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` degli Studi di Pisa

Universita
` di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
Facolta
Corso di Laurea Triennale in Matematica

Tesi di Laurea Triennale

Il problema di Dirichlet per equazioni


ellittiche del secondo ordine

Candidato
Alessandro Iacopetti

Relatore
Prof. Paolo Acquistapace

Controrelatore
Dott. Antonio Tarsia

A.A. 2004/2005

Indice
1 Introduzione

2 Nozioni preliminari

3 Il problema di Dirichlet

4 Tracce di funzioni H k,p (), con k N


1

15

5 Condizioni al contorno in H 2 ,2 ()

19

6 Problema classico e variazionale a confronto

22

A Richiami sugli spazi Lp ()

29

B Spazi di Sobolev

29

C Integrale di superficie

30

D Teorema di traccia

32

Bibliografia

34

Introduzione

In questa tesi faremo una breve panoramica sul problema di Dirichlet per equazioni
ellittiche del secondo ordine. Trattandosi di un settore molto vasto ed in continua
evoluzione non `e certo pensabile di coprire tutte le problematiche ad esso inerenti.
Cercheremo di chiarire tutte le questioni fondamentali relative allesistenza e allunicit`a della soluzione in opportuni spazi funzionali, senza toccare per`o le pur interessanti
e rilevanti problematiche sulla regolarit`a. Inoltre analizzeremo le differenze fra la
formulazione classica del problema di Dirichlet e quella variazionale.
Nella prima parte della tesi vengono esposti i risultati principali riguardanti lesistenza e lunicit`a della soluzione per il problema di Dirichlet

n
X
fi

L(u) = f +
in
x
(1)
i
i=1

u=g
su ,
dove L(u) `e un operatore differenziale del secondo ordine, definito su un aperto
limitato di Rn , f, fi sono in L2 () e g `e un elemento dello spazio di Sobolev
W 1,2 ().
Il nostro scopo `e quindi cercare una soluzione debole u W 1,2 (), cio`e tale che
L(u) = f nel senso delle distribuzioni e tale che u, ristretta alla frontiera di ,
sia uguale alla funzione assegnata g. Questa ultima affermazione deve per`o essere
precisata: poiche sia u che g sono definite quasi ovunque, non ha senso chiedere
u = g punto per punto su un insieme che ha misura di Lebesgue nulla in Rn ;
nellesposizione chiariremo questo punto.
Considerando i coefficienti della parte quadratica delloperatore differenziale L(u),
vedremo che se essi verificano la condizione di ellitticit`a, allora esiste ununica soluzione
u di (1). Per ottenere questo risultato ci ricondurremo a teoremi astratti di analisi
funzionale per forme bilineari definite positive negli spazi di Hilbert; in particolare
enunceremo e dimostreremo il teorema di Lax-Milgram.
Nella seconda parte della tesi discuteremo delloperatore di traccia, che in sostanza,
quando una funzione `e regolare su , associa ad essa la sua restrizione al bordo .
Richiameremo poi alcune definizioni: se `e un aperto di Rn definiremo gli spazi di
Sobolev ad esponente reale H ,p (), con 0 < < 1; se poi la frontiera `e di classe
C 1 definiremo gli spazi Lp () e H ,p ().
Estenderemo loperatore di traccia allo spazio H 1,p () e per mezzo di esso studieremo il problema di Dirichlet nel caso in cui il dato al bordo `e costituito da una funzione
1
g H 2 ,2 (). Infatti risulta poco naturale fissare un dato definito su tutto laperto
, per poi interessarsi solo ai valori che assume alla frontiera. Con alcuni accorgimenti
ci ricondurremo al problema di Dirichlet studiato allinizio, ottenendo un risultato di
1
esistenza e unicit`a anche con dato al bordo g H 2 ,2 ().
5

Nellultima sezione discuteremo della non equivalenza fra il problema classico e variazionale sottolineando che ci`o discende dalla non surgettivit`a delloperatore di traccia
0 : H 1,p () Lp (). Faremo vedere con due esempi espliciti che vi sono soluzioni
classiche del problema di Dirichlet che non sono soluzioni variazionali, e viceversa.
Nelle appendici A e B saranno richiamate le definizioni e i fatti fondamentali
riguardanti, rispettivamente, gli spazi Lp e gli spazi si Sobolev ad esponente intero.
Nellappendice C daremo la definizione di frontiera di classe C k e definiremo lintegrale
di superficie; nellappendice D viene dimostrato il teorema di traccia.
Naturalmente, le questioni analizzate da questa tesi hanno tuttora enormi sviluppi
di indagine in differenti direzioni. Ad esempio possiamo citare problemi di esistenza
e regolarit`a per:
equazioni di ordine superiore,
sistemi di ordine 2 e di ordine superiore,
equazioni e sistemi non lineari.
La speranza `e di poter studiare qualcuno di questi temi nella futura tesi di laurea
specialistica.

Nozioni preliminari

In questa sezione vengono date le definizioni di equazione lineare del secondo ordine,
di soluzione debole e di equazione ellittica. Nella trattazione faremo uso della teoria
elementare degli spazi Lp e delle principali definizioni riguardanti gli spazi di Sobolev
ad esponente intero W k,p (), H k,p () e W0k,p (). Tutti i fatti fondamentali che utilizzeremo sugli spazi Lp e sugli spazi di Sobolev sono contenuti, rispettivamente, nelle
appendici A e B.
Definizione 2.1. Unequazione lineare del secondo ordine in forma di divergenza `e
unequazione differenziale della forma:

 X

n 
n
n
X
X
u

u
fi

aij
+
(bi u) + ci
+ du = f +
(2)
L(u) =
xi
xj
xi
xi
xi
i=1
i=1
i,j=1
dove aij , bi , ci , d, f, fi sono funzioni assegnate definite in un aperto di Rn .
Osserviamo che se i coefficienti dellequazione (2) sono funzioni regolari allora il numero di termini di tale equazione risulta eccessivo: possiamo ad esempio inglobare i
u
e du.
termini x i (bi u) in quelli della forma ci x
i
Definizione 2.2. Una funzione u W 1,2 () `e soluzione debole dellequazione (2) se
per ogni C0 () risulta
( n
)
)
Z X
Z (X
n
n
X
u

u
aij
+ bi u fi
dx
+ du f dx = 0. (3)
ci
x
x
x
j
i
i
i=1

j=1
i=1
Osserviamo che se la soluzione u(x) ed i dati sono regolari, la nozione di soluzione
debole coincide con quella di soluzione classica: infatti se u(x) `e una soluzione classica
allora moltiplicando la (2) per ed integrando per parti si ottiene la (3), quindi u(x) `e
una soluzione debole. Viceversa, se u(x) `e una soluzione debole allora integrando per
parti i termini contenenti le derivate della nella (3), e tenendo conto dellarbitrariet`a
di otteniamo che u(x) soddisfa la (2).
Definizione 2.3. Lequazione (2) si dice ellittica se esiste un numero reale > 0
tale che
n
X
aij (x) i j ||2
(4)
i,j=1

per ogni Rn , e per quasi ogni x .


