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cimiteri n u ovi argomenti

L uo ghi e s paz i de l l a mo r t e sco che rappresenta ancora oggi nell’immaginario il cimitero


N u ov e i mm ag in i d i ci m i t e ri tipo, benché l’ideologia che lo supportava non sia più condi-
visa. È, quindi, da questi cimiteri che occorre iniziare l’analisi
per poter comprendere il messaggio insito nei progetti d’oggi.
P i e r pao l o L e s c h i u t ta È in questo secolo che i cimiteri in Italia cominciano a pre-
sentare l’aspetto che conserveranno fino ad oggi. Luogo di
residenza dei morti, isolato e separato dalla città dei vivi, il
cimitero dell’Ottocento assume caratteristiche completamen-
te diverse da quelli delle epoche che lo hanno preceduto. Non
più anonimo deposito di corpi in attesa della resurrezione,
1. «Siamo votati storicamente alla storia, — afferma Foucault
ma luogo di meditazione per i vivi e di consolidamento dei
nella Nascita della clinica — alla paziente costruzione del
vincoli familiari e nazionali, meta di edificanti passeggiate e
discorso sul discorso, al compito d’intendere quel che è già
fonte di educazione morale. Viali alberati, luoghi per il racco-
stato detto». Interrogarsi su «quel che vuol dire» è anche
glimento e la riflessione, gallerie di sculture, oasi di pace, di
ricercare quello che non è stato espressamente detto, quel che
distaccata serenità, di rimembranze. La visita ai cimiteri si
rimane nell’ombra, nello spazio tra segno e senso, tra forma e
inserisce nelle espressioni della mentalità romantica come un
significato. Questo, nell’analisi di cimiteri realizzati o solo
punto di riferimento insostituibile. I morti, che per secoli
progettati negli ultimi decenni del secolo scorso, consiste nel-
l’individuare quale tipo di immagine della morte e del rap- erano stati per lo più abbandonati agli uffici dei religiosi o
porto tra i vivi e i morti abbia voluto esprimere il progettista, delle confraternite, diventano oggetto di un nuovo culto che
se il suo progetto ripercorra e riproduca idee e mentalità del andrà rafforzandosi per oltre un secolo. Questa dichiarata
passato o dia corpo e materialità a forme di «rappresentazio- finalità del cimitero fu ben compresa ed espressa dagli archi-
ni collettive della morte» affermatisi in quegli anni. Se vi sia tetti che realizzarono alcuni dei più famosi cimiteri monu-
coerenza tra l’immagine sedimentata del cimitero e i nuovi mentali del XIX secolo, come, ad esempio, quelli di Genova,
progetti, se questi siano espressione di una tendenza presen- Milano o Modena e che a ragione possono essere considerati
te nella società, anche se non egemonica, o siano sperimenta- una summa della mentalità romantica.
lismo ininfluente. Nel tipo di planimetria dei cimiteri ottocenteschi sono indi-
viduabili, in grandi linee, alcuni elementi ricorrenti. Comune
2. Il cimitero, inteso oltre che per la sua funzione, anche come a tutti è l’alto e imponente muro perimetrale in mattoni, com-
simbolo e allegoria del rapporto dell’uomo con la morte, si pletamente privo di modanature o aperture, interrotto da un
inserisce in uno dei temi più affascinanti della storia della unico varco d’accesso che immette in un viale alberato. Alla
mentalità, quello della storia della morte, conferendogli una fine del viale, al centro dello spazio, sono collocate la cappel-
scansione temporale databile, ma l’immagine che il cimitero la e l’ossario, ai cui lati si dispongono le tombe degli ecclesia-
trasmette si protrae ben oltre il momento storico-sociale in cui stici. Al contrario sono addossate al muro di cinta le cappelle
esso è stato ideato e realizzato. Difatti, è il cimitero ottocente- familiari e le tombe degli uomini illustri. Nello spazio tra que-

