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La guerra in Michel
Foucault e Deleuze-Guattari
Ultima modifica: venerd 4 novembre 2005
Massimiliano Guareschi
Per chi parla di guerra, a qualsiasi livello, citare von Clausewitz quasi
un obbligo, unabitudine o un riflesso condizionato. E cos, prima o poi, in
tutti i discorsi che toccano questioni belliche la famosa massima la
guerra la continuazione della politica con altri mezzisalta fuori, e
magari si finisce con il ribaltarla, soprattutto per segnalare i cambiamenti
intervenuti dal tempo delle guerre napoleoniche. Ribaltare Clausewitz
significa allora proiettare gli schemi del generale prussiano, ovviamente
reinterpretati senza soverchie preoccupazioni filologiche e alla luce di
alcune ipotesi teoriche forti, sulla storia universale fino a raggiungere
gli scenari geopolitici, sociali e tecnologici del Novecento. Da "Conflitti
globali", n1, Shake: http://www.shake.it/confl1.html
Sul piano geopolitico, la seconda met degli anni Settanta e linizio degli
anni Ottanta del secolo passato scorrono nel solco del declinante ordine
bipolare, fra insorgenze della Guerra fredda e segni, sempre pi evidenti,
dellincapacit di uno dei due contendenti nel tenere il passo dellaltro. Per
quanto riguarda lEuropa, la guerra sembra essere ormai consegnata, nelle
sue forme pi tipiche, alla dimensione della memoria, mentre il presente si
colloca lungo lorizzonte di mutual destruction inscritto nella dinamica del
conflitto nucleare, che priva la guerra dei suoi tratti di riconoscibilit pi
tipici, inducendo a riflessioni che spesso abbandonano il terreno pi
specificamente politico per configurarsi, assumendo una prospettiva quasi
biologica, in termini di sopravvivenza della specie. Certo, in quel
periodo si parla molto di guerriglia, di insurrezione, di lotte di liberazione,
ma in riferimento allaltrove degli spazi della decolonizzazione o di
periferie nelle quali i vincoli dellordine bipolare appaiono meno
stringenti. Questo, in sintesi, il contesto nel quale una formula, ribaltare
Clausewitz, con ovvio riferimento al noto adagio La guerra la
continuazione della politica con altri mezzi emerge dalla tematizzazione
della guerra di autori che hanno fortemente rinnovato i quadri della
riflessione filosofica e politica del Novecento, Michel Foucault da una
parte, Gilles Deleuze e Flix Guattari dallaltra, legati da evidenti affinit
teoriche ma che in proposito, come si avr modo di vedere,
manifesteranno significative divergenze di prospettiva.
La guerra delle razze
funzione militare. I grandi regni che sembrano emergere quasi dal nulla
agli albori della storia, in Egitto, Mesopotamia, Creta o India, a un certo
punto sono travolti da orde armate di carro da combattimento e arco
composto che sembrano provenire dal nulla hyksos, hurriti, cassiti, ittiti,
ariani, micenei, sciti rispetto alle quali si rivelano impotenti. Salvo poi
imparare la lezione, assimilando le innovazioni dei nomadi per dotarsi di
una potenziale militare che permetter in molti casi agli stati di prendersi
notevoli rivincite. Tuttavia, nel corso dei secoli, dalle steppe e dai deserti
si assister a periodiche irruzioni oltre il limes degli stanziali di successive
incarnazioni della macchina da guerra nomade: gli unni, gli arabi, i turchi,
i manch e soprattutto i mongoli, lorda per eccellenza.
Si potrebbero rilevare le coincidenze fra il quadro tracciato dai due filosofi
francesi e le posizioni espresse da un accreditato storico militare come
John Keegan: Intorno alla met del II millennio a.C. i popoli che avevano
imparato le tecniche di costruzione e uso del carro e dellarco composto
scoprirono [...] che contro le tecniche da loro ideate [...] i difensori delle
terre colonizzate non erano in grado di opporre resistenza. [...] I popoli
giunti sui carri insegnarono agli assiri e agli egizi sia le tecniche sia lethos
della guerra imperialista ed entrambe le potenze [...] ne adottarono lidea.
