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PALESTRA
Roberto Bertolini Disobbedire alla verit. A
proposito del corso Del governo dei viventi
Eugenio Giacomelli Niente verit senza alterit.
Una nota sullultimo corso di Foucault
Alessandro Melosso Frammenti di un gesto
filosofico
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MATERIALI 2
Robert Castel Linsicurezza sociale. Rischi e
protezioni nella crisi della modernit
organizzata
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POST
Alessandro Dal Lago Dopo la democrazia globale
niente? A proposito di legittimit
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Lindividuo-impresa
Diventare imprenditori di s: questo slogan riassume la tecnologia principale attraverso la quale il management, dagli anni novanta
a oggi, ha cercato di migliorare le performance dei singoli. Non
a caso, il tema dellimprenditore di se stesso ricorre come un
mantra nella letteratura non solo manageriale dalla fine degli anni
ottanta ai nostri giorni. Se da una parte le imprese hanno sollecitato
dei programmi di formazione e di sviluppo personale allinsegna
dellautoimprenditorialit, dallaltra non si contano gli appelli di
sedicenti coach, psicologi, esperti di carriera a diventare manager
di se stessi e a reinventare la propria carriera come unimpresa
individuale.4 La formulazione classica, in questo senso, quella
data da Bob Aubrey, un consulente americano trasferitosi in Francia negli anni settanta, nel suo bestseller Le travail aprs la crise:
Nel vocabolario classico del lavoro (disoccupazione, impiego,
carriera, ferie, salario, pensione e altri termini di questo tipo)
il salariato in una relazione di dipendenza nei confronti
dellimpresa che lo impiega. Ma se lindividuo prende su di s
la responsabilit del suo lavoro, inverte automaticamente i ruoli
di individui e imprese. In questo senso diventa pi pertinente
utilizzare il vocabolario dellimpresa per descrivere come lindividuo debba vendere e gestire il suo lavoro su un mercato.
Ogni lavoratore deve cercare un cliente, posizionarsi su un
mercato, stabilire un prezzo, gestire dei costi, investire nello
sviluppo di s e formarsi. Insomma, ritengo che dal punto di
vista dellindividuo il lavoro la sua impresa, e il suo sviluppo
si definisce come unimpresa di s.5
Lindividuo al lavoro invitato a descriversi come unimpresa che
vende le sue merci su un mercato: non a caso questa forma di lavoro su di s nella forma dellautoimprenditoria coincide con la
4. W. Bridges, Creating You & Co. Learn to Think Like the CEO of Your Own Career, Da
Capo Press, Cambridge (Mass.) 1998, pp. IX-XX.
5. B. Aubrey, Le travail aprs la crise. Ce que chacun doit savoir pour gagner sa vie au 21e
sicle, Interd., Paris 1994, p. 85.
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precarizzazione e la flessibilizzazione del lavoro, se non con il ritorno a una situazione precedente allavvento dellimpresa moderna
che fissa la forza-lavoro sur place tramite il contratto.6 Al limite, la
generalizzazione dellimprenditoria di se stessi dissolve la stessa
forma impresa in una rete di contratti tra individui che sono contemporaneamente produttori, appaltatori, consulenti, impiegati,
consumatori e, in ogni caso, manager di se stessi.7 Ne deriva tutta
una letteratura sul management della modernit riflessiva che
descrive, se non celebra, la dissoluzione dei confini tra impresa e
societ, la trasformazione dellimpresa stessa in una comunit di
pratiche, mondo non prescritto, non predeterminato, transeunte
e infinitamente mutabile, che il management legge, interpreta,
ascolta, non solo per i suoi fini, ma anche per i fini di coloro che ha
associato e cooptato.8 Si pu allora capire come lopposizione tra
impresa e mercato descritta da Simon sia di fatto solo apparente,
essendo il mercato del lavoro proprio una tecnologia di messa in
competizione degli individui-imprese tra loro.9
Daltro canto, il modello dellimpresa di s deborda lambito strettamente lavorativo e designa lespansione della cultura dimpresa negli ambiti pi svariati.10 Nella letteratura sul
self-help limpresa diventa non solo modello di gestione delle
carriere, ma anche della vita familiare e personale: secondo Tony
Robbins, coach di Clinton, Gorbaciov e della principessa Diana,
il management tutto, nelle imprese o rispetto a noi stessi.11 Ne
6. Cfr. su questo punto il libro di B. Segrestin e H. Hatchuel, Refonder lentreprise,
Seuil, Paris 2012, pp. 34-39.