Se, per ogni x , indichiamo con A(x) la matrice dei coefficienti aij (x), allora
lipotesi di ellitticit`a corrisponde a chiedere che la matrice A(x) sia definita positiva
uniformemente al variare di x in .
7

Esempio 2.1. Lequazione di Laplace


u =

n
X
2u
i=1

= f+

x2i

n
X
fi
xi
i=1

(5)

`e un esempio tipico di equazione ellittica, infatti la matrice dei coefficienti `e la matrice


identica di ordine n che `e ovviamente definita positiva.

Il problema di Dirichlet

Il problema di Dirichlet per unequazione della forma (2) in un aperto consiste


nel trovare una soluzione u(x) definita in dellequazione data, che assuma valori
assegnati sul bordo di . Pi`
u precisamente:
Definizione 3.1. Sia un aperto limitato di Rn , fi , f funzioni di L2 () e g una
funzione di W 1,2 (). Diremo che u W 1,2 () `e una soluzione del problema di
Dirichlet

n
X
fi

L(u) = f +
in
xi
(6)
i=1

u=g
su
se per ogni C0 ()
)
)
( n
Z (X
Z X
n
n
X
u

u
ci
+ bi u fi
dx
+ du f dx = 0
aij
xj
xi
xi

i=1
i=1
j=1

(7)

ed inoltre
u g W01,2 ().

(8)

Osserviamo che la (7) `e la forma debole dellequazione (2), mentre la (8) `e una forma
debole della condizione u = g su . Infatti se u e g sono di classe C 1 () si avr`a
u = g su se e solo se u g W01,2 ().
Adesso vogliamo occuparci dellesistenza e unicit`a di una soluzione del problema
di Dirichlet; per semplicit`a considereremo lequazione (2) senza termini di grado
inferiore, cio`e con bi = ci = d = 0, quindi ci riduciamo a risolvere il problema:
n
n
X
X  u 
fi

aij
=f+
in
xi
xj
xi
(9)
i=1
i,j=1

u=g
su
con i coefficienti aij L () , g W 1,2 () e le funzioni f, fi appartenenti a L2 ().
Osserviamo che possiamo anche supporre g = 0 senza perdita di generalit`a; infatti
possiamo ricondurci a questo caso considerando la funzione w = u g, che verifica
lequazione


n
n
X
X

w
Fi
aij
=f+
xi
xj
xi
i,j=1
i=1
con
Fi = fi

n
X
j=1

aij

g
.
xj

Il problema `e quindi di cercare una funzione u W01,2 (), tale che risulti
!
Z X
Z
n
n
X
u

dx =
f dx
aij
fi
xj xi
x
i
i,j=1

i=1

(10)

per ogni C0 () o, in modo equivalente dato che C0 () `e denso in W01,2 (),


per ogni W01,2 (). Per risolvere questo problema utilizzeremo teoremi generali di
analisi funzionale; per cominciare enunciamo senza dimostrazione il seguente teorema,
che non `e altro che una delle possibili formulazioni del teorema di Poincar`e.
Teorema 3.1. Sia un aperto limitato di Rn e sia u W01,p (). Allora esiste una
costante positiva c dipendente da n e da p tale che
kukp, c(n, p)(m())1/n kukp,
dove m `e la misura di Lebesgue in Rn .
Dimostrazione. Per una dimostrazione si veda E.Giusti [10].
Proposizione 3.1. Sia A(u, ) lapplicazione che manda (u, ) nel primo membro
della (10) e F () quella che manda nel secondo membro di (10). Allora A `e una
forma bilineare continua su W01,2 () W01,2 (), mentre F `e un funzionale lineare
e continuo su W01,2 (). Se supponiamo che lequazione (9) sia ellittica allora A `e
coerciva, cio`e esiste > 0 tale che A(u, u) kuk21,2 per ogni u W01,2 ().
Dimostrazione. La verifica della bilinearit`a di A e della linearit`a di F `e immediata;
per quanto riguarda la continuit`a di F , usando la disuguaglianza di Holder si ha
!


n
n
X
X


|F ()|
kfi k2,
kfi k2, kk1,2, .
xi + kf k2, kk2, kf k2, +
2,
i=1
i=1
La forma bilineare A `e continua: infatti grazie alla limitatezza delle funzioni aij risulta
|A(u, )| M kuk1,2, kk1,2, .
Se vale anche lipotesi di ellitticit`a allora in particolare
n
X
i,j=1

aij

u u
|u|2 q.o. in ,
xi xj

e dunque
Z
A(u, u)

|u|2 dx kuk21,2,

dove per lultima disuguaglianza abbiamo usato il teorema 3.1.


10

Osserviamo che W01,2 () `e uno spazio di Hilbert, con il prodotto scalare


Z X
n
u v
dx.
(u, v) =
uv dx +

i=1 xi xi
Z

Tenendo presente la proposizione 3.1 siamo ricondotti al seguente problema astratto:


dati in uno spazio di Hilbert H un funzionale F lineare e continuo ed una forma
bilineare A(u, ) continua e coerciva:
|A(u, )| M kukH kkH
A(u, u) kuk2H

u, H,
u H,

trovare un elemento u H tale che risulti


A(u, ) = F (), H.
Il caso pi`
u semplice si ha quando la forma bilineare A `e simmetrica, cio`e
A(u, ) = A(, u)

u, H

che corrisponde alla simmetria dei coefficienti: aij = aji . Per dimostrare che esiste ed
`e unica la soluzione u in H del problema nel caso simmetrico ci serve il fondamentale
teorema di Riesz che ci limitiamo ad enunciare:
Teorema 3.2 (di Riesz). Sia H uno spazio di Hilbert. Per ogni F H esiste un
unico z H tale che
F (x) = (x, z)H x H
ed inoltre si ha
kF kH = sup
v6=0

|F (v)|
= kzkH .
kvkH

Teorema 3.3. Sia H uno spazio di Hilbert reale, F H ed A: H H R una


forma bilineare continua, coerciva e simmetrica. Allora esiste un unico u H tale
che
F () = A(u, ) H
ed inoltre si ha
kukH

1
kF kH

Dimostrazione. La forma bilineare A(u, v) definisce in H un prodotto scalare, ed una


norma
p
|||u||| =
A(u, u)
11

equivalente a quella di partenza:


kuk2H |||u|||2 M kuk2H .
Se si munisce H di tale prodotto scalare, F `e ancora continuo, infatti per ipotesi
F H quindi si ha |F ()| kF kH kkH ; grazie alla coercivit`a di A si ricava
kkH 1 |||||| e quindi |F ()| 1 kF kH ||||||, inoltre
|||F ||| = sup
v6=0

1
|F (v)|
kF kH .
|||v|||

La tesi segue immediatamente dal teorema di Riesz:


1
1
1
kukH |||u||| = |||F ||| kF kH .

