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aggiornamenti sociali 9-1011993

134. Pentiti l

LE DICHIARAZIONI DEI PENTITI


E LA LOTTA ALLA CRIMINALITA'

PIERO MAGRI
Collaboratore presso la cattedra di Diritto penale
nell'universit degli studi di Milano
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Td nessun altro momento della storia della nostra Repubblica si

I assistito a un cos grave conflitto tra magistratura e potere politico, do-

vuto principalmente alle indagini di << mani pulite e alle dichiarazioni


dei << pentiti .Negli ultimi mesi si particolarmente riacceso il dibattiI to politico e giuridico sul pentitismo, analogo alle vivaci discussioni
I sorte durante la prima met degli anni '80 a proposito dei << pentiti
1 del terrorismo.

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1 i.Il pentitismo e I'evoluzione del diritto premiale.


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Va premesso che per la quasi totalit dei casi non si dovrebbe parla-

; re di pentiti , ma di collaboratori di giustizia (o collaboranti D). I1


I concetto di pentimento infatti appartiene alla sfera morale e religiosa,
I indica un mutamento della personalit, una catarsi purificatrice, giuridiI camente non verificabile. I1 concetto giuridico di pentimento prende in-

; vece in considerazione il comportamento, il dato esteriore.


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Al diritto infatti non interessa indagare sulle coscienze, quanto invece favorire un'azione riparatrice del danno commesso o antitetica rispetto al delitto che si intende consumare o che stato consumato (l),
quali che siano le ragioni e le modalit del mutamento interiore dell'autore del reato. Spesso la via della collaborazione viene addirittura consigliata al soggetto indagato o contrattata (nel senso che si offre clemenza
in cambio di una confessione o delazione) e non pu quindi essere considerata propriamente volontaria o spontanea.
E necessario inoltre distinguere tra vari tipi di pentiti; in particolare,
pur nell'eccessivo schematismo, tra i pentiti del terrorismo, i pentiti di
<< Tangentopoli >> e i pentiti di mafia.
(1) Per un ulteriore approfondimento, si veda P. NUVOLONE.Polifica criminale e
pentimento del reo, in L'indice penale , 1982. p. 143.

a) I dissociati dal terrorismo.

Alcuni partecipanti a gruppi terroristici (Brigate Rosse, Prima Linea, ecc.) durante gli anni '70 e '80 incominciarono a recedere dalle varie associazioni criminali non appena capirono l'erroneit del metodo
adottato. Decine di giovani si dissociarono dalla lotta armata e si avviarono a reeuperare sistemi di lotta politica non violenti, denunciando in
alcuni casi i compagni. Molti di questi pentiti >) sono ormai liberi, anche perch lo Stato intervenuto in pi occasioni con leggi ad hoc (Z),
che hanno creato circostanze attenuanti per chi si fosse dissociato (cio
avesse confessato tutti i reati eommessi, e si fosse adoperato per eIidere
o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato, o avesse aiutato l'autorit di polizia o giudiziaria nella raccolta di prove decisive per
l'individuazione o la cattura di uno o pih autori di quei reati, assumendo
cos comportamenti oggettivamente incompatibili con il permanere del
vincolo associativo).
Tali leggi, inoltre, introducendo casi di non punibilit per coloro che
si fossero consegnati senza resistenza alle Autorit e avessero fornito
ogni informazione sulla struttura e sulla organizzazione delle associazioni, contribuirono a far s che si smantellassero in poco tempo le principali organizzazioni terroristiche.
da ricordare per che non tutti gli ex terroristi erano disposti a
parlare e a tradire i compagni: per essi allora fu creata una legge che
prevedeva uno sconto di pena pi attenuato (3).
Per la maggior parte dei casi va ricordato comunque che non ci si
trovava di fronte a persone che si adeguavano, sia pure tardivamente, ai
valori comunemente accettati nella societ, ma a persone che ritenevano pi conveniente, proprio per l'indulgenza di cui avrebbero potuto
godere, aiutare gli organi inquirenti.
Solo ora per si pu intuire quale forza ha avuto quella legislazione
premiale, nonostante le difficolt e le polemiche di quel periodo.

(2) La legge pi importante fu la Legge 20 maggio 1982, n. 304, Misure per la difesa
deil'ordinamenro costituzionale, in Gazzetta Ufficiale , 2 giugno 1982, n. 149. Per una
approfondita analisi di questa normativa si veda C. DE MAGLIE,Il fenomeno della dissociazione come circostanza artenuante e come causa di escltmione deiia punibilird, in Archivio penale ,1985, p. 141; per un pi sintetico, ma efficace quadro delle leggi sul pentitismo, cfr. P. FERRARI
DA PASSANO,
Considerazioni giuridiche sulla ch~amatadi correo, in
La Civilt Cattolica , 3 aprile 1993, pp. 29-43.
(3) Si tratta deia Legge 18 febbraio 1987, n. 34, Misure a favore di chi si dissocia dal
terrorismo, in Gazzetta Ufficiale , 21 febbraio 1987, n. 43.

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f34. Pentiti 2

b) l pentiti di Tangentopoli .