7. T. Le Texier, Le management de soi, working paper inedito (ringraziamo lautore
per averci permesso di consultarlo). Si veda, dello stesso autore, De larrangement
lorganisation. Essai sur les dispositifs de gestion, Grer et comprendre, 111, 2013, pp.
50-74.
8. M. Minghetti, F. Cutrano (a cura di), Le nuove frontiere della cultura dimpresa.
Manifesto dello humanistic management, Etas-RCS, Milano 2004, p. X.
9. Cfr. P.-Y. Gomez, H. Korine, Lentreprise dans la dmocratie, cit., p. 50.
10. Cfr. le due opere contemporanee di R. Keat, N. Abercrombie (a cura di), Entreprise
Culture, Routledge, London-New York 1991, e J.-P. Le Goff, Le mythe de lentreprise.
Critique de lidologie managriale, La Dcouverte, Paris 1992.
11. A. Robbins, Awaken the Giant Within. How to Take Immediate Control of Your
Mental, Emotional, Physical and Financial Destiny, Summit Book, New York 1991, p. 355.
Cfr. anche T. Le Texier, Le management de soi, cit.
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crisi della governamentalit liberale, ovvero una crisi della produzione di libert.26 proprio sul piano della definizione della libert
che, daltronde, Foucault si oppone radicalmente al discorso neoliberale nelle sue numerose varianti. Laddove questultimo considera
la libert come una riserva naturale di possibilit che definisce
in quanto tale la condizione umana (nasciamo liberi, e solo in un
secondo tempo le relazioni di potere, di dominio, di sudditanza,
erodono questa libert originaria), Foucault ritiene che la libert
stessa sia loggetto di una produzione, e che il liberalismo si definisca nel suo movimento generale esattamente come il produttore
della libert della quale ha bisogno e che consuma. La libert non
mai negativa, non mai assenza di potere e di governo, proprio
perch essa si produce nel rapporto tra governanti e governati. In
questo senso, Foucault scardina le coppie oppositive libert individuale/dominazione e societ civile/stato sulle quali si reggeva il
discorso neoliberale: lo stato, come lindividuo imprenditore di
s, solo la concrezione provvisoria della governamentalizzazione
liberale della societ, un processo nel quale la nuova arte di governo si presenter pertanto come larte di gestione della libert
[]. Allo stesso tempo, questo liberalismo non corrisponde tanto
allimperativo della libert, ma alla gestione e allorganizzazione
delle condizioni alle quali si pu essere liberi.27
Due termini, in questo passaggio, devono attirare la nostra
attenzione: gestione e organizzazione, ovvero le due parole-chiave
del management. Appare evidente, insomma, come il liberalismo
sia strutturalmente legato, non tanto alla promessa o allingiunzione alla libert, quanto a un bisogno di organizzazione (del
lavoro come della vita), che nel neoliberalismo prende la forma
di un intervento ambientale su una serie di variabili locali.28 Ci
non significa semplicemente che la governamentalit neoliberale
finisce per privare gli individui di quella stessa libert che sembrava aver concesso, ma piuttosto che la forma e la produzione di
26. Ivi, pp. 70-72.
27. Ivi, pp. 65-66.
28. Cfr. F. Taylan, Linterventionnisme environnemental, une stratgie nolibrale,
Raisons politiques, 52, 2013, pp. 77-87.
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sempre accade nella storia del lavoro, dalle fucine del lavoro
materiale. La rivoluzione produttiva giapponese che parte dagli
stabilimenti Toyota per poi venire impiantata in Occidente sta
tutta nella libert di cui ha bisogno per funzionare: la libert di
ciascuno di interrompere il flusso produttivo per aggiustarlo, per
correggerlo, per intervenire sugli eventuali punti di inefficienza
o di caduta della performance;31 altrimenti niente qualit, niente
flessibilit, niente produzione calibrata sui desideri del cliente.
Persino loperaio in linea di montaggio pu tirare una corda (la
corda Andon, nel linguaggio Toyota) e fermare la produzione,
cosa che nel taylorfordismo corrispondeva al pi innominabile dei
tab. Se sospetto che c un problema, tiro la corda Andon e lintera linea di produzione si blocca allistante. Si riattiva solo quando
il problema risolto, diceva Bridie Tucker, team member nella
catena di montaggio di uno stabilimento britannico della Toyota,
in una campagna pubblicitaria di qualche anno fa. E sorrideva.
