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Organo: INAIL - SERVIZIO NORMATIVO PER LE GESTIONI ASSICURATIVE

Documento: Circolare n. 24 del 26 agosto 1994


Oggetto: Sentenza n. 3476/1994 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite sul rischio ambientale.
Riflessi sull'obbligo assicurativo e sulla tutela degli eventi professionali.

Con la sentenza n. 3476/94, emanata a Sezioni Unite (allegato n. 1), la Corte di Cassazione

tornata ad affrontare il tema del cosiddetto rischio ambientale, ribadendo il principio, da


considerare ormai definitivo, che tutti i lavoratori dipendenti, tenuti per ragioni professionali a
frequentare ambienti ove si svolgono le attivit pericolose di cui all'articolo 1 del Testo Unico
approvato con D.P.R. n. 1124/1965 e successive modificazioni ed integrazioni, sono soggetti
all'obbligo assicurativo e fruiscono della conseguente tutela, a prescindere dal contenuto
manuale o intellettuale delle mansioni svolte.
La suddetta pronuncia costituisce una conferma, e nel contempo un ulteriore sviluppo, del costante
indirizzo giurisprudenziale secondo il quale l'esposizione al rischio professionale rappresenta l'unica
condizione della operativit delle garanzie assicurative e, quindi, l'unico criterio per l'individuazione dei
destinatari delle medesime.
La ricchezza e l'articolazione dell'impianto argomentativo della sentenza inducono ad effettuare una
seppure succinta ricostruzione dei suoi passaggi logici essenziali, in quanto da essi possibile trarre
elementi giuridici che consentono di superare alcune incertezze che hanno in passato caratterizzato la
materia.
Il presupposto da cui muove il ragionamento sviluppato dalla Corte costituito dal principio, consolidato
nella giurisprudenza costituzionale, che a parit di rischio deve corrispondere parit di tutela.
Nel caso di rischio diretto, ossia quello scaturente dal contatto con le fonti di pericolo indicate
dall'articolo 1 del citato Testo Unico, la parit di tutela stata realizzata grazie alla pi recente
elaborazione giurisprudenziale che, in coerenza con i moderni sistemi organizzativi e tecnologici del
lavoro, ha superato la tradizionale valenza giuslavoristica della nozione di opera manuale contrapposta
all'opera intellettuale propria dell'impiegato e del dirigente, identificando il requisito soggettivo della
manualit, previsto dall'articolo 4 del Testo Unico, nel diretto contatto dell'operatore con la fonte di
rischio.
Ma la nozione di rischio professionale cos come delineata dall'articolo 1 del Testo Unico comprende,
oltre al rischio diretto, anche il rischio ambientale, ossia il rischio cui sono esposti i lavoratori "comunque"
occupati in ambienti organizzati ove si svolgono attivit pericolose indicate dallo stesso articolo 1.
Tale norma tutela il lavoro in s e per s considerato non solo quello che viene eseguito presso le
macchine o le altre fonti di rischio; in questo caso la pericolosit data dallo spazio delimitato, dal
complesso dei lavoratori in esso operanti e dalla presenza di macchine o di altre fonti di rischio.
L'interpretazione restrittiva che intendesse limitare la protezione dal rischio ambientale solo ai lavoratori
manuali, e non anche a quelli intellettuali che per ragioni professionali devono frequentare lo stesso
ambiente di lavoro, porrebbe una questione di legittimit costituzionale della norma con riferimento agli
articoli 3 e 38 della Costituzione e violerebbe, comunque, il suddetto principio della parit di tutela a
parit di rischio.
Da ci la conclusione che l'esposizione a rischio ambientale costituisce, di per s, condizione sufficiente
per l'insorgenza della tutela assicurativa, anche per gli impiegati e i dirigenti che svolgono attivit
esclusivamente intellettuale e non hanno, quindi, alcun rapporto diretto con le fonti di rischio.
Riflessi della sentenza sull'obbligo assicurativo.
La sentenza sopraillustrata consente di ritenere definitivamente risolti i dubbi interpretativi che, in
passato, hanno indotto l'Istituto ad assumere una linea di cautela in tema di assoggettamento all'obbligo
contributivo dei lavoratori dipendenti dalla cui attivit completamente assente la componente della
manualit.

