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THOMAS HOBBES

1. Un'alternativa a Cartesio.
La filosofia di Hobbes è alternativa rispetto a quella di Cartesio; questo principalmente per due motivi:
1. E' legata più strettamente a presupposti materialistici, mentre la filosofia cartesiana a una metafisica spiritualistica.
2. Ritiene la RAGIONE una tecnica molto diversa rispetto a come era considerata da Cartesio.
✔ Biografia
Hobbes nasce in Inghilterra nel 1588; negli anni della giovinezza studia presso Oxford, ma la sua formazione è dovuta
principalmente ai contatti avuti con l'elitè culturale del tempo. Visse a lungo a Parigi e durante la sua vita fece giungere a
Cartesio le sue obiezioni al suo pensiero filosofico.
La sua opera principale è considerata “il Leviatano”, pubblicato nel 1651; infine, nella trilogia “Il Cittadino”, “Il Corpo” e
“L'uomo”, espose il proprio pensiero filosofico.
✔ Scopo della filosofia di Hobbes.
Hobbes vuole porre le fondamenta per la nascita di una comunità ordinata e pacifica, che può essere, secondo il filosofo,
costruita solo per mezzo di uno stato ASSOLUTISTA. Hobbes ritiene che la filosofia metafisica (astratta) sia incapace di
trovare questo fondamento.
L'obbiettivo di Hobbes è costruire una filosofia unicamente razionale (che escluda del tutto il soprannaturale) per il bene
dell'uomo.
4. La politica.
LA CONDIZIONE PRESOCIALE E IL DIRITTO DI NATURA.
Hobbes ha costruito la sua ricerca dei fondamenti necessari di una società, in maniera analoga alla geometria, e cioè: Partendo da
particolari premesse (principi), si raggiunge necessariamente una precisa conclusione (i fondamenti). La necessità di avere una
scienza politica, è data dalla NECESSITA' CHE L'UOMO HA DI SODDISFARE I PROPRI DESIDERI E LA VOLONTA'.
Secondo Hobbes, gli aspetti (lui li chiama postulati, teoremi) principali della natura umana sono due:
➢ Bramosia naturale: E cioè la tendenza di ognuno ad aspirare a godere da solo (egoismo) dei beni comuni.
➢ Ragione naturale: Cioè il fatto che ognuno ritenga la morte violenta come il peggior male.
Il primo punto dimostra che l'uomo non è, come si era sempre detto, un “animale politico”; per via di questo quindi il filosofo
afferma che gli uomini:
• Non si associano per amore naturale dell'uomo verso un suo simile.
• Si associano perché hanno bisogno del proprio prossimo, dunque le più forti e durature società non sono nate basandosi sulla
benevolenza, ma SUL TIMORE RECIPROCO.
Questo timore nasce da:
1. Uguaglianza naturale: Cioè il fatto che tutti gli uomini hanno la stessa natura e dunque tutti cercano l'uso esclusivo dei beni
comuni.
2. La tendenza naturale di ognuno a danneggiare il proprio scopo per via del contrasto tra le idee, e dal fatto di voler
raggiungere, per l'appunto, l'uso esclusivo dei beni comuni.
3. Diritto di tutti su tutto: Compresa la vita altrui, per cui l'uomo diventa un “lupo” nei confronti del suo prossimo. Questo
diritto nasce dall'uguaglianza naturale, che porta gli uomini a contrastarsi gli uni con gli altri . Tutto questo determina uno
STATO DI GUERRA INCESSANTE TRA TUTTI GLI INDIVIDUI. In uno stato di questo tipo, NULLA E' GIUSTO,
in quanto non c'è nessun potere predominante che possa imporre una distinzione tra bene\male, giusto\ingiusto.
Il concetto di uomo lupo (homo homini lupus) si riferisce ad un istinto naturale insopprimibile dell'essere umano, in quanto dato
dalla ragione naturale, che porta l'uomo a cercare di difendersi con tutte le proprie forze dal suo prossimo.
