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134. Pentiti l
PIERO MAGRI
Collaboratore presso la cattedra di Diritto penale
nell'universit degli studi di Milano
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Al diritto infatti non interessa indagare sulle coscienze, quanto invece favorire un'azione riparatrice del danno commesso o antitetica rispetto al delitto che si intende consumare o che stato consumato (l),
quali che siano le ragioni e le modalit del mutamento interiore dell'autore del reato. Spesso la via della collaborazione viene addirittura consigliata al soggetto indagato o contrattata (nel senso che si offre clemenza
in cambio di una confessione o delazione) e non pu quindi essere considerata propriamente volontaria o spontanea.
E necessario inoltre distinguere tra vari tipi di pentiti; in particolare,
pur nell'eccessivo schematismo, tra i pentiti del terrorismo, i pentiti di
<< Tangentopoli >> e i pentiti di mafia.
(1) Per un ulteriore approfondimento, si veda P. NUVOLONE.Polifica criminale e
pentimento del reo, in L'indice penale , 1982. p. 143.
Alcuni partecipanti a gruppi terroristici (Brigate Rosse, Prima Linea, ecc.) durante gli anni '70 e '80 incominciarono a recedere dalle varie associazioni criminali non appena capirono l'erroneit del metodo
adottato. Decine di giovani si dissociarono dalla lotta armata e si avviarono a reeuperare sistemi di lotta politica non violenti, denunciando in
alcuni casi i compagni. Molti di questi pentiti >) sono ormai liberi, anche perch lo Stato intervenuto in pi occasioni con leggi ad hoc (Z),
che hanno creato circostanze attenuanti per chi si fosse dissociato (cio
avesse confessato tutti i reati eommessi, e si fosse adoperato per eIidere
o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato, o avesse aiutato l'autorit di polizia o giudiziaria nella raccolta di prove decisive per
l'individuazione o la cattura di uno o pih autori di quei reati, assumendo
cos comportamenti oggettivamente incompatibili con il permanere del
vincolo associativo).
Tali leggi, inoltre, introducendo casi di non punibilit per coloro che
si fossero consegnati senza resistenza alle Autorit e avessero fornito
ogni informazione sulla struttura e sulla organizzazione delle associazioni, contribuirono a far s che si smantellassero in poco tempo le principali organizzazioni terroristiche.
da ricordare per che non tutti gli ex terroristi erano disposti a
parlare e a tradire i compagni: per essi allora fu creata una legge che
prevedeva uno sconto di pena pi attenuato (3).
Per la maggior parte dei casi va ricordato comunque che non ci si
trovava di fronte a persone che si adeguavano, sia pure tardivamente, ai
valori comunemente accettati nella societ, ma a persone che ritenevano pi conveniente, proprio per l'indulgenza di cui avrebbero potuto
godere, aiutare gli organi inquirenti.
Solo ora per si pu intuire quale forza ha avuto quella legislazione
premiale, nonostante le difficolt e le polemiche di quel periodo.
(2) La legge pi importante fu la Legge 20 maggio 1982, n. 304, Misure per la difesa
deil'ordinamenro costituzionale, in Gazzetta Ufficiale , 2 giugno 1982, n. 149. Per una
approfondita analisi di questa normativa si veda C. DE MAGLIE,Il fenomeno della dissociazione come circostanza artenuante e come causa di escltmione deiia punibilird, in Archivio penale ,1985, p. 141; per un pi sintetico, ma efficace quadro delle leggi sul pentitismo, cfr. P. FERRARI
DA PASSANO,
Considerazioni giuridiche sulla ch~amatadi correo, in
La Civilt Cattolica , 3 aprile 1993, pp. 29-43.
(3) Si tratta deia Legge 18 febbraio 1987, n. 34, Misure a favore di chi si dissocia dal
terrorismo, in Gazzetta Ufficiale , 21 febbraio 1987, n. 43.
