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PRE G H I E R E DI SA N FRA N C E S C O

D’AS S I S I

COME PREGAVA S. FRANCESCO. I Ministri Provinciali


delle Famiglie Francescane, il 15-12-1979, a tutti i Frati, in
preparazione dell'VIlI centenario della nascita di S. Francesco,
scrivevano: «Il centenario rappresenta anzitutto un 'occasione di
rinnovamento spirituale nella fedeltà al primitivo carisma.
Desideriamo conoscere ed amare di più il nostro Serafico Padre... E’
questa, una premessa necessaria per un servizio di evangelizzazione
nella Chiesa a favore di tutto il popolo italiano che onora S.
Francesco come suo principale patrono». Per aderire a questo
desiderio, abbiamo pensato di diffondere durante l'anno dell'VIlI
centenario della nascita del Poverello con questo libretto, le
Preghiere di S. Francesco, da lui composte e meditate, tramandateci
dai suoi biografi o dalla tradizione, perché il popolo cristiano
pregando con le stesse sue parole e con gli stessi suoi sentimenti,
possa trovare motivo di «rinnovamento spirituale» e un motivo in più per «conoscere ed amare di
più il nostro Serafico Padre». E’ stato scritto: nelle Laudi e Preghiere: tocchiamo il fondo più
segreto e la sublimità della sua esperienza cristiana, quando tutto quello che crede ed opera viene
risolto e rivolto da Dio nel colloquio aperto e filiale con Lui, dal quale viene e al quale ritorna ogni
bene. La preghiera di Francesco è, appunto e prima di tutto, bisogno e canto inesauribile di lode,
sempre e dovunque, anche quando implora o quando piange e canta insieme il "dono" della Passione
e morte di Cristo. Lode di parole, che a volte si tramutano nel "giubilo". vera musica del cuore, come
tutta la sua vita ha voluto essere una lode di opere». Ecco come pregava S. Francesco. Qui troverai il
suo ardente amore per il Signore. Ti auguro di provare un po’ di quell'amore che aveva Francesco per
Iddio e avvicinarti sempre di più a Lui come Francesco gli si avvicinò, e così godere come lui, in
mezzo alle traversie della vita, quella pace che lo faceva cantare anche in mezzo ai dolori più acerbi.
«E tanto il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto».
P. Sebastiano Pazzini 4 ottobre1981

LAUD I A DIO ALTI S S I M O

PREGHIERA, LODE, RENDIMENTO DI GRAZIE


Questa stupenda preghiera fa parte della regola non bollata e si trova nel capitolo XXIII. È stata
definita: » ...una confessione lirica nella quale si può additare il Credo sublime di S. Francesco»
(P.S. da Campagnola). Il Serafico Padre, dopo aver reso grazie alle tre Persone della Santissima
Trinità, invita Maria Santissima, I Cori angelici e tutti i Santi a rendere grazie al «sommo e vero
Dio». Anche noi rendiamo grazie a Dio altissimo e sommo.

Onnipotente, altissimo, santissimo


e sommo Dio,
Padre santo e giusto,
Signore Re del cielo e della terra,
per te stesso ti rendiamo grazie,
poiché per la tua santa volontà
e per l'unico tuo Figlio nello Spirito Santo,
hai creato tutte le cose spirituali e corporali,
e noi fatti a immagine tua e a tua somiglianza
hai posto in Paradiso;
e noi per colpa nostra siamo caduti.
E ti rendiamo grazie,
perché, come tu ci hai creato,
per mezzo del tuo Figlio,
così per il vero e santo tuo amore,
col quale ci hai amato,
hai fatto nascere lo stesso vero Dio
e vero uomo dalla gloriosa
sempre vergine beatissima santa Maria,
e per la croce,
il sangue e la morte di Lui
ci hai voluti liberare e redimere.
E ti rendiamo grazie,
poiché lo stesso tuo Figlio
ritornerà nella gloria della sua maestà
per destinare i reprobi
che non fecero penitenza e non ti conobbero,
al fuoco eterno
e per dire a tutti coloro che ti conobbero
e ti adorarono e servirono nella penitenza:
Venite Benedetti dal Padre mio,
entrate in possesso del regno
e che vi è stato preparato
fin dalle origini del mondo.
E poiché tutti noi miseri e peccatori
non siamo degni di nominarti
supplici preghiamo
che il Signore nostro Gesù Cristo
Figlio tuo diletto
nel quale ti sei compiaciuto,
insieme con lo Spirito Santo Paraclito
ti renda grazie,
così come a te e ad essi piace,
per ogni cosa
Lui che ti basta sempre in tutto
e per il quale a noi hai fatto cose tanto grandi. Alleluia.
E per il tuo amore umilmente preghiamo
la gloriosa e beatissima
Madre sempre vergine Maria,
il beato Michele, Gabriele, Raffaele
e tutti i cori degli spiriti celesti:
Serafini, Cherubini, Troni,
Dominazioni, Principati, e Potestà,
Virtù, Angeli e Arcangeli;
il beato Giovanni Battista, Giovanni Evangelista,
Pietro, Paolo,
e i beati Patriarchi e profeti,
i santi innocenti, gli apostoli e gli evangelisti,
i discepoli, i martiri, i confessori, le vergini,
i beati Elia e Enoch
e tutti i santi che furono e saranno e sono,
affinché rendano grazie a Te
sommo e vero Dio,
eterno e vivo con il Figlio tuo carissimo
Signore nostro Gesù Cristo
e con lo Spirito Santo Paraclito nei secoli
dei secoli Amen. Alleluia.

SIGNORE IDDIO

Questa preghiera, alquanto diversa, da quella che al capitolo 23 conclude la prima Regola dei Frati
Minori, Bartolomeo da Pisa la riporta nel suo libro «De Conformitate», come conclusione della
stessa Regola.

