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1. IL
chio. Esisteva poi una viabilit minore che si dipartiva da Pisa e Lucca e in alcuni casi attraversava le vallate interne 3.
La via Pedemontana, corrispondente pi o meno
allattuale viabilit sotto monte che da Vicopisano
arriva a Lucca, era lunico passaggio, via terra, che
permetteva di raggiungere lArno e il Valdarno da
Lucca evitando il tratto pi problematico di Ripafratta. Il tracciato, che correva lungo la sponda sinistra del lago di Sesto, poteva anche essere sfruttato come asse viario alternativo alla via Francigena. Il segmento locale della Francigena prevedeva
infatti il passaggio da Lucca ad Altopascio fino a
Fucecchio, passando per le Cerbaie 4. Il collegamento quindi tra il tracciato pedemontano e la Francigena era assicurato dal collegamento da un porto
allaltro sulle due sponde del lago. Partendo da
Lucca, per, poteva essere utilizzato un percorso
alternativo: Lucca-San Leonardo in Treponzio (dove
si trovava un ospedale)-strada lungo il Monte Pisano fino alle propaggini meridionali del lago di Sesto e allansa dellArno (in questo tratto si poteva
CONTESTO TERRITORIALE
Il Monte Pisano ha da sempre occupato una posizione non marginale, trovandosi in unarea di confine tra i territori delle citt di Pisa e Lucca e delle
rispettive diocesi e dunque al centro di un continuo processo di espansione e contrazione dei due
comitati. Limportanza strategica del rilievo, che
raggiunge una altezza di 910 m s.l.m. al Monte
Serra, derivava anche da una efficace azione di
controllo della viabilit, non solo terrestre ma
anche fluviale e lacuale.
Il Monte Pisano era infatti circondato da vie dacqua navigabili che facilitavano il trasporto di persone e di merci lungo il suo perimetro, attraverso i
fiumi principali e i canali che mettevano in collegamento laghi e paludi, anchesse in buona parte usate
per la navigazione locale. I fiumi che scorrevano, e
che scorrono ancora pur con qualche variazione, alle
pendici del rilievo collinare erano lArno e lAuser,
questultimo con almeno due rami secondari nel Val
di Serchio pisano: il Tubra e lAuserclus. Nella piana
lucchese lAuser era limmissario principale del lago
di Sesto. I porti e gli approdi erano numerosi non
solo lungo i principali fiumi della zona ma anche
sulle sponde del lago, che si estendeva ad est del
Monte Pisano, nellattuale depressione del padule
di Bientina 1. Lesistenza di canali intorno al lago facilitava poi il collegamento tra il Valdarno e la piana
lucchese. Il lago di Sesto era infatti unito verso sud
allArno grazie al canale navigabile del Cilecchio,
che sboccava a Bientina, mentre a nord con lAuser
si rendeva raggiungibile Lucca per via dacqua 2.
Le principali vie di terra che tracciavano un percorso tra Pisa e Lucca con il medio e basso Valdarno, con Firenze e con la Francigena, e che in pratica circondavano il Monte Pisano lungo le sue
pendici, erano la Strata Vallis Arni, sulla sinistra
dArno, la via Pedemontana lungo il lago di Sesto
e la strada lungo monte attraverso la valle di Ser-
1. La documentazione medievale e postmedievale riguardante il monastero di S. Salvatore di Sesto ricorda numerosi porti
sulle due sponde del lago, dove la navigazione era il motore
necessario per lo sfruttamento ad esempio della pesca, ma
anche per il trasporto di merci e persone. Qui le carte cinquecentesche mostrano alcuni porti sulla sponda orientale (Grugno, Pianora, Vaiano) e su quella occidentale (Palaiola, Colle,
Querciola, Castagno, Tiglio). ONORI 1984, pp. 76-77.
2. BERNARDI 1986, pp. 17-18; CECCARELLI LEMUT 2001, p. 37.
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scarsit del numero e la breve vita dei castelli fondati in questo arco di secoli 9.
I castelli documentati nella fascia meridionale alle
pendici del Monte Pisano sono almeno sette. Tre
sarebbero attestati nella sola area di Calci: il castello del Vescovo, attestato per la prima volta nel
1059, era con molta probabilit la semplice dimora fortificata del vescovo di Pisa; un castello
de Ripabranuli attestato in loco et finibus Calci
nel 1046 senza maggiori specificazioni, mentre il
castello dei Visconti ricordato nel 1147 e ubicabile nellattuale localit di Castelmaggiore, allimbocco della Val Graziosa, potrebbe corrispondere
ad un castello calcesano gi ricordato nel 1085 10.
