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CAPITOLO XV

380. Impero romano e cristianesimo


Il 37 febbraio 380 a Tessalonica su iniziativa dellimperatore Teodosio fu emanato un
decreto che riconosceva come religione ufficiale dellimpero il cristianesimo, nelle
forme che erano state definite dal concilio di Nicea del 325. Teodosio viet quindi sia i
culti pagani, sia leresia ariana, e fece del cristianesimo niceno lunica religione
ammessa. Fu il complemento i un processo che aveva portato il cristianesimo dalla
condizione di religione minoritaria e perseguitata, a quella di religione dominane e
ufficiale.
1. La scelta di Costantino
Limpero romano era tradizionalmente un mondo di ampia tolleranza religiosa, tanto
che al suo interno si erano potuti diffondere i culti pi diversi, purch si conservasse la
venerazione. In questa ampia variet di culti aveva trovato posto anche il
cristianesimo. Le cose cambiarono durante il secolo III, quando la volont imperiale di
consolidare il proprio sistema ideologico port ad accentuare le connotazioni religiose
dellomaggio dovuto allimperatore: di conseguenza, crebbe lintolleranza nei confronti
dei culti non compatibili con tali forme di omaggio.
Il punto pi intenso delle persecuzioni si ebbe tra i secoli III e IV, ma una svolta venne
sancita dalleditto di Milano (313), con cui Costantino conferm e rese operativo un
decreto dellimperatore Galerio del 311, che gi aveva posto fine alle persecuzioni e
deliberato la libert del culto cristiano. La scelta di Costantino non diede vita a un
impero omogeneamente e stabilmente cristiano: non furono vietati i culti pagani, n
perseguitati gli eretici. Ma, a partire da questi anni, gli imperatori individuarono nel
cristianesimo un possibile elemento unificante del frammentato mondo romano.
Leditto di Milano rispondeva ad alcune esigenze religiose e intellettuali come la
ricerca di una religione salvifica a forte impronta morale, orientata a una crescita etica
e umana dellindividuo. Leditto concedeva inoltre alle comunit cristiane un
riconoscimento giuridico formale che avrebbe permesso loro di ricevere donazioni e di
trasmettere i beni progressivamente accumulati alle generazioni a venire.
2. Il concilio di Nicea
La religione cristiana richiedeva per ununit ideologica che essa, sino ad allora
articolata in una pluralit di interpretazioni e comunit, ancora non aveva. Questo fu il
problema affrontato dal concilio tenutosi nel 325 a Nicea. La principale decisione dei
vescovi l riuntiti fu la condanna dellarianesimo, ovvero la dottrina cristiana elaborata
e diffusa dal prete Ario, giudicata eretica per una ragione propriamente teologica: per
conciliare monoteismo e Trinit che riteneva il Figlio creato dal Padre, e quindi a lui
sottoposto e non eterno. A Nicea, prevalse unaltra interpretazione, che riteneva il
Figlio coeterno e fatto della stessa sostanza del Padre, generato e non creato.
Il concilio di Nicea fu convocato da Costantino: un imperatore non ancora battezzato,
che da pochi anni aveva concesso la libert di culto ai cristiani, ritenne necessario
convocare un concilio che risolvesse una questione propriamente teologica. Questa
iniziativa stabilisce lefficacia della religione come collante ideologico. Dal punto di
vista di Costantino non era molto importante quale tesi prevalesse, ma era importante
che dal concilio uscisse una tesi unitaria e una religione coerente.
La separazione tra cattolici e ariani si rafforz lentamente, soprattutto a partire dalla
seconda met del secolo IV, quando da un lato crebbe lintolleranza del cristianesimo
romano, e dallaltro larianesimo accentu la sua diffusione nel mondo barbarico,
anche grazie alla traduzione della Bibbia in lingua gotica. Si cre una bipartizione
religiosa tra un mondo romano a prevalenza cattolico/nicena e un mondo barbarico in
cui ebbe largo spazio larianesimo. Nonostante il dogma formulato a Nicea, il
cristianesimo rimase a lungo nei territori dellimpero una religione plurale: le enormi

distanze, unite con specifici usi locali, permisero alle diverse comunit di conservare a
lungo forme di culto e di organizzazione della vita comunitaria molto diverse fra loro.
3. Vescovi, diocesi, patriarcati
Il pieno consolidamento a livello imperiale del cristianesimo pu essere colto
nelleditto di Tessalonica del 380, con cui limperatore Teodosio impose la religione
cristiana a tutti i cittadini dellimpero, rendendola il culto ufficiale. Da questo momento
si avviarono sia le pi decise persecuzioni antiereticali, sia la massiccia confluenza
dellaristocrazia senatoria nelle fila del cristianesimo: per questo gruppo sociale
dlite, aderire alla religione cristiana era ora un passo obbligatorio per partecipare
pienamente al sistema politico imperiale.
Alla fine del secolo IV, il cristianesimo era quindi la religione dominante nellimpero
romano. La struttura portante piuttosto costituita dalla singola diocesi, ovvero la
comunit cristiana di una citt e del suo territorio, raccolta attorno al vescovo.
Lassemblea dei vescovi aveva la capacit di orientare le grandi scelte teologiche. Non
esisteva allora una chiesa universale sotto la guida di Roma, ma esisteva una pluralit
di chiese vescovili. Cos le chiese di Costantinopoli, Alessandria dEgitto, Antiochia e
Roma furono riconosciute come sedi patriarcali.
La centralit del vescovo nei confronti della societ cittadina che nasceva prima di
tutto dalla sua funzione religiosa, che lo rendeva il principale mediatore nei confronti
del sacro e la guida dei fedeli verso la salvezza ultraterrena. Questa funzione si
arricch con il progressivo inserimento nella chiesa cristiana della grande aristocrazia
senatoria, i cui membri furono i pi naturali candidati a ricoprire le funzioni vescovili. Il
potere e il prestigio dellaristocrazia senatoria contribuirono a consolidare il potere e il
prestigio dei vescovi.
4. Il primo monachesimo
I vescovi non furono per le sole figure religiose eminenti: un modello forte e
prestigioso fu rappresentato dai monaci, ovvero quelle persone che scelsero di ritirarsi
dal mondo per dedicarsi a una vita di preghiera, meditazione e ascesi. Non troviamo
alla base dei loro ideali n una volont di assistenza ai poveri o ai malati, n la cura
delle anime dei laici, n infine unattenzione specifica alla cultura e allo studio. Questo
non esclude affatto questo tipo di attivit ma dobbiamo vederle come integrazioni di
un percorso fondato prima di tutto sul perfezionamento personale del monaco.
Per mettere in pratica questi principi, i monaci adottarono alcuni comportamenti
comuni: lallontanamento dal mondo della societ civile, un rapporto continuo con le
Sacre Scritture, la rinuncia alle ricchezze, la scelta di autosostenersi con il lavoro. Vi
era per una divaricazione tra eremiti, coloro cio che scelsero di compiere il percorso
di ascesi in solitudine, e cenobiti, quelli che si riunirono in una comunit, un cenobio.
Queste scelte e questi comportamenti fecero dei monaci un modello di santit per
lintera cristianit, tanto che il monachesimo si diffuse nellintero Mediterraneo e in
ogni parte dEuropa.

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