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a presente ricerca si propone, in primo luogo, di ampliare il corpus degli indicatori di produzione metallurgica noti nei contesti protostorici dellItalia settentrionale tra et del Bronzo antico e inizi della prima et del
Ferro (2200/2100-700 a.C.),1 al fine di meglio comprendere e ricostruire quelle sequenze di azioni tecniche che si
definiscono di produzione secondaria. Essa, in particolare, si focalizza sugli strumenti del processo di manifattura
impiegati dagli antichi artefici del bronzo nelle fasi di formatura/forgiatura/rifinitura, ma anche di mantenimento
(ad esempio laffilatura di lame) e riciclo (frammentazione, taglio ecc.): ovvero su quella parte del ciclo di vita degli oggetti in metallo ben resa dalla espressione inglese
post-casting. Ci significa dare risalto ad una parte notevole, in termini di mera durata e intensit degli atti tecnici,
del ciclo produttivo metallurgico, ma che in archeologia
viene solitamente trascurata, per la sua natura elusiva, rispetto allanalisi di strutture e strumenti connessi al momento dellestrazione e dello stampaggio in matrice, quali installazioni pirotecnologiche, e indicatori/strumenti
connessi.
La cornice concettuale, e anche operativa, pi immediata di questo tipo di indagini resta quella della chane
opratoire,2 puntualizzata e articolata in modo da adat-
tarsi alla natura della pratica metallurgica antica. In particolare, alla rigida catena produttiva articolata per
manufacturing steps in successione sembra preferibile
luso di un modello fluviale (Fregni 2014), in cui
diverse, e talvolta parallele, sequenze di atti tecnici, che
rimandano comunque ad altrettante ramificazioni del
ciclo stesso, confluiscono in un unico corso: ad esempio,
la realizzazione di strumenti in materiali refrattari e terracotta (crogioli, tuyeres, forme di fusione), con le connesse problematiche di approvvigionamento di materie
prime e relativo trattamento tecnico; apprestamenti in
legno o sabbia; approvvigionamento di materie prime e
strumenti litici necessari per le varie fasi di lavoro (martelli, forme di fusione, ecc.); fabbricazione di immanicature in materiale organico (legno, corno, osso, avorio);
riciclo dei manufatti.
I limiti geografici prescelti, lItalia settentrionale con
particolare riferimento alla valle del Po e aree limitrofe,
sono giustificati dalla particolare ricchezza e coerenza di
documentazione sulle pratiche metallurgiche offerta da
questarea per il periodo in oggetto.3 Ad integrazione della documentazione ricavabile da numerose pubblicazioni
(finora mai criticamente vagliata in uno studio unitario),
si condotta una schedatura e documentazione grafica di
un consistente campione di strumenti litici e bronzei, in
gran parte inediti, conservati presso il Museo Civico Ar-
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1 Si ringrazia in modo particolare la dott.ssa I. Pulini, direttrice del Museo, e C. Zanasi per aver facilitato in tutti i modi lo svolgimento della
ricerca nel Museo Civico di Modena; un ringraziamento speciale inoltre a Gian Luca Pellacani per il fondamentale supporto nellaccesso ai
materiali conservati presso lo stesso.
2 Per i meccanismi chimico-fisici di usura delle superfici in pietra levigata: Adams 1993. Specificamente sullanalisi funzionale degli strumenti in pietra utilizzati nella manifattura di oggetti in rame e bronzo: Delgado-Raack, Risch 2008. Attivit sperimentali con strumenti litici in
ambito metallurgico: Freudenberg 2009; Clarke 2014; Iaia 2015.
3 Vedi in particolare: Jockenhvel 1982; Jantzen 2008; Nessel 2008; 2010. Una metodologia pi radicata nellambito anglo-americano, che
considera insieme analisi delle tracce duso e pratiche sperimentali per giungere ad una ricostruzione della funzione degli strumenti da lavoro:
Fregni 2014.
4 La letteratura sulle deposizioni tombali attribuite a metallurghi nellEuropa centro-settentrionale e penisola iberica fra et del Rame e
Bronzo vastissima: riassuntivamente Fitzpatrick 2009; Brandherm 2010; Nessel 2012. Sulle associazioni di strumenti in depositi di bronzi:
Nessel 2010.
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di strumenti le cui caratteristiche morfologiche ne segnalano una pi verosimile interpretazione come strumenti
da lavoro dotati di uno o pi battenti, piuttosto che come
armi (le quali tendono a possedere una lama dotata di capacit fendenti). Bench si tratti in prevalenza di esemplari frammentari, possibile riconoscervi alcune caratteristiche peculiari (Fig. 2): la posizione per lo pi centrale
del foro destinato a ospitare il manico in legno, che fa pensare ad una certa simmetria fra i due battenti; lassenza,
nellunico caso integro (MO1 da Desenzano del GardaCorno di Sotto) di un vero tagliente, che peraltro potrebbe essere stato smussato dallusura; la presenza di almeno un battente piatto (cat. MO2-MO7), molto adatto per
azioni percussive.
Tutti gli esemplari provengono dallarea a nord del Po,
in maggioranza da siti palafitticoli, e secondariamente da
alcune terramare, indicando come la loro produzione non
si sia interrotta con la fine dellantica et del Bronzo, anche se gli scarsi dati in nostro possesso lasciano credere che
difficilmente essa si sar prolungata oltre momenti iniziali e pieni della media et del Bronzo. Verosimilmente al
BM sono da riferire gli esemplari dalle terramare mantovane di Villa Cappella e Castellazzo (cat. MO3, MO4,
MO7, Fig. 2).
In questo ambito, molto peculiari sono i due martelli di
piccole dimensioni da Ledro MO8, MO9 (Fig. 2), dotati
con evidenza di due battenti simmetrici, che potrebbero
far pensare a strumenti per lavori di rifinitura o per foggiatura di piccole lamine, cosa del resto confermata dalle
abrasioni e alterazioni in corrispondenza della porzione
attiva dello strumento.
Catalogo dei martelli a occhio
MO1 Corno di Sotto (Desenzano, bs). Integro. L. 7,4, largh.
4,6. Sopr. Arch. Lombardia, inv. 25586. Tizzoni 1982, p. 166,
n. 7, fig. 27, 4.
MO2 Isolone del Mincio (Volta Mantovana, mn). Scavi 1955-56,
Sopr. Arch. Lombardia diretti da Mirabella Roberti, Rittatore, Zorzi. Frammentario (circa met). L. 5,8, largh. 4,2. Sopr.
Arch. Lombardia, Palazzo Ducale Mantova, inv. 9269. Guerreschi 1982, p. 205, n. 61, fig. 55,28.
MO3 Villa Cappella (Cesarea, mn). Dalla terramara omonima,
dono Luigi Ballarini al Museo Pigorini. Frammentario. L. circa 5,36; testa mm 18 30. Serpentino. Roma, Museo Pigorini, inv. 46098. Colini 1892, p. 153, n. 3, tav. x, fig. 9.
MO4 Villa Cappella (Cesarea, mn). Dalla terramara omonima,
dono Luigi Ballarini al Museo Pigorini. Frammentario. L. 5,8
circa. Serpentino. Roma, Museo Pigorini, inv. 46097. Colini 1892, p. 152, n. 2, tav. x, fig. 6.
1 Per un elenco parziale delle asce a ferro da stiro da contesti insediativi del BA-BM/BR in Italia del nord vedi: Casini 2003, p. 80.
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1 In Ukraina, nellinsediamento di Usovo Ozero della cultura Srubnaja, sono testimoniati esemplari recanti tracce di minerale metallico, forse
usati anche per la rifinitura di oggetti: Kauba, Kaiser 2009, p. 178. Nella penisola iberica non mancano anche diverse attestazioni da abitati del
Calcolitico e del Bronzo: Hunt Ortiz 2003, p. 285.
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1 Il martello da Monte Castellaccio di Imola, delle dimensioni di cm 14 10, un massiccio strumento in ofiolite, e sembra piuttosto apparentabile ai Rillenhammer dellEuropa centro-orientale, noti anche da contesti minerari (Kauba, Kaiser 2009). Quello da Ganglegg, il cui
materiale definito scisto dalleditore del contesto, presenta invece forma insolitamente slanciata (cm 17,4 5,5), con battenti appiattiti, ed
probabilmente, come si vedr, uno strumento specializzato impiegato nelle fasi secondarie della metallurgia.
2 Il martello a Fig. 4, cat. MD32 dalla terramara di Gorzano presenta diversi caratteri anomali. La forma dei battenti tendenzialmente conica
e appuntita, ma la forte usura ha creato un marcato appiattimento di uno dei due. Il materiale fine e compatto, e il peso notevole (529 grammi). Lusura e il peso potrebbero avvalorare lidea di un uso percussivo piuttosto intenso e prolungato.
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MD2 Castellaro del Vho (Piadena, Cr). Fase 4I, us 511 (da un
contesto con evidenze di pratiche metallurgiche: strutture di
combustione). Lacunoso. L. 8,8; largh. 6,3. Gr. 373. Gneiss
migmatitico. Baioni et alii 2001, tab. 7a, figg. 78, 87.5
MD3 S. Rosa di Poviglio (Poviglio, re). Scavi 1989: 89C, us 100.
