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Facolt di Ingegneria
Luigi Verdiani
ii
1. Insiemistica .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1
2. Matrici e determinanti
. . . . . . . . . . . . . . . . 14
3. Calcolo Vettoriale
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
Vettori liberi, 23. Operazioni elementari, 24. Parallelismo e complanarit, 28. Basi dello spazio dei vettori liberi, 34. Prodotto scalare
e ortogonalit, 37. Prodotto vettoriale e prodotto misto, 44. Equazioni vettoriali, 53. Il metodo delle coordinate, 56.
4. Geometria Analitica .
. . . . . . . . . . . . . . . . . 61
Coordinate nello spazio Euclideo, 61. Rette nello spazio Euclideo, 62.
Piani nello spazio Euclideo, 69. Posizione reciproca di rette e piani
nello spazio, 74. Fasci di piani, 80. Relazioni metriche, 85.
5. Sistemi Lineari .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91
6. Algebra Lineare .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112
Spazi vettoriali, 112. Sottospazi vettoriali, 113. Basi di spazi vettoriali, 119. Applicazioni lineari, 125. Matrice associata ad una applicazione lineare, 129. Nucleo e immagine, 133. Inversa di una matrice, 137. Cambiamento di base, 141. Diagonalizzazione di applicazioni lineari, 144.
. . . . . . 153
. . . . . . . . . . 164
Forme bilineari e sesquilineari, 164. Il Teorema spettrale, 168. Coniche, 172. Quadriche, 179.
. . . . . . . . . . . . . . . 183
iv
Indice analitico
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 194
Insiemi
Quello di insieme un concetto primitivo in matematica e affidiamo
la sua definizione allusuale senso attribuitogli dal linguaggio comune.
Fra gli insiemi che verranno presi in considerazione nel corso si distinguono quelli numerici alcuni dei quali verranno indicati con i seguenti
simboli
N - Linsieme dei numeri naturali
Z - Linsieme dei numeri interi
Q - Linsieme dei numeri razionali
R - Linsieme dei numeri reali
C - Linsieme dei numeri complessi
Dove questo abbia senso, un segno utilizzato come apice indica la
restrizione ai soli numeri positivi (e.g. Z+ ) o negativi (e.g. Z ).
Si utilizzer inoltre la seguente convenzione: si indicano con lettere
maiuscole gli insiemi e con lettere minuscole i loro eventuali elementi.
La condizione di appartenenza dellelemento a allinsieme A si indica
con a A mentre la non appartenenza verr indicata con a A. Se si
verifica che ogni elemento di un insieme B appartiene anche allinsieme
A si dice che B un sottoinsieme di A e si indica B A. Se B un
sottoinsieme di A ma si certi che esista almeno un elemento di A non
appartenente a B si indica B A e si dice che B un sottoinsieme proprio
di A.
Si possono definire delle operazioni fra insiemi che definiscono nuovi
insiemi.
Se, ad esempio, B A si definisce il complementare di B in A come
CA (B) = {a A | a B}.
In particolare il complementare di A in A
un insieme privo di elementi detto insieme
vuoto per il quale si usa il particolare simbolo .
CA (B)
B
A
Fig. 1.1 Complementare di B in A
Capitolo 1
Insiemistica
AB
A B = {c | c A o c B}.
AB
1
| n N}
n
Relazioni
1.2
B A = {(a, 1), (a, 2), (a, 3), (b, 1), (b, 2), (b, 3)}
Esercizio 1.1 Siano A = {1/n | n N} e B = {x R | 12x 3 4x 2 3x +
1 = 0}. Determinare A B, CR (A), CA (A B).
(1)n
Esercizio 1.2 Sia A = {( n , n ) R R | n N}. Rappresentare graficamente linsieme A come sottoinsieme del piano cartesiano.
Esercizio 1.3 Sia 2a la lunghezza dello spigolo di un cubo inscritto in una
Pn
sfera di raggio unitario e A = {bn = i=0 ai | n N}. Determinare il pi
piccolo intervallo [x, y] R tale che A [x, y].
Relazioni
Definizione 1.1 Una relazione una terna ordinata (A, R, B) dove A e B
sono due insiemi e R un sottoinsieme del prodotto cartesiano di A e B.
Se una coppia (a, b) appartiene a R si dice che a in relazione con b e si
indica aRb. Linsieme
DR = {a A | b B tale che aRb}
detto dominio della relazione. Linsieme
IR = {b B | a A tale che aRb}
detto codominio della relazione. R detto grafico della relazione. Una
relazione si dice suriettiva se IR = B, ovvero se ogni elemento di B in
relazione con almeno un elemento di A. E detta iniettiva se
(a1 , b) R, (a2 , b) R a1 = a2 .
ovvero se elementi distinti di A sono in relazione con elementi distinti di
B. Una relazione che sia iniettiva e suriettiva si dice biettiva .
La definizione data di relazione (A, R, B) costituisce una generalizzazione del noto concetto di funzione, dato come regola che associa ad
ogni elemento di un sottoinsieme di A (il dominio della funzione) uno e
un solo elemento di B. Si pu allora pensare, data una coppia (a, b) R,
a b come immagine, tramite la funzione, di a. Una relazione rappresenta
quindi una funzione se e solo se (a, b1 ) R e (a, b2 ) R comporta
b1 = b2 . Le definizioni date di iniettivit, suriettivit e biettivit si estendono quindi alle funzioni.
Capitolo 1
Insiemistica
Esempio 1.3 Nel caso di insiemi finiti (e con pochi elementi) pu essere
conveniente rappresentare graficamente la relazione. Se
A = {a, b, c, d, e, f }
B = {1, 2, 3, 4, 5, 6}
b x
x
x
x
B
Fig. 1.3 Rappresentazione insiemistica e tabulare di una relazione
Relazioni
1.2
Se, data una relazione (A, R, B), definita una relazione (B, S, C),
possibile definire una terza relazione, detta relazione composta , data da
(A, S R, C) dove
S R = {(a, c) A C | b B tale che (a, b) R e (b, c) S}.
Esempio 1.5 Indichiamo con A e B gli insiemi dei punti di due rette parallele nel piano euclideo E 2 . Sia p un punto del piano che non appartiene ad
A o B. Definiamo la relazione (A, R, B) dove (a, b) R se la distanza di
a da p uguale alla distanza di b da p. Se a A i punti di B in relazione
con a sono i punti di intersezione fra la retta B e la circonferenza di centro p e raggio pari alla distanza fra a e p. A seconda della disposizione
delle rette e del punto e della scelta di a tale intersezione pu essere vuota
o data da uno o due punti. Sicuramente possibile trovare un punto a
in modo che tale circonferenza intersechi la retta B in due punti quindi la
relazione non iniettiva. La relazione suriettiva se e solo se la distanza
della retta B dal punto p non inferiore a quella della retta A da p.
Esempio 1.6 Sia p N. Consideriamo la relazione (Z, R, Z) dove (n, m)
R se e solo se n m divisibile per p. Deve quindi essere n = m + kp
Capitolo 1
Insiemistica
R = {(x, y) | x y};
R = {(x, y) | x = y oppure y = 5};
R = {(x, y) | y = x 2 + x 1}.
Esercizio 1.5 Sia A = {1, 2, 3, 4, 5} e sia data la relazione (A, R, A), dove
(a1 , a2 ) R se e solo se x + y = 6. Esplicitare gli elementi di R e stabilire
il dominio e il codominio della relazione. Stabilire inoltre se la relazione
Strutture algebriche
1.3
Strutture algebriche
In questa sezione introduciamo alcuni concetti che non troveranno
(per motivi di spazio) grande applicazione nel corso ma sono fondamentali in molte applicazioni, ad esempio la crittografia. Lo scopo primario
qui vedere, in un caso in cui possibile verificare tutto facendo dei
semplici calcoli, come ad una certa classe di insiemi sia naturale associare dei particolari sottoinsiemi e delle funzioni. Questo dovrebbe
permettere di familiarizzare con dei concetti che verranno ripresi ed approfonditi pi avanti.
Definizione 1.2 Un gruppo un insieme G in cui siano definite due operazioni, il prodotto G G G e linversa G G, che godano delle seguenti
propriet
(i) Esiste un elemento e G, detto elemento neutro, tale che g G
si abbia g e = e g = g.
(ii) Vale la propriet associativa cio g1 , g2 , g3 G si ha (g1 g2 )
g3 = g1 (g2 g3 ).
Capitolo 1
Insiemistica
Strutture algebriche
1.3
[0]
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
[0]
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
[0]
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
[0]
[2]
[3]
[4]
[5]
[0]
[1]
[3]
[4]
[5]
[0]
[1]
[2]
[4]
[5]
[0]
[1]
[2]
[3]
[5]
[0]
[1]
[2]
[3]
[4]
10
Capitolo 1
Insiemistica
simmetrici. Questi sono dati dallinsieme delle permutazioni degli elementi di un insieme fissato dove loperazione di prodotto data dalla
composizione. Consideriamo ad esempio un un insieme composto da 3 elementi {A, B, C}. Possiamo enumerare le possibili permutazioni in base al
mumero di elementi che queste tengono fermo. C una sola permutazione
che fissa tutti gli elementi 0 : (A, B, C)) (A, B, C) (lelemento neutro del
gruppo), una permutazione che fissa solo lelemento A e scambia B e C:
23 : (A, B, C) (A, C, B) e altre due 13 e 12 che tengono rispettivamente fissi B e C. Esistono infine due permutazioni che non fissano alcun
elemento 231 : (A, B, C) (B, C, A), 312 : (A, B, C) (C, A, B). A titolo
di esempio si ha la composizione
12 312 : (A, B, C) (C, A, B) (A, C, B) = 23 .
Il gruppo simmetrico di un insieme di n oggetti composto da n! elementi.
I primi esempi di gruppo che abbiamo dato sono gli interi, i razionali
e i numeri reali, muniti delloperazione di somma. Abbiamo ovviamente
linclusione Z Q R. Loperazione di gruppo in Z coincide con la
restrizione a Z delloperazione di gruppo definita in Q e lo stesso avviene
per Q visto come sottoinsieme di R. In pratica abbiamo che il gruppo R
contiene dei sottoinsiemi che hanno, rispetto alloperazione di gruppo
definita in R, una struttura di gruppo. Questo un fenomeno che si
presenta molto spesso
Definizione 1.4 Un sottogruppo di un gruppo G un sottoinsieme S G
che sia chiuso rispetto alle operazioni di prodotto ed inversione definite in
G.
Si dimostra facilmente che un sottogruppo , a sua volta, un gruppo
munito delle operazioni di prodotto ed inversione indotte da G.
Esempio 1.15 Consideriamo il gruppo diedrale D6 di ordine 6. Gli elementi di questo gruppo si possono dividere in due classi: le rotazioni e i
ribaltamenti. Si verifica facilmente che linsieme dei ribaltamenti non
chiuso rispetto al prodotto, mentre quello delle rotazioni {e, r , r 2 } lo ed
chiuso anche rispetto alloperazione di inversione. Ne segue che linsieme
delle rotazioni costituisce un sottogruppo del gruppo diedrale, costituito
da 3 elementi.
Capita spesso in matematica che a delle classi di insiemi si associno
delle funzioni che li mettono in relazione. Vediamo qui un primo esem-
Strutture algebriche
1.3
f ([1]) = r ,
f ([2]) = r 2
11
12
Capitolo 1
Insiemistica
Strutture algebriche
1.3
a
b
c
d
b
a
d
c
a
b
c
d
d
c
b
a
c
d
b
a
13
Matrici
Le matrici sono uno strumento essenziale in geometria. Della vasta
teoria che le riguarda tratteremo solo alcune delle operazioni elementari,
funzionali ad altre parti del corso.
Definizione 2.1 Una matrice di tipo mn (a coefficienti reali) un insieme
ordinato di m n numeri reali disposti su m righe e n colonne. Se m = n
la matrice si dice quadrata e n detto ordine della matrice.
Una matrice A quindi un oggetto rappresentabile nella forma
a11
a
21
A=
..
.
am1
a12
a22
..
.
..
.
am2
a1n
a2n
..
.
amn
!
1 2
,
0 1
!
0 0 0
,
B=
2 1 1
1 0 0
C = 0 1 1 .
0 0 2
Matrici
2.1
1 1
AT = 2 1 .
0 1
Definizione 2.3 Siano A e B due matrici di tipo m n. Si definisce la
matrice somma C di A e B, che indicheremo con C = A + B, come la
matrice i cui elementi sono definiti da cij = aij + bij.
Si sommano quindi gli elementi che occupano la stessa posizione nelle
matrici. E possibile effettuare la somma tra matrici solo se queste sono
dello stesso tipo.
Esempio 2.3 Siano
A=
!
1 2
,
3 4
B=
!
1 0
.
1 0
!
2 2
.
4 4
15
16
Capitolo 2
Matrici e determinanti
n
X
ais bsj .
s=1
1 1 1
,
2 0 1
Si ha allora
AB =
1 2 1
0 .
B = 3 1
0 1 0
!
4 4 1
.
2 5 2
Matrici
2.1
1 0 0
0 1 0
In =
..
..
.. ..
.
. .
.
0 0
A.
0
1
1 0 1 0
2
3
. Calcolare
Esercizio 2.1 Siano A = 1 0 2 0 e B =
1 2
0 0 1 1
3 4
A B.
!
!
2 1
1 1
. Calcolare i prodotti A B
,B=
Esercizio 2.2 Siano A =
1 1
0 2
e B A.
!
1 0
. Calcolare A2 .
Esercizio 2.3 Sia A =
2 1
17
18
Capitolo 2
Matrici e determinanti
!
1 1
. Calcolare Ak , dove k un numero natu0 1
rale.
Esercizio 2.5 Sia A = 1 1 1 . Calcolare A AT . Provare che se A
1
0
3 X 2 = 1 0 1 1 .
1
3
Esercizio 2.7 Siano V1 =
1
0
e V2 =
!
0
. Calcolare A V1 e A V2 dove
1
A la matrice
1)
2 0
,
0 2
2)
2
2
2
2
2
2 ,
2
2
3)
!
0 1
,
1 0
4)
!
1 0
.
0 1
!
x
lelemento di coordinate (x, y) del
Associando ad una matrice X =
y
piano cartesiano R2 , possibile pensare alla funzione X A X come
ad una funzione R2 R2 . Considerare, per ogni scelta della matrice A,
i punti del piano corrispondenti a V1 e V2 e le loro immagini. Cercare di
dedurne il comportamento globale della funzione.
2.2
!
2 1
. Il suo determinante
3 1
det(A) = 2 1 1 3 = 1.
Vediamo questa espressione in un modo che consente di generalizzarla. Scegliamo una riga, ad esempio la prima. Per ogni elemento aij
di tale riga consideriamo la matrice che si ottiene cancellando
la riga e
la colonna che lo contengono. Questa matrice a22 se stiamo con
siderando lelemento a11 e a21 se stiamo considerando a12 . Quindi
moltiplichiamo aij per il determinante della matrice corrispondente (che
in questo caso di ordine 1). Cambiamo segno al risultato se la somma
degli indici i e j dispari (questo equivale a moltiplicarlo per (1)i+j ).
Otteniamo a questo punto le due quantit a11 a22 e a12 a21 . La loro
somma il determinante della matrice.
Formalizziamo questa costruzione
Definizione 2.7 Sia A una matrice quadrata di ordine n. Sia aij un suo
elemento e Aij la matrice (di ordine n 1) che si ottiene da A cancellando la i-esima riga e la j-esima colonna (ovvero la riga e la colonna che
contengono aij ). Il complemento algebrico ij di aij
ij = (1)i+j det(Aij ).
1 0 2
19
20
Capitolo 2
Matrici e determinanti
n
X
aij ij .
i=1
2 0 0
1
0 1 1
1 1 2 0
1 1 1
1 1 1
1 2 3
4 5
8 8
2.2
1 0 3
1 0 3 1 0
B = 2 0 1 2 0 .
3 1 2 3 1
Nella matrice B possiamo considerare 3
1 . . . .
. 0 . .
. 0 . . . , . . 1 .
. . 2 . .
. . . 3
e 3 diagonali destre
. . .
.
0
. . . 2 . ,
. . 2
.
.
diagonali sinistre
.
. . 3
.
.
. , . . . 2 . ,
.
. . .
.
1
. . . 1 .
. . 1 . . ,
. 1 . . .
. . 3 . .
. 0 . . . .
3 . . . .
21
22
Capitolo 2
Matrici e determinanti
1
3
1
1
6
1
2
4
1
3
1
5
.
2
4
1 1 2
0 1 1
1 0
0
0 2 0
0 3
A=0
.
..
..
..
.
.
0
0
0
..
.
0
0
0
..
.
B=0
.
..
a12
2
0
..
.
a13
a23
3
..
.
..
.
a1n
a2n
a3n
.
..
.
Vettori liberi
Indichiamo con E 3 lo spazio Euclideo. Definiamo vettore applicato una
coppia ordinata di punti (p, q) E 3 E 3 . Se i punti sono distinti individuano una retta e, considerando la successione dei due punti, una
orientamento sulla retta. Chiamiamo p primo estremo (o punto di applicazione) del vettore e q secondo estremo del vettore. Fissata una unit
di misura, la distanza di p da q detta modulo (o lunghezza) del vettore.
Se p = q il vettore detto vettore nullo .
E comodo dare una rappresentazione grafica di un vettore con una
freccia che congiunga i punti p e q.
Nelluso pratico pu essere conveniente adottare la simbologia q p
in sostituzione di (p, q).
Dati due vettori applicati non nulli, si dice che questi hanno la stessa
direzione se le rette su cui giacs
t
ciono sono parallele o coincidenti.
r
p
In tal caso diremo che hanno lo
u
stesso verso se inducono la stessa
orientazione sulle rette parallele
(pi rigorosamente, se si trasla uq
na delle due rette, muovendola parallelamente a se stessa, fino a far
coincidere i primi estremi, i punti
Fig. 3.1 Vettori con la stessa direzione
finali si trovano sulla stessa semiretta con origine nel primo estremo).
Con riferimento alla Fig. 3.1 i vettori (t, u) e (p, q) hanno lo stesso
verso mentre (t, u) e (r , s) hanno verso opposto. Un vettore nullo ha,
per convenzione, la stessa direzione e lo stesso verso di qualsiasi altro
vettore applicato.
Nellinsieme V dei vettori applicati definiamo una relazione (V , R, V )
dove (p, q)R(r , s) se i due vettori hanno la stessa direzione, lo stesso
verso e lo stesso modulo. In pratica due vettori applicati sono in relazione se possibile sovrapporre le corrispondenti frecce con una
24
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
Operazioni elementari
Nellinsieme V dei vettori liberi possibile definire delle operazioni.
Consideriamo due operazioni elementari, la somma tra vettori ed il
prodotto di un vettore per un numero (prodotto per uno scalare).
Dati due vettori v, w di definisce la loro somma v + w mediante
la cosiddetta regola del parallelogrammo. Si fissi un punto o e si
q
v +w
determini il rappresentante (o, p)
w
di v avente il primo estremo in o,
quindi il rappresentante (p, q) di
p
o
v
w avente il primo estremo in p. Il
vettore applicato (o, q) , per defiFig. 3.3 Somma tra vettori
nizione, il rappresentante di v +w.
La costruzione effettuata per definire la somma di due vettori liberi
Operazioni elementari
3.2
dipende dalla scelta (arbitraria) del punto o. Non per difficile verificare che il risultato di tale costruzione lo stesso qualunque sia il punto
o. In particolare possibile considerare i rappresentanti dei vettori v
e w applicati nello stesso punto o. In tal caso il secondo estremo di
v + w il vertice opposto ad o nel parallelogrammo che ha per lati i due
rappresentanti (tale parallelogramma degenera in un segmento se i due
vettori sono paralleli!).
