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IVANA PANZECA

IMMAGINI E CONCETTI PLOTINIANI IN SOHRAVARDI

Salve alla schiera di tutti coloro che sono divenuti


folli ed ebbri nel loro desiderio del mondo della luce, nel loro appassionato amore per la maest
della luce delle luci.1

Il cammino che port Sohravard2 dalla filosofia alla sapienza


ebbe inizio da una conversione spirituale: durante una visione estatica3 egli contempl tutti gli esseri di luce conosciuti da Hermes,4 Pla

1 S.Y. SOHRAVARDI, Le Livre de la Sagesse Orientale, tr. fr. di H. Corbin,


Paris 1986, Livre V, p. 221. Nel Kitab h|ikmat al-israq (Libro della Teosofia Orientale) vengono esposte la complessa teorizzazione della luce e lelaborazione dello
schema emanativo di Sohravard. Le parti del testo tradotte in italiano sono mie.
2 Sihab al-Dn Yah|ya Sohravard, detto Sayh al-israq, primo
rappresentante del pensiero illuminativista (israq), nacque nel 594/1154 a Sohravard, in una regione vicina al Mar Caspio, nel nord-est dellIran. Trascorse la
giovinezza a Marage, in Azerbaigian, per motivi di studio e successivamente si
rec a Es|fahan, dove prese contatto con la tradizione avicenniana. Risiedette anche in Anatolia, dove venne apprezzato dai principi selgiuchidi di Rum, e in Siria
dove divenne amico del governatore di Aleppo, al-Malik al-Z|ahir. A causa delle
sue predicazioni profetiche, fu accusato di cripto-ismailismo e con limputazione di
infedelt venne ucciso nella fortezza di Aleppo nel 587/1191. I suoi biografi lo designarono al-Sayh al-maqtul (colui che fu fatto uccidere), mentre i suoi discepoli
preferirono chiamarlo al-Sayh al-sahd (il martire). Sahrazur, suo biografo, racconta come egli fosse poco legato allesteriorit e come cercasse, attraverso
le tecniche del sufismo, di realizzare una migliore padronanza di s, lautarchia, attributo fondamentale della Luce pura. Sohravard scrisse circa cinquanta testi che
comprendono opere di interesse strettamente filosofico e opere di carattere mistico
e simbolico.
3 Cfr. H. CORBIN, Storia della filosofia islamica, tr. it. di V. Calasso e R. Donatoni, Milano 1991, p. 216.
4 Cfr. C. BAFFIONI, I grandi pensatori dellIslam, Roma 1996, p. 145: Ma i
veri
eredi del profeta Idrs, identificato dagli ebrei con Enoch e dai musulmani, appun-

Pan 22 (2004), pp. 305-322

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tone e Zarathustra, le grandi figure che dominano la sua dottrina.5


Hermes, il padre dei saggi e il profeta visionario della Natura Perfetta,6 occupa in Sohravard una posizione di rilievo nella sua concezione di tradizione sapienziale, ma a Platone che spetta il posto
donore tra gli antichi saggi, lImam e il capofila della saggezza (imam al-h|ikma wa rasuha), uomo dotato di una grande forza e
della luce interiore.7
Il sincretismo religioso e filosofico, che si ritrova nella filosofia
di Sohravard, esprime la sua forte volont di ripristinare la saggezza che apparteneva agli antichi saggi di Persia, alla filosofia greca e
alle religioni dualiste. La rivendicazione di questa eredit, di questa
antica teosofia, un richiamo allantica fede iranica,8 tanto che
Henry Corbin, lo studioso pi importante di Sohravard, am definirlo alfiere dei Platonici di Persia.9
La differenza tra gli antichi saggi e quelli che gli sono succeduti in tempi pi recenti una differenza che dipende dal vocabolario, una differenza che dipende ugualmente dai loro rispettivi usi, o
di esporre direttamente il loro pensiero (tas|rh|), o di presentarlo
sotto il velo di allusioni simboliche (tard|).10
Lintento di Sohravard fu ben preciso e determinato: egli volle

to, con Ermete Trismegisto, furono degli antichi sapienti persiani che, possedendo
una conoscenza esoterica dellunit del principio divino, costituirono una tradizione
nascosta allinterno della comunit zoroastriana. Peraltro, Sohravard mutu, dallo
zoroastrismo, langelologia e il dualismo luce-tenebra che a fondamento della sua
ontologia [...] Secondo la visione israq [...] Dio avrebbe rivelato la teosofia a
Idrs-Hermes, il quale lavrebbe comunicata agli uomini. La scuola ermetica si sarebbe in seguito divisa in due branche: quella persiana e quella egiziana.
Lermetismo egiziano pass alla Grecia (ma i greci avrebbero preso solo la parte
corrotta del pensiero originario, perch non ne avrebbero saputo interpretare la
scrittura simbolica). LIslm avrebbe dunque assunto la teosofia sia dalla Persia
che dalla Grecia.
5 Nel XIII secolo, il filosofo bizantino Gemisto Pletone (Costantinopoli, 1355
ca - Mistra, Sparta, 1452) associ i nomi di Zarathustra e Platone. Gemisto Pletone fond a Mistra una scuola filosofica in cui si affermava la superiorit del pensiero platonico su quello aristotelico. Cfr. G. GEMISTO PLETONE, Delle differenze fra Platone ed Aristotele, tr. it. di M. Neri, Rimini 2001.
6 Cfr. CORBIN, LHomme et son ange, Paris 1983, p. 41 ss.
7 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Prologue, p. 88.
8 Cfr. SOHRAVARDI, Il libro del verbo del sufismo, in ID., LArcangelo purpureo, tr. it. di P. Favoni, Milano 1990, p. 110: Presso gli antichi Persiani, esisteva una
comunit i cui membri erano guidati dal Vero, in grazia del quale praticavan
lequit (7, 159): Saggi eminenti, da non confondere coi Magi [Majus]. Praticavano
una filosofia della Luce, di cui testimonia Platone, e ancor pi gli antichi Maestri che
abbiam fatto rivivere nel nostro Libro della Teosofia orientale. Ed certo che non ho
predecessori in unopera come questa.
9 Cfr. CORBIN, LIran e la filosofia, tr. it. di P. Venuta, Napoli 1992, p. 118.
10 SOHRAVARDI, op. cit., Prologue, p. 89.

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riuscire nellimpresa di esporre una sophia perennis che Avicenna11


non seppe portare a termine in quanto ignorava la radice del sapere,
la fonte orientale, lantica Persia. Sohravard aspirava ad una conoscenza che oltrepassasse gli oggetti sensibili, una conoscenza
che richiedeva contemporaneamente una dimostrazione autentica e
una rivelazione interiore, una teosofia.
In breve il teosofo, che realmente possiede lesperienza mistica, colui il cui corpo materiale diventa simile a una tunica di cui
ora si spoglia ora si riveste. Nessun uomo pu essere annoverato tra
i teosofi mistici fino a che non ha conosciuto il lievito sacrosanto della sapienza mistica e non ha sperimentato quella spoliazione e quel
rivestimento. Da allora in poi, se vuole, sale verso la Luce e, se gli
piace, pu manifestarsi sotto qualunque forma egli scelga. Quanto a
tale potere, esso si produce in lui per mezzo della Luce aurorale
(nur sariq) che irradia la sua persona.12
In Sohravard, lidentificazione delloriente con la luce (nur),
nel termine israq,13 connessa al simbolismo del sole che sorge

