Professional Documents
Culture Documents
Diritto societario
Amministratori
Doveri e responsabilita`
degli amministratori di societa`
di capitali in crisi
di Renato Rordorf
Nel quadro della disciplina generale dettata dal codice in tema di responsabilita` degli amministratori di societa` di capitali, e ponendo specialmente laccento sullobbligo di curare ladeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili della societa`, lo scritto analizza in particolare la responsabilita` in cui possono incorrere gli amministratori quando la societa` versi in stato di crisi, sotto tre diverse prospettive: la responsabilita` per aver cagionato o aggravato la crisi, la responsabilita` per non averne tempestivamente colto i sintomi e non avervi prontamente reagito, la responsabilita` per avere malamente adoperato gli strumenti giuridici
che oggi lordinamento pone a disposizione dellimprenditore per fronteggiare la crisi nel modo migliore e
per limitarne gli effetti dannosi. Nella prima di tali prospettive viene soprattutto evidenziata la distinzione tra
violazione di regole di buona amministrazione e violazione del dovere giuridico di diligenza; nella seconda ci
si sofferma anche sugli effetti delle disposizioni, recentemente introdotte nella legge fallimentare, in forza
delle quali la presentazione di domande di concordato preventivo o di omologazione di accordi di ristrutturazione del debito sospendono le prescrizioni del codice civile in tema di ricapitalizzazione o liquidazione della
societa` che abbia preso il proprio capitale; nella terza si considerano le conseguenze che la maggiore possibilita` di dar vita a tentativi di soluzioni negoziate della crisi potrebbero provocare in termini di responsabilita`
degli amministratori sociali (*).
Le Societa` 6/2013
669
Opinioni
Diritto societario
re su questa distinzione avrebbe un sapore inutilmente scolastico: perche, se pure e` innegabile che
il D.Lgs. n. 6/2003 ha differenziato le regole di amministrazione nei due tipi di societa`, restano nondimeno fermi alcuni principi comuni che, specialmente in relazione alla crisi dimpresa, consentono
senzaltro di svolgere un discorso sostanzialmente
unitario.
670
strativi collegiali, pare difficile dubitare che il dovere di curare che la societa` sia dotata di un assetto
organizzativo adeguato gravi sempre e comunque su
coloro che sono chiamati ad amministrarla. Si tratta, cioe`, di una norma che esprime un principio generale dellamministrazione societaria (2): principio
destinato ad operare anche qualora la societa` non
si sia dotata di un organo di amministrazione consiliare o non abbia, comunque, istituito la figura dellamministratore delegato o il comitato esecutivo.
Allo stesso modo, pur nel diverso inquadramento
che si ritenga di dover dare ai doveri di diligenza
gravanti sullamministratore di una societa` a responsabilita` limitata, pare indubbio che vi sia compreso anche il compito di organizzare adeguatamente limpresa affidata alla sua gestione, trattandosi di
una funzione intrinseca al fatto stesso dellamministrare una struttura destinata alla produzione di beni o servizi. Ladeguatezza degli assetti societari,
daltronde, e` nozione essenzialmente relativa, dovendo esser commisurata alla natura e alle dimensioni dellimpresa (come si esprime il citato quinto
comma dellart. 2381), di modo che essa risulta perfettamente modulabile in rapporto alle diverse esigenze di unimpresa media o piccola, quale e` per lo
piu` quella gestita in forma di societa` a responsabilita` limitata, e nulla pertanto consente di ritenerla
estranea o incompatibile neppure con la piu` generica nozione di diligenza richiesta per lamministrazione di questultimo tipo di societa`, in qualsiasi
forma la si attui (3).
