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Stefano Garroni
Ripensare Marx
Indice
1 Appunti per rileggere Marx pag. 6
2 Scienza o immediatezza nella Vorrede dellhegeliana Fenomenologia- Pag 13
3 Dal casuale allente sociale pag. 33.
4 Due pagine sulla dialettica pag. 75
5 Note sulla polisemia di dialettica: dal quotidiano alla riflessione formale- pag. 90
6 Note sulla problematica dialettica di Gramsci- pag . 95
7- Il tema hegeliano del riconoscimento. pag. 102
8 La morale in Marx pag. 110
Scienza o immediatezza,
Fenomenologia.
nella
Vorrede
dellhegeliana
Stefano Garroni
1 - Nella Vorrede (prefazione) di unopera filosofica, si crede
erroneamente cos nota Hegel1 - di poterne indicare lessenza (intesa
come lo scopo, che lA. si prefissato; il rapporto, in cui si trova la sua
trattazione rispetto ad altri lavori, che hanno affrontato lo stesso
argomento ed, in fine, il risultato a cui lopera pervenuta),
contrapponendola, tale essenza, allo sviluppo, che la ricerca ha seguito
per giungere ai suoi risultati. Ma ci, avverte Hegel, non confacente
rispetto alla natura della cosa (cio, lessenza della filosofia) ed ,
perfino, contrario allo scopo (dunque, la messa in chiaro di codesta
essenza).
Avendo, di fatto, sullo sfondo anche un orientamento, che fu dello
scetticismo antico, e continuando a riflettere sul tema della Vorrede di
un opera filosofica, Hegel chiarisce che offrire uninformazione storica
a proposito della tendenza e della posizione (che caratterizzano la
filosofia in questione), del (suo) contenuto generale e dei (suoi)
risultati, oppure prender le mosse da un insieme ordinato di asserzioni
ed assicurazioni, assunte e proposte senzaltro circa il vero ecco il
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rende il fiore un falso esserci della pianta; ed, in quanto loro verit,
questo si presenta al posto degli altri. Non solo queste forme si
distinguono, ma anche si respingono come intollerabili luna rispetto
allaltra. La loro fluente natura, per, rende, nello stesso tempo, quelle
forme momenti dellunit organica, in cui esse non solo non si
contrastano, ma anzi si dimostrano luna tanto necessaria quanto
laltra e la vita del tutto nasce proprio da questa uguale necessit.6
Dunque, ancora una volta, ci troviamo di fronte alla critica antiintellettualistica di Hegel, che denuncia leffetto reificante del Verstand,
perch incapace di cogliere il ritmo interno delle cose, il loro essenziale
articolarsi in momenti.
Sappiamo, per, che nonostante la sua radicalit, la critica hegeliana
allintelletto non comporta l esclusione di questultimo dallambito della
conoscenza scientifica; ed, infatti, precisa Hegel, se un simile fare
ovvero lintellettualistica maniera di concepire il rapporto tra le filosofie
e di definirne lessenza-, dovesse valere per qualcosa di pi dellinizio
della conoscenza [sott. mia, SG], e se dovesse valere addirittura come
effettiva conoscenza, nella realt esso sarebbe da registrare fra i
ritrovati, per girare intorno alla cosa stessa e per legare lapparenza
del conoscere reale e dellimpegnarsi intorno alla cosa, con il
trascurare entrambi.
Dunque, pur nel suo limite, lintelletto (Verstand) appartiene al
processo della conoscenza, ne segna un ben preciso momento: quello
della distinzione, della separazione; momento, che essenziale,
purch riesca a non irrigidirsi e a non perdere, cos, il fluire delle cose
ed il trascorrere delle contraddizioni nella mediazione, che le supera e
ripropone ad un altro livello. Necessario, dunque, lintelletto, come
momento della conoscenza, nella stessa misura, in cui sappia
trapassare e negarsi- nella ragione o Vernunft.
Tornando alla questione del senso e del significato di una filosofia,
partendo da quanto sopra, Hegel ribadisce che la cosa non esaurita
dal suo scopo, ma dal suo manifestarsi progressivamente
(Ausfhrung); dunque, il risultato non il tutto reale, ma piuttosto il
tutto reale il risultato, insieme al suo divenire.
Esplicativo della prospettiva dialettica, anche il prosieguo della
pagina: lo scopo per s luniversale non vivente, come la tendenza
la tensione (Treiben), che ancora manca di una sua realt, e il nudo
risultato il cadavere, che ha lasciato dietro di s la tendenza.
Per un miglior approfondimento, ricordiamo che, per Hegel, la vera
configurazione (Gestalt), in cui la verit esiste, pu essere solo il suo
sistema scientifico: collaborare a questo, che la filosofia si avvicini alla
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chiara.17
3 C un nesso chiaro fra il modo, in cui Hegel concepisce il farsi
della scienza da un lato, e la sua rappresentazione della sostanza
vivente dallaltro: nel senso che, in entrambi i casi, lenfasi hegeliana
sul movimento, sul farsi.