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b) l pentiti di Tangentopoli .
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(4) Gli arresti domiciliari o la rimessione in Libert in attesa di giudizio sono stati solitamente concessi solo nella misura in cui si ritenessero cessati il pericolo di inquinamento
f delle prove e il concreto pericolo che l'indagato potesse commettere un altro reato della
specie: tali requisiti sono stati raggiunti per lo pi mediante la confessione di quanto
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era a conoscenza degli indagati relativamente ai fatti contestati.
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(5) Ii disegno di legge, presentato alla stampa il 6 marzo 1993, non ancora entrato
I nell'agenda dei Iavori parlamentari, poich era inserito in un pacchetto di provvedimenti,
f tra cui alcuni decreti-legge (come quello sulla depenalizzazione delle violazioni della legge
I sul finanziamento pubblico dei partiti), che sono stati oggetto di giuste critiche da parte
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dell'opinione pubblica in un clima surriscaldato dalle polemiche e hanno perso quasi imI mediatamente la loro forza riformatrice.
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( 6 ) Sul merito e sull'andamento del dibattito relativo alla soluzione politica di
f Tangentopoli ci riserviamo un successivo approfondimento, non appena vi saranno sviI luppi legislativi, auspicati anche da autorevoli giuristi (cfr. G. NEPPIMODONA,Il dopo
I Tangenfopoli, in La Repubblica P, 6 giugno 1993, p. 10) e dall'Associazione Nazionale
f Magistrati (Congresso di MilanolComo del 10-13 giugno 1993).
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Non essendo per ancora state approvate tali proposte di legislazione premiale (e forse proprio la loro mancata approvazione pu essere
una delle cause deiritardi degli inizi dei processi di Tangentopoli D), si
potrebbe ipotizzare l'applicazione per questi casi di << pentimento delle tradizionali norme previste dal codice penale, con le quali lo Stato tenta
di assicurarsi, in cambio di sconti e benefici, le rivelazioni dei criminali o
un comportamento antitetico a quello punito.
Ci riferiamo in particolare agli istituti della desistenza volontaria e
del reeesso attivo previsti dal terzo e dal quarto comma dell'art. 56 C.P.
(istituti che intervengono rispettivamente prima che si verifichi l'azione
criminosa, o prima che si realizzi l'evento) (7), e all'art. 62, n. 6, C.P.,che
prevede una attenuazione della pena fino a un terzo, nel caso in cui I'autore del reato abbia riparato il danno o si sia adoperato spontaneamente
ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato. In quest'ultimo caso il rawedimento avviene post delicrum, cio dopo che l'atto criminoso sia interamente compiuto.
Controverso per i1 requisito della spontaneit. Nonostante alcune
oscillazioni da parte della giurisprudenza (8), si ritiene per lo pi che esso comporti un giudizio di merito sui motivi, che dovrebbe portare alla
valutazione dell'effettivo mutamento interiore deil'autore del reato. La
Corte di Cassazione ha pertanto affermato che, per l'applicazione di
questa attenuante, l'azione deve essere determinata da motivi interni
all'agente e non influenzata da fattori esterni che operino come pressione sulla spinta psicologica >> (9). Proprio per questo la dottrina evidenzia un principio di contraddizione nella norma, che da una parte
sembra prevedere un vero pentimento, dall'altra richiede che l'opera riparatrice avvenga prima del giudizio, eliminando cos, almeno in parte,
i1 carattere disinteressato del comportamento spontaneo (10).
Si deve comunque affermare che le attenuanti in questione non si
potranno applieare nel caso in cui si accerti che i comportamenti di
<< pentimento >> siano stati causati da circostanze esterne.
(7) Art. 56. commi 3 e 4, C.P.: Se il colpevole volontariamente desiste dall'azione,
soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per s un reato diverso. - Se volontariamente impedisce l'evento, soggiace aila pena stabilila per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla met n.
