You are on page 1of 78

Rivista online a cura dellAssociazione Culturale Bisanzio

Febbraio 2005
Numero IV

ANNO II

Costantino I
306-337

Saranno come fiori che noi coglieremo nei prati per abbellire limpero duno splendore
incomparabile. Come specchio levigato di perfetta limpidezza,
prezioso ornamento che noi collocheremo al centro del Palazzo

Fondata da Nicola Bergamo e diretta da Matteo Broggini


1
www.porphyra.it
2003-2006 - Associazione Culturale Bisanzio
Rivista online con aggiornamenti non rientranti nella categoria dellinformazione periodica stabilita dalla Legge 7 Marzo 2001, n.62.

(foto gentilmente donata da Sergio Berutti)

1. Nota alla nuova edizione


di Matteo Broggini

p. 3

2. Editoriale
di Nicola Bergamo

p. 4

3. Costantino il Grande e la Chiesa: una complessa relazione tra


dogma, diritto e politica
di Vito Sibilio

pp. 5-22

4. Larco di Costantino
di Carlo Valdameri

pp. 23-45

5. Orientamenti bibliografici inerenti Costantino il Grande


di Ivan Pucci

pp. 46-65

6. I Ciechini di Montecatini Val di Cecina


di Antonio Palesati e Nicoletta Lepri

pp. 66-71

7. Appendice: Il primo concilio di Nicea (maggio-luglio 325)

pp. 72-78

Tutto il contenuto di questi articoli coperto da copyright chiunque utilizzi questo materiale senza il
consenso dell'autore o del webmaster del sito, violer il diritto e sar perseguibile a norma di legge.
Non sono permessi copiature e neppure accorgimenti mediatici (es. link esterni che puntano questo sito) pena
la violazione del diritto internazionale d'autore con conseguente reato annesso.
Prima frase sotto il titolo proviene da : (da Il libro delle Cerimonie Costantino Porfirogenito edito da Sellerio
Editore Palermo a cura di Marcello Panasci)

NOTA ALLA NUOVA EDIZIONE


di Matteo Broggini
Il presente numero di Porphyra, gi edito nel febbraio 2005,
viene ora riproposto in una versione emendata da errori e
incongruenze redazionali e completamente rinnovata nella
grafica e nella disposizione dei contenuti.
Un grazie sentito alla redazione della rivista, Nicoletta
Lepri, Andrea Nocera, Eugenia Toni: senza di loro questo lavoro
non avrebbe mai visto la luce. Grazie anche a Nicola Bergamo,
infaticabile eparco della nostra citt virtuale, per la consulenza
grafica.
A tutti, buona (ri)lettura.
Milano, luglio 2008

EDITORIALE
di Nicola Bergamo

Correva lanno 313: Costantino promulga leditto che


consente in tutto limpero libert di scelta religiosa. Pochi anni
dopo, questo stesso imperatore far costruire sul Bosforo la sua
capitale, la Nuova Roma, e presieder il primo concilio della
cristianit. In tutta la sua carriera politica, un raro talento bellico
e uneccezionale capacit militare gli permettono di essere uno
degli ultimi imperatori romani a governare sullimpero unito. Il
solido aureo, da lui introdotto, sar la principale moneta di
scambio per tutto lalto medioevo.
Costantino dunque figura monumentale, tale da marcare la
propria epoca e da condizionare gli sviluppi della storia europea:
a lui, vero padre dellimpero romano orientale, dedicato il
presente numero di Porphyra.
Vito Sibilio ne illustra la politica religiosa, soffermandosi sui
complessi rapporti con la Chiesa, sulla conseguente definizione
del potere imperiale, sullo scontro con le eresie e sulla nuova
concezione di una societ pi cristiana.
Carlo Valdameri dedica il suo studio al monumento che pi
di ogni altro legato al nome di Costantino, ovvero larco che
egli fece erigere nel foro romano: ne sono analizzati la nascita, le
diverse componenti architettoniche e le valenze iconografiche.
Ivan Pucci ha invece approntato un ricco repertorio di
bibliografia costantiniana, dalla pratica impostazione per nuclei
tematici: un utile strumento per chi desideri approfondire i
contenuti della rivista.
Un interessante caso di reimpiego medievale di motivi
iconici di et costantiniana infine segnalato da Antonio Palesati
e Nicoletta Lepri.
In appendice riportato, in traduzione italiana, il testo del
concilio ecumenico di Nicea del maggio-luglio 325.
Spero sinceramente che questo numero di Porphyra possa
aiutarvi a conoscere in maniera pi approfondita limperatore che
fu detto Grande e, fondando Costantinopoli, diede vita allimpero
di Bisanzio.

COSTANTINO IL GRANDE E LA CHIESA:


UNA COMPLESSA RELAZIONE
TRA DOGMA, DIRITTO E POLITICA
di Vito Sibilio

Come giudicare il rapporto tra Cesare Flavio Valerio


Costantino Augusto il Grande, primo del nome (307-337)1 e la
Chiesa?2 un quesito che gli studiosi si sono posti e si porranno
sempre, in quanto difficile ricondurne linterpretazione ad un
solo criterio ermeneutico. Il grande imperatore, cui
nellimmaginario comune si deve il connubio pi che millenario
tra fede e politica, ag su molti livelli e pose le premesse per
molteplici, differenti e a volte contrastanti sviluppi.
1. Limpero cristiano.
In una famosa terzina, Dante individuava nel Constitutum
Constantini la fonte della corruzione della Chiesa:
Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
non la tua conversion, ma quella dote
che da te prese il primo ricco patre! 3

A parte lovvio rilievo sullequivoco storico in cui caddero tutti


gli uomini del Medioevo, va evidenziato che Costantino,
inserendo la Chiesa nel sistema del potere imperiale, non fece
niente di rivoluzionario n per la religione n dellimpero.
Quando si stigmatizza che, legandosi allo stato, il
cristianesimo abbia tradito le proprie origini, si dimentica che
Costantino restaur quella monarchia di diritto divino, descritta
nellAntico Testamento, in cui il sovrano unto del Signore e
suo eletto.
Ci invece posto in evidenza dagli scrittori ecclesiastici
contemporanei dellimperatore: non per propaganda, come
spesso si crede, ma per intima coerenza con la propria
formazione religiosa. La Chiesa, nuovo Israele, aspettava sin
dalle origini di rivivere lesperienza dellantico popolo ebraico:
le persecuzioni, che duravano da pi di tre secoli, erano destinate
ad essere provvisorie, e dovevano essere superate nella
realizzazione del regno. Tale realizzazione, seppur in ogni caso
escatologica, poteva essere intesa tanto in senso estremo, ossia
Ampia la bibliografia sullimperatore. Cito come esempi: VOGT J., Constantin der Grosse und sein Jahrhundert,
Monaco 19602; SAMPOLI F., Costantino il Grande, s.d.; DRRIES J., Constantin der Grosse, Stoccarda 1958;
PIGANIOL A., Lempereur Constantin, Parigi 1932.
2
Sul rapporto tra Costantino e la Chiesa cfr. tra gli altri ALFLDI A., Costantino tra paganesimo e cristianesimo, Bari
1976; BAYNES N.H., Constantine the Great and Christian Church, Londra 1929; DORRIES H., Constantin and the
Religious Liberty, New Haven 1960.
3
DANTE ALIGHIERI, Divina Commedia Inferno, XIX, 115.
1

interpretando alla lettera lApocalisse (la liberazione sarebbe


venuta con la distruzione di Roma e del mondo) quanto in senso
moderato (sarebbero stati distrutti solo i valori del paganesimo).
Nel corso dei tre secoli della sua storia, il cristianesimo
aveva imparato ad apprezzare i vantaggi della cultura grecoromana e dellunificazione dellecumene: superando i germi di
diffidenza ascetica attestati, tra laltro, anche nella Lettera a
Diogneto, si sviluppavano i semi di realismo politico presenti sin
dal magistero apostolico, specie paolino, cos da concepire il
sogno e il desiderio di un battesimo dellimpero. In questo modo
i sentimenti di rancore e di disprezzo espressi nellApocalisse
erano andati attutendosi e stemperandosi in una sfiducia radicale
nei confronti del potere costituito, in attesa di ricostituirlo
diversamente.
Ci che Costantino propose alla Chiesa era quello che la
Chiesa stessa era gi predisposta ad accettare, non per avidit di
potere o per tradimento dei propri principi, ma per esplicitare uno
degli aspetti del proprio retroterra spirituale. Il contrasto tra il
Christus passus e lImperator victor, posti entrambi al vertice
della Chiesa, si supera nella dicotomia squisitamente cristiana del
Christus passus et gloriosus. Essa trova proprio nel sovrano una
delle sue epifanie pi significative: Cristo, re e sacerdote secondo
il modo di Melchisedek, realizza temporalmente il proprio
sacerdozio nellordine sacro e la propria regalit nellimpero,
anchesso sacralizzato.
In quanto imperatore, Costantino non ruppe realmente con
la tradizione, ma si limit a modificare i contenuti dello schema
che in essa riuniva fede e potere, sacralizzando il secondo. Era
dai tempi dei faraoni che i sovrani mediterranei si facevano di
per affondare nel cielo le radici del potere, perch lordine
terrestre delle cose rispecchiasse quello ultraterreno; soluzione
alternativa a questo problema era lo schema mesopotamico del
sovrano mediatore tra gli di e luomo, presente anche nella
cultura ebraica e comune a quella ariana. La teologia del potere
era unesigenza culturale avvertita da sempre, e rispecchia il
bisogno legittimo di una fondazione del potere.
Roma era solo lultima grande potenza a porre il problema
del rapporto tra religio e imperium. Dallet di Augusto
lambiguit dei rapporti tra il sovrano e la divinit aveva oscillato
tra la soluzione indoeuropea dellimperatore comes divorum
(Ottaviano aveva autorizzato i templi per il suo Genius) e quella
egizia, riciclata dallellenismo, del monarca dio egli stesso (lo
stesso Augusto non aveva disdegnato di farsi divinizzare in vita
sulle rive del Nilo). La crisi del potere imperiale, maturata nel III
secolo, aveva spinto a cercare una soluzione ideologica
nellambito delle teologie orientali; Diocleziano aveva superato
del tutto la concezione del principato a favore del dominato,
incentrando il suo schema di sacralizzazione del potere
sullequazione che faceva infallibilmente dellimperatore un dio.

Ma questa soluzione cozzava proprio con il senso comune


di cristiani e di alcuni pagani, come i neoplatonici o i mistici,
ossia di una parte significativa dellopinione pubblica imperiale.
La persecuzione dioclezianea fu la conseguenza logica di
questa situazione, e la svolta costantiniana laltrettanto logica
mutazione di rotta, che riport la teologia imperiale nellalveo
ariano, coonestandola con la pi ricca e antica tradizione
giudaica, proseguita nel cristianesimo.
Lo schema per cui la divinit fonda la monarchia e questa
domina in suo nome viene cristianizzato da Costantino, senza
alcuna modifica; anzi, con maggiore precisione, in quanto ad un
solo monarca in terra corrisponde un solo Dio in cielo. Questo
modello di dominato resse Roma non solo fino al tramonto della
pars Occidentis nel 476, ma anche fino al crollo di quella
Orientis nel 1453; fu inoltre il modello di tutte le monarchie
universali e nazionali successive, fino al 1848 in Europa
occidentale e fino al 1917 in quella orientale.
Ma come visse Costantino, concretamente, questa esigenza
di sacralizzazione del potere? Come divin la difficile esigenza
dei suoi tempi di trovare un nuovo fondamento allesercizio della
sovranit? Sicuramente adoper n poteva altrimenti le sue
categorie mentali di romano: esse diedero alle sue suggestioni
mistiche e a quelli dei circoli che gli si radunarono attorno
una veste teoretica salda, trasferendo nellambito del diritto delle
categorie antropologiche. Considerando la religio come un
momento dello ius publicum, egli ritenne normale arrogarsi i
poteri di controllo su di essa, non solo perch gli imperatori
erano stati tradizionalmente pontefici massimi, ma perch erano
la fonte del diritto, almeno dallet adrianea. Il cristianesimo
coonest questa sua ambizione con lideale biblico della
teocrazia. E in poco tempo si arriv alla concezione
dellepiskopos tn ektos, che in qualche generazione si evolvette
senza voler dare al termine necessariamente unaccezione
positiva in quella dellisoapostolo, o del tredicesimo apostolo.
Nonostante limperatore non fosse pi divus, nonostante
non fosse pi invictus come il Sole ma pi modestamente victor,
nonostante non fosse pi raffigurato con la corona radiante ma
solo con un nembo, sebbene non si sacrificasse pi in suo onore e
i templi eretti per lui fossero meri monumenti, lideologia del
potere di Costantino fu la compiuta, piena realizzazione del
sogno del dominato dioclezianeo ed illirico. Limperatore
divenne il vicarius Dei, come era stato prima vicarius Deorum. E
fu la concezione che domin tutte le teocrazie cristiane,
impropriamente chiamate cesaropapismi, dallet carolingia a
quella ottoniano-salica, alla impossibile revanche della Casa
Sveva e fino allo zarismo.
In quali ambiti si esplic lazione di Costantino I in
relazione alla religione? Limperatore svolse una duplice attivit,
luna nel campo giuridico, laltra in quello dogmatico.
7

2. Lambito giuridico.
In ambito giuridico, non si pu prescindere dal cosiddetto
editto di Milano del febbraio 313 che in realt editto non fu 4
concertato tra Costantino e Licinio (308-324).
Esso diede esecuzione alleditto di tolleranza pubblicato
sul letto di morte da Galerio ([293] 305-311) nel 311 (col quale
lantico persecutore dimostr di aver compreso linanit degli
sforzi anticristiani e si sforz di inserire nel pantheon romano
anche Ges Cristo) e serv a risolvere anche dal punto di vista
teoretico la questione. I due augusti, dichiarando sin nel
preambolo di voler praticare la tolleranza, attestarono di non
voler escludere neanche i cristiani dallesercizio di questa virt
pubblica, allo scopo di procacciare allimpero unulteriore
benevolenza della summa divinitas: la suprema divinit, cio, da
sempre considerata nel paganesimo la pi grande di tutte, oltre
che la meno conoscibile.
Questa concezione religiosa era stata di Costanzo I Cloro
([293] 305-306),5 e costituisce la preistoria spirituale di
Costantino. Forse per adeguarsi a questa vaga ispirazione
monoteista, gi dal 306 Costantino, divenuto augusto al posto del
padre, aveva emanato un editto di tolleranza.6 Questa spiritualit
irenica di una generica iperlatria da tributarsi alla deit suprema
si and poi specificando nel culto del sole invitto; culto che gi
nellantico zoroastrismo era stata la manifestazione visibile
dellunico dio supremo, Ahuramazda, principio del bene, e che
persino nel remoto Egitto faraonico era stato, sia pure per breve
tempo, imposto al recalcitrante pio popolo politeista da
Akhenaton.
Costantino si mosse su questa scia, accettando un dio solare
sincreticamente esprimibile da pi ipostasi divine, e scelse per
suo nume tutelare quella dellApollo gallico.7 Questa ispirazione
era ancora dunque riscontrabile nelleditto di Milano, sebbene
Costantino fosse diventato cristiano gi dalla campagna contro
Massenzio (306-312) nel 312, quando vinse a Ponte Milvio (28
ottobre), avendo avuto il celebre sogno che lo invitava ad
assumere come labaro il monogramma cristiano, e della cui
storicit non il caso di dubitare.8 Evidentemente i due augusti,
facendo un richiamo alla teologia del sommo dio, pensavano di
fornire una cornice ideologica in cui fosse accettabile, anche per i
pagani, inserire il nuovo atteggiamento verso la religione
cristiana.
Ma leditto milanese andava molto al di l di questo. La
tolleranza di Galerio era stata concessa con rammarico, quella
dei due augusti si condiva di raccomandazioni benevole ed
energiche ad un tempo, con cui invitavano a restituire
Cfr. PALANQUE J.R., A propos du prtendu dit de Milan, in Byzantinische Zeitschrift 10 (1935), pp. 607-616.
EUSEBIO, Vita Constantini (= EUSEBIO, Vita Const.), 1, 17.
6
LATTANZIO, De mortibus persecutorum (= LATTANZIO, De mort. pers.), 24, 9.
7
Cfr. KARAYANNOPOULOS J., Konstantin der Grosse und der Kaiserkult, in Historia 5 (1956), pp. 341-357.
8
LATTANZIO, De mort. pers., 44; EUSEBIO, Vita Const., 1, 27-32.
4
5

gratuitamente alla Chiesa i loca sacra, di cui essa lunica


legittima proprietaria: chiese e cimiteri, anche se in mano a
privati (evidentemente lesproprio persecutorio era considerato a
posteriori unempiet, contraria al fas e allo ius) dovevano
tornare alla comunit, riconosciuta come persona giuridica.
Tali riconoscimenti scaturiscono dalla tangibile potenza
della protezione di Cristo esperita dai due imperatori
chiaramente pi da Costantino che da Licinio.9 Con questa
asserzione pubblica, entrambi danno un chiaro connotato a quel
misterioso Dio alla cui protezione Costantino aveva dovuto la
vittoria contro Massenzio e nel cui onore aveva omesso le
tradizionali cerimonie religiose del suo trionfo in Roma dopo la
sconfitta del rivale. 10
Da quanto detto, lEditto milanese risulta essere un punto di
arrivo, specie della legislazione costantiniana, il cui vissuto
religioso e la cui esperienza politica contribuiscono
decisivamente a tracciare la fisionomia del testo. Peraltro, forte
lattenzione al culto come fulcro dellesercizio della libert
religiosa. A Costantino e a Licinio interessa che Dio sia
opportunamente glorificato, cosicch si storni dalla terra il suo
castigo, scongiurato dal sacrificio rituale. Vi , in filigrana,
ancora una concezione piuttosto superstiziosa della fede, in cui
Dio continuamente da propiziare e da placare. Tra i due
augusti, Licinio era pi superficiale in relazione al cristianesimo:
ancora nella guerra che, di l a poco, lo contrappose a Massimino
Daia (305-312), egli manifesta una fede generica nel sommo Dio,
appena temperata da elementi cristiani estrinseci.11 In ogni caso,
la vittoria sullultimo persecutore che nellultima fase della
lotta aveva concesso una tolleranza assoluta ai suoi sudditi
cristiani 12 diede a Licinio, nellautunno del 312, la sovranit su
tutto lOriente, in cui si poterono estendere i benefici effetti della
tolleranza sancita a Milano, almeno fino a quando la rinfocolata
ostilit tra i due augusti indusse Licinio a ridimensionarla,
temendo che la Chiesa fungesse da quinta colonna costantiniana
nel suo dominio.
Nel lasso di tempo che divide leditto milanese dalla
definitiva riunificazione dellimpero sotto lo scettro
costantiniano nel 324, quello che stato definito il primo
imperatore cristiano ha peraltro sviluppato in modo coerente un
corpo legislativo ispirato alla religione e volto a garantirne la
sicurezza.13 Fu ad esempio abolita la marchiatura a fuoco sul
LATTANZIO, De mort. pers., 48, 7-9; 11, 45-47.
Tali provvedimenti riecheggiavano, del resto, quelli gi presi da Costantino nel 312 per la Chiesa africana scrivendo
al prefetto Anullino, e la loro finalit era la garanzia dellesercizio del culto, come gi per la questione africana
limperatore aveva avuto modo di specificare in una lettera a Ceciliano, in cui stanziava una forte somma proprio per
esentare il clero da ogni attivit lavorativa che lo distogliesse dalle celebrazioni liturgiche. In tal senso si era ancora
mosso limperatore quando aveva esentato i sacerdoti cartaginesi da ogni ufficio pubblico. EUSEBIO, Historia
Ecclesiastica (= EUSEBIO, Hist. Eccl.), 10, 5, 15-17; 6, 1-5; 7, 1-2.
11
LATTANZIO, De mort.pers., 45-47.
12
EUSEBIO, Hist. Eccl., 9,10. 7-11.
13
Cfr. EHRHARDT A.A.T., Some aspects of Constantines Legislation, in Studia Patristica 2 (1957), pp. 114-121.
9

10

volto dei condannati ad metalla o ai giochi gladiatorii, per


lesplicita motivazione biblica che luomo, imago Dei, non pu
essere sfigurato.14 Inoltre fu riconosciuto ai cristiani il diritto di
affrancare gli schiavi in presenza del proprio vescovo; al clero fu
persino concesso di farlo verbalmente e senza testimoni.
Ci sottintende la volont di fare dei presuli cattolici non
solo dei prefetti in violetto per usare anacronisticamente la
definizione riservata ai vescovi nel periodo napoleonico ma
anche una fonte di libert per gli schiavi, considerati dal
cristianesimo uomini esattamente come i loro padroni.
Concedere poi al clero la facolt di affrancarli con una procedura
straordinaria significava cercare di separare al massimo due
istituti quello sacerdotale e quello schiavile evidentemente
inconciliabili tra loro.15
Successivamente, lequiparazione del vescovo al
procuratore avvenne anche a livello giudiziario. Costantino
stabil che due parti potessero, di comune accordo, adire al
tribunale episcopale al posto di quello civile: un privilegio
destinato a durare per pi di un millennio.16 Evidentemente, per
limperatore era assurdo che i ministri di Dio, da lui scelti per
giudicare in spiritualibus, fossero esclusi dai giudizi in
temporalibus.
La legislazione flavia dimostr inoltre di saper apprezzare i
valori cristiani della castit e dellascesi, abolendo le leggi contro
i celibi e contro coloro che non avevano figli.17
La legge del marzo-luglio 321 rende festivo il primo giorno
settimanale, con lobbligo del riposo per i lavoratori servili e per
i magistrati, oltre che con linvito a promulgare in esso
lemancipazione degli schiavi alloccorrenza protocollato
ufficialmente e a compiervi opere pie. Il ciclo ebdomadario
giudaico-cristiano entra cos nella scansione del tempo civile
dellEuropa cristiana;18 per nessunaltra fede c, nellimpero,
una legge analoga. Il tempo profano, che riunifica le azioni del
secolo, viene appaltato ad una fede e sacralizzato. Siamo qui ad
uno stadio molto profondo della cristianizzazione delluomo
romano. Per un gesto di altrettanta radicalit, ma opposto e
odioso per le modalit in cui matur, bisogna saltare direttamente
alla rivoluzione francese e alla sua sovversione della settimana in
decade, e alla sostituzione della domenica col decad.
Altrettanto privilegiante fu il dispositivo legislativo che
permetteva di lasciare qualsiasi cosa in testamento alla Chiesa,
anche da parte di un non-cristiano.19
Costantino volle inoltre separare nettamente la tolleranza
per i cristiani da quella per i non cristiani. Il cristianesimo era la
verit, e andava protetto; ad esempio, dallostilit degli Ebrei. E
Codex Theodosianus (= Cod. Theod.), 9, 40, 2.
Cod. Theod., 4, 8, 1.
16
Cod. Theod., 1, 27, 1.
17
Cod. Theod., 8, 16, 1.
18
Cod. Theod., 2, 8, 1.
19
Cod. Theod., 16, 2, 4.
14
15