La sostanza vivente scrive Hegel- lessere: il quale in realt
soggetto o, il che lo stesso, ci che in verit reale solo nella
misura, in cui movimento del porre se stesso o la mediazione con se
stesso, del divenire altro da s: il vero solo questa ricostruentesi
uguaglianza o la riflessione in se stesso nellaltro da s. Non gi
ununit originaria o immediata; piuttosto, il vero il divenire di se
stesso, il circolo che presuppone come suo scopo e che ha come
cominciamento la propria fine e. solo mediante la realizzazione
progressiva e la sua fine, reale (p.22).
Daltronde, questa stessa concezione, che -sappiamo- sta al fondo,
anche, del modo hegeliano di concepire la Vorrede di unopera
filosofica: in tutti e tre i casi (dello sviluppo della scienza, della
sostanza vivente e del senso e significato di una filosofia), la questione
ricostruire il processo, che conduce ciascuna delle tre alla propria
conclusione, ma sempre procedendo dal futuro della cosa, ovvero, dal
suo punto di arrivo o di maggiore sviluppo e maturit.18
A questo punto possiamo considerare una pagina, che anticipa e
rende nulla- molta della critica a cui fino ai nostri giorni- Hegel sar
sottoposto. Vediamo.
La vita di dio scrive Hegel- e il conoscere divino possono,dunque,
essere bene espressi come un gioco dellamore con se stesso; questa
idea pu degradarsi fin alledificazione ed anche fino allinsipidezza,
quando vengono a mancare la seriet, il dolore, la pazienza e il lavoro
del negativo. In s quella vita lintatta uguaglianza e unit con se
stessa, a cui manca ogni seriet [di impegno] con lesser-altro e con
lestraneazione, cos come con il superamento di questa estraneazione.
Limportanza della pagina sta nel sottolineare come non esista totalit
hegeliana, senza quel suo interno travaglio, dato dalla presenza reale
della contraddizione e, dunque, dellaltrettanto reale e costante
sforzo,fatica di superarla. La seriet del vivere appunto questo:
riconoscersi allinterno di una contraddizione reale, ma anche della
razionale possibilit, mediante faticoso impegno, di superarla.
Se considero lIn s, senza le contraddizioni, che lo travagliano, ci che
ho in mano solo lastratta universalit, in cui si fatta astrazione
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- Ovvero, come direbbe Althusser, dalla piena giovinezza della cosa, che si ha solo
al termine del processoo di sviluppo.
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- Hegel, PH : 26.
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- gli individui.
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della] immensa forza del negativo; lenergia del pensare, del puro io.
(p. 36).
Gi pi di una volta abbiamo avuto modo di vedere come una chiave di
lettura dellopera di Hegel sia la critica a <ci che morto>, nel senso
di separato, ovvero, il cui Dasein -a quanto sembra- prescinde da una
complessa rete di relazioni, da cui invece deriva, di fatto, la sua
effettiva, storica presenza e il suo puntuale significato.
<Il morto>, insomma, si presenta come linsuperabile soluzione di
continuit di un circolo: quasi una ferita, che impedisca allinsieme di
essere un tutto.
In questo senso, il <morto> lintelletto, per la sua essenziale
relazione con la differenza. Ma anche qualunque forma di
conoscenza, che pretenda sottrarsi alla mediazione la quale, al
contrario, lunico mezzo per togliere quella ferita, che costringe
linsieme alla frantumazione.
LIo, il Soggetto, lo Spirito, la Vita son tutte figure, la cui caratteristica
essenziale di non sottrarsi alla capacit dilacerante del morto, del
rigido, del negativo (in questo senso).
S piuttosto quelle figure sanno affrontarlo a viso aperto, inglobarlo in
s e con ci stesso superarlo: la Vita non ha paura della morte
si conserva dalla devastazione e, dunque, la sopporta e in essa si
conserva. (p. 36)
Da parte sua, lo Spirito conquista la propria verit, perch sa ritrovar
se stesso nellassoluta dilacerazione. Lo Spirito questa potenza non
in quanto positivo, che si guarda bene dal negativo [sott.mia, SG],
come quando noi di qualcosa diciamo questo nulla, oppure falso
e, dunque, prontamente passiamo ad altro: s piuttosto lo Spirito
questo potere, perch guarda in faccia il negativo, si sofferma presso
di esso [sott.mia, SG] (p. 36), e cos lo recupera allinterno del suo
ciclo vitale, creativo.
E questo il potere magico dello Spirito (Zauberkraft), la capacit sua di
trascinare il negativo nellessere, trasformandolo in un suo momento
interno.
