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relativit einsteniana
di Fabrizio Tone
Pag. 1
x ' = x Vt
x = x '+ Vt '
y' = y
y = y'
z ' = z
z = z '
t ' = t
t = t '
Ovvero, quantunque la seconda si ottenga dalla prima in modo banale dal punto di vista
algebrico, dal punto di vista fisico esse esprimono due situazioni distinte. La prima
espressione lega le coordinate di un evento misurate in S con quelle in S', la seconda
determina le coordinate nel sistema S a partire dalle misure effettuate in S'. Il motivo
per cui il coefficiente della variabile temporale cambia di segno sta nel fatto che se V
la velocit di S' rispetto a S, quella di S rispetto a S' -V.
In analogia con il caso delle trasformazioni di Galileo, a cui le nuove trasformazioni
devono ridursi per velocit piccole rispetto a quelle della luce, cerchiamo una relazione
lineare del tipo
x ' = A1 x + A2 t
che ammette come inversa
x = A1 x ' A2 t '
Le costanti A1 e A2 sono da determinare in base ai requisiti imposti sulla
trasformazione.
E' altres evidente dalla figura che la posizione di O' , cio del punto (x'=0, y'=0, z'=0),
rispetto a O data a ogni istante t da x ' = Vt , per cui:
x ' = A1 x + A2 t 0 = A1 (Vt ) + A2 t
E dal momento che questa relazione deve valere qualunque sia t, dobbiamo
concludere che
Pag. 2
0 = A1V + A2
cio che, fissata la velocit V, le due costanti non sono indipendenti e pertanto, posto
A1 = A , si ottiene:
x ' = A1 x + A2 t = Ax AVt = A ( x Vt )
x ' = A ( x Vt )
Naturalmente, ragionando allo stesso modo per la trasformazione da S' a S avremo che
x = A ( x '+ Vt ' )
y' = y
z' = z
Questa una conseguenza della isotropia dello spazio. Poich tutte le direzioni sono
equivalenti al di fuori della direzione del moto (nel nostro caso l'asse x), ci aspettiamo
che le coordinate y e z si comportino allo stesso modo, e che la sola coordinate x
si modifichi nella trasformazione.
Per ci che riguarda l'espressione di t' in funzione delle coordinate nel sistema S, ci
aspettiamo che anche essa sia lineare per l'omogeneit dello spaziotempo, e che
coinvolga le sole coordinate x e t . La scriveremo pertanto in modo del tutto
generale:
t ' = Dx + Et
ove le costanti D ed E vanno determinate in base alle propriet della trasformazione.
A questo punto possiamo concludere che la trasformazione cercata dipende da tre sole
costanti A, D, E. Per determinarle imponiamo la condizione di invarianza di forma
della legge di propagazione della luce, vale a dire che:
x 2 + y 2 + z 2 = c 2t 2
si trasformi in
Si noti come cos facendo abbiamo anche imposto che la velocit della luce sia la
stessa nei due sistemi.
Partiamo supponendo vera l'equazione in S' e sostituiamo le espressioni precedenti.
Otteniamo che l'equazione del fronte d'onda nel sistema S data da
A ( x Vt ) + y 2 + z 2 = c 2 [ Dx + Et ]
2
Perch la nostra trasformazione sia corretta occorre che questa espressione coincida con
x 2 + y 2 + z 2 = c 2t 2
Sviluppando i calcoli:
(A
A2 c2D 2 = 1
2
2
A V + DEc = 0
c 2 E 2 A 2V 2 = c 2
A2 c 2 D2 =1
2
2
+A V + DEc = 0
2 2
2 2
2
c E A V = c
A2 =1+ c 2 D2
2 2
2
(1+ c D )V = DEc
2 2 2
2 2
2
c E c = (1+ c D )V
2
2 2
A =1+ c D
1 + c 2 D 2 )V
(
E =
c2D
1 + c 2 D 2 V 2
) c2 = 1 + c2 D2 V 2
c 2 (
(
)
c2 D
Sostituendo ancora la prima nella seconda:
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A2 = 1 + c 2 D 2
1 + c 2 D 2 )V
(
E =
c2 D
2 2 2
c
D
V
1
+
(
)
c 2 = (1 + c 2 D 2 )V 2
2
2
c D
Risolvendo la terza equazione rispetto a D :
2
(1 + 2c D
2
+ c 4 D 4 )V 2 c 4 D 2 = c 2 D 2 (1 + c 2 D 2 )V 2
V 2 1 + 2c 2 D 2 + c 4 D 4 c 2 D 2 c 4 D 4 = c 4 D 2
V 2 + c 2V 2 D 2 = c 4 D 2
V2
2
=
D = 2 2
c ( c V 2 ) c 2 (1 2 )
2
con
V
c
Sostituendo nellespressione di A2 :
V2
c2
=1+ 2
= 2
A =1+ c D =1+ c 2 2
2
c
V
c (c V 2 )
(
) c V 2
2
V2
c2
1
=
A = 2
2
c V
1 2
2
con =
c
V2
1 + c 2
V
2
2
2
2 2
c (c V )
1 + c D )V
(
c 2V
c2 V 2
=
= 2
E =
2
2
c2 D
cV
c
V
(
)
V
c2 2 2
c (c V 2 )
c c2 V 2
