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Bene o male, la "Vecchia talpa" al lavoro

Pensare la tradizione /1. La curiosa immagine con cui Shakespeare ha descritto


loperare dello spirito del passato nel presente ha avuto fortuna nei secoli successivi, con
Hegel e Marx. Ma resta il grande interrogativo: luomo contemporaneo riesce a fare tesoro
di ci che ha ricevuto?
Paolo Gomarasca | mercoled 1 luglio 2009
Ben detto, vecchia talpa! Lavori cos svelto sotto terra? Un bravo minatore! (1). Cos dice Amleto al
fantasma di suo padre. Hai lavorato bene, brava talpa!. Cos traduce Hegel nelle sue Lezioni sulla
storia della filosofia, indicando loperare dello spirito nel sottosuolo della storia e la sua capacit di
scuotere la crosta terrestre del nostro presente. Non molto diversamente dir Marx ne Il 18 Brumaio di
Luigi Bonaparte, attribuendo alla rivoluzione labilit del minatore shakespeariano: Ben scavato,
vecchia talpa!.
Variazioni sul tema della tradizione. Lidea chiara: il nostro passato non affatto morto e sepolto,
come spesso si tende a dire, ma qualcosa di spirituale che lavora interiormente, anche se non ce ne
accorgiamo. Senza scomodare Freud, gi Hegel convinto che la tradizione non sia una mera
sequenza di avvenimenti accaduti (gli hard facts come li chiama Edward Shils) (2), n qualcosa di
puramente fittizio, cio inventato di sana pianta (com, ad esempio, nella prospettiva marxista di
Hobsbawm)(3). La tradizione spiega Hegel non soltanto una massaia che si prende cura con
devozione di ci che ha ricevuto come si trattasse di statuette di pietra da conservare intatte e
trasmettere ai posteri. La tradizione un organismo vivente. Ecco perch, continua Hegel, essa si
gonfia come fiume impetuoso e si ingrossa quanto pi si allontana dalla sua origine (4).
Non dunque una collezione di pezzi da museo, che, per quanto ben assortiti, sono messi
semplicemente in serie, luno accanto allaltro; la tradizione va pensata piuttosto come un legame, una
sacra catena (eine heilige Kette, dice ancora Hegel) che annoda tutto ci che passato, generando
un senso che interpella il presente in vista del futuro. Il che per ci pone subito di fronte a un problema.
Un conto, infatti, dire che il passato annodato dalla tradizione necessariamente influente e, in
qualche misura, condizionante la vita delle persone. Altro conto pretendere che la catena della
tradizione non solo abbia senso, ma sia, appunto sacra, cio valga come legge divina
incontrovertibile. Questa pretesa di natura storicistica che, come vedremo, fa da premessa al
tradizionalismo, comporta in Hegel una conseguenza di non poco conto: la tradizione s un fiume
impetuoso che si ingrossa quanto pi si allontana dalla sua origine, ma questo fiume gi contenuto
nella sua origine. Detto fuori di metafora, nella storia non vi nulla di nuovo, perch il senso della
tradizione vale come criterio oggettivo di verit, fissato una volta per tutte, cui tutta lesperienza storica
deve corrispondere.
Qui sta allora il punto delicato: il senso della tradizione come nota Rosmini contro Hegel non sic
et simpliciter la verit. Del resto, chi pu negare che anche lerrore abbia la sua tradizione, che si
tramanda di generazione in generazione? Si aprono allora tre modi di pensare la tradizione:
1. il rivoluzionarismo e, pi in generale, il rifiuto in blocco del senso della tradizione;
2. il tradizionalismo, ovvero lidentificazione acritica tra senso della tradizione e verit;
3. la critica del senso della tradizione.