Codesta Zauberkraft una caratteristica essenziale dellattuale fase di
sviluppo dello spirito: infatti, se il modo di studiare del tempo antico
coincideva col processo di formazione della coscienza naturale e se
questultima si mostrava come universalit attiva perch andava
cercandosi in ogni esserci e in ogni avvenimento; oggi lo Spirito non si
cerca pi nellaltro da s (che in questo modo viene confermato,
appunto, come altro), ma cade in un diverso vicolo cieco.
Oggi ed questa la novit- trova gi elaborata la forma astratta; la
sollecitazione ad afferrarla e farla propria pi limmediato venir fuori
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- J. W. Yolton, John Locke, Bologna 1990: 36. Per limportanza, in Hegel, del
nesso persona/libert moderna, v. E. Cafagna, La libert nel mondo, Bologna
1998: 39.
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- Yolton, op. cit.: 77.
58
- Yolton, op. cit.: 81.
59
- E chiaro che, se vale il punto di vista di Locke, se dunque lindividuo
naturalmente immerso in una situazione di razionalit e socialit, la sua
successiva evoluzione in persona (la quale non pu darsi, in mancanza di un
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3. Che la legge di natura, proprio in quanto legge, -osserva Lockenon sia conosciuta da noi attraverso la tradizione, mi sembra provato
dagli argomenti seguenti. Primo, perch di fronte a una cos grande
variet di tradizioni in conflitto fra loro sarebbe impossibile stabilire che
cosa sia la legge di natura, difficile giudicare esattamente che cosa
vero, che cosa falso, che cosa la legge, che cosa l'opinione, che
cosa impone la natura, che cosa l'interesse, che cosa consiglia la
ragione, che cosa fa parte degli insegnamenti impartiti dal potere
politico. Dal momento che infatti sono dovunque cos diverse le
tradizioni, cos chiaramente opposti e in conflitto fra loro i giudizi degli
uomini, non solo se viventi in nazioni diverse, ma anche nello stesso
Stato (ogni opinione che abbiamo appreso dagli altri costituisce infatti
una tradizione); dal momento che infine ognuno si batte con tanto
impegno in favore della propria opinione e pretende di essere creduto,
sarebbe evidentemente impossibile, se fosse soltanto la tradizione a
stabilire il fondamento del nostro dovere, riconoscere quale sia mai
tale tradizione, oppure scegliere la verit in tanta diversit. Non si pu
infatti fissare una ragione del perch quest'uomo piuttosto che un
altro, le cui asserzioni sono esattamente contrarie, debba essere
investito dell'autorit della tradizione dei padri, o perch ad esso si
debba prestar fede pi facilmente, a meno che la ragione non trovi
una qualche differenza nelle cose stesse che vengono tramandate e
aderisca perci a un'opinione rifiutando l'altra, in quanto quest'ultima
dotata, rispetto alla prima, di una minore evidenza riconoscibile con il
lume di natura. Questo modo di procedere non significa certo credere
alla tradizione, ma bens giudicare direttamente delle cose stesse, il
che distrugge ogni autorit della tradizione. Per concludere, o nel
conoscere la legge di natura resa nota dalla tradizione si deve usare la
ragione e il discernimento, e allora inutile parlare di tradizione,
oppure, secondo un'altra ipotesi, la legge di natura non pu rendersi
nota attraverso la tradizione, o infine la legge di natura non esiste
affatto. Poich la legge di natura una sola e identica in tutti i luoghi,
mentre le tradizioni sono diverse, necessario di conseguenza o che la
legge di natura non esista affatto, o che non sia conoscibile in questo
modo. In secondo luogo, se la legge di natura si dovesse apprendere
dalla tradizione, si tratterebbe in questo caso di fede piuttosto che di
conoscenza, in quanto dipenderebbe dall'autorit di chi parla pi che
dall'evidenza della cosa in s, e quindi sarebbe in definitiva una legge
ricevuta dall'esterno pi che una legge innata.65 In terzo luogo, quanti
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. 2: J. J. Rousseau.
1 - La pi utile e meno progredita fra tutte le conoscenze umane mi
sembra sia quella dell' uomo; ed oserei dire che la inscrizione del
tempio di Delfo72 da sola contenesse un precetto pi importante e
difficile che tutti i grossi libri dei moralisti. Perci io considero l'
argomento di questo discorso come una delle questioni pi interessanti
che la filosofia possa proporre, e, disgraziatamente per noi, come una
delle pi spinose a risolversi per i filosofi: poich, come conoscere la
fonte della disuguaglianza fra gli uomini, se non si cominci dal
conoscer se stessi? e come l'uomo verr mai a capo di vedersi tal
quale natura l'ha formato, attraverso tutti i cangiamenti che la
successione dei tempi e delle cose ha dovuto produrre nella sua
costituzione originaria e di svincolare ci che deve alla sua essenza
intima da ci che le circostanze ed i suoi progressi hanno aggiunto o
mutato nel suo stato primitivo?"73
Per dar maggiore forza alla sua convinzione, Rousseau cita una pagina
della Storia naturale di Buffon74, dunque, di uno scienziato che
rappresentava, a quei tempi, unautentica autorit.