Se la forma bilineare non `e simmetrica si ottiene lo stesso risultato grazie al seguente


teorema:
Teorema 3.4 (di Lax-Milgram). Sia H uno spazio di Hilbert reale, F H un
funzionale lineare e continuo ed A : H H R una forma bilineare continua e
coerciva. Allora esiste un unico u H tale che
A(u, ) = F ()
e inoltre
kukH

1
kF kH

Dimostrazione. Per ogni v fissato, consideriamo lapplicazione Fv : H R data da


Fv () = A(v, )H .
Grazie al fatto che A `e una forma bilineare continua si ha immediatamente che Fv `e
lineare e continua, dunque per il teorema di Riesz esiste un unico elemento T (v) di
H tale che
Fv () = A(v, ) = (T (v), )H H.
Si ottiene facilmente che lapplicazione T : H H `e lineare e continua, infatti
T (v+w) `e per definizione lunico elemento di H tale che Fv+w () = A(v+w, )
= (T (v + w), )H per ogni H. Grazie alla bilinearit`a di A otteniamo:
Fv+w () = A(v + w, ) = A(v, ) + A(w, )
12

= (T (v), )H + (T (w), )H = (T (v) + T (w), )H

v, w H , R

quindi T (v + w) = T (v) + T (w) e la linearit`a `e provata. Per quanto riguarda


la continuit`a, se {vn }nN `e una successione in H convergente a v, allora grazie alla
continuit`a di A:
lim kT (vn ) T (v)k2H = lim (T (vn ) T (v), T (vn ) T (v))H =

= lim A(vn v, vn v) = 0
n

e questo prova che T `e continua.


Facciamo vedere adesso che T (H) `e chiuso. Per mostrare questo consideriamo una
successione {yn }nN in T (H) , yn = T (xn ), convergente a y0 ; vogliamo mostrare che
y0 T (H). Dalla continuit`a e coercivit`a di A otteniamo che per ogni v H
kvkH kT (v)kH M kvkH

(11)

ne deriva che

1
kym yn kH
m, n N
(12)

e dunque xn tender`a a qualche x0 H. Per la continuit`a di T risulta T (x0 ) = y0 e


dunque y0 T (H).
Sia ora z un elemento di H ortogonale a T (H), cio`e tale che
kxm xn kH

(T (v), z)H = 0

v H,

allora
(T (z), z)H = 0 = A(z, z)
cosicch`e z = 0 e dunque T `e surgettiva. Ne segue che esiste lapplicazione inversa di
T , T 1 : H H e per la (11) si ha
1
T (v) 1 kvk
H
H

v H.

Daltra parte esiste un unico w H, con kwkH kF kH tale che


(w, )H = F ()

H.

Posto u = T 1 (w) si ha
A(u, ) = (T (u), )H = F ()
e



1
kukH = T 1 w H kF kH

che conclude la dimostrazione.


13

(13)

Il teorema di Lax-Milgram `e un teorema astratto: se lo traduciamo in termini di


equazioni differenziali diventa il seguente:
Teorema 3.5. Il problema di Dirichlet per lequazione ellittica (9), con aperto
limitato di Rn , f, fi in L2 () e g in W 1,2 () ha ununica soluzione u W 1,2 () e si
ha
(
)
n
X
1
kf k2, +
kfi k2, + M kgk1,2, .
(14)
kuk1,2,

i=1
Dimostrazione. Applichiamo il teorema di Lax-Milgram scegliendo come spazio
! di
Z
n
X

Fi
Hilbert W01,2 (), come funzionale lineare e continuo F () =
f dx,
xi

i=1
n
X
g
; inoltre prendiamo come forma bilineare continua e coerciva
dove Fi = fi
aij
xj
j=1
Z X
n
w
aij
A(w, ) =
dx. Allora il teorema 3.4 ci dice che esiste ununica
xj xi
i,j=1
w W01,2 () tale che per ogni W01,2 () vale
Z X
n

w
aij
dx =
xj xi
i,j=1

ed inoltre

n
X
i=1

Fi
f dx
xi

1
kF k(W 1,2 ()) .

Allora si verifica immediatamente che u = w + g `e la soluzione del problema (9) e che


vale la stima (14).
kwk1,2,

14

Tracce di funzioni H k,p(), con k N

Introduciamo anzitutto una notazione: per ogni x Rn , scriveremo x = (x, xn ), con


x Rn1 , xn R. Cominciamo con il definire le tracce nel caso in cui `e un cilindro:
e 0 < a < +.
= ]0, a[, con aperto di Rn1
x
Anzitutto diamo questa definizione:
Definizione 4.1. Sia 0 : C 0 () C 0 () lapplicazione u 0 u = u | ; diremo che
0 u `e la traccia di u su .
Ovviamente 0 `e un operatore lineare; inoltre si ha:
Proposizione 4.1. Loperatore lineare 0 `e continuo da C 1 (), munito della norma
kk1,p, , in Lp ().
Dimostrazione. Sia u C 1 () e sia x . Allora per ogni xn (0, a) e x = (x, xn )
Z xn

u(x, t) dt
u(x) = u(x, 0) +
xn
0
da cui


Z
p
p1
|u(x, 0)| c(p) |u(x)| + a
p


p 



dt
u(x,
t)
xn

e quindi integrando su ,
p 
Z
Z
Z


c(p)

p
p
|u(x, 0)| dx
|u| dx + ap
u(x) dx
a

xn
h
i
c(p, a) kukpp, + kukp1,p, .