1
E= 2
=
2
(c V ) 1 2
con
V
c
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La scelta dei segni delle soluzioni (in linea di principio sono possibili anche
soluzioni di segno opposto) motivata da queste considerazioni:
i due coefficienti D ed E devono avere segno opposto;
per velocit piccole rispetto a quelle della luce, cio
V
c
1 trascurabile, il
A=
c2
1
=
c2 V 2
1 2
con =
c
anche in questo caso si scelto il segno positivo perch quello che assicura il
corretto limite delle trasformazioni di Galileo a basse velocit.
Possiamo dunque scrivere le nuove trasformazioni nella forma
x
'
=
( x Vt )
2
1
y ' = y
z ' = z
x V
1
t 2
t ' =
c
1 2
x
=
( x '+ Vt )
2
1
y = y
z = z
1
x V
t '+ 2
t =
c
1 2
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E' bene intendersi sul significato di queste trasformazioni. Nel primo caso
consideriamo il sistema di riferimento S come quello stazionario e S' come quello
mobile. Nel secondo caso avviene l'opposto. In entrambi i casi l'osservatore stazionario
quello che misura la velocit relativa dei due sistemi (precisamente v nel primo caso
e - v nel secondo).
Se si riguarda la prima delle equazioni, relativa alla coordinata spaziale nella
direzione di moto relativo, cio nel nostro caso l'asse x, si osserva che la differenza
rispetto alle trasformazioni di Galileo essenzialmente dovuta al fattore gamma:
1
1 2
L'effetto di questo fattore significativo a velocit confrontabili con quelle della luce.
Alle velocit ordinarie di un automobile o di un aeroplano non differisce sensibilmente da
1. Se si considera le espressioni che forniscono la trasformazione delle coordinate
temporali, appare evidente che la stessa condizione deve verificarsi per poter
riscontrare significative deviazioni nelle misure dei tempi dei due osservatori. Infatti in
queste espressioni le deviazioni rispetto al "tempo assoluto" sono legate al suddetto
fattore y e al termine ( v c ) all'interno della parentesi.
2
Adesso viene trattato lo stesso problema con un altro punto di vista. Consideriamo un
diagramma spazio-tempo bidimensionale x = x(t)
Pag. 7
Fig 1.1
Esempio di diagramma spazio-tempo (si ricordi che x espresso in secondi luce)
Un punto nel diagramma spazio-tempo, a fissate coordinate (x, t), chiamato evento.
Una particella o un osservatore che si muove nello spazio tempo descrive una traiettoria
chiamata linea d'universo.
La derivata della linea d'universo di una particella legata alla sua velocit dalla
relazione:
dx
=v
(1)
dt
Risulta evidente come un raggio di luce (v = 1) sia una retta inclinata di 45.
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Fig 1.2:
l'asse t' di una particella che si muove
con velocit v rispetto ad O
Evento A)
Evento B)
Evento C)
Sappiamo gi dove si trova l'asse t' nel diagramma di O (si veda la figura 1.2). Dato che
quest'asse definisce il luogo geometrico x ' = 0 possiamo collocare immediatamente gli
eventi A e C [rispettivamente a t ' = a e t ' = + a ]. Secondo il postulato fondamentale
della teoria della relativit speciale la velocit della luce costante in ogni sistema di
riferimento; ci significa che in ogni sistema di riferimento un fascio luminoso
sempre rappresentato da una retta inclinata di 45. Possiamo quindi immediatamente
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disegnare nel diagramma di O il fascio di luce emesso da A, che si muove lungo una
linea d'universo inclinata di 45 (con derivata positiva). Il fascio riflesso deve arrivare
all'evento C, quindi sicuramente esiste una retta inclinata di 45 (con derivata negativa)
che passa attraverso il punto C. L'intersezione di queste due linee rappresenta l'evento B
in O. Segue quindi immediatamente che l'asse x' la retta che connette questo punto e
l'origine.
t '
x ' =
t
x
(2)
dove i coefficienti all'interno della matrice 2x2 dipendono solo dalla velocit v di O'
rispetto ad O e non dipendono da t, x, t' e x'.