(8) Alcune sentenze hanno infatti precisato che non richiesto il pentimento interiore, a nuiia rilevando gli intimi motivi che hanno determinato tale azione.
(9) Cfr. sentenze deUa Cassazione penale, 5 marzo 1984, in L a rivista penale ,
1985, C. 539, e 23 novembre 1982, in La giustizia penale . 1984, LI, C. 28.
(10) Cfr. C . DE MAGLIE,arr. cit.. p. 162.
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l pentiti di mafia.
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(Il) Celebre il caso del pentito Leonardo Vitale, dichiarato incapace di intendere
e di volere e rinchiuso in un manicomio criminale: le sue dichiarazioni furono ritenute veritiere in seguilo aii'inizio della collaborazione di Tommaso Buscetta. Per un approfondimento si veda G. FALCONE,
Il valore probatorio delle rivelazioni dei pentiti, relazione al
convegno Pentitismo e garanzie neii'attuale realt giudiziaria n, in Segno ,1986, p. 50.
(12) Si ricordano in particolare Antonio Calderone, Vincenzo Marsala e Francesco
Mannoia.
autorit istituzionali dello Stato, e si esprimeva anche attraverso lo strumento della calunnia (13).
2. Proprio il coinvolgimento, durante quest'ultimo anno, di numerosissime personalit di spicco delle istituzioni (dal senatore Andreotti,
al sostituto procuratore Signorino, all'agente segreto Contrada) ha suscitato roventi polemiche suii'iitilizzazione delle dichiarazioni dei pentiti,
tra le quali spicca anche un esposto-denuncia firmato in data 2 aprile
1993 dai capigruppo al Parlamento della Democrazia Cristiana on.
Bianco e sen. De Rosa, in cui si chiede alla magistratura di verificare
se nell'attivit e nelle dichiarazioni di pentiti o di chi li ispira o li utilizza, possano ravvisarsi gli estremi dei reati di cospirazione politica, vilipendio della Repubblica e delle istituzioni costituzionali e di calunnia >>
(13 bis).
Il documento, che non voleva impedire il compito della magistratura, ma caricarla di un lavoro in pi , si inserisce per obiettivamente nel tentativo da parte di alcune forze politiche di delegittimare i
pentiti, che sono invece stati strumento importantissimo in quanto
hanno consentito la cattura di pericolosi criminali [...l, hanno contribuito a far comprendere gli organigrammi mafiosi, hanno fornito i criteri per la migliore comprensione delle modalit di azione di Cosa Nostra (14), come di altre associazioni di stampo mafioso (ad esempio
la Camorra).
3. In realt, negli ultimi anni, grazie alla pressione esercitata da parte deii'opinione pubblica (tra cui anche i sostituti procuratori del disciolto p001 antimafia di Palermo, alcuni autorevoli sociologi, alti membri di forze dell'ordine), stava sviluppandosi sempre pi un orientamento favorevole a prendere in massima considerazione le dichiarazioni dei
collaboratori di giustizia. Sono state tra l'altro emanate alcune leggi premiali, tra cui la Legge 26 giugno 1990, n. 162 (15), in materia di traffico
(13) In questa materia la bibliografia giuridica e sociologica anche recente sterminata. Cfr. 1 rapporti mafia-politica - Relazione della Commissione Antimafia, in Aggiornamenti Sociali , (luglio-agosto) 1993, pp. 561-598, rubr. 145.
(13 bis) Cit. in P. DI CARO,La DC chiede aiuto ai gii~dici,in Comere della Sera ,
3 aprile 1993. p. 5.
(14) Cfr. I rapporti mafia-politica - Relazione della Commissione Antimafia, cit., n.
15, p. 568.
(15) Si vedano gli artt. 73 e 74 del DPR 9 ottobre 1990, n. 309, Testo unico delle leggi
in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, in Gazzetta Ufficiale P, Supplemento ordinario, 31 ottobre 1990, n. 255.