Da questa proposizione segue che esiste un unico prolungamento di 0 lineare e


continuo H 1,p () Lp (), che continueremo a chiamare 0 .
Abbiamo dato la nozione di traccia nel caso in cui = ]0, a[, con a finito; `e possibile dimostrare che i risultati ottenuti in questo caso valgono anche nellipotesi che
a = +, cio`e = ]0, +[. Quello che ci interessa per`o, `e definire loperatore di
traccia su H 1,p (), con aperto limitato qualsiasi di Rn ; con opportuni accorgimenti
tecnici ci`o `e possibile, a patto per`o che la frontiera sia sufficientemente regolare.
Se `e di classe C 1 (vedi appendice C), si pu`o definire il concetto di integrale di
superficie e con ci`o definiamo lo spazio Lp () nel modo seguente:
15

Definizione 4.2. Se `e un aperto limitato avente frontiera di classe C 1 , lo


spazio Lp () `e la chiusura di C 0 () rispetto alla norma
Z
kgkp, =

1/p

|g| d

Con questa definizione e con opportuni teoremi (vedi appendice D), che generalizzano
quanto abbiamo visto nel caso del cilindro, si trova che la traccia 0 `e unapplicazione
lineare e continua di C 1 (), munito della norma kk1,p, , in Lp () e quindi si prolunga
ad un operatore lineare e continuo 0 : H 1,p () Lp () tale che:
kukpp, c(p, ) kukp1,p,

u H 1,p ().

Adesso ricordiamo come si definiscono gli spazi H ,p () con reale; nel caso che ci
interessa sar`a 0 < < 1.
Sia un aperto di Rn avente frontiera di classe C 1 . Se u : R `e una funzione
misurabile secondo Lebesgue, definiamo:
Z Z
|u(x) u(y)|p
p
|u|,p, =
dxdy ;
n+p
|x y|
n
o
1
C#
() = u C 1 () : |u|,p, < + .
1
Definizione 4.3. Per 0 < < 1, indicheremo con H ,p () la chiusura di C#
()
p
p
1/p
rispetto alla norma kuk,p, = (kukp, + |u|,p, ) .
1
Osserviamo che se laperto `e limitato allora C 1 () = C#
(). Infatti se u C 1 ()
si ha:
|u(x) u(y)| kuk, |x y| ,

quindi

|u(x) u(y)|p
n+p

|x y|

C |x y|p(1)n .

Lintegrale
Z

1
|x y|np(1)

dy

`e convergente in quanto 0 < < 1, quindi grazie alla limitatezza di :


Z Z
|u(x) u(y)|p
p
|u|,p, =
dxdy C() < +.
n+p
|x y|
16

Ci proponiamo adesso di definire gli spazi H ,p (), con aperto limitato di Rn


avente frontiera di classe C 1 .
Poiche la frontiera `e regolare e compatta esistono {Uj }j=1,..,m ricoprimento finito
di ed una famiglia {j }j=1,..,m , di diffeomorfismi (di classe C 1 ), j : Uj Q, dove
Q = {y Rn , y = (y, yn ) : |y| < 1, 1 < yn < 1}. Ricordiamo che per definizione
(vedi appendice C) i diffeomorfismi j verificano le seguenti propriet`a:
( Uj ) = Q+ , ( Uj ) = Q {yn = 0}.
Sia {j }j=1,..,m una partizione dellunit`a su subordinata al ricoprimento {Uj }j=1,..,m .
Allora se u `e una funzione definita su (per esempio u Lp ()), la possiamo
decomporre in
m
X
u=
(j u)
j=1

e definiamo:
j (j u)(y, 0) = (j u)(1
j (y, 0)), y Q {yn = 0}.
Siccome j `e a supporto compatto in Uj , la funzione j (j u) `e a supporto
compatto in Q {yn = 0} e dunque la si pu`o considerare anche definita su Rn1
,
y
prolungata a 0 fuori da Q {yn = 0}.
Definizione 4.4. Sia aperto limitato di Rn avente frontiera di classe C 1 , allora
definiamo
H ,p () = {u Lp () : j (j u) H ,p (Ryn1 ), j = 1, .., m}.
Utilizzando i cambiamenti di carte su si pu`o far vedere che questa definizione
`e indipendente dalla scelta del sistema di carte locali (Uj , j ) e dalla partizione
dellunit`a {j }, inoltre si verifica che
!1/p
m
X

p
j (j u)
kuk
=
n1
,p,

,p,Ry

j=1

`e una norma su H ,p () che lo rende uno spazio di Banach. Osserviamo che tale
norma dipende dallatlante {(Uj , j ) , j = 1, ..., m} scelto per e dalla partizione
dellunit`a {j }; tuttavia si verifica che al variare di questi le norme sono equivalenti.
Loperatore di traccia 0 : H 1,p () Lp () `e lineare e continuo; ci chiediamo se `e
surgettivo. La risposta `e negativa e ci`o ha una profonda ripercussione nella teoria dei
problemi differenziali, come vedremo nella sezione 1.5.
Ci interessa quindi caratterizzare il sottospazio di Lp () dato da 0 (H 1,p ()); in
effetti vale il seguente teorema che ci limitiamo solo ad enunciare:
17

Teorema 4.1. Se `e un aperto limitato tale che `e di classe C 1 , allora si ha


1

0 (H 1,p ()) = H 1 p ,p ().


Dimostrazione. Per una dimostrazione si veda J.Lions, E.Magenes [11].

18

Condizioni al contorno in H 2 ,2()

Nella sezione 1.2 abbiamo studiato il problema di Dirichlet nel caso in cui la condizione
al contorno era data da u = g in , con g W 1,2 (). Questa condizione va intesa
come u g W01,2 (), infatti non ha senso definire luguaglianza punto per punto
di due funzioni definite quasi ovunque su un insieme avente misura di Lebesgue
nulla in Rn .
Sia un aperto limitato tale che la sua frontiera sia di classe C 1 , in particolare
verifica la propriet`a del segmento quindi W k,p () = H k,p (). Assegnare come
dato al bordo una funzione g definita in H 1,2 () risulta poco naturale, infatti siamo
interessati solo ai valori che essa assume su . Sia g una funzione appartenente a
1
H 2 ,2 (); vogliamo studiare il problema di Dirichlet:

n
X
fi

L(u) = f +
, u H 1,2 ()
x
i
i=1

0 u = g
su ,

(15)

dove 0 : H 1,2 () Lp () `e la traccia. Ricordiamo che la traccia `e lapplicazione


lineare che estende per continuit`a ad H 1,2 () la restrizione rispetto alla frontiera
r : C 1 () Lp ().
Grazie a quanto visto nella sezione precedente e nel teorema 4.1 si ha che
1

0 : H 1,2 () H 2 ,2 ()
risulta essere unapplicazione lineare continua e surgettiva.
linsieme


Rg = G H 1,2 () : 0 G = g

Consideriamo allora

(che `e non vuoto visto che 0 `e surgettiva) e sia G un suo elemento; allora il problema
(15) `e equivalente a:

L(u) = f + X fi , u H 1,2 ()

xi
(16)
i=1

1,2
u G H ().
0

Adesso enunciamo un lemma, valido in generale per spazi di Banach, che ci consentir`a
nel nostro caso di stimare la norma H 1,2 () di G, elemento di Rg , con quella di g in
1
H 2 ,2 ().
19

Lemma 5.1. Siano X, Y spazi di Banach e sia T L(X, Y ) un operatore surgettivo.


