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Rivista Italiana di Musicologia vol.XXXV 2000 NN.1-2.

Firenze, Leo S.Olschki Editore 2001

TECNOLOGIA DELLESPERIENZA
MUSICALE NEL NOVECENTO
Agostino Di Scipio
n.b. Questo testo una copia della bozza preliminare dellarticolo
dato alle stampe dalleditore. Esso viene reso qui disponibile in
formato elettronico a solo uso personale. I diritti di riproduzione, di
uso pubblico, e la responsabilit sui contennuti sono dellautore.

Introduzione
Uno dei tratti pi significativi del Novecento musicale riguarda lo
sviluppo dei linguaggi e delle estetiche in rapporto alla tecnica. In effetti
gi lidea tutta novecentesca di artigianato musicale, come categoria
riferita alle soluzioni pratiche interne al lavoro di composizione e di
esecuzione musicale, accoglie il senso di una tradizione consolidata nei
modi stessi del far musica, nelle tecniche del lavoro musicale
primancora che in questioni di linguaggio musicale.
Tuttavia, decisivo stato anche e soprattutto il rapporto delle
specifiche tecniche musicali con la razionalit e il sapere della tecnica in
generale con la tecnologia. Nel corso del Novecento la musica
occidentale non solo ha sviluppato una crescente consapevolezza teorica
delle proprie tecniche tradizionali, ma si spesso anche assunta la
responsabilit delle proprie tecnologie. Con ci, essa sembra indicare
che uno degli aspetti essenziali dellesperienza dellarte, nel contesto
storico generale, consiste nel definire le condizioni della propria
esistenza in un contesto di sempre crescente razionalit tecnica.
Si pensi, per es., allesperienza della musica elettronica. La quale,
pur non essendo la sola ad articolare in profondit la questione della
tecnica, ne ha per tematizzato radicalmente gli aspetti peculiari sia
rispetto al pi ampio contesto socio-culturale, sia rispetto ad elementi
specifici di teoria della musica, dando vita inoltre ad un repertorio
emblematico di varie tensioni intellettuali che hanno attraversato il
secolo. Come ha scritto Luigi Rognoni nel 1956, il significato storico
della musica elettronica va compreso come una domanda rivolta al
problema della tecnica in generale [...] che investe lessenza umana del
suo stesso operare, prima di essere un problema di linguaggio
specifico.1

Luigi Rognoni, La musica elettronica e il problema della tecnica, in


Fenomenologia della musica radicale (Garzanti, Milano, 1974), p.34. Testo riassuntivo
di due conferenze tenute Darmstadt nel 1956.

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Le problematiche tecnologiche possono apparire piuttosto particolari,


o anche specialistiche, e tuttavia costituiscono materia estremamente
articolata e densa di implicazioni. Nellaffrontarle, a mio avviso occorre
guardare alla pluralit dei fenomeni e delle esperienze, provando a
comprenderne il significato storico insieme musicale e tecnico e cio
tecnico in quanto musicale (far musica implica sempre la conoscenza
di un ambito di azioni possibili in vista di certi scopi) e musicale in
quanto tecnico (ogni azione tecnica si offre ad un giudizio che mette in
rapporto, cio armonizza, idealit e materialit, potenzialit e attualit).
Eccoci allora ad un primo chiarimento, in base al quale tecnologia
della musica indica non tanto un insieme di tecniche e di strumenti
(una configurazione di oggetti tecnici con le loro regole duso e di
funzionamento), o la logica delle premesse funzionali e materiali della
loro costruzione (il sostrato dei componenti di base le cui propriet
fisiche rendono possibili molteplici campi applicativi), quanto una pi
ampia forma di studio e riflessione vlta a comprendere lelemento
tecnologico cio relativo alla comprensione del fare che essenziale
ad ogni agire musicale, e artistico in genere.
La situazione attuale e futura della cultura musicale appare, oggi
(allinizio di un nuovo secolo), inscindibilmente legata a condizioni di
esistenza profondamente mediate in senso tecnologico. Per questo,
sviluppare un ambito di studi e di comprensione secondo le istanze
appena indicate sembra quanto mai opportuno e perfino urgente. Nel
guardare allintero arco del Novecento si dovr allora non solo rilevare
la sensibilit di alcuni repertori nei confronti di questioni tecnologiche,
ma anche cogliere quel tratto caratteristico del secolo che consistito
nellattribuire possibilit conoscitive e critiche al lavoro dellarte in
generale.2
Il quadro storico-musicale del secolo presenta alcune forme
tecnologiche gi mature, perch ereditate direttamente da prassi di
tradizione (tecniche di scrittura, liuteria meccanica, orchestrazione,
studio di prassi esecutive anche legate a problemi filologici, ecc. tutte
dimensioni a vario titolo assimilate di solito alla categoria dell
artigianato cui si fatto cenno allinizio). Altre forme tecnologiche
2
Si tratta di una delle tensioni pi caratteristiche dellarte del Novecento: per es.,
tutto il discorso della teoria critica in materia darte va in tal senso (cfr. T.Adorno,
Teoria estetica, Einaudi, Torino, 1975). Nella letteratura critico-musicologica del
secondo Novecento se ne trovano innumerevoli tracce: per fare due esempi vicini agli
ambiti di esperienza che qui interessa evocare, si veda la Prefazione di Domenico
Guccero a Walter Branchi, Tecnologia della musica (Lerici, Roma, 1976), dove per
tecnologia si intende tecnologia elettroacustica analogica, e la Prefazione di Luigi
Pestalozza a Massimo Del Duca, Musica digitale (Muzzio, Padova, 1987), dove la
tecnologia ne frattempo diventata appunto digitale (informatica musicale).

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appaiono invece nelle loro configurazioni iniziali (radiofonia, sviluppo


della liuteria elettronica, sviluppo di sistemi e supporti musicali
analogici e digitali, ecc.). Nello studio di queste ultime si possono
riscontrare connessioni significative non solo con la storia e teoria della
composizione,3 ma in generale con la storia della teoria musicale e con
alcune importanti istanze di estetica del Novecento.4
Le forme del fare (I): tecnologia come mondo della strumentalit
Affrontare la questione della tecnica induce a collocare gli sviluppi
musicali nel contesto di fenomeni di pi ampia portata legati al ruolo
sempre pi centrale che la tecnologia ha assunto nelle societ
occidentali. Linizio del secolo, si deve ricordare, fu marcato da un forte
ottimismo scientista che declinava le istanze conoscitive e politiche
dellIlluminismo nel linguaggio del Positivismo ottocentesco. Anche
dottrine economico-sociali potenzialmente critiche, come il Marxismo,
in realt si presentavano a loro volta come scienze, in particolare
come scienze positive che guardano al futuro con fiducia accordando
al progresso tecnico un ruolo determinante nel quadro delle mutazioni
delle condizioni sociali.5 Lottimismo scientista risultava rispecchiato
3
Mark Lindley, Composizione come termine musicale, unindagine storica,
Musica/Realt, 1988; Otto Laske, Towards an epistemology of composition (Journal
of new music research, vol.20, n.3-4, 1992); Gottfried M. Koenig, Summary
observations on compositional theory, 1963-1970 (Universit di Utrecht, 1971).
Lindagine di Lindley sul concetto di composizione nella storia di notevole
interesse, ma presume che lunica tecnologia della composizione sia la scrittura. I
suoi esempi sono tratti da schizzi del processo di elaborazione tematica in alcuni
documenti autografi di Beethoven. La prospettiva di Laske e Koenig, definita come
teoria della composizione, pi adeguata alle tecnologie compositive del Novecento,
e tuttavia provenendo da esperienze specifiche (musica elettronica, poi anche
informatica musicale) pu apparire metodologicamente troppo specializzata.
4
Fra le estetiche filosofiche di rilievo per alcune delle questioni poste in queste
pagine si pu segnalare quella di Luigi Pareyson, riassunta in Estetica. Teoria della
formativit (Bompiani, Milano, 1988; ed. or. 1950-54): non a caso si tratta di una
estetica della produzione e della formativit (p.7), ovvero attenta al processo del fare
dellarte, allesperienza tecnico-costruttiva oltre che a quella ricettiva. Orientamenti
simili si riscontrano in milieu intellettuali del tutto diversi, come per es. in Michael
Rosenberg, The cybernetics of art (Gordon and Breach, Londra, 1983). Nonostante
lapproccio assai formalizzante non sempre condivisibile, Rosenberg parte dalla
considerazione fondamentale che vede nellarte un metodo di conoscenza (p.xvii).
(Qui e in seguito per tutte le citazioni tradotte dallinglese e dal francese si intenda
traduzione mia).
5
Si veda, per es., Sul marxismo e le scienze (numero tematico di Quaderni di critica
marxista, 6, 1974, con scritti di, tra gli altri, Ludovico Geymonat, Giulio Giorello,
Enrico Bellone e Vittorio Somenzi). Si vedano anche gli spunti storici in Andrew
Feenberg, Critical theory of technology (Oxford University Press, 1991).

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dal corso musicale post- e anti-romantico, e informava di s tanto


limmaginario collettivo (il Futurismo e altre avanguardie ne sono
esempi di ricaduta estetica) quanto alcuni progetti teorici ed estetici (si
pensi allestetica razionalista del Bauhaus, oppure, per un esempio di
teoria musicale, agli schizzi di Nuova estetica della musica di Ferruccio
Busoni, pubblicati inizialmente nel 1911).
Nel corso dei decenni, e comunque gi a partire dai primi anni del
secolo (a quel periodo risalgono le prime pubblicazioni di Einstein), la
scienza andata assumendo forme ben pi complesse e articolate di
conoscenza, mentre lottimismo del Positivismo si rivelato piuttosto
un empirismo ingenuo che avrebbe poco alla volta lasciato spazio ad
una forma di comprensione non coincidente con la razionalit
scientifica, e invece definibile come una vera a propria razionalit
tecnologica termine col quale si suole indicare lorizzonte dei
principi di razionalizzazione di comportamenti e sistemi tecnici
economicamente o socialmente utili.6 Nel corso del secolo la filosofia ha
ben presto riconosciuto che la tecnica, prima concepita come mondo
della strumentalit (dai tempi dellEncyclopedie), si andava
trasformando in una vera e pervasiva forma di comprensione umana,
diventando un modo di stare al mondo e di concepire il ruolo delluomo
in esso. In questo passaggio estremo della modernit, da mondo della
strumentalit la tecnologia diventava ambiente di vita (lesistenza
sociale e culturale dipendente da mediazioni tecniche).7

6
Luciano Gallino, nel suo Critica della ragione tecnologica. Valutazione, governo,
responsabilit dei sistemi socio-tecnici (in La tecnologia per il XXI secolo. Prospettive
di sviluppo e rischi di esclusione, a c. P.Ceri e P.Brogna, Einaudi, Torino, 1998),
definisce la ragione tecnologica come il dominio delle intenzioni, dei paradigmi, dei
modelli di mondo, delle tecniche argomentative, dei giudizi di valore, dei criteri di scelta
che orientano lazione teoretica e pratica di coloro i quali producono, diffondono,
applicano tecnologia, e pi in generale prendono decisioni in merito ad essa (p.5).
7
La questione stata posta in innumervoli luoghi della letteratura filosofica del
secolo. Qui vale richiamarsi, poich talvolta vi torneremo, a Martin Heidegger, Die
frage nach der technik, 1953 (La questione della tecnica, in M.Heidegger, Saggi e
discorsi, a c. G.Vattimo, Mursia, Milano, 1976). Si veda anche M.Heidegger, Filosofia e
cibernetica (a c. A.Fabris, ETS Editrice, Pisa, 1988), e Reiner Schrmann, Dai principii
allanarchia. Essere e agire in Heidegger (Il Mulino, Bologna, 1985). Alcune premesse
generali al pensiero di Heidegger su scienza e tecnica vanno individuate nel lavoro del
suo maestro, Edmund Husserl (La crisi delle scienze europee e la fenomenologia
trascendentale, Il Saggiatore, Milano, 1961; ed. or. 1959). A sua volta Herbert Marcuse,
allievo di Heidegger sebbene pi spesso associato alla scuola francofortese di
Horkheimer e Adorno, ha indicato nella razionalit tecnologica un evento storico che
tocca lessenza umana: quando la tecnica diventa la forma universale della produzione
materiale, ci delimita unintiera cultura: configura una totalit storica un mondo
(Luomo a una dimensione, Einaudi, Torino, 1967, p.168; ed. or. 1964).