10

cos i convertiti ex circumcisione che fossero perseguitati dai loro


ex-correligionari erano oggetto di una protezione speciale:20
erano il piccolo resto del vero Israele. Nel maggio 323 inoltre
limperatore reag a violenze spontanee compiute contro i
cristiani, comminando fustigazione e multa a chi costringesse i
fedeli al sacrificio lustrale.21
In questi impianti legislativi il lessico denotativo del
cristianesimo (cultus Dei, pia religio ecc.) e quello del
paganesimo (superstitio) non lascia dubbi sulla piena adesione
dellimperatore alla nuova fede, che nelle sue premure trovava la
nemesi storica di tre secoli di cruente persecuzioni. Lo spazio di
libert del paganesimo ristretto. E lispirazione mosaica della
legislazione imperiale palese nel duplice divieto dellaruspicina
privata (319-320), il cui scopo il massimo controllo possibile
appunto pubblico su questa forma di divinazione.22 Siamo sulla
scia che porter Teodosio il Grande (379-395) alla proibizione
del paganesimo. Ma per ora Costantino sinceramente tollerante,
anche nella sua veste di pontefice massimo.
Questi dispositivi legislativi scaturiscono senzaltro dalla
profonda e progressiva cristianizzazione morale del sovrano, ma
sono anche in una societ in cui il potere politico si ipostatizza
nel sovrano di diritto divino la manifestazione di un connubio
politico sempre pi forte.
La personalit pi scialba e meno religiosa di Licinio
doveva reagire in senso opposto, traducendo in altri termini
religiosi la volont egemonica che lo accomunava e
contrapponeva a Costantino. Tra il primo scontro nel 316 e la
definitiva resa dei conti nel 324, Licinio and coronando di spine
lo status di religio licita da lui stesso concesso al cristianesimo
nel 313. Linterdizione del culto nelle citt e nei luoghi chiusi,
lobbligo di assemblee separate per uomini e donne, il divieto al
clero di catechizzare le donne stesse, la proibizione di assistere i
carcerati, oltre a casi specifici di esenzione dal servizio militare e
di allontanamento dalla pubblica amministrazione furono le
meschine misure che Licinio prese capovolgendo la sua
precedente politica di reappeasement.23 Ci furono casi di
violenze anche mortali su vescovi, e alcune chiese furono
demolite nel Ponto, senza che laugusto orientale intervenisse per
fermarli.24
Una volta che ebbe trionfato sul rivale, Costantino rimedi
a queste vessazioni con un editto di riparazione25 che tuttavia
garantiva ancora ai pagani la libert di coscienza. La legislazione
flavia faceva dellautodeterminazione spirituale un limite
invalicabile della sua competenza: lo stato poteva favorire la
Cod. Theod., 16, 8, 1.
Cod. Theod., 16, 2, 5.
22
Cod. Theod., 9, 16, 1; 16, 10, 1. Cfr. KARPP H., Konstantins Gesetze gegen die private Haruspizin aus den Jahren
319 bis 321, in Zeitschrift fr die Neutestamentliche Wissenschaft 41 (1942), pp. 145-151.
23
EUSEBIO, Hist. Eccl., 10, 2; 10, 8, 10-11; Vita Const., 1, 51, 53, 54.
24
EUSEBIO, Hist. Eccl., 10, 8, 13-17.
25
EUSEBIO, Vita Const., 2, 4, 42.
20
21

11

professione della vera fede, ma non poteva forzare ladesione ad


essa. La fede rimaneva ancora, non solo formalmente ma anche
materialmente, un atto di volont.
E tuttavia le leggi di riparazione furono una restitutio in
integrum: sospensione di ogni sentenza dannosa o infamante
(come la privazione dei pubblici uffici e la riduzione in
schiavit), restituzione dei beni alle chiese e ai singoli, anche se
incamerati dallo stato o se venduti a terzi, e addirittura agli
eredi.26 E di l a poco luguaglianza religiosa, faticosamente
raggiunta dalla cristianit, viene superata in un primato formale
che si configura quasi come una nemesi storica del paganesimo: i
funzionari pubblici non cristiani non possono professare
esternamente la loro fede, a differenza di quelli battezzati.27
Del resto, se Flavio Costantino dimostr alta
considerazione per il misticismo neoplatonico affine a quella
religiosit del Sommo Dio a cui lui stesso era stato vicino e
deferenza per le antiche famiglie senatoriali, il cui paganesimo
era tradizionale, non manc di presentarsi n come debellatore
dellantica religione n come sovrano che la tollerava solo per i
principi di umanit della sua fede.28 E anche nel plasmare la
classe dirigente il monarca si rende conto di dover selezionare
gente che sia disposta a seguire questa politica: ragion per cui i
funzionari nominati sono quasi tutti cristiani. Inoltre prosegue
losmosi tra episcopato e burocrazia, in quanto Costantino
celebra i vicennalia tra i presuli radunati a Nicea e fa pronunciare
il panegirico a uno di loro.29
A tale politica di diminuzione sociale del paganesimo si
accompagna una serie di misure restrittive: se ai collegi
sacerdotali delle divinit tradizionali sono lasciati i loro templi,
un numero imprecisato di essi che sia i cristiani per
trionfalismo che i pagani per vittimismo avevano interesse ad
aumentare agli occhi dei posteri viene privato delle rendite o
delle immagini, se non raso al suolo. A onore di Costantino va la
distruzione dei templi pagani disseminati da Adriano sulle
memorie giudaico-cristiane dopo la repressione della rivolta di
Bar Kokheba: il Calvario, la casa della Vergine a Gerusalemme, i
luoghi dellinfanzia di Cristo e del Battista furono liberati dalle
sacrileghe costruzioni e adornate di monumenti. Peraltro, il
monarca ha cura di sopprimere forme particolarmente licenziose
di culto pagano, specie quelle di Afrodite, o quelle
sfacciatamente animistiche come la venerazione del Nilo affidata
a una casta clericale di eunuchi, o ancora di contenere le
religioni di Cibele e di Mitra.30 Un significato di particolare
disprezzo ma anche una chiara intenzione di colpire la potenza
economica del culto pagano hanno le requisizioni di oggetti sacri
dei templi per adornare la costruenda Costantinopoli. Essa, come
EUSEBIO, Vita Const., 2, 30-41.
EUSEBIO, Vita Const., 2, 44.
28
EUSEBIO, Vita Const., 3, 66; 2, 44, 48-60.
29
EUSEBIO, Vita Const., 2, 44; 1, 1.
30
EUSEBIO, Vita Const., 3, 26-27; 55-56; 58; 4, 25.
26
27

12

le sontuose chiese costruite nelle capitali imperiali (Nicomedia,


Treviri, Sirmio, Milano) e come le basiliche patriarcali a Roma
sulle memorie degli apostoli, rientra in un progetto di
sacralizzazione dello spazio e di inserimento dellimpero
nellordine cosmico voluto da Dio e restaurato in Cristo.
In questa fase di dominio incontrastato, limperatore si
ispira sempre di pi alla religione, e il diritto romano la forma
con cui egli ordina la materia giuridica che pu trarre dalla
tradizione cristiana:31 il divorzio non abrogato, il matrimonio
rimane un contratto, ma il suo scioglimento diventa pi difficile,
conformemente allimportanza dellaccordo stipulato; inoltre
appare logico vietare il concubinato, che non prevede n
sacramento n contratto.
Le unioni degli schiavi sono riconosciute naturaliter simili
a quelle dei liberi: due sposi non possono essere divisi tra loro o
dai figli in caso di uneredit ripartita tra pi persone.32 In
ossequio alla dignit della vita umana vengono aboliti i giochi
gladiatori, mentre la proscrizione della crocifissione un
omaggio a Cristo stesso.33
Dopo aver ripromulgato per tutto limpero i dispositivi
legislativi precedenti in ordine al foro ecclesiastico e alla difesa
dei neofiti, Constantino fa una puntualizzazione importante: solo
i cattolici possono godere di questi privilegi, mentre eretici e
scismatici ne sono esclusi:34 alla Verit sola spetta la protezione
provvidenziale dellImpero, mentre coloro che traviano le
coscienze non debbono essere certo agevolati, anzi vanno
ostacolati.
In questottica va letto il decreto antiereticale pubblicato
dopo la sconfitta liciniana: ai novaziani, agli gnostici, ai paoliani
e ai catafrigi vengono interdette le adunanze sia pubbliche che
private perch culto non gradito a Dio vengono confiscati
tutti i beni comunitari, vengono sottratte le chiese che vanno
restituite ai cattolici, vengono tolti i libri sacri. Rimane loro solo
la libert di coscienza, nonostante un monito generico per la
conversione al cattolicesimo.35 Soltanto ai novaziani, in virt
della loro adesione al Simbolo niceno, limperatore lascia chiese
e cimiteri,36 sperando di ricucirne lo scisma.
3. Lambito dogmatico.
Se la valutazione delloperato costantiniano in campo
legislativo non pu essere che univoco e positivo (almeno per chi
veda nella cristianizzazione del diritto un progresso
dellhumanitas classica, e riconosca nel connubio tra impero e
fede una tappa significativa del cammino verso le forme future
Cfr. sullarg. DORRIES, Constantin..., cit., pp. 82-84; 197-199; 203.
Cod. Theod., 9, 7, 2; 3, 16, 1; 2, 25, 1; Codex Iustiniani, 5, 26, 1.
33
Cod. Theod., 15, 2, 1; SOZOMENO, Historia Ecclesiastica (= SOZOMENO, Hist. Eccl.), 1, 8, 13.
34
Cod. Theod., 16, 5, 1.
35
EUSEBIO, Vita Const., 3, 64-66.
36
Cod. Theod., 16, 5, 1.
31
32

13

della civilt), pi complesso il giudizio sul modo in cui il


fondatore della seconda dinastia Flavia ingerisce in interna
corporis della Chiesa, spontaneamente o indottovi a forza.
3.1. Lo scisma donatista.
Il primo caso affrontato lo spinoso scisma donatista,37
(dal nome del massimo teorico della disputa, il presule africano
Donato).
Loccasione venne dalla valutazione di un traditor, di chi
cio aveva, durante la persecuzione dioclezianea, consegnato i
Libri sacri e sacrificato agli dei, ottemperando ai decreti
imperiali. Nel 312, alla morte del vescovo cartaginese Mensurio,
il popolo e il clero scelsero come successore Ceciliano; questi
per era fortemente avversato dai donatisti perch, quando
ancora era diacono, aveva umiliato uno dei loro pi influenti
capi, rimproverandolo aspramente per il culto fanatico dei
martiri. Per impugnarne lelezione, i donatisti obiettarono a
Ceciliano un presunto difetto nella consacrazione, compiuta tra
gli altri dal vescovo Felice di Aptungi, che era stato appunto
traditor.
Questa obiezione trov terreno fertile non solo nella
particolare sacramentaria africana, ma anche nella malcelata
ostilit dellepiscopato numida verso la sede primaziale
cartaginese: il vescovo di Tigisi Secondo, inferiore di rango solo
a Ceciliano, radun un Concilio di settanta vescovi che, in linea
con la tradizionale autonomia della Chiesa della Proconsolare,
risolse la questione in modo sfavorevole a Ceciliano, che fu
deposto e rimpiazzato prima da Maiorino e poi da Donato stesso
nel 313.
Un nodo della questione era certo il trattamento da
riservare agli apostati pentiti: i rigoristi oscillavano dalla volont
di escluderli per sempre dalla Chiesa alla richiesta di umilianti e
prolungate penitenze, che comportassero soprattutto la riduzione
allo stato laicale; i moderati si accontentavano di imporre una
congrua riparazione.
Questo nodo non era per lunico: sullo sfondo si agitava la
questione classica della teologia sacramentale africana, la
validit del sacramento ex opere operando e non ex opere
operato (come nela teologia romana prima e universale poi).
Tale questione era particolarmente importante proprio perch
molti vescovi, presbiteri e diaconi erano stati traditores.
Costantino fu precocemente informato sugli sviluppi della
crisi ecclesiastica africana da Osio di Cordova, il vescovo
consigliere imperiale fino al Concilio di Nicea. Limperatore non
comprese certo la portata dogmatica della disputa le
sottigliezze teologiche non furono mai il suo forte ma si avvide
della sua pericolosit disciplinare, e ne valut la portata in
relazione alla confusione in cui era caduto il culto liturgico. Egli
37

Cfr. sullargomento GRASMCK E.L., Coercitio. Staat und Kirche im Donatistenstreit, Bonn 1964.

14

scrisse dunque a Ceciliano, riconoscendolo quale vescovo


legittimo e offrendogli lausilio delle truppe imperiali per il
ripristino dellordine, considerando cos i donatisti dei semplici
e pericolosi perturbatori della pace pubblica.38
I donatisti accusarono il colpo e scrissero al stesso sovrano
tramite il prefetto Anullino, spiegandogli il proprio punto di vista
e domandando di essere giudicati da un tribunale imparziale ed
esterno, formato da vescovi gallici.39 Limperatore accett: una
decisione questa in linea con la tradizione ecclesiastica, solita
affrontare le questioni rimaste irrisolte in un sinodo
interprovinciale in una assise ancor pi prestigiosa.
Costatino defer questione al papa, lafricano san Milziade
(311-314), incaricandolo di allestire un tribunale con presuli
gallici. Il pontefice, mostrando autonomia di giudizio, allarg la
commissione che Costantino aveva composto, oltre che col
papa, coi vescovi di Autun, Colonia e Arles ad altri quindici
presuli italiani. Dinanzi a questa assise, secondo i deliberati
imperiali, dovevano costituirsi dieci ceciliani col loro capo e
dieci donatisti. I decreti sinodali dovevano appurare se Ceciliano
avesse rispettato la tradizione ecclesiastica facendosi consacrare
da un traditor pentito, e sarebbero stati vincolanti per tutti.40
Il comportamento di Costantino verso il papa
significativo: il pontefice s autonomo, ma in seno allimpero,
che il guscio protettivo della Chiesa. lo stesso rapporto
sussistente tra la statio principis e quella del sommo pontificato
pagano, con la differenza che due magistrature, prima
appartenute ad una sola persona, nel nuovo ordinamento romanocristiano erano per forza scisse.
Chiamando Milziade a presiedere il tribunale da lui
istituito con presuli gallici in base alla richiesta degli appellanti,
che per del pontefice non avevano fatto menzione, limperatore
mostrava dunque di non voler prescindere dal primato petrino e,
accettando che Milziade ampliasse il tribunale in un sinodo, gli
riconobbe autodeterminazione nella scelta dei mezzi di
giurisdizione.
Ma i donatisti si appellarono contro la sentenza, che fu di
assoluzione per Ceciliano e di condanna per Maiorino e Donato.
Sia Milziade che Costantino furono irritati dallostinazione
donatista. Il papa offr la comunione canonica ai vescovi
dissidenti, perch non corressero il rischio di perdere la sede ma
anche per isolare Donato. Limperatore si risolse a convocare ad
Arles (estate 314) un sinodo di tutti i vescovi occidentali.41
Il primo agosto il sinodo, presieduto da Marino di Arles e
organizzato da Cresto di Siracusa, si apr. Milziade era morto, e
il nuovo papa, san Silvestro (314-335), invi una piccola
delegazione a rappresentarlo, non volendo lasciare Roma dopo la
Lettera in VON SODEN H., Urkunden zur Entstehungsgeschichte des Donatismus (=SODEN), Berlino 19502 , n. 8.
SODEN, nn. 10-11.
40
SODEN, n. 12.
41
SODEN, nn. 14, 15, 18.
38
39

15

sua elezione. La sentenza di Arles conferm praticamente quella


romana, e i Padri conciliari chiesero a papa Silvestro, con una
deferente lettera, di comunicare i deliberati sinodali a tutto il
mondo cristiano. Il primato non era in discussione: limperatore
stesso, nel convocare un concilio pi ampio dopo un appello per
vizio procedurale, non aveva affatto disprezzato la decisione
papale, ma seguito una prassi ovvia giuridicamente e conforme
alla tradizione ecclesiastica.
I donatisti per non si sottomisero al concilio. Limperatore
allora intervenne personalmente, ma non ebbero effetto n il
divieto ai donatisti di lasciare Arles per lAfrica, n il tentativo di
sostituire Ceciliano con un nuovo vescovo, n le minacce di
scendere personalmente in Africa per risolvere la questione.42
Non gli rest che scoprire le carte (316) dichiarandosi fautore di
Ceciliano,43 e prendere duri provvedimenti contro i donatisti
(317): gli furono tolte molte chiese e i loro vescovi furono
obbligati allesilio.
Erano misure coerenti col diritto canonico, ma troppo simili
a quelle delle ancora recenti persecuzioni, e crearono nei
donatisti solo una forte vocazione al martirio. Nemmeno
lesercito li ridusse alla ragione, in quello che fu il primo caso di
uso delle truppe statali per un obiettivo religioso.
Alla fine Costantino si ritir dalla lotta. Fu una sconfitta per
la sua politica ecclesiastica, ma anche una traccia segnata per il
futuro: gli scismi non sarebbero stati pi una semplice
lacerazione della Chiesa, ma anche una questione politica. Solo
che il significato di questultimo aggettivo copriva una gamma di
significati molto vasti, che potevano andare da un nobile
interesse per la religione che costituiva la sostanza etica dello
stato e della societ, fino a un deprimente asservimento delle
cose spirituali alle strategie del potere.
3.2. La controversia ariana.
Una prima avvisaglia di tutto questo si ebbe proprio con la
controversia ariana.44 Non certo questa la sede per ripercorrere
le fasi della formazione della cristologia eterodossa di Ario. Basti
ricordare che essa, aumentando drasticamente il tradizionale
subordinazionismo della dogmatica trinitaria, creava una cesura
tra lessenza del Padre e quella del Figlio e vanificava il valore
dellIncarnazione e della Redenzione, che non erano pi opera di
Dio. Leresiarca alessandrino mostrava la necessit di chiarire la
questione cristologica, da tempo esposta alle incursioni dei pi
svariati pensatori.
Chiaramente la cristologia evangelica in primis
giovannea non poteva accordarsi con quella ariana: lidea di
42

SODEN, n. 23.
SODEN, n. 25.
44
Cfr. tra gli altri sullarg. DE URBINA L., La politica di Costantino nella controversia ariana, in Studi Bizantini e
Neoellenici 5 (1939), pp. 284-298; IDEM, Nice et Costantinople, Parigi 1963; SIMONETTI M., La crisi ariana nel
IV secolo, Roma 1975.
43

16

una Sapienza creata prima di ogni altra creatura non si addiceva


ad un Verbo che in principio era presso Dio e Dio egli stesso.
Gi Giovanni aveva, nel suo prologo appunto, fatto una cernita
delle dottrine sapienziali che potevano essere adattate a Cristo
come quella che ne faceva il mezzo della Creazione e di quelle
che andavano appunto rigettate come la sua creazione nel
tempo. La terminologia filoniana adoperata dal quarto
evangelista era usata con un significato molto diverso da quello
che aveva negli scritti del filosofo alessandrino. E gi la modesta
cristologia dei primi secoli aveva concesso abbastanza alla
cultura extrabiblica accettando al distinzione tra logos
endiathetos e proforikos. Ora leresia di Ario spezzava la corda,
tesa da secoli, e passava allestremo opposto del modalismo, che
quella cristologia subordinazionista precedente aveva voluto
sempre scongiurare.
Su questo troncone teologico, aggrovigliato e complesso, si
sarebbe innestato il dibattito di politica ecclesiastica e civile, da
cui lo stesso Costantino, sensibilissimo al tema dellunit
cattolica ma di certo incapace di comprendere le implicazioni
dogmatiche della discussione in tutta la loro ampiezza,45 sarebbe
stato irretito.
Quando limperatore fu informato della disputa, Ario aveva
gi collezionato un arbitrato sfavorevole del suo vescovo
Alessandro, la sua scomunica e la rinnovata condanna di un
concilio generale della sede alessandrina nel 319.46 Il fatto che
leresiarca si fosse messo sotto il patrocinio dei due Eusebi
vescovi di Nicomedia e di Cesarea aveva inasprito la contesa,
condendola delle gelosie ecclesiastiche di cui lepoca era ricca.
Certo che il conciliabolo bitino di Eusebio di Nicomedia
spalleggi lo scomunicato caldeggiandone lassoluzione, mentre
la sua autodifesa continuava imperterrita.47 Di rincalzo
Alessandro continuava a contestarlo, informando anche papa
Silvestro.48
Costantino invi una lettera ad Alessandro e ad Ario per
tramite di Osio di Cordova, il suo gi ricordato consigliere
ecclesiastico. Ma il tenore della missiva, che invitava ad un
accordo, era sproporzionato alla posta in gioco, e Osio, una volta
giunto ad Alessandria dEgitto, se ne rese conto: era impossibile
far cessare ogni discussione sullargomento, come voleva
limperatore.
Alessandro persuase Osio della necessit di una soluzione
della controversia dogmatica; il legato imperiale torn a
Nicomedia, allora sede del sovrano, senza aver nemmeno potuto
incontrare Ario e con una netta propensione per la fazione
ortodossa.49
Cfr. ad es. OPITZ G.H., Urkunden zur Geschichte des arianischen Streites (318-328) = Athanasius, Werke III, 1
(=OPITZ), Berlino 1934, n. 17.
46
OPITZ, nn. 1, 2, 4b.
47
OPITZ, nn. 3, 6, 7.
48
OPITZ, nn. 11, 12, 14, 15, 16.
49
OPITZ, n. 18.
45

17

Costantino alla fine si convinse che la disputa poteva


risolversi solo con un concilio di tutti i vescovi, che pronunziasse
una sentenza vincolante. La prassi ecclesiastica aveva da sempre
favorito queste decisioni collegiali; tuttavia unadunanza di tutti i
presuli dellecumene non si era mai realizzata, anche a causa del
regime di precariet giuridica della Chiesa nei primi secoli di
vita. Lunico precedente in tal senso era il concilio
neotestamentario di Gerusalemme.
Costantino per non innovava in senso assoluto: altri sinodi
erano stati radunati sulla questione cristologica. La vera novit
stava nella sua scelta di arrogarsi la potest di riunire i vescovi:
non negozi con nessuna autorit ecclesiastica questa riunione,
tantomeno col papa. Cos aveva del resto agito anche per il
sinodo di Arles, e papa Silvestro la cui personalit era troppo
scialba per competere col grande sovrano non aveva motivo
per dolersi della decisione imperiale, anzi dovette considerarla
ottima.
Costantino fiss la sede sinodale a Nicea in Bitinia, e
ordin che nel maggio del 325 i presuli vi convenissero
servendosi dei mezzi pubblici di trasporto. Durante la loro
permanenza sarebbero stati ospiti del sovrano.50 La grande assise
radun trecentodiciotto presuli, il cui numero permise poi una
mistica equiparazione con i servi di Abramo.51 In essa la
presenza di confessori come Paolo di Neocesarea e di Pafnuzio
diede assoluto prestigio alla discussione, peraltro guidata
sapientemente dalla minoranza che gi aveva preso posizione
contro Ario, sotto legida di Alessandro di Alessandria e di
Eustazio di Antiochia, di Marcello di Ancira e di Macario di
Gerusalemme.52 Un ruolo importante ebbero i periti di questi
presuli, come Atanasio di Alessandria, diacono di Alessandro,
che pi volte prese la parola e che va considerato la vera mente
del sinodo.53 Allopposizione Eusebio di Nicomedia, vescovo
della capitale dellimpero, gi collucianista, e poi come
abbiamo visto protettore di Ario dopo la scomunica di
Alessandro, e Eusebio di Cesarea, mediocre teologo ma retore
abilissimo che si conquist la fiducia dellimperatore. Attorno a
questi due partiti si disposero quei dotti laici che da subito
avevano con calore abbracciato la disputa e che andarono ad
assistere alle sedute conciliari.54
A questa disputa pi greca che latina lOccidente partecip
con soli quattro vescovi, per la sua estraneit a questo dibattito e
per le difficolt del viaggio. Osio di Cordova, presidente
dellassemblea, Ceciliano di Cartagine e altri due colleghi
rappresentavano tutto lepiscopato latino, assieme ai due legati
EUSEBIO, Vita Const., 3, 6.
Cfr. AUBINEAU M., Les 318 serviteurs dAbrahan et le nombre des Pres au Concile de Nice, in Revue d'Histoire
Ecclsiastique 61 (1966), pp. 5-43.
52
Cfr. SOZOMENO, Hist. Eccl., 1, 17, 2.
53
TEODORETO, Historia Ecclesiastica ( = TEODORETO, Hist. Eccl.), 1, 11, 4.5; SOZOMENO, Hist. Eccl., 1, 17, 3;
1, 17, 7-18; 1.
54
TEODORETO, Hist. Eccl., 1, 11, 4.5; SOZOMENO, Hist. Eccl., 1, 17, 3; 1, 17, 7-18; 1.
50
51

