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di Ag APOLLONI
Quaranta anni fa Roland Barthes, leggendo “Sarrasine” di Balzac annunciò la morte dell’autore
nella letteratura: “il prezzo della nascita del lettore non può essere che la morte dell’Autore”. Ma, se
siamo d’accordo con il poststrutturalista Jacques Derrida, il quale sostiene che non vi è nulla al di
fuori del testo, conveniamo che è il lettore ad essere morto. Diventiamo parte di questa processione
funebre analizzando la storia più corta del mondo!
Uno dei grandi maestri dei piccoli racconti è lo scrittore del Guatemala, Augusto Monterroso (1921-
2003), il quale per la sua maestria di scrittura si è aggiudicato grandi titoli nazionali e internazionali.
Conosciuto come uno scrittore che si è opposto alla dittatura di Jorge Ubicos, dopo la caduta della
dittatura, ha ricoperto cariche politiche. Ma, soprattutto, è conosciuto come l’autore del racconto più
corto al mondo, “Il Dinosauro”, definito da Mario Vargas Llosa “il racconto più corto e il migliore
del mondo”.
Il racconto “Il Dinosauro” (“El dinosaurio”), pubblicato in “Obras completas (y otros cuentos)”, nel
1959, è un racconto costruito su una sola frase: “Cuando despertó, el dinosaurio todavía estaba
allí”. Questo racconto è stato tradotto così in lingua inglese: “When [s]he awoke, the dinosaur was
still there”, mentre in lingua albanese sembrerebbe così: “Kur ai (ajo) u zgjua, Dinosauri ishte ende
aty” (ita. “Quando lui (lei) si svegliò, il dinosauro era ancora lì”) o più brevemente (per evitare il
genere come nell’originale): “Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì”.
Quindi, se ci riferiamo alla scena di Claude Bremond, in questo miniracconto abbiamo una
eventualità che non rivela se ci sarà il passaggio all’azione o meno.
In realtà, l’unica parola che muove la prosa (che mostra l’azione) è il verbo “despertó” (si svegliò)
il quale anche se nasconde il genere (chi si sveglia?), e addirittura la specie (possiamo solo supporre
che chi si sveglia sia un essere umano!), non nasconde ciò che è essenziale: l’azione.
Solo se lo vediamo nel suo contesto, capiamo che questo verbo ha portato il dramma e avverte del
rischio. L’addormentato, così come i morti, non riconosce il rischio. Ma quando lui “si sveglia”,
immediatamente si confronta con il rischio. Il primo messaggio che deriva da questo racconto può
essere: “la vita è una sfida”, o “svegliarsi vuol dire affrontare dei rischi”. L’altro messaggio
potrebbe essere: “se non agisci (dormi), il male non scompare (è ancora lì)”. Ma la “différance” di
Derrida ci avverte che “quello che l’autore ha scritto” (il testo) e “ciò che l’autore voleva dire” (il
messaggio) non si sovrappongono, perciò cercare il messaggio esatto che voleva dare l’autore è uno
spreco di tempo.
Il dinosauro taglia il risveglio subito dopo la virgola e, con tutto il terrore che rappresenta, si trova
nel bel mezzo della frase (del racconto). Anche se nel passato è stato un essere reale, lui dà al
racconto la dimensione fantastica, poiché l’immaginazione che abbiamo di lui supera i limiti
dell’animale comune. Così, mentre prima della virgola avevamo il protagonista, dopo la virgola
abbiamo l’antagonista. Diciamo antagonista perché riteniamo che il dinosauro possa mangiare
“l’essere umano”, e non viceversa. Vale a dire, il lettore istintivamente si posiziona nel lato del
“debole”, o dal lato della sua specie. In seguito, dopo il nome “dinosauro”, con il verbo “era” si
annota e si distingue il passato seguito dall’avverbio “ancora”, il che dimostra che il dinosauro è
vivo e davanti alla faccia del protagonista. Se si rimuovesse l’avverbio non avremmo alcun
argomento per sapere se il dinosauro è vivo o morto. Ma lui “era ancora lì”, il che significa che non
era andato via. Mentre l’avverbio di luogo (lì) è il modo migliore per distinguere il narratore dal
A differenza del positivismo francese che studiava l’autore per comprendere il testo, Roland
Barthes “ ha ucciso” l’autore per lasciare il testo ai lettori. Questo parere venne assolutizzato dai
“ricezionisti” (H.R. Jauss, W. Iser, S. Fish , ecc.), e Umberto Eco lo rese più sottile introducendo il
Lettore Modello – prodotto simultaneamente al testo – con cui il lettore si proietta nella testa
dell’autore.
Ma, dal momento che l’autore viene ucciso e viene lasciato in vita il lettore, resta inteso che
l’interpretazione del testo avviene di sfuggita. Il raccoglimento nel testo viene fatto solo quando
vengono dichiarati morti sia l’autore che il lettore. Questa doppia morte condiziona la piena vita
del testo, perché “non c’è nulla al di fuori del testo” (il n’y a pas de hors texte), diceva Derrida
negando alla parola la possibilità della rappresentazione del riferimento. In questo caso, “non c’è
nulla al di fuori del testo” significa “né l’autore, né il lettore, né mondo reale”.
Il testo narrativo è un mondo di finzione, dove non può entrare nessun essere reale. Nel testo ci sono
eventi, personaggi e altri elementi narrativi. L’autore non si rivolge al lettore, ma il narratore al
narratario. Così, la vita del testo dovrebbe essere la morte del lettore.
Con i termini narratore (narrateur) e narratario (narrataire), anche se non lo dice in modo deciso,
Genette si oppone al concetto di Barthes uccidendo “il futuro” del testo (il lettore). Secondo lui, i
narratore e il narratario sono esseri di finzione all’interno del racconto. Come tali, possono
comunicare tra di loro.
Il concetto del narratario rovescia il concetto del lettore e promuove il mondo intratestuale
(all’interno del testo), cioè il mondo fittizio che ha chiuso la porta ad ogni essere reale. Questo non
vuol dire che è stata respinta l’opinione che “i testi parlano gli uni agli altri” (U. Eco), ma si insiste
sulla tesi che il racconto può leggere se stesso. Il testo può dialogare con altri testi, ma il fittizio non
ha ragione per aprire le porte davanti alla realtà. Il testo, appena si produce non serve più né
all’autore e nemmeno al lettore. Il testo legge sé stesso – questa è l’'utopia che gli scrittori hanno
cercato fin dall’inizio!
Ecco dove trovano “Il dinosauro” di Monterroso, che non ti prende più di tre secondi di lettura, tutti
quelli che sono pigri a leggere. Ma, forse, presupponendo che ci sono lettori che non hanno voglia
di perdere anche quei secondi di lettura, l’autore inventa il narratario per salvare la sua narrazione.
L’avverbio “lì” del racconto di Monterroso dichiara morto il lettore.
Attenzione! Il dinosauro che è seduto di fronte al “Protagonista” sta masticando qualcosa. Non
stupitevi se l’edizione delle notizie iniziasse con questa notizia: “Con rammarico vi informiamo che
il Dinosauro ha mangiato il lettore!”