rimane delle citt preesistenti e cosa si
intende con tale termine?
La citt allalba del Medioevo italiano
diventa, pi che un fatto fisico, uno
stato danimo1. A tal proposito Isidoro di Siviglia scrive che civitas est
hominum multitudo societatis vinculo
adunata, dicta a civibus, id est ad ipsis
incolis urbis [] pro eo quod plurimorum conciscat et contineat vitas. Nam
urbs ipsa moenia sunt, civitatis autem
non saxa, sed habitatores vocantur.2
Esiste, pertanto, un senso della citt
per cui i cittadini si identificano con
essa sia affettivamente sia per convenienza, poich la citt capta, organizza, governa e coordina la vita del
territorio che la circonda. Ma questa
citt vivente3 stretta intorno al suo
vescovo definito da Gregorio Magno
vigilans in tuitione civitatis.4
Daltronde allalba del luned di Pasqua del 568, i vescovi italiani si trovano da soli a difendere la citt non in
forza di una legislazione ma in virt
del forte legame che unisce i vescovi al
popolo. E in questo sistema che si amplia il potere e il prestigio dei presuli.
Essi, provenienti, per lo pi, da grandi
famiglie, a causa della scomparsa dei
poteri pubblici, sono diventati capi
politici e protettori della citt a cui
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e di violenze contro la popolazione e il


clero, tali da determinare la soppressione di alcune diocesi, risalgono proprio
allinterregno anarchico dei duchi o, al
pi, al regno di Clefi se si accetta la tesi
di Michelangelo Schipa, che pone il 573
come data del sacco di Aquino, quando
i Longobardi pervagantes in Italia
spogliano chiese e uccidono sacerdoti8.
Non lecito ingigantire oltre misura
queste testimonianze. Se vi sono saccheggi o cosciente distruzione dellorganizzazione ecclesiastica, registrati
al tempo di Zottone e di Arechi I, non
sono derivati da un odio confessionale
o da un piano anticattolico di questi
duchi. Daltronde i chierici sono gli
unici che possiedono beni degni di
essere saccheggiati e un ascendente
tale da poter istigare la resistenza della
popolazione autoctona.
Non sappiamo quando e come i longobardi siano giunti a Benevento dal
nord. Paolo Diacono non ci d nessuna
spiegazione. Indica solo Zottone come
primo duca di Benevento rimasto al
potere per un ventennio9. Purtroppo
le fonti che Paolo ha a disposizione
ignorano la storia meridionale fino alla
nomina di Arechi I ed probabile che
egli le abbia integrate induttivamente,
immaginando come periodo plausibile
di nascita del ducato proprio il 570571, anteriore di ventanni del secondo
duca longobardo.10

Longobardi, di leggi e credenze degli


assoggettati romani. Daltro canto, la
personalit giuridica delle chiese cattoliche rispettata e questi organismi
hanno precocemente riconosciuto il
diritto di propriet.11 Quando da parte longobarda ci siano stati episodi di
fanatismo religioso avvenuto solo in
nome delle loro sopravvivenze pagane.
Tuttavia i primi segnali che denotano
uninversione di tendenza nelle relazioni tra poteri ecclesiastici e civili li
riscontriamo gi alla fine del VI secolo:
- nel 591 si ha notizia dellazione missionaria di Gregorio Magno che si definisce episcopus in terra longobarda12;
- Agilulfo tenta di creare una chiesa
nazionale longobarda approfittando
dei sentimenti anti-bizantini e antiromani delle popolazioni scismatiche,
mentre sempre pi rilevante lazione
del partito cattolico-bavarese e della
devota Teodolinda13;
- Arechi I giunge a Benevento (probabilmente scelto proprio dal re Agilulfo)
e intesse un carteggio con Gregorio I14
e Onorio I15. Ad Arechi I risalgono le
prime tracce di una qualche struttura
amministrativa del ducato e inizia il
dialogo tra potere pubblico e gerarchie
ecclesiastiche16;
- Grimoaldo I, nel 647, difende il santuario di Monte SantAngelo dallassalto di una schiera di Greci e trasforma il
culto micaelico in culto ufficiale della
monarchia pavese17.
Anche le fondazioni monastiche dovute
ai Longobardi insediatisi nellItalia
meridionale sono un segno tangibile
del mutato clima di rapporti tra Chiesa
beneventana e potentato longobardo.
Si ricorda, allora, la prima fondazione chiesastica beneventana ovvero la
basilica intitolata a San Pietro, con

La storia vescovile beneventana indefinita fino al termine del VII secolo,


probabilmente perch i nuovi invasori
e i loro duchi hanno mostrato disinteresse verso le gerarchie ecclesiastiche.
Questo in ossequio al concetto antico
germanico della personalit dei culti e
del pi generale riguardo, da parte dei
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annesso monastero femminile, eretta


nel 67518 ad opera di Teodorata, figlia
di Lupo del Friuli e moglie del duca
beneventano Romualdo I. E ancora la
chiesa di Santa Sofia iniziata dal duca
Gisulfo II e portata a compimento
nel 774 da Arechi II con lannessione
di un monastero femminile19; il monastero maschile ad Ponticellum, in
Benevento, diretto dallabate Zaccaria,
menzionato per la prima volta forse
nel 711, ma sicuramente nel 72320; il
monastero intramuraneo di S. Benedetto ad xenodochium, di cui si ignora
la data di fondazione21, aggregato nel
774 da Arechi II a S. Sofia,22 affinch
i prepositi continuassero ad accogliere
e sostenere i pellegrini con la decima
delle rendite sofiane. Occorre menzionare ancora il monastero benedettino

di S. Giovanni a Portaurea di cui si


ha notizia, per la prima volta, nello
scriptum memoriae delle donazioni
arechiane a S. Sofia, del novembre del
774, a proposito di alcuni possedimenti
fondiari in Puglia che labate di S. Giovanni illegittimamente deteneva23; il
monastero maschile di S. Modesto, codificato intorno agli anni 60 dellVIII
secolo, documentato anchesso, per la
prima volta, nello scriptum memoriae
delle donazioni arechiane in favore di
S. Sofia.
Oltre Benevento, il monastero di San
Vincenzo al Volturno, fondato nel 703
da tre nobili beneventani24 e il cenobio
di Montecassino, distrutto durante linvasione longobarda tra il 577 e il 58925
ma rifondato nel 720 dal longobardo
bresciano Petronace.
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E fin troppo evidente , pertanto, che,


come ha riferito Cosimo Damiano
Fonseca, dopo la conversione e con il
consolidarsi delle fortune del ducato,
lattenzione dei Longobardi al fatto
religioso , cristiano e cattolico, assuma
una significativa preminenza26.

Capua, sede di importante diocesi,30


diviene sede di un gastaldato, allorquando fu
conquistata nel 593/594 da Arechi I;
3. Salerno, unica piazzaforte di
questo versante in mano longobarda,
che spezzava la linea di difesa bizantina, un centro di secondordine,
almeno fino alla rifondazione di Arechi
II che, avendovi fondato un palatium,
pone le basi per la futura secessione da
Benevento.
Pertanto, da questo momento la citt, sede del vescovo, coincide con la
civitas sede del comando e del potere
dellaristocrazia longobarda. Il vescovo
sar uno dei primores, un esponente del
potere longobardo, legato al duca dal
vincolo della sequela.31

Se lesiguit delle fonti della storia


vescovile meridionale sino allinizio
del VII secolo rivela tutto sommato un
relativo disinteresse dei nuovi invasori e dei loro duchi verso le gerarchie
ecclesiastiche, al contempo si assiste a
un processo di semplificazione dellassetto diocesano in ossequio a quanto
gi decretato da papa Gelasio I, che
alla fine del V secolo ha fissato larea
di competenza di un vescovo non pi
in base al territorio dellantica circoscrizione civile ma alla comunit civile
che faceva riferimento al vescovo.27
Di conseguenza, la capacit di aggregazione della sede vescovile poteva
superare anche i limiti degli antichi
distretti urbani. Alla fine del VII secolo,
la distrettuazione pubblica e diocesana
sono strettamente connesse: le citt
sedi di vescovi sono sedi di gastaldi e
la restaurazione diocesana funzionale
al nuovo assetto circoscrizionale del
ducato28.
I duchi condizionano ancor pi questo processo con la creazione di nuovi
centri politico-amministrativi che
polarizzano lorganizzazione vescovile
meridionale. Tant vero che lintera
struttura diocesana ruota attorno a tre
citt, sedi dellaristocrazia longobarda
meridionale: Benevento, Capua, Salerno, future citt capitali:
Benevento, sede di unantica diocesi29
il centro politico e amministrativo di
tutto il Mezzogiorno longobardo;

Riguardo ai rapporti tra i poteri civili e


lorganizzazione ecclesiastica beneventana, tra il VI e VII secolo, una figura di
primo piano quella di un prete, e poi
vescovo, Barbato, protagonista sia della
conversione della gente longobarda alla
fede cattolica32 sia dellunificazione
religiosa beneventana del VII secolo,
realizzata grazie alla diffusione del
culto mariano.33
Barbato un personaggio circonfuso da
un alone mitico. Gi, per, il Pratesi34
e la Montesano35 nei loro studi hanno
ridimensionato criticamente tutti gli
elementi leggendari e biografici, inventati o enfatizzati, su cui si esercitata
la creativit degli storici locali36.
L unica fonte letteraria37, a cui si
pu attingere con sufficiente sicurezza
sullesistenza del vescovo Barbato,
la legenda agiografica che va sotto il
nome di Vita Barbati episcopi38, risalente alla prima met del secolo XI.
19

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

e giustinianea che aveva legittimato


lepiscopus a trattare e decidere affari
civili e a tutelare la sorte della popolazione urbana.
Per gradus cercher di dimostrare
questo concetto.
Il vescovo con la sua autorit spirituale,
esercitava un potere non sancito da alcuna legge scritta. Nelleditto di Rotari
e di Astolfo egli nominato solo in due
capitoli, ma in entrambi la normativa
concerne casi comuni anche alla vita
dei laici. Nelle leggi promulgate dai re
cattolici non viene sancito il concorso
delle gerarchie ecclesiastiche che alloperato di quelle pubbliche. Daltronde
i re longobardi, e anche quelli ariani,
si sentivano interpreti e strumenti
della volont di Dio.45 In altri termini
la funzione vescovile tesa solo alla
evangelizzazione capillare di un popolo
ancora parzialmente legato a tradizioni
paganeggianti, a culti di derivazione
ariana, a riti superstiziosi. Oltretutto
i rapporti con Roma erano difficili e
rendevano la posizione dei vescovi molto delicata e fortemente condizionata:
la corte beneventana era considerata,
infatti, un centro inadempiente alle
iustitiae verso la sede Apostolica.
Negli aggiornamenti alla legislazione
voluti dai principi Arechi II e Adelchi,
il vescovo e la sua autorit continuano
a essere ignorati. Tuttavia Adelchi, nel
prologo delle sue leggi, menziona il
consiglio riunito nel palazzo beneventano e composto da conti e magnati
tra cui suo fratello Aione, che era vescovo di Benevento. Ma qui evidente
linflusso della legislazione carolingia
che sancisce lintervento dellautorit
episcopale nellordine legislativo e
nellesercizio della giustizia.
Il vescovo, entrando a pieno titolo al

E proprio lexplicit della Vita a definire la storicit del personaggio Barbato,


vescovo di Benevento e Siponto, dal
663 al 682, di cui si parla in almeno
tre documenti tra cui uno purtroppo perduto e laltro chiaramente
spurio39.
La Vita Barbati non coeva ai fatti
narrati e per confutare queste ipotesi
basterebbero i riferimenti alla Historia
Langobardorum di Paolo Diacono,40
ma posteriore di almeno due secoli.
Anzi, si ritiene, ormai comunemente,
che la redazione della Vita, di cui il
primo testimone della fine del X secolo, sia databile intorno all840, come
diretta conseguenza della definitio iudicatus sicardiana41 e che, quindi, essa
sia stata determinata dallintento del
clero beneventano di rivendicare la legittimit della giurisdizione sulle chiese
di Monte S. Angelo e di Siponto.42
La Vita il risultato del ribaltamento dellomologante secondariet del
vescovo rispetto al duca alla fine
dellVIII secolo. Questo in concomitanza delleffettivo trasferimento della
capitale a Salerno e, di conseguenza,
della sostanziale latitanza del potere
ducale o principesco in Benevento.
Avvantaggiato, cos, dallacuirsi delle
contese civili e dalla crisi del potere
principesco, il vescovo beneventano
persegue, con piena consapevolezza, un
chiaro disegno di egemonia ecclesiastica affrancandosi del tutto dal controllo
del palatium43.
Orbene, il vescovo si rimpossessa di
quelle prerogative, prescritte anni prima da papa Gregorio Magno, secondo
il quale il presule doveva essere vigilans in tuitione civitatis,44 e di quanto
disposto dalla legislazione teodosiana
20

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

seguito del duca, muta lequilibrio tra


potere pubblico ed ecclesiastico. Egli,
come accennato, da ascrivere nel
novero dei magnati ma non ancora
capo di una diocesi. Il rapporto tra
dux ed episcopus muta con lautoproclamazione di Arechi II. Questultimo, in contrasto con il nuovo regnum
Langobardorum retto da un monarca
franco, rivendicando a s il ruolo di
rappresentante della gente longobarda,
carica il suo potere di una serie di gesti
fortemente simbolici ed estranei alla
tradizione longobarda, anzi di ispirazione propriamente bizantina. Secondo
una tarda tradizione cronachistica,
infatti, Arechi si fa incoronare e ungere da un dubbio numero di vescovi
della Longobardia meridionale tra
cui sicuramente il vescovo della citt
capitale,46 Davide.
E probabile che lincoronazione sia
stata preceduta dalla benedizione vescovile e seguita dalla trasmissione dei
segni del potere, lo scettro e il baculus,
mentre lunzione, su cui molti storici
dissentono47, sia solo un richiamo biblico alla regalit sacra di derivazione
davidica48. Da ora il vescovo diventa
una parte costitutiva degli apparati
simbolici statuali ed accresce ancor pi
la maest del principe, concorrendo
entro la cerchia delle mura urbane alla
raccolta delle reliquie dei santi, protettori della citt e della gente longobarda.
Loperazione delle translationes, che
ha avuto inizio proprio con il governo
di Arechi II e poi con Sicone (817832) e Sicardo (832-839) e, dopo una
lunga fase di stallo, riprender nella
seconda met del XII secolo, come
noto, si configura come un atto di natura precipuamente politica, tendente
a legittimare con il supporto celeste

le imprese della dinastia longobarda


beneventana.
Cos il rapporto tra principe e vescovo
sta cambiando e questultimo sar
chiamato (un termine a quo sicuramente il 787) non pi a svolgere ruoli
di natura informalmente simbolica ma
anche ad assolvere attivit diplomatica.
Quando Carlo Magno invade il territorio beneventano, Arechi, dopo essersi
ritirato a Salerno, chiama a raccolta i
vescovi della Longobardia meridionale
per trattare una tregua con il Franco.
Il 22 marzo del 787 il vescovo di Benevento Davide otterr da Carlo Magno il
privilegio di conferma di tutti i diritti
della Chiesa di Benevento e limmunit
regia49.
La figura del vescovo assicura un
sostegno fondamentale alla citt e al
trono di Arechi II 50 che si allontana da
Benevento e fonda un nuovo palatium
a Salerno.
Il primo vescovo, che approfitta della
lontananza della corte, , di fatto, alla
fine dellVIII secolo, il vescovo Davide,
che pu essere considerato liniziatore
dellaffrancamento episcopale dallo
stato di minorit nei confronti del
potere politico. Il processo avviato da
Davide, il cui pontificato spazia tra il
781 e il 796, in breve tempo consacrer
la cattedrale come baricentro della
vita politico-sociale beneventana; tale
evoluzione continuer, sempre pi
consapevolmente, con il vescovo Orso,
negli anni 30-40 del IX secolo.
Questo ruolo del vescovo come defensor civitatis giunger al suo culmine
nellultimo decennio del IX secolo,
quando, dopo la triennale dominazione bizantina, il vescovo Pietro deterr
leffettivo governo della citt di Benevento dall895 all897, ovvero fino alla
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restaurazione dello spodestato principe


Radelchi II.
In questo contesto dellormai avvenuta
identit tra citt ed episcopio si inserisce la redazione della Vita Barbati,
che rimane un testo fondamentale non
solo della conversione longobarda ma
anche dellacquisita autocoscienza
della Chiesa beneventana. 51

la fondazione di chiese private, disancorate da una rete di chiese battesimali,


stabilendo che sia le nuove chiese che
quelle esistenti debbano essere sottoposte alle pievi o erette con funzioni
plebane.
Occorre precisare che le chiese private o
ecclesiae propriae non sono una novit
dellet post-carolingia, poich gi si
trovano nel mondo germanico e bizantino. La novit che tra il IX e XI secolo si diffondono in modo straordinario,
almeno fino a quando lepiscopato, sul
finire dellXI secolo, riprender, sia pur
lentamente, il controllo delle istituzioni
ecclesiastiche delle diocesi.
Le chiese private sostanzialmente sono
edifici sacri costruite su terre allodiali
di famiglie signorili. Di esse conosciamo non di rado la data di fondazione,
poich i proprietari si preoccupano di
ottenere dal vescovo la Chartula libertatis, in base alla quale si riducono
i diritti dellordinario diocesano, che
si limita alla sola consacrazione del
chierico officiante designato dal fondatore o dalla famiglia aristocratica.
Queste chiese, che il signore cerca di
potenziare anche in merito allesercizio
della cura danime, rompono lunit
della distrettuazione diocesana e danno
un volto pi privatistico (e meno pubblicistico) ai caratteri dellordinamento
ecclesiastico.55

Liniziativa di disciplinare lorganizzazione della cura danime, soprattutto


in seguito al crescente rilievo politico e
amministrativo dei distretti ecclesiastici maggiori e minori, parte dai vescovi
dellItalia centro-settentrionale (Toscana, Lazio, Umbria) anche se poi a essi
si affianca quella del potere politico,
investito delle responsabilit di vigilare
sulle applicazioni delle norme conciliari
che vieppi vengono approvate.
Il quadro normativo di base fornito
dai canoni del Concilio romano del
14-15 novembre dell826 che definiscono la natura vescovile delle chiese
battesimali (pievi), riconoscendo ai
proprietari degli oratori privati, eretti
canonice, i diritti consacrati dalla tradizione.52
Un primo sinodo, invece, di cui si ha
notizia nellItalia meridionale nel IX
secolo, quello tenutosi probabilmente a Capua53, trasmesso da un codice
miscellaneo in scrittura beneventana
risalente agli inizi del secolo XI, conservato al British Museum di Londra
che Morin, suo scopritore ed editore,
attribuisce alliniziativa del vescovo
di Benevento. Questi, pur non essendo
ancora insignito del titolo di metropolita, avrebbe avuto gi un prestigio sufficiente per riunire attorno a s vescovi
delle diocesi vicine54. In particolare si
prescrive ai vescovi di regolamentare

Laspetto rilevante che, fino a questo


momento, il potere politico non si
quasi mai interessato allesistenza e al
funzionamento dei distretti ecclesiastici
minori allinterno delle diocesi. Vi
ritornata, invece, lautorit ecclesiastica in due sinodi diocesani successivi,
datati concordemente intorno alla met
del IX secolo, per affrontare e superare
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API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

analoghe problematiche:
il sinodo a Oria, emanato dal vescovo
Teodosio nell880/88156;
il sinodo di Benevento, privo di datazione ma considerato della seconda
met del secolo IX, sulla base della
considerazione che posteriore al Concilio di Capua, di cui riprende alcuni
canoni57.
Questi sinodi sono di notevole interesse poich sono gli unici di cui si sia
conservato il testo. Entrambi, infatti,
sono iscritti in un codice miscellaneo
dellarchivio di Montecassino che in
base alla scrittura, una beneventana
di area beneventano pugliese, possibile datare poco dopo la met del X
secolo.58 Ma sono tanto pi importanti
poich, oltre a far emergere uninsufficienza disciplinare e morale del clero
beneventano-sipontino, delineano lorganizzazione della cura danime nelle
campagne, definendo che le pievi
sono chiese con un proprio territorio e
che da esse dipendono altre chiese dette
tituli. In fin dei conti c, in tutto
il secolo IX, limpegno dei vescovi di
diffondere un ordinamento della cura
danime per pievi e di affermare su di
esse la loro piena giurisdizione, rivendicando il carattere intrinsecamente
vescovile delle chiese battesimali.

bizantino, chiaro segno di future mire


espansionistiche.
In tal senso Pandolfo I mette sullo
stesso piano il governo dello Stato e
quello della Chiesa. La sua citt capitale, divenendo sede di unarcidiocesi,
stringe sempre pi forti legami con i
comitati periferici che sono sedi vescovili suffraganee. 59
Anche a Salerno, sullesempio di
Capua e Benevento, istituita da Benedetto VII nel 983 unarcidiocesi che
conta ben dieci diocesi suffraganee.
Alcune di queste si trovano nella valle
del Crati, allora sotto la giurisdizione
costantinopolitana.
Non bisogna credere che questa restaurazione vescovile, precorritrice
della proliferazione che si avr in
et normanna, sia frutto soltanto della
volont riformatrice di Pandolfo I; la
sua azione da collocarsi in un contesto
che cerca di porre rimedio alleversione
dellautorit principesca, fenomeno
che sar rinviata soltanto di un secolo.
Lazione di Pandolfo si incontra, pi
che altro, con quella pontificia e il
nuovo assetto diocesano anche legato
allincremento demografico registrabile
in quegli anni.60
Il successivo graduale indebolimento
del principe e dei poteri pubblici favorisce il vescovo che nel corso dellXI
secolo si ritrover ancora da solo a
proteggere la citt dalle avversit delle
nuove invasioni.61
E indubbio il concetto che lerezione
delle prime sedi metropolitane nei
territori latini abbia risvolti positivi
per la stessa autorit pontificia . Infatti
il papa, concedendo il sacro pallio,
delega una parte della sua autorit
metropolitica allarcivescovo, ma al

