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IL TESTO DEL "PADRE NOSTRO"

NELL'APOLOGETICA MAZDAICA1
ANTONIO

P ANAINO

Nel capitolo XV, 148-1492 del trattato apologetico zoroastriano Skandgumanig wizar "La soluzione decisiva dei dubbi", si trova una versione in pazand del "Padre Nostro". Questa opera, redatta nel IX
secolo d.C. da Mardan Farrox I Ohrmazddadan3, tramandata in
pahlavi dalla tradizione manoscritta per i primi V capitoli, mentre i
capitoli VI-XVI sono conservati solo nella redazione pazand. Si ha,
inoltre, una versione in sanscrito~ che risale a Neryosang, il dotto
parsi del XII secolo4 Il testo pahlavi-pazand fu inizialmente tradotto
da West (1885), ma pubblicato per la prima volta nell'originale (pahlavipazand pi la traduzione sanscrita) da Jamasp-Asana e West (1887, p.
66); successivamente Padre de Menasce (1945, pp. 220-221), ne offr
una pi moderna edizione con esclusione del testo sanscrito, che invece
era stato ripubblicato da Bharucha (1913, p. 52). Per quanto concerne
strettamente la versione del "Padre Nostro", l'unico studio specifico
invece quello di Casartelli (1900).
Il "Padre Nostro" inserito verso la fine di un lungo capitolo
1 Ringrazio i colleghi F. De Blois, Gh. Gnoli, Ph. Gignoux, D.N. MacKenzie, N.
Sims-Williams e W. Sundermann per le diverse e stimolanti riflessioni relative a
questo lavoro. Voglio rivolgere inoltre un particolare ringraziamento a Riccardo
Contini, per il suo preziosissimo aiuto nella lettura e trascrizione dei testi siriaci.
Ulteriori stimoli nella preparazione dell'articolo mi sono venuti dal compianto
Prof. Luigi Cagni, la cui scomparsa lascia un vuoto enorme non solo nel mondo
degli studi, ma in quello pi intimo degli affetti.
2 Cfr. WEST, E.W. 1885, p. 242; JAMASP-ASANA, H.J., WEST, E.W. 1887, p.
166 (testo piizand e testo sanscrito); BHARUCHA, Sh.J. 1913, p. 52; CASARTELLI,
L.Ch. 1900, pp. 253-254.
3 Cfr. DE MENASCE, P.J. 1945, pp. 11-13.
'BOYCE, M. 1979, pp. 168-169.

1938

Antonio Panaino

(XV) dedicato alla confutazione della dottrina cristiana ed citato


insieme ad altre testimonianze evangeliche5 con il preciso scopo di
mostrare che "i discorsi del Messia sono particolarmente contraddittori in quanto suffragano il dualismo" 6 Nel caso specifico
dell'Oratio Dominica si deduce che la volont del Cristo non sarebbe sulla terra cos pura come in cielo e che la causa dei dubbi
dell'umanit non dipenderebbe da Dio. Il testo, che dipende dalla
versione di Matteo, VI, 9-11, 13 piuttosto che da quella di Luca, Xl,
2-47, come ha ben precisato Casartelli (1900, p. 254) 8, comunque
citato in forma incompleta, ritengo deliberatamente, giacch il dotto
zoroastriano si deve essere limitato a riportare i passi che pi interessavano alla sua argomentazione. Si tratta, in ogni caso, di un
documento interessante di per s, poich l'unica versione del
Padre Nostro9 attestata in una lingua del periodo medio-iranico,
Cfr. DE MENASCE, P.J. 1945, p. 224.
Cfr. ibid., pp. 218, 219, linea 108: gaBesni i Masyiie Jrehest anbasiinihii aBar du
bunyast namudiir, lett. "i discorsi del Messia (sono) particolarmente contraddittori,
perch (sono) una dimostrazione dei (lett. "sui") due princpi".
7 Bisogna per notare che la versione della Pesitta di Luca presenta alcune peculiarit; ad esempio l'invocazione iniziale ("Padre nostro che sei nei cieli"), a differenza
del testo greco e latino (ove Luca ha solo Pater), identica a quella di Matteo; lo stesso
dicasi per il conclusivo libera nos a malo, che compare solo in Matteo, mentre, nella
Pesitta attestato anche nel testo di Luca. Sul problema della differente invocazione
nella tradizione greca e latina, nonch sulla questione della supposta e dibattuta maggior antichit della versione breve (Luca) rispetto a quella lunga (Matteo) cfr. JEREMIAS,
J. 1979, pp. 29-35; 87-94; SCHURMANN, H. 1994, pp. 23-45; MAGGI, A. 1996, pp. 3760; SABUGAL, S. 1996, p. 29, n. 73. Non ha senso, in questo contesto, sollevare l'ipotesi
di una trasmissione all'autore zoroastriano dalla redazione della .6.t6axl\, che, per quanto
improntata alla versione matteica, presenta alcune peculiarit ("perdona il nostro debito, come pure noi perdoniamo ai nostri debitori" anzich "e perdona i nostri debiti
come noi abbiamo perdonato ai nostri debitori", nonch la dossologia finale "Perch
tuo il potere e la gloria nei secoli"). A proposito della dossologia conclusiva, si noter
che essa entrata nella versione siriaca di Matteo, XI, 13 (vedi il testo siriaco citato pi
avanti). Su tale dossologia cfr. CARMIGNAC, J. 1967, pp. 21, 320-333.
8 Vedi anche WEST, E.W. 1885, p. 242, n. 3.
9 La versione in "zendo", pubblicata a p. 113, nella ristampa (1995) dell'edizione del "Padre Nostro" in 250 lingue (1870) a cura della Propaganda Fide, non
altro che una traduzione artificiosa in pseudo-avestico, peraltro sviante giacch
presentata senza alcuna annotazione relativa. Il testo (in un alfabeto avestico molto
peculiare) recita: ahmiikam pita ko bauuani suuargasu namam tauua puiiiatam tauua
5
6

riiiatuuam aga~atu tauua zao~a si8iiatu yata suuarga~u uiti Z(lmeca ahmiikam a1niam
pratideuuahikam maibiio dazdi adiia iiaBii vaem ahmiikam aparii irJ ah xsamiimaha taBiiiuua