L' “essere un lupo nei confronti degli altri uomini” può essere considerato, di conseguenza, un DIRITTO, in quanto, dice Hobbes, il
diritto è la libertà di ciascuno di usare le facoltà naturali di cui dispone secondo la propria ragione, che, appunto, è quella
primordiale di difendersi.
LA RAGIONE CALCOLATRICE E LA LEGGE NATURALE.
La condizione di guerra universale non può però pienamente realizzarsi; infatti, se succedesse, scomparirebbe il genere umano.
Questa situazione NON si concretizza grazie alla RAGIONE NATURALE, perché questa “suggerisce” all'uomo come comportarsi
per non determinare la distruzione della propria vita.
La ragione naturale porta così l'uomo alla scoperta delle LEGGI NATURALI DEL VIVERE CIVILE; in quanto l'uomo, per
salvare la propria vita, fa anche in modo di non nuocere al suo prossimo, che, diversamente, potrebbe reagire facendogli del male
(Dunque le leggi naturali del vivere civile sono una tecnica DI AUTOCONSERVAZIONE).
• La ragione naturale è quindi il Fondamento della legge naturale.
Da questo, se l'uomo fosse privo di ragione, la condizione di guerra perpetua non sarebbe superabile e l'uomo scomparirebbe.
• Il diritto (legge naturale) quindi è NATURALE e RAZIONALE, in quanto dato dalla Ragione naturale; non ha perciò
niente a che vedere con Dio, ma nasce direttamente dall'indole umana.
A questo punto, l'uomo riesce a evitare lo stato di guerra perpetua:
1. Cercando di conseguire la pace con tutti i mezzi , o, nel caso non sia possibile, sfruttando la guerra momentanea a proprio
vantaggio.
2. RINUNCIANDO AL DIRITTO DI TUTTI SU TUTTO . In realtà si rinuncia solamente al diritto sulla vita degli altri.
Questo “diritto totale” passa così, per mezzo di un accordo, nelle mani di UN POTERE CENTRALE.
3. Facendo di modo di rispettare questi PATTI sanciti.
LO STATO E L'ASSOLUTISMO.
Il punto fondamentale che determina il passaggio da STATO NATURALE a STATO CIVILE è il trasferimento del “diritto di tutti
su tutto” dalla popolazione ad un gruppo o ad un singolo. Solo in questa maniera, dice Hobbes, si può avere una stabile difesa della
pace.
• In questo modo nasce lo Stato civile, che viene definito da Hobbes come “PERSONA CIVILE”, in quanto tutti si
accordano nel dare il “diritto su tutto”, ad una sola persona o gruppo, quindi tutti hanno la stessa volontà, come una vera
persona.
• Colui che rappresenta questa “persona” è il sovrano che viene definito da Hobbes come il “Leviatano” e ha potere assoluto
su tutte le cose e persone. Il sovrano viene definito da Hobbes come Dio mortale al quale dobbiamo la pace e la difesa.
La teoria di Hobbes è tipica dell'assolutismo, è infatti caratterizzata da:
1. Irreversibilità e unilateralità del “patto fondamentale”: Una volta nato lo stato e dato il potere ad una persona, questa
organizzazione non può essere destituita, in quanto nasce da un patto tra i cittadini tra loro, che rinunciano al loro “diritto
su tutto” (diventando quindi SUDDITI) e dunque non possono più decidere di scioglierlo (non ne hanno più il diritto).
2. Il potere sovrano è indivisibile: Se venisse diviso in vari poteri che si limitano a vicenda, secondo Hobbes, nel caso questi
poteri agissero d'accordo la libertà della popolazione ne soffrirebbe, se agissero discordi, scoppierebbe una guerra
civile.
3. Il giudizio del bene e male appartiene allo stato: In quanto è lo stato a far rispettare la legge civile, se si seguissero i cittadini,
l'obbedienza alle leggi civili sarebbe condizionata da criteri individuali e lo stato cadrebbe.
4. Il potere sovrano esige assoluta obbedienza anche alle sue decisioni ritenute ingiuste.
5. Il potere sovrano può, per difendere lo stato, utilizzare l'arma dell'omicidio (tirannicidio).
6. Lo stato non è soggetto alle leggi statali: In quanto non si può “sottomettere” ai cittadini, che sono solo sudditi, e non può
“sottomettersi” a sé stesso, in quanto può farlo solo verso un altro ente, un'altra istituzione.
