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HOT PANTS

I Baggy sono un tipo di pantalone la cui


particolarità è l'essere grandi oltremisura. Ispirati
al modello dei pantaloni da lavoro, che dovevano
essere larghi per garantire comodità a chi li
indossava, e ricchi di tasche per facilitare le varie
mansioni, vanno indossati appoggiati sui fianchi
e privi di cintura, lasciando in vista parte della
biancheria intima. Erano utilizzati dai carcerati, in
quanto questi non potevano indossare cinture
per evitarne un uso improprio. La porno-moda
dei “baggy pants” (pantaloni calati) ha preso
piede anche fuori dalle carceri verso la metà
degli anni ’90, propagandata dalla cultura hip
hop, che si ispira allo stile ribelle della
popolazione nera che abita le carceri. La cultura
nera giovanile ha cominciato a contrapporre i
baggy pants, per affermare la propria diversità, al
più classico jeans a taglio stretto, sopravvissuto
indisturbato dagli anni ‘70. In poco tempo, la
moda del “sagging” ((dall'inglese, letteralmente "tirar giù, abbassare") si è diffusa prima tra
i giovani americani e poi in tutto il mondo. Oggi, camminando per le strade di New York, di
Los Angeles o di qualsiasi altra città degli Stati Uniti, se ne vedono a migliaia: chiari, scuri,
colorati o a fantasia, di due o tre taglie più grandi, tutti rigorosamente calati, anzi
calatissimi, in modo da consentire a boxer o slip di spuntare prepotentemente sopra la
cintura.

Da simbolo di ribellione, di
identità razziale e sottoculturale,
a strumento della porno-
globalizzazione. Non a caso, i
baggy pants sono divenuti
celebri grazie ad artisti e
personaggi del porno-star-
system. Ad esempio, grazie
all’attore Mark Wahlberb,
quando all’inizio della sua
carriera vestiva i panni, molto
calati, del rapper Marky Mark. Poi sono stati celebrati e cavalcati anche dalle grandi firme
della porno-moda, come Calvin Klein e Tommy Hilfiger.
I baggy pants sono un emblema della schizofrenia porno-culturale: mentre, da una parte,
la porno-omologazione annulla completamente la valenza
anti-conformista dello stile originario, dall’altra, si tende a
criminalizzare i giovani, addossando loro la colpa della
diffusa immoralità liberamente propagandata dalla porno-
pubblicità e dalla porno-comunicazione di massa. In
America, dove per tutelare il sacrosanto Primo
Emendamento la pornografia, che circola liberamente e
massicciamente su Internet, è consumabile da tutti, minori
compresi, il sindaco di Delcambre, un piccolo paese della
Louisiana, ha fatto approvare una legge che prevede una
multa di 500 dollari o 6 mesi di carcere per tutti coloro che
vengono trovati a circolare indossando pantaloni a vita
bassa e mostrando i boxer o le mutande. Mostrare le
mutande equivale a deturpare il decoro urbano (la stessa
accusa che viene rivolta ai graffitari). È il succo del discorso
del consigliere comunale di Atlanta, Martin, che ha dato il via
alla bozza di legge per “punire l'esposizione pubblica di
biancheria maschile o femminile” nella sua città. «L'iniziativa è mirata ad aiutare i ragazzi
a capire: non credo si rendano conto che i baggy pants sono un messaggio che arriva
direttamente dalle prigioni, mentre le lunghe T-shirt che vi indossano sopra sono la divisa
degli spacciatori di droga», spiega lo stesso Martin, «quando la polizia li ferma, non
possono certo lamentarsi di essere presi di mira e discriminati: si discriminano da soli». Gli
attivisti dei diritti civili si stanno ribellando a queste direttive di legge, considerandole
“anticostituzionali”, in quanto sarebbero “una chiara violazione della libertà di
espressione”. Porno-liberalismo contro porno-puritanesimo.