11 Nome con cui noto in occidente il filosofo e scienziato persiano Abu


Al al-H|usayn b. Abd Allah b. al-H|asan b. Al b. Sna (Afsana 370/980 Hamadan 428/1037).
12 SOHRAVARDI, Kitab al-masari wa-l-mut|arah|at (Libro degli incontri e
delle conversazioni), ed. CORBIN, Opera metaphysica et mystica I, Istanbul 1945,
tratto da CORBIN, Corpo spirituale e Terra celeste. DallIran mazdeo allIran sciita, tr.
it. di G. Bemporad, Milano 1986, p. 136.
13 La parola araba israq significa illuminazione, mentre masriq loriente
geografico, entrambi derivati etimologicamente dalla radice srq che indica il sorgere del sole. Su questargomento cfr. CORBIN, En Islam Iranien, 4 voll., Paris 19711973, II, p. 9 ss. Storicamente lisraq prosegue lattivit speculativa in oriente, dopo la critica di al-Gazzal. Abu H|amid Muh|ammad b. Muh|ammad alGazzal nacque nel 450/1058 a Gazzal, nel Horasan, in una borgata nei
dintorni di T|us, dove mor nel 505/1111. In uno dei suoi ultimi libri, il Miskat alanwar (La nicchia delle luci) al-Gazzal interpret una delle pi belle sure del
Corano, colma del simbolismo della luce. Cfr. lanalisi effettuata da AL-GAZZALI,
La nicchia delle luci (Mishat al-anwar), in Scritti scelti di al-Ghazal, a cura di L.
Veccia Vaglieri e R. Rubinacci, Torino 1970, p. 565 ss. La sura coranica recita cos:
Il Dio! egli luce in cielo e in terra, e la sua luce come quella di lampada collocata in nicchia: la lampada si trova serrata in cristallo come astro di splendore immane, accesa rimane grazie allolio di pianta benedetta, questa pianta lulivo (non
si trova n a oriente n a occidente). Lolio farebbe risplendere la luce anche se non
lo toccasse il fuoco, mai. Luce su luce il Dio. Egli guida verso la sua luce coloro ai
quali vuole bene. Esempi salutari manda il Dio a ogni vivente, giacch onnisciente
il Dio (cfr. Corano 24:35, tr. it. di F. Peirone, Milano 1979). In questi versetti, la luce si riferisce a colui che illumina, Allah, in virt del quale ogni cosa reca
limpronta della luce. Lo stesso Corano considerato dai musulmani come una luce, cos come sono considerati una luce anche la Torah e il Vangelo. Pure nella
Bibbia ritroviamo versi carichi del simbolo della luce. Basta ricordare uno dei tanti
versi dellevangelista Giovanni: la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non
lhanno accolta (Giovanni 1, 5). Per le citazioni scritturistiche utilizzo La Bibbia di

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ad oriente e illumina tutte le cose; il luogo della luce rappresenta il


luogo della conoscenza che trascende il pensiero razionale, il momento della gnosi che permette al sapiente di allontanarsi dalle contingenze terrestri. Invece ad occidente, dove il sole muore, regnano
le tenebre, la materia, lignoranza, il pensiero discorsivo invischiato
dalle sue stesse costruzioni logiche.
Allo stesso modo in cui designa nel mondo sensibile lo splendore del mattino, listante in cui il primo balenare dellastro si diffonde nella porpora dellaurora levante, cos esso (israq) designa, per
il cielo spirituale dellanima, listante epifanico della Conoscenza di
S.14
La filosofia dellisraq indica dunque la nascita e lorigine della
luce, loriente, laurora consurgens,15 la cognitio matutina.16 una filosofia che postula unesperienza mistica ed interiore che origina
dalloriente delle pure intelligenze, un oriente che progressivamente
si veste di tratti metafisici, ontologici e iniziatici. Naturalmente, non si
tratta delloriente geografico, il mondo iranico, ma delloriente spirituale di contro al nostro mondo terrestre: il momento in cui
lorizzonte si rischiara al sorgere dellastro, come fuoco e porpora,
non al crepuscolo, ma allaurora.17

Gerusalemme, ed. it. a cura di un gruppo di biblisti sotto la direzione di F. Vattioni,


Bologna 1974. Si veda anche J. RIES, Esperienza della luce e condizione umana (tr.
it. di A. Paramico Schuler), in AA.VV., Simbolismo ed esperienza della luce nelle
grandi religioni, Milano 1997, p. 277: Per alcuni commentatori la nicchia rappresenta Abramo, il vetro il simbolo dIsmaele e la lampada quello di Maometto. La
lampada accesa dallalbero benedetto che Abramo, lamico di Dio, n orientale
n occidentale: non ebreo perch gli ebrei per la loro preghiera si rivolgono a Occidente, non cristiano perch i cristiani si rivolgono invece a Oriente. Maometto
lerede di Abramo: la sua lampada, accesa dallalbero benedetto della rivelazione,
gli ha permesso di essere partecipe della luce divina.
14 Cfr. CORBIN, Introduzione a SUHRAVARDI, Opera Metaphisica et mystica, Istanbul 1945, tratto da SUHRAVARDI, LAngelo Purpureo, tr. it. di S. Foti, MilanoTrento 2000, pp. 11-12.
15 Cfr. CORBIN, op. cit. (1971, II), p. 9 ss.
16 Cfr. CORBIN, op. cit. (1992), p. 106.
17 Sohravard, nel Kitab al-talwh|at al-lawh|iyya wa-l-arsiyya (Libro delle delucidazioni ispirate dalla Tavola e dal Trono), ed. H. Corbin, Opera metaphysica et mystica I, Istanbul 1945, tratto da CORBIN, op. cit. (1986), p. 217, racconta un
dialogo tra se stesso e un Aristotele neoplatonizzato per descrivere la sua esperienza illuminativa. Aristotele, per sciogliere i dubbi riguardanti la conoscenza che in
quel momento turbavano Sohravard, gli dice: Risveglia te stesso. Cfr. M. CRUZ
HERNNDEZ, Storia del pensiero nel mondo islamico, tr. it di D. Sacchi e C. Carminati, 3 voll., Brescia 1999-2001, I, p. 381: Questo sapere costituisce la gnosofia peculiare dei saggi (israqiyyun), la cui limpidezza del sapere illumina come il sole
che nasce come i sapienti dellantica Persia, pre-platonici e platonici, che sono gli
orientali che orientano (masriqiyyun). La fonte di questo sapere deriva dalla luce
interiore (kasf) e dalla visione estatica (musahada), con cui si coglie il vero significato esoterico della rivelazione dellessere (z|uhur). Pertanto, in un senso pi e-

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Il motivo dominante del pensiero sohravardiano la vittoria

della
luce sulle tenebre, grazie alla quale pu risplendere la fonte orientale, la Luce di gloria che lAvesta18 designa come Xvarnah (persiano
Khorrah).19

steso, lisraq il disgelarsi del mondo celeste intelligibile nellanima del saggio
che si trasforma in sapere che orienta: laurora [...] Questa conoscenza non dipende
dal discorso dialettico o dalle norme della logica, ma da unalba illuminativa che
permette che la sapienza sorga per se stessa nellanima. Si stabilisce cos un circolo chiuso dalle caratteristiche estatiche e magiche: se lanima non si rende presente
a se stessa non le pu essere presentato il sapere trascendentale; ma se questo
non albeggiasse sullanima, questa non potrebbe autoscoprirsi per ci che realmente . A questo fine luomo ha la possibilit di offrire un suo contributo: dovr liberarsi dallesilio occidentale [sc. dal mondo della materia].
18 LAvesta il testo sacro dello zoroastrismo, composto in lingua anticoiranica, che rappresenta soltanto una parte della raccolta originaria, tramandata oralmente per molti secoli. Il termine Avesta la traslitterazione del pahlavico apastak (ci che fissato, stabilito, definito). Cfr. Avesta, tr. it. di A. Alberti, Torino
2004. Per quanto riguarda la storia dellAvesta cfr. G. FILORAMO, Storia delle religioni 1. Le religioni antiche, Roma-Bari 1994, p. 499 ss.
19 Cfr. H.C. PUECH, Storia delle religioni 2. Da Babilonia a Zoroastro, tr. it. di
M.N. Pierini, Roma-Bari 1977, p. 121: lo xvarenah, emanazione del sole; questa
gloria risiede nelle acque altrici e risale di l nelle piante, negli animali, negli uomini, specialmente nella testa, da cui emana luce in forma di aureola, origine
dellaureola dei santi del buddismo, del cristianesimo, dellislam. Si veda in particolare SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 151: Forse allora gli accadr, in unestasi,
di vedere la luce che si diffonde nel mondo del Gabarut, e vedr gli angeli del
Malakut e le luci che hanno contemplato Ermete e Platone, gli sfavillii celesti, sorgenti della Luce di Gloria (khorrah). quella di cui ci informa Zoroastro; cfr. anche
SOHRAVARDI, Il libro delle tavolette dedicate allEmiro Imadoddn, in SOHRAVARDI,
LArcangelo purpureo, cit., p. 83: Tale Luce consolatrice detta, in antico persiano, Khorrah [sc. Luce di Gloria, avestica Xvarnah]. Sul tema della Xvarnah si vedano le considerazioni di J. RIES, Esperienza della luce e condizione umana, in AA.VV., Simbolismo ed esperienza della luce nelle grandi religioni, op. cit., p. 272:
Khvarenah il termine avestico utilizzato per designare lo splendore, la gloria, la
brillantezza, la luce, una delle nozioni caratteristiche dellantica religione iranica.
Questa nozione rappresentata dallaureola della regalit e assumer
unimportanza specifica sotto limpero degli Achemenidi, ma Khvarenah supera il
cerchio reale e le frontiere dellIran a partire dallepoca ellenistica, durante la quale
trova corrispondenza nella nozione di doxa. In Iran Khvarenah rappresenta una forza luminosa e raggiante, un fluido incandescente e solare legato allhaoma, lelisir
magico estratto da una pianta delle montagne e utilizzato durante la celebrazione
del culto. Al riguardo si pu anche richiamare CRUZ HERNNDEZ, op. cit. (1999, I),
p. 380: Cos la xvarenah, sommo principio datore di luce, la cui apparizione dovuta, secondo la tradizione, a Zarathustra, la radice illuminativa della realt e Sohravard sviluppa questo tema lungo tre dialettiche essenziali: la metafisica della
luce, la visione cosmica delle luci e lesilio delluomo. Si veda anche CORBIN, op.
cit. (1986), p. 44: Questa Luce di gloria, che la Forma immaginale dellanima
mazdea, infatti lorgano attraverso il quale essa opera inizialmente e direttamente
la trasmutazione dei dati fisici [...] questa stessa Forma immaginale che lanima
proietta negli esseri e nelle cose, portandoli allincandescenza di quel Fuoco vittoria-