18

pontifici, Vito e Vincenzo, che rappresentavano il troppo anziano


Silvestro.55
Nonostante uno sfondo di intrighi, a cui lonest di
Costantino non diede alcun seguito,56 il dibattito a tratti duro e
sempre serrato si svilupp attorno alla questione dottrinale in
modo netto. Gli ariani cercarono di far passare subito un simbolo
che veicolasse le loro convinzioni, sdegnosamente respinto dagli
ortodossi; Eusebio di Cesarea propose invece un Credo, quello
della sua diocesi, che tutti giudicarono corretto, anche se apparve
opportuno introdurvi correttivi antiariani.57 La correzione
fondamentale venne dal termine omoousios, inaccettabile per gli
ariani e per alcuni ortodossi, perch ne ricordavano luso
monarchiano di Paolo di Samosata biasimato (ma non
condannato) dal II Concilio di Antiochia (268). Il termine poteva
tuttavia interpretarsi come perfettamente ortodosso, distinguendo
la consustanzialit dalla identit personale, secondo la lezione
atanasiana e la tradizione romana, espressa da papa Dionigi (259268) gi prima del concilio antiocheno. E infatti i latini furono i
pi entusiasti fautori della terminologia proposta, che era la
traduzione greca del lessico trinitario della patristica occidentale
da Tertulliano in poi. Lo stesso Costantino, latinissimo aveva
parlato in questa lingua ai padri conciliari caldeggi luso del
termine e peror presso i greci la causa di una sua retta, univoca
e vincolante interpretazione.58
La compattezza della grandiosa teologia dogmatica di
Atanasio simpose allassemblea nicena, e lidea che la divinit
fosse solo dellEsse ingeneratum, propria di Ario, fu riconosciuta
pagana, e sostituita da quella evangelica che la trasmette dal
Padre al Figlio e poi allo Spirito.
La teologia di Nicea ha avuto il pregio di sintetizzare
opposti impossibili: lunit divina e la pluralit delle ipostasi o
persone:59 Costantino stesso, sedotto dalla forza intellettuale del
Credo niceno, lavor senza soste per ladesione di tutti i presuli
alla sua dottrina. I soli Ario, Secondo e Teonato non la
sottoscrissero e andarono in esilio; alcuni presuli per chinarono
il capo solo per timore della corona e continuarono (tra di loro
Eusebio di Nicomedia e Teognide di Nicea) a parteggiare per
leresiarca caduto. Risolto anche il secolare problema della data
della Pasqua, fissata alla domenica dopo il 14 nisan, il concilio si
sciolse solennemente.
Ma Costantino mut presto posizione rispetto al dogma
niceno. Dapprima esili e sostitu con presuli ortodossi Eusebio
di Nicomedia e Teognide di Nicea, che avevano presto ritrattato
SOZOMENO, Hist. Eccl., 1, 17, 2.
SOZOMENO, Hist. Eccl., 1, 17, 4-5.
57
OPITZ, n. 22, 4.7.
58
OPITZ, n. 22, 7; EUSEBIO, Vita Const., 13, 3.
59
Non a caso, dando unidea dinamica della fissit divina, ha avuto i caldi elogi di un idealista come Guido De
Ruggiero che peraltro ha acutamente denunciato la ragione che rese impossibile una conciliazione anche coi semiariani:
era essa stessa infatti una teologia compromissoria, che ben rendeva intelligibili i contorni del dogma pi alto, quello
per cui Dio uno e molti insieme. Cfr. DE RUGGIERO G., Storia della Filosofia, III, Bari 1920, pp. 260-271.
55
56

19

la firma al Credo niceno;60 in seguito tuttavia richiam Eusebio


di Nicomedia dallesilio, spinto dalla cortigiana influenza di
Eusebio di Cesarea coonestata dallingenuo parere della madre
dellimperatore, Elena, ammiratrice di questultimo e della
sorellastra Costanza.61 Reintegrato nelle sue funzioni, il
metropolita imperiale fu abile nellostentare deferenza per i
deliberati niceni e nel dispensare veleno contro i loro fautori: con
una procedura tipica del clima torbido dei dispotismi al
crepuscolo, Eusebio plagi limperatore accusando di
immoralit, litigiosit e irriverenza verso Elena il suo rivale
Eustazio di Antiochia, la cui penna affilata aveva sarcasticamente
commentato le azioni di Ario e ora stigmatizzava lopportunismo
politico del vescovo di Nicomedia.
Eustazio fu deposto in un conciliabolo ad Antiochia (331
ca.), ai cui anatemi Costantino aggiunse lesilio in Tracia.62 Ben
presto la condanna tocc ad altri otto vescovi, mentre Eusebio
cominciava a manovrare contro Atanasio, ora vescovo di
Alessandria. curioso osservare con quale facilit limperatore
abbia prestato fede alle accuse contro di lui: lassassinio del
vescovo Arsenio in qualit di fautore dello scisma di Melezio
presule ordinato senza il consenso del metropolita alessandrino
ma perdonato a Nicea la fustigazione di altri presuli suoi
fautori, la profanazione di un calice sono accuse chiaramente
denigratorie.
Forse il dispotismo alter nellimperatore la percezione
della realt: certo che egli accolse alla propria corte Eusebio,
nemico giurato della sua politica dogmatica, ne fece il proprio
consigliere, al posto di Osio di Cordova, e lo assecond nella
demolizione del partito fautore del Credo niceno. Il primo
imperatore cristiano divenne, almeno nei fatti, anche il primo
fiancheggiatore delleresia. Probabilmente, constatando come il
concilio non avesse sanato i contrasti, era tornato alla primitiva
valutazione superficiale della controversia, sotto il fatuo influsso
di Eusebio di Cesarea, e cercava un nuovo compromesso nel
semiarianesimo.
In ogni caso, limperatore accolse le accuse contro
Atanasio e lo defer al concilio di Tiro (335), dove tutti i prelati
(e persino il suo delegato Flavio Dionigi) erano ariani. Atanasio
non poteva naturalmente sperare in un giudizio equo e, forse
temendo la morte, fugg a Costantinopoli.
Costantino non volle per riceverlo; lindomito vescovo lo
avvicin allora durante unuscita a cavallo, denunciando i fatti di
Tiro, dove frattanto era stato deposto in contumacia.
Limperatore allora convoc a s i presuli di Tiro: solo quattro,
tra cui i due Eusebio, si presentarono, accusando Atanasio di
sabotare i rifornimenti di grano egiziano a Costantinopoli.
Evidentemente per il campione dellortodossia nicena risultava
60

OPITZ, nn. 27. 28.


FILOSTORGIO, Historia Ecclesiastica, 2, 7.
62
TEODORETO, Hist. Eccl., 1, 21, 4-22.
61

20

scomodo: data la natura palesemente strumentale dellaccusa


mossagli, non fu condannato a morte ma solo esiliato.
Se Ario fosse vissuto ancora nel luogo del suo esilio,
avrebbe fatto in tempo ad essere riabilitato. Costantino, che
ancora nel 333 lo aveva condannato,63 nellanno successivo lo
aveva incontrato a corte dopo averlo ripetutamente invitato.64
Leresiarca gli present una professione di fede elusiva che diede
allimperatore il destro per aprire la procedura di riabilitazione,
da sancire in un sinodo gerosolimitano che per non si comp per
la morte dellimputato.65 Tuttavia il concilio fece in tempo a
chiedere lassoluzione e la reintegrazione nel presbiterato
delleresiarca, prima della sua morte, adducendo come pretesto
proprio la nuova professio fidei.
Di l a poco mor anche limperatore, senza dubbio entrato
in una fase mistica dopo il battesimo, ma certamente tuttaltro
che consapevole degli esiti della sua contraddittoria politica, che
anticipa tutte le opzioni dispotiche che poi i sovrani bizantini
svilupparono nei secoli.
Il modello di comportamento sancito a Nicea per affrontare
le crisi dogmatiche fu duraturo: confutazione degli errori,
precisazione e ampliamento delle formule dottrinali contestate,
uso appropriato del lessico filosofico. Inoltre con la difesa del
Simbolo niceno la Chiesa dimostr che labbraccio con limpero
non laveva anestetizzata, ma che sapeva difendersi ancora
alloccorrenza. La prosecuzione della lotta sotto Costanzo II
dimostr sia le possibilit di perversione del rapporto statoChiesa insito nel sistema costantiniano sia la possibilit di
indipendenza morale della Chiesa stessa.
Creando un modello di relazioni tra impero e sacerdozio,
Costantino forn per un millennio scarso le coordinate in cui
impostare il problema. Nelle controversie cristologiche e
trinitarie successive gli ortodossi poterono contestare il ruolo dei
singoli imperatori ma non delegittimarlo per principio. Per
arrivare a questo ci vorr la mente geniale di Gregorio VII, e
bisogner che oapato e impero litighino fino al 200 per
affermarla definitivamente, facendo della libert della Chiesa un
principio della spiritualit cattolica e un cardine della civilt
occidentale, anche nella sua versione laica. Per contro, la
legislazione imperiale cre un precedente autorevolissimo per la
cristianizzazione del diritto, e segner profondamente il modo di
concepire la libert di coscienza, di religione, il diritto di
famiglia, quello penale, e quello di successione, assegnando alla
Chiesa un posto di preminenza che lha aiutata non poco a
formare lanima dellOccidente. Giudicare tutto ci alla luce
delle moderne categorie di pensiero sarebbe assurdo e ingiusto.
Inoltre Costantino, con certe scelte come la sacralizzazione dei
63

OPITZ, n. 33, 4.
SOCRATE, Historia Ecclesiastica, 1, 25.
65
SOZOMENO, Hist. Eccl., 2, 27, 7 sgg.; 13-14; ATANASIO, Apologia contra Arianos, 84; IDEM, Epistola de morte
Arii ad episcopos Aegypti et Libyae, 19.
64

21

conflitti cre le premesse per le forme materiali della piet di


moltissimi secoli a venire.
Questo imperatore pu a giusto titolo essere considerato il
genio politico che congiunse la pi veneranda eredit di civilt
classica alla forza pi giovane che trainava il mondo verso il
futuro, che ancora continua.

22

LARCO DI COSTANTINO
di Carlo Valdemeri

Finalit di questo studio esporre alcune considerazioni


sulle ragioni simboliche che portarono ad ornare larco trionfale
dedicato a Costantino a Roma con sculture prelevate da
monumenti pi antichi, eretti in onore di precedenti imperatori.
Per raggiungere questo fine, non si potr tuttavia prescindere dal
dare informazioni, per quanto possibile sintetiche:
- sul simbolismo degli archi di trionfo;
- sulla storia, sulle forme e sulliconografia dellarco di
Costantino;
- sui riferimenti religiosi ed ideologici degli albori del dominato
e sulla loro espressione nelle forme dellarco;
- sulladattamento delle cerimonie tradizionali alle nuove
caratteristiche dello stato romano;
- sui significati iconografici dei rilievi reimpiegati nellarco di
Costantino;
- infine, sul simbolismo che questo riuso acquistava nel nuovo
contesto cerimoniale.
1. Il significato degli archi di trionfo.
1.1. La concezione antica dellimmortalit.
Il contesto ideale e simbolico che giustificava, e allo stesso
tempo chiariva, il significato di strutture come gli archi trionfali
era espressione di concezioni del mondo e della vita fortemente
presenti nella cultura romana, e non solo.
Era infatti idea comune al mondo pagano che quanto vive
sulla terra avesse inevitabilmente un inizio, una giovinezza, un
declino e una fine. A questo destino era sottoposto ogni essere
vivente - uomo compreso- ed ogni sua opera materiale.
A differenza degli esseri terreni, le divinit vivevano in una
dimensione celeste (cielo inteso non come luogo infinito, ma
bens ben identificabile e definito), non condizionata da fattori
come tempo e spazio: esistendo in una sorta di eterno presente,
essi non potevano che essere immortali. Non a caso, i nomi degli
dei erano quelli degli astri che, per il fatto stesso di essere
presenti in cielo e di percorrerlo con cicli immutabili, rendevano
lidea stessa della perennit e di unalterit rispetto alla
dimensione terrena.
In questa prospettiva, lunica possibilit per gli uomini di
sopravvivere alla morte consisteva nel prolungare la propria vita
sotto forma di presenza nella vita e nel ricordo dei
contemporanei e delle generazioni successive.
Era quindi fondamentale tramandare il ricordo delle
imprese appunto memorabili, ma anche il perpetuarsi del
23

culto stesso degli antenati, ecc.. Espressioni di questa concezione


della vita furono, ad esempio, la grande tradizione ritrattistica ma
anche storiografica del mondo classico.
Nella mentalit degli antichi, risultava poi evidente che
alcune imprese, per la grandezza e la fama che derivava a chi le
compiva, avrebbero meritato imperituro ricordo nelle generazioni
future. Lautore delle gesta, quindi, acquisiva aspetti di divinit,
poich grazie ai propri meriti, il suo spirito sarebbe sopravvissuto
al limiti di tempo e di spazio concessi allesistenza umana.
Ci particolarmente chiaro in ambito romano,
considerando ad esempio processi quali la consecratio: la ratifica
cio determinata da un formale atto del senato dello status
divino attribuito agli imperatori ma non solo ad essi dopo la
loro morte.66
Per altro, occorre aggiungere che, particolarmente sotto
linflusso di concezioni orientali, anche presso i Romani
progressivamente si accentu la tendenza a ritenere che uomini
di speciale e particolare eminenza, quali erano i detentori di
dignit imperiale, progressivamente assorbissero la condizione
divina nel corso della propria esistenza terrena.67

1.2. Gli archi di trionfo come espressione simbolica.


Che relazione esiste tra quanto appena riferito e gli archi di
trionfo? Ebbene gli archi di trionfo rappresentano nullaltro che
la celebrazione monumentale ed ideale dellaccesso del
personaggio trionfante alla dimensione dellimmortalit. Per
questo sugli archi sono sovente rappresentate o citate in
MaC CORMACK S., Arte e cerimoniale nella tarda antichit ( = MaC CORMACK, Arte e cerimoniale),Torino
1995, pp. 141 sgg.
67
MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, pp. 141156. Come indicato dallautrice, liconografia solitamente impiegata
per illustrare la consecratio mostra il princeps innalzato al cielo sul dorso di unaquila o sul cocchio del sole.
66

24

iscrizioni le imprese (spesso belliche, ma anche pacifiche) che


hanno permesso al personaggio in questione di essere celebrato:
in definitiva, larco stesso da considerarsi la porta che il
personaggio simbolicamente riuscito ad attraversare, superando
la dimensione del contingente.68
In questo senso, la portaarco trionfale unespressione del
tema della porta del cielo, perch il trionfatore, tramite essa,
simbolicamente accedeva alla dimensione propria degli dei
celesti. Prova ne sia la presenza, al di sopra degli archi trionfali,
della statua dorata del personaggio celebrato, nellatto di
innalzarsi al firmamento su una quadriga trainata da cavalli.69 Il
trionfatore accedeva cos al cielo proprio come Apollo, lastro
del sole, vi accede ogni giorno guidando la propria quadriga nel
suo cammino perenne e immutabile.

A ci va aggiunto che a Roma i pi importanti archi


trionfali furono eretti lungo il percorso che il personaggio
celebrato compiva salendo al tempio di Giove in Campidoglio: la
salita e lomaggio a Giove rappresentavano in termini simbolici
laccesso al cielo di chi si era mostrato degno del favore divino.70
Cfr. GUENON R., I simboli della scienza sacra. Milano 1975, pp. 305 308. In riferimento agli archi di trionfo
romani: Questi edifici, come noto, avevano un valore sacrale ed erano delle puerta del sol. La bellezza particolare
dellarco di trionfo proviene dal fatto che esso una porta allo stato puro, una porta che si apre sul vuoto, ma un vuoto
che in realt il mondo stesso e tutto lo spazio del cielo. Non possibile immaginare un simbolo pi adeguato della
porta celeste. Cfr. HANI J., Il simbolismo del tempio cristiano, Roma 1975, p. 99.
69
MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, pp. 159 sgg.; pp. 176 ssg.
70
Oltre naturalmente ad esprimere gratitudine a nome dello stato e a costituire il culmine religioso della cerimonia
trionfale. Poich un aspetto dellauctoritas concessa da Giove, oltre al potere di accrescimento, il potere di vittoria in
guerra, giova ricordare la cerimonia con la quale si concludeva, in tempi molto posteriori alla monarchia delle origini, la
grande parata militare (di origine etrusca) chiamata trionfo: dopo i riti purificatori dalla contaminazione del sangue e
la parata lungo tutta la Via Sacra e il Clivius Capitolinus, il trionfatore giungeva al tempio di Giove Ottimo Massimo sul
Campidoglio; qui, indossato lornatus Iovis Optimi Maximi, egli ornava leffigie del dio del mantello di porpora, della
corona dalloro e dello scettro davorio sormontato dallaquila che aveva impiegato durante il trionfo e, infine, si
detergeva il volto dal minio col quale era stato ricoperto durante il trionfo stesso a somiglianza di Giove. La struttura
della cerimonia, in particolare la devoluzione alla divinit dei segni esteriori del potere, manifesta lidea romana che
lauctoritas proviene da Giove, affinch i prescelti svolgano fra gli uomini assegnato loro, ma che l'auctoritas torna,
alla fine, alla fonte da cui era discesa. POLIA M., Imperium Origine e funzione del potere regale nella Roma arcaica (
= POLIA, Imperium), Rimini 2001, pp. 174-175. Si consideri anche p. 31: certo, per, che Romolo, in quanto rex,
doveva essere dotato di insegne distintive della sua funzione. Quali? Sappiamo innanzitutto del lituo che esprimeva la
68

25

2. Larco di Costantino.
Dopo aver esposto, seppur in sintesi, la concezione
simbolica ed ideale alla base degli archi trionfali, ora possibile
prendere in considerazione un esempio che, pi di altri,
testimonia una svolta nelle tradizioni religiose dello stato romano
e nella loro espressione sul piano simbolico, monumentale e
iconografico: larco dedicato allimperatore Costantino.

2.1. Cenni storici sullarco.


Larco dedicato a Costantino fu eretto dal senato e dal
popolo romano per celebrare la vittoria dellimperatore su
Massenzio al Ponte Milvio (28 ottobre 312) e dedicato il 25
luglio 315, decimo anniversario della sua ascesa al trono.71
Questo si evince chiaramente dalla grande iscrizione
scolpita su entrambi i lati principali dellarco:
Imp(eratori) Caes(ari) Fl(avio) Constantino Maximo /
P(io) F(elici) Augusto S(enatus) P(opuls)q(ue) R(omanus) / quod
sua qualit di augure e sacerdote supremo; potremmo ipotizzare, sulla scorta di uninformazione fornita da Virgilio, la
presenza di una lancia senza il ferro (pura hasta), o da una vera e propria lancia da guerra come antica e diffusa
insegna del potere militare. La presenza dei fasci littori e della sella curule, forse, risale allepoca della dominazione
etrusca a Roma e tali insegne del potere furono introdotte al tempo di Tarquinio Prisco, come testimonia Lucio Anneo
Floro: Da l (dallEtruria provengono) i fasci, le toghe con strisce di porpora (trabeae), le sedie curuli, gli anelli le
falere, le toghe praetextae, i lunghi mantelli militari (paludamenta), da l furono presi in prestito il costume di
celebrare il trionfo su un carro trainato da quattro cavalli, le toghe pictae e le tuniche palmate e, in una parola, ogni
segno di pompa (decora) e tutte le insegne mediante le quali la dignit del comando (imperii) eccelle. Triumphus /
triumpus deriva dal greco thriambos (col significato originario di canto dionisiaco) mediante una forma etrusca che
muta la consonate sonora b in sorda p (POLIA, Imperium, p.188).
71
Come ricordato nella scritta votis X sopra uno dei fornici minori, rinnovata con unaltra, votis XX, sopra laltro
fornice, in occasione del ventennale. STACCIOLI R.A., Guida di Roma antica ( = STACCIOLI, Guida), Milano 1986,
p. 359.

26

instinctu divinitatis mentis / magnitudine cum exercitu suo / tam


de tyranno quam de omni eius / factione uno tempore iustis / rem
publicam ultus est armis / arcum triumphis insignem dicavit.72
Il monumento fu trasformato in torre durante il Medioevo e
poi incorporato nel palazzo fortificato dei Frangipane; pi volte
restaurato, soprattutto nel Settecento, fu definitivamente liberato
da sovrastrutture nel 1804.73 Recenti restauri hanno poi permesso
di rilevare come larco sia il risultato delle trasformazione di un
precedente fornice celebrativo di et adrianea,74 mentre lattico
fu ricavato dal podio del grande colosso che, quale gigantesca
immagine del Sole, si erigeva nei pressi del vicino Anfiteatro
Flavio.

