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LE ORIGINI: cenni storici

LA SOCIET BARBARICA dal VI allVIII secolo lOccidente


europeo assiste al declino del sistema sociale romano e alla
frantumazione del territorio in conseguenza dellinsediamento
delle popolazioni barbariche. Leconomia subisce un generale
arretramento, sia per la mancanza di scambi che per la scarsa
produttivit agricola, e le condizioni di vita della popolazione,
esposta ai pericoli dei continui conflitti e delle pestilenze, sono
ridotte al livello della semplice sopravvivenza. In tale quadro
risulta inevitabile una progressiva regressione culturale che
comporta labbandono della scrittura e la formazione di idiomi,
cosiddetti volgari, di derivazione latina, ma molto differenti tra
loro. Gli unici luoghi in cui si svolge unattivit culturale sono i
grandi monasteri benedettini, in cui i monaci amanuensi,
ricopiando gli antichi testi, contribuiscono alla conservazione del
patrimonio culturale della civilt classica.
LIMPERO CAROLINGIO
le conquiste di Carlo Magno
ripristinano una sia pur fragile unit del mondo cristiano e il
sistema di potere imperiale permette una parziale riorganizzazione
delle istituzioni civili, un miglioramento delleconomia e una sia
pur modesta rinascita culturale. A Carlo Magno va il merito di aver
raccolto nella sua corte i pi prestigiosi intellettuali dellepoca e di
aver fondato la cosiddetta schola palatina (cio scuola di palazzo)
a beneficio dei ministri e dei familiari del re. A corte e nelle scuole
vescovili vengono aperti degli scriptoria (scuole di scrittura) dove
sono studiate le opere degli scrittori classici e di quelli cristiani. La
vera rinascita per lOccidente europeo inizia per dopo il Mille, in
conseguenza delle Crociate, che aprono nuovi spazi geografici,
permettono nuove acquisizioni culturali, contribuiscono alla
ripresa delleconomia e allincremento demografico, derivante
dalle migliori condizioni di vita. La popolazione viene divisa in tre
grandi ordini: gli oratores o chierici, cio il clero; i bellatores
cio i cavalieri, dediti al mestiere della guerra e nobilitati dagli
ideali della difesa dei deboli e delle donne; infine i laboratores,
per Io pi contadini, ma comprendenti una vasta gamma di
popolazione, che va dai piccoli proprietari terrieri ai braccianti, ai
servi, agli schiavi. Lo studio delle opere antiche e la scrittura
riservata ai chierici che usano rigorosamente il latino e si accostano alla cultura classica fornendo interpretazioni allegoriche
delle opere dei grandi autori pagani. La popolazione, compresa la
maggior parte dei signori, ancora analfabeta. A partire dal secolo
XIII si assiste anche a una rinascita della civilt urbana che porta
alla formazione delle prime repubbliche marinare e dei primi
Comuni. Lo sviluppo delle citt e dei comuni porta alta formazione
di nuovi ceti, di mercanti, artigiani, burocrati e amministratori, e
allorganizzazione di corporazioni professionali, definite Arti, tese
a tutelarne gli interessi. I modi di produzione continuano tuttavia a
essere controllati da oligarchie di piccoli signori che mantengono i
loro privilegi: gli stessi rapporti sociali sono basati sul legame
personale; daltronde il fenomeno comunale limitato allItalia
centro-settentrionale, mentre nel resto della penisola permangono
quasi integralmente le strutture feudali. Anche in questo periodo la
cultura patrimonio ecclesiastico, ma lesigenza pratica della
scrittura invita allalfabetizzazione i ceti produttivi. Inoltre i libri
(molto costosi e costituiti da pergamene composte da membrane di
animali) cominciano a diffondersi tra i laici, grazie allazione
educativa che molti chierici svolgono nelle case signorili in qualit
di maestri, contemperando valori cristiani e gusti aristocratici.
Soprattutto in Francia, dove le corti sono pi vivaci e curiose,
nasce una letteratura in volgare, a carattere avventuroso e
cavalleresco, mentre in Italia le testimonianze in volgare sono
ancora molto scarse.
I PRIMI DOCUMENTI IN VOLGARE
Fin dal IX secolo in Francia si fa ufficialmente uso della lingua
volgare, come attesta il famoso giuramento di Strasburgo, firmato
nell842 dagli eredi di Carlo Magno, Carlo il Calvo e Ludovico il
Germanico, rispettivamente in francese e tedesco, davanti ai loro
eserciti. In Italia bisogna attendere il secolo successivo per avere
qualche traccia dellaffermazione del volgare. Agli inizi del
Novecento si fa risalire uno spiritoso indovinello veronese, scritto
in una lingua mista tra latino e volgare: Se pareba boves, alba
pratalia araba, / albo versorio teneba, negro semen seminaba
(Spingeva avanti i buoi, bianchi prati arava, un bianco aratro
spingeva, nero seme seminava) in cui si allude alla mano che, nella
scrittura, spinge avanti le dita (i buoi), con cui solca un bianco
foglio (i prati), tiene una bianca penna doca (laratro) e semina
nero inchiostro (il seme). Tra il 960 e il 963 sono redatti i tre
placiti cassinensi, atti notarili che presentano, a integrazione del
testo in latino, alcune dichiarazioni testimoniali interamente in
volgare. Il pi antico quello di Capua che registra una
testimonianza a favore dellabate di Montecassino nella causa
contro un usurpatore: Sao ko kelle terre, per kelli fini que ki
contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti (So che
quelle terre, per quei confini che questo documento indica, le
possedette per trentanni lordine di S. Benedetto). Nella chiesa di
San Clemente a Roma ancora visibile un affresco risalente al
1084 circa, rappresentante la cattura del santo da parte dei servi
mandati dal pagano Sisinnio; ma questi, anzich un corpo, si
trovano a trascinare una pesante colonna: Sisinnio comicamente
colto nellatto di gridare insulti ai servi in un rozzo volgare. Siamo
tuttavia ancora lontani dallo sviluppo di una lingua volgare a
carattere nazionale, sia per il prevalere della cultura latina, sia per
lestrema frammentariet della penisola e la relativa variet degli
idiomi.
LA CIVILT CAVALLERESCO-CORTESE
IL PERFETTO CAVALIERE La societ feudale ha come massimi
valori la fede religiosa e la fedelt al signore. Le esigenze
spirituali, legate alla Chiesa, e quelle politiche, legate alla corte,
vengono armonizzate nella figura del cavaliere, che diventa un
modello di comportamento e unispirazione letteraria di lunga
durata. Qualit precipua del cavaliere la cortesia, che riguarda sia
la nobilt di nascita che la nobilt di sentimenti: onest, coraggio,
disinteresse e spirito di sacrificio. Il cavaliere pronto a sacrificare
la sua vita per il signore, per gli ideali religiosi e per la donna
amata, e in questo modo la sua bellicosit, messa al servizio di un
nobile ideale, viene ingentilita dal sentimento amoroso. La cultura
cavalleresca, che ha la sua sede principale nelle corti dei grandi
feudatari in Francia e in Provenza, si propaga velocemente anche
nelle altre regioni, grazie allazione dei giullari che diffondono le
avventure degli eroi cortesi nei palazzi nobiliari e nelle piazze.
Fino a tutto il secolo X non si tratta di una produzione scritta, ma
di testi variamente rielaborati e destinati a essere tramandati
oralmente; questi tuttavia forniranno il ricco repertorio della
letteratura successiva.
LA LETTERATURA EPICO-CAVALLERESCA Allinizio del
secolo XI si possono collocare le prime manifestazioni letterarie
scritte in lingua dol, cio il volgare delle regioni centrosettentrionali della Francia: si tratta di poemi epici, detti chansons
de geste, che narrano le avventure di eroici cavalieri, campioni di
fedelt al loro re, alla loro signora e alla fede cristiana. Le chansons de geste sono divise in vari cicli, di cui il pi famoso il ciclo
carolingio e in particolare la chanson de Roland, risalente al sec.
XII. Essa narra la sconfitta subita dai paladini di Carlo Magno a
Roncisvalle, sui Pirenei, nella guerra contro i Saraceni; la disfatta
viene attribuita allopera del traditore Gano e viene esaltato
leroico sacrificio di Orlando, mitico paladino che perde la vita

nello scontro fatale, ma verr poi vendicato dallintervento del re.


Lepisodio ha uno scarso rilievo storico, ma il racconto si carica di
un valore emblematico e Orlando diventa il leggendario difensore
della vera fede contro la minaccia degli infedeli. Limportanza
della sua figura testimoniata anche dalle opere rinascimentali di
Boiardo (lOrlando innamorato) e di Ariosto (lOrlando Furioso).
IL ROMANZO DAMORE E DAVVENTURA In lingua d ol,
accanto ai poemi in versi, troviamo una produzione romanzesca,
anchessa destinata inizialmente alle corti, ma poi diffusa anche tra
il popolo. Il termine romanzo che a essa stato attribuito, le deriva
dallappartenenza alle lingue romanze, cos chiamate perch
risalenti alla matrice romana, cio latina. Si tratta di storie di
gruppi o di singoli cavalieri, protagonisti di avventure
meravigliose (nel senso che destano stupore e meraviglia per la
presenza di elementi soprannaturali) alla ricerca (la cosiddetta
queste) di beni preziosi destinati a pochi eletti. I cavalieri
dividono la loro vita tra la corte, dove sono sempre devoti
innamorati di qualche bella e pura creatura, e i boschi o localit
esotiche e inaccessibili in cui viene messo alla prova il loro
coraggio e la loro nobilt danimo. Anche i romanzi cavallereschi
sono suddivisi in diversi cicli, alcuni ispirati a storie e leggende
dellantichit classica, ma rielaborate e ricondotte ai modelli di
comportamento feudali (il Roman d'Alexandre, centrato sulla
figura di Alessandro Magno, o il Roman de Troie), altri a carattere
mitologico e idillico che riproducono lo schema sentimentale e
avventuroso del romanzo greco ellenistico con inserzioni
mitologiche desunte da poeti latini come Ovidio (ad esempio
Florire e Bianchifleur cui si ispir Boccaccio nel Filocolo). Il ciclo
di gran lunga di maggior successo per il cosiddetto ciclo
brettone in cui si rappresentano le gesta del leggendario re Art
con i suoi cavalieri (detti della tavola rotonda, per indicare la loro
sostanziale parit) alla ricerca del Santo Graal, cio
lirraggiungibile coppa in cui fu raccolto il sangue di Cristo.
Protagonisti esemplari di questi romanzi sono Lancillotto, il pi
forte, ma debole nel suo amore colpevole per la regina Ginevra,
moglie di re Art, Percival, Galaad, lunico destinato, per la
purezza del suo animo, a possedere il mistico Graal, e tanti altri
che incarnano gli ideali feudali e soddisfano i gusti di un vasto
pubblico di lettori che vengono immersi nel clima fiabesco delle
loro mirabolanti avventure. Tra gli scrittori pi rappresentativi di
queste vicende troviamo Geoffrey di Monmouth e soprattutto
Chrtien de Troyes. Alla materia brettone appartiene anche il
romanzo di Tristano e Isotta, rielaborato in tante versioni
attraverso due secoli. Esso narra lamore impossibile fra Isotta,
promessa sposa del re Marco di Cornovaglia, e Tristano, nipote di
questo, incaricato di accompagnare la giovane alla corte dello zio.
Per colpa di un filtro damore inconsapevolmente assunto dai due,
la passione esplode e non si placa nemmeno dopo il matrimonio di
Isotta col re; i due amanti, perseguitati da Marco, concludono la
loro fuga disperata con una romantica morte. Determinante in
tutte queste opere la presenza dellelemento amoroso e della figura
femminile, che rispecchia limportanza assunta dalla donna nel
mondo cortese: nonostante la dipendenza dai valori religiosi, la
corte signorile una societ laica e allimmagine muliebre vie ne
attribuita una qualit superiore, una nobilt assoluta al cui servizio
giusto e doveroso, per luomo dotato di elevato sentire, dedicare
la vita. Lamore non quasi mai legato allunione matrimoniale,
anzi lamore cortese si colloca al di fuori delle convenzioni sociali
ed unaspirazione tanto appagante quanto impossibile.
Testimonianza di questo nuovo interesse per il sentimento amo roso
il trattato di Andrea Cappellano De amore, in cui esso
concepito come una esperienza superiore e nobilitante, insieme
fisica e intellettuale, ma decisamente al di fuori del matrimonio,
ritenuto solo un contratto.
LA LIRICA PROVENZALE Alla vasta produzione in lingua d ol
fa riscontro, in Provenza e nella Francia meridionale, la creazione,
in lingua doc di un genere lirico, colto e raffinato che, diffusosi
rapidamente in tutta Europa, contribuisce non poco allelevazione
dei volgari a lingua letteraria. Si tratta di componimenti poetici
composti dai cosiddetti trovatori, personaggi socialmente non ben
identificabili, spesso principi o cavalieri, ma talvolta anche ricchi
borghesi, e recitati dai giullari di corte in corte, con un ac compagnamento musicale. Il tema di fondo sempre quello
dellamor cortese, caratterizzato dalla esaltazione di una donna
bellissima e inaccessibile, per virt e rango, e dallanalisi degli
stati danimo dellinnamorato, combattuto tra godimento per
lesperienza nobilitante e sofferenza per il desiderio fisico non
soddisfatto. Naturalmente esistono delle varianti a questo schema e
troviamo anche componimenti pi libertini, descrizione di
passioncelle per fanciulle di bassa estrazione sociale, e talvolta
anche liriche a carattere non amoroso. Le composizioni sono
talvolta cos raffinate e preziose, da risultare quasi ermetiche: si
parla allora di trobar clus (cio poetare oscuro); altre volte sono
invece pi semplici e chiare e si parla di trobar leu (cio poetare
facile). La forma prediletta dai trovatori quella della canzone (ma
troviamo anche la canzonetta, il sirventesi, la pastorella, lalba e il
compianto). Il pi antico trovatore di cui ci rimasta traccia un
celebre signore, Guglielmo di Aquitania, tra la fine dellXI e
linizio del XII secolo. Altro signore feudale, che partecip alla
seconda crociata (1147) Jaufr Rudel, che introduce il motivo
dellamore da lontano. Molto conosciuto anche Bernart de
Ventadorn, che, nel XII secolo, dedic la sua produzione alla bella
e famosa castellana Eleonora dAquitania. Risalgono allinizio del
secolo XIII tre grandi trovatori, Arnaut Daniel, Bertrand de
Born e Guirot de Bornelh, che influenzarono la lirica amorosa in
volgare italiano e furono apprezzati da Dante. Con la crociata
contro gli Albigesi, destinata a estirpare leresia catara, la cultura
provenzale quasi spazzata insieme a molte tra le corti pi
raffinate. I trovatori, dispersi tra le corti straniere, soprattutto
nellItalia settentrionale e in Germania, contribuiscono tuttavia alla
diffusione della lirica cortese in Europa.
GLI ESORDI DELLA LETTERATURA VOLGARE
ITALIANA
Lo sviluppo di una letteratura in volgare in Italia molto ritardato
rispetto alla Francia. Le cause di questo ritardo sono diverse e si
intrecciano variamente tra loro. Innanzitutto lorgoglio di essere gli
eredi della civilt classica determina una diffidenza verso ogni
forma di espressione popolare e verso il volgare in particolare; in
secondo luogo manca in Italia una coscienza nazionale che invece
favorisce Oltralpe la formazione di una cultura relativamente
omogenea; la feudalit italiana appare poi nel complesso molto
meno vivace di quella francese, mentre il rapido sviluppo dei
Comuni comporta una predilezione per gli ambiti culturali pi
segnatamente pratici, oltre a impegnare le risorse umane dei
cittadini nella lotta politica e nello sviluppo delle attivit
economiche. La letteratura francese e provenzale si diffonde
tuttavia, fin dal secolo XII, sia nellItalia settentrionale, ad opera di
trovatori e giullari, sia nellItalia meridionale, in particolare in
Sicilia, dove si sono stanziati i Normanni, e per tutto il secolo si
divulgano e si rielaborano le chansons de geste del ciclo
carolingio (ancora oggi ne fa fede il successo del teatro dei pupi
siciliani, marionette che rappresentano con poche varianti le
antiche avventure di Orlando, Rinaldo e degli altri paladini di Carlo Magno nella lotta contro gli infedeli). Le opere vengono talvolta
recitate, coi loro accompagnamenti musicali, in lingua originale,
altre volte sono invece tradotte nei volgari locali per renderle