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La sua funzione risulta fondamentale nella cosmologia mazdea,20


perch rappresenta la maest fiammeggiante degli esseri di luce, la
forza
coesiva dellessere di ogni essere, il suo fuoco vitale, il suo angelo
personale
e il suo destino.21
Dominano lorizzonte metafisico di Sohravard sia il motivo
della Xvarnah, la Luce di Gloria dellangelologia mazdea, grazie alla
quale interpreta le Idee platoniche, sia lidea di passaggio da occidente ad oriente ripresa da Avicenna. Per entrambi i filosofi,
loccidente il mondo della materia, mentre loriente il mondo degli
arcangeli.
Sohravard recupera la successione delle intelligenze celesti
di Avicenna, ma la sua filosofia, in contrasto con il peripatetismo,
non limita a dieci le intelligenze.22 Il filosofo cerca di conciliare lo

le di cui lanima mazdea ha acceso tutta la Creazione [...].


20 Il mazdeismo ebbe origine tra i Medi e si diffuse tra i Parti e i Battriani. Al
tempo degli Achemenidi, fu adottato dai Persiani e rimase la religione dominante
della Persia sino alla caduta dei Sassanidi (652 d.C.), per scomparire dopo la conquista della Persia da parte del califfo musulmano Umar. Il termine mazdeismo
proviene dallavestico mazdah (onnisciente), epiteto che accompagna sempre il
nome del dio supremo Ahura. Nella tradizione zoroastriana, Ahura Mazda lo spirito buono contrapposto allo spirito malvagio Ahriman. Zarathustra aveva contemplato la fede in un unico Dio, generatore di due Spiriti. Su questultimo argomento si
vedano FILORAMO, op. cit., p. 476 ss. e PUECH, op. cit., p. 126 ss. Cfr. anche SOHRAVARDI, Strofe liturgiche e offici divini, in SOHRAVARDI, op. cit., p. 234, dove viene
celebrata la Liturgia dOhrmazd: Mio Signore, il Dio che Luce della Luce, il Sublime, lAssai Glorioso, il Possente, il Forte, sostegno di tutte le esistenze, Essere
Necessario, ordinatore dei mondi, padrone della Luce di Gloria [Xvarnah] e di ogni
Luce vittoriale [omnivictrix] della bellezza pi elevata, della pi intensa chiarezza, il
Senza Limite, Principio originale della perpetuit, sempiternit, eternit; colui che
prolunga il da sempre [azal] con il mai [abad], che si pone con impeto alla testa
delle milizie celesti [mahyat]: Ohrmazd, Creatore del mondo, Dio unico, cui
lUnit assoluta appartiene in tutto e per tutto, Fattore di meraviglie, Prodigo
dIntelligenza e di Vita, che permette alle ipsit [mozhir al-howyat] di manifestarsi, Colui che trascende ogni eminenza, nobilt, qualifica, enunciazione, comprensione, indicazione: Dio degli Di, Luce delle Luci! Sia proclamato santo! Sia glorificato! Sia celebrato! Sia magnificato!.
21 CORBIN, op. cit. (1991), p. 218.
22 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 150: Or dunque le relazioni tra le
luci nobili sono pi eminenti delle relazioni che regnano nel mondo delle tenebre. Le
relazioni tra luci sono dunque necessarie, prima delle relazioni tra tenebre. Tuttavia
la setta dei Peripatetici riconosce le meraviglie dellordine dei barazih. Eppure,
limitano il numero delle Intelligenze a dieci sicch, secondo le loro tesi, bisogna necessariamente che il mondo dei barazih presenti un ordine pi meraviglioso, pi
nobile e pi ricco, e che la Saggezza vi abbondi di pi. Ma tutto ci falso. Il termine barzah, significa schermo, limite, intervallo, intermondo. Esso compare tre
volte nel Corano, op. cit., 23:100 Dietro di essi ci sar una barriera fino al giorno in

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schema verticale neoplatonico e quello peripatetico per ricercare


laccordo tra i corpi celesti e i corpi intelligibili: vi un numero illimitato di ipostasi angeliche, secondo lo schema dellantico zoroastrismo,
per spiegare sia lirregolarit delle orbite dei pianeti, sia la variet
delle specie umane. Daltronde caratteristico della visione zoroastriana che il Signore della Sapienza appaia sempre circondato da
sei Potenze di luce con le quali forma unEptade angelica. Questi
motivi cominciano a delineare la metafora delle luci, dove Sohravard fece confluire anche lo schema neoplatonico: e cos quello
che il neoplatonismo designava come Uno,23 la realt suprema e il
punto di irradiazione dellessere, diventa per lui la luce delle luci
(nur al-anwar),24 al modo in cui il Corano chiama Dio25 e lAvesta
chiama Xvarnah. Questa rappresentazione del principio nel sistema

cui saranno risuscitati; 25:53 lui che lascia libero corso ai due mari, uno composto di acqua dolce, laltro salato e amaro; lui che frappone tra i due una barriera
invalicabile in una zona intermedia; 55:19, 20 Lasci liberi i due mari, essi si incontrano ma non oltrepassano il diaframma collocato tra i due. A proposito delle
Intelligenze celesti necessario ricordare ARISTOTELE, Metafisica, tr. it. di G. Reale,
Milano 2000, L 8, 1073 a 25-1074 a 10, p. 569 ss.: Il Principio e il primo degli esseri immobile e assolutamente e relativamente, e produce il movimento primo,
eterno ed uno. E poich necessario che ci che mosso sia mosso da qualcosa,
e che il Motore primo sia essenzialmente immobile, e che il movimento eterno sia
prodotto da un essere eterno e che il movimento che unico sia prodotto da un essere unico; e poich, daltro canto, vediamo che accanto al movimento semplice del
Tutto il quale diciamo prodotto dalla sostanza prima e immobile ci sono anche
altri movimenti di traslazione eterni, ossia quelli dei pianeti (infatti, eterno e continuo
il moto del corpo che si muove circolarmente; e, questo, stato dimostrato nei
libri di Fisica), necessario che anche ciascuno di questi movimenti sia prodotto da
una sostanza immobile ed eterna [...] Tuttavia necessario, se tutte le sfere insieme devono rendere conto di ci che a noi appare, che per ciascuno dei pianeti ci
siano altrettante sfere meno una, le quali ruotino a ritroso e riportino sempre nella
medesima posizione la prima sfera dellastro che di volta in volta situato immediatamente al di sotto. Solo in questo modo, infatti, possibile che tutte insieme producano il movimento degli astri. Poich, dunque, le sfere in cui gli astri si muovono
sono otto per i primi due, e venticinque per gli altri, e di queste, non devono essere
fatte tornare a ritroso solo quelle in cui si muove il pianeta che collocato allultimo
posto, quelle che dovranno produrre il movimento a ritroso per i primi due pianeti
saranno sei, e, per i quattro pianeti seguenti, sedici; il numero complessivo delle
sfere, di quelle che muovono in senso normale e di quelle che girano a ritroso, sar
di cinquantacinque. (E se al sole e alla luna non si vorranno aggiungere i movimenti
di cui ora abbiamo detto, quarantasette sar il numero complessivo delle sfere).
23 Per maggiori approfondimenti su questargomento cfr. W. BEIERWALTES,
Pensare lUno. Studi sulla filosofia neoplatonica e sulla storia dei suoi influssi, tr. it. di
M.L. Gatti, Milano 1991, p. 46 ss., Ed anche ID., Plotino. Un cammino di liberazione
verso linteriorit, lo Spirito e lUno, tr. it. di E. Peroli, Milano 1993.
24 Cfr. SOHRAVARDI, Strofe liturgiche e offici divini, in SOHRAVARDI, op. cit., p.
233: Sii benvenuta, Luce che ti levi ad Oriente [ishraq], e gloria a Dio, Luce delle
luci.
25 Corano 24:35.