2.2. Rilievi di epoca costantiniana.


Sono contemporanee alla costruzione dellarco, e quindi
det costantiniana, le sculture che sulle due facciate si trovano
sui plinti delle colonne scolpiti sui tre lati, con Vittorie che
scrivono sopra gli scudi o reggono palme e trofei, o con soldati
romani e barbari prigionieri sugli archivolti del fornice centrale,
con Vittorie in volo recanti trofei e personificazioni delle
stagioni; sugli archivolti dei fornici minori, con divinit fluviali;
sulle chiavi degli archi, con figure allegoriche molto rovinate;
sulle pareti interne dei fornici minori, con otto grossi busti di
imperatori in rilievo pure molto rovinati; sopra gli stessi fornici
minori e, alla medesima altezza, sui due lati corti, con sei lunghi
pannelli che illustrano la campagna contro Massenzio.
In questi, iniziando dal lato corto occidentale (verso il
Palatino), si susseguono i seguenti episodi: partenza dellesercito
AllImperatore Cesare Flavio Costantino Massimo, Pio, Felice, Augusto, il Senato e il Popolo Romano, poich per
ispirazione della divinit e per la grandezza del suo spirito con il suo esercito vendic ad un tempo lo stato su un
tiranno e su tutta la sua fazione con giuste armi, dedicarono questo arco insigne per trionfi.
73
STACCIOLI, Guida, ibidem.
74
CONFORTO M.L. (et al.), Adriano e Costantino. Le due fasi dellarco nella Valle del Colosseo ( = CONFORTO,
Adriano e Costantino), Milano 2001.
72

27

di Costantino da Milano, assedio di Verona, battaglia di Ponte


Milvio, entrata di Costantino a Roma, discorso di Costantino dai
Rostri nel Foro Romano, distribuzione di denaro al popolo nel
Foro di Cesare. Sui due lati corti sono infine costantiniani i due
tondi con la rappresentazione della Luna, nel lato ovest e del
Sole, nel lato est.75
2.3. Rilievi di reimpiego.
Sullarco appaiono molti rilievi provenienti da altri
monumenti dellantica Roma.
Appartengono allet di Traiano, provenienti dal suo Foro
(o forse, ci si permette di suggerire, da un arco trionfale che
chiudeva il suo Foro):76 le otto statue di Daci prigionieri (con le
teste rifatte nel Settecento) nellattico sui plinti sopra le colonne,
i due pannelli sui lati minori dellattico con scene di battaglia, e
gli altri due che sono allinterno del fornice centrale, tutti e
quattro appartenenti a un unico grande fregio che forse decorava
lattico della Basilica Ulpia (sopra i rilievi allinterno del fornice
centrale sono incise le acclamazioni a Costantino liberatore di
Roma e restitutore della tranquillit).
Appartengono allet di Adriano, verosimilmente sempre
rimasti in situ, i tondi che rappresentano: nella facciata
meridionale, la partenza per la caccia, un sacrificio a Silvano, la
caccia allorso, un sacrificio a Diana; sulla facciata
settentrionale, la caccia al cinghiale, un sacrificio ad Apollo, la
caccia al leone, un sacrificio ad Ercole. In queste raffigurazioni,
quella che era la testa dellimperatore Adriano stata sostituita
con quella di Costantino nelle scene di caccia e con quelle del
collega Licinio nelle scene di sacrificio.77
Infine risalgono allet di Comodo, provenienti (insieme ad
altri tre che si trovano nel Palazzo dei Conservatori) da un arco
onorario dedicato a Marco Aurelio, gli otto pannelli dellattico
posti ai lati delliscrizione e rappresentati episodi relativi
allimpero di Marco Aurelio (con le teste dellimperatore
rilavorate nel Settecento): nella facciata meridione, presentazione
di un capo barbaro allimperatore, prigionieri condotti davanti
allimperatore, discorso dellimperatore ai soldati, sacrificio
nellaccampamento; nella facciata settentrionale, arrivo a Roma
dellimperatore, partenza da Roma dellimperatore, distribuzione
di denaro al popolo, resa di un capo barbaro.78

STACCIOLI, Guida, p.361.


Cfr. MELUCCO VACCARO A., Larco di Adriano ed il riuso di Costantino ( = MELUCCO VACCARO, Larco di
Costantino), in CONFORTO, Adriano e Costantino, p. 49.
77
STACCIOLI, Guida, pp. 361-362.
78
STACCIOLI, Guida, p. 362.
75
76

28

3. Ideologia e visione religiosa nelle forme scultoree di et


costantiniana.
3.1. La dimensione divina della dignit imperiale in epoca
tetrarchica.
Alla fine del III secolo d.C., la tetrarchia rese la
divinizzazione dellimperatore un dato acquisito e pienamente
integrato nel contesto religioso-ideologico alla base dello stato
romano.
Gli imperatori sono quindi divinit librate sopra limpero che
governano. La vostra anima immortale pi grande di ogni potere, di ogni
fortuna, certo anche dellimpero ipso est maior imperio. Il loro potere
assoluto , il loro diritto a dar forma al mondo, a sciogliere e legare lumanit,
illimitato. Non dipendendo dal senato e dallesercito, Jovius Diocletianus pu
creare lui stesso gli imperatori, cio designare i suoi colleghi al trono e i suoi
successori, i quali creati da lui sono anchessi dei. Gli imperatori, come
detto in uniscrizione, sono nati da Dio ed essi medesimi creatori di dei. In
realt Giove stesso, il summus pater di tutti gli imperatori, che presente
allinvestitura e adotta come figlio il nuovo Augusto o il nuovo Cesare. I titoli
di Jovius e Herculius attribuiti ai Cesari del 293 e del 305 il giorno della loro
designazione sancivano la scelta: era stato Giove stesso a scegliere.
Lo stato tetrarchico posava cos, saldamente e immutabilmente,
sullordine eterno del mondo. Nellopera di ordinamento e governo dello
stato, nelle riforme finanziarie, nelle misure per la stabilit economica e
sociale, nella guerra e nella pace, nella politica culturale e religiosa,
dovunque, lentit Giove impero di Diocleziano era presente come ordine
voluto dagli dei. In quanto Jovii e Herculei gli imperatori appartenevano a un
mondo superiore o ils ont trouv une sorte dharmonie prtablie quaucun
deux ne pouvait contester ou changer (W. Seston). La grande regolarit e
legalit di questo mondo pi alto ed eterno, attraverso lopera riformatrice di
Diocleziano si calava ora nella nostra realt temporale, e la confusa
moltitudine delle ostinate e indisciplinate forme naturale veniva inquadrata e
disposta secondo le linee rigorose di un ordine e una simmetria
trascendenti.79

LORANGE H.P., Limpero romano dal III al VI secolo. Forme artistiche e vita civile ( = LORANGE, Limpero
romano), Milano 1988, p. 93.

79

29

Come evidenziato nelle note di LOrange sopra riportate,


limperatore tetrarca, nella sua figura divina, era reale perno di
ogni agire dello stato e ne riassumeva lidea stessa.
La dimensione divina dellautorit imperiale condizionava
le espressioni pi tipiche della tradizione romana, come rilevato
da S. Mac Cormack a proposito del gi citato tema della
consecratio:
La vita ufficiale e pubblica di un imperatore romano era delimitata da
due avvenimenti salienti: lascesa il dies natalis del suo potere e la
consecratio. Limportanza attribuita ora alluno ora allaltro avvenimento e il
modo in cui veniva mantenuto lequilibrio tra di essi, portavano a una
continua ridefinizione del rapporto tra limperatore e il divino, precisando
cos la natura della sua divinit. Al momento dellascesa, limperatore poteva
essere presentato come il prescelto dagli di, come qualcuno che gi godesse
di uno speciale rapporto col divino, oppure venire scelto dagli uomini grazie
alla sua virtus. Queste due caratteristiche potevano essere collegate ed
entrare in relazione tra di loro: una non escludeva laltra. Se limperatore era
scelto dagli dei, le sue azioni sarebbero state guidate dallinstinctu divinitatis
e il modo di governare avrebbe svelato come e perch fosse stato prescelto.
Laltro modo in cui lo status particolare dellimperatore poteva essere
affermato si presentava al momento della morte: con la sua consecratio
costituiva un momento a s, in quanto poteva essere preceduta durante il
regno da un graduale assorbimento nella condizione divina e questo fatto
trovava la sua espressione soprattutto nella ritrattistica. Nel I e II secolo. Il
modello di vita imperiale imponeva che limperatore fosse scelto dal popolo e,
in un qualche misura, dagli dei (i due fatti potevano coincidere quando
limperatore fosse stato adottato dal suo predecessore o se ne fosse stato il
figlio), che governasse e che, da morto, venisse ricompensato per le sue
fatiche con la consecratio. Questo modello cambi durante il III e
soprattutto il IV secolo: gli imperatori, che gi erano i prescelti dagli di,
non avevano alcun bisogno della consecratio e dellapprovazione umana che
questa comportava perch, gi dal momento dellascesa, la loro condizione
diventava, in maniera sempre pi crescente, sovraumana.
Tale cambiamento si fece pi evidente durante la tetrarchia. La
tetrarchia presentava un insieme di circostanze talmente nuove che aiutarono
a trasformare lidea della consecratio in qualcosa di diverso. Diocleziano,
come Aureliano, affermava di governare grazie alla pi alta autorit di cui un
sovrano potesse godere, lessere stato scelto da Dio. Il fatto che fosse
possibile o meno stabilire una relazione tra Diocleziano e i suoi predecessori
non aveva alcuna rilevanza e la consecratio, durante la prima tetrarchia, non
costitu un fattore decisivo per determinare una successione legittima. ()
Lorigine del diritto a governare a governare di Diocleziano rendeva
superflua qualsiasi rivendicazione che si potesse esprimere attraverso la
consecratio di un predecessore, poich nulla poteva essere aggiunto alla sua
condizione grazie allintervento o allapprovazione degli uomini.
Limperatore era gi conspicuus et praesens Iuppiter, o imperator
Hercules. Questa rivendicazione, fatta al momento dellascesa, travolse tutte
le precauzioni adottate in precedenza per limitare lapprossimarsi
dellimperatore al divino finch fosse in vita e larco di Galerio mostrava
Diocleziano e Massimiano collocati, da vivi, su di un trono al si sopra della
terra e del cielo, in una posizione simile a quella riservata agli dei.80

80

MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, pp. 157-159.

30

3.2. I riferimenti ideologici e religiosi di Costantino.


Poich oggetto di questo studio specificamente larco
dedicato a Costantino, pare ora utile fornire qualche precisazione
su come questo imperatore intese porsi nel contesto ideologico
della tetrarchia nel momento, davvero cruciale per la storia
romana, in cui entr vittorioso nellUrbe.
In effetti, quando oltrepass le mura aureliane, Costantino
era pienamente erede della concezione tetrarchica anche se,
rispetto ad essa, aveva assunto una posizione originale,
recuperando riferimenti alla dimensione solare della divinit
imperiale derivante in buona parte dalla supremazia imposta ai
culti solari dagli imperatori del III secolo d. C.
Se dunque per i tetrarchi i riferimenti specifici erano quelli
a Giove e ad Ercole, Costantino si pose piuttosto in relazione con
manifestazione di culti solari tipici del paganesimo.
A questo proposito, di nuovo Sabine Mac Cormack alla
quale ci riferiremo spesso nel corso di questo studio cos si
esprime:
Dalla met del III secolo, il Sole veniva rappresentato non solo come
compagno e protettore dellimperatore ma anche come il suo prototipo divino
per ci che riguardava il potere e, in particolare, lavvento imperiale.
Nellarte e nei panegirici di questo periodo era la vicinanza tra Costantino e
il Sole, una vicinanza che rasentava la somiglianza fisica al dio, ad essere
accentuata. () Cos il panegirista del 310 descrive una visione che
Costantino aveva avuto di Apollo, al cui identit, a quel tempo, si era fusa con
quella del Sole:
Io credo, Costantino che tu abbia visto il tuo Apollo accompagnato
dalla Vittoria che offriva a te corone dalloro, ognuna delle quali
accompagnata dalla profezia di 30 anni [di regno]. Perch questa la durata
della vita umana che rappresenta la tua parte ben oltre la longevit di
Nestore. Ma perch dico Io credo? Tu lhai visto e hai riconosciuto te
stesso nellaspetto di colui al quale, secondo i canti divini dei profeti,
appartengono tutti i regni del mondo. Questo, penso, adesso sul punto di
finire perch tu, o nostro imperatore, sei, come lui, giovane e felice,
bellissimo e dispensatore di prosperit.
Sullarco di Costantino, limmagine di Sole che sorge dalloceano,
anche se non strettamente collegata a quella dellimperatore rappresentata
sul medaglione di Ticino, comunque associata al rilievo che rappresenta
lentrata trionfale di Costantino a Roma nel 312 e che raffigura la
processione imperiale tra la porta Flaminia e larco ad elefante di
Domiziano. Non c nessuno a porgere il benvenuto. A indicare il tema
troviamo la Vittoria Alata, che vola ad di sopra della carrozza imperiale ma,
a differenza dei trionfatori, Costantino si trova seduto nella carrozza invece
che in piedi sul carro trionfale.81

3.3. Le forme delle sculture di et costantiniana presenti


nellarco quali espressioni dellideologia dello stato romano
ai tempi di Costantino.
Sulla scorta delle affermazioni di Sabine Mac Cormack,
arriviamo a considerare larco costantiniano e le sculture in esso
81

MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, pp. 47-49.

31

presenti. Le astratte e stilizzate forme dei rilievi dellarco


eseguiti nel IV secolo, gi nel Rinascimento hanno attirato
attenzione e rimproveri per la loro diversit rispetto alle sculture
pi antiche; esse, tuttavia, sono da considerarsi funzionali a
trasmettere specifici contenuti ideologico religiosi.
Questi contenuti, come si vedr, sono espressi nel modo pi
coerente proprio da figure astratte e geometricamente
schematizzate, nonch dalla organizzazione ben definita e rigida
delle immagini intorno a quella centrale dellimperatore quale
appare nellarco.
Sui rapporti che si possono stabilire tra lidea dello stato
romano che si afferm tra III e IV secolo, e le forme scolpite,
comunque possibile citare ancora H.P. LOrange, riportando le
osservazioni rivolte proprio alle caratteristiche formali dei fregi
eseguiti nel IV secolo nellarco costantiniano:
Ma, tal quale appare nella contemporanea riorganizzazione dello stato
e della vita civile, il nuovo ordine che si instaura nellarte non , come
accadeva nella tradizione classica, un ordine organico fondato su autonome
figure legate in raggruppamenti spontanei, ma un ordine meccanico che
imposto agli oggetti dallalto e ne regola i rapporti reciproci: un ordine che si
fonda su una regolarit superiore a quella della natura. Se osserviamo i due
notissimi rilievi sulla fronte dellArco di Costantino (312-315): lOratio, cio
il discorso di Costantino ai Rostri del foro romano e la Liberalitas, cio
Costantino che elargisce danaro ai cittadini di Roma, vediamo il nuovo
ordine meccanico gi pienamente in atto: le figure singole non sono riunite in
gruppi naturali, ma disposte in serie come elementi uniformi uno accanto
allaltro; queste file, come larchitettura che le inquadra, non sono
autonome: ogni elemento strettamente subordinato e collocato
simmetricamente rispetto alla figura dominante dellimperatore posto al
centro del rilievo. La forzata regolarit che lallineamento e la simmetria
impongono accentuata dal fatto che gli assi dellintera composizione
seguono le orizzontali e le verticali delle cornici, per cui le linee principali
delle figure e delle architetture o coincidono o corrono parallele ad esse. Si
osservi, ad esempio, la linea immediatamente sopra la testa delle figure e
quella immediatamente sotto i loro piedi. Poich la figura singola perde la
propria integrit organica ben proporzionata per irrigidirsi seguendo le
verticali della cornice, la tradizionale curva della figura in riposo scompare e
con essa lespressione schiettamente classica di una dinamica ma equilibrata
naturalezza.82

Ed ancora:
Per vie assolutamente diverse da quelle dellarte tradizionale, dove le
figure si muovevano pi liberamente nello spazio, ora possibile orientare
tutti gli elementi verso limperatore sito al centro, affinch sia avvertita
lirresistibile carica magnetica che da lui emana e il superiore ordine cui egli
appartiene. il divino impero che viene rappresentato in questa
sovrannaturale, immobile, e quindi immutabile, costellazione di figure e
architetture. Le figure nelle simmetriche sequenze sono spesso viste di profilo
e in genere guardano verso linterno, cio verso limperatore che sta al
centro. Questi daltro canto rappresentato frontalmente, rivolto allesterno
e viene a interrompere la continuit narrativa. Analogamente, nella vita,
limperatore dio collocato al di sopra dei mortali, e il cerimoniale
imperiale lo isola in unimmagine divina innalzata sopra il mondo dei viventi.
82

LORANGE, Limpero romano, p. 144.

32

Lessenza profonda del dominus si esprime in questa disposizione: il suo


ruolo centrale nello stato, la dipendenza e subordinazione di tutti i cittadini a
lui, la sua natura sovrumana. Ecco creato un modulo compositivo che
esplicita la Maiestas Domini e sar di importanza fondamentale per larte
ufficiale della tarda antichit e del medioevo.83

4. Quale trionfo.
Giunti a questo punto, occorre ritornare alle osservazioni
iniziali sul simbolismo degli archi di trionfo. Lo facciamo per
precisare che il motivo della porta del cielo, richiamato dalla
tipologia dellarco trionfale, solo in termini parziali si poteva
ritenere adatto ad esprimere la dimensione gi di per s divina
della maest imperiale nel tardo antico.
Infatti, citando la Mac Cormack:
Ai tetrarchi non era necessario essere accolti tra le stelle, come invece
ci suggeriscono le prime emissioni di monete imperiali a proposito degli
imperatori consacrati, poich il loro status era gi stabilito al momento
dellascesa al trono.84

In altri termini, al di l dello specifico tema della


consecratio citato dalla Mac Cormack e considerando bens le
specifiche funzioni simboliche degli archi trionfali, occorre
rilevare come limperatore del dominato non necessitasse di
oltrepassare alcuna porta simbolica per accedere alla condizione
di divinit e di futura immortalit, in quanto queste
caratteristiche erano gi proprie del suo status.85
Ecco quindi che, da questo punto di vista, la situazione
cambia, tant che nelle rappresentazioni presenti sullarco di
Costantino, piuttosto che il motivo del trionfo, venne espresso
quello delladventus.
4.1. Ladventus e la sua importanza nel periodo del dominato.
4.1.1. Nozioni generali sulladventus.
Ladventus era unantica cerimonia che celebrava larrivo
imperiale in una citt:
Di tutte le cerimonie che coinvolgevano limperatore, quella
delladventus pare la pi banale: a causa delle rudimentali vie di
comunicazione nellimpero romano, dei frequenti spostamenti e quindi delle
frequenti visite imperiali, ladventus potrebbe sembrare un fatto cos
ovviamente necessario da non richiedere ampi commenti. Una visita
imperiale era preceduta da un periodo di frenetica attivit organizzativa:
doveva essere un evento solenne, a cui era poco raccomandabile non
partecipare e poteva trasformarsi, per i pi accorti, in una occasione di
profitto. () Anche i risultati erano altrettanto prevedibili. Nel migliore dei
LORANGE, Limpero romano, p. 180.
MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, pp. 157-158: Gli imperatori che gi erano prescelti dagli dei, non avevano
alcun bisogno della consecratio e dellapprovazione umana che questa comportava perch, gi dal momento
dellascesa, la loro condizione diventava, in maniera sempre crescente, sovraumana.
85
MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, p. 185.
83
84

33

casi un breve periodo di governo diretto, e per questo fermo, avrebbe


illuminato, come un raggio di sole, la comunit. Quando sua divinit,
Massimino Daia, port la sua luce a Stratonicea, il brigantaggio nelle
montagne della Caria ebbe un attimo di pausa; per le citt di frontiera,
larrivo dellimperatore significava un felice periodo di sicurezza.86

Quindi, come gi anticipato, sotto la tetrarchia ladventus


acquist ulteriori significati in relazione allormai definita
dimensione divina dellimperatore:
Sotto i tetrarchi, la cerimonia veniva quindi giustificata in modo da
enfatizzarne un aspetto in particolare, larrivo del deus praesens,
limperatore, capace di aiutare e proteggere i suoi sudditi in quanto presente
e immediatamente disponibile.87

Ne conseguiva che il giungere del dominus divinizzato era


paragonabile ad una vera epifania di luce cui certamente non era
estranea la succitata dimensione solare richiamata dagli
imperatori della fine del III secolo. Riporta il panegirista del 310:
Ti sei degnato di illuminare quella citt [di Autun] che solo per il fatto
di attenderti visse nella prosperit. () O dei immortali, quale giorno rifulse
su di noi, quando tu varcasti le porte di tale citt, primo segno della nostra
salvezza, e le porte, protese allinterno e affiancate da torri gemelle parevano
accoglierti in una sorta di abbraccio.88

Dal punto di vista simbolico, ladventus fin dunque per


rappresentare una sorta di discesa della luce divina del deus
praesens sulla citt ove la sua sacra immagine si affacciava;
mentre nella cerimonia del triumphus vero e proprio limperator
si innalzava a raggiungere divinit degli dei del cielo.

doveroso poi indicare che (al di l dei mutamenti


ideologici avvenuti o meglio definiti durante la tetrarchia)
almeno sino ai tempi di Diocleziano la tradizionale cerimonia
MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, p. 46: Come diceva Atanasio: Quando un grande re ha visitato una
qualche grande citt, e preso dimora in una delle sue case, tale citt viene grandemente onorata e pi nessun nemico o
bandito osa muovere contro di essa, anzi viene trattata con riguardo perch il re ha dimorato in una delle sue case:
cos deve essere anche con il Re di ogni cosa.
87
MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, p. 32.
88
MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, p. 37.
86

34

trionfale fu comunque rispettata nei suoi contenuti religiosi


fondamentali, i quali richiedevano lascesa dellimperatore al
tempio dedicato a Giove sul Campidoglio ove, per rendere grazie
al dio, si deponeva una corona nel suo grembo.89

4.1.2. Ladventus sullarco di Costantino.


Per le ragioni sopra citate, nellarco di Costantino sul lato
corto verso il Palatino, sotto il tondo con il tramonto della Luna,
si trova la rappresentazione della profectio (partenza) da Milano
e sul lato opposto, sotto limmagine del Sole che sorge,
raffigurato, appunto, ladventus di Costantino a Roma. Su questo
tema vale la pena di citare ancora S. Mac Cormack:
Sullarco di Costantino, limmagine di Sole che sorge dalloceano ()
comunque associata al rilievo che rappresenta lentrata trionfale di
Costantino a Roma nel 312 e che raffigura la processione imperiale tra la
Porta Flaminia e larco ad elefante di Domiziano. Non c nessuno a porgere
il benvenuto. A indicarne il tema troviamo la Vittoria Alata, che vola al di
sopra della carrozza imperiale ma, a differenza dei trionfatori, Costantino si
trova seduto nella carrozza invece che in piedi sul carro trionfale.90

I rilievi che raffigurano ladventus e al profectio sono posti


sullarco in
modo da segnare lalternanza dei motivi
rappresentati sulle due facciate. Sul lato opposto alla citt
troviamo un paio di rilievi che rappresentano scene di guerra:
lassedio di Verona e la battaglia del Ponte Milvio. I due pannelli
che descrivono le virt militari dellimperatore sono
controbilanciati sulla parte dellarco volta verso la citt da
pannelli che ne illustrano le virt civili di comandante. Le aquile
di legionari, secondo lespressione di Claudiano, hanno ceduto il
posto ai littori. Sempre su questo lato dellarco troviamo
unimmagine dellimperatore, in piedi sui rostra, in una scena di
adlocutio e in unaltra che lo mostra sul trono mentre distribuisce
doni munifici.
Questi due rilievi, che rivestono unimportanza
marcatamente civile e urbana, descrivono il secondo stadio
delladventus, quello dellincontro diretto tra governante e
sudditi, uno degli elementi normalmente descritti nei panegirici.
Larco mostra quindi la cerimonia delladventus nei suoi due
aspetti, gli stessi del periodo della tetrarchia. Linterpretazione
della cerimonia era comunque cambiata: il linguaggio dellarco
ancora pagano ma esprime anche il fatto che Costantino si era
completamente allontanato dalle immagini religiose usate
durante la tetrarchia.

FRASCHETTI A., La conversione da Roma pagana a Roma cristiana ( = FRASCHETTI, La conversione), Bari
1999, p. 245.
90
MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, p. 48.
89

35

4.2. Ubique victor.


Come gi accennato, caratteristica dei tradizionali archi
trionfali era quella di riportare in immagini, oltre che in
iscrizioni, le imprese per cui al trionfatore era concesso di
superare simbolicamente la porta celeste e, grazie appunto alle
sue gesta memorabili, accedere allimmortalit.
Questi concetti ribadiamo non si adattavano pienamente
alla figura del deus praesens, ovvero allimperatore divinizzato
del tardo impero: non si poteva pensare che il suo accesso al
cielo fosse concesso per specifiche imprese, per quanto gloriose,
poich era la stessa origine celeste della carica imperiale ad
implicare lidea dellimperator ubique victor, ovvero ovunque (e
sempre) vincitore.
Quindi, poich il toto orbe victor91 nelle sue vittorie non
trovava che semplice conferma al proprio status divino,
occorreva che la loro rappresentazione fosse inserita in un
contesto che chiarisse la dimensione assoluta e non contingente
delle imprese da lui compiute.
Come si detto, ci era ottenuto mediante forme stilizzate
ed astratte, e attraverso lorganizzazione delle immagini
indicata da H.P. LOrange.92 Naturalmente questi concetti, cos
come erano espressi implicitamente nei modi coi quali erano
raffigurate le immagini, tanto pi lo erano, diciamo
esplicitamente nei contenuti espressi dalliconografia delle
scene.
Per cui, se sulla facciata meridionale dellarco si trovano
scene riguardanti le battaglie sostenute da Costantino e sul lato
opposto troviamo le sue opere pacifiche,93 tali scene sono
scandite da altre rappresentazioni di evidente contenuto
cosmologico finalizzate ad inserire le gesta del deus praesens

MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, pp. 247 sgg.