Qualsiasi interesse abbiamo a conoscere noi stessi, scriveva Buffon,
non so tuttavia se non conosciamo meglio tutto ci che non sia noi.
Provvisti dalla natura di organi unicamente destinati alla nostra
conservazione, non li adoperiamo che a ricevere le impressioni
esterne; non cerchiamo che di espanderci all'esterno e di esistere fuori
di noi; troppo occupati a moltiplicare le funzioni dei nostri sensi e ad
aumentare l.' estensione esteriore del nostro essere, di rado facciamo
uso di quel senso interiore, che ci riduce alle nostre vere dimensioni, e
che separa da noi tutto ci che non ne fa parte. Tuttavia di questo
senso dobbiamo servirci se vogliamo conoscerci; solo per suo mezzo
possiamo giudicarci. Ma come dare a questo senso la sua attivit e
tutta la sua estensione? come svincolare la nostra anima, nella quale
esso risiede, da tutte le illusioni del nostro spirito? Abbiamo perduta l'
Analogo rifiuto del paternalismo lo troviamo in Kant, come mostra K.
Vorlnder, Kant und Marx, in AAVV, Marxismus und Ethik, Frankfurt/Main
1974: 289s.
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- Il famoso gnoti se autn (conosci te stesso), a cui si improntava la filosofia
di Socrate.
73
- J. J. Rousseau, "Discorso sulla disuguaglianza". Prefazione, in J. J.
Rousseau, Discorsi e Contratto sociale, Bologna 1971: 43s.
74
- G. L. Leclerc, conte di Buffon (1707-1788). Grande naturalista, la sua
opera principale uscita tra il 1749 e il 1789- e la Histoire naturelle.
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- ivi: 147.
- ivi: 74. Cos Rousseau in una lettera a Voltaire del 18 agosto 1756: la plus
grande ide que je me puis me faire de la Providence est que chaque tre
matrial soit dispos le mieux quil est possible par rapport au tout, et chaque
tre intelligent et sensible le mieux quil est possible par rapport lui-mme.
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Stato giusto.
Garantire, appunto ma nei modi storici effettivi e non nel
vagheggiamento immaginario- quellequilibrio tra desideri, possibilit
ed averi, che faccia dello Stato il luogo, in cui domina il comune
interesse e che escluda, in ogni modo, la prepotente sopraffazione di
un interesse parziale sul bene comune. E questo il significato del fatto
che lo Stato roussoiano abbia come legge fondamentale e limite
insuperabile la volont generale.85
2. - In Rousseau non trovi una salda e compiuta dottrina; (s)
piuttosto un movimento sempre rinnovantesi del pensiero un
movimento di tale forza e passione che sembra impossibile di fronte ad
esso rifugiarsi nella quiete della contemplazione storica obiettiva. 86
Cos scrive Ernest Cassirer e la sua annotazione va tenuta ben
presente, perch non solo sarebbe inevitabile la delusione di chi
puntasse a leggere Rousseau, pensando di trovarsi di fronte ad un
filosofo nel significato pi rigoroso (sistematico) del termine; ma
andrebbe deluso, anche, chi pensasse di poter definire in modo
sostanzialmente univoco le parole-chiave del vocabolario roussoiano.
Per mettere bene a fuoco questultimo aspetto, vale riandare a
Galvano Della Volpe, il quale usa lespressione platonismo o innatismo
cristiano anche allo scopo di sottolineare lequivoco rinvio, che trovi nel
filosofo ginevrino, alla ragione naturale la quale, in effetti,
nelleconomia della riflessione roussoiana, tende a sfumare in uno
spiritualistico concetto di interiorit, dunque, in un apriori, che non
tanto <raison>, quanto piuttosto <coeur> = <sentiment> =
<conscience>. E di qui prosegue Della Volpe- che deriva
lindividualismo etico, lumanesimo protoromantico peculiare a
Rousseau e, quindi, il significato specifico, che in lui acquista il
concetto di persona.87
Come si vede, Cassirer e Della Volpe convergono nel motivare la nonsistematicit roussoiana non tanto con una particolare attenzione del
filosofo ginevrino per i significati determinati e, quindi, differenzianti e
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- Utile questa precisazione di Restaino, op.cit.: 29 - La dottrina germanocoleridgiana esprime la rivolta della mente umana contro la filosofia del
diciottesimo secolo. Essa ontologica, perch quella era sperimentale;
conservatrice, perch quella era innovatrice; religiosa, perch molto di quella
era infedele; concreta e storica, perch quella era stratta e metafisica; poetica,
perch quella era banale e prosaica.
110
- J. S. Mill, Essays: 181.