“USA: vietati i baggy pants", Barbara Leone, 7 Settembre 2007

«È un’epidemia che sta diventando una vera preoccupazione», dice ancora Martin,
secondo cui il fenomeno deve essere combattuto in prima istanza a livello locale, «i
bambini piccoli li vedono e li vogliono anche loro, ma non devono pensare che vestirsi a
metà sia una cosa giusta […] l’esposizione indecente in pubblico di biancheria intima,
maschile o femminile, sarà punita dalla legge». Il principio è lo stesso del divieto di avere
rapporti sessuali in pubblico o comportamenti indecenti. Ai trasgressori sarà applicata una
multa, molto salata nel caso di reiterazione, mentre non è chiaro se e quando si debba
ricorrere all’arresto. «Vogliono anche vietare di indossare i reggiseni da mare o magliette
troppo succinte se una persona fa sport in luoghi pubblici», spiega Debbie Seagraves,
direttore dell’Associazione Americana per le Libertà Civili (ACLU) della Georgia, secondo
cui la legge ha un preciso fondamento discriminatorio, «è un provvedimento a sfondo
razzista che impone comportamenti volti a emarginare e ghettizzare solo una certa parte
della popolazione». Per l’attivista dei diritti civili, questa legge, come ogni provvedimento
che impone un codice di abbigliamento, non sopravvivrà se impugnata dinanzi a una
corte, «perché non potrà mai essere applicata in modo non discriminatorio», dal momento
che colpisce esclusivamente una tradizione della cultura giovanile afro-americana. «E poi -
si chiede - come stabilire quanto un pantalone deve essere calato e quanta parte di
biancheria possa essere in vista?». Per Martin, anche lui di origine afro-americana, le
questioni razziali non c’entrano nulla. «L’obiettivo è aprire un dibattito sulla questione».

“La rivolta dei jeans a vita bassa”, La Stampa, 27 agosto 2007


«Ero in metropolitana e davanti a me
c'era uno di questi ragazzoni con i
pantaloni tirati giù che non solo
scoprivano le mutande: scoprivano
tutto il sedere, anche gli slip erano
calati quasi fin lì... Sul vagone ci
siamo guardati tutti con disgusto ma
nessuno ha osato proferire una
parola. Ho pensato che era il
momento di dire basta». Eric Adams,
Un oscuro senatore afroamericano,
vuole riuscire dove neppure Barack
Obama ce l'ha fatta: coprire le
vergogne al popolo nero. La
campagna di Eric Adams è diventata un video che è già un successo su YouTube e un
poster che spunta da tutti gli angoli del suo collegio, Brooklyn: "Solleva i tuoi pantaloni,
rialza la tua immagine!". La crociata contro i jeans a vita bassa si è ritrovata un
involontario, tragico testimone in più: sempre a Brooklyn, un giovane gangster, Hector
Qinones, protagonista di una sparatoria per il controllo della droga, mente fuggiva dagli
agenti, lasciandosi dietro tre cadaveri, è inciampato nei jeans e volato nel vuoto. Morto. Il
senatore Adams, ex poliziotto, è convinto che «il modo di vestire è l'espressione di quello
che siamo. Per questo la mia campagna vorrebbe rivolgersi soprattutto ai genitori: com'è
possibile che abbiano permesso tutto questo? Basterebbe vedere come vestono i loro figli
per capire chi frequentano». Il senatore vede il pantalone che scopre le mutande come
l'ultima degenerazione dell'immagine del popolo nero: nel suo video compila una serie di
stereotipi che dai ministrels in poi sono stati vergognosamente legati al popolo che viene
dagli schiavi. «Solo che questa volta questa moda ce la siamo inventati noi. Ce la siamo
inflitta da soli».

Persino Barack Obama, durante la campagna elettorale,


dagli schermi di Mtv si era scagliato contro i pantaloni della
vergogna. Ma un messaggio isolato, dicono gli esperti, non
fa breccia. E poi lo stesso presidente è stato il protagonista
di una campagna di derisione a mezzo stampa quando sui
tabloid sono comparse le sue foto con i “mom jeans”, quei
pantaloni da lavoro così comodi e larghi che sono diventati i
preferiti delle casalinghe. Forse il caso del gangster
inciampato e morto potrebbe davvero segnare la svolta. Il
New York Times suggerisce che sarebbe una campagna
magari macabra ma sicuramente più efficace: "Saggins
pants kill", i pantaloni che si abbassano uccidono. Insomma:
se non vuoi finire con le mani in alto, comincia a tirarti su
almeno i pantaloni.

“Usa, la crociata contro i jeans calati Sollevali, e rialza la tua immagine", Repubblica, 02
aprile 2010
Barack Obama Weighs In On Sagging-Pants Ordinances: 'Brothers Should Pull Up
Their Pants' 03 novembre 2008