E' necessario pertanto che le Unit operative, ove non vi abbiano gi provveduto, diano corso agli
incombenti necessari per l'attuazione dell'assicurazione anche nei confronti dei lavoratori dipendenti che
esplicano attivit esclusivamente intellettuale, a condizione che:
- abbiano necessit di frequentare locali ove si svolgono lavorazioni pericolose di cui all'articolo 1 del
Testo Unico;
- tale necessit costituisca una componente abituale e sistematica, ancorch non continuativa, della loro
attivit professionale, e cio intrinseca alle mansioni che sono tenuti a prestare.
Considerata, peraltro, la delicatezza della questione e le incertezze che a lungo l'hanno caratterizzata, le
Unit medesime adotteranno criteri di correntezza nei confronti dei datori di lavoro interessati, avanzando
le richieste dei premi arretrati, e delle conseguenti sanzioni, solo se suffragate da obiettivi e sicuri
elementi.
Si ravvisa, comunque, l'opportunit di dare la massima diffusione all'obbligo di assicurare il personale di
cui trattasi, mediante comunicati stampa (di cui al testo allegato n. 2) da pubblicare sugli organi di
informazione locale.
Riflessi della sentenza sulla tutela assicurativa.
La precisa definizione del significato e della portata della nozione di rischio ambientale, desumibile dalla
sentenza in esame, non lascia dubbi sul fatto che le garanzie assicurative sono dovute non solo per gli
eventi professionali conseguenti al rischio proprio dell'attivit svolta dal lavoratore, o di attivit ad essa
connessa, ma anche per quelli eziologicamente riconducibili al rischio insito nell'ambiente di lavoro, e cio
- secondo l'indicazione della Cassazione - al rischio determinato dallo spazio delimitato, dal complesso dei
lavoratori in esso operanti e dalla presenza di macchine e di altre fonti di pericolo.

Per le malattie professionali, d'altronde, questo principio da tempo acquisito e non solleva
particolari problematiche, in quanto si tratta comunque di verificare, in concreto, la sussistenza
del nesso causale tra il rischio (diretto o ambientale) e la malattia denunciata; si rimanda, al
riguardo, alle numerose disposizioni di recente impartite (cfr. in particolare: la circolare n.
19/1994 sulle malattie tabellate; le circolari nn. 23/1988 e 35/1992 su quelle non tabellate;
la circolare n. 29/1991 sulla nozione di malattia professionale).
Per quanto concerne gli infortuni, invece, la questione si presenta pi complessa, stante la necessit di
individuare, caso per caso, una linea di demarcazione tra situazioni in cui l'incidente conseguenza di
condizioni ambientali che configurano un rischio soltanto generico, e situazioni in cui, invece, l'incidente e
"occasionato" da un vero e proprio rischio lavorativo di carattere ambientale.
Al riguardo, non appare superflua qualche puntualizzazione, anche per evitare che una non corretta
lettura della sentenza in esame determini ingiustificati riconoscimenti di prestazioni.
Si richiama, innanzitutto, l'attuale e largamente prevalente insegnamento giurisprudenziale (cfr, in
primis, la sentenza n. 462/1989 della Corte Costituzionale), in base al quale il collegamento meramente
marginale, o la pura e semplice coincidenza di tempo e di luogo tra infortunio e prestazione lavorativa,
non sono sufficienti a concretizzare l'occasione di lavoro.
Da ci discende che vanno esclusi dalla tutela quegli infortuni che, pur avvenuti in costanza ed in
ambiente di lavoro, si siano verificati in circostanze puramente accidentali, conseguenti cio ad un rischio
generico incombente su tutti i cittadini e comune ad altre situazioni del vivere quotidiano.
In linea generale, debbono considerarsi ricadenti nel rischio generico eventi quali la caduta per le scale, lo
scivolamento sul pavimento, l'urto contro gli stipiti di porte o finestre, ecc., salvo che non si accerti che
gli stessi sono stati "occasionati" da fattori e circostanze ambientali di natura e caratteristiche tali da
determinare un aggravamento quantitativo o qualitativo del rischio generico.
Sono comunque esclusi dalla tutela i sinistri che accadono in situazioni in cui il lavoratore sia venuto a
trovarsi per scelta volontaria, diretta a soddisfare impulsi personali che lo inducono ad affrontare rischi,
anche sotto il profilo ambientale, diversi da quelli inerenti alla normale attivit lavorativa.

Giova ricordare, infine, che i suddetti principi si applicano in tutte le fattispecie infortunistiche, a
prescindere dalla categoria di appartenenza del lavoratore infortunato.

Fonte C:\Documents and Settings\gr8604\Desktop\COMUNICARE\TUTTO 2012\Portal


aggiornamento\schede\pdf\Circolare n_ 24 del 26 agosto 1994.mht

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