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Per quanto riguarda i collaboranti nelle indagini di mani pulite ,


va premesso che il fenomeno, essendo molto recente, ancora poco studiato. Senza dubbio le indagini si sono sviluppate grazie alle informazionifornite da imprenditori e, in parte, da politici inseriti nel sistema perverso della corruzione politica e imprenditoriale. La verit di tali informazioni deve comunque ancora essere vagliata dalle autorit giurisdizionali durante iprocessi che si stanno svolgendo.
Certo questi pentimenti >r sono stati determinati pi che da conflitti interiori ed esistenziali (che per in alcuni casi sembrano esserci stati), da ragioni esterne (il mutato clima socio-politico e il crollo del sistema delle tangenti) e da ragioni utilitaristiche (la possibilit di uscire dal
carcere (4) e di ottenere eventuali sconti di pena).
Nello scorso inverno si erano anche ipotizzate delle << soluzioni politiche m e legislative allo scopo di rompere la solidariet criminosa e favorire cos la denuncia degli episodi di corruzione: la prima proposta fu
quella del sostituto procuratore di Milano Gherardo Colombo, il quale
aveva sostenuto l'utilit di provvedimenti che incentivassero quanti
avessero portato contributi utili per le indagini. Segu un disegno di legge presentato dal ministro della Giustizia Conso ( 5 ) che mirava a introdurre un inedito modello processuale di condanna patteggiata (prevedendo, nel caso di confessione dell'imputato, una condanna a una pena
suscettibile di sospensione, unita all'interdizione dai pubblici uffici, dalle cariche politiche e da incarichi direttivi nelle imprese, nonch al risarcimento dei danni e alla restituzione dei profitti illeciti) (6).

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(4) Gli arresti domiciliari o la rimessione in Libert in attesa di giudizio sono stati solitamente concessi solo nella misura in cui si ritenessero cessati il pericolo di inquinamento
f delle prove e il concreto pericolo che l'indagato potesse commettere un altro reato della
specie: tali requisiti sono stati raggiunti per lo pi mediante la confessione di quanto
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era a conoscenza degli indagati relativamente ai fatti contestati.
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(5) Ii disegno di legge, presentato alla stampa il 6 marzo 1993, non ancora entrato
I nell'agenda dei Iavori parlamentari, poich era inserito in un pacchetto di provvedimenti,
f tra cui alcuni decreti-legge (come quello sulla depenalizzazione delle violazioni della legge
I sul finanziamento pubblico dei partiti), che sono stati oggetto di giuste critiche da parte
1
dell'opinione pubblica in un clima surriscaldato dalle polemiche e hanno perso quasi imI mediatamente la loro forza riformatrice.
(
( 6 ) Sul merito e sull'andamento del dibattito relativo alla soluzione politica di
f Tangentopoli ci riserviamo un successivo approfondimento, non appena vi saranno sviI luppi legislativi, auspicati anche da autorevoli giuristi (cfr. G. NEPPIMODONA,Il dopo
I Tangenfopoli, in La Repubblica P, 6 giugno 1993, p. 10) e dall'Associazione Nazionale
f Magistrati (Congresso di MilanolComo del 10-13 giugno 1993).
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Non essendo per ancora state approvate tali proposte di legislazione premiale (e forse proprio la loro mancata approvazione pu essere
una delle cause deiritardi degli inizi dei processi di Tangentopoli D), si
potrebbe ipotizzare l'applicazione per questi casi di << pentimento delle tradizionali norme previste dal codice penale, con le quali lo Stato tenta
di assicurarsi, in cambio di sconti e benefici, le rivelazioni dei criminali o
un comportamento antitetico a quello punito.
Ci riferiamo in particolare agli istituti della desistenza volontaria e
del reeesso attivo previsti dal terzo e dal quarto comma dell'art. 56 C.P.
(istituti che intervengono rispettivamente prima che si verifichi l'azione
criminosa, o prima che si realizzi l'evento) (7), e all'art. 62, n. 6, C.P.,che
prevede una attenuazione della pena fino a un terzo, nel caso in cui I'autore del reato abbia riparato il danno o si sia adoperato spontaneamente
ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato. In quest'ultimo caso il rawedimento avviene post delicrum, cio dopo che l'atto criminoso sia interamente compiuto.
Controverso per i1 requisito della spontaneit. Nonostante alcune
oscillazioni da parte della giurisprudenza (8), si ritiene per lo pi che esso comporti un giudizio di merito sui motivi, che dovrebbe portare alla
valutazione dell'effettivo mutamento interiore deil'autore del reato. La
Corte di Cassazione ha pertanto affermato che, per l'applicazione di
questa attenuante, l'azione deve essere determinata da motivi interni
all'agente e non influenzata da fattori esterni che operino come pressione sulla spinta psicologica >> (9). Proprio per questo la dottrina evidenzia un principio di contraddizione nella norma, che da una parte
sembra prevedere un vero pentimento, dall'altra richiede che l'opera riparatrice avvenga prima del giudizio, eliminando cos, almeno in parte,
i1 carattere disinteressato del comportamento spontaneo (10).
Si deve comunque affermare che le attenuanti in questione non si
potranno applieare nel caso in cui si accerti che i comportamenti di
<< pentimento >> siano stati causati da circostanze esterne.
(7) Art. 56. commi 3 e 4, C.P.: Se il colpevole volontariamente desiste dall'azione,
soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per s un reato diverso. - Se volontariamente impedisce l'evento, soggiace aila pena stabilila per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla met n.
(8) Alcune sentenze hanno infatti precisato che non richiesto il pentimento interiore, a nuiia rilevando gli intimi motivi che hanno determinato tale azione.
(9) Cfr. sentenze deUa Cassazione penale, 5 marzo 1984, in L a rivista penale ,
1985, C. 539, e 23 novembre 1982, in La giustizia penale . 1984, LI, C. 28.
(10) Cfr. C . DE MAGLIE,arr. cit.. p. 162.