accessibili a un pubblico pi vasto. Troviamo anche alcuni


trovatori italiani, come Sordello da Goito (prima met del XIII
secolo), divenuto giullare nonostante le nobili origini, che, dopo
aver soggiornato a lungo in Provenza, torna in Italia al seguito di
Carlo dAngi; Dante lo colloca nel Purgatorio, dando credito alla
sua fama di uomo dalla condotta libera e scandalosa.
LA SCUOLA SICILIANA Si pu affermare che la letteratura
italiana nasca e si sviluppi tra il 1230 e il 1265 alla corte di
Federico II di Svevia a Palermo. Federico, erede per parte materna
del regno normanno e per parte paterna del titolo di Impe ratore,
forma in Sicilia quello che stato definito, sia pur con opportuni
distinguo, il primo Stato moderno europeo, caratterizzato da un
potere forte e accentrato e da un efficiente apparato burocratico.
Sono infatti funzionari di corte, giuristi, notai, ministri, ma anche
lo stesso imperatore coi suoi figli Ezio e Manfredi, a elaborare una
poesia in volgare che rappresenta una novit assoluta nel panorama
letterario italiano. Tale iniziativa si innesta in una politica culturale
illuminata e innovativa, volta a sottolineare, con la sua sostanziale
laicit, lautonomia dello Stato rispetto alla Chiesa; essa indica
inoltre la volont di offrire, allinterno e allesterno, limmagine di
uno Stato forte e originale, capace di favorire la ricerca
intellettuale e artistica, ma al tempo stesso di dirigerla e
controllarla. Prendendo a modello la lirica provenzale, la poesia siciliana si caratterizza per una ricerca formale sapiente e raffinata
che utilizza la dimensione amorosa soprattutto come pretesto per
una sperimentazione linguistica, stilistica e metrica. Accanto alla
canzone, tipica della poesia trobadorica, troviamo la canzonetta,
pi adatta ai componimenti a carattere popolare e soprattutto il
sonetto, introdotto probabilmente da Jacopo da Lentini, che
rester una delle forme predilette dai nostri poeti attraverso i
secoli. I versi variano per misura e per accento, con una prevalenza
di endecasillabi e settenari. Certo manca ai siciliani la
partecipazione emotiva e la sincerit dellispirazione. Leffusione
sentimentale, il senso di sgomento che assale il trovatore
provenzale di fronte alla constatazione della superiorit e della
lontananza della donna amata, sparisce del tutto dalla lirica
siciliana per lasciare il posto a una esaltazione un po di maniera
della donna secondo il modello feudale e a una descrizione degli
effetti che la vista di questa produce sullinnamorato.
JACOPO DA LENTINI
(prima met del XIII sec.)
Definito da Dante il gran notaro per lattivit svolta alla corte di
Federico II, considerato il maggiore tra i lirici siciliani; la sua
produzione poetica contiene pi di quaranta componimenti,
canzoni, canzonette e sonetti, che pare introdusse per primo. La
ricchezza dei mezzi espressivi, il vero e proprio virtuosismo
stilistico, si accompagnano alla capacit di rappresentare con
delicatezza e maestria gli effetti della visione della donna
nellanimo dellinnamorato.
Opere principali Meravigliosamente: una canzonetta composta
da 7 stanze di 9 settenari ciascuna con 2 piedi tristici a rime
ripetute (abc, abc) e sirma anchessa di 3 versi, lultimo dei quali
legato di rima con i piedi e gli altri due tra loro (ddc). Il poeta
descrive il proprio rapimento e lemozione alla vista dellamata.
Combattuto tra desiderio e timidezza, linnamorato affida
spiritosamente alla canzonetta il compito di dichiarare il suo amore
e di chiedere alla bella che lo ricambi; Amor uno desio che ven
da core: un sonetto che tratta della natura dellamore, tema molto
dibattuto in seno alla civilt cortese. Il componimento stesso
scritto in occasione di una contesa dottrinale tra poeti. Mentre Jacopo da Mostacci ritiene che lamore nasca dal piacere, e Pier dalla
Vigna che sia una sostanza reale, la tesi dellautore che lamore
sia il sentimento che nasce nel cuore dellinnamorato, provocato e
alimentato dalla vista della donna amata.
PIER DELLA VIGNA
(1190 circa-1249)
un personaggio reso famoso da Dante che lo colloca
nellInferno, precisamente nella selva dei suicidi (Inf. c. XIII),
accreditando la sua fama di valente ministro, caduto in disgrazia
per le calunnie dei cortigiani e indotto dalla disperazione al
suicidio. La sua produzione si divide tra una poesia in volgare
particolarmente raffinata ed elegante e una prosa in latino dotto e
ricco.
Opere principali Per chamore no si pu vedere: anche questo
sonetto, come quello di Jacopo da Lentini, disquisisce su un
argomento teorico; in esso lautore sostiene che lamore, anche se
non si vede, tuttavia una realt, simile alla virt della calamita
che attrae il ferro invisibilmente, ma irresistibilmente.
RINALDO DAQUINO
(XIII sec.)
Forse fratello del celebre san Tommaso, non si sa nulla della sua
vita. Della sua produzione poetica ci rimangono alcune liriche di
grande maestria compositiva, artificiose e virtuosistiche, e altre che
appartengono a un filone popolare e realistico, pi immediato e
godibile.
Opere principali Gi mai non mi conforto: una canzonetta
composta di stanze con fronte di ottonari (due piedi distici a rime
ripetute:ab, ab), e sirma di stettenari (due volte distiche anchesse
con le rime ripetute: cd, cd), che rappresenta, con sottile grazia, il
lamento di una fanciulla per la partenza dellinnamorato per la
crociata. In una lingua semplice ed efficace, la preghiera a Dio e
allimperatore si mescola, secondo un atteggiamento tipicamente
popolare, al rimprovero per questa guerra fatta in nome della
croce. La canzonetta si conclude con linvito fatto a Duccetto,
forse lautore stesso, di comporre un sonetto da mandare al suo
amore lontano.
CIELO DALCAMO
(XIII sec.)
Di lui ci giunto solo il cosiddetto contrasto, cio un
componimento basato su un dialogo-scontro tra due innamorati. Il
nome dellautore quasi certamente fittizio e non si sa se farlo
corrispondere a un giullare, per il piglio popolaresco e salace della
poesia, o a un intellettuale in vena di sperimentalismi poetici. Non
sicura nemmeno lappartenza allambito della poesia siciliana,
anche se la presenza di molti elementi dialettali conforta questa
tesi.
Opere principali Rosa fresca aulentissima: lincipit del contrasto
(di 5 versi composta ogni battuta; i primi 3 sono alessandrini con
una sola rima, gli altri 2 sono endecasillabi a rima accoppiata;
ciascuna strofa legata alla precedente con un filo lessicale o con
una ripresa logica) che, nella forma della canzonetta, rappresenta
una schermaglia amorosa che vede protagonisti due giovani: lui
che avanza profferte amorose e lei che finge di rifiutare, ma finir
per acconsentire; la voce dei due si alterna di stanza in stanza,
mescolando toni delicati e sentimentali, alla maniera della lirica
trobadorica, e toni spicci e mordaci, con presenza di numerose
metafore a carattere erotico, tipici della cultura popolare. Lautore
dimostra una notevole sapienza tecnica nellaccostare due
differenti registri linguistici, quello aulico e idealistico
(contrassegnato da latinismi e francesismi), e quello basso e
realistico (pieno di elementi dialettali, iperboli, espressioni proverbiali), in un contrappunto continuo che sortisce effetti molto
gustosi. I valori cortesi sono rappresentati in una dimensione
parodistica e rovesciata: linnamorato, lungi dallavvertire
lirraggiungibile superiorit dellamata, la incalza in tutti i modi
possibili, dalladulazione alla minaccia, per indurla a cedergli;

mentre la fanciulla gli risponde per le rime con disinvolta


grossolanit, concludendo con un esplicito invito a lo letto visto
che cos destino.
LA SCUOLA TOSCANA Nella seconda met del Duecento la
scuola siciliana decade in seguito alla sconfitta del figlio di
Federico II, Manfredi, ad opera di Carlo DAngi. La sua eredit
viene accolta dai comuni della Toscana, dove pi vivace il
dibattito culturale e dove va affermandosi sempre di pi un ceto
mercantile, colto e curioso, che si affianca alla piccola nobilt nella
gestione della politica cittadina. Daltronde le lotte politiche tra
guelfi e ghibellini favoriscono il contatto col potere imperiale e
quindi con la corte siciliana. I poeti toscani sono ancora una volta
intellettuali che occupano cariche di rilievo nei comuni e che, per
lampiezza e la variet dei loro interessi, introducono nuovi temi
nella poesia di origine cortese-siciliana. Preponderante ancora il
tema dellamore, ma questo diventa unesperienza spirituale meno
legata al soddisfacimento del desiderio fisico e la figura femminile
viene ancor pi idealizzata nella direzione della spiritualit e della
nobilt dei sentimenti, svolgendo un ruolo di elevazione nei
confronti degli spasimanti. Accanto al tema dellamo re se ne
sviluppano per altri: riflessioni esistenziali, speculazioni
filosofiche, posizioni politiche e disquisizioni sulla poesia e
sullarte. Queste poesie rispecchiano il dibattito in corso tra gli
intellettuali cittadini che appaiono molto pi aperti e competitivi
che nel passato e usufruiscono di una circolazione di opere e di
idee tale da creare una vera e propria societ letteraria
intercomunale. Limportanza della scuola poetica toscana
comunque anche quella di aver elaborato una lingua toscana
letteraria, arricchita da termini di altre regioni e da provenzalismi e
gallicismi, che affiancher la produzione in lingua latina. Tra i
maggiori poeti toscani troviamo, oltre a Guittone dArezzo, che
rappresenta il caposcuola, il lucchese Bonagiunta Orbicciani,
diversi fiorentini, tra cui Chiaro Davanzati e Brunetto Latini
(maestro di Dante) di cui ci rimasta una sola canzone, e una
donna conosciuta col nome di Compiuta Donzella.
GUITTONE DEL VIVA DAREZZO
(1235-1294)
Figlio del tesoriere del comune di Arezzo, Guittone un uomo
fortemente impegnato nella politica cittadina e nella cultura del
tempo, finch, nel 1265, la conversione religiosa gli cambia la vita:
egli entra nellordine dei cavalieri della Vergine Maria come frate e
la sua poesia abbandona i temi amorosi e politici per affrontare la
trattazione di temi morali e religiosi. Il suo impegno tuttavia
equilibrato e moderato, pi incline al buon senso che al misticismo. La produzione di Guittone comprende:
le Lettere, scritte in prosa volgare a poeti, religiosi, uomini
politici; sono interessanti per labilit dimostrata da Guittone
nellutilizzare un volgare efficace, lessicalmente ricco e
sintatticamente complesso, capace di affrontare argomenti per i
quali fino ad allora si utilizzava solo la lingua latina
il Canzoniere, che raccoglie pi di 250 tra canzoni e sonetti ed
diviso in due parti: le poesie scritte prima della conversione, e le
poesie scritte dopo. La prima parte caratterizzata dal tema
dellamore, suscitato, secondo Guittone dal desiderio di possesso e
accresciuto dal pensiero, e da quello politico, in cui prevale la
riflessione morale. La seconda parte invece dedicata alla
riflessione religiosa; in questo ambito Guittone scrive anche delle
laude, poesie popolari a carattere sacro che venivano cantate
coralmente durante le processioni e le feste religiose nelle vie e
nelle piazze. I sonetti e le canzoni di Guittone sono intensi,
espressivi, ricchi di pathos, anche se ancora legati a un volgare
aspro e letterariamente poco elegante.
Ahi lasso, or stagion di doler tanto. una canzone politica
articolata in 6 stanze e 1 commiato, che descrive la situazione di
sbandamento politico di Firenze dopo la battaglia di Montaperti, in
cui la guelfa Firenze viene sconfitta dalla ghibellina Siena
Partendo dal momento in cui le sorti volgono al peg gio per
Firenze, il poeta, con accenti accorati, fa un elogio della passata
grandezza della citt, considerata, per la sua lealt, per la dignit e
per il culto della pace, unica erede della grandezza imperiale
romana; significativa la metafora Firenze-fiore, ricco di frutti
prima di Montaperti, sfiorata Fiore dopo (I e II stanza); prosegue
con unaltra metafora legata allemblema del leone, simbolo della
citt, cui sono stati strappati le unghie e i denti (III stanza);
ricostruisce quindi tutte le conseguenze politiche di tale sconfitta e
condanna lincapacit dei fiorentini di reagire contro gli oppressori
Alemanni (IV e V stanza); la VI strofa e il commiato sono
costruiti in chiave ironica: con graffiante sarcasmo Guittone finge
di congratularsi con i Fiorentini che, grazie ai ghibellini, stanno
per raggiungere laspirazione a diventare re(i) dei Toscani, dopo
essere stati conquistati dai Tedeschi e dai Senesi! Questa lirica il
primo esempio di canzone politica, che verr poi ripresa da Dante
e Petrarca, e in qualche modo rappresenta il fondamento di tutta la
poesia civile della nostra letteratura.
LA LETTERATURA RELIGIOSA
Dopo il Mille si diffonde in tutta Europa un vasto mo vimento
religioso teso a ricondurre la coscienza collettiva alla essenzialit
del messaggio cristiano. Di fronte alla violenza e alla corruzione
che dominano il mondo, si avverte lesigenza di una spiritualit pi
profonda che, prendendo a modello linsegnamento e la vita di
Cristo, conduca lumanit a una nuova era, fondata sulla pace e
sullamore. Le gerarchie ecclesiastiche tuttavia avvertono la
pericolosit della diffusione tra i laici di un sentimento religioso
che cerca il contatto diretto con Dio e che si propone di
interpretare autonomamente il messaggio cristiano. E' per questo
che la Chiesa opera una costante repressione di tutte quelle forme
di religiosit che ritiene non controllabili o comunque poco
compatibili con la propria interpretazione del messaggio evangelico. La predicazione spontanea, linvito a ritornare alle origini
della spiritualit cristiana, la critica pi o meno marcata e
consapevole della temporalizzazione della Chiesa e dei disinvolti
costumi dei suoi rappresentanti, sono motivi pi che sufficienti per
far bollare questi movimenti col marchio delleresia. Coadiuvata
dai poteri laici, la Chiesa ingaggia una lotta feroce contro ogni forma di culto non pienamente ortodosso, giungendo fino ad armare
una crociata, la cosiddetta crociata degli Albigesi, contro leresia
catara che si annidava in Provenza (con lesito di soffocare la
vivace cultura delle corti provenzali). Lintransigenza della Chiesa
nei riguardi delleresia testimoniata dalla nascita del Tribunale
dellInquisizione (1233), tristemente famoso per le sue torture e i
suoi roghi. Viene tuttavia avvertita lesigenza di incanalare e
controllare le aspirazioni religiose delle masse allinterno
dellortodossia cristiana e questa opportunit offerta alla Chiesa
dai cosiddetti ordini mendicanti, i francescani e i domenicani, cos
chiamati dai nomi dei loro fondatori. Mentre San Domenico e i
suoi adepti si propongono come difensori della fede e
rappresentano la milizia cristiana contro leresia, la predicazione di
San Francesco diffonde unesperienza umana e religiosa
completamente nuova e singolarmente profonda, basata sui valori
della povert, della penitenza e dellumilt.
SAN FRANCESCO
(1182-1226)
Nato ad Assisi da una ricca famiglia mercantile, buon conoscitore
della cultura latina, provenzale e francese, rinuncia pubblicamente
a tutti i suoi averi per seguire, nella predicazione e nella vita,
lesempio di Ges di Nazareth e il suo messaggio di fratellanza

