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MPD

Manuale Particolare della Disciplina

Esame di:
DIRITTO PROCESSUALE PENALE

Universit degli studi di Catania


Cattedra: Prof. A. Pennisi (corso A/L)
Prof. M. Zappal (corso M/Z)
Testo di riferimento:
SIRACUSANO-GALATI-TRANCHINA-ZAPPALA,
Diritto Processuale penale, Giuffr, 2003

CEPU - 2004

INTRODUZIONE AL CORSO

Il presente manuale ha come obiettivo l apprendimento degli


istituti disciplinati nel codice di procedura penale, oggetto dell esame
universitario di diritto processuale penale .
Il corso si sviluppa in due parti (corrispondenti ai due tomi del
libro di testo): 1) parte statica, che illustra i primi quattro libri del codice
di procedura (soggetti; atti; prove; misure cautelari); 2) parte dinamica,
cos detta poich viene seguito l iter di un ipotetico processo penale dal
suo inizio (indagini preliminari) sino allo svolgimento dell intero
giudizio di primo grado e dei successivi giudizi di impugnazione.
Il corso costituito da n. 8 Unit Didattiche, per un totale di 48
ore di studio personale (escluse le ore da dedicare al ripasso).
L esame orale. La commissione Zappal (corso M/Z) pretende
una preparazione particolarmente accurata sulla parte dedicata alle
impugnazioni (spesso trascurata dagli studenti).
Lo studente dovr particolarmente attenzionare le unit didattiche
relative alle misure cautelari, alla fase della chiusura delle indagini
(archiviazione, azione penale) e dell udienza preliminare, ai riti speciali.

In generale la tendenza della commissione di esame quella di


livellare i candidati: non sono frequenti voti oltre il 26/30, ma neppure
voti al di sotto del 22/30. La percentuale di bocciature non elevata.

UNITA' DIDATTICA N. 1

I SOGGETTI

Ore di lezione: 4
Ore di studio: 6

I SOGGETTI PROCESSUALI
I soggetti processuali sono quelle persone titolari di posizioni giuridiche
processuali. Si possono distinguere: 1) soggetti necessari (senza di essi il processo
non potrebbe instaurarsi); 2) soggetti eventuali (possono anche mancare)
SOGGETTI NECESSARI:

SOGGETTI EVENTUALI:

- Giudice
- Pubblico Ministero
- Indagato/imputato

- Parte civile
- Responsabile civile
- Civilmente obbligato
- Persona offesa
- Enti esponenziali

IL GIUDICE
Il giudice l' organo al quale viene richiesta la pronuncia di una decisione.
I requisiti essenziali che il giudice deve possedere a norma della Costituzione sono
1) la indipendenza; 2) l' imparzialit.
1) INDIPENDENZA

-- art. 104 Cost.: la magistratura ordine autonomo e indipendente da ogni altro


potere. Ci significa da un lato che il potere legislativo (Parlamento) non pu
interferire sull' operato di un singolo giudice (ad es. mediante inchieste o dibattiti),
dall' altro che il potere esecutivo (es. Ministro di Giustizia) non pu disporre in
merito allo status professionale dei giudici;
-- art. 105 Cost.: Il C.S.M. l' unico organo competente in merito allo status dei
giudici (es. trasferimenti, promozioni, sanzioni disciplinari). Il C.S.M. organo di
auto-governo della magistratura, in quanto composto prevalentemente da giudici (il
Presidente del CSM il Capo dello Stato);
-- art. 106 Cost.: le nomine dei giudici devono avvenire per concorso pubblico
-- art. 107 Cost.: i giudici sono inamovibili sia dalla funzione che dalla sede;
-- art. 107 c.3 Cost.: nessuna soggezione di carattere gerarchico ipotizzabile tra
giudici: essi si distinguono unicamente per diversit di funzioni.
2) IMPARZIALITA'

Il giudice deve essere caratterizzato dalla assoluta estraneit e terziet rispetto alle
parti processuali. Tale principio ora espressamente previsto all art. 111 c. 2 Cost.
(introdotto a seguito della riforma costituzionale L. Cost. n. 2/1999), il quale
stabilisce che ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di
parit, davanti ad un giudice terzo e imparziale.
Per garantire questa imparzialit l' art. 25 c.1 Cost. prevede inoltre che
"nessuno pu essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge". Ci
significa che il giudice non pu essere creato appositamente per un singolo processo,
ma deve essere: 1) "naturale", cio normalmente competente per territorio e per

materia; 2) "precostituito", cio deve essere istituito prima che il fatto sia stato
commesso, mentre non possibile creare dopo la commissione del fatto un giudice
competente ad hoc. Infatti un giudice creato a posteriori difficilmente potrebbe
essere un giudice imparziale.
Inoltre, sempre a garanzia dell' imparzialit, la legge prevede una serie di
meccanismi che tendono a sostituire il giudice (con uno diverso) tutte le volte che si
abbia fondato motivo di dubitare della sua imparzialit (astensione; ricusazione;
rimessione).
Gli istituti processuali tendenti alla salvaguardia della indipendenza e della
imparzialit del giudice sono: l' astensione, la ricusazione, la rimessione.
LA CAPACITA' DEL GIUDICE
Affinch il giudice possa presentarsi quale valido soggetto del processo
indispensabile che egli possegga taluni requisiti di capacit.
1) Capacit in astratto: il giudice deve essere stato legittimamente immesso nelle sue
funzioni a seguito di regolare nomina; se il giudice collegiale, la composizione
numerica del collegio deve essere regolare; il giudice non pu operare in una sede
nella quale un suo parente o affine in 1 grado eserciti l' attivit di avvocato.
La mancanza della capacit (in astratto) prevista come causa di nullit
assoluta ex art. 178 lett. a) c.p.p.;
2) Capacit in concreto (o incompatibilit): il giudice deve possedere in concreto i
requisiti della indipendenza e della imparzialit. Non deve, cio, trovarsi in nessuna
situazione di incompatibilit. Le situazioni che determinano incompatibilit sono
tassativamente previste dagli artt. 34, 35 e 36 c.p.p..
art. 34 (incompatibilit derivante da precedenti atti compiuti nel
procedimento): il giudice che ha emesso sentenza in primo grado non pu essere
giudice nei gradi successivi; il giudice dell' udienza preliminare (g.u.p.) non pu
essere giudice del dibattimento; il giudice delle indagini preliminari (g.i.p.) non
pu essere g.u.p o giudice del dibattimento; chi ha esercitato funzioni di p.m., di
polizia giudiziaria, difensore, testimone, perito, o proposto denuncia o querela
non pu essere giudice nello stesso procedimento.
art. 35 (incompatibilit per motivi di parentela tra giudici): nello stesso
procedimento (anche se in fasi o gradi distinti) non possono esercitare funzioni
giudici che sono tra loro parenti o affini fino al 2 grado o coniugi.
Art. 36 ( incompatibilit per presunto conflitto di interessi): il giudice non
pu esercitare le sue funzioni nel procedimento se ha un interesse nella causa; se
debitore o creditore, tutore, o datore di lavoro di una delle parti private; se
prossimo congiunto di un difensore di parte o del p.m.; se vi inimicizia grave
fra lui e una delle parti private; se ha manifestato il suo parere sulla colpevolezza
dell' imputato fuori dall' esercizio delle funzioni giudiizarie