Utilizzando la relazione (1) immediato osservare che la retta t' (luogo geometrico
x'=0) nel sistema di riferimento O soddisfa l'equazione
t 1
=
vt - x = 0
(3)
x v
Imponendo x' = 0 nella (2) si ricava un'altra equazione a cui soddisfa la retta t' nel
sistema di riferimento O
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t + x = 0 t x = 0
(4)
= v
(5)
t + x = 0 t
x=0
(7)
= v
(8)
v t
t ' t
t =
(9)
x ' = x =
x v
x
combinando le relazioni (10) con la (9), e ricordando che v la velocit del sistema di
riferimento O' , quindi sempre v < 1 :
t'
=1
x'
(t v x )
(t v t )
= =1
=
( v t + x) ( v t + t )
e quindi = .
Da cui, sostituendo nella (9)
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v t
t'
x ' = v
x
(11)
Ovvero, se si preferisce
t'
1 v t
(12)
x ' = v 1 x
Consideriamo ora il sistema di riferimento O. Rispetto ad O' questo si muove di moto
rettilineo uniforme con velocit v , quindi, con procedura analoga a quella qui
seguita deve essere
1 v t '
t
(13)
x = v 1 x '
ma, invertendo la matrice presente nella (12) con si ricava....
t'
=
x '
1 v t
1 v t '
v 1 x v 1 x ' =
1 v 1 v t
v 1 v 1 x
t 1 1 v t ' 1
1 v t '
1
x = v 1 x ' =
2
(1 v ) v 1 x '
t 1
1 v t '
1
x =
2
(1 v ) v 1 x '
(14)
(1 v )
2
Per v = 0 i due Sistemi di Riferimento devono coincidere per cui accettabile solo la
soluzione positiva. Le trasformazioni di Lorentz possono essere scritte, dalla (12), come
t'
x ' =
(1 v )
2
1 v t
v 1 x
v
si ottiene
c
Pag. 12
t'
x ' =
1
1
v v
1 2 c
c
v
c t
x
1
x ' =
t ' =
x vt
2
v
1
c2
xv
t 2
c
2
v
1
c2
che esattamente la relazione che volevamo trovare, ovvero una relazione che lega
due sistemi di coordinate uno in moto rettilineo uniforme rispetto all'altro
(TRASFORMAZIONI DI LORENTZ)
Unpodistoria.Unacrepanelpalazzodicristallo
Alla fine del XIX secolo, la Fisica raggiunse un traguardo straordinario, riuscendo a
spiegare tutti i fenomeni elettrici e magnetici attraverso una teoria unitaria e
perfettamente coerente, espressa dalle quattro equazioni di Maxwell, cosiddette dal
loro ideatore, James Clerk Maxwell (1831-1879), considerato da alcuni il pi grande
fisico matematico di tutti i tempi. Esse permisero di dedurre, per via puramente teorica,
che non esiste un campo elettrico separato dal campo magnetico, entrambi di natura
vettoriale, ma che l'uno e l'altro sono manifestazioni di un'unica realt fisica, chiamata
F =ma
Secondo il modello di Newton, espresso nella fondamentale opera Philosophiae
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discepolo di Newton arriv a considerarle attributi di Dio!!!) ed identiche per tutti gli
osservatori. In altre parole,
le misure di lunghezze (distanze) effettuate da due osservatori diversi
risulteranno identiche;
le misure di durate (tempi) effettuate da due osservatori diversi risulteranno
identiche;
due eventi che hanno luogo nello stesso punto secondo un osservatore, avranno
luogo nello stesso punto secondo qualsiasi altro osservatore;
due eventi giudicati simultanei da uno di essi, saranno simultanei per tutti.
In questo contesto, per passare da un sistema di riferimento all'altro occorre fare uso
delle trasformazioni galileiane.