universale. In poco tempo Francesco raccoglie un gran numero di


seguaci e ammiratori e, per la mitezza del suo atteggiamento e il
rispetto delle autorit ecclesiastiche, riesce a ottenere, non senza
difficolt, il riconoscimento della Regola dellordine francescano e
dei cosiddetti Frati minori. I suoi scritti sono vari, tutti in lingua
latina (la prima e la seconda Regula una raccolta di consigli ai
fedeli, chiamati Admonitiones, e il suo testamento spirituale, il
Testamentum) a eccezione del Cantico di frate Sole, in volgare
umbro. Alla sua morte lordine lacerato da aspre lotte riguardanti
linterpretazione del suo testamento spirituale: i frati si dividono in
conventuali, che non rifiutano lacquisizione di beni economici e
aderiscono sostanzialmente alla politica temporale della Chiesa, e
gli spirituali, che ritengono fondamentale la fedelt ai valori della
povert: tra questi ultimi molti furono considerati eretici.
Opere principali Il Cantico di frate Sole: chiamato anche il
Cantico delle creature e composto dal Santo poco prima della
morte, forse verso il 1224, una preghiera a Dio in 33 versi (come
gli anni di Cristo) e misura metrica varia, ed la prima
manifestazione letteraria in lingua volgare con un sicuro valore
poetico. Il cantico una gioiosa lode di Dio per (e si pu
interpretare da o attraverso) tutte le creature della terra,
espressione della sua grazia e della sua bont:
Il sole, che apre la lirica, irradia il mondo col suo splendore e
richiama la luce della fede;
la luna e le stelle che Dio ha creato clarite, preziose e belle;
i quattro elementi, laria (frate vento), lacqua, il fuoco e la terra,
rappresentati nella loro utilit e umilt;
gli uomini che sanno perdonare;
la morte corporale infine, anchessa sorella e gradita come un
dono del Signore; solo la seconda morte infatti, quella dellanima,
deve essere temuta da chi si trovi in peccato mortale.
Il componimento si chiude con un ultimo invito a loda re e servire
il Signore con humiltate, parola che assume in chiusura un
rilievo particolare e ben interpreta lo spirito francescano. La lingua
semplice ed essenziale, ma ricca di espressivit e lanafora
laudato si mi Signore, ripetuta ritmicamente quasi a ogni strofa,
d al testo un andamento corale che ne accentua la religiosit.
LA LAUDA
Si tratta di un componimento religioso che ha origine nel 1200,
collegandosi alla poesia liturgica latina. un inno al Signore che,
nella forma volgare, sente linfluenza della poesia cortese e per lo
pi assume la forma della ballata popolare, per cui un solista
intona il canto delle singole stanze e il coro dei fedeli risponde con
il ritornello, accompagnato da musica e danze. Nel corso del
secolo il genere si evolve in lauda drammatica, caratterizzata dalla
presenza del dialogo tra vari personaggi; si tratta gi di una forma
di teatro religioso popolare che si affermer pienamente nel corso
del 1400 con la sacra rappresentazione.
JACOPONE DA TODI (Jacopo de Benedetti)
(1236-1306)
il pi grande scrittore di laude religiose; egli porta questo genere
a un altissimo livello poetico, vivificandolo con la sua esperienza
personale e con la passionalit della sua ispirazione. Nato a Todi
nel 1236 da nobile famiglia, vive una giovinezza agiata, colta e
brillante, esercitando con successo la professione giuridica finch,
nel 1268, unimprovvisa conversione lo induce ad abbandonare i
suoi beni e la societ mondana, per entrare nellordine francescano, tra le frange dei pi accesi spirituali. Secondo la leggenda
la conversione sarebbe stata motivata dalla morte della giovane
moglie durante un ballo (per il crollo di un pavimento), e dalla
scoperta che questa portava, sotto gli abiti della festa, un ruvido
cilicio come forma di penitenza. Fin dallinizio Jacopone si scaglia
contro la corruzione della Chiesa, e dopo un momento di speran za
legata al brevissimo pontificato di Celestino V (che avrebbe potuto
ricondurre la Chiesa allantica purezza, ma che fu costretto a
dimettersi), prende attivamente posizione contro il nuovo papa,
Bonifacio VIII, partecipando a una ribellione di frati spirituali e
finendo imprigionato e scomunicato. Viene liberato, solo pochi
anni prima della morte, dal nuovo pontefice, Benedetto XI. La
poesia di Jacopone appassionata come la sua vita, ispirata dalla
sua straordinaria e intransigente religiosit che non accetta
compromessi col mondo. La visione che del mondo ha Jacopone
estremamente pessimistica e nelle sue opere descrive in modo
violento e sarcastico i vizi della societ contemporanea, servendosi
del coloritissimo volgare umbro. I temi e i motivi della poesia di
Jacopone si possono cos sintetizzare:
disprezzo per il corpo e per tutto ci che materiale;
esaltazione dellesperienza mistica, cui lanimo deve tendere
attraverso la mortificazione della carne e impossibilit di riferirla
per la sua ineffabilit;
partecipazione alla sofferenza di Cristo, incarnatosi per subire la
terribile umiliazione della croce;
invocazione dellamore divino, concepito come esperienza
travolgente, tormentata e felice al tempo stesso;
accesa polemica con il temporalismo della Chiesa e in particolare
con Bonifacio VIII.
Lo stile di Jacopone risente della sua cultura religiosa e laica,
aperto com alle suggestioni della Bibbia da un lato, e della
letteratura volgare, specie della scuola siciliana, dallaltro. Il
linguaggio caratterizzato da una sintassi spezzata,
prevalentemente paratattica che ben evidenzia i turbamenti
interiori, e da un lessico potente, ricco di elementi popolari e
realistici, ma anche di latinismi e termini nuovi.
Opere principali O iubelo del core: una lauda che testimonia
lesperienza smisurata e indicibile della gioia della fede, che non
pu essere descritta se non in forma negativa: la lingua balbetta e
non pu parlare, il cuore non pu sopportare la potenza dellamore,
luomo non pu evitare di gridare, tanto da sembrare impazzito e
da non avvertire il mondo esterno; O papa Bonifazio: questa lauda,
che nella chiusa definita da Jacopone trattato, si presenta come
una invocazione al papa per indurlo a ritirare la scomunica con cui
aveva colpito gli spirituali dopo lassedio di Palestrina. Egli
disposto a subire qualunque sofferenza pur di ottenere
lassoluziorne che, sola pu guarire la sua ferita. Ma Jacopone non
si piega a ritrattare la sua posizione, che esce anzi pi salda e pi
forte: luso di un lessico bellico (ferire, prelia, schermire, scudo
ecc.) fa emergere limmagine di un combattente per la fede pronto
a subire qualsiasi prova; Pianto della Madonna: il primo
esempio di lauda drammatica, recitata a pi voci in un dialogo
accorato e straziante. descritto il dramma della passione di Cristo
attraverso la voce attonita del nunzio, lincredula disperazione
della Vergine, lira feroce del popolo, le serene parole di Ges, il
doloroso compianto finale della madre che assiste impotente alla
morte dellamato figlio. Il racconto raggiunge una potenza
espressiva di rara efficacia, sottolineata da: lalternarsi delle voci
dialoganti; il susseguirsi di frasi brevi e incisive; il prevalere della
forma interrogativa che esprime langosciante sgomento della
Madonna; lincalzare degli avvenimenti in un crescendo drammatico che lascia senza fiato.
LA POESIA COMICO-REALISTICA
Accanto alla poesia illustre troviamo nel Duecento una poesia
scherzosa e burlesca, tendente a rovesciare i valori tradizionali con
intenzioni che variano dalla polemica graffiante, al gioco spiritoso
e beffardo, alla descrizione di realt quotidiane. Daltronde la
retorica medievale, sulla scia di quella classica, prende in
considerazione diversi tipi di linguaggio: quello sublime, destinato