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ste ultime e il nucleo centrale si trova il terreno spoglio delle Ben presto i cimiteri tendono a saturarsi. Spazi che prece-
tombe comuni. Il cimitero, nella sua struttura e nella rigida dentemente riuscivano, grazie al veloce turn-over dei corpi, a
separazione delle aree, riproduce, in una immagine atempo- s o d d i s f a re le esigenze di città demograficamente stabili,
rale, la società dei vivi con le sue divisioni di censo. cominciano ad essere insufficienti e a richiedere ampliamenti
Questi cimiteri, benché dall’inizio del secolo ricadano nel e nuove soluzioni.
dominio e nelle competenze dell’amministrazione comunale, Con l’espandersi delle città, le periferie lambiscono e ben
mantengono intatta tutta la precedente connotazione di luogo presto circondano e inglobano nel tessuto urbano i cimiteri
sacro e religioso. La sacralità, già affermata dalla centralità che solo cento anni prima ne erano stati allontanati. Le inu-
della cappella, viene esaltata dalla simbologia dei monumen- mazioni e le tumulazioni perpetue hanno definitivamente
ti funebri, ove Resurrezioni e Pietà si alternano ad angeli colmato tutti gli spazi che era possibile occupare all’interno
piangenti ed a ieratiche, ma non di meno sensuali, figure fem- delle mura cimiteriali. Cimiteri che, a volte per secoli, erano
minili coperte di veli. stati in grado di sopperire ai bisogni della città debbono esse-
Con questi cimiteri nasce e si generalizza la proprietà indi- re raddoppiati o chiusi all’ingresso di nuove salme nel volge-
viduale e permanente del luogo della sepoltura. Quello che re di soli venti o trenta anni.
precedentemente era un esclusivo diritto dei nobili e un rico- Le soluzioni adottate sono di diverso tipo: dopo aver edifi-
noscimento per pochi uomini illustri, si estende a fasce sem- cato negli ultimi spazi disponibili colombari a più piani, si
pre più ampie della popolazione. Con la proprietà del sepol- progetta, se possibile, il raddoppio del cimitero esistente o si
cro nasce il desiderio di abbellirlo, di progettarlo durante la decide per la costruzione ex novo di un secondo o terzo cimi-
vita, di renderlo un monumento perenne. I più abbienti edifi- tero. Il raddoppio è la soluzione più semplice e facilmente
cano cappelle familiari all’interno dell’area cimiteriale, le accettata dalla collettività: la contiguità con il vecchio cimite-
tombe individuali vengono impreziosite da marmi pregiati e ro non crea problemi d’accettazione o di cambiamento d’im-
statue. Le cappelle familiari, spesso di stile neogotico, man- magine di un luogo geografico.
tengono l’aspetto di chiese in miniatura: un piccolo altare con Anche architettonicamente questi ampliamenti spesso non
crocifisso e vasi per fiori, uno o due inginocchiatoi, nomi ed sono che una riproduzione delle linee e dei criteri tipologici
epitaffi dei defunti sulle pareti ed un pesante cancello che ne del cimitero esistente o un proseguimento delle modificazio-
chiude l’accesso. All’esterno, in lettere d’ottone, il nome della ni che si sono apportate sulla struttura di base dall’Ottocento
famiglia e l’eventuale titolo nobiliare. Con la proprietà peren- in poi. Tra le cappelle di famiglia che, addossate alle mura
ne del luogo della sepoltura non solo si mantiene l’indivi- perimetrali, circondano l’intero spazio cimiteriale, si apre un
dualità, ma si esalta anche l’appartenenza ad una famiglia, ad varco che immette nel nuovo cimitero. L’ingresso principale
una classe sociale. resta l’originario e questo secondo spazio resta un’appendice
del precedente. I criteri di edificazione restano in parte simili
3. Con il passare degli anni e l’aumento del numero delle ai precedenti, in parte sono modificati. Gli spazi adiacenti alla
tombe di proprietà, i terreni e gli spazi destinati alle tumula- nuova cintura esterna sono destinati alle cappelle familiari,
zioni non permanenti divengono sempre più limitati. ma il totale degli spazi interni viene destinato alla costruzio-