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l pentiti di mafia.

1. Considerazioni diverse vanno fatte invece per i collaboratori di


giustizia (o collaboranti) nell'ambito delle inchieste sulla criminalit di
stampo mafioso. Solo poco pi di dieci anni fa era diffusa la convinzione
che i pentiti, a differenza del caso del terrorismo, non sarebbero mai
stati strumento efficace di lotta al crimine organizzato. Si riteneva infatti che un mafioso collaborante sarebbe stato ucciso immediatamente o
sarebbe stato neutralizzato in sede giudiziaria, per es. venendo dichiarato insano di mente e quindi inattendibile (11).
In realt, nel 1984 l'inizio della collaborazione di Tommaso Buscetta segn una svolta qualitativa nelle indagini e nella conoscenza
del fenomeno mafioso. Buscetta fu il primo esponente di rilievo dell'organizzazione a rompere la secolare legge mafiosa dell'omert e
venne poi seguito da altri mafiosi (12), che sono aumentati in misura
considerevole dopo le tragiche uccisioni dei giudici Falcone e Borsellino.
Le motivazioni di queste collaborazioni sono state le pi svariate, in
gran parte utilitaristiche: alcuni di questi uomini erano isolati all'interno
dell'organizzazione, braccati dagli awersari interni, che avevano ucciso
stretti familiari; spesso erano delusi dal fatto che i principi ispiratori di
Cosa Nostra fossero stati ormai irrimediabilmente travolti dalla ferocia dei nuovi capi; in alcuni casi le loro dichiarazioni rappresentavano
il culmine di una profonda crisi esistenziale, cagionata dal rifiuto delle
antiche idee - in cui essi avevano creduto -ormai degenerate. Vi sono
stati infatti durante gli ultimi anni anche collaboranti che hanno compiuto una autentica scelta di vita, rompendo definitivamente ogni legame col passato criminale ed estendendo la loro collaborazione alla pi
ampia comfessione di personali responsabilit anche per omicidi, non
sottraendosi pertanto a gravi sanzioni penali, sebbene non lontani da
prossime prospettive di libert.
In altri casi, invece, la collaborazione nasceva a scopi vendicativi nei
confronti di altri membri nemici dell'organizzazione o nei confronti di

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(Il) Celebre il caso del pentito Leonardo Vitale, dichiarato incapace di intendere
e di volere e rinchiuso in un manicomio criminale: le sue dichiarazioni furono ritenute veritiere in seguilo aii'inizio della collaborazione di Tommaso Buscetta. Per un approfondimento si veda G. FALCONE,
Il valore probatorio delle rivelazioni dei pentiti, relazione al
convegno Pentitismo e garanzie neii'attuale realt giudiziaria n, in Segno ,1986, p. 50.
(12) Si ricordano in particolare Antonio Calderone, Vincenzo Marsala e Francesco
Mannoia.

autorit istituzionali dello Stato, e si esprimeva anche attraverso lo strumento della calunnia (13).
2. Proprio il coinvolgimento, durante quest'ultimo anno, di numerosissime personalit di spicco delle istituzioni (dal senatore Andreotti,
al sostituto procuratore Signorino, all'agente segreto Contrada) ha suscitato roventi polemiche suii'iitilizzazione delle dichiarazioni dei pentiti,
tra le quali spicca anche un esposto-denuncia firmato in data 2 aprile
1993 dai capigruppo al Parlamento della Democrazia Cristiana on.
Bianco e sen. De Rosa, in cui si chiede alla magistratura di verificare
se nell'attivit e nelle dichiarazioni di pentiti o di chi li ispira o li utilizza, possano ravvisarsi gli estremi dei reati di cospirazione politica, vilipendio della Repubblica e delle istituzioni costituzionali e di calunnia >>
(13 bis).
Il documento, che non voleva impedire il compito della magistratura, ma caricarla di un lavoro in pi , si inserisce per obiettivamente nel tentativo da parte di alcune forze politiche di delegittimare i
pentiti, che sono invece stati strumento importantissimo in quanto
hanno consentito la cattura di pericolosi criminali [...l, hanno contribuito a far comprendere gli organigrammi mafiosi, hanno fornito i criteri per la migliore comprensione delle modalit di azione di Cosa Nostra (14), come di altre associazioni di stampo mafioso (ad esempio
la Camorra).
3. In realt, negli ultimi anni, grazie alla pressione esercitata da parte deii'opinione pubblica (tra cui anche i sostituti procuratori del disciolto p001 antimafia di Palermo, alcuni autorevoli sociologi, alti membri di forze dell'ordine), stava sviluppandosi sempre pi un orientamento favorevole a prendere in massima considerazione le dichiarazioni dei
collaboratori di giustizia. Sono state tra l'altro emanate alcune leggi premiali, tra cui la Legge 26 giugno 1990, n. 162 (15), in materia di traffico

(13) In questa materia la bibliografia giuridica e sociologica anche recente sterminata. Cfr. 1 rapporti mafia-politica - Relazione della Commissione Antimafia, in Aggiornamenti Sociali , (luglio-agosto) 1993, pp. 561-598, rubr. 145.
(13 bis) Cit. in P. DI CARO,La DC chiede aiuto ai gii~dici,in Comere della Sera ,
3 aprile 1993. p. 5.
(14) Cfr. I rapporti mafia-politica - Relazione della Commissione Antimafia, cit., n.
15, p. 568.
(15) Si vedano gli artt. 73 e 74 del DPR 9 ottobre 1990, n. 309, Testo unico delle leggi
in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, in Gazzetta Ufficiale P, Supplemento ordinario, 31 ottobre 1990, n. 255.