Signore Iddio,
che tutti ti possiamo amare con tutto il cuore,
con tutta l'anima,
con tutta la mente,
con tutta la capacità e la forza
con tutto l'intelletto e con tutte le potenze,
con tutta l'intensità,
con tutto l'affetto,
con tutto il nostro intimo,
con tutto il desiderio e la volontà:
perché tu, o Signore,
a noi hai dato e ancora dai tutto il tuo corpo
e tutta l'anima tua e la tua vita intera!
Tu che ci hai creati,
ci hai redenti
e per sola tua misericordia ci salverai;
tu che hai fatto e fai ogni bene a noi,
miserabili e miseri come siamo,
putridi e fetidi, ingrati e cattivi.
Che null'altro,
dunque, possiamo noi sapere,
null'altro desiderio,
null'altro volere,
in null'altro trovare piacere o diletto,
se non in te,
che sei Creatore e Redentore
e Salvatore nostro:
in te che sei solo vero Dio,
pienezza di bene,
ogni bene, tutto il bene,
vero e sommo bene,
che solo sei buono,
pio e mite, soave e dolce;
che solo sei santo
e giusto, vero e retto;
che solo sei benigno,
innocente e puro.
Da te, per te e in te
è tutto il perdono,
tutta la grazia,
tutta la gloria di tutti i penitenti
e giusti e di tutti i beati
che insieme godono nel cielo.
Nulla, dunque, o Signore,
ci separi, nulla ci divida,
nulla ci impedisca dall'amarti
ovunque e in ogni tempo,
ogni giorno e di continuo,
in verità e con umiltà
e di portare sempre in cuore te, vero Dio.
Che sempre ti possiamo amare ed onorare,
adorare e servire,
lodare e benedire e glorificare,
sempre magnificare ed esaltare.
E grazie, Signore!
grazie a te, altissimo e sommo Iddio
Trinità ed Unità,
Padre e Figlio e Spirito Santo,
Creatore di tutto.
Salvatore di quanti credono
e sperano in te e te amano;
che sei senza principio e senza fine,
ammirabile, invisibile, inenarrabile,
ineffabile, incomprensibile,
imperscrutabile, benedetto,
lodevole, glorioso
e super esaltato, sublime,
eccelso, amabile,
soave, dilettevole
tutto sempre sopra ogni cosa
desiderabile nei secoli dei secoli.
Amen.
Bartolomeo da Pisa: De conformitate, fruct. XXIII, p. Il - FF 70-73
LODI DI DIO ALTISSIMO
Queste Lodi ci sono pervenute autografate del Santo, perché scritte da lui stesso sul verso della
pergamena che contiene la Benedizione a frate Leone. Nei lato della pergamena (riferiscono le
Fonti Francescane) che contiene la Benedizione a frate Leone, sopra di essa, da altra mano e con
inchiostro rosso è scritto: «Il beato Francesco, due anni prima della sua morte, fece una quaresima
sul monte della Verna, ad onore della beata Vergine Maria, Madre di Dio e del beato Michele
arcangelo, dalla festa dell'Assunzione di santa Maria vergine fino alla festa di San Michele
arcangelo; e la mano di Dio tu su di lui mediante la visione e le parole del serafino e l'impressione
delle stimmate di Cristo nel suo corpo; compose allora queste laudi che sono scritte nel retro di
questo foglio, e le scrisse di sua mano, rendendo grazie al Signore per il beneficio a lui concesso».
Anche Tommaso da Celano nella Vita Seconda cap. XX, 49 ci rende testimonianza del tatto: «Un
giorno Francesco lo chiama (frate Leone): Portami - gli dice - carta e calamaio, perché voglio
scrivere le parole e le lodi del Signore, come le ho meditate nel mio cuore». Subito gli portò quanto
aveva chiesto, ed egli, di sua mano, scrisse le lodi di Dio e le parole che aveva in animo. Alla fine
aggiunse la benedizione del frate e gli disse: «Prenditi questa carta e custodiscila con cura fino al
giorno della tua morte». La data di composizione dunque è chiara: Settembre 1224.

Tu sei santo, Signore Iddio unico,


che fai cose stupende.
Tu sei forte
Tu sei grande
Tu sei l’Altissimo
Tu sei il Re onnipotente
Tu sei il Padre santo,
Re del cielo e della terra.
Tu sei trino e uno,
Signore Iddio degli dei
Tu sei il bene,
tutto il bene, il sommo bene
Signore Iddio vivo e vero.
Tu sei amore, carità
Tu sei sapienza
Tu sei umiltà
Tu sei pazienza
Tu sei bellezza
Tu sei sicurezza
Tu sei la pace
Tu sei gaudio e letizia
Tu sei la nostra speranza
Tu sei giustizia
Tu sei temperanza
Tu sei ogni nostra ricchezza.
Tu sei bellezza
Tu sei mitezza
Tu sei il protettore
Tu sei il custode e il difensore nostro
Tu sei fortezza Tu sei rifugio.
Tu sei la nostra speranza
Tu sei la nostra fede
Tu sei la nostra carità
Tu sei tutta la nostra dolcezza
Tu sei la nostra vita eterna
grande e ammirabile Signore,
Dio onnipotente,
misericordioso Salvatore.

COMMENTO AL «PATER NOSTER»

Lo potremmo chiamare un breve florilegio di considerazioni sulla Preghiera domenicale. Il «Padre