Lo stato però, secondo Hobbes ha alcuni (molto pochi) limiti di azione:
1. Non può comandare ai sudditi di uccidere o far del male a sé stesso o ai suoi cari.
2. Non può impedirgli di fare le cose necessarie alla vita (mangiare, dormire, respirare).
3. Non può costringere il suddito a confessare un delitto.
Il suddito è libero SOLO PER QUELLO CHE LO STATO NON HA REGOLAMENTATO.
Lo stato invece è SEMPRE LIBERO, in quanto lui stesso (come entità) può, di volta in volta, scegliere cosa ritiene bene, male, ecc.
Essendo infine l'anima della comunità, lo stato deve essere insieme autorità civile e religiosa.

DAVID HUME
1. Dall'empirismo allo scetticismo.
Hume, con il suo pensiero filosofico, porta l'empirismo verso lo scetticismo. Hume infatti afferma che l'esperienza non è in grado
di darci sicurezze (non possiamo sapere che quello che è sempre stato, sempre sarà), dunque anche la conoscenza (che è basata
sull'esperienza per gli empiristi) non è certa, SOLO PROBABILE.
• Biografia
Hume nasce nel 1711 a Edimburgo, dove studia giurisprudenza. I suoi interessi erano però orientati verso la filosofia e la
letteratura, così, dopo essersi trasferito in Francia ventenne, scrisse la sua prima e più importante opera: Trattato sulla
natura umana. Passò il resto della sua vita fino alla vecchiaia viaggiando per l'Europa, scrivendo opere e ricoprendo
importanti incarichi politici. Ormai vecchio e ricco, tornò a Edimburgo e si ritirò a vita privata. Morì nel 1766.
I principi esposti nel trattato sulla natura umana sono esplicati in maniera più rapida e organizzata nelle due opere: Ricerca sui
principi della morale e Ricerca sull'intelletto umano.
2. La “scienza” della natura umana.
Alla base del pensiero filosofico di Hume vi è il desiderio di dare vita ad una “scienza” della natura umana su base
sperimentale, come la fisica. Hume vuole diventare per questa nuova scienza, come Newton per la fisica; aspira quindi a costruire
un'analisi sistematica di tutte le dimensioni della natura umana: - Ragione, - Sentimento, - Morale, - Politica.
Da qui nasce la definizione per la quale la natura umana è la “Capitale” della conoscenza.
Hume ha quindi una tendenza Empirista e fortemente ANTI-METAFISICA, riassunta nel suo esempio che afferma che se la
conoscenza fosse una biblioteca, bisognerebbe dare fuoco a tutti quei libri che NON si basano sull'esperienza o sulla matematica.
Questa scelta estremamente empirista porta Hume ad uno scetticismo che gli impedisce di indagare a fondo sulla natura umana,
che invece è fortemente astratta.
Dunque la sua filosofia, non potendo arrivare all'obbiettivo che Hume si era prefissato, assume un'impronta fortemente
PROVOCATORIA E POLEMICA.
3. Il percorso della conoscenza.
IMPRESSIONI E IDEE.
L'analisi della conoscenza umana fatta da Hume ha lo scopo di individuare:
• La portata dell'intelletto umano.
• La natura delle idee.
• La natura delle operazioni che compiamo per ragionare.
A questo punto quindi Hume divide le percezioni della mente in:
✔ Impressioni: Le percezioni che penetrano nella nostra coscienza. Sono le sensazioni, emozioni ecc.
✔ Idee o pensieri: Che sono i resti della prima percezione che abbiamo avuto di una certa cosa, e che continuiamo a portare
nella nostra memoria.
La differenza tra impressioni e idee è che le prime sono molto più intense delle seconde, ad esempio: la percezione del dolore di una
puntura sarà molto più forte della sensazione che riusciamo a provare ricordandolo.
Hume è un empirista, per questo afferma che non esistono idee di cui non si sia avuta una precedente impressione.