Lacunoso. L. 8,6; largh. 4,5; sp. 4. Arenaria. Bernab Brea,
Cremaschi 2004, p. 689, fig. 312,1.
MD4 Castione Marchesi (Fidenza, pr). Scavi xix secolo. Integro. L. 6,7; largh. 5,8. Arenaria o calcare. Mutti et alii 1988,
fig. 70, 3.
MD5 Fiav Carera (Fiav, tn). Fiav 5. Integro. L. 7,5; largh.
4.4. Pietra a venatura verdastra e bianca. Perini 1987, p. 117, li
421, tav. xxvi.
MD6 Monticelli di Guardasone (Traversetolo, pr). Terramara,
recuperi xix secolo. Integro. Museo di Parma. Mutti 1993, p.
138, fig. 131, 13.
MD7 Montale (Castelnuovo Rangone, mo). Scavi xix secolo.
Integro. L. 8,2; largh. 6,2. Gr. 320. Arenaria quarzosa. Museo
Civico di Modena, inv. 7780. Inedito: disegno C. Iaia.
MD8 Lavagnone (Desenzano del Garda, bs). Scavi de Marinis,
settore B h15, us 502. Integro. L. 6,15; largh. 3,8. Gr. 109,4.
Arenaria quarzosa. Casini 2003, p. 112, fig. 15, n. 63.
MD9 Lavagnone (Desenzano del Garda, bs). Raccolte di superficie. Integro. L. 5,85; largh. 4,7. Gr. 172,7. Arenaria grossolana. Inv. St. 64622. Casini 2003, p. 112, fig. 15, n. 65.
MD10 Lavagnone (Desenzano del Garda, bs). Raccolte di
superficie. L. 7,8; largh. 5,7. Gr. 366. Microconglomerato. Inv.
St. 64621. Casini 2003, p. 112, fig. 15, n. 64.
MD11 Lavagnone (Desenzano del Garda, bs). Scavi Perini,
Sett. IC1, 5C. Integro. L. 7,8; largh. 6,2. Gr. 400,4. Arenaria
quarzosa. Casini 2003, p. 112, fig. 15, n. 62.
MD12 Montale (Castelnuovo Rangone, mo). Scavi xix secolo.
Ampia lacuna laterale. L. 8,3; largh. 6. Gr. 320. Arenaria fine.
Museo Civico di Modena, inv. 7769. Inedito: disegno C. Iaia.
MD13 Peschiera (Peschiera del Garda, vr). Integro. L. 7,2;
largh. 5,37. Arenaria. Verona, Museo Civico di Storia Naturale, inv. 3595. Aspes, Buonopane 1982, p. 178, n. 113, fig. 36,22.
MD14 Montale (Castelnuovo Rangone, mo). Scavi xix secolo.
Integro. L. 8,5; largh. 5,4. Gr. 353. Arenaria fine, compatta.
Museo Civico di Modena, inv. 7733. Inedito.
MD15 Montale (Castelnuovo Rangone, mo). Scavi xix secolo.
Lacunoso. L. 6,8, largh. 6. Gr. 331. Arenaria quarzosa. Museo
Civico di Modena, inv. 7762. Inedito: disegno C. Iaia.
MD16 Montale (Castelnuovo Rangone, mo). Scavi xix secolo.
Integro. L. 6,3, largh. 5,3. Gr. 333. Roccia a grana fine beige.
Museo Civico di Modena, inv. 7778. Inedito: disegno C. Iaia.
MD17 Ganglegg (Schludern-Sluderno, bz). Settore 4. Scavi
2000-2001. Frammento. L. 7,5. Scisto. Steiner 2007, p. 149, taf.
44,13.
MD18 Montale (Castelnuovo Rangone, mo). Scavi xix secolo.
Lacunoso. L. 6,9, largh. 6,4. Gr. 374. Arenaria fine. Museo Civico di Modena, inv. 7750. Inedito.
MD19 Montale (Castelnuovo Rangone, mo). Scavi xix secolo.
Integro. L. 8,9, largh. 6,3. Gr. 333. Arenaria molto fine e com-
1. 1. 3. Martelli asciformi
Nellambito dei contesti dellet del Bronzo in Italia settentrionale sono stati riconosciuti 25 esemplari di martelli
(quasi tutti riprodotti in Fig. 6) la cui forma, da triangolare a rettangolare e subtrapezoidale, li apparenta strettamente alle accette di tradizione neolitica ed eneolitica; da
queste ultime, si differenziano tuttavia per lassenza del tagliente, e per la presenza al suo posto di una faccia piatta,
pi o meno ampia: un vero e proprio battente. Il riconoscimento dellesistenza di questa classe nei contesti del
Bronzo europeo si deve allacume dello studioso tedesco
H. J. Hundt che per primo la individu, verificandone anche leffettiva funzionalit con pionieristiche prove sperimentali di foggiatura di oggetti in bronzo (Hundt 1975).
Il corpus di reperti riferibili a questa classe si andato allargando in Europa continentale solo di recente, di pari
passo con il procedere di verifiche sperimentali (Delgado-Raack, Risch 2008, p. 239; Freudenberg 2009; Boutoille 2012; Iaia 2015).
Per lItalia settentrionale, non stato possibile individuare contesti abitativi o di altro genere in cui questo tipo
di martelli siano incontrovertibilmente, e stratigraficamente, associati a evidenze di produzione metallurgica; il
fatto che in diversi degli insediamenti considerati tali evidenze siano comunque presenti, da considerarsi ovviamente un dato non probante, anche se pu essere un piccolo indizio. Diversi elementi si ricavano invece da siti di
varia cronologia dellEuropa continentale.1
I martelli asciformi dallItalia settentrionale finora individuati sono di regola realizzati in pietra verde, specialmente eclogite, na-pirossenite, anfibolite ecc. Come nel
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1 Martelli asciformi sono gi ampiamente documentati in insediamenti iberici calcolitici del periodo Los Millares: Delgado-Raack, Risch
2008, p. 239, fig. 5.3. Un lungo martello subtrapezoidale fa parte del ricco set di strumenti litici della tomba campaniforme di Orca de Seixas: Brandherm 2010, abb.3.8. In epoca molto pi recente, un martello in pietra levigata a profilo triangolare e ampio battente fa parte, unico elemento
litico, del grande complesso di strumenti da lavoro in bronzo di Petite Laugre, Gnelard, il cui legame con operazioni di post-casting appare indubitabile: Thevenot 1998, fig. 3.4. La datazione di questultimo contesto orienta verso una fase iniziale del Bronzo tardo transalpino.
2 Vedi in particolare i nn. M2, M4, M11, M15, dove leffetto di lustro riguarda la porzione distale e il battente del martello.
3 Casini 2003, pp. 88-93, con ampia discussione sullargomento. Da rifiutare in base al complesso delle evidenze sugli strumenti in pietra levigata invece lidea, accennata da S. Occhi (Occhi 1997) che si tratti esclusivamente di asce neo/eneolitiche riutilizzate nellet del Bronzo.
4 Solo a titolo di esempio, un numero consistente di accette litiche proviene da siti del veronese: Salzani 1996a, fig. 157.1-3; 9-11; fig. 158.1; fig.
160.2,3; fig. 161.2-6. Siti circum-gardesani: Cisano: Fasani 1980, tav. xx.1; Porto di Pacengo: Mostra Lazise 1992, p. 63, fig. 2.1; Lazise-la Quercia:
Mostra Lazise 1992, fig. 6.4,5. Analoghi strumenti, bench pi rari, provengono anche da terramare: Castellaro del Vho: Frontini 1997, fig.
161.1.r, 2.r.; Fraore: Occhi 1997, fig. 322.4.
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ecc.); non mancano esemplari dallarea ligure (Bric Reseghe, Grotta Cornarea) e dallAlto Adige (Tiers-Tires).
Allo stato attuale, si pu osservare una cronologia generica estesa a tutta let del Bronzo, mentre let del Ferro per il momento non attestata. Gran parte degli esemplari sembra potersi datare al BA e BM, mentre lunico
esemplare sicuramente databile al Bronzo tardo quello
di Bric Reseghe, nel Savonese.
Catalogo dei martelli asciformi
M1 Bor di Pacengo (Lazise, vr). Recupero Soprintendenza Veneto. Integro. L. 9,5; largh. 4,5; sp. 2,3. Eclogite. Sopr. Arch.
Veneto, Nucleo Operativo Verona, inv. St. I.G. VR 28434. Salzani 1996a, p. 239, n. 593, fig. 158,2.
M2 Guardamonte (Gremiasco, pv, Ponte Nizza, al). Strato F,
saggio B/1956, scavi Lo Porto 1952-1956. Integro. Onfacitite.
Museo di Antichit, Torino. Giaretti 2004, p. 233, fig. 205.
M3 Lavagnone (Desenzano del Garda, bs). Raccolte di superficie Merici 1973-1990. Integro. L. 13,5; largh. max 4,6; spess
max 1,6. Anfibolite. St 38545. Casini 2003, p. 99, n. 1, fig. 7.
M4 Gorzano (Maranello, mo). Strato IB scavi Coppi. Integro.
L. 9,5; largh. 5,2; sp. 2,7. Pietra verde. Museo Civico di Modena, inv. 1245. Occhi 1997, p. 523, fig. 292, 11; disegno C. Iaia.