Allora esiste c > 0 tale che:
y Y x X : T x = y e kxkX c kykY .
Dimostrazione. Consideriamo su X la relazione
0

x ' x T (x x ) = 0,
la quale, ovviamente, `e una relazione di equivalenza su X. Consideriamo lo spazio
quoziente X/Ker T e definiamo:
k[x]kX/Ker T = inf kkX ,
[x]

si verifica facilmente che questa `e una norma su X/Ker T . Proviamo adesso che
lo spazio normato (X/Ker T , kkX/Ker T ) `e uno spazio di Banach. Sia {[xn ]}nN una
successione di Cauchy in X/Ker T ; allora posso trovare, grazie alla definizione della
norma kkX/Ker T , una successione {n }nN di Cauchy in X, con n [xn ]: quindi si
ha n in X, da cui si vede che [xn ] [] in X/Ker T . Consideriamo allora
lapplicazione Te : X/Ker T Y , definita da Te([x]) = T x; risulta chiaro che Te `e ben
definita, lineare, continua e invertibile; esiste quindi Te1 : Y X/Ker T .
Per il teorema dellapplicazione aperta applicato a Te risulta che Te1 `e continua,
quindi:




c kykY y Y.
c : Te1 y
X/Ker T

In particolare y [Te1 (y)] tale che ky kX/Ker T 2c kykY , il che prova il lemma in
quanto:
T (y ) = Te[y ] = Te(Te1 (y)) = y.

Applicando il lemma alloperatore di traccia 0 otteniamo che


inf kGk1,2, c kgk 1 ,2, .

GRg

Sia G Rg , se u H 1,2 () `e una soluzione del problema (16), allora posta w = uG,
ci riconduciamo a risolvere il seguente:

n
X

fi
L(w) = f + L(G) +
xi
(17)
i=1

1,2
w H0 ().
20

Osserviamo che
n
n
X
X
G

L(G) =
(aij
)=
[(A G)i ] = div(A G),
xi
xj
xi
i,j=1
i=1

dove A(x) `e la matrice dei coefficienti aij (x) delloperatore differenziale L. Poiche
1,2
2
G
Pn Hfi (), allora A G L (), quindi possiamo inglobare il termine L(G) in
i=1 xi .
Il teorema di Lax-Milgram pu`o essere adesso applicato, quindi esiste ununica
soluzione w in H01,2 () di (17) e si ottiene:
(
)
n
X
1
kf k2, +
kfi + (A G)i k2,
kwk1,2,

i=1
(
)
n
n
X
X
1

kf k2, +
kfi k2, +
k(A G)i k2,

i=1
i=1
(
)
n
n
X
X
1

kf k2, +
kfi k2, +
M k(G)i k2,

i=1
i=1
(
)
n
X
1

kf k2, +
kfi k2, + M kGk1,2,

i=1
(
)
n
X
1

kf k2, +
kfi k2, + cM kgk 1 ,2, .
2

i=1
Quindi, ricordando che avevamo posto w = uG, abbiamo trovato che esiste ununica
soluzione u H 1,2 () del problema (15) ed inolte vale la stima
)
(
n
X
1
kf k2, +
kfi k2, + c kgk 1 ,2, .
kuk1,2,
2

i=1

21

Problema classico e variazionale a confronto

In questa sezione vogliamo discutere della problematica riguardante la non surgettivit`a delloperatore di traccia 0 : H 1,p () Lp () e della ripercussione che questo
fatto ha sulla teoria delle equazioni differenziali.
Sia un aperto limitato di Rn , tale che la frontiera sia di classe C 1 . Per il
problema di Dirichlet classico

u = 0 in
(18)
u = g su
sappiamo dalla teoria che per ogni fissata g C 0 () esiste ununica soluzione
u C 2 () C 0 (), ed inoltre vale la stima
kuk, kgk, .
Questo problema si pu`o impostare dal punto di vista variazionale nel modo che `e
stato esposto nella precedente sezione. Per quanto visto nella sezione 1.4 fissata
1
g H 2 ,2 () esiste ununica soluzione u H 1,2 () del problema

u = 0 in
(19)
0 u = g su
ed inoltre vale
kuk1,2, c kgk 1 ,2, .
2

Vogliamo sapere quando una soluzione del problema classico `e anche soluzione del
problema variazionale e viceversa; per prima cosa vediamo con due esempi come
1
sono messi fra loro gli spazi C 0 () e H 2 ,2 (). Per illustrare gli esempi faremo
uso di un lemma, prima di enunciarlo ricorderemo un fatto sugli spazi di Sobolev ed
introdurremo una notazione.
Sia u H ,2 (0, 2), con 0 < < 1, ricordiamo che si pu`o dimostrare che la norma
Z 2 Z 2
Z 2
|u(x) u(y)|2
2
2
|u(x)| dx +
dxdy
kuk,2,(0,2) =
|x y|1+2
0
0
0
`e equivalente alla norma
kuk2H (0,2)

Z
=

|
v ()|2 (1 + ||2 ) d,

dove v() =

R
R

v(x)eix dx `e la trasformata di Fourier della funzione v, definita da


(
u(x) in [0, 2]
v(x) =
0
altrove.
22

Possiamo quindi caratterizzare lo spazio H ,2 (0, 2) come


Z
,2
2
|
v ()|2 (1 + ||2 ) d < +}.
H (0, 2) = {u L (0, 2) :
R

Per una dimostrazione di questi fatti si veda R.A. Adams [4].