Riassumendo:
-- l incapacit in astratto indica la inidoneit ad assumere la funzione di giudice in
relazione a qualsiasi processo. Conseguenza: nullit assoluta degli atti eventualmente
compiuti;
-- l incapacit in concreto indica la inidoneit ad assumere la funzione di giudice
con riguardo ad uno specifico processo (quello per il quale sussiste la causa di
incompatibilit), pur sussistendo la idoneit ad assumere la funzione di giudice in
relazione a qualsiasi altro processo. Conseguenza: attivazione delle procedure di
astensione o di ricusazione.

L' ASTENSIONE
Tutte le volte in cui il giudice ritiene di trovarsi in una situazione di incompatibilit
prevista dalla legge (artt. 34,35 e 36) egli tenuto a rinunciare alla funzione
giurisdizionale, dichiarando la sua astensione da quel determinato processo.
La dichiarazione di astensione va proposta al presidente dell' organo collegiale di cui
il giudice fa parte, oppure, se si tratta a sua volta di un giudice presidente o di un
giudice monocratico, al presidente dell' organo collegiale del grado successivo (ad
es. se ad astenersi un giudice di pace, sar competente a decidere il presidente del
Tribunale; se ad astenersi un presidente del Tribunale, sar competente a decidere il
presidente della Corte d' Appello). Se la richiesta di astensione viene accolta, il
giudice astenuto viene sostituito con un altro magistrato dello stesso ufficio,
appartenente ad una sezione diversa.
Il giudice che a conoscenza del suo stato di incompatibilit ha un preciso obbligo di
astenersi: la mancata astensione potrebbe comportare sanzioni penali (abuso d'
ufficio) nonch sanzioni di carattere disciplinare.
LA RICUSAZIONE
E' la dichiarazione con la quale una delle parti processuali (pubblico ministero,
imputato, parte civile, etc.) tende ad escludere un giudice dall' esercizio delle sue
funzioni in un determinato processo, in quanto egli versa in una delle situazioni di
incompatibilit previste dalla legge (artt. 34-35-36 c.p.p., cio le stesse situazioni
che legittimano l' astensione).
La richiesta di ricusazione pu essere proposta dal p.m., dall' imputato, dalla
parte civile, personalmente o a mezzo del difensore.
La legge fissa dei termini ben precisi entro i quali pu essere presentata l'
istanza di ricusazione:
-- nel corso delle indagini preliminari, prima che il giudice compia l' atto;
-- nell' udienza preliminare, fino al momento dell' accertamento della costituzione
delle parti;
-- nel dibattimento subito dopo l'accertamento della costituzione delle parti;
-- se la causa di ricusazione sia stata conosciuta dopo la scadenza dei termini
sopra indicati, la dichiarazione pu essere proposta entro 3 giorni dall' avvenuta
conoscenza di essa.

La richiesta va presentata nella cancelleria della Corte d' Appello nel cui
distretto si trova il giudice che si intende ricusare; se si intende ricusare un giudice di
Corte d' Appello o di Corte di Cassazione, la domanda si presenta ad una sezione
diversa della stessa Corte. La presentazione dell' istanza di ricusazione non
sospende il processo in corso, ma il giudice ricusato non pu pronunciare sentenza.
Il giudice dinanzi al quale l' istanza di ricusazione stata proposta compie
anzitutto una verifica (senza contraddittorio) sull' ammissibilit dell' istanza (rispetto
dei termini, manifesta infondatezza, etc.), quindi procede all' esame della questione
con rito in camera di consiglio (art. 127 c.p.p.) e decide con ordinanza (ricorribile
per Cassazione). Se l' istanza viene accolta, il giudice ricusato viene sostituito (e si
specificher quali tra gli atti gi posti in essere dal primo giudice possono conservare
efficacia); se l' istanza viene rigettata il processo prosegue col giudice originario, e la
parte privata che ha chiesto la ricusazione pu essere condannata al pagamento di
una multa fino a lire tre milioni.

LA RIMESSIONE (art. 45 c.p.p.)


Il terzo rimedio che la legge offre a garanzia dell' indipendenza e dell' imparzialit
del giudice la rimessione del processo. Tale istituto si differenzia dalla ricusazione
e dall' astensione in quanto mentre questi due rimedi si collegano a situazioni che
riguardano la persona fisica del magistrato, la rimessione tende a escludere dal
processo l' organo giudicante nel suo complesso (considerato cio come sede
giudiziaria), comportando il trasferimento del processo presso una diversa sede.
Inoltre mentre astensione e ricusazione riguardano un rapporto personale tra giudice
e processo, la rimessione si riferisce ad un nesso ambientale.
Il presupposto per la rimessione dato dal crearsi di "gravi situazioni locali
tali da turbare lo svolgimento del processo", in quanto suscettibili di arrecare
pericolo 1) o alla sicurezza e incolumit pubblica, 2) o alla libert di decisione
dei giudici. Si pensi a processi con forte coinvolgimento di opinione pubblica (es.
processi contro serial-killer, processi di mafia, di terrorismo, etc.) nei quali pu
essere seriamente compromessa la serenit ed autonomia di giudizio del magistrato.
Inoltre la rimessione pu essere proposta per motivi di "legittimo sospetto".
Quest' ultimo caso stato recentemente introdotto dalla L. 248/2002 (c.d. Legge
Cirami). La determinazione del legittimo sospetto, data la sua formula alquanto vaga
e indeterminata, rimessa alla discrezionalit della Cassazione. La dottrina ha
rilevato un possibile contrasto dell istituto della rimessione per legittimo sospetto
con l art. 25 c. 1 Cost., poich viene vanificato il principio della naturalit del
giudice.
La rimessione rappresenta, in ogni caso, una extrema ratio, nel senso che
consentita solo quando le situazioni di turbativa "non sono altrimenti eliminabili" (ad
es. attraverso il ricorso alla forza pubblica).
La rimessione pu essere proposta in qualunque stato e grado del giudizio
di merito. Legittimati a chiedere la rimessione sono il p.m. presso il giudice che
procede, l' imputato e il procuratore generale presso la Corte d' Appello. La
richiesta di rimessione (che non sospende il giudizio in corso) va depositata presso la
cancelleria del giudice che procede, il quale deve poi trasmetterla alla Corte di