Ma allora, se e` vero che, come si e` gia` ricordato, le
Note:
(1) In tal senso, da ultimo, Cass. 12 febbraio 2013, n. 3409; ed
ancor prima Cass. 28 aprile 1997, n. 3652, in Giust. civ., 1997, I,
2780, in questa Rivista, 1997, 1389, in Foro it., 1998, I, 3247, in
Giur. it., 1998, 287 ed in Riv. dir. comm., 1998, II, 13. In dottrina
la letteratura sul punto e` assai ampia, ed e` spesso volta a sottolineare i margini dincertezza e di discrezionalita` applicativa nella
ricerca del sottile confine tra insindacabilita` delle scelte economiche e difetto di diligenza imputabile allamministratore a titolo
di responsabilita` giuridica. Si veda da ultimo, per tutti, P. Piscitello, La responsabilita` degli amministratori di societa` di capitali tra
discrezionalita` del giudice e business judgement rule, in Riv.
soc., 2012, 1167 ss.
(2) E` persuasivo il rilievo di P. Abbadessa, Profili topici della nuova disciplina della delega amministrativa, in (Abadessa - portale)
diretto da, Il nuovo diritto delle societa`, Milano, 2007, v. 2, 493,
secondo cui, gia` prima della riforma societaria del 2003, non
poteva certo dubitarsi che nellobbligo di amministrazione diligente rientrasse anche quello di curare che la societa` fosse
provvista di un assetto organizzativo adeguato.
(3) In argomento si vedano per tutti R. Mangano, La responsabilita` degli amministratori di srl - Dalla diligenza del mandatario alla
ragionevolezza delle scelte gestionali, 11; e G. Zanarone, Della
societa` a responsabilita` limitata, in Commentario Schlesinger,
Milano, 2010, II, 1047 ss.
Le Societa` 6/2013
Opinioni
Diritto societario
scelte imprenditoriali dellamministratore sono insindacabili, pur se abbiano provocato o concorso ad
aggravare la crisi dellimpresa, lo stesso non puo` dirsi ogni qual volta tali negative conseguenze siano
riconducibili, in tutto o in parte, ad un difetto di
organizzazione dellimpresa medesima. Non e` la
scelta di compiere una determinata operazione imprenditoriale, risultata poi dannosa, a venire in rilievo in questo caso, bens` il fatto che, rispetto a
quella scelta, la societa` non sia stata attrezzata adeguatamente sotto laspetto organizzativo. Lamministratore e` perfettamente libero nellindividuare le finalita` dellagire imprenditoriale (purche, ovviamente, resti entro i confini del lecito), ma e` tenuto - in
termini di dovere giuridico - a curare che gli strumenti di cui la societa` dispone per realizzare quelle
finalita` siano adeguati allo scopo: sotto il profilo sia
dellorganizzazione interna dellimpresa sia, in modo
piu` specifico, dellidoneita` ad assicurare la corretta
e veritiera rappresentazione contabile delle operazioni compiute, quale condizione per valutarne costantemente gli effetti e per poterne dare conto.
Non diversamente, del resto, nei gruppi dimprese
si atteggia il dovere di attenersi ai principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale, che
lart. 2497, comma 1, c.c. pone a carico dellente
capogruppo (e, di riflesso, a carico dei suoi amministratori) nei rapporti con le altre societa` del medesimo gruppo (4). Doveri tutti che, naturalmente,
comportano lapplicazione di criteri e di regole elaborati essenzialmente dai cultori della scienza aziendalistica, ma che assumono - giova ripeterlo - una
sicura valenza giuridica: onde la loro eventuale violazione ben puo` esser fonte di responsabilita` per
lamministratore, se ne sia derivato danno per la societa`, per i soci, per i creditori o per i terzi. Ed e` appunto su questo piano che credo si possa con maggior frequenza configurare un addebito di responsabilita` a carico degli amministratori per avere cagionato o concorso a cagionare (o ad aggravare) la crisi della societa`, fermo ovviamente restando il non
sempre agevole onere per lattore di dimostrare i
danni che, in simili situazioni, siano imputabili alla
violazione del dovere di adeguatezza di cui se` detto.