111
- Quanto tutto ci sia consonante con un costante (o quasi) atteggiamento
della cultura britannica, lo mostra bene C. Camporesi, op. cit.: 6ss.
112
- Sullimportanza del dialogo platonico Parmenide per il pensiero di Hegel e
dialettico in generale, cf. H. H. Holz, Marx, la storia, la dialettica, 1996: 40ss.
61
- Mill, On Liberty : 70
- Mill, ivi.
115
- Mill, op. cit.: 71 mette in luce come lodium theologicum faccia
effettivamente parte del senso morale di un bigotto! Lappello al senso morale
pu perfino giustificare i pogrom.
116
- Cit. in Frongia, op. cit.: 7s.
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- Mill, ivi.
- Mill, ivi: 69.
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- Opportuno appare questo giudizio. la razionalizzazione milliana
dellirrazionale appare pi una sovrapposizione che non un disvelamento reale
dei meccanismi psicologici e sociologici. (Camporesi, op. cit.: 18).
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l'astratto
dell'intelletto privo di ragione. Dio nella
sua verit in se stesso il concreto,
dio persona, soggetto e, concepito
come
persona,
nella
sua
determinatezza, spirito, colui che in
s trino, in s determinato e l'unit di
questa determinatezza. Ci costituisce
il concreto. Dunque dio il concreto,
vero. Nel pensiero, che abbraccia il
vero, bisogna anche esser proceduti
fino al concreto il contenuto deve
dunque essere in se stesso concreto,
non soltanto per essere suscettibile
dellarte, ma in generale per essere
contenuto veritiero. La terza cosa
che
il
sensibile
anchesso
essenzialmente
un
concreto,
individuale, singolo in s. Ci che in
s vero, un concreto. (Hegel,
Lezioni di Estetica, Bari Laterza 200:
33s).
1 - E noto che Einfall un termine assai importante nel vocabolario
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cose).158
E facile vedere come la forma o logica di questo ragionamento
riproduca la forma o logica della critica allempirismo, che Leibniz, ad
es., muoveva.
La produttivit scientifica della critica allempirismo sottolineata, in
un esempio di rilievo, dallo stesso M. Dobb, quando scrive:
indubbiamente, per Marx la pi importante applicazione della
sua teoria fu l'analisi del carattere delle crisi economiche. Ai suoi
tempi, l'esame serio di questi fenomeni era ancora agli inizi. Si
erano avute alcune feconde, ma non-sistematiche, osservazioni
del Sismondi (1773-1842) circa gli effetti disintegratori della
concorrenza e della produzione per un largo mercato; si era
avuta la classica discussione fra Malthus (1766-1834) e Ricardo
sul fatto se prosperit e depressione fossero dovute alla
deficienza del consumo; in Germania, Rodbertus (1805-1875)
aveva sviluppato la sua teoria delle crisi, basata sul
sottoconsumo. Ma, per quanto riguardava la scuola ricardiana e
la sua tradizione, si pu dire che nel suo sistema le crisi non
trovavano virtualmente posto; se si verificavano depressioni,
esse dovevano essere considerate come dovute a interferenze
esterne nel libero gioco delle forze economiche o nel progresso
dell'accumulazione del capitale, piuttosto che come effetto di
una cronica malattia interna della societ capitalistica. Perfino i
successori di questa scuola furono tanto ossessionati da questa
presunzione che cercarono una spiegazione in cause naturali
(come il diverso andamento dei raccolti) o nel velo monetario.
Ma a Marx appariva evidente che le crisi sono connesse con i
caratteri essenziali della economia capitalistica presa in s.
(Dobb, 1974: 85).
In questa contrapposizione fra scuola ricardiana e prospettiva dialettica
marxiana, ci che, di fatto, emerge il nesso, che lega dialettica e
sistematicit del conoscere.
Per comprendere, poniamoci dapprima questa domanda: che cosa
significa, dal punto di vista epistemologico, la crisi economica? Una
risposta suggestiva, ma forse anche corretta- che essa quel no!,
che interrompe il regolare, automatico svolgersi delle leggi di
funzionamento del sistema economico dato; in tal senso, la crisi
uninterruzione di continuit, un punto di rottura del sistema, di
discontinuit.
La scuola ricardiana sottolineava Dobb- ha coscienza di quel no !, ma
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Bibliografia.
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NOTE
SULLA
POLISEMIA
DI
<DIALETTICA>:
QUOTIDIANO ALLA RIFLESSIONE FORMALE.
DAL
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tradizionale.171
Se questa concezione attribuisce al pensiero ed al linguaggio una
capacit inventiva, capace di fare dellimmaginazione scientifica
qualcosa di ben pi ricco e imprevedibile di qualunque coattiva
costruzione del mero sentimento (inconscio compreso), d luogo
tuttavia ad, una difficolt.