Nostro» è sempre stato argomento di meditazione in tutti i secoli e di tutti i santi. S. Francesco ci ha
lasciato questo breve scritto, che forse doveva servire da meditazione anche ai suoi Frati,
specialmente ai più semplici che non avevano studiato
.
Santissimo Padre nostro: Creatore, Redentore, Consolatore e Salvatore nostro.
Che sei nei cieli: negli Angeli e nei santi, illuminandoli a conoscere che tu, Signore,
sei luce; infiammandoli ad amare, perché tu, Signore, sei amore inabitando in essi,
pienezza della loro gioia, poiché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno, dal quale
viene ogni bene, senza il quale non vi è alcun bene.
Sia santificato il tuo nome: si faccia più chiara in noi la conoscenza di te, per poter
vedere l'ampiezza dei tuoi benefici, l'estensione delle tue promesse, i vertici della tua
maestà, le profondità dei tuoi giudizi.
Venga il tuo regno: affinché tu regni in noi per mezzo della grazia e tu ci faccia
giungere al tuo regno ove v'è di te una visione senza ombre, un amore perfetto,
un'unione felice, un godimento senza fine.
Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra: affinché ti amiamo con tutto il
cuore, sempre pensando a te; con tutta l'anima, sempre desiderando te; con tutta la
mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore. E
con tutte le nostre forze, spendendo tutte le nostre energie e sensibilità dell'anima e del
corpo a servizio del tuo amore e non per altro; e affinché amiamo il nostro prossimo
come noi stessi, trascinando tutti con ogni nostro potere al tuo amore, godendo dei
beni altrui come dei nostri e compatendoli nei malie non recando offesa a nessuno.
Dacci il nostro pane quotidiano: il tuo diletto Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo,
dà a noi oggi: a ricordo e a riverente comprensione di quell'amore che ebbe per noi, e
di tutto ciò che per noi disse, fece, e patì.
E. rimetti a noi i nostri debiti: per la tua ineffabile misericordia, in virtù della
passione del Figlio tuo e per l'intercessione e i meriti della beatissima Vergine Maria e
di tutti i tuoi santi.
Come noi li rimettiamo ai nostri debitori: e quello che noi non sappiamo
pienamente perdonare, tu, Signore, fa che pienamente perdoniamo, sì che, per amor
tuo, si possa veramente amare i nostri nemici e si possa per essi, presso di te,
devotamente intercedere, e a nessuno si renda male per male, e si cerchi di giovare a
tutti in te.
E non ci indurre in tentazione: nascosta o manifesta, improvvisa o insistente.
E liberaci dal male: passato, presente e futuro. Amen.
Gloria al padre, e al Figlio e allo Spirito Santo, Come era nel principio e ora e
sempre nei secoli dei secoli. Amen.

LODI PER OGNI ORA

Queste lodi il Serafico Padre le ha desunte in parte dalla Sacra Scrittura, e venivano recitate prima
di ogni ora del Divino Ufficio e dell'Ufficio della Passione e della Vergine, ed erano recitate subito
dopo il «Santissimo Padre Nostro».

Santo, santo, santo


il Signore Iddio onnipotente,
che è, che era e che verrà.
Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.
Degno è il Signore Dio nostro
di ricevere la lode,
la gloria e l'onore e la benedizione.
Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.
Degno è l'Agnello,
che è stato ucciso,
di ricevere la potenza e la divinità
e la sapienza e la fortezza e
l'onore e la gloria e la benedizione.
Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.
Benediciamo il Padre
e il Figlio con lo Spirito Santo.
Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.
Benedite il Signore,
opere tutte del Signore.
Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.
Date lode a Dio,
voi tutti, suoi servi
e voi che temete Iddio,
piccoli e grandi
Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.
Lodino Lui glorioso
i cieli e la terra
e ogni creatura
che è nel cielo e sulla terra,
il mare e le creature che sono in esso.
Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.
Gloria al Padre
e al Figlio e allo Spirito Santo.
Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.
Come era nel principio
e ora e sempre
e nei secoli dei secoli. Amen.
Lodiamolo ed esaltiamolo in eterno.

ONNIPOTENTE, SANTISSIMO

Con questa Orazione, il Santo concludeva la preparazione alla recita deIl'«Ufficio della Passione
del Signore» che era la preghiera quotidiana dei frati quando non avevano ancora i breviari.

Onnipotente, santissimo
altissimo e sommo Iddio,
che sei il sommo bene,
tutto il bene,
ogni bene,
che solo sei buono,
fa che noi ti rendiamo ogni lode,
ogni gloria,
ogni grazia,
ogni onore,
ogni benedizione,
e tutti i beni.
Fiat. Fiat. Amen.

PREGHIERA PRIMA DELL'UFFICIO DIVINO

Bartolomeo da Pisa la chiama «Preghiera prima delle ore canoniche». S. Francesco, prima di
iniziare la recita dell'Ufficio divino era solito recitare questa preghiera.

Onnipotente, eterno, giusto


e misericordioso Iddio,
concedi a noi miseri di fare,
per tua grazia,
ciò che sappiamo che tu vuoi,
e di volere sempre ciò che ti piace,
affinché purificati nell'anima
affinché interiormente illuminati
e accesi dal fuoco dello Spirito Santo,
possiamo seguire le orme del Figlio tuo,
il Signore nostro Gesù Cristo,
e a Te, o Altissimo,
giungere con l'aiuto della tua sola grazia.
Tu che vivi e regni glorioso
nella Trinità perfetta
e nella semplice Unità,
Dio Onnipotente
per tutti i secoli dei secoli. Amen.
TEMETE DIO

Mariano Fiorentino (+1523) afferma che queste Lodi erano nel Convento dell'Eremita (Terni), e che
erano autografe di S. Francesco.

Temete Dio e dategli gloria.


Il Signore,
E’ degno di ricevere la lode e l'onore.
Lodate il Signore
Tutti voi che lo temete.
Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Cielo e terra date a Lui la lode.
Fiumi tutti lodate il Signore.
Benedite, Figli di Dio il Signore.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore,
rallegriamoci ed esultiamo.
Alleluia. Alleluia. Alleluia! O Re d'Israele!
Ogni vivente dia lode al Signore.
Lodate il Signore, perché è buono;
tutti voi che leggete queste cose,
benedite il Signore.
Creature tutte, benedite il Signore.
Uccelli tutti del cielo,
lodate il Signore.
Fanciulli tutti
lodate il Signore.
Giovani e fanciulle
lodate il Signore.
L'Agnello che è stato immolato
è degno di ricevere
lode, gloria e onore.
Sia benedetta la santa Trinità
e l'indivisa Unità.
San Michele Arcangelo,
difendici nella lotta.

MIO DIO E MIO TUTTO!

Questa preghiera è riportata da Bartolomeo da Pisa, nelle sue «Conformitates», come preghiera
quotidiana di San Francesco. Anzi, Bartolomeo scrive che il Serafico passava delle notti intere
meditando su queste parole. Il Santo davanti alla immensità di Dio si umilia fino a chiamarsi
«vermiciattolo»!

Mio Dio e mio tutto!