Le Societa` 6/2013
Nota:
671
Opinioni
Diritto societario
concordato preventivo o di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, ha stabilito una
temporanea sospensione delloperativita` degli articoli del codice civile da ultimo menzionati, ma va
qui subito sottolineato come tale sospensione non
operi anche per il primo comma dellart. 2446 e per
i primi tre commi dellart. 2482 bis. Il dovere degli
amministratori di porsi in condizione di percepire
tempestivamente lavvenuta perdita del capitale,
per poterne informare senza indugio i soci, resta
quindi in tutti i casi invariato; e, benche le citate
diposizioni del codice espressamente contemplino
soltanto lipotesi di uno sbilancio patrimoniale della societa`, e` agevole intendere come analoghi doveri di diligente monitoraggio e di tempestiva informazione gravino sullamministratore anche con riferimento ad eventuali situazioni di squilibrio economico e finanziario, se tali da mettere in pericolo la
capacita` dellimpresa di continuare a stare sul mercato operando in condizioni di normalita`.
672
Le Societa` 6/2013
Opinioni
Diritto societario
tazione della domanda di concordato o di ristrutturazione dei debiti non puo` in alcun caso sanare le
responsabilita` gia` eventualmente maturate (5). Ne
risulta altres` confermata, per il periodo precedente
alla presentazione di una delle suindicate domande,
la necessita` che lamministratore, avendo tempestivamente percepito la perdita del capitale, provveda
senza indugio agli adempimenti di cui al citato art.
2446, comma 1, e si astenga dal compiere operazioni incompatibili.
E` la presentazione della domanda, come se` detto,
che segna la cessazione dei limiti operativi derivanti
dallapplicazione del citato art. 2486, dovendosi da
quel momento in poi lamministratore non piu` preoccuparsi degli anzidetti limiti, bens` attenersi a
quanto previsto dal (o comunque compatibile col)
piano di concordato o con i termini dellaccordo di
ristrutturazione, oltre che rispettare il regime autorizzatorio del procedimento concordatario. Ma la
domanda potrebbe non essere immediatamente corredata dal piano di concordato, stante lattuale formulazione dellart. 161, comma 6, l.fall., e ci si e`
chiesti se sia logico ammettere che, nel periodo occorrente per il perfezionamento del piano, il citato
art. 2486 resti tuttavia inoperante. Occorre pero`
considerare che in tale periodo il debitore non puo`
compiere atti di straordinaria amministrazione senza
lautorizzazione del tribunale, e non pare irragionevole ipotizzare che gli atti per i quali tale autorizzazione necessita coincidano di fatto con quelli non
meramente conservativi che sarebbero altrimenti
vietati dal menzionato disposto dellart. 2486 (6).
Escluderei che la mancata successiva omologazione
del concordato o dellaccordo di ristrutturazione, al
pari della loro eventuale successiva risoluzione, facciano venir meno retroattivamente gli effetti sospensivi previsti dal citato art. 182 sexies, e possano
quindi comportare il rischio per gli amministratori
di vedersi in seguito imputare, a titolo di responsabilita`, il mancato adempimento degli obblighi pubblicitari conseguenti al verificarsi della causa di
scioglimento della societa` oppure il compimento di
attivita` dimpresa non meramente conservative.
Ipotizzare che gli amministratori restino esposti ad
un tale rischio, dipendente dallesito finale (mai
scontato) delle procedure intraprese, significherebbe vanificare lintento legislativo di favorire il ricorso alle suindicate soluzioni negoziali della crisi (7).