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734. Pentii 4

di stupefacenti, e il Decreto-legge13 maggio 1991, n. 152 (convertito dal-

I la Legge 12 luglio 1991, n. 203) (16).


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La prima ha introdotto attenuanti per chi si adopera per evitare


che l'attivit delittuosa sia portata a conseguenze pi gravi, anehe aiutando l'Autorit di polizia e l'Autorit giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione di delitti e per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all'associazione risorse decisive per la commissione dei delitti . Tali attenuanti sono dirette a sollecitare la collaborazione soprattutto nella fase
investigativa, ma non sembrano applicabili agli imputati che si siano limitati ad ammettere le proprie responsabilit e a indicare i correi.
Diversa invece la normativa introdotta dalla legge n. 203 del 1991,
finalizzata a una pi efficace lotta alla criminalit organizzata, che prevede la riduzione di pena << per i delitti di cui all'art. 416 bis (17) del codice
penale nei confronti dell'imputato che, dissociandosi dagli altri, si adopera per evitare che l'attivit delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori,
anche aiutando concretamente l'Autorit di polizia o l'Autorit giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per
l'individuazione e cattura degli autori dei reati D. La norma prevede anche diversi meccanismi per assicurare I'attendibilit del pentito, compreso
l'aumento della pena per il delitto di calunnia e la revisione della sentenza per eliminare i benefici di pena derivanti da dichiarazioni che siano risultate false o reticenti. Si pu pertanto affermare che con questa legge il
legislatore abbia richiesto che la decisione di collaborare debba essere
totale e senza riserve, superando cos l'obiezione secondo cui i collaboranti sceglierebbero chi accusare e quali reati riferire ai magistrati (18).
Nello stesso anno veniva poi emanata un'importantissima legge che
ha introdotto norme per la protezione di coloro che collaborano con la
(16) Cfr. Legge 12 luglio 1991, n. 203, Conversione in legge, con modificarioni, del

f decreto-legge I3 maggio 1991, n. 152, recante provvedimenti urgenti in tema di lotta alla eri-

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minalit organizzata e di trasparenza e buon andamento dellkttivit amministrativa, in


Gazzetta Ufficiale , 12 luglio 1991, n. 162.
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(17) Art. 416 bis, commi 1 e 3, C.P.: Chiunque fa parte di un'associazione di tipo
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f mafioso formata da tre o pi persone, punito con la reclusione da tre a sei anni. [...l L'as di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si awalgono deUa forza di
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intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omert
f che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione
f o comunque il controllo di attivit economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e
II servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per s o per altri n.
(18) Cfr. G. FALCONE,
Pentitismo e repressione della criminalit organizzata nella
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I nuova emergenzn, in La difesa penale , 1992, p. 77.
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giustizia (19). Proprio questa legge ha fatto compiere un salto di qualit

nelle indagini e ha portato a un aumento di collaborazioni, rompendo


cos il muro di omert che era una delle maggiori caratteristiche della
cultura mafiosa.
Con il decreto-legge n. 306 del 1992 stata inoltre inserita un'altra
clausola, mediante la quale chi sottoposto a protezione si impegna a
non rilasciare a soggetti diversi dall'autorit giudiziaria o dalle forze di
polizia dichiarazioni concernenti fatti di interesse per i procedimenti in
relazione ai quali hanno prestato o prestano la loro coIlaborazione (20).
4. Certamente va detto che la contrattazione con il mafioso, seppur
collaborante, espressione della crisi dei valori che fondano la fiducia
nello Stato; ma d'altra parte questa era m a delle vie obbligate, adottate
anche in altri Paesi, come gli Stati Uniti, per scardinare il sistema
della criminalit organizzata.
Dopo questa fase favorevole per le indagini basate sulle dichiarazioni dei peniti >> -che seguiva un periodo (dal 1987 al 1991) in cui il fenomeno della dissociazione sembrava dovesse arrestarsi, sia a causa della strategia di morte attuata dai vertici dell'organizzazione contro i familiari, sia per la interessata campagna di delegittimazione attuata contro i pentiti stessi da pi parti -, le polemiche e le critiche di parte della
classe politica sono riesplose nel momento in cui le dichiarazioni dei
pentiti hanno riguardato le presunte connessioni tra la criminalit organizzata e alcuni esponenti politici, per i quali sono state poi chieste numerose autorizzazioni a procedere (21).
Va detto comunque che alcune critiche, almeno quelle che non riguardavano l'uso delle dichiarazioni dei pentiti, ma le loro rivelazioni
(19) Si tratta della Legge I5 marzo 1991, n. 82, Nuove misure in marerin di seqitesrrf
di persona a scopo di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano con la giirstizia, in << Grizzetta Ufficiale , 16 marzo 1991, n. 64. Tale legge ha istituito una Commissione centrale per la definizione e applicazione degli speciali progamrni di protezione individuati ad Izoc per ogni collaborante, e che possono anche prevedere modificaziom delle generalit, trasferimenti di residenza. sussidi economici. Questi-contratti volti a garantire
l'attendibilit delle dichiarazioni, decadono in caso di informazioni non veritiere.
(20) Con il Decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, Modifiche zugenti al nzroilo codice di
procedilra penale e provvedimentt di contrasto con la criminalit2 mafiosa, convertito dalla
Legge 7 agosto 1992, n. 356, si sono inoltre accentuate le disposizioni volte a tutelare i collaboranti e si sono previste per costoro agevolazioni per la fruibilit dei benefici penitenziari.
(21) Si veda in particolare. per la chiarezza (che non significa necessariamente fondatezza) deil'impianto probatorio, la domanda di autorizzazione a procedere contro il sen.
Andreotti da parte della procura di Palermo ( Atti Parlamentari , Senato della Repubblica, XI Legislatura, Doc. IV, n. 102).

aggiornamenti sociali 9-1011993

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da parte dei mass media in un clima esasperato, possono essere conside-

II rate legittime (22).