La posta in gioco politica del management postfordista, in fondo, gi interamente contenuta in questo sorriso: bisogna fare in
modo che Bridie non smetta mai di sorridere anche se magari,
domani, il suo contratto scadr e soprattutto tiri liberamente la
corda Andon solo ed esclusivamente in caso di difetti di qualit
del prodotto. Niente la pu n la deve costringere. Non solo,
questa figura di adesione e coincidenza dellindividuo con listanza
dellimpresa, questa implicazione nello spirito imprenditoriale che
la cifra del postfordismo,32 devono essere generalizzate come
figure dellautogoverno degli individui per superare il conflitto e
soprattutto la possibilit del sabotaggio, proprio quando la fragile
e nevrotica organizzazione postfordista pi si espone a esso: a
prescindere dalla posizione professionale, dobbiamo essere tutti in
grado di specchiarci nel volto sorridente di Bridie Tucker. qui che
il governo dellimpresa postfordista e la governamentalit neoliberale imperniata sul divenire imprenditori di se stessi si annodano,
31. Cfr. T. Ohno, Lo spirito Toyota (1988), trad. di G. Polo, Einaudi, Torino 2004.
32. Cfr. C. Marazzi, Il posto dei calzini. La svolta linguistica delleconomia e i suoi effetti
sulla politica, Bollati Boringhieri, Torino 1999, e M. Revelli, Introduzione, in T. Ohno,
Lo spirito Toyota, cit.
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Valutare e confessare
Oggi la valutazione considerata latto manageriale per antonomasia, il core business di manager e imprenditori, il gesto che
da un lato consente la valorizzazione delle persone nel doppio
senso di attribuzione ed estrazione di valore , dallaltro permette
la gestione della performance e dei comportamenti, tagliando di
traverso tutte le funzioni tipiche della gestione delle risorse umane,
dalla selezione e linserimento, al monitoraggio delle prestazioni,
fino alle pratiche di outplacement.51 Valutare significa migliorare
la performance, identificare le potenzialit inespresse delle persone, aumentare il valore del capitale umano, raccogliere i frutti
di questo aumento di valore. Non solo: una cultura della valutazione pu aiutare a gestire le situazioni di incertezza, flessibilit,
rischio e pericolo che caratterizzano il lavoro postfordista, mentre
un regime meritocratico di valutazione consente di migliorare
lautoefficacia e la motivazione, di sollecitare linnovazione, di
valorizzare non solo la razionalit delle persone ma altrettanto la
loro sfera emotiva, intensificando il loro coinvolgimento, il loro
impegno, vale a dire il loro commitment.
In questo senso, la valutazione manageriale emerge come specifica tecnologia di governo neoliberale,52 e lattuale proliferazione
dei sistemi di valutazione oggettiva, comparativa e meritocratica
della performance e dei processi di lavoro negli ambiti pi diversi
come la scuola, luniversit, la pubblica amministrazione, le aziende, le istituzioni di governo nazionali e sovranazionali53 costituisce
un altro esempio di tecnologia ambientale di governo54 che guida
indirettamente le condotte degli individui regolando le variabili
51. Cfr. L. Borgogni (a cura di), Valutazione e motivazione delle risorse umane nelle
organizzazioni, Franco Angeli, Milano 2008.
52. Cfr. V. Pinto, Valutare e punire, Cronopio, Napoli 2012.
53. Si possono citare, su questo tema, oltre a V. Pinto, Valutare e punire, cit., anche
I. Bruno, E. Didier, Benchmarking. Ltat sous pression statistique, La Dcouverte, Paris
2013; A. Abelhauser, R. Gori, M.-J. Sauret, La folie valuation. Les nouvelles fabriques
de la servitude, Mille et une nuits, Paris 2011; A. Del Rey, La tyrannie de lvaluation, La
Dcouverte, Paris 2013; G. Neave, The Evaluative State. Institutional Autonomy and Reengineering Higher Education in Western Europe, Palgrave Macmillan, London 2012.
54. M. Foucault, Nascita della biopolitica, cit., p. 242.
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Chi volesse analizzare questo strumento mettendolo a confronto con il modello del panopticon trover certo pane per i suoi denti:
non solo possibile valutare a partire da qualsiasi punto intorno al
valutato, ma lonnipresenza dello sguardo valutante sussiste anche
senza la presenza fisica e formalizzata di un valutatore, veicolando
lautosorveglianza delle proprie azioni. in gioco limpresa di
portare tutto a visibilit, di illuminare il buio delle stanze interiori
ed esercitare il massimo di matrise su se stessi per ottimizzare la
propria performativit.