Un altro castello era nelle mani dei Visconti: si
tratta di Agnano ricordato nella seconda met del
XII secolo. Sia il castellum de Vicecomes, sia quello di Agnano si posizionavano in luoghi strategici
per il controllo della viabilit interna al Monte
Pisano e di collegamento tra i comitati di Pisa e
Lucca; la documentazione piuttosto tarda dei due
centri fortificati potrebbe fotografare una situazione di fatto creatasi gi nel secolo precedente e
che si legherebbe ad una tradizionale funzione
pubblica, con specifiche prerogative militari, esercitata dal casato dei Visconti 11. Anche in questo
caso la funzione strategica del castello, come anche di quello di Asciano, documentato per la prima volta negli stessi anni, interess ben presto il
comune pisano che gi nel 1165 ne impose il controllo. Alla confluenza del fiume Zambra con lArno, sorgeva il castello di Caprona, attestato per la
2. I CENTRI INCASTELLATI
MONTE PISANO
NELLAREA DEL
Il processo di incastellamento nellarea del Monte Pisano si sviluppa tra XI e XII secolo, come
altrove in Toscana, attraverso la promozione di
famiglie laiche del territorio, del vescovo, di funzionari regi e in alcuni casi di un monastero.
In questo contesto la vicinanza di due citt importanti come Pisa e Lucca ha posto dei vincoli
allo sviluppo di un insediamento accentrato e allaffermazione del potere signorile nel contado 8.
La forte politica di controllo territoriale delle due
citt ebbe infatti come risultato pi evidente la
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DI
Il monastero di S. Salvatore di Sesto fu lente monastico pi importante del nostro territorio ed almeno
fino alla fine dellXI secolo condizion lassetto insediativo della fascia orientale del Monte Pisano.
Sesto acquisisce lo status di monastero imperiale a
partire dalla fine del X secolo. In questa fase le
sorti di Sesto si legano alla politica del marchese
Ugo di Toscana che in quegli stessi anni fu promotore della fondazione di altre importanti abbazie,
funzionanti anche come organi amministrativi e di
controllo dei beni fiscali che rientravano nellamministrazione del marchese 17. grazie a Ugo che il
12. GARZELLA 1994, p. 243.
13. CORTESE 1990, p. 209.
14. REDI 1990a, pp. 260-263; REDI 1990b, pp. 9-24; CEC CARELLI 1994, p. 231.
15. CORTESE 2000, pp. 210, 213.
16. Oltre ai castelli nella fascia pedemontana del Monte
Pisano, gi ricordati nel testo, tra il X e il XII secolo sono
attestati i seguenti castelli: Moriano, fondato dal vescovo
(915), Segromigno (988), Marlia fondato dagli Aldobrandeschi nel 996, Moriano novo (1014), Porcari (1039), Mammoli (1072), Montuolo (1080), Montecatino (1080), Castagnori (1081), Aquileia (1118), Casteldurante (1188),
Maggiano (1189): CORTESE 2000, pp. 209-210.
17. KURZE 1989, p. 308.
18.
19.
20.
21.
22.
81
4. I
MONASTERI DEL
MONTE PISANO
82
Fig. 1 Carta del Monte Pisano con la localizzazione dei monasteri ricordati nel testo (il numero corrisponde
alla scheda relativa).
Nome: San Michele alla Verruca (2)
Localit: Badia di S. Michele-Vicopisano (PI)
Diocesi antica/attuale: Lucca/Pisa
Prima attestazione o data di fondazione: 4 maggio 996
Ente o famiglia fondatrice: Cappella privata attestata
nell861 probabilmente legata alla famiglia Aldobrandeschi
Documenti principali: Il primo documento che riguarda
San Michele risale all861 e si riferisce ad una cappella
oggetto di un negozio giuridico tra due membri appartenenti alla famiglia Aldobrandeschi; ancora nel 913 si
attesta la sola cappella mentre la prima attestazione del
monastero risale al 996, anno in cui S. Michele concesso dal vescovo di Lucca al monastero di Sesto; la dipendenza da Sesto continuer almeno fino al 1097, anno
in cui documentato per la prima volta un abate di S.
