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05/03/15 16:45
Cassazione
Civile
Cass. civ. Sez. lavoro, 27-07-2006, n. 17159
Fatto
Diritto
P.Q.M.
CONCORDATO PREVENTIVO
Concordato preventivo
in genere
FALLIMENTO
Fallimento, in genere
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SENESE Salvatore - Presidente
Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere
Dott. PICONE Pasquale - rel. Consigliere
Dott. DE MATTEIS Aldo - Consigliere
Dott. MORCAVALLO Ulpiano - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
R.L.P., elettivamente domiciliato in Roma, Via Monte Zebio, n. 40, presso l'avv. Minucci Franco, che lo
difende con procura speciale apposta a margine del ricorso;
- ricorrente contro
AGRICAP S.p.A. - gi SIAPA, Societ Italo Americana Prodotti Antiparassitari - in liquidazione e
concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, in persona del liquidatore giudiziale Michele
Tamponi, elettivamente domiciliata in Roma, Via Alfredo Fusco, n. 1011, presso l'avv. Caiafa Antonio,
che la difende con procura speciale apposta a margine del controricorso;
- resistente e contro
AGRICAP S.p.A. - gi SIAPA, Societ Italo Americana Prodotti Antiparassitari -in liquidazione e
concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, in persona del legale rappresentante
liquidatore in carica;
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- intimata per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Roma n. 6916 in data 19 maggio 2003 (R.G.
8590/2001);
sentiti, nella pubblica udienza del 23.5.2006: il cons. Dr. Pasquale Picone che ha svolto la relazione
della causa;
gli avv. Minucci e Caiafa;
il Pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore generale Dr. VELARDI Maurizio, che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
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4. Con il quarto e ultimo motivo denunciata violazione del R.D. 16 febbraio 1942, n. 267, art. 167,
comma 2, unitamente a vizi di motivazione, siccome, nel caso di specie, l'autorizzazione del giudice
delegato non era richiesta, n per il ricorso del dirigente, n per l'attivit difensiva della societ, fatta
eccezione per eventuali atti di disposizione della lite.
5. La Corte, esaminati unitariamente i motivi di ricorso, che contengono argomentazioni connesse e
concernenti una questione unica, li giudica infondati, risultando il dispositivo della sentenza impugnata
conforme al diritto, ancorch la motivazione necessiti di precisazioni e integrazioni (art. 384 c.p.c.,
comma 2).
6. La controversia va risolta sulla base delle disposizioni dettate dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art.
167 (Amministrazione dei beni durante la procedura): Durante la procedura di concordato, il debitore
conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza del commissario
giudiziale e la direzione del giudice delegato.
I mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le
concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, te ricognizioni di diritti di terzi, le
cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredit e di donazioni e in genere gli
atti eccedenti la ordinaria amministrazione, compiuti senza l'autorizzazione scritta del giudice delegato,
sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.
7. Sulla base di detta norma, la giurisprudenza della Corte enuncia il principio secondo cui, in caso di
concordato preventivo con cessione dei beni, ai sensi del comma 1 della norma sopra trascritta, a
differenza di quanto avviene nel fallimento, permane la legittimazione dell'imprenditore nelle azioni
proposte dai creditori;
nondimeno, alla legittimazione dell'imprenditore si affianca quella del liquidatore dei beni, quale
contraddittore necessario, qualora si tratti di domande di condanna o comunque idonee ad influire sulle
operazioni di liquidazione e di riparto del ricavato (principio affermato da Cass. S.u. 28 maggio 1987, n.
4779, cui si sono conformate le decisioni successive: Cass. 20 settembre 1993, n. 9758;
15 gennaio 1997, a 363; 29 aprile 1999, n. 4301; 26 luglio 2001, n. 10250).
8. Questo principio stato desunto dall'esigenza di coordinare la conservazione della legittimazione del
debitore con la vigilanza del commissario giudiziale e la direzione del giudice delegato, che sarebbero
escluse dalla formazione di giudicati senza la partecipazione al giudizio del commissario.