Il vertice opposto ad o pu essere raggiunto seguendo due diversi percorsi sul perimetro del parallelov
grammo. Uno di tali percorsi rappresenta, secondo la definizione daw
w
ta di somma di vettori liberi, v +w,
laltro w + v. Quindi
v
v +w = w +v
(3.1)
Fig. 3.4 Commutativit della somma
(3.2)
Cio il vettore nullo lelemento neutro nella somma tra vettori liberi
(svolge lo stesso ruolo di 0 nella somma di numeri reali).
Dato un vettore v si consideri un suo rappresentante (p, q). Sulla
semiretta avente origine in p, con la stessa direzione di v ma verso
opposto, si consideri il punto q avente la stessa distanza di q da p.
La coppia (p, q ) rappresenta un vettore libero e si verifica immediatamente che la somma di v con tale vettore ha come risultato il vettore
nullo. Tale vettore si indica con v ed detto opposto di v.
v + (v) = 0.
(3.3)
25
26
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
somma, orientata dal secondo estremo del rappresentante di w al secondo estremo del rappresentante di v.
Si pu provare che la somma tra vettori gode anche della propriet
associativa, cio
(v + w) + t = v + (w + t).
(3.4)
(3.5)
(v) = ()v;
(3.6)
( + )v = v + v;
(3.7)
(v + w) = v + w.
(3.8)
v
2v
v
Fig. 3.6 Prodotto per uno scalare
Operazioni elementari
3.2
27
28
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
Infatti (a, a ) = (a, b)+ 2 (b, c), (b, b ) = (b, c)+ 2 (c, a), (c, c ) = (c, a)+
1
2
Esercizio 3.1 Provare che se a, b, c sono tre vettori liberi che verificano
a + b = c + b allora a = c.
Esercizio 3.2 Dimostrare, usando la definizione di somma tra vettori, che
tale operazione gode della propriet associativa (3.4).
Esercizio 3.3 Provare che 0 v = 0 e (1) v = v qualunque sia il vettore
v.
Esercizio 3.4 Provare che se v = 0 si deve avere v = 0 o = 0.
Esercizio 3.5 Linsieme P30 dei polinomi di grado non superiore a 3 e tali
che p(0) = 0 per ogni p(x) P30 uno spazio vettoriale?
Esercizio 3.6 Provare che linsieme C 1 [0, 1] delle funzioni derivabili con
derivata continua nellintervallo [0, 1] uno spazio vettoriale. Il suo sottoinsieme costituito dalle funzioni f (x) t.c. f (0) = 1 ancora uno spazio
vettoriale?
Esercizio 3.7 Provare che se x il punto medio del segmento ab e o un
punto qualsiasi, si ha
(o, x) =
1
((o, a) + (o, b)) .
2
Parallelismo e complanarit
Ad ogni vettore non nullo v possiamo associare un altro vettore, detto
versore di v, definito da
ver s v =
1
v.
|v|
Parallelismo e complanarit
3.3
|w|
v.
|v|
29
30
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
(3.9)
Parallelismo e complanarit
3.3
(3.10)
Quindi esiste una combinazione lineare (i cui coefficienti sono non tutti
nulli, in quanto quello di v nella (3.9) e quello di t nella (3.10) sono uguali
ad 1) dei vettori in esame che ha come risultato il vettore nullo. Questo
suggerisce la seguenti definizioni
Definizione 3.4 Dei vettori v 1 , . . . , v n si dicono linearmente dipendenti
se esiste una loro combinazione lineare, i cui coefficienti non siano tutti
nulli, che ha come risultato il vettore nullo. Se si ha invece che
1 v 1 + . . . + n v n = 0
implica necessariamente 1 = . . . = n = 0 i vettori si dicono linearmente
indipendenti .
Si osservi che se, nella precedente definizione, n = 1, il vettore v 1
linearmente dipendente se e solo se il vettore nullo infatti si deve avere
1 v 1 = 0 con v 0 (cfr. Esercizio 3.4). Se uno tra i vettori v 1 , . . . , v n ,
ad esempio v 1 , nullo, i vettori sono linearmente dipendenti infatti la
loro combinazione lineare
v1 + 0 v2 + . . . + 0 vn
nulla ma il coefficiente di v 1 diverso da 0.
Esempio 3.5 I vettori v, w e 2 v w sono linearmente dipendenti in
quanto il terzo combinazione lineare dei primi due.
Esempio 3.6 Siano v e w due vettori linearmente indipendenti. Allora
v e v + w sono linearmente indipendenti. Dal punto di vista geometrico
questo ovvio, se fossero linearmente dipendenti dovrebbero essere paralleli, mentre, fissando dei rappresentanti, v + w la diagonale di un
parallelogrammo di cui v lato, quindi il parallelismo impossibile.
Verifichiamo il risultato anche per via algebrica. Se, per assurdo, fossero linearmente dipendenti, esisterebbe una loro combinazione lineare
nulla
1 v + 2 (v + w) = 0
31
32
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
Parallelismo e complanarit
3.3
33
34
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
Esercizio 3.13 Siano u e v due vettori linearmente indipendenti. Verificare che i vettori t 1 = v 2 u e t 2 = 3 uv sono linearmente indipendenti.
Scrivere u e v come combinazione lineare di t 1 e t 2 .
Esercizio 3.14 Siano v 1 , . . . , v n dei vettori complanari (n 3). Da quanti
elementi composto, al pi, un loro sottoinsieme di vettori linearmente
indipendenti?
Esercizio 3.15 Si provi che i polinomi 1, x, x 2 , x 3 di P3 sono linearmente
indipendenti.
Esercizio 3.16 Si consideri lo spazio vettoriale P3 (cfr. Esempio 3.2) e i
seguenti polinomi: p(x) = x 2 x + 1, q(x) = 2x + 1, r (x) = x 2 + x + 2,
s(x) = x 2 + x + 1. Provare che
(i) p(x) e q(x) sono linearmente indipendenti;
(ii) p(x), q(x) e r (x) sono linearmente dipendenti;
(iii) p(x), q(x) e s(x) sono linearmente indipendenti.
Si esprima quindi q(x) come combinazione lineare di p(x) e r (x).
Esercizio 3.17 Si consideri lo spazio vettoriale R4 (cfr. Esempio 3.3) e
i seguenti vettori v1 = (1, 1, 0, 0) , v2 = (1, 0, 1, 0) , v3 = (0, 1, 1, 0) ,
v4 = (1, 0, 0, 1). Dire se sono linearmente indipendenti e, se possibile,
esprimere v = (1, 0, 0, 1) come combinazione lineare di v1 , . . . , v4 .
3.4
Dim.
I tre vettori v 1 , v 2 , v 3 non sono complanari (si veda lequazione (3.10)).
Consideriamo quindi tre loro rappresentanti (o, p), (o, q), (o, r ) applicati in uno stesso punto o. I punti o, p, q, r non sono quindi complanari.
Indichiamo invece con il piano individuato dai punti o, p, q.
Sia ora v un qualsiasi vettore libero e (o, s) il suo rappresentante applicato nel punto o. La retta passante
per s e parallela alla direzione di (o, r )
r
interseca in un punto s , il vettore applicato (s , s) , per co-struzione paralq
s
lelo a (o, r ), quindi rappresenta un vettore w 3 parallelo a v 3 . Esiste allora uno
scalare 3 tale che w 3 = 3 v 3 . Il vets
35
36
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
Definizione 3.5 Si definisce base dello spazio dei vettori liberi una terna
di vettori linearmente indipendenti.
In particolare ogni base dello spazio dei vettori liberi composta da 3
elementi. Dal Teorema della base segue che, data una base, qualsiasi altro vettore pu essere scritto come combinazione lineare degli elementi
della base. Sia v 1 , v 2 , v 3 una base, se le si aggiunge un quarto vettore
v 4 questa propriet continua ad essere valida, cio ogni vettore v pu
essere scritto come combinazione lineare di v 1 , v 2 , v 3 e v 4 , solo che
questa scrittura non pi univoca. Infatti essendo v 1 , v 2 , v 3 una base i
vettore v e v 4 si potranno esprimere come combinazione lineare
v = 1 v 1 + 2 v 2 + 3 v 3
v 4 = 1 v 1 + 2 v 2 + 3 v 3 .
Si hanno quindi le seguenti due possibili espressioni di v come combinazione lineare di v 1 , v 2 , v 3 e v 4
v = 1 v 1 + 2 v 2 + 3 v 3 + 0 v 4
e
v = (1 1 ) v 1 + (2 2 ) v 2 + (3 3 ) v 3 + v 4 .
Le due espressioni sono distinte in quanto i coefficienti di v 4 sono rispettivamente uguali a 0 e 1.
Alla luce di quanto visto possibile dare una definizione equivalente
di base
Definizione 3.6 Una base di V un insieme B di vettori linearmente
indipendenti tali che ogni vettore di V possa essere espresso come combinazione lineare di elementi di B.
Questa definizione apparentemente ridondante ma ha il pregio di
essere la giusta generalizzazione della definizione di base per gli spazi
vettoriali.
Esempio 3.11 Si consideri lo spazio vettoriale P3 . DallEsercizio 3.15 si
ricava che i polinomi 1, x, x 2 , x 3 sono linearmente indipendenti. Daltro
canto ogni polinomio di P3 si pu scrivere come p(x) = ax 3 + bx 2 +
cx + d ed quindi combinazione lineare, con coefficienti d, c, b, a dei
polinomi considerati. Ne segue che B = {1, x, x 2 , x 3 } una base di P3 . In
particolare per uno spazio vettoriale generico non detto che una base
sia composta da 3 elementi.
3.5
37
38
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
Esempio 3.12 Siano u e v due vettori paralleli non nulli. Langolo da essi
formato 0 se i vettori hanno lo stesso verso, se hanno verso opposto.
Definizione 3.8 Due vettori liberi non nulli u e v si dicono ortogonali se
cos(d
uv) = 0. Il vettore nullo , per definizione, ortogonale a qualsiasi
altro vettore.
Nella pratica non utilizzeremo il calcolo di un coseno per verificare
lortogonalit tra due vettori. La seguente definizione, apparentemente
pi complessa, condurr, in un paragrafo successivo, ad un semplicissimo modo di verificare se due vettori sono ortogonali.
Definizione 3.9 Dati due vettori liberi u e v, si definisce il loro prodotto
scalare come
u v = |u| |v| cos(d
uv).
E quindi istantaneo il seguente criterio di ortogonalit
Proposizione 3.4 Due vettori liberi sono ortogonali se e solo se il loro
prodotto scalare nullo.
Siano u e v due vettori liberi non paralleli. Consideriamo due loro
rappresentanti (o, p) e (o, q) applicati in uno stesso punto o. I punti
o, p, q individuano un piano. Possiamo considerare la retta passante per
q e ortogonale alla direzione di u. Questa intersecher la retta passante
per o e p in un punto q . Consideriamo il vettore v 1 rappresentato da
(o, q ). Questo parallelo al vettore u (ma potrebbe essere nullo, nel
caso il vettore v fosse ortogonale a u).
Applicando elementari teoremi di trigonometria al triangolo rettangolo di vertici o, q, q si ha che |v 1 | =
| cos(d
uv)| |v|. Osservando che v 1 ha lo
q
stesso verso di u se e solo se cos(d
uv) >
0, si prova facilmente (provando che i
due vettori hanno stessa direzione, modulo e verso) che si ha
p
o
q
v 1 = cos(d
uv)|v| ver s u.
(3.11)
Il vettore v 1 cos definito detto proiezione ortogonale di v nella diuv) |v| invece detto componente orientata
rezione di u. Lo scalare cos(d
di v nella direzione di u. In particolare il prodotto scalare di u e v il
prodotto del modulo di u per la componente di v nella direzione di u.
3.5
uu=0
se e solo se
u = 0;
39
40
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
0 =(u + v) (2 u v) =
=2u u u v + 2v u v v =
=2 + u v 4.
con u equivale a
).
3
2
2
x + y = 1
1
x =
2
1
3
t = u+
v.
2
2
Questo esercizio poteva essere risolto in pi modi, sfruttando ad esempio relazioni note sui triangoli rettangoli. In generale questa classe di
problemi si presta a molte soluzioni alternative.
Due vettori ortogonali e non nulli sono linearmente indipendenti (altrimenti dovrebbero essere paralleli). Analogamente presi tre vettori non
nulli, a due a due ortogonali, questi sono non complanari, sono quindi
linearmente indipendenti (e costituiscono una base). La scelta di vettori
ortogonali pu quindi costituire un buon modo di costruire basi. Questo
ha il vantaggio di poter essere facilmente descritto algoritmicamente e
3.5
v 2 = v cos(d
uv)|v| ver s u.
Tale costruzione si effettua semplicemente sottraendo a v la sua proiezione ortogonale lungo u. E possibile ripetere questa costruzione nel
caso di 3 vettori linearmente indipendenti. Si considerano dei loro rappresentanti applicati in uno stesso punto o. Due qualsiasi di loro individuano un piano. Se si sottrae al terzo vettore la sua proiezione ortogonale
su tale piano (non abbiamo definito rigorosamente la proiezione di un
vettore su un piano, lasciamo questo allintuizione del lettore) otteniamo un vettore ortogonale al piano. Per i due vettori sul piano possiamo
procedere come nel paragrafo precedente. Questo procedimento solo
accennato in quanto per ottenere una terna di vettori ortogonali, procederemo in modo differente, utilizzando unaltra operazione sui vettori
liberi.
La definizione di prodotto scalare ammette una estensione anche al
caso generale degli spazi vettoriali, utilizzandone le propriet 1), .., 4) .
Di conseguenza risulta anche esteso il concetto di ortogonalit.
Esempio 3.15 Nello spazio vettoriale P3 definiamo
Z1
p(x) q(x) =
p(x) q(x) dx.
1
(3.12)
Con questa definizione le propriet 1), .., 4) sono di facile verifica. Determiniamo i polinomi ortogonali a p(x) = x. Questi sono esprimibili nella
forma q(x) = a x 3 + b x 2 + c x + d. Deve quindi essere
Z1
2
2
0=
(a x 4 + b x 3 + c x 2 + d x) dx = a + c.
5
3
1
41
42
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
3
a x + d.
5
3
X
xi yi .
(3.13)
i=1
radice quadrata del prodotto scalare del vettore con se stesso) 2, quello
1
del secondo 3 ne segue 3 2 cos() = 1 da cui = arccos( 3 2 ).
La definizione data di prodotto scalare si estende in modo naturale allo
spazio vettoriale
Rn , semplicemente
associando alla n-pla (x1 , . . . , xn ) la
matrice x1 x2 xn .
u v,
u + 2 t,
2)
4)
2, 1
u + v t,
2 u 2v + t.
d
Esercizio 3.24 Siano u e v due vettori di modulo 1 e 2 tali che u
v =
4.
3.5
Calcolare
1)
3)
u v,
(2 u v) (u + v),
2) (u v) v,
4) (v 2u) (2 u + v).
2)
4)
u + v,
uv e
u + 2 v.
,
6
2)
,
4
3)
,
3
4)
2
,
3
e tale che larea di un parallelogrammo che abbia per lati due rappresentanti di u e t sia 2.
Esercizio 3.27 Siano u, v, t tre versori ortogonali. Determinare i valori
del parametro h per il quale le seguenti coppie sono formate da vettori
ortogonali
1) u + 2 v + 3 t, u + h v + t
3) u + t, 2h u + h v + h t
2) u + 2 v t, h u + v + (h 1) t
4) h u + (1 h) v + t, h u + 2 v t.
di modulo 2.
Determinare i vettori ortogonali a u v + t;
Determinare i vettori ortogonali a u v + t e u + v + t;
Determinare i vettori ortogonali a u v + t, u + v + t e 2 v;
Determinare i vettori ortogonali a u v + t, u + v + t e u 2 v;
Interpretare geometricamente i risultati ottenuti;
Provare che se un vettore ortogonale agli elementi di una base
ortogonale a qualsiasi vettore. Dedurne che lunico vettore con
questa propriet il vettore nullo;
(vii) Provare che se si ha u v = t v qualunque sia il vettore v, allora
u = t.
(i)
(ii)
(iii)
(iv)
(v)
(vi)
43
44
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
3 x.
2
3.6
Come nei casi precedenti la definizione non dipende dalla scelta del
punto di applicazione o. Invece, da quanto osservato sopra, segue che
la definizione di terna positivamente orientata dipende sostanzialmente
dallordine dei vettori in gioco. In particolare
(i) Se si scambia un vettore col suo opposto la terna, se positivamente
orientata, diviene negativamente orientata (e viceversa). Pi in
generale questo avviene se si moltiplica uno dei vettori per uno
scalare negativo, se lo scalare positivo tutto resta invariato.
(ii) Scambiando lordine di due dei vettori componenti la terna questa,
se positivamente orientata, diviene negativamente orientata (e viceversa).
(iii) Effettuando un numero pari di operazioni di cui ai punti precedenti la positivit o negativit della terna resta invariata.
Un modo per verificare la positivit di una terna di vettori non complanari considerare dei loro rappresentanti e utilizzare la "regola della
mano destra" nota dalla fisica.
Esempio 3.17 Sia u, v, t una base positivamente orientata (per brevit
useremo anche la terminologia "base positiva"). La terna u, v, 2 uv +2t
ancora positiva. Laver sostituito t con 2 u v + 2t non cambia il segno
della terna in quanto questo dipende solo dal semispazio in cui si trova il
secondo estremo di un rappresentante del terzo vettore. Questo lo stesso
per entrambe le terne in quanto determinato dal segno del coefficiente
di t, che positivo in entrambi i casi.
Possiamo ora definire una nuova operazione tra vettori, che ha come
risultato un terzo vettore.
Definizione 3.11 Siano u e v due vettori non paralleli. Si definisce prodotto vettoriale di u e v il vettore t = u v cos definito
(i) La direzione di t ortogonale a quella di u e v;
(ii) Il verso di t scelto in modo che la terna ordinata u, v, t sia positivamente orientata;
uv)|.
(iii) Il modulo di t dato da |u| |v| | sin(d
Se i due vettori sono paralleli (in particolare se uno dei due nullo) si
definisce u v = 0.
Nella definizione di prodotto vettoriale , in principio, poco chiaro
il significato della definizione data per
45
46
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
3.6
47
48
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
!
x3
x3
, det
y3
y3
3.6
!
x1
x1
, det
y1
y1
49
!
x2
).
y2
50
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
Dim. Sappiamo che la terna u, v, u v positiva. La terna u, v, t positiva se e solo se, considerando i vettori applicati in uno stesso punto, i
rappresentanti di t e u v si trovano nello stesso semispazio individuato dal piano contenente i rappresentanti di u e v. Questo avviene se e
Nel primo passaggio abbiamo utilizzato le propriet distributive del prodotto vettoriale e il fatto che questo si annulla se i due vettori sono paralleli. Nel secondo passaggio si sfrutta la propriet distributiva del prodotto
scalare e il fatto che il prodotto misto si annulla se due vettori sono
complanari. Nel terzo passaggio si sfrutta la Proposizione 3.6 e quindi
lantisimmetria del prodotto vettoriale.
Continuiamo nel definire operazioni analoghe a quelle date per i vettori liberi, nel caso di R3 .
3.6
x1
Ad esempio
x2
y2
z2
x3
y3 .
z3
(3.14)
1 0 1
51
52
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
Esercizio 3.34 Sia u, v, t una base ortogonale positiva formata da versori. Dati i vettori w 1 = u v + t, w 2 = 2 u v t, determinare, se
possibile, un terzo vettore w 3 tale che w 1 w 3 = w 2 .