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f decreto-legge I3 maggio 1991, n. 152, recante provvedimenti urgenti in tema di lotta alla eri-
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cedere.
1 magistrati hanno ipotizzato per alcuni politici incriminati il reato di conI corso in associazione di stampo mafioso (23) per aver fornito con azioni
; to di cui all'art. 416 bis C.P.,tenendo presente che la maggior parte dei
I politici indagati non sono ritenuti affiliati di queste associazioni, ma solo
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concorrenti
esterni D.
Secondo l'orientamento maggioritario, il requisito della forza di intiinidazione del vincolo associativo >> viene interpretato non come una modalit di realizzazione deila singola condotta, ma come elemento strumentale
(24). Pertanto tale requisito non deve estrinsecarsi di volta in volta in atti
di violenza fisica o morale, perch ci che caratterizza l'associazione di
stampo mafioso la condizione di assoggettamento (cio la sottomissione dell'associato meno autorevole e dell'individuo esterno) e di omert
(cio il rifiuto generalizzato di collaborare con organi dello Stato).
Va detto inoltre che l'associazione viene qualificata di tipo mafioso
quando i partecipanti perseguono il fine di << acquisire in modo diretto o
indiretto la gestione o comunque il controllo di attivit economiche, di
concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare
profitti o vantaggi ingiusti per s o per altri .La Legge 7 agosto 1992, n.
356, ha aggiunto anche un'ulteriore possibile finalit, cio quella di
impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a
s o ad altri in occasione di consultazioni elettorali D.
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n problema centrale, neila questione che stiamo esaminando, riguarda la configurabilit di una partecipazione esterna >> al delitto previsto dall'art. 416 bis da parte di politici e imprenditori che adottino
comportamenti contigui o di non conflittualit con le associazioni criminali; la dottrina lo ha prevalentemente risolto in senso positivo (25).
Senza entrare nei particolari di questo dibattito, va comunque detto che
pressanti preoccupazioni politico-criminali connesse alla crescente diffusione della criminalit organizzata stanno facendo prevalere anche
nella giurisprudenza la possibilit di configurare un concorso esterno
per persone non affiliate , nonostante non manchino pronunce contrarie o molto restie ad affermare nella prassi una responsabilit penale
per contiguit mafiosa (26).
La distinzione tra partecipazione (interna) e E< concorso (esterno)
poggerebbe comunque su un diverso atteggiamento psicologico: i partecipi
agirebbero proprio al10 scopo di far raggiungere all'associazione i suoi fini,
i concorrenti opererebbero per finalit loro proprie, di natura individuale.
I concorrenti potrebbero anche essere consapevoli del programma criminoso dell'associazione, ma non avrebbero mai l'intenzione di realizzarlo,
anche quando fornissero il proprio contributo diretto per favorire le attivit e gli scopi dell'associazione (sono stati ipotizzati, ad esempio, condizionarnenti di processi giudiziari a carico di esponenti delle organizzazioni
criminali, promesse di agevolare la reakuazioi~edei fini dell'associazione
come il controllo di attivit economiche o l'acquisizione di appalti pubblici, in cambio di voti alle elezioni, attraverso patti di mutua solidariet).
Le dichiarazioni dei pentiti hanno cos portato la magistratura ad
agire nei confronti delle personalit coinvolte, anche se bisogna precisare che le informazioni fornite dai collaboranti e contenute nelle richieste di autorizzazione a procedere devono tutte passare al vaglio delle
autorit giurisdizionali. Certo, dalla lettura di questi atti emerge il terribile (quasi incredibile) degrado a cui era giunto il nostro sistema politico,
che non si fermava al clientelismo o al malgoverno, ma era contiguo alla
grande criminalit organizzata. Se queste considerazioni non possono es(25) Per un approfondimento si vedano G. FIANDACA,La contipiti mafiosn degli
imprenditori fra ribvanzo penale e srereotipo crinzi~zale,in I1 foro italiano , 1991, 11, C.