Chi siete voi,
mio dolcissimo Signore Iddio,
e chi sono io,
io povero vermiciattolo,
vostro servo?...
Signore santissimo
io vorrei amarvi…
Signore mio Dio,
io vi dono tutto il cuor mio
e lo desidero ardentemente
fare sempre di più,
se almeno lo potessi compiere.

SIGNORE MIO IDDIO

Il Santo, secondo lo scrittore dei Fioretti (Cap. XIX), la pronunciò a San Damiano, dove era andato
e dove santa Chiara gli aveva preparato una «celluzza di cannucce» nella quale egli si potesse
meglio riposare. Ma santo Francesco tra per lo dolore della infermità e per la multitudine de' surci
che gli tacevano grandissima noia, punto del mondo non si potea posar né di dì, nè di notte. E
sostenuto più dì quella pena, e tribulazione, cominciò a pensare e a conoscere che quello era uno
flagello di Dio per li suoi peccati; e incominciò a ringraziare Iddio con tutto il cuore e con la bocca
e poi gridava ad alte voci e disse:

Signore mio Iddio,


io sono degno di questo
e di troppo peggio.
Signore mio Gesù Cristo, pastore buono,
il quale a noi peccatori
hai posta la tua misericordia;
in diverse pene e angoscie corporali,
Concedi grazia e virtù
tu a me, tua pecorella,
che per nessuna infermità,
nè angoscia o dolore
io mi separi da te.

O SIGNORE MIO

Questa preghiera fa parte di «un mattutino, o lode a Dio» veramente straordinario e stupendo «che,
un giorno San Francesco non avendo il Breviario per l'Ufficio Divino, componeva come gli dettava
la sua umiltà, e così Frate Leone doveva rispondere: Veramente tu se' degno d'esser messo tra i
maledetti». Ma Frate Leone, ispirato da Dio rispose: «O frate Francesco, Iddio ti farà tale, che tra
li benedetti tu sarai singolarmente benedetto».

Signore mio,
del cielo e della terra
io ho commesso contro a te
tante iniquità e tanti peccati,
che al tutto io son degno
d'esser da te maledetto.
RINGRAZIAMENTO PER LE CONSOLAZIONI

Il Santo istruiva i suoi Frati a ringraziare Dio delle consolazioni ricevute nella preghiera e diceva
loro: «Quando il servo di Dio nella preghiera è visitato dal Signore con qualche nuova
consolazione, deve prima di terminare alzare gli occhi al cielo e dire al Signore a mani giunte:

Tu, o Signore
hai mandato dal cielo
questa dolce consolazione
a me indegno peccatore:
io te la restituisco,
affinché tu me la metta in serbo,
perché io sono un ladro del tuo tesoro.
Signore,
toglimi il tuo bene in questo mondo
e conservamelo per il futuro.

PREGHIERA PER IL TEMPO DI MALATTIA

L'origine di questa preghiera ce la racconta S. Bonaventura nella Leggenda Maggiore (Capo XIV,
2) dove è riportata. La pronunciò poco prima di morire. Scrive il Santo Dottore: «Una volta,
vedendolo tormentato più del solito da dolori lancinanti, un frate molto semplice gli disse: "Figliolo,
prega il Signore che ti tratti un po’ meglio, perché sembra che faccia pesare la mano su di te più del
dovuto». A quelle parole, il Santo esclamò con un grido: "Se non conoscessi la tua schiettezza e
semplicità, da questo momento io avrei in odio la tua compagnia, perché hai osato ritenere
discutibili i giudizi di Dio a mio riguardo"». E, benché stremato dalla lunga infermità, si buttò a
terra, battendo le ossa indebolite nella cruda caduta. Poi baciò la terra dicendo:

Ti ringrazio, Signore Iddio,


tutti questi miei dolori;
prego, o Signore mio,
di darmene cento volte di più,
se così ti piace.
Io sarò contentissimo, se tu mi affliggerai
e non mi risparmierai il dolore,
Perché adempiere alla tua volontà,
è per me consolazione sovrappiena.

SIGNOR MIO

Siamo nel settembre 1224, qualche giorno prima dell'impressione delle Stimmate. È notte fonda. Il
Santo è in colloquio con Dio: il Signore chiede al suo servo tre doni e il Poverello risponde:

Signor mio,
io sono tutto tuo,
tu sai bene che io non ho altro
che la tonaca e la corda
e li panni di gamba,
e anche queste tre cose sono tue.
Che posso dunque io offrire
o donare alla tua maestà?

BENEDICIAMO IL SIGNORE IDDIO

Con questa Orazione il Santo concludeva ogni ora dell'«Ufficio della Passione del Signore».

Benediciamo il Signore Iddio


vivo e vero,
e rendiamo a Lui la lode,
la gloria, l'onore
e ogni bene per sempre.
Amen. Amen. Fiat. Fiat.

INVOCAZIONI

Queste brevi Invocazioni, o giaculatorie, il Padre Serafico le ha pronunciate nelle più svariate
circostanze. Alcune le ripeteva spesso, anche per notti intere; altre in momenti solenni o particolari.
La seguente invocazione la pronunciò quando, insieme a Bernardo da Quintavalle e Pietro Cattani,
decisero di andare dal sacerdote, perché leggesse loro il Vangelo. per sapere cosa dovessero farne
dei loro beni.

Signore Dio,
Padre della gloria,
ti supplichiamo
che, nella tua misericordia,
tu ci riveli
quello che dobbiamo fare!

Dopo giorni e notti di dolori e di molestie: «Vedendosi, scrive l'Anonimo dello "Specchio di
perfezione", Francesco tormentato da tante afflizioni, una notte, mosso a pietà di se stesso, diceva:

Signore,
Vieni in mio aiuto
guarda alle mie infermità,
affinché io sappia
sopportare pazientemente!

Francesco è in viaggio verso la Puglia. Giunto a Spoleto, durante la notte nel dormiveglia udì una
voce che gli diceva: «Chi può meglio trattarti: il Signore o il servo?». Rispose: «il Signore». Replicò
la voce: «E allora perché abbandoni il Signore per il servo: il principe per il dipendente?».
Dobbiamo rispondere anche noi, come rispose S. Francesco:

Signore,
che vuoi ch'io faccia?