Per individuare i riferimenti filosofico-estetici di questo genere di immagini cfr. GRABAR A., Le origini dellestetica
medievale, Milano 2001.
93
CALCANI G., La serie dei tondi da Adriano a Costantino ( = CALCANI, La serie dei tondi), in CONFORTO,
Adriano e Costantino, pp. 98-99.
91
92

36

nella prospettiva adeguata alla carica da lui ricoperta: la


prospettiva, appunto, dellassolutezza e dellatemporalit.
A contribuire a questo genere di iconografia sono,
naturalmente, i gi citati tondi del Sole e della Luna, le
personificazioni delle stagioni, nonch le divinit fluviali.
Secondo Giuliana Calcani, infatti, la celebrazione del vincitore
presente nellarco offriva loccasione per divulgare un
messaggio di pi ampio significato: lidea dellequilibrio
perpetuo garantito dal nuovo signore dellimpero.94
Continua la Calcani, a questo proposito:
Nel discorso in onore di Costantino, pronunciato da Eusebio alla
presenza di Costantino, si parla delleternit indivisibile e priva di forma che
Dio ha diviso in segmenti, rendendola armonica nella lineare partizione in
mesi e date, stagioni, anni e reciproci intervalli di notti e giorni . Ed ci che
troviamo riflesso nella decorazione dellarco, dove sono rappresentati il
giorno e la notte (personificazione di Sole e Luna), i mesi (tondi adrianei con
scene di sacrifici e cacce), le stagioni (genietti)95 e, quindi, lanno.
Questa espressione divina dellordinamento universale viene formulata
attraverso lapparato decorativo dellarco che fa emergere lazione del
sovrano, il quale diventa limmagine stessa dellordine sociale, in
contrapposizione ai nemici dellimpero che rappresentano il caos.96

In definitiva, il regno di Costantino, seguendo liconografia


presente sul suo arco, rappresenterebbe un momento di equilibrio
e felicit cosmica, ove la dimensione temporale rappresentata
dalle figure riguardanti lo scorrere dei giorni e delle stagioni,
mentre quella spaziale dai quattro fiumi.
5. Le parti reimpiegate.
5.1. I tondi di et adrianea.
Sono comunque i tondi di epoca adrianea i quali secondo
recenti indagini dovrebbero appartenere alla fase dellarco
precedente le trasformazioni dei tempi di Costantino 97 ad
esprimere nel modo pi evidente la dimensione cosmica in cui si
intende inserire lintero programma di immagini.
Naturalmente non ci si diffonder qui sulle analisi dei
singoli tondi; baster ricordare secondo quanto indicato da
Giuliana Calcani come la tematica in essi raffigurata, quella
della caccia, fosse tradizionalmente connessa allesaltazione
delle qualit dellimperator, mentre i ricorrenti sacrifici alle
divinit ne sottolineavano la pietas. Nel IV secolo questi temi
CALCANI, La serie dei tondi, p. 100.
CALCANI, La serie dei tondi, p. 93: Le personificazioni delle stagioni, presenti nei punti di imposta del fornice
centrale, sono un altro elemento di allusione allo scorrere ciclico del tempo, e vanno interpretate in diretta connessione
con i tondi adrianei, visto che sono allineate sullo stesso piano di questi ultimi grazie allappoggio su un rialzo
roccioso: lEstate segue i tondi con la Partenza e con il Sacrificio a Silvano; lAutunno precede la Caccia allorso e il
Sacrifico a Diana; lInverno posto dopo la Caccia al cinghiale e il Sacrificio ad Apollo; la Primavera anticipa il tondo
con il leone e quello con il Sacrificio a Ercole.
96
CALCANI, La serie dei tondi, p. 100.
97
MELUCCO VACCARO, Larco di Adriano, pp. 28-57.
94
95

37

furono integrati, aggiungendo o modificando le sculture, in


modo da evidenziare relazioni con i riferimenti religiosi ed
ideologici della tetrarchica (es.: linserimento delle lastre di
porfido, ovvero il colore collegato alla maest imperiale; il leone
morente come riferimento alle fatiche di Ercole, ecc).98
Il tutto, come si pi volte sottolineato, organizzato in
modo da offrire riferimenti simbolici che permettessero di
rendere chiaro come le gesta imperiali si ponessero al di l delle
dimensioni spazio temporali.99

CALCANI, La serie dei tondi, pp. 92 sgg.


Per chiarezza occorre specificare che lorganizzazione ciclica dei tondi adrianei, con la quale si intende richiamare
lintero svolgersi del tempo e quindi la dimensione dellassolutezza, era presente ed evidente gi nelle immagini ai
tempi di Adriano; questo aspetto da intendersi come particolarmente collegato al tema del sacrificio agli dei
rappresentato nelle sculture.

98
99

38

5.2. I rilievi riguardanti le imprese di Marco Aurelio.


A proposito dei rilievi riguardanti le gesta di Marco
Aurelio, baster indicare come essi provengano con ogni
probabilit da un altro arco di trionfo, appunto dedicato a questo
imperatore. I fregi risalgono al tempo di Commodo e
rappresentano principalmente lattivit bellica del princeps;
tuttavia le scene ambientate a Roma e, soprattutto, le
raffigurazioni dellarrivo e dalla partenza imperiale, permettono
anche in questo caso una lettura ciclica. nostra opinione che
nel IV secolo questi fregi furono posti in relazione con la statua
equestre dellimperatore Costantino, che campeggiava
immediatamente
sopra,
nellattico
dellarco,
nonch,
evidentemente, con il tema delladventus e della profectio;
indichiamo comunque come in uno dei pannelli aureliani appaia
uniconografia tipicamente trionfale.

5.3. I rilievi traianei.


Quanto ai rilievi riguardanti le imprese di Traiano, sembra
importante segnalare come essi, per il tema trattato, provengano
da monumenti celebrativi100 dellimperatore.
Si tratta di riferimenti ad imprese belliche la cui
collocazione, per ci che attiene le raffigurazioni ai lati del
fornice centrale dellarco di Costantino, si spiega facilmente in
relazione alle iscrizioni soprastanti che celebrano limperatore
come liberatore e restitutore della tranquillit.
Le statue di prigionieri barbari ed i due pannelli ai lati corti
dellattico sono naturalmente da intendere nel contesto delle
rappresentazioni di carattere militare che coprono i lati dellarco
a quellaltezza.

100

In verit, a Roma sono stati identificati almeno due archi trionfali dedicati a Traiano: uno di essi, eretto certamente
dal successore Adriano, si trova citato nei cataloghi della I Regione, mentre un altro raffigurato in immagini monetali.
MELUCCO VACCARO, Larco di Adriano, p. 49.

39

6. Le ragioni del reimpiego nel contesto del simbolismo della


cerimonia trionfale.
Giunti a questo punto e prima di proseguire, pare opportuno
elencare schematicamente quanto esposto sinora:
- Si indicato come la presenza di archi di trionfo sia connessa al
simbolismo della vita successiva alla morte tipica del mondo
pagano. Si citata anche la prossimit di questo tema con il
concetto di consecratio.
- Si sono messe in relazione le forme peculiari delle sculture pi
tarde presenti nellarco di Costantino con le modifiche subite
dallidea di consecratio in et tetrarchica e costantiniana.
- Si poi indicato come il significato dei tradizionali archi
trionfali romani, in et tetrarchica, si sia modificato adeguandosi
ad esprimere i contenuti di una cerimonia, per altro altrettanto
tradizionale, che era quella delladventus.

40

- Si inoltre indicato in quali modi e con quale genere di


iconografia lo status di deus praesens dellimperatore divinizzato
sia stato espresso nelle sculture presenti nellarco di Costantino.
Di seguito, ci si occuper delle ragioni per cui si decise di
impiegare nellarco di Costantino elementi gi utilizzati in
precedenti monumenti; prima per sono necessarie alcune
considerazioni sul sito dellarco.
6.1. Il sito dellarco di Costantino e la mancata ascesa
dellimperatore al tempio di Giove Capitolino.
Si gi detto che il monumento nasce dal reimpiego di un
arco precedente, verosimilmente dedicato ad Adriano e sorto al
posto di una struttura ancora precedente, risalente a Domiziano.
In questa prospettiva, parrebbe abbastanza logico porre in
relazione le rappresentazioni di caccia presenti nellarco con il
vicino Anfiteatro Flavio; inoltre la prossimit del Colosso la
gigantesca statua del dio Sole deve aver contribuito101 alla
scelta del sito quale luogo pi adatto per erigere e quindi
ristrutturare il fornice celebrativo.102
Federico Zeri, tra laltro, indicava nella dislocazione del
monumento di epoca costantiniana possibili riferimenti a
tematiche cristiane.103
Larco di Costantino sorge comunque a cavallo dellantico
percorso dei trionfi imperiali104 (lungo il quale situata la gran

101

Ricordiamo come la religiosit dellimperatore Costantino, prima della sua adesione al cristianesimo, fosse rivolta a
culti solari assai diffusi in ambito militare. MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, pp. 47-49.
102
MELUCCO VACCARO, Larco di Adriano, pp. 49-50.
103
ZERI F., Orto aperto, Milano 1990, p. 22: Eppure, un connotato cristiano implicito, io credo, nellubicazione
dellarco stesso, che situato quasi a mezza via tra due altri Archi che commemoravano la disfatta dei Giudei, quello
di Tito, tuttora esistente (e con la rappresentazione delle spoglie, tra cui il candelabro a sette bracci), e un altro a tre
fornici, situato nella curva del Circo Massimo. Oggi distrutto, ma sappiamo che era dedicato alla presa di
Gerusalemme, come ci attesta liscrizione, copiata nellVIII secolo da un anonimo pellegrino: essa diceva che Tito
gentem Iudeorum domuit et urbem Hierusolymam delevit. alquanto mai singolare che lArco celebrante la
vittoria di Costantino (dalla quale risultarono prima la tolleranza del Cristianesimo poi la sua ascesa a unica religione
dellimpero) si trovasse tra le due testimonianze, a Roma, della tragedia dei seguaci dellAntico Testamento.
104
Abbiamo gi pi volte notato come sia proprio la collocazione prestigiosa a cavallo della via Trionfale a determinare
la successione degli archi realizzati in questo punto; ed ancora la stessa motivazione a causare il reimpiego da parte di
Costantino. Il carattere stesso dellintervento, che si pone come magistrale esempio nella prassi gi consolidata del
riuso, pu forse giustificare il silenzio su questo arco delle fonti contemporanee, che ricordano come arcus (divi)
Constantini solo il quadrifronte del Foro Boario. SALERNO C.S., Il calco del tondo con la caccia al leone, in
CONFORTO, Adriano e Costantino, p. 124: Un ulteriore tracciato esegetico riguarda il significato degli spogli nel
contesto del riutilizzo di Costantino, che segnala laltra dimensione della continuit e delluso dellimmagine,
attraverso una diretta riappropriazione fisica. In tal senso i cospicui inserti traianei e aureliani dellarco sono molto
espliciti rispetto agli intenti del programma iconografico tardoantico. I due imperatori, peraltro insieme ad Adriano,
hanno un ruolo privilegiato nella configurazione del messaggio. Alcuni paralleli tra larco e alcuni edifici di
Costantinopoli, in particolare il Milion, ne suggeriscono la valenza. Questo tetrapilo, che replica anche il Miliarium
Aureum di Roma, era ricchissimo di sculture e di ornati (tra i quali si suppone che gli spogli fossero gran parte) e tra
questi Traiano e Adriano a cavallo, posti immediatamente dietro le statue di Costantino ed Elena. La presenza degli
stessi imperatori chiaramente evidenziata nella scena delladlocutio del fregio celebrativo dellarco, che riproduce il
fondale del Foro Romano presso i Rostri, dove sono riconoscibili le statue sedute di Marco Aurelio e di Adriano.

41

parte degli archi celebrativi)105 e allimbocco della cosiddetta via


sacra, ma non, come altri archi, sul percorso della via stessa.
La via sacra rappresentava il tratto finale dellitinerario
trionfale tradizionalmente percorso per raggiungere il tempio di
Giove Capitolino e, soprattutto, il luogo sul quale si affacciavano
i templi pi rappresentativi ed importanti della romanit: ed essi
rimandavano, con la loro semplice presenza, ai valori religiosi ed
ideologici fondamentali dello stato romano. La conformazione
stessa della via sacra portava inoltre in s lidea, simbolicamente
rilevante, dellascesa.
Che questi riferimenti religiosi ed ideologici fossero di
matrice pagana ovvio; tralasciando in questa sede questioni
complesse quali la cerimonia trionfale(?) seguita da Costantino
allentrata in Roma, ci si limiter ad accogliere le tesi di Augusto
Fraschetti secondo cui limperatore, in nome del cristianesimo da
lui gi abbracciato, si rifiut di compiere lascesa al Campidoglio
e di omaggiare la divinit pagana.106
Questo rifiuto analizzato da Fraschetti in buona parte de
La conversione da Roma pagana a Roma cristiana 107 fu un
evento sconvolgente dal punto di vista cerimoniale: la cerimonia
trionfale perse da questo momento gli originari significati
religiosi e per gli ingressi nellUrbe degli imperatori cristiani
successivi a Costantino non si potr parlare di trionfo vero e
proprio, bens di una cerimonia di adventus re- indirizzata in
termini cristiani.108

MELUCCO VACCARO, Larco di Adriano, p. 53: Questa dislocazione [riferendosi agli archi presenti sulla via
Trionfale, N.d.A.] per un verso ancora la traccia della formazione, ben prima dellingresso presso il Circo Flaminio,
dei cortei trionfali, e la possibile individuazione del Trigarium come punto di raccolta: ma anche il segno della
trasformazione in et tarda di questi spazi in luoghi destinati ai giochi e funzionalmente equivalenti al circo, di cui
noto il valore sostitutivo delle liturgie pagane, cadute in disuso con la cristianizzazione dellimpero. Tale erano
diventati, gi dopo i ludi saeculares, appunto il Trigario e il Tarento, ubicati tra il ponte di Agrippa e quello di
Nerone.
106
Sulla questione del trionfo di Costantino e della possibile ascesa al colle capitolino ci si limiter qui a basarsi sulle
affermazioni, estremamente dettagliate e convincenti, presenti in FRASCHETTI, La conversione.
107
FRASCHETTI, La conversione, pp. 5-63; 243-269.
108
MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, pp. 25 sgg.
105

42

6.2. Le ragioni simboliche del riuso.


Allinizio di questo articolo abbiamo indicato il valore
simbolico degli archi di trionfo; nel paragrafo precedente
abbiamo sottolineato che questi monumenti erano realizzati
lungo il percorso trionfale e, letteralmente, ne facevano parte:109
ne consegue che gli archi proponevano manifestamente,
evidenziandoli, i contenuti ideologici e religiosi dellascesa del
trionfatore al colle Capitolino.
Dal punto di vista simbolico, per il protagonista della
cerimonia trionfale attraversare i fornici eretti in onore dei
predecessori significava letteralmente ricalcarne i passi, ovvero
varcare soglie gi attraversate da imperatori precedenti,
riproponendone anzi superandone le imprese gloriose proprio
sugli archi istoriate.110
Tutto ci non poteva pi essere espresso compiutamente
nellarco di Costantino. Le ragioni sono gi state in parte
evidenziate:
- la concezione dellarco come soglia da varcare non si
adattava pi allimmagine ormai dichiaratamente divina
dellimperatore;
- Costantino non aveva seguito il tragitto sacro sino al colle
Capitolino, uscendo cos dal solco della tradizione religiosa
pagana.
Al senato, committente dellarco e dedito alla
conservazione scrupolosa della tradizione, non rimaneva che
dimostrare con immagini e simboli che il dominus, in quanto
deus praesens, riassumeva in s le imprese gloriose dei
predecessori e poteva anzi riproporne in termini assoluti ed
universali le virt.
Si spiega allora laffollarsi sul fornice costantiniano di tante
immagini degli imperatori Traiano, Adriano e Marco Aurelio, la
cui dedizione allo stato poteva essere considerata assolutamente
esemplare sia in tempo di pace che di guerra.
Il fatto poi che i rilevi riusati provenissero da monumenti
assai noti e legati alla tradizione trionfale condensava, per cos
dire, nellarco di Costantino lintera cerimonia del trionfo.
Dal punto di vista religioso, particolarmente rilevante la
presenza, nei tondi adrianei, di scene di sacrificio a diverse
divinit: essa indica che, al momento dellerezione dellarco
(315), il Senato romano riteneva la posizione di Costantino
ancora recuperabile al solco dellantica tradizione.111
Non abbiamo purtroppo potuto consultare VERSNEL H.S., Triumphus: an inquiry into the origin, development and
meaning of the Roman triumph, Leiden 1970.
110
In particolare su come le antiche tradizioni continuarono a condizionare anche la cerimonia delladventus cfr.
FRASCHETTI, La conversione, pp. 47 sgg.
111
Interessante quanto in proposito riporta FRASCHETTI, La conversione, pp. 76 sgg., ove si sostiene che la rottura
reale con la tradizione sia stata avvertita presso i Romani nel corso della celebrazione del ventennale del regno
109

43

Ma c dellaltro.

6.3. I busti degli imperatori nellarco di Costantino ed i


quadrifornici romani di et costantiniana.
Tra le espressioni pi interessanti della mutata concezione
della cerimonia trionfale, si possono citare i busti di imperatori,
ormai tanto consunti da essere quasi indistinguibili, che si
affacciano dai fornici laterali dellarco di Costantino.
Si trattava certo di antichi imperatori i cui trionfi avevano
ricalcato il percorso simbolico e religioso della tradizionale
processione diretta al colle Capitolino; tuttavia, in epoca
costantiniana la loro presenza intendeva verosimilmente che
limperatore divinizzato, lungi dal dover oltrepassare soglie gi
aperte, raccoglieva nella propria autorit e persona la grandezza
e le imprese memorabili dei propri predecessori; il valore e la
gloria dellimperatore venivano cos proiettatati in una
dimensione di assolutezza ed ubiquit.

costantiniano avvenuta nellUrbe: Al contrario, quegli stessi tentativi, volti a conciliare la lex sanctissima dei cristiani
con feste tradizionalmente e per eccellenza pagane come gli anniversari imperiali appunto in quanto tentativi di una
vita cerimoniale diversa, futuro modello per gli imperatori cristiani del IV e V secolo - , dovettero apparire allora ai
pagani di Roma, alla sua plebs e al suo senato, dopo ladventus del 312 e i decennali del 315, come il segno tangibile
di un mutamento e di una frattura che si erano ormai inevitabilmente consumati.

44

In conclusione, va osservato che la forma stessa dellarco


costantiniano non riesce ancora a rendere completamente
lideologia dellautocrate divinizzato propria del dominato.112
invece unaltra forma architettonica ben conosciuta nel
mondo romano, quella del quadifornice o tetrapilo (ossia arco a
quattro aperture) ad identificare pienamente il concetto
dellimperatore toto orbe victor: i quattro fornici indicano
lestendersi del suo potere assoluto nelle quattro direzioni dello
spazio. La concezione del trionfatore chiamato ad ascendere al
Campidoglio per innalzarsi verso la divinit si era infatti
mutata nella espressione statica del dominus che manifestava
lespandersi del proprio potere sullintero cosmo.113
Gli archi di epoca costantiniana di Giano e di
Malborghetto (di cui rimangono solo resti) mostrano con
chiarezza il compiersi di questo processo ideologico.

112

La forma tradizionale dellarco trionfale non deve ritenersi superata in assoluto: anche un arco non
necessariamente quadrifronte poteva ancora esprimere adeguatamente il senso simbolico di un passaggio, al pari della
cerimonia delladventus o altro.
113
Cfr. MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, nellampia prima parte dedicata alladventus.

45

ORIENTAMENTI BIBLIOGRAFICI
INERENTI COSTANTINO IL GRANDE
di Ivan Pucci

Il presente contributo intende offrire un repertorio


bibliografico ragionato e commentato su Costantino il Grande e
su diverse questioni relative alla sua epoca: con la
consapevolezza di non poter essere esaustivo, ma con lauspicio
di fornire un primo orientamento a chi voglia approfondire un
tema particolare legato a questo fondamentale personaggio della
storia umana.
Poich chi si accosta alla figura storica di Costantino deve
scegliere tra fonti estremamente contrastanti (esemplificando con
i nomi pi noti, tra il cristiano Eusebio di Cesarea e il pagano
Zosimo) sembra opportuno introdurre una breve rassegna delle
maggiori fonti primarie.
Le fonti.
Le fonti a nostra disposizione sul regno di Costantino sono
ricche e complesse: ma la Storia Ecclesiastica e la Vita di
Costantino di Eusebio di Cesarea costituiscono nel bene e nel
male la nostra principale fonte contemporanea.
La Storia Ecclesiastica, in dieci libri, fu probabilmente
iniziata prima dellultima persecuzione contro i cristiani (303) e
conclusa, dopo molti rimaneggiamenti, tra la disfatta di Licinio
(324) e la convocazione del concilio di Nicea (325). Ne esistono
diverse varianti in cui le posizioni di Licinio e Costantino
appaiono ridefinite: del primo viene ridotta limparzialit (o, a
seconda dei casi, il favore) verso il cristianesimo, del secondo
viene sottolineato il ruolo di campione della nuova fede.
Per il carattere estremamente tendenzioso, per le non poche
esagerazioni e distorsioni, molti hanno ritenuto che la Vita di
Costantino fosse stata composta tra la met e la fine del IV
secolo da uno o pi autori. Tuttavia, diversi elementi ne hanno
mostrato la piena compatibilit con lo stile di Eusebio, che la
scrisse tra il 325 e il 337. Piuttosto che di una biografia, si tratta
di un panegirico scritto per dimostrare che Costantino fu in ogni
suo atto il modello di imperatore cristiano, in cui lunico impero
terreno e lunico Dio cristiano avevano trovato la propria
inevitabile unit: un impero, un imperatore, un Dio.
La faziosit di Eusebio si misura non solo nel racconto di
alcuni episodi - come la visione prima della battaglia del Ponte
Milvio114 o le simpatie cristiane di Costanzo Cloro o nelle
Eusebio racconta questo episodio solo nella Vita di Costantino (I, 28), mentre del tutto assente dalla narrazione
della battaglia fornita nella Storia Ecclesiastica (IX, 9).
114

46

omissioni di fatti non certo edificanti come la condanna a


morte nel 326 di Crispo, riportata invece nella Storia
Ecclesiastica ma in complesso nella descrizione di tutta
lazione politica di Costantino, dalla campagna contro Licinio
presentata come una guerra santa ante litteram al suo ingresso
durante i lavori del concilio di Nicea.
La presenza nel testo di lettere ed editti imperiali
presentati come trascrizioni di copie ufficiali, traduzioni di
originali latini o sintesi operate dall autore non di per s
garanzia di imparzialit, poich non possediamo una
documentazione parallela che ce ne consenta la verifica.
Per la figura di Eusebio e il suo rapporto con Costantino, si
vedano:
BARNES T.D., Constantine and Eusebius, Cambridge 1981.
GRANT R.M., Eusebius as Church Historian, Oxford 1980.
Sullattribuzione ad Eusebio della Vita di Costantino, ci
sono due posizioni critiche. La prima, che nega la paternit
eusebiana, fa capo a H. Grgoire e a W. Seston:
CATAUDELLA M., La persecuzione di Licinio e lautenticit
della Vita Constantini, in Atheneum 48 (1970), pp. 46 sgg. e
229 sgg.: ritiene falsa lattribuzione a Licinio delle leggi contro i
cristiani.
GRGOIRE H., Nouvelles recherches constantiniennes, in
Byzantion 13 (1938), pp. 561 sgg.: assegna la paternit della
Vita ad un falsificatore, probabilmente ad Euzoio vescovo di
Cesarea alla fine del IV secolo.
GRGOIRE H., Lauthenticit et lhistoricit de la Vita
Constantini attribue Eusbe de Csare, in Bulletin de
lAcadmie Belgique 39 (1953), pp. 462 sgg.
ORGELS P., A propos des erreurs historiques de la Vita
Constantini, in Mlanges Grgoire 4 (1953), pp. 575 sgg.
La seconda, prevalente, considera la Vita di Costantino autentica
in ogni sua parte:
ALAND K., Die religise Haltung Kaiser Konstantins, in
Studia Patristica 1 (1957), pp. 549 sgg.
HARNACK A., The Mission and Expansion of Christianity,
London (1904-1905), (ed. riv. 1908) in cui viene presa in
rassegna la documentazione contenuta nella Storia Ecclesiastica.
JONES A. H. M., Notes on the Genuineness of the Constantinian
Documents in Eusebius Life of Constantine, in Journal of
Ecclesiastical History 5 (1954), pp. 196 sgg.
MOREAU J, Zum Problem der Vita Constantini, in Historia 4
(1955), pp. 234 sgg.