ad argomenti elevati, quello mediocre, adatto ad argomenti


comuni, e quello comico o basso, che tratta situazioni e ambienti
della realt popolare e materiale. La poesia giullaresca un
esempio di questultimo stile che trova una grande diffusione in
tutta Europa ed praticato anche da persone colte e letterate. In
Toscana, a partire dal 1200, si ha una ripresa di questo genere, che
ben si adatta alla multiforme, concreta e spregiudicata civilt
comunale. Caratteristiche di questa poesia sono il gusto
delleccesso e della parodia, lesaltazione degli istinti pi bassi
dellumanit, luso di un volgare colorito e popolare, ma non
manca linvettiva politica in chiave comica. Gli autori sono spesso
esponenti di spicco della societ cittadina, uomini colti che,
nelladottare uno stile comico e nello scegliere un genere
minore, rispondono comunque a delle regole retoriche gi
consolidate, ampliando le potenzialit espressive del volgare. Gli
autori pi rappresentativi di questo genere sono: Rustico Filippi,
Cecco Angiolieri, Folgore da San Gimignano.
RUSTICO DI FILIPPO
(operante tra il 1260 ed il 1290)
Rustico di Filippo, fiorentino di parte ghibellina, vissuto verso la
met del secolo XIII, divide la sua produzione tra lo stile serio e
quello comico; i sonetti appartenenti a questo secondo gruppo sono
circa una trentina e si concentrano nella descrizione di gustosi tipi
umani, dalle caratteristiche eccessive e bizzarre, come la vecchia
orrenda, il vanesio millantatore, lesaltato affetto da furia erotica e
altri che, da un lato rappresentano una continuit con la comicit
classica, dallaltro incarnano personaggi e manie del nuovo mondo
cittadino. Certamente notevole stata linfluenza di Rustico sulla
poesia dantesca, in particolare dellInferno, dove prevale lo stile
comico.
CECCO ANGIOLIERI
(poet tra il 1290 ed il 1300)
Nato a Siena verso il 1260 (ma la data incerta) da una nobile e
ricca famiglia, Cecco Angiolieri un intellettuale colto che, per
uninsofferenza verso le regole e i valori tradizionali della societ,
ma anche per il gusto della sperimentazione linguistica e del gioco
letterario, si dedica a una produzione realistica che si riallaccia alla
tradizione goliardica; egli si costruisce addosso un personaggio di
gaudente, ribelle, demistificatore di tutti i valori, familiari, politici,
religiosi, nonch letterari come testimonia la parodia cui sottopone
la poesia stilnovistica. Egli tende a interpretare anche nella vita
questo personaggio, se vero che fu costretto allesilio, che
sperper gran parte del patrimonio familiare (come testimonia to
da un documento in cui i figli, alla sua morte, rinunciano
alleredit), che sub diverse multe per la sua vita sregolata.
Tuttavia la sua ribellione solo apparente e superficiale, pi
idonea a manifestare una congenita scontentezza che a sovvertire
realmente quei valori che irride. I motivi pi frequenti della sua
poesia sono:
lamore per una certa Becchina, donna facile, sboccata e
interessata, che rappresenta un rovesciamento caricaturale della
donna-angelo stilnovista;
il libertinaggio che si traduce nel gusto per la donna, la taverna e
il dado, come egli stesso dice in un suo famoso sonetto;
lodio per la famiglia, in particolare per il padre, del quale non
aspetta che la morte;
il bisogno continuo di denaro, considerato il lascia passare per
quella vita da gaudente scioperato cui aspira.
Lo stile di Cecco Angiolieri interessante per la grande variet dei
registri lessicali, per il taglio parodistico che sortisce sicuri effetti
comici, per luso del dialogo rapido e incalzante che vivacizza la
sua lirica.
FOLGORE DA SAN GIMIGNANO
(prima met del 300)
Giacomo di Michele da San Gimignano, detto Folgore, vive a
cavallo tra Duecento e Trecento (gi morto nel 1332) nel paese da
cui prende il nome e dove ricopre importanti cariche civiche. I suoi
sonetti sono molto lontani dallastio irriverente di Cecco Angiolieri
e trattano principalmente dei piaceri relativi alla vita aristocratica
delle allegre brigate cittadine. I toni del suo realismo sono delicati
e sorridenti, volti alla rappresentazione di giochi, cacce, danze,
tornei e altri simili divertimenti, vera esaltazione degli ideali di
vita cittadina. Per lo pi i suoi sonetti sono inseriti in cosiddette
corone, cio gruppi di poesie legate tra loro da una specie di
cornice, come ad esempio i giorni della settimana o i mesi
dellanno. Nei sonetti a carattere politico (ce ne restano solo 4) la
sua vena pi pungente (come quello in cui se la prende con Dio
per non aver assistito i guelfi contro i ghibellini), ma sempre
misurata.
LA PROSA TRA DUECENTO E TRECENTO
LA CRONACA Gi neI 1200, nellambiente urbano e mercantile,
si diffondono le prime cronache. Si tratta o di memorie legate alle
attivit mercantili, (dapprima semplici inventari annotazioni di
affari, contratti ecc., che acquistano sempre pi il gusto della
narrazione, del ritratto, del commento agli eventi) o di opere a
carattere universale, legate al mondo medievale e spesso
caratterizzate dal ricorso a una visione religiosa provvidenziale. In
ogni caso esse rappresentano la testimonianza della nascita di una
cultura di tipo borghese, attenta agli aspetti sociali ed economici
del mondo contemporaneo. Nella seconda met del 1200 troviamo
alcune figure di intellettuali divenuti cronisti o per incarico del
Comune o per propria vocazione. Per lo pi lordine di queste
cronache annalistico (i fatti sono cio narrati anno per anno), la
prospettiva sostanzialmente laica (anche quando il resoconto
degli avvenimenti inquadrato in una dimensione provvidenziale)
e la scrittura talvolta in latino, pi spesso e in volgare. Tra i
cronisti pi rappresentativi citiamo Salimbene de Adam
(Salimbene da Parma), frate francescano di Parma, di origine
borghese, autore di una Cronica che abbraccia circa un secolo (dal
1177 al 1287) scritta in un latino straordinariamente espressivo. Di
notevole importanza storica sono soprattutto gli ultimi
quarantanni, di cui lautore ha diretta esperienza. Tra i cronisti in
volgare il pi interessante senza dubbio Ricordano Malispini
con la sua Istoria fiorentina, che ci giunta piuttosto manipolata
dai copisti, ma che ci offre un avvincente quadro delle vicende
fiorentine tra il 1270 e il 1290, viste da parte guelfa. Lopera, che
rappresenta certamente una delle fonti di Dante, spicca sulle altre
per loriginalit dellimpostazione, non pi rigorosamente
annalistica, e per il tentativo di approfondire le problematiche
politiche con commenti e analisi. Nel 1300, con il prevalere degli
interessi terreni su quelli religiosi e con la crescita economica e
culturale della classe mercantile, troviamo alcune opere di cronaca
che assumono un elevato valore artistico e documentario.
Particolarmente importanti in tale senso sono le cronache di Dino
Compagni e Giovanni Villani.
DINO COMPAGNI
(1255-1324)
Nato a Firenze nel 1255, mercante impegnato nella vita politica
della citt dalla parte dei guelfi bianchi, come il suo amico Dante,
tenta di comporre i conflitti tra le due agguerrite fazioni; nel 1301,
dopo essere stato eletto priore, viene costretto a dimettersi dai Neri
che hanno preso il sopravvento grazie allintervento di Carlo di
Valois, inviato dal papa. Si dedica quindi allattivit commerciale e
a quella letteraria, finch la discesa in Italia di Arrigo VII non lo
infiamma di nuove speranze. Scrive in questa occasione il suo
capolavoro, Cronaca delle cose occorrenti ne tempi suoi, in 3

libri. In uno stile essenziale e vigoroso, egli narra in volgare la


storia di Firenze dal 1272 al 1312, rievocando la catastrofe dei
Bianchi e descrivendo a forti tinte il comportamento ipocrita e in teressato di Carlo di Valois e Bonifacio VIII. La sua trattazione si
distacca enormemente dalle cronache medievali, in quanto non
cerca di inquadrare gli avvenimenti in una cornice di storia
universale, ma si limita a testimoniare gli eventi di cui stato
spettatore e attore, senza nascondere la propria posizione
personale, anzi mettendo in luce lonest e la buona fede di chi,
come lui, ha sempre agito per il bene del Comune ed stato
ingiustamente sconfitto e allontanato. La sua opera estremamente
interessante sia dal punto di vista storico, che da quello narrativo.
Deluso dal fallimento dellimperatore, muore a Firenze nel 1324.
GIOVANNI VILLANI
(1276-1348)
Nato a Firenze nel 1276, poco impegnato nella vita politica,
rispetto alla quale cerca di mantenersi neutrale, anche se appare
evidente una sua propensione per i Neri, scrive una Nuova cronica
in 12 libri, in cui inserisce le vicende fiorentine contemporanee in
un disegno pi ampio che si avvicina alle cronache universali duecentesche. Infatti lidea quella di scrivere la storia di Firenze fin
dalle origini mitiche e remote (ispirate alla storia di Roma) per
esaltarne una superiorit che affonda le sue radici nella storia. I
primi 6 libri partono dalla Torre di Babele e arrivano alla discesa di
Carlo DAngi nel 1265. Gli altri 6, molto pi interessanti, narrano
le vicende di Firenze dal 1265 al 1348, lo stesso anno in cui Villani
muore, colpito dalla terribile epidemia di peste di cui parla il
Boccaccio. Il fratello e il figlio proseguono quindi lopera fino al
1364. La cronaca del Villani certamente molto meno compiuta
dal punto di vista artistico rispetto a quella del Compagni, meno
appassionata e pi ridondante, specie la prima parte, ma possiede
delle qualit particolari: innanzitutto il distacco con cui lautore
guarda agli eventi di cui stato testimone; poi lattenzione
minuziosa ai dati economici, ai rapporti produttivi, ai fatti sociali,
che ci permettono di avere un quadro di grande interesse della
realt storica di Firenze in quegli anni. La lingua, volgare,
semplice e piana, adatta al pubblico mercantile cui lopera
destinata.
MARCO POLO
(1254-1324)
Un tipo particolare di cronaca, di stretta estrazione mercantile,
possono considerarsi i resoconti di viaggi, tra cui spicca Il Milione
di Marco Polo. La prima edizione dellopera, intitolata Le livre de
messer Marco Polo citoyen de Venise, appel Milion, o sont
dcrites les merveilles du monde appare in lingua dol, dettato da
Marco a Rustichello da Pisa durante la sua prigionia a Genova, nel
1298; ma ben presto fioriscono numerose traduzioni in tutti i
volgari, che ne sanciscono un successo non ancora esaurito. Il libro
preceduto da un Prologo in cui lautore si rivolge al suo
pubblico, che concepisce molto vasto (imperadori, re, duci e tutte
altre genti) mettendo in evidenza leccezionalit della propria
esperienza e chiarendo una questione di metodo: scriver cose o
viste personalmente o sentite raccontare da fonti attendibili, ma
distinguendo, per esigenza di veridicit, quelle viste da quelle
udite. Comincia quindi il libro di messer Marco Polo, cio il
racconto di quanto vissuto direttamente da Marco, secondo il suo
punto di vista. Viene descritto il viaggio attraverso loriente che
Marco compie in compagnia del padre e dello zio (che sono alla
loro seconda esperienza) da San Giovanni dAcri (in Palestina)
fino alla Cina settentrionale (il Catari), attraverso la Pressai,
lAfganistan, il Kashmir, il deserto di Gobi. Pi che le fatiche del
viaggio, lautore si sofferma a descrivere con entusiasmo i
paesaggi favolosi che attraversa: fiumi, citt, montagne. Marco
descrive quindi la permanenza alla corte del Gran Khan Kubilai,
che gli affida un incarico di ambasciatore che gli consente di
ottenere una conoscenza dei luoghi e dei costumi dei paesi
circostanti, oltre a permettergli di affinare le sue doti di
diplomatico e di scrupoloso osservatore. Viene infine descritto il
viaggio di ritorno che dura 3 anni, dal 1292 al 1295. Nel capitolo
finale, la conclusione, nel ribadire leccezionalit della propria
esperienza, egli dichiara di aver escluso dalla trattazione la
descrizione di luoghi gi noti perch frequentemente percorsi dai
mercanti; mette inoltre in evidenza lutilit della propria relazione,
destinata a fornire indicazioni ai mercanti che intendano compiere
viaggi in quei paesi e a informare tutti i lettori appassionati della
conoscenza.
LA LETTERATURA DIDATTICO-RELIGIOSA
La produzione didattica, sia sacra che profana ha una grande
variet di generi, che vanno da prediche e sermoni in versi e in
prosa, a trattati di morale e di teologia, alle vite dei santi, alle
rappresentazioni del mondo ultraterreno, a trattati e a opere
allegoriche di diverso tipo. Si tratta per lo pi di opere scritte in
latino, ma nella seconda met del Duecento troviamo anche una
produzione in volgare, prevalentemente toscano e padano.
DIDATTICA PROFANA Sempre in riferimento ai valori religiosi,
questo tipo di letteratura si propone di offrire al nuovo pubblico
laico delle opere di divulgazione del sapere, degli insegnamenti a
carattere morale e civile che individuino modelli di
comportamento utili per i cittadini, specie per la classe dei
dirigenti comunali. Tra questi citiamo lopera di Brunetto Latini
(1220-1293), maestro di Dante, esemplare figura di intellettuale.
Dopo aver composto, in lingua dol, il Tresor, una specie di
enciclopedia del sapere del suo tempo, si dedica a numerose opere
di volgarizzazione (come ad esempio lEtica a Nicomaco di
Aristotele) e scrive in volgare fiorentino una Rettorica e in versi il
Tesoretto, in cui tratta diversi argomenti inserendoli in una cornice
allegorica. Sono espressi in esso norme di comportamento,
massime, considerazioni e principi che ci danno un quadro
interessante dei valori paradigmatici della societ comunale. In
area padana dobbiamo ricordare Bonvesin de la Riva (1240-1315)
che ne Le cinque cortesie da desco insegna il modo di comportarsi
a tavola e nel Trattato dei Mesi rappresenta una tenzone tra i mesi
dellanno sulla operosit; e Giacomino da Verona, autore di due
poemetti (De Babilonia civitate infernali e De Ierusalem celesti)
che rappresentano le pene dellInferno e le delizie del Paradiso. Il
prevalere del toscano come lingua nazionale ha influito
negativamente sulla diffusione di queste opere, ma larea lombarda
va comunque considerata una di quelle pi interessanti della nuova
cultura volgare.
DIDATTICA SACRA In questo ambito assume un posto a s la
letteratura francescana ispirata alla vita del Santo, di cui presenta
diverse interpretazioni: quella dei frati spirituali, che lo esalta
come apostolo delluguaglianza, della povert e della semplicit;
quelle dei conventuali, che ne sottolineano la fedelt al pontefice e
alle gerarchie ecclesiastiche. Pi tardi San Bonaventura da
Bagnoregio, coltissimo francescano ricordato anche da Dante,
viene incaricato di scrivere una biografia di San France sco che
sostituisca tutte le precedenti (che infatti vengono quasi tutte
distrutte) e che si intitola Legenda maior; in essa San Bonaventura
ricompone
limmagine
del
Santo,
saldando
insieme
linterpretazione dei conventuali e degli spirituali. Tutte queste
opere sono scritte in latino, ma cominciano presto ad essere
proposte delle traduzioni in volgare, tra cui I fioretti di San
Francesco, di un anonimo frate, che li scrive tra il 1370 e il 1390,
rappresentando, in uno stile semplice ed efficace, 43 episodi della
vita del Santo. Tra i testi volgari di letteratura religiosa si deve

ricordare anche il Dialogo della divina Provvidenza e le lettere di


Santa Caterina da Siena che, vissuta nel periodo del
trasferimento del Papato ad Avignone, profonde tutti i suoi sforzi
nel tentativo di convincere il papa a tornare a Roma. La sua prosa,
divisa tra misticismo e impegno politico, potente e perfino
eccessiva, con il continuo ricorso a immagini travolgenti e cruente,
che ben esprimono la lacerazione prodotta nel suo animo dalla crisi
del Papato.
LA NARRATIVA
La narrativa, nei secoli XIII e XIV, da un lato divulga e sviluppa la
materia brettone, dallaltra introduce un genere originale che
ampia ripresa avr nella letteratura europea moderna: la novella.
Lorigine della novella pu essere fatta risalire allexemplum
medievale, la pi tipica forma di narrazione medievale.
Lexemplum, che risale alla retorica classica, e appunto un
esempio, che pu essere rappresentato da un fatto reale o
immaginario, che serve a persuadere di una tesi; la cultura cristiana
utilizza frequentemente gli exempla a fini morali, come
testimoniano gli scritti di autori quali SantAgostino,
SantAmbrogio, San Girolamo. Si tratta di una narrazione rapida,
che deve incisivamente mettere in luce gli aspetti pi significativi
di un racconto e che deve avere una valenza universale. I
personaggi descritti sono quindi dei tipi piuttosto generici,
rappresentanti categorie umane spesso in opposizione tra loro (il
santo e il peccatore; il puro e il lussurioso). Accanto allesempio,
confluiscono nella narrativa i racconti di viaggi, le cronache, le
vite dei santi etc. La prima raccolta di novelle di sicuro valore
artistico il Novellino, di un autore fiorentino anonimo che
utilizza con grande disinvoltura e abilit i repertori della tradizione
e spunti nuovi tratti dalla vita contemporanea. I terni sono i pi
vari: dallexemplum sacro a quello profano, dalla beffa al motto
arguto, e per ognuno cambia conseguentemente il registro
linguistico. La novellistica segna veramente il passaggio a una
letteratura laica che non si limita alla consueta dimensione morale,
ma mira anche al puro intrattenimento e alla rappresentazione
oggettiva di situazioni e comportamenti reali.