Esercizio 3.35 Sia u, v, t una base ortogonale positiva formata da versori. Calcolare
1)
3)
5)
(u + 2 v) (u + v),
(u v + t) (u + v),
(u + v) (u + v + 2 t),
2)
4)
6)
(u + v t) (u + v t)
(u + 2 t) (u 2 t)
(2 u + 2 v t) (t + v).
2)
4)
6)
(1, 1, 1) (1, 1, 1)
(2, 1, 1) (1, 0, 2)
(0, 3, 1) (1, 1, 1).
Esiste qualche collegamento fra la soluzione dei primi tre esercizi e quella
dei primi tre dellesercizio precedente?
Esercizio 3.37 Sia u, v, t una base ortogonale positiva formata da versori. Calcolare
1)
2)
3)
4)
(u + 2 v + 3 t) (u + v + t) (u v 2 t)
(u + 2 v t) (2 u + v t) (v + t)
(u + t) (2 u + v + t) (u + v)
(u + v + t) (u + 2 v t) t.
Esercizio 3.38 Sia u, v, t una base ortogonale positiva formata da versori. Determinare i valori del parametro h tale che i vettori w 1 = 2 u2 v,
w 2 = u + h v t, w 3 = h u 2 t siano linearmente dipendenti.
Esercizio 3.39 Calcolare i seguenti prodotti misti in R3 .
1) (0, 1, 0) (1, 0, 0) (0, 0, 1),
3) (1, 1, 0) (1, 1, 0) (2, 3, 1),
5) (1, 1, 3) (1, 0, 1) (2, 0, 1),
Esercizio 3.40 Determinare il valore del parametro h per il quale si annulla il prodotto misto
(2, 2, 0) (1, h, 1) (h, 0, 2).
Equazioni vettoriali
3.7
Esiste qualche analogia fra la soluzione di questo esercizio e quella dellesercizio 3.38?
Equazioni vettoriali
Consideriamo, in questo paragrafo, delle equazioni vettoriali. Queste
sono equazioni nelle quali lincognita da determinare un vettore. Ne
consideriamo due classi, relative a operazioni che abbiamo definito sui
vettori liberi
La prima equazione che consideriamo
x v = .
In questa equazione sono assegnati il vettore v e lo scalare . Cominciamo col considerare alcuni casi particolari.
Se v = 0 lequazione diventa 0 = . Ha soluzione se e solo se il valore
assegnato a effettivamente 0. In tal caso lincognita x indeterminata, nel senso che qualsiasi vettore libero verifica lequazione.
Supponiamo dora innanzi v 0. Se = 0, lequazione diventa x v =
0. Per la caratterizzazione dellannullarsi del prodotto scalare data dal
Teorema 3.4 si ha che linsieme delle soluzioni x coincide con linsieme
dei vettori ortogonali a v.
Esempio 3.25 Sia u, v, t una terna ortogonale composta da versori. Consideriamo lequazione
x (u v) = 0.
Descriviamo esplicitamente linsieme dei vettori ortogonali a u v. Ogni
soluzione x esprimibile come combinazione lineare di u, v e t. Sar
x = a u + b v + c t. Lequazione diventa
0 = (a u + b v + c t) (u v) = a b.
Ne segue che le soluzioni possono essere descritte da x = a u + a v + c t,
al variare di a e c in R. Pi in dettaglio si ha x = a (u + v) + c t. Cio x
combinazione lineare dei vettori u + v e t. Linsieme delle combinazioni
lineari di due vettori non paralleli descrive linsieme dei vettori complanari con tali vettori. Questo corrisponde al fatto che, applicando i vettori
considerati in un punto o, linsieme dei vettori ortogonali ad un vettore
dato dato dai vettori che giacciono su di un piano.
53
54
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
v.
=
A
soddisfare
questa
ver
s(v)
2
|v|
|v|
o
q
condizione sono tutti e soli i vettori x
Fig. 3.12 soluzioni di x v =
che si possono scrivere nella forma v 1 +
v 2 dove v 2 un vettore ortogonale a v.
Esempio 3.26 Consideriamo una variante dellesempio precedente
x (u v) = 2.
Si ha |u v|2 = 2. Da quanto visto la soluzione pu essere scritta nella
forma x = u v + v 2 , dove v 2 ortogonale a u v. Dallesempio
precedente ricaviamo quindi
x = u v + a u + a v + c t = (a + 1) u + (a 1) v + c t.
Il secondo tipo di equazione che consideriamo
x v = w,
dove v e w sono due vettori assegnati.
Cominciamo anche in questo caso da alcuni casi particolari.
Se v = 0, lequazione diventa 0 = w ed risolubile solo se w = 0. In
tal caso lincognita x indeterminata.
Supponiamo v 0. Se w = 0, lequazione diventa x v = 0. Per
la caratterizzazione dellannullarsi del prodotto vettoriale data dal Teorema 3.2, sappiamo che le soluzioni sono tutte e sole quelle della forma
x = v.
Supponiamo ora anche w 0. In tal caso osserviamo che (dalla stessa
definizione di prodotto vettoriale) condizione necessaria per lesistenza
di soluzioni che v sia ortogonale a w. Se questo avviene, ogni soluzione
x dellequazione necessariamente ortogonale a w. Come osservato
nellEsempio 3.25, linsieme dei vettori ortogonali ad un vettore non
nullo linsieme delle combinazioni lineare di due qualsiasi vettori non
paralleli ortogonali al vettore dato. Poich sia v che v w sono ortogonali a w, ogni soluzione della nostra equazione sar della forma
x = a v + b v w.
Equazioni vettoriali
3.7
Non tutti i vettori di questo tipo sono per soluzioni. Per abbiamo
ridotto il problema a determinare due coefficienti scalari, a e b. Sostituiamo lespressione trovata per x nellequazione di partenza
w = (a v + b v w) v = b (v w) v.
Utilizzando la regola della mano destra facile convincersi che (v
w) v un vettore che ha la direzione ed il verso di w. Valutiamo il
suo modulo. Per definizione di prodotto vettoriale, essendo v w,v, w
ortogonali, questo b |v|2 |w|, cio
(v w) v = b |v|2 |w| ver s(w) = b |v|2 w.
1
1
v w,
|v|2
d
v = 3 . Determinare x
Esercizio 3.42 Siano u e v due versori tali che u
sapendo che x u = 1, x (u v) = 0, x (v u) = 1.
55
56
in R3
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
x (1, 0, 1) = 2
x (1, 0, 0) = 1
x x = 14
Esercizio 3.44 Sia u, v, t una terna positiva di versori ortogonali. Determinare la soluzione del sistema
(
xv =u
xu=tv
i j = j k = k i = 0,
j k = i,
k i = j.
(3.15)
3.8
in modo stretto dalla scelta della base, sostituire la base cambia lespressione delle componenti del vettore v e, di conseguenza, f (v).
Enunciamo due propriet basilari di questa identificazione
(i) f (v + w) = f (v) + f (w)
cio alla somma di vettori in V corrisponde la somma dei corrispondenti vettori di R3 . Questo si verifica semplicemente, se
v = x1 i+y1 j+z1 k, w = x2 i+y2 j+z2 k si ha, per le propriet distributive della somma, v +w = (x1 +x2 ) i+(y1 +y2 ) j +(z1 +z2 ) k.
Quindi
f (v + w) = (x1 + x2 , y1 + y2 , z1 + z2 ) =
(ii) f ( v) = f (v).
Cio al prodotto di un vettore libero per uno scalare corrisponde
il prodotto del vettore corrispondente di R3 per lo stesso scalare.
Queste propriet evidenziano che le strutture di spazio vettoriale di
V e R3 sono sostanzialmente identiche.
La corrispondenza che abbiamo definito permette soprattutto di semplificare il calcolo dei prodotti che abbiamo definito sui vettori liberi.
In pratica, conoscendo lespressione di un vettore libero come combinazione lineare di elementi di B, vedremo come possiamo, di fatto, utilizzare le regole di calcolo di R3 . Il vantaggio pratico e enorme (ad
esempio per calcolare il prodotto vettoriale in R3 non occorre utilizzare
la regola della mano destra). Tutte le difficolt insite nel calcolo dei
prodotti vengono superate una volta che si faccia lipotesi di conoscere
lespressione di un vettore in termini di combinazioni lineare di elementi
di B.
Siano u, v e w due vettori liberi. Possiamo esprimerli come combinazione lineare degli elementi della base
u = x1 i + x2 j + x3 k,
v = y1 i + y2 j + y3 k
w = z1 i + z2 j + z3 k.
57
58
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
j
k
i
u v = det x1 x2 x3 .
y1 y2 y3
Esempio 3.28 Sia B = {i, j, k} una base ortonormale positiva di V . Consideriamo i vettori u = i j + 2 k, v = 2 i j + k, w = j + k. Si ha
u v = (1, 1, 2) (2, 1, 1) = 5.
i j k
u v = det 1 1 2 = i + 3 j + k.
2 1 1
1 1 2
u v w = det 2 1 1 = 4.
0 1 1
Esempio 3.29 Per sapere se una data terna di vettori, espressi in termini
di una base ortonormale B, costituisce o meno una base, bisogna controllare se questi sono o meno complanari, ovvero se il loro prodotto misto
non nullo.
1
I vettori i + j 2 k, a i j, i + 3 j formano una base se e solo se a 3 .
Infatti il loro prodotto misto, calcolato come determinante, risulta pari a
2 (3 a + 1).
Esercizio 3.45 Dire se le seguenti terne di vettori costituiscono delle basi
(i) i + 4 j + 3 k, i + 2 j k, 6 j + 4 k.
3.8
(ii) 2 i 7 j + 2 k, 2 j + 4 k, 2 i j + 5 k.
(iii) 2 i + 3 j k, i, 3 j k.
Esercizio 3.46 In R3 sono dati i vettori v 1 = (1, 1, 1) e v 2 = (0, 1, 2). Determinare altri due vettori v 3 e v 4 tali che {v 1 , v 2 , v 3 } siano linearmente
dipendenti mentre {v 1 , v 2 , v 4 } formino una base.
Esercizio 3.47 Sono dati i vettori v 1 = i + 2 j, v 2 = a i + b k e v 3 =
c j + k. E possibile determinare a, b, c in modo che {v 1 , v 2 , v 3 } formino
una base?
Esercizio 3.48 Dire per quali valori del parametro a i vettori (di V e R3 )
(i) i + j + k, i + 2 j + 3 k, a i + j + k.
(ii) (1, 1, a), (2, 1, 4), (4, 2, 8)
3i + k e i +
3 k.
59
60
Capitolo 3
Calcolo Vettoriale
62
Capitolo 4
Geometria Analitica
4.2
Ogni coppia di punti non coincidenti P ,P0 definisce una retta r . Indichiamo con (x0 , y0 , z0 ) le coordinate di P0 (questo corrisponde al fatto
che il vettore (O, P0 ) un rappresentante di v 1 = x0 i + y0 j + z0 k) e con
(x1 , y1 , z1 ) le coordinate di P .
Per quanto visto nel paragrafo precedente,(P0 , P ) rappresenta un vettore che, applicato in 0, ha il secondo
P
estremo nel punto P di coordinate (x1
Q
x0 , y1 y0 , z1 z0 ). Per semplificare le
P
notazioni, poniamo l = x1 x0 , m =
y1 y0 , n = z1 z0 . Indichiamo con
P0
Q
v1
(x, y, z) le coordinate di un punto Q.
O
Questo punto appartiene alla retta r se
Fig. 4.2 Retta per due punti
e solo se (P0 , P ) e (P0 , Q) sono paralleli.
Sia Q il secondo estremo del vettore rappresentato da (P0 , Q), applicato in 0. Allora la condizione di appartenenza alla retta equivalente al
fatto che (O, P ) e (O, Q ) siano paralleli. Le coordinate di Q sono date
da (x x0 , y y0 , z z0 ). Quindi Q r se e solo se esiste un t R tale
che
(x x0 , y y0 , z z0 ) = t (l, m, n).
Ovvero
x = x0 + tl
y = y0 + tm
z = z0 + tn
(4.1)
x=t
y = 1 2t
z = 1 3t
63
64
Capitolo 4
Geometria Analitica
x =1+t
y = 1 2 t
z = 2 3 t
x = 1 2t
y = 1 + 4 t
z = 2 + 6 t
x =1+t
y=t
z =2t
4.2
1z
.
1x =y 2=
3
Questa pu anche essere scritta nella forma
(
x+y 3 =0
3y + z 7 = 0
Il punto di coordinate (2, 1, 4) appartiene alla retta in quanto le equazioni
risultano identicamente soddisfatte quando si sostituiscono le componenti
a (x, y, z). Il punto (0, 1, 2) invece non appartiene alla retta in quanto la
prima delle due equazioni non soddisfatta.
Lequazione cartesiana della retta sempre esprimibile nella forma
(
ax + by + cz + d = 0
a x + b y + c z + d = 0
non per vero che ogni equazione di quella forma rappresenta una
65
66
Capitolo 4
Geometria Analitica
retta. Per motivi che risulteranno chiari nel prossimo paragrafo, condizione necessaria e sufficiente affinch lequazione rappresenti una retta
che (a, b, c) e (a , b , c ) risultino non proporzionali.
E possibile dare unaltra espressione dellequazione cartesiana della
retta. Una volta che siano note le coordinate di due punti P = (x0 , y0 , z0 )
e Q = (x1 , y1 , z1 ) che stiano sulla retta, dalla costruzione che abbiamo
effettuato per definire la retta chiaro che l = x x0 , m = y y0 ,
z = z z0 . Nel caso che le componenti (l, m, n) siano tutte non nulle
lequazione cartesiana prende quindi la forma
x x0
y y0
z z0
=
=
.
x1 x0
y1 y0
z1 z0
Esempio 4.5 Determiniamo lequazione della retta passante per (1, 2, 0)
e (3, 2, 1). La retta risulta parallela al vettore 4 i k. In particolare la
seconda componente di questo vettore nulla lequazione prende quindi
la forma
(
y =2
x+3
4 =1z
x = 2y 2
z = 32 y 21
4.2
1
3
x = 2t 2
y=t
z = 3t 1
2
2
che lequazione parametrica della retta. Tale retta risulta passante per
3
1
il punto di coordinate ( 2 , 0, 2 ) e parallela al vettore i + 2 j + 3 k.
Definizione 4.2 Due rette si dicono parallele se i vettori che ne individuano la direzione sono paralleli, ortogonali se tali vettori sono ortogonali.
Esempio 4.7 Sia data la retta r di equazione parametrica
x = 2t 2
y =t+1
z = t 1
x = 2t
y =t+1
z = t + 1
Esempio 4.8 Determiniamo lequazione di una retta che passi per (2, 0, 1)
ed abbia direzione ortogonale a quella delle rette
x = 3s 1
x = 2t 2
y=s
y = t + 1
s:
r :
z = 1
z = 3t 2
x = 3t + 2
y = 9t
z = t + 1
Esercizio 4.4 Determinare le equazioni parametriche e cartesiane delle
rette passanti per le seguenti coppie di punti
67
68
Capitolo 4
Geometria Analitica
b) 2 i k,
c) i + 2 j k,
d) k.
x=4
x = 1 2t
y = 1t
y = 3t
b)
a)
z =2+t
z = 1 + t
b) (2, 1, 1),
c) (1, 3, 3),
d) (0, 0, 0).
x =1t
x =1+t
y = 2t
y =2
z=1
z = 1 t
4.3
x = x0 + l t + l s
y = y0 + m t + m s
z = z0 + n t + n s
69
70
Capitolo 4
Geometria Analitica
per P0 = (1, 1, 1), P1 = (2, 0, 1) e P2 = (3, 0, 3). Si ha, secondo le notazioni introdotte sopra, (x0 , y0 , z0 ) = (1, 1, 1), (l, m, n) = (1, 1, 0),
(l , m , n ) = (2, 1, 2). Lequazione risulta quindi
x = 1 + t + 2s
y = 1 t s
z = 1 + 2s
Come nel caso della retta, lequazione parametrica del piano non
univocamente determinata. Nel modo in cui labbiamo definita, lordine
nel quale si considerano i punti P0 , P1 , P2 determina lespressione formale dellequazione. Ovviamente il piano lo stesso anche se considero
i punti in un ordine diverso. In particolare (l, m, n) e (l , m , n ) rappresentano le componenti di due vettori che siano paralleli al piano. Questi
possono essere sostituiti con una qualsiasi altra coppia di vettori, non
paralleli tra loro, che siano paralleli al piano.
Esempio 4.10 Determiniamo lequazione parametrica del piano passante
per il punto di coordinate (1, 0, 2) e parallelo ai vettori i+2 k e i+j 2 k.
Le componenti di questi vettori sono (l, m, n) = (1, 0, 2) e (l , m , n ) =
(1, 1, 2). Lequazione del piano risulta quindi
x = 1t+s
y =s
z = 2 + 2t 2s
Possiamo arrivare allequazione dello stesso piano in pi modi. Abbiamo visto che i punti P del piano sono tali che (P0 , P ) sia complanare ai
rappresentanti di v 1 e v 2 applicati in P0 . Il vettore v 1 v 2 , applicato in
P0 rappresenta un vettore che ortogonale al piano. In particolare deve
essere ortogonale a (P0 , P ) e, viceversa, ogni punto P con questa propriet appartiene al piano. Un modo per verificare la complanarit tra tre
vettori , come abbiamo visto, dato dallannullarsi o meno del prodotto
misto, dato che il vettore rappresentato da (P0 , P ), applicato in 0, ha il
secondo estremo nel punto di coordinate (x x0 , y y0 , z z0 ) questa
condizione equivalente a
x x0 y y0 z z0
m
n = 0.
det l
l
m
n
Sviluppando questa espressione arriviamo ad una equazione della forma
ax + by + cz + d = 0
(4.2)
4.3
ponendo d = (ax0 + by0 + cz0 ) si ottiene lespressione (4.2). In particolare si osservi che i coefficienti delle incognite x, y, z individuano
un vettore (a, b, c) che ortogonale al piano, il termine noto d invece
legato al passaggio del piano per il punto (x0 , y0 , z0 ).
Esempio 4.11 Determiniamo lequazione del piano passante per il punto
di (1, 0, 2) e parallelo a 2 i j + k e i + k. Lequazione del piano data
quindi da
x1 y z2
1
1 =0
det 2
1
0
1
ovvero
x + 3y + z 3 = 0.
Si osservi che lequazione cartesiana del piano determinata a meno di
un coefficiente non nullo di proporzionalit, ovvero i piani rappresentati
dalle equazioni ax + by + cz + d = 0 e ax + by + cz + d = 0
coincidono (questo corrisponde al fatto che se (a, b, c) perpendicolare
al piano, anche (a, b, c) lo ).
Esempio 4.12 Abbiamo ricavato lequazione parametrica del piano a partire dalla condizione di passaggio per tre punti non allineati P0 , P1 , P2 .
71
72
Capitolo 4
Geometria Analitica
Questa equivaleva al fatto che (P0 , P ), (P0 , P1 ) e (P0 , P2 ) fossero complanari. Gli ultimi due vettori rappresentano due vettori noti ai quali il piano parallelo, quindi possiamo utilizzarli anche per ricavare lequazione
cartesiana. Siano P0 = (1, 2, 1), P1 = (2, 0, 1) e P2 = (1, 1, 1). Lequazione
cartesiana del piano che passa per questi tre punti data da
x1 y 2 z1
2
0 =0
det 1
0
1
0
ovvero
z 1 = 0.