In poche parole, usando sole cinque equazioni la seconda legge della dinamica e le
quattro di Maxwell e le quattro formule delle trasformazioni galileiane, ovviamente
sulla scorta del calcolo differenziale ed integrale, era possibile prevedere in modo
semplice ed univoco l'evoluzione nello spazio e nel tempo di qualsivoglia sistema
fisico; e non solo di una palla da baseball o di un pianeta attorno alla sua stella, perch
anche la coesione molecolare e la luce sono fenomeni elettromagnetici, e quindi
rientrano nell'ambito di competenza delle equazioni di Maxwell. Una visione del mondo
di questo tipo, nella quale, a partire da determinate condizioni iniziali, l'evoluzione
possibile del sistema fisico in considerazione una ed una sola, prende il nome di
Pag. 14
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nome di etere. Questo strano materiale tuttavia poneva pi problemi di quanti non ne
volesse risolvere. Di che tipo di materia era composto? Perch di materia sicuramente
doveva trattarsi, anche se a quei tempi il concetto stesso di "materia" non era ben
definito, e la teoria atomica era ancora di l da venire. Ed in che modo permeava tutto
l'universo? Doveva essere estremamente rigido, in modo da permettere la trasmissione
di onde tanto veloci, ma allo steso tempo non doveva offrire alcuna resistenza al moto
dei pianeti... Eppure, tutti accettarono di buon grado l'introduzione di questa stranissima
sostanza, perch se non altro veniva incontro ad una delle principali preoccupazioni
della Fisica Classica: essa poteva infatti rappresentare il sistema di riferimento
assoluto per tutte le trasformazioni di Galileo, sostituendo quel centro dell'universo
che, in un modello infinito del cosmo, non aveva alcun significato. La terra in moto
attorno al sole, il sole lo intorno alla Galassia, questa lo rispetto alle altre galassie,
ma l'etere pu considerarsi "immobile" in senso assoluto; immobile, come si diceva ai
tempi, rispetto alle stelle fisse (il primo ad avanzare questa ipotesi fu Fresnel nel
1818). Dalle leggi di Newton risultava che nessun sistema di riferimento pu ritenersi
privilegiato rispetto agli altri; se il corpo B in moto con velocit pari a 3 m/s rispetto al
corpo A, ritenuto fermo, nulla proibisce di ritenere che sia fermo il corpo B, e che sia A
a muoversi rispetto ad esso con velocit pari a 3 m/s, senza che le leggi della dinamica
vengano violate. Parlare dunque di posizione assoluta di un corpo privo di senso,
esattamente quanto lo sarebbe cercare il centro di un piano illimitato. La meccanica
newtoniana consente tutt'al pi di parlare di posizione relativa ad un determinato
osservatore. Anche il concetto di velocit assoluta va sostituito perci con quello di
velocit relativa ad un dato osservatore, potendo poi passare dalla velocit misurata
da un sistema a quella misurata da un altro mediante le solite trasformazioni galileiane.
L'etere veniva a colmare questa lacuna, permettendo di stabilire una volta per tutte un
sistema di riferimento nel quale le distanze, gli intervalli di tempo e le velocit potevano
venire misurati in maniera univoca per tutti gli osservatori di questo mondo. Anche la
velocit della luce, fissata univocamente dalla teoria elettromagnetica secondo la
formula c =
0 0
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fu proprio questa la crepa che, allargandosi, fin per spezzare tutta quanta la
costruzione!!!
Le trasformazioni di Galileo
Iniziamo questo paragrafo col considerare un evento fisico. Un evento qualcosa che
accade in un certo punto ad un certo tempo, indipendentemente dal sistema di riferimento
che potremmo usare (per esempio due particelle si scontrano). Per descrivere un evento
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Per comodit poniamo che il sistema K(O;x;y;z;t) si sposta lungo lasse comune xx.
A questo punto poniamo che si verifichi un evento in un punto P, un osservatore S
misurer la posizione e listante in cui avviene levento assegnandogli le coordinate
spaziali x, y, z e il tempo t, mentre un osservatore S in movimento con velocit v rispetto
a S gli assegner le coordinate spaziali x, y, z e il tempo t. Cercheremo ora di trovare le
trasformazioni che mettono in relazione queste otto coordinate spaziali. Visto che O si
muove lungo lasse x di O e che per semplicit supponiamo che gli orologi di entrambi gli
osservatori segnino zero all'istante in cui coincidono le origini, le trasformazioni di
Galileo sono:
x' = x V t
y' = y
z ' = z
t ' = t
TRASFORMAZIONI GALILEIANE
Per lequazione relativa al tempo bisogna assumere che il tempo possa essere definito in
modo indipendente da un qualunque particolare sistema di riferimento per poter affermare
la corrispondente equazione di sincronizzazione.