Michele. Il passaggio del monastero dai Benedettini ai
Cistercensi avviene intorno al 1260
Visibilit: Campagna di scavo archeologico in corso dal
1996 che ha riportato in luce lintero sito occupato
dallabbazia e dal monastero
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84
antico, a quella data abbandonato, che sembrerebbe testimoniato in un documento del 914 29. Del
complesso abbaziale attestato dalla seconda met
dellXI secolo rimane solo la chiesa, pur con pesanti interventi in facciata.
Ledificio ha una pianta a croce latina, con abside
semicircolare. La facciata originale fu demolita nel
700, causando laccorciamento della navata di circa 7 m, e in seguito ricostruita in muratura mista
anche con materiale di reimpiego, alla quale oggi
addossato un portico. Il lato nord della chiesa
lunico almeno parzialmente leggibile, in quanto
sul perimetrale sud si appoggiata in tempi recenti
la canonica, oggi in uso come abitazione privata.
La muratura esterna della navata ampiamente rimaneggiata nella porzione superiore, dove sono
state ricavate due ampie finestre strombate, a sesto
ribassato, collegabili con gli interventi settecenteschi gi accennati per la ricostruzione della facciata. Nel transetto nord si apre una porta sul lato
occidentale, caratterizzata da una archeggiatura a
tutto sesto costruita con regolari cunei in pietra. Al
di sopra di essa una grande finestra rettangolare,
strombata, ancora relativa agli interventi settecenteschi se non addirittura posteriori. Il prospetto
absidale, al quale si appoggia una porzione della
villa padronale settecentesca edificata sul retro dellabbazia, quello meglio conservato nella sua facies medievale. Labside semicircolare presenta
ampie archeggiature cieche impostate su lesene
pensili con basi a mensole modanate (Fig. 2).
Dalla fabbrica possibile determinare almeno due
principali fasi di intervento, correlabili con le pur
esigue informazioni derivanti dalla fonte scritta.
La presenza residua di un edificio pi antico della
chiesa come la vediamo oggi nel suo complesso
testimoniato dalla porzione di muratura ancora presente nella parte inferiore del prospetto absidale,
costituita da piccole bozzette irregolari e ciottoli di
fiume, poste in opera a filari orizzontali, con abbondanza di malta; in alcuni tratti lapparecchiatura a
spina pesce. Questa tecnica muraria da mettere in
relazione con la documentata presenza di un edificio religioso dedicato al Salvatore attestato nel X
secolo, ma forse costruito in epoca precedente 30.
Murature simili anche nel resto della Toscana si trovano associate in edifici ecclesiastici con fasi evidenti di fondazione di IX-X secolo 31, mentre sul Monte
Pisano il confronto possibile con le murature di S.
Michele riconducibili alla fase precedente alla rico-
5. LA
RICERCA ARCHEOLOGICA
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In appoggio alla muratura pi antica sopra descritta, labside di Cantignano presenta una prospetto
a filari regolari e paralleli di conci di medie e piccole dimensioni, squadrati e lisciati in superficie;
su di essa vi una decorazione ad ampie archeggiature doppie costituite da conci accostati, tagliati
a spigoli vivi, impostate su lesene pensili con base
e mensole modanate. Le mensole delle lesene sembrano appoggiarsi direttamente sulla linea di rasatura della porzione di muratura pi antica. La
stessa tecnica muraria, con conci di simili dimensioni, si ritrova omogeneamente sul transetto e sul
lato settentrionale delledificio, a testimonianza di
una fase unitaria di ricostruzione della chiesa abbaziale avvenuta, in base alla documentazione scritta, posteriormente al 1064 33.
Alla seconda met dellXI secolo rimanda anche
la cronologia dei bacini ceramici inseriti nei pro-
32. Ringrazio Giovanna Bianchi e Fabio Gabbrielli per la conferma della datazione indicativa, sulla base delle foto e dei
rilievi da me sottoposti. Per confronto si veda il campione di
muratura Tipo 1 di S. Silvestro, datato tra X e fine XI secolo:
BIANCHI 1995, fig. 2, p. 368.
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Fig. 3 S. Michele alla Verruca. Prospetto nord del muro di divisione degli ambienti 1 e 4 di area 2000. Si notino
le due fasi di costruzione: la porzione inferiore caratterizzata da una apparecchiatura a spina pesce relativa alla
fase precedente la ricostruzione di XII secolo del monastero; la porzione superiore, con porta tamponata al
centro, invece in relazione al contesto di prima met XII secolo, con successive modifiche.