Esempio 4.13 Determiniamo lequazione cartesiana del piano passante
per (1, 1, 2) ed ortogonale al vettore j 2 k. Poich i coefficienti delle
incognite che compaiono nellequazione cartesiana del piano rappresentano le componenti di un vettore ortogonale al piano, lequazione del piano deve necessariamente essere della forma
y 2z + d = 0.
Il coefficiente d pu essere determinato imponendo la condizione di passaggio per il punto (1, 1, 2). Le coordinate di questo punto devono soddisfare lequazione del piano, si ricava quindi d = 3.
Come avviene nel caso delle rette possibile ricavare, partendo dall
equazione parametrica, lequazione cartesiana del piano (che di gran
lunga pi maneggevole), eliminando i parametri.
Esempio 4.14 Sia dato il piano di equazione parametrica
x =2+ts
y = t + s
z =6+t
4.3
b) i + j + k, i,
c) j + 3 k, i 2 j + k.
73
74
Capitolo 4
Geometria Analitica
ed ortogonali ai vettori
a) i + k,
b) i j + 2 k,
c) i.
x = x0 + tl
x = x1 + sl
y = y0 + tm ,
y = y1 + sm
r :
s:
z = z0 + tn
z = z1 + sn
x1 x0 y1 y0 z1 z0
l
m
n =0
det
l
m
n
e sghembe in caso contrario. Supponiamo che le rette siano complanari.
Abbiamo altre due alternative: le rette si intersecano o sono parallele.
4.4
x = u
x=1
x =1t
y = 1 + u
y = 1 + s , r3 :
y = t
, r2 :
r1 :
z = 3 + u
z = 2 2 s
z = 1 2 t
0
1
1
1 1 2 = 3.
0
1 2
Ne segue che le due rette sono sghembe. Procedendo allo stesso modo si
trova che r1 e r3 sono complanari. Essendo parallele ai vettori (1, 1, 2)
e (1, 1, 1) sono non parallele e quindi incidenti. Le rette r2 e r3 sono
sghembe.
Consideriamo ora le possibili posizioni reciproche di una retta r di
equazione parametrica
x = x0 + tl
y = y0 + tm
r :
z = z0 + tn
75
76
Capitolo 4
Geometria Analitica
relazione vi sono per anche le rette che giacciono sul piano (ovvero
quelle che hanno almeno 2 punti in comune col piano).
In realt una retta che sia parallela a , giace su non appena un
suo punto gli appartenga. Quindi
r giace su se e solo se
r
(
al + bm + cn = 0
r :
ax0 + by0 + cz0 + d = 0
Il caso rimanente che la retta
non sia parallela o giacente sul
piano, in tal caso r e hanno
un solo punto di intersezione e
questo si verifica se
al + bm + cn 0.
Esempio 4.18 Determiniamo le posizioni reciproche della retta
x =1+t
y =kt
r :
z = 1 + ht
4.4
77
78
Capitolo 4
Geometria Analitica
quindi il prodotto misto delle tre normali deve essere nullo, ovvero le
normali ai tre piani sono complanari. Questa condizione si verifica utilizzando la formula
a
b
c
det a b c = 0
(4.3)
a b c
Nel caso che la retta r sia parallela al piano 3 , si hanno due ulteriori
sottocasi, r pu giacere o meno su 3 . La retta r , essendo parallela a 3 ,
giace su tale piano se e solo se un suo punto gli appartiene. Conviene allora determinare un punto di r determinando una soluzione particolare
del sistema
(
ax + by + cz + d = 0
r :
a x + b y + c z + d = 0
e controllando se questa verifica o meno lequazione di 3 . Se il determinante nella formula (4.3) diverso da 0, il piano 3 intereseca la retta
r in un punto.
Esercizio 4.17 Stabilire quali tra le rette di equazione
x = 2 + 3t
x = 1 + 4t
x = 1 + 2t
y = 5 + 4t
y = 7t
y = 3 t , b)
, c)
a)
z = 24t 10
z = 2 + 3t
z = 2 + 5t
x = 1 + 2t
y = 3 + 4t
a)
,
3x 3y + 2z 5 = 0;
z = 3t
c)
x = 13 + 8t
x =2s+u
y = 1 + 2t ,
y = 2s 3u
b)
z = 4 + 3t
z =2+u
2x + y 3z = 0
,
x + 2y + 3z + 1 = 0
x + y + z + 1 = 0.
4.4
x =1t
x = 4 + 2s
y
=
3
+
t
y = s
a)
,
z = 6t
z = 2s + 1
b)
x + 2y z 3 = 0
,
3x y + z + 1 = 0
x = 2 + 4t
y = 6t
c)
,
z = 1 8t
x = 1 + 2t
y =7+t ,
d)
z = 3 + 4t
2x + 3y 2z 1 = 0
x+y 2=0
x = 7 6s
y = 2 + 9s
z = 12s
x = 6 + 3s
y = 1 2s
z = 2 + s
x = 12 + 4t
y = 9 + 3t ,
3x + 5y z 2 = 0
a)
z =1+t
x = 13 + 8t
y = 1 + 2t ,
b)
z = 4 + 3t
c)
x + 2y 4z + 1 = 0
2x + 3y + 6z 10 = 0
,
x+y +z+5=0
y + 4z + 17 = 0
79
80
Capitolo 4
Geometria Analitica
Esercizio 4.24 Determinare lequazione di una retta passante per (1, 2 , 3),
parallela al piano di equazione x 3y z 1 = 0 ed incidente lasse y.
Esercizio 4.25 Si determini, al variare di k, la posizione reciproca della
retta
(
2kx y + k = 0
2x + 2ky z + 3 = 0
e del piano 6x + 24y + 6z + 18k = 0.
Esercizio 4.26 Si determinino i valori del parametro k per i quali le rette
(
(
x y + kz = 0
4x y + 4z = 0
,
kx + y + 1 = 0
3x + 3y kz + 4 = 0
risultano sghembe, incidenti o parallele.
Esercizio 4.27 Determinare i valori dei parametri h, k per i quali la retta
di equazione
x = 2t 1
y = h + kt
z=t
giace sul piano di equazione 2x 3y + z 1 = 0.
Fasci di piani
Ai fini pratici conveniente studiare pi approfonditamente due famiglie
di piani
Definizione 4.3 Si definisce fascio improprio di piani linsieme dei piani
paralleli ad un piano dato. Se il piano ha equazione ax + by + cz + d = 0,
a meno di un coefficiente di proporzionalit tali piani hanno equazione
della forma
ax + by + cz + d = 0
al variare di d R.
Fasci di piani
4.5
81
82
Capitolo 4
Geometria Analitica
Fasci di piani
4.5
x =1t
y = 2t
z =1+t
k(2x + y 2) + h(y 2z + 2) = 0.
Dovendo passare per P ha equazione y 2z + 2 = 0. La normale al piano
83
84
Capitolo 4
Geometria Analitica
x =2+t
y = 2t
z =1+t
Relazioni metriche
4.6
x =2t
y =1+t
z=t
Relazioni metriche
La definizione di modulo di un vettore presupponeva la scelta di una
unit di misura per le lunghezze nello spazio. La utilizziamo per stabilire le distanze fra punti, rette e piani.
Il primo passo stabilire una formula che dia la distanza fra punti
nello spazio una volta che siano note le loro coordinate. La distanza
d(P , Q) fra due punti P = (x1 , y1 , z1 ) e Q = (x2 , y2 , z2 ) , per definizione,
il modulo del vettore libero v rappresentato da (P , Q). Abbiamo gi
visto come possibile determinare tale modulo utilizzando il prodotto
(4.4)
x = x0 + lt
y = y0 + mt
z = z0 + nt
85
86
Capitolo 4
Geometria Analitica
d(P , r ) =
|((x x0 ) i + (y y0 ) j + (z z0 ) k) (l i + m j + n k)
.
l2 + m2 + n2
(4.5)
x = 1 + 2t
y = 2t
z =2+t
|4 i 2 j 4k|
= 2.
9
Relazioni metriche
4.6
x =1t
y=t
r :
,
z = 1 + 2t
x = s
y =1+s
s:
z = 1 + 2s
|(i j + 2 k) (i + j + 2 k)|
| i + j + 2 k|
4 2
4
= = .
6
3
Il calcolo della distanza tra due rette sghembe leggermente pi complicato. Per facilitarne la comprensione determiniamo prima la distanza
di un punto P = (x, y, z) da un piano : ax + by + cz + d = 0.
La distanza d(P , ) di P da , per definizione, il minimo delle distanze d(P , Q) al variare di Q su . Tale distanza verr realizzata dal
punto Q piede della perpendicolare per P al piano e sar pari al
modulo di (Q, P ). Fissiamo un qualsiasi punto P0 , di coordinate
(x0 , y0 , z0 ). La proiezione ortogonale di (P0 , P ) sulla direzione perpendicolare al piano coincide con (Q, P ) e pu essere calcolata con la formula
(3.11). Il suo modulo il valore assoluto della componente orientata di
(P0 , P ) sulla direzione ortogonale al piano, che sappiamo essere data da
a i + b j + c k. Quindi
d(P , ) =
|((x x0 ) i + (y y0 ) j + (z z0 ) k) (a i + b j + c k)|
|a i + b j + c k|
|ax + by + cz + d|
|ax + by + cz (ax0 + by0 + cz0 )|
=
.
2
2
2
a +b +c
a2 + b2 + c 2
p
|1 10 + 1 4|
= 2 6.
6
87
88
Capitolo 4
Geometria Analitica
parametrica
x = x0 + lt
y = y0 + mt
r :
z = z0 + nt
x = x1 + l s
y = y1 + m s
s:
z = z1 + n s
x =1+t
y = 1 + t
r :
z =2+t
x = 2s
y = 1 + s
s:
z = 1 2s
22 17
14 15
Relazioni metriche
4.6
|(l, m, n) (l , m , n ) (x1 x0 , y1 y0 , z1 z0 )|
.
|(l, m, n) (l , m , n )|
26.
=
13
26
2x z 2 = 0
2y z + 2 = 0
x 2z 1 = 0
y +z+1 = 0
89
90
Capitolo 4
Geometria Analitica
s:
xz =0
x + 2y + z + 3 = 0
Determinare quale tra le due rette ha minor distanza dallorigine e lequazione della retta passante per lorigine che incide ortogonalmente la retta
trovata. Si determini inoltre lequazione del piano passante per lorigine
e parallelo ad entrambe le rette.
Esercizio 4.38 Dati i punti P1 = (1, 0, 1), P2 = (1, 2, 2), P3 = (0, 0, 0),
determinare il luogo dei punti equidistanti da P1 , P2 , P3 .
Esercizio 4.39 Determinare la distanza tra le rette di equazione
x=s
x = 2t
y = 2s 1 .
y =t+1
z=s
z=t
x = s
x =1t
y = 1 + 2s
y = 2 2t
z = 1 s
z =1+t
In questo capitolo trattiamo, in modo estremamente succinto, il problema dellesistenza di soluzioni di sistemi lineari. Gli argomenti teorici
che stanno dietro alla soluzione di questo problema verranno enunciati
senza alcuna dimostrazione.
x1
x2
x3
y1
y2
y3
z1
z2 .
z3
92
Capitolo 5
Sistemi Lineari
a11
a
21
.
.
.
am1
a12
a22
..
a1n
..
.
..
.
amn
1 2 0 1
0 1 2 1 .
0 0 2 2
Questa matrice ha rango 3 infatti i vettori che corrispondono alle tre
righe, cio i vettori (1, 2, 0, 1), (0, 1, 2, 1), (0, 0, 2, 2) di R4 , sono linearmente indipendenti. Verifichiamolo utilizzando la definizione. Consideriamo una loro generica combinazione lineare e poniamola uguale al
vettore nullo
1 (1, 2, 0, 1) + 2 (0, 1, 2, 1) + 3 (0, 0, 2, 2) = (0, 0, 0, 0).
Deve quindi essere
1 = 0
2 = 0
1
2
+
2
3 = 0
+ 2 = 0
1
2
3
a11 a12
0
a22
.
.
.
0
0
.
.
.
0
5.1
della forma
a1k
akk
0
..
.
..
a1,n
..
.
..
akn
..
.
0
(5.1)
dove i primi k elementi sulla diagonale a11 , . . . , akk sono non nulli. E
facile provare, procedendo come nellesempio, che il rango di questa
matrice k. Le ultime m k righe sono nulle e quindi linearmente
dipendenti se aggiunte a qualsiasi insieme di vettori, possiamo quindi
trascurarle. Se consideriamo una combinazione lineare con coefficienti
1 , . . . , k , delle prime k righe e la poniamo uguale al vettore nullo di Rn ,
otteniamo un sistema di n equazioni della forma
a11 1 = 0
a12 1 + a22 2 = 0
.
..
a1k 1 + . . . + akk k = 0
...
1 0 2 1
0 1 0 2
0 0 0 0
1 1
3 1 0
3 0
0 1 2
0 0 3 0 1
93
94
Capitolo 5
Sistemi Lineari
si ha k = 3, quindi il suo rango tre, ovvero i tre vettori di R5 che costituiscono le sue righe, sono linearmente indipendenti.
Si pu dimostrare che ogni matrice pu essere trasformata nella forma
(5.1) con operazioni elementari che ne conservano il rango. Questo procedimento noto col nome di riduzione di Gauss . Non dimostreremo
rigorosamente i risultati connessi a questo procedimento. Procediamo
tramite degli esempi che diano, pi o meno, unidea del funzionamento
della dimostrazione. Occorre definire delle operazioni elementari che
lascino invariato il rango di una matrice.
Esempio 5.4 Consideriamo le coppie di vettori (v 1 , v 2 ) e (w 1 , w 2 ), dove
w 1 = v 1 e w 2 = v 2 + v 1 . Se i vettori v 1 e v 2 erano paralleli ovvio
che anche w 1 e w 2 lo sono (non si fatto altro che sommare vettori
paralleli). Se invece i vettori di partenza erano linearmente indipendenti
non difficile provare che anche w 1 e w 2 lo sono.
In pratica, dato un insieme di vettori, laggiungere ad uno di tali vettori
un multiplo di un altro vettore, non cambia il numero massimo di vettori
linearmente indipendenti. Nel linguaggio delle matrici questo si traduce
nel seguente fatto
Lemma 5.1 Il rango di una matrice non cambia se si aggiunge ad una
riga un multiplo qualsiasi di unaltra riga.
1 1 1
2 1 0
1 2 2
Vogliamo portare questa matrice nella forma (5.1). In particolare gli elementi della prima colonna diversi dal primo devono diventare nulli.
Per quanto visto il rango di questa matrice non cambia se aggiungiamo
ad una riga un multiplo di unaltra riga. Possiamo quindi aggiungere
alla seconda riga la prima riga moltiplicata per 2, ovvero (2, 1, 0)
2 (1, 1, 1) = (0, 1, 2). Otteniamo una nuova matrice che ha per lo
stesso rango
1
1
1
0 1 2 .
1 2
2
5.1
Quello che abbiamo fatto moltiplicare la prima riga per a21 /a11 in
modo che, sommando alla seconda riga si ottenesse uno zero in a21 . Si
osservi che questo possibile solo grazie al fatto che a11 non nullo.
Possiamo, con lo stesso criterio, sommare alla terza riga la prima riga
ottenendo la matrice
1 1 1
0 1 2 .
0 3 3
95
1 1
1
0 1 2 .
0 0 3
96
Capitolo 5
Sistemi Lineari
0
1 1
2
2 .
1
2 3 5
Il metodo che abbiamo utilizzato nel precedente esempio non immediatamente applicabile perche a11 = 0. Possiamo per scambiare la prima
e la seconda riga. Otteniamo la matrice
1
2
2
1 1
0
2 3 5
1 2 2
0 1 1 .
0 1 1
Se, in questa matrice, sommiamo alla terza riga la seconda riga moltiplicata per 1 (ovvero sottraiamo le righe), ottteniamo
1 2 2
0 1 1 .
0 0 0
La matrice di partenza ha quindi rango 2.
2 1 2
3 1 1 .
2 2 3
2 1 2
0 1 4 .
2 2 3
5.1
2 1 2
0 1 4 .
0 1 1
0
0
riga
1 2
1 4 .
0
3
1 1 2 3
2 2 1 2
1 1 1 1
97
98
Capitolo 5
Sistemi Lineari
1 1 2
3
0 0 3 4 .
0 0
3
2
1 2
3
0 3 4 .
0 3
2
0
0
riga
2
3
3 4 .
0 2
5.1
0 1 1 0
2 2 4 1 .
1 1 2 0
Poich lelemento a11 nullo dobbiamo cercare una riga che abbia al
primo posto un elemento non nullo, per sostituirla alla prima. Possiamo scegliere fra la seconda e la terza riga, conviene utilizzare la terza
in quanto ce un 1 al posto a31 e sar pi facile azzerare gli elementi
della prima colonna (infatti ai1 /a11 sar uguale a ai1 ). Consideriamo
quindi la matrice
1 1 2 0
0 1 1 0 .
2 2 4 1
Moltiplichiamo per 2 la prima riga
1 1
0 1
0 0
2 0
1 0 .
0 1
Passiamo ora alla seconda colonna. In questa lelemento a22 non nullo,
quindi non occorre effetturare degli scambi di riga, gli elementi successivi
sono gi nulli quindi non ci sono calcoli da fare. Passiamo alla terza
colonna. Lelemento a33 nullo e non ci sono righe successive alla terza
con le quali sostituire la terza riga. Questo significa che la terza colonna
99
100
Capitolo 5
Sistemi Lineari
1 1 0
0 1 0 .
0 0 1
In questa matrice lelemento a33 non nullo e non ci sono elementi successivi da azzerare nella terza colonna. Non essendoci altre colonne il
procedimento termina qui. Il rango della matrice 3.
a
0
1
a
1 a 1
a 0 a
.
0 1 0
0 a 0
1 0 1 0
a 1 a 1
0 a 0 a
a 0 a 0
Moltiplichiamo quindi la prima riga per a e sommiamola alla seconda e
alla quarta. Otteniamo
1 0 1 0
0 1 0 1
0 a 0 a
0 0 0 0
Azzerata la prima colonna passiamo alla seconda. Lelemento a22 diverso da zero, possiamo quindi moltiplicare la seconda riga per a e
sommarla alla terza.
1 0 1 0
0 1 0 1
.
0 0 0 0
0 0 0 0
Passiamo alla terza colonna. Lelemento a33 nullo e non ci sono righe,
5.1
1 0 0
0 1 1
0 0 0
0 0 0
Si ha la stessa situazione, la terza colonna pu essere eliminata, ottenendo
1 0
0 1
0 0
0 0
!
1 1
1 3 2 5
,
b) 2 5
a)
2 1 0 2
0 2
1 1 0 2 1
1
1 3 2 ,
d) 3
1 3 1 1 0
Esercizio 5.2 Determinare,
matrici
1 2 1
5 1
2
a)
4 1 a
3 a
4
seguenti matrici
1 2 5
2
7 ,
c) 2 4 10 ,
3 6 15
2
1
e)
1
1
1
1
3
1
1
2
1
1
1
4
1
3
1
1
.
5
4
1
1
1
,
0
1
a 1 1 1
1 a 1 1
b)
1 1 a 1
1 1 1 a
1
1
.
1
1
101
102
Capitolo 5
Sistemi Lineari
1 1 a
3a + 2a 1 1 2a3 a2
2a
1 0
a2
a) 1 a 1 ,
b)
a 1 1
1
2
1
0
1 a 0 0
c) 1 0 a a .