Cassazione. La Cassazione decide in camera di consiglio: se accoglie la richiesta,


rimette il processo ad altro giudice, e precisamente al giudice egualmente competente
per materia che ha sede nel capoluogo del distretto di corte d' appello pi vicino.
Anche nel caso della rimessione, se la richiesta viene rigettata l' imputato pu essere
condannato a pagare una multa fino a 5.000,00 Euro.

LA COMPETENZA
Per "competenza" si intende quella porzione di giurisdizione entro la quale un
giudice legittimato a svolgere il proprio ufficio.
Nel diritto processuale penale abbiamo 4 tipi di competenza:

1) competenza funzionale, cio competenza per stati e gradi (es. il g.i.p.


competente per la fase delle indagini preliminari, il giudice del dibattimento per la
fase del giudizio, il magistrato di sorveglianza per la fase dell' esecuzione; il
tribunale competente in primo grado, la Corte d' Appello per il secondo grado,
etc.);

2) competenza per materia (o verticale): quella determinata dal tipo di reato che
si deve accertare, con riferimento alla maggiore o minore gravit. La competenza per
materia suddivisa, in ordine decrescente, tra:
-- Corte d' Assise (art. 5 c.p.p.: delitti puniti con ergastolo o reclusione non inf. nel
massimo a 24 anni, omicidio del consenziente, omicidio preterintenzionale, riduzione
in schiavit, riorganizzazione del partito fascista, ed altri);
-- Tribunale in composizione collegiale (art. 33 bis c.p.p.: delitti puniti con la
reclusione sup. nel massimo a 10 anni, delitti dei p.u. contro la p.a., reati associativi,
reati di terrorismo, reati in materia di armi, in materia di aborto, ed altri);
-- Tribunale in composizione monocratica (art. 33 ter c.p.p.: delitti residuali, cio
non di competenza del tribunale collegiale; delitto di produzione o spaccio di
sostanze stupefacenti; la maggior parte delle contravvenzioni);
Giudice di pace (art. 15 L.468/1999 delitti di lesioni procedibili a querela,
lesioni colpose, percosse, furto semplice, ingiuria, diffamazione, omissione di
soccorso, minaccia, talune contravvenzioni).

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La Corte d Assise composta da 8 giudici, di cui 2 togati e 6 popolari (giuria);


Il Tribunale collegiale composto da 3 giudici togati (1 presidente + 2 giudici a
latere);
Il Tribunale monocratico 1 giudice togato di tribunale;
Il Giudice di pace 1 giudice onorario (avvocati, ex dirigenti delle pp.aa., etc.);

3) competenza per territorio (o orizzontale): quella determinata dal luogo in cui


il reato stato consumato (art. 8 c.p.p.), e precisamente:
-- nei reati di evento, luogo in cui si verificato l' evento;
-- nei reati di mera condotta, luogo in cui si compiuto l' ultimo atto della condotta;
-- nei reati permanenti, luogo in cui ha avuto inizio la consumazione;
-- nel delitto tentato, luogo in cui stato compiuto l' ultimo atto diretto a commettere
il delitto.
Se non possibile individuare questi luoghi, si fa ricorso ai criteri sussidiari
indicati nell' art. 9 c.p.p. (luogo ove si svolta parte della condotta; luogo del
domicilio dell' imputato; luogo dove ha sede la procura che ha iscritto la notizia di
reato);
4) competenza per ragioni di connessione: pi che un tipo autonomo di
competenza, la connessione un fenomeno processuale in forza del quale pi
processi, che appartengono alla competenza di giudici diversi (per materia o per
territorio) vengono trattati tutti da un medesimo giudice. Presupposto della
connessione , quindi, che si debba giudicare su pi delitti i quali, essendo di gravit
diversa o essendo commessi in luoghi diversi, determinano diverse competenze
verticali o territoriali; ma poich tali delitti, pur nella loro diversit, presentano tra
loro aspetti di collegamento o connessione, l' esigenza quella di trattarli
congiuntamente in un simultaneus processus, per ragioni di economia ed efficacia
processuale.
Le regole sulla connessione tendono dunque ad individuare quale sia, tra i
vari giudici astrattamente competenti, quello che attrae a s la cognizione di tutti i
processi.
Esaminiamo anzitutto quando si ha connessione di procedimenti (art. 12
c.p.p.):
a) se il reato per cui si procede stato commesso da pi persone in concorso
eventuale (art. 110 c.p.), in cooperazione colposa (art. 113 c.p.) o attraverso un
cumulo di condotte indipendenti;
b) se i vari reati sono stati commessi in concorso formale o in esecuzione di un
reato continuato (unico disegno criminoso);
c) se i vari reati sono stati commessi in connessione teleologica (reato commesso per
eseguirne o occultarne un altro).
Dati questi presupposti, occorre individuare l' unico giudice competente a
trattare il processo, secondo le seguenti regole:

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-- se diversa la competenza per materia, sar competente per tutti i reati il giudice
di competenza superiore, poich si presume quello professionalmente pi preparato
(es. se un processo appartiene alla competenza del tribunale, altri a quella della corte
d' assise, altri ancora quella del giudice di pace sar competente per tutti la corte d'
assise);
-- se i vari reati connessi appartengono tutti alla stessa competenza per materia ma a
diverse competenze territoriali (es. pi furti connessi, realizzati in luoghi diversi),
sar competente per tutti il giudice del luogo dove stato commesso il reato pi
grave o in caso di pari gravit dove stato commesso il primo.
Non si crea vincolo di connessione tra i procedimenti riguardanti minorenni e quelli
riguardanti imputati maggiorenni: prevale in questi casi l' esigenza dell' assoluta
insottraibilit al Tribunale dei minorenni (in quanto giudice speciale) della
competenza a conoscere i reati commessi dai minori d' et.