Queste trasformazioni per valgono unicamente per velocit piccole di un ordine di
grandezza che caratterizza la nostra vita quotidiana o non molto oltre. Se vogliamo
prendere in considerazione corpi che si muovono ad una velocit prossime a quella della
luce notiamo degli effetti strani che sono la dilatazione del tempo e la contrazione delle
lunghezze, due fenomeni che vengono descritti con le trasformazioni di Lorentz, di cui
si discuter in dettaglio in seguito.
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La luce e letere
La meccanica newtoniana nei suoi presupposti impliciti ed espliciti funzion molto bene
fino a quando ci si limit a descrivere il moto di oggetti materiali come molecole,
pianeti o parti di macchine, avvalorando quindi i principi su cui essa era basata fino
renderli senso comune, evidenti ed indubitabili. Quando, per, si cominciarono gli studi
delle leggi dellottica e pi precisamente delle propriet della luce, durante il XIX
secolo, cominciarono a sorgere i primi problemi e i primi dubbi che divennero sempre
pi evidenti con lo studio dellelettromagnetismo e con la formulazione delle equazioni
fondamentali dellelettrodinamica eseguiti da Maxwell alla fine dell800. Infatti il
problema pi evidente risult quello della misurazione della velocit della luce; gi
Galileo, per, sosteneva che la luce si propaga nello spazio con una velocit finita e
cerc di comprovare grazie a degli esperimenti questa sua affermazione ma non ci riusc
in quanto possedeva degli strumenti troppo imprecisi per esperimenti di questo genere.
Il primo a scoprire che la velocit della luce finita fu Roemer durante delle
misurazioni di tipo astronomico; Fizeau e Foucault, verso la met del XIX secolo,
riuscirono, grazie ad esperienze compiute in laboratorio a scoprire un valore pi preciso,
prossimo a 300.000 Km/s, che da quel momento in poi venne comunemente indicato
con c.
Se per le onde sonore le trasformazioni di Galileo andavano bene, per la luce, invece,
esse fallivano ogni volta. Infatti se per il suono il mezzo di propagazione laria
sembrava che per la luce non esistesse nessun mezzo. Tuttavia pareva inconcepibile ai
fisici del XIX secolo che la luce e le altre onde elettromagnetiche, contrariamente a tutti
gli altri tipi di onde, potessero propagarsi in assenza di un mezzo. Sembr allora logico
postulare lesistenza di un tale mezzo, detto etere, anche se si rese necessario
supporre per esso delle propriet alquanto insolite; infatti esso fu considerato di densit
nulla e di una perfetta trasparenza. Si suppose inoltre che letere riempisse lUniverso e
che esso fosse assolutamente fermo. Perci se letere fosse esistito la Terra avrebbe
dovuto muoversi attraverso di esso durante il suo moto di rotazione e rivoluzione e un
osservatore sulla Terra, quindi, avrebbe dovuto avvertire un vento detere avente una
ben precisa velocit vetere rispetto alla Terra. Ne segue, quindi, che un osservatore in
movimento con una velocit w equiversa con la direzione di propagazione di un raggio
luminoso, per la relativit galileiana la luce avrebbe avuto una velocit pari a
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c' = c w .
I postulati di Einstein
James C. Maxwell era profondamente convinto dell'esistenza dell'etere:
Non vi pu essere alcun dubbio che gli spazi interplanetari e interstellari non siano
vuoti ma occupati da una sostanza o corpo materiale che certamente il pi vasto e
probabilmente il pi uniforme di cui abbiamo una qualche conoscenza...
Come noto, tuttavia, questa incrollabile fede nell'esistenza dell'etere era destinata ad
essere messa in discussione appena otto anni dopo la morte di Maxwell, l'artefice della
Teoria Classica dei Campi, a causa dell'esperienza di Michelson-Morley. Ed in effetti
lord Kelvin, uno dei padri della Termodinamica, in una conferenza tenuta il 27 Aprile
1900, parl di tale esperimento, effettuato con la pi attenta cura per garantire un
risultato affidabile , come di una nube della fisica del XIX secolo sulla teoria della
propagazione della luce.