LE ORIGINI: cenni storici


LA SOCIET BARBARICA dal VI allVIII secolo lOccidente europeo assiste al
declino del sistema sociale romano e alla frantumazione del territorio in
conseguenza dellinsediamento delle popolazioni barbariche. Leconomia
subisce un generale arretramento, sia per la mancanza di scambi che per la
scarsa produttivit agricola, e le condizioni di vita della popolazione, esposta
ai pericoli dei continui conflitti e delle pestilenze, sono ridotte al livello della
semplice sopravvivenza. In tale quadro risulta inevitabile una progressiva regressione culturale che comporta labbandono della scrittura e la formazione
di idiomi, cosiddetti volgari, di derivazione latina, ma molto differenti tra
loro. Gli unici luoghi in cui si svolge unattivit culturale sono i grandi
monasteri benedettini, in cui i monaci amanuensi, ricopiando gli antichi testi,
contribuiscono alla conservazione del patrimonio culturale della civilt
classica.
LIMPERO CAROLINGIO le conquiste di Carlo Magno ripristinano una sia pur
fragile unit del mondo cristiano e il sistema di potere imperiale permette una
parziale

riorganizzazione

delle

istituzioni

civili,

un

miglioramento

delleconomia e una sia pur modesta rinascita culturale. A Carlo Magno va il


merito di aver raccolto nella sua corte i pi prestigiosi intellettuali dellepoca
e di aver fondato la cosiddetta schola palatina (cio scuola di palazzo) a
beneficio dei ministri e dei familiari del re. A corte e nelle scuole vescovili
vengono aperti degli scriptoria (scuole di scrittura) dove sono studiate le

opere degli scrittori classici e di quelli cristiani. La vera rinascita per


lOccidente europeo inizia per dopo il Mille, in conseguenza delle Crociate,
che aprono nuovi spazi geografici, permettono nuove acquisizioni culturali,
contribuiscono alla ripresa delleconomia e allincremento demografico,
derivante dalle migliori condizioni di vita. La popolazione viene divisa in tre
grandi ordini: gli oratores o chierici, cio il clero; i bellatores cio i
cavalieri, dediti al mestiere della guerra e nobilitati dagli ideali della difesa
dei deboli e delle donne; infine i laboratores, per Io pi contadini, ma
comprendenti una vasta gamma di popolazione, che va dai piccoli proprietari
terrieri ai braccianti, ai servi, agli schiavi. Lo studio delle opere antiche e la
scrittura riservata ai chierici che usano rigorosamente il latino e si accostano alla cultura classica fornendo interpretazioni allegoriche delle opere dei
grandi autori pagani. La popolazione, compresa la maggior parte dei signori,
ancora analfabeta. A partire dal secolo XIII si assiste anche a una rinascita
della civilt urbana che porta alla formazione delle prime repubbliche
marinare e dei primi Comuni. Lo sviluppo delle citt e dei comuni porta alta
formazione di nuovi ceti, di mercanti, artigiani, burocrati e amministratori, e
allorganizzazione di corporazioni professionali, definite Arti, tese a tutelarne
gli interessi. I modi di produzione continuano tuttavia a essere controllati da
oligarchie di piccoli signori che mantengono i loro privilegi: gli stessi rapporti
sociali sono basati sul legame personale; daltronde il fenomeno comunale
limitato allItalia centro-settentrionale, mentre nel resto della penisola
permangono quasi integralmente le strutture feudali. Anche in questo periodo
la cultura patrimonio ecclesiastico, ma lesigenza pratica della scrittura
invita allalfabetizzazione i ceti produttivi. Inoltre i libri (molto costosi e
costituiti da pergamene composte da membrane di animali) cominciano a
diffondersi tra i laici, grazie allazione educativa che molti chierici svolgono
nelle case signorili in qualit di maestri, contemperando valori cristiani e gusti
aristocratici. Soprattutto in Francia, dove le corti sono pi vivaci e curiose,
nasce una letteratura in volgare, a carattere avventuroso e cavalleresco,
mentre in Italia le testimonianze in volgare sono ancora molto scarse.
I PRIMI DOCUMENTI IN VOLGARE
Fin dal IX secolo in Francia si fa ufficialmente uso della lingua volgare, come
attesta il famoso giuramento di Strasburgo, firmato nell842 dagli eredi di

Carlo Magno, Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico, rispettivamente in


francese e tedesco, davanti ai loro eserciti. In Italia bisogna attendere il secolo
successivo per avere qualche traccia dellaffermazione del volgare. Agli inizi
del Novecento si fa risalire uno spiritoso indovinello veronese ( vergato tra
l'VIII

secolo e

l'inizio

del IX in

forma

d'appunto,

margine

di

una

pergamena contenente un codice pi antico), scritto in una lingua mista tra


latino e volgare: Se pareba boves, alba pratalia araba, / albo versorio teneba,
negro semen seminaba (Spingeva avanti i buoi, bianchi prati arava, un bianco
aratro spingeva, nero seme seminava) in cui si allude alla mano che, nella
scrittura, spinge avanti le dita (i buoi), con cui solca un bianco foglio (i prati),
tiene una bianca penna doca (laratro) e semina nero inchiostro (il seme). Tra
il 960 e il 963 sono redatti i tre placiti cassinensi, atti notarili che presentano,
a integrazione del testo in latino, alcune dichiarazioni testimoniali interamente
in volgare. Il pi antico quello di Capua che registra una testimonianza a
favore dellabate di Montecassino nella causa contro un usurpatore: Sao ko
kelle terre, per kelli fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti
Benedicti (So che quelle terre, per quei confini che questo documento indica,
le possedette per trentanni lordine di S. Benedetto). Nella chiesa di San
Clemente a Roma ancora visibile un affresco risalente al 1084 circa,
rappresentante la cattura del santo da parte dei servi mandati dal pagano
Sisinnio

(albertel, cosmari, carvoncelle: il santo Clemente <<a causa della

durezza del vostro cuore avete meritato di trascinare pietre>>; il santo si


trasforma in colonna e laffresco recita: <<falite de retro co lo palo,
Carvoncelle>>, dice un servo allaltro, mentre sisinno urla <<Fili de le pute,
traite>>http://roma.andreapollett.com/S2/roma-c3i.htm); ma questi, anzich un corpo, si
trovano a trascinare una pesante colonna: Sisinnio comicamente colto
nellatto di gridare insulti ai servi in un rozzo volgare. Siamo tuttavia ancora
lontani dallo sviluppo di una lingua volgare a carattere nazionale, sia per il
prevalere della cultura latina, sia per lestrema frammentariet della penisola
e la relativa variet degli idiomi.
LA CIVILT CAVALLERESCO-CORTESE
IL PERFETTO CAVALIERE La societ feudale ha come massimi valori la fede
religiosa e la fedelt al signore. Le esigenze spirituali, legate alla Chiesa, e
quelle politiche, legate alla corte, vengono armonizzate nella figura del

cavaliere, che diventa un modello di comportamento e unispirazione


letteraria di lunga durata. Qualit precipua del cavaliere la cortesia, che
riguarda sia la nobilt di nascita che la nobilt di sentimenti: onest, coraggio,
disinteresse e spirito di sacrificio. Il cavaliere pronto a sacrificare la sua vita
per il signore, per gli ideali religiosi e per la donna amata, e in questo modo la
sua bellicosit, messa al servizio di un nobile ideale, viene ingentilita dal
sentimento amoroso. La cultura cavalleresca, che ha la sua sede principale
nelle corti dei grandi feudatari in Francia e in Provenza, si propaga
velocemente anche nelle altre regioni, grazie allazione dei giullari che
diffondono le avventure degli eroi cortesi nei palazzi nobiliari e nelle piazze.
Fino a tutto il secolo X non si tratta di una produzione scritta, ma di testi
variamente rielaborati e destinati a essere tramandati oralmente; questi
tuttavia forniranno il ricco repertorio della letteratura successiva.
LA LETTERATURA EPICO-CAVALLERESCA Allinizio del secolo XI si possono
collocare le prime manifestazioni letterarie scritte in lingua dol, cio il
volgare delle regioni centro-settentrionali della Francia: si tratta di poemi
epici, detti chansons de geste, che narrano le avventure di eroici cavalieri,
campioni di fedelt al loro re, alla loro signora e alla fede cristiana. Le chansons de geste sono divise in vari cicli, di cui il pi famoso il ciclo carolingio
e in particolare la chanson de Roland, risalente al sec. XII. Essa narra la
sconfitta subita dai paladini di Carlo Magno a Roncisvalle, sui Pirenei, nella
guerra contro i Saraceni; la disfatta viene attribuita allopera del traditore
Gano e viene esaltato leroico sacrificio di Orlando, mitico paladino che perde
la vita nello scontro fatale, ma verr poi vendicato dallintervento del re.
Lepisodio ha uno scarso rilievo storico, ma il racconto si carica di un valore
emblematico e Orlando diventa il leggendario difensore della vera fede contro
la minaccia degli infedeli. Limportanza della sua figura testimoniata anche
dalle opere rinascimentali di Boiardo (lOrlando innamorato) e di Ariosto
(lOrlando Furioso).
IL ROMANZO DAMORE E DAVVENTURA In lingua d ol, accanto ai poemi
in versi, troviamo una produzione romanzesca, anchessa destinata inizialmente alle corti, ma poi diffusa anche tra il popolo. Il termine romanzo che a essa
stato attribuito, le deriva dallappartenenza alle lingue romanze, cos
chiamate perch risalenti alla matrice romana, cio latina. Si tratta di storie di

gruppi o di singoli cavalieri, protagonisti di avventure meravigliose (nel senso


che destano stupore e meraviglia per la presenza di elementi soprannaturali)
alla ricerca (la cosiddetta queste) di beni preziosi destinati a pochi eletti. I
cavalieri dividono la loro vita tra la corte, dove sono sempre devoti innamorati
di qualche bella e pura creatura, e i boschi o localit esotiche e inaccessibili in
cui viene messo alla prova il loro coraggio e la loro nobilt danimo. Anche i
romanzi cavallereschi sono suddivisi in diversi cicli, alcuni ispirati a storie e
leggende dellantichit classica, ma rielaborate e ricondotte ai modelli di
comportamento feudali (il Roman

d'Alexandre, centrato sulla figura di

Alessandro Magno, o il Roman de Troie), altri a carattere mitologico e idillico


che riproducono lo schema sentimentale e avventuroso del romanzo greco
ellenistico con inserzioni mitologiche desunte da poeti latini come Ovidio (ad
esempio Florire e Bianchifleur cui si ispir Boccaccio nel Filocolo). Il ciclo di
gran lunga di maggior successo per il cosiddetto ciclo brettone in cui si
rappresentano le gesta del leggendario re Art con i suoi cavalieri (detti della
tavola rotonda, per indicare la loro sostanziale parit) alla ricerca del Santo
Graal, cio lirraggiungibile coppa in cui fu raccolto il sangue di Cristo.
Protagonisti esemplari di questi romanzi sono Lancillotto, il pi forte, ma
debole nel suo amore colpevole per la regina Ginevra, moglie di re Art,
Percival, Galaad, lunico destinato, per la purezza del suo animo, a possedere
il mistico Graal, e tanti altri che incarnano gli ideali feudali e soddisfano i
gusti di un vasto pubblico di lettori che vengono immersi nel clima fiabesco
delle loro mirabolanti avventure. Tra gli scrittori pi rappresentativi di queste
vicende troviamo Geoffrey di Monmouth e soprattutto Chrtien de Troyes.
Alla materia brettone appartiene anche il romanzo di Tristano e Isotta,
rielaborato in tante versioni attraverso due secoli. Esso narra lamore
impossibile fra Isotta, promessa sposa del re Marco di Cornovaglia, e Tristano,
nipote di questo, incaricato di accompagnare la giovane alla corte dello zio.
Per colpa di un filtro damore inconsapevolmente assunto dai due, la passione
esplode e non si placa nemmeno dopo il matrimonio di Isotta col re; i due
amanti, perseguitati da Marco, concludono la loro fuga disperata con una
romantica morte. Determinante in tutte queste opere la presenza
dellelemento amoroso e della figura femminile, che rispecchia limportanza
assunta dalla donna nel mondo cortese: nonostante la dipendenza dai valori

religiosi, la corte signorile una societ laica e allimmagine muliebre viene


attribuita una qualit superiore, una nobilt assoluta al cui servizio giusto e
doveroso, per luomo dotato di elevato sentire, dedicare la vita. Lamore non
quasi mai legato allunione matrimoniale, anzi lamore cortese si colloca al di
fuori delle convenzioni sociali ed unaspirazione tanto appagante quanto
impossibile. Testimonianza di questo nuovo interesse per il sentimento amoroso il trattato di Andrea Cappellano De amore, in cui esso concepito
come una esperienza superiore e nobilitante, insieme fisica e intellettuale, ma
decisamente al di fuori del matrimonio, ritenuto solo un contratto.
LA LIRICA PROVENZALE Alla vasta produzione in lingua d ol fa riscontro, in
Provenza e nella Francia meridionale, la creazione, in lingua doc di un genere
lirico, colto e raffinato che, diffusosi rapidamente in tutta Europa, contribuisce
non

poco

allelevazione

componimenti

poetici

dei

volgari

composti

dai

lingua
cosiddetti

letteraria.
trovatori,

Si

tratta

di

personaggi

socialmente non ben identificabili, spesso principi o cavalieri, ma talvolta


anche ricchi borghesi, e recitati dai giullari di corte in corte, con un accompagnamento musicale. Il tema di fondo sempre quello dellamor cortese,
caratterizzato dalla esaltazione di una donna bellissima e inaccessibile, per
virt e rango, e dallanalisi degli stati danimo dellinnamorato, combattuto tra
godimento per lesperienza nobilitante e sofferenza per il desiderio fisico non
soddisfatto. Naturalmente esistono delle varianti a questo schema e troviamo
anche componimenti pi libertini, descrizione di passioncelle per fanciulle di
bassa estrazione sociale, e talvolta anche liriche a carattere non amoroso. Le
composizioni sono talvolta cos raffinate e preziose, da risultare quasi
ermetiche: si parla allora di trobar clus (cio poetare oscuro); altre volte
sono invece pi semplici e chiare e si parla di trobar leu (cio poetare
facile). La forma prediletta dai trovatori quella della canzone (ma troviamo
anche la canzonetta, il sirventesi, la pastorella, lalba e il compianto). Il pi
antico trovatore di cui ci rimasta traccia un celebre signore, Guglielmo di
Aquitania, tra la fine dellXI e linizio del XII secolo. Altro signore feudale,
che partecip alla seconda crociata (1147) Jaufr Rudel, che introduce il
motivo dellamore da lontano. Molto conosciuto anche Bernart de
Ventadorn, che, nel XII secolo, dedic la sua produzione alla bella e famosa
castellana Eleonora dAquitania. Risalgono allinizio del secolo XIII tre grandi