472; L. DE LLGUORI,
Concorso evenmolc e reati associativi, in Cassazione penale , 1989,
p. 36 ; S. SAGLIA.Osservo~ioniin tema di concorso eventuale nel reato (li associnzione di tipo nzaf oso, in La giustizia penale , 1992,II. c. 306.
(26) Cfr., ad esempio, sentenza della Cassazione penale, 19 gennaio 1987, in Cassazione penale ,1989, p. 34, e sentenza del Tribunale di Catania, 28 marzo 1991,in a Il foro
italiano n, 1991, TI, C. 472.
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1. In un processo ispirato all'oralit e all'immediatezza dell'acquisizione della prova nel dibattimento, si dovrebbero privilegiare i mezzi di
I prova pi diretti, come la testimonianza e la c.d. chiamata di correit >>
(cio la confessione da parte dell'autore del delitto attribuitogli, il quale
aecusa altri come corresponsabili nella commissione di quel fatto-reato).
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I obiettivi. L'art. 192 del nuovo codice di procedura penale prevede infatti
I che per circondare di maggiori cautele il ricorso a una prova che potreb-
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I della << chiamata di correo ,stanti le diverse possibili ragioni di inquiI namento connaturate a siffatte confessioni (27).
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L'orientamento maggioritario fino agli anni '70 era pertanto quel10
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(27) Cfr. sentenze della Cassazione penale. 16 febbraio 1972. in N I1 foro italiano P,
1973, Il, C. 59, e 23 gennaio 1984, in JJ foro italiano P, Repertorio, 1985, voce Prova penale, n. 33; sentenza della Cassazione, sezioni unite penali, 18 febbraio 1988, in a Cassazione
penale , 1988, p. 1343. Per un ampio quadro giurisprudenziale si veda P. B O N E La
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u chiamata di correo : rassegna critica, in C Indice penale D, 1985, p. 57.
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aggiornamenti sociafi9-1011993
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di correo occupano una variet molto graduata e variegata, che non possono non comprendere anche le ulteriori chiamate (31).
3. In realt il punto pi controverso sembra essere proprio l'interpretazione del significato della locuzione altri elementi di prova . Questi non devono essere necessariamente idonei ad attestare il contenuto
delle dichiarazioni; si ritiene invece sufficiente che il necessario effetto
corroborativo sia prodotto anche solo da uno o pi indizi, senza richiedere che tali indizi siano delle vere e proprie prove (32).
Pi precisamente, gli altri elementi di prova possono essere di
qualsiasi tipo e natura, ma non devono necessariamente essere di natura
diversa rispetto alla categoria delle dichiarazioni del pentito. Ci significa, come ha sostenuto anche la Cassazione nell'ultima sentenza sopra citata, che la pluralit di dichiarazioni convergenti pu condurre aila conferma deii'una ad opera dell'altra, semprech siano univoche, spontanee e
indipendenti (questa la cosiddetta tecnica del riscontro incrociato, tanto usata anche nelle indagini di Tangentopoli ).Lnsomma, non sufficiente una dichiarazione per provare un fatto, ma una catena di diehiarazioni pu assumere notevole rilevama probatoria, tanto pi se vi siano anche dei riscontri oggettivi, che per8 non sono pi (come sosteneva
certa giurisprudenza quando era in vigore il codice abrogato) gli unici a
essere capaci di assolvere alla funzione corroborativa prevista dal comma 3 dell'art. i92 C.P.P. (33).
(31) Cfr. sentenza della Cassazione penale, 30 gennaio 1992, in I1 foro italiano P,
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punti riferiti dal correo, fornirebbe sul piano logico la necessaria integrazione probatoria in ordine agli altri.
In realt una autorevole dottrina sostiene che il legislatore non si sia
limitato a esigere un riscontro esterno e generico dell'attendibilit del
dichiarante, ma abbia preteso che il suddetto riscontro copra anche i singoli fatti cui le dichiarazioni siano riferite (35) (proprio questa sarebbe la
vera novit ga~antistadell'art. 192 C.P.P.).