Limportanza di questa organizzazione


ecclesiastica, per, non sfugge allazione riformatrice del principe Pandolfo
I Capodiferro.
Questi lo comprende subito, allorquando ottiene da Papa Giovanni
XIII, negli anni tra il 967 e il 971,
la dignit vescovile per Capua e nel
969 per Benevento, la prima con nove
sedi suffraganee e laltra con quindici,
alcune delle quali poste in territorio
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possibilit di estendere la propria giurisdizione su tutto il territorio dellex


ducato di Benevento. Ma il papa non
esita ad assicurare Benevento che i
privilegi accordati a Capua non sminuiscono in nulla i diritti esercitati fino ad
allora dal vescovo beneventano. Anzi
la diocesi di Benevento otterr dalla
Sede apostolica tutti i riconoscimenti
che si merita. Inoltre la presenza della reliquie di S. Bartolomeo, traslate
dallisola di Lipari e possedute dalla
citt gi dall838, conferiscono alla
Chiesa beneventana una precedenza su
quella di Capua, poich danno da sole
alla diocesi il crisma dellapostolicit.64
Nel solenne documento si legge che:
[] quondam tanta sedi est et ibi beati
Bartholomey apostoli corpus requiescit, merito decet augmento culminis
amplius d[ec]orari []; si consede a
Landolfo il titolo di arcivescovo, luso del pallio nelle festivit indicate e
la facolt di consacrare vescovi nelle
sedi sottoposte. Esse sono SantAgata
(dei Goti), Avellino, Quintodecimo,
Ariano, Ascoli, Bovino, Vulturara,
Larino, Telese, Alife. Si legge ancora
che i successori dellarcivescovo devono
essere consacrati dalla Sede apostolica
e viene confermata la concessione dei
precedenti pontefici allarcivescovado
beneventano della Chiesa di Siponto,
di San Michele sul monte Gargano e
di Varano.
La giurisdizione metropolitana di
Benevento, in seguito, si estende progressivamente sia per laumento del
numero delle diocesi suffraganee, sia
per lallargamento del territorio, tanto
a nord con Termoli e Trivento, come a
est con Lucera e Troia65.
Non improprio chiedersi se i confini
della metropolia si identifichino con

contempo lega quella sede, gi politicamente molto importante, con un


vincolo di particolare fedelt alla sede
apostolica ed esalta la sua attivit primaziale nel Mezzogiorno dItalia, contrastando linfluenza del Patriarcato di
Costantinopoli. Dal canto loro i presuli
divenuti metropoliti guadagnano in dignit, sperando di poter iniziare, entro
le loro circoscrizioni, le prerogative dei
pontefici romani in campo canonistico
e liturgico.
Di conseguenza le forze che agiscono
nella creazione delle sedi metropolitiche e nella moltiplicazione delle diocesi
suffraganee un sapiente e paziente
gioco a tre fra Chiesa Romana, duchi e
metropoliti, interessati a far coincidere
le strutture territoriali civili con quelle
religiose.
La diocesi di Benevento, come ho gi
citato, viene elevata ad arcidiocesi il
26 maggio 969 in un sinodo celebrato
in San Pietro alla presenza di Ottone
I, del principe Pandolfo di Capua e
Benevento e del di lui figlio Landolfo.62
Lintervento papale ha una lunga preistoria ed la sanzione di una situazione
di egemonia ecclesiastica che da tempo
si andava preparando.
Il primo documento che possediamo,
che attesti i diritti della chiesa beneventana, il privilegio rilasciato il giorno
11 novembre 943 da papa Marino II
al vescovo Giovanni.63 In esso il papa
riconosce di fatto lesistenza di un
territorio, in cui spetta al solo vescovo
di Benevento leventuale istituzione di
nuove diocesi. E lecito credere, allora,
che lerezione della metropolia capuana
abbia suscitato non poco stupore alla
Chiesa beneventana, soprattutto se,
con tale atto, si concedeva a Capua la
24

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

lomonimo principato longobardo o


siano invece unestensione di esso, per
ragioni di politica ecclesiastica. Gli
storici Klewitz e Pratesi propongono
al riguardo due tesi.
Il primo vede nel privilegio papale
uno strumento della politica di Pandolfo I. Tale politica vuole dare un
riconoscimento anche ecclesiastico ai
limiti territoriali del principato entro
cui larcivescovo avrebbe dovuto ricostituire tutte le diocesi preesistenti
allinvasione longobarda, restringendo,
in tal modo, la sua autorit su quella
vastissima diocesi.66
Il secondo ritiene che il papa nel concedere tale privilegio abbia voluto rendere capillare la presenza dei vescovi nel
vasto territorio, per poter raggiungere,
mediante una struttura pi articolata,
una maggior osservanza della disciplina canonica e un pi alto livello di vita
religiosa.67
Che tutte queste localit, dunque,
debbano avere un vescovo distinto
dal presule beneventano non altro
che una decisione concertata dalle
tre autorit: il papa, il principe Pandolfo I e il nuovo arcivescovo. Essi,
riprendendo una prassi antica, hanno
voluto far coincidere i centri della
civile amministrazione con i distretti
della vita ecclesiastica, senza che, per,
ogni centro di civile amministrazione
o comitato corrispondesse a una sede
episcopale.68 La metropolia di Benevento estende la propria giurisdizione
anche al di l dei confini del principato,
in area gi bizantina e, se alcune diocesi suffraganee vanno distaccandosi
(come Siponto e Troia), larcidiocesi
non subisce alcuna deminutio del suo
prestigio, anche perch, a seguito della
note vicende politiche del 1050, Bene-

vento assurge al rango di caposaldo del


potere pontificio sul regno di Napoli e
Sicilia, vassallo della sede apostolica.
Configurato questo profilo occorre
determinare quali siano i vescovati
soggetti allautorit del metropolita
beneventano fino al secolo XI e per
quali di essi si conservino i documenti .
Oltre il citato privilegio di Giovanni
XIII, le testimonianze dirette69, giunte
fino a noi, utilizzabili ai fini del primo
punto sono i regesti delle pergamene
della Biblioteca Capitolare di Benevento70, e precisamente:
il citato privilegio di Giovanni XIII
del 26 maggio 969, con cui si il papa
conferisce a Landolfo la dignit arcivescovile, luso del pallio e la possibilit
di consacrare vescovi a lui soggetti;71
il privilegio di conferma di Giovanni
XIV ad Aione arcivescovo, del 6 dicembre 983;72
la lettera di Gregorio V ad Alfano
arcivescovo, dellaprile 998;73
il privilegio di Sergio IV allo stesso del
21 gennaio 1011;74
il privilegio di Benedetto VIII allo stesso, del marzo 1014;75
il privilegio di Leone IX a Uodalrico
arcivescovo del 12 luglio 1053;76
il privilegio di Stefano IX allo stesso,
del 24 gennaio 1058.77
Dalle fonti si legge che larcivescovo
beneventano esercita il suo potere, in
origine, su dieci citt comprese entro i
confini del principato: Alife, Ariano Irpino, Ascoli Satriano,Avellino, Bovino,
Larino, Quindici, SantAgata dei Goti,
Telese, Volturara Appula. Di queste ,
nove conserveranno la cattedra oltre il
secolo XIII, mentre la sede di Quindici
sar ricordata per lultima volta nel
privilegio di Stefano IX .
25

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

Il privilegio di papa Giovanni XIV


conferma la giurisdizione dellarcivescovo Aione sulle Chiese di Siponto e S.
Michele Arcangelo e concede la potest
di consacrare vescovi, oltre che sulle
dieci diocesi citate dal precedente privilegio, anche su quattro nuove citt:
Suessula, Lucera Termoli e Trivento,
che non erano comprese entro i confini
del principato. E questo, come gi
stato evidenziato, un segno evidente
sia dell ormai perduta identit tra
diocesi e principato sia dellintenzione
del provvedimento pontificio di voler
estendere i propri confini nel territorio
bizantino. Infatti nel privilegio non si
accenna pi alla diocesi,perch Termoli, Trivento e Lucera sono poste oltre i
confini del principato, ma si concede
allarcivescovo e ai suoi successori di
ordinare i vescovi in queste citt.
Se la lettera di Gregorio V e il privilegio di Sergio IV allarcivescovo Alfano
presentano una situazione analoga, il
privilegio di Benedetto VIII introduce
un nuovo vescovato, probabilmente di
nuova fondazione, anchesso posto in
territorio bizantino: Lesina.
Il privilegio di Leone IX conferma
allarcivescovo beneventano Uodalrico le precedenti concessioni. Invece
la bolla di Stefano IX al medesimo
arcivescovo enumera ben ventiquattro
Ecclesiae sottoposte alla giurisdizione
di Benevento, oltre Siponto. Esse sono
Alife, Ariano Irpino, Ascoli Satriano,
Avellino, Boiano, Bovino, Biccari, Civitate, Dragonara, Fiorentino, Larino,
Lucera, Montecorvino, Montemarano,
Quindici, SantAgata dei Goti, Telese, Termoli, Tertiveri, Tocco Caudio,
Trevico, Trivento, Troia, Volturara
Appula. Dunque non figurano Suessula, estinta, e Lesina, evidentemente

assorbita da Dragonara; in pi vi sono,


per, Civitate, Dragonara, Fiorentino,
Troia, Baccari, Boiano, Montecorvino,
Montemarano, Tertiveri, Tocco Caudio,
Trevico. Queste nuove sedi, tranne
Montemarano e Tocco Caudio, si trovano nel Molise e nella Capitanata, in
luoghi cio sotto linfluenza bizantina,
in cui, a seguito della scisma di Michele
Cerulario e della conquista normanna,
lautorit del pontefice sempre pi
effimera. Lintento del provvedimento
pertanto quello di rafforzare il potere politico della Chiesa di Roma e la
posizione del clero latino poich non
si tratta di suffraganee potenziali ma
di diocesi effettive78.
Insomma il frazionamento politico
del IX e X secolo non ha avuto che un
riflesso positivo sullorganizzazione
ecclesiastica, che vede il suo momento
terminale nel X secolo con la creazione
della circoscrizione metropolitica di
Benevento, ganglio vitale dellordinamento ecclesiastico della Longobardia
meridionale.79
NOTE
1 E.Dupr Theseider, Mondo cittadino e movimenti
ereticali nel medioevo, Bologna 1978, p.29;
cfr. H. Pirenne, Le citt del medioevo, Laterza,
Bari, 2007
2 Isidoro di Siviglia, Etymologiarum sive originum libri XX, ed. W. M. Lindsay, Script. Class.
Bibl. Oxoniensis, Oxford, 1957, XV, II
3 Isidoro di Siviglia, op. cit.
4 Gregorio Magno, Registrum Epistularum, ed. D.
Norberg,2, cc,s. Latina, 140 A, Turnholti 1982,
XI 6
5 C. La Rocca, Trasformazioni della citt altomedievale in Langobardia, in Studi storici, 30,
1989, pp. 993-1011.
6 Cfr. L. Duschesne, Les vches de lItalie et
linvasion lombarde, in Mlanges darchologie
et dhistoire, 22, 1903, pp. 83-116; A Crivellucci,
Le chiese cattoliche e i Longobardi ariani in
Italia, in Studi storici, Pisa, V, 1896, p. 153-177,

26

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014


pp.531-534; VI, 1897,pp.93-115, pp.589604; IV, 1898, pp. 385-423;
G. Vitolo,
Vescovi e diocesi, in A.A.V.V., Storia del Mezzogiorno, III, Alto Medioevo, Napoli 1990,p.76.
7 S. Palmieri, Duchi, Principi, Vescovi, in A.A.V.V.,
Longobardia e longobardi nellItalia meridionale, a c.d. G.Andenna G. Picasso, Milano 1996,
pp.43-99
8 Cfr. Gregorio di Tours, Hist. Franc. IV, LI;
Gregorio Magno, Dialogi, III,8; cfr. anche Schipa,
Una data controversa, p. 756. Riguardo al sacco
di Aquino cfr. Lanzoni, Le diocesi dItalia, p.
172; Paolo Diacono, Storia del Longobardi, II,
31, ac. D. E. Bartolini, ed. TEA, Bergamo, 2002,
pag. 92 : Langobardi vero apud Italiam omnes
communi consilio Cleph, nobilissimum de suis
virum, in urbe Ticiniensium sibi regem statuerunt
[]. 32: Per hos Langobardorum duces, septimo anno ab adventu Alboin et totius gentis,
spoliatis ecclesiis, sacerdotibus interfectis, civitatibus subrutis populisque, qui more segetum
excreverant, extinctis, exceptis his regionibus
quas Alboin ceperat, Italia ex maxima parte
capta et a Langobardis subiugata est. Trad.
it.: Tutti i Longobardi dItalia con decisione
unanime, elessero re in Pavia Clefi, di stirpe
mobilissima. [] Per opera di questi duchi, a sei
anni dalla calata di Alboino e dei suoi, spogliate
le chiese, uccisi i sacerdoti, rase al suolo le citt,
sterminate le popolazioni che erano cresciute
come messi, gran parte dellItalia, escluse quelle
regioni gi occupate da Alboino, fu invasa e posta
sotto il giogo dei Longobardi.
9 Paolo Diacono, op. cit. .: Fuit qutem primus
Langobardorum dux in Benevento nomine Zotto,
qui in ea principatus est per curricula viginti
annorum. Trad it: Primo duca longobardo a
Benevento fu Zottone che govern la citt per
ventanni.
10 Cfr. F. Hirsch- M. Schipa, La longobardia meridionale (570-1077) a c. d. N. Acocella, Roma,
1968, pp.8 ss.; S. Gasparri, I duchi longobardi,
Roma, 1978, pp. 73 e 86.
11 Si parla, ad ogni modo, di luoghi di culto della
nuova fede cattolica penetrata, ormai al volgere
del V secolo, oltre la cerchia delle mura di Benevento in modo lento, graduale e faticoso. Due i
motivi, a mio parere, i pi rilevanti: la posizione
geografica, poich una zona agricolo-pastorale
pre-appenninica di non facile accesso; la resistenza di antichi culti legati ai cicli naturali delle
stagioni e ai costumi religiosi preesistenti (cfr.
V. A. Sirago, Il Sannio nel mondo romano. Il
trapasso religioso, in Samnium, L X I X , 9
n.s., ott./dic. 1996, 4, pp. 247-262, ora in V. A.
Sirago, Sannio romano: caratteri e persistenza di
una citt negata, collana Citra et Ultra, diretta
da P.L. Rovito, Napoli, 2000). Il culto misterico

27

di Iside a Benevento, ad esempio, meno rude ed


elementare di quelli pi primitivi, prefigura la venerazione della Madonna cristiana. emblematico che alcune modalit della rappresentazione
della dea siano coincidenti con certe qualit
attribuite poi alla Madonna ( galattofora, sposa
fedele, madre esemplare, esperta del dolore) e
che abbiano agevolato laccettazione del nuovo
culto evidentemente con operazioni iniziali di
sincretismo o sovrapposizioni liturgiche.
12 Registrum, I, 17 e II, 2
13 O. Bertolini, Riflessi politici delle controversie
religiose con Bisanzio nelle vicende del secolo
VII in Italia, ora in Id., Scritti, pp. 266-308.
14 Cfr. Paolo Diacono, op. cit., IV 19, p. 162: Gregorius Arogi duci. Quia sic de gloria vestra sicut
re vera de filio nostro confidimus, petere a vobis
aliqua fiducialiter provocamur, arbitrantes,
quod minime nos patiamini contristari, maxime
in tali re, unde vestra anima multum poterit
adiuvari []. Trad. it: Gregorio al duca Arichi.
Poich confidiamo nella gloria vostra come in
quella di un vero figlio nostro, ci induciamo a
rivolgervi con fiducia alcune richieste convinti
che non vorrete affatto contristarci, massimamente in cose da cui lanoma vostra pu trarre
gran giovamento. Cfr. O. Bertolini, I papi e le
relazioni politiche
di Roma con i ducati
longobardi di Spoleto e di Benevento, I, RSCI,
6,1952, p.40.
15 Cfr. Epistolae Langobardicae Collectae, ed.
W. Gundlach, MGH, Epist., III, Berolini,1892,4,
il pontefice chiede al duca di Benevento di far
rientrare il monaco di Alatri, Riparato, che era
fuggito ad Alife.
16 Cfr. P. Brown, Potere e Cristianesimo nella tarda
Antichit, Laterza, Bari, 1995.
17 Cfr. Bognetti, Le origini della consacrazione, p.
204.
18 A. Veronese, Monasteri femminili i n I t a l i a
settentrionale nellAlto Medioevo. Confronto con
i monasteri maschili attraverso un tentativo di
analisi statistica, Benedictina, 34,1987, pp.
355-422.
19 O. Bertolini, Gli Annales Beneventani, BISIM,
42, 1923, pp.1-163. A differenza degli Annales
Beneventani, Erchemperto attribuisce la fondazione di S. Sofia solo ed esclusivamente ad Arechi
(cfr. Erchemperto, Historia, c. 3, . Cfr. anche
Chronica S. Benedicti, c. 26, p. 488). Il monastero era diretto dalla sorella di Arechi e sottomesso
allabbazia di Montecassino poich si cercava di
legare la fortuna del principato forse al maggiore
fra gli istituti monastici dellItalia meridionale.
Che il monastero fosse guidato dalla sorella del
duca attribuibile analogamente al monastero
di S. Salvatore da Brescia che fu diretto in et
longobardo-carolingia da principesse e regine (O.

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Bertolini, I documenti, p.30, doc. n. 100). Per S.
Sofia sappiamo che nell817 e nll821 c stata
come badessa Adalgisa, figlia di Arechi II ( O.
Bertolini doc. n. 105, n. 107, n. 109, n.118);
dall833 all841 nominata Wilerona, di cui
non si sa nulla e lo stesso vale per Rodelgarda,
badessa ricordata nell823 ( ib. n. 139).
20 O. Bertolini, I documenti trascritti nel Liber preceptorum beneventani
monasteri
S. Sophiae(Chronicon S. Sophiae, in Studi di
storia napoletana
in onore di M. Schipa,
Napoli 1926, pp. 11-47.
21
Mabillon (Annales ordinis s. Benedicti
,I, Parisiis, 1703, p.473) indica lanno 672 ma
altri storici, come il De Vita (Thesaurus alter
antiquitatum Beneventanarum, Romae, 1764,
pp.97-98) ritengono che la fondazione sia da
assegnarsi tra il 689 e il 706 ovvero durante il
ducato di Gisulfo I; C. Lepore,
Monasticon
Beneventanum, in Studi Beneventani, 6, Morcone, 1995, pp. 45.
22 S. Borgia, Memorie istoriche della pontificia
citt di Benevento, I, Roma, 1763, pp. 275-276;
C. Lepore,
Monasticon Beneventanum, p.
47.
23 Bibl. Apost. Vatic., lat. 4939, f.33 v; S. Borgia,
Memorie cit., I, p. 288.
24 Paolo Bertolini dissente sullattendibilit di tale
datazione. Secondo il medesimo la datazione
avvenuta tra lottobre del 684 e il febbraio del
708; P. Bertolini, I duchi di Benevento e San
Vincenzo al Volturno- Le origini, in Una grande
abbazia, pp. 85-177.
25 T. Leccisotti, Rileggendo il libro II dei Dialoghi di
S. Gregorio, Benedictina, 28, 1981, pp.223-228.
26 C. D. Fonseca, Langobardia, p. 161.
27 Ibid., p.44.
28 S. Palmieri, op. cit.
29 Cfr. G.Cangiano, Le origini della Chiesa beneventana, in Rivista storica del Sannio,
8, 1922, pp.23-24, 58-62, 92-97, 168-171,
207-210, 9, 1923, pp. 49-49, 77-82, 161-165,
189,192, 10, 1924, pp. 42-49, 87-88, 137-141.
30 Cfr. G. Jannelli, Storia cronologica dei vescovi
dellantica Capua, Sicopoli, Capua Nuova e
Berolasi e degli arcivescovi capuani, Caserta
1872.
31 Ibid. pp. 74-99; cfr. O. Bertolini, L e c h i e s e
longobarde dopo la conversione al cattolicesimo
e i loro rapporti con il papato , in Le
Chiese nei regni dellEuropa Occidentale
ei
loro rapporti con Roma fino all800, I, Spoleto
1960.
32 Cfr. A. Pratesi, Barbato , santo, in Dizionario
biografico degli italiani, VI,Ist. Enciclop. Italiana, Roma, 1964, pp. 128-130.
33 Limportanza del culto mariano per i Longobardi

28

meridionali variamente attestata e le stesse


cattedrali di Benevento e Salerno furono dedicate
alla Vergine. Cfr. Chronacon Salernitanum,26.
34 Ibid. p.130
35 M. Montesano, La Vita Barbati: culti longobardi
e magia a Benevento, in Studi beneventani, 4-5
giugno- dr- 1991, pp.39-56
36 La leggendaria vita di Barbato ha effettuato
presso il gruppo dominante guerriero del ducato unopera di razionalizzazione della realt,
legando la conversione dei Longobardi al trauma
dellassedio da parte dei Bizantini, quando gli
abitanti della citt e la stesso duca Romualdo,
smarriti, si sarebbero rivolti al prete Barbato per
ottenere la salvezza. In seguito alla promessa
di abbandonare i culti pagani, i Longobardi
superano le insidie dellassedio, prima ancora
dellintervento risolutore di Grimoaldo. Allora
Barbato presa una scure abbatte lalbero del noce
e , dopo qualche esitazione da parte del duca,
anche lidolo doro a forma di vipera, adorati
da lui e dai suoi deguaci, fuso per ricavare
calice e patra per la messa. Cfr. C.D.Fonseca,
Particolarismo istituzionale e organizzazione
ecclesiasticadelle campagne nellalto medioevo
nellItalia meridionale in Cristianizzazione
e organizzazione ecclesiastica delle campagne
nellalto medioevo: espansioni e resistenze, II,
(Settimane del Centro Italiano di Studi sullAlto
Medioevo, XX, XXVIII, Spoleto, 1982, pp. 11631200).
37 La fonte archeologica invece costituita dal
ciclo di affreschi della cripta del duomo di Benevento; Cfr. G. Cangiano, Origini della Chiesa
Beneventana, Benevento, 1923; G. Antonucci,
Larcivescovo di Siponto, in Samnium, 10,
1937, pp, 71-75;
J.M. Martin, propos
de la Vita de Barbatus vque de Bnevnt, in
Mlanges de lcole
franoise de Rome, 86,
1974, pp. 137-164; cfr. C. Lepore, S. Barbato e
il
suo contesto storico, in Quaderni di memoria, Castelvenere, febbraio 2000, pp.21-22.
38 Vita Barbati episcopi beneventani i n M G H ,
Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum, ed. G. Waitz, Hannoverae, 1878.
39 Il primo il privilegio con cui Romualdo concede
a Barbato, dopo la sua elezione a vescovo, la giurisdizione sul santuario garganico e sulla chiesa
di Siponto: di esso, bench non ci sia pervenuto,
si hanno esplicite testimonianze, dapprima in
una definitio iudicatus del 2 marzo 839, con
cui il principe Sicardo definisce la concessione
romualdina intrinsecamente irrituale e del tutto
contraria ai sacri canoni e, quindi, in un diploma
del 2 aprile 978, con cui i principi Pandolfo I e
Landolfo IV confermano allarcivescovo Landolfo I il possesso della chiesa e del castrum d i
Monte SantAngelo. Il secondo la bolla del 30