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sohravardiano si traduce nellimmagine di unirradiazione eterna, di


una forza sovrana, di unemanazione (fayd|).26

26 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 135: Le luci arcangeliche riflettono
la luce le une sulle altre, in modo che ogni luce superiore illumini quella che inferiore ad essa per grado, e che ogni luce inferiore riceva lirradiazione della luce delle
luci tramite lintermediario che gli superiore in grado. In tal modo, la seconda luce
arcangelica riceve due volte una luce accidentale dalla luce delle luci: una prima
volta direttamente dalla luce delle luci, senza intermediari; una seconda volta essa
la riceve a causa della luce del pi alto rango. La terza luce riceve quattro volte
[lilluminazione emanata dalla luce delle luci]: la doppia illuminazione ricevuta dalla
sua compagna si riflette su essa; c inoltre, ci che essa riceve dalla luce delle luci
senza intermediario. La quarta luce la riceve otto volte: quattro volte per il riflesso
su di essa della sua compagna, due volte per la doppia illuminazione della seconda
luce; essa ne riceve una dalla luce del pi alto rango e, senza intermediario, una
dalla Luce delle luci. A proposito del concetto di emanazione nella filosofia islamica e, in particolare in al-Farab (Abu Nas|r Muh|ammad b. Muh|ammad b. Tarhan b. Ozlag al-Farab, Wasig, Uzbekistan 259/872 Damasco 339/950) e
in Avicenna, cfr. A. STRAFACE, Lorigine del mondo nel pensiero islamico dei secc. XXI, Napoli 1996, p. 46 ss: Lemanatismo (fayd|) di al-Farab si pone dunque tra
la visione eternalista, propria del pensiero greco, e quella creazionista propugnata
dallortodossia islamica. E questo perch, se da un lato occorreva evitare
laffermazione delleternit del mondo, in quanto compromettente il principio del
tawh|d, dallaltro fissare un inizio per il mondo avrebbe supposto lesistenza del
tempo, e quindi di una successione temporale alla quale Dio sarebbe stato, se non
sottoposto, in un certo senso almeno collegato. Fu dunque la necessit di evitare
ogni tipo di rapporto e di eventuale coincidenza tra leterno e il contingente a fare
dellemanazione ci che meglio poteva rappresentare il rapporto tra lUno e il molteplice, poich lemanazione non solo non presuppone alcuna premeditazione (al
contrario della creazione, che espressione della volont divina), ma, essendo un
processo di natura intellettiva, non richiede neanche alcuna successione di tempo
inteso in senso cronologico. Si tratta in definitiva di un processo spontaneo attraverso cui Dio, per sovrabbondanza intrinseca di potenza, emana da S lessere, indipendentemente dalla Sua volont. Inoltre, il concetto di emanazione, per sua
stessa natura, sembrava in grado di ovviare al pericolo che il molteplice, per la
stretta vicinanza al Creatore presupposta dalla soluzione creazionistica, potesse
contaminare questultimo con la sua molteplicit. Al contrario, il processo emanativo costituito da al-Farab fa in modo che il rapporto tra Dio e il mondo sublunare avvenga e passi attraverso il livello degli intellegibili. Da questa autoconsapevolezza procede il primo emanato, cio la prima Intelligenza, possibile per sua natura, ma necessaria per il primo Essere. E la prima Intelligenza a questo punto opera
una duplice intellezione: una sul proprio essere necessario per altro, e una sul proprio essere possibile per s. Dalla prima intellezione procede unaltra Intelligenza, e
dalla seconda un corpo celeste, o Cielo. Dalle intellezioni che a sua volta operer la
seconda Intelligenza procederanno poi la terza Intelligenza con un nuovo Cielo. Gli
atti intellettivi, cause di nuove Intelligenze e rispettivi Cieli, si ripeteranno esaurendosi a livello della decima Intelligenza, dalla quale proceder il cosiddetto Intelletto
Agente (al-aql al-faal), dator formarum, nonch demiurgo del mondo sublunare in
cui si genera e si corrompe il molteplice. Lemanazione dunque si configura come
unazione necessaria, quindi eterna, da non confondere con la creazione, halq,
propria di tutto ci che ha inizio e fine. Ma oltre ad essere necessaria, lemanazione
anche e soprattutto unazione spontanea, frutto dellintelletto e della scienza divina che in Dio sono, per lappunto, necessari e spontanei. Con lemanazione dun-

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Il principio dellex uno non fit nisi unum e la derivazione del


mondo da Dio, secondo le ipostasi successive che traboccano dal
principio, furono utilizzati dalle concezioni filosofiche islamiche di ispirazione neoplatonizzante. Il neoplatonismo entr in queste concezioni di pensiero in modo predominante con la sua rappresentazione a piramide e con la sua concezione della realt vista come
flusso sgorgante da una primordiale fonte di luce e di vita (ajpovrroia). Nel seguente passo viene colto, attraverso lutilizzo della metafora, il vitalismo delluniverso plotiniano: LUno la potenza di tutte le cose; se esso non fosse, nulla esisterebbe, n lIntelligenza, n
la Vita prima, n la Vita universale. Ci che al di sopra della vita
causa della vita; lattivit della vita, che tutte le cose, non la prima, ma scaturisce da esso come da una sorgente (ejk phgh`"). Si
immagini una sorgente che non ha alcun principio e che a tutti i fiumi
si espande senza che i fiumi la esauriscano, e rimane sempre calma; i fiumi che escono da essa scorrono tutti assieme prima di dirigersi verso punti diversi, ma ciascuno sa gi dove i flutti lo porteranno. Oppure <simmagini> la vita di un albero grandissimo, la quale
trascorre in esso, mentre il suo principio rimane immobile senza disperdersi per tutto lalbero, poich risiede nelle radici. Esso d alla
pianta tutta la sua molteplice vita, ma, non essendo molteplice, anzi
essendo principio della molteplicit, rimane immobile.27
Volendo illustrare il senso di questemanazione,28 di questo di

que Dio conferisce lesistenza senza che questo comporti una diminuzione della
Sua potenza. Infine, lordine che gerarchicamente lUno ha emanato, assegnando
ad ogni successivo ente il proprio grado in fatto di precedenza e/o di posteriorit,
diventa sinonimo di giustizia divina [...] fermo restando il debito avicenniano alla
distinzione farabiana tra necessario e possibile, nonch al concetto di emanazione, indubbia loriginalit della sua rielaborazione neoplatonica in direzione
angelologica. Ibn Sna, infatti, costituir una gerarchia di intelletti cherubinici, che
rivestiranno un importante ruolo tanto a livello intelligibile quanto a livello sensibile, e alla quale corrisponder una gerarchia di anime che, dotate di energia motrice, saranno causa delle rivoluzioni cosmiche. Conformemente alla tradizione tolemaica, il sistema cosmologico avicenniano prevede dunque dieci Intelletti o Arcangeli, di cui nove apparterrebbero al mondo celeste, e uno, identificato con
lArcangelo Gabriele, a quello sublunare di cui sarebbe lordinatore, nonch depositario della scienza e destinato a proiettare sulle anime umane le forme delle conoscenze da esso possedute [] Pur avendo attestato leternit della creazione, Ibn
Sna si allontan notevolmente dallinsegnamento aristotelico, privilegiando il
pensiero neoplatonico per quanto riguarda sia il carattere trascendente dellEssere
necessario, sia il concetto di emanazione. Cfr. anche M. CAMPANINI, Introduzione
alla filosofia islamica, Roma-Bari 2004, p. 90 ss. e anche AL-FARABI, La citt virtuosa, tr. it. di M. Campanini, Milano 1996, p. 91 ss.
27 PLOTINO, Enn., tr. it. di G. Faggin, Milano 1992 (Enn.), III 8, 10, pp. 524525.
28 Sulla nozione di emanazione cfr. J.M. RIST , Plotino. La via verso la realt,
tr. it. P. Graffigna, Genova 1995, p. 110, il quale afferma che il linguaggio