Posto il principio di continuit, va forse affermato che in effetti nulla di
nuovo sorge sotto il sole, ovvero, che non esistono fenomeni, anche
sociali, in radicale rottura con quelli della tradizione?
Se nella realt non esiste il gratuito, il casuale, il zufllig, ci comporta,
forse, il pieno dominio del predeterminismo e, di conseguenza, far
scienza non significher che ritrovare nel nuovo, nel sorprendente,
nellinedito, il dj vu ?172
Proseguendo nella nostra ricerca, le sorprese aumentano.
E chiaro infatti che, se vale il principio di continuit e se quello della
creativit del linguaggio si riduce semplicemente alla capacit di
combinare in modo diverso segni gi noti, inevitabile conseguenza
che il nuovo sia solo apparenza, che il movimento, il mutamento si
manifestino unicamente alla superficie del reale, e che ci che merita
veramente desser riconosciuto reale, in verit non altro che il
continuo, il costante.
Ma esaminiamo la questione, anche, sotto un altro verso.
E chiaro che, se vale il principio di continuit, quello della scienza
veramente un cosmo: nel senso di un universo ben costruito, che non
presenta smagliature, che funziona con quella regolarit e uniformit,
che forse neppure il miglior computer esistente (certamente non il
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- Dora in avanti indicher il testo col solo nome dellA. e il numero della pagina.
- Unanaloga incertezza va registrata, mi pare, a proposito del termine religione che, a volte,
Gramsci sembra usare per significare un sapere che implica commitment/engagement; altre volte,
invece, come analogo del termine senso comune. Si ricordi che posto il nesso necessario tra
religione e commitment, per molti (in particolare nellambiente culturale anglo-sassone), il
marxismo appunto una religione. Il problema della religione leggiamo in Gramsci: 5- inteso
non nel senso confessionale ma in quello laico di unit di fede tra una concezione del mondo e
una norma di condotta conforme: ma perch chiamare questa unit di fede religione e non
chiamarla ideologia o addirittura politica?
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- Gramsci: 18.
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- Gramsci: 139.
- Pu essere suggestivo richiamare il titolo del noto romanzo di Pirandello Uno, nessuno,
centomila, stampato per la prima volta nel 1926, dunque, pochi anni prima della stesura di queste
note gramsciane.
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- E questo, per Gramsci: 7, il senso dellespressione comune <prender le cose con filosofia>.
- Si noti, ancora una volta, la centralit del tema forma.
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- E interessante che questo motivo gioca un ruolo centrale nellargomentazione, che Lenin
svolge nel suo Lestremismo, malattia infantile del comunismo, in Opere, vol. XXXI (ed. it.).
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- Gramsci: 132.
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- Non possiamo qui approfondire il tema, ma quanto Gramsci sta dicendo a proposito di
dialettica e filosofia della prassi vale anche per filosofia hegeliana e dialettica. Ed anche la
conclusione la stessa: cos come per Marx, anche per Hegel la dialettica non una parte
separabile dal sistema. Il che toglie senso a ci, che la tradizione indica con rovesciamento
materialistico della dialettica hegeliana.
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- Per il concetto di attitude in relazione alla dialettica, rimando ovviamente a E. Weil, Logique
de la philosophie, Paris 1985 ed a F. Valentini, Soluzioni hegeliane, Napoli 2001.
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- la mentalit di Gramsci, pervasa di senso storico, ossia tale da considerare il corso storico
come una sorta di vivente razionalit e quindi come avente in s la sua misura (in s e non, per
esempio, in uno schema di tipo evoluzionistico), mentalit fortemente politica, convinta che la
politica la tragedia moderna e che fatua ogni pretesa di mettere le brache al mondo, neppure,
come si ora visto, brache marxiste. Gramsci infatti considerava il marxismo non tanto come
materialismo storico o come teoria del valore, ma essenzialmente come una interpretazione della
storia moderna che mostra l'attualit appunto storica della dittatura del proletariato. (F.
Valentini, Il pensiero politico contemporaneo, Laterza 1979: 397).
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Bibliogafia.
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tutto
fuorch
un
intellettualista: senza la creazione
mediante lazione negatrice non c
contemplazione del dato. La sua
antropologia fondamentalmente
differente dallantropologia greca, per
la quale luomo dapprima sa e si
riconosce, quindi, agisce. (Alexandr
Kojve).
Chi
accoglie
lidea
della
fenomenologia per trasformarla in
modo creativo, fa proprio ci che si
deve fare di fronte allopera hegeliana,
perch unopera vuole agire, influire in
modo vivente. (Otto Pggeler).
1. - Negli anni Venti del nostro secolo, il neopositivista Moritz Schlick
sottolineava come conoscere (erkennen) sia propriamente un riconoscere (wieder-erkennen).