47

PIGANIOL A., Sur quelques passages de la Vita Constantini, in


Mlanges Grgoire 2 (1950), pp. 513 sgg.
La Storia Ecclesiastica stata tradotta in italiano da F.
Maspero e M. Ceva per leditore Rusconi nel 1979; mentre
possibile leggere la Vita di Costantino in italiano nelledizione
curata da L. Tartaglia nel 1984 per i tipi della napoletana
DAuria.
Unaltra fonte letteraria piuttosto parziale il De mortibus
persecutorum (Sulle morti dei persecutori) di Lattanzio, scritto
fra lestate del 314 e il dicembre del 315. Suo chiaro intento
mostrare come Dio sia indiscutibilmente dalla parte dei cristiani,
pronto a punire atrocemente i nemici della vera fede (celeberrima
la particolareggiata descrizione della morte di Galerio). Lopera
va considerata alla luce dellesperienza personale di Lattanzio,
che molto dovette soffrire della persecuzione di Galerio. Un
importante studio su questo autore dato da SOBY
CHRISTENSEN A., Lactantius the Historian. An Analysis of the
De mortibus persecutorum, Copenhagen 1980. Esistono diverse
traduzioni italiane del De mortibus persecutorum.
Sempre di ambito cristiano la storia dello scisma donatista
scritta nel 365 da Ottato, vescovo di Milevis nellAfrica
settentrionale. Per i nostri fini, la parte pi importante di
questopera lAppendice che riporta diverse documenti
imperiali, tra cui le lettere inviate da Costantino nellarco di un
decennio per risolvere lo scisma. Esiste una traduzione italiana
dellopera a cura di L. Dattrino, edita da Citt Nuova nel 1988.
LOrigo Constantini imperatoris una breve biografia di
Costantino, composta attorno alla fine del IV secolo da un autore
pagano, noto come Anonimo Valesiano, a cui sono state aggiunti
inaspettatamente passi della storia cristiana di Orosio.
Non molto aggiunge lHistoria adversus Paganos
delliberico Orosio che copre il periodo dalla creazione
delluomo al saccheggio vandalo di Roma (417). La traduzione
in italiano, sotto gli auspici della Fondazione Lorenzo Valla,
stata curata da A. Bartalucci e G. Chiarini ed edita dalla
Mondadori nel 1976. Un buon approfondimento offerto da
FABBRINI F., Paolo Orosio. Uno storico, Roma 1980.
Non si possono poi dimenticare i Panegyrici Latini n. VI
(databile al 307), n. VII (del 310), n. VIII (del 312), n. IX (del
313) e n. X (del 321). Daltro canto, non possibile utilizzare
lHistoria Augusta, cio la raccolta di biografie degli imperatori,
perch la sua composizione da parte di diversi anonimi si
48

interrompe a Diocleziano. Invece, vera e propria iattura la


perdita dei primi tredici libri delle Res Gestae di Ammiano
Marcellino, che continuavano lopera di Tacito, dal 96 d.C., e
arrivavano fino al 353. La parte sopravvissuta consiste nei libri
XIV-XXXI, relativi al periodo 354-378, fino alla disfatta di
Adrianopoli. Pur dichiarandosi greco, Ammiano scrive la sua
opera in latino, fra il 363 e il 390: da quanto ci rimasto
intuiamo le sue idee conservatrici e pagane, tuttavia i suoi giudizi
non sono tendenziosi quanto quelli di Eusebio, tanto vero che
critic il provvedimento con cui limperatore Giuliano rimuoveva
i cristiani dallinsegnamento.
Ammiano non tenero con Costantino, cui rimprovera
lindirizzo accentratore e dirigista che impoveriva la funzione
socio-politica delle citt, causandone il declino; un giudizio del
resto condiviso anche da autori pagani quali Eunapio e Zosimo.
Per una valutazione dellopera storica di Ammiano Marcellino:
AUSTIN N.J.E., Ammianus on Warfare. An Investigation into
AmmianusMilitary Knowledge, Bruxelles 1975.
BLOCKEY R.C., Ammianus Marcellinus. A study of his
Historiography and Political Thought, in Coll. Latomus 141
(1975), pp. 104-122.
CAMERON A.D.E., The Roman Friends of Ammianus, in
Journal of Roman Studies 54 (1964), pp. 15 sgg.
CAMUS P.M., Ammien Marcellin, Paris 1967.
MATTHEWS J., The Roman Empire of Ammianus, London
1989.
RIKE R.L., Apex Omnium: Religion in the Res Gestae of
Ammianus Marcellinus, Berkeley-Los Angeles, 1987 [trad. it.
Apex Omnium: religione nelle Res Gestae di Ammiano
Marcellino, Torino 1993].
ROSEN K., Ammianus Marcellinus, Darmstadt 1982.
SABBAH G., La mthode dAmmien Marcellin, Paris 1978.
SEAGER R., Ammianus Marcellinus. Seven studies in his
Language and Thought, Columbia 1986.
SYME R., Ammianus and the Historia Augusta, Oxford 1968.
THOMPSON E.A., The Historical
Marcellinus, Cambridge 1947.

49

Work

of

Ammianus

La principale fonte letteraria pagana di lingua greca la


Storia Nuova di Zosimo, scritta alla fine del V o agli inizi del VI
secolo. Il racconto di Zosimo partiva dallimperatore Augusto e
si arrestava al 410, al saccheggio di Roma da parte dei Visigoti,
basandosi sulla storia perduta di Eunapio di Sardi e su quella di
Olimpiodoro di Tebe. Se per gli aspetti religiosi dellet di
Costantino dipendiamo maggiormente dagli scritti di Eusebio,
per quelli per cos dire mondani la Storia Nuova di Zosimo
senza dubbio essenziale, nonostante i molti pregiudizi,
naturalmente di segno opposto, nei confronti dellimperatore.
Zosimo d spazio perfino a ingenue forzature pur di
addebitare a Costantino tutte le sciagure che si abbatterono
sullimpero. Per comprendere la faziosit di Eusebio e di Zosimo
sufficiente leggere quanto scrivono sulla fondazione di
Costantinopoli: il vescovo di Cesarea sostiene che la nuova citt
era interamente cristiana e che al suo interno non cera alcuno
spazio per gli di pagani e il loro culto. Zosimo, dal canto suo,
critica limperatore accusandolo di aver costruito edifici poco
solidi e di aver dilapidato tutte le sostanze dellimpero; egli
inoltre smentisce Eusebio, riferendo che nella Nuova Roma
furono eretti due templi pagani, uno dedicato alla dea Rea ed un
altro alla Fortuna.
Sullesercito e sulla difesa dellimpero, Costantino fu
oggetto di infiammati rimproveri da parte degli autori pagani, in
particolar modo Zosimo (II, 34), che probabilmente mutuava
integralmente il biasimo espresso da Eunapio. Per i due storici
pagani, Diocleziano sarebbe il vero salvatore della patria, colui
che aveva rafforzato lintero sistema di limes, dirottando ingenti
risorse per il potenziamento dellesercito cos da respingere gli
attacchi dei barbari; Costantino, invece, a loro dire, avrebbe
deliberatamente concesso ai barbari una via daccesso allimpero
romano ormai priva di resistenza. Secondo Zosimo, Costantino
aveva allontanato le truppe dalle frontiere, trasferendole nelle
citt pi interne, dove i soldati si sarebbero rammolliti a contatto
con i teatri e con gli altri lussi cittadini, creando non pochi
problemi alla popolazione locale. facile gioco per Zosimo
lamentarsi della presenza dei soldati nelle citt dellimpero a
causa degli oneri che il loro sostentamento e mantenimento
comportava, oltre che per i problemi di ordine pubblico che i
singoli militari potevano causare.
Daltro canto, dalla documentazione epigrafica sappiamo
che gi sotto Diocleziano lesercito mobile si componeva di due
tipi di truppe: quelle stanziate ai confini (i limitanei) e le truppe
mobili (il comitatus) che si acquartieravano allinterno o nei
pressi delle citt. Sotto Costantino questa suddivisione funzionale
perdur, con la differenza che lesercito mobile crebbe fino a
rappresentare oltre la met degli effettivi delle forze armate
dellimpero. Del resto, spesso non possibile attribuire con
certezza determinate misure e riforme a Diocleziano oppure a
Costantino. Infatti, molte decisioni amministrative erano state gi
prese da Diocleziano: gli interventi di Costantino consistettero in
50

sviluppi o modifiche di quanto era stato avviato da Diocleziano


in una certa direzione. Costantino port a termine
quellevoluzione dellordinamento dello Stato che era gi stata
avviata nelle sue linee fondamentali da Diocleziano.
Per quanti volessero accostarsi direttamente al testo di
Zosimo si consiglia la traduzione curata nel 1977 da F. Conca per
la casa editrice Rusconi; un ottimo approfondimento critico
offerto da PASCHOUD F., Cinq tudes sur Zosime, Paris 1976.
La perdita delle opere di autori pagani contemporanei (o di
poco posteriori) al regno di Costantino una vera iattura: tra esse
possiamo ricordare lopera del pagano Prassagora (vissuto nel IV
secolo), di cui ci rimasto solo qualche frammento, e la storia di
Eunapio di Sardi (349 circa - 404), che riferiva degli avvenimenti
compresi tra il 270 e il 404. Il lavoro di Eunapio comunque
confluito nella Storia Nuova di Zosimo, mentre controversa la
questione se Ammiano Marcellino abbia usato Eunapio o se sia
accaduto il contrario. Si veda: BALDINI A., Ricerche sulla
storia di Eunapio di Sardi. Problemi di storiografia
tardopagana, Bologna 1994.
Unagevole panoramica delle fonti letterarie di questo
periodo fornita da UDALCOVA Z.V., Le monde vu par les
historiens byzantins du IVe au VIIe sicle, in Byzantinoslavica
33 (1972), pp. 193-213.
3. Per uno sguardo dinsieme.
Lo studio delle fonti imprescindibile nella ricerca storica,
ma non bisogna dimenticare di consultare anche opere dinsieme
in cui sia possibile fruire rapidamente delle conoscenze essenziali
e dei principali riferimenti bibliografici. Oltre ai pi conosciuti
testi e manuali sulla storia bizantina, come quelli scritti da
Ostrogorsky,115 Norwich,116 Gallina117 e Ronchey118 o curati da
Maier119 o da Ducellier,120 bisogna ricordare quelli (non ancora
disponibili in italiano) scritti da H.-W. Haussing121 e da A.
Christophilopoulou.122
Inoltre, per largomento in esame possono risultare utili le
opere dedicate alla storia romana e allet tardo antica. Tra esse
possibile citare:
ALFDY G., The Social History of Rome, London 1985 [trad. it.
Storia sociale dellantica Roma, Bologna 1987].
OSTROGORSKY G., Geschichte des Byzantinischen Staates, Mnchen 1963 [trad. it. Storia dellimpero bizantino,
Torino 1968].
116
NORWICH J.J., Bisanzio. Splendore e decadenza di un impero 330-1453, Milano 2000.
117
GALLINA M., Potere e societ a Bisanzio. Dalla fondazione di Costantinopoli al 1204, Torino 1995.
118
RONCHEY S., Lo Stato bizantino, Torino 2002.
119
MAIER F. G., Byzanz, Frankfurt am Main 1973 [trad. it. LImpero bizantino, Milano 1974].
120
DUCELLIER A. (a cura di), Byzance et le monde orthodoxe, Paris 1986 [trad. it. Bisanzio, Torino 1988].
121
HAUSSIG H. W., Byzantinische Geschichte, Krner, Stuttgart 1969.
122
CHRISTOPHILOPOULOU A., Byzantine History, I. (324-610), II. (610-867), Amsterdam 1986-1993.
115

51

BESNIER M., LEmpire Romain de lavnement des Svres au


Concile de Nice, Paris 1937.
CAMERON A., The Later Roman Empire, London 1993 [trad. it.
Il tardo impero romano, Bologna 1995].
CARY M., A History of Rome down to the Reign of Constantine,
London 1982.
CLEMENTE G., Guida alla storia romana, Milano 1977.
COLLINS R., Early Medieval Europe 300-1000, London 1991.
DEMANDT A., Der Sptantike, Mnich 1989.
GIARDINA A. (a cura di), Societ romana e impero tardoantico,
4 voll., Roma-Bari 1986.
JONES A.H.M., The Later Roman Empire, 284-602. A Social,
Economic and Administrative Survey, Oxford 1964 [trad. it. Il
tardo impero romano, Milano 1973-1982].
LEVI M. A., Limpero romano, Torino 1971.
MACMULLEN R., Roman Governments Response to Crisis,
AD 235-337, New Haven 1976.
MAZZARINO S., Limpero romano, 3 voll., Roma-Bari 1973
MILLAR F.G.B., The Emperor in the Roman World, London
1977.
IDEM., The Roman Empire and its Neighbours, London 1963
[trad. it. Limpero romano e i popoli limitrofi, Milano 1968].
PARKER H. M. O., Roman World from 138 to 337 A.D.,
Glasgow 1976.
PETIT P., Histoire gnerale de lempire romain, Paris 1974.
PIGANIOL A., Lempire chrtien (325-395), Paris 1947.
RMONDON R., La crise de lEmpire romain de Marc Aurle
Anastase, Paris 1964 [trad. it. La crisi dellimpero romano,
Milano 1975].
STEIN E., Histoire du Bas-Empire, 2 voll., Paris-BruxellesAmsterdam 1949-1959.
52

4. Costantino il Grande e la sua et.


Le fonti e gli scopi con cui sono state create hanno
inevitabilmente influenzato i giudizi degli storici moderni; nel
caso di Costantino il Grande i motivi di riflessione, di polemica o
di esaltazione si sono ulteriormente arricchiti e complicati grazie
alla prospettiva storica che il passare dei secoli ha consegnato a
noi posteri. Cos si va da posizioni sostanzialmente allineate al
pensiero di Zosimo e Ammiano, come quella di Edward Gibbon,
(ladesione di Costantino al cristianesimo favor il gi esistente
processo di declino con labbandono dei valori romani pi
antichi) allidea che Costantino fosse in realt un politico
purosangue spregiudicato persino nel campo religioso, come
voleva Jacob Burckhardt. Altri, poi, hanno posto laccento sugli
elementi di rottura della figura e della politica costantiniane. Ne
un esempio Santo Mazzarino che nel suo Limpero romano
scrisse: Costantino il pi violento rivoluzionario della storia
romana: egli ha avuto il coraggio di spezzare con i vecchi
schemi, e di accettare senza grandi compromessi il portato
dellenorme trasformazione che si era compiuta nellimpero. La
sua rivoluzione religiosa parallela alla sua rivoluzione
economico-sociale e alla trasformazione degli ordinamenti
militari. Naturalmente, contrapposta a questa opinione, c
quella di chi si sofferma sugli elementi di continuit, facendo di
Costantino un figlio del suo tempo (cfr. Peter Brown). In ogni
caso, la cristianizzazione e le profonde ripercussioni determinate
dalladesione di Costantino al cristianesimo sullimpero e sul
tessuto sociale costituiscono uno degli elementi che differenziano
la tarda antichit dallantichit propriamente detta.
Qui di seguito elenchiamo i maggiori contributi sulla figura
di Costantino, molti di essi sono vere e proprie monografie:
AIELLO
V.,
Costantino
il
Grande.
Dallantichit
allumanesimo, Atti del Convegno Internazionale, Macerata, 1820 dicembre 1990.
BAKER G.P., Constantine the Great and the Christian
Revolution, New Haven 2001.
BARNES T. D., The New Empire of Diocletian and Constantine,
Cambridge USA 1981.
IDEM, Constantine: History, Historiography, and Legend,
London 1998.
BRUUN P., Studies in Constantinian Chronology, New York
1961.
BOWDER D., The Age of Constantine and Julian, London 1978.

53

BURCKHARDT J., Die Zeit Constantins des Grossen, Bassel


1853 [trad. it. Let di Costantino, Firenze 1990].
CHASTAGNOL A., Lvolution politique, sociale et conomique
du mond romain de Diocltien Julien (284-363), Paris 1982.
DLGER F. J., Konstantin der Grosse und seine Zeit, Freiburg
1913.
DOERRIES H., Konstantin der Grosse, Stuttgart 1958.
FIRTH J. B., Constantine The Great, New York 1901, (2a ed.
1923).
GRANT M., Constantine The Great. The Man and His Times,
New York 1993.
HHN K., Konstantin der Grosse, Leipzig 1945.
HORST E., Costantino il Grande, Milano 1987.
KOUSOULAS D. G., The Life and Times of Constantine the
Great: The First Christian Emperor, Boston 1997.
MACMULLEN R., Constantine, London 1970.
MAZZARINO S., Antico, tardoantico ed era costantiniana, Bari
1974.
PIGANIOL A., Lempereur Constantin, Paris 1932.
VOEKL L., Der Kaiser Konstantin. Annalen einer Zeitenwende
306-337, Mnchen 1957.
VOGT J., Konstantin der Grosse und sein Jahrhundert, Mnchen
1949, (2a ed. 1960).
VON SIMON D., Konstantinisches Kaiserrecht, Frankfurt 1977.

5. Costantino, il Cristianesimo e la sua politica religiosa.


Con Costantino ha inizio de facto la cristianizzazione
dellimpero, completata de iure da Teodosio. Molti tuttavia, sulla
scorta dellaffascinante tesi di Jacob Burckhardt pocanzi citata,
hanno creduto Costantino un politico sostanzialmente alieno da
preoccupazioni morali e religiose, che aveva riconosciuto il
cristianesimo solo per freddo calcolo, nella convinzione che la
54

nuova fede potesse dare un utile fermento spirituale alla


riedificazione dellimpero.
Oggi questa tesi non pare pi sostenibile, poich molti
indizi riconoscerebbero infatti in Costantino una genuina
disposizione religiosa.
Ottimi testi di riferimento per approfondire la questione
sono:
ALFLDI A., The Conversion of Constantine and Pagan Rome,
Oxford 1948 [trad. it Costantino tra paganesimo e cristianesimo,
Roma-Bari 1976].
AMSTRONG A., The Way and the Ways: Religious Tolerance
and Intolerance in the Fourth Century, in Vigiliae Christianae
1984, pp. 1 sgg.
BAYNES N. H., Constantine the Great and the Christian
Church, Cambridge 1930, (2a ed. 1972).
BEATRICE P. F., Lintolleranza cristiana nei confronti dei
pagani: un problema storiografico, in Cristianesimo nella
storia 11 (1990), pp. 441-47.
BREZZI P., Dalle persecuzioni alla pace di Costantino, Roma
1960.
BRISSON J. P., Autonomisme et donatisme dans lAfrique
romaine de Septime Svre linvasion vandale, Paris 1958.
BROWN P., The World of Late Antiquity. From Marcus Aurelius
to Muhammad, London 1971 [trad. it. Il mondo tardo antico. Da
Marco Aurelio a Maometto, Torino 1974]: si legga in particolare
il secondo capitolo dedicato alla religione.
CALDERONE S., Costantino e il cattolicesimo, Firenze 1962.
CAMERON A., Christianity and the Rhetoric of Empire,
Berkeley-Los Angeles 1991.
CRACCO RUGGINI L., De morte persecutorum e polemica
antibarbarica nella storiografia pagana e cristiana, in Rivista
di storia e letteratura religiosa 4 (1968), pp. 433-47.
DE GIOVANNI. L., Costantino e il mondo pagano, Napoli 1982.
DODDS E. R., Pagans and Christians in an Age of Anxiety,
Cambridge 1965 [trad. it. Pagani e cristiani in unepoca
dangoscia. Aspetti dellesperienza religiosa da Marco Aurelio a
Costantino, Firenze 1976].
55

DORRIES H., Constantine and Religious Liberty, New Haven


1960.
DUCELLIER A., Lglise bizantine entre pouvoir et esprit (3131204), Paris 1990: sullevoluzione dei rapporti tra Chiesa e
potere politico. corredato da unampia antologia di fonti e
documenti tradotti.
FOX R. L, Pagans and Christians, London 1986 [trad. it. Pagani
e cristiani, Roma-Bari 1991]: i capitoli II e III sono
particolarmente interessanti perch ricostruiscono il passaggio
dal mondo religioso pagano a quello cristiano allinterno della
religiosit civica delle citt ellenistiche secondo una prospettiva
opposta a quella tradizionalmente seguita, di cui E. R. Dodds
uno dei maggiori esponenti.
GAUDEMET J., Lglise dans lempire romani IVe-Ve sicles,
Paris 1958.
GEEFCKEN J., Der Ausgang des Griechisch-Rmischen
Heidentums, Heidelberg 1920: sul clima intellettuale e religioso
dellet costantiniana.
GREENSLADE S. L., Church and State from Constantine to
Theodosius, London 1954.
HUSSEY J. M, The Orthodox Church in the Bizantine Empire,
Oxford 1986.
JONES A. H. M., Constantine and the Conversion of Europe,
London 1948.
MARKUS R., Christianity in the Roman World, London 1974.
IDEM, The End of Ancient Christianity, Cambridge 1991.
MaC MULLEN R., Christianizing the Roman Empire A.D. 100400, New Haven Connecticut 1984 [trad. it. La diffusione del
Cristianesimo nellImpero romano (100-400), Roma-Bari 1989]:
ha posizioni abbastanza scettiche.
IDEM, What difference did Christianity make?, in Historia 35
(1986), pp. 322-43.
MOMIGLIANO A. (a cura di), The Conflict between Paganism
and Christianity in the Fourth Century, Oxford 1963 [trad. it. Il
conflitto tra paganesimo e cristianesimo nel secolo IV, Torino
1968]: comprende otto saggi utili alla comprensione di come si
sia affermato il cristianesimo, nonostante lopposizione di una
ristretta ma agguerrita lite aristocratica.
56

NOCK A. D., Conversion, Oxford 1933 [trad. it. La conversione.