Nel 1904 ancora Kelvin scrisse nella prefazione alle lezioni di Baltimora:
Michelson e Morley, con il loro grande lavoro sperimentale sul moto dell'etere
rispetto alla terra, hanno sollevato l'unica obiezione seria contro le nostre spiegazioni
dinamiche della luce...
Occorre dire, per completezza, che Michelson rimase sempre scettico nei confronti della
teoria della relativit ristretta, che purtroppo comportava la scomparsa dell'etere, ed i
suoi pregiudizi verso la nuova teoria perdurarono fino alla morte: pregiudizi tipici dei
fisici sperimentali di stampo ottocentesco, affetti da un vero e proprio "horror vacui".
Ecco cosa sostenne Michelson ancora nel 1927 nel suo libro Studies in Optiks in cui
present il suo punto di vista sulla Relativit Ristretta e le trasformazioni di Lorentz:
L'esistenza di un etere appare inconsistente con lo teoria della Relativit; ma senza
un mezzo come si pu spiegare la propagazione delle onde di luce? [...] Come si pu
spiegare la costanza della propagazione della luce se non c' nessun mezzo?
Una possibile spiegazione dell'esito dell'esperimento di Michelson e Morley fu fornito
indipendentemente dal fisico irlandese George F. Fitzgerald (1851-1901) nel 1892 e
Pag. 21
dal gi citato olandese Hendrik Lorentz (1853-1928) nel 1895. Essi fecero osservare
che i risultati negativi potevano spiegarsi ammettendo che il braccio dell'interferometro
in moto attraverso l'etere nel senso del movimento della terra (quello orizzontale) si
fosse accorciato. Quest' ipotesi pu apparire piuttosto artificiosa, ma Lorentz la
spiegava ipotizzando che le forze di coesione della materia fossero essenzialmente di
nature elettrica, e quindi il movimento attraverso l'etere poteva modificare le posizioni
di equilibrio degli atomi.
In pratica, Lorentz assunse che le equazioni di Maxwell siano valide solo in un sistema
di riferimento privilegiato, quello in cui l'etere fermo. Ma allora come
trascrivere le equazioni per un altro sistema in moto rispetto al primo? Lorentz si rese
conto ben presto del fatto che ogni modifica nella forma di quelle equazioni avrebbe
comportato che negli altri sistemi di riferimento le leggi (di natura sperimentale)
dell'elettromagnetismo sarebbero diverse; da ci sarebbe seguita la possibilit di rivelare
lo stato di moto rispetto all'etere. Ma, pens Lorentz, se tutti gli esperimenti volti a
rivelare lo stato di moto della terra rispetto all'etere avevano dato esito negativo, solo
un'ipotesi
poteva
essere
sostenuta:
quella
secondo
cui
esistono
delle
Nel 1904 Lorentz scrisse in forma definitiva queste trasformazioni che, oltre a
coinvolgere le coordinate spaziali, per garantire il risultato corretto prevedono una
trasformazione anche per il tempo. Egli tuttavia non attribu significato fisico a
questo "tempo modificato"; lo chiam tempo locale ma, come scrisse egli stesso
anni dopo la pubblicazione della teoria della relativit:
...Io non pensai mai che questo tempo avesse niente a che fare con il tempo reale.
Questo tempo reale per me era ancora rappresentato dalla pi antica nozione classica
di tempo assoluto, indipendente da ogni sistema di riferimento. Esisteva per me un solo
tempo vero: consideravo la ma trasformazione del tempo solo come un'ipotesi di lavoro
euristico, di modo che la teoria della relativit davvero solo opera di Einstein.
Le leggi di trasformazione di Lorentz, furono formulate assai prima delle teorie sulla
contrazione dei tempi e la dilatazione delle lunghezze, ed per questo che ancor oggi si
parla oggi di "contrazione di Lorentz" e non di "contrazione di Einstein". Lorentz
giustificava tuttavia questa contrazione solo come una conseguenza delle modificazioni
Pag. 22
che subivano gli strumenti di misura quando cambiava il loro stato di moto rispetto al
sistema di riferimento assoluto (cio quello in cui l'etere in quiete).
