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Imprese (corso A)
Seconda parte
Francesca Cabiddu
Indice
1. Limpresa e lambiente
1. Lanalisi teorica dellimpresa pag. 3
2. Caratteristiche comuni a tutti i tipi dimpresa.pag.3
3. Le relazioni con lambiente pag. 4
2. La struttura del mercato e le forme di mercato prevalenti
1. La struttura del mercato
2. Le caratteristiche della domanda
3. Le caratteristiche dellofferta
4. Il grado di differenziazione delle produzioni
5. Lesistenza di barriere allingresso e alluscita
6. Rapporto di equilibrio tra domanda e offerta
3. Le funzioni dellimpresa e i fini del gruppo imprenditoriale
1. Le principali funzioni generali dellimpresa
2. I fini del gruppo imprenditoriale: principali teorie
2.1. Teoria della massimizzazione del profitto
2.3. Teoria della sopravvivenza dellimpresa
2.4. Teoria del valore
2.5. Teoria dello sviluppo dimensionale
2.6. Teoria dei limiti sociali alla massimizzazione del profitto
4. La gestione aziendale: profili strategici e operativi
1. La gestione aziendale
2. Il ciclo di direzione aziendale
3. Le funzioni gestionali
5. Le funzioni direzionali dimpresa
1. La funzione di organizzazione pag. 34
1.1. La progettazione della struttura organizzativa ..pag. 34
1.2. Le scelte organizzative per la costruzione ..pag. 34
della struttura organizzativa
1.3. La scelta del modello di struttura ..pag.
1.4. La definizione delle procedure decisionali e operative..pag.39
2. La funzione di programmazione
2.1. Il sistema dei piani dazione
3. La funzione di conduzione del personale
4. La funzione di controllo
PRIMO CAPITOLO
LIMPRESA E LAMBIENTE
forme
giuridiche,
per
dimensioni,
per
caratteristiche
tecnologiche,
dismisura
dell'esposizione
connessa
difficolt
di
Natura di organizzazione
Svolgimento dei processi di produzione
Esistenza di relazioni di scambio con entit esterne
Conseguimento di un reddito (divario positivo tra beni ceduti e risorse
impiegate)
Un
secondo
connotato
che
contraddistingue
le
imprese
dalle
altre
metodologiche
attribuiscono
grande
importanza
alle
indicate
Con questo vocabolo si allude non solo allo svolgimento di attivit allestero e alla connessa presenza di imprese
estere nel proprio ambiente, ma anche ad una tendenziale attenuazione delle differenze a livello internazionale di
modalit e metodologie operative, di caratteristiche di prodotti, di regolamentazioni e di comportamenti. Si deve
distinguere tra internazionalizzazione attiva e internazionalizzazione passiva. Linternazionalizzazione attiva, si
estrinseca nella capacit competitiva dellimpresa al di fuori del proprio mercato di origine ; linternazionalizzazione
passiva, si verifica nei casi in cui limpresa subisca, nellambito del proprio ambiente originario, la concorrenza da parte
di imprese esterne senza riuscire nel contempo a estendere le proprie vendite nei loro mercati, o comunque allesterno.
2 Williamson O., Market and Hierarchy: Analysis and Antitrust Implications, Free Press, New York, 1975.
3 Coase R., The Nature of the Firm, Economica, n. 4, 1937.
Ambiente
di primo riferimento
Ambiente transazionale
Impresa
Ambiente competitivo
SECONDO CAPITOLO
LIMPRESA E IL MERCATO
1. La struttura del mercato
Limpresa per attingere alle risorse e per cedere i beni da lei prodotti dovr
interagire con una pluralit di stakeholders. Questi soggetti o istituzioni si
raggrupperanno in categorie originando dei distinti mercati con i quali limpresa
dovr attivare un sistema di scambi. In termini economici, infatti, si ha un
mercato in tutti i casi in cui vi siano due o pi contraenti, disposti a scambiare
fra di loro i beni rispettivamente posseduti. In altri termini per mercato sintende
il complesso degli atti di scambio che potrebbero manifestarsi in rapporto ad un
determinato prodotto o in un certo ambito territoriale (Sciarelli, 2008).