314

Ivana Panzeca

pinto metafisico, non possibile far altro che ricorrere ad analogie e


a suggestive metafore che Plotino utilizza, mirando a darci lidea di
una derivazione che nulla toglie alla fonte. La nozione metaforica di
emanazione, chiave di volta della speculazione plotiniana, spiega la
via attraverso cui questa derivazione pu attuarsi senza che lUno
diminuisca la sua trascendenza. LUno il principio vitale che non si
disperde, che rimane ancorato alla radice; lUno trascende il mondo
che generato per irradiazione, come dal sole la luce, dal fuoco il
calore.29
Lanalogia della luce che si effonde pervade lopera plotiniana.
Tutta la natura intelligibile e tutto ci che appartiene allordine razionale visto come luce.30 Questa considerata come la manifestazione propria del divino, attraverso cui lUno si comunica per emanazione alle intelligenze celesti e al mondo sensibile.
Molti passi delle Enneadi dimostrano il procedere del reale dal
principio supremo che identificato con una luce che si irradia intorno e si diffonde per tutta la sfera dellessere a partire da un punto
luminoso centrale.31 Celebri immagini mettono in evidenza la diffe

dellemanazione metaforico e che attraverso di esso non si pu affermare la natura dellUno nella sua completezza. Al riguardo si pu richiamare M.L. GATTI, Plotino e la metafisica della contemplazione, Milano 1996, p. 54: Alcuni studiosi, infatti,
prendendo alla lettera le immagini plotiniane, hanno definito erroneamente la derivazione del molteplice dallUno emanazione. Rist ha giustamente osservato che vi
un abisso infinito tra lUno e tutte la cose, per il quale le metafore possono dare
indicazioni solo vaghe. Cfr. anche sullargomento G. REALE, I fondamenti della metafisica di Plotino e la struttura della processione, in Graceful Reason: Essays in Ancient and Medieval Philosophy Presented to Joseph Owens, CSSR, ed. Lloyd P.
Gerson, Toronto 1983, p. 154: Riteniamo che sia giunta lora di abbandonare definitivamente lidea che la metafisica plotiniana sia una forma di emanazionismo.
Riteniamo, anzi, che, lette in modo adeguato, le Enneadi sembrino presentare una
dottrina che , per molti rispetti, la netta antitesi dellemanazionismo, ossia una dottrina che fa perno su una processione che si struttura secondo un ritmo ternario.
29 PLOTINO, Enn., V 1, 6, pp. 802-803: Tutti gli esseri, finch sussistono,
producono necessariamente dal fondo della loro essenza, intorno a s e fuori di s,
una certa esistenza, congiunta alla loro attuale virt, che come unimmagine degli
archetipi dai quali nata: il fuoco effonde da s il suo calore, e la neve non conserva il freddo soltanto dentro di s; unottima prova di ci che stiamo dicendo la danno le sostanze odorose, dalle quali, finch sono efficienti, deriva qualcosa
tuttintorno, di cui gode chi gli sta vicino.
30 Al riguardo cfr. M. ISNARDI PARENTE, Introduzione a Plotino, Roma-Bari
1984, pp. 100-101. Cfr. M. DI PASQUALE BARBANTI, La metafora in Plotino, Catania
1981, p. 152: Il simbolismo del termine luce dato dal significato che esso suggerisce: la luce significa il bene, la vita; le anime, infatti, traggono la vita dalla luce
dello Spirito, e lo Spirito quello che in virt della prima luce.
31 Cfr. PLOTINO, Enn., VI 4, 7, pp. 1126-1127: Se immagini come centro (kevntron) una piccola massa luminosa e poni intorno ad essa un corpo pi grande, sferico e trasparente, in modo che la luce (to; fw`") che v dentro si diffonda in tutta la
sfera, senza che nessunaltra luce dallesterno la illumini, dobbiamo riconoscere che

Immagini e concetti plotiniani in Sohravard

315

renza fra lUno, che persevera nella sua immobilit, e i suoi derivati:
Allo stesso modo la luce, che ha origine da un unico punto luminoso, immobile in se stesso, si diffonde nello spazio: la luce cos diffusa solo unimmagine di quella sorgente che la Luce vera [...].32
I testi neoplatonici, e in particolare quelli di Plotino e di Proclo,33 costituirono una base di appoggio per raggiungere il meraviglioso ordine cosmico architettato da Avicenna34 e da Sohravard.
Cos Sohravard applic lo schema tratto dallemanatismo
neoplatonico alle nuove entit metafisiche, le luci, prospettando un
universo composto da monadi, da unit di luce gerarchizzate secondo il grado di autarchia. In tal modo si giunse fino alla determinazio

quel punto interno non soggetto ad alcuna affezione ma si diffonde su tutta la


massa esterna rimanendo immobile, e che la luce che si vede brillare in quella piccola massa si diffusa in tutta la sfera esterna. Ora, questa luce non deriva da
quella piccola massa corporea: questa massa non possiede la luce in quanto corpo, ma in quanto corpo luminoso, cio in virt di unaltra potenza che non corporea [...].
32 PLOTINO, Enn., VI 8, 18, pp. 1328-1329: Si veda anche ID., I 7, 1, pp. 144145: Il sole (oJ h{lio") ne unimmagine, poich esso come un centro per la luce
che si diffonde da esso; questa ovunque con lui e non si spezza, ma se tu vuoi
dividerla in due parti, la luce rimane soltanto dalla parte del sole.
33 Cfr. PROCLO, I Manuali. I testi magico-teurgici, tr. it. di C. Faraggiana di
Sarzana, Milano 1985, p. 87 ss.: Tutto ci che ha la capacit di produrre altro
superiore alla natura di ci che prodotto. Infatti, o superiore o inferiore o uguale.
Supponiamo dapprima che sia uguale. In tal caso, ci che prodotto da esso, o ha
anchesso la potenza di produrre qualcosaltro o assolutamente infecondo. Ma,
nel caso che fosse infecondo, proprio per questo fatto risulterebbe inferiore a ci
che lo produce e, in quanto privo di capacit produttiva, non sarebbe uguale a quello, che fecondo e ha potere di creare. Ma, se anchesso ha facolt di produrre altro, o produce cose uguali a s stesso, e ci varr allora universalmente, e tutti gli
esseri saranno uguali tra loro e nessuno superiore a un altro, dal momento che
allinfinito ci che produce forma il suo prodotto uguale a s stesso; o produce cose
diverse, e allora non sar pi uguale a ci che lo ha prodotto: infatti proprio di potenze uguali il produrre cose uguali; ma le cose nate da questi sono diverse tra loro,
se vero che ci che produce uguale al suo antecedente, mentre il suo conseguente diverso. Dunque, ci che prodotto deve non essere uguale a ci che lo
produce. Ma ci che produce non sar mai neppure inferiore. Se infatti esso d
lessere a ci che produce, gli fornisce anche la potenza conforme allessere. Ma,
esso ha la capacit di produrre ogni potenza per il suo conseguente, potrebbe rendere anche s stesso tale quale quello. Se vero questo, esso potrebbe anche accrescere la propria potenza. Infatti, n il non poterlo fare costituisce un impedimento, dal momento che possiede la potenza creatrice, n il non volerlo, poich ogni
cosa aspira per natura al bene: sicch, se pu rendere un altro essere pi perfetto,
potr rendere perfetto anche s stesso prima del suo contingente. Dunque, ci che
prodotto n uguale a ci che lo produce, n superiore. Sotto ogni aspetto
quindi ci che produce superiore alla natura di ci che prodotto.
34 Sullargomento cfr. J. OWENS, The Relevance of Avicennian Neoplatonism,
in P. Morewedge (edited), Neoplatonism and Islamic Thought, New York 1992, p. 41
ss.

Ivana Panzeca

316

ne di quattro mondi,35 inseriti in un sistema complesso e plurifunzionale composto da molteplici cristalli di luce: si assiste a una doppia
espansione della luce che segue due direzioni.
Le luci dominatrici primordiali, procedendo le une dalle altre,
formano una gerarchia discendente, che Sohravard definisce ordine longitudinale (t\abaqat al-t\ul), mondo delle madri (ummahat).36
La gerarchia del mondo arcangelico delle madri genera un duplice ordine di eventi: le relazioni damore fra le luci producono un
ordine latitudinale (t\abaqat al-ard|),37 un ordine di arcangeli, signori delle icone o delle specie (arbab al-anwa), legati da un
rapporto di uguaglianza reciproca;38 invece le dimensioni intelligibili
negative, quali la dipendenza, lilluminazione passiva e lamore come
bisogno, producono il cielo delle stelle fisse che comune.
Il primo ordine di luci composto da monadi produttrici di altre
unit, mentre il secondo ordine composto dallinsieme degli archetipi eterni delle specie viventi, dove presente anche langelo
dellumanit, lo Spirito Santo, Gabriele,39 nonch lIntelligenza agen

Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre V, p. 215: Da parte mia, io ho delle esperienze autentiche che mi attestano che i mondi sono quattro: in primo luogo, ci sono
le luci arcangeliche, poi ci sono le luci reggenti, quindi c il mondo doppio dei
barazih. Ci sono infine le forme in sospeso, tenebrose o luminose. Nel racconto Il simbolo di fede dei filosofi, in SOHRAVARDI, op. cit., p. 37, si attesta che: Secondo i filosofi, gli universi son tre: il mondo delle Intelligenze [Angeli intellectuales]
o Jabarut; il mondo delle Anime [Angeli caelestes] o Malakut; Mulk, invece, il
reame dei corpi materiali [alam al-shahada, mondo visibile o dei fenomeni sensibili].
36 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre III, p. 170: Infatti, tra le luci arcangeliche,
ci sono anche delle sorgenti longitudinali, che hanno pochi mediatori di irradiazioni
e di sostanze. Queste sono chiamate le Madri.
37 Ib.: Daltra parte, ci sono, tra le luci arcangeliche, le sorgenti di un ordine
latitudinale, che deriva dalle illuminazioni dellordine longitudinale superiore , illuminazioni mediate da molteplici gradi.
38 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 138: Daltra parte, secondo le associazioni delle irradiazioni con la dimensione dellautarchia, della dominazione e
dellamore e attraverso le associazioni meravigliosamente proporzionate tra le irradiazioni intense e perfette e le altre, procedono le luci arcangeliche che sono i Signori delle Icone (arbab al-anwa) delle specie celesti, teurghi delle nature semplici e dei composti elementari e di tutto ci che esiste al di sotto della sfera delle
Fisse. Le luci arcangeliche formano lordine longitudinale emanando le une dalle
altre, senza che derivi da esse nessuna specie di corpi, a causa dellintensit della
loro luminescenza, della loro vicinanza alla luce delle luci. Il termine teurgia di
origine greca e designa unarte magica applicata a fini religiosi. Il primo autore che
si autodefin teurgo fu Giuliano il Caldeo (sec. II d.C.), autore presunto degli Oracoli
caldaici; la teurgia fu per valorizzata da Porfirio, Giamblico (Dei misteri) e Proclo
(Della tecnica ieratica).
39 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre IV, p. 190: Da una di queste luci arcangeliche procede quella che larcangelo teurgo della specie, cio Gabriele, nostro
35

Immagini e concetti plotiniani in Sohravard

317

te dei falasifa (filosofi). Ma resta da considerare che tra questo secondo ordine e gli individui necessaria una mediazione, quella delle anime, o luci reggenti, arcangeli delle teurgie.40 Sohravard le
designa es|pahbad, (anwar is|fahbad, avestico spadapati,
pahlavi spahbat),41 comandanti dellesercito, termine utilizzato
dallantica cavalleria iranica.
Il barzah,42 lAhriman mazdaico (avestico Angra Mainyu),43
pura
negativit, lintermediario del terzo mondo, tra il mondo delle sfere
celesti e quello degli elementi sublunari. Infine troviamo il quarto
mondo, il mundus imaginalis, mondo intermedio tra quello intelligibile
e quello sensibile.44
Ma la processione dellessere, pur letta in chiave neoplatonica,
diviene in Sohravard principalmente una teofania:45 la luce delle
luci una luce epifanica, il sole del mondo dellintelletto che regna
su ogni cosa; essa si auto-percepisce avendo di s una conoscenza
illuminatrice integrale:46 Essa la luce sostanziatrice, eternamente
sussistente. La luce sacrosanta, la sublime e suprema luce, essa

parente diretto tra tutti gli arcangeli della gerarchia delle potenze arcangeliche, il
Donatore delle anime, lo Spirito Santo.
40 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 142: Le dimensioni dindigenza delle luci primordiali si manifestano ugualmente anche negli angeli delle teurgie tramite
la dimensione di indigenza che consiste in una diminuzione del loro grado di luce.
41 Ib.: Cos dunque, la luce che le governa una luce immateriale. ci
che noi chiamiamo luce es|pahbad. Cfr. Q. SIRAZI, Commentaires, in
SOHRAVARDI, op. cit., p. 322: Perch in lingua pahlavi, il capo dellesercito e la
sua guida. Lanima pensante il capo dei corpi e delle facolt riunite in esso, per
cui essa les|pahbad dei corpi. Q. Sraz nacque a Sraz nel
634/1237 e mor a Tabrz nel 710/1311. Fu matematico, astronomo, filosofo e sufi
ed ebbe rinomati maestri tra cui Nas|r al-Dn T|us. Ha composto una quindicina di opere, fra cui unenciclopedia filosofica in persiano Durrat al-Tag (La perla
della corona) e un commento magistrale al Kitab h|ikmat al-israq di Sohravard.
42 Cfr. n. 22.
43 Si veda sopra n. 20.
44 Questultimo il mundus imaginalis (alam al-mital), definito cos da
Corbin (cfr. CORBIN, op. cit. (1992), p. 109) per evitare di confondere questo mondo
con limmaginario e lillusorio. il mondo intermedio fra il sensibile e lintelligibile,
pieno di forme ed immagini sussistenti alla soglia del Malakut, il mondo
dellanima. Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre V, p. 229: Ma tutti questi, sono avvenimenti propri delle condizioni dellottavo clima, quello in cui si trovano le citt di
Gabalqa, Gabarsa e Hurqalya, ricche di meraviglia.
45 Cfr. CORBIN, Il paradosso del monoteismo, tr. it. di G. Ribecchi, Casale
Monferrato 1986, p. 9.
46 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Introduction, p. 14. Secondo la tesi, riportata
nellintroduzione al testo da C. Jambet, la luce delle luci al posto dellUno che i
neoplatonici situano in eccesso di ogni serie di essenti, lUno ineffabile, fuori da ogni essenza o da ogni esistenza.

Ivana Panzeca

318

la luce sempre vittoriosa.47 Essa lessere necessario (wagib alwugud), di cui parla Sohravard nei suoi racconti,48 che domina
linsieme delle luci a causa del suo estremo splendore e dellintensit
del suo scintillio. il punto luminoso, immobile, plotiniano, volont
purissima e principio dellessenza da cui origina quella luce che si
diffonde tuttintorno.49
Attraverso il testo plotiniano si pu sottolineare la questione
nodale dellunicit del principio primo: ecco un passo decisivo in cui
viene chiarito che Egli soltanto Uno (movnon); se fosse tutto, farebbe parte degli esseri. Perci Egli non nulla di ci che
nellIntelligenza, ma da Lui derivano tutte le cose [...].50
Questo principio unico plotiniano trova una sua fedele lettura
nellunit di Sohravard: la luce delle luci immateriale, autarchica
e unica [...] tutto ci che al di sotto di essa, ha bisogno di essa e
prende da essa la sua esistenza [...] la luce delle luci una e unica
(wah|dan), la sua essenza non sottomessa ad alcuna condizione e tutto ci che altro da essa sotto la sua dipendenza.51
Altri due passi sohravardiani mostrano la concordanza armoniosa e lanalogia con la visione plotiniana del principio: a) Questa
luce delle luci quella che basta assolutamente a se stessa, poich

SOHRAVARDI, op. cit., Livre I, p.112.


Cfr. SOHRAVARDI, Il libro dei templi della luce, in SOHRAVARDI, op. cit., p.
48 dove vengono esposte le caratteristiche dellessere necessario: Possiede Gloria
suprema, completa Perfezione, Nobilt sublime, Intensissima Luce.
49 Cfr. PLOTINO, Enn., V 1, 6, pp. 802-803: Un irradiamento (perivlanyin) che
si diffonde da Lui (ejx aujtou`), da Lui che resta immobile, com nel sole la luce che
gli splende tuttintorno; un irradiamento che si rinnova eternamente, mentre Egli resta immobile.
50 Cfr. PLOTINO, Enn., V 1, 7, pp. 804-805.
51 SOHRAVARDI, op. cit., Livre I, p. 113. Il riferimento ad Avicenna quasi
spontaneo: cfr. AVICENNA, op. cit., Trattato VIII, Sezioni IV-VI, p. 781 ss.: Il Necessariamente Esistente uno, niente Gli si associa nel Suo rango e niente allinfuori
di Esso necessariamente esistente. E poich niente allinfuori di Esso necessariamente esistente, Esso principio della necessit dellesistenza di ogni cosa e
rende necessaria [ogni cosa o] di una necessit primaria oppure per mediazione;
poich poi lesistenza di ogni cosa che ne diversa proviene dalla Sua esistenza,
Esso primo e con primo non intendiamo unintenzione che si aggiunga alla necessit della sua esistenza, in modo tale che in virt di questa la necessit della sua
esistenza si moltiplichi: con primo intendiamo al contrario la considerazione della
sua relazione con quel che diverso da s [...] Il Necessariamente Esistente
completo nellesistenza, perch non Gli manca nulla del suo essere n [Gli manca
una] delle perfezioni del suo essere e nulla dello stesso genere del suo essere esterno al suo essere, esistendo per qualcosa di diverso da Esso, come accade, invece, a quel che diverso da Esso, come luomo [...] Il Necessariamente Esistente
per s bene puro. Ora, in generale il bene ci che ogni cosa desidera e ci che
ogni cosa desidera lesistenza o la perfezione dellesistenza riguardo allesistenza
stessa [...] Il Necessariamente Esistente unintelligenza pura, perch unessenza
separata dalla materia sotto ogni aspetto.
47
48