Non pu essere esteso, perci, come sembra ritenere la difesa del liquidatore giudiziale, alle procedure
di arbitrato, rituale o irrituale, che si svolgono esclusivamente tra le parti identificate dall'atto
negoziale. In altri termini, i temi del contraddittorio attengono alla validit del lodo, nel caso di specie,
peraltro, fuori discussione per effetto della sentenza di rigetto dell'impugnazione proposta dalla Agricap
S.p.A. (sentenza del Pretore di Roma in data 19.5.1998, non impugnata).
9. Il tema controverso, pertanto, attiene interamente al piano dell'efficacia, o inefficacia, del lodo
rispetto ai creditori anteriori al concordato, secondo le disposizioni del secondo comma dell'art. 167 L.
Fall..
Sul punto, la Corte non concorda con l'assunto del ricorrente secondo cui non dato ravvisare un atto
necessitante di autorizzazione scritta del giudice delegato.
E' fin troppo evidente che tale atto non pu essere identificato nella clausola compromissoria, gi
divenuta impegnativa per l'imprenditore con la stipulazione del contratto collettivo.
Va, invece, ravvisato della decisione del debitore, assunta dopo l'apertura della procedura di
concordato, di non avvalersi del potere di opporsi alla procedura arbitrale.
10. Non in contestazione, come ampiamente confermano i motivi del ricorso, che il contratto
collettivo contemplava l'arbitrato irrituale per la risoluzione della controversia sulla natura ingiustificata
del licenziamento, con la conseguente determinazione della cd. "indennit supplementare", quale
strumento di tutela alternativo e non esclusivo, avendo ciascuna delle parti il potere di paralizzare la
procedura, manifestando la volont di non volerla utilizzare (vedi Cass. 8 novembre 2001, n. 13840; 24
giugno 1998, n. 6268).
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Orbene, siccome il credito del dirigente nasce, per effetto della previsione del contratto collettivo, con il
licenziamento ingiustificato, il compito demandato agli arbitri (come avviene, del resto, per il giudice)
era quello di verificare l'esistenza del credito e di determinarne l'ammontare.
L'atto di accettazione della procedura arbitrale, di conseguenza, configura strumento atto a realizzare
"ricognizione dei diritti di terzi" nell'ambito del mandato conferito agli arbitri e la decisione di sottrarre
la controversia alla giurisdizione statale va comunque ascritta alla categoria degli atti di straordinaria
amministrazione, nella nozione, funzionale allo scopo della norma, delineata mediante l'elencazione di
specifici atti, tutti caratterizzati dall'astratta pericolosit per la massa in relazione all'attitudine ad
alterare la situazione patrimoniale oggetto della proposta di concordato.
La giurisprudenza della Corte, del resto, non
autorizzazione del giudice delegato rientrano
assunti con atti negoziali precedenti (vedi:
autorizzazione alla stipulazione del contratto
contratto preliminare).
11. E' sufficiente avere constatato che l'imprenditore era titolare di un potere per il cui esercizio era
necessaria l'autorizzazione del giudice delegato, per concludere nel senso che l'atto di esercizio posto in
essere senza autorizzazione deve ritenersi inefficace per i creditori anteriori al concordato.
Sicuramente non rilevano le modalit e le forme con le quali il potere poteva ed stato esercitato. Che
non fosse necessario un atto esplicito di accettazione della procedura, bastando il silenzio serbato
sull'istanza della controparte (restando irrilevante anche la "contumacia" nel procedimento arbitrale),
non incide in alcun modo sulla natura di atto di disposizione eccedente l'ordinaria amministrazione e
posto in essere al fine di realizzare l'effetto di ricognizione dei diritti di terzi.
12. Per le ragioni esposte il ricorso va rigettato, ma le correzioni e integrazioni della motivazione della
sentenza impugnata, nonch il contenuto delle argomentazioni difensive della liquidazione giudiziale,
inducono a compensare le spese del giudizio di cassazione per giusti motivi. Nulla da provvedere sulle
spese nei riguardi della parte non costituita.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di cassazione tra il ricorrente e la parte
resistente.
Cos deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 23 maggio 2006.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2006
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