Non sono pero` altrettanto sicuro che si possa pervenire alla medesima conclusione anche nel caso
in cui la proposta concordataria sia dichiarata
inammissibile dal tribunale, perche una siffatta situazione equivale a certificare linsussistenza sin dal
Le Societa` 6/2013
principio delle condizioni indispensabili alla presentazione di quella proposta e potrebbe quindi
mettersi in dubbio che la presentazione di una domanda inammissibile sia idonea a produrre gli effetti sospensivi dellordinario regime di scioglimento
della societa` stabilito dal codice civile; effetti che,
daltronde, la nuova disposizione della legge fallimentare che si sta commentando vuole restino sospesi sino allomologazione (ma forse meglio si
sarebbe dovuto dire sino a che il tribunale si pronunci sullomologazione), per cio` stesso lasciando
intendere che la sospensione presuppone non solo
lavvio ma anche lo svolgimento della procedura
concordataria fino allapprodo naturale del giudizio
di omologazione.
I dubbi pero` non finiscono qui. Se` appena detto
che la sospensione degli obblighi conseguenti alla
perdita del capitale sociale ed allo scioglimento della societa`, che ne dovrebbe di regola conseguire, e`
destinata a durare sino a quando il giudice si sia
pronunciato sullomologazione del concordato o
dellaccordo di ristrutturazione, ma non e` subito
chiaro cosa succede qualora il decreto col quale il
tribunale abbia accolto o rigettato la domanda di
omologazione venga impugnato con reclamo alla
corte dappello (con possibilita` anche di eventuale
successivo ricorso per cassazione). Posto che al decreto di omologazione lart. 180 l.fall. conferisce
provvisoria esecutivita`, sarei propenso a ritenere
che, con la sua pronuncia, lo speciale regime dettato dallart. 182 sexies giunga comunque al termine;
e per evidenti ragioni logiche e sistematiche lo stesso dovrebbe dirsi anche nel caso in cui lomologazione venga negata, ancorche la relativa decisione
sia soggetta ad impugnazione.
Una volta, invece, che il concordato o laccordo di
ristrutturazione siano stati omologati, lordinario regime codicistico sembrerebbe destinato a riprendere
vigore. Se, dunque, la societa` versi ancora nelle
Note:
(5) Secondo T. Ariani, Disciplina della riduzione del capitale per
perdite e concordato preventivo, in Fall., 2013, 117-118, qualora
la causa di scioglimento della societa` sia gia` stata iscritta nel registro delle imprese, la presentazione di una domanda di concordato non ne fa venir meno lo stato di liquidazione, ed un tale
effetto si potrebbe conseguire solo mediante unapposita successiva delibera di revoca della liquidazione, presumibilmente
da adottare nellambito dellesecuzione del piano concordatario.
(6) Nello stesso senso G. Strampelli, Capitale sociale e struttura
finanziaria nella societa` in crisi, in Riv. soc., 2012, 652 ss.
(7) In argomento si vedano anche T. Ariani, op. cit., 118-119; e
P. Montalenti, La gestione dellimpresa di fronte alla crisi tra diritto societario e diritto concorsuale, in Riv. dir. soc., 2011, 820
ss.
673
Opinioni
Diritto societario
condizioni previste dai citati artt. 2446 e 2447 del
codice, si riproporra` la necessita` di ricapitalizzarla o
di liquidarla (salva lipotesi di trasformazione regressiva, ove ne sussistano i presupposti). Ma e` intuitivo che questa situazione non potra` non essere stata
contemplata nel piano concordatario o nellaccordo
di ristrutturazione, onde appare ragionevole ipotizzare che la suindicata alternativa sara` sciolta in
conformita` alle previsioni di quel piano o di quellaccordo. Ne consegue che anche i doveri degli
amministratori (o liquidatori) risulteranno diversamente conformati a seconda che si tratti di un concordato liquidatorio oppure di un concordato con
continuita` implicante la prosecuzione dellattivita`
dellimpresa da parte del medesimo soggetto societario.