Mercati con cui si relaziona limpresa
Mercati
di
produzione:
composto
dai
produttori
di
materie
prime,
Ogni mercato si differenzia dagli altri per le modalit con cui si manifesta la
domanda, per le diverse tipologie di clienti, per il grado di differenziazione delle
produzioni, per le diverse barriere allentrata e alluscita. Nonostante lestrema
variet di situazioni caratterizzanti i mercati, comunque possibile individuare
alcune forme tipiche di mercato cos sintetizzabili:
1. grado di concentrazione, di elasticit e di differenziazione della domanda
2. grado di concentrazione dellofferta
3. grado di differenziazione delle produzioni
4. esistenza di barriere allingresso e alluscita;
5. rapporto di equilibrio fra domanda e offerta.
concorrenza
perfetta
una
forma
di
mercato
caratterizzata
non
pu
determinare
contemporaneamente
quantit
prezzo
delineano
cos
le
situazioni
di
concorrenza
monopolistica
che
Le economie di scala
nel
mercato,
non
resta
nessuna
disponibilit
per
coloro
che
TERZO CAPITOLO
LE FUNZIONI DELLIMPRESA E I FINI DEL GRUPPO IMPRENDITORIALE
(Francesca Cabiddu, Daniela Pettinao)
1. Le principali funzioni generali dellimpresa
Limpresa, come messo in risalto nei paragrafi precedenti, una realt
complessa che svolge una molteplicit di ruoli nei confronti di chi partecipa
attivamente allo svolgimento della sua attivit, ma anche nei confronti della
collettivit e dellambiente in cui essa opera.
In generale, si pu affermare, che le funzioni, o ruoli, svolte dallimpresa sono
essenzialmente tre e cos sintetizzabili:
1) economico-generale;
2) sociale;
3) produzione di reddito (Sciarelli, 2008).
La funzione economico-generale fa riferimento al fatto che limpresa, essendo
unorganizzazione che produce beni e servizi per il mercato, ha tra i suoi scopi
principali il soddisfacimento dei bisogni umani. Limpresa, in altri termini, svolge
unattivit che va a beneficio dellintera societ, perch attraverso il suo operato
riesce a generare delle maggiori utilit per la collettivit nel suo complesso.
La funzione sociale richiama il fatto che limpresa va vista anche come
distributrice della ricchezza creata, rappresentando uno strumento per il
soddisfacimento delle necessit soprattutto di coloro che operano al suo interno
(Sciarelli, 2008, pag. 29) ma anche allesterno dellimpresa. Limpresa, infatti, da
un lato, nello svolgimento della sua attivit aziendale intrattiene una serie di
relazioni di scambio con altre imprese ed individui per lacquisto delle materie
prime, per il reperimento della forza lavoro, dei materiali, dei macchinari ecc.,
dallaltro lato rappresenta una fonte di lavoro per coloro che operano allinterno
della stessa.
Lultima funzione dellimpresa la produzione di reddito. Limpresa pu essere
vista come unentit che pu operare nel mercato grazie alle persone ed
allimprenditore che impegnano in essa, rispettivamente, lavoro e capitali. Appare
evidente che limpresa, intesa come entit che richiede un investimento di
Cfr. Guatri, L. Vicari, S. Sistemi dimpresa e capitalismi a confronto, Egea, Milano, 1994, pp. 5 e segg.