Il testo del "Padre Nostro" nell'apologetica mazdaica

1939

che conferma, insieme a molti altri riferimenti testuali presenti nel


suddetto testo pahlavi-pazand nonch in altre fonti, l'esistenza di
una redazione medio-persiana dei Vangeli. Sebbene sia ragionevole supporre che una Vorlage medio-persiana sia stata certamente
condotta sul testo siriaco della Pesitta 10, nel caso specifico dell'Oratio
Dominica 11 , dobbiamo per subito anticipare che il testo pazand
risulta derivare da una versione molto vicina a quella della Vetus
Syra (secondo il manoscritto curetoniano) 12 e del Diatessaron13, la
xsamasuua ahmiikem aya; no ma parixsiim ii7Jaiiam kiJJtu piipiik no rak~a. Si notino i
ripetuti sanscritismi, avestizzati secondo una sorta di trascrizione meccanica:
suuargesu "nei cieli" (scr. svarge~u); a7J7Jam "pane" (scr. annam), puiiiatam "sia
venerato" (scr. pujyatam), aga~atu "venga (il tuo regno"; scr. agacchatu), aparii8i7Jah
"crediti" (anzich "debitori"), xsamasuua "perdona" (dr. scr. k~amasva), aya "peccati" (scr. agha-), parixsiim "distruzione" (= "male"; scr. parik~ii-), ki7Jtu "ma" (=
scr. ki,ri-tu), piipiik "(dal) male" (scr. papa-), rax~a "proteggi(ci)" (scr. rak~a), etc.
1 Cfr. DE MENASCE, P.J. 1945, p. 209, con riferimento anche alla scoperta del
pi recente Diatessaron persiano annunciata da Messina (MESSINA, G. 1942; 1943);
il Diatessaron fu poi pubblicato, sempre da Padre Messina nel 1951; il testo del
"Padre Nostro" compare in questa armonia dei Vangeli alla p. 70 (vedi sotto).
11 Ricordiamo che nella tradizione nestoriana si afferm l'uso di recitare il
Pater per ben tre volte durante la messa; l'aggiunta di questa preghiera all'inizio
e alla fine del servizio liturgico comunque un'innovazione posteriore all'epoca
di Iso'yahb III (morto nel 657-658), mentre, come ha notato Jammo (JAMMO,
S.Y.H. 1979, p. 19), all'epoca di Narsai si recitava solo una volta. Sulla questione
si rimanda ancori!, a JAMMO, S.Y.H. 1979, pp. 21-22, 44, 57, 69-70, 73, 75, 87.
12 Si vedano le edizioni CURETON, W. 1858 e BURKITT, F.C. 1904, nonch la
sinossi offerta da KIRAZ, G.A. 1996. Cfr. anche METZGER, B.M. 1977, pp. 36-48.
L'affermazione avanzata nel testo fondata su una serie di ragioni testuali esposte
nel corso dell'articolo in merito a tre lezioni pre-Pesitta ancora conservate nel testo
pazand. Le complesse e intricate relazioni testuali tra la Vetus Syra ed il Diatessaron,
nonch i problemi concernenti la ricostruzione definitiva di quest'ultimo nella sua
redazione siriaca, fuoriescono dai limiti di questo contributo e dalle mie competenze.
Per la stessa ragione non sono in condizione di stabilire se le lezioni della Vetus Syra
siano da considerarsi come dipendenti da quelle del Diatessaron o viceversa o ancora
indipendenti (vedi gi SMITH LEWIS, A. apud BENSLEY R.L., RENDEL HARRIS, J.,
BURKITT, F.C. 1894, pp. xxiii-xxiv; dr. METZGER, B.M. 1977, pp. 45-48 con riferimento alle diverse teorie), ma mi limito, nelle conclusioni di questo lavoro, a notare
per che il testo pazand si fonda su una tradizione che trova appoggio in entrambe
le versioni, anche se in un punto non supportata dal Commento di Efrem al Diatessaron
(d. LELOIR, L. 1962, p. 24; MAcCARTHY, C. 1993, pp. 118-119).
13 Non prenderemo dettagliatamente in considerazione in questa trattazione la
versione neopersiana del Diatessaron (di trasmissione giacobita), edita da MESSINA, G. 1951, che presenta notevoli difformit nell'armonizzazione delle fonti evangeliche rispetto al testo tazianeo, e che probabilmente costituisce una composizione

1940

Antonio Panaino

cui tradizione, come ha indicato Voobus 14, parrebbe aver pesantemente influenzato la pi antica redazione siriaca del Vangelo damepharrese (ovverosia i Vangeli separati). Sarebbe peraltro fuorviante pensare che Mardan Farrox I Ohrmazddadan traducesse
direttamente e per la prima volta dal siriaco; egli attingeva
verisimilmente ad una tradizione medio-persiana dei Vangeli, in
uso presso la Chiesa di Persia 15, purtroppo perduta 16
Con grande affetto voglio pertanto dedicare alla memoria del
collega ed amico Luigi Cagni questo studio pi aggiornato sull'Oratio
Dominica nella sua redazione pazand, soggetto per il quale egli
aveva mostrato, in passate discussioni, un profondo interesse.
Per quanto concerne la terminologia utilizzata in pazand, essa
pu essere, almeno in parte, confrontata con quella attestata nei

recenziore, basata su un differente testo siriaco (METZGER, B.M. 1963, 108). Le


altre versioni neopersiane relativamente antiche citate da Metzger (1977, pp. 17-19,
277-278), risultano ancor meno pertinenti al presente lavoro (vedi anche K.J. Thomas
e F. Vahman, in Encyclopredia Iranica, IV /2, 1989: 210).
14 VOOBUS, A. 1951, pp. 34-36.
15 Sul Cristianesimo in Iran si consultino i contributi di LABOURT, J. 1904;
TISSERANT, E. 1931; ORTIZ DE URBINA, I. 1937; MESSINA, G. 1947; SPULER,
B. 1961; GERO, S. 1981; WIDENGREN, G. 1988; CHAUMONT, M.-L. 1988; molto
utile per ulteriori aggiornamenti la voce "Christianity" nella Encyclopredia Iranica,
voi. V /5, 1991, pp. 523-547.
16 L'indipendenza della Chiesa di Persia dal Patriarcato di Antiochia agli inizi
del V secolo diede maggiore impulso ad una letteratura cristiana in medio-persiano, ma tale tradizione, fatta eccezione per i Salmi mp. cristiani ritrovati nel monastero nestoriano di Bulayiq [nei pressi dell'oasi di Turfan; dr. ANDREAS, F.C.
1910; ANDREAS(-BARR), F.C. 1933], non stata conservata se non in traduzioni
siriache; ci sembrerebbe indicare che il siriaco non perse mai la sua importanza
e che ad un certo punto dovette riguadagnare uno status prioritario anche nella
Chiesa di Persia, come nota SIMS-WILLIAMS, N. (s.v. "Cristianity", iv, in Encyclopredia
Iranica, IV /2, p. 534). Gi nel IV secolo, Giovanni Crisostomo affermava che la
dottrina cristiana sarebbe stata tradotta nella lingua dei Persiani (Omelia su Giovanni, in Migne, PG, LIX, col. 32), mentre nel V secolo Teodoreto conferma che i
Persiani conoscevano i Vangeli (Graecarum affectionum curatio, IX. 936, in Migne,
PG LXXXIII, col. 1045c). Si vedano ulteriori dettagli e bibliografia aggiuntiva nella
voce "Bible" della Encyclopredia Iranica, voi. IV /2, 1989, pp. 199-214, in particolar
modo le sezioni iii e iv a cura rispettivamente di THOMAS, K.J. e SHAKED, Sh.
(pp. 203-206, 206-207). Molto utili i capitoli sulle versioni persiana e sogdiana del
Nuovo Testamento redatti da METZGER, B.M. 1977, pp. 274-282.

Il testo del "Padre Nostro" nell'apologetica mazdaica

1941

frammenti dei Salmi cristiani in medio-persiano di Bulayi:q17 Veniamo quindi al testo pazand:
(148) Inca goet ku: pidar-m(!,i pa asm(!,n, at bat saharyarI vat e bat
kam pa zamI cun pa asm(!,n. (149) aBam(!, 18 dah n(!,n i rozgarI a{3am(J. ma
bar o gum(!, garI.
"Egli (i.e. Ges) dice: 'Padre nostro che (sei) in cielo, [di]venga il
tuo regno e sia (fatta) la tua volont sulla terra come in cielo. E dacci
il pane quotidiano e non portarci al concepimento del dubbio"'.