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ne di colombari disposti in file parallele e solitamente alcuni esempi particolari, i cimiteri realizzati hanno ripercor-
perpendicolari all’asse centrale che inizia dalla nuova porta so in grandi linee le idee e i principi ispiratori dei cimiteri del
d’accesso. Non esiste più, o è molto limitato, il terreno desti- secolo precedente. Ritroviamo l’alto muro di cinta (lo
nato a tombe singole, l’idea del “condominio” ha preso il prescrivono le norme edilizie generali) privo di modanature,
sopravvento sulla proprietà individuale da quando la scarsità una entrata monumentale con pesante cancellata in ferro, il
ha reso i terreni cimiteriali preziosi. viale alberato che conduce alla cappella e all’ossario centrale,
Ma non sempre la soluzione dell’ampliamento del cimitero le cappelle di famiglia disposte lungo il perimetro, ecc. Unico
esistente è realizzabile. Il cimitero è ormai il più delle volte elemento di novità la costruzione su più piani dei colombari.
immerso nel tessuto urbano. Circondato da edifici, non può Questi, divenuti ormai per la maggior parte della popolazio-
più espandersi e potrebbe restare come elemento architetto- ne il solo luogo dove collocare i propri morti, comportano per
nico, vincolato e protetto, di un modo di concepire la morte e loro natura e forma una standardizzazione non ancora accet-
il rapporto tra i vivi e i morti. Non più luogo del ricordo o del tata. La fantasia, l’affetto e la volontà di distinzione trova
culto di defunti ormai lontani nel tempo, ma importante infatti poche possibilità di espressione nella limitata scelta del
momento della storia dell’arte e dell’architettura, come tale colore e del tipo di marmo e delle lampade perpetue. Lo spa-
conservato e protetto almeno nelle sue espressioni più valide. zio per le iscrizioni permette solo una frase di poche parole.
Quando non è possibile ampliare il cimitero esistente, si è La possibilità di arricchire con decorazioni ed altri elementi
costretti a realizzarne di nuovi altrove. Ma il pro g ressivo spazi quadrati di sessanta centimetri di lato rende ardua, se
espandersi delle città costringe a dislocarli in aree sempre più non impossibile, la «personalizzazione» delle tombe.
distanti dal centro, e questo non è accettato di buon grado. L’ a- Ma già cominciano a intravvedersi nuove forme di riappro-
vere i propri morti sepolti in due luoghi distanti comporta priazione degli spazi comuni all’interno degli edifici-colom-
delle scelte e spesso delle rinunce a cui non ci si adatta in pochi bari. Nel cimitero Flaminio di Prima Porta a Roma i colomba-
anni. La visita ai defunti è spesso una sola nell’anno, e in quel- ri sono stati edificati seguendo la tendenza della progettazio-
l’occasione si vorrebbe poterli visitare tutti. Inoltre, avere i pro- ne delle «case in linea» — edilizia «democratica» per le classi
pri cari separati in cimiteri lontani mentre il nostro affetto e il cui è destinata — già sperimentata, anche se con esiti non
ricordo li considera uniti, provoca non poco sconcerto. certo entusiasmanti, per l’edilizia popolare. Colombari posti
Alle difficoltà di ordine emotivo e culturale bisogna poi in rigida sequenza, paralleli l’uno all’altro, con una possibilità
aggiungere che la vicinanza di un cimitero alla propria abita- di sviluppo della serie che in alcuni casi è quasi di un chilo-
zione non è gradita e le zone circostanti subiscono un decre- metro. Un’immagine che, se nell’edilizia popolare era avvi-
mento nel valore commerciale. Il cimitero non è solo un lente, qui, in un ambiente spoglio e privo di colori, diviene
luogo, è una zona; la sua immagine identifica spazi molto più terrificante.
ampi della sua grandezza, diviene un riferimento nelle indi- All’interno di queste costruzioni un lungo corridoio su un
cazioni toponomastiche. Un terzo ordine di problemi riguar- lato del quale si aprono ampi vani dove, disposti su sei file
da l’architettura e l’urbanistica interna del nuovo cimitero. sovrapposte, sui due lati perpendicolari al corridoio, si trova-
Nella seconda metà del XX secolo in Italia, se si escludono no i loculi. Una vetrata chiude il terzo lato del vano verso l’e-