M5 Castellaro di Gottolengo (Gottolengo, bs). Lacunoso presso il battente/tagliente. Pietra verde. Roma, Museo Pigorini.
Penna 1947-50, p. 71, fig. 4a.
M6 Tiers-Tires (bz). Rinvenimento occasionale. Integro. Pietra levigata. Museo Archeologico di Bolzano. Lunz 2005, p.
341, fig. 171.
M7 Bor di Pacengo (Lazise, vr). Recupero Soprintendenza Veneto. Integro. L. 7,6; largh. 4,4; sp. 2,4. Eclogite. Sopr. Arch.
Veneto, Nucleo Operativo Verona; inv. St. I.G. VR 28435. Salzani 1996a, p. 241, n. 596, fig. 158,5.
M8 Ledro (tn). L. 6,7; largh. 4,1; sp. 1,8. Ardesia nera. Trento,
Museo di Storia Naturale. Hundt 1975, p. 116, taf. 31.5.
M9 Campo Pianelli (Castelnovo ne Monti, re). Scavi Chierici
xix secolo. Integro. L. 7,5; largh. 4,4; sp. 2,25. Eclogite. Reggio
Emilia, Musei Civici, inv. CP58. Occhi 1997, p. 523, fig. 292,5.
M10 S. Rosa di Poviglio (Poviglio, re). Scavi 1987, us 15 b, 1987,
D 14. Integro. L. 5,9; largh. 2,9; sp. 1,6. Eclogite. Occhi 1997,
p. 523, fig. 292,1; Bernab Brea, Cremaschi 2004, p. 688, fig.
311,1.
M11 Lavagnone (Desenzano del Garda, bs). Raccolte di superficie Merici 1973-1990. Integro. L. 6,5, largh. 4,2; sp. 2,3. St
38540. Casini 2003, p. 102, n. 4, fig. 7; Casini et alii 2006, tab.
i, n. 4, 739, fig. 1.
M12 Lavagnone (Desenzano del Garda, bs). Raccolte di superficie Merici 1973-1990. Piccole lacune. L. 7,7, largh. 4,9; sp.
2,5. Gr. 192,6. Eclogite granatifera. St 38541. Casini 2003, p.
102, n. 5, fig. 7; Casini et alii 2006, tab. i, n. 5.
M13 Cisano (Bardolino, vr). Recuperi 1938-1940 nel porto di Cisano. Lacuna al tallone. L. 5,6; largh. 3,6; sp. 2,1. Pietra verde.
Verona, Museo Civico di Storia Naturale, IS 6173. Fasani
1980, p. 98, tav. xxviii, 6.
M14 Cisano (Bardolino, vr). Recuperi 1938-1940 nel porto di Cisano. Integro. L. 6,2; largh. 4; sp. 1,8. Pietra verde. Verona,
Museo Civico di Storia Naturale, IS 11107. Fasani 1980, p. 98,
tav. xxviii, 4.
M15 Montale (Castelnuovo Rangone, mo). Scavi xix secolo. L.
5,9; largh. 4,5; sp. 2,25. Pietra verde. Museo Civico di Modena,
inv. 7806. Occhi 1997, p. 523, fig. 292,6; disegno C. Iaia.
M16 Montata dellOrto (Alseno, pc). Raccolte di superficie
MANPr. L. 5,9, largh. 4,05; sp. 2,05. Pietra verde. Mutti 1993, p.
75, fig. 47,14; Occhi 1997, p. 523, fig. 292,3.
M17 S. Rosa di Poviglio (Poviglio, re). Trincea 7, us 3, scavi
1990. Frammento. L. 4,6, largh. 2,2; sp. 2,15. Eclogite. Occhi
1997, p. 523, fig. 292,2; Bernab Brea, Cremaschi 2004, p.
689, fig. 311,2.
M18 San Giorgio (Brignano Frascata, al). Ricognizioni 1974.
Frammentario. Na-pirossenite o eclogite. Salzani, Venturino Gambari 2004, p. 190, fig. 154.7.
M19 Corno di Sotto (Desenzano bs). Scavi Fusco anni 1960. L.
7,7, largh. 5,7. Pietra verde. Sopr. Arch. Lombardia, inv. 25583.
Tizzoni 1982, 166, n. 10, fig. 27, 3
M20 Fiav Carera (Fiav, tn). Lacunoso. L. 6,9, largh. 3,7; sp.
1,1. Pietra verde. Perini 1987, p. 117, li 412, tav. xxiv.
M21 Montale (Castelnuovo Rangone, mo). Scavi xix secolo. Integro. Foro passante presso il tallone. L. 5,95, largh. 4,5; sp. 2,1.
Pietra verde. Museo Civico di Modena, inv. 7818. Inedito: disegno C. Iaia.
M22 Gorzano (Maranello, mo). Scavi xix secolo. Integro. L.
9,8; largh. 3,7; sp. 2,2. Pietra nerastra molto fine. Museo Civico di Modena. Inedito: disegno C. Iaia.
M23 Grotta Cornarea (Cosio dArroscia, im). Scavi Istituto Paletnologia di Genova, 1975. Integro. L. 9,5, largh. 4. Pietra verde. Odetti 1982, p. 394, tav. vi, 5.
M24 Montata dellOrto (Alseno, pc). Collezione ottocentesca.
Integro. L. 8,6; largh. 3,5; sp. 2,15. Pietra verde. Museo Civico
Piacenza, inv. P386. Mutti 1993, p. 75, fig. 47,10; Occhi 1997,
p. 523, fig. 292,8.
M25 Bric Reseghe (Finale Ligure, sv). Scavi anni 80 Soprintendenza Beni Archeologici della Liguria. Integro. L. 6,6,
largh. 2,8, sp. 1,8. Pirossenite. Genova, Depositi Sopr. Archeologica, inv. 82323. De Marinis, Spadea 2004, p. 176,
scheda iii,24.1.
1. 2. Percussori litici
La classe dei percussori individua strumenti dalla funzione analoga a quella dei martelli, ma che, data la morfologia e lassenza di tracce duso derivanti da immanicatura,
si presume fossero impiegati direttamente a mano o percossi con mazzuoli. La loro forma, pi che corrispondere
a modelli preordinati, sembra determinata dalluso e dallazione percussiva stessa. In una visione prettamente evoluzionistica delle tecniche, si sarebbe passati gradualmente dai percussori ai martelli immanicati (Leroi-Gourhan
1971, p. 51); in realt evidente come, in contesti caratte-
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1 Sulle tracce di pratiche metallurgiche a Monte Castellaccio (numerosi ugelli, residuo di fusione): Pacciarelli 1996, p. 282.
2 Freudenberg 2009; Clarke 2014. Attivit sperimentali da parte di M. e M. Binggeli nellambito del progetto OpenArch, in corso di pubblicazione: vedi preliminarmente Iaia 2015.
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P13 Fiav Carera (Fiav, tn). Fiav 5 C1. Lacunoso. L. 11; largh.
5; sp. tallone 3,5. Pietra verde. Perini 1987, p. 118, li 414, tav.
xxv.
P14 Bor di Pacengo (Lazise, vr). Recupero Sopr. Arch. Veneto. L. 4,5; largh. 2,8; sp. 2,1. Serpentinite. Sopr. Arch. Veneto,
Nucleo Operativo Verona, inv. St. I.G. VR 28441. Salzani
1996a, p. 239, n. 600, fig. 158,9.
P15 Monte Venera (Castelnovo ne Monti, re). Scavi Chierici.
Integro. L. 4,8; largh. 3,9; sp. 1,7. Eclogite. Civici Musei di Reggio Emilia, Inv. 17160. Occhi 1997, p. 523, fig. 292,10.
P16 Lavagnone (Desenzano del Garda, bs). Scavi de Marinis,
sett. A, us 454. Estese lacune. L. 7,3, largh. 3,7, sp. 2,1. Gr. 373,4.
Lutite quarzosa. Casini 2003, p. 110, n. 56, fig. 13; Casini et
alii 2006, tab. i, n. 56.
P17 Lavagnone (Desenzano del Garda, bs). Raccolte di superficie Merici 1973-1990. Piccole lacune. L. 9, largh. 5,2, sp. 5. Gr.
474,8. Quarzoscisto.St 64623. Casini 2003, p. 110, n. 59, fig. 14;
Casini et alii 2006, p. 741, fig. 4, tab. i, n. 59.
P18 Lavagnone (Desenzano del Garda, bs). Scavi de Marinis,
sett. B, h-i12, us 516. Integro. L. 6,1, diam. max 2,9. Arenaria
quarzosa. Casini 2003, p. 110, n. 61, fig. 14.
1. 3. Martelli in bronzo
Negli studi su questo particolare tipo di strumento in ambito europeo esistono filoni caratterizzati da approcci nettamente differenziati. Fino ad alcuni anni fa, studi sistematici a carattere regionale di area mitteleuropea hanno
privilegiato laspetto tipologico, pur non trascurando alcune osservazioni a carattere funzionale.1 Parallelamente,
in paesi di area germanica si sono affermate classificazioni
dei martelli in bronzo protostorici maggiormente interessate ad un approccio funzionale, in cui attributi discriminanti prescelti sono il tipo di immanicatura e la morfologia del battente (o dei battenti, quando ve ne siano due).