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La concezione della tecnologia come mondo della strumentalit


ancora ben presente nella liuteria elettronica dei primi decenni del
secolo, e informa la concezione stessa degli innumerevoli strumenti
musicali legati alle allora nuove risorse tecniche (per es. Theremin,
Telharmonium, Ondes Martenot, Trautonium e Mixtur-Trautonium,
organi elettrici Wrlitzer e Hammond, ecc.). Tali strumenti si
configuravano come specifiche applicazioni nel controllo di generatori
elettrici (lorganologia li classifica come elettrofoni), e talvolta si
appoggiavano perfino alle possibilit della telefonia. Per es., il
Telharmonium di Thaddeus Cahill, brevettato nel 1895, era un enorme
organo elettromeccanico i cui suoni erano trasmessi lungo cavi
telefonici.8 In genere la costruzione di tali strumenti rispondeva
soprattutto allesigenza di allargare le possibilit coloristiche ed
espressive dello strumentario musicale tradizionale esigenza cui aveva
risposto fino a qualche tempo prima la crescente dimensione delle masse
orchestrali. Pur non mancando di interesse, soprattutto rispetto a
sviluppi tecnici successivi (sintetizzatori analogici degli anni Sessanta e
Settanta) e rispetto alla figura del rapporto uomo/macchina
nellimmaginario popolare, essi rimanevano legati al rituale
concertistico Ottocentesco e a stilemi musicali raramente in sintonia con
gli sviluppi compositivi dei loro tempi (ad eccezione delle Ondes
Martenot, strumento presente nelle risorse orchestrali di vari
compositori, da Honegger a Boulez, da Jolivet a Messiaen, da Varse a
Scelsi).9
8
Si veda Reynold Weidenaar, Magic music from the Telharmonium. The story of the
first music synthesizer (Magnetic Music Publ., New York, 1998). Da un punto di vista
funzionale, la tecnica di generazione del suono implementata nel Telharmonium, ben
documentata nella pubblicistica riguardante lo strumento, anticipava la sintesi additiva
usata in strumentazioni analogiche e digitali successive di molti decenni. Si deve notare
che alla data del brevetto di Cahill, la letteratura scientifica in ambito fisico-acustico non
si era esplicitamente interessata a dispositivi elettrici in grado di produrre vibrazioni
acustiche ad uso musicale, bench limpianto concettuale necessario, quello della
sommatoria di frequenze armoniche, fosse gi da tempo consolidato (a partire dagli studi
di Georg Ohm e di Hermann von Helmoltz, sulla base della formulazione matematica di
Jean-Baptiste Fourier risalente al 1807, pubblicata nel 1822). In The theory of sound, di
J.W.S.Rayleigh (New York, 1877) vi un capitolo intitolato Electrical vibrations, che
riguarda per argomenti strettamente analitico-scientifici. Forse il primo esempio di
sintesi del suono commentato in ambito fisico-acustico nel paragrafo Examples of
wave-form analysis and synthesis in A.B.Wood, A textbook of sound (Londra, 1930), di
epoca successiva alla costruzione di buona parte dei primi esempi di liuteria
elettronica.
9
Si ricordi che dal 1947 esiste un insegnamento di Ondes Martenot al Conservatorio
di Parigi. Su questo strumento si pu vedere Fred Prieberg, Musica ex machina
(Einaudi, Torino, 1963, pp.242-250). Sulle manifestazioni dellimmaginario collettivo a
proposito delle macchine musicali e del rapporto uomo/macchina si possono vedere

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I primi anni del secolo, per, lasciavano intravedere anche segni di


una diversa percezione di come si sarebbero potute coniugare le nuove
opportunit tecnologiche col lavoro musicale. Il primo oscillatore
elettronico fu brevettato dallo statunitense Lee De Forest, dapprima nel
1906, poi di nuovo nel 1915 col titolo esplicito di Mezzi elettrici per
produrre note musicali.10 Nel 1928 il tedesco Robert Beyer, personaggio
di formazione sia musicale che elettrotecnica, aveva considerato la
concreta possibilit di fare musica con tali oscillatori (venti anni pi
tardi egli fu tra i fondatori dello Studio fr Elektronische Musik di
Colonia).11
Un altro segno importante quello di una diversa sensibilit nei
confronti dei fenomeni udibili, che si accompagnava alla possibilit di
registrare e riprodurre il suono gi con luso del fonografo (brevettato da
Thomas Edison nel 1878, ma sperimentato da altri gi prima). Un
indizio di questa nuova sensibilit il laboratorio delludito di Dziga
Vertov, coi documentari sonori che ne scaturirono (1916-17).12 Un
altri capitoli di quello stesso volume, ma anche Mario Losano, Storie di automi. Dalla
Grecia classica alla belle poque (Einaudi, Torino, 1990).
10
Cfr. Joel Chadabe, Electric sound. The past and promise of electronic music,
Prentice-Hall, Upper Saddle River, 1997 (p.7).
11
R.Beyer, Das Problem der kommanden Musik (Die Musik 20, n.12, 1928). Cfr.
anche Marietta Morawska-Bngeler, Schwingende elektronen. Eine dokumentation ber
das Studio fr Elektronische Musik des Westdeutschen Rundfunk in Kln, 1951-1986,
(P.J.Tonger MusikVerlag, Kln, 1988). Mentre scrivo, apprendo che, a cinquantanni
dalla fondazione, lo Studio fr Elektronische Musik della WDR di Colonia rischia oggi
di essere smantellato.
12
Si veda Pietro Montani, Dziga Vertov (La Nuova Italia, 1975), in particolare
pp.12-21, dove sono evidenziate le differenze del lavoro di Vertov rispetto a quello di
futuristi russi e italiani cui talvolta stato associato. Nelle pagine sucessive prender in
esame soprattutto tecnologie che riguardano il lavoro compositivo e interpretativoesecutivo, mentre potr soffermarmi solo di passaggio sulle tecnologie dellascolto. In
questa circostanza, comunque, mi pare importante segnalare che il fonografo era nato
con finalit del tutto estranee al mondo della musica, nel quale invece ha avuto
ripercussioni profonde, trattandosi piuttosto di finalit di archiviazione in ambito
aziendale. Si vedano a riguardo le annotazioni di Jacques Attali, nel suo Bruits: essai sur
lconomie politique de la musique (Parigi, PUF, 1977, in particolare il capitolo IV), e i
passaggi dedicati al fonografo in Neil Baldwin, Edison. Inventing the century (Hyperion,
New York, 1995). Esperienze come il laboratorio delludito di Vertov con la sua
intenzione di documentare la musicalit delle cose paradossalmente restituiscono in
parte al fonografo una funzione archivistica, ma allo stesso tempo assegnano una
valenza culturale prima sconosciuta allidea stessa di archivio sonoro. Lunico
precedente in tal senso potrebbe essere luso del fonografo da parte delletnomusicologia
degli inizi del secolo (cfr. Otto Abraham e Erich Hornbostel, ber die Bedeutung des
Phonographen fr die vergleichende Musikwissenschaft, Sammelbnde der
internationalen musikgesellschaft, n.3, 1904).
Oggetti tecnici come il fonografo e il grammofono, che hanno colpito limmaginario
collettivo in modo profondo, sono stati storicamente sottoposti ad una dinamica di

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indizio successivo riscontrabile nel lavoro di Walter Ruttmann, coi


suoi film senza immagini, consistenti cio soltanto nella traccia
sonora incisa sulla pellicola cinematografica (per es. il famoso Weekend,
1930). In tali esperienze, da una parte si delineava un approccio
fenomenologico al suono, quasi una forma di riduzione ai fenomeni
vlta a rimuovere lautomatismo delle percezioni acquisite; dallaltra,
sorgevano problematiche tecniche che sarebbero poi rimaste rilevanti
per decenni, come quella di unadeguata metodologia generale di lavoro
che fu diffusamente detta montaggio col linguaggio del cinema, arte
specificamente novecentesca13 e quella dei supporti di registrazione,
ovvero di adeguate tecnologie di memorizzazione del suono. Questi tre
aspetti fenomenologia del sonoro, tecniche di montaggio e supporti di
registrazione sarebbero divenuti poi decisivi nellesperienza che fu
detta prima arte radiofonica (dal 1945) e poi musique concrte (dal
1948) nel lavoro di Pierre Schaeffer alla radio di Parigi.14
Le forme del fare (II): tecnologia come ambiente di vita
Quello che la filosofia ha talvolta definito come evento storico della
tecnologia15 la tecnologia come ambiente di vita e come orizzonte
di comprensione delluomo segna un passaggio epocale di cui
troviamo significativa testimonianza in alcune diramazioni importanti
della musica del Novecento. Il passaggio dalla tecnologia come mondo
della strumentalit (in musica: linvenzione di nuovi strumenti, di
nuove tecniche di scrittura, di tecniche esecutive non convenzionali, di
nuovi metodi compositivi, ecc.) alla tecnologia come ambiente di
esistenza (in musica: la costruzione di ambienti di lavoro costituiti da
attrezzature non specializzate ma interconnesse e riconfigurabili a
significazione molto articolata e spesso in bilico tra magia e alterit: magia di una
voce senza corpo, che rif lumano in sua assenza; alterit di una voce che nasce da un
oggetto estraneo a quel mondo della vita cui lintimit della voce sempre rimanda. Su
questa dinamica interpretativo-antropologica, che in qualche caso ha fatto del fonografogrammofono perfino arma di colonizzazione culturale da parte dellOccidente, si
vedano ampi stralci dello studio etnografico in Michael Taussig, Mimesis and alterity. A
particular history of the senses (Routledge, New York, 1993).
13
Quella del montaggio in realt forma costruttiva che attraversa varie
manifestazioni dellarte del primo Novecento: a parte lovvio riferimento al cinema, che
rimanda agli scritti di Ejzenstein degli anni Venti (Teoria generale del montaggio,
Venezia, 1985), si pu anche pensare ad alcune tecniche letterarie (cfr. C.W.Wallace,
Montage in James Joyces Ulysses, Madrid, 1980) e agli effetti perseguiti inizialmente
dal cubismo in pittura, da cui poi si svilupparono anche le tecniche di collage.
14
John Dack, Pierre Schaeffer and the significance of radiophonic art,
Contemporary music review, vol.10, n.2, 1994.
15
Cfr. Schrmann, op.cit., passim.

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seconda di specifici compiti) un momento decisivo che si accompagna


ad una tematizzazione consapevole delle condizioni concettuali ed
operative del pensiero e dellespressione musicale nel contesto sociotecnico generale: scelte e responsabilit tecnologiche (del compositore
ma anche dellinterprete) assumono allora valore musicale nel senso che
vengono accolte come determinazioni sottoposte a giudizio estetico.
La nuova situazione coincide con un modo di vita in cui luomo
abita la tecnologia. Gi negli anni Venti, Le Corbusier aveva descritto
le abitazioni delle moderne citt occidentali come macchine in cui
vivere. In ambito musicale la figura corrispondente quella del
compositore che lavora nel chiuso degli studi di musica elettronica,
circondato da macchine, sistemi e supporti tecnologici di vario tipo.16 Si
pu pensare anche alla figura dellinterprete chiuso in sala di
16

Mi riferisco chiaramente ai famosi studi di musica elettronica, come lo Studio


fr Elektronische Musik della WDR di Colonia (ufficialmente a partire dal 1952), lo
Studio di Fonologia della RAI di Milano (dal 1954) e il Groupe de Recherches
Musicales di Pierre Schaeffer alla radio di Parigi (dal 1948). Naturalmente questi sono
solo i centri istituzionali meglio attrezzati e pi conosciuti, dato anche il valore dei
compositori che vi lavorarono e delle musiche che vi furono realizzate. In realt negli
anni Cinquanta si aprirono numerosi altri centri di musica elettronica, non solo in
Europa (per es. Monaco, Varsavia, Londra), ma anche negli Stati Uniti (Universit di
Princeton e Columbia, dal 1952), in Giappone (Tokyo, dal 1953) e in Sud America
(Universit di Buenos Aires, dal 1958). Per una panoramica cfr. Armando Gentilucci,
Introduzione alla musica elettronica (Feltrinelli, Milano, 1972), dove per sono
contenute alcune imprecisioni, e le rassegne offerte da Peter Manning, Electronic and
computer music (Clarendon Press, Oxford, 1985) e Joel Chadabe, Electric sound
(op.cit). Si veda anche La nuova Atlantide. Il continente della musica elettronica (a c.
R.Doati e A.Vidolin, La Biennale di Venezia, 1986; catalogo della mostra omonima con
schede storiche e interventi di vari autori).
A partire dagli anni Ottanta, gi in epoca informatica, levoluzione dei centri
musicali elettronici e computerizzati stata segnata da una biforcazione in seguito alla
quale le attivit sono proseguite, da una parte, in centri di ricerca musicale e,
dallaltra, in centri di produzione musicale. Si tratta di una scissione dei compiti che
riflette un andamento caratteristico delle istituzioni scientifiche e culturali nel corso del
secolo: si pensi alla distinzione, valida per molto tempo, tra ricerca pubblica e
produzione privata (oggi la distinzione appare assorbita allinterno delle dinamiche di
mercato, dove anche le direttive della ricerca sono ampiamente soggette a logiche
industriali). Elementi interessanti circa levoluzione dei centri musicali elettronici nel
loro rapporto con le istituzioni si possono evincere non solo dalla pubblicistica
riguardante particolari iniziative (Musique et institution, numero tematico di
Inharmonique, n.6, 1990; Il complesso di Elettra, Federazione CEMAT, Roma, 1997),
ma anche da studi specifici (Anne Veitl, Politiques de le musique contemporaine,
LHarmattan, Parigi, 1997; Hugues Dufourt, Musique, pouvoir, criture, C.Bourgois,
Parigi, 1991). Di rilievo anche la prospettiva di studio nella quale gli ambienti di
ricerca e produzione computerizzati vengono studiati con taglio etnografico (come in
Georgina Born, Rationalizing culture. IRCAM, Boulez and the institutionalization of the
musical avant-garde, University of California Press, Berkeley, 1995).