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gennaio 668, con cui papa S. Vitaliano conferma
a Barbato la concessione di Romualdo I delle
chiese di Bovino, Ascoli Satriano, Larino nonch
dellepiscopato sipontino e del santuario garganico di S. Michele Arcangelo, quae in magna
inopia ac paupertate esse videtur et absque
cultoribus et ecclesiasticis officiis nunc cernitur
esse depravata : questa bolla bench apocrifa,
presenta lo stesso incipit del successivo privilegio
di papa Formoso del 30 gennaio 894, anchesso
perduto, che costituir il modello della posteriore
bolla di Marino II del novembre 943. Il terzo
la partecipazione di Barbato al secondo sinodo
patriarcale romano, celebrato da papa Agatone
nel marzo del 680, in preparazione del concilio
ecumenico Trullano contro leresia monotelita: la
partecipazione comprovata dalle sottoscrizioni
degli atti sinodali
in caratteri greci e latini. Cfr. J. D. Mansi, Sacrorum conciliorum nova
et amplissima collectio, Venetiis, 1751-1790, XI,
col. 299.300. C. Lepore, S. Orbato, pp.22-30:
Barbatus gratia Dei episcopus sanctae
Beneventanae Ecclesiae provinciae Campania.
40 Cfr. P. Diacono, Historia Langobardorum, V, 6-8.
41 Cfr. Chronicum Volturnense del monaco Giovanni, ed . V. Federici, I (Fonti per la storia dItalia,
58), Roma 1925, pp.297-302; cfr. C. Lepore,
op. cit., pp.22-27.
42 Cfr. Wattenbach- Levison, Deutschlands Geschichtsquellen im Mitterlalter, IV, Weimar
1963, p. 434.
43 C. Lepore, S. Barbato, pp. 11-29.
44 Gregorio Magno, op.cit.
45 O. Bertolini, I vescovi del regnum Langobardorum al tempo dei Carolingi, in Vescovi e diocesi
in Italia nel Medioevo ( secoli IX- XIII), Padova,
1964, pp.1-26.
46 Lunzione e lincoronazione attestata da Leone
Morsicano, Chron mon. Cas., I,9; dellincoronazione ne parla lAnonimo Salernitano, Chronicon,9.
47 Tra questi A. Hoffmann, Franzsische Furstenweihgen des Hochmittelalters, in Deutsches
Archiv, 18,1962,pp.94-95.
48 S. Palmieri, op. cit.,pp.76-81.
49 MGH, Dipl. Kar., ed. E. Mhlbacher- A.
Dopsch-J. Lechner- M. Tangl,
I, Hannoverae, 1906, 156; L. Maio, Davide beneventana:
un vescovo della longobardia meridionale, in
Samnium, 55, 1982, pp.197-221, 56, 1983,
pp.77-101.
50 La fonte che ci registra questa vicenda il Chronicon Salernitanum, un testo composto intorno
allanno 974, cio dopo due secoli dai fatti, da
un probabile monaco benedettino di Salerno,
oriundo da antenati beneventana, o comunque
fuggiti da Benevento. Se nelle pagine del testo

storia e leggenda, poesia e realt si mescolano


ampiamente, i fatti narrati, avulsi dalle forzature
favolistiche, offrono spazio per comprendere
gli avvenimenti di questo confuso periodo. Cfr.
M. Oldoni, Anonimo Salernitano del X secolo,
Napoli, 1972
51 Cfr. C. Lepore, S. Barbato, pp. 24-27.
52 Cfr. G. Vitolo, op. cit.; B. Ruggiero, Per una
storia della pieve rurale nel Mezzogiorno medievale, in Potere, Istituzioni, chiese locali:
aspetti e motivi del Mezzogiorno medievale
dai Longobardi agli Angioini, Bologna
1977; Concilium Romanorum, in MGH, Leges
sectio III, Concilia II/2: Concilia aevi Karolini ,
A. Werminghoff ed., Hannoverae- Lipsiae 1908,
pp. 560 ss.
53 S. Palmieri, Mobilit etnica e mobilit sociale
nel Mezzogiorno longobardo , in Archivio storico
per le Provincie napoletane, III sez. , 20, 1981,
pp. 47-65: La scelta su Capua opportuna anche per considerazioni di ordine politico, poich
Benevento e Salerno sono sedi di due poteri
rivali nonostante le pacificazioni patrocinate
dallimperatore Ludovico II. I temi toccati sono
scottanti perch tendono per lo pi a disciplinare
il comportament o dei sacerdoti che trascurano
limpegno della vita comune, losservanza della
castit e delle norme che regolano i rapporti con
le donne, il divieto di celebrare i matrimoni nei
gradi proibiti e con gli ebrei.
54
G. Morin, Un concile indit tenu dans
lItalie mridionale la fin du IX sicle, in Revue Bndictine, 17, 1900, pp. 143-151. Cfr.
anche C.J Hefele- H. Leclercq, Histoire des
conciles, III/2, Paris 1910, pp. 1222-1234; A.
Wewrninghoff, Verzeichnis der Akten frnkischer
Synodenvon 843-918, in Neues Archiv, 26, 1901,
p.659. C. Colafemmina, Pietre cristiane e teste
ebraiche. Antisemitismo in Puglia, in Quaderni
medievali, 10, Bari 1980, pp. 121-132.
55 G. Filoramo ( a cura di), Storia delle religioni,
4, Torino, 2005, pp. 181-214
56 Synodus Orietana, ed. A. Amelli in Spicilegium
Casinense, I, Montis Casini 1888, pp. 377-381.
57 Acta Synodi Sipontinae Ecclesiae, ed. Amelli, in
Spicilegium Casinense, I, pp.388-393.
58 G. Vitolo, Lorganizzazione della cura danime,
in A.A.V.V. , Longobardia e Longobardi nellItalia meridionale, a c. d. G.Andenna- G. Picasso,
Milano 1996, pp. 112-122.
59 A tal riguardo cfr. N. Cilento, Listituzione della
sede arcivescovile metropolitana di Capua nel
suo significato politico e religioso, in Il contributo
dellarchidiocesi di Capua alla vita religiosa e
culturale del Meridione. Atti del Convegno nazionale di studi storici promosso dalla Societ di
storia patria di Terra di Lavoro, Roma 1967,
pp. 87-101.

29

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60 S. Palmieri, op. cit., p.97.
61 Ibid., p. 99.
62 P. F. Kehr- W. Holtrmann, Regesta Pontificum
Romanorum. Italia Pontificia,9, 54, n. 15, Berlino, 1962. Bullarium selectum
S. Beneventanensis Ecclesiae
, 67 n. 11; C. Lepore,
La Bibl. Capit., pp.235-236; Le pi antiche
carte, n.17, p.47.
63 P. F. Kehr, It. Pont. 9, p. 53, n.11; Bullarium
selectum
S. Beneventanensis Ecclesiae
, 67 n. 6; C. Lepore, La Bibl. Capit., pp.232; Le
pi antiche carte, n.9, p.27.
64 P. F. Kehr, It. Pont. 9, n. 15, pp.54-55. Si tratta
di una sede santa nella quale riposa il corpo del
beato Bartolomeo apostolo, che merita di essere
decorato con laumento del suo onore.
65 Come ricordato anche in
It. Pont., 9,
p. 47, il numero massimo raggiunto, allinizio
del XIII secolo, di ventiquattro diocesi, dato
testimoniato anche dalle porte bronzee della
capitale.
66 Cfr. G. Spinelli, op. cit., p. 34-41
67 Ib., p. 22
68 G. Vitolo, Vescovi e diocesi , pp.116-117.
69 Quasi tutti i documenti pontifici sono stati pubblicati da F.Ughelli, Italia sacra sive de episcopis
Italiae et insularum adiacentium,
70 Cfr. C. Lepore, La Biblioteca Capitolare di
Benevento, Regesti delle pergamene (secoli VIIXIII) in Rivista Storica del Sannio, 23, 2005, pp.

201-272
71 Bullarium selectum, 67 n. 11; C. Lepore, La
Bibl. Capit., pp.235-236; Le pi antiche carte
del Capitolo della cattedrale di Benevento (6681200.) edd. A. Ciaralli, V. De Donato, V. Matera,
FSIM, Regesta chartarum ,52, Roma, 2002, n.
17, p.47.
72 Bullarium selectum , 67 n. 15; C. Lepore, La Bibl.
Capit., pp.240; Le pi antiche carte, n.24, p.72.
73 Bullarium selectum , 67 n. 16; C. Lepore, La Bibl.
Capit., pp.241; Le pi antiche carte, pp.78-79.
74 Bullarium selectum , 67 n. 17; C. Lepore, La Bibl.
Capit., pp.242; Le pi antiche carte, n.28, p.84.
75 Bullarium selectum , 67 n. 19; C. Lepore, La Bibl.
Capit., pp.244; Le pi antiche carte, n.31, p.93.
76 Bullarium selectum , 67 n. 20; C. Lepore, La
Bibl. Capit., pp.249-250; Le pi antiche carte,
n.41, pp. 130.
77 Bullarium selectum , 67 n. 21; C. Lepore, La Bibl.
Capit., pp.251-252; Le pi antiche carte, pp.
148-149.
78 A. Pratesi, Note di diplomatica vescovile beneventana, Parte II, Vescovi siffraganei (secoli X-XIII)
in
Bullettino dellArchivio Paleografico Italiano, N.S., Roma, 1955, pp, 21-28; cfr.
P.
F. Kehr- W. Holtrmann, Regesta Pontificum
Romanorum. Italia Pontificia, IX, Berlino, 1962.
79 Cfr. C. Fonseca , Longobardia minore e Longobardi nellItalia meridionale, in Magistra
Barbaritas, Milano 1984.

30

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GIANLUIGI
PANARESE

Analisi della sonata in


La minore op. 105 per
violino e pianoforte di
Robert Schumann
noforte, che ben esprime non solo le
novit estetiche, armoniche, timbriche
del Romanticismo, ma anche quella
tensione tra finito ed infinito cos tipica
del primo 800.
Alla nuova sensibilit romantica S. si
accost attraverso una serie di letture
come il Faust di Goethe, i romanzi
di W. Scott, i poemi di Byron, e parve
sul punto di lasciare la musica per la
letteratura e la poesia. Daltra parte
il padre August fu un colto editore
umanista, noto per aver pubblicato
unedizione tascabile dei classici di tutto il mondo e questo spiega la notevole
cultura e i raffinati gusti letterari del
figlio Robert.
Ma un amore giovanile per Agnus
Carus, delicata interprete dei Lieder
di Schubert, lo riavvicin alla musica.
Questo riavvicinamento confermato
anche da una famosa lettera alla madre, alla quale comunicava, dopo aver
assistito ad uno strepitoso concerto di
Paganini a Francoforte, che lo aveva

Il musicista colto potr studiare una Madonna di Raffaello con la stessa utilit con cui il
pittore studier una sinfonia di Mozart... Lestetica di unarte quella delle altre, soltanto
il materiale diverso.
R. Schumann

INTRODUZIONE
Il presente lavoro nasce come tesi
finale del Biennio di specializzazione
in Prassi esecutiva e repertorio per
violino, discussa presso il Conservatorio Statale di Musica di Benevento
nellanno 2010. La scelta di analizzare
la sonata per violino e pianoforte di
Schumann fu dettata dallesigenza, da
un lato, di rendere omaggio e ricordare,
nel bicentenario della nascita, Robert
Schumann (1810-1856)), tra i pi
significativi esponenti della cultura romantica e non solo musicale; dallaltro
di avvicinarmi ed approfondire una
delle pagine pi appassionate della
letteratura musicale per violino e pia31

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impressionato molto, la decisione di


abbandonare la facolt di giurisprudenza per dedicarsi interamente alla
musica.
Schumann musicalmente il compositore romantico per eccellenza. Se
Schubert aveva dato il meglio di s nei
Lieder, Schumann trasporta la libera
concezione formale dei Lieder sui pezzi
strumentali, creando pagine - soprattutto pianistiche - di grande libert e
variet formale, con frequenti accenti
autobiografici. Si pensi, ad esempio,
ad unopera come il Carnaval op. 9,
in cui un nucleo motivico di quattro
note funge da spunto generatore per
un ciclo di 21 pezzi: le quattro note
corrispondono alle lettere musicali
SCHA ASCH, quelle del nome di
Schumann e del villaggio natale della
donna amata Ernestine von Fricken,
che poi lasci per legarsi a Clara Wieck
(in tedesco A corrisponde al la, S al mi
bemolle, C al do e H al si bequadro).

Ci che interessava e la fonte dispirazione erano lo stato danimo, il colore,


la suggestione. per questo che Schumann fu sempre guardato con sospetto
in ambienti accademici: la sua musica
appariva strana, informe, legata alla
poesia e alla pittura. Non a caso gli
studiosi sono quasi unanimemente
daccordo nel sostenere che Schumann
defin unestetica ai confini dellimpressionismo, parlando di poetica del
frammento musicale.
Dove meglio si coglie questo anticonvenzionalismo e questa ricerca interiore nella musica cameristica, che pi
di altre si prestava a sperimentazioni
e a rotture con il rigido accademismo della tradizione settecentesca. I
momenti musicali di Schubert, i
pezzi fantastici di Schumann, alcuni
preludi o notturni di Chopin, sono
altrettanti esempi di questa libert di
concezione. Le piccole forme della
musica da camera rappresentano un
mondo privilegiato fatto di rivelazioni
imprevedibili e di intuizioni fulminee.
Per comprendere pienamente la novit
rappresentata dal linguaggio musicale
di Schumann opportuno ricondurre
la sua produzione alla temperie culturale romantica, che apr la strada
a quella lenta ma inesorabile disgregazione dellarmonia cos gravida di
conseguenze e che, almeno per la corrente romantica che fa capo a Berlioz,
Liszt e R. Strauss, evolver successivamente in una tendenza alla musica
descrittiva che avr, come ideale limite
estremo, il rumore allo stato puro, la
sensazione sonora spogliata di ogni
ordinata organizzazione razionale
(M. Mila).

La forma sonata1, che Schumann pure


adotter e plasmer liberamente assecondandola ai propri itinerari interiori,
non pi sentita cos viva e adatta ad
esprimere grandiosi contrasti oggettivi.
Schumann al contrario crea pezzi in
cui vuole esprimere immediatamente
la sua sensibilit individuale. Si pu
affermare con buona approssimazione
che per la prima volta nella storia della
musica emerge il concetto secondo cui
sono il contenuto e le idee a imporre
la forma, non il contrario. Il compositore di Zwickau dimostr che lidea
pura poteva imporre le sue forme e
una forma piccola ma perfetta, che
catturasse e sfruttasse una singola idea,
poteva essere la giustificazione estetica
di se stessa.
32

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CAPITOLO I
LESTETICA MUSICALE DEL PRIMO OTTOCENTO

speculazione e che da Hegel a Schelling, da Schopenhauer a Nietzsche la


musica trovi un posto donore in tutti
i sistemi filosofici. Il giovane letterato
e critico Wackenroder, che pu essere
considerato uno degli ideologi della
nuova sensibilit romantica, scriveva
che la musica era da considerare larte
per eccellenza, superiore a tutte le altre
per capacit espressiva e possibilit di
penetrare i segreti pi intimi del mondo, lessenza delle cose e di accostarsi
a Dio stesso. Questo carattere quasi
religioso riscontrabile anche in poeti
e scrittori come J. Paul Richter, Tieck,
Schiller, Novalis. Latteggiamento
spirituale del Romanticismo, allora,
pu essere sintetizzato nellespressione
ansia di assoluto, con conseguente
glorificazione della musica. Nelle parole di Hoffmann la musica la pi
romantica delle arti perch il suo scopo
linfinitoEssa dischiude alluomo
un regno sconosciuto, un mondo che
nulla ha in comune con quello esterno
sensibile che lo circonda, un mondo
in cui rispoglia di tutti i sentimenti
determinati, per abbandonarsi ad una
innegabile nostalgia. Per Hoffmann
tutta la grande musica, anche quella
delle epoche passate, era romantica:
la musica di Palestrina, di Bach, di
Mozart, di Haydn e, pi di ogni altra,
quella di Beethoven.
Accanto a questo slancio mistico e a
conferma della centralit della musica
nei primi decenni dellOttocento, troviamo anche i primi studi specialistici
e storici nel senso moderno del termine.
Aspetto peculiare della sensibilit
romantica fu un certo gusto per il
meraviglioso, il fantastico, il bizzarro, il recondito, il misterioso, termini
usati polemicamente nei confronti di

I. Caratteri generali del Romanticismo


Linserimento della musica nel mondo
della cultura alta si ebbe a partire gi
dallIlluminismo, ma solo con il Romanticismo che essa assunse un rilievo
preminente tra le arti. A considerare la
musica unarte privilegiata non furono
per i musicisti, ma poeti e letterati
che la consideravano il punto di convergenza di tutte le arti. Le notazioni
pi suggestive sulla musica si trovano
in opere di scrittori che ignoravano
totalmente aspetti tecnici sia relativamente alla teoria musicale che alla
pratica strumentale, ma che sentivano
tutto il fascino di unarte enigmatica
che sembra non significare nulla e che
proprio per questo racchiude i misteri
pi insondabili, schiudendo le porte
dellinfinito.
Se il prototipo di arte classica quella
figurativa (pittura, scultura ecc.)
perch in tale ambito si controllano
meglio le forme, i rapporti, i contorni
di ci che si rappresenta, il prototipo
di espressione romantica quella musicale che, per natura, pi indefinita,
inafferrabile, basata sulle tensioni,
sulle impennate e cadute di toni e di
ritmo, con un linguaggio tanto vago nei
contorni quanto immediato ed efficace
nella comunicazione.
Goethe affermava, ad esempio, che
dalla musica emana una forza che
simpadronisce di ogni cosa e che
nessuno in grado di spiegare.
interessante notare, inoltre, che tutti
i grandi filosofi romantici facciano
della musica uno dei centri della loro
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unestetica neoclassica che al contrario


faceva della regolarit, della simmetria
e della proporzione le sue linee guida.
Il termine recondito ben si collega ad
un altro carattere del Romanticismo: il
recupero e la rivalutazione di un passato musicale che affonda le sue radici
anche nel pi lontano Medioevo. Ecco
allora che elementi gregoriani o della
polifonia rinascimentale arricchiscono
di allusioni molte pagine sinfoniche
corali e pianistiche di Liszt, cos come
moduli armonici e contrappuntistici
di tradizione barocca acquistano, in
certe composizioni di Schumann o di
Brahms, quasi il valore di simboli di
nobilt antica o di nostalgia per una
ricchezza ideale ormai non pi raggiungibile. Si pensi, ad esempio, alla
Sinfonia n. 2 in do maggiore in cui
Schumann si rivela contrappuntista
completo, preoccupato di rendere sempre pi solida con la elaborazione della
polifonia la sua scrittura strumentale.
Un musicista che si rese conto della
densit e della complessit polifonica
delle composizioni schumanniane,
apparentemente semplici, fu Alban
Berg. Nel 1920 Berg fu accusato da
un compositore e critico conservatore,
Hans Pfitzner, di mancare di melodia. Perch - si chiedeva Pfitzner
- Berg, Schnberg e Weber non riuscivano a scrivere una musica graziosa,
semplice, melodica come la Trumerei
di Schumann? Berg demol Pfitzner
pubblicando su una rivista musicale
viennese unanalisi strutturale e armonica del brano. Lungi dallessere semplice, dimostrava Berg, la Trumerei
singolarmente complicata da un punto
di vista armonico, ed anche un rigoroso esempio di scrittura a quattro
parti, cos ricca nella sua polifonia

che la si potrebbe facilmente affidare


a un quartetto darchi o a un insieme
di fiati o addirittura a quattro voci.
II. Un nuovo linguaggio musicale
Il campo in cui si sentiva pi forte quel
bisogno di libert espressiva, di cui ho
precedentemente parlato, sicuramente larmonia. Il superamento graduale
dei moduli e stilemi classici fu favorito
dal crescente individualismo per cui
la persona umana diventa il centro
della speculazione filosofica. Nuova
la concezione dellarte intesa come un
linguaggio di suoni, di colori di masse
e volumi o ritmi poetici, capace di far
emergere il vasto e complesso nel
caso di Schumann anche tormentato
mondo interiore. Si assiste in altre parole ad una progressiva soggettivazione
dellarte. Il compositore del Settecento,
a differenza di quello romantico, non si
proponeva di esprimere se stesso, ma di
fare musica secondo leggi e autonome e
determinate. La musica era una realt
che non si identificava totalmente con
la vita interiore del musicista. Si rese
necessaria, allora, una radicale riforma
del linguaggio musicale per renderlo
aderente alla mobilit dei sentimenti. Tutti gli elementi dinamici della
musica vengono favoriti e potenziati,
al contrario diventano sempre meno
vincolanti lordinata organizzazione
dei suoni e la gerarchia tra i gradi
della scala (il cosiddetto tonalismo)
cos da avere un fluire incessante di
modulazioni. Questa battaglia combattuta dal primo Romanticismo per
una libert armonica acquista ancora
pi vigore e forza in una seconda fase.
Luso sempre pi libero della dissonanza non risolta n preparata finir per
condurre al cromatismo wagneriano,
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Robert Schumann

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strumento efficace di approfondimento psicologico, nel quale pare essersi


smarrito il senso di riposo della tonalit classica. Oltre alla frantumazione
dellarmonia classica bisogna annoverare tra le novit del nuovo linguaggio
musicale anche il perfezionamento del
gusto timbrico. La caratteristica dei
singoli timbri musicali fu esplorata
intensamente tanto che si pu dire
che nellOttocento si ha una rivincita
del colore sul disegno e sulle strutture
architettoniche compositive. Si pensi,
ad esempio, al Pezzo da concerto in fa
maggiore per quattro corni e orchestra
di Schumann in cui il compositore con
eccelsa maestria sfrutta a meraviglia le
diverse possibilit timbriche del corno.
Per quel che riguarda invece le novit
apportate allimpianto formale da
tener presente unaltra opera fondamentale di Schumann: la Sinfonia n.
4 in re min., in cui i quattro tempi
tendono a fondersi in un tutto unico
e i temi rimangono spesso identici o
derivati luno dallaltro, quasi in una
costruzione ciclica che anticipa i tardoromantici e un modello compositivo di
grande successo del secondo Ottocento:
il poema sinfonico. Tracce di questa
costruzione ciclica si possono ravvisare, come vedremo, anche nella sonata
in oggetto.

anche nella politica. Gradualmente


anche la gestione della cultura passa
dalle mani dellaristocrazia a quelle
della borghesia imprenditoriale. A
questo punto i contenuti stessi dellarte rispondono a modi di pensare, a
sistemi di valore tipici della nuova
classe sociale. Nascono cos le prime
istituzioni concertistiche come la Gewandhaus di Lipsia, il Concertgebauw
di Amsterdam, la Societ degli amici
della musica di Vienna. Il mecenatismo
ormai sulla via del tramonto, anche
per la graduale decadenza economica
dellaristocrazia, che tra laltro rende
sempre pi difficile sostenere orchestre
e cappelle gentilizie. Diventa, invece,
sempre pi frequente negli ambienti
borghesi la pratica amatoriale di far
musica in casa: si tratta della cosiddetta Haumusik. Nasce allora un vero
e proprio gusto musicale, che si tradurr nel genere compositivo definito
con il termine di Solonmusik, cio
musica da salotto. Il dato importante
da tener presente, dunque, che si
assiste a una diffusione di esperienze
musicali a livelli sociali diversi, come
testimoniato anche dalla nascita di
associazioni e gruppi di amatori che
amavano riunirsi per cantare in coro
e celebrare collettivamente la propria
identit culturale e talvolta quella nazionale, in sintonia con quelle tendenze
sia della cultura alta che popolare volte
a riscoprire le radici di un popolo.
In questo scenario, venendo meno il
mecenatismo come fattore unitario,
la musica tende a frazionarsi, a disperdersi in molteplici modelli; i limiti
concessi alloriginalit personale si
fanno sempre pi ampi. Ci che conta
la spontanea creazione individuale,
la superiorit della libera fantasia,