0 a a 1
Esercizio 5.5 Determinare il rango della matrice
0 1 0 1a
b
1 0 a
1 1 c
a
Sistemi lineari
Applichiamo gli strumenti definiti nel precedente paragrafo al caso
della soluzione di sistemi lineari. Ovvero al problema di stabilire lesistenza di n-ple (x1 , . . . , xn ) (considereremo quindi le incognite come componenti di un vettore di Rn ) che soddisfino un sistema di m equazioni
della forma
a x + a x + ...+ a x = b
m1 1
m2 2
mn n
m
Questo sistema pu essere scritto in forma pi compatta, posto
x
b
21 a22 a2n
2
2
A= .
..
.. , x = .. , b =
.. ,
.
.
.
.
.
.
am1 am2 amn
xn
bm
Sistemi lineari
5.2
1
2
ax + by + cz + d = 0
a x + b y + c z + d = 0
a x + b y + c z + d = 0
103
104
Capitolo 5
Sistemi Lineari
la soluzione, vedremo che possiamo determinare solo una delle incognite, ad esempio (supponendo c 0) il vettore delle soluzioni sar della
forma (x, y, ac x bc y dc ), che fornir lequazione del piano in forma
a
b1
a1n
a12
a11
a b
a
a
2n 2
22
21
+
x
+
x
x1
n .. = .. .
2 ..
..
. .
.
.
am1
am2
amn
bm
Sistemi lineari
5.2
21 a22 a2n b2
(A|b) =
..
..
..
..
.
.
.
.
.
am1
am2
amn
bm
Teorema 5.1 [Teorema di Rouch-Capelli] Un sistema lineare di m equazioni in n incognite della forma (5.2) ammette soluzioni se e solo se
il rango della matrice completa uguale al rango della matrice incompleta. Detto p tale valore, e posto q = n p, linsieme delle soluzioni
un sottospazio affine q-dimensionale di Rn .
Questo teorema risolve completamente il problema che volevamo trattare, stabilisce infatti quale condizione deve essere soddisfatta per avere
lesistenza di soluzioni e, nel caso questa sia soddisfatta, il numero
di soluzioni del sistema. E difficile, con gli strumenti a disposizione,
dare una giustificazione della seconda parte del teorema. Si afferma
sostanzialmente che, una volta stabilito che le soluzioni esistono, si
hanno tante pi soluzioni quanti meno sono i vettori colonna linearmente indipendenti. Cerchiamo di darne una parziale interpretazione.
Avevamo visto, nelle osservazioni che seguivano il teorema della base,
che, aggiungendo vettori ad una base (cio ad un sistema di vettori linearmente indipendenti) non era pi univoca la scrittura di un vettore
come combinazione lineare (e tale non univocit aumenta allaumentare
dei vettori che si aggiungono). In pratica aumentavano i possibili coefficienti della combinazione lineare. Nel caso dei sistemi lineari questo
105
106
Capitolo 5
Sistemi Lineari
Queste matrici hanno lo stesso rango, infatti abbiamo aggiunto alla matrice incompleta una colonna data da tutti zeri, aggiungendo quindi un
vettore che necessariamente linearmente dipendente dalle altre colonne.
Questo corrisponde al fatto che un sistema omogeneo ha sempre almeno
una soluzione, data da (x, y, z) = (0, 0, 0). Per vedere se esistono altre
soluzioni determiniamo il rango della matrice incompleta. Col metodo di
riduzione visto nel precedente paragrafo si ottiene, al primo passaggio, la
matrice
!
1 2 1
0 0 3
La seconda colonna proporzionale alla prima e la possiamo cancellare,
otteniamo la matrice
!
1 1
0 3
che ha rango p = 2. Essendo il numero delle incognite n = 3, il sistema
ha infinite soluzioni (q = 1), date da una retta in R3
Esempio 5.13 Consideriamo il sistema
2x y + z = 1
x + 2y + z = 1
3x 4y + z = 2
2 1 1
2 1 1 1
1 2 1 , 1 2 1 1 .
3 4 1
3 4 1 2
Sistemi lineari
5.2
E possibile, con qualche attenzione, calcolare contemporaneamente i ranghi delle due matrici, sfruttando il fatto che la matrice completa contiene
quella incompleta. Scriviamo quindi la matrice completa tendendo separata la colonna dei termini noti
..
2 1 1 . 1
1 2 1 .. 1 .
..
3 4 1 . 2
Con lusuale procedimento di riduzione otteniamo che il rango di questa
matrice equivalente a quello della matrice
..
2
1
.
1
..
0 5 . 1 .
.
0 0 .. 6
Il rango della matrice completa quindi 3. La matrice che si ottiene non
considerando lultima colonna (che faceva parte solo della matrice completa) ha lo stesso rango della matrice incompleta, che quindi ha rango 2.
Per il teorema di Rouch-Capelli il sistema non ha soluzione
Esempio 5.14 Consideriamo il sistema
x y + 3z + 3t = 2
4x 2y + z 3t = 2
3x 5y + 3z t = 2
x + 2y 2z = 0
x+y +t =1
..
1
1
3
3
.
2
4 2 1 3 ... 2
..
3 5 3 1 . 2 .
..
.
0
2
2
0
..
1
1
0
1 . 1
107
108
Capitolo 5
Sistemi Lineari
..
1
1
3
3
.
2
..
0 6 13
9
. 10
..
0 0 16 12 . 28 .
..
0 0
0
12 . 12
..
.
0
0 0
0
0
x + ky + z = k
kx + y kz = 1
x+y z =1
..
1 k 1 . k
k 1 k .. 1 .
..
1 1 1 . 1
..
1
k
1
.
k
..
2
2
0 1 k 2k . 1 k .
.
0 1k
2 .. 1 k
..
1
k
1
.
k
..
2 . 1 k .
0 1 k
.
0 1 k2 2k .. 1 k2
Sistemi lineari
5.2
..
1
k
.
k
1
..
1 k . 1 k .
0 2
.
0 2k 1 k2 .. 1 k2
..
1
k
.
k
..
2 1 k . 1 k .
.
0 1 k .. 1 k
kx + y = 1
x + y + (1 k)z = k
y +z =1
109
110
Capitolo 5
Sistemi Lineari
x 3y + z = 0
x + 3y = 1
2x 6y 2z = 4
Il primo passo del procedimento di riduzione porta alla matrice
1 3 1
1
0 0
0 0 4
..
. 0
..
. 1 .
..
. 4
In un caso simile procedevamo eliminando la seconda colonna, che proporzionale alla prima. Possiamo lasciare questa colonna nella matrice
ma non considerarla ai fini del rango. Continuando con la riduzione si
Sistemi lineari
5.2
..
1 3 1 . 0
0 0 1 .. 1 .
.
0 0 0 .. 0
2x + 2y 4z + 6t = 0
5x + 2y 7z + 10t = 0
,
c)
4x + 5z + 7t = 0
3x + y + 3z 4t = 0
2x y + z + 1 = 0
x + 2y z + 1 = 0
d)
4x + 3y z + 3 = 0
5x + z + 3 = 0
4x + y = 8
ax + y = 0
3ax 2y = 0
x + ay = 0
, b)
a)
5x + 2y = 5
2x
+ (1 + a)y = a
x + 7by = 8
x + ay + z = a + 2
x y = 1 + a2
,
c)
y z = a
ax + 2y bz = b
y + az = 0
e)
,
ax + bz = b
x + ay + z = a
ax + y az = 1
d)
x+y z =1
5x y 3z + 4t 8v = 5
x 5y 15z + 4t 8v = a
f)
2x 4y 12z + t 2v = 2
111
Spazi vettoriali
Nel capitolo 3 abbiamo accennato allesistenza di insiemi V che hanno
propriet simili a quelle dello spazio dei vettori liberi, e vengono di conseguenza detti spazi vettoriali reali . La similitudine con il caso dei
vettori liberi data dalla definizione di due operazioni, la somma ed
il prodotto per uno scalare, che godono delle seguenti propriet (nelle
quali, per ora, supporremo K = R)
1) 0 V : v V v + 0 = 0 + v = v;
2) v V v V : v + (v) = 0;
3) v, w V , v + w = w + v;
4) v, w, t V , v + (w + t) = (v + w) + t;
5) v V , 1 v = v;
6) v V , , K, ( + ) v = v + v;
7) v V , , K, () v = ( v);
8) v, w V , K, (v + w) = v + w.
(6.1)
a11
.
.
.
am1
a1n
b11
. .
+ .
.
. .
amn
bm1
a11
.
.
.
am1
b1n
a11
.
=
.
.
bmn
am1
a1n
a11
. .
= .
.
.
.
amn
am1
+ b11
.
.
.
+ bm1
a1n
.
amn
a1n + b1n
.
amn + bmn
Sottospazi vettoriali
6.2
2 1
1 3
matrice
4 2
1 5
Esercizio 6.2 Linsieme dei numeri razionali, munito delle operazioni indotte da R, uno spazio vettoriale?
Esercizio 6.3 Dire se R3 , munito delle seguenti operazioni
(x1 , y1 , z1 ) + (x2 , y2 , z2 ) = (0, 0, 0), (x, y, z) = (x, y, z
uno spazio vettoriale.
Sottospazi vettoriali
Vogliamo cercare, allinterno di uno spazio vettoriale V , dei sottoinsiemi che abbiano ancora la propriet di essere spazi vettoriali rispetto
alle stesse operazioni definite in V . La definizione la seguente.
Definizione 6.1 Sia V uno spazio vettoriale, un suo sottoinsieme W un
sottospazio vettoriale se sono verificate le seguenti propriet
(i) w1 , w2 W , w1 + w2 W ;
(ii) w W , R, w W .
Questo equivale a richiedere che la somma di elementi di W stia ancora in W e cos pure il prodotto di un elemento di W per uno scalare. E
113
114
Capitolo 6
Algebra Lineare
(6.2)
Gli elementi di W sono quindi quegli elementi di R4 la cui quarta componente data dalla somma della prima e della terza col doppio della
seconda. Se consideriamo due elementi w1 = (x1 , y1 , z1 , x1 + 2y1 + z1 ) e
w2 = (x2 , y2 , z2 , x2 + 2y2 + z2 ), essendo la definizione di somma in W la
stessa che abbiamo in R4 , si ha
w1 + w2 = (x1 + x2 , y1 + y2 , z1 + z2 , (x1 + x2 ) + 2(y1 + y2 ) + (z1 + z2 )).
E questo ancora un elemento della forma (6.2), cio un elemento di W .
Sia ora R, si ha
w1 = (x1 , y1 , z1 , x1 + 2y1 + z1 )
che ancora un elemento della forma (6.2). Quindi provato che W un
sottospazio vettoriale di R4 .
Esempio 6.2 Consideriamo il seguente sottoinsieme di M(3 3).
W = {A M(3 3) : tr (A) = 0}.
Dove tr (A) la traccia della matrice A, ovvero la somma degli elementi
sulla diagonale principale, nel nostro caso tr (A) = a11 + a22 + a33 .
Lelemento generico di W si pu allora scrivere come
a11 a12
a13
a23
a21 a22
.
a31 a32 (a11 + a22 )
Non difficile verificare che la somma di elementi di questa forma ancora in W , cos come il prodotto di una tale matrice per uno scalare.
Sottospazi vettoriali
6.2
115
116
Capitolo 6
Algebra Lineare
Analizziamo meglio
Sottospazi vettoriali
6.2
Nei casi che consideriamo nel corso i sottospazi vettoriali di uno spazio vettoriale V sono quelli esprimibili nella forma L(v1 , . . . , vn ) per opportuni v 1 , . . . , v n . Si dice in tal caso che il sottospazio generato da
v1 , . . . , vn e che questi vettori formano un sistema di generatori del sottospazio.
Proposizione 6.2 Se vn combinazione lineare di v1 , . . . , vn1 si ha
L(v1 , . . . vn ) = L(v1 , . . . , vn1 ).
1
2
0
1
2 0 1
1 3
2
1 1 1
0 2
1
Applicando il metodo di riduzione di Gauss a tale matrice possiamo stabilire quante (e quali) colonne sono linearmente indipendenti. Si arriva
117
118
Capitolo 6
alla matrice
Algebra Lineare
1 2 0 1
0 3 3 4
0 0 0 7
0 0 0 0
dove il grassetto indica che la terza colonna non contribuisce al calcolo del rango essendo combinazione lineare delle prime due. Il rango
di questa matrice 3 e si ha
L((1, 2, 0, 1), (2, 1, 1, 0), (0, 3, 1, 2), (1, 2, 1, 1)) =
= L((1, 2, 0, 1), (2, 1, 1, 0), (1, 2, 1, 1)).
Nei casi pratici utile la seguente
Proposizione 6.3 Siano W1 e W2 due sottospazi vettoriali di uno spazio
vettoriale V . Allora
(i) W1 W2 un sottospazio vettoriale di V ;
(ii) W1 W2 un sottospazio di V se e solo se W1 W2 oppure W2
W1 .
W2 = {(x, y) R2 : x = 0}.
6.3
esprimibili come combinazione lineare di elementi di W1 e W2 . In particolare dato un sistema di generatori per W1 e un sistema di generatori
per W2 la loro unione costituisce un sistema di generatori per la loro
somma.
Esempio 6.8 In R4 si considerano W1 = L((1, 1, 1, 0), (1, 2, 1, 0)) e W2 =
L((1, 3, 1, 0), (1, 5, 7, 0)). Si ha quindi
W1 + W2 = L((1, 1, 1, 0), (1, 2, 1, 0), (1, 3, 1, 0), (1, 5, 7, 0)).
Si ha per che i due sottospazi si intersecano, in quanto (1, 1, 1, 0) W2 ,
quindi la somma non diretta e si ha
W1 + W2 = L((1, 2, 1, 0), (1, 3, 1, 0), (1, 5, 7, 0)).
Esercizio 6.4 Provare che, in P2 si ha L(x 2 + 3x, 2x) = L(x, x 2 ).
Esercizio 6.5 Provare che L((1, 1), (1, 1)) = R2 .
Esercizio 6.6 Costruire un esempio di sottoinsieme di R2 tale che
Esercizio 6.7 Se W un sottospazio di V e v1 , . . . , vn W . E sempre vero
che L(v1 , . . . , vn ) W ?
119
120
Capitolo 6
Algebra Lineare
Esempio 6.9 Nel caso dei vettori liberi avevamo definito base un insieme
di tre vettori v 1 , v 2 , v 3 non complanari. Questa definizione coincide con
quella che abbiamo dato sopra. Il fatto che i vettori siano non complanari
equivale a dire che sono linearmente indipendenti. Il teorema della base
3.1, infine, assicura che ogni vettore libero pu essere espresso come combinazione lineare di v 1 , v 2 , v 3 , ovvero V = L(v 1 , v 2 , v 3 ). In particolare
la dimensione di V 3.
Esempio 6.10 Consideriamo, in Rn il seguente insieme di vettori
v1 = (1, 0, . . . , 0), v2 = (0, 1, 0, . . . , 0), . . . , vn = (0, . . . , 0, 1).
Si ha Rn = L(v1 , . . . , vn ), infatti
(x1 , x2 , . . . , xn ) = x1 (1, 0, . . . , 0) + x2 (0, 1, 0, . . . , 0) + . . . + xn (0, . . . , 0, 1).
E immediato verificare che i vettori v1 , . . . , vn sono anche linearmente
indipendenti. Costituiscono quindi una base, detta base canonica, di Rn .
Ne segue che la dimensione di Rn n.
Esempio 6.11 Consideriamo, in P3 , i seguenti polinomi
v1 = 1, v2 = x, v3 = x 2 , v4 = x 3 .
6.3
1 0 0
0 1 0
0 0 0
v1 = 0 0 0 , v2 = 0 0 0 , . . . , v9 = 0 0 0 .
0 0 0
0 0 0
0 0 1
Queste matrici sono linearmente indipendenti e generano M(3 3), infatti
0 0 0
+ . . . + a33 0 0 0 .
0 0 1
In generale M(m n) ha dimensione m n.
Una base di V un insieme minimale di vettori v1 , . . . , vn tali che
V = L(v1 , . . . , vn ). Se abbiamo una espressione di V = L(v1 , . . . , vn )
(vettori non necessariamente linearmente indipendenti), una base di V
sar data da un insieme massimale di vettori linearmente indipendenti
(la richiesta che linsieme sia massimale equivale a richiedere che non sia
contenuto propriamente in nessun altro insieme di vettori linearmente
indipendenti), fra v1 , . . . , vn .
Esempio 6.13 Determiniamo una base di
W = L((2, 0, 2, 3), (0, 2, h, 1), (2, 1, 0, 3), (1, 1, 1, 1)) R4
al variare del parametro h. Dobbiamo determinare il massimo numero
di vettori linearmente indipendenti fra quelli sopra elencati, al variare del
parametro h. Questo equivale a calcolare il rango della matrice
2 0 2 1
0 2 1 1
2 h 0 1
3 1 3
1
121
122
Capitolo 6
Algebra Lineare
2
0
0
0
0 2
1
2
1
1
0 13
2
0
0
15(h 4)
0
a12 a13
0
a23 .
a12
a13 a23
0
Abbiamo tre parametri indeterminati ed ogni elemento dello spazio pu
essere ottenuto come combinazione lineare degli elementi che si ottengono
0
a12 a13
0 1
0
a23 = a12 1 0
a12
a13 a23
0
0 0
0 0
+ a23 0 0
0 1
ai restanti il valore
0
0 0
0 + a13 0 0
0
1 0
1 .
0
6.3
0 +
0
123
124
Capitolo 6
Algebra Lineare
Applicazioni lineari
6.4
Applicazioni lineari
Ci occupiamo adesso di una classe di funzioni strettamente legata agli
spazi vettoriali.
Definizione 6.7 Siano V e W due spazi vettoriali, una applicazione f :
V W detta lineare o omomorfismo se verifica
(i) v1 , v2 V , f (v1 + v2 ) = f (v1 ) + f (v2 );
(ii) v V , R, f (v) = f (v).
Esempio 6.18 Abbiamo gi incontrato un esempio di applicazione lineare quando abbiamo costruito una identificazione fra V e R3 . Fissata
una base, u, v, w di V , ogni elemento t di V pu essere scritto come combinazione lineare degli elementi di questa base, sar t = x u + y v + z w.
Si pone allora f (t) = (x, y, z) R3 . La verifica della linearit di tale
applicazione immediata.
Esempio 6.19 Quello visto sopra un esempio di un fatto generale. Dato
uno spazio vettoriale V , di dimensione n, fissata una sua base v1 , . . . , vn ,
possiamo considerare lapplicazione f : V Rn definita da
f (v) = f (x1 v1 + x2 v2 + . . . + xn vn ) = (x1 , . . . , xn ).
125
126
Capitolo 6
Algebra Lineare
Questa applicazione lineare ed ha delle propriet addizionali, suriettiva ed iniettiva, cio biunivoca. In un senso che preciseremo meglio entro
breve, costituisce una identificazione fra V e Rn , che useremo costantemente nel seguito. Si osservi che tale identificazione dipende strettamente
dalla scelta della base di V .
Visto che identificheremo ogni spazio vettoriale V di dimensione n
con Rn ci occupiamo, innanzi tutto, di studiare le applicazioni lineari
Rn Rm .
Sia A una matrice di tipo m n, poniamo
a11 a1n
x1
a11 x1 + . . . + a1n xn
.
..
..
.
.
f (x1 , . . . , xn ) =
. .. =
.
..
am1
amn
am1 x1 + . . . + amn xn
xn
Il risultato di questa operazione una matrice m1 che possiamo identificare con un vettore di Rm . Questa applicazione lineare infatti, grazie
alle propriet del prodotto tra matrici
y1
x1
. .
f ((x1 , . . . , xn ) + (y1 , . . . , yn )) = A .. + ..