➢ Il limite del pensiero umano è dunque l'esperienza: Ogni uomo, per quanto possa creare mondi fantastici e illimitati nella sua
mente, li costruirà sempre rifacendosi a ciò che ha visto nella sua vita, rielaborandolo.
Hume a differenza di Locke e altri, a questo punto, risolve la realtà UNICAMENTE all'interno del discorso delle idee, affermando
che non esiste nulla al di là di esse.
➢ Ogni aspetto della realtà, afferma Hume, si può ricondurre ai rapporti con cui si connettono impressioni e idee.
A questo punto Hume quindi nega la possibilità che esistano idee astratte (es: un triangolo non equilatero, né isoscele, né scaleno),
ma afferma che tutte le idee si legano fra loro: idee particolari formano idee più grandi, queste più grandi sono particolari di altre
ancora più grandi e così via.
Per spiegare come le idee si leghino fra loro, Hume afferma che entra in gioco:
• L'abitudine: Cioè noi ci ABITUIAMO a vedere somiglianza fra certe idee con alcuni aspetti simili e altri diversi, che però
troviamo spesso legate fra loro (come l'idea di spalliera, gambe, ecc. per una sedia).
Queste idee così vengono raccolte insieme utilizzando un unico nome (come appunto sedia, che in realtà è l'unione di tante
idee: spalliera, gambe, cuscino, ecc.) PER ABITUDINE.
La funzione logica del SEGNO CONCETTUALE (e cioè il meccanismo appena spiegato di unire tante idee sotto un solo
nome) diventa quindi un fatto PSICOLOGICO: l'abitudine.
IL PRINCIPIO DI ASSOCIAZIONE.
La facoltà di associare idee viene chiamata da Hume “IMMAGINAZIONE”. Essa opera libera, ma sempre costruendo pensieri
formati da una successione continua di idee fra loro connesse (basta pensare ad un sogno, formato da tantissime idee collegate che
procedono insieme).
La connessione delle idee è garantita dal PRINCIPIO DI ASSOCIAZIONE, una sorta forza che viene agisce, secondo Hume:
“come la forza di gravità per la natura”, e cioè è una forza dolce e continua a cui non possiamo sottrarci.
Il principio di associazione di divide in tre criteri fondamentali:
1. Somiglianza: es: Un ritratto ci porta a pensare alla persona reale che rappresenta.
2. Contiguità nello spazio e nel tempo: es: Se pensiamo ad un palazzo, pensiamo anche a tutti gli appartamenti che lo
compongono (contiguità spazio); se pensiamo ad un fiore poi possiamo pensare a quando appassisce (contiguità tempo).
3. Causalità: es: Pensare a mangiare una pizza, ci fa pensare a quanto essa sia buona.
Dal concetto di idee a questo punto Hume esclude quelle che Locke aveva definito “idee complesse” (spazio, tempo, causa e effetto,
sostanza); Hume afferma che queste non sono impressioni, ma MANIERE DI PERCEPIRE LE IMPRESSIONI.
• Ad es: l'idea del tempo non è un'impressione particolare, bensì il modo nel quale noi percepiamo complessivamente tutte le
idee con la nostra mente, per l'appunto, nel tempo.
Allo stesso modo Hume demolisce le idee di causa ed effetto e di sostanza.
PROPOSIZIONI CHE CONCERNONO RELAZIONI TRA IDEE E PROPOSIZIONI CHE CONCERNONO DATI DI FATTO.
Hume distingue tra:
• Proposizioni che concernono relazioni tra idee: Queste, dice Hume, sono valide a prescindere dalla realtà, in quanto basate
unicamente sul PRINCIPIO DI NON CONTRADDIZIONE. Hanno dunque in sé stesse la loro validità.
Es: Anche se non esistessero triangoli rettangoli in natura, i principi individuati da Euclide su di essi, sarebbero comunque
validi.
• Proposizioni che concernono dati o “materie di fatto”: Sono basate unicamente sull'esperienza, e possono tranquillamente
contraddirsi tra di loro.