La rimunerazione del lavoro e del capitale proprio il fine dellimpresa nel senso che si tratta del fine perseguito
dalle due categorie di persone (i prestatori di lavoro ed i conferenti di capitale proprio) che hanno massimo rilievo per la
formazione e per il governo dellimpresa. Cfr. Airoldi, G. Brunetti, G. Coda, V. Economia Aziendale, Il Mulino, 1994,
p. 20. Limpresa, in quanto tale, non pu avere dei fini, essendo questi ultimi il frutto di una scelta di coloro che la
governano Sciarelli, S., Economia e gestione dellimpresa, volume primo, seconda edizione, 2002, p. 74.
5
In tal senso IVANO PACI, Il contributo della dottrina italiana agli studi sul governo delle organizzazioni, in Sinergie, n.
45/1998. Unanalisi approfondita in merito al tema delle finalit dellimpresa si trova in PIER PAOLO CARRUS, Le nuove
condizioni di realizzazione della missione dellimpresa: strategia, risorse e sistema relazionale, Cedam, Padova, 2000,
capitolo primo.
teoria,
tende
spiegare
lorigine
del
profitto
in
funzione
dellinnovazione
la
rendita
connessa
con
la
posizione
monopolistica.
Ci che si vuole mettere in discussione in questa analisi, non il profitto in s
e per s, che non in realt suscettibile di critiche, ma, indipendentemente dalla
definizione di profitto presa come riferimento, laffermazione che lobiettivo del
gruppo imprenditoriale costituito dal perseguimento del massimo profitto. Va,
7
Cfr. SERGIO SCIARELLI, Economia e gestione dellimpresa, seconda edizione, Cedam, Padova, 2001.
Con il passare del tempo, a mano a mano che lanalisi assume ipotesi di
maggiore aderenza alla realt, il principio della massimizzazione del profitto perde
di rigore esplicativo. In scenari teorici caratterizzati da crescente complessit e da
una maggiore importanza delle variabili ambientali, la tesi secondo la quale il
profitto costituisce la principale finalit dellimpresa viene messa in discussione
con riferimento a molteplici aspetti.
Gli assunti di Simon sulla razionalit limitata evidenziano limpossibilit di
perseguire risultati ottimi e sostituiscono a questa prospettiva quella del risultato
soddisfacente. Le condizioni di razionalit che caratterizzano luomo della teoria
neoclassica, infatti, appaiono allAutore davvero eccessive. Luomo economico ha
un sistema completo e coerente di preferenze che gli permettono di scegliere tra le
alternative che gli si offrono; egli sempre a perfetta conoscenza di quali siano le
alternative; non esistono limiti alla complessit dei calcoli che egli pu fare al fine
di determinare quali alternative siano migliori8. Alluomo economico della teoria
classica Simon sostituisce un uomo amministrativo che percepisce il mondo come
una semplificazione della confusione che costituisce il mondo reale. Tale
semplificazione deriva dalla disponibilit degli uomini a trascurare tutti quegli
aspetti della realt che in un dato momento vengono ritenuti irrilevanti.
Scegliendo in base a tale immagine semplificata della realt, la quale contiene
soltanto alcuni aspetti della stessa, il comportamento umano non pu essere
ritenuto di tipo massimizzante. Luomo amministrativo cerca di scegliere un corso
dellazione che sia abbastanza buono. un uomo che sceglie ma che, nello stesso
tempo, ha conoscenze e capacit limitate per poterlo fare in modo ottimo.
Teoria della massimizzazione del profitto: alcuni limiti
1. Teoria convincente in senso astratto;
2. Per conferire un valore alla teoria necessario introdurre il fattore tempo e
il fattore rischiosit;
3. Profitti soddisfacenti e non massimi.
La massimizzazione del profitto, inoltre, per potersi esplicare richiede la
definizione dellarco temporale entro il quale il profitto stesso deve essere
Su questo aspetto e su altre critiche alla massimizzazione del profitto si veda LORENZO CASELLI, Finalit generali
dellimpresa, in LORENZO CASELLI (a cura di), Le parole dellimpresa. Guida alla lettura del cambiamento, Franco
Angeli, Milano, 1995.
dallimpresa,
dirigenti
sono
preoccupati
della
sopravvivenza
dellimpresa.