trovatori, Arnaut Daniel, Bertrand de Born e Guirot de Bornelh, che


influenzarono la lirica amorosa in volgare italiano e furono apprezzati da
Dante. Con la crociata contro gli Albigesi, destinata a estirpare leresia catara,
la cultura provenzale quasi spazzata insieme a molte tra le corti pi
raffinate. I trovatori, dispersi tra le corti straniere, soprattutto nellItalia
settentrionale e in Germania, contribuiscono tuttavia alla diffusione della
lirica cortese in Europa.
GLI ESORDI DELLA LETTERATURA VOLGARE ITALIANA
Lo sviluppo di una letteratura in volgare in Italia molto ritardato rispetto alla
Francia. Le cause di questo ritardo sono diverse e si intrecciano variamente
tra loro. Innanzitutto lorgoglio di essere gli eredi della civilt classica
determina una diffidenza verso ogni forma di espressione popolare e verso il
volgare in particolare; in secondo luogo manca in Italia una coscienza
nazionale che invece favorisce Oltralpe la formazione di una cultura
relativamente omogenea; la feudalit italiana appare poi nel complesso molto
meno vivace di quella francese, mentre il rapido sviluppo dei Comuni
comporta una predilezione per gli ambiti culturali pi segnatamente pratici,
oltre a impegnare le risorse umane dei cittadini nella lotta politica e nello
sviluppo delle attivit economiche. La letteratura francese e provenzale si
diffonde tuttavia, fin dal secolo XII, sia nellItalia settentrionale, ad opera di
trovatori e giullari, sia nellItalia meridionale, in particolare in Sicilia, dove si
sono stanziati i Normanni, e per tutto il secolo si divulgano e si rielaborano le
chansons de geste del ciclo carolingio (ancora oggi ne fa fede il successo
del teatro dei pupi siciliani, marionette che rappresentano con poche varianti
le antiche avventure di Orlando, Rinaldo e degli altri paladini di Carlo Magno
nella lotta contro gli infedeli). Le opere vengono talvolta recitate, coi loro
accompagnamenti musicali, in lingua originale, altre volte sono invece
tradotte nei volgari locali per renderle accessibili a un pubblico pi vasto.
Troviamo anche alcuni trovatori italiani, come Sordello da Goito (prima met
del XIII secolo), divenuto giullare nonostante le nobili origini, che, dopo aver
soggiornato a lungo in Provenza, torna in Italia al seguito di Carlo dAngi;
Dante lo colloca nel Purgatorio, dando credito alla sua fama di uomo dalla
condotta libera e scandalosa.
LA SCUOLA SICILIANA Si pu affermare che la letteratura italiana nasca e si

sviluppi tra il 1230 e il 1265 alla corte di Federico II di Svevia a Palermo.


Federico, erede per parte materna del regno normanno e per parte paterna
del titolo di Imperatore, forma in Sicilia quello che stato definito, sia pur con
opportuni distinguo, il primo Stato moderno europeo, caratterizzato da un
potere forte e accentrato e da un efficiente apparato burocratico. Sono infatti
funzionari di corte, giuristi, notai, ministri, ma anche lo stesso imperatore coi
suoi figli Ezio e Manfredi, a elaborare una poesia in volgare che rappresenta
una novit assoluta nel panorama letterario italiano. Tale iniziativa si innesta
in una politica culturale illuminata e innovativa, volta a sottolineare, con la
sua sostanziale laicit, lautonomia dello Stato rispetto alla Chiesa; essa indica
inoltre la volont di offrire, allinterno e allesterno, limmagine di uno Stato
forte e originale, capace di favorire la ricerca intellettuale e artistica, ma al
tempo stesso di dirigerla e controllarla. Prendendo a modello la lirica
provenzale, la poesia siciliana si caratterizza per una ricerca formale sapiente
e raffinata che utilizza la dimensione amorosa soprattutto come pretesto per
una sperimentazione linguistica, stilistica e metrica. Accanto alla canzone,
tipica della poesia trobadorica, troviamo la canzonetta, pi adatta ai
componimenti a carattere popolare e soprattutto il sonetto, introdotto
probabilmente da Jacopo da Lentini, che rester una delle forme predilette
dai nostri poeti attraverso i secoli. I versi variano per misura e per accento,
con una prevalenza di endecasillabi e settenari. Certo manca ai siciliani la
partecipazione emotiva e la sincerit dellispirazione. Leffusione sentimentale,
il senso di sgomento che assale il trovatore provenzale di fronte alla constatazione della superiorit e della lontananza della donna amata, sparisce del
tutto dalla lirica siciliana per lasciare il posto a una esaltazione un po di
maniera della donna secondo il modello feudale e a una descrizione degli
effetti che la vista di questa produce sullinnamorato.
JACOPO DA LENTINI
(prima met del XIII sec.)
Definito da Dante il gran notaro per lattivit svolta alla corte di Federico II,
considerato il maggiore tra i lirici siciliani; la sua produzione poetica
contiene pi di quaranta componimenti, canzoni, canzonette e sonetti, che
pare introdusse per primo. La ricchezza dei mezzi espressivi, il vero e proprio
virtuosismo stilistico, si accompagnano alla capacit di rappresentare con

delicatezza e maestria gli effetti della visione della donna nellanimo


dellinnamorato.
Opere principali Meravigliosamente: una canzonetta composta da 7 stanze
di 9 settenari ciascuna con 2 piedi tristici a rime ripetute (abc, abc) e sirma
anchessa di 3 versi, lultimo dei quali legato di rima con i piedi e gli altri
due tra loro (ddc). Il poeta descrive il proprio rapimento e lemozione alla vista
dellamata.

Combattuto

tra

desiderio

timidezza,

linnamorato

affida

spiritosamente alla canzonetta il compito di dichiarare il suo amore e di


chiedere alla bella che lo ricambi; Amor uno desio che ven da core: un
sonetto che tratta della natura dellamore, tema molto dibattuto in seno alla
civilt cortese. Il componimento stesso scritto in occasione di una contesa
dottrinale tra poeti. Mentre Jacopo da Mostacci ritiene che lamore nasca dal
piacere, e Pier dalla Vigna che sia una sostanza reale, la tesi dellautore che
lamore sia il sentimento che nasce nel cuore dellinnamorato, provocato e
alimentato dalla vista della donna amata.
PIER DELLA VIGNA
(1190 circa-1249)
un personaggio reso famoso da Dante che lo colloca nellInferno,
precisamente nella selva dei suicidi (Inf. c. XIII), accreditando la sua fama di
valente ministro, caduto in disgrazia per le calunnie dei cortigiani e indotto
dalla disperazione al suicidio. La sua produzione si divide tra una poesia in
volgare particolarmente raffinata ed elegante e una prosa in latino dotto e
ricco.
Opere principali Per chamore no si pu vedere: anche questo sonetto, come
quello di Jacopo da Lentini, disquisisce su un argomento teorico; in esso
lautore sostiene che lamore, anche se non si vede, tuttavia una realt,
simile alla virt della calamita che attrae il ferro invisibilmente, ma irresistibilmente.
RINALDO DAQUINO
(XIII sec.)
Forse fratello del celebre san Tommaso, non si sa nulla della sua vita. Della
sua produzione poetica ci rimangono alcune liriche di grande maestria
compositiva, artificiose e virtuosistiche, e altre che appartengono a un filone
popolare e realistico, pi immediato e godibile.

Opere principali

Gi mai non mi conforto: una canzonetta composta di

stanze con fronte di ottonari (due piedi distici a rime ripetute:ab, ab), e sirma
di stettenari (due volte distiche anchesse con le rime ripetute: cd, cd), che
rappresenta, con sottile grazia, il lamento di una fanciulla per la partenza
dellinnamorato per la crociata. In una lingua semplice ed efficace, la
preghiera a Dio e allimperatore si mescola, secondo un atteggiamento
tipicamente popolare, al rimprovero per questa guerra fatta in nome della
croce. La canzonetta si conclude con linvito fatto a Duccetto, forse lautore
stesso, di comporre un sonetto da mandare al suo amore lontano.
CIELO DALCAMO
(XIII sec.)
Di lui ci giunto solo il cosiddetto contrasto, cio un componimento basato
su un dialogo-scontro tra due innamorati. Il nome dellautore quasi
certamente fittizio e non si sa se farlo corrispondere a un giullare, per il piglio
popolaresco

salace

della

poesia,

un

intellettuale

in

vena

di

sperimentalismi poetici. Non sicura nemmeno lappartenza allambito della


poesia siciliana, anche se la presenza di molti elementi dialettali conforta
questa tesi.
Opere principali Rosa fresca aulentissima: lincipit del contrasto (di 5 versi
composta ogni battuta; i primi 3 sono alessandrini con una sola rima, gli altri
2 sono endecasillabi a rima accoppiata; ciascuna strofa legata alla
precedente con un filo lessicale o con una ripresa logica) che, nella forma
della canzonetta, rappresenta una schermaglia amorosa che vede protagonisti
due giovani: lui che avanza profferte amorose e lei che finge di rifiutare, ma
finir per acconsentire; la voce dei due si alterna di stanza in stanza,
mescolando toni delicati e sentimentali, alla maniera della lirica trobadorica, e
toni spicci e mordaci, con presenza di numerose metafore a carattere erotico,
tipici della cultura popolare. Lautore dimostra una notevole sapienza tecnica
nellaccostare due differenti registri linguistici, quello aulico e idealistico
(contrassegnato da latinismi e francesismi), e quello basso e realistico (pieno
di elementi dialettali, iperboli, espressioni proverbiali), in un contrappunto
continuo che sortisce effetti molto gustosi. I valori cortesi sono rappresentati
in una dimensione parodistica e rovesciata: linnamorato, lungi dallavvertire
lirraggiungibile superiorit dellamata, la incalza in tutti i modi possibili,

dalladulazione alla minaccia, per indurla a cedergli; mentre la fanciulla gli


risponde per le rime con disinvolta grossolanit, concludendo con un esplicito
invito a lo letto visto che cos destino.
LA SCUOLA TOSCANA Nella seconda met del Duecento la scuola siciliana
decade in seguito alla sconfitta del figlio di Federico II, Manfredi, ad opera di
Carlo DAngi. La sua eredit viene accolta dai comuni della Toscana, dove pi
vivace il dibattito culturale e dove va affermandosi sempre di pi un ceto
mercantile, colto e curioso, che si affianca alla piccola nobilt nella gestione
della politica cittadina. Daltronde le lotte politiche tra guelfi e ghibellini
favoriscono il contatto col potere imperiale e quindi con la corte siciliana. I
poeti toscani sono ancora una volta intellettuali che occupano cariche di
rilievo nei comuni e che, per lampiezza e la variet dei loro interessi,
introducono

nuovi

temi

nella

poesia

di

origine cortese-siciliana.

Pre-

ponderante ancora il tema dellamore, ma questo diventa unesperienza


spirituale meno legata al soddisfacimento del desiderio fisico e la figura
femminile viene ancor pi idealizzata nella direzione della spiritualit e della
nobilt dei sentimenti, svolgendo un ruolo di elevazione nei confronti degli
spasimanti. Accanto al tema dellamore se ne sviluppano per altri: riflessioni
esistenziali, speculazioni filosofiche, posizioni politiche e disquisizioni sulla
poesia e sullarte. Queste poesie rispecchiano il dibattito in corso tra gli
intellettuali cittadini che appaiono molto pi aperti e competitivi che nel
passato e usufruiscono di una circolazione di opere e di idee tale da creare
una vera e propria societ letteraria intercomunale. Limportanza della scuola
poetica toscana comunque anche quella di aver elaborato una lingua toscana
letteraria, arricchita da termini di altre regioni e da provenzalismi e gallicismi,
che affiancher la produzione in lingua latina. Tra i maggiori poeti toscani
troviamo, oltre a Guittone dArezzo, che rappresenta il caposcuola, il
lucchese

Bonagiunta

Orbicciani,

diversi

fiorentini,

tra

cui

Chiaro

Davanzati e Brunetto Latini (maestro di Dante) di cui ci rimasta una sola


canzone, e una donna conosciuta col nome di Compiuta Donzella.
GUITTONE DEL VIVA DAREZZO
(1235-1294)
Figlio del tesoriere del comune di Arezzo, Guittone un uomo fortemente
impegnato nella politica cittadina e nella cultura del tempo, finch, nel 1265,

la conversione religiosa gli cambia la vita: egli entra nellordine dei cavalieri
della Vergine Maria come frate e la sua poesia abbandona i temi amorosi e
politici per affrontare la trattazione di temi morali e religiosi. Il suo impegno
tuttavia equilibrato e moderato, pi incline al buon senso che al misticismo. La
produzione di Guittone comprende:
le Lettere, scritte in prosa volgare a poeti, religiosi, uomini politici; sono
interessanti per labilit dimostrata da Guittone nellutilizzare un volgare
efficace, lessicalmente ricco e sintatticamente complesso, capace di affrontare
argomenti per i quali fino ad allora si utilizzava solo la lingua latina
il Canzoniere, che raccoglie pi di 250 tra canzoni e sonetti ed diviso in due
parti: le poesie scritte prima della conversione, e le poesie scritte dopo. La
prima parte caratterizzata dal tema dellamore, suscitato, secondo Guittone
dal desiderio di possesso e accresciuto dal pensiero, e da quello politico, in cui
prevale la riflessione morale. La seconda parte invece dedicata alla
riflessione religiosa; in questo ambito Guittone scrive anche delle laude,
poesie popolari a carattere sacro che venivano cantate coralmente durante le
processioni e le feste religiose nelle vie e nelle piazze. I sonetti e le canzoni di
Guittone sono intensi, espressivi, ricchi di pathos, anche se ancora legati a un
volgare aspro e letterariamente poco elegante.
Ahi lasso, or stagion di doler tanto. una canzone politica articolata in 6
stanze e 1 commiato, che descrive la situazione di sbandamento politico di
Firenze dopo la battaglia di Montaperti, in cui la guelfa Firenze viene sconfitta
dalla ghibellina Siena Partendo dal momento in cui le sorti volgono al peggio
per Firenze, il poeta, con accenti accorati, fa un elogio della passata
grandezza della citt, considerata, per la sua lealt, per la dignit e per il
culto della pace, unica erede della grandezza imperiale romana; significativa
la metafora Firenze-fiore, ricco di frutti prima di Montaperti, sfiorata Fiore
dopo (I e II stanza); prosegue con unaltra metafora legata allemblema del
leone, simbolo della citt, cui sono stati strappati le unghie e i denti (III
stanza); ricostruisce quindi tutte le conseguenze politiche di tale sconfitta e
condanna