Francesco sta attraversando il Montefeltro, siamo nel 1213 1214, proveniente dall'Umbria diretto in
Romagna e arriva a S. Leo: «...vassene in sulla piazza, dicono i Fioretti, dove era radunata tutta la
moltitudine di questi gentili uomini, e in fervore di spirito montò in su uno muricciolo e cominciò a
predicare proponendo per tema della sua predica questa parola in volgare:

Tanto è quel bene


ch'io aspetto,
che ogni pena
m’è diletto

È San Bonaventura (Leggenda Maggiore (Cap. 111,2) che ci dice che il Santo era solito rivolgere
questo saluto: «In ogni sua predica, all'esordio del discorso, salutava il popolo con l'augurio di
pace, dicendo:

Il Signore
vi dia la pace!

Anche la seguente giaculatoria, S. Francesco la ripeté per una notte intera e fu motivo che indusse il
Beato Bernardo di Quintavalle a seguire il Santo. Dicono i Fioretti (Cap. Il): santo Francesco,
credendo veramente che messere Bernardo dormisse, in sul primo sonno, si levò dal letto e puosesi
in orazione levando gli occhi e le mani al cielo, e con grandissima devozione e fervore, diceva:
"Iddio mio, Iddio mio", e così dicendo e forte lacrimando stette fino al mattutino, sempre ripetendo:
"Iddio mio, Iddio mio", e non altro.

Dio mio!
Dio mio!

Ci riferisce Tommaso da Celano cap. Xl, 26, che una volta S. Francesco si ritirò in un luogo adatto
per la preghiera. Vi rimase a lungo invocando con timore e tremore il Dominatore di tutta la terra,
ripensando con amarezza agli anni passati malamente e ripetendo:

Oh Dio,
sii propizio
a me peccatore.

Frate Leone, dicono i Fioretti (3° Considerazione delle Sacre Stimmate) una notte non trovando il
Santo nella sua cella, lo andò a cercare per la selva, «e finalmente egli udì la voce di Santo
Francesco e, appressandosi, il vide stare ginocchioni in orazione con la faccia e con le mani levate
al cielo, e in fervore di spirito dicea:»

Chi sei tu,


o dolcissimo Iddio mio?
Che sono io,
vilissimo vermine
e disutile servo tuo?

LODI DELLE VIRTÙ

È l'encomio delle virtù tipicamente francescane. Viene citato il titolo e l'inizio anche nella Vita
seconda di Tommaso da Celeno (cap. CXLII 189), il quale scrive: «Il Santo praticava
personalmente con una cura particolare e amava negli altri la santa semplicità, figlia della grazia,
vera sorella della sapienza, madre della giustizia. Non che approvasse ogni tipo di semplicità, ma
quella soltanto che, contenta del suo Dio, disprezza tutto il resto... E’ questa la semplicità che il
Padre esigeva nei frati letterati e in quelli senza cultura, perché non la riteneva contraria alla
sapienza, ma giustamente, sua sorella germana…» Non è possibile datare la sua composizione, ma
si propende a fissarla dopo il soggiorno orientale di Francesco, per il concetto tipicamente orientale
di sottomissione dell'uomo a tutte le creature.

O regina Sapienza,
il Signore ti salvi con tua sorella,
la pura e santa Semplicità.
Signora santa Povertà,
il Signore ti salvi con tua sorella,
la santa Umiltà.
Signora santa Carità
il Signore ti salvi con tua sorella
la santa Obbedienza.
Santissime virtù tutte,
il Signore vi salvi,
dal quale procedete e venite.
Quasi non c'è uomo al mondo
che possa avere per sé una sola di voi
se prima non muore.
Chi ne ha una
e le altre non offende, le ha tutte
e chi ne offende una
non ne ha alcuna e le offende tutte;
e ciascuna confonde i vizi e i peccati.
La santa Sapienza confonde satana
tutte le sue insidie.
La pura e santa Semplicità
confonde ogni sapienza di questo mondo
e la sapienza della carne
la santa Povertà confonde ogni cupidigia e avarizia
e le preoccupazioni di questo mondo.
La santa Umiltà
confonde la superbia
e tutti gli uomini di questo mondo
e tutte le cose di questo mondo.
La santa Carità
confonde tutte le diaboliche
e mondane tentazioni
e tutti i timori umani.
La santa Obbedienza
confonde tutte le volontà carnali e corporali
e tiene il suo corpo mortificato,
in obbedienza allo spirito
e in obbedienza al proprio fratello,
e rende l'uomo soggetto
a tutti gli uomini di questo mondo
e non soltanto agli uomini,
ma anche agli animali, alle fiere,
così che possono fare di lui
quello che vogliono
in quanto sarà loro permesso dal Signore.

A TE, SIGNORE IDDIO MIO

Questa preghiera Francesco la pronunciò nel Capitolo del 1220-1221, quando rinunciò alla cura
dell'Ordine, e il Capitolo elesse suo Vicario frate Pietro Cattani, raccomandando a lui e alli Ministri
Provinciali l'Ordine, affettuosamente quanto elli potea di più. E fatto questo dicono i Fioretti, nella
quarta considerazione delle Sacre Stimmate santo Francesco confortato in ispirito, levando gli
occhi e le mani in cielo, disse così: «A te, Signore Iddio mio». Questa preghiera va recitata, per
ottenere il buon governo della Santa Chiesa, degli Ordini religiosi e delle Nazioni.

A te, Signore Iddio mio,


te raccomando la famiglia tua
la quale infino ad ora tu mi hai commessa,
e ora per le infermità mie,
le quali tu sai,
dolcissimo Signor mio,
io non ne posso più avere cura.
Anche la raccomando
a’ Ministri provinciali;
siano tenuti eglino
a rendertene ragione
il di del giudicio,
se veruno frate,
per loro negligenza
o per loro male esempio
o per loro troppo aspra correzione,
perirà.