Sulla base della trascrizione pazand possiamo tentare una

Riickiibersetzung del testo pahlavi che doveva suonare pi o meno


cos:
pidar19-man 20 I pad21 asman 22, u-t23 bawad24 sahryarih 25 u-t e26 bawad

17 Oltre al primo studio di ANDREAS(-BARR), F.C. (1910) e all'edizione


ANDREAS(-BARR), F.C. 1933, si veda il contributo di SKJJERV0, P.O. 1983, pp.
178-179, il quale evidenzia che, sebbene il manoscritto non possa essere pi antico
del VI secolo, verisimilmente del VII [giacch contiene le aggiunte liturgiche ed
i canoni introdotti da Mar Aba nella sua versione siriaca redatta non prima del
550; vedi ANDREAS 1933, p. 6), la lingua e l'ortografia impiegate risalgono ad
un'epoca sicuramente precedente (intorno al IV secolo). Sull'arcaicit della scrittura utilizzata per i Salmi medio-persiani, che rappresenta una forma antica della
scrittura corsiva pahlavi, si rimanda a SKJJERV0, P.O. 1996, pp. 517, 523-524. Lo
studioso norvegese diverge inoltre dalla tesi di GIGNOUX, Ph. 1969, p. 244, il
quale ritiene che i Salmi fossero tradotti in medio-persiano da un siro nestoriano
e comunque non da uno scriba di lingua madre persiana.
18 Cfr. NYBERG, H.S. 1974, p. 19.
19 Cfr. ptlwny (*pidaron) nel Salmo mp. 95, 6; ANDREAS(-BARR), F.C. 1933, p. 58b.
2 Cfr. -m'n (-man) nei Salmi mp. (passim); ivi, p. 49b.
21 PWN (pad) nei Salmi mp. (passim). Vedi ivi, p. 57a.
22 'sm'n (asmiin) nei Salmi mp. 96, 5; 122, 1; 123, 8; 135, 5, 26; ivi, p. 34a.
23 Cfr. ZY-t nei Salmi mp. (e.g., S. 96, Canone, I. 17); ivi, p. 62a. Ma, forse,

ii-t?
24 Cfr. YHWWN- (baw-) nei Salmi mp., ove l'eterogramma usato (passim) solo
al presente (indicativo); si veda ivi, p. 44a.
25 Cfr. stld'l (sahryiir) "Sovrano, Re", nei Salmi mp. (passim); cfr. ivi, p. 61. Cfr. malakut
"regno dei cieli, mondo spirituale" nel Diatessaron persiano.
26 Cfr. 'yw (e) nei Salmi mp.; ivi, p. 32a.

1942

Antonio Panaino

kiim 27 pad zamig28 ciyon pad asmiin. u-miin dah 29 niin 30 I rozgiirig31 , umiin mii 32 bar33 034 gumiingarih.
[pdl-m'n ZY PWN 'sm'n AP-t YHWWN-'t stld'lyh AP-t 'yw
YHWWN-'t k'm PWN zmyk cygwn PWN 'sm'n AP-m'n YHBWN
LHMA Y lwcklyh AP-m'n AL YBLWN OL gwm'nklyh]

La traduzione in sanscrito (JAMASP-ASANA, H.J. 1877, p. 166;


CASARTELLI, L.Ch. 1900, p. 254; BHARUCHA, Sh.J. 1913, p. 52)
dello stesso testo, interessante, giacch ci conferma, anche se con
qualche ulteriore fraintendimento, lo stato del testo cos come ci
stato tramandato nello Skand-gumanig wizar in pazand:
(148) idarri codgirati yat pitar me35 iikiise, te bhuyat rajyar,i, tavaivarri
bhuyiit kiimo jagatyarri yathii iikiise. (149) mahyarri dehi annarri sarritatiyarri,
marri mii samutsrja sar,isayatve.

"Ed (egli = Ges) esclama: 'Padre mio in cielo, [di]venga il tuo


regno, si realizzi la tua volont come in terra cos in cielo. Dammi
il cibo perpetuo, non mi abbandonare nel dubbio"'.

Il testo pazand ci offre l'opportunit di riconsiderare alcune


scelte lessicografiche utilizzate nella versione dal siriaco in rap27 Cfr. k'msty (kiimist) "desiderato, voluto", p.p.p. di kamistan "volere, desiderare", nel Salmo mp. 131, 13; vedi anche k'my (kiim) "abbi soddisfazione (di noi)",
S. 118, Canone II; dr. ANDREAS(-BARR), F.C. 1933, p. 44b.
28 Cfr. zmyk (zam1g) nei Salmi mp. (passim); dr. ivi, p. 41b. Cfr. dar iismiin dari
va dar zamI nel Diatessaron persiano.
29 Cfr. YHBWN- (dah-) nei Salmi mp. (e.g., 96, 7, 8: YHBWN-yt (dahed), imperativo pres. 2a pi.); vedi ivi, p. 44a.
30 Cfr. Salmo 126, 2; 131, 15: LHMA (niin); ivi, pp. 18 (I. 16), 23 (I. 8), 47b.
31 Cfr. YWM (roz) nel Salmo mp. 127, 5; ivi, p. 44a. Cfr. rozgiiri nel testo del
Diatessaron persiano.
32 Cfr. AL (mii) nei Salmi mp. 118, 133; 131, 10; ivi, p. 33a.
33 Cfr. YBLWN- (bar-, burd) nei Salmi mp.; vedi e.g. S. 96, 6; 99, 5, p. YBLWNyt (bared), imper. pres. 2a pi.; ivi, p. 43b.
34 OL (o) nei Salmi mp. (passim); ivi, p. 56a (dr. anche 29b-30a).
35 Come gi notava CASARTELLI, L.Ch. 1900, p. 253, Neryosang sembra aver
frainteso il pronome di prima pers. pi. (pahl. ama; paz. -ma ... ) con quello singolare (scr. me).

Il testo del "Padre Nostro" nell'apologetica mazdaica

1943

porto anche al testo greco e latino. Cito pertanto il testo del Padre
Nostro siriaco (Matteo, VI,9-14 e Luca, XI,2-4) della Vetus Syra (ed.
Cureton) comparato con quello della Pesitta36 :
Vetus Syra (ms. Cureton) 37; Matteo, VI,9-14:
(9) 'bwn d-bsmy' ntqds smk (10) t't' mlkwtk w-nhwwn fibynyk b'r"
'yk d-bsmy' (11) w-ll;mn 'myn' dywm' hb-ln (12) wsbwq-ln l;wbyn 'ykn'
d'p 'nl;nn nsbwq l-l;ybyn (13) w-l' tytyn l-nsywn'. 'l' pfin mn bys'. mtl
d-dylk hy mlkwt' w-tsbwl;t' l-'lm 'lmyn 'myn.
"(9) Padre nostro che [sei] nei cieli, sia santificato il tuo nome,
(10) venga il tuo regno e sia (fatta) la tua volont in terra come in
cielo (11) e il nostro pane costante del giorno d a noi (12) e rimetti
a noi i nostri debiti come anche noi (li) rimettiamo ai nostri debitori
(13) e non portarci nella tentazione, ma allontanaci dal male, poich tuo il regno e la gloria nei secoli dei secoli, amen" 38

Vetus Syra (ms. Cureton) 39; Luca, XI,2-4:


(2) 'bwn d-bsmy' ntqds smk. w-t't' mlkwtk. (3) w-hb-ln ll;m' 'myn'
d-kl-ywn. (4) w-sbwq-ln l;thyn. w-'p l;nn nsbwq lkl dl;yb-ln. w-l' t'ln lnsywn', 'l' pfin mn bys'.