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sterno. In parecchi di questi vani, che raccolgono circa 180 dopoguerra in poi assumono, al contrario, aspetti sempre più
loculi ognuno, forme di sottoscrizioni promosse dai parenti standardizzati, le tombe divengono sempre più anonime, la
dei «condomini» hanno portato alla realizzazione di molte- sostituzione della tumulazione in terra con i loculi nei colom-
plici forme di «abbellimento»: l’ingresso è stato chiuso con bari, oltre che una necessità, diviene una imposizione ed un
porte o inferriate, sulla vetrata esterna sono state poste tende indirizzo pedagogico verso un culto più discreto e casalingo,
e cortine, sul pavimento una guida, al centro del vano un alta- più legato al ricordo che non al luogo della sepoltura. La
re in marmo con vasi di fiori, candelabri, piccole copie della morte e la sua simbologia vengono messi in ombra. Coeren-
Pietà di Michelangelo, ecc., si è cercato di fare di ogni vano temente ai valori e agli ideali di una società geograficamente
una sorta di cappella condominiale, in alcuni casi forse ecces- mobile, viene scoraggiato ciò che rimane statico e vincolato al
sivamente fastose. Si assiste ad una forma di recupero del- passato. Una società proiettata verso il futuro tende a recide-
l’individualità, anche se in forme e modi diversi dai prece- re i legami individuali con il passato.
denti ottocenteschi, dovuti in larga parte ai vincoli di una edi- Nella progettazione cimiteriale alcuni progetti si sono
lizia standardizzata al massimo. La fuga dall’anonimato, cui distinti nella ricerca di soluzioni decisamente innovative
sembrerebbero essere destinati i morti collocati nei colomba- rispetto alle tipologie tradizionali. Dall’analisi di quanto rea-
ri, si esplica dunque attraverso addobbi e abbellimenti. Non lizzato in questo settore dell’architettura, o anche solamente
potendo personalizzare la tomba, si personalizza il vano, il ideato e presentato a concorsi, si possono trarre alcune inizia-
condominio, si individua il luogo dove riposa il proprio caro li e sommarie indicazioni. La prima è che le soluzioni propo-
attraverso l’indicazione delle modifiche apportate e dei segni ste appaiono fortemente differenziate per il carattere sia dei
che lo rendono diverso dagli altri. singoli edifici sia dell’intero complesso cimiteriale. La secon-
da è quella di unitarietà e globalità di ciascun complesso
4. Attualmente, nella cultura euro-mediterranea, convivono cimiteriale. Il cimitero trasmette una immagine globale e defi-
immagini del cimitero, del sepolcro e del rapporto con il nitiva, chiuso ad ogni possibile intervento successivo sia
defunto differenti e spesso contrastanti. architettonico che scultoreo.
Si è già detto dell’idea ispiratrice dei cimiteri ottocenteschi: Tra i progetti realizzati, o solamente proposti, alcuni
rispondevano all’esigenza sentita e diffusa della visita ai appaiono essere decisamente innovativi: sono i cimiteri di
defunti, espressione di un legame, pubblicamente espresso, Parabita (Lecce), di S. Cataldo (Modena), di Urbino e di Civi-
tra i vivi e i morti. La morte era riconosciuta dalla società con tacastellana in Italia e di Igualada in Spagna.
tutti i suoi rituali e simboli: dai cortei funebri ai vestiti da
lutto, dal culto della memoria agli annunci di morte. 5. Il cimitero di Parabita. Situato sul dorso di una collina da cui
Questo rapporto con la morte è ancora oggi presente in lar- si domina un’ampia distesa è stato realizzato sulla base del
ghi strati della popolazione, anche se di età sempre più anzia- progetto di Alessandro Anselmi e di Paola Chiatante vincito-
na, e si esprime attraverso la cura della tomba, nella ricerca di re del concorso internazionale bandito nel 1972 dalla Regione
materiali e di addobbi particolari, nella cura dei fiori e delle Puglia. Nato dall’esigenza del raddoppio del preesistente
piante ornamentali. L’architettura e l’edilizia cimiteriale dal cimitero, divenuto insufficiente, il nuovo progetto non si

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pone alcun intento di adattamento o di richiamo a quanto già del culto dei defunti come momento della riflessione sulla
esistente: unico rapporto con questo è il varco di accesso, vita e nel cimitero il luogo ove lasciare che il tempo rimargini
marginale rispetto al nuovo cimitero che risulta chiuso e com- la ferita procurata dalla morte di chi si è amato. Questa imma-
pleto in sé. gine è coerente con una società, quella salentina, che ha anco-
ra un rapporto tenace con la morte, che la riconosce e le attri-
buisce uno spazio nella vita quotidiana, che la pubblicizza
attraverso i cortei funebri e la proclama nelle espressioni del
cordoglio e del lutto, ma diventa ambigua e contraddittoria in
altri contesti maggiormente urbanizzati.
Oggi, infatti, gran parte delle espressioni materiali e simbo-
liche del lutto appaiono, nelle società metropolitane occiden-
tali, in via di estinzione se non definitivamente scomparse.
Manifestazioni, che pur avevano avuto per secoli una precisa
funzione e collocazione all’interno di un orizzonte culturale
condiviso, sono state abbandonate o appaiono spora-
dicamente come relitti di modelli culturali legati a modi e
forme di produzione superati. La stessa tendenza può essere
individuata, anche se in forma attenuata, per tradizioni meno
L’impressione generale è di un monumento, di una scultu- arcaiche. Si pensi ai necrologi sulle pagine dei giornali, alle
ra che si staglia nitida al sommo della collina verso il cielo. Le partecipazioni spedite per posta in buste bordate di nero o
fughe verso l’alto di ogni linea della struttura dell’ossario affisse nelle strade. Lo stesso abito da lutto o le fasce ed i bot-
riportano alla mente il complesso dell’osservatorio astrono- toni neri, usanze ancora vive negli anni cinquanta, sembrano
mico di Jaipur, e forse è proprio questa l’immagine che qui si venir meno in una società che tende a favorire la separazione
percepisce: il cimitero come punto di fuga tra la terra e gli netta tra gli ambiti del privato e del pubblico della vita. Il
spazi celesti, luogo da cui partire per un viaggio di medita- messaggio che attraverso l’insieme di queste espressioni
zione e trascendimento. In questo cimitero-monumento i veniva trasmesso non trova più uditori.
corpi che andranno a riempire i loculi e le urne diverranno L’abitudine al riserbo per tutto quanto concerne la sfera del
parte della struttura, della scultura. dolore fa apparire irreale, se non assurda, la richiesta di soli-
Non è più il singolo individuo deceduto che viene qui ricor- darietà espressa attraverso l’abbigliamento a lutto. Non è
dato e mantenuto alla memoria attraverso la sua celebrazione possibile usare nei confronti del congiunto forme di compor-
ed esaltazione, è la Morte e la sua consapevolezza a venir glo- tamento che rispettino la particolare condizione psicologica
rificata. Non un invito alla visita ai defunti e al pellegrinaggio che sta attraversando, né probabilmente la persona in lutto si
alle tombe, ma una riflessione laica sulla morte. Permane in aspetta altro che stereotipate espressioni di condoglianza.
questo cimitero una continuità con la sensibilità romantica Sono scomparsi o stanno scomparendo i divieti e gran parte