Immagini e concetti plotiniani in Sohravard

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al di l di essa non c niente;52 b) Per cui c bisogno di qualcosa


che basti assolutamente a se stesso (per essere) ed proprio la
luce delle luci.53
E qui si pu invocare la testimonianza di Plotino che apre un
richiamo parallelo: Egli basta dunque a se stesso e non cerca pi
nulla (aujtavrkh" oujn eJautw` kai; oujde;n zhtei`); e se non cerca pi nulla, Egli ha in s ci che dovrebbe cercare se non lo possedesse.54
Lo stato di perfezione in Sohravard si identifica con lessenza
luminosa stessa e tutti gli esseri di luce, formando una stessa specie, si differenziano in quanto alla perfezione: infatti, come nel mondo sensibile, la luce ricevuta non uguale in perfezione alla luce che
dona, cos per quanto riguarda la luce immateriale.55 Cos pure
Plotino sostiene che lUno sussiste in ununicit assoluta che coincide con la sua perfezione.
Pu accadere che la perfezione o limperfezione derivino dal
ricettacolo, come quando il raggio di sole cade sul cristallo o sul suolo. , per esempio, il caso di uno stesso muro che riceve la luce dal
sole e dalla lampada successivamente, o come i raggi del sole che
una superficie di vetro riflette sul suolo. ben evidente che ci che il
suolo riceve direttamente dal sole pi perfetto di ci che il vetro riflette su di esso o che riceve dalla lampada. Non sfugge a nessuno
che la differenza in perfezione e imperfezione tra i due non ha altra
causa che la differenza delle fonti luminose. Ma succede, invece,
che lagente sia unico, e che la perfezione o limperfezione dellirradiazione (sua) differisca a causa del ricettacolo come il raggio di
sole che cade sul cristallo, sulla lignite o sul suolo. Poich ci che
riceve il cristallo e la lignite pi perfetto di ci che riceve il suolo.56
La differenza sostanziale riguarda, invece, le fonti luminose.57

SOHRAVARDI, op. cit., Livre I, p. 112.


Ib., p. 113.
PLOTINO, Enn., V 3, 16, p. 852-853. Cfr. ARISTOTELE, Metafisica, cit., D 16,
1021 b 30 - 1022 a 3: Dunque le cose si dicono perfette per s in tutti questi sensi:
alcune perch, rispetto al bene loro, non mancano di nulla o non sono sorpassate
da altre e non hanno alcuna loro parte fuori di s; altre, in generale, perch non sono superate da altro e non hanno alcuna parte fuori di s nellambito del loro genere. Le altre cose si dicono perfette in funzione di questi stessi significati, cio perch
o producono o posseggono qualcosa do perfetto, o perch sono ad esso conformi,
o perch in un modo o in un altro hanno rapporto con le cose che si dicono perfette
nel senso principale.
55 Cfr. SIRAZI, Commentaires, in SOHRAVARDI, op. cit., p. 292: In verit
il rapporto dellinsieme delle luci intelligibili e altre con la Luce delle luci come il
rapporto dei corpi trasparenti, che non hanno n colore n luce, con la luce del sole.
56 SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 119.
57 Cfr. PLOTINO, Enn., IV 3, 17, pp. 586-587: Esiste certamente un centro e
intorno ad esso un cerchio che ne deriva irraggiando, e intorno a questo un altro
52
53
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320

Ivana Panzeca

Le luci hanno una costante attitudine a ricevere, mentre la loro perfezione e la loro debolezza possono variare a causa della loro sorgente. In quanto alle perfezioni delle luci immateriali, non necessarie, esse sono causate e hanno bisogno di un fattore di individuazione, di un principio di unificazione58 che il loro esistenziatore.59 La
luce delle luci invece non ha ricettacolo a causa della sua sussistenza e della sua sostanzialit.60
Mettendo insieme tutto ci che si sino ad ora rilevato, sar
senzaltro chiaro che la perfezione assoluta appartiene soltanto al
principio, che ha nella sua stessa essenza la propria ragione
dessere. Dal testo plotiniano emerge chiaramente che il principio si
volge a se stesso e ama se stesso: Egli amabile ed , Egli stesso, amore e amore di s (auJtou` e[rw"), poich non pu trovare la
sua bellezza se non da s e in s.61
Questo passo fornisce una scenografia che sembra avere la
stessa tonalit dellisraq tanto che, si pu richiamare e confrontare
il testo di Sohravard: Essa (Luce delle luci) non ha amore che per
se stessa. Essa si ama, perch la sua perfezione le manifesta ed
il pi bello, il pi perfetto degli esseri [...] cos che la luce delle
luci amante di se stessa, e niente pi; ma essa al tempo stesso
amata da se stessa e dagli altri.62 Infatti tutte le irradiazioni che nascono dallilluminazione della luce delle luci e le irradiazioni delle irradiazioni hanno bisogno di essa e prendono da essa la loro esistenza. La sorgente luminosa avvolge la totalit delle luci, ma pos

cerchio: luce da luce (fw`" ejk fwtov"). Oltre a questi, il nuovo cerchio non pi un
cerchio di luce perch manca di luce propria, e perci ha bisogno di luce estranea:
esso piuttosto come una ruota o meglio come una sfera che dal terzo posto riceva
poich gli contigua tutta la luce che da esso emana. La grande luce, irraggiando, resta immobile, e lo splendore che da essa emana si effonde secondo ragione; ma le altre luci irraggiano insieme e in parte stanno ferme, in parte sono attratte dallo splendore di ci che viene illuminato.
58 Cfr. PLOTINO, Enn., III 9, 4, pp. 530-533: Come il molteplice (plh`qo") deriva dallUno (ejx eJno;")? Perch <lUno> ovunque, n c luogo ovesso non sia.
Egli riempie tutto. Perci esso riempie il molteplice, o meglio il Tutto. Segli fosse
soltanto ovunque, sarebbe il Tutto, ma poich egli anche non in nessun luogo, il
Tutto diviene per lui, poich egli ovunque, ed diverso da lui perch egli non in
alcun luogo. E perch egli non soltanto ovunque, ma anche non in nessun luogo? Perch necessario che lUno sia prima del Tutto. necessario che egli riempia e produca tutto, ma non sia il Tutto che egli produce.
59 Cfr. SIRAZI, Commentaires, in SOHRAVARDI, op. cit., p. 293: Questo
non altro che il loro esistenziatore, principio della loro emanazione, il loro responsabile dal non-essere allessere.
60 Cfr. SIRAZI, Commentaires, in SOHRAVARDI, op. cit., p. 292: A causa
della sussistenza per se stessa e della sua sostanzialit.
61 PLOTINO, Enn., VI 8, 15, pp. 1322-1323.
62 SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 130.

Immagini e concetti plotiniani in Sohravard

321

siede comunque pi luce di ci che la riceve;63 non possiede alcuna


qualit tenebrosa, poich se questa fosse immanente alla luce delle luci, bisognerebbe dedurne che nella sua essenza, c una dimensione tenebrosa [...] quindi sarebbe composta e non sarebbe luce pura.64
Dalla luce delle luci non possono provenire due luci,65 perch
ci sarebbero due dimensioni e quindi una moltiplicazione della luce
delle luci; allo stesso modo essa non pu promanare una luce e una
tenebra, in quanto lesigenza che provoca la luce risulta differente
da quella della tenebra.66
Quindi dalla luce delle luci procede un essere causato unico,
lessere di luce che il primo arcangelo, designato con il nome zoroastriano di Bahman,67 lantico Vohu Manah avestico,68 primogenito

63 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre I, p. 114: Unaltra ragione generale