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registrazione, come nel caso emblematico di Glenn Gould17 o come


nella prassi delle produzioni discografiche di repertori sinfonici ed
operistici. Si pensi infine allindustria dei prodotti musicali di pi ampia
portata commerciale, dove le singole proposte vengono confezionate in
laboratorio secondo un processo estremamente articolato, in seguito al
quale risultano differenziate solo sulla base di pochi accorgimenti
tecnici in fase di produzione (pi che di composizione e di esecuzione)
col differente sound che ne scaturisce.
Sul piano storico, gli studi di musica elettronica gi negli anni
Cinquanta prefiguravano un tempo in cui tutti gli aspetti legati
allesperienza musicale avrebbero avuto luogo in ambiente tecnologico.
Non si trattava di usare le nuove apparecchiature per fissare
lesecuzione di musiche indipendentemente composte e interpretate, ma
di ideare, produrre e ascoltare musica direttamente nello studio, nel
nuovo ambiente di lavoro, con conseguenze importanti sul piano
cognitivo.
Le forme del suono (I): centralit del timbro
significativo come proprio in quel passaggio nel quale, in musica,
la tecnologia da strumento diventa ambiente (diciamo, dunque, tra
1948 e il 1958) sia sorta lidea secondo la quale ogni minimo elemento
di un lavoro musicale diventa potenzialmente fattore espressivo di cui il
compositore responsabile, compreso ogni singolo suono nella sua
struttura interna, in ogni sua componente fonica: mi riferisco, insomma,
allemancipazione decisiva del timbro a dominio di invenzione,
costruzione e giudizio. Con ci veniva istituita la possibilit di
comporre-il-suono, e di conseguenza anche la distinzione tra questa
possibilit e la pi normale prassi del comporre-coi-suoni. La
condizione estetica pi propria e specifica della musica elettroacustica
apparsa dunque storicamente legata alla possibilit di studiare precise
correlazioni tra quei due termini, e perfino di fonderli insieme per
comporre suono e forma musicale in un solo gesto.
Sul piano storico-musicale generale, simili sviluppi mettevano in
prospettiva esperienze in cui la dimensione timbrica era apparsa gi in
qualche modo fondante (per es. Debussy, o Webern e Schnberg nel
periodo atonale pre-dodecafonico, ma anche certi luoghi della
produzione di Oliver Messiaen e, soprattutto, lintera produzione di
Edgard Varse18). Inoltre lacquisizione definitiva del timbro a
17

Glenn Gould, The prospects of recording (Hi-fidelity magazine, 46, 1966).


A Varse accenner diffusamente pi avanti. Qui devo ricordare che vari
compositori meno giovani guardarono con schietto interesse alle attivit iniziali dei
18

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dimensione strutturale dellopera rifletteva unistanza tipicamente


illuminista, nel senso pi ampio di pensiero in continuo progresso: nella
prassi del comporre-il-suono, potenzialmente nulla lasciato fuori
dalla conoscenza: perfino il sostrato elementare della musica il suono
stesso, nelle rappresentazioni fornite dalla scienza investito di
progettualit, di proiettivit umana. La categoria del materiale sonoro,
prima riferita a qualcosa di pre-esistente e perfino di naturale, veniva
ora ad indicare qualcosa di altrimenti inesistente, di deliberatamente
forgiato in base ad un idea musicale particolare: lopera musicale tende
a diventare artificio integrale.
Ovviamente un qualsiasi strumento musicale tradizionale costituisce
anchesso un artefatto, denso di cultura e storia (in grado ben pi elevato
di artefatti elettronici), e ricco peraltro di una speciale dimensione di
contatto e confidenza col corpo dellesecutore (ergonomia). La radice
illuministica richiamata dalle nuove condizioni dellesperienza musicale
consisteva per nel sentire ci che ignoto ci che oltre la
conoscenza come terreno di esplorazione e ulteriore conquista che
richiede una reinvenzione, o un riadattamento, dei mezzi stessi di
esplorazione. Essa presente anche in uno degli sviluppi paralleli alla
sperimentazione elettronica, quello dello studio di nuove tecniche
esecutive, concepito in qualche caso come vera e propria ricerca
strumentale, nel senso di una permanente attitudine di reinvenzione
delle tecniche esecutive degli strumenti tradizionali.
Lacquisizione del timbro alla composizione per via elettronica o
informatica stabilisce quindi solo una condizione-limite. Tuttavia esso
acquista una rilevanza emblematica, e di maggior rilievo storico e
teorico, in quanto fenomeno che pi di altri fa precipitare nella prassi
musicale il concetto che valeva come indicazione estrema dellarte

centri di musica elettronica (per es. Messiaen lavor al Groupe de Recherches


Musicales, dove compose Timbres-dures, nel 1952; Ernst Krenek, lavor allo Studio di
Colonia, nel 1955; lo stesso Varse sar con Schaeffer a Parigi nel 1954). Ci segna un
importante elemento di continuit storica. Si sa bene, daltra parte, come il direttore
dello Studio di Colonia, Herbert Eimert (che aveva alle spalle una lunga esperienza di
musica dodecafonica, e che gi nel 1924 aveva redatto un saggio intitolato Teoria
musicale atonale), avesse insistentemente rivendicato una tangibile continuit storica in
particolare con la musica di Anton Webern (si vedano i suoi interventi del 1955 sui
primi due numeri della rivista Die Rehie, di cui il primo dedicato a chiarire cos la
musica elettronica [Was ist elektronische musik], e il secondo dedicato ad una
necessaria rettifica [Die notwendige korrektur] circa la novit storica della musica
elettronica stessa).

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moderna, secondo il quale, con parole di Adorno, nellopera darte non


c nulla che valga come causalit naturale.19
La tensione a fare dellopera artificio integrale diventa davvero
sensibile nel momento in cui entra in contrasto con la ricchezza
dellesperienza vissuta, dove i fenomeni anche quelli della comporredel-suono rimangono piuttosto inesauribili: lorecchio scorge, nella
radice illuministica di quella tensione, una componente essenzialmente
utopica, una tensione irrisolvibile, impossibile da condurre a termine.
19

T.W.Adorno, Vers une musique informelle (in Quasi una fantasia, Verso,
Londra, 1992, p.293); si vedano daltra parte anche certi passi di T.Adorno e
M.Horkeimer, Dialettica dellilluminismo (Einaudi, Torino, 1966).
La letteratura sul timbro come dimensione portante dellarticolazione musicale
sconfinata. La sua centralit la centralit del suono-in-quanto-forma, del comporre-ilsuono stata elaborata in innumerevoli occasioni gi a partire dalle prime prove di
musique concrte (Pierre Schaeffer, A la recherche dune musique concrte, Seuil,
Parigi, 1952). In Germania, il dibattito estetico dei primi anni della elektronische musik
si focalizz presto su questa nuova dimensione del comporre (si veda la ricostruzione
storica di Gianmario Borio, New technology, new techniques. The aesthetics of
electronic music in the 1950s, Journal of new music research, vol.22, n.1, 1993;
traduzione italiana in Quaderni della Civica Scuola di musica di Milano, 26, 1999). In
seguito, il dibattito si allargato fino a includere i pi recenti sviluppi della ricerca
acustica e psicoacustica, spesso condotti parallelamente alle ricerche dell informatica
musicale un nome da richiamare, in tal senso, quello del fisico e compositore
francese Jean-Claude Risset (nato nel 1937, allievo di Andr Jolivet per la
composizione, pioniere della sintesi digitale del suono e delle ricerche informatizzate di
psicoacustica musicale). Una rassegna di vari approcci al timbro nellambito delle
tecnologie digitali della composizione fornita in Le timbre. Mtaphore pour la
composition (a c. J.B. Barrire, C.Bourgois, 1991). Pi ricca di spunti di rilievo teorico e
musicologico, per, la raccolta Timbre composition in electroacoustic music (numero
tematico di Contemporary music review, vol.10, n.2, 1994).
Devo anche segnalare che dubbi assai severi sono stati sollevati dallarea della
psicologia cognitivista circa la possibilit di fare della dimensione timbrica parametro
portatore di forma musicale. Si vedano, in proposito, alcuni contributi in La musique et
les sciences cognitives (a c. S.McAdams e I.Delige, Mardaga Ed., Liegi, 1989). Rimane
per indiscutibile come il timbro, nella sua infinita problematicit, sia assurto ad
elemento espressivo e costruttivo in tutti quei repertori musicali che rinviano ad un
confronto di qualche profondit con le condizioni tecnologiche del fare musica. Ci vale
naturalmente per i repertori elettroacustici in genere, la cui dialettica interna anzi quasi
impone di volgere a proprio vantaggio gli aspetti sfuggenti del timbro (come segnalava
gi Adorno nei primi anni Sessanta, cfr. Music and new music, in Quasi una fantasia,
op.cit., p.267), facendo profitto dellanarchia in cui ricadono i tentativi di delineare una
possibile metrica delle relazioni timbriche. Inoltre si sa bene che la centralit del timbro,
anche nella sua valenza generale di matericit e morfologia del gesto sonoro,
elemento estetico caratterizzante anche di repertori di musica strumentale: si pensi alla
composizione post-seriale nei suoi vari orientamenti (per es. Salvatore Sciarrino, Helmut
Lachenmann, Gerard Grisey), o anche ad esperienze coeve al serialismo (Giacinto
Scelsi), e si pensi infine alla violenta matericit di certe interpretazioni jazzistiche (Cecil
Taylor) e di altre prassi musicali che contaminano improvvisazione e stilemi delle
avanguadie (Art Ensemble of Chicago, John Zorn).

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Questa aporia vitale riflette un elemento dialettico caratteristico del


processo dellarte in generale, per il quale infatti la tecnica deve sempre
essere massimamente potenziata per poi svelarsi di nuovo insufficente
ed inadeguata, impotente. Un tentativo sempre ripetuto quasi una
fatica di Ssifo nel cuore dellesperienza costruttiva dellarte che
fonte di interrogativi pi che di risposte, di miti pi che di descrizioni
scientiste e oggettivanti. Lopera come artificio integrale presente
come terminus ad quem: ad essere sensibile, anche nei casi di pi
estremo furore tecnicistico, la sua assenza, la sua impossibilit.
Perci la problematicit inesauribile legata allesperienza del timbro
come parametro strutturante riflette linfinit del compito di conoscenza
di qualsiasi prassi darte, ed evidenzia che la sua stessa dialettica di
potenziamento e depotenziamento della conoscenza ha come teatro i
mezzi tecnologici di creazione, trasformazione e controllo del suono.
significativo che questo compito sempre presente ma mai risolto
della tecnica viene in qualche modo reso udibile nei repertori
elettroacustici attraverso un lavoro che si attua con mezzi tecnici di
solito percepiti come fonte di comfort, come strumenti atti alla
risoluzione di problemi (per es. gli odierni calcolatori), secondo una
concezione appunto soltanto strumentalistica ed efficentistica.
Nellesperienza artistica, la razionalit tecnologica viene chiarita nella
sua incapacit di tener fede alle sue stesse premesse, nella sua
componente idealistica (o anche ideologica). Non a caso nel corso del
Novecento stato scritto che larte critica il mondo della razionalit
senza sottrarlesi20 e che essa costituisce quel dominio di esperienza nel
quale luomo stabilisce un confronto libero con la tecnica.21 Per
liberarsi dalla tecnica onnipresente occorre un confronto ravvicinato e
partecipe, piuttosto che una deliberata indifferenza.
Una delle prime lezioni imparate dai compositori operanti a Colonia,
gi entro il 1953, fornisce il profilo di una presa di coscienza della
problematicit intrinseca in ogni mediazione tecnologica: quando infatti
Eimert e colleghi si avvicinarono alle attrezzature elettroniche con la
speranza che queste avrebbero dato seguito al potenziale estetico della
composizione seriale, permettendo di superare i condizionamenti dovuti
ai limiti fisiologici dellesecuzione strumentale, essi di fatto cercavano
una soluzione a problemi che nascevano da esigenze di linguaggio
musicale; tuttavia quei nuovi mezzi, peraltro ancora imprecisi e non
perfettamente padroneggiabili, condussero ad esiti che scantonavano
appunto nella dimensione timbrica, e che tradivano le premesse. Sul
20
21

Adorno, Teoria estetica (op.cit.), p.93.