Il fine del gruppo imprenditoriale, in tale nuova prospettiva, quindi quello di
garantire la continuit dellorganismo aziendale. Ci si traduce, da un lato, nel
puntare al profitto come mezzo per irrobustire la struttura patrimoniale
dellimpresa e, dallaltro lato, nel rifiutare lo svolgimento di attivit con livelli di
rischio che possano porre in pericolo la vita dellorganizzazione.
2.3. Teoria dello sviluppo dimensionale
Unaltra teoria che si fonda sullevoluzione in senso manageriale della
struttura imprenditoriale privilegia la finalit dello sviluppo dimensionale.
Allapproccio in esame possono essere ricondotti diversi Autori tra i quali: William
Baumol, Oliver Williamson e Robin Marris.
Secondo Baumol10 i managers tendono a massimizzare il valore delle vendite
dalla loro impresa in corrispondenza di un dato vincolo di profitto. Tale
comportamento dovuto alla considerazione per cui lespansione dellimpresa al
ritmo pi elevato possibile gli consente di consolidare la loro posizione e di
accrescere la loro forza contrattuale. La massimizzazione dei ricavi totali,
10
WILLIAM J. BAUMOL, Business behaviour, value and growth, New York, Harcourt Brace and World, 1959.
OLIVER E. WILLIAMSON, The economic of discretionary behaviour: managerial objectives in a theory of the firm,
Prentice Hall, 1964.
non priva di condizioni essa, infatti, deve essere compatibile con un vincolo
minimo di profitto. Anche in questo caso il profitto minimo costituisce un vincolo
dovuto alla necessit dellimpresa di remunerare gli azionisti e di evitare la caduta
del valore di borsa delle azioni.
Infine, lo schema concettuale proposto da Marris12 riprende e sviluppa tutti gli
elementi presenti nei modelli di Baumol e di Williamson. Secondo questo Autore,
infatti, la grande impresa manageriale, caratterizzata dalla separazione tra
propriet e direzione, ha come finalit quella della crescita dimensionale. In essa i
managers godono di un elevato potere discrezionale che utilizzano per il
raggiungimento
dei
propri
interessi,
quali
stipendio,
prestigio,
potere
rappresentato
dalle
decisioni
che
conducono
allespansione
dellimpresa. Tuttavia, tra i desideri del manager rientrano anche la sicurezza del
posto di lavoro e del potere conseguito, i quali possono essere conseguiti solo se si
raggiunge una certa stabilit del controllo azionario dellimpresa. Il gruppo
dirigente tende, quindi, a massimizzare una funzione di utilit bidimensionale
che comprende, da un lato, lobiettivo della crescita e, dallaltro lato, quello della
sicurezza. Si ritiene, infatti, che lo sviluppo dimensionale garantisca il
raggiungimento di pi obiettivi simultaneamente ed in particolare i seguenti:
- un irrobustimento dellorganizzazione (garanzia di sopravvivenza);
- lassunzione di una maggiore forza nei confronti dei concorrenti (garanzia di
redditivit aziendale);
-lincremento delle retribuzioni ai livelli pi elevati di direzione
In sintesi, si pu affermare che nel lungo periodo non c contrapposizione tra la
teoria della massimizzazione del profitto e la teoria dello sviluppo dimensionale.
Nel corso della gestione si potranno perseguire obiettivi di breve e lungo periodo
per cui sar possibile riscontrare la preminenza delluno o dellaltro. Nellanalisi
dei comportamenti imprenditoriali il compito pi difficile lindividuazione del
sistema dei fini od obiettivi che guidano pro tempore le scelte dimpresa. Per
questa ragione, importante distinguere il concetto di fine da quello di obiettivo,
assegnando al primo un contenuto pi ampio e generale rispetto al secondo.