674
Le Societa` 6/2013
Opinioni
Diritto societario
re solo atti conservativi) (10) e con la gia` ricordata
possibilita` di sospendere gli effetti del verificarsi
della causa di scioglimento mediante la presentazione di domande di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti. E` probabile che,
di conseguenza, le azioni di responsabilita` assumeranno un differente indirizzo, e che i curatori dovranno acconciarsi a scrutinare i comportamenti
degli organi sociali in una prospettiva almeno in
parte diversa. Il che, sia detto per inciso, potrebbe
riflettersi anche sulla sempre difficoltosa tematica
dellindividuazione del danno e del nesso di causalita` tra il comportamento illegittimo dellagente ed il
danno medesimo (11).
Penso, ad esempio, alla valutazione della possibile
illiceita` (non solo dal punto di vista penale, ma anche ai fini della responsabilita` civile) del comportamento dellamministratore che abbia compiuto operazioni gravemente imprudenti per ritardare il fallimento, o si sia astenuto dal chiedere il fallimento
della societa` ormai inevitabile, se cio` abbia comportato un aggravamento del dissesto (artt. 217,
nn. 3 e 4, e 224 l.fall.). E` ben vero che lintroduzione del nuovo art. 217 bis, volto proprio ad evitare
che il rischio dincorrere in responsabilita` penale
disincentivi le soluzioni negoziali della crisi auspicate dal legislatore, ha esentato dal reato di bancarotta gli atti compiuti in esecuzione di concordati preventivi, accordi di ristrutturazione dei debiti e piani
di risanamento attestati, nonche i pagamenti ed i
finanziamenti che il giudice abbia autorizzato a norma del precedente art. 182 quinquies. Ma non mi
pare che cio` impedisca di configurare la responsabilita` civile degli amministratori per il ritardo nella
dichiarazione di fallimento, in conseguenza di tentativi infruttuosi di dar vita a soluzioni alternative
di risoluzione della crisi, quando ne difettavano manifestamente i presupposti e tali tentativi abbiano
peggiorato le condizioni patrimoniali della societa`;
cos` come sicuramente non la esclude il ricorso
abusivo al credito con dissimulazione dello stato
dinsolvenza (artt. 218 e 225 l.fall.).
Ma, soprattutto, potrebbe venire in evidenza la responsabilita` per il cattivo esito di domande di concordato preventivo o di omologazione di accordi di
ristrutturazione o di piani attestati, se sia dipeso
dalla scorretta tenuta delle scritture contabili o da
altri fatti derivanti da cattiva organizzazione dellimpresa; fatti che non potrebbero certo esser scriminati dalleventuale attestazione positiva del professionista indipendente di cui allart. 67, comma 3,
lett. d), l.fall.
E` certo piu` problematico, ma forse non sempre del
Le Societa` 6/2013
tutto impossibile, rovesciando in certo senso la prospettiva, ipotizzare che lamministratore incorra in
responsabilita` per aver lasciato fallire la societa` senza fare ricorso a soluzioni alternative, quando ve ne
sarebbero state invece le condizioni e si possa dimostrare che cio` avrebbe meglio salvaguardato i valori
del patrimonio sociale. Puo` certo venire in gioco
anche a questo riguardo un profilo di valutazione
imprenditoriale, come tale non sindacabile in termini strettamente giuridici, ma di nuovo non puo`
escludersi che sia invece linadeguata organizzazione
dellimpresa, imputabile allamministratore a titolo
di colpa per negligenza, ad aver impedito il tempestivo ricorso a procedure alternative al fallimento
ed, in ipotesi, meno penalizzanti anche per i creditori.
Note:
(10) Mutamento, peraltro, sotto alcuni aspetti piu` formale che
sostanziale. Solo per brevita` mi permetto di rinviare, al riguardo,
a quanto scritto in La responsabilita` degli amministratori di spa
per operazioni successive alla perdita del capitale, in questa Rivista, 2009, 277 ss.
(11) Su cui vedi Cass. 8 febbraio 2005, n. 2538, in Giur. it.,
2005, 1637, ed, in tempi piu` recenti, Cass. 4 luglio 2012, n.
11155.
675