Societ e religione nel mondo antico, Roma-Bari 1974]: descrive
il diffondersi e la portata sociale dei nuovi culti nellimpero
romano.
PIGANIOL A., Lempire chrtien (325-395), Paris 1947.
SCHWARTZ E., Kaiser Konstantin und die Christliche Kirche,
Leipzig 1936.
SORDI M., Il Cristianesimo e Roma, Bologna 1965.
EADEM, I cristiani e limpero romano, Milano, 1990.
Se si intende studiare la politica religiosa costantiniana
attraverso le emissioni monetali di grande aiuto saranno
lintroduzione e i capitoli II e III del secondo volume di
MAURICE J., Numismatique constantinienne, Paris 1908.
6. In hoc signo vinces.
La battaglia del ponte Milvio del 28 ottobre 312 passata
alla storia come il momento della rivelazione del favore divino
nei confronti di Costantino. Il quale Costantino, secondo le fonti,
gi da qualche anno era convinto di essere sotto la tutela del Dio
cristiano:
CECCHELLI C., Il trionfo della croce, Roma 1954.
GALLETIER E., La mort de Maximien daprs le pangyrique
de 310 et la vision de Constantin au temple dApollon, in Revue
dtudes Anciennes 52 (1950), pp. 288 sgg.: convinto che la
prima visione del crisma da parte di Costantino sia avvenuta a
Grand.
HATT J. J., La vision de Constantin au sanctuaire de Grand et
lorigine celtique du labarum, in Latomus 9 (1950), pp. 427
sgg.
MOREAU J., Sur la vision de Constantin (312), in Revue
dtudes Anciennes 55 (1953), pp. 307 sgg.: il segno del crisma
riportato alla stella a sei braccia, emblema della divinit
suprema.
ORGELS P., La premire vision de Constantine (310) et le
temple dApollon Nmes, in Bull. Acad. Belg. 35 (1948), pp.
176 sgg.: collega la visione del Sol Invictus, identificato con
Apollo, alla costruzione del tempio di Nmes, in Francia.

57

RODGERS B. S., Constantines Pagan Vision, in Byzantion


50 (1980), pp. 259 sgg.: riflessione sulle suggestioni classiche e
pagane che dovettero impressionare Costantino.
SESTON W., La vision paenne de 310 et les origines du chrisme
constantinien, in Ann. Inst. Philol. Hist. Or. 4 (1936), pp. 373
sgg.: sostiene che sia soltanto un topos puramente letterario.
7. Le battaglie che condussero alla vittoria finale.
ALFLDI M.R. KIENAST D., Zu P. Bruuns Datierung der
Schlacht an der Milvischen Brcke, in Jahrb. Num. Geldgesch.
11 (1961), pp. 33-41: preferiscono la data tradizionale del 312
per la battaglia del Ponte Milvio.
BRUUN P., The Battle of the Milvian Bridge. The Date
Reconsidered, in Hermes 88 (1960), pp. 361 sgg.: riferisce la
battaglia del Ponte Milvio allanno 311.
IDEM, Portrait of a Cospirator. Constantines Break with the
Tetrarchy, in Arctos 10 (1976), pp. 5 sgg.: spiega lapporto dei
dati numismatici alla conoscenza della lotta condotta da
Costantino per conquistare il potere assoluto.
COSTA G., La battaglia di Costantino a Ponte Milvio, in
Bilychnis 2 (1913), pp. 197 sgg.
LEVI M.E., La campagna di Costantino nellItalia settentrionale
(a. 312), in Boll. St.-Bibl. Supalp. 36 (1934), pp. 1 sgg.: si
concentra sulla battaglia allo sbocco della valle di Susa, nei
pressi di Torino del 312.
8. Leditto di Milano.
Non ci stato tramandato il testo delleditto di Milano e per
questo motivo alcuni storici ritengono che esso non sia mai stato
emanato. Infatti, possediamo a riguardo solo due lettere
conservate da Lattanzio nel De mortibus persecutorum (XLVIII)
e da Eusebio nella Storia Ecclesiastica (X, 5): dirette una al
governatore della Bitinia, laltra a quello della Palestina, quasi
uguali fra loro.
ADRIANI M., La storicit delleditto di Milano, in Studi
Romani 2 (1954), pp. 18 sgg.: crede nellesistenza delleditto e
tenta addirittura una ricostruzione del testo.
ANASTOS M., The Edict of Milan (313). A Defence of Its
Traditional Autorship and Designation, in Revue des tudes
Byzantines 25 (1967), pp. 13 sgg.: disquisisce sulleditto del
313 e propende per la sua esistenza.
58

CHRISTENSEN T., The So-called Edict of Milan, in Classica et


Medievalia 35 (1984), pp. 129-75.
JOANNOU P. P., La lgislation impriale t la christianisation de
lempire romain (311-476), in Orientalia Christiana
Analecta 192 (1972), (rist. 1979).
LOMBARDI G., Leditto di Milano del 313 e la laicit dello
Stato, in Studia et Documenta Historiae et Juris 50 (1984), pp.
1-98.
PALANQUE J. R., propos du prtendu dit de Milan, in
Byzantion 10 (1953), pp. 607 sgg.

9. Costantino e la gerarchia ecclesiastica.


SESTON W., Constantine as a Bishop, in Journal of Roman
Studies 37 (1947), pp. 127 sgg.: si concentra sullespressione
vescovo di quanti sono fuori della chiesa con cui Costantino,
secondo Eusebio nella Vita di Costantino (VI, 24), avrebbe
designato se stesso, e la confronta con le diverse traduzioni date
del testo greco e ne conclude che essa non appartiene ad Eusebio
ed anzi sospetta dellautenticit della Vita.
BARNES T. D, Emperors and Bishops. A.D. 324-344. Some
Problems, in American Journal of Ancient History 3 (1978),
pp. 53 sgg.
DE DECKER D. DEPUIS-MASAY G., Lpiscopat de
lempereur Constantin, in Byzantion 50 (1980), pp. 118 sgg.
DE WRIES W., Orient et Occident. Les structures ecclsiales
vues dans lhistoire des sept premiers conciles cumniques,
Paris 1974.
DRAKE H. A., Constantine and the Bishops: The Politics of
Intolerance, New York 2002.
DUDLEY D., History of the First Council of Nice: A World's
Christian Convention A.D. 325 With a Life of Constantine, New
York 1992.
10. Costantinopoli, Nuova Roma.
Giudicare dello spirito col quale fu fondata Costantinopoli
significa prendere posizione sul complesso problema della
conversione di Costantino e sulle ragioni che lo spinsero a
spostare il baricentro dellimpero verso Oriente.
ALFLDI A., On the Fundation of Constantinople. A Few
Notes, in Journal of Roman Studies 37 (1947), pp. 10 sgg.
59

IDEM, The Conversion of Constantine and Pagan Rome, Oxford


1948 [trad. it. Costantino tra paganesimo e cristianesimo, RomaBari 1976]: Costantino non fu spinto a fondare Costantinopoli da
motivi strategici, ma ebbe il desiderio di fondare una capitale
cristiana.
BECATTI G. DEICHMANN F. W., voce Costantinopoli, in
Enciclopedia dellArte Antica II, Roma 1959, pp. 880-918.
BECK H.G., Grostadt-Probleme: Konstantinopel vom 4.-6. Jht.,
in IDEM (a cura di), Studien zur Frhgeschichte
Konstantinopels, Mnchen 1973.
IDEM, Constantinople: The Rise of a New Capital in East, in
WEITZMANN K. (a cura di), Age of Spirituality: A Symposium,
New York 1980, pp. 29-37.
CEAUSESCU P., Altera Roma. Histoire dune folie politique, in
Historia 25 (1976), pp. 79 sgg.: illustra i precedenti tentativi di
fondare una seconda Roma in Oriente, preferibilmente ad
Alessandria, dove trasferire la capitale dellimpero.
CRACCO RUGGINI L., Il paganesimo romano tra religione e
politica (384-394 d.C.): per una reinterpretazione del Carmen
contra paganos, in Memorie della Accademia Nazionale dei
Lincei. Classe di Scienze morali, storiche e filologiche, serie
VIII, 23 (1979): contributo chiarificatore sulle cerimonie di
fondazione della Nuova Roma.
DAGRON G., Naissance dune capitale. Constantinople et ses
institutions de 330 451, Paris 1974 [trad. it. Costantinopoli.
Nascita di una capitale (330-451), Torino 1991].
IDEM, Rome et lItalie vues de Byzance (IVe-VIIe sicles), in
Bisanzio, Roma e lItalia nellalto medioevo (3-9 aprile 1986,
CISAM, XXXIV Settimana), Spoleto 1988, pp. 43-64.
DCARREAUX J., Byzance ou lautre Rome, Paris 1982.
DLGER F. J., Rom in der Gedankenwelt der Byzantiner, in
IDEM, Byzanz und die Europische Staatenwelt, Ettal 1953, pp.
70-115.
EBERSOLT J. THIERS A., Les glises de Constantinople, 2
voll., Paris 1913.
HAMPL F., Die Grndung von Konstantinopel, in SdostForschungen 14 (1955), pp. 9 sgg.
60

HUTTON W. H., Constantinople : the story of the old capital of


the empire, London 1914.
KRAUTHEIMER R., Three Christian Capitals. Topography and
Politics, Berkeley - Los Angeles - London 1983 [trad. it. Tre
capitali cristiane. Topografia e politica, Torino 1987].
JANIN R., Constantinople byzantine, Paris 1950.
MANGO C., Le dveloppement urbain de Constantinople (IVeVIIe sicles), Paris 1984.
MENGOZZI B. (a cura di), Roma - Costantinopoli - Mosca. Da
Roma alla Terza Roma. Documenti e Studi, Napoli, 21-23 aprile
1983: si leggano in particolare i contributi di E. Follieri, J.
Irmscher, L. Cracco Ruggini, V. Monachino, D. Stiernon, M.
Mazza, G. Dagron e H. Ahrweiler.
SCHMIDT T. M., Konstantinopolis. Zum Stdtebaulichen
Programm des Zweiten Rom, in Wissensch. Zeitschrift Jena 30
(1981), pp. 431 sgg.
SCHULTZE V., Altchristliche Stdte und Landschaften, I,
Konstantinopel, Leipzig 1913.
VAN MILLINGEN A., Constantinople, London 1906.
IDEM., Byzantine Churches in Constantinople: their history and
architecture, London 1974.

11. Lideologia politica dellimpero cristiano.


Ladesione di Costantino alla fede cristiana determina un
mutamento nellideologia politica imperiale; un processo non
certo istantaneo, dato il carico e il prestigio della tradizione a
confronto della comunit cristiana, ancora numericamente poco
rilevante. Lo stesso Costantino mantenne un atteggiamento
vuoi per ragioni personali, vuoi per opportunismo politico
sincretistico. vero che Costantino amava presentarsi come
tredicesimo apostolo o come vescovo di coloro che sono al di
fuori della Chiesa, ma non possibile pensare che egli
scientemente ponesse le basi del legame indissolubile (per la
mentalit bizantina) di stato e Chiesa, secondo il paradigma del
cesaropapismo. Per approfondire questi aspetti e i successivi
sviluppi si consigliano:
AHRWEILER A., Lidologie politique de lEmpire byzantin,
Paris 1975.

61

BARKER E., From Alexander to Constantine, Oxford 1956: per


la storia delle idee politiche e sociali dallantichit fino
allavvento del cristianesimo.
IDEM, Limpero romano ed altri saggi, Bari 1959: illustra lidea
della sovranit da Augusto a Costantino.
DVORNIK F., Early Christian and Byzantine Political
Philosophy, in Dumbarton Oaks Studies 2 (1966), pp. 634-35.
FARINA R., Limpero e limperatore cristiano in Eusebio di
Cesarea. La prima teologia politica del cristianesimo, Zrich
1966.
HALSBERGHE G. H., The Cult of Sol Invictus, Leiden 1972.
HUNGER H. (a cura di), Das Byzantinische Herrscherbild,
Darmstadt 1975.
MaC CORMICK M., Eternal Victory. Triumphal Rulership in
Late Antiquity, Byzantium and Early Medieval West, Cambridge
1986 [trad. it. Vittoria eterna. Sovranit trionfale nella tarda
antichit a Bisanzio e nellOccidente altomedievale, Milano
1993].
PERTUSI A., Il pensiero politico bizantino, Bologna 1990.
RUNCIMAN S., The Byzantine Theocracy, Cambridge 1977
[trad. it. La teocrazia bizantina, Firenze 1988].
SANSTERRE J. M., Eusbe de Csare et la naissance de la
thorie csaropapiste, in Byzantion 42 (1972), pp. 131-95 e
532-93.
12. Lorganizzazione dello stato romano sotto Costantino.
ARNHEIM M. T. W., The Senatorial Aristocracy in the Later
Roman Empire, Oxford 1972.
BAYNES N.H., Three Notes on the Reforms of Diocletian and
Constantine, in Journal of Roman Studies 15 (1925), pp. 195
sgg .
CHASTAGNOL A., La prfecture urbaine Rome sous le BasEmpire, Paris 1960.
IDEM., Les fastes de la prfecture de Rome au le Bas-Empire,
Paris 1962.

62

IDEM, Remarques sur le snateurs orientaux au IVe sicle, in


Acta Ant. Hung. 24 (1976), pp. 341 sgg.
CORCORAN S., The Empire of the Tetrarchs: Imperial
Pronouncements & Government, A.D. 284-324, Oxford 1996.
DUPONT C., Constantin et les diocses, in Studi in memoria di
G. Donatuti, Milano 1973.
HEIL W., Der Konstantinische Patriziat, Basel 1966.
NOVAK D. M., Constantine and the Senate, in Anc. Soc. 10
(1979), pp. 271 sgg.: sulla modesta resistenza trovata da
Costantino in ambito senatorio.
PALANQUE J. R., Essai sur la prefecture du prtoire du BasEmpire, Paris 1933: fissa il passaggio della prefettura del pretorio
da presentale a regionale intorno al 325, con la creazione di
grandi prefetture, entit territoriali, giuridicamente ben definite,
poste sotto lautorit di un prefetto del pretorio rappresentante, in
tutta la sua interezza, del potere centrale.
IDEM, Les prfets du prtoire de Constantin, in Ann. Philol.
Hist. Or. 10 (1950), pp. 483 sgg.
IDEM, Les prfets du prtoire sous les fils de Constantin, in
Historia 4 (1955), p. 257 sgg.
SINNIGEN W. G., The Officium of the Urban Prefecture during
the Later Roman Empire, Accademia Americana, Roma 1957.
ZAKRZEWSKY C., Le consistoire imprial du Bas-Empire
romain, in Eos 31 (1928), pp. 405 sgg.

13. Lesercito e le riforme militari di Costantino.


MISCHER E., The Army Reforms of Diocletian and Constantine,
in Journal of Roman Studies 13 (1923), pp. 1 sgg.: a suo
avviso, Costantino avrebbe raddoppiato lorganico dellesercito
romano, portando le legioni da 34 a 68.
PARKER H. D. M., The Legions of Diocletian and Constantine,
in Journal of Roman Studies 23 (1933), pp. 175 sgg.
SESTON W., Du comitatus de Diocltien aux comitatenses
de Constantin, in Historia 4 (1955), pp. 248 sgg.: dimostra che
gi sotto Diocleziano esisteva una forza di riserva ed una di
campagna.

63

VAN BERCHEM D., Larme de Diocltien et la riforme


constantinienne, Paris 1952: nega lattribuzione a Diocleziano di
numerose riforme che invece i pi fanno risalire a lui,
attribuendole allet costantiniana: ad esempio, a Costantino
attribuita listituzione dei comitatenses.
14. Il tessuto sociale e il quadro economico sotto il regno di
Costantino.
AMARELLI F., Vetustas-Innovatio. Unantitesi apparente nella
legislazione di Costantino, Napoli 1978.
CHASTAGNOL A., propos de quinquennalia de Constantin,
in Revue Numismatique 22 (1980), pp. 106 sgg.: afferma che il
solido fu creato nella primavera del 310.
DUPONT C., La rglementation conomique dans les
constitutions de Constantin, Lilla 1963: sullaspetto economico
della legislazione di Costantino.
GANGHOFFER R., Lvolution des institutions municipales en
Occident et en Orient au Bas-Empire, Paris 1963: di notevole
interesse per comprendere lorganizzazione municipale delle citt
del basso impero.
GRUBBS J. E., Law and Family in Late Antiquity: The Emperor
Constantine's Marriage Legislation, Oxford 1995.
HENDY, Studies in the Byzantine Monetary Economy, c. 3001450, Cambridge 1985: poderosa e magistrale sintesi su tutti gli
aspetti della politica finanziaria ed economica dellimpero
bizantino.
LEMERLE P., The Agrarian History of Byzantium from the
Origins to the Twelfth Century. The Sources and the Problems,
Galway 1979.
MAZZARINO S., Aspetti sociali del quarto secolo, Roma 1951.
PALLASSE P., Orient et Occident. propos du colonat romain
au Bas-Empire, Lion 1950: sui rapporti giuridici in relazione al
possesso della terra.
PATLAGEAN E., Pauvret conomique et pauvret sociale
Byzance, 4e-7e sicle, Paris-La Haye 1977: si tratta di una storia
economica e sociale dellimpero vista attraverso la condizione
dei suoi ceti popolari in una prospettiva di antropologia storica.
PIGANIOL A., Le problme de lor au IVe sicle, in Annales
dHistoire sociale 7 (1945), pp. 47-53.
64

IDEM, La fiscalit du Bas-Empire,


Savants, Paris 1946, pp. 128-39.

in

Journal

des

IDEM, Lconomie dirige dans lEmpire romain au IVe sicle,


in Scientia 21 (1947).
PUGLISI A., Servi, coloni, veterani e la terra in alcuni testi di
Costantino, in Labeo 23 (1977), pp. 305 sgg.

65

I CIECHINI DI MONTECATINI
VAL DI CECINA123
di Antonio Palesati e Nicoletta Lepri

Montecatini un ameno borgo delle colline metallifere


toscane affacciato sulla val di Cecina, presso Volterra e in
provincia di Pisa, noto oggi per aver dato il nome e la prima
sede alla societ Montecatini, che organizz industrialmente la
trasformazione dei prodotti dellattivit mineraria della zona. Il
luogo era conosciuto infatti sin dallantichit, come attestano
frammenti lapidei di et augustea, specialmente per le sue
miniere di allume, argento e rame.
Nella parrocchiale del paese, due figure di serventi di circa
ottanta centimetri di altezza, di marmo bianco venato di
marrone, sono poste alla sommit di colonne, ai lati del
presbiterio (figg. 1-3).

figura 1

123

Il testo di questo articolo comprensivo delle notizie pubblicate da chi scrive in una delle schede critiche del volume
Montecatini Val di Cecina. Arte e Storia, Pomarance 2003, pp. 54-59. Le foto nn. 1-3 sono di Silvano Donati; la n. 4
del K.I.F.

66

Una scheda relativa a queste opere, emessa dalla


Soprintendenza nel 1914 e conservata in copia nellarchivio
parrocchiale, dice che tengono gli occhi atteggiati in modo da
sembrar chiusi per cecit, onde il volgo li suole chiamare i
ciechini.124 E li descrive come due angioli di grandezza oltre
la met del vero che sorreggono due vasi destinati ad uso di
candelabri:125 a prova del fatto che, quando la relazione fu
redatta, ciascuna scultura conservava le ali asportabili
agganciate alle due coppie di ganci di ferro ancora visibili,
fermati da malta in fessure longitudinali sulla schiena.
Allaltezza delle scapole sono visibili le due sezioni rettangolari
aperte nel corpo marmoreo per far posto ai tasselli; ma
impossibile stabilire se ci facesse parte di un primo
riadattamento o se invece si tratti di un ulteriore intervento, che
dovette riguardare la sostituzione di sagome di ali nel frattempo
deterioratesi.
Dovevano essere presenti anche aureole in metallo, o in
alabastro; o in legno, sul tipo di quella che oggi si vede
appoggiata al capo del reggicandelabro a destra. Le due statue,
secondo il testo novecentesco, sono lavori ispirati allo stile
proprio di maestri toscani del XV secolo, ma sono di fattura
alquanto rozza, il sentimento reso in modo insufficiente, tanto
da farcele considerare opera di qualche artista arretrato che
lavorava nella prima met del XVI secolo.

figura 2

In effetti, il pagamento per la consegna delle due statue


portacero appare, nei quaderni dellOpera di S. Biagio, ripartito
COSTAGLI G., La chiesa e il territorio di Montecatini Val di Cecina fino al secolo XVII (= COSTAGLI, La chiesa
e il territorio), relazione al convegno La chiesa di Montecatini val di Cecina fino al secolo XVII, Montecatini, 12
settembre 1999, p. 56. Per lo studio delliscrizione romana cfr. MUNZI M. TERRENATO N., La colonia di Volterra.
La prima attestazione epigrafica ed il quadro storico e archeologico, in Ostraka 1 (1994).
125
COSTAGLI, La chiesa e il territorio, p. 56.
124

67

in due rate, nel biennio 1577-78, per un importo complessivo di


125 lire.126 I documenti riferiscono il nome di un artefice,
Agostino di Giovanni Maghetti marmaio maestro di
sconosciuta rilevanza locale, in relazione al quale il prezzo
pagato appare ingente. A meno che, come pare pi probabile,
lartigiano non si fosse limitato ad adattare alla forma e alla
funzione di angeli portacero due opere preesistenti, tenendo
parzialmente conto anche del valore antiquario di esse.
Unanalisi del marmo e lidentificazione delle cave dorigine
potrebbero offrire notizie determinanti per la valutazione delle
sculture.
I modi tuttavia, seppur confusi dai rifacimenti e dagli
aggiustamenti, paiono riconducibili alla statuaria di et postaugustea, a cui rimandano in particolare le capigliature, la
composizione e lespressione del volto, con il collo largo, il
naso leggermente aquilino, il sottomento pieno e arrotondato; e
il sorriso incerto e ieratico, che suggerisce commistioni con le
modalit artistiche del Mediterraneo orientale, derivanti da
remote tradizioni mesopotamiche. Come le inserzioni di pasta
vitrea in certi antichi manufatti di metallo prezioso, collocate
allo scopo di catturare riflessi di luce che fingessero vivo
loggetto.

.
figura 3

Sulle piatte pupille sporgenti e apparentemente mal


terminate delle statue di Montecatini erano probabilmente posti,
in una ricerca di effetto estranea alla scultura di et
repubblicana, dischetti di vetro o di metallo, levigati a specchio
per riflettere la fiamma dellolio che doveva bruciare in bacili
sostenuti dai piedistalli esagonali, oggi tronche e poco
convincenti basi per i ceri tra le mani delle due figure di marmo.

126

La notizia fornita da FALORMI A, Montecatini Val di Cecina, cit., p. 37.