Cfr. La questione della tecnica (op.cit.), p.27.

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piano delle esigenze intrinsecamente musicali, unapertura decisiva al


timbro non era forse meno necessaria e urgente rispetto
allorganizzazione seriale di altezze, durate e dinamiche, e tuttavia non
era stata consapevolmente preventivata come finalit primaria. Fu
chiaro, quindi, che una percezione dei mezzi come puro dominio di
soluzione di problemi predeterminati non avrebbe colto in profondit la
nuova situazione. Ecco davvero un problema di tecnologia, cio di
comprensione delle possibilit dellazione e delle dinamiche inerenti.
Peraltro, in rapporto a questa stessa circostanza, si dovr anche
notare che laddove si auspicava un certo tipo di rapporto causale, si
materializzava infine il suo inverso: le strategie della composizione
seriale (forma di artigianato radicato in una particolare tradizione) erano
state poste inizialmente come fine, ma di fatto diventarono un
mezzo piuttosto che usare le attrezzature dello studio elettronico per
conseguire pi profonde ed articolate condotte seriali, furono queste
ultime ad essere utilizzate per stabilire un rapporto proficuo con le
attrezzature, orientando metodi e scelte altrimenti arbitrari, con
conseguenze che sul piano del linguaggio musicale eccedevano
ampiamente lorizzonte iniziale delle soluzioni estetiche.22 Si pensi, per
es. alluso di griglie di permutazione nellorganizzazione dello spettro
del suono o delle durate dei periodi interni alla vibrazione sonora, nei
lavori elettronici di Stockhausen tra il 1954 e il 1960, dove
limpostazione seriale, del tutto arbitraria rispetto alla dimensione
timbrico-percettiva e tuttavia avvertita come necessitante sul piano
dellarticolazione musicale, fu di fatto gradualmente tralasciata (come
pure accadde nel processo compositivo di Artikulation, di Ligeti, del
1958). Sul piano generale, simili esempi illustrano bene il concetto per
cui lazione e il suo contesto sono elementi che si elaborano e
determinano reciprocamente.23
Le forme del suono (II): lo spazio. Lesperienza del Pome
lectronique
Il concetto di tecnologia come ambiente di vita non ha lunica
corrispondenza nello spazio chiuso del laboratorio elettroacustico.
22

Il processo pu essere ricostruito attraverso alcune fonti storiche di rilievo, come


gli scritti di Eimert, Stockhausen e Koenig nel primo numero della rivista Die Rehie
(1955), alcuni scritti di Stockhausen tra quelli raccolti nei suoi Texte (DuMont
Schauberg, Colonia, 1963-64) e poi tradotti in La musica elettronica (a c. Henri
Pousseur, Feltrinelli, Milano, 1976), e gli interventi di Eimert e Koenig nella rivista
italiana di filosofia Aut-Aut (n.79-80, 1964).
23
Patrice Flichy, Linnovazione tecnologica. Le teorie dellinnovazione di fronte
alla rivoluzione digitale (Feltrinelli, Milano, 1996), p.116.

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Unaltra corrispondenza sensibile riguarda il contesto di fruizione del


lavoro musicale. Mi riferisco a quei casi in cui lopera assume la forma
di un vero e proprio spazio sonoro, inglobando peraltro anche elementi
extra-musicali (in lavori detti multimediali o intermediali
definizioni assai problematiche, queste, sulle quali ora non posso
soffermarmi, ma entrate da tempo nel linguaggio comune).
Lesempio storico cui doveroso richiamarsi quello del Pome
lectronique, la struttura immaginata da Le Corbusier per lExpo di
Bruxelles del 1958, progettata dallallora giovane musicista-ingegnere
Iannis Xenakis, attrezzata con tecnologie dellazienda olandese Philips
(committente del progetto) e destinata ad accogliere la diffusione sonora
di un breve lavoro registrato su nastro di Edgard Varse (lomonimo
Pome lectronique, opera di suono organizzato secondo laccezione
varesiana,24 realizzata negli studi Philips di Eindhoven specificamente
per loccasione). Come in occasioni successive (i Polytopes dello stesso
Xenakis, e i tanti esempi di installazione sonora portati avanti prima
in Nordamerica, negli anni Sessanta, poi anche in Europa), qui il
riferimento alle condizioni di esistenza tecnologica consolidato anche
nella socialit della situazione fruitiva, come pure nellinterferenza tra
suoni ed elementi visivi e spaziali (propriet geometriche dello spazio
occupato, proiezione di luci e di immagini, oltre che di suoni).
Insomma, abitare la tecnologia viene ridefinito come qualcosa che
avviene in comunit: al solipsismo del laboratorio (dove la socialit
limitata al team di tecnici ed esperti, con la necessaria divisione del
lavoro) viene contrapposta la figura di una piccola collettivit di
ascoltatori-visitatori accolta in uno spazio che esso stesso lopera: il
singolo parte di un tutto e la comunit viene tenuta insieme
innanzitutto dalla condivisione di un ambiente tecnologico disegnato a
proposito, esso stesso integralmente artefatto.
Non questa la sede per soffermarsi sui particolari della genesi e
realizzazione del Pome lectronique.25 Lemblematicit della vicenda
che ruota intorno ad esso sta nella sovrapposizione di molteplici aspetti
rilevanti per le esigenze di studio che qui preme sottolineare: la
mescolanza delle competenze tecniche in gioco; i rapporti problematici
fra i funzionari Philips nel ruolo dei committenti e il gruppo degli artisti;
la collaborazione difficile tra i tecnici di Eindhoven, nel ruolo delle
forze di produzione disponibili, e Varse, nel ruolo del musicista di
genio chiamato dalle circostanze a prestare la sua arte, ma soprattutto
24
Edgard Varse, Il suono organizzato. Scritti sulla musica (Unicopli/Ricordi,
Milano, 1985). Cfr. anche Odile Vivier, Varse (Seuil, Parigi, 1983).
25
Una documentata ricostruzione in Marc Treib, Space calculated in seconds. The
Philips Pavilion, Le Corbusier, Edgard Varse (Princeton University Press, 1996).

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chiamato dalla propria storia personale a coronare il sogno di


conquistare al gesto compositivo la dimensione dello spazio, insieme a
quella del timbro.26
Qui la figura di Varse assume un valore perfino simbolico: posta al
centro di un grande sforzo artistico-tecnologico, alquanto impegnativo
per lepoca, essa catalizza un insieme di riferimenti storici. Lesperienza
compositiva del compositore franco-statunitense, visionaria ma anche
radicata in antiche tradizioni musicali (il suo amore per la polifonia
fiamminga), fa infatti da ponte tra generazioni come quelle di Debussy,
Schnberg, Busoni e Satie (coi quali era stato in contatto diretto) e
lavanguardia, seriale e non, del secondo dopoguerra.27 Inoltre nel corso
della sua lunga permanenza negli Stati Uniti, Varse non solo si era
nutrito di varie riflessioni sulla musica come arte-scienza, ma sin
dagli anni Venti aveva stabilito rapporti di collaborazione con ingegneri
e scienziati, pur senza effettivi risultati. Negli ultimi anni di vita, per
apportare alcuni perfezionamenti ai suoni di Dserts, Varse trov
preziosi collaboratori in personaggi come Max Mathews e Newman
Guttmann, che da qualche anno conducevano ricerche pionieristiche

26
Non possibile soffermarsi, qui, sul rilievo musicale che la dimensione dello
spazio ha assunto nel corso del Novecento. Al di l di alcuni casi maggiormente noti
(Varse, Stockhausen, Nono), le posizioni teoriche e le prosopettive di lavoro sono
molteplici. Si vedano le rassegne Musica, spazio, architettura, numero tematico dei
Quaderni della Civica Scuola di musica di Milano (n.25, 1995) e Lespace:
musique/philosophie (a c. J.M.Chouvel e M.Solomos, LHarmattan, Parigi, 1998). Per
uno studio delle diverse e contrastanti implicazioni tecniche ed estetiche, mi permetto
anche di rinviare al mio Le son dans lespace, lespace dans le son (Nota
Preliminares, n.2, 1998, in francese e spagnolo).
27
In particolare per Desrts (per percussioni, ottoni, pianoforte e suoni registrati su
nastro magnetico, 1950-1954), Varse aveva lavorato a stretto contatto con Pierre
Schaeffer (che lo aveva ospitato, non senza polemiche, negli studi del Groupe de
Recherches Musicales, per le fasi finali della lavorazione dei suoni su nastro), e con
Pierre Henry (collaboratore di Schaeffer, che si occup anche della diffusione dei suoni
registrati su nastro per la prima esecuzione assoluta, diretta a Parigi da Hermann
Scherchen, nellOttobre 1954); egli si avvalse poi della stretta collaborazione di Bruno
Maderna (che diresse lopera due volte sotto la supervisione di Varse, ad Amburgo e
Stoccolma nel Dicembre 1954) e di Stockhausen (che si occup della diffusione per le
esecuzioni di Maderna). Con altri, tra cui Luigi Nono, Varse si era incontrato nel 1950
a Darmstadt, luogo canonico della neue musik. In quella circostanza il compositore
incontr anche Herbert Eimert, Robert Beyer e Werner Meyer-Eppler, che avrebbero
presto definito gli orientamenti musicali e tecnici dello Studio di Colonia. A sancire
lemblematicit dellesperienza di Dserts concorre il fatto che la prima esecuzione
assoluta del brano avvenne in quel Thtre de Champs lyses dove quarantuno anni
prima era stata data la prima del Sacre du printemps stravinskiano (cui Varse aveva
assistito), destando ora come allora grande scandalo.

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sulluso del computer per la sintesi del suono e, in generale, sulla


tecnologia dellinformatica musicale.28
Le forme del fare (III): tecnologia come abito o protesi
Nella seconda met del Novecento, alla condizione di esistenza che
abbiamo indicato come abitare la tecnologia si aggiunta la
condizione dell indossare la tecnologia, vestendo il corpo di protesi
ed elongazioni che ne stabiliscono le prestazioni, se non perfino la
sussistenza (lesistenza biologica dipendente da condizioni tecniche, le
biotecnologie, ecc.). La figura corrispondente in ambito musicale
quella dellesecuzione interattiva di musica informatica (anni Settanta
e Ottanta), e dellinterprete strumentale interconnesso a sistemi
analogici o digitali di live electronics. Esempi molto noti sono alcuni dei
lavori dellultima produzione di Luigi Nono e il Rpons di Boulez
(1981-84), senza dire poi di innumerevoli compositori ben pi giovani.
Daltra parte quella del corpo rivestito di tecnologie immagine che
andata prendendo forma lentamente nel corso dei decenni, gi
prefigurata in lavori di John Cage risalenti agli anni Quaranta, poi
divenuta vera e propria prassi esecutiva almeno a partire dai primi anni
Sessanta (lavori di Stockhausen, David Tudor e altri).29 Nellambito
delle musiche di largo consumo, limmagine viene riverberata in prassi
esecutive tipiche di repertori da discoteca degli anni Ottanta e Novanta
nei quali viene dismesso lo strumentario convenzionale voce-chitarratastiere-basso-batteria (che ancora riconduceva le varie manifestazioni
di popular music alla tradizione dellorchestra leggera e delle big
band jazzistiche dellinzio del secolo) a favore di tutto un insieme di
attrezzature digitali e di qualche oggetto di antiquariato elettronico
(come il giradischi, usato in modo non convenzionale nel rap).30

28
Max Mathews, The technology of computer music (MIT Press, Cambridge Mass.,
1969).
29
Per una panoramica su tecnologie e repertori di live electronics, cfr. Nicola
Bernardini, Live electronics, in La nuova Atlantide (op.cit.). Per alcune considerazioni
sulla figura emergente dell interprete elettronico, cfr. Alvise Vidolin, Ambienti
esecutivi, in I profili del suono (a c. S.Tamburini e M.Bagella, Musica Verticale Galzerano, 1987), e Nuovi interpreti per nuovi strumenti (Atti del convegno 19481998: dalla molecola al bit. Cinquant'anni di musica elettroacustica, Nuova
Consonanza, Roma, in corso di stampa).
30
degno di nota che le strumentazioni digitali usate in queste musiche
(campionatori, batterie elettroniche, ecc.) conoscano qui un utilizzo che tradisce le
finalit della loro stessa progettazione: concepite come strumentazioni da studio di
produzione, esse sono qui piegate ad una finalit performativa, e anche proprio ad una
manualit, che ne forza il quadro di funzionamento e duso cui destinate.