IL DIFETTO DI COMPETENZA
Nel corso del procedimento qualcuna delle parti o lo stesso giudice possono
accorgersi che le regole sulla competenza non sono state correttamente osservate. In
tali casi la parte fa rilevare (o il giudice pronuncia) il difetto di competenza. Vi sono
per dei limiti temporali ben precisi che devono essere rispettati a pena di decadenza
per poter rilevare tale vizio, e precisamente:
1) il difetto di competenza funzionale (per stati e gradi) pu essere rilevato anche d'
ufficio in ogni stato e grado del procedimento, in quanto produce una nullit
assoluta ex art. 179 c.p.p. (condizioni di capacit del giudice);
2) il difetto di competenza per materia pu essere rilevato anche d' ufficio in ogni
stato e grado del processo (art. 21c.1 c.p.p.). Tuttavia nel solo caso di
"incompetenza per eccesso" (un reato appartenente alla cognizione di un giudice di
competenza inferiore trattato da un giudice di competenza superiore) l'
incompetenza pu essere rilevata anche d' ufficio entro la fase degli atti
introduttivi del dibattimento; oltre questo limite temporale si determina la
perpetuatio jurisdictionis del giudice superiore;
3) il difetto di competenza per territorio va eccepita dalle parti o rilevata dal
giudice d' ufficio prima che si concluda l'udienza preliminare, o se essa manchi, in
dibattimento entro la fase degli atti introduttivi (art. 21 c.2);
4) l' inosservanza delle regole sulla competenza per connessione va dedotta entro
gli stessi termini dell' incompetenza per territorio (art. 21 c.3).
Nella fase delle indagini preliminari, se il g.i.p. si ritiene incompetente, pronuncia
ordinanza dichiarativa dell' incompetenza e restituisce gli atti al p.m..
Nella fase del dibattimento se il giudice si ritiene incompetente emette sentenza
dichiarativa dell' icompetenza e trasmette gli atti al giudice individuato come
competente.
Le prove eventualmente acquisite dal giudice incompetente conservano la loro piena
efficacia solo se irripetibili; viceversa, se si tratta di prove ripetibili, andranno
nuovamente assunte dinanzi al nuovo giudice.

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LA GIURISDIZIONE
Col termine giurisdizione si intende in generale il possesso da parte del giudice della
potest giurisdizionale. In un significato pi ristretto il termine indica l'
appartenenza di in giudice alla magistratura comune ovvero alla magistratura
speciale.
I giudici comuni sono quelli che esercitano la loro potest nei confronti della
generalit dei reati e degli imputati. I giudici speciali sono quelli che la esercitano in
rapporto a speciali categorie di reati e di imputati.
GIUDICI COMUNI:
-- giudice di pace

--tribunale
-- corte d' assise
--corte d' appello
--corte d' assise d' appello
-- g.i.p. / g.u.p.
--magistratura di sorveglianza

GIUDICI SPECIALI:

-- corte costituzionale
-- tribunale per i minorenni
-- corte d' appello per i minori
-- tribunale militare
-- corte militare d' appello

IL DIFETTO DI GIURISDIZIONE
Il difetto assoluto di giurisdizione indica la mancanza da parte del giudice di
qualsiasi potest giurisdizionale. Il difetto relativo si verifica, invece, allorch un
giudice comune proceda in ordine ad un reato del quale dovrebbe conoscere un
giudice speciale, o viceversa.
Sia il difetto assoluto che quello relativo sono rilevabili anche d' ufficio in
ogni stato e grado del procedimento (art. 20 c.p.p.).
Il giudice che rileva il proprio difetto di giurisdizione pronuncia sentenza
dichiarativa che conterr anche l' ordine di trasmissione degli atti all' autorit
giudiziaria cui spetta la giurisdizione. Nel caso venga rilevato un difetto assoluto, il
giudice si limiter a dichiarare il difetto di giurisdizione. Rimane assolutamente
preclusa qualsiasi decisione nel merito, che, se eventualmente adottata, dovrebbe
considerarsi inesistente (tamquam non esset).

I CONFLITTI DI COMPETENZA E DI GIURISDIZIONE


In diritto processuale si ha "conflitto" quando appare incerto quale giudice deve
avere la cognizione di un determinato reato.
In particolare sorge conflitto di competenza quando l'incertezza investa due
giudici appartenenti entrambi alla giurisdizione comune e si configuri in relazione
alla loro competenza per materia o per territorio (es. tribunale o corte d' assise).
Sorge conflitto di giurisdizione allorch appaia incerto se in ordine ad un
determinato fatto debba giudicare un organo della giurisdizione comune ovvero un
organo della giurisdizione speciale (es. tribunale comune o tribunale per i
minorenni).

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A norma dell art. 28 c. 1 c.p.p., si ha conflitto positivo quando i due giudici


intendono prendere contemporaneamente cognizione dello stesso fatto, affermando
ciascuno la propria competenza o giurisdizione; si ha conflitto negativo quando ne l'
uno n l' altro giudice intendono prendere cognizione di quel fatto, negando ciascuno
la propria competenza o la propria giurisdizione.
Competente a risolvere i conflitti di giurisdizione la Corte di Cassazione.
Il conflitto pu essere avviato 1) con ordinanza da parte di uno dei due
giudici, che d' ufficio rimette gli atti alla Cassazione; 2) con denunzia scritta che
una delle parti deposita nella cancelleria del giudice a quo, il quale trasmette
immediatamente gli atti alla Cassazione. N l' ordinanza n la denunzia sospendono
il processo.
La Corte di Cassazione dirime il conflitto, seguendo il rito in camera di
consiglio. La sentenza della Corte (non impugnabile) attribuisce la cognizione del
processo al giudice considerato competente. In caso di dubbio, la cognizione deve
essere attribuita al giudice competente per il reato di maggiore gravit.
L art. 28 c. 2 c.p.p. afferma che le regole sulla risoluzione dei conflitti si
applicano anche nei casi analoghi a quelli previsti espressamente dall art. 28 c. 1.
La dottrina ha cercato di individuare quali possano essere tali conflitti in casi
analoghi. Una situazione di questo tipo potrebbe essere ravvisata nel caso del
giudice dibattimentale che, ravvisando un fatto di reato diverso da quello indicato nel
decreto che dispone il giudizio, restituisce gli atti al p.m. invitandolo a riformulare il
capo di imputazione, ed il p.m. non intenda invece procedere alla modifica
dellaccusa (art. 521 c. 2 c.p.p.). Un altro esempio di conflitto in casi analoghi si ha
quando il giudice d Appello, rilevata la nullit della sentenza di primo grado, rinvia
nuovamente il processo al giudice di primo grado affinch questi proceda alla
rinnovazione degli atti nulli, ma questo giudice non intende procedervi affermando la
legittimit del suo operato (art. 604 c.p.p.).
Per espressa previsione dell art. 28 c.p.p. non si determina conflitto in caso di
disaccordo tra giudice del dibattimento e Gup: infatti, in caso di contrasto tra questi
due giudici, prevale sempre la decisione del giudice del dibattimento.