lincapacit

dei

fiorentini

di

reagire

contro

gli

oppressori

Alemanni (IV e V stanza); la VI strofa e il commiato sono costruiti in chiave


ironica: con graffiante sarcasmo Guittone finge di congratularsi con i
Fiorentini che, grazie ai ghibellini, stanno per raggiungere laspirazione a

diventare re(i) dei Toscani, dopo essere stati conquistati dai Tedeschi e dai
Senesi! Questa lirica il primo esempio di canzone politica, che verr poi
ripresa da Dante e Petrarca, e in qualche modo rappresenta il fondamento di
tutta la poesia civile della nostra letteratura.
LA LETTERATURA RELIGIOSA
Dopo il Mille si diffonde in tutta Europa un vasto movimento religioso teso a
ricondurre la coscienza collettiva alla essenzialit del messaggio cristiano. Di
fronte alla violenza e alla corruzione che dominano il mondo, si avverte
lesigenza di una spiritualit pi profonda che, prendendo a modello
linsegnamento e la vita di Cristo, conduca lumanit a una nuova era, fondata
sulla pace e sullamore. Le gerarchie ecclesiastiche tuttavia avvertono la
pericolosit della diffusione tra i laici di un sentimento religioso che cerca il
contatto diretto con Dio e che si propone di interpretare autonomamente il
messaggio cristiano. E' per questo che la Chiesa opera una costante
repressione di tutte quelle forme di religiosit che ritiene non controllabili o
comunque poco compatibili con la propria interpretazione del messaggio
evangelico. La predicazione spontanea, linvito a ritornare alle origini della
spiritualit cristiana, la critica pi o meno marcata e consapevole della
temporalizzazione

della

Chiesa

dei

disinvolti

costumi

dei

suoi

rappresentanti, sono motivi pi che sufficienti per far bollare questi movimenti
col marchio delleresia. Coadiuvata dai poteri laici, la Chiesa ingaggia una
lotta feroce contro ogni forma di culto non pienamente ortodosso, giungendo
fino ad armare una crociata, la cosiddetta crociata degli Albigesi, contro
leresia catara che si annidava in Provenza (con lesito di soffocare la vivace
cultura delle corti provenzali). Lintransigenza della Chiesa nei riguardi delleresia testimoniata dalla nascita del Tribunale dellInquisizione (1233),
tristemente famoso per le sue torture e i suoi roghi. Viene tuttavia avvertita
lesigenza di incanalare e controllare le aspirazioni religiose delle masse
allinterno dellortodossia cristiana e questa opportunit offerta alla Chiesa
dai cosiddetti ordini mendicanti, i francescani e i domenicani, cos chiamati
dai nomi dei loro fondatori. Mentre San Domenico e i suoi adepti si propongono come difensori della fede e rappresentano la milizia cristiana contro
leresia, la predicazione di San Francesco diffonde unesperienza umana e
religiosa completamente nuova e singolarmente profonda, basata sui valori

della povert, della penitenza e dellumilt.


SAN FRANCESCO
(1182-1226)
Nato ad Assisi da una ricca famiglia mercantile, buon conoscitore della cultura
latina, provenzale e francese, rinuncia pubblicamente a tutti i suoi averi per
seguire, nella predicazione e nella vita, lesempio di Ges di Nazareth e il suo
messaggio di fratellanza universale. In poco tempo Francesco raccoglie un
gran numero di seguaci e ammiratori e, per la mitezza del suo atteggiamento
e il rispetto delle autorit ecclesiastiche, riesce a ottenere, non senza
difficolt, il riconoscimento della Regola dellordine francescano e dei
cosiddetti Frati minori. I suoi scritti sono vari, tutti in lingua latina (la prima e
la seconda Regula una raccolta di consigli ai fedeli, chiamati Admonitiones, e
il suo testamento spirituale, il Testamentum) a eccezione del Cantico di frate
Sole, in volgare umbro. Alla sua morte lordine lacerato da aspre lotte
riguardanti linterpretazione del suo testamento spirituale: i frati si dividono
in conventuali, che non rifiutano lacquisizione di beni economici e aderiscono
sostanzialmente alla politica temporale della Chiesa, e gli spirituali, che
ritengono fondamentale la fedelt ai valori della povert: tra questi ultimi
molti furono considerati eretici.
Opere principali

Il Cantico di frate Sole: chiamato anche il Cantico delle

creature e composto dal Santo poco prima della morte, forse verso il 1224,
una preghiera a Dio in 33 versi (come gli anni di Cristo) e misura metrica
varia, ed la prima manifestazione letteraria in lingua volgare con un sicuro
valore poetico. Il cantico una gioiosa lode di Dio per (e si pu interpretare
da o attraverso) tutte le creature della terra, espressione della sua grazia
e della sua bont:
Il sole, che apre la lirica, irradia il mondo col suo splendore e richiama la luce
della fede;
la luna e le stelle che Dio ha creato clarite, preziose e belle;
i quattro elementi, laria (frate vento), lacqua, il fuoco e la terra,
rappresentati nella loro utilit e umilt;
gli uomini che sanno perdonare;
la morte corporale infine, anchessa sorella e gradita come un dono del
Signore; solo la seconda morte infatti, quella dellanima, deve essere temuta

da chi si trovi in peccato mortale.


Il componimento si chiude con un ultimo invito a lodare e servire il Signore
con humiltate, parola che assume in chiusura un rilievo particolare e ben
interpreta lo spirito francescano. La lingua semplice ed essenziale, ma ricca
di espressivit e lanafora laudato si mi Signore, ripetuta ritmicamente
quasi a ogni strofa, d al testo un andamento corale che ne accentua la
religiosit.
LA LAUDA
Si tratta di un componimento religioso che ha origine nel 1200, collegandosi
alla poesia liturgica latina. un inno al Signore che, nella forma volgare,
sente linfluenza della poesia cortese e per lo pi assume la forma della ballata
popolare, per cui un solista intona il canto delle singole stanze e il coro dei
fedeli risponde con il ritornello, accompagnato da musica e danze. Nel corso
del secolo il genere si evolve in lauda drammatica, caratterizzata dalla
presenza del dialogo tra vari personaggi; si tratta gi di una forma di teatro
religioso popolare che si affermer pienamente nel corso del 1400 con la sacra
rappresentazione.
JACOPONE DA TODI (Jacopo de Benedetti)
(1236-1306)
il pi grande scrittore di laude religiose; egli porta questo genere a un
altissimo livello poetico, vivificandolo con la sua esperienza personale e con la
passionalit della sua ispirazione. Nato a Todi nel 1236 da nobile famiglia, vive
una giovinezza agiata, colta e brillante, esercitando con successo la
professione giuridica finch, nel 1268, unimprovvisa conversione lo induce ad
abbandonare i suoi beni e la societ mondana, per entrare nellordine francescano, tra le frange dei pi accesi spirituali. Secondo la leggenda la
conversione sarebbe stata motivata dalla morte della giovane moglie durante
un ballo (per il crollo di un pavimento), e dalla scoperta che questa portava,
sotto gli abiti della festa, un ruvido cilicio come forma di penitenza. Fin
dallinizio Jacopone si scaglia contro la corruzione della Chiesa, e dopo un
momento di speranza legata al brevissimo pontificato di Celestino V (che
avrebbe potuto ricondurre la Chiesa allantica purezza, ma che fu costretto a
dimettersi), prende attivamente posizione contro il nuovo papa, Bonifacio VIII,
partecipando a una ribellione di frati spirituali e finendo imprigionato e

scomunicato. Viene liberato, solo pochi anni prima della morte, dal nuovo
pontefice, Benedetto XI. La poesia di Jacopone appassionata come la sua
vita, ispirata dalla sua straordinaria e intransigente religiosit che non accetta
compromessi

col

mondo.

La

visione

che

del

mondo

ha

Jacopone

estremamente pessimistica e nelle sue opere descrive in modo violento e


sarcastico i vizi della societ contemporanea, servendosi del coloritissimo
volgare umbro. I temi e i motivi della poesia di Jacopone si possono cos
sintetizzare:
disprezzo per il corpo e per tutto ci che materiale;
esaltazione dellesperienza mistica, cui lanimo deve tendere attraverso la
mortificazione della carne e impossibilit di riferirla per la sua ineffabilit;
partecipazione alla sofferenza di Cristo, incarnatosi per subire la terribile
umiliazione della croce;
invocazione dellamore divino, concepito come esperienza travolgente,
tormentata e felice al tempo stesso;
accesa polemica con il temporalismo della Chiesa e in particolare con
Bonifacio VIII.
Lo stile di Jacopone risente della sua cultura religiosa e laica, aperto com
alle suggestioni della Bibbia da un lato, e della letteratura volgare, specie
della scuola siciliana, dallaltro. Il linguaggio caratterizzato da una sintassi
spezzata, prevalentemente paratattica che ben evidenzia i turbamenti
interiori, e da un lessico potente, ricco di elementi popolari e realistici, ma
anche di latinismi e termini nuovi.
Opere principali O iubelo del core: una lauda che testimonia lesperienza
smisurata e indicibile della gioia della fede, che non pu essere descritta se
non in forma negativa: la lingua balbetta e non pu parlare, il cuore non pu
sopportare la potenza dellamore, luomo non pu evitare di gridare, tanto da
sembrare impazzito e da non avvertire il mondo esterno; O papa Bonifazio:
questa lauda, che nella chiusa definita da Jacopone trattato, si presenta
come una invocazione al papa per indurlo a ritirare la scomunica con cui
aveva colpito gli spirituali dopo lassedio di Palestrina. Egli disposto a subire
qualunque sofferenza pur di ottenere lassoluziorne che, sola pu guarire la
sua ferita. Ma Jacopone non si piega a ritrattare la sua posizione, che esce
anzi pi salda e pi forte: luso di un lessico bellico (ferire, prelia, schermire,

scudo ecc.) fa emergere limmagine di un combattente per la fede pronto a


subire qualsiasi prova; Pianto della Madonna: il primo esempio di lauda
drammatica, recitata a pi voci in un dialogo accorato e straziante. descritto
il dramma della passione di Cristo attraverso la voce attonita del nunzio,
lincredula disperazione della Vergine, lira feroce del popolo, le serene parole
di Ges, il doloroso compianto finale della madre che assiste impotente alla
morte dellamato figlio. Il racconto raggiunge una potenza espressiva di rara
efficacia, sottolineata da: lalternarsi delle voci dialoganti; il susseguirsi di
frasi brevi e incisive; il prevalere della forma interrogativa che esprime
langosciante sgomento della Madonna; lincalzare degli avvenimenti in un
crescendo drammatico che lascia senza fiato.
LA POESIA COMICO-REALISTICA
Accanto alla poesia illustre troviamo nel Duecento una poesia scherzosa e
burlesca, tendente a rovesciare i valori tradizionali con intenzioni che variano
dalla polemica graffiante, al gioco spiritoso e beffardo, alla descrizione di
realt quotidiane. Daltronde la retorica medievale, sulla scia di quella
classica, prende in considerazione diversi tipi di linguaggio: quello sublime,
destinato ad argomenti elevati, quello mediocre, adatto ad argomenti comuni,
e quello comico o basso, che tratta situazioni e ambienti della realt
popolare e materiale. La poesia giullaresca un esempio di questultimo stile
che trova una grande diffusione in tutta Europa ed praticato anche da
persone colte e letterate. In Toscana, a partire dal 1200, si ha una ripresa di
questo genere, che ben si adatta alla multiforme, concreta e spregiudicata
civilt comunale. Caratteristiche di questa poesia sono il gusto delleccesso e
della parodia, lesaltazione degli istinti pi bassi dellumanit, luso di un volgare colorito e popolare, ma non manca linvettiva politica in chiave comica.
Gli autori sono spesso esponenti di spicco della societ cittadina, uomini colti
che, nelladottare uno stile comico e nello scegliere un genere minore,
rispondono comunque a delle regole retoriche gi consolidate, ampliando le
potenzialit espressive del volgare. Gli autori pi rappresentativi di questo
genere

sono:

Rustico

Filippi,

Cecco

Angiolieri,

Gimignano.
RUSTICO DI FILIPPO
(operante tra il 1260 ed il 1290)

Folgore

da

San

Rustico di Filippo, fiorentino di parte ghibellina, vissuto verso la met del


secolo XIII, divide la sua produzione tra lo stile serio e quello comico; i sonetti
appartenenti a questo secondo gruppo sono circa una trentina e si concentrano nella descrizione di gustosi tipi umani, dalle caratteristiche eccessive
e bizzarre, come la vecchia orrenda, il vanesio millantatore, lesaltato affetto
da furia erotica e altri che, da un lato rappresentano una continuit con la
comicit classica, dallaltro incarnano personaggi e manie del nuovo mondo
cittadino. Certamente notevole stata linfluenza di Rustico sulla poesia
dantesca, in particolare dellInferno, dove prevale lo stile comico.
CECCO ANGIOLIERI
(poet tra il 1290 ed il 1300)
Nato a Siena verso il 1260 (ma la data incerta) da una nobile e ricca
famiglia, Cecco Angiolieri un intellettuale colto che, per uninsofferenza
verso le regole e i valori tradizionali della societ, ma anche per il gusto della
sperimentazione linguistica e del gioco letterario, si dedica a una produzione
realistica che si riallaccia alla tradizione goliardica; egli si costruisce addosso
un personaggio di gaudente, ribelle, demistificatore di tutti i valori, familiari,
politici, religiosi, nonch letterari come testimonia la parodia cui sottopone la
poesia stilnovistica. Egli tende a interpretare anche nella vita questo personaggio, se vero che fu costretto allesilio, che sperper gran parte del
patrimonio familiare (come testimoniato da un documento in cui i figli, alla
sua morte, rinunciano alleredit), che sub diverse multe per la sua vita
sregolata. Tuttavia la sua ribellione solo apparente e superficiale, pi idonea
a manifestare una congenita scontentezza che a sovvertire realmente quei
valori che irride. I motivi pi frequenti della sua poesia sono:
lamore per una certa Becchina, donna facile, sboccata e interessata, che
rappresenta un rovesciamento caricaturale della donna-angelo stilnovista;
il libertinaggio che si traduce nel gusto per la donna, la taverna e il dado,
come egli stesso dice in un suo famoso sonetto;
lodio per la famiglia, in particolare per il padre, del quale non aspetta che la
morte;
il bisogno continuo di denaro, considerato il lasciapassare per quella vita da
gaudente scioperato cui aspira.
Lo stile di Cecco Angiolieri interessante per la grande variet dei registri