Lemma 6.1. Sia u L2 (0, 2), allora si ha
X
u H ,2 (0, 2) se e solo se
|
v (k)|2 (1 + k 2 ) < +,
kZ

e in tale caso le norme su H ,2 (0, 2)


Z 2
Z 2 Z 2
X
|u(x) u(y)|2
2
|u(x)| dx +
dxdy,
|
v (k)|2 (1 + k 2 )
1+2
|x y|
0
0
0
kZ
sono equivalenti.
Dimostrazione. Sia u H ,2 (0, 2), e sia v il prolungamento a 0 di u fuori di (0, 2).
Allora v S(R) (perche x v(x) L1 (R), per ogni N) e quindi esiste M 0 tale
che


M
0
|
v ()| + v ()
2 R.
(1 + ||2 )
Ci`o premesso,
Z

|
v ()| (1 + || ) d =
R

XZ
kZ

k+1

XZ
kZ

k+1

|
v ()|2 (1 + ||2 ) d

X


|
v ()|2 (1 + ||2 ) |
v (k)|2 (1 + |k|2 ) d +
|
v (k)|2 (1 + |k|2 ) .

kZ

Per ogni [k, k + 1]





|
v ()|2 (1 + ||2 ) |
v (k)|2 (1 + |k|2 ) = D |
v ()|2 (1 + ||2 )

k)

=






2
4M 2
0
2
2


= 2
v ()
v ()(1 + ) + |
v ()|
(

k)
(1 + 2 )2
(1 2 )1

4M 2
1 + (k 1)2

e quindi
23

|
v ()|2 (1 + ||2 ) d

X
kZ

X
4M 2
+
|
v (k)|2 (1 + |k|2 ) .
1 + (k 1)2 kZ

Daltra parte vale anche ovviamente


Z
X
X
2
2
|
v (k)| (1 + |k| )
|
v ()|2 (1 + ||2 ) d +
R

kZ

kZ

e quindi lequivalenza u H ,2 (0, 2)

4M 2
1 + (k 1)2

|
v (k)|2 (1 + k 2 ) < + risulta provata.

kZ

Dimostriamo adesso che le norme sono equivalenti; per calcolo diretto si pu`o mostrare
che
!1/2
kuk,2,(0,2) C

|
v (k)|2 (1 + k 2 )

u H ,2 (0, 2).

kZ

Ci`o prova che lapplicazione identit`a (che `e un isomorfismo lineare) `e continua da


H ,2 (0, 2) in se, mettendo in partenza la norma
!1/2
kuk1 =

|
v (k)|2 (1 + k 2 )

kZ

e in arrivo la norma intrinseca


Z
kuk,2,(0,2) =
0

|u(x)|2 dx +

Z
0

Z
0

|u(x) u(y)|2
|x y|1+2

!1/2
dxdy

Per il teorema dellapplicazione aperta, anche linversa dellidentit`a `e continua, quindi


esiste N > 0 tale che
!1/2
X
2
|
v (k)| (1 + k 2 )
N kuk,2,(0,2) u H ,2 (0, 2).
kZ

24

Osservazione 6.1. Se g `e una funzione di L2 (0, 2), avente lo sviluppo


g() =

[an cos(n) + bn sin(n)]

n=1

allora grazie al lemma 6.1 si ha g H

,2

(0, 2)

(a2n + b2n ) n2 < . In tal caso

n=1

si deduce che g definisce un elemento H ,2 (B(0, 1)), dove B(0, 1) `e la palla unitaria
di R2 .
Esempio 6.1. Consideriamo la funzione definita su [0, 2] dalla serie

X
1
g() =
cos(k!).
k2
k=1

Questa serie di funzioni converge totalmente sullintervallo di definizione e quindi


`e uniformemente convergente; allora g definisce una applicazione che appartiene a
C 0 (B(0, 1)), dove B(0, 1) `e la palla unitaria di R2 .
1
Vogliamo provare che g
/ H 2 ,2 (B(0, 1)): a tale scopo usiamo losservazione 6.1 con
(
0 se n 6= k!
an = 1
se n = k!
n2
e poiche la serie

X
n!
n4
n=1

diverge abbiamo la tesi.


Esempio 6.2. Consideriamo la funzione definita q.o. su [0, 2] dalla serie
g() =

X
n=3

1
cos(n).
n log n

(20)

Si ha che g H 2 ,2 (B(0, 1)), infatti la serie

X
n=3

X
1
1
n
=
< +
2
2
n2 log n
n
log
n
n=3

converge e quindi grazie allosservazione 6.1 laffermazione risulta provata.


Mostriamo adesso che g
/ C 0 ([0, 2]); in effetti la serie non converge per = 0,
vorremmo sapere quindi quale comportamento ha g in un intorno di zero, in particolare se `e un punto di discontinuit`a eliminabile o meno. A tale fine mostriamo la
seguente:
25

Proposizione 6.1. La funzione g definita da (20) non `e limitata nellintorno di 0.


Dimostrazione. Se g fosse limitata allora dovrebbe esistere un numero reale M > 0
tale che
Z

1

lim sup
g() d M.

0+
Daltra parte


Z
X
Z



X
1

1
2
1
sin(n)



g() d =
cos(n) d =
.

n=3 n log n
n=3 n log n
n

Sia  > 0 e sia > 0 tale che




sin t


t > 1  per |t| <
allora per ogni > 0 sufficientemente piccolo in modo che 3 < si ha


Z



X
1

X
2
2
sin(n)
sin(n)



g() d =
+

n
n log n
n

3bnc< n log n
bnc






X
X



2
sin(n)
2
sin(n)





n
log
n
n
n
log
n
n



bnc

3bnc<

2
2
1
(1 )
2
n log n
n log n
bnc
3bnc<
Z
Z +1

2(1 )
2 +
1
dx

dx
x log x
1 x2 log x
3

2
2(1 ) log log(1 + ) 2(1 ) log log 3

1
dx.
x2 log x

Poiche
2
lim+
0
= lim+
0

1
dx =
x2 log x

1
2( 2 )[ ( 1)2 log(
]

1)