III. La nuova condizione dellartista


Nella evoluzione del gusto musicale
non secondarie furono le trasformazioni economico-sociali che interessarono
lEuropa gi a partire dal XVIII sec,
quando da un assetto feudale o parafeudale si passa ad una organizzazioni
pi moderna, in cui la borghesia pare
avviata a rivestire un ruolo predominante non solo nelleconomia, ma
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superiorit dellistinto sulla ragione,


dellindagine dellanima. Emblematico
da questo punto di vista la prima
produzione pianistica di Schumann:
mentre i compositori del tempo scrivevano sonate, sinfonie e variazioni, lui
componeva brani che si chiamavano
Intermezzi, Arabesque, Davidsbndler,
Kreisleriana, Papillons, Carnaval,
Kinderszenen, una sorta di diari spirituali in cui si coglie una immediatezza espressiva del tutto nuova, che
mette ben in evidenza la pluralit e
mutevolezza degli stati danimo. Nelle
opere succitate si trovano i pi diversi
sentimenti, dalla frenesia allhumor,
alla nostalgia, come nella fantasiosa
variet di una mascherata. La festa del
carnevale ben rappresenta il mondo
interiore di Schumann. Le maschere
paiono risvegliare un mondo perduto,
ma anche rivelare una realt nascosta
sotto le apparenze. Daltro canto tutto
quello che ci era noto, sotto la maschera diventa misterioso; la maschera
pu nascondere sorrisi dolcissimi, ma
anche una tristezza insondabile. Per
lindole romantica di Schumann la
festa pagana del carnevale non pi
unoccasione di svago e divertimento,
ma unallegoria delluniverso, allegoria
del mistero, cio dellindefinito, tanto
caro a Leopardi. A questo proposito,
per capire il fascino per il misterioso,
illuminanti sono le parole dello scrittore Novalis, tra i preferiti da Schumann:
Il mondo deve essere romanticizzato.
In tale modo noi vi ritroveremo il suo
significato primitivo. Quando io dono
a ci che cosa comune un senso
angusto, a ci che cosa solita un
aspetto misterioso, a ci che conosciuto la dignit dello sconosciuto, a
ci che finito un aspetto dinfinito,

allora io romanticizzo. Tornando alla


condizione del musicista, essa si fa pi
problematica, pi insicura, perch
viene meno il rapporto di dipendenza
con il mondo nobiliare che assicurava
al compositore una vita dignitosa sul
piano economico; inoltre il pubblico
non pi quello del teatro di corte e
dei salotti aristocratici, un pubblico
pi variegato, dalle aspettative e gusti
diversi. Non vi sono destinatari precisi, e il musicista deve confrontarsi
con un incerto mercato musicale.
Il compositore apparentemente ora
non ha obblighi con nessuno, lopera
darte sembra totalmente nelle mani
dellartista che la crea, pura espressione della soggettivit individuale.
In realt lartista non pu non tenere
conto anche di esigenze e richieste assai
pi differenziate e sfuggenti. Daltra
parte si va accentuando la frattura
tra artisti e pubblico per il fatto che
gli ideali coltivati dai primi non corrispondono ai valori dei secondi, impegnati questultimi pi nellaccumulo di
ricchezze e nella propria affermazione
sociale. Nasce da questa incomunicabilit anche un senso di solitudine, di
frustrazione, oltre che un pessimismo
di fondo.
Ancora una volta per comprendere
certe dinamiche pare opportuno richiamare il pensiero di Schumann che
in molti suoi scritti parla con disprezzo
del mondo di filistei, o quando inventa una immaginaria lega dei fratelli
di Davide impegnati nella lotta contro
quella societ che affermava di perseguire ideali di progresso e di riscatto
umano - le magnifiche e progressive
sorti di leopardiana memoria - ma
che in realt era solo tesa alla ricerca
del vantaggio privato.
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il compito di provvedere al bilancio


familiare, si trovavano tutti e tre nella
possibilit di cogliere unultima, stimolante opportunit. Schumann, in altre
parole, poteva dimostrare a se stesso di
non essere pi solo un sognatore. La
nuova esperienza artistica, per, si rivel una delusione e cos nel giro di un
anno giunse lesonero da ogni impegno
sul podio. Il rifugio ancora una volta
fu rappresentato dallaffannoso lavoro
compositivo. Erano gli ultimi momenti
di una traballante serenit prima che
Schumann cadesse nel baratro della
follia, fino a tentare addirittura nel
1854 il suicidio, gettandosi nelle acque
del Reno, sventato miracolosamente
da alcuni pescatori. Da quel momento
la mente di Schumann avrebbe solo
ospitato voci di spettri, incubi generati
da disturbi psichici devastanti.
per questo motivo che merita una
particolare attenzione la produzione
degli ultimi anni. Proprio nel momento
in cui Schumann aveva abbandonato
le armi del combattente per godersi lintimit rassicurante della sua
famiglia, riemergono dallinconscio
antiche inquietudini. Era arrivato il
momento dellirrazionale, il richiamo
a quella stessa malattia di cui era
stato vittima leroe letterario preferito da Schumann, il Kappelmaister
Johannes Kreisler2, nato dalla penna
di Hoffmann e morto pure lui folle.
La quieta solitudine era diventata un
ambiente confortevole per la maturit di Schumann; ma quello sprazzo
di distensione sarebbe durato poco,
lisolamento sociale si sarebbe trasformato in emarginazione e il fascino
per il fantastico sarebbe diventato solo
incubo e allucinazione. Proprio quello
che succede a Kreisler nel tormentato

CAPITOLO II
R. SCHUMANN: LANSIA
DI ASSOLUTO
I. Gli anni della composizione delle
Sonate per violino e pianoforte.
La composizione delle due sonate per
pianoforte e violino si situa in arco
cronologico cha va dal 1851 al 1853,
periodo in cui Schumann era direttore
musicale a Dusseldorf, periodo infelice
e pieno di conflitti, ma incredibilmente
prolifico. Di questi anni, infatti, sono
la Sinfonia n. 3 Renana, la revisione
della Sinfonia n. 4, il Concerto per
violoncello e orchestra, il Concerto per
violino e orchestra, il Requiem op. 148,
la Messa op. 147, la ripresa del genere
da camera, oltre alle succitate sonate.
Nel 1850 Schumann aveva quarantanni e il periodo delle grandi
battaglie era ora sempre pi lontano.
Sembrava svanito il sogno di cambiare
la societ, di sconfiggere le ipocrisie,
linsensibilit, gli egoismi della societ
borghese. Davide non pi in lotta con
i Filistei.
Cos decise di trasferirsi da Dresda a
Dusseldorf, citt dalle buone maniere
che non conosceva ideali sovversivi.
Qui la Societ Corale aveva offerto a
Schumann lincarico di direttore dorchestra. Certo questa proposta non era
la sua massima aspirazione, ma per un
compositore che fin dalladolescenza
aveva accumulato una serie di frustrazioni loccasione sembrava propizia.
Laspirante pianista che aveva dovuto
rinunciare alla carriera da concertista
per un infortunio alla mano, luomo
che aveva dovuto portare in tribunale
il padre della sua fidanzata per poterla sposare, il marito che era stato
costretto a lasciare alla moglie Clara
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romanzo di Hoffmann.
Non bisogna, tuttavia, cadere nellerrore di considerare le ultime opere
esclusivamente in chiave patologica o
comunque legate in qualche modo alle
sue turbe mentali, come pure accaduto nel passato, tendenza avvalorata
peraltro dai suoi stessi familiari. Basti
pensare, ad esempio, alla sorte toccata al Concerto per violino e orchestra
composto nel 1853, unopera custodita
in segreto dalla famiglia e dal grande
violinista e didatta Joseph Joachim,
perch si presumeva che recasse segni
troppo evidenti dellultima malattia.
Nella storia della musica, daltra parte, si tende spesso a estromettere ogni
innovazione proprio con questo argomento: cosa risaputa che gli innovatori in musica devono essere strani. Il
marchio ha bollato Beethoven, Wagner,
Schonberg ecc.. Folle ogni musica
che resta fuori da determinati confini.
Normale soltanto la norma.
Peraltro nel 1937 allorch Wolfgang
Boetticher, studioso di Schumann e
nazista militante, riport alla luce il
Concerto per violino, comp unazione meritoria pur con le pi perverse
intenzioni. Si tratta infatti ancora una
volta di una storia di stravolgimenti:
Boetticher elogiava il Concerto per violino di Schumann come unoperazione
matura dellultimo periodo, contrariamente a quanto tradizionalmente si era
ritenuto fino a quel momento, ma solo
perch si doveva trovare un sostituto
pi convenientemente ariano (!) al
Concerto per violino di Felix Mendelssohn-Bartholdy di origine ebraica,
concerto che era stato estromesso dalla
prassi concertistica durante il nazismo.

ANALISI DELLA SONATA


PER VIOLINO E PIANOFORTE IN
LA Min, op. 105
La prima e la seconda sonata per violino e pianoforte furono scritte nel 1851.
Ad esse bisogna aggiungere la F.A.E.
sonate3, la cui genesi la possiamo
riassumere con le parole di Johannes
Brahms: Schumann, in un momento
di allegria, ci sugger che avremmo dovuto comporre insieme una sonata per
violino e pianoforte. Joachim avrebbe
dovuto poi indovinare il compositore di
ciascun movimento. In effetti a questa
sonata - composta tra il 15 e 28 ottobre 1853 e dedicata a Joseph Joachim
- lavorarono Brahms, Albert Dietrich
(allievo di Schumann), e Schumann
stesso che scrisse il secondo e quarto
movimento.
In tutte le sonate si possono ravvisare
elementi comuni come il ruolo preminente del pianoforte, il passaggio continuo fra tonalit maggiore e minore,
la tendenza al ritorno ciclico di temi
e motivi fra i movimenti della stessa
sonata che conferisce grande unit
strutturale alle composizioni.
La Sonata in la minore op. 105 venne
scritta fra il 12 e il 16 settembre 1851.
La prima esecuzione risale al marzo
1852; violinista era Ferdinand David,
pianista Clara Schumann.
Mit leidenschaftlichem Ausdruck
(con espressione appassionata)
Sinteticamente possiamo cos schematizzare il primo movimento, il pi
complesso ed articolato:

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ESPOSIZIONE
SVILUPPO
RIPRESA
Batt. 1- 67 batt. 65-115 batt. 116-209

1 tema
- ripresa 1 tema

bb. 1-16
bb. 116-131

- ponte modulante
- ponte modulante

bb. 17-34
bb. 131-148

- 2 tema
- ripresa 2 tema
bb. 35-51
bb. 149-164

- codette
- codette

bb. 52-64
bb. 164-176

fine coda
bb. 177-209

tessitura musicale e una sonorit pi


scura a partire dalle batt. 27-28, dove
presente un tema secondario che
indicher con A1.
Alla bat. 31 inizia un serrato dialogo
tra i due strumenti che, attraverso un
movimento per moto parallelo, culmina alla bat. 35 dove il violino e il pianoforte nel registro acuto presentano,
in modo omoritmico e omofonico, il
secondo tema (B) in do magg. I due
temi (A) e (B) sono raccordati tramite
il ponte modulante che si sviluppa dalla bat. 17 fino alla bat. 34. Con la bat.
51 siamo alle codette che riutilizzano il
primo tema affidato al violino.

ESPOSIZIONE
Ad un rapido sguardo dellincipit del
primo movimento, notiamo che i due
strumenti attaccano in ictus tetico nella
tonalit dimpianto di la min., ma al
violino che viene affidata la presentazione del primo tema (A) che ha un
carattere intensamente lirico e appassionato, permeando di s praticamente
lintero movimento. Il continuo fluire
dei sedicesimi al pianoforte, pi avanti
ripresi anche dal violino, rappresenta
un elemento di forte coesione formale,
rafforzato anche dalla notevole somiglianza motivica fra il primo e secondo
tema (B), questultimo in do maggiore
dalla bat. 35.
Il primo tema (A), esposto inizialmente
dal violino, passa al pianoforte dalla
bat. 6, mentre dalla bat. 11 ancora
protagonista il violino che si incarica
di esporre la melodia. Un costante
crescendo, una progressione melodica
ascendente tanto del violino quanto
del pianoforte e un ritmo incalzante
ci conducono alla bat. 23 dove larco melodico raggiunge il suo apice
tensivo, per poi regredire verso una

SVILUPPO
A questa nuova sezione spetta il compito di sviscerare, come da tradizione,
elementi tematici presenti nellesposizione, inoltre armonicamente molto
ardito. Entrambi gli aspetti sono qui
presenti, con un elemento nuovo per:
la comparsa di un nuovo intenso tema.
Ma andiamo con ordine. Linizio dello
sviluppo basato sul primo tema (A),
ma questa volta la sua esposizione
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affidata al pianoforte. Ed ecco che


alla bat. 88 troviamo il nuovo tema
dato al violino, mentre nel pianoforte
ribollono, anche grazie agli incalzanti
sedicesimi, elementi motivaci del primo tema.
Dalla bat. 96 una progressione modulante, che utilizza ancora una volta la
testa del primo tema, ci porta tramite
la riconduzione alla ripresa e soprattutto alla tonalit dimpianto.

la prima morbida e delicata (batt.19), la seconda pi ritmica e giocosa


(batt.9-16).
Alla bat. 16 incontriamo il primo
episodio in fa minore. La melodia, affidata al violino, appare mesta e quasi
rassegnata; il tono molto meditativo,
sottolineato anche dalla sonorit che
in pianissimo. Dalla bat. 26 alla bat.
41 ricompare il ritornello iniziale e alla
bat. 42 inizia il secondo episodio che
prende spunto dalla seconda parte del
tema principale, presenta anchesso,
quindi, un carattere vivace e scherzoso. La ripresa del ritornello a bat.
57. La coda si apre da bat. 69 con il
tema principale ripreso dal pianoforte
e ripetuto quasi malinconicamente dal
violino. La conclusione in pianissimo,
con il pizzicato del violino.
Questo movimento forse quello che
meglio riflette lindole di Schumann
ed emblematico della sensibilit
romantica, che alterna momenti di
esaltazione ed entusiasmo a momenti
di tristezza e depressione. Questi stati
danimo nellallegretto sono costantemente evocati e ben scolpiti.

RIPRESA
La bat. 116 segna linizio dellultima
parte del primo movimento. Il primo
tema (A) riproposto dal violino nella
tonalit di la minore; da bat. 131 a
bat. 148 c il ponte modulante al cui
interno ritroviamo il tema secondario
A1 sempre in la minore. La ripresa
del secondo tema (B) a bat. 149 invece in la maggiore e si continua
a gravitare intorno a questa tonalit
fino alla bat. 176, quando si torna
alla tonalit dimpianto di bat. 177.
Siamo alla coda finale divisa in due
parti: la prima tutta giocata su un
misterioso pedale di dominante e ottave spezzate del pianoforte, mentre
riappare al violino il primo tema (A).
Il finale ha accenti virtuosistici nella
parte del violino, che si produce in veloci scalette cromatiche, terze, quarte,
quinte, seste e ottave spazzate, mentre
il pianoforte fa da sostegno armonico
con accordi forti, pieni e fragorosi. Alla
fine trionfa il tono minore rafforzando
cos il carattere patetico e appassionato
dellintero lavoro.

LEBHAFT (vivace)
Il terzo movimento riprende lagitazione e lintensit emotiva del primo,
con un tema principale (A) costituito
da un movimento ascendente tanto del
pianoforte nella mano destra quanto
del violino, sostenuto da un insistito
tremolo del pianoforte nella mano
sinistra. Questo prima tema si snoda
fino alla bat. 24 e si caratterizza per
un vivace gioco imitativo tra violino e
pianoforte, che sembrano quasi rincorrersi. Ci ben evidente fin dalle
primissime battute, infatti lattacco
del pianoforte, cui segue lingresso

Allegretto. Bewegter
Lallegretto in forma di scherzo. Il
tema principale che fa da ritornello, in
fa maggiore, formato da due parti:
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APPENDICE

del violino. A bat. 25 il secondo tema


(B) viene attaccato con veemenza in la
minore per poi migrare melodicamente
verso la tonalit di fa maggiore. La
coda dellesposizione di bat. 48 riprende elementi motivici del primo tema, al
termine della quale vi la ripresa del
ritornello dellesposizione (bat. 58).
A bat. 59 inizia lo sviluppo con materiali tematici dellincipit dellesposizione ed ripreso anche il principio
imitativo su osservato. Allinterno
dello sviluppo, Schumann inserisce
un nuovo tema (C) che, a differenza
dei primi due, si segnala per la grande
cantabilit e liricit, fino a quando a
bat. 102 ritorna il movimento agitato
della testa del primo tema. Da bat. 118
c la ripresa del primo tema (A); a
bat. 141 ripresa del secondo tema (B)
giocato sullalternanza la min./magg.
Da bat. 168 c un nuovo interessante
episodio nel quale irrompe improvvisamente al violino, in una costruzione
quasi ciclica, il primo tema del primo
movimento, subito travolto dalla vivacit ed esuberanza del tema principale
dellultimo movimento, che prende
definitivamente il sopravvento alla
bat. 177. Nella coda finale (bat. 192)
la scrittura musicale si infittisce e aumenta in sonorit con le doppie ottave
del pianoforte, al quale affidato lultima esposizione del tema principale a
bat. 206.

A conclusione di questo lavoro riporter le famose Regole di vita musicale,


scritte come accompagnamento al libro
per pianoforte Album per la giovent.
Pur essendo datati, molti dei consigli di
Schumann conservano una freschezza,
una modernit ed unefficacia comunicativa capaci ancora oggi di meravigliarci, di indurci a riflettere sulla
vera essenza della musica e dellessere
un musicista.
REGOLE DI VITA MUSICALE
R. Schumann
1. Leducazione dellorecchio cosa di
massima importanza. Procurate per
tempo di saper riconoscere ogni suono
ed ogni tonalit. Occupatevi inoltre
ad esaminare a quali suoni della scala
corrispondano quelli che producono
la campana, i vetri delle finestre, il
cuculo.
2. Ottima cosa quella di suonare
spesso e diligentemente le scale e gli
studi di meccanismo. Ci sono molti
individui che credono di poter ottenere
il massimo risultato utile, col dedicare sempre e sino alla pi tarda et
molte ore della giornata agli esercizi
puramente meccanici delle dita. Cosi
facendo come recitare giornalmente
lalfabeto con sempre crescente rapidit. Impiegate il vostro tempo in modo
migliore.
3. Si sono inventate delle tastiere mute;
provatele per qualche tempo per convincervi che nulla valgono. I muti non
possono insegnare a parlare.
4. Suonate a tempo! Lesecuzione di
certuni artisti rassomiglia allandatura
di un ubriaco. Guardatevi di prendere
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a modello costoro.
5. Studiate per tempo le leggi fondamentali dellarmonia.
6. Non vi sgomentate dei vocaboli: teoria, partimenti, contrappunto ed altri
simili; con un poco di buona volont
essi vi diverranno presto famigliari.
7. Guardatevi dal suonare con trascuratezza! Eseguite ogni pezzo con
accuratezza, n mai troncatelo a met.
8. Il suonare troppo in fretta o troppo lento, sono difetti grandi al pari.
9. Procurate di suonare bene e con
espressione i pezzi facili; ci sar assai
meglio, che eseguire mediocremente
delle composizioni difficili.
10. Abbiate cura che il vostro pianoforte sia sempre perfettamente accordato.
11. Bisogna che sappiate non solo suonare i vostri pezzi, ma che siate anche
capaci di solfeggiarli senza pianoforte.
Coltivate la vostra immaginazione al
punto di ritenere a memoria tanto
larmonia data ad una melodia, quanto
la melodia stessa.
12. Sforzatevi, anche se avete poca
voce, di cantare a prima vista, senza
1aiuto di uno strumento. Con ci
perfezionerete il vostro orecchio Se poi
avete la fortuna di possedere una bella
voce, non trascurate di coltivarla, e
consideratela come il dono pi prezioso
elargitovi dal cielo.
13. Cercate di essere capaci di leggere
qualunque musica e di comprenderla
a prima vista.
14. Quando suonate non ponete mente
a chi sta ad ascoltarvi.
15. Suonate sempre come se foste in
presenza di un maestro.
16. Se qualcuno vi presenta una composizione per farvela eseguire a prima
vista, prima di suonarla leggetela interamente cogli occhi.

17. Quando avete terminato il vostro


studio musicale quotidiano e vi sentite
affaticato, non continuate a studiare.
Val meglio riposarsi, anzich lavorare
svogliati e con la mente stanca.
18. Quando siete giunti all et matura, non suonate le composizioncine
di moda della giornata. Il tempo
prezioso: bisognerebbe poter vivere
centinaia di vite umane, per conoscere
solamente tutte le buone composizioni
che esistono.
19. I fanciulli allevati con dolci, paste
e leccornie, non saranno mai uomini
sani. Il cibo dello spirito, al pari di
quello del corpo, deve essere semplice
e nutritivo. I grandi maestri vi hanno
largamente provveduto: tenete via le
loro opere.
20. Le composizioni virtuosistiche
escono presto di moda. Lagilit non
ha pregio che allorquando serve a
rendere pi perfetta lesecuzione dei
lavori musicali di merito reale.
21. Evitate di contribuire alla diffusione della musica cattiva; cercate anzi di
sopprimerla con tutte le vostre forze.
22 Non dovete suonare mai le cattive
composizioni, e non state neppure ad
ascoltarle, se non siete a ci obbligato.
23. Non ricercate quella brillante
esecuzione che si chiama bravura.
Procurate piuttosto di fare impressione
riproducendo lidea che il compositore
aveva in mente di esprimere, e nullaltro; il volere di pi ridicolo.
24. Considerate come cosa abominevole e mostruosa quella di praticare
il bench minimo cambiamento nelle
opere di buoni maestri, lomettervi
qualche parte, o laggiungervi del nuovo. Ci sarebbe la massima ingiuria
che possiate fare allarte.
43

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

dei buoni maestri, prima di tutte quelle


di Bach. Il Clavicembalo ben temperato sia il vostro pane quotidiano. Allora
diverrete di sicuro un valentissimo
musicista.
35. Fra i vostri compagni prediligete
sempre quelli che ne sanno pi di voi.
36. Ricreate la severit dei vostri studi musicali colla diligente lettura dei
buoni poeti. Passeggiate altres spesso
allaperto.
37. Molto si pu imparare dai cantanti,
pure non bisogna credere loro in tutto.
38. Pensate che non siete unico nel
mondo. Siate modesto! Voi non avete
forse pensato ed inventato cosa, che
altri prima di voi non abbia di gi pensato ed inventato. E se ci vi accadesse
di fare realmente, consideratelo come
un dono del cielo, che dovete dividere
con gli altri.
39. Voi guarirete presto da ogni vanit
e presunzione, se studierete la storia
della musica e se andrete ad udire i
capolavori delle sue diverse epoche.
40. Un bellissimo ed utile libro sulla
musica quello di Thibaut (17721840), dal titolo: Sulla purezza
dellarte dei suoni. Leggetelo spesso
quando giungerete allet matura.
41. Se passando innanzi a una chiesa
sentite suonare 1organo, entrate ad
ascoltarlo. Se avete poi il bene di poter sedere voi stesso innanzi a questo
strumento, provatene la tastiera e
rimarrete stupito della sorprendente
forza della musica, prodotta dalle vostre piccole dita.
42. Non trascurate alcuna occasione
desercitarvi sullorgano; non vha
strumento che pi efficacemente
di quello palesi il suonare scorretto
dellesecutore e il cattivo stile del
compositore.