"(2) Padre nostro che [sei] nei cieli, sia santificato il tuo nome,
e venga il tuo regno, (3) e dacci il pane costante di ogni giorno (4)

36 Cfr. HEALEY, J.F. 1980, p. 17; si vedano anche !'ed. della Pesitta a cura della
British and Foreign Bible Society (senza data, p. 7); !'ed. del testo aramaico della
Pesitta (1986, p. 7); la ristampa dell'edizione 1870 del "Padre Nostro" in 250 lingue,
curata dalla Propaganda Fide, presenta diverse versioni dei testo siriaco (1995, pp.
72-83), tra le quali anche quelle siriaca moderna dei Caldei e Nestoriani del Curdistan
e dell'Iraq e quella dei Caldei e Nestoriani della Persia e della diaspora (1995, pp.
80-83, testi VIII e IX). Per il testo di Matteo nel Lezionario palestinese, dr. SMITH
LEWIS, A., GIBSON, M.D. 1899, pp. 130-131.
37 CURETON, W. 1858; KIRAZ, G.A. 1996, I, pp. 73-75.
38 Cfr. CURETON, W. 1858, pp. 8a-b: "Our Father which art in heaven, Hallowed
be thy name. Thy kingdom come. And be thy wills in earth, as in heaven. And our
bread constant of the day give us. And forgive us our debts, so that aiso we
forgive our debtors. And bring us not into temptation, but deliver us from the
evi!: Because thine is the kingdom, and the glory, for ever and ever. Amen".
39 CURETON, W. 1858; KIRAZ, G.A. 1996, III, pp. 220-221.

1944

Antonio Panaino

e rimetti a noi i nostri peccati e anche noi li rimetteremo a ogni


nostro debitore. E non farci entrare in tentazione, ma liberaci dal
male" 40

Pesitta; Matteo, VI,9-14 41 :


(9) .. .'bwn d-bsmy' ntqds smk, (10) t't' mlkwtk, nhw' f?bynk, 'ykn'
d-bsmy' 'p b'r"; (11) hb-ln lbm' d-swnqnn ywmn', (12) w-sbwq-ln bwbyn
'ykn' d'p bnn sbqn 1-bybyn. (13) w-1' t'ln 1-nsywn' 'l' pf?n mn bys'. mtl
d-dylk hy mlkwt' w-byl' w-tsbwbt'. l-'lm 'lmyn 'myn.

"(9) ... Pater noster qui [es] in coelo: santificetur nomen tuum.
(10) Veniat regnum tuum: fiat voluntas tua, sicut in coelo, etiam in
terra. (11) Da nobis panem indigentiae nostrae hodie. (12) Et dimitte
nobis debita nostra sicut etiam nos dimisimus debitoribus nostris.
(13) Et ne inducas nos in tentationem; sed eripe nos a malo. Quia
tuum est regnum, et potentia, et gloria, in seculum seculorum" 42

Pesitta; Luca, XI,2-4 43:


(2) .. .'bwn d-bsmy' ntqds smk, t't' mlkwtk, nhw' f?bynk 'yk d-bsmy'
'p b'r"; (3) hb-ln lbm' d-swnqnn kl-ywm, (4) w-sbwq-ln bthyn 'p
'nbnn g'r sbqn lkl d-bybyn-ln; w-l' t'ln 1-nsywn' 'l' prwqyn mn bys'.

"(2) ... Pater noster qui [es] in coelo, Santificetur nomen tuum.
Veniat regnum tuum. Fiat voluntas tua, ut in coelis, etiam in terra.
(3) Da nobis panem egestatis nostrae quotidie. (4) Et remitte nobis
peccata nostra: nam etiam nos remittimus omnibus debitoribus nobis.
Et ne inducas nos in tentationem, sed serva nos a malo" 44

0 cfr. CURETON, W. 1858, p. 61b: "Our Father which art in heaven, hallowed
be thy name. And come thy kingdom. And give to us bread continuai of every
day. And forgive us our sins; and may we also forgive every one that is indebted
to us. And bring us not into temptation; but deliver us from evi!".
41 Un tentativo di ricostruzione della pronuncia caldea offerto per M. VI, 913, da HOBERMAN, R.D. 1997, p. 264. Ricordiamo che il testo della Pesitta
precedente alla scissione della comunit sira tra Giacobiti e Nestoriani e che quindi
fu accettato da entrambe le Chiese (dr. METZGER, B.M. 1977, p. 48).
42 PUSEY, Ph.E. 1901, pp. 45, 47.
3 Cfr. anche !'ed. della Pesitta a cura della British and Foreign Bible Society
(senza data, p. 94); !'ed. del testo aramaico della Pesitta (1986, p. 92).
44 PUSEY, Ph.E. 1901, p. 391.

Il testo del "Padre Nostro" nell'apologetica mazdaica

1945

Veniamo quindi all'analisi comparativa del testo pazand alla


luce delle tradizioni pi significative45
Tldnp ~wv i!v rors opavors
Pater noster, qui es in caelis,
ci-yiaae~rw r ovod aou
santificetur nomen tuum,
C. 'bwn d-bsmy' ntqds smk
"Padre nostro che [sei] nei cieli, sia santificato il tuo nome"
P. 'bwn d-bsmy' ntqds smk
"Pater noster qui [es] in coelo, Santificetur nomen tuum".
Mt. VI, 946:

Cfr. Luca, Xl, 2: Tldrep, ci-yLaae~rw r ovod aou


Pater, santificetur nomen tuum.
C. 'bwn d-bsmy' ntqds smk
"Padre nostro che [sei] nei cieli, sia santificato il tuo nome"
P. 'bwn d-bsmy' ntqds smk
"Pater noster qui [es] in coelo, Santificetur nomen tuum"
paz.
pedar-amii I pad asmii11
[pahl. pidar-miin I pad asmiin]
scr.
pilar me iikiise.

Come gi notato, la traduzione pazand in questo caso parziale.


Mt. 6, 10:

0.6rw ~ ~aaLELa aou


-yev11e~rw r 6.1]d aou,
ws v opav@ Ka u 'Y~S

adveniat regnum tuum


fiat voluntas tua,
sicut in caelo, et in terra

C. t't' mlkwtk w-nhwwn ~bynyk b'r" 'yk d-bsmy'


"venga il tuo regno e sia (fatta) la tua volont in terra come in cielo"
P. t't' mlkwtk, nhw' ~bynk, 'ykn' d-bsmy' 'p b'r"

"Veniat regnum tuum: fiat voluntas tua, sicut in coelo, etiam in terra."
Luca, Xl, 2: .6Tw ~ ~aaLeia aou
C. w-t't' mlkwtk "e venga il tuo regno''.
P. t't' mlkwtk, nhw' ~by11k, 'yk d-bsmy' 'p b'r"

adveniat regnum tuum.

"Veniat regnum tuum. Fiat voluntas tua, ut in coelis, etiam in terra".


paz.
at bat saharyarI
[pahl. u-t bawiid sahryiirih

scr.

vat e bat kiim


pa zamI cun pa iismqn
te bhiiyiit riijyam
taiva111 bhiiyiit kiimo
jagatya111 yathii iikiise.

u-t e bawiid kiim


pad zamig ciyon pad asmiin.]

45 Per il testo greco e latino si vedano le edizioni MERK, A. 1964, pp. 16


(Matteo); 240-241 (Luca), NESTLE, B. et E., ALANO, B. et K. 1994, pp. 13-14
(Matteo); 195-196 (Luca). Per il testo della Vulgata si veda l'ed. 1983.
46 Per il testo greco e latino di Matteo, VI, 9-13 e Luca 11, 2-4 cfr. MERK, A.
1964, pp. 16, 240.