=
yn
xn
y1
x1
.
.
.
= A . + A ..
=
yn
xn
= f (x1 , . . . , xn ) + f (y1 , . . . , yn ).
x1
x1
.
.
f ((x1 , . . . , xn )) = A
.. = A .. = f (x1 , . . . , xn ).
xn
xn
Applicazioni lineari
6.4
2
2
2
2
2
2 .
2
2
( 22 , 22 ).
Lapplicazione corrisponde
Si ha f (1, 0) = ( 22 , 22 ) e f (0, 1) =
127
128
Capitolo 6
Algebra Lineare
La soluzione a = c = 2 , b = 2 . Quindi
f (0, 0, 1) =
1
1
1
1
f (1, 0, 1) f (2, 1, 0) + f (1, 1, 1) = (1, ).
2
2
2
2
6.5
a11
.
f (x1 , . . . , xn ) = ..
am1
...
a1n
x1
..
.. .
. .
. . . amn
xn
Quanto visto sopra estremamente importante ed implica che possibile studiare le applicazioni lineari, fra due qualsiasi spazi vettoriali,
utilizzando il prodotto matriciale. Questo una volta che siano state fissate due basi, una nello spazio di partenza ed una nello spazio di arrivo.
Riassumiamo le conclusioni alle quali siamo giunti.
Data una applicazione lineare f : V W , fissiamo una base B =
{v1 , . . . , vn } in V ed una B = {w1 , . . . , wm } in W . Consideriamo le immagini degli elementi della base di V e disponiamo le componenti di
f (vi ), rispetto alla base di W , nella colonna i-esima di una matrice.
Otteniamo quindi una matrice di tipo m n, detta matrice associata
allapplicazione lineare f nelle basi B e B . Quindi, se v = x1 v1 + . . . +
xn vn , volendo calcolare f (v) basta calcolare il prodotto
a11 . . . a1n
x1
.
..
.
.. .
. .
.
am1 . . . amn
xn
per ottenere le componenti di f (v) nella base w1 , . . . , wm .
129
130
Capitolo 6
Algebra Lineare
1 2 1
0
0
1
1 0
2 1 1 1
che la matrice associata allapplicazione lineare rispetto alle basi canoniche. Possiamo verificare la correttezza dei nostri calcoli
x
1 2 1
0
x 2y + z
y
0
1 =
x+t
f (x, y, z, t) = 1 0
.
z
2 1 1 1
2x y z t
t
Esempio 6.25 Consideriamo lo spazio vettoriale P2 e lapplicazione P2
P1 data da f (p(x)) = p (x). Si verifica facilmente che questa applicazione lineare. Scegliamo la base {x 2 , x, 1} in P2 e la base {x, 1}
in P1 . Consideriamo le immagini degli elementi della base ed esprimiamole come combinazione lineare degli elementi della base dello spazio
di arrivo. Si ha f (x 2 ) = 2x = 2 x + 0 1, f (x) == 0 x + 1 1,
f (1) = 0 = 0 x + 0 1. Disponiamo i valori trovati nelle colonne di una
matrice, ottenendo
!
2 0 0
A=
0 1 0
Il generico elemento di P2 p(x) = ax 2 + bx + c e corrisponde al vettore
(a, b, c) di R3 . Si pu allora calcolare
!
a
2a
f (p(x)) = A b =
b
c
6.5
3
1
(0, 1, 1) (0, 1, 1)
2
2
1
1
(0, 1, 1) + (0, 1, 1)
2
2
1
1
(0, 1, 1) (0, 1, 1)
2
2
3
2
21
1
21
1
2
1
2
21
0
1
131
132
Capitolo 6
Algebra Lineare
2 0 0
1 1 0
A = 1 1 0 ,
B = 1 0 0
0 1 2
0 2 1
Lapplicazione f + g definita da
(f + g)(x, y, z) = (3x + y, 2x y, 3y + z)
e la matrice associata, rispetto alla base canonica,
3 1 0
2 0 0
1 1 0
2 1 0 = 1 1 0 + 1 0 0
0 3 1
0 1 2
0 2 1
Lapplicazione 3f definita da
6 0
3 3
0 3
canonica,
0
2 0 0
0 = 3 1 1 0
6
0 1 2
Lapplicazione g f definita da
Nucleo e immagine
6.6
3 1 0
1 1 0
2 0 0
2 0 0 = 1 0 0 1 1 0
2 3 2
0 2 1
0 1 2
Dati due spazi vettoriali V , W , nellinsieme Hom(V , W ) delle applicazioni lineari V W abbiamo introdotto loperazione di somma e il
prodotto per uno scalare. Si pu verificare che, rispetto a queste operazioni, Hom(V , W ) risulta avere una struttura di spazio vettoriale. In
particolare se W = R, Hom(V , R) si indica con V ed detto spazio
duale di V .
Nucleo e immagine
Abbiamo visto, in uno dei precedenti esempi, il caso di una proiezione
R2 R (vista come applicazione R2 R2 ). Questa una applicazione da
uno spazio di dimensione 2 in uno spazio di dimensione 1 (pi piccolo)
e questo era evidenziato dal fatto che un vettore di R2 veniva trasformato nel vettore nullo. Studiamo pi in generale questa situazione
Definizione 6.8 Siano V e W due spazi vettoriali e f : V W unapplicazione lineare. Si definisce nucleo dellapplicazione lineare linsieme
Ker f = {v V : f (v) = 0W }.
Dove OW lelemento neutro della somma in W .
Lemma 6.1 Siano V e W due spazi vettoriali e f : V W unapplicazione lineare. Il nucleo di f un sottospazio vettoriale di V .
133
134
Capitolo 6
Algebra Lineare
Esempio 6.28 Consideriamo lapplicazione lineare R3 R3 definita, rispetto alla base canonica, dalla matrice
1 2 1
2 0 3 .
4 4 1
Il nucleo di f dato dallinsieme delle soluzioni del sistema
1 2 1
x
0
2 0 3 y = 0 .
4 4 1
z
0
Questo un sistema omogeneo, quindi ha sempre soluzione, (infatti qualunque sia lapplicazione lineare f , si ha sempre f (0V ) = 0W ), si trova che
le soluzioni sono date dalle terne della forma (6, 5, 4) e costituiscono
quindi un sottospazio di dimensione 1 di R3 .
Il legame fra la ricerca del nucleo e le soluzioni di un sistema lineare
evidente. In particolare si ricava che la dimensione del nucleo data
da n p, dove n la dimensione dello spazio di partenza e p il rango
della matrice associata allapplicazione lineare rispetto ad una qualsiasi
scelta di basi. Per determinare una base del nucleo occorre risolvere il
sistema lineare.
Data una applicazione lineare f : V W , il suo nucleo la parte di V
che viene persa nella trasformazione data da f . Quello che resta viene
invece trasformato in un sottoinsieme di W , detto immagine di f
Definizione 6.9 Siano V e W due spazi vettoriali e f : V W unapplicazione lineare. Si definisce immagine dellapplicazione lineare linsieme
Im f = {w W : v V , f (v) = w}.
Lemma 6.2 Siano V e W due spazi vettoriali e f : V W unapplicazione lineare. Limmagine di f un sottospazio vettoriale di W .
Nucleo e immagine
6.6
1 2
4
0 4 4 .
0 0
0
Lultima colonna non contribuisce al calcolo del rango, ne segue che limmagine ha dimensione 2 ed una sua base data da (1, 2, 4) e (2, 0, 4).
Dallesempio precedente segue che la dimensione dellimmagine di
unapplicazione lineare pari al rango della matrice associata rispetto
ad una qualsiasi scelta di basi.
Esempio 6.30 Si verifica facilmente che limmagine di un qualsiasi sottospazio di uno spazio vettoriale, tramite una applicazione lineare, un
sottospazio vettoriale dello spazio di arrivo. Avendo classificato i sottospazi vettoriali di V , e sapendo che lidentificazione che abbiamo fatto
tra V e R3 lineare, possiamo determinare dei sottospazi vettoriali di R3
dati dalle immagini dei sottospazi di V . Questi sono dati da (0, 0, 0), le
rette passanti per lorigine, i piani passanti per lorigine, R3 . In realt
questo elenco esaurisce i sottospazi vettoriali di R3 .
Definizione 6.10 Siano V e W due spazi vettoriali e f : V W unapplicazione lineare. f detta iniettiva se Ker f = {0V }, f detta suriettiva se
Im f = W . Se f sia iniettiva che suriettiva detta biunivoca o anche
isomorfismo
Queste definizioni coincidono con quelle che abbiamo dato in precedenza. Infatti
Se f (v1 ) = f (v2 ), per la linearit di f si ha f (v1 v2 ) = 0W , cio
v1 v2 Ker f . Se v1 v2 questo significa che il nucleo di f contiene
almeno un elemento non nullo.
135
136
Capitolo 6
Algebra Lineare
1 1 3
2 1 1 .
3 1 2
un isomorfismo R3 R3 . Per verificarlo occorrere controllare che sia
iniettiva e suriettiva. In realt, in questo caso, basta verificare liniettivit.
Infatti se f iniettiva la dimensione dellimmagine uguale alla dimensione dello spazio di partenza, cio 3. Essendo Im f un sottospazio di
R3 di dimensione 3, deve coincidere con R3 , quindi lapplicazione anche suriettiva. Liniettivit facile da verificare, basta infatti calcolare il
rango della matrice associata, che in questo caso 3.
Corollario 6.1 Se una applicazione lineare fra due spazi vettoriali della
stessa dimensione iniettiva (o suriettiva), un isomorfismo.
In realt per stabilire se una applicazione tra due spazi vettoriali della stessa dimensione un isomorfismo o meno, non necessario (anche se spesso conveniente) determinare il rango della matrice associata. Infatti, data la proposizione precedente sufficiente determinare
liniettivi-t della funzione, ovvero lunicit della soluzione di f (v) = w
per ogni w W . Scelte delle basi di V e W questa risulta essere equivalente allunicit della soluzione di un sistema lineare. In questo caso il
numero di equazioni (che corrisponde alla dimensione di W ) uguale al
numero delle incognite (che corrisponde alla dimensione di V ). Quindi,
come visto nello studio dei sistemi lineari, la soluzione unica se e solo
se il determinante della matrice associata non nullo.
A = 2
1
6.7
0 2
1 1
1 0
Esercizio 6.19 Stabilire se 1+2x appartiene allimmagine dellapplicazione R3 P2 definita, rispetto alla base canonica e alla base {1, 1 + x 2 , x}
dalla matrice
1 3 0
0 1 0
1 0 1
1 1 0
A = 0 1 1
1 1 1
questa matrice ha determinante 1, si tratta quindi di un isomorfismo.
Per determinare lapplicazione inversa occorre determinare una applicazione lineare f 1 (x, y, z) tale che f 1 (x + y, y z, x + y + z) =
(x, y, z). Vedremo in seguito come sia possibile determinare facilmente
137
138
Capitolo 6
Algebra Lineare
f 1 utilizzando le matrici. Diamo per ora un metodo di calcolo differente. Sappiamo che f 1 una applicazione lineare e come tale univocamente definita dal suo valore sugli elementi di una base. Consideriamo
la base canonica di R3 , si ha f (1, 0, 0) = (1, 0, 1), f (0, 1, 0) = (1, 1, 1)
e f (0, 0, 1) = (0, 1, 1). Si ha che {(1, 0, 1), (1, 1, 1), (0, 1, 1)} sono linearmente indipendenti (le loro componenti rappresentano le colonne della
matrice associata ad f , dato che questa ha rango massimo sono linearmente indipendenti) e formano quindi una base di R3 . Per costruzione
f 1 (1, 0, 1) = (1, 0, 0), f 1 (1, 1, 1) = (0, 1, 0), f 1 (0, 1, 1) = (0, 0, 1),
questo permette di determinare f 1 su qualunque vettore. E sufficiente
scrivere (x, y, z) come combinazione lineare degli elementi della base, si
trova
(x, y, z) = (2x y z)(1, 0, 1)+(y +z x)(1, 1, 1)+(z x)(0, 1, 1)
quindi
f 1 (x, y, z) = (2x y z) (1, 0, 0) + (y + z x) (0, 1, 0)+
+(z x) (0, 0, 1) = (2x y z, y + z x, z x).
La matrice associata a f 1 rispetto alla base canonica
2 1 1
1 .
1 1
1 0
1
Il calcolo matriciale rende pi semplice la determinazione dellapplicazione inversa. Per far questo consideriamo dapprima lapplicazione identica. Se V uno spazio vettoriale si ha idV : V V data da idV (v) = v
per ogni v V . Se B una base di V si prova immediatamente che la matrice associata a idV scegliendo B come base associata sia in partenza
che in arrivo, la matrice identica I (questo non pi vero se le basi
in partenza e arrivo non coincidono), ovvero la matrice i cui elementi
non nulli sono tutti e soli quelli sulla diagonale, che assumono valore
1. Sia ora f : V W un isomorfismo ed A la matrice associata ad f
rispetto ad una scelta di basi. Se B la matrice associata a f 1 rispetto
alle stesse basi si ha f 1 f (v) = v, ovvero f 1 f = idV . Ne segue
che la matrice associata a f 1 f deve essere la matrice identica. Quindi
B A = I. Siccome I lelemento neutro del prodotto tra matrici si
ha che B la matrice inversa di A, e la si indica con A1 (verificarlo
sullesempio precedente). Si noti che questa matrice inversa esiste se e
solo se f un isomorfismo, ovvero se det(A) 0 (si ha un parallelo coi
numeri reali. Tutti e soli i numeri diversi da 0 ammettono un reciproco).
6.7
1 2 1
A = 1 1 0
1 2 1
(i) Si costruisce una nuova matrice che ha le
dalle colonne della matrice identica
1 2 1 | 1 0
1 1 0 | 0 1
1 2 1 | 0 0
1 2
1
0 1 1
0 0 2
colonne di A affiancate
0
1
| 1 0 0
| 1 1 0
| 1 0 1
(iii) Gli elementi sulla diagonale principale sono tutti non nulli in quanto il rango di A massimo. Si divide ciascuna riga per lelemento
sulla diagonale, in modo da ottenere una matrice che abbia elementi uguali ad 1 sulla diagonale principale.
1 2 1 | 1 0
0
0 1 1 | 1 1 0
0 0 1 | 21 0 21
(iv) Si applica una riduzione di Gauss inversa per azzerare gli elementi posti sopra la diagonale principale, partendo dallultima
riga per azzerare gli elementi della terza colonna. Si sostituisce
quindi alla seconda riga la differenza fra la seconda e la terza riga.
1 2 1 | 1 0
0
1
1
0 1 0 | 2 1 2
1
1
0 0 1 | 2 0 2
e alla prima riga la sua
1
1
2 0 | 2 0
2
1
1
1 0 | 2 1 2
1
0 1 | 2 0 21
139
140
Capitolo 6
Algebra Lineare
1 0 0
0 1 0
0 0 1
| 2
1
| 2
1
| 2
1
2 2
1
1 2
1
0 2
12 2 21
1
1
A1 =
2 1 2 .
1
1
0 2
2
1
A1 =
2
1 1
1 0 ,
0 0
2 0 0
A4 = 0 5 0 ,
0 0 7
2 2 4
A2 = 1 0 1 ,
0 1 0
4 6 3
A3 = 0 0 7
0 0 5
2
1
0
0
1 2 3
A6 = 4 5 6
5 7 9
1
0
A5 =
0
0
1
3
4
2
1
0
6
0
,
2
2
Cambiamento di base
6.8
Cambiamento di base
In questa sezione applichiamo gli strumenti forniti dal calcolo dellinversa di una matrice per ottenere una formula che permetta di determinare la matrice associata ad una applicazione lineare al variare delle
basi.
Sia f : V W unapplicazione lineare, date due basi B, B di V e due
basi C e C di W , supponiamo che la matrice associata ad f , rispetto alle
basi B e C, sia A. Consideriamo lapplicazione identica idV di V (risp.
idW di W ). Sia X (risp. Y ) la matrice associata a idV (risp. idW ) rispetto
alla scelta della base B (risp. C) in partenza e B (risp. C ) in arrivo. E
possibile scrivere f come composizione
f (v) = idW f idV (v)
la matrice associata ad f pu quindi essere scritta come prodotto delle
matrici associate a queste tre applicazioni lineari, scegliamo le basi come
segue
VB
idV
VB
f
WC
idW
WC
idV
VB
idV
VB
(6.3)
141
142
Capitolo 6
Algebra Lineare
1 0 0
X = 0 1 1
0 1 1
mentre la matrice associata a idR2 rispetto alle basi C e C data da
!
1 1
.
Y =
1 1
1
2
1
2
1
2
1
2
!
!
1 0
1
1
1
1
2
2
0 1
A = 21
1
2 1 0
2 2
0 1
B e C quindi
!
0
3
1 1
2
1 =
.
1
2 0 2
1
Cambiamento di base
6.8
1 1 2
1 2 1
2 1 5
iniettiva e/o suriettiva.
Esercizio 6.27 Data lapplicazione f : R4 R2 , associata, rispetto alla
base canonica, alla matrice
!
2 0 1 5
4 5 0 2
(i) Determinare limmagine di un generico elemento (x, y, z, t)
(ii) Dire se f iniettiva e/o suriettiva.
(iii) Determinare nucleo e immagine di f
Esercizio 6.28 Date le applicazioni lineari g : R4 R3 , h : R4 R4 ,
definite da g(x, y, z, t) = (3x + y, x + z t, x + z + t), h(x, y, z, t) =
(x, 3y, t z, z t) determinare g(h((2, 1, 3, 0))) 2g((0, 0, 2, 1)).
Esercizio 6.29 Sono date le applicazioni lineari f : R6 R4 e g : R4 R2
143
144
Capitolo 6
1 0
0 1
1 0
0 0
Algebra Lineare
1 0
0 0
!
2 4 0 5
0 1
0 0
,
.
1 1 2 0
1 0 1 0
0 1 0 1
6.9
145
146
Capitolo 6
Algebra Lineare
1 0
0
2
.
..
.
.
.
0
0
base
0
0
..
.
n
6.9
1 0 0
0 1
0
I=
..
..
..
.
.
.
0 0
147
148
Capitolo 6
Algebra Lineare
1 1 1
A = 0 1 2 .
0 0 2
Per stabilire se f o meno diagonalizzabile dobbiamo prima di tutto determinare gli autovalori, quindi determinare i corrispondenti autovettori.
Se possibile determinare una base composta da autovettori lendomorfismo diagonalizzabile. La matrice associata a f id
1 1 1
1 0 0
1
1
1
1
2 .
A I = 0 1 2 0 1 0 = 0
0 0 2
0 0 1
0
0
2
Gli autovalori sono le soluzioni di det(A I) = 0, ovvero
(1 )2 (2 ) = 0.
det(A I) un polinomio nellincognita , detto polinomio caratteristico dellapplicazione lineare f (o della matrice A). Gli autovalori di f
sono quindi 1 = 1 (con molteplicit 2) e 2 = 2 (con molteplicit 1).
Si noti che gli autovalori che abbiamo determinato sono esattamente gli
elementi sulla diagonale principale della matrice, questo accade sempre
se la matrice, in forma triangolare. Determiniamo gli autovettori corrispondenti, iniziando da quelli associati a 1 . Questi sono gli elementi
di Ker (f 1 id) e sono rappresentati dalle soluzioni del sistema omogeneo (A 1 I) (x, y, z)t = (0, 0, 0)t , Nel nostro caso, essendo 1 = 1,
dobbiamo risolvere il sistema
0 1 1
x
0
0 0 2 y = 0 .