25. Riguardo alla scelta dei pezzi da


studiare, rivolgetevi al parere di persone pi esperte di voi; cos facendo eviterete una perdita di tempo prezioso.
26. Applicatevi a studiare a poco a poco
i capolavori dei pi celebri maestri.
27. Non lasciatevi sedurre dagli applausi che ottengono dalla moltitudine
i grandi concertisti; al plauso della folla
preferite sempre gli elogi degli artisti.
28. Tutta la musica di pura moda ha
vita corta, e se voi persisterete a coltivarla passerete per uno sciocco, che
nessuno stima.
29. Il suonar molto nelle societ pi
dannoso che utile. Farete bene a tener
conto dellintelligenza e del gusto del
vostro uditorio, astenetevi per sempre
di suonare delle cose di cui avreste voi
stesso a vergognarvi.
30. Non lasciatevi sfuggire loccasione di eseguire della musica assieme
ad altre persone, come per esempio
in duetti, terzetti, ecc. Questo esercizio render la vostra esecuzione
scorrevole e le dar slancio e colorito.
Accompagnate pure spesso i cantanti.
31. Se tutti volessero suonare la
parte di primo violino, non si potrebbe mai mettere insieme unorchestra. Rispettate per tanto ogni
musicista in qualunque posto stia.
32. Amate il vostro strumento, ma
non lo considerate con vanit, come
unico o come superiore a tutti gli altri.
Pensate, che ve ne sono degli altri ed
ugualmente belli. Pensate anche, che
ci esistono i cantanti, e che ci che vi
di pi sublime nella musica viene
espresso col coro e collorchestra.
33. Progredendo nellarte, cercate di
familiarizzarvi pi colle partiture che
con gli artisti.
34. Suonate diligentemente le fughe
44

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47. Ascoltate con attenzione tutti


i canti popolari: essi costituiscono
una ricca miniera delle pi belle
melodie, che vi danno unidea del
carattere delle differenti nazioni.
48. Applicatevi per tempo alla lettura
delle chiavi antiche; diversamente molti tesori del tempo passato rimarranno
sconosciuti per voi.
49. Penetrate per tempo nel tono e nel
carattere dei vari strumenti; cercate
di imprimervi i bene nellorecchio il
colorito di suono ch loro proprio.
50. Non trascurate mai di sentire delle
buone opere.
51. Onorate altamente lantico, ma prendete anche caldo interesse per il moderno. Non abbiate alcuna prevenzione contro i
nomi che non sono ancora celebri.
52. Non giudicate del merito duna
composizione dopo averla udita una
sola volta; poich ci che vi piace
a tutta prima, non sempre il migliore. I maestri devono essere studiati. Molte cose non vi diverranno
chiare, se non nellet pi matura.
53. Nel giudicare le composizioni,
distinguete prima se sono lavori appartenenti allarte vera, oppure se hanno
solo lo scopo di divertire i dilettanti.
Tenete in pregio le prime: ma tuttavia
non andate in collera per le altre.
54. Melodia il grido di guerra dei
dilettanti; ed certo che non musica
quella priva del tutto di melodia. Dovete per comprendere bene il significato
che essi danno a questo vocabolo; per i
dilettanti vale solamente per le melodie
di ritmo piacevole e facile a ritenersi.
Ma ce ne sono anche delle altre e di
genere ben diverso; se voi aprite le
opere di Bach, di Mozart, di Beethoven, troverete che le loro melodie vi si

43. Non rifiutate mai di cantare nei


cori, e particolarmente nelle parti
medie. Questa pratica contribuir a
rendervi buon musicista.
44. Cosa vuol dire avere il sentimento
musicale? Voi non lavete se suonate il
vostro pezzo da un capo allaltro con
gran fatica, fissando con ansiet le note
scritte, oppure se nellesecuzione vi fermate di botto, assolutamente incapace
di proseguire, qualora per sbaglio vi
voltino due pagine in una volta. Ma voi
lo possedete indubitatamente codesto
sentimento musicale, se suonando un
pezzo che sia per voi affatto nuovo, indovinate approssimativamente quello
che segue, oppure lo sapete a memoria,
qualora il pezzo vi sia gi noto; in una
parola, se avete la musica non soltanto
nelle dita, ma anche nella testa e nel
cuore.
45 Ma come si acquista questo sentimento musicale? Questo, o mio caro
ragazzo,, come tutte le altre cose, un
dono del cielo. Esso consiste principalmente in un orecchio fine ed in una
rapida facolt di percezione. Tali felici
disposizioni possono essere coltivate
e perfezionate; non per se vi rinchiuderete solitariamnte nella vostra
stanza, dedicandovi solamente a studi
meccanici; ma bens le raggiungerete
mantenendovi in vivo e multiforme
esercizio, musicale, e nominatamente
col coro e collorchestra.
46. Mettetevi per tempo al fatto
dellestensione della voce umana nelle
sue quattro modificazioni principali.
Studiatela particolarmente nei cori;
esaminate in quali intervalli e riposta
la sua maggiore potenza, e in quali altri
bisogna cercare gli effetti despressione
tenera e delicata.
45

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presentano sotto mille variate maniere


e credo che vi verranno presto a noia le
meschine forme ritmiche delle melodie
nelle opere italiane moderne.
55. Se voi comporrete delle piccole
melodie stando al pianoforte, sar
certo una cosa molto bella; ma sar
di gran lunga migliore se queste vi si
affacceranno alla mente senza il sussidio dello strumento; rallegratevi allora,
perch sar segno che linterno vostro
sentimento musicale si risveglia le dita
devono fare ci che vuole la testa, e
non viceversa.
56. Se cominciate a comporre, ideate
dapprima tutto nella vostra testa. Non
provate alcun componimento al pianoforte, se non quando lo avrete ben stabilito nella vostra mente. Se la musica
proviene dal vostro intimo sentimento,
e voi stesso ne siete commosso, allora
essa far effetto anche sugli altri.
57. Se il cielo vi regal una vivace
immaginazione, vi accadr di sovente
di sedere al pianoforte, nelle ore di
solitudine come sotto linfluenza di
una attrazione, provandovi di esprimere con delle armonie i sentimenti
del vostro animo; e quanto pi oscura
vi sar ancora la scienza armonica,
tanto pi magicamente vi sembrer di
essere quasi trascinato in circoli incantati. Queste sono le ore pi felici della
giovinezza. Guardatevi per dal darvi
troppo di spesso alle produzioni di
un talento che pu indurvi a sprecare
ugualmente tempo e forza, correndo
dietro a dei fantasmi. Non giungerete
a padroneggiare le forme della composizione, ed a esprimere chiaramente le
vostre idee, se non mettendo in iscritto
i vostri concetti; perci meglio scrivere che improvvisare.

58. Procurate di acquistare di buonora


larte del dirigere; osservate sovente i
migliori direttori, e provate di accompagnarli silenziosamente col vostro
pensiero. Con ci vi renderete pi
chiaro quello che udrete.
59. Cercate di acquistare abilit nelle
dita, e non trascurate mai anche lo studio delle altre arti e delle altre scienze,
oltre la musica.
60. Le leggi della morale sono anche
quelle dellarte.
61. Colla diligenza e colla perseveranza
progredirete sempre in meglio.
62. Da una libbra di ferro, che costa
pochi centesimi, si possono ricavare
molte migliaia di molle da orologio, il
valore delle quali, in confronto a quello
dellorigine, prodigioso. Adoperate
pertanto coscienziosamente la libbra
dintelligenza che avete ricevuto da
Dio.
63. In arte, non si compie nulla di
grande senza entusiasmo.
64. Lo scopo dellarte non quello di
procurare ricchezze. Cercate di divenire pi valente che potete, il restante
verr da s.
65. Lo spirito della composizione non
vi riuscir del tutto chiaro, se non
quando comprenderete bene la sua
forma.
66. Forse solo il genio pu comprendere interamente un altro genio.
67. Taluno ha creduto che un perfetto
musicista deve essere in grado di vedere nella propria mente, come se avesse
innanzi a s la partitura scritta, un
pezzo orchestrale, anche complicato,
dopo di averlo udito per la prima volta. Ci sarebbe davvero il superlativo
dellintelletto musicale.
68. Lo studio senza fine.
46

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BIBLIOGRAFIA

Milano
R. Di Benedetto, LOttocento I, Torino,
EDT 1982
J. OShea, Musica e medicina. Profili
medici di grandi compositori, Torino,
EDT

Tra le opere e le storie della musica di


carattere generale ho consultato, per
il periodo relativo al Romanticismo, i
seguenti testi:
A. Einstein, La musica nel periodo
romantico, Sansoni, Firenze, 1952
G. Manzoni, Guida allascolto della
musica sinfonica, Feltrinelli, Milano,
1973
G. Zaccaro, Storia sociale della musica, Newton Compton, Roma, 1979
AA.VV, Storia universale della Musica,
Mondadori, Milano, 1982
C. Rosen, Lo stile classico, Feltrinelli,

Tra le monografie ho consultato:


A. Boucourechliev, Schumann, Feltrinelli, Milano, 1982
A. Edler, Schumann e il suo tempo,
EDT, Torino, 1992
P. Rattalino, Schumann, Robert e
Clara, Zecchini editore, Varese, 2005

NOTE
1 Si tratta di una costruzione musicale che, nella
sua forma canonica, consiste nella seguente
organizzazione del materiale tematico: 1)
Esposizione il primo tema viene seguito da
un episodio modulante che porta al secondo
tema esposto nella tonalit della dominante, se
la tonalit del pezzo in modo maggiore, o nel
relativo maggiore se la tonalit dimpianto in
modo minore. A coronare il senso di chiusa del
secondo tema concorrono le codette e con esse
arriviamo alla cesura della prima parte cui segue
lo sviluppo; 2) Sviluppo il momento pi
delicato. Scopo di questa nuova sezione quello
di sviscerare i temi proposti nellesposizione,
analizzandone i diversi elementi, fino a quando
tramite la riconduzione si tocca la regione della
dominante del tono dimpianto, preparazione
della ripresa; 3) Ripresa lesposizione degli
elementi presentati nella prima parte. Il primo
tema riappare di solito tale quale e nello stesso
tono dimpianto. Il passaggio deve subire delle
modificazioni in quanto deve mutare il suo
percorso modulante per adattarsi alla nuova
funzione, quella di separare due temi aventi di
uguale tonalit, infatti nella ripresa il secondo
tema si presenta nello stesso tono del primo.
Una coda pi o meno ampia ha lo scopo di
stabilizzare definitivamente il tono e di dare il
pi forte senso di chiusa.
Questo lo schema, ma come avverte C. Rosen
questi schemi sono i mezzi pi facili ed efficaci
per soddisfare le richieste che il pubblico pone

al compositore o che il compositore pone a se


stesso. Questi schemi per non sono la forma, ma
lo divennero soltanto quando limpulso creativo
e lo stile che aveva generato la forma furono
definitivamente morti.
2 I racconti fantastici di Kreisleriana di E. T.
A. Hoffmann ruotano intorno alla figura di
Johannes Kreisler, un immaginario musicista
molto bizzarro ed inquietante, che intraprende
uno scambio epistolare con il barone Walborn.
Questo carteggio in realt funge da pretesto per
consentire a Kreisler di esporre la propria concezione della musica, tema che costituisce il nucleo
centrale dellopera letteraria. Il protagonista
dellopera di Hoffmann fin per suggestionare
profondamente Schumann tanto che entrambi
condividevano lamore per la poesia e il Lied,
linsofferenza verso la pedanteria, lavversione
per la stupidit della pseudo-cultura musicale
dominante.
3 La sigla F.A.E. viene ancora oggi interpretata
come lacronimo della frase Frei aber Einsam
(Libero ma solo). La sequenza di note F (Fa),
A (La) e E (Mi), che richiama la sigla del titolo,
usata in maniera esplicita da Schumann e Dietrich, e indirettamente da Brahms, costituisce
il fondamento tematico dellopera. Nelle sue
memorie Dietrich scrive: Mi era stato assegnato il primo movimento, Schumann aveva
composto lIntermezzo e il Finale, e lo Scherzo
di Brahms traeva spunto da un motivo del mio
primo movimento.

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Museo del Sannio

48

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ANGELO
BOSCO

Il valore
del patrimonio
artistico
giunge, pi o meno, alla stessa conclusione e aggiunge: la percentuale
cos cospicua una sciocchezza indimostrata e indimostrabile [] il vero
primato del nostro paese un altro
[]. Potremmo definirlo con limmagine del museo diffuso; il museo
che esce dai suoi confini, che occupa
le piazze e le strade, che moltiplica se
stesso in ogni angolo, anche il pi remoto del territorio [].
Sullidea dellItalia come unico museo, Salvatore Settis, sempre nel suo
Italia Spa, sottolinea tale concetto:
E unimmagine efficace ma debole
[] lItalia [] non pu essere imbalsamata come un museo, prima
di tutto un paese vivo []. Quello
del museo [] uno spazio artificiale
[] in cui si entra per scelta.
Alla luce di codeste autorevoli affermazioni, sembra chiaro che la questione centrale non un calcolo di
percentuali. E allora a cosa dobbiamo
fare riferimento quando sentiamo attribuirci numeri cos alti?
Provo a fare un esempio: Immaginia-

La relazione che segue stata proposta per


introdurre la presentazione del libro: Le pietre e il popolo di Tomaso Montanari. Edizione
minimum fax, 2013. (Sala Vergineo Museo
del Sannio, Benevento 26 marzo 2014)

Non ce scritto o discorso riguardante


la percentuale di opere darte conservata nel nostro Paese, rispetto allintero patrimonio mondiale, che non
riporti una cifra oscillante tra il 60%
e addirittura il 90%.
Salvatore Settis, autorevole studioso
nel campo del patrimonio dei beni
culturali, nel suo Italia Spa, (testo
fondamentale per chiunque voglia
occuparsi di questi argomenti) dice:
senza negare la particolare densit di
presenze darte in Italia, queste pretese statistiche sono del tutto prive di
senso [...]. Come si fanno, infatti, quei
conti? [...]. Chi decide cosa patrimonio artistico dellumanit e cosa no?.
Perch lo sono tante piccole pievi toscane e non lo sono tante piccole moschee in Turchia?
Antonio Paolucci, un altro esperto del
nostro patrimonio culturale, attualmente direttore dei Musei Vaticani,

49

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le nostre citt, nei palazzi in cui hanno


sede abitazioni, scuole e uffici, nelle
chiese aperte al culto; che fa tuttuno
con la nostra lingua, la nostra musica
e letteratura, la nostra cultura.
Premesso ci, possibile mettere un
primo punto fermo: il patrimonio artistico italiano ha un tasso medio di
continuit in situ pi alto che in ogni
altro paese pertanto certamente ingente.
Per la verit la questione centrale, che
deriva dal possedere un patrimonio
cos ingente, unaltra e riguarda,
piuttosto, come tutelarlo e come valorizzarlo. Esso resiste strenuamente al
volgere del tempo e alle ingiurie degli
uomini che a volte lo ignorano o fingono di non vederlo, ma fortunatamente
continua a donare identit culturale e
dignit a noi tutti.
Abbiamo ripetuto, in questa lunga
ma, credo, necessaria premessa, pi
volte la locuzione: patrimonio artistico-culturale. Il patrimonio artisticoculturale italiano fa capo a un lungo
e laborioso cammino storico e legislativo e pu essere definito come linsieme dei beni presenti in unarea,
in un borgo oppure in una citt, in un
territorio o in una intera nazione che
per rilievo storico, culturale o artistico
costituiscono la ricchezza e la testimonianza tangibile di una cultura.
Per capire meglio il senso di questa
parola proviamo a calarla nella nostra
esperienza familiare. Dal latino patrimonium, esso il lascito del pater:
linsieme delle ricchezze di famiglia
che questi trasferisce al figlio, perch
le conservi, le valorizzi e a sua volta
le trasmetta ai suoi successori. Questa
ricchezza ovviamente non pu essere
definita dal semplice valore venale.

mo una trama ininterrotta che unisce


le tessere di un mirabile mosaico.
- Unopera pittorica intimamente
legata alla collezione di cui parte;
- la collezione alla dimora che la ospita;
- larchitettura di questa alla citt;
- la citt a sua volta, connessa al
paesaggio, magari lo stesso a cui il
dipinto della collezione alludeva.
Che cosa viene in mente pensando a
questa straordinaria combinazione?
Certamente alla Toscana, in particolare alla citt di Siena.
Ma non solo.
Soffermatevi un attimo sul luogo dove
ci troviamo adesso: alle mie spalle c
il dipinto: Il ritrovamento del corpo
di Manfredi di Bezzuoli; alla mia sinistra oltre quella porta si entra nella
Biblioteca del Museo; sotto di noi c il
Museo del Sannio; se ci affacciamo c
il chiostro di Santa Sofia; oltre il chiostro, la chiesa di Santa Sofia che si affaccia sulla omonima piazza, al centro
della piazza posizionato un obelisco;
sul limite della piazza c il campanile
e potrei ancora continuare, ma mi fermo, per ovvi motivi di tempo.
Quante situazioni di questo tipo sono
presenti sul nostro territorio? Tante!
Allora possibile affermare quanto
segue: il numero complessivo dei comuni italiani 8.094 e pertanto non
vi comune in Italia dove questo infinito gioco di rimandi certamente
evidente.
Quindi, recuperando ancora una volta quanto dice Settis, possibile affermare che: la forza del modello Italia
tutta nella presenza diffusa, capillare, viva di un patrimonio [] che incontriamo [] anche senza volerlo e
anche senza pensarci, nelle strade del50

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Essa documenta la vita di chi ci ha


preceduto e delinea lidentit familiare con la quale i figli, lo vogliano o
no, avranno a che fare; unorigine che
potranno accogliere o ripudiare, ma
dalla cui comprensione deriva tutto
quel che sono e che potranno essere.
Se cos, allora il patrimonio familiare non solo ci che si ha, ma ci che
si .
Allo stesso modo possiamo immaginare il patrimonio artistico come una
casa comune che in parte cela gli indizi della nostra identit. Il patrimonio
quindi uno spazio al quale possiamo
accedere liberamente (da questo deriva il concetto di pubblica godibilit)
e che dobbiamo preservare e tutelare
perch in esso riconosciamo, altres, i
valori, i simboli, la storia e le abitudini che ci legano e ci rendono membri
di una stessa comunit.
Abbiamo fin qui delineato il concetto
di patrimonio artistico; nella sua definizione presente la dicitura: linsieme dei beni. Ma di quali beni si
tratta?
Nellopinione comune i beni che costituiscono il patrimonio sono cose
preziose, ossia dotate di una qualche
unicit e di una certa in genere elevata quotazione nel loro mercato di
riferimento.
Avremo spesso sentito citare formule
quali arte petrolio dItalia, oppure giacimento culturale, o ancora
gioielli di famiglia, risorsa per loccupazione. Questi sono stati e sono
ancora tra i modi pi in voga per sottolineare il valore economico, il quale
senza dubbio il capitale di un Paese,
capace a sua volta di produrre ulteriore ricchezza. Certamente uno Stato potrebbe guadagnare dallaffitto o

dalla vendita di palazzi depoca, dal


prestito di un dipinto ai musei stranieri, dallo sfruttamento intensivo dei
santuari del turismo come gli Uffizi,
il Colosseo, Pompei, ecc. Pu essere
questa lunica finalizzazione dei beni
che costituiscono il nostro patrimonio?
Certamente no!
Un bene, questo tipo di bene, in quanto testimonianza storica, ha in s un
alto valore che non pu essere ricondotto semplicemente ad una prospettiva economica. Il bene al quale
dobbiamo fare riferimento senzaltro quello che concorre a costituire la
cultura di un popolo.
Vorrei ricordare che in Italia, nella prima legge organica di tutela
(L.1089/1939) si parlava di cose di
interesse storico-artistico-archelogico
e non di beni. La nuova dizione si ritrova allinizio nella Convenzione internazionale per la protezione dei beni
culturali in caso di conflitto armato,
firmata allAja il 14 maggio 1954, ed
entra, poi, nella terminologia italiana
nellambito della Commissione Franceschini nel 1964, quando alcuni specialisti, chiamati a censire la disastrata condizione dei beni storico-artistici
italiani, attribuiscono a questi ultimi
il carattere di testimonianza materiale avente valore di civilt. La prima
menzione legislativa della locuzione
bene culturale, oggi ancora in uso,
si ha, inoltre, nel 1974 quando fu istituito il Ministero per i beni culturali
e ambientali (precedentemente era il
Ministero della Pubblica Istruzione
che si occupava delle cose di interesse
storico-artistico-archelogico).
Oggi sembra tutto chiaro e definito, ma pensate solo a quanto tempo
51

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stato necessario (25 anni) per


cambiare un solo termine (beni e non
pi cose). Da cose che sicuramente
sottintendeva un concetto essenziale
per spiegare la materialit del bene
culturale, si passati a beni che certamente ha assunto un significato pi
valoriale perch innanzitutto fonte di valore. Ma quale valore? E da
qui, crediamo, che nascono molti degli equivoci relativi allidea del patrimonio culturale come forziere di un
paese. Soprattutto del nostro Paese.
Cerchiamo di capire meglio ancora
con un esempio, forse scontato ma
spero efficace:
immaginiamo di aver ereditato una
dimora di famiglia, forse la stessa in
cui abbiamo trascorso linfanzia o che
comunque legata affettivamente alla
vita nostra e a quella di chi amiamo.
Quale sarebbe la nostra primaria preoccupazione? Trovare il modo migliore per farla rendere? E quindi, affittarla, venderla, smantellarla o trasformarla in agriturismo? Forse in alcuni
casi s, per ragioni di bisogno. Ma in
condizioni favorevoli facile supporre
che cercheremo di abitarla decorosamente e garantirne la conservazione
anche per quando non ci saremo pi.
Per ci che caro davvero, il valore
economico generalmente non prevale
su quello simbolico-affettivo.
Lo stesso vale per il bene culturale:
quanto pi lo avvertiamo come parte
di noi stessi, tanto pi siamo disposti
ad ammettere che esso concorre alla
qualit della nostra vita e alla responsabilit del nostro agire sociale. Una
societ pu dirsi davvero evoluta solo
se capace di ammettere che non tutto pu essere trattato come merce di
scambio. Da tale ammissione si pu

dedurre che la collettivit ha certamente il diritto di godere del proprio


patrimonio artistico (linsieme dei
beni culturali), ma quel tesoro non
soltanto suo. Come le stato tramandato, cos essa dovr impegnarsi
a preservarlo per le generazioni successive.
In conclusione i beni culturali devono
essere intesi come una straordinaria
ricchezza comune su cui fa convergere intelligenza, risorse e investimenti,
affinch siano conservati e compresi
da tutti. Quanto pi in una societ
diffusa questa consapevolezza, tanto
pi la ricchezza culturale pu agire
come elemento di coesione civica, di
appartenenza a una collettivit; e solo
in ultima analisi, come immagine che
un Paese offre di s per attirare turismo e risorse.
In premessa ho indicato delle percentuali per quantificare il nostro patrimonio artistico e avendo gi chiarito che esse sono del tutto arbitrarie,
proviamo, a fornire altri numeri che
ci aiutino a comprendere lentit del
nostro patrimonio.
Una pubblicazione del Ministero per
i beni e le attivit culturali risalente
al 2009, (anche se sono passati alcuni anni, i dati riportati fotografono
certamente la situazione attuale) ci
fornisce alcuni dati indicativi, relativi
alla consistenza del nostro patrimonio
culturale.
I Beni Architettonici sottoposti a vincolo sono 46.025 mentre sono 5.668
i Beni Archeologici immobili; a questi
dobbiamo aggiungere i musei, i monumenti, le aree archeologiche, gli archivi e le biblioteche.
In Italia abbiamo anche: 4.739 musei
e istituzioni similari, pubblici e priva52

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ti, aperti al pubblico, dei quali: 399