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IL PUBBLICO MINISTERO
Il pubblico ministero l' organo al quale il sistema processuale affida il ruolo di
accusatore dell' imputato. Il p.m. , pertanto, parte processuale, nel senso che a
differenza del giudice (che dev' essere organo terzo e imparziale) portatore di una
richiesta di parte, anche se non sorretto da un interesse personale ma semmai da
un interesse pubblico alla condanna dei colpevoli di reato.
L' ufficio del p.m. si chiama Procura. Esiste una Procura della Repubblica
presso ogni sede di Tribunale, una Procura Generale presso ogni distretto di Corte d'
Appello e una Procura Generale presso la Corte di Cassazione.
A capo di ogni ufficio della procura vi un Procuratore della Repubblica, che
coordina l' attivit dei vari pubblici ministeri che operano presso quella procura
(sostituti procuratori della repubblica).
Da un punto di vista giuridico, il pubblico ministero un organo di natura
amministrativa, in quanto rappresenta il potere esecutivo presso gli organi
giurisdizionali. Al tempo stesso il pubblico ministro deve essere considerato come un
organo del potere giudiziario, al quale si applicano i principi di inamovibilit e
indipendenza del giudice. Questa duplice natura, amministrativa e giurisdizionale,
fanno del p.m. una figura piuttosto ambigua: da un lato il rapporto che lega il singolo
p.m. al suo capo non pu essere un vincolo di tipo strettamente gerarchico; il p.m.
non gode, tuttavia, neanche di una piena autonomia, poich il superiore pu dettare
delle direttive alle quali il p.m. dovr attenersi. Secondo gli Autori il p.m. non
perci inquadrabile n all' interno del potere esecutivo, n all' interno del potere
giudiziario.
A proposito della figura del p.m. si parlato di paradosso della "parte
imparziale": da un lato, infatti, il p.m. parte processuale, essendo portatore di una
richiesta, dall' altro deve svolgere la sua attivit con quel senso di imparzialit e di
giustizia che deve caratterizzare l' operato di ogni pubblico ufficiale e di ogni
magistrato. In particolare l' art. 358 c.p.p. impone al p.m. di compiere ogni attivit
necessaria per l' esercizio dell' azione penale svolgendo al contempo "accertamenti su
fatti e su circostanze anche a favore della persona sottoposta alle indagini".
LA POLIZIA GIUDIZIARIA
La polizia giudiziaria si colloca nel codice Vassalli fra i soggetti processuali, e
precisamente come organo con funzioni ausiliarie e complementari rispetto a quelle
che svolge il p.m..
Occorre anzitutto precisare che l' espressione "polizia giudiziaria" comprende
non soltanto la Polizia di Stato, l' Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza, ma
anche i soggetti appartenenti alla Polizia penitenziaria, al Corpo forestale dello Stato,
alla Polizia municipale, ai Vigili del Fuoco, agli Ispettorati del lavoro e persino i
privati cittadini quando procedano ad un arresto in flagranza di reato.
A norma dell' art. 109 Cost. "l'autorit giudiziaria dispone direttamente
della polizia giudiziaria". Ci significa che il p.m., nello svolgere le sue indagini, si
fa normalmente coadiuvare dagli organi di polizia giudiziaria (ad es. per eseguire un
ordine di cattura, una perquisizione, etc.). Il p.m. pu anche delegare alla p.g. lo
svolgimento di una serie di atti di indagine.

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LA PERSONA OFFESA DAL REATO


La persona offesa dal reato il titolare del bene giuridico leso dal reato. Pu
trattarsi di persona fisica ma anche di persona giuridica.
Gli stessi diritti e facolt della persona offesa che sia deceduta come
conseguenza del reato sono estesi ai suoi prossimi congiunti (anche se questi non
sono direttamente offesi).
La persona offesa non tecnicamente "parte" del processo, almeno non lo
fino a quando non si costituisce parte civile (il che potrebbe anche non avvenire). E',
tuttavia un soggetto processuale al quale il codice riconosce una notevole
importanza, costituendo una sorta di accusa penale privata, accessoria a quella
pubblica del p.m.. La persona offesa (non costituita) svolge essenzialmente una
funzione di adesione, di impulso, e di controllo rispetto all' attivit del p.m.. In
particolare la persona offesa pu:
-- presentare memorie scritte e indicare mezzi di prova in ogni stato e grado del proc;
-- opporsi alla richiesta di archiviazione del p.m.;
-- partecipare agli accertamenti tecnici non ripetibili;
-- sollecitare il p.m. affinch avanzi richiesta di incidente probatorio;
-- suggerire alle parti domande durante l' esame testimoniale;
-- sollecitare il p.m. affinch proponga impugnazione contro la sentenza.
GLI ENTI ESPONENZIALI
Si parla di enti esponenziali con riferimento a quegli enti o associazioni portatori di
interessi lesi dal reato. Si tratta, in particolare, di enti che perseguono
istituzionalmente la tutela di determinati interessi collettivi o "diffusi" (es. la salute
dei cittadini, la salubrit dell' ambiente naturale, etc.).
Gli enti esponenziali possono esercitare in ogni stato e grado del
procedimento gli stessi diritti e facolt attribuiti alla persona offesa (art. 91
c.p.p.). Inoltre a tali enti riconosciuta la facolt di chiedere al giudice l' ammissione
di prove in dibattimento (art. 505 c.p.p.).
Occorre tuttavia che si verifichino alcune condizioni affinch gli enti
esponenziali possano partecipare al processo: 1) le finalit dell' ente devono essere
riconosciute in forza di una legge dello Stato, emanata anteriormente alla
commissione del fatto di reato; 2) deve trattarsi di organismi senza scopo di lucro;
3) occorre il previo assenso della persona offesa, dato con atto pubblico o scrittura
autenticata; 4) pu essere consentito a un solo ente di intervenire nel processo.
In presenza di tali condizioni, l' ente entra nel processo attraverso la
presentazione di un "atto di intervento", unitamente alla dichiarazione di assenso
della p.o. ed alla procura del difensore. Tale atto di intervento deve essere presentato
entro e non oltre la fase introduttiva del dibattimento, al momento della verifica della
costituzione delle parti.
Le parti possono anche proporre opposizione all' atto di intervento nel
processo degli enti collettivi, mentre la persona offesa pu sempre revocare il proprio
assenso, ottenendo cos l' estromissione dell' ente.