12
ROBIN MARRIS, The economic theory of managerial capitalism, Mac Millan, London, 1964 (trad. it.: La teoria
economica del capitalismo manageriale, Torino, Einaudi, 1972).
Obiettivo
1. E una meta particolare, fissata in certe circostanze e in rapporto ad un
periodo di tempo determinato;
2. E caratterizzato dalla mutevolezza nel tempo e nello spazio;
3. Risulta subordinato alla finalit ultima dellimpresa.
2.4. Teoria del valore
Nel dibattito sui fini imprenditoriali, una teoria pi recente quella di
Rapparpot sulla strategia del valore. Il fine dellimprenditore, secondo tale teoria,
quello di massimizzare il valore dellimpresa in termini reali e non reddituali.
Secondo questa strategia il fine dellimprenditore quello di massimizzare il
valore dellimpresa, valore espresso in termini di capitalizzazione se si tratta di
aziende quotate in borsa oppure in termini di valore di mercato collegati alla
stima del capitale economico. In altri termini, la strategia del valore tenderebbe a
guidare lopera dellimprenditore e manager, portandole a preferire le scelte tese a
massimizzare il valore del capitale azionario (cio, ad accrescere il valore reale
dellimpresa), perch in questo modo limpresa diventerebbe pi attraente, pi
sicura e garantirebbe, quasi sempre, migliori retribuzioni a chi la governa.
2.5. Teoria dei limiti sociali della massimizzazione del profitto
Ogni impresa rappresenta unorganizzazione cooperativa caratterizzata da
situazioni di conflitto di interessi. Le situazioni di conflitto possono prodursi nei
confronti di soggetti esterni allimpresa o tra i soggetti operanti allinterno della
stessa, si parla, infatti, di conflitti esterni e di conflitti interni.
Per quanto riguarda i conflitti esterni questi possono riguardare: il prezzo e le
modalit di vendita delle produzioni nei rapporti con i clienti; le politiche
concorrenziali nei confronti di altri produttori, i prezzi e le condizioni dacquisto
rispetto ai fornitori ecc.
richiamo
alla
situazione
cooperativo-conflittuale
tipica
dellimpresa
stesso discorso pu essere fatto per quanto riguarda laumento della domanda. Se
limpresa si trova ad operare in un mercato dove la domanda pi meno stabile,
per poter raggiungere lobiettivo di ampliamento della domanda limpresa dovr
necessariamente erodere la quota di mercato dei concorrenti. Questi ultimi
chiaramente porranno in essere delle azioni che contrastino la strategia del rivale.
Limpresa potrebbe a questo punto decidere di operare sul versante dei costi. Per
ridurre i costi limpresa pu operare su due fronti: abbassare il costo unitario di
produzione o impiegare una minore quantit di risorse. La riduzione del costo
unitario di produzione trover la naturale opposizione dei gruppi sociali come i
lavoratori, i fornitori, i distributori ecc. che si vedrebbero rispettivamente ridurre
la remunerazione del lavoro, ridurre i prezzi pagati ai fornitori, i margini di
guadagno ecc. Lo stesso ragionamento deve essere fatto per quanto concerne la
riduzione della quantit di risorse.
In altri termini, ci che si vuole sottolineare la convinzione secondo la quale
per il governo dellimpresa non sufficiente il conseguimento degli obiettivi
economici, peraltro necessari. Si richiede invece che essi si realizzino con
modalit
appropriate,
non
limitate
al
mero
rispetto
dei
vincoli
posti
13
PIER PAOLO CARRUS, Le nuove condizioni di realizzazione della missione dellimpresa: strategia, risorse e sistema
relazionale, op. cit., pag. 37.
QUARTO CAPITOLO
LA GESTIONE AZIENDALE: PROFILI STRATEGICI E OPERATIVI
1. La gestione aziendale
Il termine gestione aziendale fa riferimento allinsieme di attivit che consentono
allimpresa di funzionare in modo coordinato per il conseguimento degli obiettivi
comuni.