In questo senso, un ruolo importante ha svolto per anni la
classificazione dei martelli a cannone dovuta ad A. Jockenhvel (Jockenhvel 1982), che riprende la vecchia tipologia funzionale di Ohlhaver e ha ispirato numerosi altri studi in Europa continentale (e.g. Jantzen 2008, pp.
242-252). Tale classificazione, la pi dettagliata finora disponibile, distingue 6 tipi di martelli in base alla morfologia, e alle presunte propriet meccaniche, della faccia battente. Recentemente, B. Nessel ha riconosciuto, fra i
martelli del bacino carpatico, due grandi gruppi funzionali: martelli multifunzione e martelli dimpiego specializzato (Nessel 2008; 2010, pp. 1-5, taf. 1). Al loro interno questi gruppi sono stati ulteriormente suddivisi in
tipi, che tengono conto specialmente della morfologia e
delle proporzioni della faccia attiva, considerati come direttamente indicativi della funzione specifica dello strumento. Un approccio pi largamente interdisciplinare,
ispirato a simili criteri funzionali, ma maggiormente integrati da osservazioni sperimentali, archeometriche e contestuali, stato di recente proposto da E. Fregni per gli
strumenti in bronzo delle isole britanniche (Fregni 2014).
Tali studi appaiono di indubbia utilit per orientare la
classificazione, ma presentano alcuni limiti metodologici:
in particolare le osservazioni funzionali si basano per lo
pi sulla comparazione con strumenti moderni, di morfologia genericamente analoga, ma realizzati in ferro o acciaio, dunque dotati di propriet meccaniche assai diverse
da quelli in rame e bronzo.
La classe dei martelli in bronzo in Italia del nord costituita da un numero piuttosto circoscritto di esemplari;
quelli finora individuati, fra cui non mancano oggetti di
dubbia classificazione, sono in totale appena 15 (Fig. 8).
evidente dunque come la limitatezza del campione renda
difficile (e poco opportuno) elaborare una classificazione
dettagliata, cos come non consenta di inserire il materiale norditaliano in tipi europei gi definiti. In particolare,
molti tipi morfologici che in Europa centrale e Gran Bretagna sono ampiamente diffusi nel Bronzo tardo (ad esempio i roof-shaped hammers cio martelli con battente angolare), in Italia risultano del tutto assenti, o attestati da
esemplari isolati.
In base al tipo di immanicatura i martelli italiani si possono raggruppare in 4 grandi famiglie: 1 A cannone. 2
A foro longitudinale. 3 Massicci. 4 A occhio.
Le teste in bronzo dei martelli dellItalia settentrionale
si presentano di dimensioni piuttosto contenute: la lunghezza media di 7-8 cm, e in ogni caso non supera i 10
cm (sono queste le dimensioni dellesemplare pi grande,
da Castello del Tartaro, cat. MB2). Ci trova conferma nei
martelli litici asciformi (vedi par. 1.1.3), ed indica un loro
uso legato preminentemente ad operazioni di forgiatura
e rifinitura di prodotti gi conformati a fusione, oppure
alla foggiatura di oggetti in lamina. Si tratta di un fenomeno riscontrabile, in linea di massima, anche negli
esemplari carpatici, peraltro molto pi numerosi (Nessel
2008, p. 73).
I martelli a cannone (Fig. 8.MB1-MB8) costituiscono un
gruppo piuttosto eterogeneo dal punto di vista tipologico,
morfo-tecnico e dimensionale; esso comprende 8 esemplari, alcuni dei quali frammentari e non ben classificabili.
Di notevole interesse la cronologia. Il martello dalla ter-
1 Vedi in particolare la classificazione, prettamente tipologica, del ricco repertorio di martelli a cannone dalla Romania: Gogaltan 2000.
75
1 Ampia esemplificazione in Gogaltan 2000. Lesemplare da Porpetto si apparenta strettamente ad esemplari dal ripostiglio carpatico di
Uioara de Sus: Gogaltan 2000, pl. x.
2 In particolare il martello di Montagnana identico ai due esemplari dal ripostiglio di Surbo (Bietti Sestieri 1973, p. 387, fig. 1.2,3), mentre
quello da Bologna, leggermente pi massiccio e dal foro quadrangolare, rimanda al martello dal ripostiglio n. 1 (cd. degli Ori) di Roca (Maggiulli 2009,p. 317, fig. 3.1.28), riferito al tipo Mottola: Carancini, Peroni 1999, p. 68.
76
cristiano iaia
77
2. 2. Incudini in bronzo
Le incudini in bronzo sono una categoria di strumenti da
lavoro che ha ricevuto finora scarsissima attenzione negli
studi sulla metallurgia italiana protostorica. Ci, in assenza di analisi delle tracce duso, forse in parte dovuto al fatto che i supporti impiegati, specialmente nellet del Bronzo, sono di forma assai eterogenea, cosa che non facilita
lindividuazione della categoria nel record archeologico.
Deve essere oltretutto tenuto in conto il fatto che anche
supporti in pietra (vedi par. 2.1) o in legno duro, possono
ben funzionare come incudini per lavori metallurgici
(Pernot 1998, p. 110; Fregni 2014, p. 68), per cui dobbiamo immaginare che lutilizzo di questi peculiari oggetti in
bronzo costituisse uneccezione, piuttosto che la regola.
Nei contesti del Bronzo e primo Ferro dellItalia settentrionale sono stati individuati 7 esemplari di oggetti che
possono essere considerati incudini con un grado variabile di certezza (tutti tranne uno in Fig. 9.IB1-IB6). Essi
necessitano di una trattazione dettagliata caso per caso. Le
dimensioni tendenzialmente piccole o molto piccole di
questi strumenti non necessariamente in relazione con
la lavorazione di oggetti piccoli (anche se in alcuni casi tale
relazione incontrovertibile), poich le incudini possono
essere utilizzate in forma incrementale, cio con progressivi spostamenti della superficie del manufatto (Fregni 2014, p. 77).
Lesemplare pi antico cat. IB3 dal sito perilacustre di
Bor di Pacengo (BM 1-2): oggetto singolarissimo, privo di
confronti, si presenta massiccio (peso 1,8 kg), in forma di
mazzuolo cilindrico con due estremit attive, una ovale
e convessa, e laltra circolare e piatta; i margini espansi di
questultima sono un chiaro indizio di battitura ripetuta
(come verificabile in molti scalpelli). Il tenore di stagno
molto elevato della composizione (13%) del tutto compatibile con il suo uso come incudine. Una possibilit tuttavia che si tratti di uno strumento versatile, impiegato
sia come martello che come incudine non solo in corrispondenza delle facce, ma per tutta la sua estensione.
Una datazione non successiva al Bronzo recente possibile per il pezzo cat. IB1 dalla terramara di Gorzano. Si
tratta di un piccolo manufatto rettangolare a lati concavi,
con due facce principali: la probabile faccia attiva principale presenta un listello rilevato al centro, bordato ai lati
da due concavit circolari derivanti da usura; tracce di battitura pi piccole si osservano anche sui lati brevi; la faccia
inferiore, priva di segni di usura, presenta tracce di materia organica nera. Linterpretazione pi verosimile che si
tratti di una incudine per realizzazione di oggetti piccoli,
78
cristiano iaia
come spilloni o lamine, e in parte di forma circolare. Questa identificazione ulteriormente rafforzata dallanalisi
chimica (Garagnani et alii 1997, p. 556, tab. 7), che vede
una percentuale elevatissima di stagno (15.8%), oltre che
una presenza del tutto anomala, per lepoca, di piombo
(1.67%).
Le due incudini a fungo, cat. IB4 e IB5, presentano una
certa somiglianza reciproca, ma sono diverse per dimensioni e cronologia: dovevano entrambe essere inserite in
un supporto o base, e servivano probabilmente per foggiare plasticamente oggetti piccoli in metallo. IB4 dalla
terramara di Red ha il piano di lavoro deformato e con
numerose micro-depressioni circolari e subcircolari, ed
probabilmente affine ad un moderno strumento da orefice. Lincudine IB5, dal ripostiglio di San Francesco a Bologna, leggermente pi grande e massiccia, presenta anchessa un piano fortemente deformato dalle percussioni.
Cat. IB6, anchessa da Bologna-San Francesco, , senza
ombra di dubbio, un frammento di incudine per realizzare oggetti in lamina. Segni di martellatura sono ben visibili sul piano quadrangolare di lavorazione. Data la forma,
pu trattarsi della porzione sommitale di una grande incudine cruciforme, tipo ampiamente attestato in Europa continentale fin dal Bronzo recente (Thevenot 1998,
p. 127, fig. 3.2; fig. 8). Anche IB2 da Frattesina, in forma di
piastra con elemento conico sporgente, potrebbe essere
accostata alle incudini di uso specializzato note come beaked anvils, assimilate alle moderne incudini da orefice
(Fregni 2014, p. 77). Un segno di deformazione plastica da
usura potrebbe essere costituito dalla accentuata concavit presente a ridosso della sporgenza.
Unincudine a semplice e grezzo parallelepipedo invece IB7 dal ripostiglio di Monte Cavanero (PF1-2), che appare significativamente associata con un martello e uno
scalpello di foggia peculiare, a lama lanceolata (Fig.