1946

Antonio Panaino

Al gr. ii ~acrLE(a crou 47 e al sir. mlkwtk [malkutok] 48 (dr. ebr.


malkiit) corrisponde paz. at ... saharylirI; la resa puntuale e si
noter che, sebbene nel caso di pahl. sahrylirih non sia usato alcun
eterogramma, slih perlopi attestato come MLKA. Curiosa la
resa con bat, lett. "divenga", di sir. (C = P) t't' "venga", forse
influenzata dalla frase successiva con (C) w-nhwwn "e sia (fatta)"
= vat e biit (pahl. bawlid) "e divenga la tua ... " [dr. (P) nhw' (gr.
yEVTJ811Tw)]. Paz. (e pahl.) klim "volere, desiderio" (scr. klima-, m.)
si giustifica come traduzione letterale di sir. ~bynyk [~e~yonok] "il
volere, il desiderio tuo" (gr. T 8T]d crou) 49 Non bisogna lasciarsi fuorviare dalle complesse accezioni assunte dal scr. klima-, il cui
signific~to di base non riducibile esclusivamente all'area semantica
del termine "amore" (anche carnale), ma comprende i concetti di
"volere, desiderio" 50 Si noter, peraltro, che gi in antico persiano,
klima-, m., usato con il senso di "volere, desiderio" espresso da
47 Il senso sembra essere propriamente quello di "la tua sovranit", piuttosto
che quello prettamente politico di "regno"; dr. CARMIGNAC, J. 1967, pp. 89-98;
KLAPPERT, B. apud COENEN, L. et al. 1989, pp. 1524-1538; SCHURMANN, H.
1994, pp. 48-68; SEBUGAL, S. 1994, pp. 147-200.
48 La presente trascrizione (occidentale), che devo al Prof. Contini, del tutto
strumentale ed utilitaristica. Siccome la tradizione Siro-orientale presenta alcune
differenze, soprattutto nella qualit delle vocali (ii anzich o, o anzich a, etc.), le
geminazione delle occlusive intervocaliche e in parte la diversa distribuzione delle
variet occlusive spiranti delle bdgkpt (da considerarsi entrambe fonematiche), sarebbe stato opportuno disporre di una trascrizione orientale. Purtroppo, nell'impossibilit di poter ricorrere ad un ecclesiastico o ad uno specialista della tradizione "assira" o "caldea" per una conversione della traslitterazione secondo i criteri
della pronuncia siriaco-orientale mi limito a citare le parti pi interessanti del testo
secondo la pronuncia occidentale. Nella presente trascrizione il Prof. Contini, che
ringrazio per la vocalizzazione del testo ed altri utili suggerimenti, ha voluto rendere le matres lectionis (che non esprimono pi la lughezza vocalica) mediante un
accento circonflesso. Ricordo ancora che un tentativo di ricostruzione della pronuncia caldea offerto solo per M. VI, 9-13, da HOBERMAN, R.D. 1997, 264.
49 Cfr. CARMIGNAC, J. 1967, pp. 103-109; MULLER, D. apud COENEN, L. et
al. 1989, pp. 2022-2027; SCHURMANN, H. 1994, pp. 68-74; SEBUGAL, S. 1994, pp.
201-240.
5Cfr. MAYRHOFER, M. 1956, p. 200,e in particolare 159, sub kam- "begehren,
lieben", base verbale rifatta sul ved. kii-ma-, a sua volta rad. *kii- "desiderare"
(vedi av. kii- "desiderare, aver piacere"; lat. cii-rus), di cui la forma vedica, l'av. kama- e l'ap. kii-ma-, sarebbero un derivato in -mo-. Cfr. BARTHOLOMAE, Ch. 1904,
pp. 462, 463.

Il testo del "Padre Nostro" nell'apologetica mazdaica

1947

A(h)uramazda o dal re 51 , e quindi "ingiunzione, volont". Cfr., e.g.,


D(ario) S(usa}, F, 15-1652 : Auramazdiim ... kiima iiha "era desiderio di
A(h)ura Mazda; D. Suez C, 12: yaBa miim kiima iiha "come era mio
desiderio" (lett. "come era desiderio per me" (scilicet Dario). L'ap.
kiima- viene tradotto nelle versioni parallele in accadico 53 con il
verbo l:}ebu "desiderare" [perlopi reso con lo stativo l:}ebiika (l:}e-baa-ka54, ma anche con il:}-1:}e-bi, in X(erxes). Pers(ersepoli). F. 22, 30]
fatta eccezione per NR B 11, ove usato iriim "io amo" (v. ramu);
in elamico abbiamo ha-ni-ra (DNa IV 31) "desideroso"55 Nelle Ga8a,56
kiima-, m., indica il "desiderio, l'aspirazione" (Y. 28, 13; 43, 13) o il
piacere" (Y. 32) del fedele; nell'Avesta recente (hapax), segnatamente
in Yt. 13, 33, "il desiderio" usato (insieme a zaosa-, m., "gusto,
piacere") con riferimento alla soddisfazione provata dalle Frava~i
nell'abbattere l'ostilit dei nemici divini e umani. L'uso della radice semitica !:}by ritorna in pahlavi, ove il v. kiimistan, kam-, "volere,
desiderare", reso con l'eterogramma57 Y$BHN-stn' (MAcKENZIE,
D.N. 1971, p. 49: YCBEN-stn'} 58; nei Salmi medio-persiani (131 [132],
13), kiimist (k'mysty) corrisponde a sir. !:}bo "desiderare"59 Si ricor-

51 Con accusativo della persona che prova tale desiderio (cfr. KENT, R.G. 1953,
179; BRANDENSTEIN, W., MAYRHOFER, M. 1964, p. 128).
52 Per altri passi paralleli cfr. KENT, R.G. 1953, p. 179a.
53 Cfr. HERZFELD, E. 1938, pp. 221-223.
54 Vedi CAD, $, s.v. ~ebu (= 1962, p. 120a). Cfr. MALBRAN-LABAT, F. 1994, p.
156: D.B., par. 43: libbii sa aniiku ~e-ba-a-[ka) ippussa "essi fanno esattamente quel
che io voglio".
55 Bibliografia e ulteriori annotazioni in HINZ, W., KOCH, H. 1987, I, p. 618.
56 KELLENS, J., PIRART, E. 1990, p. 230.
57 Tale eterogramma rifatto sulla forma di imperfetto 3a pers. sg. del v. aramaico
~by, yi~be (vedi GESENIUS, W. ed. 1975, p. 1109ab sub ~b'); cfr. NYBERG, H.S.
1974, p. 7.
58 Si veda anche nelle iscrizioni sasanidi, mpm. YCBH-t [kamed] "egli vuole"
(NPi 35), partico YCBH-t [kamed] (NPi 4); cfr. GIGNOUX, Ph. 1972, pp. 37a; 67a.
Sulle forme attestate nell'iscrizione di Paikuli, cfr. HUMBACH, H., SKJJERV0,
P.O. 1983, p. 133; vedi anche HOFTIJZER, J., JONGELING, K. 1995, Il, pp. 956-957
(sub ~bw).
59 Cfr. BROCKELMAN, N. 1895, p. 619a; ANDREAS(-BARR), F.C. 1933, pp. 23
[111), 44 [132).