Com noto, questo tema del conoscere come riconoscere gi lo
abbiamo incontrato in Hegel; dunque, pu destare qualche meraviglia
ritrovarlo in un ambiente (quello neo-positivista), che di solito
considera Hegel il campione del pensiero speculativo e metafisico,
contro cui si indirizza lanalisi linguistica, proposta, a partire dal
Wienerkreis (Circolo di Vienna, 1929), quale strumento terapeutico
appunto contro gli abusi linguistici197 e di pensiero.
La stessa puntualizzazione, che chiarisce come per Hegel non si tratti
esattamente di erkennen/wiedererkennen (riconoscere), ma s di
erkennen /anerkennen (riconoscere, ma nel senso di legittimare), non
ci toglie dallimbarazzo, dato che M. Schlick usa wiedererkennen,
intendendo dire che <conoscere X> equivale a ritrovare in X la
possibilit di ricondurlo a una certa forma o regola, nella quale la
ragione ritrova o riconosce se stessa; dunque, per Schlick, affermare
che la ragione conoscendo, riconosce X, significa dire che la ragione
legittima X, testimonia della sua razionalit, lo accetta nel dominio del
razionale. A questo punto wiedererkennen vale esattamente
anerkennen.
Da quanto detto, si possono ricavare due conseguenza:
(i) comune a due grandi momenti del razionalismo moderno (pensiero
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del mio corpo... Non devo trattare quest'ultimo con disprezzo e ostilit
... Se io mi comporto conformemente alle leggi del mio organismo
corporeo, la mia anima allora libera nel suo corpo... L'anima non pu
tuttavia arrestarsi a questa unit immediata con il suo corpo. La forma
dell'immediatezza di quella armonia contraddice al concetto dell'anima,
cio alla sua determinazione di essere un'idealit riferentesi a se
stessa. Per diventare conforme al suo concetto, l'anima deve
trasformare la sua identit con il corpo in una identit mediata, ossia
posta dallo spirito, deve cio impadronirsi del corpo, plasmarlo come
strumento docile e adatto alla propria attivit, deve trasformarlo in
modo da poter in esso riferire se a se stessa" .205 La pagina di Lwith
serve bene a rimarcare un tratto fondamentale del pensiero di Hegel.
Questi non intende affatto n negare le duplicit e opposizioni, che si
offrono nel reale; n pretende sacrificare questo opposto in nome di
quellaltro ad es., la sensibilit, la passione, in nome della ragione,
lirrazionale in nome del suo opposto. Tuttal contrario, prender atto
dellopposizione serve a Hegel per costruire una prospettiva di
riconoscimento.
Ovvero, una prospettiva, in cui lopposizione tra mediato e immediato,
tra sensibilit e riflessione, si ricomponga in una nuova dimensione, in
cui la sensibilit, il corpo pur nella loro realt, nella loro differenzasiano, per, la sensibilit e il corpo dello spirito.206
In questo senso, non si trova in Hegel la negazione idealistica del
corporeo, ma s la volont di umanizzazione di questultimo, di sua
trasformazione da mero opposto dello spirito, a componente dello
stesso, dunque, in qualcosa, in cui lo spirito pu riconoscersi.
Ma, chiaro, questa umanizzazione del corporeo o, in altri termini,
questo riconoscersi dello spirito nellaltro da s , realmente, un
processo, una storia che si sviluppa.207 Per questo, non va perduta la
puntualizzazione di Lukcs, quando scrive che stato Hegel ad
avvertire per primo sia la struttura complessa dei fenomeni, sia la
processualit della loro essenza, dei loro nessi, ed a metterle (questa
struttura e questa processualit) al centro delledificio metodologico di
qualsivoglia filosofia.208 Non pu certo meravigliare se questo suo
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cui Hegel conclude la prefazione della Filosofia del diritto: Del resto, a
dire anche una parola sulla dottrina di come devessere il mondo, la
filosofia arriva sempre troppo tardi. Come pensiero del mondo, essa
appare per la prima volta nel tempo, dopo che la realt ha compiuto il
suo processo di formazione ed belle fatta. Questo ci, che il
concetto insegna e la storia mostra necessario: che, cio, prima
lideale appare di contro al reale, poi, nella maturit della realt,
costruisce questo mondo medesimo in forma di regno
intellettuale.214. A questo punto, andiamo a qualche conclusione
significativa per la nostra ricerca.
Ricostruito in questo modo il pensiero di Hegel, comprendiamo
perfettamente come il filosofo tedesco tematizzi diversamente da
Rousseau il momento dellautocoscienza, ovvero della presa di
coscienza di s da parte del soggetto.
Rousseau, abbiamo visto, per realizzare il <conosci te stesso> aveva
bisogno di separare luomo dalle proprie circostanze di vita, dalle
deformazioni introdotte in lui dalla vita sociale.