Egli anticip i risultati di Einstein sulla relativit ristretta, eppure non seppe capirne il
senso fisico, cos come Tycho Brahe cap che il geocentrismo era insostenibile, ma non
arriv a porre il sole al centro del suo sistema.
Einstein lavor in modo diverso. Per nulla preoccupato di sfatare tab che resistevano
fin dai tempi del grande Newton, egli comprese che, quando ci si muove a velocit
prossime a quella della luce, spazio e tempo subiscono delle effettive trasformazioni che
non li rendono pi entit assolute, o addirittura metafisiche.
Se si dava credito all'esperienza di Michelson e Morley, una cosa sola appariva costante
nel passare da un sistema di riferimento ad un altro: la velocit della luce, uguale sia
nella direzione del moto della Terra che in direzione opposta. Ed egli part proprio da
qui, assumendo come questa semplice ipotesi avr conseguenze a dir poco esplosive.
La teoria della Relativit Ristretta (o Relativit Speciale) fu conclusa da Einstein e
pubblicata il 30 giugno 1905 sugli Annalen der Physik in una fondamentale
memoria intitolata Zur Elektrodynamik bewegter Krper (Sull'elettrodinamica
dei corpi in movimento, [ 13 ]). In quell'articolo egli scrisse:
...Nessuna caratteristica dei fatti osservati corrisponde al concetto di un etere
assoluto; [...] per tutti i sistemi di coordinate per i quali valgono le equazioni della
meccanica, valgono anche le equivalenti equazioni dell'elettrodinamica e dell'ottica
[...]. In quanto segue facciamo questa ipotesi e introduciamo l'ulteriore postulato, un
postulato a prima vista inconciliabile colle ipotesi precedenti, che la luce si propaga
nello spazio vuoto con una velocit c che indipendente dalla natura del moto del
corpo che la emette. Queste due ipotesi sono del tutto sufficienti a darci una semplice e
consistente teoria dell'elettrodinamica dei corpi in movimento basata sulla teoria di
Maxwell per i corpi in riposo
Tutta la teoria di Einstein basata dunque su due postulati fondamentali:
1. (Principio di relativit)
Leleggidellafisicasonolestesseintuttiisistemidiriferimentoinerziali.Nonesisteun
sistemainerzialeprivilegiato.
2. (Principio della costanza della velocit della luce).
Lavelocitdellalucenelvuotohalostessovalorecintuttiisistemiinerziali.
Pag. 23
Il primo di essi rappresenta un'estensione, a tutti gli eventi, del principio di relativit
galileiana, che non risulta cos annullato, bens superato attraverso il secondo postulato,
dal quale possibile ricavare i fondamenti della cinematica relativistica.
Con questi due soli postulati Einstein rivoluzion l'intero mondo della Fisica; ma
l'aspetto tragico o, perlomeno, tragicomico di questa vicenda che il premio Nobel non
fu assegnato ad Einstein per la Teoria della Relativit, bens per un suo articolo datato
18 marzo 1905, sempre pubblicato sugli Annalen der Physik , dal titolo ber einen
die Erzeugung und Wervandlung des Litches betreffenden heuristischen Gesichtspunkt
(Su un punto di vista euristico circa la creazione e la conversione della luce), nel
quale egli interpretava l'effetto fotoelettrico sulla base dell'ipotesi quantistica formulata
cinque anni prima da Max Planck. Un lavoro certamente importantissimo, che spian la
strada alla nascente Meccanica Quantistica; ma da quest'ultima Einstein si tenne sempre
ai margini, mentre della Relativit egli era stato l'ideatore assoluto, tanto che essa
forse l'ultimo esempio, nella storia della scienza, di una intera teoria creata da un uomo
solo. Il fatto che la teoria della Relativit fu a lungo misconosciuta, in patria e fuori, e
addirittura bollata come fisica ebrea . Il suo autore per non se ne diede per inteso se
vero che, quando gli fu riferito che era stato pubblicato un libro intitolato Cento
fisici contro Einstein , in cui si proponeva una teoria alternativa alla Relativit, egli
rispose con arguzia: Cento? Se fossi in errore, di fisico ne basterebbe uno.
c=
Dove 0 e 0
0 0
tutti i sistemi, indipendentemente dal sistema di misura. In unit S.I. esse valgono
infatti:
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( Farad m ) ( m Kg A )
= 12 , 56 10 ( ) ( Henry m ) ( m Kg s
0 = 8 , 859 10 12
0 = 4 10 7
-1
-3
-1
-2
A -1
c=
0 0
= 299.792.456, 2 m s-1
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perch nel primo caso la velocit orbitale pari all'incirca a 33 Km/s si somma al
risultato della legge di composizione delle velocit classico, nel secondo caso si sottrae.