NO MORE SAGGING! Brothers, pull up your pants 16 febbraio 2009

VIDEO: N.Y. State Senator Campaigns Against Sagging Pants 29 marzo 2010

Put This on a Billboard: Droopy Pants Can Kill 01 aprile 2010

Se ne parla anche da noi: abolire i


pantaloni a vita bassa, per colpa dei
quali biancheria e sederi al vento sono
diventati una moda. Ma, vietare un
fenomeno di costume, è giusto, se
disgusta molte persone, oppure si
avvicina troppo ad un vero e proprio
proibizionismo? In America tante città
del sud hanno già proibito i pantaloni a
vita bassa, decidendo a favore delle
numerose lamentele dei cittadini. La
proposta di legge ha raggiunto anche
livelli nazionali. In Florida, il senato ha
approvato una legge che vieta i
pantaloni a vita bassa nelle scuole.
Manca soltanto il sì della Camera dei
Rappresentanti per l'entrata in vigore
della legge. Ma riuscite ad immaginare una Miami senza la moda hip hop? Niente più
rapper con i pantaloni calati a scuola, niente più ragazze con top striminziti e tanga in
vista ma tutti vestiti di tutto punto? Non sarebbe più Miami. È certo che alcuni look
superano un po' il buon gusto, ad esempio quando il pantalone lascia intravedere
davvero tutta la mutanda... ma stiamo parlando di estremi. La normale moda hip hop
con il pantalone leggermente calato non ha mai disturbato nessuno, ragazze appena
sedicenni con il sedere in bella vista forse un po' di più ;-)
“Scuola: vietati i pantaloni a vita bassa”, 17 marzo 2008

A dichiarare apertamente guerra ai porno-jeans che lasciano scoperte ampie porzioni di


mutande e di sedere, c’ha pensato il professore Italo Pancheri, preside delle scuole
medie Winkler di Trento. Per porre fine allo spettacolo indecente offerto da decine di
studenti che si aggiravano in corridoi e aule con la camminata svogliata dei rapper
americani e mezzo sedere al vento, ha preso carta e penna e ha scritto una lettera
che non lascia spazio alle interpretazioni a tutte le famiglie degli studenti, annunciando
d’aver istituito il divieto tassativo di presentarsi a scuola con i pantaloni calati,
invitando mamme e papà a controllare l’abbigliamento dei figli. Chi dovesse fare
orecchie da mercante e ripresentarsi alle medie Winkler con i pantaloni abbassati,
incorrerà in sanzioni disciplinari che, nei casi più gravi, potranno arrivare fino alla
sospensione dalle lezioni. Proprio come era accaduto in precedenza all’istituto
Tambosi, dove la dirigente Francesca Carampin aveva dichiarato guerra
all’abbigliamento da spiaggia che tra le ragazze si traduceva in minigonne vertiginose
e tra i ragazzi in pantaloncini corti. «Per andare a scuola si deve avere un
abbigliamento appropriato», aveva tuonato Carampin, lanciando una sorta di slogan
che ora il preside Pancheri ha fatto proprio.

“Trento, preside delle medie vieta i pantaloni a vita bassa”, 02 febbraio 2010)

Il Preside ha ragione, ma se
vale per i giovani, ancor di più
dovrebbe valere per gli adulti.
Che dire allora delle porno-
veline e delle porno-star
televisive che si fanno
immortalare con il fondoschiena
al vento, da Elisabetta Canalis e
Massimiliano Varrese,
passando per la Capotondi, la
Colombari, la Blasi, la Belen,
ecc. ecc., nessuno sembra
scandalizzarsi.

[…] Quando il pantalone ha la


vita troppo bassa basta sedersi
per mettere in mostra quello che
gli scienziati chiamano “solco intergluteo”. È’ successo ad Elisabetta Canalis con jeans
calati non appena si è seduta sul divanetto di un negozio per provarsi un paio di scarpe. A
Massimiliano Varrese è capitato di chinarsi per strada per raccogliere qualcosa che gli era
caduto e il sedere è rimasto all’aria. Anche la Sissi Cristiana Capotondi, seduta su
un’aiuola per le foto di rito, è finita per mostrare il fondoschiena ai flash. E Poi Martina
Colombari beccata mentre passeggiava con il figlio Achille a Milano: le è bastato
accovacciarsi per sistemare la sciarpa del bambino per rimanere con il didietro scoperto.
Stessa sorte per Ilari Blasi: si è accucciata per sistemare uno dei suoi pupini ed è finita
con il lato B nudo. […].