La gestione aziendale e, quindi, il funzionamento dellimpresa richiedono lo
svolgimento di due tipologie di funzioni denominate, rispettivamente, funzioni
direzionali e funzioni gestionali.
Lo svolgimento di queste funzioni richiede una partecipazione diffusa, in
quanto, coinvolge tutto il personale aziendale, seppure con responsabilit e poteri
diversificati.
2. Il ciclo di direzione aziendale
Il processo e il significato di direzione aziendale ha subito nel tempo profondi
cambiamenti. In una concezione tradizionale la direzione aziendale consisteva:
nella segmentazione del lavoro in atti e operazioni elementari; nella loro
assegnazione al personale; nel controllo del risultato ottenuto.
Il crescere delle dimensioni delle imprese, la progressiva diversificazione
produttiva, lampliamento della base geografica di riferimento, cos come la
crescente complessit dellambiente e delle attivit e dei processi aziendali hanno
portato al superamento della concezione tradizionale di direzione.
Nella concezione moderna di direzione aziendale la funzione del dirigente si
caratterizza per un articolato sistema di attivit (funzioni) interdipendenti,
costituite dalla programmazione, organizzazione, conduzione del personale e
controllo che costituiscono quello che viene pi propriamente definito il ciclo di
direzione aziendale (Sciarelli, 2008).
Il ciclo di direzione aziendale pu essere cos rappresentato:
Fonte: Sciarelli S., Elementi di Economia e Gestione delle Imprese, Cedam 2008
Nel ciclo di direzione aziendale ogni attivit deve essere:
- programmata, stabilendo in anticipo obiettivi, decisioni, modalit e risorse da
impiegare;
- organizzata, individuando chi e con quali responsabilit dovr curarne la
realizzazione
- guidata, fornendo le direttive e motivando gli organi operativi;
- controllata, valutando i risultati raggiunti rispetto a quelli programmati.
La funzione di controllo chiude un ciclo informativo ma ne innesca uno nuovo,
come evidenziato nella figura sottostante.
Fonte: Sciarelli S., Elementi di Economia e Gestione delle Imprese, Cedam 2008
realizzazione del processo di scambio di risorse con entit esterne (ad es. la
funzione di approvvigionamento, di vendita, di finanza ecc)
I processi di trasformazione, invece, racchiudono tutte le funzioni necessarie per
ottenere la trasformazione delle risorse acquisite in prodotti (es. la funzione di
produzione, di gestione delle scorte ecc.)
In unimpresa industriale le funzioni di gestione possono essere distinte in
funzioni primarie, di supporto e ausiliarie.
Le funzioni primarie sono rappresentate dalla produzione e dalla vendita: la prima
comprende il complesso di operazioni necessarie per attuare il ciclo di
trasformazione delle materie in prodotti finiti; e la seconda fa riferimento alle
operazioni che consentono la collocazione di tali prodotti nel mercato. La
produzione e la vendita, di solito sono affiancate da altre due funzioni: la funzione
finanziaria, cui compete limpiego e il reperimento dei fondi necessari per lo
svolgimento dellattivit dellimpresa, e la logistica industriale.
Accanto alle funzioni primarie si trovano altre funzioni, svolte di norma allinterno
dellimpresa,
che
fanno
da
supporto
alle
prime
come,
per
esempio,
QUINTO CAPITOLO
LE FUNZIONI DIREZIONALI
1. Funzione di organizzazione
Organizzare significa ordinare un sistema in parti interdipendenti e correlate,
ciascuna avente una specifica funzione o rapporto rispetto al complesso
Le parti, nel caso dellimpresa, sono gli organi della stessa e lorganizzazione si
rivolge in primo luogo a disciplinare i compiti, i poteri e le responsabilit che
ciascuno dovr assumere nel corso della gestione.