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LA PARTE CIVILE
La parte civile la persona fisica o giuridica che ha subto un danno patrimoniale o
morale come conseguenza del reato, e che pertanto vanta un diritto al risarcimento
del danno. In particolare pu trattarsi:
-- della persona offesa, ossia del titolare del bene giuridico offeso dal reato;
--della persona (fisica o giuridica) danneggiata dal reato diversa dalla persona
offesa (es. familiari dell' ucciso; societ sportiva danneggiata dall' uccisione del
calciatore, etc.).
-- successori universali della persona danneggiata.
Stabilisce l' art. 185 c.p. che "ogni reato obbliga alle restituzioni e, quando ha
cagionato un danno, al risarcimento". Deve trattarsi di una pretesa risarcitoria avente
ad oggetto un diritto soggettivo (e non interessi legittimi o interessi diffusi).
Il danneggiato pu anche preferire di non costituirsi parte civile nel processo
penale, e di intentare autonoma causa civile.
La parte civile sta in giudizio a mezzo di difensore munito di apposita
procura speciale (rilasciata per atto pubblico o scrittura autenticata).
La costituzione di parte civile va fatta con dichiarazione scritta che deve contenere:
-- le generalit della persona fisica o la denominazione dell' ente che si costituisce;
-- la procura speciale (in atto pubblico o scrttura autenticata) mediante la quale viene
nominato il difensore;
-- la causa petendi (ossia le ragioni che giustificano la pretesa risarcitoria);
-- il petitum (ossia l' indicazione della somma di denaro che si chiede in risarcimento
o del bene di cui chiede la restituzione). L' indicazione del petitum pu essere anche
generica, purch al termine della discussione dibattimentale, la p.c. presenti le
conclusioni, nelle quali precisi l' ammontare della richiesta.
Per quanto riguarda il termine entro il quale la p.c. pu costituirsi, l' art. 79
c.p.p. prevede che la costituzione avvenga, a pena di decadenza: 1) o "per l' udienza
preliminare"; 2) o nella fase introduttiva del dibattimento, fino a quando non
siano stati compiuti gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti.
L' espressione "per l'udienza preliminare" significa che la costituzione pu
avvenire o direttamente all' inizio di tale udienza, o anche prima, nel momento in cui
il danneggiato sia venuto a conoscenza della data di celebrazione di essa (in tal caso
la dichiarazione sar depositata in cancelleria).
Una volta avvenuta la costituzione, essa opera in ogni stato e grado del
procedimento, senza alcuna necessit di essere rinnovata (principio della immanenza
della costituzione di p.c.).
La parte civile pu in ogni momento recedere dal processo, mediante una
dichiarazione espressa di revoca della costituzione. Si ha, invece, revoca tacita
quando la p.c. nel corso della discussione finale (in fase di dibattimento di 1 grado)
omette di presentare le conclusioni contenenti il petitum, oppure quando la p.c.,
mentre ancora pendente il procedimento penale, adisca in autonoma sede il giudice
civile per ottenere il risarcimento.

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IL RESPONSABILE CIVILE
Il responsabile civile la persona che, sulla base delle norme civilistiche sulla
responsabilit oggettiva o indiretta, tenuto (in solido) a risarcire il danno
materialmente commesso da altri. Le ipotesi pi importanti riguardano:
-- i genitori per i danni causati dal fatto illecito dei figli minori (art. 2048 c.c.);
-- i precettori e coloro che insegnano un mestiere per i danni cagionati dagli allievi
(art. 2048 c.2 c.c.);
-- i padroni e i committenti per i danni cagionati dai loro domestici o commessi nell'
esercizio delle incombenze cui sono adibiti ( art. 2049 c.c.);
-- i proprietari di veicoli per i danni cagionati dal conducente (art. 2054 c.3 c.c.);
-- l' albergatore per la sottrazione delle cose appartenenti ai clienti ( art. 1784 c.c.).
Il responsabile civile entra nel processo penale 1) o per intervento volontario
(ad adiuvandum); 2) o attraverso citazione a giudizio presentata dalla parte civile
nell' udienza preliminare o nella fase introduttiva del dibattimento.

IL CIVILMENTE OBBLIGATO PER LA PENA PECUNIARIA


Il civilmente obbligato la persona fisica o giuridica sulla quale incombe una
responsabilit sussidiaria per quanto riguarda il pagamento della multa o dell'
ammenda inflitta al condannato. Si tratta, cio, di un vero e proprio garante o
fideiussore dell' imputato, il quale, in caso di insolvenza di quest' ultimo, sar tenuto
ad adempiere al pagamento della sanzione pecuniaria.
In particolare, pu trattarsi:
-- di una persona fisica legata all' imputato da un rapporto di autorit, direzione,
vigilanza, quando il reato commesso costituisce violazione di norme che tale persona
era tenuta a far osservare (e della quale non debba rispondere personalmente);
-- di una persona giuridica o ente (escluso Stato, regioni, province, comuni) di cui l'
imputato era amministratore, rappresentante o dipendente e nel cui interesse
stato commesso il reato.
La persona obbligata per la pena pecuniaria interviene nel processo attraverso
citazione a giudizio richiesta dal p.m. o dall' imputato, per l' udienza preliminare o
nel dibattimento.