[dellimpossibilit che una qualit anche luminosa risieda nellessenza della luce
delle luci] la seguente: la sorgente luminosa (al-munr) possiede pi luce di ci
che prende la luce (al-mustanr), se ci si riferisce allatto di conferire questa luce.
Per cui [nellipotesi], la qualit luminosa che dispenserebbe la luce sarebbe pi luminosa della luce delle luci che la riceverebbe. Anche qui si urta contro lassurdo.
Cfr. PLOTINO, Enn., V 6, 4, pp. 892-893: Si pu perci paragonare lUno alla luce
(to; me;n fwtiv), il termine seguente al sole e il terzo alla luna che riceve la luce dal
sole. LAnima infatti ha soltanto unintelligenza a prestito, la quale la illumina solo
superficialmente quando essa intelligente; lIntelligenza invece la possiede come
cosa tutta sua, ma non luce pura, pur essendone illuminata nella sua essenza.
Ma chi le fornisce la luce unaltra luce, una luce purissima, che ad essa d la possibilit di essere ci che .
64 SOHRAVARDI, op. cit., Livre I, p. 114.
65 SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, pp. 117-118: Non pu essere nemmeno
che due luci procedano da essa [...] Ci sarebbero due dimensioni nella luce delle
luci. Cfr. PLOTINO, Enn., V 4, 1, pp. 856-857: necessario infatti che il Primo sia
semplice, anteriore a tutte le cose e diverso da tutto ci che dopo di Lui, esistente
in s, non mescolato con gli esseri che derivano da Lui e capace nondimeno di essere presente, in un suo modo, nelle altre cose, uno che realmente Uno e non un
uno che prima sia un altro essere e poi sia Uno; falso dire di Lui che Uno, poich di Lui non v n concetto n scienza, in quanto di Lui si dice che al di l
dellessenza: infatti, se non fosse semplice, privo di qualsiasi accidentalit e composizione e realmente uno, non sarebbe Principio; ma poich semplice, Egli assolutamente indipendente e primo fra tutte le cose: infatti ci che non primo ha
bisogno di ci che prima di lui, e ci che non semplice ha bisogno degli elementi semplici che sono in lui per poter derivare da essi. Ci che tale non pu che essere Uno [].
66 SOHRAVARDI, op. cit., Livre I, p. 117. A questo proposito cfr. SIRAZI,
Commentaires, in SOHRAVARDI, op. cit., p. 290: Lessenza della luce delle luci, essendo semplice, non ammette assolutamente nessuna composizione. dunque
impossibile che una tenebra emani dalla luce delle luci senza che una luce faccia
da tramite. impossibile infatti che il possibile inferiore esista senza che esista innanzitutto il possibile che gli preminente. Cfr. anche SOHRAVARDI, Il libro dei
templi della luce, in SOHRAVARDI, op. cit., p. 50 ss.
67 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 120: dunque stabilito che il primo

322

Ivana Panzeca

degli Amahraspandan.69
Lirradiazione che si effonde pi perfetta sulla prima emanata, che una luce immateriale unica,70 ci che i neoplatonici chiamavano Intelligenza delluniverso (nou`").71
Ugualmente dallUno plotiniano procede una materia indeterminata che si volge alla prima ipostasi ricevendone forma e determinazione. LEssere cos generato volge lo sguardo verso il principio
assoluto e prova desiderio ardente per esso. Anche in questo caso il
confronto di Sohravard con Plotino interessante oltre che ineludibile: Ogni luce inferiore prova desiderio e amore (sawq waisq)
per la luce di un rango pi elevato.72
In un passo analogo Plotino aveva precisato che: Tutte le cose infatti tendono a Lui (ejkeivnou) e lo desiderano per necessit naturale, come se presagissero che senza di Lui non possono essere.73 Egli per rimane in se stesso e i molti amanti dellUno che lo
amano tuttintero, lo posseggono interamente quando lo possegga

[essere] prodotto dalla luce delle luci unico. la luce pi vicina, la luce sublime,
quella che alcuni antichi Persiani chiamano Bahman. Cfr. anche SOHRAVARDI,
Strofe liturgiche e offici divini, in SOHRAVARDI, op. cit., p. 235: Io celebro la liturgia
del servitore di Dio, Velo sublime, Luce maggiore, Sua creazione suprema, Immagine primordiale, il Santissimo, il Prossimo, re degli Angeli, principe delle Luci vittoriali, padrone di casa del Paradiso: Bahman-Luce [Bahman-Nur]. Cfr. SIRAZI,
Commentaires, in SOHRAVARDI, op. cit., p. 293: Il saggio, leminente Zoroastro, dice che il primo degli esseri creati Bahman.
68 SOHRAVARDI, Strofe liturgiche e offici divini, in SOHRAVARDI, op. cit., pp.
235-242. Cfr. anche CORBIN, op. cit. (1986), p. 39: Dei tre Arcangeli maschili: Vohu
Manah (Pensiero eccellente, pahlavi Vohuman, persiano Bahman) si riservato la
protezione di tutta la creazione animale.
69 Cfr. CORBIN, op. cit. (1986), p. 38: Queste Sette Potenze sono chiamate
Amahraspand (avestico Amerta Spenta), nome che correntemente si traduce con i
Santi Immortali, intendendo per santit non un attributo canonico, ma una Energia
transitiva, attiva e attivante che comunica lessere, lo conferma e lo fa traboccare in
tutti gli esseri. Queste Sette Potenze sono indicate anche col nome di Arcangeli zoroastriani.
70 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 118.
71 Cfr. SOHRAVARDI, Il libro delle tavolette dedicate allEmiro Imadoddn, in
SOHRAVARDI, op. cit., p. 78: Colui che i filosofi chiamano Intelligenza Agente e la
teologia nomina Spirito Santo. in rapporto con lintelletto come il Sole con la vista;
dimora in Dio. Cfr. PLOTINO, Enn., V 5, 3, pp. 866-867: Questi (lUno) troneggia e
siede al di sopra dellIntelligenza come sopra un bel piedistallo che a Lui sospeso.
Se Egli deve incedere, deve incedere non sopra qualcosa di inanimato, e nemmeno
direttamente sullAnima, ma non pu non avere unimmensa bellezza davanti a Lui,
cos come davanti a un grande re procedono, nei cortei, anzitutto i personaggi minori e poi, di seguito, quelli maggiori e, dopo di loro, i dignitari pi importanti e quelli
che, essendo pi vicini al re, sono in un certo senso pi regali, e infine coloro che il
re onora [...].
72 SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 130.
73 PLOTINO, Enn., V 5, 12, pp. 882-883.

Immagini e concetti plotiniani in Sohravard

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no: essi infatti lo amano nella sua totalit.74


La prima emanata contempla contemporaneamente se stessa
e la luce delle luci,75 e proprio contemplando il principio, essa scopre
di possedere in s la notte, perch da essa procede il supremo barzah: Eppure la luce inferiore non smette di contemplarla [...] la
luce del pi alto rango contempla la luce delle luci.76
Plotino sosteneva gi che: [...] lIntelligenza contempla lUno e
ha bisogno soltanto di Lui, mentre lUno non ha bisogno
dellIntelligenza;77 [...] (lIntelligenza) vede la luce e la sorgente
della luce.78
Lesistenza della luce pi vicina ha per ragione lessenza della
luce delle luci e lilluminazione ha come causa lattitudine del ricettacolo, il suo desiderio e il suo amore per la fonte della propria esistenza.
La generosit consiste nellesaudire un desiderio, senza aspettarsi qualcosa in cambio. Colui il quale ricerca gloria e ricompensa non che un mercenario. Allo stesso modo colui che con
questo cerca di sfuggire al biasimo o a qualcosa di simile. Niente
pi generoso di ci che luce, nella realt costitutiva del suo essere,
poich la luce si manifesta e si diffonde su ogni ricettacolo (che si
offre). Il re nel senso vero, colui che possiede lessenza di ogni cosa, ma la cui essenza non appartiene a nessuna, ed la luce delle
luci.79

PLOTINO, Enn., VI 5, 10, pp. 1160-1161.


Cfr. PLOTINO, Enn., V 2, 1, pp. 814-815: Ma lEssere cos generato si volge a Lui e tosto ne riempito e, una volta nato, guarda a se stesso, e questa
lIntelligenza. Il suo orientarsi verso lUno genera lEssere; lo sguardo rivolto a se
stesso genera lIntelligenza. Ma poich lIntelligenza per contemplarsi deve persistere in se stessa, diviene insieme Intelligenza ed Essere. E cos lEssere, essendo simile a Lui, genera ci che gli affine, riversando fuori la sua grande potenza; ma
anche questa unimmagine di Colui che, prima di lui, manifest la sua potenza.
Si veda anche V 3, 11, pp. 840-841: Ora lIntelligenza si rivolge a Lui, e mentre lo
coglie diventa veramente Intelligenza, Intelligenza distinta una volta per sempre,
essenza e pensiero in atto [...].
76 SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 130.
77 PLOTINO, Enn., V 1, 6, pp. 802-803. Sulla questione si veda GATTI, op. cit.
(1996), p. 58 ss: Questa vita si volge allUno e si muove intorno a Esso, divenendo
un movimento sazio, ricolmo di molteplici Esseri, di cui si fa consapevole, che contempla: nasce cos lIntelligenza contemplante. Plotino scrive: Tutto ci che si
muove deve avere qualcosa verso la quale si muova; ma poich Egli non ha nulla
verso cui muoversi, noi non possiamo ammettere che Egli si muova; ma se qualche
cosa nasce dopo di Lui, essa nata necessariamente in quanto si volge
eternamente verso di Lui (cfr. PLOTINO, Enn., V 1,6, pp. 802-803).
78 PLOTINO, Enn., V 5, 7, pp. 874-875.
79 SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 128.
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