TI RINGRAZIO SIGNORE

Tommaso da Celano ci racconta che un ecclesiastico spagnolo, narrava a Francesco la vita


esemplare dei suoi frati che si trovavano in Spagna e siccome «questo uomo santissimo era
meravigliosamente rapito in Dio e traboccava di gioia, quando giungeva sino a lui il buon odore dei
suoi figli»... Francesco - conclude il da Celano - non stava in sé dalla gioia, inebriato com'era dal
profumo dei suoi figli... Subito si mise a lodare il Signore e, come se il sentire parlare bene dei frati
fosse l'unica sua gloria, esclamò dal profondo del cuore: «Ti ringrazio, Signore». Recitiamola,
perché i sacerdoti, i religiosi, e i cristiani, diano sempre il buon esempio e una vera testimonianza
della loro fede.

Ti ringrazio,
Signore, che santifichi e guidi i poveri,
perché mi hai riempito di gioia
con queste notizie!
Benedici, ti prego,
con la più ampia benedizione
e santifica con una grazia particolare
tutti quelli
che rendono odorosa di buoni esempi
la loro professione religiosa.

BENEDIZIONE A FRATE LEONE

È l'autografo di S. Francesco, che scrisse per il suo fedelissimo confessore, Frate Leone. Le parole
sono tolte dal Libro dei Numeri (C. 6,24-26) usate da Mosè e da Aronne per benedire gli Israeliti,
meno l'ultima frase che è di S. Francesco. È contrassegnata da una grande Tau come segno della
Croce, il simbolo dei penitenti e che Francesco forse aveva portato cucito sulla sua veste nei primi
anni della conversione. Questa insigne reliquia e preziosissimo autografo, che contiene nel verso,
l'altra preghiera, pure autografa: «Lodi di Dio altissimo» è conservata nella Basilica di S.
Francesco di Assisi. I Sacerdoti Francescani usano sovente queste parole per benedire i fedeli; molti
cristiani la portano stampata addosso o la espongono nelle proprie case per ottenere la divina
protezione. Narrano i biografi che Frate Leone travagliato da gravissima tentazione, da non aver
pace, pieno di fiducia pregò il Santo di liberarlo. E S. Francesco scrisse di proprio pugno questa
Benedizione che Frate Leone portò indosso fino alla morte.

Il Signore
ti benedica e ti custodisca
mostri a te il suo volto
e abbia misericordia di te
Volga a te il suo sguardo
e ti dia pace.
Il Signore benedica te,
frate Leone.

SIGNORE GESÙ CRISTO

«Gli fu riferito un giorno che erano stati ricevuti dal Vescovo di Fondi due frati, i quali, sotto
pretesto di maggior disprezzo di sé, coltivavano una barba più lunga del conveniente. Il Vescovo li
aveva apostrofati: «Badate bene di non deturpare con la presunzione di grande novità la bellezza
dell'Ordine». Il Santo si alzò di scatto, levando le mani al cielo, col volto inondato di lacrime,
proruppe in queste parole di preghiera o piuttosto di maledizione. (Tommaso da Celano Vita lì
CXV-156-157).

Signore Gesù Cristo,


tu che hai scelto i dodici Apostoli,
dei quali anche se uno venne meno,
gli altri però rimasero fedeli
ed hanno predicato il Santo Vangelo
animati dall'unico Spirito,
tu, o Signore,
in questa ultima ora,
memore dell'antica misericordia,
hai fondato l'Ordine dei Frati
a sostegno della Tua fede
e perché per loro mezzo
si adempisse il mistero del tuo Vangelo.
Chi dunque ti darà soddisfazione per loro,
quelli che hai mandato a questo scopo,
non solo non mostrano a tutti esempi di luce,
ma piuttosto le opere delle tenebre?
Da Te, o Signore santissimo,
e da tutta la curia celeste
e da me tuo piccolo,
siano maledetti quelli
che col loro cattivo esempio
confondono e distruggono
ciò che un tempo tu hai edificato
per mezzo dei santi frati di quest'Ordine
e non cessi di edificare.

A CRI S T O SI G N O R E

TI ADORIAMO, SIGNORE GESÙ CRISTO

Si deve a S. Francesco l'incremento della devozione alla SS. Eucarestia. I suoi primi frati, andavano
in giro con una scopa, per pulire le Chiese che fossero sporche. E a Chiara e alle sue Consorelle
taceva preparare e lavare la biancheria per le Chiese povere. La seguente preghiera ce la riporta S.
Francesco stesso nel suo Testamento. In esso il Serafico Padre dice: «E il Signore mi dette tanta
fede nelle chiese che così semplicemente pregavo e dicevo: "li adoriamo"». I figli del Poverello,
sull'esempio del loro Padre, appena entrati in una Chiesa, fatta la genuflessione, si inginocchiano e
chinato il capo, recitano questo atto di fede e di adorazione, al Cristo presente sotto le specie
eucaristiche:

Ti adoriamo,
Signore Gesù Cristo,
in tutte le tue chiese
che sono nel mondo intero,
e ti benediciamo,
poiché con la tua santa croce
hai redento il mondo.

PREGHIERA DAVANTI AL CROCIFISSO

E’ la più antica preghiera di S. Francesco, perché l'avrebbe composta nei primi mesi del 1206. Il
Padre Serafico, la recitava davanti al Crocifisso di S. Damiano e probabilmente la recitava anche
quando Cristo gli disse: «Va Francesco, ripara la mia Chiesa, che va in rovina». Ad ognuno di noi il
Crocifisso, ripete lo stesso invito, di «riparare la sua Chiesa» con una vita santamente vissuta.
O alto e glorioso Dio,
illumina el core mio.
Dame fede diricta,
speranza certa,
carità perfecta,
humiltà profonda,
senno e cognoscemento,
che io servi li toi comandamenti.
Amen.

RAPISCA

È riportata da Ubertino da Casale nel suo Arbor Vitae. S. Francesco molto spesso la recitava, però
come preghiera è molto più antica. Il Santo la adattò ai propri sentimenti personali, apportandovi
varie modificazioni.

Rapisca, ti prego, o Signore,


l’adente e dolce forza del tuo amore
la mente mia da tutte le cose
che' sono sotto il cielo,
perché io muoia per amore dell'amor tuo,
come tu ti sei degnato
morire per amore dell'amore mio.

