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Negli ultimi decenni ci sono stati grandi progressi nella comprensione scientifica del cervello
umano. Per la maggior parte questi progressi sono stati guidati dalle nuove tecnologie di
neuroimaging che hanno fornito ai neuroscienziati immagini o mappe sempre pi raffinate
del cervello. Un ramo specifico della ricerca neuroscientifica ha fatto uso di queste tecniche
di neuroimaging per cercare di identificare la sede neurologico del s o della coscienza. Il
post di oggi, in breve, mette in evidenza alcuni dei principali risultati di questa ricerca e li
discute in relazione ai principi buddisti fondamentali, riguardante il modo in cui si crede che
il s esista.
Gli studi di neuroimaging, esplorando dove e come il cervello elabora le informazioni
riguardanti il s, hanno identificato associazioni tra determinati processi cognitivi s-correlati
e l'attivazione di specifiche aree del cervello. Ad esempio, le memorie autoreferenziali (cio, i
ricordi riguardanti il s) sono associati a una maggiore attivazione della corteccia prefrontale
mediale. Un altro esempio il ruolo svolto dall'emisfero cerebrale sinistro nella regolazione
dellauto-riconoscimento (cio, la capacit dell'individuo di riconoscersi, ad esempio, in una
riflessione o immagine visiva).
La capacit di distinguere tra s e l'altro un aspetto fondamentale del funzionamento
psicosociale adattivo e ha quindi senso logico che esistano aree all'interno del cervello che
svolgono un ruolo nell'elaborazione delle informazioni concernenti il "s". Tuttavia,
nonostante il fatto che gli studi di neuroimaging abbiano fornito alcuni dati importanti in
termini di aree cerebrali che corrispondono a processi auto-referenziali, l'attivazione di tali
aree cerebrali non equivale alla posizione di coscienza o al nucleo di un s inerentemente
esistente. Piuttosto, l'attivazione dei neuroni in queste aree del cervello dimostra
semplicemente che la maggior parte degli individui ha un pronunciato senso di s.
Secondo gli insegnamenti buddisti, c' un oceano di differenza tra individui che hanno un
senso di s e il concetto di un s inerentemente esistente. Il buddismo accetta che un senso
del s essenziale se la societ deve funzionare efficacemente. Ad esempio, la maggior parte
delle delucidazioni delle pratiche di amorevole gentilezza e compassione due aspetti
fondamentali degli insegnamenti buddisti si basano sul presupposto che c' sia un donatore
(cio, il s) sia un ricevitore (cio, laltro). Se il Buddha storico non avesse avuto un senso di
s che gli avesse permesso di identificare che il suo livello di intuizione spirituale era in
qualche modo diverso dalla maggior parte dei suoi seguaci, ragionevole supporre che non
avrebbe sentito la necessit di esporre un percorso per superare la sofferenza e l'ignoranza.
Tuttavia, anche se gli esseri nella fase di illuminazione hanno un senso di s (e comprendono
appieno che questo senso di s necessario per poter funzionare efficacemente nel mondo),
sono anche pienamente consapevoli che il "s" un'illusione. La ragione perch il buddismo
insegna che il s un'illusione riguarda il principio del vuoto, che afferma che gli esseri (e
tutti i fenomeni) esistono soltanto come costrutti che sono interdipendenti e mentalmente
designati. Ad esempio, un fiore si manifesta nella dipendenza da acqua e aria, dallatmosfera,
dal calore del sole, dal seme da cui cresciuto, dalle sostanze nutrienti nel terreno, dagli
insetti e gli animali che morirono e si decomposero al fine di produrre tali sostanze nutritive
e cos via. Di conseguenza, il fiore non esiste isolato da tutti gli altri fenomeni, ed privo di
un s indipendente e intrinsecamente esistente. Cos, come abbiamo discusso nel nostro post
di stile Zen il Sogno o la Realt, I fenomeni certamente sembrano essere reali, ma il modo in
cui sono percepiti in realt non equivale al modo in cui esistono veramente.
Sia gli esseri illuminati sia quelli non illuminati hanno un senso del s, ma una differenza
fondamentale tra questi due tipi di essere che questi ultimi sono presi dalla convinzione che
essi esistono intrinsecamente. Come abbiamo discusso nel nostro post sulla decostruzione
del s, a causa di una convinzione saldamente incorporata (ma scientificamente e logicamente
non plausibile) che il s un'entit inerente e indipendentemente esistente, il Buddismo
afferma che gli stati mentali affliggenti nascono come conseguenza dell '"io" figurative,
desiderando incessantemente degli oggetti che ritiene di essere attraenti o provando
avversione verso gli oggetti che ritiene essere poco attraenti. Nel nostro lavoro accademico
abbiamo defenito questa condizione dipendenza ontologico, per precisare "la mancanza di
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Turk, D. J., Heatherton, T.F., Kelley, W.M., Funnell, M.G., Gazzaniga, M.S., & Macrae, C.
N. (2002). Mike or me? Self-recognition in a split-brain patient. Nature Neuroscience, 5,
841842.