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degli obblighi legati al lutto, la morte è pubblicamente can- re stato al centro di aspre polemiche per due decenni.
cellata e nascosta, è oscena e come tale non rappresentabile. Collocato sulla sommità di una collina tondeggiante, pro-
Non è casuale che quanto è rimasto delle usanze tradizio- spiciente la città di Urbino ed adiacente al vecchio cimitero
nali sia veicolato quasi esclusivamente da donne anziane, divenuto insufficiente, si sviluppa completamente al di sotto
figure marginali nel più generale contesto economico-produt- del piano del terreno ed è totalmente invisibile a chi non vi sia
tivo. La società di oggi tende ad espellere la morte nelle sue immediatamente vicino, discreto, come nella tradizione
rappresentazioni pubbliche più evidenti, la scomparsa di un iconografica umbro-marchigiana
individuo non può interrompere altro che per un breve L’insieme del cimitero, come molte delle sculture dell’auto-
momento la continuità della vita della comunità, la morte e i re, è un crepaccio che graffia il dorso curvo della materia per
suoi segni si mimetizzano e si nascondono. La sua sconve- mostrarne l’interno.
nienza la fa diventare oggetto di vergogna e di censura, la Simile alle necropoli etrusche scavate nella roccia, ma anche
«pornografia» della morte prende il posto occupato dal sesso al Gretto di Burri a Gibellina, il cimitero non si impone alla
nell’età vittoriana. Al culto della tomba si sostituisce il più vista, deve essere cercato. Ritorno alla Madre Terra, luogo del
discreto culto del ricordo in casa, le lacrime e il pianto sono silenzio, dell’oscurità, del raccoglimento, che accoglie i morti
interpretate come frutto di una crisi di nervi e di un carattere come semi posti nelle viscere della terra, catacomba aperta,
debole, il lutto diviene una malattia da cui si deve guarire nel cimitero sepolto,... queste ed altre letture sono state fatte del
più breve tempo possibile e chi ne è colpito viene isolato, progetto di Pomodoro, sia in termini elogiativi che aspra-
posto in quarantena. Nel passaggio da una società in cui il mente critici. Nell’insieme del dibattito su questo progetto,
culto dei morti era esaltato, all’attuale in cui tutto si svolge che è stato straordinariamente ampio, appare significativa
come se nessuno morisse, sono solo i cimiteri, e negli anni l’assenza ad ogni accenno di analisi al rapporto con la morte
recenti gli altarini posti nei luoghi di incidenti stradali, a e tra i vivi e i morti sotteso nell’ideazione di questo cimitero.
segnalare la presenza di una morte che altrimenti è nascosta A mio avviso, il progetto di Pomodoro segna il definitivo
allo sguardo e alla coscienza. abbandono del modello di architettura cimiteriale romantica.
Il cimitero di Parabita, suggestivo nella sua architettura, Si pone come momento di demarcazione tra due cicli di edi-
appare, una ultima espressione di una concezione esaltatrice lizie cimiteriali e di “rappresentazioni collettive della morte”:
della morte, un ultimo tentativo di ricollocarla in uno spazio tra quella romantica ottocentesca e quella della «morte
che in altre parti d’Italia già non le appartiene più. dimenticata». Non a caso, proprio intorno a questo progetto
L’indubbio fascino di questo cimitero fa vibrare remote si sono addensate lodi, critiche e dibattiti che ne hanno impe-
corde emotive che la razionalità stenta a riconoscere ed accet- dito la realizzazione. Vi è una forte resistenza a veder concre-
tare. L’ambiguità è in noi o nel cimitero? tizzati definitivamente, attraverso un cimitero nascosto,
atteggiamenti che, se pur praticati individualmente, non sono
6. Il cimitero di Urbino è un progetto di Arnaldo Pomodoro con ancora accettati ideologicamente. Difficilmente un
gli architetti Trevisi e Zini nel 1973. Non è stato realizzato, pur amministratore locale avrà il coraggio di autorizzare la rea-
essendo risultato vincitore del concorso pubblico, dopo esse- lizzazione di un cimitero che nasconde alla vista il ricordo di