Al contrario, gi con la Fenomenologia, Hegel non ha dubbi circa il
fatto che la formazione dellautocoscienza implichi lesistenza di una
pluralit di coscienze, tra le quali si realizza una complessa dialettica,
che la condicio sine qua non del sorgere, appunto, del
Selbsbewutsein (autocoscienza).
Ci significa, in altre parole, che la formazione dellautocoscienza
consegue ad un processo di riconoscimento, per il quale io son
riconosciuto dallaltro, dunque, io implico laltro.
Lautocoscienza scrive Hegel- comporta lesser riconosciuto: quindi,
lautocoscienza in e per s, nella stessa misura in cui per un altro;
il concetto di autocoscienza non possibile coglierlo, se non in questo
incrocio, multilaterale e dai vari significati, i cui momenti (le singole
autocoscienze) vanno, comunque, assunti come contrapposti.215
Non dunque contrapposizione tra coscienza di s e vita sociale, ma
ben al contrario questultima intesa come condizione necessaria della
coscienza di s.216
8 - La morale in Marx.
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Marx di prospettare il superamento della prospettiva (nazional) economica il che ribadisce il carattere scandaloso della
dialettica, in quanto rivoluzionaria per la sua stessa essenza.
Per il testo tedesco di Entfremdete Arbeit mi servo di K. Marx,
Texte zu Methode und Praxis II. Pariser Manuskripte 1844, Rowohlt
1966.
Siamo partiti cos inizia Marx il suo scritto-- dai presupposti della
Nationalkonomie (wir haben ihre Sprache und ihre Gesetze
akzeptiert); ci significa che Marx ha accolto questi presupposti e
questo vocabolario, cio: la propriet privata, la separazione
(Trennung) di lavoro, capitale e terra, cos come la divisione del
lavoro, la concorrenza, il concetto di valore di scambio, ecc.
Servendoci prosegue Marx- delle stesse parole della Economia
Nazionale (dora in avanti NE), abbiamo mostrato che il lavoratore
si abbrutisce nella condizione di merce e, perfino, della merce pi
povera; abbiamo mostrato inoltre che la miseria dei lavoratori in
rapporto inverso con il potere e lammontare della loro produzione.
Abbiamo mostrato che necessario risultato della concorrenza
laccumulazione del capitale in poche mani, dunque, la pi
spaventosa restaurazione del monopolio. Altra necessaria
conseguenza che le diverse forme di propriet e di lavoro
dipendente si riducono alla polarit proprietari/lavoratori provi di
propriet217 (51)
Die Nationalkonomie geht vom Faktum des Privateigentums aus.
Sie erklrt dasselbe nicht. Sie fat den materiellen Proze des
Privateigentums, den es in der Wirklichkeit duchmacht, in
allgemeine, abstrakte Formeln, die ihr dann als Gesetze gelten. Sie
begreift diese Gesetze nicht, d.h. sie weist nicht nach, wie sie aus
dem Wesen des Privateigentrums hervorgehn.218 (51).
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lavoro: si tratta del rapporto del lavoratore con la sua stessa attivit,
che non gli appartiene, dunque lattivit come sofferenza, la forza
come mancanza di forza, la generazione come svirilimento
(Entmannung); lautoestraneazione.
Da questi due lati dellestraniazione se ne ricava un terzo (56): luomo
unessenza generica (Gattungswesen), non solo in quanto egli fa,
praticamente e teoreticamente, del genere sia proprio che delle altre
cose- un suo oggetto, ma anche perch egli si rapporta a se stesso
come al genere vivente e attuale, dunque a se stesso come essenza
universale e, per questo, libera.224
Abbiamo preso le mosse da un fatto nazionaleconomico,
dallestraniazione del lavoratore e della sua produzione; abbiamo
esplicitato il concetto di questo fatto: il lavoro alienato, estraniato;
abbiamo analizzato questo concetto, dunque, abbiamo analizzato un
fatto nazionaleconomico.225 Andiamo pi avanti ora nel vedere come il
concetto di lavoro estraniato, alienato nella realt debba esprimersi e
rappresentarsi.
Quando il prodotto del mio lavoro mi diviene una realt estranea,
nemica, a chi allora appartiene? (59)
Il rapporto estraniato delluomo col suo prodotto, proviene dal
rapporto che luomo ha con laltro uomo.
Il lavoro estraniato il risultato del movimento, che porta alla
propriet privata. (60)
Gi nelle pagine che abbiamo visto, la critica alla NE, in quanto teoria
del modo capitalistico di produzione (dora in avanti, KPW), non si
arresta al terreno economico-sociale, perch anche critica del modo
di costruire un teoria scientifica (in particolare, il modo di costruire
quello strumento fondamentale che lastrazione), nonch critica
dellimplicito morale, che il modo di analisi sottende ed espone (Marx
parla spesso del cinismo della NE.
A riprova di questo intreccio di temi, presente in Marx, volgiamoci alle
sue pagine, raccolte in Scritti inediti di economia politica, pubblicato a
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