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Sul fronte della fruizione, indossare la tecnologia quanto avviene


in quella forma di ascolto distratto che si attua vestendo il walkman
(anni Ottanta), e che peraltro si configura dichiaratamente, a livello
tecnico e musicale, come ascolto di bassa qualit (lo-fi: low-fidelity,
piuttosto che hi-fi).
Alcune considerazioni sul nodo storico centrale
Dallinsieme delle riflessioni sopra esposte emerge un dato non
trascurabile: le varie problematiche cui si accennato riguardano spesso
fenomeni che si collocano nel cuore stesso del Novecento, nel decennio
che inizia col 1948. Non a caso, evidentemente: gli eventi della Seconda
Guerra Mondiale, con la loro tragica traiettoria dal delirio
nazionalsocialista alle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki ed il
successivo rischio di guerra atomica, imprimevano nelle menti e nei
corpi segni indelebili di unormai avanzato grado di tecnologizzazione
delle condizioni di sopravvivenza delluomo. Poco alla volta quei segni
si sono trasformati in condizionamenti pi lievi ma comunque pervasivi
e onnipresenti, che riguardano appunto la tecnologia come ambiente di
vita e che finiscono col toccare lindividuale, il corpo (indossare la
tecnologia) e pi profonde dimensioni di esistenza umana quali la
coscienza di s, la sfera spirituale, ecc.
In base a tali constatazioni, che appaiono perfino banali ma alle quali
pure abbiamo il dovere di richiamarci nel guardare al Novecento nel suo
complesso, il fatto che dagli anni Cinquanta in poi lesperienza musicale
abbia avuto come luogo proprio un habitat tecnologico pu e deve
essere ricondotto ad un quadro di riferimenti propriamente umanistici:
limmagine del compositore e dellinterprete che interagiscono in
laboratorio con assistenti tecnici, e soprattutto con macchine, talvolta
rendendosi anche indipendenti e imparando anche a fare da s (senza
assistenza tecnica, costruendo e controllando di persona le proprie
macchine), non riflette un eccesso di tecnicismo, di scientismo cio
non riflette necessariamente lidea, fin troppo immediata, per la quale in
un mondo ipertecnologico larte, al pari di ogni altra attivit umana, si
riduce ad epifenomeno degli apparati tecnici.31 Si tratta infatti anche
dellimmagine di musicisti che, prendendo atto della situazione storica,
dell evento storico della tecnologia, si impegnano con sensibilit
propria nel comprendere (letteralmente: nel portare presso di s, nel
fare propria) le mutevoli condizioni di azione, nel ritagliare spazi

31
Jacques Ellul, Lempire du non-sens. Lart et la socit technicienne (Parigi, PUF,
1980), pp.59-60.

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possibili di azione ed espressione musicale, aprendo margini di manovra


attraverso cui decidere consapevolmente del destino della propria arte.
Ci si pu chiedere a che titolo si possa attribuire allesperienza
creativa caratteristica dellarte la capacit di un tale confronto col
contesto tecnologico, data la sua natura sostanzialmente ineffabile,
personale e intima, cos differente rispetto ad altri ambiti di esperienza.
Si possono articolare riposte diverse, ma tutte basate su un elemento
decisivo, messo in luce pi volte in diversi campi di studio: ogni
tecnologia soggetta ad un processo ermeneutico solo attraverso il
quale diventa di rilievo sociale; in altre parole, vi sempre una dinamica
di interazione e di scambio tuttaltro che scontata circa luso e il
funzionamento degli apparati tecnici, la quale talvolta si traduce perfino
in un sovvertimento delle finalit di progettazione.32 Vale qui il
suggerimento pi generale per cui le tecnologie produttive sono
socialmente determinanti perch sono socialmente determinate.33
Dunque le tecnologie della musica sorte nel Novecento costituiscono
altrettanti domini di interazione culturale e cognitiva. Uninterazione
certo non facile, sofferta e rischiosa, ma proprio per questo
potenzialmente liberante, come si detto. Si deve vedere
nellambiente di lavoro musicale, con le macchine di cui composto, il
luogo nel quale razionalit dei fini e razionalit dei mezzi si
scontrano e, scontrandosi, entrano infine in comunicazione pervenendo
ad un momento di coesione e di sintesi (la filosofia direbbe: il polemos
come possibilit della philia, la crisis come condizione alla poiesis).34
La problematica delle tecnologie musicali riguarda quindi la nozione pi
generale per cui lesperienza dellarte si d come misura
dellinvenzione: allesigenza espressiva (cio allambito delle istanze
rappresentative, estetiche), essa affianca un elemento che implica
sempre un superamento, uno sconfinamento delle tecniche costruttive
date. in tal senso che quello dellarte in generale un lavoro che
32
Sul tema si veda, per es., Andrew Feenberg, Critical theory of technology (op.cit.)
e David Noble, La questione tecnologica (Bollati Boringhieri, Torino, 1993). Mi
permetto inoltre di rinviare al mio Musica tra determinismo e indeterminismo
tecnologico (Musica/Realt, n.54, 1997), dove queste premesse guidano la riflessione
su alcuni esempi storici riguardanti le tecnologie della musica.
33
Flichy, Linnovazione tecnologica (op.cit.), p.65.
34
Cfr., per es., Jacques Derrida, Lorecchio di Heidegger. Filopolemologia (in
J.Derrida, La mano di Heidegger, a c. M.Ferraris, Laterza, Bari 1991), in particolare alle
pp.160-170; e cfr. Massimo Cacciari, Dellinizio (Adelphi, Milano, 1990), in particolare
alle pp.360-451. Non dimentichiamo che Nietzsche aveva lasciato al Novecento
unimmagine assai eloquente che incitava a filosofare col martello (Cos parl
Zarathustra, 1886), per esprimere lurgenza di un confronto diretto tra pensiero e
possibilit di azione, tra conoscenza astratta ed empirica, tra distacco della riflessione e
violenza dellesperienza.

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riguarda la libert la libert di azione come presupposto per quella


di espressione, dunque come elemento decisivo e fondante.
Un esempio: lautomazione
Molteplici sarebbero le circostanze storiche da esaminare nella
prospettiva appena accennata. Qui posso richiamare brevemente un solo
esempio, relativo ad unidea caratteristica dellera industriale matura,
quella della automazione del lavoro. Sebbene lo scenario della
fabbrica interamente automatizzata risalga ad alcune proposte di Charles
Babbage risalenti ad oltre un secolo prima35 e alle prime forme di
controllo automatico nei telai meccanici disegnati da Jean-Marie
Jacquard allinizio dellOttocento,36 lautomazione divenne vero e
proprio criterio tecnologico generale solo dopo la met del Novecento,
quando forn un principio innovativo di progettazione per gli impianti di
montaggio dellindustria automobilistica, anche a seguito dellesigenza
di mettere a frutto ricerche finanziate dallindustria bellica negli anni
precedenti.
Ora, proprio entro la fine degli anni Cinquanta che lo Studio di
Colonia e lo studio Siemens di Musica Elettronica di Monaco (uno dei
pochi centri privati di musica elettronica, in quegli anni, insieme a
quello della Philips di Eindhoven) iniziarono a configurare le proprie
attivit secondo procedure automatizzate di generazione e montaggio
del suono.37 In tal modo veniva a stabilirsi un legame tempestivo e
concreto tra un tipo di esperienza musicale e unidea pi generale che
trascendeva di gran lunga lo specifico ambito musicale.
Consapevolmente o meno, le musiche cos realizzate segnalavano
come lidea e il processo dellautomazione fossero densi di ripercussioni
non solo per il mondo aziendale e industriale. Allo stesso tempo,
facendo dellautomazione un elemento della prassi compositiva, esse
35
Babbage, che fu inventore della analytical engine considerata il precursore del
computer, profetizz nel 1832 la fabbrica interamente computerizzata [...] come un
gigantesco automa in cui tutte le parti agiscono di concerto, subordinate ad un motore
auto-regolatore (Noble, La questione tecnologica, op.cit, pp.17-18).
36
Si vedano i paragrafi Il calcolatore e Lautomatizzazione in Bertrand Gille,
Storia delle tecniche (Editori Riuniti, Roma, 1985), pp.491-501.
37
In particolare, lesigenza fu sollevata con una certa impellenza nella realizzazione
di brani come Essay, di Koenig (1957), Incontri di fasce sonore, di Evangelisti (1957) e
Anepigraphe, di Herbert Brn (1958), tutti brani su nastro magnetico realizzati a
Colonia. Esempi subito successivi furono Kontakte (per pianoforte, percussioni e nastro
magnetico), di Stockhausen, realizzato sempre a Colonia con lassistenza di Koenig
(1960), e Klnge unterwegs di Brn, realizzato a Monaco (1961). Testimonianze dirette
in proposito sono in Gottfried M. Koenig, Genesi e forma. Nascita e sviluppo
dellestetica musicale elettronica (a c. A.Di Scipio, Semar, Roma, 1995).

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esprimevano lurgenza di un adeguato confronto: si trattava in fondo di


porre interrogativi di rilievo pi diffuso cosa (ci) sta accadendo
attraverso il processo di automazione?, cosa dovrebbe o potrebbe
essere lautomazione, e cosa ci si dovrebbe o potrebbe fare?.
Interrogativi che ognuno avrebbe potuto sollevare sulla base di una
percezione sufficentemente acuta e informata del particolare momento
storico, tale da cogliere nel fenomeno aspetti qualitativi che non fuori
luogo definire epocali (infatti lautomazione stata per la seconda
rivoluzione industriale ci che la meccanizzazione fu per la prima38).
Per un giovane europeo degli anni Cinquanta doveva essere piuttosto
naturale legare il concetto di automazione a quello di alienazione, cos
tipico del gergo sociologico e politico del periodo a seguito delle
tradizioni socialiste e marxiste.39 Come in seguito avrebbe osservato
Adorno, nella musica elettronica lalienazione diventa una
provocazione:40 invece di dire le condizioni alienate di esistenza
storica, si trattava di trasformarle in una determinata prassi compositiva,
e quindi di dar loro concreta forma udibile un lavoro interno alla
musica che finiva con lattribuire un proprio significato ad un processo
tecnico di rilievo sociale generale.41
Non meno rilevante del processo costruttivo era lesteticit delle
musiche elaborate in forme pi o meno profondamente automatizzate.
Va da s che non poteva trattarsi di unesteticit conciliante ed eufonica:
alcune di quelle composizioni sono divenute parte nel repertorio pi
emblematico delle avanguardie post-belliche (per es. Incontri di fasce
sonore di Evangelisti, Gesang der Jnglinge e Kontakte di
Stockhausen), e tuttavia le loro sonorit potevano solo darsi come
testimonianza interrogativa circa le condizioni tecnologiche di esistenza
cui lautomazione, sul piano generale, contribuiva con impulso
38

Noble, La questione tecnologica (op.cit.), p.26.