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chi è passato, nei due significati del termine. Tutto questo non la cui sommità è posta alla quota dell’uliveto circostante.
chiaramente espresso, ma letto in trasparenza, dato che il L’immagine richiama immediatamente, anche in questo cimi-
dibattito è stato solo ed esclusivamente imperniato sulle tero, i percorsi tra le tombe della necropoli etrusca di Cerve-
caratteristiche architettoniche e paesaggistiche. (foto,4,5,6) teri. foto 7-10

7. Il cimitero di S. Cataldo (Modena) è stato realizzato da un pro-


getto di Aldo Rossi e Gianni Braghieri.
Situato lateralmente alla bellissima struttura ottocentesca
disegnata da Cesare Costa, ne riproduce morfologicamente la
struttura. Vi si accede, uscendo dal chiostro del cimitero pree-
Il progetto di Pomodoro, anche se non realizzato, appare sistente, attraverso una semplice apertura nel muro di cinta.
essere l’antesignano di una serie di cimiteri sotterrati o mime- Immediatamente ci si trova sotto un lungo ed altissimo porti-
tizzati nel panorama circostante. Nei decenni successivi cato dove una sequenza di pilastri lamellari, sostiene un sem-
saranno progettati ed edificati nel Lazio il cimitero Laurenti- plice edificio in linea coperto da un tetto di lamiera. Nell’in-
no di Roma e il cimitero di Ciampino. Il primo si presenta, terno, lungo le due pareti, blocchi di 24 loculi si alternano a
anzi si nasconde, in cilindri interrati per oltre la metà del loro finestre in un monotono susseguirsi di luci e di ombre.
diametro e coperti nella parte che fuoriesce dal terreno dal L’ossario, elemento architettonicamente centrale del com-
verde. In questa costruzione artificiale di un paesaggio natu- plesso, è un parallelepipedo in muratura, privo di copertura
rale, morbide curve del terreno nascondono i colombari di e di piani al suo interno. Le quattro facciate, di colore rosso
questo cimitero-parco. foto 27, mattone e tutte uguali, ed ognuna traforata da 63 finestre
Il cimitero di Ciampino, è anche questo posto sotto il livel- quadre e da 9 portalini, il tutto senza infissi. L’intero nuovo
lo della campagna circostante, è scavato in uno spazio com- complesso cimiteriale, nell’insieme degli edifici è degli spazi
presso tra un imponente colombario monumentale di forma vuoti, appare immaginato come una città, ma in negativo.
arcuata, colonnato, lungo circa quattrocento metri e un dolce Privo di ogni enfasi monumentale, sembra riprodurre la
declivio che porta alla quota naturale del terreno. Al suo razionalità di una città progettata ex novo, come Brasilia o
interno una serie di costruzioni cilindriche (l’ossario, la cap- Chandigarh, o di un quartiere per uffici ma, a differenza di
pella, colombario, un edificio per loculi) si alternano a cilindri questi, non modificato dal tempo e dalla vita. foto 11,12,13,

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8. Il cimitero di Igualada. Ancora più inquietante nella raziona-


le crudeltà di una fine senza più ricordo o memoria, nel più
completo distacco tra vivi e morti, è il cimitero progettato e
realizzato a Igualada, nella provincia di Barcellona, da Enric
Miralles e Carme Pinós. Il cimitero come deposito di corpi da
rottamare.