Istituti Statali (di cui 198 Musei); 201
Monumenti e Aree Archeologiche. Ci
sono ancora: 4.340 istituti dipendenti
da altri soggetti pubblici e privati di
cui 802 Monumenti; 129 Siti Archeologici; 3.409 Musei. Di questi il 45%
gestito dai Comuni.
Per quanto riguarda gli archivi in Italia abbiamo: 110 Archivi di Stato cui
si aggiungono 34 Sezioni staccate e 1
Archivio centrale dello Stato; 8.224
Archivi di enti pubblici territoriali di
cui 8.100 dei Comuni; 50.000 di enti
pubblici non territoriali (Universit,
Istituzioni Culturali, Camere di Commercio); 3.800 Archivi privati vigilati
(persone fisiche e persone giuridiche
private, archivi familiari, imprese,
partiti politici, etc.).
In Italia abbiamo, inoltre, 12.388 Biblioteche di cui: 46 Biblioteche Statali (comprese quelle dei Monumenti
nazionali; 6.372 Biblioteche appartenenti ad enti pubblici territoriali;
2.056 Biblioteche sono delle Universit; 1.258 Biblioteche di enti ecclesiastici.
In Italia sono presenti siti appartenenti al patrimonio mondiale dellUnesco.
In base alla Convenzione UNESCO
del 1972 riguardante la protezione
del patrimonio culturale e naturale,
ratificata dallItalia nel 1978, sono
circa 900 i siti nel mondo dichiarati
di eccezionale valore universale. Di
questi, 49 siti sono Italiani e comprendono centri storici, paesaggi culturali,
monumenti e siti archeologici. Tra i
tanti ricordiamo il recente riconoscimento del sito seriale della longobardia italiana di cui fanno parte, oltre
alla nostra Chiesa di Santa Sofia, le
seguenti testimonianze: Cividale del

Friuli (UD) con il Tempietto Longobardo, i resti del Complesso Episcopale rinnovato da Callisto e il Museo
Archeologico Nazionale che espone
i corredi delle necropoli longobarde
cividalesi; Monastero di Santa Giulia
con la chiesa di San Salvatore a Brescia; la Chiesa di Santa Maria foris
portas con il castrum e la torre di Torba a Castelseprio GornateOlona (Va);
il Tempietto di Campello sul Clitunno
(PG); la Basilica di San Salvatore a
Spoleto (PG.); il Santuario micaelico
di San Michele sul Gargano (FG).
Del riconoscimento UNESCO fanno
parte anche 2 beni immateriali iscritti
nellelenco (lOpera dei pupi siciliani
e il Canto a tenore del pastoralismo
sardo)
Dopo aver tentato di quantificare il
nostro patrimonio artistico-culturale,
analizziamo ora alcuni dati relativi al
turismo. Se consideriamo le presenze
turistiche per tipo di localit possibile constatare che immediatamente
dopo le localit di mare, hanno un posto privilegiato, nelle rotte turistiche,
le citt darte:
38% scelgono localit di mare
30% le citt di interesse

storico-artistico
15% localit montane
8% localit lacunari
5% localit termali
4% localit collinari

e di interesse vario
Per quanto riguarda i siti italiani pi
visitati annualmente, ed i relativi fatturati che producono, la situazione
la seguente:
53

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

Colosseo, Palatino, Foro Romano


4.777.969
visitatori
30.423.950
fatturato
Scavi di Pompei
2.233.496 visitatori
16.423.950
fatturato

Galleria degli Uffizi


1.554.256
visitatori
1.530.346
fatturato

nostro territorio: Pietrelcina, il paese


natale di Padre Pio. Le presenze turistiche in questo paese, cos vicino
alla nostra citt (10 chilometri), sono
circa centomila in un anno (il dato,
fornito dalla Proloco, stato ricavato
dallarrivo in paese di 5/6 pullman al
giorno che portano nei luoghi natali
del Santo circa 300 fedeli). Purtroppo la citt di Benevento non riesce ad
intercettarne nessuno di questi potenziali turisti.
A questo punto, interessante comparare la consistenza del patrimonio
artistico-culturale con il numero dei
dipendenti del Ministero. Il totale dei
dipendenti su tutto il territorio nazionale di 21.232. Questo numero
destinato, in tempi brevi, ad un drastico ridimensionamento perch, per
contenere la spesa del pubblico impiego, verranno prorogate e rafforzate
le limitazioni al turnover e disposta la
limitazione dei trattamenti in servizio
oltre i limiti di et. Si avr cos un taglio del 10%, che porter il Ministero
ad un organico di 18.839 lavoratori
(se li dividiamo sul territorio nazionale, fanno meno di 1000 persone per
regione) con una et media di 51 anni.
Colpisce inoltre il numero esiguo delle figure tecnico-scientifiche, che dovrebbero tutelare, conservare, spiegare il nostro patrimonio artistico:
350 Archeologi, 288 Restauratori
Conservatori, 490 Storici dellArte.
Se confrontiamo queste figure con le
altre figure professionali operanti nel
ministero verifichiamo che il settore
amministrativo di 4.649 unit, lattivit di vigilanza ed accoglienza di
8.371 unit, lattivit ausiliaria di
1.253 unit.
Per quanto riguarda le risorse econo-

Galleria dellAccademia
1.234.435 visitatori
5.812.933
fatturato
Castel S.Angelo
734.583 visitatori
2.609.898
fatturato
Boboli, Musei Argenti,
Porcellane, Costume
654.600 visitatori
1.930.541
fatturato
Villa dEste
513.973 visitatori
1.614.762
fatturato
Reggia di Caserta
494.135

1.282.084

visitatori
fatturato

Galleria Borghese
486.885

2.220.014

visitatori
fatturato

Galleria Palatina
e Galleria dArte Moderna
409.974 visitatori
1.861.321
fatturato
In questo quadro propongo alla vostra
attenzione la localit pi visitata del
54

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miche che vengono fornite dallo Stato


per la gestione di questo immenso patrimonio la situazione la seguente: il
Bilancio di competenza del Ministero
per i beni e le attivit culturali ha conosciuto a partire dal triennio 20032005 una progressiva riduzione; da
uno stanziamento di 2.171 milioni di
euro nel triennio 2003-2005, si scesi a 1.961 milioni di euro nel triennio
2006-2008 e a 1719 milioni di euro
nellanno 2009, pari allo 0,23% del
PIL.
Il resto dEuropa, nonostante la crisi
economica, investe in cultura, in media, il 3% del PIL. Per offrire un solo
termine di paragone: la spesa per il
Louvre pari alla spesa prevista in
Italia per tutti i musei.
A questo punto sorge spontanea una
domanda: un patrimonio artistico
quantitativamente e qualitativamente
cos diffuso a chi appartiene? Inoltre,
chi deve proteggerlo e soprattutto chi
deve tutelarlo, gestirlo e valorizzarlo?
Per quanto riguarda la propriet il patrimonio artistico italiano comprende
tre tipologie di beni:
- quelli di propriet dello Stato e di
enti pubblici territoriali (comuni,
provincie, regioni). Si tratta di
beni mobili e immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico
e artistico, i musei, gli archivi e le
biblioteche;
- quelli di propriet privata. Si tratta di beni riconosciuti di particolare interesse pubblico perch di
valore storico, artistico e culturale. Tali beni appartengono sia
ai possessori che alla collettivit,
pertanto vengono vincolati e questa condizione limita ogni libert
dazione da parte del proprietario;

infatti, per esempio, loggetto non


pu essere venduto o alterato senza lautorizzazione del Ministero;
- quelli di propriet ecclesiale. Si
tratta di quei beni mobili e immobili, di interesse storico, artistico
e culturale, di competenza ecclesiastica che a partire dalla legge
1089/39 fino al recente Codice dei
beni culturali sono soggetti a tutela per unazione comune di gestione condivisa e cooperativa.
Prima di indicare chi deve proteggerlo
e soprattutto chi deve tutelarlo, gestirlo e valorizzarlo il nostro patrimonio
artistico soffermiamoci, brevemente,
sul concetto di tutela e valorizzazione
dei beni culturali.
La tutela la gestione integrata di tutte le azioni volte a riconoscere cio
ad individuare gli elementi costitutivi del patrimonio; quindi proteggerli e
conservarli, garantendo prevenzione,
manutenzione, restauro ecc. Tutto ci
al fine di consentire alla comunit intera di goderne.
La valorizzazione vuol dire rendere
fruibile i beni, ma anche incrementare il senso, dare ad essi leggibilit,
e poi gestirli, metterli in circolazione,
offrirli al godimento e allo studio, e
molto altro ancora.
Chi assolve oggi tali funzioni?
Ricordiamo che ad oggi nella legislazione italiana lattore principale
della tutela lo Stato, rappresentato
dal Ministero per i beni e le attivit
culturali. Mentre per la gestione e la
valorizzazione, lattuale legislazione
prevede che gli enti territoriali, nonch i privati, possano assolvere tali
funzioni.
Negli ultimi anni su questi punti sono
sorti non pochi problemi, nel prosie55

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guo tenter di elencarne alcuni, ben


consapevole che molto difficile, in
questa sede, essere esaustivo, perch
le problematiche connesse sono complesse e per economia di tempo, non
credo si possa trattare tutto. Allora
di seguito proporr alcune citazioni,
alcuni punti di domanda, ma anche
qualche affermazione personale che
spero possano tutte diventare oggetto
di confronto tra di noi e tra chi vorr
intervenire del pubblico.
In riferimento alla tutela, alla gestione
ed alla valorizzazione, Bruno Zanardi, docente universitario e restauratore di importanti opere, ha sottolineato
che tutela, gestione e valorizzazione
non sono separabili cos facilmente.
Infatti dove si determina la linea di
confine? Inoltre, da quando la buona
amministrazione si realizza mediante
il frazionamento dellazione amministrativa e la dispersione delle responsabilit?.
Salvatore Settis (in Italia Spa) sottolinea: Quello che pi colpisce guardando da vicino i successi e gli insuccessi della pubblica amministrazione
dei beni culturali che da un lato
le competenze dei nostri funzionari
sono buone, spesso anzi ottime, e i
loro risultati positivi sul fronte della
conoscenza e della tutela sono spesso
assai notevoli (e molto apprezzati anche fuori dItalia); dallaltro, per sul
fronte della gestione si registrano di
continuo lentezze, impacci, burocratismi, immediatamente visibili perch
si riflettono sulla pi importante interfaccia fra amministratori e cittadini, e cio i musei. La soluzione sar
dunque strappare dalle loro mani la
gestione, lasciandovi solo la tutela?.
Ho ricordato, in un passaggio prece-

dente, le risorse economiche che lo


Stato italiano riserva al nostro patrimonio culturale: lo 0,23% del PIL,
mentre in Europa in media si riserva
il 3%. Lattuale crisi economica che
attanaglia il nostro paese non fa ben
sperare per il futuro, le risorse sono ridotte e necessitano non solo per i beni
culturali, ma anche per la scuola, la
sanit ecc. Dove recuperarle allora?
In una situazione del genere il dibattito sullopportunit di privatizzare i
beni culturali, per esempio, forte.
Alcuni governi precedenti hanno evidenziato, per bocca di qualche ministro, che con la cultura non si mangia. Non voglio fare facile demagogia
ma questa stata la realt in cui si
operato in questo settore negli ultimi
anni. Voglio anche ribadire che sicuramente opportuno invertire la tendenza e investire in cultura assolutamente prioritario. Ma dove prendere
le risorse?
Per cortesia, non mi va, nemmeno, di
sentire che per recuperare risorse non
bisogna comprare gli F23 (particolari aerei militari da combattimento di
produzione americana). Ovviamente
nemmeno io condivido che bisogna
comprarli, ma riuscir il mancato acquisto di un F23 a risolvere il problema, e la risorsa derivante dal mancato
acquisto, a chi la riserviamo prioritariamente: ai beni culturali? Alla scuola? Alla sanit? Ma quanti F23 non
dovremmo comprare per risolvere
tutte queste inadempienze. Mi scuso
per la provocazione ma anche questo,
io credo, pu diventare facile demagogia.
Allora che fare?
Mi verrebbe da dire non lo so. Per la
verit la domanda facile da porre,
56

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

complessa da trattare, ma non impossibile da rispondere. Il nostro paese


deve decidere che cosa vuole fare da
grande. Bisogna certamente far crescere il nostro Paese in cultura; infatti
investire in cultura non deve essere
considerato un costo, ma un investimento. Per far ci abbiamo la necessit di politiche adeguate. Ma di quali
politiche?
Non sono un esperto di economia, anche perch faccio un altro mestiere,
ma da cittadino attento ai processi di
crescita culturale del nostro paese, mi
pongo nella situazione che voglio capire e pertanto dico che proprio per
lalto valore simbolico che possiede il
bene culturale, vorrei uno Stato che
assumesse in s tutta la gestione, ma
mi rendo conto che non possibile,
soprattutto in questa fase drammatica di crisi economica. Non vorrei per
nemmeno uno Stato minimalista, cio
uno Stato i cui interventi pubblici si
limitino al minimo indispensabile.
Ovviamente escludo ogni forma di
privatizzazione del settore. Non rimane che un intervento misto, in cui,
per, lo Stato continui ad avocare a se
lunitariet della visione del bene culturale, ed allo stesso tempo consenta
al privato di entrare nei processi della
sua gestione, a patto che conservi lintegrit (non solo fisica) ed il significato valoriale del bene culturale.
Mi rendo conto di non aver risposto
completamente, ma voglio sforzarmi di essere realista e percorrere una
strada che porti a soluzioni possibili
secondo una idea riformista della societ.
C infine un ultimo aspetto, ne parlo
alla conclusione del mio intervento,
sicuramente non perch sia meno im-

portante degli altri, ma perch devo


lasciare spazio allintervento di Tomaso Montanari, il quale presenter un
suo libro che consentimi la battuta
devo dimostrare di aver letto.
Il libro innanzitutto scorrevole e
piacevole nella lettura, soprattutto
ricco di passione civile perch ci accompagna in una visita critica delle
nostre citt. Tocca argomenti cruciali
per la societ contemporanea, come la
cattiva gestione dei beni artistici ed il
perduto valore civico dei monumenti.
Le pietre e il popolo anche il racconto di alcune vicende che non sempre
passano attraverso i principali canali
di comunicazione, anzi, talvolta sono
ignorate. Montanari, cos come si legge nella premessa, evidenzia come:
Il valore civico dei monumenti stato negato a favore della loro rendita
economica, e cio del loro potenziale
turistico. Lo sviluppo della dottrina
del patrimonio storico e artistico come
petrolio dItalia (nata negli anni
Ottanta di Craxi) ha accompagnato la
progressiva trasformazione delle nostre citt storiche in luna park gestiti
da una pletora di avidi usufruttuari.
[]. A essere distrutta in primo luogo la cittadinanza come condizione
morale, intellettuale, politica. Stiamo diventando, continua Montanari,
clienti passivi e non cittadini attivi.
Come si pu notare, questo un altro
aspetto certamente non di poco conto,
che allarga lo scenario in cui bisogna
operare e che ci fa capire come non sia
semplice trovare la soluzione adeguata. Eppure, doveroso, per un paese
come il nostro, trovare la soluzione,
lo ripeto, non solo per la preziosit
economica del nostro patrimonio, ma
soprattutto per il suo alto valore iden57

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titario; in esso ci sono le nostre radici,


la nostra cultura e il nostro diritto di
cittadinanza.
Concludo con due inviti, il primo rivolto alla politica, il secondo rivolto
agli studenti.

il secondo comma protegge il patrimonio culturale quale prodotto delle


attivit culturali pregresse, nella loro
materializzazione concreta in cose
mobili ed immobili che ne incorporano il valore culturale. Si difende,
quindi, quanto prodotto dalle attivit culturali nel corso della storia della
nazione come patrimonio della nazione stessa e si pongono i presupposti
affinch lattivit culturale, attraverso
la sua promozione da parte della Repubblica continui a produrre ed ampliare questo patrimonio culturale.
A voi studenti invece dico (citando
Ernst Gombrich, storico dellarte e illustre osservatore non italiano del nostro Paese): studiare storia dellarte
pi importante per gli Italiani che per
chiunque altro, perch in Italia il patrimonio artistico presente in modo
pi intenso e pi diffuso che altrove;
perci i migliori guardiani delleredit culturale italiana devono essere
i cittadini, in particolare i pi giovani. Ma questa funzione di custodia
(cito ancora una volta Settis): pu
continuare nel tempo solo se i cittadini saranno animati dalla coscienza che la storia, la cultura, lidentit
dellItalia e delle piccole patrie che la
compongono intrisa profondamente,
irreversibilmente della cultura figurativa che concresciuta con la lingua,
la letteratura, la musica, la storia, il
paesaggio, limmagine delle nostre
cento citt. Grazie per lattenzione.

Alla politica dico: il modello Italia,


come stato pi volte sottolineato,
evidenzia che il suo patrimonio culturale inteso come un insieme, ed
soggetto a protezione in quanto depositario di una memoria storica che
appartiene ai cittadini ed costitutiva
del patto sociale e dei fondamenti istituzionali dello Stato. Questo modello
fu talmente chiaro nella mente dei nostri padri costituenti che lo ratificarono allart 9 della nostra Costituzione
che a tal proposito cos recita:
La Repubblica promuove lo sviluppo
della cultura e la ricerca scientifica e
tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Ci non trova riscontro in altre costituzioni occidentali, e quindi il fatto
dimostra la civilt e lattualit della Costituzione del 48 e la capacit
dei costituenti di individuare valori e
diritti che solo in seguito hanno mostrato appieno la loro forza; infatti, il
primo ed il secondo comma sono due
previsioni, per quanto connesse, chiaramente diverse per oggetto, finalit e
forza percettiva. Il primo comma attiene alle attivit culturali, mentre

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Note:
Per lelaborazione di questo contributo sono risultati fondamentali Italia Spa di Salvatore Settis Piccola
Biblioteca Einaudi - 2007; LItalia dei Tesori; e I beni culturali e il paesaggio di Francesca Bottari e
Fabio Pizzicannella Edizioni Zanichelli - 2002 2007. Italia Spa risultato importante perch il
testo di riferimento per chiunque voglia trattare questo argomento. LItalia dei Tesori e I beni culturali
e il paesaggio sono stati, invece, testi di riferimento per lesperienza di insegnamento di Catalogazione dei
beni culturali svolta presso lIstituto dArte di Grottaminarda (AV) e il Liceo Artistico di Benevento.
I dati relativi allentit del nostro patrimonio artistico, alle presenze turistiche, alle risorse economiche e
al numero dei dipendenti del Ministero sono stati ricavati da: Sito ufficiale del Ministero per i beni e le
attivit culturali, Federculture, Cresme, Sito dellAutorit di Vigilanza, Ufficio Studi Fillea Cgil, Rapporto
sullEconomia della Cultura in Italia 1990-2000 e sono sati divulgati dallAssociazione Abbracciamo la
cultura il 30-11-2010 in occasione della conferenza I numeri dei beni culturali tenuta presso la Sala S.
Marta Piazza del Collegio Romano, 5 Roma.

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LICEO CLASSICO P. GIANNONE


BENEVENTO

Giornate Giannoniane
IV edizione
Benevento, 30/04/2012

LA STORIA e LA MEMORIA
a trenta anni dallassassinio di Raffaele Delcogliano
e Aldo Iermano

61

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Saluti

na e, tutto sommato, ai margini della


complessit delle dinamiche sociali e
politiche di una metropoli come Napoli, entr nella storia del terrorismo con
luccisione, da parte di un commando
delle Brigate Rosse, del giovane assessore regionale Raffaele Delcogliano e
del suo autista Aldo Iermano.
Erano da poco passate le 10.00 del 27
aprile 1982, in via Marina, a Napoli, a
un anno esatto dal sequestro Cirillo.
Lassessore si stava recando alla messa
in suffragio della scorta di Ciro Cirillo,
nella chiesa di S. Lucia a Mare.
Aveva a suo carico una responsabilit:
voleva portare ordine nella formazione
professionale e farla diventare una
vera leva di investimento di forze giovani in una visione anche nuova delle
dinamiche del lavoro in Campania.
Aveva toccato i fili dellalta tensione:
la formazione professionale rispondeva
pi a logiche di assistenzialismo che di
vera qualificazione.
Quella di Delcogliano sarebbe stata
probabilmente una rivoluzione, perch avrebbe sanato lo scontento di
masse di disoccupati che costituiva
da una parte lhumus sociale del terrorismo, dallaltro il brodo di coltura
della malavita organizzata.
Sappiamo che non facile affrontare
questi argomenti. E storia ancora recente e il dolore delle famiglie vivo.
Ci accostiamo perci con molto pudore
e con molta discrezione, nel rispetto
della sofferenza delle madri, delle mogli, dei figli, che hanno visto sconvolta
la loro vita e quella dei loro cari.
Ma abbiamo anche il dovere di non
perdere la memoria , di capire e di
mettere i giovani nella condizione di
capire. Dobbiamo avere il coraggio,

MARIA FELICIA CRISCI


Dirigente scolastica
A nome di tutto il liceo Giannone, che mi
onoro di rappresentare, do
il benvenuto a
tutti i presenti qui , questa
mattina, per riflettere insieme
sul tema La
Storia e la Memoria a trenta anni dallassassinio di
Raffaele Delcogliano e Aldo Iermano
. Saluto il Presidente della Provincia
Aniello Cimitile rappresentato dal vicepresidente Antonio Barbieri. Saluto
il Prefetto di Benevento, rappresentato
dalla dott.ssa Circello. Saluto le autorit politiche, militari, religiose. Porto il
saluto del nostro Dirigente dellUfficio
Scolastico Provinciale, dott. Marcucci.
Do il benvenuto alle famiglie Delcogliano e Iermano che hanno avuto la
amabilit di interloquire con noi nella
preparazione di questo incontro. Do il
benvenuto ai relatori che ci daranno il
loro contributo di riflessione, ai docenti
con i quali abbiamo approvato questo
progetto, ai ragazzi qui presenti in una
giornata di interruzione dellattivit
didattica.
Ringrazio lon. Roberto Costanzo,
con il quale abbiamo costruito questo
incontro e che coordiner lintervento
dei relatori.
Perch questo incontro e questa mattinata di studio? Benevento, citt inter62

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Raffaele Delcogliano

Aldo Iermano

come molti hanno cominciato a fare,


di aprire quegli archivi e leggere e rileggere; perch soltanto la conoscenza,
la lettura dei documenti pu dare a
noi che abbiamo vissuto quel tempo
i tasselli mancanti, ai ragazzi lavvio
di una riflessione su eventi che non
vanno dimenticati n ammantati di
romanticismo per il fascino deviante
che possono esercitare.
Si pone il problema della politica, o
dellantipolitica, della responsabilit
che abbiamo noi, come educatori, ma
a cui i politici non si possono sottrarre,
in una complessit di problemi che
richiamano a un forte impegno , a un
forte rispetto dei principi costituzionali, a forti principi di etica dei diritti
e dei doveri.
Lo stragismo e la lotta armata, i poteri
deviati, hanno fatto troppe vittime:
uomini politici, magistrati, forze
dellordine, dirigenti e quadri inter-

medi, sindacalisti, giornalisti, docenti


e consulenti, cittadini comuni.
Abbiamo il dovere della memoria
perch non sia dimenticato il prezzo
pesante che hanno pagato coloro che
occupavano un posto, che svolgevano una funzione o compivano il loro
dovere.
Abbiamo il compito e lobbligo professionale di discutere, insieme ai nostri
ragazzi, le ragioni della storia, questa
volta pi dolorosa di altre storie, per
dipanarne il filo e restituire a chi ha
pagato con la vita, la visibilit del
proprio operato.
Le nostre Giornate Giannoniane, di
cui, con questo incontro, celebriamo
la IV edizione, hanno lobiettivo di
fare questo. Questa mattina con pi
difficolt perch sono vivi gli affetti e
le ferite sono ancora aperte.
Ci scuseranno le famiglie se qualche
tono avr la pretesa di essere pi scien63