(21) Per Deleuze e Guattari la cattura della macchina da guerra e la sua
istituzionalizzazione militare, tuttavia, non procede in modo lineare
assumendo una configurazione compiuta e definitiva ma si presenta come
un processo sempre aperto, reversibile, attraversato da una continua
tensione. Ci dipenderebbe dal fatto che la macchina da guerra e
lapparato di cattura dipendono da logiche diverse,
tanto che la loro composizione appare intrinsecamente problematica e
instabile.
La macchina da guerra invenzione dei nomadi, il loro modo di
occupare lo spazio desertico e non ha necessariamente a che fare con la
guerra. O meglio, si correla in termini esclusivi alla guerra solo quando
viene appropriata da un apparato di stato. La macchina da guerra non
quindi definita dalla guerra, che incontra nel momento in cui il suo moto
entra in collisione con le striature che i sedentari hanno posto sul suo
cammino, ma dalla modalit di distribuzione e composizione dei nomadi
nello spazio liscio del deserto:
La guerra ne deriva necessariamente perch la macchina da guerra si
scontra con gli
stati e le citt, ossia con le forze (di striatura) che si oppongono alloggetto
positivo: da quel momento la macchina da guerra ha per nemico lo stato, la
citt, il fenomeno statale urbano [...]. allora che diventa guerra [...].
Lavventura di Attila o Gengis Khan mostra bene questa successione
delloggetto positivo e negativo. (22)
Per cogliere il senso del discorso sviluppato in proposito da Deleuze e
Guattari pu risultare utile richiamare lattenzione su un noto passaggio
del Vom Kriege in cui Clausewitz sottolinea, con rigida consequenzialit,
come la decisione della guerra spetti al difensore e non allattaccante, in
universale. E cos la macchina da guerra appare rivolta sia contro gli stati
reali che incontra sul suo cammino sia contro gli stati potenziali al suo
interno di cui scongiura il consolidamento.
I meccanismi dellorganizzazione numerica e dellestrazione di un corpo
speciale caratterizzano anche, con finalit e obiettivi ovviamente diversi,
listituzione militare che per Deleuze e Guattari rappresenterebbe il
tentativo sempre instabile operato dallo stato di captare la macchina da
guerra. Il ricorso degli eserciti allorganizzazione decimale cosa nota.
Diversamente, opportuno notare come in effetti il ricorso a corpi speciali
incentrati su un elemento estraneo schiavi, stranieri, infedeli
rappresenti una costante dellistituzione militare, come mostrano i casi
della guardia islamica di Federico II, dei giannizzeri, dei mamelucchi
oppure, per venire a tempi pi recenti, della Legione straniera o dei gurka
dellesercito britannico:
Il corpo speciale e, soprattutto, lo schiavo-infedele-straniero colui che
diviene soldato e credente, pur restando deterritorializzato rispetto ai
lignaggi e allo stato [...]. Si tratta di uninvenzione della macchina da
guerra, che gli stati continueranno a utilizzare, di adeguare ai loro fini, al
punto da renderla irriconoscibile o di ripresentarla sotto forma burocratica
di stato maggiore o in forma tecnocratica di corpi molto particolari o nello
spirito di corpo che servono lo stato almeno quanto gli resistono. (29)
Si spesso parlato dei limiti politici dei nomadi, abili e scaltri come
guerrieri ma incapaci di mettere in forma gli esiti delle loro imprese
belliche. Per Deleuze e Guattari la questione pi complessa. La
macchina da guerra, infatti, facendosi stato negherebbe se stessa, mutando
di natura. Di conseguenza lalternativa che si impone sar la seguente:
restare macchina da guerra, percorrendo lo spazio imperiale come fosse un
deserto (Gengis Khan) o trasformarsi in esercito o apparato di stato
volgendosi a quel punto contro il pericolo nomade che preme alle frontiere
(Tamerlano). Tra queste due polarit estreme di colloca una variet di stati
misti, in cui a diversi gradi i nomadi si sedentarizzano e i sedentari si
nomadizzano, le macchine da guerra si disciplinano come funzione
militare e gli eserciti sfuggono al controllo degli apparati di stato per
disegnare traiettorie che rimandano alla macchina da guerra.