Es: la proposizione: “il sole domani non sorgerà” è una proposizione che non possiamo confutare adesso, e che quindi è
parimenti valida, seppur contraddittoria, con “il sole domani sorgerà” (anche se questa ci sembra l'unica valida.).
L'ANALISI CRITICA DEL PRINCIPIO DI CAUSALITÀ.
Tutti i ragionamenti che riguardano la realtà si fondano sulla relazione di Causa/Effetto. Hume afferma che questa relazione non può
essere conosciuta a priori (come invece facciamo noi che la diamo per scontata), ma solo grazie all'ESPERIENZA.
Se ci presentassero un oggetto che non conosciamo infatti non saremmo in grado di affermare che esso ha certe caratteristiche di
causalità, es: se non conoscessimo il fuoco e ci portassero davanti un tizzone ardente, non saremmo in grado di sapere che toccandolo
ci scotteremmo.
Questo vuol dire che la connessione causa/effetto si può scoprire solo con l'esperienza e non è dunque assolutamente oggettiva,
NON E' NON CONTRADDITTORIA, perché tutte le possibilità alternative NON POSSONO ESSERE SCARTATE A PRIORI.
Es: se oggi tocchiamo il fuoco e ci bruciamo, nulla ci assicura, e dunque ci permette di scartare a priori, che avverrà la stessa cosa
anche domani o che domani trasformerà la nostra pelle in oro.
Per via di questo, Hume afferma che tutta la nostra conoscenza è basata sull'ABITUDINE dell'esperienza passata; questa ci porta a
pensare che da cause simili, derivino effetti simili, ma solo perché in passato abbiamo sempre visto così, nulla ci assicura che i
principi della fisica ecc. un domani non cambino.
L'abitudine a questo punto ci spiega la congiunzione che noi percepiamo tra i fatti, ma non la loro connessione necessaria. Dunque
spiega perché noi crediamo che da un fenomeno ne consegua sempre un altro, ma non ci dimostra la sua validità a priori nel
tempo e nello spazio. Questa necessità che noi diamo alla relazione causa/effetto può essere valida nella realtà, ma dal punto di
vista razionale e filosofico non può essere accettata!
LA CREDENZA NEL MONDO ESTERNO E NELL'IDENTITÀ DELL'IO.
Ogni credenza dunque, dice Hume, è basata sull'abitudine. Tutta la conoscenza della realtà non è quindi necessaria, ma solo
probabile. Hume comunque con questo discorso non ha intenzione di annullare la differenza tra credenza e pura finzione.
• La credenza: Per Hume la credenza è un sentimento assolutamente naturale che però non soggiace ai poteri della ragione.
Noi seguiamo la credenza più della ragione perché le impressioni, e quindi l'esperienza, sono più vivaci e forti nella nostra
mente rispetto alle idee.
Hume afferma che quindi gli uomini credono nell'esistenza di un mondo esterno, pur non avendone prove certe.
 Hume a questo punto dice che noi crediamo, ad esempio, che le cose esistano sempre, ma niente ci assicura che sia
così, infatti nulla ci dà per certo che una cosa che noi percepiamo momentaneamente rimanga poi tale, potrebbe infatti
essere solo creata momentaneamente dalla nostra mente.
Dunque noi facciamo corrispondere, senza basi razionali, alle immagini che abbiamo nella nostra mente (alle idee) la
realtà.
Afferma a questo punto Hume che l'unica realtà di cui siamo certi è quella basata sulle nostre percezioni sensibili, dunque sulle
nostre immagini e impressioni, ma queste non sono vere a priori, dunque la REALTA' ESTERNA E' INGIUSTIFICABILE e
potrebbe essere solo creata dalla nostra mente.
Lo stesso discorso vale per il concetto di “io”. Noi consideriamo infatti l'esistenza dell'io, ma in realtà la nostra coscienza non è altro
che un susseguirsi continui di pensieri e sentimenti, non un singolo ente come lo riteniamo noi.
➢ L'istinto e la ragione sembrano quindi in contraddizione. Hume però non ritiene questo dualismo insanabile e
inaccettabile in quanto afferma che la natura umana è basata per lo più sul sentimento e sugli istinti, dunque questi non
possono essere tagliati fuori.

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