14.SB66), a formare un probabile set funzionale alla lavorazione e rifinitura/decorazione di piccoli manufatti in
bronzo. Lanalisi metallografica ha rivelato in questo caso
segni di accentuata alterazione meccanica della struttura
dendritica (Angelini et alii 2009, p. 131), cosa che ben si accorda con luso ipotizzabile in base alla forma.
Catalogo delle incudini in bronzo
IB1 Gorzano (Maranello, mo). Scavi xix secolo. Integra. L. 9,4;
largh. lato breve 3; largh. centro 2,1; sp. 1,6. Gr. 291. Superfici
levigate; faccia superiore con due concavit da usura ai lati
del listello; faccia inferiore con tracce di materia organica nera; tracce di battitura sui lati brevi. Due prelievi sulla faccia
inferiore. Modena, Museo Civico, inv. 36. Bernab Brea et
alii 1997, p. 586, fig. 337, n. 88 (disegno impreciso). Disegno: C.
Iaia.
IB2 Frattesina (Fratta Polesine, ro). Ripostigli dallarea dellabitato, rinvenuto nel 1985. Integra. L. 10,9. IG 272482. Salzani 2000, p. 45, n. 45, fig. 4.
IB3 Bor di Pacengo (Lazise, vr). Recupero Sopr. Archeologica
Veneto. Integra. L. 22,9; largh. max 5. Kg 1,8. Stagno 13%. Verona, Museo Civico di Storia Naturale, Inv. 2759. Aspes 1984,
p. 574; Aspes 2011, tav. 17, n. 9.
IB4 Red (Nonantola, mo). Scavi xix secolo. Integra. Alt. 7;
diam. testa 2,7. Gr. 63. Piano di lavoro deformato e con numerose micro-depressioni circolari e subcircolari. Modena,
Museo Civico, Red inv. 16. Inedito: disegno C. Iaia.
IB5 Bologna, ripostiglio di San Francesco. Piccole lacune. Piano di lavoro fortemente deformato ai margini e slabbrato.
Bologna, Museo Civico Archeologico, inv. 60167. Bentini,
Mazzeo 1993, fig. 8.2, ridisegnato da C. Iaia.
IB6 Bologna, ripostiglio di San Francesco. Frammentaria. Serie di concavit allungate sul piano di lavoro. Bologna, Museo
Civico Archeologico. Bentini, Mazzeo 1993, fig. 8.2, ridisegnato da C. Iaia. Forse identificabile con Montelius 1895, pl.
68, n. 18.
IB7 Monte Cavanero (Chiusa di Pesio, cn). Ripostiglio. Frammento. Alt. 2,5; basi 1,6 e 2,2. Gr. 75,2. Struttura dendritica che
evidenzia una accentuata alterazione meccanica. Stagno
8,5%. Una faccia liscia, laltra convessa e smussata. Sopr. Archeologica Piemonte, Inv. St. 88680. Rubat Borel 2009, p.
63, figg. 42.4, 45; Angelini et alii 2009, p. 131, tab. 1.
79
1 Moravia, Veleovice tomba i, tardo eneolitico: lisciatoio (o cote?) di grandi dimensioni, confrontabile con i nn. L2 e L13 (Fig. 10), in associazione con martelli e incudine litici, e strumenti in rame (Nessel 2012, abb. 4). Portogallo, tomba di So Pedro do Estoril, campaniforme: possibile lisciatoio o percussore subcilindrico (Brandherm 2010, abb. 2.7). Spagna, tomba a camera di Orca de Seixas, campaniforme: due lisciatoi
subovali, a breve distanza da un set comprendente martelli, incudine e probabile affilatoio a placchetta biforata (Brandherm 2010, abb.3.4,5). Austria, tomba 853 di Franzhausen I, Bronzo antico: alcuni probabili lisciatoi/levigatoi subcilindrici, in associazione con martello e incudine litici
(Mller 2002, abb. 15.8-10). Inghilterra, tomba Upton Lovell G2a, Bronzo antico, levigatoio di ardesia con tracce doro e tracce dusura (strie),
associato con un ricco corredo comprendente armi in pietra e altri strumenti litici (Shell 2000).
80
cristiano iaia
L10 Fiav Carera (Fiav, tn). Fiav 5. Lisciatoio allungato a sezione ellissoidale. L. 9,4, largh. 4,5; sp. 3,5. Roccia cristallina.
Perini 1987, p. 118, li 415, tav. xxv.
L11 Cisano (Bardolino, vr). Recuperi 1938-1940 nel porto di Cisano. L. 12,5. Calcare. Verona, Museo Civico di Storia Naturale, IS 11641. Fasani 1980, p. 98, tav. xxviii, 16.
L12 Ganglegg (Schludern-Sluderno, bz). Scavi 2001, settore 5,
giacitura secondaria. Integro. Steiner 2007, p. 150, taf. 51,5.
L13 Ganglegg (Schludern-Sluderno, bz). Settore 4. Scavi 20002001, giacitura secondaria. Steiner 2007, p. 150, taf. 44,14.
L14-L16 Castellaro del Vho (Piadena, cr). Scavi 1996-99, uuss
369, 388, 615, 629,346, 410, 487, 600A, 561, 563. Tredici ciottoli
levigatoi integri. L. da 3 a 11,3. Calcare micritico (10), calcare
microcristallino (1), arenaria (1), serpentinite (1). Baioni et
alii 2001, pp. 144-148, fig. 87, 1-3.
L17 Castellaro del Vho (Piadena, cr). Scavi 1996-99, uuss 447,
4632. Due lisciatoi o levigatoi. L. 5,6 e 6,9. Micascisto. Baioni
et alii 2001, p. 145, fig. 87, 4.
3. 2. Affilatoi
Gli affilatoi, noti anche come coti nel linguaggio comune, sono strumenti di forma molto varia, per lo pi in materiale litico con propriet abrasive, soprattutto arenaria,
pi raramente calcare e marna. Il loro ruolo doveva essere fondamentale sia nelle fasi finali della produzione metallurgica secondaria, che nelle fasi di post-produzione,
nelle situazioni in cui si rendeva necessario restaurare il
filo di lame (spade, pugnali, utensili) o altri manufatti
consunti dalluso. La presenza di questi strumenti in deposizioni tombali dellet dei metalli in Europa relativamente diffusa. In area continentale, affilatoi e coti possono costituire un complemento di deposizioni tombali
maschili con corredi anche complessi, talvolta compren-
1 Tomba campaniforme di Knzing-Bruck (Baviera): un ciottolo a solco mediano si associa a un martello in pietra, 3 incudini (cushion stones)
e alcune zanne di cinghiale, formando un chiaro set da metallurgo: Bertemes 2004, p. 148, abb. 7. Lunga cote con foro allestremit dalla ricca
tomba del Bronzo antico brettone di Lannion: Hansen 2002, abb. 5.11. Probabile grande cote a forma di lastra stretta e lunga nella tomba principesca di Leubingen: Hansen 2002, abb. 1. Affilatoio forato identico ad esemplari terramaricoli, da tomba di Mannheim - Seckenheim, Germania meridionale (BR iniziale), dove si associa con altri strumenti da lavoro: Pare 1999, p. 456, fig. 25, n. 13)
2 Una possibile cote a placchetta allungata stata rinvenuta nella necropoli terramaricola di Copezzato, dove apparentemente costituiva lunico elemento di corredo presente nellossuario (Mutti, Pellegrini 1995, p. 356, fig. 19.3). Una cote a pendaglio forato nella ricca tomba 227 di
Frattesina di Fratta Polesine, in associazione con spada, coltello e rasoio (Salzani 1989a, p. 16, fig. 17.14; cat. A15), e unaltra dagli sporadici sulla
superficie del grande tumulo della stessa necropoli (cat. A14); analogo oggetto dalla t. 154 (cat. A16), dove si associa con un minuscolo scalpellino
in bronzo (Salzani 1990-91).
3 Una diversa interpretazione quella riportata da S. Casini (Casini 2003, p. 83; 2004, p. 84) secondo cui la sezione semicircolare della solcatura farebbe pensare piuttosto ad un uso come raddrizzatori di frecce. Non si sono tuttavia reperite analisi delle tracce duso o resoconti di prove sperimentali che confermino tale ipotesi.
4 Allinterno del Riparo dellAmbra di Candalla, in una struttura del BA2, un possibile affilatoio a solco mediano associato ad una panella
in rame a sezione piano-convessa (Cocchi Genick 1986, fig. 30, n. 2). Significativamente, un analogo strumento in arenaria stato rinvenuto nei
livelli di Bronzo Recente della grande struttura ellittica 61 di Scarceta, in Toscana meridionale, perdurata fino agli inizi del BF (Poggiani Keller 1999, p. 68, fig. 52.2), la cui prevalente destinazione ad attivit metallurgiche secondarie sembra assodata.
5 Per lEneolitico, si citano alcuni esempi senza pretesa di completezza: due tombe della necropoli rinaldoniana di Ponte San Pietro (Farnese, vt) presentavano due probabili affilatoi con foro per la sospensione, uno in steatite e laltro in arenaria, non casualmente in associazione con
pugnali in rame (tt. 20 e 21: Miari 1993, fig. 7.2; fig. 10.8).
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cristiano iaia
A13 Montale (Castelnuovo Rangone, mo). Scavi xix secolo. Integro. Alt. 7,2, largh. base 1,5, largh. testa 1,3. Arenaria fine grigio-verdastra. Museo Civico di Modena, Montale 7817. Inedito: disegno C. Iaia.