Tuttavia, oltre a questa scena di esposizione del s e delle proprie autentiche qualit, che sola permette di rivelare degli aspetti
della personalit che vanno trasformati, ritroviamo qualcosa che
assomiglia molto a quella perpetua messa in discorso di se stessi,
tipica delle strutture della confessione, allinterno del colloquio di
valutazione della prestazione, in cui vengono restituiti alla risorsa
umana i feedback delle valutazioni, e attraverso il quale come dice
il guru della consulenza aziendale Edgar Schein si trasferiscono
la mission, la cultura, i valori dellazienda.62 Infatti, il capo, il manager, o meglio, il coach, oppure il consulente esterno che gestisce la
relazione, deve farsi carico delle emozioni e degli affetti presenti
nella relazione e disporsi alla sorpresa in un clima disteso e rilassato
per aumentare la fiducia, lautocritica costruttiva, la motivazione al
miglioramento da parte del valutato, per incoraggiare lespressione
del suo pensiero autentico.63 Si delinea una psicologizzazione
del ruolo del manager-valutatore, il quale deve saper leggere le
componenti implicite, non dette, della personalit del valutato, ed
essere in grado di gestire laspetto paterno (o paternalistico) della
relazione, come la frustrazione narcisistica che pu derivare dalla
delusione di un collaboratore-figlio che non produce performance
allaltezza delle aspettative.64
62. E.H. Schein, Lezioni di consulenza. Lattualit della consulenza di processo come
risposta necessaria alle sfide dello sviluppo organizzativo (1987), trad. a cura di Studio Perola
Milano, Raffaello Cortina, Milano 1992.
63. L. Borgogni (a cura di), Valutazione e motivazione delle risorse umane nelle organizzazioni, cit., p. 381.
64. Ivi, pp. 386-387.
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Dopo il manager-leader, maieuta e pedagogo, in grado di combinare nel suo stile di leadership la postura del tecnico esperto di
contenuti professionali specifici, la postura del profeta in grado
di intuire il destino aziendale in mercati attraversati da continue
instabilit e turbolenze, quella del saggio che fonda la propria
autorevolezza sul piano della Weltanschauung e della propria virt
esemplare, nonch quella del coraggioso parresiasta in grado
di impedire che il pensiero manageriale si incisti in visioni del
business obsolete e conservatrici,65 ecco infine il manager come
caricatura di un padre, di un pastore di anime e di un confessore;
ecco profilarsi, nel complesso, una possibile storia della figura
manageriale come matre de vrit.66
Non solo. La relazione fra valutatore e valutato allinterno del
colloquio fonte di informazioni utili e conoscenze vere solo se la
dimensione emozionale della relazione gestita in quanto tale:
fondamentale perci sar uninterrogazione attiva e sistematica
su di s67 effettuata sia dal valutatore che dal valutato e sulla
relazione fra i due. Sembra di assistere a una specie di ermeneutica
del soggetto in salsa aziendale che non a caso include la possibilit
che il valutato metta in atto delle tattiche di resistenza.68 Tentativi
che il valutatore, da parte sua, dovr essere in grado di superare
attraverso apposite contromisure: si parla di tattiche di evasione
per cui il valutato tenta di sviare il colloquio e impedire che esso
arrivi a toccare i contenuti che interessano al valutatore; tattiche
di seduzione per cui il valutato tenta di controllare limmagine di
s per sedurre il valutatore, ingannandolo; tattiche di aggressione
65. Cfr. M. Nicoli, Regimi di verit nellimpresa postfordista, Esercizi filosofici. Rivista
on line del Dipartimento di studi umanistici dellUniversit degli studi di Trieste, 1, 2010,
e Id., Lorganizzazione e lanima, in B. Bonato (a cura di), Come la vita si mette al lavoro.
Forme di dominio nella societ neoliberale, Mimesis, Milano-Udine 2010.
66. Cfr. L. Paltrinieri, Anarchologie du management, in D. Lorenzini, A. Revel, A.
Sforzini (a cura di), Michel Foucault: thique et vrit 1980-1984, Librairie Philosophique
J. Vrin, Paris 2013.
67. L. Borgogni (a cura di), Valutazione e motivazione delle risorse umane nelle organizzazioni, cit., p. 386.
68. Su questa analogia e i suoi limiti, si veda F. Gros, Le souci de soi antique chez Michel
Foucault: tentative de comparaison avec le coaching contemporain, in . Pezet (a cura di),
Management et conduite de soi, cit., pp. 99-108.
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