Lo scopo della funzione di organizzazione duplice:
- Ottenere condizioni di massima efficienza operativa mediante la suddivisione e
la specializzazione delle attivit e il loro opportuno coordinamento;
- Soddisfare le attese di coloro che lavorano nellimpresa (motivazione) e
migliorare il rendimento globale dellorganizzazione
La funzione di organizzazione si pone lo scopo di definire la struttura
organizzativa.
1.1.. La progettazione della struttura organizzativa
Ogni impresa opera con una particolare struttura di organi, che nella forma pi
semplice si basa sullaccentramento del potere decisionale nelle mani di un unico
soggetto, limprenditore, e sullesistenza di pi centri di esecuzione. Nelle forme
pi complesse si articola in una molteplicit di unit differenziate di decisione,
controllo ed esecuzione.
In generale, nelle imprese di piccole dimensioni non esiste una ripartizione
formale
di
compiti
responsabilit
una
definizione
dei
circuiti
di
progettazione
organizzativa
momento
particolarmente
delicato
formalizzazione
sia
dellassetto
organizzativo,
sia
delle
procedure
informative e operative.
Al crescere delle dimensioni dellimpresa il modello pi ricorrente caratterizzato
da una struttura formale che stabilisce in modo ufficiale lassetto delle funzioni,
dei poteri e delle responsabilit allinterno dellimpresa.
I tipi di struttura pi frequentemente adottati dalle imprese industriali sono i
seguenti: modello funzionale, modello divisionale, modello per progetto e per
matrice.
Il modello funzionale si caratterizza per la suddivisione delle aree di
responsabilit per gruppi di compiti, cio per la ripartizione delle competenze
alto-direzionali in termini di funzioni primarie della gestione.
Questo
modello
caratterizzato
dalla
ripartizione
delle
Modello divisionale
Fonte: Sciarelli S., Elementi di Economia e Gestione delle Imprese, Cedam 2008
Guasto stampante
Telefonare al
tecnico
No
Risponde?
No
Si
Richiesta di
intervento
FINE
libero?
Appuntamento
2. Funzione di programmazione
La funzione di programmazione assume un ruolo centrale nel processo di
direzione aziendale perch si propone di regolare, sulla base dellorganizzazione
creata, il corso futuro della gestione.
La programmazione il processo di predeterminazione degli obiettivi, delle
politiche e delle attivit da compiere entro un determinato periodo di tempo.
Nellimpresa, programmare significa, quindi, assumere in anticipo il complesso di
decisioni attinenti alla gestione futura .
Lattivit di programmazione non deve essere confusa con il termine previsione,
che significa anticipazione dei futuri andamenti di alcune variabili da cui trarre
informazioni per orientare i comportamenti e le scelte aziendali. In questo caso,
non vi un processo decisorio, ma solo la valutazione anticipata di fenomeni
interessanti limpresa.
Lattivit di previsione pu, al limite, essere considera una delle fasi in cui pu
essere idealmente scomposta la funzione di programmazione, cos come di seguito
proposto:
a)
previsione;
b)
c)
d)
obiettivi;
e)
Fonte: Sciarelli S., Elementi di Economia e Gestione delle Imprese, Cedam 2008
I due tipi fondamentali di piano sono il piano strategico ed il piano operativo.
Il piano strategico un piano a lungo termine di carattere innovativo, che si
riferisce alla strategia globale.
Il piano strategico, in altri termini, rappresenta lelemento di riferimento di tutto il
sistema, in quanto sia il piano operativo, sia i singoli piani di esercizio dovranno
essere elaborati in funzione del perseguimento degli obiettivi di lungo termine. Il
conseguimento di questi ultimi richieder la formulazione di piano di sviluppo
strategico
(le
cui
alternative
principali
di
crescita
potranno
essere
la
Fonte: Sciarelli S., Elementi di Economia e Gestione delle Imprese, Cedam 2008