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; 2. La partecipazione esterna >, alle associazioni criminali da parte di


; politici attraverso la lettura delle richieste di autorizzazione a pro!

cedere.

Basandosi su molteplici dichiarazioni di collaboratori di giustizia, i

od omissioni contributi positivi alla tutela degli interessi e al raggiungi-

1 magistrati hanno ipotizzato per alcuni politici incriminati il reato di conI corso in associazione di stampo mafioso (23) per aver fornito con azioni

I mento degii scopi delle organizzazioni criminali.


Per meglio comprendere il contenuto delle richieste di autorizzazioI
1 ne aprocedere, crediamo sia utile premettere una breve analisi del reaI

; to di cui all'art. 416 bis C.P.,tenendo presente che la maggior parte dei
I politici indagati non sono ritenuti affiliati di queste associazioni, ma solo

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concorrenti

esterni D.
Secondo l'orientamento maggioritario, il requisito della forza di intiinidazione del vincolo associativo >> viene interpretato non come una modalit di realizzazione deila singola condotta, ma come elemento strumentale
(24). Pertanto tale requisito non deve estrinsecarsi di volta in volta in atti
di violenza fisica o morale, perch ci che caratterizza l'associazione di
stampo mafioso la condizione di assoggettamento (cio la sottomissione dell'associato meno autorevole e dell'individuo esterno) e di omert
(cio il rifiuto generalizzato di collaborare con organi dello Stato).
Va detto inoltre che l'associazione viene qualificata di tipo mafioso
quando i partecipanti perseguono il fine di << acquisire in modo diretto o
indiretto la gestione o comunque il controllo di attivit economiche, di
concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare
profitti o vantaggi ingiusti per s o per altri .La Legge 7 agosto 1992, n.
356, ha aggiunto anche un'ulteriore possibile finalit, cio quella di
impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a
s o ad altri in occasione di consultazioni elettorali D.

(22) Ci permettiamo di rinviare al nostro Diritto d i cronaca e tutela dalla


riservatezza, in * Aggiornamenti Sociali N, (maggio) 1993, pp. 378 S., rubr. 322; alcune
aberrazioni del diritto di cronaca dovrebbero diminuire con la disposizione sui pentiti conf tenuta nella legge n. 3.5611992, citata alla nota 20.
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(23) Si veda l a nota 17.
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(24) Cfr. G. FIANDACA,
Commento all'art. l della legge 13 settenzbre 1982, n. 646, in
1
1 La legislazione penale >, 1983. p. 257; R. BERTONI,
Prinre considerazioni sulla legge antii
mafia, in Cassazione penale n, 1983, p. 1019.
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n problema centrale, neila questione che stiamo esaminando, riguarda la configurabilit di una partecipazione esterna >> al delitto previsto dall'art. 416 bis da parte di politici e imprenditori che adottino
comportamenti contigui o di non conflittualit con le associazioni criminali; la dottrina lo ha prevalentemente risolto in senso positivo (25).
Senza entrare nei particolari di questo dibattito, va comunque detto che
pressanti preoccupazioni politico-criminali connesse alla crescente diffusione della criminalit organizzata stanno facendo prevalere anche
nella giurisprudenza la possibilit di configurare un concorso esterno
per persone non affiliate , nonostante non manchino pronunce contrarie o molto restie ad affermare nella prassi una responsabilit penale
per contiguit mafiosa (26).
La distinzione tra partecipazione (interna) e E< concorso (esterno)
poggerebbe comunque su un diverso atteggiamento psicologico: i partecipi
agirebbero proprio al10 scopo di far raggiungere all'associazione i suoi fini,
i concorrenti opererebbero per finalit loro proprie, di natura individuale.
I concorrenti potrebbero anche essere consapevoli del programma criminoso dell'associazione, ma non avrebbero mai l'intenzione di realizzarlo,
anche quando fornissero il proprio contributo diretto per favorire le attivit e gli scopi dell'associazione (sono stati ipotizzati, ad esempio, condizionarnenti di processi giudiziari a carico di esponenti delle organizzazioni
criminali, promesse di agevolare la reakuazioi~edei fini dell'associazione
come il controllo di attivit economiche o l'acquisizione di appalti pubblici, in cambio di voti alle elezioni, attraverso patti di mutua solidariet).
Le dichiarazioni dei pentiti hanno cos portato la magistratura ad
agire nei confronti delle personalit coinvolte, anche se bisogna precisare che le informazioni fornite dai collaboranti e contenute nelle richieste di autorizzazione a procedere devono tutte passare al vaglio delle
autorit giurisdizionali. Certo, dalla lettura di questi atti emerge il terribile (quasi incredibile) degrado a cui era giunto il nostro sistema politico,
che non si fermava al clientelismo o al malgoverno, ma era contiguo alla
grande criminalit organizzata. Se queste considerazioni non possono es(25) Per un approfondimento si vedano G. FIANDACA,La contipiti mafiosn degli
imprenditori fra ribvanzo penale e srereotipo crinzi~zale,in I1 foro italiano , 1991, 11, C.
472; L. DE LLGUORI,
Concorso evenmolc e reati associativi, in Cassazione penale , 1989,
p. 36 ; S. SAGLIA.Osservo~ioniin tema di concorso eventuale nel reato (li associnzione di tipo nzaf oso, in La giustizia penale , 1992,II. c. 306.
(26) Cfr., ad esempio, sentenza della Cassazione penale, 19 gennaio 1987, in Cassazione penale ,1989, p. 34, e sentenza del Tribunale di Catania, 28 marzo 1991,in a Il foro
italiano n, 1991, TI, C. 472.