Alienazione e intenzionalit musicale anche il titolo di un saggio di Luigi
Rognoni del 1964 (Aut-aut, n.79-80). Nelle prime righe si legge: Oggi siamo nellet
della tecnica, anzi della tecnologia, e quindi larte, se ha ancora una ragione dessere in
unepoca come la nostra, deve per prima cosa porsi il problema della tecnica [...] Ma il
problema della tecnica non riguarda tanto la tecnica in senso strumentale, come
potevano ancora intenderla un Kandisky o un Klee, uno Schnberg o un Webern, quanto
la tecnica tramutata in ideologia [...] (p.7).
40
Adorno, Quasi una fantasia (op.cit.), p.265
41
Mi pare di rilevare, qui, i tratti di un grande insegnamento caratteristico dellarte
del Novecento: il fare artistico partecipa al momento storico rifacendone a proprio modo
la struttura e il processo interno, piuttosto che farne programma poetico e darne una
rappresentazione coi mezzi della tradizione musicale come ancora avveniva nel
Futurismo, per es., o in lavori sinfonici quali Pacific231 di Arthur Honegger (1923), La
macchina di Fritz Klein (1921) e altri esempi musicali degli anni Venti e Trenta.
39

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irreversibile.42 In alcuni casi si pervenne a soluzioni sonore davvero


dure ed estreme, e non solo a Colonia e a Monaco (si ascoltino, per es., i
suoni abrasivi del ciclo Funktionen di Koenig, realizzato negli anni
Sessanta a Utrecht, leccesso materico di Bohor di Xenakis, realizzato a
Parigi nel 1962 e contestato pubblicamente perfino da Schaeffer, o il
rumorismo di Fontana Mix, realizzato da Cage a Milano gi nel 1958).
Allascolto di quei suoni, le condizioni tecnologiche di esistenza in
epoca post-bellica erano restituite non solo come elemento dellattualit
storica, ma anche come evento prefigurato dalla pianificazione e
realizzazione scientifica dello sterminio durante la Guerra.
Dallautomazione allinformatica musicale
Sempre sul finire degli anni Cinquanta, di nuovo a seguito di
pregressi investimenti dellindustria bellica, andava maturando la
possibilit di una tecnologia dellinformazione affidabile e
socialmente utile, la quale, come sappiamo, ha poi effettivamente
conosciuto diffusione capillare nel corso di pochi decenni (transizione
dai grandi calcolatori mainframe allhome computing).43 Tale possibilit
scaturiva da due premesse maturate nel corso della prima met del
secolo e ben radicate nella tradizione scientifica dellOttocento, cio da
iniziali teorizzazioni matematiche (teoria dellinformazione) e da
tangibili sviluppi dei sistemi di comunicazione (teoria della
trasmissione dei segnali).
Le prime prove di musica generata al computer (computer music,
informatica musicale) in parte erano legate proprio al concetto di
automazione del processo produttivo, perseguito ora attraverso una forte
astrazione simbolica delle operazioni compositive. Non a caso le prime
musiche composte mediante computer furono lavori strumentali le cui
partiture risultavano da procedure precisamente formalizzate (per es. i
lavori del ciclo ST di Xenakis, nei primi anni Sessanta). Anche le prime
esperienze musicalmente significative di sintesi digitale del suono, come
quelle di James Tenney ai laboratori Bell Telephones (New Jersey,
42

Lirreversibilit del processo mediante il quale leconomia mondiale veniva fatta


poggiare su sistemi di produzione interamente automatizzati fu segnalata da un
matematico e ingegnere quale Norbert Wiener, la cui nozione di cibernetica stata
fondativa per la struttura delle societ altamente tecnologizzate. In effetti, proprio
Wiener non rinunci a sottolineare la problematicit di soluzioni tecnocratiche in tal
senso, preservando una prospettiva umanistica sulle questioni tecniche e sociali sollevate
dal suo stesso lavoro (cfr., per es., Introduzione alla cibernetica, Bollati Boringhieri,
Torino, 1966; ed. or. 1950).
43
Un profilo storico della diffusione di massa della tecnologia informatica si trova
in Paul Ceruzzi, A history of modern computing (MIT Press, Cambridge Mass., 1998).

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1961-64), lasciavano comunque larticolazione musicale a programmi


basati su regole pi o meno deterministiche (composizione
algoritmica). Stesso discorso vale per alcuni lavori della met degli
anni Sessanta composti da Herbert Brn (allUniversit di Urbana,
Illinois) e da Pietro Grossi (a Firenze).
Quello che in ambito informatico oggi viene detto ambiente di
programmazione pu essere paragonato per sommi capi ad una
ricostruzione al computer di ci che era stato lambiente di lavoro
costituito da varie macchine, ciascuna con una sua diversa funzione.
Data la forte astrazione logica e simbolica propria di questa tecnologia,
si ha qui come la tendenza a spostare il giudizio estetico dalla forma
sensibile dellopera come prodotto finito alla forma dei processi di
produzione tendenza che comunque caratteristica di vari luoghi del
Novecento musicale e che riflette un elemento comune ai vari
sperimentalismi che ne hanno segnato il corso.44
Nella struttura logica e priva di corpo della forma digitale, lo
stesso materiale sonoro a diventare tuttaltro che materiale, e quindi
anche tuttaltro che sonoro: prima di adeguate procedure di
conversione in vibrazioni percepibili, il suono rimane muto, codificato
in valori numerici (sequenze di dati) o in una descrizione degli stati
logici interni al computer (sequenze di istruzioni di programmazione).
In base a questi due aspetti enfasi sul processo e condizione di
esistenza puramente virtuale la prospettiva dellinformatica musicale
ha finito con lassimilare in retrospettiva anche tutte quelle macchine
compositive, ovvero quei vari formalismi musicali su base logicomatematica, proposti pi volte nel corso del secolo, con illustri
precedenti storici (dal Musikalisches Wrfelspiel attribuito a Mozart,
K294d, alla Tabula mirifica di Athanasius Kircher). Per attenerci al
Novecento, si dovr ricordare, per es., il lavoro pre-informatico di
44

Si pensi a certi lavori del primo Cage (anni Quaranta) o ai procedimenti di


serialismo integrale del primo Boulez (primi anni Cinquanta) e di Milton Babbit (anni
Cinquanta e Sessanta). Si pensi anche alla definizione di Steve Reich di musica come
processo (Musica come processo graduale, traduzione in La musica elettronica,
op.cit., pp.265-267; ed. or. 1971), tipica del minimalismo americano (anni Sessanta).
Negli anni Novanta la nozione di arte come processo generativo (per la quale cfr.
Generative systems in electronic arts, numero monografico di Leonardo Music Journal,
in corso di stampa Atti dellomonimo convegno tenuto a Melbourne nel Dicembre
1999) ha avuto ricadute perfino su musiche di ampio consumo, e ci sia per il
diffondersi di sistemi di house music (con i quali si ottengono facilmente sul proprio
computer brevi componimenti simili a brani musicali di grande successo, destinati alle
discoteche), sia per il diffondersi su Internet di una specie di arte genetica,
impersonale e anche letteralmente priva di autore, secondo quanto auspicato gi
dallavanguardia Dada negli anni Venti e da altri esempi di anarchismo artistico negli
anni Sessanta e Settanta.

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Joseph Schillinger, negli anni Trenta e Quaranta,45 oppure luso da parte


di Cage nei primi anni Cinquanta di automatismi aleatori legati alla
consultazione dellantico libro degli oracoli cinese I-ching (nel 1983
queste procedure cageane sono state tradotte da Alvin Culwer in un vero
e proprio programma per computer).
Ai primordi dellinformatica musicale, significativo stato il
tentativo di Lejaren Hiller e Leonard Isaacson di formalizzare regole
stilistiche musicali per far generare al computer brevi componimenti
contrappuntistici.46 Tutto il campo della composizione assistita da
45

J.Schillinger, The Schillinger system of musical composition (New York, Fischer,


1946). Il libro, tra laltro, contiene uninteressante Prefazione di Henry Cowell. Il lavoro
di serializzazione congiunta di altezze e ritmi proposto dal compositore e matematico
russo-statunitense stato paragonato da Earle Brown (cfr. libretto del compact disc
Earle Brown. Music for piano[s] 1951-1995, New Albion Rec., NA082CD, 1996) ad un
principio generativo di crescita analogo alle proposte di Oliver Messiaen (modi di
valori di intensit, modi ritmici, ecc.) che risultarono rilevanti per i compositori
seriali negli anni Cinquanta.
46
L.Hiller e L.Isaacson, Experimental music (McGraw-Hill, New York, 1959). Sulle
problematiche della formalizzazione di strutture musicali, una prospettiva storica tutta
americana ma non priva di interessanti spunti teorico-musicologici Machine models
of music (a c. S.Schwanauer e D.Levitt, MIT Press, Cambridge Mass., 1993); si veda
anche Computer representations and models in music (a c. A.Marsden e A.Pople,
Academic Press, Londra, 1992). Pi significativi per la teoria della musica del
Novecento i contributi di Iannis Xenakis raccolti in Formalized Music (Pendragon Press,
Stuyvesant, 1992; ed.or. Musiques formelles, numero monografico di La revue musicale,
n.253-254), e alcuni spunti teorici di Gottfried M. Koenig in Genesi e forma (op.cit.).
Sul fronte musicologico e teorico-musicale, in seguito a lavori iniziali come quello
di Hiller e Isaacson si andato sviluppando tutto un ambito di ricerca e di analisi della
musica basato sul concetto di grammatica generativa. Cfr., per es., Mario Baroni,
Sulla nozione di grammatica musicale (Rivista italiana di musicologia, 16, 1981);
Curtis Roads, Le grammatiche come rappresentazioni della musica (in Musica ed
elaboratore, op.cit.), e il volume antologico Musical grammars and computer analysis
(a c. M.Baroni e L.Callegari, Olschki, Firenze, 1984). Successivamente anche ricerche
di stampo psicologico-cognitivista hanno adottato una metodologia di rappresentazione
di questo tipo (cfr. Fred Lerdahl e Ray Jackendoff, A generative theory of tonal music,
MIT Press, Cambridge Mass., 1983). Lerdahl ha provato ad estendere il suo approccio di
studio, inizialmente vlto alla formalizzazione di una sintassi dei processi di ascolto
relativi a repertori classico-romantici, anche a musiche atonali e seriali, ma con esiti
decisamente contraddittori (si veda, per es., la sua discussione di Le marteau sans maitre
di Boulez in Cognitive constraints on compositional systems, nel volume Generative
processes in music, a c. J.Sloboda, Oxford University Press, 1988). Pu risultare
interessante segnalare, di passaggio, la differenza tra lapproccio di Lerdahl e quello
della set-theory di Allen Forte (The structure of atonal music, Yale University Press,
New Haven, 1973): entrambi influenzati da paradigmi computazionalistici, i due
musicologi statunitensi pervengono a valutazioni del tutto antitetiche circa lanalisi di
musiche non tonali, e ci a causa di differenti premesse epistemologiche circa le
tecniche di rappresentazione della struttura musicale (in Forte: formalismo simbolico
astratto; in Lerdahl: formalismo su base psicologica e semantica).

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elaboratore, caratteristico di tendenze sviluppatesi a partire dagli anni


Sessanta, consiste da una parte nello specializzarsi di micro-teorie
musicali incorporate nel software, dallaltra nel moltiplicarsi degli stili
di programmazione, e cio dei modi di progettare e costruire adeguate
rappresentazioni della struttura musicale.
Cenni di antropologia dellinformatica musicale
Uno degli aspetti pi interessanti del software musicale consiste nel
fatto che esso rappresenta, per un osservatore esterno, una
registrazione delle azioni e delle scelte compiute da un musicista nel
corso del suo lavoro se si tratta di programmi scritti da un musicista,
compositore o esecutore che sia oppure delle azioni e delle scelte che
si ritengono in generale pertinenti a compiti musicali se si tratta di
software prodotto dallindustria musicale (di solito concepito con
unocchio alla manualistica tradizionale e uno a stilemi di musica di
consumo). In tal senso il software una rappresentazione di conoscenze
specifiche di un dominio di azione, rese operative in forma logica. Il
paradigma della cosiddetta musicologia cognitiva consiste in parte
proprio nello studiare il processo compositivo, o quello interpretativo, a
partire dalle traccie che esso lascia nel calcolatore.47 Ci apre ad alcune
interessanti direzioni di studio come, per es., ad una sorta di
etnomusicologia delle prassi musicali in ambiente tecnologico, oppure
allanalisi dellevoluzione software come traccia dellevoluzione delle
teorie musicali del secondo Novecento.48
Nonostante linteresse di una simile prospettiva di studio, questo
aspetto del processo di conoscenza insito nel software sembra scontrarsi
col fatto che levoluzione tecnologica appare in questo settore talmente
rapida da creare, paradossalmente, un problema di conservazione di
beni culturali: essa rende difficile la conservazione, la ricostruzione e
47
Si vedano gli studi di Otto Laske (per es. Otto Laske. Navigating new musical
horizons, a c. Jerry Tabor, Greenwood Press, New York, 1999) e lantologia
Understanding music with artificial intelligence. Perspectives on music cognition (a c.
O.Laske, K.Ebcioglu e M.Balaban, MIT Press, Cambridge Mass., 1992).
48
Considerazioni sulla storia del software musicale sono sparse nella letteratura
specialistica dellinformatica musicale, che per brevit non posso richiamare.
Lapproccio cui si fa cenno, in ogni caso, fa valere il concetto per cui il computer
mediatore non solo di dati o informazioni, ma anche di processi di significazione e
di interpretazione: ci riguarda in fondo il rilievo cognitivo e perfino esistenziale (vista
la loro presenza nella nostra quotidianit) delle cosiddette interfacce, cio dei
meccanismi di scambio e interazione tra uomo e macchina. Limportanza di questo
aspetto era stata sottolineata con intenzione per met filosofica e per met ingegneristica
gi allinizio degli anni Ottanta; cfr. Terry Winograd e Fernando Flores, Understanding
computers and cognition. A new foundation for design (Ablex, Norwood, 1986).