1. Nel comune sentire dellepoca contemporanea, la tradizione vissuta per lo pi come un peso, un
giogo di cui liberarsi prima possibile. Il motivo principale di questa ribellione contro il passato sembra
connesso a quella che Heidegger chiama macchinazione (Machenschaft), cio il prevalere della
tecnica come orizzonte di senso dellesperienza. Siccome la tecnica pura volont di potenza, cio
auto-determinazione incondizionata, chiaro che la tecnica non sopporta vincolo di sorta, al punto da
richiedere, come dice Heidegger, unumanit che distrugge ogni tradizione. Tale aspetto eversivo
poi tipico di ogni ideologia rivoluzionaria, sia essa tecnica o di altra natura: creare luomo totalmente
nuovo, il cui requisito primario di essere senza memoria. Lo si vede bene con la Rivoluzione francese.
Nel suo Dictionnaire Philosophique, Voltaire rinvia il concetto di tradizione alla voce prjugs,
intendendo con ci le opinioni senza giudizio [Le prjug est une opinion sans jugement:
Voltaire, Dictionnaire Philosophique, II, s.n., London 1767, 434] che ci vengono inculcate fin da piccoli.
Di questo genere fanno parte soprattutto le tradizioni religiose, che Voltaire considera
indiscriminatamente come superstizioni. Si capisce allora perch siano da considerare miserabili
coloro che non sanno, o non vogliono, usare la ragione per disfarsi della presunta autorit del nostro
passato.
2. Spesso il risentimento del rivoluzionarismo nei confronti del passato genera il tradizionalismo, che,
almeno in tal senso, possibile intendere come una misura contro-rivoluzionaria. Le serate di
Pietroburgo [Joseph de Maistre, Les Soires de Saint-Ptersbourg, Louis Lesne, Lyon 1842] di de
Maistre, ad esempio, sono unesplicita opposizione (uguale e simmetrica) al cinismo voltairiano: per de
Maistre, le tradizioni sono tutte vere e la superstizione preziosa e spesso necessaria. Contro la
ragione, che porta allo scetticismo, occorre basare lesperienza sullautorit oggettiva della tradizione,
la cui indiscutibilit, soprattutto nei tradizionalismi religiosi, garantita direttamente da Dio. Certo, non
tutti i tradizionalismi hanno la medesima matrice: la posizione demaistriana non certo sovrapponibile
a quella, pure tradizionalista, di un Gunon o di un Evola. Ma c una logica comune che potremmo
definire con Marcuse unassolutizzazione irrazionale dellautorit. Gi Rosmini se nera accorto:
poco importa che il criterio della verit venga attribuito allautorit divina o a quella umana; il punto
che la ragione come lui si esprime totalmente ribassata, cio appunto delegittimata. Ecco perch
il rifiuto tradizionalista della ragione e il rifiuto rivoluzionario dellautorit si rinforzano a vicenda.
3. Come uscire dallimpasse del circolo rivoluzionarismo/tradizionalismo? Provando ad articolare
lo scarto tra senso della tradizione e verit. Il che non significa sminuire la portata esperienziale della
tradizione. Su questo punto valgono le considerazioni critiche avanzate sia da Hanna Arendt che da
Simon Weil. Lo sradicamento, cio la negazione della tradizione, di gran lunga la pi pericolosa
malattia delle societ umane, perch non lascia alternative: o linerzia simile alla morte o la volont di
sradicare chi ancora sradicato non . questo, in fondo, quello che Nietzsche chiama nichilismo, cio il
distacco, la separazione dalla terra natia che comincia con lo spaesamento e finisce con
linquietudine. questo, analogamente, il lamento di Pasolini sulla generazione sfortunata del 68,
che ingenuamente ha dato retta a chi rideva della tradizione. Dunque il punto non come si legge
ancora nello Zarathustra farsi cacciare da tutte le terre dei nostri padri, anche se questo invito alla
ribellione non del tutto insensato, almeno se lo vediamo come un sintomo di insofferenza nei confronti
di un tradizionalismo soffocante; il punto, come suggerisce ad esempio Ricoeur, intendere la
tradizione in modo da non opporla alla ragione. Che significa? La proposta interessante quella di
pensare in termini di eredit: chiaro infatti che uneredit non un pacchetto chiuso che ci si passa di
mano in mano senza aprirlo, bens un tesoro cui si attinge a piene mani. Latto di attingere, per Ricoeur,
latto razionale di interpretazione, il cui spazio di esercizio dato precisamente dallo scarto tra senso

(ereditato) e verit. Cos, senza la ragione, che con la sua interpretazione vaglia il senso della
tradizione per stanarne la verit, avremmo il tradizionalismo; viceversa senza il senso della tradizione,
la ragione girerebbe per cos dire a vuoto, oppure si identificherebbe, come accade in certe utopie
rivoluzionarie, alla verit.