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sere disattese, dati i continui riscontri probatori gi emersi nelle richie-

I ste di autorizzazione a procedere, l'affermazione della responsabilit


I penale dei singoli indagati spetta per ai giudici dei Tribunali compeI tenti.

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necessario ora cercare di focalizzare la questione, forse centrale,


per tutti questi procedimenti e cio i1 valore probatorio delle dichiarazioni dei pentiti.

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3. La rilevanza probatoria delle chiamate di correo.

1. In un processo ispirato all'oralit e all'immediatezza dell'acquisizione della prova nel dibattimento, si dovrebbero privilegiare i mezzi di
I prova pi diretti, come la testimonianza e la c.d. chiamata di correit >>
(cio la confessione da parte dell'autore del delitto attribuitogli, il quale
aecusa altri come corresponsabili nella commissione di quel fatto-reato).

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Secondo il nostro codice, pero, le dichiarazioni dei pentiti assumono

I rilevanza probatoria nel processo solo se sono corroborate da riscontri

I obiettivi. L'art. 192 del nuovo codice di procedura penale prevede infatti

che le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da perso-

I na imputata in un procedimento connesso [...] sono valutate unitamente


i agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilit .
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La norma stata introdotta per la prima volta nel codice del 1988
I sulla scia delle esperienze straniere in cui vige il sistema accusatorio, an-

I che per circondare di maggiori cautele il ricorso a una prova che potreb-

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be ingenerare un erroneo convincimento giudiziale.


2. Del resto anche prima dell'entrata in vigore del nuovo codice la

I giurisprudenza richiedeva per lo pi la ricerca di elementi di giudizio


i esterni, atti a verificare l'attendibilit delle dichiarazioni dei coimputati.

Ci si giustificava in base alla ritenuta natura intrinsecamente sospetta

I della << chiamata di correo ,stanti le diverse possibili ragioni di inquiI namento connaturate a siffatte confessioni (27).
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L'orientamento maggioritario fino agli anni '70 era pertanto quel10

di qualificare la chiamata di correit << mero indizio P, onde sminuirne il

II valore probatorio e sottolineare la necessit di riscontri obiettivi.


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(27) Cfr. sentenze della Cassazione penale. 16 febbraio 1972. in N I1 foro italiano P,
1973, Il, C. 59, e 23 gennaio 1984, in JJ foro italiano P, Repertorio, 1985, voce Prova penale, n. 33; sentenza della Cassazione, sezioni unite penali, 18 febbraio 1988, in a Cassazione
penale , 1988, p. 1343. Per un ampio quadro giurisprudenziale si veda P. B O N E La
~,
u chiamata di correo : rassegna critica, in C Indice penale D, 1985, p. 57.

A partire dagli anni '80 invece andato sempre pi affermandosi


l'orientamento opposto, che riteneva la chiamata di correo dotata di
valore probatorio anche in assenza di elementi obiettivi di riscontro. In un
clima di emergenza giurisprudenziale N, causato dal coinvolgimento
della magistratura nella lotta contro i contropoteri criminali, anehe la
Cassazione allent il tradizionale rigore, valorizzando al massimo il
principio del libero convincimento da parte del giudice (28).
Si arriv a considerare la dichiarazione come valida fonte di prova,
anche nell'ipotesi in cui mancassero riscontri oggettivi; si riteneva su&ciente che essa non fosse contraddetta da circostanze esplicite e soddisfacesse le esigenze logiche e psicologiche del giudizio di probabile colpevolezza dell'imputato (29).
Forse si pu affermare che si verific un eccessivo coinvolgimento
anche degli organi giudicanti nella lotta contro la criminalit a scapito
dell'obiettivit e dell'imparzialit, che dovrebbero caratterizzare qualsiasi decisione giurisdizionale.
Dopo le vivaci critiche da parte della dottrina piu garantista (30) segu
un nuovo cambiamento giurisprodenziale della Cassazione (in particolare
nella prima sezione presieduta dal giudice Carnevale prevalse un orientamento sempre pi formalistico).
Diversamente, gli ultimi anni sono stati caratterizzati da atteggiamenti giurisprudenziali pi attenti ed equiibrati. Si pu notare, ad esempio, la
solidit deil'impianto probatorio del maxiprocesso alla mafia che si basava in gran parte sulle dichiarazioni dei pentiti, ognuna con riscontri
oggettivi. Queste prove hanno retto fino alla importante sentenza della
Cassazione del 30 gennaio 1992, che ha, tra l'altro, affermato che gli
altri elementi di prova idonei a confermare I'attendibilit della chiamata
(28) Per una analisi critica di questo atteggiamento si vedano G. FIANDACA,
La
chiamata di correo N fra tradizione, emergenza e nuovo garantismo, in I1 foro italiano ,
1986,II, C. 530, ed E. FASSONE,
Riflessioni strl rema della prova, in K Questione giustizia ,
1985, p. 515. La Cassazione penale a sezioni unite ha comunque riconosciuto a questa Eonte il valore di prova e non di mero indizio nella sentenza del 3 febbraio 1990, in La giustizia penale , 1990, m. C. 218; in precedenza le sezioni unite avevano gi escluso la presunzione di inattendibili@ nei confronti dei pentiti, affermando comunque il principio secondo cui l'efficacia probante deUa chiamata di correo va desunta da elementi intrinseci
(fermezza, costanza, specificit, coerenza logica) e da elementi estrimeci (cfr. sentenza
della Cassazione, sezioni unite penali, 18 febbraio 1988, cit.).
(29) Cfr. sentenza della Cassazione penale, 4 settembre 1984, in K I1 foro italiano ,
Repertorio, 1985, voce Prova penale, n. 29.
(30) Si veda, ad esempio, G. FIANDACA.
La u chiamata di correo 8 tra tradizione,
emergenza e nuovo garantismo, cit., C. 532.
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aggiornamenti sociafi9-1011993