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la valorizzazione di ricerche e repertori informatico-musicali sorti solo


pochi anni prima, con potenziale perdita del bagaglio di cultura
corrispondente, e dunque con potenziale perdita di elementi di analisi
altrimenti non rinvenibili. Nella prospettiva di antropologi ed etnografi,
conservare gli strumenti, conservando memoria delle rispettive tecniche,
condizione decisiva per preservare idee e valori: gli strumenti sono
segni, scriveva Andr Schaeffner nel quadro delletnomusicologia
degli anni Trenta, essi rappresentano un insieme di credenze, abitudini
e bisogni umani [...], e sono sede di azioni.49 Molti strumenti della
liuteria elettronica dellinizio del Novecento sono gi in musei
pubblici o privati, come pure le apparecchiature di alcuni degli studi
radiofonici degli anni Cinquanta. A sua volta, lindustria discografica fa
largo uso, ormai da diversi anni, di tecnologie digitali per il restauro e la
conservazione di registrazioni di valore storico, i cui repertori sono
inevitabilmente quelli di tradizione classico-romantica. Anche alcuni
repertori elettroacustici fissati su nastro analogico negli anni Cinquanta
e Sessanta sembrano poter essere preservati grazie ad attente procedure
di restauro sonoro.50 In generale, invece, poco si sta facendo per la
conservazione ed il restauro di beni musicali informatici.51 Le
macchine digitali, nella loro doppia componente software e hardware,
rischiano invece di scomparire per effetto del cosiddetto processo di
innovazione tecnologica.
Si deve anche sottolineare, comunque, che contrariamente alle
apparenze questo non costituisce un problema specifico di logica della
tecnica, ma piuttosto, e sempre pi profondamente, appare essere un
effetto indotto dalle logiche di mercato (mi riferisco allindustria dei
prodotti informatici). Alcuni software non commerciali per la sintesi del
suono, come i famosi MusicV e Csound (i cui progetti iniziali risalgono
49

Andr Schaeffner, Origine degli strumenti musicali, Sellerio, Palermo, 1978 (ed.
or. 1968), p.334.
50
Si possono segnalare le iniziative di restauro di brani elettronici degli anni
Cinquanta e Sessanta, come quelli dello Studio di Fonologia di Milano, per es. Thema
(Omaggio a Joyce) di Berio, del 1958, restaurato nel 1995 presso Centro Tempo Reale
di Firenze sotto la supervisione del compositore (cfr. Paolo Zavagna, Thema (Omaggio
a Joyce) di Luciano Berio. Unanalisi, Quaderni della Civica Scuola di musica di
Milano, n.21-22, 1992). Alcuni nastri di Luigi Nono sono stati restaurati negli ultimi
anni per iniziativa di Ricordi e della Fondazione Archivio Luigi Nono in occasione di
recenti esecuzioni in concerto.
51
Fino ad oggi pochissime sembrano essere state le iniziative vlte a restaurare
software musicale di rilievo storico: negli Stati Uniti, Arun Chandra ha riscritto e reso
funzionanti programmi di Lejaren Hiller e di Herbert Brn risalenti agli anni Cinquanta
e Settanta; in Europa, il programma Project1 di Koenig, disegnato nei tardi anni
Sessanta, stato reso operativo sugli attuali computer ad opera di alcuni collaboratori
del compositore.

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rispettivamente ai primi anni Sessanta e agli anni Settanta), sono ancora


perfettamente funzionanti sugli odierni calcolatori, nonostante la loro
et sia decisamente fuori da ogni norma valida per le logiche di mercato,
e ci grazie al fatto che, scaturendo dal lavoro di gruppi di musicisti e
ricercatori non aventi immediate finalit lucrative, essi hanno
conosciuto un grado di portabilit e un ciclo di vita assai pi elevato
di gran parte del software commerciale.
In casi del genere, il criterio di innovazione implica uno sviluppo
che non rimane mai del tutto irreversibile e che non predetermina la
rapida obsolescenza dei sistemi che esso stesso mette a disposizione.
Ci implica la progettazione di programmi piuttosto indipendenti dal
sostrato hardware, ma soprattutto implica ladesione a strategie di
sviluppo partecipative, nelle quali cio i codici di programmazione
sono pubblicamente disponibili senza oneri (un po come accade oggi
per sistemi informatici alternativi a quelli di ampia diffusione
commerciale, come per es. il sistema operativo Linux).
Ecco allora che occuparsi di informatica musicale ha comportato, dal
punto di vista dellesperienza di numerosi musicisti che a partire dagli
anni Sessanta hanno contribuito al suo stesso sviluppo, la maturazione
di competenze sufficenti a garantire loro una certa autonomia di
azione rispetto allindustria dei prodotti informatici per la musica.
Ricompare allora la figura di un rapporto dialettico e contraddittorio
interno al processo tecnologico-musicale, teatro di un confronto
tuttaltro che ovvio e lineare.
La musicologia di fronte allo sperimentalismo del Novecento
Le problematiche affrontate nelle riflessioni fin qui esposte sono in
genere considerate, ancora oggi, di poco rilievo per studi propriamente
musicologici. Alcuni argomenti di senso comune, riguardanti per es. il
concetto della inevitabilit dellevoluzione tecnologica, della sua
neutralit, della forza autonoma e trainante della tecnologia rispetto
alle attivit produttive delluomo (argomenti accettati con troppa
immediatezza, ma da tempo screditati in ambito di scienze sociali e di
filosofia e storia della scienza), uniti a residui di estetica idealista che
fanno delle varie manifestazioni dellarte un dominio di espressione a
sua volta sostanzialmente autonomo rispetto alle cose del mondo,
inducono a pensare che si tratti effettivamente di problematiche estranee
alle competenze musicologiche e della teoria musicale, e semmai di
interesse per la sociologia della musica.52
52
Lanalisi sociologica in ambito musicale mi pare interessante laddove offre
materia per una sorta di storia delle percezioni: purtroppo pi spesso si tratta invece

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Questa estraneit viene contraddetta se siamo disposti a riconoscere


al lavoro musicale la capacit di restituire valori non solo strettamente
estetici ma anche etici, e cio se riusciamo a rilevare nel fare musica i
termini di un comportamento dialettico e costruttivo con le condizioni
culturali consolidate nelle tecnologie di produzione e fruizione
disponibili. Ci possibile perch, come si accennato, sul piano
generale ogni strumento, in senso lato, sede di conoscenze, speranze e
sistemi di valori particolari, e reca limpronta di coloro che lo hanno
ideato e/o costruito, e contribuisce come tale a confermare e diffondere
idee e valori caratteristici di quellimpronta, dunque relativi e
storicamente definiti. In particolare, ogni tecnologia della musica
rimanda ad un dominio di conoscenze pratiche e ad una teoria della
musica ad un campo di possibilit di azione musicale circoscritto da
proprie regole: pertanto la pregnanza di un fatto musicale, proprio in
quanto tale, sta non solo nelle sue qualit strutturali ed espressive in
quanto esito finale del fare, ma anche nei modi e nelle tecniche del suo
essere fatto. Un tratto importante della storia musicale nel Novecento sta
proprio nel manifestare con chiarezza lintermediazione permanente tra
razionalit dei mezzi e razionalit dei fini, tra determinazione
dallesterno e autonomia delle tecniche individuali e delle particolari
attivit partecipative.
Molte delle prassi musicali sorte nel Novecento condividono una
tensione latente che deriva dalla presa di coscienza che ormai nel
regno della tecnica divenuta storia il fine estetico, da solo, non pu pi
giustificare i mezzi. In alcuni casi ci si manifestato in posizioni
intellettuali che, nella loro radicalit, chiariscono la situazione pi
generale: risulta significativa, per es., unannotazione di Luigi Nono
risalente al 1970, circa il suo disagio nel doversi giostrare usando
mezzi tecnici di oggi, in possesso di quelle stesse organizzazioni contro
le quali sono destinato a scontrarmi.53 Al di l della vicenda personale
del compositore veneziano, con la sua posizione morale e politica,
lannotazione rimanda in effetti alla pi diffusa conflittualit tra
orizzonte dei mezzi e orizzonte dei fini che emerge ogni volta che la
dellelaborazione statistica e del commento di dati e impressioni riguardanti i consumi
musicali indotti dallindustria della cultura e dellintrattenimento di massa. Ci
raramente permette una visione profonda delle trasformazioni cognitive delle relative
questioni tecnologiche. La difficolt purtroppo si riscontra spesso anche nel discorso
massmediologico degli esperti del settore (per es., Michel Chion, Musica, media e
tecnologie, Il Saggiatore, Milano, 1996; Franco Fabbri, Il suono in cui viviamo.
Inventare, produrre e diffondere musica, Feltrinelli, Milano, 1996).
53
Citato in Luigi Pestalozza, Impegno ideologico e tecnologia elettronica nella
musica di Nono degli Sessanta, Musica/Realt, n.23, 1987, p.53.

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forza del pensiero musicale richiede un serio lavoro tecnologico, una


condizione profonda di ricerca (dei fini e dei mezzi).
La conseguenza della situazione in cui i mezzi della creazione
artistica possono essere portatori di valori contrastanti con gli scopi e le
funzioni riconosciute allarte, che lopera darte sempre sul punto di
perdere normativit estetica a favore di una diversa esemplarit, che si
direbbe caratterizzata nel senso di un etica della responsabilit: ogni
opera si offre come traccia sensibile di uninsieme di scelte ed opzioni
che stabilisce un particolare rapporto tra il fare dellarte e le condizioni
tecniche di esistenza ad esso relative nel dato momento storico, e
rimanda a determinate forme di lavoro, a vari saperi tecnici, a vari modi
di comprensione del fare arte, e in definitiva a vari modi di
comprensione del mondo e del nostro esserne parte. Per questo repertori
musicali diversi rimandano a diverse tecnologie musicali, a molteplici
configurazioni nei processi di creazione e di ricezione musicale,
ciascuna potenzialmente in grado di appropriarsi in maniera originale di
una possibilit tecnica tra quelle esistenti nel determinato momento
storico, o perfino di inventarla ex novo da s.
Lidea che lesperienza musicale sia in grado di determinare, almeno
in parte, le proprie tecnologie risulta, in fondo, relativamente
soprendente: la storia del Novecento illustra bene come gli sviluppi del
mondo della tecnica non seguano una linea di progressiva crescita ma
piuttosto una trama di ramificazioni, di processi diversificati, e talvolta
perfino in forte contraddizione tra loro, e che questi processi di
diversificazione sono causati da una ricca interazione sociale, da una
dinamica cognitivo-interpretativa aperta e, almeno in certe fasi,
indeterminata. Si pensi, per richiamare un esempio di ampia rilevanza
culturale, alle istanze che i movimenti ambientalisti hanno contrapposto
a sviluppi tecnici di forte impatto ecologico, con conseguenti problemi
di rigenerazione di interi sistemi industriali e relativi risvolti in materia
di occupazione. Il cammino della conoscenza scientifica ed il progresso
tecnologico non procedano affatto lungo un percorso univoco e autonecessitante, nonostante le apparenze. Larte nella storia, al di l della
sua determinazione relativamente recente (moderna) di esperienza
estetica, sempre stata laboratorio di reinterpretazione e invenzione
tecnica.
Daltra parte, nella prospettiva umanistica che qui interessa, occorre
anche chiedersi se poi uno dei compiti di studio e analisi di fenomeni di
creativit artistica e musicale non consista in fondo nel descrivere e
comprendere il formarsi di specifici modi di operare, nel loro
organizzarsi in pi estesi sistemi di pensiero. E quindi nellillustrare