Ecco le star col pantalone calato Tgcom 1/3/2010

Sagging (fashion) - Wikipedia


SEX THING

Il termine “sexting” [dall'inglese


sex (sesso) e texting (pubblicare
testo)] è un neologismo
utilizzato per indicare l'invio di
immagini sessualmente esplicite
o di testi inerenti il sesso
attraverso i mezzi informatici. è
considerato una vera e propria
moda fra i giovani e consiste
principalmente nello scambio di
foto, spesso scattate con il
cellulare, e/o pubblicazione
tramite via telematica, come
chat, social network e internet in
generale oppure semplici MMS.
Spesso tali fotografie, anche se
inviate ad una stretta cerchia di
persone (es. amici su
Facebook), si diffondono in
modo incontrollabile e risulta
quindi essere un problema per
l'utente, che rischia anche di
essere vittima di bullismo. A questo proposito, l'organizzazione Save the Children, insieme
alla Commissione Europea, promuove ogni anno una campagna denominata "Posta con
la testa", al fine di sensibilizzare i più giovani su questo argomento e dunque ad essere
consapevoli dei rischi legati alla pubblicazione di immagini che dovrebbero rimanere
private.

Negli USA, paese in cui il fenomeno ha avuto origine, il sexting è una pratica molto diffusa;
secondo un sondaggio, infatti, il 20% dei ragazzi tra i 16 e i 19 anni lo mette in atto.
Secondo una ricerca inglese, nel paese più di un terzo dei ragazzi tra gli 11 e i 18 anni
hanno avuto a che fare con il fenomeno. In Italia, recentemente, ben 34 persone - di cui 29
minorenni - sono finite nel registro degli indagati con l'accusa di pedopornografia perché
sono state trovate in possesso di foto scattate da una tredicenne che si è autoritratta in
atteggiamenti sessualmente espliciti e poi ha inviato le foto ad amici e conoscenti in
cambio di ricariche per il cellulare. Lo scambio è stato scoperto dai carabinieri di Tolmezzo
(in provincia di Udine), i quali hanno poi raggiunto i 34 indagati e sequestrato cellulari,
chiavette Usb e hard disk. Lì hanno trovato non solo foto ma anche filmati, che la
ragazzina ha inviato loro nel tempo. Negli USA, una 14 enne originaria del New Jersey per
via di alcune foto osè messe online su MySpace, è stata arrestata con l'accusa di
detenzione e diffusione di materiale pedopornografico. La giovane si è giustificata dicendo
di aver caricato le immagini per farle vedere al suo ragazzo. Il caso ha suscitato numerose
polemiche. Secondo Maureen Kanka, madre di Megan, la ragazzina violentata e uccisa
nel 94 da due molestatori sessuali con seri precedenti alle spalle, che si è battuta per la
promulgazione della legge che consente ai vari stati che l'adottano di pubblicare
informazioni e foto dei condannati per violenza sessuale, «la ragazzina ha bisogno di
aiuto piuttosto che di guai legali nonché di interventi disciplinari e di tutela affinché capisca
che con le sue azioni ha recato danno solo a se stessa». Secondo Ronald Maag, un
legislatore dell’Ohio, «quello di cui questi minori hanno bisogno è una migliore educazione
volta a far capire loro in che modo dei comportamenti simili possano ripercuotersi sulle
loro vite». Le forze dell'ordine sembrano disorientate. Se la prendono con i telefonini, si
scagliano contro le reti di telefonia 3G: «È una tecnologia molto potente e dobbiamo
insegnare ai nostri bambini come le immagini possono essere inoltrate con una velocità
impressionante», riferisce l'ufficiale Campbell Davis, a capo della squadra che nello stato
di Victoria, in Australia, si occupa di contrastare lo sfruttamento dei minori.

A cavalcare la
porno-moda ci ha
pensato Microsoft
con uno spot, che
poi è stata costretta
a censurare, per il
lancio negli Usa dei
nuovi smartphone
“Kin”, in cui si vede
un ragazzo che si
infila il cellulare sotto
la maglietta durante
una festa, scatta una
foto e la invia a
un'amica. La decisione di censurarlo è stata presa dopo le accuse rivolte a Microsoft di
incoraggiare la pratica del sexting. «Microsoft ha cancellato la parte inappropriata del
video di Kin», fa sapere la casa nel suo profilo Twitter, «prendiamo il sexting molto sul
serio e siamo dispiaciuti dell'accaduto».

Ragazzina 13enne inviava foto osé in cambio di ricariche ZEUS News 14-04-2010

Sexting: un’adolescente su quattro lo fa 05 agosto 2009

USA, nuove leggi per il sexting Punto Informatico 31 marzo 2009

Australia, sessaggiare fra minori è reato Punto Informatico 14 luglio 2008

Sexting, Microsoft costretta a censurare il nuovo spot affariitaliani 19.04.2010

Sexting - Wikipedia

Posta con la Testa 2010 YouTube

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PORNOCULTURA

IL PORNO IMPERO COLPISCE ANCORA

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