C per un aspetto che pare ancora in ombra e che invece necessario esplicitare: a quali condizioni
una tradizione pu effettivamente valere come eredit? Lo esprime con efficacia, seppur in negativo,
Ren Char: La nostra eredit non preceduta da nessun testamento. Fare testamento spiega la
Arendt riprendendo laforisma di Char significa operare una scelta, assegnare un nome, stabilire
unalleanza. Dunque solo attraverso un esplicito atto di volont che possibile trasformare un
generico passato in eredit. Interessante allora notare che nel caso del testamento la volont non ,
come nel rivoluzionarismo, pura volont di potenza, bens scrive ancora la Arendt volont di
indicare dove siano i tesori e quale ne sia il valore, cio volont di legame. Siamo perci di fronte a
un passato inviato, indirizzato a qualcuno.
Nellinvio, la tradizione prende senso come eredit storica, diventa cio disponibile a lasciarsi
interrogare a ritroso, precisamente a partire da quellinvio. Certo, ci che lerede cerca di capire
come andare avanti, quale futuro costruire; ma non pu far questo senza risalire indietro, verso
lintenzione originaria, la verit, di ci che ha ereditato. Sembra questo il significato della Rckfrage di
cui parla Husserl ne Lorigine della geometria e che Derrida traduce felicemente con
lespressione question en retour (5). Analogo discorso si trova in Pguy, laddove si dice che non c
opposizione tra rivoluzione e tradizione, dal momento che il progresso autentico sempre, in qualche
modo, una ressource, risorsa nel senso letterale di un risorgere, di un far tornare nel presente
dellerede la presenza della verit che era nel passato. In tale direzione, forse, si muove anche
Hofmannsthal, quando introduce il paradossale concetto di rivoluzione conservatrice.
Ora, questa idea di ressource non devessere equivocata: non si tratta di una sterile ripetizione, n di
un semplice dispiegarsi di un tutto racchiuso in unorigine data, come nel caso dellimmagine hegeliana
del fiume impetuoso. In breve, la verit non viene dedotta dallorigine (punto che resta immediatamente
inafferrabile), bens testimoniata, cio resa nuovamente presente, a partire dalleredit inviata. Cosa
che, di nuovo, giustifica la necessit dellinterpretazione: tra testamento e testimonianza c di mezzo
linvenzione, nel duplice senso di ritrovamento e creazione. Diversamente, si incorre nelle due impasse
che conosciamo. Se manca linvio, il passato pretende di valere come verit atemporale, cio per via
dellautorit assoluta di un mito e non pi per la via interpretativa/testimoniale. Ecco il tradizionalismo.
Se invece linvio viene deliberatemente ignorato, il passato perde semplicemente senso. Ecco il
rivoluzionarismo. Possiamo allora riscrivere cos i tre modi di pensare la tradizione:
1. rivoluzionarismo-volont di potenza-nichilismo
2. tradizionalismo-autorit assoluta-mito
3. tradizione-testamento-eredit storica.
Qual , a questo punto, un ambito significativo dellindagine filosofica dove il terzo modello stato
pensato? Senza dubbio, come facile intuire, lambito dellermeneutica. Al di l delle differenze, talvolta
profonde, vi un elemento che contraddistingue lintuizione di base della riflessione ermeneutica:
potremmo dire, ancora con Ricoeur, che si tratta di riconoscere le condizioni storiche alle quali

sottomessa ogni comprensione umana nel regime della finitezza. Proprio questo riconoscimento
legittima la funzione epistemologica della tradizione. Lo sostiene esplicitamente Habermas, laddove
afferma che il comprendere ermeneutico si rivolge a un contesto di significati tramandato, cio
appunto a un complesso di tradizioni ereditate.