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RIPASSO A BREVE TERMINE


Per fissare le idee sugli argomenti trattati si cerchi di rispondere ai seguenti quesiti:
1) Da quali norme costituzionali si ricava il principio di imparzialit del
giudice?
2) Quali sono le cause che determinano connessione di procedimenti?
3) Entro quali termini deve essere rilevato, rispettivamente, il difetto di
competenza per materia, per territorio e per connessione?
4) Quali sono i casi in cui non opera la connessione?
5) Cosa si intende per conflitti in casi analoghi?
6) In quale momento del processo si pu costituire la parte civile? E attraverso
quali formalit?
7) Di quali interessi portatore l ente esponenziale? Quali condizioni devono
sussistere per poter intervenire in un processo penale?
8) Il pubblico ministero pu svolgere accertamenti a favore della persona
indagata?
9) Quali sono le principali prerogative della persona offesa dal reato?

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UNITA' DIDATTICA N. 2
GLI ATTI

Ore di lezione: 4
Ore di studio: 6

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INIZIO E FINE DEL PROCEDIMENTO


L' esercizio dell' azione penale (con la richiesta di rinvio a giudizio e la
formulazione dell' imputazione) segna lo spartiacque tra la fase delle indagini
preliminari e la fase del giudizio, o processo in senso stretto. Quando si parla di "atti
processuali", si fa riferimento indifferentemente sia agli atti del giudizio (o processo
in senso stretto), sia agli atti posti in essere nella fase delle indagini.
Occorre stabilire con precisione quale deve considerarsi l' atto iniziale e l'
atto finale dell' intero procedimento penale (stabilire, cio, quali sono i confini
temporali entro i quali un atto pu essere considerato "processuale", con conseguente
applicabilit del regime previsto per gli atti processuali).
Secondo i nostri Autori, l' atto iniziale deve essere considerato il primo atto
col quale la p.g. svolge la sua attivit di indagine e di ricerca, subito dopo l'
acquisizione della notitia criminis e prima ancora di trasmettere l' informativa al
p.m.. L' atto finale del procedimento invece quello in cui la sentenza diviene
definitiva (passaggio in giudicato della sentenza).

LA SEGRETEZZA DEGLI ATTI PROCESSUALI


Gli atti processuali, finch il processo in corso, non possono essere liberamente
pubblicati, sia perch ci potrebbe violare la riservatezza delle persone coinvolte, sia
perch una rivelazione prematura di notizie potrebbe nuocere alle indagini.
In generale, l' interesse alla segretezza assoluto per quanto riguarda i primi
atti di indagine: questi non possono essere pubblicati neanche parzialmente o per
riassunto (art. 114 c.p.p.); una volta, per, che l' indagato ha comunque avuto
conoscenza delle indagini (es. dopo il suo interrogatorio) la segretezza comincia a
venir meno e alcuni atti possono essere pubblicati, ma solo per riassunto o per
relationem (cio non integralmente).
La pubblicazione integrale degli atti potr avvenire soltanto dopo la
pronuncia della sentenza di primo grado (se si tratta di atti contenuti nel fascicolo
del dibattimento) o della sentenza d' appello (se si tratta di atti contenuti nel fascicolo
del p.m.).

GLI ATTI DEL GIUDICE


Le forme tipiche dei provvedimento del giudice sono la sentenza, l' ordinanza e il
decreto.
1) la sentenza la decisione del giudice che definisce il processo ovvero una sua
fase o un grado. La sentenza pu essere di condanna, di proscioglimento, dichiarativa
o costitutiva. Ogni sentenza deve essere motivata a pena di nullit.
L' art. 111 Cost. prevede la generale ricorribilit per cassazione di tutte le sentenze;
2) l' ordinanza una decisione del giudice che non ha ad oggetto la responsabilit
penale dell' imputato, n esaurisce il rapporto processuale, ma si pone come
momento dell' iter processuale (es. ordinanza di sospensione dell' udienza, ordinanza
con la quale il giudice decide una questione processuale sollevata dalle parti,
ordinanza di applicazione di misure cautelari, etc.). Anche le ordinanze devono

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essere motivate a pena di nullit. Per quanto riguarda il regime dell' impugnabilit,
vale un principio di tassativit: possibile impugnare l' ordinanza solo se la legge
espressamente prevede un mezzo di impugnazione. L'art. 111 Cost. prevede la
generale ricorribilit per cassazione delle ordinanze in tema di libert personale.
L'ordinanza un atto revocabile dallo stesso giudice che l' ha emessa;
3) il decreto una statuizione che impone un comando o esprime un divieto, e di
norma non motivato. Tale atto ha carattere amministrativo e non giurisdizionale.
Anche per il decreto l' impugnabilit ammessa solo nei casi espressamente previsti
dalla legge.
I TERMINI PROCESSUALI
I termini processuali sono gli strumenti utilizzati per imporre un certo ritmo al
procedimento ed evitare che esso si prolunghi all' infinito. Essi indicano il momento
in cui un atto pu essere validamente compiuto. I termini si distinguono in:
1) perentori: sono quelli stabiliti a pena di decadenza. Tali termini indicano il
momento finale utile ai fini del compimento di un atto; scaduto tale termine si
produce una decadenza, nel senso che l' atto sar inammissibile (es. termine per
impugnare una sentenza). Si considerano stabiliti a pena di decadenza soltanto quegli
atti per i quali la decadenza espressamente prevista (principio di tassativit dei
termini perentori);
2) ordinatori: sono quelli che fissano il periodo di tempo entro il quale un atto deve
essere compiuto senza, per, che si produca alcuna decadenza (es. termine per il
deposito della sentenza). In caso di mancato rispetto di termine ordinatorio pu
profilarsi una eventuale responsabilit disciplinare.
3) dilatori: sono quelli che fissano un periodo minimo prima della scadenza del
quale un atto non pu essere compiuto (es. termine che deve intercorrere tra la data
del decreto che dispone il giudizio e la data fissata per il giudizio stesso). Il termine
dilatorio tende a garantire alle parti di poter disporre del tempo necessario per
approntare la propria difesa. Gli atti compiuti prima del momento indicato dalla
legge sono nulli.
Il termine stabilito a giorni che scada in un giorno festivo prorogato di
diritto al giorno successivo non festivo.
Nel termine non si computa il giorno in cui inizia la decorrenza (dies a quo
non computatur in termino); quando fissato soltanto il momento finale, i giorni si
computano "liberi", per cui si esclude dal computo sia il giorno iniziale che quello
finale.
Infine, il decorso di tutti i termini processuali sospeso di diritto dal 1
Agosto al 15 Settembre di ciascun anno (L. 742/1969), salvo per i procedimenti con
imputati in stato di custodia cautelare quando essi rinunzino espressamente alla
sospensione dei termini.
Il codice offre uno strumento tendente ad evitare i gravi effetti della
decadenza tutte le volte che il termine (perentorio) scaduto ma si vuole ancora
consentire alla parte di compiere l' atto. L' art. 175 c.p.p. dispone che " il p.m., le
parti private e i difensori sono restituiti nel termine stabilito a pena di decadenza, se