2
lim

0+

dx
x2 log x

2t2
1
t+ (t 1)2 log(t 1)
lim

1
2
1
= lim
= 0
t+ log(t 1)
26

R +

si ottiene

Z

1
lim 2(1 ) log log(1 + ) = +

lim inf
g()
d
0+

+
0

che `e assurdo. La funzione g quindi non pu`o essere limitata nellintorno dellorigine.
La proposizione precedente prova che g
/ C 0 ([0, 2]); si pu`o far vedere usando il
teorema di Abel che per ogni  > 0 la serie converge uniformemente su [, 2 ],
quindi g definisce una funzione continua su ]0, 2[.
Gli esempi che abbiamo mostrato ci dicono che limpostazione classica e variazionale
del problema di Dirichlet sono in generale distinte. Infatti se prendiamo la con1
dizione al contorno in C 0 ()/H 2 ,2 () (che `e non vuoto grazie allesempio 6.1)
allora la soluzione del problema classico non pu`o essere traccia di alcuna funzione
1
u in H 1,2 (). Analogamente se prendiamo dato al bordo in H 2 ,2 ()/C 0 () la
soluzione variazionale non potr`a essere soluzione classica.
Risulta naturale chiedersi cosa succede se prendiamo la condizione al contorno in
1
1
0
C () H 2 ,2 (). Sia g C 0 () H 2 ,2 (); in questo caso, al contrario dei
precedenti, g sta nella classe giusta affinche sia il problema classico che variazionale
siano ben posti, quindi per quanto visto essi ammettono ununica soluzione, che denoteremo rispettivamente con u1 , u2 . Vogliamo provare che u1 = u2 q.o in . Per
ottenere questa uguaglianza utilizzeremo il seguente risultato:
Proposizione 6.2. Sia un aperto limitato di Rn , con frontiera di classe C 1 .
1
Lo spazio C () `e denso in H 2 ,2 ().
Dimostrazione. Si veda J.Lions, E.Magenes [11], dove la successione approssimante
1
un fissato elemento di H 2 ,2 () `e costruita tramite convoluzione con un nucleo
regolarizzante.
Grazie alla proposizione 6.2 esiste una successione {gn }nN in C () tale che
gn g in C 0 (),
1

gn g in H 2 ,2 (),
(basta prendere la convoluzione g n , con n nucleo regolarizzante). Consideriamo
la successione di funzioni {un }nN in C 0 () C 2 () soddisfacente il problema di
Dirichlet classico
(
un = 0 in
(21)
un = gn su
27

e variazionale

(
un = 0
0 un = gn

in
su .

(22)

Usando le maggiorazioni per le soluzioni forniteci dai teoremi di esistenza e unicit`a,


si ottiene che {un }nN `e una successione di Cauchy in C 0 () e in H 1,2 (). Quindi,
grazie alla completezza di questi spazi, si ha che esistono u1 in C 0 (), u2 H 1,2 ()
tali che
un u1 in C 0 (), un u2 in H 1,2 ().
Andiamo a verificare che u1 e u2 sono soluzioni, rispettivamente, del problema classico
e del problema variazionale. Per quanto riguarda u1 , essendo limite uniforme di
funzioni armoniche, si trova che per ogni palla B(x0 , r) , u1 verifica il teorema
della media (vedi David Gilbarg, Neil S. Trudinger [9]) e quindi u1 `e armonica in .
Inoltre per continuit`a della funzione restrizione si ha u1 | = g. Quindi u1 verifica
(
u1 = 0 in
su
u1 = g
e per unicit`a della soluzione u1 = u1 .
Vogliamo provare adesso che la funzione u2 `e soluzione del problema variazionale
(
u2 = 0 in
0 u2 = g su .
Mostriamo che u2 = 0 nel senso delle distribuzioni: per ogni in C0 (), dalla
relazione
n
X
hun , i =
hDi un , Di i = 0,
i=1

si ottiene, passando al limite, hu2 , i = 0. Inoltre, per mostrare che 0 u2 = g, si usa


il fatto che la traccia 0 `e un operatore lineare e continuo. Per unicit`a della soluzione
si ha u2 = u2 . Dalla convergenza uniforme di {un }nN a u1 si ha la convergenza
puntuale quindi
un (x) u1 (x) x ,
mentre dalla convergenza di {un }nN a u2 in H 1,2 () si trova, per unopportuna
sottosuccessione,
unk (x) u2 (x) q.o. in .
Otteniamo, quindi, che u1 = u2 q.o. in , da cui u1 = u2 q.o. in .

28

Appendice
A

Richiami sugli spazi Lp()

Sia un aperto di Rn . Se 1 p < +, ricordiamo che Lp () `e definito come lo spazio


delle funzioni f : R misurabili secondo Lebesgue tali che |f |p sia sommabile,
quozientato con la relazione
f g f = g q.o. in . Se f Lp ()
R di equivalenza
p
1/p
indichiamo con kf kp, = ( |f | dx) ; si verifica che kkp, definisce una norma su
Lp () ed inoltre risulta che (Lp (), kkp, ) `e uno spazio di Banach.
Citiamo adesso limportante disuguaglianza di Holder:

Proposizione A.1. Siano 1 < p < +, f Lp () e g Lp (), con


Allora f g L1 (), e
Z
|f g| dx kf kp, kgkp , .

1
p

1
p

= 1.

Enunciamo per completezza il seguente teorema che riassume la struttura funzionale


degli spazi Lp ().
Teorema A.1. Sia 1 < p < +, lo spazio Lp () `e uno spazio di Banach riflessivo,

il cui duale `e isomorfo ad Lp (), con p1 + p1 = 1. Lo spazio L2 () `e uno spazio di


R
Hilbert con il prodotto scalare (f, g) = f g dx.
Si denota, poi, con L () lo spazio delle funzioni misurabili ed essenzialmente limitate
in . Lo spazio L () `e uno spazio di Banach con la norma
kf k, = supess |f | ,
dove
supess f = inf { R : f (x) q.o. in } .

Spazi di Sobolev

Sia un aperto di Rn , 1 p < + e k N; per prima cosa occorre definire il


concetto di derivata debole (o nel senso delle distribuzioni) per funzioni in Lploc ().
Definizione B.1. Siano u, v Lploc (). Diremo che v = D u in senso Lp -debole se
vale:
Z
Z
||
v dx = (1)
uD dx, C0 ().

Si definisce allora:
29

Definizione B.2. W k,p () = {u Lp () : D u Lp (), per || k}.


Lo spazio W k,p () `e di Banach con la norma

1/p
Z X
kukk,p, =
|D u|p dx .
||k

Si osserva che C k () W k,p () `e un sottospazio di W k,p () che non `e chiuso in


W k,p (), allora si pone:
Definizione B.3. Definiamo H k,p () come la chiusura del sottospazio C k ()W k,p ()
rispetto alla norma kkk,p, .
Dunque risulta H k,p () W k,p () ed in generale linclusione `e stretta, per`o sotto
opportune condizioni di regolarit`a per laperto i due spazi coincidono. Tra le
tante, una condizione molto debole `e lipotesi del segmento: verifica la propriet`a
del segmento se esiste un ricoprimento aperto localmente finito {Uj } di ed una
corrispondente successione {yj } di vettori non nulli, yj Rn , tale che se x Uj
per qualche j, allora x + tyj per t (0, 1).
Teorema B.1 (di Poincar
e). Sia un aperto di Rn connesso e limitato, con frontiera lipschitziana. Esiste una costante c(p, n, ) tale che per ogni u W 1,p ()
risulti
Z
Z
p
|Du|p dx
|u u | dx c

dove

1
u =
||

Z
u dx

`e la media di u in .
Definizione B.4. Sia un aperto di Rn , si indica con W0k,p () la chiusura di C0 ()
rispetto alla norma di W k,p ().
Quindi una funzione u W k,p () appartiene a W0k,p () se esiste una successione
{uj }jN , uj C0 () tale che limj kuj ukk,p, = 0.
Risulta chiaro che (W0k,p (), kkk,p, ) `e uno spazio di Banach.