A14 Frattesina,Le Narde (Fratta Polesine, ro). Scavi 1987-1989;
dalla superficie del tumulo funerario (US 7). Integra. Alt. cm
7. Salzani 1989a, p. 9, n. 8, fig. 5.
A15 Frattesina, Le Narde (Fratta Polesine, ro). Scavi 1987-1989.
Tomba 227. Integra. Alt. 12. Salzani 1989a, p. 16, fig. 17, n. 14.
A16 Frattesina, Le Narde (Fratta Polesine, ro). Scavi 1990.
Tomba 154. Integra. Alt. 6,5. Salzani 1990-91, p. 133, fig. 27,5.
A17 Gorzano (Maranello, mo). Scavi xix secolo. L. 9,7, largh.
1,5; sp. 1,1. Arenaria molto fine. Museo Civico di Modena,
Gorzano sn xvi. Inedito: disegno C. Iaia.
A18 Montale (Castelnuovo Rangone, mo). Scavi xix secolo.
Integro. L. 6,5, largh. 2,7; sp. 0,8. Calcare biancastro. Museo
Civico di Modena, Montale 7823. Inedito: disegno C. Iaia.
A19 Fiav Carera (Fiav, tn). Fiav 6 zona 1. L. 7,4, largh. 1,9;
sp. 0,5. Marna grigia. Perini 1987, p. 116, li 408, tav. xxiv.
A20 Fiav Carera (Fiav, tn). Fiav 4-5. L. 7,2, largh. 2,2; sp. 0,6.
Marna grigia. Perini 1987, p. 117, li 409, tav. xxiv.
A21 Maraschina-Tafella (Sirmione, bs, Peschiera del Garda,
vr). De Marinis 1979, fig. 37, n. 3.
A22 Casinalbo (Formigine, mo). L. 24,9, largh. 7,9; sp. 2,5. Scavi xix secolo. Arenaria molto fine grigiastra. Museo Civico di
Modena, Casinalbo 469. Inedito: disegno C. Iaia.
A23 Castellaro del Vho (Piadena, cr). Scavi Musei Civici Milano 1996-99. Micascisto. Baioni et alii 2001, p. 150, fig. 87.11.
A24 Gorzano (Maranello, mo). Scavi xix secolo. L. 15,3, largh.
5,7; alt. 6,2. Arenaria fine grigio-verdastra. Museo Civico di
Modena, Gorzano, sn xviii. Inedito: disegno C. Iaia.
A25 Fiav Carera (Fiav, tn). Fiav 3, zona 2. L. 12,5, largh. 5,5;
sp. max 2,5. Calcare grigio verde. Perini 1987, p. 118, li 407, tav.
xxiv.
A26 Cjastiei (Pozzuolo del Friuli, ud). Scavi Universit di Udine, us 11. Frammento. Diam. 8,1; sp. 1,7. Arenaria. Cassola
Guida et alii 1998, p. 82, n. 160, tav. xiv.
3. 3. Scalpelli litici
Gli scalpelli litici individuati nellarea oggetto di studio si
riducono a sole 6 unit (Fig. 12). La classe si pone in diretta continuit con la produzione in pietra verde neolitica ed
eneolitica. In alcuni casi potrebbe, in effetti, trattarsi di manufatti recuperati e riutilizzati, anche se la cosa sembra poco verosimile per gli esemplari da contesti terramaricoli,
alcuni dei quali privi di confronti in epoche pi antiche. Come nel caso degli scalpelli neolitici, sono tutti realizzati in
rocce a grana fine, accuratamente levigata. Possono recare due taglienti opposti (SL1, SL2), oppure un solo tagliente opposto a un tallone/piano di percussione (SL3-SL6). Il
tagliente piuttosto largo e appiattito in un grande esemplare da Montale (Fig. 12.SL5), che si avvicina per certi ver-
si alla classe dei martelli. Alcuni scalpelli presentano evidenti tracce di percussione sul tallone (in forma di scheggiature). Le dimensioni variano tra 4 e 12 cm di lunghezza.
Gli esemplari noti provengono sia da contesti palafitticoli localizzati a nord del Po (Cisano, Bande di Cavriana),
sia da siti arginati e terramare emiliane (Pra Grande di
Nogarole Rocca, Montale, Castione Marchesi).
Catalogo degli scalpelli litici
SL1 Cisano (Bardolino, vr). Scavi Salzani. Integro. L. 4,3, largh.
1,4; sp. 1. Onfacitite. Sopr. Arch. Veneto, Nucleo Operativo
Verona, inv. St. I.G. 168522. Salzani 1996a, p. 241, nn. 614, 615,
fig. 157, 5,6.
SL2 Cisano (Bardolino, vr). Scavi Salzani. Integro. L. 6,2,
largh. 1,9; sp. 1. Eclogite. Sopr. Arch. Veneto, Nucleo Operativo Verona, inv. St. I.G. 168527. Salzani 1996a, p. 241, nn. 614,
615, fig. 157, 5,6.
SL3 Pra Grande (Nogarole Rocca, vr). Raccolte di superficie,
Sopr. Arch. Veneto. Lacunoso. L. 7,2, largh. 2,4. Onfacitite.
Nucleo Operativo Verona, inv. St. I.G. 25422. Salzani 1996a,
p. 244, n. 618, fig. 159,10.
SL4 Castione Marchesi (Fidenza, pr). Scavi xix secolo. Lacunoso al tallone. L. 10, largh. 2,2; sp. 2,65. Pietra verde. Mutti
et alii 1988, p. 138, fig. 70, 1; Occhi 1997, p. 523, fig. 292, 7.
SL5 Montale (Castelnuovo Rangone, mo). Scavi xix secolo. Lacunoso al tallone. L. 11,9, largh. 3,7; sp. 2,4. Pietra grigio-nera
finissima. Museo Civico di Modena, inv. 7814. Inedito: disegno C. Iaia.
SL6 Bande di Cavriana (Cavriana, mn). Scavi Rittatore 1952 e
1967-1974. Integro. L. 11,5. Tallone picchiettato. Museo Storia
Naturale di Verona, inv. N. St. 21115. Piccoli 1982, p. 197, n.
14, fig. 50, 12.
3. 4. Scalpelli in bronzo
Fra gli strumenti potenzialmente utilizzabili nelle pratiche
di metallurgia secondaria gli scalpelli in bronzo costituiscono la categoria numericamente pi consistente. In
termini di gestualit tecnica, la loro estrema versatilit li
colloca a cavallo fra due diversi raggruppamenti (LeroiGourhan 1971, p. 48): da una parte, laddove vengono impiegati direttamente sul materiale con la mano (ad esempio per incidere, intagliare, ecc.), si possono apparentare
allampia famiglia degli strumenti a percussione posata;
dallaltra, possono rientrare in un gruppo tecnologicamente pi sofisticato, di strumenti a percussione posata indiretta (con percussore), la cui testa viene battuta da mazzuoli in materiale pi tenero (legno, corno). Ancora pi
precisa la definizionedi strumenti da taglio (Fregni 2014,
p. 68): risultano infatti utili per tagliare materiali, rimuovere impurit da superfici grezze (ad esempio per rimuovere le bave dai getti di fusione), incidere e scolpire.
83
con alcuni spunti funzionali), mancano ancora un repertorio esauriente ed uno studio completo degli scalpelli in
bronzo italiani, molti dei quali restano ancora inediti. I caratteri precipui di questa categoria dal punto di vista funzionale ed ergologico in particolare la loro natura di oggetti di uso pratico quotidiano, molto versatili e soggetti a
modifiche continue (deformazioni a seguito di percussione, riaffilature e rifoggiature ecc.) rende pi proficuo un
approccio di tipo interdisciplinare, che compara dati etnostorici, archeometria e sperimentazione (Fregni 2014).
Per di pi, gli scalpelli si prestano con difficolt ad essere inseriti in sequenze crono-tipologiche evolutive; spesso
infatti la loro datazione, specialmente in Italia settentrionale, pu avvalersi di un numero assai limitato di puntuali riferimenti contestuali. In linea generale opportuno
considerare che in Italia, a differenza di quanto noto in
Europa centrale, dove luso di scalpelli in bronzo si diffonde fin dal BA, non sembra che limpiego di questi strumenti sia divenuto corrente prima del BM; allo stato attuale, in territorio italiano si pu segnalare un unico
esemplare di scalpello in bronzo riferibile allavanzata antica et del Bronzo, quello a margini rialzati superiori dal
Lodigiano (De Marinis 1975, fig. 14), forse non a caso
strettamente confrontabile con tipi dellEuropa centrale.
Per il resto, possibile solo fare distinzioni cronologiche
molto grossolane, che verranno accennate nel corso della
classificazione.
Non possibile in questa sede dare conto in maniera
esauriente di tutti gli aspetti di questa categoria, e dunque
ci si limiter ad alcune notazioni generali. I 73 scalpelli in
bronzo dallItalia settentrionale catalogati nellambito della presente ricerca sono stati in primo luogo suddivisi in 4
grandi classi: 1 a tallone; 2 a codolo con fermo a disco;
3 a cannone; 4 a lama lanceolata. Per motivi di spazio,
si pubblica solo il catalogo della classe n. 4, rimandando ad
altri contributi ledizione completa dello stesso.