Mentre il cimitero di Pomodoro e quelli del Laurentino e di


Ciampino si sottraggono alla vista sotterrandosi, quello di
Aldo Rossi si mimetizza. Prospiciente lo scalo ferroviario e
contornato dalle palazzine e dai capannoni industriali della Lo si raggiunge dopo aver attraversato la zona industriale
periferia di Modena, più che uniformarsi a ciò che lo circon- della periferia della città, fino a giungere al margine di un
da, ne continua la logica. Nessun elemento lo differenzia alla canalone naturale percorso sul fondo da un piccolo torrente.
vista da quanto già costruito o da ciò che ci si aspetta di L’ingresso al cimitero, un varco in un reticolato metallico, ha
incontrare con lo sguardo in un margine di città non ancora come chiusura un insieme di travi in ferro corrose dalla rug-
completamente urbanizzato ma già non più campagna. La gine, saldate tra loro in modo apparentemente casuale, come
linearità e la semplicità architettonica, il colore rosso mattone, se fossero appena state scaricate da un camion ribaltabile. La
il tetto di lamiera lo rendono irriconoscibile nel paesaggio. La pavimentazione dell’intero cimitero è in cemento e al suo
totale mancanza di segni distintivi ne completa la mimetizza- interno sono state affogate delle traversine in legno usate di
zione. binari ferroviari. Anche gli edifici dei servizi sono in cemento
I cimiteri di Pomodoro e di Rossi traducono in tipologie grezzo, non intonacato e sui loro tetti crescono volutamente
architettoniche il processo di esclusione della morte e delle erbe spontanee. Il terreno sul quale poggia il cimitero ha una
sue immagini dalla vita quotidiana. Superando ed abbando- orografia irregolare e le pareti che delimitano piani diversi
nando definitivamente visioni esaltatrici e ro m a n t i c h e , sono formate da gabbie metalliche sovrapposte al cui interno
appaiono dare forma e rendere concreto quel modello di rap- sono racchiuse pietre. Sulle pietre la crescita di arbusti e rovi
porto tra i vivi e i morti che sta lentamente generalizzandosi ne accentuano l’immagine di una discarica su di un terreno
nella società moderna. abbandonato. I colombari, anche questi edificati in modo che
non si elevino dal piano del terreno circostante, sono in

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cemento grezzo e nelle indicazioni dei progettisti tutti i locu- Il progetto iniziale prevedeva anche che sul binario fosse
li dovevano essere chiusi da una lastra in ferro cor-ten, color collocato un treno dimesso. Una espressione interessantissi-
ruggine, con inciso il solo nome del defunto. ma di scultura concettuale, ma decisamente rifiutata da chi
Le cappelle familiari sono collocate nella parte terminale e doveva collocare al suo interno i propri cari defunti. Dopo
più bassa del complesso cimiteriale, lungo il perimetro di uno solo pochi anni dalla sua ultimazione i binari sono stati rico-
slargo. Nello spazio antistante, lastre di cemento parzialmen- perti da una gettata di cemento e un muro di tufi alto più di
te sollevate o divelte dalle quali ci si aspetta di veder emer- due metri è stato costruito sul marciapiede isolando e nascon-
gere dalla cintola in su Farinata degli Uberti. dendo quasi completamente le strutture sopraelevate. foto
L’immagine del cimitero e la sensazione che i propri morti 22-26
siano corpi da abbandonare in una discarica non sono state
ben accettate dalla comunità della cittadina catalana. Gli abi-
tanti di Igualada hanno imposto al comune di accettare che i
loculi fossero chiusi con lastre tombali in marmo, scelte
secondo gusti individuali, che fossero creati spazi per i vasi
dei fiori e per lampade votive.
Unica tomba che ha mantenuto intatte le indicazioni origi-
narie del progetto è quella in cui è sepolto lo stesso Enric
Miralles, deceduto a soli 45 anni. foto 14,-21

9. Il cimitero di Civitacastellana di Massimiliano Fuksas è pen-


sato laidamente come quello di Igualada.
L’intero complesso è stato ideato per rappresentare la sta-
zione dalla quale partire per “l’ultimo viaggio”. L’asse cen-
trale è costituito dal marciapiede che costeggia un binario fer-
roviario che va a morire in un accenno di tunnel chiuso dal
muro perimetrale del cimitero. Sulla destra della banchina, in
una posizione sopraelevata rispetto a chi cammina lungo il
binario, una sala d’aspetto per viaggiatori privata del pavi-
mento. Al suo interno si scorge una panca in legno sulla quale
è abbandonata una valigia aperta, forse dimenticata da un chi 10. Nella diversità degli stili architettonici, frutto anche delle
è dovuto partire troppo in fretta. Nella sala contigua la diverse realtà storiche e ambientali in cui vanno ad inserirsi,
biglietteria e gli uffici della stazione, arredati con una vecchia alcuni elementi sembrano indicare scelte convergenti dei pro-
scrivania e pochi altri mobili da ufficio. Una sedia riversa sul gettisti. Non appaiono essere casuali né la marginalizzazione
pavimento suggerisce una frettolosa partenza. della cappella, né la totale ed assoluta mancanza di ogni