0 0 1
z
0
Ovvero dalle terne della forma (x, 0, 0) = x(1, 0, 0). abbiamo quindi che
gli autovettori relativi a 1 sono tutti e soli i vettori paralleli a (1, 0, 0).
Per determinare gli autovettori relativi a 2 dobbiamo risolvere
1 1 1
x
0
0 1 2 y = 0 .
0
0 0
z
0
6.9
che ha come soluzioni le terne della forma (3z, 2z, z), ovvero gli autovettori relativi a 2 sono tutti e soli i vettori paralleli a (3, 2, 1).
In conclusione abbiamo che possiamo al pi trovare due autovettori
linearmente indipendenti. Quindi impossibile determinare una base di
R3 costituita da autovettori. f non diagonalizzabile.
Il polinomio caratteristico di un endomorfismo di uno spazio vettoriale n-dimensionale ha grado n. Il coefficiente del termine di grado n
(1)n , quello del termine di grado n 1 (1)n1 tr (A), il termine
noto det(A), dove A la matrice associata allendomorfismo rispetto
ad una qualsiasi base.
Ci possono essere pi motivi per i quali un endomorfismo f non
diagonalizzabile.
(i) Il polinomio caratteristico di f non ha un numero sufficiente di
radici. Affinch un endomorfismo sia diagonalizzabile il numero
di tali radici, contate con la loro molteplicit, deve essere pari alla
dimensione dello spazio. Non sempre detto che tali radici siano
numeri reali, si pensi al caso dei polinomi di secondo grado nel
caso il discriminante sia negativo..
(ii) Non si riesce a determinare un numero sufficiente di autovettori
linearmente indipendenti. Una volta determinati gli autovalori,
affinch lendomorfismo sia diagonalizzabile, per ogni autovalore
bisogna poter determinare un numero di autovettori linearmente
indipendenti pari alla sua molteplicit come radice del polinomio
caratteristico. Nel caso dellesempio precedente 1 = 1 aveva
molteplicit 2 come radice del polinomio caratteristico, mentre
linsieme degli autovettori corrispondenti, ovvero Ker (f id)
aveva dimensione 1.
Non dimostriamo la necessit di queste condizioni. Se, nello studio
della diagonalizzabilit di un endomorfismo, una di queste non soddisfatta, si pu subito dare una risposta negativa.
Esempio 6.42 Consideriamo lapplicazione lineare R3 R3 associata,
rispetto alla base canonica, alla matrice
0 5
5
20 0 10 .
18 9 5
149
150
Capitolo 6
Algebra Lineare
5
5
10 = 0.
det 20
18
9 5
10 5
5
x
0
20 10 10 y = 0 .
18 9
5
z
0
e sono quindi gli elementi di L((1, 2, 0)).
Quelli relativi a 2 sono dati dalle soluzioni di
5 5
5
x
0
20 5 10 y = 0 .
18 9
0
z
0
10
5
5
x
0
20 10 10 y = 0 .
18
9
15
z
0
10 0
0
5 0 .
0
0
0 10
Esistono criteri che garantiscono la diagonalizzabilit di un endomorfismo. Ne enunciamo, senza dimostrazione, due che sono di frequente
applicazione
6.9
1 0 5
0 4 0 .
5 0 1
Questa matrice simmetrica, per il teorema spettrale lendomorfismo corrispondente diagonalizzabile. Si verifica infatti che ha autovalori 6
(che radice del polinomio caratteristico con molteplicit 1) e 4 (che
radice del polinomio caratteristico con molteplicit 2). Gli autospazi corrispondenti sono L((1, 0, 1)) e L((1, 0, 1), (0, 1, 0)).
Ai fini della determinazione di una base di autovettori comodo utilizzare il seguente risultato
Teorema 6.5 Sia f un endomorfismo di uno spazio vettoriale V . Due
autovettori relativi ad autovalori distinti sono linearmente indipendenti.
Questo implica che, per determinare una base di autovettori (nel caso
lendomorfismo sia diagonalizzabile), sufficiente determinare una base
per ogni autospazio e unire tutte le basi trovate. Questo insieme forma
una base per tutto lo spazio.
Concludiamo osservando che il concetto di autovalore pu essere collegato alle matrici indipendentemente dal considerare una applicazione
lineare associata. Si parla quindi anche di autovalori di matrici.
151
152
Capitolo 6
Algebra Lineare
Esercizio 6.30 Determinare gli autovalori e gli autovettori delle applicazioni lineari associate, rispetto alla base canonica, alle matrici
1 2 0
9 0 10
1 0 0
0 1 1 , 5 4 10 , 0 2 1 .
4 0 1
5 0 6
0 0 2
2 2 1
2 ,
2 5
1 2
2
1 0 3
2 5 0 ,
0 0 4
e discuterne la diagonalizzabilit.
1
0
1
1 1 1 .
0
1
0
h 0 5
1 2 k .
1 3 h
Esercizio 6.33 Determinare gli autovalori e gli autovettori degli endomorfismi associati, rispetto alla base canonica, alle matrici
2 3 2 1
1 3 0
3 2 2 1
1 , b)
.
a) 3 2
2 2 1
0
0
1 1
1 1 0
4
Esercizio 6.34 Sia V = M(22) linsieme delle matrici quadrate di ordine
2. Si consideri lapplicazione lineare V V data da A At . Determinare
le dimensioni e delle basi degli autospazi relativi a 1 e 1. Questa applicazione diagonalizzabile?
In questo capitolo si introducono i numeri complessi, studiandone alcune elementari propriet. Come esempio di applicazione si trattano
brevemente gli spazi vettoriali complessi e, in particolare, il caso della
diagonalizzabilit di applicazioni lineari in questo nuovo contesto.
I numeri complessi
Tra gli insiemi numerici fin qui noti esistono delle inclusioni N Z
Q R. Passando da un insieme numerico ad uno pi ampio si cambia
la possibilit di risolvere equazioni. Limitandosi al caso di polinomi a
coefficienti interi:
(i) Lequazione x + 1 = 0 ha soluzioni in Z ma non in N.
Uno dei vantaggi dati dallintroduzione dei numeri complessi proprio la possibilit di risolvere equazioni polinomiali che non hanno soluzioni reali.
Definizione 7.1 Un numero complesso z una coppia ordinata di numeri
reali: z = (x, y). Il primo elemento della coppia detto parte reale del
numero complesso e si indica x = Re(z), il secondo invece detto parte
immaginaria e si indica y = Im(z).
Con questa definizione linsieme C dei numeri complessi coincide con
R2 . E per possibile introdurre delle operazioni in R2 che non hanno
un analogo in Rn rendendo particolare il caso n = 2. Loperazione di
somma coincide con quella nota, la novit costituita dalla definizione
di prodotto.
Definizione 7.2 Se z1 = (x1 , y1 ) e z2 = (x2 , y2 ) sono numeri complessi,
154
Capitolo 7
7.2
1
z
x iy
=
= 2
.
2
z
|z|
x + y2
in tal caso z z1 = 1.
E possibile visualizzare loperato di queste funzioni rappresentando
i numeri complessi come punti del piano. Nel caso dellelevamento a
potenza conviene utilizzare la rappresentazione in forma polare dei numeri complessi, che verr fatta nel seguito. Loperazione di coniugio
corrisponde alla simmetria rispetto allasse delle x. In particolare il
coniugato di un numero reale il numero reale stesso. Il modulo di
un numero complesso pari alla distanza del punto corrispondente
dallorigine degli assi. Si noti che, ristrette ai numeri reali, queste operazioni coincidono con quelle gi note.
Esercizio 7.1 Scrivere i seguenti numeri complessi nella forma x + iy
i) (3 + i)(14 2i),
ii)
2 + 3i
,
1 4i
iii)
(1 + 2i)2
.
1i
ii) z1 z2 = z1 z2 ,
v) |z1 z2 | = |z1 | |z2 |,
z1
z1
z2 = z2 .
z
|z |
vi) | z12 | = |z21 | .
iii)
155
156
Capitolo 7
cos() = q
x
x2 + y 2
sin() = q
y
x2 + y 2
, Ar g(i) = .
2
2
7.2
Posto = arctan( 4 ) si ha
Ar g(4 + 3i) =
Ar g(4 + 3i) = ,
Ar g(4 3i) = + Ar g(4 3i) = .
Calcoliamo il prodotto fra numeri complessi con questa notazione
z1 z2
3+i
z=
1+i
Si ha, utilizzando le propriet del modulo
!17
17
| 3 + i|
|z| =
2
=
.
|1 + i|
Mentre, utilizzando le propriet dellargomento
3+i
= 17(ar g( 3 + i) ar g(1 + i)) =
ar g(z) = 17ar g 1+i
= 17 6 4 = 17
12 .
per ottenere largomento principale sufficiente aggiungere 2 .
157
158
Capitolo 7
Questa propriet pu ricordare una propriet della funzione esponenziale (ex )n = enx . in effetti esiste un legame profondo, che non possiamo qui giustificare, fra numeri complessi di modulo 1 e funzione esponenziale, che porta a definire lesponenziale di un numero complesso
puramente immaginario come
ei = cos() + i sin()
ne segue che la forma polare di un numero complesso pu essere descritta anche come
z = r ei
in forma esponenziale. Dato che, per i numeri reali, vale la relazione
ex+y = ex ey si estende la definizione di esponenziale a tutto C. Se
z = x + iy si pone
ez = ex+iy = ex eiy = ex cos(y) + i sin(y) .
2i
ez = e2+ 2 i
si ha
r1 ei1
r2 ei2 = r1 r2 ei(1 +2 ) .
3
1
3 1
iii) 1 + 2i,
iv) +
.
i) 4 + i,
ii) i,
2 2
2
2
7.3
p
p
(1 + i)5 (1 3i)5
ii)
z
,
w
iii)
w
,
z
iv)
z5
.
w2
2k
n ,
con k Z. Quindi le
+ i sin(2 k
soluzioni sono della forma zk =
n ). Si prova facilmente che i valori zk e zk+n coincidono, quindi si hanno esattamente n
2k
2k
radici distinte date da zk = cos( n )+i sin( n ),
k = 0, . . . , n1.
cos( 2k
n )
2 + 2 i e z2 = cos( 3 ) + i sin( 3 ) = 2 2 i. Dividendo la circonferenza in tre parti uguali a partire dal punto 1 si trovano esattamente
i punti z1 e z2 . La costruzione si pu generalizzare. Per determinare le
radici n-esime si divide la circonferenza in n parti uguali a partire dal
punto 1.
159
160
Capitolo 7
soluzione
generale
zk = e 6
3
3
1
1
2 + 2 i, z1 = 2 + 2 i, z2 = i.
7.4
i
2
1i
0 .
A = 0 1 i
0
i
1
161
162
Capitolo 7
matrice
2 + i 1 + 2i
2
1 + i
1 .
1+i
1 + 2i 2 + i 1 + i
7.4
163
b(v, w) = b(w, v)
la forma detta simmetrica . Se verifica inoltre
v V ,
b(v, v) 0,
b(v, v) = 0 v = 0V
8.1
165
Definizione 8.2 Sia V uno spazio vettoriale complesso. Una forma sesquilineare su V unapplicazione b : V V C che verifichi per ogni scelta di
v, v1 , v2 , w, w1 , w2 V e C
(i)
(ii)
(iii)
(iv)
b(v, w) = b(w, v)
la forma detta hermitiana .
Delle applicazioni f1 , f2 definite sopra, nel caso complesso solo la
prima lineare mentre la seconda antilineare. Si osservi che, per una
forma sesquilineare, b(v, v) , in generale, un numero complesso. Se
per la forma hermitiana da b(v, v) = b(v, v) segue che questo valore
reale. Quindi ha senso parlare di forme hermitiane definite positive.
Esempio 8.2 Il prodotto scalare tra vettori liberi un esempio di forma
bilineare simmetrica definita positiva. Cos pure il prodotto scalare in Rn ,
definito da
X
b(x, y) =
xi yi
166
Capitolo 8
Definizione 8.3 Uno spazio vettoriale reale (complesso) V in cui sia definita
una forma bilineare simmetrica (sesquilinare hermitiana) definita positiva b(v, w) detto spazio vettoriale Euclideo (Hermitiano, cfr. Esercizio
8.2) . La forma b detta prodotto scalare (hermitiano) .
Definizione 8.4 Sia V uno spazio vettoriale munito di una forma bilineare simmetrica (o sesquilineare hermitiana) b(v, w). Si definisce forma
quadratica associata a b lapplicazione Q : V V definita da
Q(v) = b(v, v).
Se b definita positiva si definisce la norma di un vettore v come
q
||v|| = Q(v).
Sia V uno spazio vettoriale Hermitiano (si noti che caso reale si possono applicare le stesse formule, tenendo conto del fatto che = per
reale) e sia B = {e1 , . . . , en } una base di V . Posto aij = b(ei , ej ) si ha,
P
P
dalla definizione, per z = zi ei e w = zj ej
X X
X
zi
aij wj
b(z, w) =
aij zi wj =
ij
4
3+i
A=
3i
4
hermitiana definita positiva. Per il vettore z = (1, i) abbiamo
!
1
= 10.
b(z, z) = 1 i A
i
quindi ||z|| =
di C2 .
8.1
Proposizione 8.1 Sia V uno spazio vettoriale Hermitiano. Allora esiste una base ortonormale rispetto alla forma b(z, w) cio una base
{e1 , . . . , en } tale che b(ei , ej ) = ij .
Dim. Procediamo per induzione sulla dimensione n dello spazio V . Se
n = 1 consideriamo un vettore non nullo v1 . Dato che b(v1 , v1 ) > 0
v1 . Si ha subito che b(e1 , e1 ) = 1
possiamo considerare e1 = 1
b(v1 ,v1 )
dato che i vettori vi costituiscono una base i coefficienti della combinazione sono tutti nulli. Lo spazio W ha quindi dimensione n 1 e i
suoi elementi sono tutti ortogonali a e1 . Se consideriamo la restrizione
di b agli elementi di W abbiamo che questo diventa uno spazio vettoriale Hermitiano di dimensione n 1. Per ipotesi induttiva, esiste
una base ortonormale {e2 , . . . , en } di W . Si verifica immediatamente che
{e1 , . . . , en } una base ortonormale di V .
Proposizione 8.2 Sia V uno spazio vettoriale Hermitiano e {e1 , . . . , en }
una base ortonormale di V . Lunico elemento ortogonale a tutti gli
elementi della base il vettore nullo.
ai ei quindi
X
ai b(w, ei ) = 0.
b(w, w) =
167
168
Capitolo 8
Esercizio 8.2 Provare che se h(z, w) una forma sesquilineare hermitiana allora h(z, z) un numero reale.
Il Teorema spettrale
La dimostrazione del Teorema spettrale stata omessa nel capitolo
riguardante lalgebra lineare in quanto si voleva insistere soprattutto sui
metodi di calcolo di autovalori ed autovettori. Rispetto agli altri teoremi
presentati nel corso richiede lintroduzione di alcuni concetti nuovi. Il
primo, gi definito, quello di forma bilineare, ora occorre individuare
la classe di applicazioni lineare a cui si applica. Daremo le definizioni
necessarie solo nel caso complesso. Come osservato precedentemente,
quelle relative al caso reale si ottengono facilmente a partire da queste.
Definizione 8.5 Sia V uno spazio Hermitiano e sia f : V V unapplicazione lineare. Laggiunta di f lapplicazione lineare f : V V definita
da
b(f (v), w) = b(v, f (w)).
Ci sono alcuni punti da chiarire nella definizione:
(i) Per determinare un vettore w V sufficiente fornire il suo
prodotto scalare con gli elementi di una base ortonormale B =
P
= ai vi si
{v1 , . . . , vn } di V . Infatti se ai = b(w, vi ), ponendo w
vi ) = 0. Quindi, secondo la definizione data, f (v)
ha b(w w,
completamente individuato da b(f (v), vi ) = b(v, f (vi )).
(ii) f effettivamente lineare infatti se
b(f (w1 + w2 ), vi ) = b(w1 + w2 , f (vi )) =
Il Teorema spettrale
8.2
169
170
Capitolo 8
Il Teorema spettrale
8.2
caratteristico di X, per il teorema fondamentale dellalgebra, ha n autovalori. Resta solo da provare che questi autovalori sono reali. Se u un
autovettore di f con autovalore associato . Abbiamo
||u||2
171
172
Capitolo 8
Coniche
Finora abbiamo utilizzato gli strumenti del calcolo vettoriale e matriciale per descrivere, in geometria analitica, degli oggetti non curvi. In
realt questi strumenti sono abbastanza potenti da essere utilizzati in
contesti pi ampi. Diamo, a titolo di esempio, qualche cenno sullo studio
delle coniche tramite strumenti di algebra lineare.
Le coniche classiche sono curve ottenute sezionando un cono con un
piano. Esistono 3 tipi di coniche non degeneri : lellisse, liperbole e la
parabola. Queste possono essere descritte come luoghi del piano cartesiano le cui coordinate verificano equazioni di una forma ben precisa.
Lellisse definita come il luogo dei punti del piano la cui somma
delle distanze da due punti, detti fuochi , costante. Per descrivere la
sua equazione necessario fissare un sistema di coordinate nel piano,
come abbiamo gi fatto nello spazio. Questo consiste nella scelta di un
punto, detto origine, e di due vettori non paralleli. Questa scelta arbitraria, la effettuiamo in modo da semplificare i calcoli. Scegliamo come
origine il punto medio del segmento congiungente i fuochi e, fissata una
unit di misura, due versori ortogonali i e j, tali che i sia parallelo alla
congiungente i fuochi. In tal caso i fuochi si troveranno ad avere coordinate del tipo F1 = (c, 0) e F2 = (c, 0). Lellisse sar data dallinsieme
dei punti la cui somma delle distanze da F1 e F2 pari ad una costante
che, per comodit, indichiamo con 2a. La formula per la distanza tra
Coniche
8.3
due punti del piano ci dice allora che un punto P di coordinate (x, y)
appartiene allellisse se e solo se
q
q
(x + c)2 + y 2 + (x c)2 + y 2 = 2a.
= 1.
a2
b2
Dove b2 = c 2 a2 .
La parabola il luogo dei punti del piano le cui distanze da una retta
e da un punto, detto fuoco , fissati sono uguali. Indicata con p > 0 tale
distanza e fissato il sistema di coordinate in modo che la retta abbia
p
p
equazione x = 2 e il punto abbia coordinate ( 2 , 0), si ricava che la
p
distanza di un punto di coordinate (x, y) dalla retta data da |x + 2 |,
q
p
mentre la distanza dal fuoco y 2 + (x 2 )2 . Con semplici calcoli si
giunge allequazione della parabola in forma canonica
y 2 = 2px.
Tutte le equazioni canoniche che abbiamo descritto possono essere
scritte in forma matriciale. Si ha infatti
(i) Ellisse
x
1
a2
1 0
0
0
1
b2
0
x
0 y = 0.
1
1
173
174
Capitolo 8
(ii) Iperbole
x
1
2
a
1 0
0
(iii) Parabola
x
1 0
p
0
2
1b
0
x
0
0 y = 0.
1
1
0 p
x
1 0 y = 0.
0 0
1
a11 a12 a13
x
x y 1 a12 a22 a23 y = 0,
1
a13 a23 a33
ovvero
Coniche
8.3
seguente tabella
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
8)
9)
y2
x2
+ b2 1 =
a2
y2
x2
+ b2 + 1 =
a2
y2
x2
+ b2 = 0
a2
y2
x2
b2 1 =
a2
y2
x2
b2 = 0
a2
y 2 ax = 0
y2
1=
a2
y2
+1=
a2
y2 = 0
0 Ellisse reale
0 Ellisse immaginaria
Rette complesse incidenti
0 Iperbole
Rette reali incidenti
Parabola
175
176
Capitolo 8
2 y + 2ax + c = 0.