Ebbene, Albert Michelson ed Edward Morley pensarono di effettuare una doppia
misurazione della velocit della luce, nella direzione del moto terrestre ed in direzione
opposta, con lo scopo di confrontare i due risultati e di provare il moto della Terra
attraverso l'etere. Ma una simile misura era pi facile a dirsi che a farsi, poich la
velocit orbitale del nostro pianeta poteva incidere sulla velocit della luce al massimo
per una parte su diecimila. I due scienziati ebbero allora l'idea di utilizzare un
complesso apparato di specchi (INTERFEROMETRO), che sfruttasse proprio il
fenomeno dell'interferenza tra raggi di luce che hanno percorso cammini ottici
differenti. Il loro interferometro aveva pi o meno quest'aspetto:
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viceversa, proprio come illustrato nella figura qui sopra. Nel suo primo esperimento di
questo genere, condotto da solo nel 1881, Michelson non not nulla ma, siccome
l'apparecchiatura era piccola, pens che la differenza di cammino ottico si confondesse
con gli errori sperimentali. Per questo nel 1887 egli ritent, assieme a Morley, usando
un'apparecchiatura molto pi grande, tale che il percorso totale dei raggi di luce
misurasse almeno 11 metri; stavolta la differenza dei cammini ottici nei due casi doveva
uguagliare esattamente mezza lunghezza d'onda della luce utilizzata, e quindi lo
spostamento delle frange di interferenza doveva essere evidente. Ma, a sorpresa,
nemmeno stavolta si not nulla, ed alla stessa conclusione giunsero tutti coloro che, con
tecniche pi o meno perfezionate, ripeterono lo stesso esperimento.
Ci fu chi, per salvare la Teoria Classica dei Campi, azzard l'ipotesi che la Terra
trascinasse con s l'etere nel proprio moto, cos come trascina con s l'atmosfera; ma
allora dove andrebbe a finire l'impalpabilit e l'infinita elasticit della quintessenza di
aristotelica memoria? E che razza di sistema di riferimento assoluto esso
rappresenterebbe, se si muovesse di moto relativo assieme a tutti i corpi che incontra?
Conclusioni: l'esperienza di Michelson e Morley era stata concepita per dimostrare che
la luce pu avere velocit diverse per diversi osservatori in moto relativo rispetto
all'etere, attraverso la dimostrazione dell'esistenza di una sorta di vento d'etere ,
dovuto in realt all'immobilit in senso assoluto della quintessenza, ed al moto relativo
rispetto ad esso della Terra lungo la propria orbita, sulla scorta della presunta validit
della composizione galileiana delle velocit. Il fatto che l'esperimento sia
clamorosamente fallito non poteva far altro che smentire gli assunti di partenza,
mostrando una volta per tutte che la luce ha sempre la stessa velocit per tutti gli
osservatori, e che evidentemente le trasformazioni di Galileo NON sono valide per tutti
i sistemi di riferimento in moto relativo l'uno rispetto all'altro. Anzich cementare la
crepa che minava la solidit del castello della Fisica, Michelson e Morley la allargarono
ulteriormente,
mostrando
che
la
meccanica
galileo-newtoniana
la
teoria
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rispetto a quelle di Galileo, e questo ben prima che il genio di Ulm pubblicasse le sue
mirabolanti teorie. Gi si sapeva insomma che, se si vuole conservare la forma delle
quattro equazioni dell'elettromagnetismo, la somma delle velocit non pu pi
consistere nella semplice somma vettoriale e questo, come vedremo, implica proprio
che deve giocoforza esistere una velocit maggiore di tutte le altre. Nessuna teoria fisica
per giustificava quelle trasformazioni, che restavano un giochetto matematico e niente
pi; e cos, tutti erano impegnati alla ricerca del fantomatico etere, come novelli Parsifal
alla caccia del Sacro Graal, e Michelson continuava a perfezionare i suoi interferometri,
sperando di osservare l'inesistente spostamento delle frange d'interferenza... finch non
arriv quell'apparentemente modesto scienziato ebreo che cambi la Fisica moderna...
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