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cimiteri n u ovi argomenti

forma od allusione a simboli religiosi. Il cimitero, spazio sacro so, così legato alla tradizione cimiteriale dall’Ottocento in poi,
nell’immagine e nella cultura occidentale, è pensato, proget- non trova più posto in una edilizia con caratteristiche pre t t a-
tato e realizzato in un’ottica assolutamente laica. mente urbane. Il cimitero è uno spazio pensato ed edificato in
I progetti hanno in comune, oltre all’abolizione di elementi verticale, su più piani, lontanissimo come idea dagli ampi
decorativi e monumentali, anche l’accurata e sistematica limi- spazi verdi ed alberati che lo avevano precedentemente carat-
tazione delle possibilità di intervento e di iniziative indivi- terizzato. Anche l’ultimo elemento che lo identificava e lo face-
duali che possano in qualche modo modificare l’idea iniziale va riconoscere fin da lontano nel paesaggio scompare, cancel-
del progettista. lato alla vista e rimosso dalla vita quotidiana, coerentemente
Il tentativo di contrastare quella corsa alla sontuosità visto- alle altre manifestazioni legate all’«oscenità» della morte.
sa che ha reso tanti cimiteri, tra monumenti e tempietti, una
sorta di mostra permanente delle mode passeggere e delle
Bibliografia
diseguaglianze economiche, sembra essere riuscito piena-
mente solo nel cimitero di S. Cataldo. In questo cimitero
Ariès P. (1977), L ‘homme devant la mort, ed. du Seuil, Paris [tr. it. L’uo -
anche le piccole croci poste sulle lapidi, unico riferimento reli- mo e la morte dal medioevo a oggi, Laterza, Bari, 1980].
gioso presente, sono di grandezza, forma e materiale stan- Ariès P. (1975), Essais sur l’histoire de la mort en occident du moyen éìge
dardizzato, come pure unico è il tipo di marmo utilizzato per à nos jours, ed. du Seuil, Paris [tr. it. Storia della morte in occidente, Riz-
zoli, Milano, 1978].
chiudere i loculi e uguali lampade perpetue. Un unico model-
De Martino E. (1958), Morte e pianto rituale, Einaudi, Torino.
lo è anche imposto per le tombe familiari. L’armonia dell’im- Foucault M. (1963), Naissance de la clinique. Une archéologie du regard
magine d’insieme non è turbata neppure da addobbi floreali médical, Gallimard, Paris [tr. it. Nascita della clinica, Einaudi, Torino,
differenziati: una congregazione cattolica ha provveduto a 1969].
Fuchs W. (1969), Todesbilder in der modernen Gesellschaft, Suhrkamp
fornire tutte le tombe di garbati fiori di stoffa, ed anche dove Verlag, Frankfurt am Main [tr. it. Le immagini della morte nella società
sono i parenti ad occuparsi dell’addobbo, i fiori scelti sono moderna, Einaudi, Torino, 1973].
dello stesso tipo. In questo cimitero solo le date impresse sulle Gorer G. (1965), Death, Grief. and Mourning in Contemporary Britain,
lapidi indicano che le inumazioni si sono susseguite nel Cresset, London.
Hertz R. (1905), Etude sur la représentation collective de la mort [tr. it.
tempo, nessun altro segno tradisce la moda di un momento e Sulla rappresentazione collettiva della morte, Savelli, Roma, 1978].
permette di riconoscere una tomba occupata di recente da Leonetti F. (1982) (ed.), 1l cimitero sepolto, Feltrinelli, Milano.
quella occupata in anni precedenti. Come nei cimiteri di guer- Mitford J. (1963), The American Way of Death, Simon & Schuster, New
ra, dove la presenza in un solo momento di tante salme da York [tr. it. 1l sistema di morte americano, Rizzoli, Milano, 1964].
Morin E. (1970), L’homme et la mort, ed. du Seuil, Paris [tr. it. L’uomo e la
inumare ha creato uno spazio uniforme e immobile, anche il morte, Newton Compton, Roma, 1980].
cimitero di San Cataldo tende ad annullare le differenze di Parkes M. P. (1972), Bereavement. Studies of Grief in Adult Ltfe, Tavistock,
data nella morte, fattore trascurabile in rapporto ai tempi London [tr. it. Il lutto, Feltrinelli, Milano, 1980].
perenni del luogo. Tenenti A. (1957), Il senso della morte e l’amore della vita nel Rinasci -
mento, Einaudi, Torino.
Un ultimo elemento comune ai progetti esaminati è la quasi Ziegler J. (1975), Les vivants et la mort, ed. du Seuil, Paris [tr. it. I vivi e la
totale assenza di alloggiamenti per alberi d’alto fusto. Il cipre s- morte, Mondadori, Milano, 1978].

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