Se a 0 possiamo effettuare una ulteriore traslazione
(
c
2a
x = x
y = y
2 y 2 + c = 0
2 y 2 + 2ax = 0
b
2
1 x + 2 y + c = 0
dove c una nuova costante. Che, a seconda delle varie combinazioni di
segni dei coefficienti, corrisponde ai primi cinque casi elencati.
Esempio 8.4 Consideriamo la conica di equazione
3x 2 + 6xy + 3y 2 10x + 3 = 0.
La matrice A33 , in questo caso,
A33 =
3 3
3 3
Coniche
8.3
x = 1 x 1 y
2
2
y = 1 x + 1 y
2
2
6x 5 2x + 5 2y + 3 = 0.
y =y
Sostituendo si arriva allequazione
11
= 0.
6x 2 + 5 2y +
12
Per annullare il termine noto operiamo una ulteriore traslazione
(
x =X
y = Y 6011
2
ottenendo
X2 +
5
2Y = 0
6
A33 =
1
2
1
2
!
1
x = 1 x + 1 y
2
2
y = 1 x + 1 y
2
177
178
Capitolo 8
1
1
2
2
x + y 4 = 0.
2
2
Dividendo per 4 si ottiene
1
1
2
2
x + y 1 = 0.
8
8
che lequazione, in forma canonica, di una iperbole.
Le trasformazioni che abbiamo operato per portare una conica in forma canonica sono date dalla composizione di una rotazione con delle
traslazioni. Queste applicazioni hanno la propriet di lasciare invariate
le distanze tra punti del piano cio sono isometrie. Possono essere invertite, in particolare, dato che facile determinare fuochi, centro ed assi
delle coniche in forma canonica, applicando le trasformazioni inverse
possibile determinare le coordinate di tali punti o le equazioni degli assi
nel piano xy delle coordinate originali.
Esercizio 8.4 Determinare il tipo di conica e lequazione canonica delle
seguenti coniche
a) x 2 2x + 6y + 11 = 0, b) x 2 4xy 2y 2 4x 4y + 4 = 0,
c) 3x 2 +2xy +3y 2 +2x2y 3 = 0, d) 7x 2 +48xy 7y 2 30x+40y = 0.
Quadriche
8.4
Quadriche
In modo analogo a quanto fatto nel caso delle coniche, che sono associate a curve nel piano, possibile studiare il luogo dei punti del piano
che verificano unequazione della forma
x
dove
ovvero
x
y
z 1 A = 0,
z
1
a11
a
12
A=
a13
a14
a12
a22
a23
a24
a13
a23
a33
a34
a14
a24
.
a34
a44
4
2 2
1 1 .
A44 = 2
2 1 1
Considerando questa matrice come associata ad una applicazione lineare
R3 R3 rispetto alla base canonica si ha che una base ortonormale formata da autovettori corrispondenti agli autovalori 1 = 2 = 0, 3 = 6
1
1
2
1
1
1
1
1
data da {(0, 2 , 2 ), ( 3 , 3 , 3 ), ( 6 , 6 , 6 )}. Si opera quindi il
179
180
Capitolo 8
cambio di coordinate
1
1
x = 3y 2 6z
1
1
1
y = 2 x 3 y 6 z
z = 1 x + 1 y + 1 z
3
6z
3 6 9 2
+
z
x = 0.
2
2
Operiamo quindi una traslazione per eliminare uno dei termini di primo
grado
x =x
y = y
z = z
Lequazione diventa
6z
6
8
9
9 2
x
= 0.
2
16
x =X
y = Y
z = Z
8 2
9 2
X = 0.
6Z
2
2
Le possibili forme canoniche delle quadriche sono riassunte nella seguente tabella
Quadriche
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
8)
9)
10)
11)
12)
13)
14)
15)
16)
17)
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
+
+
+
+
+
+
+
+
+
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
+
+
z2
c2
z2
c2
z2
c2
z2
c2
z
c2
z
c2
z2
c2
z2
c2
8.4
1 = 0 Ellissoide reale
+ 1 = 0 Ellissoide immaginario
Paraboloide ellittico
=0
Cono immaginario
=0
Paraboloide iperbolico
=0
Cono reale
+1=0
Cilindro immaginario
=0
Cilindro parabolico
1=0
Cilindro ellittico
1=0
Cilindro iperbolico
=0
=0
+1 = 0
=0
Piani coincidenti
1 = 0
posto
A44
a11
= a12
a13
a12
a22
a23
a13
a23 .
a33
181
182
Capitolo 8
A44
det(A)
3
3
3
3
3
3
2
2
2
2
2
2
2
1
1
1
1
4
4
4
4
3
3
4
4
3
3
3
2
2
3
2
2
1
<0
>0
>0
<0
<0
>0
44
=
=
=
=
=
Ellissoide reale
Ellissoide immaginario
Iperboloide a una falda
Iperboloide a due falde
Cono reale
Cono immaginario
Paraboloide ellittico
Paraboloide iperbolico
Cilindro ellittico reale
Cilindro ellittico immaginario
Cilindro iperbolico
Piani reali incidenti
Piani complessi incidenti
Cilindro parabolico
Piani reali paralleli
Piani immaginari paralleli
Piani coincidenti
Dove nelle prime due colonne riportato il rango delle matrici A44
e A mentre nelle colonne e 44 il segno = indica che gli autovalori
non nulli della corrispondente matrice hanno lo stesso segno mentre
indica lesistenza di autovalori con segni opposti.
Capitolo 1
1.1 A B = { 12 , 31 }, CR (A) = {x R|x 0}
R|x > 1}, CA (A B) =
3 ].
31
1
{1} { n |n
N, n > 3}.
nN
1
1
n+1 , n
{{x
1.3 [1,
1.5 {(1, 5), (5, 1), (2, 4), (4, 2), (3, 3)}. Il dominio e il codominio coincidono con A. La relazione non riflessiva, simmetrica, non transitiva.
La relazione coincide con la sua inversa.
1.7 La relazione non suriettiva e non iniettiva. Lunico elemento in
relazione con (a, 1) a + 2. La retroimmagine di 1 data da (0, 0).
1.10 La tavola moltiplicativa data da
e
r
r2
s
r s
r2 s
r2
r s
r2 s
e
r
r2
s
r s
r2 s
r
r2
e
r2 s
s
r s
r2
e
r
r s
r2 s
s
s
r s
r2 s
e
r
r2
r s
r2 s
s
r2
e
r
r2 s
s
r s
r
r2
e
Capitolo 2
2.1
2.2
2.3
2.4
1 1
2 5.
4 6
!
!
2 4
3 0
.
,
1 1
2 2
!
1 0
.
4 1
!
1 k
.
0 1
184
Capitolo 9
2.8 60.
2.9 a = 5 oppure a = 8.
2.11 det(A) = det(B) = 1 . . . n .
Capitolo 3
3.5 si.
3.6 Il sottoinsieme delle funzioni tali che f (0) = 1 non un sottospazio
vettoriale in quanto non contiene la funzione identicamente nulla che
lelemento neutro della somma.
3.10 Trascurando i sottoinsiemi costituiti da un solo vettore, non nullo,
si ha: 1) {u, v}, {u, v}, 2) {u, v}, {u, 2v}, {2u, v}, {2u, 2v}, 3) tutte le
coppie di vettori distinti.
3.13 u = t 1 + t 2 , v = 3t 1 2t 2 .
3.14 Da al pi due elementi.
3.16 q(x) = p(x) + r (x).
3.17 I vettori sono linearmente indipendenti e si ha v = v 1 +v 2 v 3 v 4 .
3.18 v 1 = (v 3 ) + (v 1 + v 3 ).
1
3.19 h 3 nel primo caso e h 2 nel secondo.
3.23 1) 3, 2) 2, 3) 5, 4) 13.
3.24 1) 2, 2) 2 4, 3) 2 2, 4) 0.
3.25 1) v, 2) (u v), 3) (2 u + v), 4) 0.
3.26 Il problema ammette due soluzioni.
2v,
1) 2 3u 2v, 2) 2u
3) 2
3
3 u 2v,
4) 2
3
3 u 2v
3.27 1) h = 2, 2) h = 2 , 3) h = 0, 4) h = 1.
3.28 3 .
3.29 1) a u + (a + c) v + c t, 2) a u a t, 3) a u a t, 4) 0.
5
3.30 Sono tutti i polinomi della forma 3 cx 3 3dx 2 + cx + d.
2 2 1
3.36
1) (0, 0, 3),
2) (0, 0, 0), 3) (1, 1, 0),
4) (2, 5, 1), 5) (3, 1, 0), 6) (2, 1, 3)
3.37 1) 1, 2) 8, 3) 2, 4) 1.
3.38 h = 2.
3.39 1) 1, 2) 3, 3) 0, 4) 0, 5) 1, 6) 15.
3.40 h = 2.
3.52 6 .
3.53 I vettori della forma a (3i + 2j k) dove a un parametro.
3.54 Non esiste un valore di che verifichi la propriet richiesta.
3.55 = 1.
185
186
Capitolo 9
Capitolo 4
3
3 1
x =1+t
y =1t
a)
z =1+t
x
= 2 5t
y = 2t
b)
z=1
x=0
y=0
c)
z=t
x=2
y = 2 3t
d)
z=2
(
(
(
(
x+y 2=0
xz =0
2x 5y 4 = 0
z1=0
x=0
y=0
x2=0
z2=0
4.5
4.6 a)
(
1
x = 1 + t
y =2+t
a)
z = 1 t
x = 1 + 2t
y=2
b)
z = 1 t
x
= 1 t
y = 2 + 2t
c)
z = 1 t
x = 1
y=2
d)
z = 1 + t
x + 2z + 1 = 0
, b)
y + 3z + 3 = 0
4.7 h = 6 .
(
(
(
(
xy +3=0
x+z+2=0
x + 2z + 3 = 0
y 2=0
2x + y = 0
zx = 0
x+1=0
y 2=0
x4=0
.
y +z3=0
4.8
x = 1 + 2t
y =1+t
a)
z =1+t
x
= 2 + 2t
y = 1 + t
b)
z =1+t
x = 1 + 2t
y =3+t
c)
z =3+t
x = 2t
y=t
d)
z=t
(
(
(
(
x 2z + 1 = 0
y z =0
x 2z = 0
y z+2=0
x 2z + 7 = 0
y z =0
x 2z = 0
y z =0
x = 2 17t
y =1+t
4.9
.
z = 2 + 26t
x = 1 + 2t
y =1+t .
4.10
z = 2t
x=0
y = 1 + 6t .
4.11
z = 1 + 2t
4.12 a) x + y + z 3 = 0, b) x + 2y 2z 3 = 0, c) z = 0.
4.13 a) y = 0, b) y z 1 = 0, c) 7x + 3y z 15 = 0.
4.14 a) x + z 3 = 0, b) x y + 2z 3 = 0, c) x 2 = 0.
5
5
4.15 a) ( 2 , 0, 0), b) (0, 5, 0), c) (0, 0, 3 ).
3 3
x =2t
y = 3 + 13t .
4.19
z = 1 + 19t
4.20 a) sghembe , b) sghembe, c) parallele, d) incidenti.
4.21 a) incidente , b) la retta giace sul piano, c) la retta parallela al
piano.
4.22 Il secondo e il quarto.
x = 1 + 3t
x=1
y = 1 2t .
y = 1 t , c)
4.23 a) 2x y + z 2 = 0, b)
z =1+t
z =1t
187
188
Capitolo 9
x = 1 + t
1
4
4.24
y = 2 + 3t
z = 3 3t
1
x = 18t
5
y = 16t , x + y = 0.
4.37 La retta r , che ha distanza 3 dallorigine,
z = 9t
x = 1 2t
4.38 La retta di equazione
y = 47 t .
z = 2t
4.39
2 .
11
4.41 3.
Capitolo 5
5.1 a) 2, b) 2, c) 1, d) 2, e) 4.
5.2 a) se a = 3 il rango 3, altrimenti 4, b) , se a = 1 il rango 1,
altrimenti 4.
5.3 2
5.4 a) se a = 1 il rango 1, se a = 2 il rango 2, altrimenti 3, b) , se
a = 1 il rango 2, altrimenti 3. c) , se a = 0, 1 il rango 2, altrimenti
3.
5.5 Se a = c e b = 1 il rango 2, altrimenti 3.
Capitolo 6
6.8 a) si , b) no, c) no, d) si, e) si, f ) no.
6.11 h = 8.
6.12 h = 2.
6.13 1) si , 2) si, 3) no.
kl
6.14 1) h 2 , 2) h 1, 3) per nessun valore del parametro.
6.15 Ad esempio v3 = v1 v2 = (2, 1, 3).
6.16 1) {(2,!13, 5, 0), (3,
2) Lo spazio ha dimensione 0.
! 7, 0, 5)} , !
0 1
0 0
1 0
.
,
,
6.17
1 0
0 1
0 0
6.18 h = 3.
6.20
A1
1
1
0 0
2
1
= 0 1
,
2
1 1 1
1
2
A1
4 = 0
0
6.21 (x, y, z) = (
0
51
0
cb
2 , a
0
,
1
7
+ 2b c,
A1
2
A1
5
2
= 0
1
2
2
1
0
1
1 1
1 2 0 3
0 1 2 2
0 0
1
1
1
0 0
0
2
4a5b+3c
).
2
189
190
Capitolo 9
6.22
a) no,
b) 1
0
0 1 1
2
d) 0 1 1 , e) 0
0
1 1 0
0
0
1
0
3
0
0 , c) no,
0
1 2 0
0
0 , f ) 3 0 2 .
4
5 1 0
2
1 1
3 1 5
1 1 1
.
6.25 1) (5, 1, 3, 4), 2) Ker (f ) ha dimensione 0, 3)
0
1
1
0
2
1
6.26 Lapplicazione non suriettiva e non iniettiva.
6.27 1) (2x + z + 5w, 4x + 5y 2w), 2) lapplicazione non iniettiva,
suriettiva, 3) Ker (f ) = L((5, 4, 10, 0), (25, 16, 0, 10)) una base
dellimmagine data dalla base canonica di R2 .
6.28 (9, 6 4).
6.29 Ker (g f ) = L((1, 4, 7, 0, 0, 0), (5, 1, 0, 14, 0, 0), (4, 2, 0, 0, 7, 0),
(5, 15, 0, 0, 0, 14)), una base dellimmagine data dalla base canonica
di R2 .
6.30 a) = 1 con autospazio L((1, 1, 2)) lapplicazione non diagonalizzabile , b) = 4 con autospazio L((0, 1, 0)) lapplicazione non
diagonalizzabile , c) = 1 con autospazio L((1, 0, 0)), = 2 con
autospazio L((0, 1, 0)) lapplicazione non diagonalizzabile , d) = 1
con autospazio L((2, 1, 0), (1, 0, 1)), = 7 con autospazio L((1, 2, 1))
lapplicazione diagonalizzabile , e) = 1 con autospazio L((2, 1, 0))
, = 5 con autospazio L((0, 1, 0)), = 4 con autospazio L((1, 2, 1))
lapplicazione diagonalizzabile , f ) = 0 con autospazio L((1, 0, 1))
lapplicazione non diagonalizzabile.
191
Capitolo 7
7.1 i) 40 + 20i,
ii)
10
17
11
17 i,
7
1
2 + 2 i.
19
8
5 5 i.
iii)
ii) z = 1 + 5i, w =
7.3 i) z = 41 41 i,
7.4
1
10
ii) 2 , + arctan 13
i) 17, arctan 4 ,
5
5
11
11
7.5 i) 4 2(cos( 12 ) + i sin( 12 )),
ii) 128(cos( 12 ) + i sin( 12 ))
7.6
5
1
1
ii) 32 (cos( 12
) + i sin( 12
)), 23 e 12 i
3
7.7
32
11
11
32 11
12 i .
9 (cos( 12 ) + i sin( 12 )), 9 e
i) z = 32 + 12 i,
iii) z = 2i, 3 i,
1
2
2 i)(x
1
2
+ 2 i).
Capitolo 8
8.4 a) parabola, b) iperbole, c) ellisse, d) iperbole.
Cardinalit, 6
Classe di equivalenza, 4
Codominio, 3
Combinazione lineare, 29
Complementare, 1
Complemento algebrico, 19
Coniche
Ellisse, 172
Forma canonica, 175
Forma matriciale, 174
Iperbole, 173
Parabola, 173
Tangente, 174
Coordinate, 61
Origine, 61
Insieme, 1
Complementare, 1
Intersezione, 2
Numerico, 1
Prodotto cartesiano, 2
Unione, 2
Vuoto, 1
Intersezione, 2
Iperbole, 173
Fuochi, 173
Isometria, 169
Isomorfismo, 11, 135
Determinante, 18
Distanza
Tra punti, 85
Tra punto e piano, 87
Matrice, 14
Determinante, 18
Diagonale, 22
Identit, 17
Lineare dipendenza, 31
Lineare indipendenza, 31
195
Inversa, 138
Ordine, 14
Ortogonale, 170
Potenza, 17
Prodotto, 16
Prodotto per uno scalare, 16
Quadrata, 14
Rango, 92
Regola di Sarrus, 21
Simile, 142
Somma, 15
traccia, 114
Trasposta, 15
Triangolare, 22
Unitaria, 170
Numeri complessi
Argomento, 156
Argomento principale, 156
Coniugato, 155
Definizione, 153
Parte immaginaria, 153
Parte reale, 153
Prodotto, 154
Radici, 160
Somma, 154
Omomorfismo, 11, 125
immagine, 11
nucleo, 11
Parabola, 173
Fuoco, 173
Piani
Equazione cartesiana, 71
Equazione parametrica, 69
Fascio improprio, 81
Fascio proprio, 81
Prodotto
Cartesiano, 2
Hermitiano, 165
Matriciale, 16
Misto, 49
Per uno scalare, 26
Scalare, 38, 41, 165
Vettoriale, 45
Punto di applicazione, 23
Quadriche
Forma canonica, 180
Forma matriciale, 179
Quoziente, 4
Rappresentante, 4
Relazione, 3
Biettiva, 3
Codominio, 3
Composta, 5
Di equivalenza, 4
Dominio, 3
Grafico, 3
Iniettiva, 3
Inversa, 5
Riflessiva, 4
Simmetrica, 4
Suriettiva, 3
Transitiva, 4
Rette
Equazione cartesiana, 65
Equazione parametrica, 63
Ortogonali, 67
Parallele, 67
Sghembe, 74
Sistema lineare, 102
Matrice completa, 105
Matrice incompleta, 103
Omogeneo, 106
Riduzione di Gauss, 94
Sottogruppo, 10
Sottoinsieme, 1
Proprio, 1
Sottospazio, 113
Sistema di generatori, 117
Somma, 118
Somma diretta, 118
Spazio Vettoriale, 27
Base, 120
Complesso, 161
Dimensione, 120
Duale, 133
Euclideo, 165
Spazio vettoriale
Reale, 112
Teorema
Del completamento della base, 123
Della base, 34
di Rouch-Capelli, 105
Fondamentale dellalgebra, 160
Unione, 2
Versore, 28
Vettore, 24, 27
Angolo, 37
Applicato, 23
Base, 36
Combinazione lineare, 29
Complanare, 29
Differenza, 25
Direzione, 23
estremi, 23
Libero, 24
Lineare dipendenza, 31, 32
Lineare indipendenza, 31, 32
Modulo, 23
Nullo, 23
Opposto, 25
Ortogonale, 38
Parallelismo, 28
Prodotto misto, 49
196