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tifico. Oggi tentiamo non di celebrare,


ma di raccontare il contesto con lo
storico, il prof. Francesco Barbagallo;
di capire che cosa si mosso intorno
a Delcogliano con il giornalista Gino
Grimaldi; di riflettere con lon. Giovanni Bachelet, politico ma soprattutto
figlio di Vittorio Bachelet, della cui
presenza la sua infanzia stata privata
dal terrorismo
Io non mi dilungo, perch bene che
lo spazio sia dei ragazzi e dei relatori.
Lascio la parola, pertanto, al nostro
studente, Carlo Nardone, il quale far
la sua introduzione e porr interrogativi che sono suoi ma che appartengono ai giovani come lui.

e disponeva di
una capacit
di lavoro di
cui solo pochi
riuscivano ad
accorgersi.
Ora, mi pare,
che uno che
aveva affermato la regione
non pu pi
fare da padre
e padrone sugli enti locali, ma il suo
ruolo di programmazione e legislazione mostrasse davvero una visione
politica nuova.
Dunque un riformatore, che ha vissuto solo una breve stagione politica
ma ricca dimpegno, di presenza, di
proposta.
Facendo tesoro dei contatti con la
realt, si sforz di essere un consigliere
rappresentante della complessa realt
sociale ed economica della provincia,
lasciando segni importanti nel campo
della formazione e della promozione
sociale, con ben dieci disegni di legge,
di cui tre divenuti Leggi della Regione
e pubblicate sul Bollettino ufficiale il
27 aprile, proprio il giorno del suo
assassinio.
A Napoli la situazione era divenuta
terribile. Cera molta rabbia tra la
gente dei quartieri popolari e le BR
avevano gi sequestrato Ciro Cirillo.
Il sequestro aveva provocato la caduta
della prima giunta regionale De Feo e,
nella seconda, a Raffaele Delcogliano
fu affidato lassessorato al Lavoro e
alla Formazione Professionale, il pi
scomodo. Allora, credo che in questa
importante occasione che vuole ricordare un uomo che ha dato la propria
vita per gli altri, per la collettivit, noi

Introduzione
CARLO NARDONE
Rappresentante degli studenti
Il 27 aprile del 1982 un commando
delle Brigate rosse stroncava la vita e
la carriera politica di Raffaele Delcogliano, assessore regionale alla formazione professionale, della Democrazia
cristiana, astro nascente della politica
beneventana e gi consigliere comunale del capoluogo sannita. Il commando
uccideva anche il suo autista e collaboratore, Aldo Iermano. Si era alla vigilia
di una serie diniziative regionali da
intraprendere nel campo del lavoro
e Delcogliano sembrava, con i suoi
programmi, essere luomo di punta per
una serie di forti innovazioni.
Ho letto da qualche parte che Roberto
Costanzo dice di lui: Entr in politica
in punta di piedi, cos come in punta
di piedi era entrato nella professione,
dopo la scomparsa di suo padre, Guido,
64

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

giovani ci poniamo (e vi poniamo) una


serie di domande:
Qual era la situazione della formazione
professionale?
Insomma, perch Delcogliano diventato uno dei bersagli dei terroristi?
Che cosa avrebbe creato Delcogliano
se fosse rimasto vivo?
E possibile che, per il fatto di non
aver potuto agire, la sua figura abbia
assunto unimportanza maggiore?
Le cose sono cambiate sostanzialmente? E se no, quali i motivi di questo
ristagno? E perch, nel nostro paese,
c stata questa stagione terribile?
Come venivano scelti i bersagli?
E, infine, oggi siamo fuori da pericoli
analoghi? Posto che le Brigate rosse
sono state un gruppo terroristico con
obiettivi precisi, possibile immaginare una convergenza dinteressi da parte
di alcuni settori del potere politico ed
economico come, per esempio nel caso
Moro?
Credo di poter dire, a nome di tutti i
miei compagni, che voi relatori dovreste rispondere a questi quesiti. Noi vogliamo sapere. Noi dobbiamo sapere.

Non
voglio
sostituirmi al
compito dello
storico, ma,
come operatore della politica che ha
rappresentato
e rappresenta
le istituzioni
democratiche
del nostro ordinamento, non posso non ricordare
Raffaele Delcogliano come espressione di una visione saggia ed illuminata
da parte della classe dirigente dellepoca, degli anni 80.
Roberto Costanzo, mediatore di questo convegno fu un protagonista della classe dirigente di un partito che
aveva ed ha il dovere di selezionare
la nuova classe di governo della cosa
pubblica.
Oggi giusto e doveroso ricordare
questa funzione in un momento di
crisi politica.
Anche se questo Governo ha consenso
dellopinione pubblica, anche largo
perch opera delle scelte politiche ed
individua delle soluzioni, la crisi profonda dei partiti, non della politica
che nella scale etica aristotelica viene
subito dopo la Teologia.
I partiti infatti hanno abdicato alla
funzione di far crescere una classe dirigente adeguata al compito cos come
previsto dal nostro ordinamento.
Con gli anni 80 invece, sinvest in
maniera illuminata, seria e responsabile.
Da quattro anni due giovani erano
deputati della Repubblica: lOn. Clemente Mastella e lOn. Giovanni Zarro; nell80 un altro giovane indicato

Il saluto della Provincia


ANTONIO BARBIERI
Vicepresidente della Provincia
di Benevento
Volevo e dovevo essere qui, stamattina, per onorare la memoria di un
martire della democrazia, esempio di
coerenza e di fedelt ai suoi principi e
alla sua coscienza, per ricordare una
persona cara a tutti e anche a me che
sono stato onorato della sua amicizia
personale.
65

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

dalla classe dirigente dellepoca, venne eletto con un larghissimo consenso


popolare e, proprio in virt di quel
largo consenso rappresent il Sannio
nel Governo della Regione Campania
e lo rappresent nel migliore dei modi
interpretando in maniera degna la
delega alla formazione e lavoro.
Ecco, io credo che noi onoreremo ancora meglio questa luminosa figura
del nostro Sannio e delle nostre istituzioni popolari se ricordiamo ai giovani, anche a quelli che a quellepoca
non erano ancora nati, che il nostro
sistema, la nostra democrazia, devono continuare, cos ha ricordato il
Capo dello Stato, ad essere espressione del sistema dei partiti.
Rendere onore ed omaggio a tutti coloro che sono caduti in nome di questi
principi e di questi valori, ottemperando a quella funzione che test si
ricordata significa credere nella democrazia fino a soccombere per essa.
Grazie Raffaele Delcogliano. Grazie
Aldo Iermano.

che ne segu.
Allincontro di
Grimaldi con
i ragazzi di
questo Istituto
fu presentato
un interessantissimo lavoro di gruppo
che si sofferm
non solo sulla
lettura, ma si
tradusse anche in una riflessione
pubblica, cui invitarono lautore del
libro e un testimone dellepoca . Fu un
interessantissimo confronto.
Io che vengo dal passato capii che
quegli eventi, meglio di noi che li avevamo vissuti, potevano essere capiti
e interpretati da giovani di unaltra
generazione, nati 14-15 anni dopo
quel fatto terroristico.
14 mesi fa, il 9 febbraio 2011, fummo
convocati il giornalista Luigi Grimaldi
ed io, in questa sala per un dibattito
con gli studenti di questo Liceo sotto
la guida dellottima Preside Crisci.
Il dibattito si svolse sul libro di Grimaldi, che i ragazzi avevano letto e
apprezzato. A conclusione dellincontro osservai che, con quel dibattito, si
segnava una svolta a tutta la serie di
commemorazioni tenutesi a Benevento a partire dal 1982: una svolta che
significava il passaggio dalla cronaca
dellagguato terroristico che aveva
colpito mortalmente Raffaele Delcogliano ed Aldo Iermano, alla storia di
unepoca buia della nostra Regione e
del nostro Paese; e quindi suggerii agli
studenti di assumere loro nel 2012, nel
trentennale di quel tragico evento, liniziativa non tanto di fare unulteriore
commemorazione quanto piuttosto di

Le ragioni del convegno


ROBERTO COSTANZO
Ex deputato regionale ed europeo
Vorrei soltanto dire come nasce il convegno di oggi.
Il 9 febbraio 2011, in questa stessa
sala, la preside Crisci e gli studenti del
Liceo Giannone dellepoca, invitarono
Luigi Grimaldi, autore del libro Nessuno salva lassessore, che unanalisi molto approfondita di quello
che avvenne il 27 aprile del 1982, dei
mesi e degli eventi che avevano preceduto quellassassinio, del processo
66

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

promuovere una lettura storica e politica di quellassassinio e di quellepoca.


Gli studenti, oggi sotto la guida della
Preside Crisci, mantengono limpegno.
Ed eccoci qui non per rileggere la cronaca di un assassinio ma per dibattere
un tema sempre attuale: La storia e
la memoria a 30 anni dellassassinio
di Raffaele Delcogliano e Aldo Iermano, con importanti relazioni affidate
ad illustri personalit, come il Prof.
Barbagallo, il giornalista Grimaldi ed il
Prof. Bachelet. E questo un passaggio
dalla cronaca alla storia.

internazionale.
Con il sequestro e la morte
di Aldo Moro
nel 1978 si
chiude la prima fase della
storia dellItalia repubblicana e non
la storia della
prima Repubblica. Ancora oggi siamo nella prima
e unica Repubblica italiana visto che
abbiamo ancora la prima e unica
Costituzione della Repubblica italiana promulgata il 1 gennaio 1948.
Quando sar promulgata una nuova
Costituzione soltanto allora potremo
parlare di una seconda Repubblica.
Le Repubbliche sono denominate dalle
Costituzioni.
Ma oggi il dibattito pubblico, dominato dalla televisione e da un livello molto
basso di confronto, porta a dire spesso
sciocchezze. Pare sia morta di recente
una seconda Repubblica, che per non
mai nata e si appresta a esserci una
terza Repubblica che rischia di essere
peggiore della cosiddetta seconda.
Comunque la cosiddetta seconda
stata peggiore della prima, verso cui il
giudizio storico nettamente positivo,
perch ha trasformato un Paese uscito
disfatto dalla guerra e dalla dittatura
fascista in una potenza industriale.
Nel 78 stato assassinato Moro, nel
73 si era cercato di assassinare Enrico
Berlinguer e il mandante era lUnione
Sovietica, killer la Bulgaria. Usa,
Urss, Francia, Inghilterra e Israele,
nel bacino del Mediterraneo, hanno
influenzato la storia dellItalia: non
un caso che in Italia si abbia il periodo

Crisi della politica,


camorra e criminalit
nei primi anni 80
FRANCESCO BARBAGALLO
Storico - Universit Federico II
Ringrazio la preside Crisci che mi ha
invitato a tenere questa relazione dato
che importante per i giovani conoscere la storia e in particolare la storia di
questo Paese. Non un momento felice
per letica, per la politica e per la storia
, e questo momento dura da 30 - 35
anni. La storia serve per conoscere il
passato e per costruire il futuro: se ci
si appiattisce sul presente e non si
conosce il passato impossibile costruire il futuro, come sanno bene le
giovani generazioni nella drammatica
situazione attuale.
La tragedia di Raffaele Delcogliano
e di Aldo Iermano si inserisce in un
quadro pi ampio della storia dItalia
degli anni 70 e 80. La nostra storia
contemporanea stata condizionata,
com spesso accaduto, dal contesto
67

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terroristico pi lungo che ci sia mai


stato un Paese europeo.
Dalla fine degli anni 60 c il terrorismo nero: stragi, tentativi di colpi di
stato e dal 74 con la caduta di Nixon
negli Usa, i neofascisti abbandonano il
campo dopo essersi vendicati nei confronti dei servizi e degli apparati che
li avevano usati: a Peteano, a Piazza
della Loggia a Brescia. Poi iniziano le
Brigate Rosse; dentro queste ultime ci
sono due tendenze: quella militarista
di Mario Moretti e la movimentista di
Giovanni Senzani. Per entrambi, da
varie parti, si adombrata la possibilit che fossero infiltrati dai servizi
segreti. Per un lungo numero di anni
queste organizzazioni terroristiche,
BR, Prima Linea e altri gruppi meno
rilevanti, erano in collegamento con le
grandi organizzazioni criminali. Oggi
nel mondo globalizzato si realizzato
il primato della criminalit; la camorra, la mafia e la ndrangheta hanno
il maggior fatturato: sono la prima
grande mafia mondiale e questo non
ci onora.
La cellula di Senzani responsabile
delluccisione di Delcogliano. Senzani fu arrestato al principio del 1982
ma i brigatisti sono suoi seguaci. Ho
qui lelenco dei morti tra la fine degli
anni 70 e linizio degli 80: laspetto
drammatico che si colpiscono sempre
personalit di un certo orientamento
politico, i riformatori che volevano
cambiare le cose. Colpiscono chi vuole
cambiare lItalia in meglio. Il pi autorevole esempio fu Aldo Moro che aveva
cercato, negli anni 70, di avviare una
politica difficile, tentando di realizzare
quello che non era riuscito al centrosinistra negli anni 60: cio governare lo
sviluppo e fare le riforme. Il ministro

Fiorentino Sullo pag duramente il


fatto di aver presentato una legge urbanistica che metteva lItalia a livello
dei Paesi civili europei. Questo fece di
Sullo la vittima politica e umana dei
primi anni 60 e blocc la possibilit
di riforme con un centrosinistra che
nacque morto.
Nel dicembre del 1963, sotto la guida
di Moro, si costituisce il primo centrosinistra con i socialisti, che perdono il
40% del partito, che va via e fonda
il PSIUP. Appena iniziata questa
esperienza politica, il capo dello Stato
Antonio Segni, il ministro del Tesoro
Emilio Colombo, il governatore della
Banca dItalia Guido Carli e il commissario europeo Robert Marjolin fanno
sapere al capo del governo Moro che
finito il tempo delle riforme. C la
congiuntura sfavorevole e bisogna
pensare a difendere la lira. Le riforme
impossibili erano la legge urbanistica
e listituzione delle Regioni. Nelle elezioni del 1963 la Democrazia Cristiana
perde il 5%, cos come aveva perso
nelle elezioni del 1953 che causarono
luscita dalla scena politica dellon.
Alcide De Gasperi, protagonista dello
sviluppo dellItalia dopo la guerra.
Nel 1953 la Dc perde il 7% dei voti,
i partiti alleati perdono l8% e non
scatta la legge maggioritaria; cos De
Gasperi abbandoner la politica e
lanno dopo morir; come accadr a
un altro riformatore, ma del campo
comunista, il segretario della Cgil
Giuseppe Di Vittorio. I politici che
si impegnano a fondo per il bene del
loro paese pagano con la vita il loro
costante impegno, anche quando non
vengono ammazzati. Questa la politica che si paga di persona e non paga
le persone.
68

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

Il centrosinistra fu bloccato nel 1964,


anche ricorrendo alla minaccia di colpo di Stato con il piano Solo: Moro
govern per 5 anni, ma non pot realizzare nessuna riforma. Nei convegni
di San Pellegrino, in cui la Dc prepar
la politica riformatrice che non si riusc
ad attuare, le relazioni furono affidate
a eminenti intellettuali-tecnici, come
Pasquale Saraceno, grande protagonista della storia dItalia, comera stato
il governatore della Banca dItalia
Donato Menichella, che nel 1960 ottenne loscar per la lira, che era allora
la moneta pi solida. LItalia tra gli
anni 50 e 60 ebbe un tasso sviluppo
del PIL di oltre il 5,5% annuale per
un quindicennio.
Nonostante gli scontri sociali, politici, ideologici e culturali, quella classe
dirigente trov forme di unit tali da
governare un processo che ha trasformato lItalia in potenza industriale e
rispetto al quale abbiamo campato di
rendita per alcuni decenni, ma ormai
il capitale stato dissolto. Aldo Moro,
Ugo La Malfa ed Enrico Berlinguer,
negli anni 70, cercarono di realizzare
una politica di solidariet nazionale, con linserimento di un PCI che
aveva rotto dal 1968 con lUnione
Sovietica, per cercare di fare quello
che il centrosinistra non era riuscito
a realizzare. Questo disegno politico
fu avversato soprattutto sul piano nazionale e quindi dagli Stati Uniti, ma
non meno dallUnione Sovietica che
avvers duramente il partito comunista di Berlinguer, perch non voleva
che lesempio italiano di comunismo
potesse dilagare nel suo impero e dissolverlo, come stava per accadere con
la primavera di Praga gi nel 1968.
Nel bacino del Mediterraneo lItalia,

anche grazie ai dirigenti democristiani,


ha avuto sempre una politica di autonomia nei confronti dei paesi arabi e
nel conflitto tra questi ultimi e Israele.
Quando si toccano i fili elettrici i
protagonisti rischiano di morire. La
morte di Moro non stata causata solo
dallazione dei criminali brigatisti,
ma da molti interessi e interventi che
rimangono oscuri.
E veniamo al terremoto del 1980, che
centra con questa storia. La camorra
40 anni fa non esisteva, erano solo
quattro delinquenti di nessun conto: in
quei tempi contavano i mafiosi siciliani
e i cosiddetti marsigliesi che poi erano
soprattutto marocchini e algerini che
avevano gi operato nel porto franco di
Tangeri. Verso la fine degli anni 60 la
droga ancora non era diffusa in Italia
(arriver nel 1978) e veniva esportata
da Marsiglia negli Usa e questa operazione fu sostenuta dai servizi segreti
francesi su indicazione del presidente
francese De Gaulle in rotta con gli
Stati Uniti. Quando De Gaulle lasci il
potere, il nuovo presidente Pompidou
abbandon questa linea e si ricompose
laccordo tra Usa e Francia.
Tra gli anni 70 e 80 scoppiano feroci
guerre sia allinterno della mafia che
della camorra, che espandono il loro
potere e la loro ricchezza. A collegare le
mafie e i terrorismi neri e rossi ci pensano i servizi segreti italiani, in accordo
con strutture riservate della Nato. Tutti
i capi dei servizi segreti italiani risulteranno iscritti alla loggia massonica
segreta P2, legata alla Nato, che sar
messa fuori legge grazie a unaccurata
inchiesta diretta da Tina Anselmi, illustre parlamentare democristiana gi
staffetta partigiana. Furono redatti
115 volumi di questa inchiesta par69

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La signora Iermano riceve la targa commemorativa del liceo

lamentare. Intanto ci saranno anche


5 processi a Roma sullassassinio di
Moro, in cui peraltro non compare
mai come imputato Giovanni Senzani,
nonostante la Procura e il Tribunale di
Firenze labbiano indicato come capo
della cellula toscana delle BR, che
preparava le domande che Moretti faceva a Moro prigioniero, le cui risposte
costituiscono il cosiddetto Memoriale.
Ma per il terrorismo politico non si
sono mai realizzati il coordinamento
e la centralizzazione realizzati invece
per la lotta alla mafia.
La prima azione di Senzani ammazzare i giudici con cui aveva collaborato: lui era un criminologo e
aveva lavorato al Ministero di Grazia
e Giustizia a Roma. Prima aveva avuto
anche un incarico nelle strutture legate
alla Cassa per il Mezzogiorno a Torre
del Greco, dove attuer il sequestro
di Ciro Cirillo. Prime vittime furono

il giudice Girolamo Tartaglione e il


docente Alfredo Paolella; e ancora fu
ucciso il procuratore della Repubblica
di Salerno Nicola Giacumbi e il magistrato Girolamo Minervini.
Concentriamoci sulla Campania. Qui
ci furono due assassinii prima della
morte di Delcogliano: nel 1980 fu
assassinato Pino Amato, assessore
regionale al Bilancio e alla programmazione, da esponenti della colonna
napoletana delle Brigate Rosse di
Senzani. ,Poi questultimo rap e
quindi liber lassessore regionale
allUrbanistica Ciro Cirillo, legatissimo
ad Antonio Gava, nel 1981. Mi sono
chiesto: come mai Senzani, questo
pseudo rivoluzionario che voleva
fare la rivoluzione, decide che la sua
colonna ammazzi due assessori, Amato
e Delcogliano, e invece sequestra e
libera Cirillo quando tre anni prima
non si era riusciti a liberare Moro? .
70

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La riforma del lavoro


di Raffaele Delcogliano:
una speranza
per il Sannio distrutta
dalla violenza

C qualche motivo per rapire soltanto


e poi liberare Cirillo, mentre Amato e
Delcogliano vengono ammazzati dalla
stessa banda senza scrupoli e senza
perdere tempo? Secondo me ci deve
essere per forza qualche motivo. La
trattativa per la liberazione di Cirillo
ormai un fatto accertato sul piano
giudiziario. Fu diretta dal segretario
della Dc Piccoli e dal suo principale
collaboratore politico Gava. Sul piano
operativo furono attivati i servizi segreti e Raffaele Cutolo. I tre miliardi
del riscatto vennero dalle imprese a
partecipazione statale e dagli imprenditori della ricostruzione post-sismica.
Cutolo fece da mediatore e si spart il
riscatto con Senzani. Costui invest
il denaro ricevuto nellassalto a due
caserme: a Santa Maria Capua Vetere
e a Salerno, dove furono ammazzati tre
militari e due poliziotti. Oggi Senzani
in libert, fa leditore a Firenze e
presenta i suoi lavori tatrali a Parigi.
Negli anni 80 arrivarono circa 60 mila
miliardi per la ricostruzione in Campania e Basilicata, cio lequivalente
di una pesante legge finanziaria. Un
sociologo americano (Rocco Caporale)
ipotizz una precisa divisione dei denari in percentuale tra gli imprenditori
(che si limitavano ad affidare subappalti), i politici, i tecnici e i camorristi
che per lo pi costruivano anche grazie
ai subappalti.
Come va ripetendo Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea,
in una situazione di crisi come questa
le organizzazioni criminali sono gli
unici enti che hanno a disposizione
somme enormi di danaro e quindi la
possibilit di ampliare il loro potere
enorme.

LUIGI GRIMALDI
Giornalista e scrittore
Ringrazio e saluto tutti voi per la
partecipazione, soprattutto la preside Crisci. Io vorrei parlare di questa
riforma di Raffaele Delcogliano cercando di trovare punti in comune tra
gli anni 80 e la situazione attuale.
Ho letto unintervista ad Antonio
Iavarone, scienziato beneventano
costretto ad andare via dallItalia per
un episodio di nepotismo in ununiversit del Belpaese; si spostato
negli Stati Uniti dAmerica e ha fatto
ricerche importanti, riconosciute a
livello mondiale, ma ritornato e sta
portando a Benevento il suo sapere e
la sua conoscenza.
Mi tornano alla mente le politiche di
Delcogliano in materia di rapporto
tra la formazione professionale e il
problema dellemigrazione. Durante
la sua attivit politica si leg ad associazioni di emigranti, quindi era una
persona prima di tutto impegnata in
prima linea, conosceva le realt per
una visione e un colloquio diretto
con gli altri mondi, dai disoccupati
ai familiari di migranti rimasti in
Campania, dagli ambienti del pubblico impiego alle piccole realt artigianali e dei territori agricoli. Queste
frequentazioni e conoscenze gli permisero di elaborare teorie che erano
avanti di decenni. Lui chiedeva un
71

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atto di giustizia per lentroterra del Sud.