1948

Antonio Panaino

der, inoltre, in pahlavi, l'uso del termine kiimag "volere, desiderio"60, nonch di nek'ih-kamag "dalla buona intenzione" (detto di
Ohrmazd) e di anag'ih-kamak "dall'intenzione malvagia" (di
Ahreman) 61 , etc. 62
Da notare l'inversione della sequenza "cielo/terra" 63 nella formula paz. pa zam'i cun pa asm{ln "in terra come in cielo" (registrata
anche nel testo sanscrito), rispetto a quella normalmente attestata
nelle versioni greche, latine e della Pesitta, nonch in quella
neopersiana del Diatessaron. Tale peculiarit del testo pazand non
dipende affatto da una semplice scelta stilistica, ma conferma pienamente l'antichit della versione in pahlavi, che deve essere certamente di epoca sasanide. Infatti il testo del Padre Nostro presentava due varianti 'testuali significative nella Vetus Syra Curetoniana,
le quali rimasero in uso almeno sino all'epoca di Giacomo di Edessa
(morto nel 708) e che, talvolta, ricorrono ancora oggi, come nota
Jammo (1979, p. 21), nell'ufficio ebdomadario. La prima, che troviamo anche in Giacomo di Sarug, contemporaneo di Narsai (V
secolo), recita infatti (C) w-nhwwn ~bynyk b'r" 'yk d-bsmy' "fiat
voluntas tua in terra sicut in caelo". Siccome la versione pi recente appartiene al testo tradotto dal vescovo Rabbula 64, probabilmente alla Scuola di Edessa, ove Narsai fu rettore, si dovrebbe dedurre
che la presente variante del testo pazand rifletta, attraverso la
recensione pahlavi, quella della redazione della Vetus Syra (C). La
stessa inversione si trova anche negli Atti di Tommaso65, che vengono utilizzati da Ortiz de Urbina 66 per la ricostruzione del

Cfr. NYBERG, H.S. 1974, pp. 110-111.


Meng I Xrad, cap. 8 (NYBERG, H.S. 1929, pp. 200-201).
62 Cfr. NYBERG, H.S. 1974, pp. 110-111; MAcKENZIE, D.N. 1971, pp. 48-49.
63 Cfr. CARMIGNAC, J. 1967, pp. 110-117. Si noter che anche nella versione
francese, l'ordine invertito: "sur la terre comme au ciel".
64 Cfr. ZIAD, I. 1939, col. 1625, n. 2; JAMMO, S.Y.H. 1979, pp. 21-22.
65 WRIGTH, 1871, p. 313. Il testo recita: "che le tue volonta (sic) siano fatte
sulla terra come in cielo"; dr. CARMIGNAC, J. 1967, p. 113.
66 ORTIZ DE URBINA, I. 1967, p. 42 [521].
60
61

Il testo del "Padre Nostro" nell'apologetica mazdaica

1949

Diatessaron siriaco, ma ad esempio non presente nel Commentario


di Sant'Efrem al Diatessaron di Taziano67, n, come si gi notato,
in quello persiano. Per questa ragione, sebbene gli Atti di Tommaso
e qualche altra tradizioni registrino delle varianti che coincidono
con quelle della Vetus Syra (C), ritengo, in questo caso, meno sicura la derivazione diretta dell'originario testo pahlavi dal Diatessaron.
rv dprov ~wv rv moua1ov 6s ~iv a~Epov
Panem nostrum supersubstantialem da nobis hodie.
C. w-lbmn 'myn' dywm' hb-ln
"e il nostro pane costante del giorno d a noi"
P. hb-ln lbm' d-swnqnn ywmn'
"Da nobis panem indigentiae nostrae hodie"
Mt. VI, 11:

Luca, Xl, 3:

rv dprov ~wv rv moua1ov 6(6ov r Ka0' ~pav


Panem nostrum cotidianum da nobis hodie.
C. w-hb-ln lbm' 'myn' d-kl-ywn
"e dacci il pane costante di ogni giorno"
P. hb-ln lbm' d-swnqnn kl-ywm
"Da nobis panem egestatis nostrae quotidie"
paz.
aBamq .dah nqn i roigiiri
[pahl. 11-miin dah niin i rozgiirig]
scr.
mahyarri dehi anna111 sarritatiyarri

Con n(ln i roigiirI68 "pane giornaliero, quotididano", il pazand


non risponde al testo sir!aco della Pesitta: (M) lbm' d-swnqnn ywmn'
"il pane della nostra ristrettezza oggi" 69, (L) lbm' d-swnqnn kl-ywm
"il pane della nostra ristrettezza ogni giorno", ma a quello della
Vetus Syra (C). Dobbiamo infatti rimarcare che la traduzione medio-persiana sembrerebbe essere basata su di una lezione pi antica, che, come nel caso del gi discusso fiat voluntas tua in terra
sicut in caelo, sarebbe rimasta in uso sino agli inizi dell'VIII secolo;
il testo di questa versione recita infatti: wlbmn 'myn' dywm' "e il

67 Cfr. tr. di MAcCARTHY, C. 1993, p. 138: "May your will be done as in


heaven (... ) so too on earth".
68 Dietro il quale si pu porre l'aggettivo pahl. rozgiirig (e non un astratto
rozgiirih), derivato da pahl. roz "giorno" e rozgar "tempo del giorno".
69 panem necessitatis nostrae; dr. ZORELL, F. 1990, p. 490. Nella versione siriaca
Harklensis (redatta da Tommaso di Harkel nel 616; vedi ed. WHITE, J. 1778 (che,
per, identifica erroneamente questa versione con la Syra Philosseniana) si ha in
Matteo (dr. ora KIRAZ, G.A. 1996, I): lh~m dylm' hw swnqny'; in Luca (ibid., 1111: 74):
lh~m d-swnqn' dyln. Cfr. anche BONUS, A. 1896, 48-49 (solo per Luca).

1950

Antonio Panaino

nostro pane costante del giorno" 70 La mancanza in pazand di ogni


traduzione corrispondente in Matteo al sir. (C) dywm' "del giorno"
e (P) ywmn' "oggi" (a11Epov), o, in Luca, a sir. (C) d-kl-ywn e (P)
kl-ywm "ogni giorno" (Ka0' T)pav "ogni giorno")71 potrebbe inoltre essere alla base della resa con rozgiirI, che avrebbe cos accorpato
i due concetti, quello del "pane perpetuo" e dell"'oggi" in una sola
espressione72 Purtroppo la mancanza della versione originale e
completa in medio-persiano non permette di essere perentori su
tale argomento, mentre non si pu escludere, come in precedenza,
l'influsso della redazione di Taziano sulla Vetus Syra (C), ove
mouaLos reso con il sir. 'myn' ['amfno'] "costante, continuo" 73
Cogliamo l'occasione per precisare che, come ben noto, la tradizione della Pesitta, in questo caso, diverge a sua volta dal testo greco
(Tv apTOv riwv Tv mouaLOv) ed stata in pi occasioni invocata per ricostruire gli ipsissima verba Christi dell'originaria versione aramaica (o ebraica?)74 dell'Oratio Dominica. Peraltro, l'interpretazione del gr. moumos costituisce una crux dell'esegesi neotestamentaria; si tratta infatti di un lemma rarissimo (forse attestato in un
papiro di Hawara)75 e, verosimilmente, confrontabile con l'astratto