lessicali, per il taglio parodistico che sortisce sicuri effetti comici, per luso del
dialogo rapido e incalzante che vivacizza la sua lirica.
FOLGORE DA SAN GIMIGNANO
(prima met del 300)
Giacomo di Michele da San Gimignano, detto Folgore, vive a cavallo tra
Duecento e Trecento (gi morto nel 1332) nel paese da cui prende il nome e
dove ricopre importanti cariche civiche. I suoi sonetti sono molto lontani
dallastio irriverente di Cecco Angiolieri e trattano principalmente dei piaceri
relativi alla vita aristocratica delle allegre brigate cittadine. I toni del suo
realismo sono delicati e sorridenti, volti alla rappresentazione di giochi, cacce,
danze, tornei e altri simili divertimenti, vera esaltazione degli ideali di vita
cittadina. Per lo pi i suoi sonetti sono inseriti in cosiddette corone, cio
gruppi di poesie legate tra loro da una specie di cornice, come ad esempio i
giorni della settimana o i mesi dellanno. Nei sonetti a carattere politico (ce ne
restano solo 4) la sua vena pi pungente (come quello in cui se la prende con
Dio per non aver assistito i guelfi contro i ghibellini), ma sempre misurata.
LA PROSA TRA DUECENTO E TRECENTO
LA CRONACA Gi neI 1200, nellambiente urbano e mercantile, si diffondono
le prime cronache. Si tratta o di memorie legate alle attivit mercantili,
(dapprima semplici inventari annotazioni di affari, contratti ecc., che
acquistano sempre pi il gusto della narrazione, del ritratto, del commento
agli eventi) o di opere a carattere universale, legate al mondo medievale e
spesso caratterizzate dal ricorso a una visione religiosa provvidenziale. In ogni
caso esse rappresentano la testimonianza della nascita di una cultura di tipo
borghese, attenta agli aspetti sociali ed economici del mondo contemporaneo.
Nella seconda met del 1200 troviamo alcune figure di intellettuali divenuti
cronisti o per incarico del Comune o per propria vocazione. Per lo pi lordine
di queste cronache annalistico (i fatti sono cio narrati anno per anno), la
prospettiva sostanzialmente laica (anche quando il resoconto degli
avvenimenti inquadrato in una dimensione provvidenziale) e la scrittura
talvolta in latino, pi spesso e in volgare. Tra i cronisti pi rappresentativi
citiamo Salimbene de Adam (Salimbene da Parma), frate francescano di
Parma, di origine borghese, autore di una Cronica che abbraccia circa un
secolo (dal 1177 al 1287) scritta in un latino straordinariamente espressivo. Di

notevole importanza storica sono soprattutto gli ultimi quarantanni, di cui


lautore ha diretta esperienza. Tra i cronisti in volgare il pi interessante
senza dubbio Ricordano Malispini con la sua Istoria fiorentina, che ci
giunta piuttosto manipolata dai copisti, ma che ci offre un avvincente quadro
delle vicende fiorentine tra il 1270 e il 1290, viste da parte guelfa. Lopera, che
rappresenta certamente una delle fonti di Dante, spicca sulle altre per
loriginalit dellimpostazione, non pi rigorosamente annalistica, e per il
tentativo di approfondire le problematiche politiche con commenti e analisi.
Nel 1300, con il prevalere degli interessi terreni su quelli religiosi e con la
crescita economica e culturale della classe mercantile, troviamo alcune opere
di cronaca che assumono un elevato valore artistico e documentario.
Particolarmente importanti in tale senso sono le cronache di Dino Compagni
e Giovanni Villani.
DINO COMPAGNI
(1255-1324)
Nato a Firenze nel 1255, mercante impegnato nella vita politica della citt
dalla parte dei guelfi bianchi, come il suo amico Dante, tenta di comporre i
conflitti tra le due agguerrite fazioni; nel 1301, dopo essere stato eletto priore,
viene costretto a dimettersi dai Neri che hanno preso il sopravvento grazie
allintervento di Carlo di Valois, inviato dal papa. Si dedica quindi allattivit
commerciale e a quella letteraria, finch la discesa in Italia di Arrigo VII non
lo infiamma di nuove speranze. Scrive in questa occasione il suo capolavoro,
Cronaca delle cose occorrenti ne tempi suoi, in 3 libri. In uno stile essenziale
e vigoroso, egli narra in volgare la storia di Firenze dal 1272 al 1312,
rievocando

la

catastrofe

dei

Bianchi

descrivendo

forti

tinte

il

comportamento ipocrita e interessato di Carlo di Valois e Bonifacio VIII. La


sua trattazione si distacca enormemente dalle cronache medievali, in quanto
non cerca di inquadrare gli avvenimenti in una cornice di storia universale, ma
si limita a testimoniare gli eventi di cui stato spettatore e attore, senza
nascondere la propria posizione personale, anzi mettendo in luce lonest e la
buona fede di chi, come lui, ha sempre agito per il bene del Comune ed stato
ingiustamente

sconfitto

allontanato.

La

sua

opera

estremamente

interessante sia dal punto di vista storico, che da quello narrativo. Deluso dal
fallimento dellimperatore, muore a Firenze nel 1324.

GIOVANNI VILLANI
(1276-1348)
Nato a Firenze nel 1276, poco impegnato nella vita politica, rispetto alla quale
cerca di mantenersi neutrale, anche se appare evidente una sua propensione
per i Neri, scrive una Nuova cronica in 12 libri, in cui inserisce le vicende
fiorentine contemporanee in un disegno pi ampio che si avvicina alle
cronache universali duecentesche. Infatti lidea quella di scrivere la storia di
Firenze fin dalle origini mitiche e remote (ispirate alla storia di Roma) per
esaltarne una superiorit che affonda le sue radici nella storia. I primi 6 libri
partono dalla Torre di Babele e arrivano alla discesa di Carlo DAngi nel
1265. Gli altri 6, molto pi interessanti, narrano le vicende di Firenze dal 1265
al 1348, lo stesso anno in cui Villani muore, colpito dalla terribile epidemia di
peste di cui parla il Boccaccio. Il fratello e il figlio proseguono quindi lopera
fino al 1364. La cronaca del Villani certamente molto meno compiuta dal
punto di vista artistico rispetto a quella del Compagni, meno appassionata e
pi ridondante, specie la prima parte, ma possiede delle qualit particolari: innanzitutto il distacco con cui lautore guarda agli eventi di cui stato
testimone; poi lattenzione minuziosa ai dati economici, ai rapporti produttivi,
ai fatti sociali, che ci permettono di avere un quadro di grande interesse della
realt storica di Firenze in quegli anni. La lingua, volgare, semplice e piana,
adatta al pubblico mercantile cui lopera destinata.
MARCO POLO
(1254-1324)
Un tipo particolare di cronaca, di stretta estrazione mercantile, possono
considerarsi i resoconti di viaggi, tra cui spicca Il Milione di Marco Polo. La
prima edizione dellopera, intitolata Le livre de messer Marco Polo citoyen de
Venise, appel Milion, o sont dcrites les merveilles du monde appare in
lingua dol, dettato da Marco a Rustichello da Pisa durante la sua prigionia a
Genova, nel 1298; ma ben presto fioriscono numerose traduzioni in tutti i
volgari, che ne sanciscono un successo non ancora esaurito. Il libro
preceduto da un Prologo in cui lautore si rivolge al suo pubblico, che
concepisce molto vasto (imperadori, re, duci e tutte altre genti) mettendo in
evidenza leccezionalit della propria esperienza e chiarendo una questione di
metodo: scriver cose o viste personalmente o sentite raccontare da fonti

attendibili, ma distinguendo, per esigenza di veridicit, quelle viste da quelle


udite. Comincia quindi il libro di messer Marco Polo, cio il racconto di
quanto vissuto direttamente da Marco, secondo il suo punto di vista. Viene
descritto il viaggio attraverso loriente che Marco compie in compagnia del
padre e dello zio (che sono alla loro seconda esperienza) da San Giovanni
dAcri (in Palestina) fino alla Cina settentrionale (il Catari), attraverso la
Pressai, lAfganistan, il Kashmir, il deserto di Gobi. Pi che le fatiche del viaggio, lautore si sofferma a descrivere con entusiasmo i paesaggi favolosi che
attraversa: fiumi, citt, montagne. Marco descrive quindi la permanenza alla
corte del Gran Khan Kubilai, che gli affida un incarico di ambasciatore che gli
consente di ottenere una conoscenza dei luoghi e dei costumi dei paesi
circostanti, oltre a permettergli di affinare le sue doti di diplomatico e di scrupoloso osservatore. Viene infine descritto il viaggio di ritorno che dura 3 anni,
dal

1292

al

1295.

Nel

capitolo

finale,

la

conclusione,

nel

ribadire

leccezionalit della propria esperienza, egli dichiara di aver escluso dalla


trattazione la descrizione di luoghi gi noti perch frequentemente percorsi
dai mercanti; mette inoltre in evidenza lutilit della propria relazione,
destinata a fornire indicazioni ai mercanti che intendano compiere viaggi in
quei paesi e a informare tutti i lettori appassionati della conoscenza.
LA LETTERATURA DIDATTICO-RELIGIOSA
La produzione didattica, sia sacra che profana ha una grande variet di
generi, che vanno da prediche e sermoni in versi e in prosa, a trattati di
morale e di teologia, alle vite dei santi, alle rappresentazioni del mondo ultraterreno, a trattati e a opere allegoriche di diverso tipo. Si tratta per lo pi di
opere scritte in latino, ma nella seconda met del Duecento troviamo anche
una produzione in volgare, prevalentemente toscano e padano.
DIDATTICA PROFANA Sempre in riferimento ai valori religiosi, questo tipo di
letteratura si propone di offrire al nuovo pubblico laico delle opere di
divulgazione del sapere, degli insegnamenti a carattere morale e civile che
individuino modelli di comportamento utili per i cittadini, specie per la classe
dei dirigenti comunali. Tra questi citiamo lopera di Brunetto Latini (12201293), maestro di Dante, esemplare figura di intellettuale. Dopo aver
composto, in lingua dol, il Tresor, una specie di enciclopedia del sapere del
suo tempo, si dedica a numerose opere di volgarizzazione (come ad esempio

lEtica a Nicomaco di Aristotele) e scrive in volgare fiorentino una Rettorica e


in versi il Tesoretto, in cui tratta diversi argomenti inserendoli in una cornice
allegorica. Sono espressi in esso norme di comportamento, massime,
considerazioni e principi che ci danno un quadro interessante dei valori
paradigmatici della societ comunale. In area padana dobbiamo ricordare
Bonvesin de la Riva (1240-1315) che ne Le cinque cortesie da desco insegna
il modo di comportarsi a tavola e nel Trattato dei Mesi rappresenta una
tenzone tra i mesi dellanno sulla operosit; e Giacomino da Verona, autore
di due poemetti (De Babilonia civitate infernali e De Ierusalem celesti) che
rappresentano le pene dellInferno e le delizie del Paradiso. Il prevalere del
toscano come lingua nazionale ha influito negativamente sulla diffusione di
queste opere, ma larea lombarda va comunque considerata una di quelle pi
interessanti della nuova cultura volgare.
DIDATTICA SACRA
francescana

In questo ambito assume un posto a s la letteratura

ispirata

alla

vita

del

Santo,

di

cui

presenta

diverse

interpretazioni: quella dei frati spirituali, che lo esalta come apostolo


delluguaglianza, della povert e della semplicit; quelle dei conventuali, che
ne sottolineano la fedelt al pontefice e alle gerarchie ecclesiastiche. Pi tardi
San Bonaventura da Bagnoregio, coltissimo francescano ricordato anche
da Dante, viene incaricato di scrivere una biografia di San Francesco che
sostituisca tutte le precedenti (che infatti vengono quasi tutte distrutte) e che
si intitola Legenda maior; in essa San Bonaventura ricompone limmagine del
Santo, saldando insieme linterpretazione dei conventuali e degli spirituali.
Tutte queste opere sono scritte in latino, ma cominciano presto ad essere
proposte delle traduzioni in volgare, tra cui I fioretti di San Francesco, di un
anonimo frate, che li scrive tra il 1370 e il 1390, rappresentando, in uno stile
semplice ed efficace, 43 episodi della vita del Santo. Tra i testi volgari di
letteratura

religiosa

si

deve

ricordare

anche

il

Dialogo

della

divina

Provvidenza e le lettere di Santa Caterina da Siena che, vissuta nel periodo


del trasferimento del Papato ad Avignone, profonde tutti i suoi sforzi nel
tentativo di convincere il papa a tornare a Roma. La sua prosa, divisa tra
misticismo e impegno politico, potente e perfino eccessiva, con il continuo
ricorso a immagini travolgenti e cruente, che ben esprimono la lacerazione
prodotta nel suo animo dalla crisi del Papato.

LA NARRATIVA
La narrativa, nei secoli XIII e XIV, da un lato divulga e sviluppa la materia
brettone, dallaltra introduce un genere originale che ampia ripresa avr nella
letteratura europea moderna: la novella. Lorigine della novella pu essere
fatta risalire allexemplum medievale, la pi tipica forma di narrazione
medievale. Lexemplum, che risale alla retorica classica, e appunto un
esempio, che pu essere rappresentato da un fatto reale o immaginario, che
serve a persuadere di una tesi; la cultura cristiana utilizza frequentemente gli
exempla a fini morali, come testimoniano gli scritti di autori quali
SantAgostino, SantAmbrogio, San Girolamo. Si tratta di una narrazione
rapida, che deve incisivamente mettere in luce gli aspetti pi significativi di un
racconto e che deve avere una valenza universale. I personaggi descritti sono
quindi dei tipi piuttosto generici, rappresentanti categorie umane spesso in
opposizione tra loro (il santo e il peccatore; il puro e il lussurioso). Accanto
allesempio, confluiscono nella narrativa i racconti di viaggi, le cronache, le
vite dei santi etc. La prima raccolta di novelle di sicuro valore artistico il
Novellino, di un autore fiorentino anonimo che utilizza con grande
disinvoltura e abilit i repertori della tradizione e spunti nuovi tratti dalla vita
contemporanea. I terni sono i pi vari: dallexemplum sacro a quello profano,
dalla beffa al motto arguto, e per ognuno cambia conseguentemente il registro
linguistico. La novellistica segna veramente il passaggio a una letteratura
laica che non si limita alla consueta dimensione morale, ma mira anche al
puro intrattenimento e alla rappresentazione oggettiva di situazioni e
comportamenti reali.

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