La battaglia
di Delcogliano
per il potenziamento dei
collegamenti nel Sannio
era giusta per
sviluppare il
territorio sotto
tutti i punti di vista, senza snaturarlo, con la visione della creazione di
uneconomia sana alla quale la sua
gente era predisposta da secoli. La
sua riforma del lavoro aveva una
specifica peculiarit: linsistenza con
cui diceva di non cercare un posto
ma un lavoro.
Quindi la formazione estremamente importante e, secondo me, non
deve concludersi nel momento in cui
si trova un lavoro ma deve essere una
formazione di vita costante. Egli aveva la capacit di comprendere cosa
sarebbe accaduto in futuro, visto che
non si possono dare fondi pubblici a
pioggia come forma di sostentamento
e basta o come rendita acquisita e
finalizzata al voto di scambio. Cerc
di fare un lavoro enorme. Con lui, noi
sanniti abbiamo perduto moltissimi
progetti, rimasti nei cassetti della
Regione dopo lomicidio del 27 aprile
1982. Quei documenti vanno studiati
e inoltre vanno riprese alcune sue teorie applicabili e utilissime in questo
momento di crisi giacch ritengo siano risolutive per dare una possibilit
al territorio. Bisogna recuperare il
maggior numero di documenti possibili; ho scoperto la sua capacit di far
diventare questa sua missione come

una grandissima stanza di compensazione di conflitti. Riusciva a trovare


soluzioni che erano fondamentali per
allontanare da quella frangia violenta le persone scontente dei centri di
formazione, quello che rischiamo di
perdere oggi se non c un ritorno
della politica. Studiare le idee e le
pratiche di Delcogliano importante
perch abbiamo assistito negli ultimi
ventanni al distacco tra la politica e
le persone, abbiamo pi volte guardato in tv scene di scontro fisico per
i cantieri dellalta velocit o durante
altre manifestazioni di piazza. Lui
aveva adottato il metodo di divulgare
ai giovani la cultura di non frequentare posti orrendi, cio le segreterie in
cui si faceva politica clientelare: mi
auguro che venga estirpato da questa
terra la concessione di un diritto sotto
forma di favore.
E un sistema che espropria i cittadini
della dignit e credo che nessuno al
mondo meriti di sottostare a regole
cos incivili. Ci terrei tanto che un
politico vada sul palco a dire queste
cose di nuovo, anche a costo di perdere voti: impossibile andare avanti
cos come si fatto finora. Se questa
comunit nostra fu violentemente
colpita dalle Brigate rosse alleate della camorra e ci furono stati sottratti
con i mitragliatori due concittadini,
dobbiamo fare in modo che loro idee
possano andare avanti con il nostro
impegno nello studio e nella convinzione che la civilt possa sempre
prevalere sulla barbarie che oggi ha
metodi pi raffinati, come il condizionamento psicologico e la paura
che un potere politico allo sbando
e ormai al capolinea ancora incute
nella popolazione. Grazie.
72

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

Perch sparano
ai riformatori?

anni, un parente, un amico, un collega


a volte non si
accontenta di
questa spiegazione semplice. Ci si chiede:
perch proprio
lui? Perch fra
tante esistenze
significative
proprio la sua stata spenta? Aveva
dato fastidio a qualcuno in particolare? E poi: valsa la pena? Nel seguito
affronto la prima delle due domande,
poi accenno a tre elementi profetici
di Delcogliano, e infine affronto la
seconda.
Perch proprio lui? Per Delcogliano il
ruolo di assessore regionale, per mio
padre quello di vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, per
altri limpegno pubblico come sindacalista o giornalista erano in quegli anni
sufficienti a trasformarli in altrettanti
bersagli simbolici. Il terrorismo giudicava la difesa e la valorizzazione delle
istituzioni democratiche non come un
merito, ma come una colpa da punire
con la morte. Gi, ma fra tanti assessori, fra tanti magistrati, sindacalisti,
giornalisti, eccetera, perch proprio
lui, proprio loro? Esiste, e troveremo mai una risposta pi precisa? A
volte s, a volte no, ma non smentir
mai la prima risposta, semplice, non
esauriente dal punto di vista politicocriminale, insufficiente per il cuore
spezzato di un parente e di un amico.
Il dato saliente pur sempre la vita
buona che cera prima, il coraggio
la generosit e lincisivit di chi ha
accettato di impegnarsi pubblicamente

GIOVANNI BACHELET
Deputato
Ringrazio la dirigente scolastica per
linvito, il collega Boffa che ha fatto
da tramite, i relatori, i ragazzi. I miei
impegni istituzionali nel Parlamento
e nel Partito Democratico hanno a
che fare con listruzione, tema non
estraneo allimpegno di Raffaele Delcogliano; ritengo per di essere stato
invitato qui soprattutto come parente
di una vittima: in questa veste non si
esperti se non della propria umanit. Comincio quindi con losservare
che dal libro, da altri documenti su
Delcogliano, dalla storia di quello che
ha fatto, emerge una vita buona. Se
ricordiamo alcune persone non perch sono state ammazzate, ma perch
prima hanno fatto cose buone; il bene
che hanno fatto pi importante e duraturo della violenza con cui qualcuno
li ha fermati. Spero che altri racconti
e ricordi ancora non scritti possano
essere raccolti negli anni a venire; in
una scuola come la vostra si potrebbe
dedicare a questo scopo un progetto
di storia e memoria che ad esempio,
attraverso interviste dei ragazzi a
parenti, amici, colleghi e avversari di
Delcogliano, porti alla luce frammenti
di vita ed impegno finora sfuggiti ai
documenti scritti. C sempre molto
da scoprire e da imparare quando si
scava nella gioia e nella fatica di una
vita breve e significativa: talmente
significativa da indurre qualcuno a
fermarla con la violenza.
Come per molti attentati di quegli
73

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

per il bene comune, testimoniando


con la vita la forza tranquilla della
democrazia, in anni brevi e terribili
nei quali lestremismo si coniugava
con la violenza criminale. E questo
il tratto comune a Walter Tobagi,
Guido Rossa, Raffaele Delcogliano e
tanti altri eroi famosi e meno famosi
di quegli anni. Vale insomma anche
per Raffaele Delcogliano quanto mio
padre disse commemorando un grande
magistrato caduto, qualche anno prima, sotto i colpi del terrorismo: Perch hanno ucciso Alessandrini? Ma
proprio perch il terrorismo nemico
dei democratici, che rappresentano il
cuscinetto riformatore, che anzi, pi
di un cuscinetto, sono espressioni di
masse popolari che la democrazia
lhanno conquistata a caro prezzo e
che intendono consolidarla e renderla effettiva la democrazia una
continua smentita, una quotidiana
condanna del modo di pensare e di
agire dei terroristi...La democrazia
patrimonio dei lavoratori che costituiscono il fondamento sociale e politico
della Costituzione, la democrazia la
vivente dimostrazione che la conflittualit degli interessi non esclude la
loro composizione n la convivenza,
la democrazia conquista e vittoria
quotidiana contro la sopraffazione,
difesa dei diritti faticosamente conquistati. Questa non la via pi lunga per
una maggiore giustizia nella societ:
lunica via.
In Delcogliano e nella sua azione
politica e amministrativa si colgono
sorprendenti profezie e intuizioni che
ci regalano stupore per la loro originalit e attualit, e lamaro in bocca per
essere state violentemente private, con
la morte cos precoce di Delcogliano,

della possibilit di essere sviluppate gi


in quegli anni, in Campania.
Una sua linea di pensiero e di azione,
di probabile ascendenza sturziana,
linterpretazione dellautonomia non
come nuovo centralismo regionale
ma come costruzione dal basso in cui
diversi livelli, citt e province, si organizzano responsabilmente secondo
principi di solidariet e sussidiariet
fino al livello regionale. Una sinergia
che si costruisce dal basso dove tutte le
autonomie dialogano tra loro. Unidea
di autonomia che ha ispirato riforme
(anche costituzionali) realizzate in
tempi molto successivi dal centrosinistra. Una fede nellautonomia intesa
come responsabilizzazione progressiva, opposta allillusione di uno
Stato centralista dal quale attendere
passivamente posti di lavoro e soldi:
unillusione che ancor oggi, specie in
alcune regioni del Sud, non completamente abbandonata: figuriamoci
trentanni fa.
Altro elemento profetico e ancora attualissimo di Delcogliano il suo tentativo di riformare il lavoro attraverso
contratti capaci di accompagnare posti
a tempo determinato verso il tempo
indeterminato, cercando, anche tramite fondi pubblici, una strada capace
di creare posti permanenti, in modo
da migliorare la qualit della vita
e del lavoro e al tempo stesso porre
un argine alla proliferazione di una
esplosiva massa di eterni precari (che
allora si chiamavano disoccupati organizzati). Questa riforma ha fatto di
Delcogliano un personaggio scomodo
rispetto ad almeno due mondi contigui
alla politica, quello del clientelismo e
quello dellestremismo, che ambedue
prosperavano sulla pelle dei precari.
74

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Raffaella Delcogliano con la targa commemorativa del liceo

Un terzo elemento molto attuale


limportanza strategica che Delcogliano attribuiva alla formazione professionale. Anche oggi questo cruciale
snodo a cavallo fra istruzione e lavoro
in sofferenza e richiederebbe una
riflessione e un rilancio. Se ne occupano enti, associazioni e istituzioni di
diverso tipo. Alcuni fanno sul serio,
altri vogliono solo accedere ai fondi
regionali ed europei e non fanno sul
serio. Anche quelli che fanno sul serio
sono spesso restii a farsi inquadrare in
un sistema pubblico di formazione nel
quale, a fronte di un sostegno finanziario, accettino di sottoporre le proprie
attivit formative a procedure pubbliche di accreditamento valutazione
rendicontazione e coordinamento sul
territorio. Peccato, perch questo tipo
di coordinamento e controllo consentirebbe di eliminare qualche ente inutile
o addirittura truffaldino (e in questi
anni ne abbiamo visti al Nord e al Sud)

e gioverebbe, perci, proprio a quelli


che fanno sul serio: come i Salesiani,
con i quali invece mi tocca a volte
litigare perch anche loro diffidenti
verso ogni ingerenza pubblica nelle
proprie scuole. Unaltra idea notevole
di Delcogliano che certamente meriterebbe approfondimenti, e ancora oggi
richiede coraggio e provoca pi malumori che consensi, quella di andare
verso una protezione del lavoratore
piuttosto che di uno stesso posto di
lavoro per tutta la vita, e la profonda
coscienza che questa protezione, insieme a misure di welfare che facciano da
ponte fra un lavoro e laltro, richiede
un grande impegno anche sul fronte
della formazione professionale, non
solo iniziale ma permanente, lungo
tutto larco della vita. Su questa base
la CGIL ha promosso una proposta di
legge di iniziativa popolare che poi
entrata a far parte (anche se uno
degli articoli di cui meno si parlato)
75

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

Stato, queste amministrazioni locali,


questa politica parlamentare meritavano, meritano, ieri e oggi, tanti e tali
sacrifici? Non era meglio abbandonarli
al loro destino, rifiutare un rischioso
impegno pubblico, salvare la vita? A
volte questi sacrifici mi fanno pensare
a coloro che, nella Bibbia e nella storia,
prendono su di s le colpe degli altri,
salvano unepoca e una generazione
accettando, innocenti, di pagare per
tutti. Le persone oneste, competenti,
coraggiose che in quegli anni hanno
accettato un impegno politico o civile hanno restituito onore e dignit
a missioni e cariche pubbliche che,
allora come oggi, non ne avevano
gran che. Hanno ridato a molti la
speranza che la politica potesse essere
al servizio di un progetto per il bene
comune e non sempre e solo del potere
fine a se stesso. Ci hanno ingannato?
Questa speranza stata unillusione?
E meglio farsi i fatti propri? A volte
viene da chiederselo. Io dico che non
ci hanno ingannato; al contrario, in
altri tempi, non meno difficili di oggi,
hanno rappresentato la forza che ha
tenuto in piedi la nostra pur scombinata Repubblica. Per merito loro e
dei tanti che dal loro esempio hanno
tratto in epoche diverse il coraggio di
servire il Paese, lItalia ancor oggi
una democrazia: le istituzioni hanno
retto in passaggi difficili, dal terrorismo fino al tentato stravolgimento
della Costituzione democraticamente
respinto da un referendum nel 2006.
Anche oggi lesempio di uomini come
Raffaele Delcogliano consente a qualcuno di noi di tenere in piedi la baracca
vivendo con libert e disinteresse lesperienza della politica, conoscendone
i limiti, sapendo, come disse Romano

della riforma del lavoro recentemente


approvata in Parlamento: trentanni
dopo la morte di Delcogliano.
Concludendo: valsa la pena? Valeva
la pena impegnarsi per la propria gente, pagare questo impegno pubblico
con la vita, per poi trentanni dopo
ritrovarsi lItalia e la Campania ridotte
cos? Ricordo nitidamente il giorno in
cui mio padre decise di accettare un simile impegno. Cera il sole nella strada
sotto casa mia, era pomeriggio quando
rientrando vidi mio padre che camminava chiacchierando con Franco Salvi,
ex partigiano, membro del consiglio
nazionale della Democrazia Cristiana,
fedelissimo di Aldo Moro. Camminavano e chiacchieravano, su e gi, su
e gi, sotto il portone del palazzo. La
sera chiesi a pap che cosa avessero
da dirsi cos a lungo: era il 1976 e mio
padre mi disse di aver accettato di essere fra i candidati che la Democrazia
Cristiana proponeva al Parlamento per
il Consiglio superiore della magistra
tura. Fu limpegno che gli cost la vita.
E valsa la pena? Anche per Delcogliano ci poniamo la stessa domanda:
valsa la pena? Scelti dalle Brigate
Rosse, dal mondo della criminalit, da
poteri oscuri: alla fine non lo sapremo
mai fino in fondo. Ci sono sempre
interessi convergenti nelleliminare
chi con unopera riformatrice e senza
interessi personali, quindi anche senza
possibilit di subire ricatti, modifica gli
equilibri del potere. Se per il male alla
fine vince, perch sfidarlo? E poi: in
anni di delegittimazione della politica
parlamentare da parte di forze extraparlamentari, perch fare da parafulmini dello Stato, della politica basata
sul voto e sulla delega democratica,
delle amministrazioni locali? Questo
76

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

Prodi, che le rivoluzioni si fanno o col


sangue o con il tempo, e che chi ama
la democrazia e la pace preferisce di
gran lunga il tempo al sangue. Questi
trentanni, che a noi sembrano uneternit, sono stati il tempo necessario
affinch alcune idee di Delcogliano
cominciassero a trovare realizzazione.
In un momento nuovamente buio per
lItalia e per lEuropa idee ed esempi
come il suo rappresentano luci sul
cammino della democrazia, capaci di
guidarci verso un domani migliore.

let, al quale la
mia famiglia
ed io ci sentiamo particolarmente
vicini, condividendo il suo
stesso vissuto
di dolore. Per
quanto riguarda mio fratello
Raffaele riporto alcuni dati storici, cui ho personalmente partecipato.
Il primo si riferisce a quando, una
mattina a Napoli, lo incontrai in Corte di Appello.
Da qualche anno, mi ero sposata e
trasferita da Benevento a Napoli,
continuando tuttavia a svolgere la
mia attivit di avvocato, non solo a
Napoli ma anche a Benevento, unitamente a mio fratello Raffaele ed a
mia sorella Felicita. Quella mattina,
lo incrociai per le scale della Corte di
Appello, ove mi ero recata per un processo. Raffaele mi disse che si stava
recando dal Procuratore Generale e
mi propose di accompagnarlo.
Devo ricordare che, allepoca, Raffaele era assessore al lavoro ed alla formazione professionale per la Regione
Campania.
Entrammo insieme dal Procuratore,
al quale mio fratello rappresent la
necessit di fare chiarezza nellambito
dei corsi professionali, sovvenzionati
dalla Regione Campania, ritenendo
che anche in tale settore vi fosse uno
spreco di danaro pubblico legato ad
un giro di malaffare. Raffaele, in
particolare, chiese al Procuratore la
disponibilit dellesercito, per fare un
blitz, in modo da organizzare unir-

Testimonianza
ERMINIA DELCOGLIANO
Grazie alla Preside per questa importante iniziativa, fortemente voluta,
che rientra nel programma di formazione degli alunni del Liceo Giannone.
E, infatti, ai giovani che si rivolge
questa iniziativa; giovani che devono
ritenersi molto fortunati, per avere
avuto una dirigente che pensa alla
loro formazione, non solo sotto laspetto dello studio, ma anche della
conoscenza della storia della loro citt, dei valori e dellesempio di quanti, come mio fratello, con la loro vita
hanno rappresentato e tuttora rappresentano un modello di comportamento.
Ringrazio gli oratori tutti, il prof.
Barbagallo, che ci ha dato un quadro
globale cos preciso, netto e doloroso,
per necessario, che mai nessuno, per
quanto avessi partecipato a tante riunioni in ricordo di mio fratello, aveva
fatto. Ringrazio, inoltre, il vicepresidente della Provincia e il prof. Bache77

API INGEGNOSE Anno IV Numero 3, Maggio 2014

ruzione, contemporaneamente, nei


vari corsi professionali, istituiti nella Regione Campania. Il Procuratore, purtroppo, rispose Prendiamo
un caff. A questa risposta, io mi
ribellai. dicendo: Raffaele, non senti questa risposta, lascia perdere! Si
parl daltro, poi uscimmo; mio fratello non parve per nulla colpito dal
tacito rifiuto dellAutorit preposta
alla tutela dei cittadini, ripresi il discorso e gli dissi: Quello, dicendoti
prendiamoci un caff, ha voluto dirti
che materia che non si pu toccare.
Non ti ha voluto dare un aiuto. Ma
Raffaele mi rispose: Non importa; io
ce lho il potere; li chiudo da solo i
corsi.
Cos cominci un lavoro certosino, ne
chiuse ben 350: ogni mattina, si recava da Benevento a Napoli, accompagnato dallautista, il suo carissimo
amico Aldo Iermano, compagno di
giochi, di calcio, passando a controllare, prima di raggiungere la Regione, i corsi professionali, presso i vari
indirizzi ove risultavano in essere. In
realt, per ben 350, scopr che non
esisteva alcun corso, ma delle civili
abitazioni, prima di essere ammazzato dalle Brigate Rosse il 27.04.82,
insieme ad Aldo Iermano.
Il secondo dato. Abitavo a Napoli,
una mattina, passando a S. Lucia,
ove allora la Regione aveva sede, vidi
una folla di disoccupati con le bandiere, che urlavano in coro: il lavoro ci sta; non ce lo vogliono dare; lo
vogliono vendere.
Mi preoccupai tanto: chiamai, quindi, mio fratello al telefono: Raffaele,
stai attento; c un sacco di folla sotto il portone della Regione, mi sono
spaventata.

Non ti preoccupare. Io li faccio salire con me mi rispose. E cos faceva.


Trovava questi disoccupati e diceva:
venite; andiamo a mettere in ordine,
apriamo questi fascicoli; cominciamo
a fare unagenda, a fare delle rubriche, stabiliamo che cosa fare. Ho bisogno di aiuto.
Il terzo dato riguarda il processo a
carico delle Brigate Rosse per lomicidio di mio fratello. Naturalmente, io
sono un avvocato, Raffaele lo avrebbe fatto per me, per cui mi costituii
parte civile, lo difesi unitamente al
grande avvocato Vittorio Botti, caro
amico di nostro padre. Nel corso
dellistruttoria, chiesi ad un pentito,
un tale Chiocchi: perch hai ammazzato mio fratello Raffaele? Ah!
perch lui avrebbe abbassato il malcontento e noi non avremmo potuto
pescare ulteriori proseliti questa fu
la risposta.
Condivido a pieno quanto detto cos
bene dal prof. Barbagallo sulla certezza della pena.
Ho sempre pensato, sin da allora, che
in un processo, come quello sullassassinio di mio fratello, dovrebbe essere previsto dal codice di procedura
penale, durante il dibattimento, la
proiezione di alcune immagini della vittima, quando era in vita, cos
gli assassini che non sanno neanche
bene chi hanno ucciso, avrebbero potuto vedere chi era mio fratello Raffaele: un giovane bello come il sole,
alto, biondo, con gli occhi azzurri,
un giovane che andava incontro agli
altri, sempre con il sorriso. Avrei voluto che lo vedessero, per conoscerlo
almeno quel giorno e riflettere sulla
loro tremenda azione. Grazie!
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Conclusioni

cosa farne. Avr pagato per questo.


Certo che lui pi di noi aveva capito
di essere in pericolo. Lo aveva capito
anche il suo collaboratore, Iermano,
che aveva chiesto lautorizzazione a
usare unarma; difatti portava con s
una pistola e spavaldamente diceva :
ci penso io!
Il prof. Barbagallo ci ha dato una
descrizione amara , cruda dei terroristi. Noi siamo qui a ricordare quegli
eventi che hanno lasciato il segno non
solo nella nostra memoria. Caro prof.
Barbagallo, caro prof. Bachelet, caro
dott. Grimaldi, mi permetto dire che
dora in avanti mi aspetto, e come me
se lo aspettano gli amici dellepoca,
che di questa storia parlino soprattutto i ragazzi , i giovani della nuova
generazione che non hanno vissuto
quel tempo, n hanno conosciuto
personalmente questi martiri. Noi,
testimoni di quellepoca, dobbiamo essere spettatori. Quello che avvenuto
non pu essere un seme che muore.
Quello che ha detto, quello che ha fatto
Raffaele non pu restare una pagina
di cronaca: un capitolo della storia
della nostra Regione e del nostro Paese.
Oggi siamo stati qui, con i ragazzi di
questo Istituto, non semplicemente per
la commemorazione dei nostri martiri
Raffaele ed Aldo, quando piuttosto per
vivere un momento di riflessione su
quel tragico evento di 30 anni fa, per
meglio capire il presente e guardare al
futuro con consapevolezza e speranza.
Ancora un grazie alla Preside Crisci,
un grazie ai ragazzi e anche a chi non
ha trovato il tempo di esserci.

ROBERTO COSTANZO
Ex deputato regionale ed europeo
Grazie prof. Bachelet, perch queste
sue ultime considerazioni, in un certo
senso, toccano coloro che qui, in sala,
e non sono molti, hanno conosciuto
Raffaele Delcogliano e Aldo Iermano,
che hanno avuto modo di seguirne il
cammino, perch la stagione politica
di Raffaele dura poco pi i cinque
anni: come consigliere comunale e poi
lavventura regionale.
Raffaele rappresenta un modo, che
io ho giudicato normale e giusto di
vivere e fare politica; lui considerava
anormale la non rettitudine, la vita
privata e pubblica non esercitata in
coerenza con i principi professati.
Lei ha fatto un passaggio: Raffaele
avrebbe potuto dire di no, in qualche
momento. Certamente avrebbe potuto
dire di no,quando, contrariamente
alle nostre aspettative di affidargli
lAssessorato allagricoltura e , in
seconda istanza, i lavori pubblici, fu
invece nominato assessore al Lavoro.
Raffaele cap che in certi momenti
bisogna adeguarsi,non so se alle
logiche o semplicemente alle direttive
del partito. E accett quellincarico;
e lo assunse con senso di dedizione,
di responsabilit, dimostrando anche
notevole competenza.
Raffaele Delcogliano, con trentanni di
anticipo aveva previsto quello che oggi
preoccupa chi si occupa della vita pubblica, della pubblica amministrazione:
non basta ottenere voti, bisogna sapere

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