70 Gi CURETON, W. 1858, p. xviii notava il parallelo con quotidianum nella


Vetus Latina a b e e con la lettura di Cipriano e ricordava che anche la versione
gotica di Wulfila (IV sec.) ha una lezione non lontana da "continuo" [hlaif unsarana
thana sinteinan gif uns "il pane nostro giornaliero dacci", ove sinteinan (ace. sg.
della decl. debole di sinteins) significa "quotidiano, perpetuo"; cfr. DURANTE, M.
1974, pp. 125, 130; PISANI, V. 1974, p. 195). Si veda ancora sulla lezione della Vetus
Syra, CARMIGNAC, J. 1967, pp. 125, 139-140.
71 Sulla due lezioni differenti in Matteo e Luca cfr. CARMIGNAC, J. 1967, pp.
118-120; 214-221.
72 La traduzione letterale di "perpetuo" avrebbe dovuto essere in pahlavi jiiwediinag.
73 Cfr. ORTIZ DE URBINA, I. 1967, p. 42 (521: "y danos el pane costante
(asiduo) de hoy"), ma anche 525, 526]. Vedi ancora CALDERONE, S. 1995, pp.
59-61, che per legge per una svista 'amah~a'. Cfr. BROCKELMANN, C. 1895,
pp. 13b; 422b.
74 Sullo stato degli studi si rimanda a CARMIGNAC, J. 1969, pp. 29-52. Vedi
inoltre la recente discussione in CALDERONE, S. 1995, pp. 42-45, con ulteriori
rimandi bibliografici alla questione.
75 CALDERONE, S. 1995, p. 49, in particolare alla nota 32.

Il testo del "Padre Nostro" nell'apologetica mazdaica

1951

"l'andar dietro (a qualcuno)". Tra le due etimologie pi


volte avanzate, anche in epoche antiche 76, ovvero da m -E Ivm o
da m -t vm , solo la seconda semberebbe linguisticamente ammissibile; in questo caso mouaLos significherebbe "quello per andare", ossia "il pane da viaggio", il "panis viaticus", come ha anche
di recente ricordato Calderone (1995). L'interpretatio siriaca della
Pesitta, verisimilmente sulla base del lemma aramaico sottostante,
si mossa nella direzione di un significato quale "limitata misura
di pane" e quindi "il pane della nostra ristrettezza" 77, ripresa in
forma intuitiva e senza particolari supporti linguistico-filologici
anche nella letteratura esegetica come "il nostro pane necessario" 78
Il testo pazand, con rozgarI, sembra fare da curioso pendant con la
versione latina di Luca (panem nostrum cotidianum da nobis hodie}79,
rispetto alla quale non per possibile tracciare alcun legame
diretto.

moua(a

Mt. Vl,12 assente nella traduzione pazand. Molto importante


invece appare Mt. Vl,13:
Kat ~ EaEvyKl]S' ~, ES' 1TEtpaa6v,
et ne nos inducas in tentationem
piaat ~, ,r roi ,rov!]poi.
sed libera nos a malo. Amen.
C. w-1' tytyn 1-nsywn'. '/' p~n mn bys' "e non portarci nella tentazione, ma allontanaci dal male"
P. w-1' t'ln 1-nsywn' '/' p~n mn bys' "Et ne inducas nos in tentationem; sed eripe nos a malo"
Luca, 11, 4: Kat ~ EaEVYKl]S' ~, ES' 1TELpaa6v

Et ne nos inducas in tentationem.

76 Cfr. BAUER, W. 1963, pp. 587-589; CARMIGNAC, J. 1967, pp. 121-143;


MUNDLE, W. apud COENEN, L. et al. 1989, pp. 1152-1153; ZORELL, F. 1990, pp.
489-490; FOERSTER, W. 1967; SEBUGAL, S. 1994, pp. 241-288; CALDERONE, S.
1995.
77 CALDERONE, S. 1995, p. 58 aggiunge che tale soluzione esprimerebbe solo
una parte del messaggio originario, nel quale "si voleva ricordare ai discepoli
anche la via che essi avevano deciso di seguire".
78 Cfr. SCHRMANN, H. 1994, pp. 76-87, in particolare p. 78.
79 Il (panis) substantialis nella traduzione latina di Matteo risale ad un fraintendimento di Gerolamo, che prende le mosse dall'accostamento in Origene (PG, Xl,
5090) di mouatos e trEptouatos. Sulla questione si veda la sintesi di CALDERONE,
S. 1995, pp. 62-64. Cfr. anche DORNSEIFF, F. 1956, p. 146.

1952

Antonio Panaino

Luca, C. w-1' t'ln 1-nsywn', 'I' p~n mn bys' "Non farci entrare in tentazione, ma liberaci dal male"
P. w-1' t'ln 1-nsywn' 'I' prwqyn mn bys'. "Et ne inducas nos in tentationem, sed serva nos a malo".

paz. a~am~ ma bar ogum~gar1.


scr. mii'!! mii samutsrja sa'!lsayatve.

[pahl. u-miin mii bar ogumiingar1h)

Un nuovo indizio testuale conferma l'indipendenza del testo


pazand dalla versione della Pesitta; infatti il pa"z. a[3amf!. ma bar "e
non portarci" trova conferma nel testo di Matteo della Vetus Syra
(C): w-1' tytyn "e non portarci", contrapposto a w-1' t'ln "e non
indurci" (lett. "non farci entrare") della Pesitta (M e L) e della
Vetus Syra in Luca. Anche questa lezione particolare della Vetus
Syra trova conforto nella tradizione del Diatessaron siriaco80
Mi sembra inoltre molto interessante l'interpretazione del siriaco
w-1' tytyn 1-nsywn"'e non portarci in tentazione" con a[3amf!. ma
bar o gum(!.garI "e non portarci al concepimento del dubbio". In
verit DE MENASCE, P.J. 1945, pp. 221, 275 traduceva guma(!.garI
come "prova, tentazione" e traduceva "et ne nous induis pas en
preuve"; anche CASARTELLI, L.Ch. 1900, p. 254 rendeva il passo come "etiam-nos ne induc in dubium". Ma se in pahlavi guman
indiscutibilmente "dubbio", gumangar significa, come precisa
MAcKENZIE, D.N. 1971, p. 38 "casting doubt"; l'ulteriore aggiunta
del suffisso degli astratti -Ih (come del doppio suffisso -Igih), non
ripristina il significato di base, ma quello della forma ampliata
con il suffisso dei nomina agentis; ovvero se gumiin'ih (come
gumiinigih) vale ancora "dubbio", gumiin-gar-Ih deve significare
"il concepimento del dubbio". Nel passo pazand di commento
che segue il frammento del "Padre Nostro", e del quale si gi
discussa la prima parte, si aggiunge infatti:
(Ez In ga{3esni peda kus ... ) Inca ku gum{lgar1 i mardum ne ei yazat.

"(Da questo discorso () evidente che ... ) e (da) questo che la condizione del dubbio umano non (viene) da dio".