Fig. 4 Porzione del prospetto occidentale interno del castello della Verruca.
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tevoli dal punto di vista della committenza richiedente 37 e delle maestranze esecutrici.
Riguardo alle maestranze presenti nello stesso ambito territoriale stato forse sottovalutato il ruolo
dellabbazia di Sesto come protagonista e committente privilegiato di questa rinascita. Da questo punto
di vista interessante, anche se solo come ipotesi di
lavoro, correlare la ricostruzione di Sesto, dopo le
dotazione della fine del X secolo e degli inizi dellXI,
con un grande cantiere organizzato entro quello stesso secolo e che senza dubbio richiam maestranze
specializzate, forse le stesse che in quello stesso periodo lavoravano nei numerosi cantieri pisani. Purtroppo il grado di leggibilit delle strutture dellantico monastero che si affacciava sullomonimo lago
sono ridotte al prospetto settentrionale, solo parziale, della torre campanaria che ipotesi ricostruttive
collocherebbero sullangolo nord-ovest di facciata
della chiesa abbaziale 38. Anche in questo caso il ricorso ad una tecnica muraria simile a quella gi documentata per Cantignano, con la stessa caratteri-
37. Si tratta dei cosiddetti Longobardi di Vaccoli, i quali potrebbero appartenere alla stessa consorteria che nello stesso
periodo fonda lEremo di S. Pantaleone, poi monastero cistercense dalla met del XIII secolo, pi o meno al centro del
rilievo del monte: cfr. per questo COTURRI 1998, pp. 167-168.
38. CACIAGLI 1984.
88
Fig. 6 Porzione del prospetto meridionale del transetto della chiesa abbaziale di S. Savino (prima met XII secolo).
mirto, delle felci, del carbone e delle pietre 39. Labate quindi controllava direttamente lestrazione della
pietra. La cava, nel luogo detto Serra de Plaia, era
organizzata con magistros e secantes lapides che avevano a disposizione locali (capanna), con un sistema di trasporto (asinarii) che permetteva di trasportare le pietre gi lavorate dalla cava fino allArno. Il
toponimo Serra de Plaia, non indicativo di un
luogo specifico doveva comunque trovarsi tra
Montemagno e Calci.
probabile che limpulso ad organizzare questa
nuova attivit sia derivato dalla necessit di impiantare il nuovo cantiere per la ricostruzione del monastero, ma che in seguito essa sia diventata una
delle risorse economiche maggiori per il cenobio,
visto lo sviluppo del costruire in pietra verrucana
che si registra in quegli anni a Pisa e nel territorio
circostante. Il riferimento allesistenza di questa risorsa per il monastero dai primi decenni del XII
secolo si deduce ancora dal documento sopra indicato; i testimoni giurano infatti di aver visto fatti
descritti gi trenta o quaranta anni prima 40.
Non solo i monaci di S. Michele possedevano cave
stica presenza di una lesena pensile su mensola modanata, ricollocherebbero la fabbrica entro lXI secolo (Fig. 7). Forse fu proprio il cantiere di Sesto
che influenz le scelte dei committenti della vicina
S. Salvatore di Cantignano, prendendo a modello la
realizzazione del monastero pi importante di tutto
il territorio.
La documentazione scritta non chiaramente
esplicita sulle motivazione di questa indubbia fase
di rinascita legata sicuramente ad una favorevole
congiuntura economica le cui cause sono solo ipotizzabili. comunque importante sottolineare linteresse nello sfruttamento delle cave di verrucano
documentato per i tre maggiori monasteri dellarea: S. Michele, Sesto e Cantignano, che pose i
monasteri proprietari della materia prima a diretto contatto con le maestranze itineranti nel territorio pisano e lucchese.
Lattestazione della propriet di cave di pietra per S.
Michele alla Verruca desumibile da una serie di
testimonianze prodotte in seguito ad una controversia avvenuta tra larcivescovo di Pisa e labate del
monastero della Verruca, in data non specificata, ma
che si fa risalire agli anni 50 del XII secolo in base
allabate presente alla stesura dellatto, Ildebrando.
La controversia riguarda la gestione di parte del territorio e delle sue risorse, pi specificatamente del
89
Fig. 7 Porzione residua della torre campanaria di S. Salvatore di Sesto inglobata nel complesso di Villa Ravano-Gabin.
ANTONIO ALBERTI
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