La notevole variabilit morfologica e dimensionale, e
presumibilmente la polifunzionalit, degli scalpelli evidenziata dal grafico a Fig. 15, che distribuisce gli esemplari delle classi 1 e 4 (per le classi 2 e 3 non si dispone di dati
sufficienti), in base alla lunghezza e allo spessore massimo;
tali attributi dimensionali individuano la consistenza volumetrica dello strumento, segnalandone anche il campo
di azione e il tipo di impatto sul materiale da lavorare. Si
riconosce un cluster molto nutrito, con scalpelli sia a tal-
1 Sui diversi usi dellascia riscontrabili nelle diverse classi di manufatti lignei a Fiav Carera: Perini 1987, p. 379. Sulluso di asce e accette
variamente immanicate in associazione con scalpelli e seghe nella carpenteria navale micenea: Maragoudaki, Kavvouras 2012.
2 Per let del Ferro avanzata resta fondamentale la classificazione, basata su criteri funzionali, di Jacobi 1974, pp. 18-24; 35-38.
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1 Esempi: Castione Marchesi (Fidenza, pr): Mutti et alii 1988, p. 155, fig. 76,7. Monte Titano (San Marino). Seconda Torre, U.T. 403, us 13, s.
8: Bottazzi, Bigi 2008, p. 63, n. 39, tav. 4, n. 8 - G/36.
2 Esempi: Pozzuolo del Friuli (ud): Cassola Guida et alii 1998, p. 55, n. 26, tav. ii. Red (Nonantola, mo): Modena, Museo Civico, inv. Red
22. Inedito: disegno C. Iaia. Corte Vivaro (Nogarole Rocca, vr): Salzani 1987, p. 53, fig. 33.9. Isolone del Mincio (Volta Mantovana, mn): Guerreschi et alii 1985, tav. xxiii, st 9108. Peschiera Imboccatura del Mincio, Peschiera del Garda (vr): Aspes, Buonopane 1982, p. 175, fig. 32, n. 7.
3 http://en.wikipedia.org/wiki/Chisel. Vedi la definizione Flachmeissel in Jacobi 1974, pp. 20-22, che sottolinea la presenza di una testa piatta, destinata ad essere battuta direttamente.
4 Scarani 1960, 526, fig. 5, n. 4. Attualmente esposto presso il Museo Civico di Bologna.
5 Per Casalecchio di Rimini: Morico 1996, p. 239, fig. 135, 16. Gli esemplari dal ripostiglio bolognese di San Francesco, pressoch tutti inediti,
sono attualmente visibili nelle vetrine del Museo Civico di Bologna. Alcune riproduzioni grafiche relativamente precise (ad es. Fig. 13.10) sono
nelle tavole del monumentale lavoro di classificazione di armi e strumenti di sir Flinders Petrie: Flinders Petrie 1917, pl. xxi, 115, 127.
6 Montelius 1895, pl. 68, nn. 7-9; Flinders Petrie 1917, tav. xxi, n. 12S8, n. 138.
7 Vedi la riproduzione di uno scalpello con immanicatura impiegato dai carpentieri navali egizi: Maragoudaki, Kavvouras 2012, fig. 1.e.
Cfr. per lEuropa celtica Jacobi 1974, 35. Per luso nella carpenteria/falegnameria dellet del ferro italiana: Iaia 2006.
8 Mayer 1977, pp. 217-218, 1262-1270, taf. 87; Nessel 2010, p. 6. Jacobi, trattando di analoghi strumenti in ferro di epoca La Tne, li definisce
Kreuzmeissel (Jacobi 1974, p. 23), utilizzando come termini di confronto scalpelli ancora oggi in uso.
9 Peroni 1963, n. 6. 29.
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1 http://en.wikipedia.org/wiki/Chisel.
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SB71 Paularo (ud). Recupero in superficie. L. 13,7. Gr. 87. Udine, Musei Civici. Tasca 2011, p. 120, n. 21, fig. 2/24.
SB72 Castel Porpetto, Braida detta del Pievano (Porpetto, ud).
Rinvenimento sporadico. L. 20,2; sp. lama 0,70; sp. tagliente
1,60. Gr. 275. Sec. Tasca il tagliente era originariamente arcuato ed stato ribattuto in epoca moderna. Udine, Musei
Civici. Montelius 1895, p, 185, pl. 34, n. 13; Tasca 2011, p. 118,
n. 13, fig. 2/23.
SB 73 Servirola (San Polo dEnza, re). In giacitura secondaria
nei livelli di epoca etrusca. Reggio Emilia, Musei Civici. Tirabassi 2003, p. 29, fig. 45.
1 Sommarie riproduzioni grafiche in Flinders Petrie 1917. Un altro esemplare edito in Antonacci Sanpaolo et alii 1992, p. 204, fig. 47.
2 Per Cipro, indicativa la composizione del corredo della tomba 21 di Pyrgos (Limassol), contenente un complesso set di strumenti in pietra
(affilatoi, lisciatoi, mazzuoli) e rame (scalpelli, coltelli): Belgiorno 1997. Per Creta, v. lo studio sperimentale in Clark 2014.
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1 Sul caso esemplare di Monte Castellaccio di Imola e del suo territorio: Mengoli 1996a, 1996b.
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1 Ripostiglio 1 o degli ori: Maggiulli 2009, pp. 308-319. La natura rituale del complesso resa verosimile, oltre che dalla presenza dei
dischi doro con rappresentazione di barche solari, dal numero notevole di ornamenti integri, per lo pi in bronzo ma anche in altri materiali,
fra cui si segnalano coppie di fibule e spilloni che potrebbero aver composti intere parures offerte come ex voto. Si confronti anche il caso del
ripostiglio di Gualdo Tadino (Peroni 1963), contenente esclusivamente oggetti integri, dove pure ricorre lassociazione fra scalpello a lama
lanceolata, dischi aurei, ornamenti di pregio ecc.
Riassunto
Larticolo si prefigge in primo luogo di ampliare il corpus degli
strumenti a percussione in pietra e bronzo impiegati dai metallurghi dellItalia settentrionale tra BA e PF, attraverso lelaborazione di un catalogo dei manufatti e di una classificazione volta
a porre in evidenza i loro caratteri morfo-tecnici e funzionali. Si
inoltre tenuto conto dei rari studi analitici finora condotti sulle tracce duso degli strumenti litici di epoca protostorica, di dirette osservazioni macroscopiche e di alcune recenti pratiche di
archeologia sperimentale. Per supportare ulteriormente linterpretazione funzionale si criticamente vagliata la ricorrenza
delle diverse classi di strumenti in contesti archeologici con
legami pi o meno espliciti con lambito della produzione metallurgica, sia in Italia che in altre aree europee. Segue un tentativo di ricostruzione dellevoluzione diacronica dello strumentario legato alla metallurgia secondaria, che alla persistenza di
strumenti tradizionali in pietra contrappone diverse innovazioni nel BR/BF.
Summary
The paper illustrates a study conducted between 2011 and 2014 to complement an experimental archeology project (European project OpenArch), promoted by the Museum of Archaeology and Ethnology of
Modena in collaboration with Sapienza University of Rome. It aims
primarily at expanding the corpus of indicators of metallurgical production in the archaeological contexts of northern Italy between
Bronze Age and Early Iron Age (2200/2100-700 BC). To this end, it focuses on those percussion instruments used by ancient craftspeople in
the stages of shaping/forging/finishing, but also in the maintenance
(such as the sharpening of blades) and recycling (fragmentation, cutting etc.) of objects. This means putting a particular emphasis on a substantial portion, merely in terms of duration and intensity, of the technical sequence of metallurgical production, which studies in Italy have
rarely dealt with. The conceptual and also operational framework of
such a survey is that of chane opratoire, which is further articulated
in order to adapt to the nature of ancient metallurgical practice.
Beside the catalogue of artefacts made from stone, and those manufactured with copper-based alloys, a classification work has been carried out, to put in evidence their morphological, functional and technical features, always assessing their dependence on the type of used
material (rocks of various nature, metal). Through a comparative approach, the classification integrates, where possible, the few analytical
studies on the use-wear of stone tools in protohistoric times, direct
macroscopic observations made from the author and the outcomes of
experimental practices. In order to further support the functional interpretation, the occurrence of different classes of instruments in archaeological contexts with more or less explicit links to the metallurgical industry, both in Italy and in other European areas, has been
critically examined.
Hafted lithic hammers constitute the category far more rich in variants. Shaft-hole hammers is a class of polished stone tools whose origin dates back to the Eneolithic period, although Bronze Age exemplars
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are very different from the earlier ones. Apparently, they continued to
be manufactured in limited numbers in the Bronze Age of northern
Italy, possibly not later than the advanced stages of the Middle Bronze
Age. Their function as metalworking tools is only hinted at by morphological and contextual considerations. Differently, the grooved
hammerstones are known in very large numbers, especially in the
settlements of the central Po valley (so-called Terramare); they are
mostly made of sandstone or marl, but there are also examples in finegrained rocks. As demonstrated by use-wear traces and experimentation, these tools result rather massive, not suitable for fine working of
artefacts, and subject to a high degree of wear and rapid exhaustion.