134. Pentiti 7

di correo occupano una variet molto graduata e variegata, che non possono non comprendere anche le ulteriori chiamate (31).
3. In realt il punto pi controverso sembra essere proprio l'interpretazione del significato della locuzione altri elementi di prova . Questi non devono essere necessariamente idonei ad attestare il contenuto
delle dichiarazioni; si ritiene invece sufficiente che il necessario effetto
corroborativo sia prodotto anche solo da uno o pi indizi, senza richiedere che tali indizi siano delle vere e proprie prove (32).
Pi precisamente, gli altri elementi di prova possono essere di
qualsiasi tipo e natura, ma non devono necessariamente essere di natura
diversa rispetto alla categoria delle dichiarazioni del pentito. Ci significa, come ha sostenuto anche la Cassazione nell'ultima sentenza sopra citata, che la pluralit di dichiarazioni convergenti pu condurre aila conferma deii'una ad opera dell'altra, semprech siano univoche, spontanee e
indipendenti (questa la cosiddetta tecnica del riscontro incrociato, tanto usata anche nelle indagini di Tangentopoli ).Lnsomma, non sufficiente una dichiarazione per provare un fatto, ma una catena di diehiarazioni pu assumere notevole rilevama probatoria, tanto pi se vi siano anche dei riscontri oggettivi, che per8 non sono pi (come sosteneva
certa giurisprudenza quando era in vigore il codice abrogato) gli unici a
essere capaci di assolvere alla funzione corroborativa prevista dal comma 3 dell'art. i92 C.P.P. (33).

Ci che importante sottolineare che il riscontro sia costituito da


1 un dato certo, idoneo a offrire garanzie obiettive e certe circa l'attendiI bilit di chi lo ha riferito.
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4. Per quanto riguarda l'oggetto del riscontro di attendibilit, si ritiej ne da parte della giurisprudenza minoritaria che sia sufficiente una con! ferma generica delle predette dichiarazioni, intese nella globalit del lo! ro contenuto (34). La verifica nei confronti di uno soltanto o di alcuni
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(31) Cfr. sentenza della Cassazione penale, 30 gennaio 1992, in I1 foro italiano P,

] 1993. E, C. 15. Questa sentenza di notevole importanza storica, perch, confermando le

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condanne predisposte gi in primo grado, ha seLmato,secondo le dichiarazioni dei pentiti,


La fine dei tentativi di condizionamento giudiziario della Cassazione. ed b perci stata considerata una delle cause dell'omicidio dell'on. Lima da parte della mafia.
(32) Cfr. V. GREVI,Le dichilirrizioni rese dal coimpntmo nel nlrovo codice di procedilrapenale, in Rivista italiana di diritto e procedura penale D, 1991, p. 1150.
(33) Anche recentemente la Corte di Cassazione ha preso posizione favorevole a
questo orientamento: sentenze della Cassazione prnale, 11 luglio 1992, n. 2077, medita, e
24 luglio 1992, n. 8368, inedita.
(34) Cfr. sentenza della Cassazione penale, 28 maggio 1990, in Archivio deila nuova procedura penale n, 1991, p. 292.