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come ciascuna prassi musicale rifletta una particolare interazione tra


configurazioni tecniche specifiche e il contesto in cui esse sorgono.
Per fare un esempio, consideriamo lo sperimentalismo che ha
segnato cos profondamente le estetiche musicali del Novecento, sin dal
suo inizio, e che oggi viene inteso di solito in accezione riduttiva, come
disperata ricerca di rinnovamento, come permanente provvisoriet
dellesperienza. Non si tratta, forse, di una delle risposte che larte ha
dato, secondo razionalit propria, allevento storico nel quale la
tecnologia diventa ambiente dellesistenza umana? I repertori pi ricchi
di sperimentazione (cio pi aperti allesperienza) sono infatti quelli
che riflettono unistanza culturale che contrasta con lidea di neutralit e
di autonomia della tecnica, ma che contrasta anche con lidea di
neutralit e autonomia dellarte.
Le discipline di tradizione umanistica (oggi scienze umane) per
lungo tempo hanno lasciato che levoluzione tecnologica proponesse un
suo proprio ambito discorsivo, di solito teso allauto-legittimazione e
quindi a consolidare indirettamente una forma silenziosa di egemonia
culturale (tecnocrazia). Ci stato possibile perch esse ritenevano
erroneamente che non occuparsi di questioni tecnologiche fosse
condizione sufficente a non lasciarsi influenzare dalla loro specifica
forma di razionalit, e a non lasciare che questa penetrasse loggetto
stesso delle loro osservazioni. Cos avvenuto anche per la musicologia
rispetto al suo oggetto.
Uneredit del Novecento
Intorno alla met degli anni Sessanta, Pierre Schaeffer affermava
che gli studi musicologici conoscevano, a fronte dei cambiamenti in
corso allepoca, unimpasse profonda riconducibile a tre ordini di
problemi:
1 - diventava problematica la definizione stessa di cosa si debba
intendere per musicale (una questione di antropologia culturale e di
semiologia, naturalmente gi nota alletnomusicologia sin dallinizio del
secolo, ma ora riguardante fenomeni della cultura musicale occidentale
piuttosto che culture extra-occidentali);
2 - mutavano profondamente le condizioni tecniche di produzione,
fruizione e diffusione (un problema di tecnologia, di comprensione della
prassi);

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3 - risultava gravemente lacunoso il vocabolario musicologico


rispetto al rinnovarsi delle percezioni (un problema di terminologia, o
anche, in un certo senso, di filologia).54
Le questioni cos poste costituiscono forse ununica ampia
problematica relativa alle fondamenta teoriche della disciplina e al suo
rapporto con i cambiamenti intervenuti, nel corso del Novecento, nelle
attivit dette musicali. La prospettiva di Schaeffer nel Trait des
objects musicaux non era a sua volta in grado di farsi carico di una
riarticolazione teorica complessiva.55 Essa per rilevava con chiarezza i
54

Cfr. Schaeffer, Trait des objets musicaux (op.cit.), pp.18-19. Si deve notare che
le problematiche segnalate da Schaeffer offrono valide motivazioni per seguire una via
etnomusicologica ai repertori nati in ambiente tecnologico. La formazione
musicologica, daltra parte ancora oggi, non implica la necessaria familiarit con le
tecnologie musicali successive a quelle del repertorio tardo-romantico e neo-classico, e
dunque non permette di valutare il gesto esecutivo o compositivo sulla base di una
comprensione attiva della prassi: fra un lavoro di Brahms e uno di Stockhausen, come
peraltro anche tra Brahms e Haendel o tra Haendel e Perotinus, la differenza non
innanzitutto nei rispettivi linguaggi musicali, ma nei modi del fare musica, negli
strumenti e nei concetti ad essi relativi. Di qui la necessit di porre riparo al decifit di
comprensione della prassi attraverso uno studio sul campo (lesigenza argomentata
nel mio Centrality of techne for an aesthetic approach on electroacoustic music,
Journal of new music research, vol.24, n.4, 1995). Ci risponde alla opportunit, daltra
parte ben nota allanalisi musicale, di adattare i metodi di osservazione alla specificit
culturale dei repertori: si tratta di una questione propriamente etnometodologica, cio
relativa alla ricerca empirica dei metodi utilizzati [in un certo dominio di esperienza]
per dare senso e portare a termine le azioni (Alain Coulon, Lethnomthodologie, PUF,
Parigi, 1993, p.26).
Lesigenza di un approccio etnomusicologico stata sollevata anche a seguito
dellassenza, quasi totale nei repertori elettroacustici, di forme di notazione musicale:
ci in effetti mette chi voglia occuparsi di simili repertori in una posizione simile a
quella delletnomusicologo di fronte a musiche extra-occidentali, con la necessit di
effettuare una trascrizione da sottoporre a successiva indagine (e con la necessit di
formulare i criteri stessi di trascrizione, pervenendo anche ad inevitabili questioni di
teoria della musica). Naturalmente in una simile situazione sorgono difficolt dovute a
contenuti musicali timbricamente piuttosto complessi, non facili da segmentare e
trascrivere (ci rimanda anche alla carenza terminologica cui si riferisce Schaeffer). Da
qui un certo psicologismo nelle analisi che seguono questa strada, come per es. nel
lavoro di Franois Delalande (En labsence de partition: le cas singulier de lanalyse de
la musique lectro-acoustique, Analyse musicale, n.3, 1986), e nei contributi di vari
autori in Analysis of electroacoustic music (numero tematico di Journal of new music
research, vol.27, n.1-2, 1998). In italiano si veda Lelio Camilleri, Metodologie e
concetti analitici nello studio di musiche elettroacustiche, Rivista italiana di
musicologia, vol.28, n.1, 1993, e Strategie di analisi della musica elettroacustica
(numero tematico del Bollettino di analisi e teoria musicale, vol.5, n.1, 1998).
55
Non il caso di soffermarsi sui contenuti della proposta di Schaeffer, spesso
messa in discussione anche dai suoi contemporanei (talvolta anche allinterno del
Groupe de Recherches Musicales). Pregi e difetti di Schaeffer teorico sono stati
richiamati da Jean-Jacques Nattiez (cfr. alcuni capitoli del suo Musicologia generale e

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sintomi di una crisi che da l a poco si sarebbe generalizzata, e infine


segnalava lurgenza di una prospettiva di studio interdisciplinare. Non a
caso il secondo Novecento ha visto il moltiplicarsi delle comunit
musicologiche, ormai distinte non pi solo in base al repertorio o
periodo storico di riferimento, ma anche in base a diverse attitudini
metodologiche, se non anche a differenti premesse epistemologiche.
Considerando le difficolt messe in evidenza gi da Schaeffer, sembra
del tutto naturale che i principali spunti di riflessione in rapporto alle
tecnologie musicali e alle relative questioni estetiche siano provenuti
non tanto da musicologi quanto da musicisti coinvolti di persona
nellelaborazione dei fenomeni stessi,56 con poche eccezioni.57
Daltra parte vero che un serio lavoro musicologico ha bisogno di
una certa distanza storica (e anche di distanza critica) dai fenomeni.
Inoltre, nel caso che ci riguarda, i cambiamenti tecnologici sembrano
conoscere tempi di rinnovamento cos rapidi da impedire la necessaria
sedimentazione e interiorizzazione di concetti, idee, ecc. Sebbene
ragionevoli, tali obiezioni sono per entrambe sollevabili attualmente (lo
dimostra anche il numero di ricerche dedicate negli ultimi anni ai
repertori qui richiamati58): da una parte, la distanza storica sta venendo
semiologia, EDT, Torino, 1989, passim; ed. or. 1987), e sono stati ben delineati nel
recente volume antologico Our. Entendre, couter, comprendre aprs Schaeffer (a c.
M.Solomos e J.C.Thomas, Buchet/Chastel, Parigi, 1999).
56
Gli esempi sono i pi vari, da Karlheinz Stockhausen (i primi due volumi dei
Texte, op.cit.) e Henri Pousseur (Fragments thoriques de la musique exprimentale,
Universit di Bruxelles, 1970) a Robert Erickson (Sound structure in music, University
of California Press, Berkeley, 1975) e Trevor Wishart (On sonic art, Imagineering Press,
York, 1985; oggi riedito da Harwood Academic Press, Londra), fino ad innumerevoli
autori di pi giovane generazione (cfr. volumi antologici quali The language of
electroacoustic music, a c. S.Emmerson, MacMillan, Londra, 1986; il gi richiamato
Timbre composition in electroacoustic music, op.cit., e infine Martin Supper,
Elektroakustische music & computer musik. Geschichte, sthetik, methoden, system,
Wolke Verlag, Hofheim, 1997). In italiano, valga un richiamo generico alle varie fonti
storiche raccolte in La musica elettronica (op.cit) e, per sviluppi successivi, le antologie
Musica ed elaboratore (a c. A.Vidolin, La Biennale di Venezia, 1980), e Teoria e prassi
della musica nellera dellinformatica (a c. A.Di Scipio, G.Laterza, Bari, 1995).
57
Tra le eccezioni vale segnalare un significativo contributo estetico-teorico di Carl
Dahlhaus, sthetische probleme der elektronischen musik (in Experimentelle musik,
Atti dellomonimo convegno tenutosi a Berlino nel 1968, Gebr Mann Verlag, Berlino,
1970; traduzione italiana in Quaderni della Civica Scuola di musica di Milano, n.26,
1999). Scrive fra laltro Dahlhaus: non sufficente imputare questa mancanza evidente
[di capacit di analisi della musica elettronica] alla mania dei compositori di
atteggiarsi a tecnici. La difficolt si fonda in realt nella cosa stessa, laddove infatti il
tentativo di caratterizzare i suoni e rumori di questa musica non pu avvenire che
definendo loggetto o il processo della loro produzione (p.29 della traduzione italiana).
58
Per limitarmi ad alcuni contributi pi direttamente rilevanti per le considerazioni
qui sviluppate, segnalerei i volumi di Angelo Orcalli (Fenomenologia della musica

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da s; dallaltra, una pi matura consapevolezza delle questioni


tecnologiche dovrebbe far rilevare che, come accennato sopra, la
rapidit dellinnovazione riguarda pi lalternanza tra nuovo ed
obsoleto adeguata al ciclo dei consumi, che non certe invarianti di
progetto e funzionalit di una tecnologia matura. Le novit che
impongono una profonda reimpostazione delle condizioni tecnologiche
di lavoro appaiono relativamente frequenti in ambito musicale. Ne
segno evidente la sostanziale costanza di termini e concetti in uso negli
ultimi venticinque o trentanni in ambito musicale elettroacustico e
informatico.59 Il quadro delle funzioni di controllo e manipolazione
applicabili al suono e ad estese strutture musicali si andato ormai
consolidando in una vera e propria tradizione elettroacustica. Anche
qui: una tradizione che prende corpo nella prassi, nelle modalit del
fare, prima che in opzioni stilistiche e di linguaggio musicale.
In conclusione, nel prestare attenzione alle condizioni tecnologiche
dellesperienza musicale dobbiamo intendere non solo le condizioni
poste dalla tecnologia alla musica, ma anche le condizioni tecnologiche
che la musica pone a se stessa. Sorge quindi la necessit di integrare lo
studio dei repertori musicali nei loro linguaggi, nelle loro propriet
strutturali, nelle loro idealit con lo studio e la comprensione della
loro coerenza nel definire le proprie possibilit fattuali e cognitive di
esistenza, anchesse portatrici di rilevanti idealit. Si tratta di affiancare
lo studio delle opere, e delle circostanze storiche e biografiche, con lo
studio della loro messa in opera. Il Novecento lepoca in cui prendono
forma nuove prassi e nuovi repertori che richiedono questa diversa
prospettiva di studio. In tal senso esso si offre anche come importante
eredit e come occasione di comprensione particolarmente preziosa per
la situazione attuale e futura della musica. Parafrasando unosservazione

sperimentale, Sonus Ed., 1993), Nicola Scaldaferri (Musica nel laboratorio


elettroacustico. Lo Studio di fonologia di Milano e la ricerca musicale negli anni
Cinquanta, LIM, Lucca, 1997), e Helena Ungeheuer (Wie die elektronische musik
erfunden wurde... Quellenstudie zu Werner Meyer-Eppler entwurf zwischen 1949 und
1953, Schott, Mainz, 1992).
59
Consultando il Dictionary of musical technology (a c. Tristram Cary, Greenwood
Press, New York, 1992) raro imbattersi in voci che rimandano a sviluppi tecnici
interamente successivi al 1975. Uno studente di musica elettronica che oggi legga un
documento tecnico dei primi anni Sessanta per es. la partitura realizzativa di Essay
di Koenig (Universal Edition, 1958), lelenco delle strumentazioni presenti allo Studio
di Fonologia di Milano tra il 1955 e il 1968, o il manuale di uno dei primi sintetizzatori
digitali dei primi anni Ottanta non incontra grandi difficolt terminologiche, pur
usando quotidianamente strumentazioni il cui quadro duso ha ormai ben poco in
comune con le macchine e le procedure tecniche ivi descritte.

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di Hans Jonas,60 lo smisurato potere che ci siamo dati, su noi stessi


come musicisti e sulle nostre musiche (anche quelle del passato) a
imporci di sapere cosa stiamo facendo e di intervenire sulle direzioni
possibili.

60
Hans Jonas, Dalla fede antica alluomo tecnologico, Il Mulino, Bologna, 1991
(ed. or. 1974), p.50.

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