68

La tipizzazione dei profili molto richiama i tratti della testa


colossale di Costantino il grande conservata ai Musei Capitolini
romani, o quelli che del medesimo imperatore furono tramandati
nel conio del multiplo doro oggi custodito al Cabinet des
Medailles della Bibliothque Nationale de France, a Parigi (fig.
4).

figura 4

Sappiamo in realt che limmagine storica vi appariva


elaborata in ossequio a un tipo di massima dignit estetica
rispetto allo status imperiale, dove i caratteri personali (la
fronte dritta, il naso aquilino, il mento rotondo e leggermente
prominente, la bocca ben disegnata e lespressione calma)127
conoscono alternativamente ricostruzioni massicce e severe,
come accade nelle monete emesse per linaugurazione di
Costantinopoli, oppure un affinamento idealistico che risente di
processi di sintesi iconica avviati in tarda epoca repubblicana e
resi poi canonici dai ritratti di Augusto, proporzionati e sereni
secondo la descrizione datane da Svetonio. Lepidermide
levigata e le ciocche a fiammella della capigliatura sulla nuca
risalivano addirittura alla tradizione greca.128 Possiamo dunque
in sostanza considerare che i lineamenti di Costantino restituiti
dalla statuaria del suo tempo fossero nel loro insieme sintetizzati
prima dellesistenza di Costantino stesso.
Renato Barilli ha illustrato recentemente, in una serie di
lezioni tenute presso lateneo bolognese,129 i criteri culturali ed
estetici in base ai quali opere scultoree della romanit vennero
assunte in riadattamenti rinascimentali; al tempo in cui, fra
laltro, le tipologie del volto ideale sono rappresentate nel
ritratto di profilo altrettanto spesso che nella numismatica
antica, combinando efficacemente il massimo di astrazione

FACCENNA D., Enciclopedia dellarte antica, classica e orientale, 6 voll., Roma 1959, II, p. 874.
Cfr. FELLETTI MAJ B.M., Enciclopedia dellarte, cit., I, p. 918.
129
Cfr. BARILLI R., Percorso della scultura dallet tardo-romana al romanico e al gotico, Bologna 2003.
127
128

69

calligrafica con le esigenze dellimmediata riconoscibilit.130


Ma se i sandali alla romana come quelli indossati dai Ciechini
furono sovente un recupero iconografico del classicismo
quattro-cinquecentesco, la collana che cinge il collo delle statue,
con il singolare pendaglio a forma di punta di freccia, rimanda
invece indiscutibilmente a immagini di serventi e famigli
dellantichit. Citiamo a confronto gi le due statue di Persiani
di et augustea conservate al Museo Archeologico Nazionale di
Napoli, nel Gran Salone della Meridiana,131 provenienti dalla
Collezione Farnese a cui erano pervenuti da quella Del Bufalo.
Realizzate in marmo frigio pavonazzetto con inserzioni di
marmo nero nel volto e nelle mani, esse sono inginocchiate
come i personaggi scolpiti di Montecatini, ma, ispirate
alliconografia pi consueta di Atlante e di Attis, le sculture
napoletane, di somiglianza speculare, sorreggono con le spalle
dei contenitori a bocca quadrata.
Le due figure di Montecatini, pur molto simili, presentano
manifeste diversit di esecuzione. Quella a destra dellaltare
senza dubbio di fattura pi accurata: il panneggio ben rilevato,
facilmente leggibili i particolari decorativi, quali la fibbia e le
ripiegature del tessuto della veste sopra il gomito e sotto il
ginocchio poggiato al suolo. Quella di sinistra presenta al
confronto unesecuzione pi ripetitiva, meno ricercata, e una
minore rilevanza dei volumi. La tunichetta copre i fianchi senza
la leggera svasatura che rende pi aggraziato il profilo della
scultura gemella; i gomiti e le mani, specie quella poggiata sul
ginocchio, sono troppo deboli e femminei: concedono di
supporre che la statua si presentasse, allartefice incaricato
dallOpera, priva in tutto o in parte delle mani, rilavorate sul
corpo della base portacero esagonale e rafforzate pi tardi nella
loro posizione da un blocco di muratura. Nello stesso
personaggio, appare imperitamente ricostituito in malta anche il
piede rovesciato allindietro; con il medesimo materiale tutto il
corpo del ceriferario fissato alla base della scultura,
comprendente lincrespatura inferiore della veste.
Raschiature si notano nelle cintole. Il disegno inciso su
quella della figura a sinistra praticamente scomparso, mentre
nellaltra la decorazione sembra ridotta nel volume: come se si
fosse voluto offuscare le forme cesellate dal primo scultore sul
monile. Le zone dove pi pesantemente si intervenne,
asportando altro marmo, corrispondono per ai lati esterni degli
avambracci. Sulla manica delle vesti i due personaggi dovevano
recare elementi decorativi (forse placchette metalliche) o di
raccordo con parti non coerenti con la nuova destinazione duso
entro una chiesa cristiana. La zona integrata talmente netta da
far desumere che lartigiano cinquecentesco segasse tali
Cos Roberto Paolo Ciardi si esprime commentando le esemplificazioni grafiche comprese nel Dialogo sulla bellezza
delle donne del Firenzuola, del 1541. Cfr. CIARDI R.P. (a cura di), I vallombrosani... in Vallombrosa..., Ospedaletto,
Pacini, 1999, p. 30.
131
Nn. inv. 6115 e 6117.
130

70

particolari, tornando a formare grossolanamente la massa del


braccio. Le abrasioni di parte della capigliatura, allincrocio tra
la regione parietale e quella occipitale, dove una foratura
permettesse linserimento delle aureole mediante perni
metallico, dovettero esser parte dei lavori commissionati
dallOpera di S. Biagio. Impropriamente, nel 1914, il succitato
compilatore della Soprintendenza annotava ancora: hanno
lunghe ed ondeggianti capigliature.
Dei piccoli fermagli visibili su ogni avambraccio e nelle
tuniche inferiori, uno per gamba, quelli di marmo alabastrino
giallo potrebbero risalire ai primi anni dellOttocento. Questi
particolari sembrano infatti da porre in relazione (se non altro,
come espressione di un gusto) con i raggi di gialletto di Siena
richiesti nel 1803 a Volterra, dai due artigiani carraresi chiamati
dai conti Guidi a comporre laltare della Madonna di S.
Sebastiano riutilizzando i marmi gi in opra allaltare di S.
Sebastiano, per ottenere nuove incorniciature e decorazioni.132
Nella vicina cattedrale di Volterra sono presenti due angeli
atteri portacero, paragonabili anchessi se si vuole con
questa descrizione, riconosciuti da poco come manufatti
medievali e gotici, ma attribuiti in passato interamente alla
mano quattrocentesca di Mino da Fiesole, che si limit invece a
scolpirne le teste, integrando gli originali mutili od operando un
drastico restauro ricostitutivo su opere la cui testa doveva
comunque risultare danneggiata. difficile dire se alla fine del
Cinquecento si conservasse ancora memoria di tale operazione e
se gli esemplari volterrani servirono dunque da prototipo ideale
per i Ciechini in S. Biagio. Essi restano comunque fondamentali
per rammentare da quali sintesi iconografiche part la fortunata
rappresentazione rinascimentale, tutta toscana, degli angeli
reggicandelabro. Tradizione che ha inizio con figure estranee a
questuso ma debitrice ai modelli antichi: come il servente
inginocchiato scolpito nel 1260 da Nicola Pisano entro la scena
della Nativit, nel pulpito del Battistero di Pisa. Al 1305
risalgono due angeli ceriferari, in piedi al lato della Madonna
nella Vergine con il Bambino di Giovanni Pisano, nella Cappella
degli Scrovegni di Padova. Tali esempi del Medioevo e del
Rinascimento, fino a Luca Della Robbia e a Michelangelo,
ebbero un percorso parallelo a quello che vide le forme del
Moscforo greco (si veda lesemplare del 560 a.C. circa esposto
al Museo dellAcropoli di Atene) perpetuarsi, nel IV secolo, in
quelle del Buon Pastore cristiano del Laterano (Roma, Musei
Vaticani). E conobbero monumentali echi manieristi anche in
ambito veneto attraverso larte di Jacopo Sansovino e dei suoi
seguaci, tra cui il padovano Tiziano Aspetti, che a Padova, nella
basilica di S. Antonio, ha lasciato due suoi importanti angeli
ceriferarii bronzei.

132

COSTAGLI, La chiesa e il territorio, p. 13.

71

APPENDICE

IL PRIMO CONCILIO
DI NICEA
(MAGGIO-LUGLIO 325)133
Contro l'eresia di Ario: consustanzialit del Figlio con il Padre
(simbolo niceno).
Dal 19 giugno al 25 luglio (?) 325.
Papa Silvestro I (314-335).
Convocato dallimperatore Costantino.
Simbolo Niceno contro Ario: consustanzialit del Figlio col
Padre. 20 canoni.
1. Professione di fede dei 318 padri.
Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore di
tutte le cose visibili ed invisibili. Ed in un solo Signore, Ges
Cristo, figlio di Dio, generato, unigenito, dal Padre, cio dalla
sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio
vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre
[secondo i Greci: consustanziale], mediante il quale sono state
fatte tutte le cose, sia quelle che sono in cielo, che quelle che
sono sulla terra. Per noi uomini e per la nostra salvezza egli
discese dal cielo, si incarnato, si fatto uomo, ha sofferto e
risorse il terzo giorno, sal nei cieli, verr per giudicare i vivi e i
morti. Crediamo nello Spirito Santo.
Ma quelli che dicono: Vi fu un tempo in cui egli non
esisteva; e: prima che nascesse non era; e che non nacque da ci
che esisteva, o da unaltra ipostasi o sostanza che il Padre, o che
affermano che il Figlio di Dio possa cambiare o mutare, questi
la chiesa cattolica e apostolica li condanna.
2. Canoni.
I. Di quelli che si mutilano o permettono questo da parte di altri
su s stessi.
Se qualcuno, malato, ha subito dai medici unoperazione
chirurgica, o stato mutilato dai barbari, pu far parte ancora
del clero. Ma se qualcuno, pur essendo sano, si castrato da s,
costui, appartenendo al clero, sia sospeso, e in seguito nessuno
che si trovi in tali condizioni sia promosso allo stato
ecclesiastico. E evidente, che quello che stato detto riguarda
133

Un ringraziamento sentito a Dhuoda webmaster, che ci ha permesso di utilizzare le sue fonti. Per maggiori
informazioni www.concili.totustuus.it.

72

coloro che deliberatamente compiono una cosa simile e osano


mutilare se stessi ma se qualcuno, fosse stato castrato dai barbari
o dai propri padroni, ma fosse degno sotto ogni aspetto, i canoni
lo ammettono nel clero.
II. A coloro che dopo il battesimo sono subito ammessi nel
clero.
Poich molte cose per necessit, o sotto la pressione di
qualcuno, sono state fatte contro le disposizioni ecclesiastiche,
sicch degli uomini, venuti da poco alla fede dal paganesimo e
istruiti in breve tempo, sono stati subito ammessi al battesimo e
insieme sono stati promossi all'episcopato o al sacerdozio,
sembrato bene che in futuro non si verifichi nulla di simile:
necessario del tempo, infatti, a chi viene catechizzato, ed una
prova pi lunga dopo il battesimo. E chiara infatti, la parola
dell'apostolo: (il vescovo) non sia un neofita, perch non gli
accada di montare in superbia e di cadere nella stessa
condanna.134
Se poi col passar del tempo si venisse a scoprire qualche
colpa commessa da costui e fosse accusato da due o tre
testimoni, questi cesser di far parte del clero. Chi poi osasse
agire contro queste disposizioni e si ergesse contro questo
grande sinodo, costui metterebbe in pericolo la sua stessa dignit
sacerdotale.
III. Delle donne che vivono nascostamente con i chierici.
Questo grande sinodo proibisce assolutamente ai vescovi, ai
sacerdoti, ai diaconi e in genere a qualsiasi membro del clero di
tenere delle donne di nascosto, a meno che non tratti della
propria madre, di una sorella, di una zia, o di persone che siano
al di sopra di ogni sospetto.
IV. Da quanti debba essere consacrato un vescovo.
Si abbia la massima cura che un vescovo sia istituito da tutti
i vescovi della provincia. Ma se ci fosse difficile o per
sopravvenute difficolt, o per la distanza, almeno tre,
radunandosi nello stesso luogo, e non senza aver avuto prima
per iscritto il consenso degli assenti, celebrino la consacrazione.
La conferma di quanto stato compiuto riservata in ciascuna
provincia al vescovo metropolita.
V. Degli scomunicati: che non siano accolti da altri; e
dell'obbligo di tenere i sinodi due volte all'anno.
Quanto agli scomunicati, sia ecclesiastici che laici, la
sentenza dei vescovi di ciascuna provincia abbia forza di legge e
134

I Tm., 3, 6-7.

73

sia rispettata la norma secondo la quale chi stato cacciato da


alcuni non sia accolto da altri. E necessario tuttavia assicurarsi
che questi non siano stati allontanati dalla comunit solo per
grettezza d'animo o per rivalit del vescovo o per altro
sentimento di odio.
Perch poi questo punto abbia la dovuta considerazione,
sembrato bene che in ogni provincia, due volte all'anno si
tengano dei sinodi, affinch tutti i vescovi della stessa provincia
riuniti al medesimo scopo discutano questi problemi, e cos sia
chiaro a tutti i vescovi che quelli che hanno mancato in modo
evidente contro il proprio vescovo sono stati opportunamente
scomunicati, fino a che l'assemblea dei vescovi non ritenga di
mostrare verso costoro una pi umana comprensione. I sinodi
siano celebrati uno prima della Quaresima perch, superato ogni
dissenso, possa esser offerto a Dio un dono purissimo; l'altro in
autunno.
VI. Della precedenza di alcune sedi, dell'impossibilit di essere
ordinato vescovo senza il consenso del metropolita.
In Egitto, nella Libia e nella Pentapoli siano mantenute le
antiche consuetudini per cui il vescovo di Alessandria abbia
autorit su tutte queste province; anche al vescovo di Roma
infatti riconosciuta una simile autorit. Ugualmente ad
Antiochia e nelle altre province siano conservati alle chiese gli
antichi privilegi. Inoltre sia chiaro che, se qualcuno fatto
vescovo senza il consenso del metropolita, questo grande sinodo
stabilisce che costui non debba esser vescovo. Qualora poi due o
tre, per questioni loro personali, dissentano dal voto ben
meditato e conforme alle norme ecclesiastiche degli altri,
prevalga l'opinione della maggioranza.
VII. Del vescovo di Gerusalemme.
Poich invalsa la consuetudine e l'antica tradizione che il
vescovo di Gerusalemme riceva particolare onore, abbia quanto
questo onore comporta, salva sempre la dignit propria della
metropoli.
VIII. Dei cosiddetti ctari.
Quanto a quelli che si definiscono ctari, cio puri, qualora
si accostino alla Chiesa cattolica e apostolica, questo santo e
grande concilio stabilisce che, ricevuta l'imposizione delle mani,
rimangano senz'altro nel clero. E necessario per, prima di ogni
altra cosa, che essi dichiarino apertamente, per iscritto, di
accettare e seguire gli insegnamenti della Chiesa cattolica, che
cio essi comunicheranno con chi si sposato per la seconda
volta e con chi venuto meno durante la persecuzione, per i
quali sono stabiliti il tempo e le circostanze della penitenza, cos
da seguire in ogni cosa le decisioni della chiesa cattolica e
74

apostolica. Quando, sia nei villaggi che nelle citt, non si trovino
che ecclesiastici di questo gruppo essi rimangano nello stesso
stato. Se per qualcuno di essi si avvicina alla Chiesa cattolica
dove gi vi un vescovo o un presbitero, chiaro che il vescovo
della chiesa avr dignit di vescovo e colui che presso i ctari
chiamato vescovo, avr dignit di presbitero, a meno che piaccia
al vescovo che quegli possa dividere con lui la stessa dignit. Se
poi questa soluzione non fosse per lui soddisfacente, gli
procurer un posto o di corepiscopo o di presbitero, perch
appaia che egli fa parte veramente del clero e che non vi sono
due vescovi nella stessa citt.
IX. Di quelli che senza il debito esame sono Promossi al
sacerdozio.
Se alcuni sono stati promossi presbiteri senza il debito
esame, o, se esaminati, hanno confessato dei falli, ma, contro le
disposizioni dei canoni, hanno ricevuto l'imposizione delle mani,
la legge ecclesiastica non li riconosce; la Chiesa cattolica infatti
vuole uomini irreprensibili.
X. Di coloro che hanno rinnegato la propria fede durante la
persecuzione e poi sono stati ammessi fra il clero.
Se alcuni di quelli che hanno rinnegato la fede cristiana
sono stati eletti sacerdoti o per ignoranza o per simulazione di
quelli che li hanno scelti, questo non porta pregiudizio alla
disciplina ecclesiastica: una volta scoperti, infatti, costoro
saranno deposti.
XI. Di quelli che hanno rinnegato la propria fede e sono finiti
tra i laici.
Quanto a quelli che, senza necessit, senza confisca dei
beni, senza pericolo o qualche cosa di simile - ci che avvenne
sotto la tirannide di Licinio - hanno tradito la loro fede, questo
santo sinodo dispone che, per quanto essi siano indegni di
qualsiasi benevolenza, si usi tuttavia comprensione per essi.
Quelli dunque tra i fedeli che fanno davvero penitenza,
trascorrano tre anni tra gli audientes, sei anni tra i substrati,135 e
per due anni preghino col popolo salvo che all'offertorio.
XII. Di coloro che, dopo aver lasciato il mondo, vi sono poi
ritornati.
Quelli che chiamati dalla grazia, dopo un primo entusiasmo
hanno deposto il cingolo militare, ma poi sono tornati, come i

Audientes e substrati indicano gli appartenenti a due fasi dei catecumenato, che dovevano essere adempiute da chi,
convertito al cristianesimo, aspirava al battesimo.
135

75

cani, sui loro passi,136 al punto da versare denaro e da ricercare


con benefici la vita militare, facciano penitenza per dieci anni,
dopo aver passato tre anni fra gli audientes.137 Ma, per questi
penitenti, bisogner guardare la loro volont ed il modo di far
penitenza. Quelli, infatti, che col timore, con le lacrime, con la
pazienza, con le buone opere dimostrano con i fatti, e non
simulano la loro conversione, costoro, compiuto il tempo
prescritto da passare fra gli audientes,138 potranno essere
ammessi ragionevolmente a partecipare alle preghiere; dopo ci,
il vescovo potr prendere nei loro riguardi qualche decisione
anche pi mite. Ma quelli che si comportano con indifferenza, e
credono che per la loro espiazione sia sufficiente questa
penitenza, devono senz'altro scontare tutto il tempo stabilito.
XIII. Di quelli che in punto di morte chiedono la comunione.
Con quelli che sono in, fin di vita, si osservi ancora l'antica
norma per cui in caso di morte nessuno sia privato dell'ultimo,
indispensabile viatico. Se poi avvenisse che quegli che era stato
dichiarato disperato, ed era,stato ammesso alla comunione e
fatto partecipe dell'offerta, guarisca, sia ammesso tra coloro che
partecipano alla sola preghiera (fino a che sia trascorso il tempo
stabilito da questo grande concilio ecumenico). In genere, poi, il
vescovo, dopo inchiesta, ammetter chiunque si trovi in punto di
morte e chieda di partecipare all'eucarestia.
XIV. Dei catecumeni lapsi.
Questo santo e grande concilio stabilisce che i catecumeni
lapsi per tre anni siano ammessi solo tra gli audientes,139 e che
dopo questo tempo possano prender parte alla preghiera, con gli
altri catecumeni.
XV. Del clero che si sposta di citt in citt.
Per i molti tumulti ed agitazioni che avvengono, sembrato
bene che sia assolutamente stroncata la consuetudine, che in
qualche parte ha preso piede, contro le norme ecclesiastiche, in
modo che n vescovi n preti, n diaconi si trasferiscano da una
citt all'altra. Che se qualcuno, dopo questa disposizione del
santo e grande concilio, facesse qualche cosa di simile, e
seguisse l'antico costume, questo suo trasferimento sar
senz'altro considerato nullo, ed egli dovr ritornare alla chiesa
per cui fu eletto vescovo, o presbitero, o diacono

Cfr. Pr., 26, 11.


Cfr. n.135.
138
Ibidem.
139
Ibidem.
136
137

76

XVI. Di coloro che non dimorano nelle chiese nelle quali furono
eletti.
Quanti temerariamente, senza santo timore di Dio, n alcun
rispetto per i sacri canoni si allontanano dalla propria chiesa,
siano essi sacerdoti o diaconi, o in qualsiasi modo ecclesiastici,
non devono in nessun modo essere accolti in un'altra chiesa;
bisogna, invece, metterli nell'assoluta necessit di far ritorno alla
propria comunit, altrimenti siano esclusi dalla comunione. Che
se poi uno tentasse di usar violenza ad alcun dipendente da un
altro vescovo e di consacrarlo nella sua chiesa contro la volont
del vescovo, da cui si allontanato, tale ordinazione sia
considerata nulla.
XVII. Dei chierici che esercitano l'usura.
Poich molti che sono soggetti ad una regola religiosa,
trascinati da avarizia e da volgare desiderio di guadagno, e
dimenticata la divina Scrittura, che dice: Non ha dato il suo
denaro ad interesse,140 prestando, esigono un interesse, il santo e
grande sinodo ha creduto giusto che se qualcuno, dopo la
presente disposizione prender usura, o far questo mestiere
d'usuraio in qualsiasi altra maniera, o esiger una volta e mezza
tanto:, o si dar, in breve, a qualche altro guadagno scandaloso,
sar radiato dal clero e considerato estraneo alla regola.
XVIII. Che i diaconi non debbano dare l'eucarestia ai
presbiteri; e che non devono prender posto avanti a questi.
Questo grande e santo concilio venuto a conoscenza che in
alcuni luoghi e citt i diaconi danno la comunione ai presbiteri:
cosa che n i sacri canoni, n la consuetudine permettono: che,
cio, quelli che non hanno il potere di consacrare diano il corpo
di Cristo a coloro che possono offrirlo. Esso venuto a
conoscenza anche di questo: che alcuni diaconi ricevono
l'eucarestia perfino prima dei vescovi. Tutto ci sia tolto di
mezzo, e i diaconi rimangano nei propri limiti, considerando che
essi sono ministri dei vescovi ed inferiori ai presbiteri.
Ricevano, quindi, come esige l'ordine, l'eucarestia, dopo i
sacerdoti, e per mano del vescovo o del sacerdote. Non
neppure lecito ai diaconi sedere in mezzo ai presbiteri; ci ,
infatti, sia contro i sacri canoni, sia contro l'ordine. Se poi
qualcuno non intende obbedire, neppure dopo queste
prescrizioni, sia sospeso dal diaconato.
XIX. Di quelli che dall'errore di Paolo di Samosata si
avvicinano alla chiesa cattolica e delle diaconesse.

140

Psalm., 14, 5.

77

Quanto ai seguaci di Paolo, che intendono passare alla


Chiesa cattolica, bisogna osservare l'antica prescrizione che essi
siano senz'altro ribattezzati. Se qualcuno di essi, in passato, era
appartenuto al clero, purch, del tutto irreprensibile, una volta
ribattezzato potr essere ordinato dal vescovo della Chiesa
cattolica. Ma se l'esame dovesse far concludere che si tratta di
inetti, bene deporli. Questo modo d'agire sar usato anche con
le diaconesse e, in genere, con quanti appartengono al clero.
Quanto alle diaconesse in particolare, ricordiamo, che esse, non
avendo ricevuto alcuna imposizione delle mani, devono essere
computate senz'altro fra le persone laiche.
XX. Che non si debba, nei giorni di domenica e di Pentecoste,
pregare in ginocchio.
Poich vi sono alcuni che di domenica e nei giorni della
Pentecoste si inginocchiano, per una completa uniformit
sembrato bene a questo santo sinodo che le preghiere a Dio si
facciano in piedi.

78

You might also like