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punti riferiti dal correo, fornirebbe sul piano logico la necessaria integrazione probatoria in ordine agli altri.
In realt una autorevole dottrina sostiene che il legislatore non si sia
limitato a esigere un riscontro esterno e generico dell'attendibilit del
dichiarante, ma abbia preteso che il suddetto riscontro copra anche i singoli fatti cui le dichiarazioni siano riferite (35) (proprio questa sarebbe la
vera novit ga~antistadell'art. 192 C.P.P.).
La conferma dell'attendibilit della chiamata di correo si deve allora
Iimitare alle sole parti comprovate dall'elemento di riscontro, senza automatiche estensioni aiie altre parti deiia dichiarazione stessa: ogni punto del racconto deve essere quindi oggetto di verifica e, nel caso restino
delle parti non comprovate o smentite, esse divengono inefficaci dal
punto di vista probatorio. Anche la giurisprudenza maggioritaria si . ormai pronunciata contro I'aberrante fenomeno dei << teoremi giudiziali ,
per cui, se Tizio ha detto A, B, C, D, e si accertato che A, B e C rispondono al vero, anche l'affermazione D deve essere veritiera (36). Si ritiene
allora possibile una valutazione congiunta di tutti gli elementi di riscontro, ma non una valutazione unitaria, perch i1 riscontro presuppone una
comparazione tra le dichiarazioni e tutti gli elementi esterni assunti (37).
5. Un'ultima importante questione da affrontare riguarda Ia motivazione delle sentenze fondate sulle dichiarazioni dei coimputati. Se da una
parte il necessario riscontro pu costituire un limite legale al principio
del libero convincimento, durante I'elaborazione della motivazione riprende vigore questo stesso principio, che si esprimer nella verifica circa la concreta attitudine degli ulteriori elementi di prova ad assolvere
alla funzione corroborativa. I1 giudice dovr cos motivare dettagliatamente la presunta attitudine di tali elementi a fornire un valido supporto alle dichiarazioni.
Inoltre tale motivazione sar suscettibile di controllo anche in sede
di legittimit (davanti alla Corte di Cassazione), ma solo per quanto nguarda la correttezza del ragionamento; la Suprema Corte non potr cos spingersi a censurare l'iter argomentativo posto a fondamento del giudizio di attendibilit, rivedendo i percorsi valutativi del giudice, come
talvolta avvenuto negli ultimi anni. Potr invece rilevare un difetto di
(35) Cfr. V. GREVI, art. cit., p. 1182.
(36) Riguardo ai pericoli insiti neua credibilit a per traslazione B, si veda E. F~ssoN E , Penrirismo e Cassazionepenrita?, in Cassazione penale , 1986, p. 1832.
(37) Cfr. sentenza della Cassazione penale, 15 ottobre 1990, in R. Archivio deiia nuova procedura penale D, 1991,p. 466.

i aggiornamenti sociali 9-1011993

134. Pentiti 8

I motivazione nel caso in cui alcuni punti delle dichiarazioni non abbiano

riscontri probatori, ma siano stati ugualmente ritenuti efficaci dal giudi-

1 ce di merito.
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6. Si pu notare dunque come la regola di giudizio di cui al comma 3
I dell'art. 192 C.P.P. sia espressione di una generale tendenza verso un re-

I gime di legalit della prova, in virt del quale l'accertamento dei fatti de-

ve essere condotto secondo regole ben precise e tassative, ossia nel mo-

) do pi rigoroso e garantista (38).


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Per evitare di stare in bilico sul filo del rasoio che divide il plausibile
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I dall'arbitrario, il problema pu essere risolto solo con un prudente e at-

tento controllo critico e con una notevole dose di professionalit da par-

I te dei magistrati.
Da una parte le dichiarazioni dei pentiti sono state fondamentali per
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I sconfiggere in passato le pi gravi forme di criminalit e lo sono ancora
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oggi per la lotta alla criminalit organizzata: l'attuale stagione della

I collaborazione potrebbe pertanto essere la carta vincente contro la


I mafia. Ne consegue che i pentiti vanno difesi e protetti, perch, in loro
) mancanza, le indagini probabilmente si fermerebbero.
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Dall'altra parte, per, le dichiarazioni dei collaboranti, pur non po-

con estrema attenzione. I magistrati non devono farsi portare per mano W

I tendo essere oggetto di eccessivo sospetto, devono per essere vagliate


I dai pentiti, ma devono cercare conferme e riscontri; cos come deve esf serci una forte vigilanza affinch i pentiti siano indipendenti e autonomi

l'uno dall'altro, senza influenze reciproche o indicazioni da parte degli

I avvocati difensori (39).


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Bisogna anche sottolineare che, se la legge impone al giudice del di-

! battimento un atteggiamento di particolare rigore nei confronti delle di-

:I zachiarazioni,
sarebbe anche doveroso che a una analoga linea di prudensi attengano anche i magistrati del pubblico ministero, nel fare uso di

I tali dichiarazioni durante le indagini preliminari (40). Questo spiega

perch spesso il Pubblico Ministero (P.M.) preferisca svolgere ulteriori

I accertamenti di verifica e solo dopo aver gi acquisito una certa base di


I elementi indiziari si convinca di compiere atti per i quali prevista I'asl
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(38) Cfr. F. MOLINARI,


La valr~razionedella chiamata di correo tra dubbi e o~cillnzioni gic~risprudenzinli,in La giustizia penale , 1992,111, C.328.

(39) Si pensi al caso, denunciato anche dali'on. L. Violante, di alcuni avvocati siciliani che difendono numerosi collaboranti. Si veda G. RUGGERO,
Avvocnfo deipentiri sono tiro, in Awenire , 18 aprile 1993, p. 7.
(40) Cfr. V. GREVI,Le garanzie, in Panorama , 25 aprile 1993, p. 53.

sistenza di un difensore. Se le dichiarazioni dei pentiti vanno valutate


con prudente diffidenza, bene che tale criterio venga esercitato fin I
dall'inizio dallo stesso P.M., anche per evitare di essere sconfessato dal
rigoroso controllo dei giudici.
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Assisteremo certamente durante i processi a una campagna denigratoria nei confronti dei pentiti e dei magistrati da parte dei difensori e di I
una parte (minoritaria) dei mass media. Ma confidiamo che l'equilibrio
e la saggezza, in particolare dei giudici, prevarranno. Ci che veramente I
ci dovrebbe interessare, in questo difficilissimo passaggio storico del nostro Paese, non il discredito dei c o l ~ a b ~ ~ a tdio rgiustizia,
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ma la verit
e la giustizia.
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