It is possible to conjecture their usage both for carpentry and the preliminary stages of metalworking (crushing ores and ingots, etc.). On
the contrary, as a long track of experimental activities and use-wear
analyses has widely demonstrated, the axe-like hammers, typically
made of polished ground stone, are highly suitable to the shaping and
finishing of copper-based artefacts. Handheld hammers are irregular
pebbles used directly on the material by hand; they are of varied shape
and size. As shown by numerous experimental studies, the larger and
massive ones lend themselves easily to the manufacture of objects in
copper-based alloys.
Both lithic anvils (very rare in north Italian archaeological contexts) and polishers are instruments preferably made of fine-grained
rocks. They are present in many European burials dating from the late
Copper Age (e.g. in the Iberian Peninsula) and the Early Bronze Age
(Iberian Peninsula, Central Europe). Sharpeners/whetstones comprise tools of variable forms, mostly manufactured with rocks with
abrasive properties such as sandstones. They are very useful in the finishing stages of copper and bronze artefacts, but often might have been
used in the maintenance stage, to sharpen the blades of tools and
weapons. Easily visible use-wear traces (striations, grooves etc.) occur
on them. The presence of these tools is frequently recorded in tombs of
continental Europe (but with some cases even in Italy) since the Copper age. They seem to take part in metalwork toolkits, or being an accessory of copper/bronze weapons or tools.
The rare bronze anvils so far known in northern Italy are usually
very small, and were possibly meant for shaping elements of jewellery,
either made of bronze or gold. They are very heterogeneous in shape:
one specimen assumes the form of a semi-rectangular ingot (Gorzano);
another (Bor di Pacengo) has a very peculiar cylindrical shape, that
may remind that of a hammer. Others, very small, have a typical
mushroom expansion on the top.
Among the tools that could be used in the practice of secondary metallurgy, bronze chisels are numerically the most substantial category.
Chisels are multifunction tools, used in various branches of craft, including especially carpentry, bone/antler working, as well as stone
making and metalworking. They can be divided into classes based on
the presence or absence of the handle, and in part on the shape of the
cutting edge. A fundamental division within the butt chisels is that
into the haftable ones, which are generally small and thin and can be
used with the direct action of the hand, and the nonhaftable ones.
The latter have to be hit intensively with a mallet, and therefore show
clear signs of a mushroom expansion of the butt. A closer link to the
bronze metallurgy is apparently represented by chisels with lance-
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shaped blade and cross cutting edge, that partially correspond to the
current mortise chisels. This class appeared at the end of the Middle
Bronze Age or early Recent Bronze Age (about 1300 BC) and was largely used during the Final Bronze Age and the Early Iron Age with a variety of hafting systems and sizes. In northern and central Italy it is
found in various stratigraphic contexts characterized by traces of metallurgical activities, and also in the context of metal artefact deposits.
Its functional characteristics relate both to cutting and incising metals,
and to cutting regular holes in wooden artefacts.
The final result of the paper is an attempt to reconstruct, in the long
term, poorly known aspects of the know-how of the protohistoric
smiths, highlighting both the persistence of traditional components
from the early metal age (stone tools) and the appearance of innovations, such as the various shapes of bronze tools emerging throughout
the Bronze Age. It is also pointed out that such innovations appear to
be marked by a particularly strong acceleration in the initial Late
Bronze Age (or Recent Bronze Age), determining many aspects of manufacturing techniques that will persist until the whole Early Iron Age.
All available evidence on working tools in this period suggests the unfolding of concomitant technical changes in various productive sectors
(e.g. carpentry, antler working), linked each to the other by a wide use
of percussion. In metalworking, a particular importance of the percussion tools, especially of the bronze ones (hammers, anvils, chisels)
seems to start with the emergence of new artefact classes, such as long
cut and thrust swords and laminated bronze vessels and armour. In
the late Bronze Age of Central Europe a particular symbolic emphasis
on the metallurgists implements emerges in the outstanding Metallhandwerkerdepots, that is deposits comprising almost exclusively
bronze working tools, namely hammers, anvils and chisels. In Italy we
have a slightly different picture, that shows, at least from the Recent
Bronze Age on, hoards that include incomplete metallurgists toolkits,
alongside intentionally fragmented objects.
In the conclusive paragraph of the paper the importance of percussion instruments in ritual acts is briefly investigated, drawing particularly on the explicit evidence for intentional fragmentation, cutting and mechanical deformation of objects that is displayed in some
hoards. These are practices that some authors refer to metaphorical
concepts of death/birth/regeneration. Among the cases that have
mostly thrown light on these practices, the Pila del Brancn (Verona)
deposit deserves a particular mention: it included dozens of offensive
and defensive weapons that had been previously subject to meticulous
operations of deformation and fragmentation, implemented with the
help of tools similar to those investigated in the present study. This
perspective therefore presents the opportunity to frame the smiths of
the crucial period between the Late Bronze and Early Iron Age as, at
the same time, specialists in the economic sense and ritual agents,
that is people who were engaged in actions with a strong symbolic
meaning.
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Fig. 1. Carta con la localizzazione dei siti di provenienza dei manufatti catalogati. 1: Monte Cavanero; 2: Grotta Cornarea; 3: Bric
Reseghe; 4: San Giorgio, Brignano Frascata, Guadamonte, Gremiasco; 5: Montata dellOrto; 6: Castione Marchesi; 7: Casaroldo di
Samboseto; 8: Castellaro del Vho; 9: Castellaro di Gottolengo; 10: Villa Cappella; 11: Castellazzo di Bigarello; 12: Pr Grande;
13:Grezzanin; 14: Finilone Valle; 15: Castello del Tartaro; Fondo Paviani; 16: Canar; 17: Frattesina; 18: Marendole; 19: Montagnana;
20: S. Rosa di Poviglio; 21: Monticelli di Guardasone; 22: Servirola; 23: Monte Venera; 24: Campo Pianelli; 25: Gorzano; 26: Montale; Casinalbo; 27: Monte Barello; 28: Red; 29: Bologna, San Francesco; 30: Imola, Monte Castellaccio; 31: Coriano; 32: Casalecchio,
Rimini; 33: Isolone del Mincio; 34: Barche di Solferino; Bande di Cavriana; 35: Lavagnone; 36: Maraschina-Tafella; Peschiera delGarda; Peschiera Imboccatura del Mincio. 37: Corno di sotto; 38: Bor di Pacengo; Porto di Pacengo; 39: Cisano; 40: Ledro; 41: Fiav
Carera; 42: Segonzano; 43: Tiers-Tires; 44: Ganglegg; 45: Welsberg-Monguelfo; 46: Le Motte di Sotto; 47: San Vito al Tagliamento;
48: Belgrado di Varmo; 49: Cjastiei, Pozzuolo del Friuli; 50: Castions di Strada; 51: Porpetto; Braida del Pievano, Castel Porpetto;
52: Cervignano; 53: Paularo.
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Fig. 2. Martelli a occhio in pietra. Scala 1:3. Per provenienze e fonti bibliografiche vedi catalogo in par. 1.1.1.
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Fig. 3. Martelli doppi a solco centrale, o mazzuoli, in pietra. Scala 1:3. Per provenienze e fonti bibliografiche vedi catalogo in
par.1.1.2.
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Fig. 4. Martelli doppi a solco centrale, o mazzuoli, in pietra. Scala 1:3. Per provenienze e fonti bibliografiche vedi catalogo in
par.1.1.2.
Fig. 5. Grafico dei pesi (in grammi) di 62 martelli doppi a solco centrale.
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Fig. 6. Martelli asciformi, in pietra. Scala 1:3. Per provenienze e fonti bibliografiche vedi catalogo in par. 1.1.3.
Fig. 7. Percussori in pietra. Scala 1:3. Per provenienze e fonti bibliografiche vedi catalogo in par. 1.2.
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Fig. 8. Martelli in bronzo. Scala 1:3. Per provenienze e fonti bibliografiche vedi catalogo in par. 1.3.
103
Fig. 9. Incudini in pietra (IL1-IL5) e in bronzo (IB1-IB6). Scala 1:3. Per provenienze e fonti bibliografiche vedi catalogo in par. 2.1. e
2.2.
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Fig. 10. Lisciatoi/levigatoi in pietra. Scala 1:3. Per provenienze e fonti bibliografiche vedi catalogo in par. 3.1.
Fig. 11. Affilatoi, o coti, in pietra. Scala 1:3. Per provenienze e fonti bibliografiche vedi catalogo in par. 3.2.
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Fig. 12. Scalpelli in pietra. Scala 1:3. Per provenienze e fonti bibliografiche vedi catalogo in par. 3.3.
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Fig. 13. Esempi di scalpelli in bronzo con tagliente parallelo. 1-3: scalpelli a tallone immanicabili. 4-8: scalpelli a tallone non
immanicabili. 9,10: scalpelli a codolo con fermo a disco. 11-13: scalpelli a cannone. Scala 1:3. Per provenienze e fonti bibliografiche
vedi par. 3.4.
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Fig. 14. Scalpelli a lama lanceolata. Scala 1:3. Per provenienze e fonti bibliografiche vedi catalogo in par. 3.4.
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Fig. 15. Grafico di dispersione delle misure spessore massimo e lunghezza di 61 scalpelli in bronzo. Rombi: scalpelli a tallone.
Circoletti: scalpelli a lama lanceolata.