Circolo Ermeneutico
Si tratta di una situazione ermeneutica iniziale, come la chiama Habermas, che non pu essere
semplicemente scavalcata, dato che costituisce lorizzonte stesso del comprendere. Naturalmente ci
non significa essere condannati a un circolo vizioso, per cui conosceremmo soltanto quello che gi
contenuto nel nostro passato; con laggravante ulteriore che non potremmo nemmeno pi comunicare,
dato che ognuno, in linea di principio, sarebbe rinchiuso nel suo solitario contesto di significati
tramandati. Lidea di Habermas, ma prima ancora di Heidegger, quella del circolo ermeneutico, che
appunto non vizioso nella misura in cui riesce a distinguere il piano del pre-sapere implicito della
tradizione, che resta una condizione ineludibile del comprendere, e il piano del sapere tematico, cio il
piano dellassunzione critica e dellinterpretazione (sempre parziale) del pre-sapere tradizionale. In tal
senso, si capisce anche perch Gadamer riabiliti i pregiudizi tanto odiati da Voltaire: non certo per
simpatie nei confronti del tradizionalismo, ma perch ritiene che la ragione umana sia sempre
determinata dalle prevenzioni (Voreingenommenheiten) della nostra apertura al mondo. Tutto sta nel
diventarne consapevoli al momento dellatto interpretativo. Sennonch, a questa lucida consapevolezza
del nesso strutturale tra ragione e tradizione/autorit non segue, almeno in Gadamer, la
preoccupazione di definire dei criteri per decidere sulla validit delle interpretazioni proposte. Ma se non
si riesce a stabilire la differenza tra comprensione autentica e fraintendimento (entrambi risultato di
uninterpretazione), allora vi un duplice rischio:
a. il rischio di una visione ingenua e idealizzata della comprensione umana, per cui il rapporto tra
passato (tradizione) e presente concepito come un dialogo sempre aperto, necessariamente
trasparente, come se, appunto, non vi fossero fraintendimenti possibili;
b. il rischio di ridurre linterpretazione della tradizione a un gioco autoreferenziale, del tutto incapace di
tenere in tensione il circolo ermeneutico con la questione della verit; tale ad esempio la china
disseminativa presa da Vattimo, per il quale dobbiamo arrenderci allidea che la tradizione sia come la
biblioteca di Babele descritta da Borges, in tutto simile al funzionamento ipertestuale di Internet: qui non
c pi invio, bens rinvio infinito della verit nella rete di riferimenti mai conclusa del senso. Torniamo
cos al rilievo iniziale di Rosmini: un conto dire che la tradizione ha senso, altro conto stabilire a
quali condizioni vera. Ecco perch alcuni autori come Apel e Habermas hanno cercato di proporre
non a caso unermeneutica critica, nel tentativo di tener conto dei fenomeni di distorsione del senso
della tradizione, che intralciano lesercizio interpretativo del passato che ereditiamo. Tutto ci nella
consapevolezza che non ci pu essere autentica comprensione senza prospettare un cammino verso la
verit; n si pu avanzare in tale cammino senza guardarsi indietro cio senza memoria: a patto per
che questa non sia meramente archeologica, bens come dice Habermas rivolta al futuro.
Qualcosa che, in fondo, SantAgostino aveva ben chiaro: ut prevideamus, non providentia nos instruit
sed memoria (6).
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(1) William Shakespeare, Amleto, I, 5, 162, a cura di A. Lombardo, Feltrinelli, Milano 2002, 71.
(2) Cfr. Edward Shils, Tradition, Faber and Faber, London-Boston 1981, 195-196.
(3) Cfr. Eric J. Hobsbawm Terence Ranger (a cura di), Linvenzione della tradizione, tr. it. di E.
Basaglia, Einaudi, Torino 1994.
(4) Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Introduzione alla storia della filosofia, tr. it. di A. Plebe, Laterza,
Roma-Bari 1982, 36-37.
(5) Cfr. Jacques Derrida, Introduction Edmund Husserl, Lorigine de la gomtrie, tr. fr. a cura di J.
Derrida, PUF, Paris 1962, 99.
(6) Agostino dIppona, De Trinitate, XV, 7, 13, in PL 42, 1067.

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