SIGNORE MIO GESÙ CRISTO

È riportata dai Fioretti, nella prima considerazione delle sacre Stimmate. Ecco il racconto dei
Fioretti: La seconda sera, tra per lo maltempo e perché erano istanchi, non poterono giungere a un
luogo di frati, nè a villa nessuna e, sopraggiungendo la notte col maltempo. si ricoverarono ad
albergo lo una chiesa abbandonata e disabitata e ivi si puosono a riposare. E dormendo li
compagni, santo Francesco si gettò in orazione; ed eccoti, in su la prima vigilia della notte venire
una grande moltitudine di demoni ferocissimi con romore e stropiccio grandissimo e cominciarono
fortemente a dargli battaglia e noia; donde l'uno lo pigliava di qua e l'altro di là: l'uno lo tirava giù,
l'altro in sù... i demoni con grandissimo empito e furia silo presono e incominciarondo a sfrascinare
per la chiesa e fargli troppo maggiore molestia e noia che prima. E santo Francesco cominciò
allora a gridare e dire: "Signore mio Gesù Cristo...". Allora li demoni, contusi e vinti dalla sua
costanza e pazienza. si partirono... Recitiamola anche noi nei momenti della prova. E’ del 1224.

Signore mio Gesù Cristo,


io ti ringrazio
di tanto amore e carità
quanto tu mostri verso di me;
ché è segno di grande amore,
quando il Signore punisce bene il servo
di tutti i suoi difetti in questo mondo,
acciò che non ne sia punito nell'altro.
E io son apparecchiato a sostenere allegramente
ogni pena e ogni avversità che tu, Iddio mio
mi vuogli mandare
per li miei peccati.

PREGHIERA PER LA PACE


Questa famosa preghiera, molto antica, probabilmente non autentica, ma spesso attribuita a S.
Francesco, la riportiamo, perché, se non nelle parole, certamente è conforme allo spirito del Padre
Serafico. Durante la I Guerra mondiale ne fu presentata una copia a Benedetto XV, che la gradì
molto e fece voti perché fosse diffusa. Nel giorno dell'istituzione dell'Organizzazione delle Nazioni
Unite, a San Francesco (mentre infuriava ancora la II Guerra Mondiale) i cattolici e i protestanti,
ne distribuirono centinaia di migliaia di copie, perché tutti la recitassero per ottenere la pace.
Recitiamola anche noi ogni giorno, e cerchiamo di realizzare nell'ambiente in cui viviamo quanto
essa esprime.

Signore,
fammi strumento della tua Pace:
Dove è odio, fa che io porti l'Amore
Dove è offesa, che io porti il Perdono
Dove è discordia, che io porti l'Unione
Dove è errore, che io porti la Verità
Dove è disperazione, che io porti la Speranza.
Dove è tristezza, che io porti la Gioia
Dove sono le tenebre, che io porti la Luce.
Signore,
fa che io non cerchi tanto:
di essere consolato, quanto di consolare;
di essere compreso, quanto di comprendere;
di essere amato, quanto di amare.
Poiché è:
Donandosi, che si riceve:
Dimenticando se stessi, che ci si ritrova,
Perdonando che si è perdonati,
Morendo che si risuscita a Vita Eterna.

O SIGNORE GESU’ CRISTO

I ministri provinciali, condotti da frate Elia, vanno a Fontecolombo, mentre Francesco sta scrivendo
la Regola. Essi protestano perché la Regola, essi dicono, è «sopra le forze umane». E Francesco
turbato nello spirito fremette e voltando la sua faccia verso il cielo parlando a Cristo come ad un
amico, disse:

Signore Gesù Cristo,


non ti avevo detto forse
che non mi avrebbero creduto?
Perché dunque mi fai lavorare inutilmente?
Io per te sono pronto a morire
e a sostenere il carcere:
ma se gli altri non ti vogliono seguire,
lasciali andare.

PREGHIERA PER LE STIMMATE

L'autore dei Fioretti ci riferisce nella «terza considerazione delle sacre Stimmate» anche il giorno in
cui il Serafico Padre pronunciò questa preghiera: «Viene il dì seguente, cioè il dì della Santissima
Croce (14-9-1224), e santo Francesco la mattina per tempo, innanzi dì si gitta in orazione dinanzi
all'uscio della sua cella, volgendo la faccia inverso l'oriente, e orava in questa forma:

Signore mio Gesù Cristo,


due grazie ti prego che tu mi faccia,
innanzi che io muoia:
La prima che in vita mia
io senta nell'anima e nel corpo mio,
quanto è possibile,
quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nell'ora
della tua acerbissima passione;
La seconda si è che io senta nel cuore mio,
quanto è possibile,
quello eccessivo amore del quale tu,
Figliuolo di Dio
eri acceso a sostenere volentieri
tanta passione per noi peccatori.

ALLA VE R G I N E

SALUTO ALLA VERGINE

«Circondava - scrive il Da Celano - di un amore indicibile, Francesco, la Madre di Gesù, perché


aveva reso nostro fratello il Signore della maestà. Aveva voluto fondare il suo Ordine, all'ombra di
una Chiesetta a Lei dedicata: Santa Maria degli Angeli. Per sua intercessione ottenne il Perdono di
Assisi, e la costituì Avvocata dell'Ordine (2 CeI. CL 198). Abbiamo di Lui varie preghiere alla
Vergine. La prima è il «Saluto alla Vergine». «Si tratta - scrive il da Campagnola - in sostanza, di
una preghiera ritmica, intessuta di invocazioni in parte bibliche, in parte patristiche (in particolare
Germano, vescovo di Costantinopoli e Pier Damiani) rivolte alla Vergine...».