Integrale di superficie

Sia un aperto di Rn , introduciamo le seguenti notazioni:


= B(0, 1) Rn1 , Q = (1, 1), Q+ = Q Rn+ , Q = Q Rn
30

allora diremo che il bordo `e di classe C k se, per ogni x0 , esiste un intorno
aperto U di Rn ed un diffeomorfismo : U Q di classe C k tale che
( U ) = Q+ , ( U ) = .
In particolare da questa definizione, si ha che se `e di classe C k , allora per ogni
fissato x0 , linsieme = U `e il sostegno di una porzione di superficie
regolare di equazione
x = 1 (y), y
ed inoltre per ogni g C 0 () definiamo
Z
Z
p
g d =
g(1 (y)) W (y) dy,

dove
1
W (y) = det
y


T  1 

.
y

Fissato un aperto limitato con bordo di classe C 1 , per compattezza esiste un


ricoprimento finito di intorni {Uj }j=1,..,m con i rispettivi diffeomorfismi j : Uj Q
di classe C 1 . Osserviamo che dalla definizione segue che i diffeomorfismi j verificano
la seguente relazione di compatibilit`a: se Ui Uj 6= , allora esiste un omeomorfismo
Jij : i (Ui Uj ) j (Ui Uj )
di classe C 1 avente Jacobiano positivo e tale che
j (x) = Jij (i (x)) x Ui Uj .
Sia {j }j=1,..,m una partizione dellunit`a subordinata al ricoprimento {Uj }j=1,..,m , cio`e
tale che:
j C0 (Rn ), 0, supp j Uj ,

m
X

j = 1 x .

j=1

Fissata g C 0 () si definisce allora lintegrale di superficie come:


Z
g d =

m Z
X
j=1

j g d,

dove j = Uj . Osserviamo che si pu`o dimostrare che il valore di tale integrale


non dipende dal ricoprimento usato e dalla partizione dellunit`a ad esso subordinata.
31

Teorema di traccia

In questa appendice enunciamo e dimostriamo il teorema di traccia. Ci occorre per`o


un risultato preliminare:
Teorema D.1. Siano A e B aperti limitati di RN e sia : A B un diffeomorfismo C 1 . Allora lapplicazione : H 1,p (B) 3 u (u) = u H 1,p (A) `e un
isomorfismo, nel senso che `e lineare e si ha la doppia maggiorazione delle norme.
Dimostrazione. Sia u una funzione appartenente a H 1,p (B); esiste, dunque, una successione {un }nN in C 1 (B) che converge verso u in H 1,p (B). La successione {un }nN
`e in C 1 (A) e si ha:
0

kun k1,p,A c(p, ) kun k1,p,B c (p, ) kun k1,p,A .


Infatti per il teorema di cambiamento di variabili, valgono le relazioni


Z
Z


p

|un (x)| det (x) dx =
|un (y)|p dy
x
A
B
e
Z
A



Z




|Di un (x)| det (x) dx =
|Di un (y)|p dy i = 1, .., N
x
p

da cui
kun kp,B M ( ) kun kp,A
e
kDi un kp,B M ( ) k(Di un ) kp,A
ed analogamente, essendo un = un 1
0

kun kp,A M ( ) kun kp,B


e
0

kDi (un )kp,A C( ) k(Di un ) kp,A C( )M ( ) kDi un kp,B .


Abbiamo cos` provato che la doppia maggiorazione richiesta vale per le funzioni C 1 (B);
in particolare si ottiene che {un }nN `e una successione di Cauchy in H 1,p (A) e quindi
converge ad una funzione v in H 1,p (A). Si vede, poi, con un cambiamento di variabile
che u = v ed, infine, `e chiaro che la doppia maggiorazione sulle norme vale per
tutte le funzioni u in H 1,p (B) passando al limite.
32

Teorema D.2 (di traccia). Sia un aperto limitato di RN avente frontiera di


classe C 1 . La traccia 0 `e unapplicazione lineare e continua che applica C 1 () con la
norma kk1,p, in Lp () e quindi si prolunga in modo unico ad un funzionale lineare
e continuo
0 : H 1,p () Lp ()
tale che
kukpp, c(p, ) kukp1,p,

u H 1,p ().

Dimostrazione. Essendo di classe C 1 , esiste un ricoprimento finito {U1 , ..., Um } di


intorni con i rispettivi diffeomorfismi j : Uj Q. Sia {1 , .., m } una partizione
dellunit`a associata a tale ricoprimento. Fissata u C 1 (), consideriamo le funzioni
uj = j u C 1 (Uj ), j = 1, .., m.
Poniamo, poi, per ogni j = 1, .., m,
1
+
vj = uj 1
j C (Q ).

Per quanto dimostrato nella proposizione 3.1, si ha


Z
|vj (y, 0)|p dy C(p) kvj k1,p,Q+
B(0,1)

1
j
y

T  1 

yj
sul compatto B(0, 1)

e quindi, per la limitatezza di Wj (y) = det


Z
Z
q
p
p
|j u| d =
|vj (y)|
Wj (y)dy Cj (p) kvj kp1,p,Q+ ,
j

B(0,1)

dove si `e posto j = Uj . Siccome, per il teorema D.1, vale la maggiorazione


0

kvj kp1,p,Q+ Cj (p) kj uk1,p,Uj


a maggior ragione deve valere:
Z
|j u|p d C(p) kj ukp1,p, .
j

Sommando queste relazioni per j = 1, .., m, si ha, ricordando che j `e a supporto


contenuto in Uj ,
Z X
m
m
X
|j |p |u|p d C(p)
kj ukp1,p, mC(p) kukp1,p,
j=1

j=1

da cui segue facilmente che


Z

|u|p d C(p) kukp1,p, ,

e la tesi `e provata.
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Riferimenti bibliografici
[1] Marco Abate. Appunti del corso di Elementi di Geometria Differenziale. Pisa,
2004.
[2] Paolo Acquistapace. Appunti di analisi funzionale. Appunti disponibili alla pagina:
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