80 Vedi ORTIZ DE URBINA, I. 1967, pp. 42, 521 (secondo gli Acta Thomae, ed.
WRIGHT, W. 1871, p. 313).

Il testo del "Padre Nostro" nell'apologetica mazdaica

1953

Ci troviamo cos di fronte ad un'interessante resa letteraria di un


passo difficile sul piano dell'interpretazione teologica, pienamente
confermata, nella sua sottile esegesi, anche dalla traduzione sanscrita
mli1'fl mii samutsrja sa71lsayatve "non mi abbandonare nel dubbio"; la
tradizione cristiana ha infatti ripetutamente sottolineato che Dio non
pu volere il male, n essere ispiratore di male verso le sue creature81, ma che bisogna intendere l'espressione come un'invocazione,
affinch il Signore non permetta ai suoi figli di cadere in tentazione
(o, pi precisamente, nella situazione della tentazione)82. Si infatti
sentito in pi occasioni, in ambito cristiano, l'esigenza di puntualizzare
questo aspetto83, soprattutto in presenza di passi (in particolar modo
veterotestamentari)84 dai quali si sarebbe potuta estrapolare anche
l'interpretazione opposta, e ci permette di comprendere la delicatezza e per certi versi l'apparente ambiguit formale del versetto in
questione, dovuta ad una formulazione ellittica che necessitava di
un commento esplicativo. Che tale interpretazione "ortodossa" fosse nota al redattore del presente trattato di apologetica mazdaica,
appare nell'utilizzazione dell'Oratio Dominica come prova del dualismo
e non come ulteriore mezzo per una facile polemica. Si sarebbe potuto
infatti aspettare che, forte della connotazione demoniaca del "dubbio" [non a caso il titolo dell'opera suona come "La soluzione decisiva dei dubbi" (gumiinig)], Mardan Farrox, come in alcuni passi
precedenti, ritornasse sull'ambiguit del monoteismo cristiano in
merito all'origine del Princpio malvagio (paz. bunyastaa dusman), il
diavolo (tradotto anche come Ahreman [paz. Aharman] in un passo

81 Vedi Giacomo, 1,13: "Nessuno, quando tentato, dica: 'Sono tentato da Dio';
perch Dio non pu essere tentato dal male e non tenta nessuno al male". Su
questo problema dr. CARMIGNAC, J. 1969, pp. 236-304; SCHNEIDER, W. apud
COENEN, L. et al. 1989, pp. 1850-1853.
82 SCHRMANN, H. 1994, pp. 110-111; SABUGAL, S. 1994, pp. 335-373.
83 Si pensi ad esempio al dibattito attuale, presente nella Chiesa Cattolica,
relativo alla nuova formulazione dell'Oratio Dominica in traduzione italiana, che
viene a modificare e chiarificare espressamente questo parte della preghiera.
84 Si veda SCHRMANN, H. 1994, p. 106 che ricorda come nell'Antico Testamento, "tentare" abbia spesso significato di "mettere alla prova".

1954

Antonio Panaino

sulla tentazione85 di Ges di chiara derivazione neotestamentaria) 86


e accusasse i cristiani di attribuire al Dio del bene la causa del dubbio. Invece, come abbiamo visto, il passo di commento non solo non
contiene nulla di simile, ma addirittura utilizza l'invocazione finale
come prova del fatto che, se il dubbio non pu venire da Dio, allora
deve venire dal Maligno87; una conclusione apparentemente conforme all'interpretatio cristiana, ma che per uno zoroastriano diviene
conferma dell'esistenza di un principio dualistico, quello del Male,
opposto a quello del Bene. In pratica Mardan Farrox interpreta in
senso propriamente cristiano la "lettera" del passo, ma ne ribalta
apologeticamente il significato88

85 Cfr. DE MENASCE, P.J. 1945, pp. 218-219, 112-113. Sembrerebbe, da questo


passo, che il demonio fosse reso con Ahreman nella versione medio-persiana del
Nuovo Testamento.
86 Cfr. Matteo, 4,1-11; Marco, 1,12-13; Luca, 1-13.
87 Si ricorder, in proposito, che la tradizione zoroastriana di epoca sasanide
conosce alcuni episodi che si inquadrano in una sorta di topos definibile come la
"tentazione di Zara8ustra". Secondo la narrazione del VII libro del Denkard, cap.
IV, 55-62 (MOL, M. 1967, pp. 52-53), il giovane profeta, salito al cielo per conferire con Ohrmazd fu messo in guardia sul tentativo di seduzione che una druJ,
in forma di giovane e avvenente fanciulla, bellissima davanti e mostruosa di dietro,
avrebbe operato nei suoi confronti. Ridisceso sulla terra, avrebbe poi incontrato e
sconfitto la druJ, mediante la recitazione della sacra preghiera yafJa ahu vairiio. Tale
druJ non sarebbe stato altri che il demone (pi precisamente il karap) Cesmag sotto
mentite spoglie. Cfr. JACKSON, A.V.W. 1899, p. 53; 1928, p. 103. Non si pu escludere che tale episodio rievochi, in qualche modo, un passo avestico dall'interpretazione molto incerta, Y. 51, 12, in cui, come mi ricorda opportunamente Gignoux,
Zoroastro incontra un vaeipiio, forse un sodomita. Un altro caso di tentazione, forse
influenzato dalla stessa tradizione cristiana, quello attestato nel Menog i Xrad,
capitolo LVII, 24-26, ove si afferma: "Ed rivelato che colui che per indole, per
carattere e per contegno buono, deve esserne grato alla Ragione. Poich rivelato
che Ahriman disse a Zarathushtra: Se tu ti ritiri da questa Buona Religione Mazdea
ti dar la signora del mondo per mille anni, come fu data al signore degli abietti
Dahi.k. Zarathushtra, per la sua saggezza, indole e contegno retto, non diede
ascolto e non fu traviato, e da quell'inganno del Maledetto Fetente Empio non fu
ingannato e traviato .... " (secondo la traduzione di BAUSANI, A. 1963:167). Se
questo episodio riflette segnatamente quello della tentazione di Ges nel deserto a
opera di Satana, come mi suggerisce ancora Gignoux, si potrerebbe supporre che
l'autore del Menog i Xrad conoscesse i Vangeli o una loro pericope.
88 Non si pu d'altro canto non tenere in conto un suggerimento che mi viene
da una riflessione prudentemente formulata da Gignoux, secondo la quale l'insistenza di Mardiin Farrox sul dubbio potrebbe riflettere in un certo qual modo

Il testo del "Padre Nostro" nell'apologetica mazdaica

1955

Non si pu comunque non apprezzare la raffinatezza della traduzione gumr;,gar"i, che deve essere inteso come "il concepimento
del dubbio". Tale spiegazione apre per un nuovo problema; il
pahl. gumiingar"ih, dell'originaria versione medio persiana, era frutto
di un fraintendimento dell'autore mazdeo oppure risale ad un'interpretazione corrente nella Chiesa di Persia? La versione siriaca,
adottata come testo di riferimento, dai Nestoriani non offre alcun
sostegno diretto alla seconda ipotesi, ma non si pu escludere che
tale scelta di traduzione fosse frutto di un'esegesi cristiana (e non
zoroastriana}, in cui il problema dell'interpretazione del versetto
"non indurci in tentazione" sarebbe stato risolto con una formula
palesemente esplicativa. D'altro canto l'importanza assoluta della
"scelta", soprattutto quella estrema e radicale tra "bene" e "male"
fu una costante dell'ambiente religioso iranico e mazdeo in cui
operavano i Cristiani, e dove il "dubbio" si poneva, secondo la
teologia zoroastriana, come un ostacolo ineliminabile da superarsi
individualmente in piena libert di coscienza. Viene quindi da pensare
che, in un contesto siffatto, i Cristiani di Persia abbiano preferito
rendere l'idea della tentazione come "dubbio", e pi precisamente
come "condizione di dubbio", che viene dal Maligno e di fronte al
quale si invoca l'aiuto di Dio, affinch offra il suo sostegno nel
difficile momento della "scelta". Una soluzione questa che piacque
all'esegeta zoroastriano, trovandolo pienamente concorde, salvo che
per la conclusione finale, relativa alla constatazione, in chiave
dualistica, dell'esistenza del principio antagonista.

l'intenzione (evidentemente implicita) di rigettare ci che oltremodo noto nel


mito di Zurwan, ossia la nascita di Ahreman come prodotto del dubbio concepito
dal dio primordiale alla fine del suo sacrificio millenario.

Antonio Panaino

1956

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