Ti saluto Signora,
santa Regina,
Santissima Madre di Dio,
Maria, che sempre sei Vergine.
Eletta dal santissimo Padre celeste, e da Lui,
col santissimo Figlio diletto,
e con lo Spirito Santo Paraclito, consacrata.
Tu, in cui fu ed è
ogni pienezza di grazia
e ogni bene.
Ti saluto, suo Palazzo,
Ti saluto, sua tenda;
Ti saluto, sua Casa.
Ti saluto, suo Vestimento;
Ti saluto, sua Ancella;
Ti saluto, sua Madre.
E saluto, voi tutte sante Virtù,
che per grazia e lume, dello Spirito Santo,
siete infuse nei cuori dei fedeli,
affinché li rendiate,
da infedeli, fedeli a Dio.

SANTA MADRE Dl DIO

Tommaso da Celano, parlando dell'amore di Francesco per Maria aggiunge: «A suo onore cantava
lodi particolari, innalzava preghiere, offriva affetti tanti e tali che lingua umana non potrebbe
esprimere». Questa è un'altra delle preghiere alla Vergine del Serafico Padre: Questa preghiera fu
edita da Paul Sabatier, alla fine dello «Speculum Perfecfionis», ed è posta dopo il Padre nostro
parafrasate.

Santa Madre di Dio,


dolce e bella,
prega per noi il Re,
votatosi alla morte,
il tuo dolcissimo Figlio,
nostro Signore Gesù Cristo,
di accordarci,
per sua bontà,
e per i meriti,
della sua santissima incarnazione,
e della sua dolorosissima morte
il perdono dei nostri peccati. Amen.

SANTA MARIA VERGINE

Questa preghiera fa parte dell'Ufficio della Passione del Signore, compilata da S. Francesco, veniva
annunciata prima del salmo di ogni ora e recitata per intero alla fine dello stesso salmo.

Santa Maria Vergine,


non vi è alcuna simile a Te,
nata nel mondo, fra le donne;
Figlia e Ancella dell'altissimo Re,
il Padre Celeste;
Madre del Santissimo Signore nostro Gesù Cristo;
Sposa dello Spirito Santo.
Prega per noi con San Michele Arcangelo,
e con tutte le Virtù dei cieli
e con tutti i Santi,
presso il tuo santissimo Figlio diletto,
nostro Signore e Maestro.

BENEDIZIONE ALLA CITTÀ DI ASSISI

Questa Orazione-Benedizione è riportata dall'Anonimo della «Leggenda Perugina». Peggiorando


sempre più in salute, Francesco si fece portare, dai suoi frati alla Porziuncola in barella. Giunti
vicino all'Ospedale, disse loro di posare la barella per terra, ma voltandolo in modo che tenesse il
viso rivolto verso la città di Assisi: egli aveva perduto quasi del tutto la vista, per la gravissima,
lunga infermità d'occhi. Si drizzò allora un poco sulla lettiga e benedisse Assisi con queste parole.
Questa preghiera, noi recitiamola per la nostra città e per la nostra patria.

Signore,
credo che questa città
sia stata anticamente rifugio e dimora
di malvagi iniqui uomini,
malfamati in tutte queste regioni.
Ma per la tua copiosa misericordia,
nel tempo che piacque a te,
vedo che hai mostrato
la sovrabbondanza della tua bontà,
così che la città è diventata rifugio
e soggiorno di quelli che ti conoscono
e danno gloria al tuo nome
e spandono profumo di vita santa,
diretta dottrina
e buona fama in tutto il popolo cristiano.
Io ti prego dunque,
o Signore Gesù Cristo,
padre della misericordia,
di non guardare alla nostra ingratitudine,
ma di ricordare
solo l'abbondanza della tua bontà,
che le hai dimostrato.
Sia sempre questa città,
terra e abitazione di quelli che ti conoscono
e glorificano il tuo nome benedetto
e glorioso nei secoli dei secoli.
Amen.
IL CAN T I C O DI FRAT E SOL E O CAN T I C O DELL E
CR E A T U R E

CANTICO DELLE CREATURE

È, senza dubbio, merito del Poverello d'Assisi l'inizio della poesia italiana con il Cantico di Frate
Sole. Con questo «Cantico delle Creature» Francesco invita le creature del cielo e della terra a
lodare Iddio suo Signore. - Pensiamo quando lo compose: all'indomani di una «notte vertice di tutti
i suoi dolori, là nella casupola di frasche a San Damiano - quando - la voce di Dio lo assicura del
Paradiso». Questo sta a dire anche a noi come dobbiamo accettare i dolori della vita: volgendo
sempre lo sguardo al cielo. Ricordiamo che il Cantico, prima che poesia, è preghiera di
ringraziamento sgorgata dal cuore ferito dell'Assisiate, quando Dio lo assicura della salvezza.
Recitiamolo spesso anche noi con gli stessi sentimenti del Padre Serafico.

Altissimo, onnipotente, bon Signore,


tue so le laude, la gloria e l'onore e
onne benedizione.
A te solo, Altissimo, se confano
e nullo omo è digno te mentovare.
Laudato sie, mi Signore, cun tutte le tue creature,
spezialmente messer lo frate Sole,
lo quale è iorno e allumini noi per lui.
Ed ello è bello e radiante cun grande splendore:
de te, Altissimo, porta significazione.
Laudato si, mi Signore, per sora Luna e le Stelle:
in cielo l'hai formate dante e preziose e belle.
Laudato si, mi Signore, per frate Vento,
e per Aere e Nubilo e Sereno e onne tempo,
per lo quale a le tue creature dai sustentamento.
Laudato si mi Signore, per sora Aqua,
quale molto utile e umile e preziosa e casta.
Laudato si, mi Signore., per frate Foco,
per lo quale enn'allumini la nocte:
ed ello è bello e iocondo e robustoso e forte.
Laudato si, mi Signore, per sora nostra terra
la quale ne sostenta e governa,
e produce diversi fructi con coloriti fiori ed erba.
Laudato si, mi Signore, per quelli che perdonano
per lo tuo amore
e sostengo infirmitate e tribulazione.
Beati quelli che'l sosterranno in pace,
da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si, mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullo omo vivente po' scampare.
Guai a quelli che morranno ne le peccata mortali!
Beati quelli che troverà ne le tue sanctissime voluntati,
ca la morte seconda no li farrà male.
Laudate e benedicite, mi Signore,
rengraziate e serviteli cun grande umiltate.

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