Trasformandosi in funzione militare, la macchina da guerra viene
sottoposta a un processo di disciplinamento, sul quale si sofferma anche
Foucault ovviamente assumendo una determinazione temporale pi
definita, la transizione allet moderna quando individua proprio
nellesercito uno dei luoghi privilegiati di formazione del potere
disciplinare. (30)
Ritornando al delirio storico-universale di Deleuze e Guattari:
Non si pu certo dire che la disciplina sia la caratteristica della macchina
da guerra: la disciplina diviene il carattere indispensabile degli eserciti
quando lo stato se ne appropria; ma la macchina da guerra risponde ad
altre regole [...] che animano unindisciplina fondamentale del guerriero,
tipo di nemico che non era pi un altro stato, e nemmeno un altro regime,
ma il nemico qualunque [...] multiforme, manovriero e onnipresente[...],
dordine economico, sovversivo politico, morale. (46)
Perch rovesciare Clausewitz?
Per chi parla di guerra, a qualsiasi livello, citare von Clausewitz quasi un
obbligo, unabitudine o un riflesso condizionato. E cos, prima o poi, in
tutti i discorsi che toccano questioni belliche la famosa massima salta
fuori, e magari si finisce con il ribaltarla, soprattutto per segnalare i
cambiamenti intervenuti dal tempo delle guerre napoleoniche. (47) Non
stupisce quindi che sia Michel Foucault sia Gilles Deleuze e Flix
Guattari, nellincontrare la questione della guerra, non si siano sottratti alla
tentazione di comporre diversamente i fattori della sentenza secondo cui
La guerra la continuazione della politica con altri mezzi. Al di l delle
convergenze di fondo di carattere filosofico, tuttavia, i due percorsi su cui
ci siamo soffermati si incamminano lungo territori, temporalit e nuclei
problematici assai diversi.
Michel Foucault, come si diceva, si confronta con la formula
clausewitziana allinterno di un progetto di ricerca volto a individuare,
allinterno della tradizione della modernit, una linea di riflessione
sullordine politico alternativa a quella centrata sulla neutralizzazione del
conflitto, tipica delle soluzioni filosofico-giuridiche. Ribaltare Clausewitz,
in tale contesto, significa insistere sul carattere guerreggiato delle relazioni
di potere, vedere nella filigrana della pace i segni di una guerra che non
mai finita, e che la politica conduce con altri mezzi, fissando
nellapparente neutralit delle istituzioni e delle procedure le reali
dinamiche di sottomissione e assoggettamento. In tal senso, linterlocutore
privilegiato, in termini di referente polemico da rovesciare, non appare il
generale prussiano, che sembra in qualche modo limitarsi a fornire uno
slogan, quanto Thomas Hobbes, autore fondamentale di quella tradizione
del contratto e della sovranit in contrapposizione alla quale Foucault
recupera e valorizza la linea i discorsi sulla conquista, lusurpazione e la
guerra delle razze. La critica ad Hobbes tuttavia, si sviluppa a partire dalla
condivisione di un medesimo terreno problematico: quello relativo al
rapporto fra guerra e ordine sociale, che acquisisce significato allinterno
della spazialit confinata dello stato. Rovesciare Clausewitz, in tale
prospettiva, significa in primo luogo orientare la massima del generale
prussiano dal contesto interstatale in cui originariamente si colloca, a
quello interno, per cogliere nel conflitto, e non nella sua neutralizzazione,
la base delle relazioni di potere.
Diversamente per Deleuze e Guattari von Clausewitz non un pretesto,
ma un interlocutore privilegiato. Da questo punto di vista, il riferimento al
Vom Kriege, in termini espliciti e impliciti, contrappunta le sezioni di
Mille piani dedicate alla macchina da guerra e allapparato di cattura.
Ribaltare Clausewitz significa allora proiettare gli schemi del generale
prussiano, ovviamente reinterpretati senza soverchie preoccupazioni
filologiche e alla luce di alcune ipotesi teoriche forti, sulla storia