La conferma dell'attendibilit della chiamata di correo si deve allora
Iimitare alle sole parti comprovate dall'elemento di riscontro, senza automatiche estensioni aiie altre parti deiia dichiarazione stessa: ogni punto del racconto deve essere quindi oggetto di verifica e, nel caso restino
delle parti non comprovate o smentite, esse divengono inefficaci dal
punto di vista probatorio. Anche la giurisprudenza maggioritaria si . ormai pronunciata contro I'aberrante fenomeno dei << teoremi giudiziali ,
per cui, se Tizio ha detto A, B, C, D, e si accertato che A, B e C rispondono al vero, anche l'affermazione D deve essere veritiera (36). Si ritiene
allora possibile una valutazione congiunta di tutti gli elementi di riscontro, ma non una valutazione unitaria, perch i1 riscontro presuppone una
comparazione tra le dichiarazioni e tutti gli elementi esterni assunti (37).
5. Un'ultima importante questione da affrontare riguarda Ia motivazione delle sentenze fondate sulle dichiarazioni dei coimputati. Se da una
parte il necessario riscontro pu costituire un limite legale al principio
del libero convincimento, durante I'elaborazione della motivazione riprende vigore questo stesso principio, che si esprimer nella verifica circa la concreta attitudine degli ulteriori elementi di prova ad assolvere
alla funzione corroborativa. I1 giudice dovr cos motivare dettagliatamente la presunta attitudine di tali elementi a fornire un valido supporto alle dichiarazioni.
Inoltre tale motivazione sar suscettibile di controllo anche in sede
di legittimit (davanti alla Corte di Cassazione), ma solo per quanto nguarda la correttezza del ragionamento; la Suprema Corte non potr cos spingersi a censurare l'iter argomentativo posto a fondamento del giudizio di attendibilit, rivedendo i percorsi valutativi del giudice, come
talvolta avvenuto negli ultimi anni. Potr invece rilevare un difetto di
(35) Cfr. V. GREVI, art. cit., p. 1182.
(36) Riguardo ai pericoli insiti neua credibilit a per traslazione B, si veda E. F~ssoN E , Penrirismo e Cassazionepenrita?, in Cassazione penale , 1986, p. 1832.
(37) Cfr. sentenza della Cassazione penale, 15 ottobre 1990, in R. Archivio deiia nuova procedura penale D, 1991,p. 466.
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I motivazione nel caso in cui alcuni punti delle dichiarazioni non abbiano
1 ce di merito.
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6. Si pu notare dunque come la regola di giudizio di cui al comma 3
I dell'art. 192 C.P.P. sia espressione di una generale tendenza verso un re-
I gime di legalit della prova, in virt del quale l'accertamento dei fatti de-
ve essere condotto secondo regole ben precise e tassative, ossia nel mo-
Per evitare di stare in bilico sul filo del rasoio che divide il plausibile
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I dall'arbitrario, il problema pu essere risolto solo con un prudente e at-
I te dei magistrati.
Da una parte le dichiarazioni dei pentiti sono state fondamentali per
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I sconfiggere in passato le pi gravi forme di criminalit e lo sono ancora
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con estrema attenzione. I magistrati non devono farsi portare per mano W
:I zachiarazioni,
sarebbe anche doveroso che a una analoga linea di prudensi attengano anche i magistrati del pubblico ministero, nel fare uso di
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(39) Si pensi al caso, denunciato anche dali'on. L. Violante, di alcuni avvocati siciliani che difendono numerosi collaboranti. Si veda G. RUGGERO,
Avvocnfo deipentiri sono tiro, in Awenire , 18 aprile 1993, p. 7.
(40) Cfr. V. GREVI,Le garanzie, in Panorama , 25 aprile 1993, p. 53.