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provano di non averlo potuto osservare per caso fortuito o per forza maggiore".
Secondo la dottrina deve comunque trattarsi di una impossibilit assoluta, da
intendere come impedimento imprevisto o imprevedibile che renda vano ogni sforzo
dell' uomo. Un caso particolare di restituzione nel termine previsto a favore dell'
imputato contumace: questi pu essere restituito nel termine per impugnare la
sentenza, se provi di non aver avuto effettiva conoscenza del provvedimento.
La richiesta di restituzione nel termine deve essere presentata entro 10 giorni
dal giorno in cui cessato il caso fortuito o la forza maggiore (o, nel caso di imputato
contumace, dal giorno in cui questi ha avuto conoscenza del provvedimento). La
restituzione non pu essere concessa pi di una volta per ciascuna parte in ciascun
grado di giudizio. Il giudice decide sulla richiesta di restituzione nel termine con
ordinanza (ricorribilie per cassazione solo in caso di rigetto della richiesta).

LA NULLITA' DEGLI ATTI PROCESSUALI


La nullit costituisce la pi tipica forma di invalidit di un atto, comportando la
inefficacia definitiva di esso (quod nullum est nullum producit effectum). Nel
processo penale il termine "nullit" va inteso, tuttavia nel senso della "annullabilit",
in quanto il passaggio in giudicato della sentenza si pone come sanatoria generale
di tutti gli atti del procedimento ormai concluso (nel senso che anche se qualcuno di
essi nullo, tale nullit non potr pi essere fatta valere, quindi si "sana") .
In materia di nullit vige un principio di tassativit, in base al quale i vizi di
forma sono causa di nullit soltanto nei casi previsti dalla legge (art. 177 c.p.p.).
Le nullit si distinguono in:
1) nullit speciali. Il codice prevede singole ipotesi di nullit, espressamente previste
in singoli articoli, e quindi individuate con metodo casistico. Si parla in tal caso di
nullit speciali.
2) nullit generali. Oltre che prevista in specifiche norme, la nullit pu essere
desunta per via interpretativa attraverso la sussunzione di una determinata situazione
concreta nell' ambito di una previsione generale di nullit. Il codice prevede, infatti,
una norma-quadro (l' art. 178 c.p.p.) che contiene le c.d. nullit generali: la nullit si
verifica tutte le volte in cui l' inosservanza di una disposizione, pur non essendo
sanzionata in via specifica, sia riconducibile nell' ambito delle situazioni previste da
questo articolo.
A norma dell' art. 178 c.p.p., si verifica nullit generale tutte le volte in cui
non si osservino le disposizioni concernenti:
a) le condizioni di capacit del giudice e il numero dei giudici necessari per
costituire i collegi (c.d. incapacit assoluta);
b) l' iniziativa del p.m. nell' esercizio dell' azione penale e la sua partecipazione al
processo;
c) l' intervento, l' assistenza e la rappresentanza dell' imputato e delle altre parti
private nonch la citazione in giudizio della persona offesa e del querelante.

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Per quanto riguarda i termini entro i quali le nullit possono essere rilevate, le nullit
si distinguono in:
1)nullit assolute (o insanabili): Sono le nullit tassativamente indicate dall' art 179,
che a sua volta richiama alcuni casi dell art. 178 c.p.p. e riguardano: 1) l' incapacit
del giudice; 2) il difettoso esercizio dell' azione penale; 3) l' omessa citazione dell'
imputato e la mancata assistenza del difensore nei casi in cui ne era obbligatoria la
presenza. Si tratta quindi di nullit assolute generali.
Altre nullit assolute sono previste da singole norme del codice: sono le nullit
assolute speciali.
Tutte le nullit assolute (sia generali che speciali) sono rilevabili anche d' ufficio in
ogni stato e grado del procedimento; tuttavia il passaggio in giudicato della
sentenza si pone come sanatoria generale delle nullit verificatesi nel procedimento.
2) nullit intermedie (o relativamente assolute). Si ricavano in via residuale: si tratta
di quelle nullit generali ex art. 178 c.p.p. non rientranti tra le nullit assolute ex art.
179 c.p.p.. Tali nullit possono essere rilevate anche d' ufficio, ma non oltre la
deliberazione della sentenza di grado successivo;
3) nullit relative: Sono relative le nullit diverse da quelle previste negli artt. 178
(generali) e 179 (assolute). Sono rilevabili solo su eccezione di parte entro termini
perentori ben precisi: se riguardano atti delle indagini preliminari o dell' udienza
preliminare, vanno rilevate prima della chiusura della discussione dell' udienza
preliminare; se si verificano nel corso del giudizio, vanno rilevate attraverso l'
impugnazione della sentenza (si convertono in motivi d' appello).
Riassumendo:
L art. 178 (nullit generali) prevede solo nullit assolute o intermedie.
Singole norme del codice (nullit speciali) possono prevedere altre nullit assolute o
relative.
Pertanto si hanno:
- nullit generali assolute (casi del 178 menzionati nel 179)
- nullit generali intermedie (casi del 178 residuali, non menzionati nel 179)
- nullit speciali assolute (es. art. 429 c. 2 c.p.p.)
- nullit speciali relative
Il giudice, quando dichiara la nullit di un atto, ne dispone la rinnovazione (a
spese di chi ha dato causa alla nullit).
La nullit si estende automaticamente agli atti successivi dipendenti da
quello nullo: ci comporta che un atto di per s valido diviene invalido se
ricollegabile ad un precedente atto nullo (c.d. invalidit derivata). Pertanto gli atti
successivi e dipendenti da un originario atto nullo devono essere anch' essi rinnovati
a partire dal punto in cui si inserito l' atto invalido. Il procedimento pu, dunque,
regredire allo stato e al grado in cui si verificato il primo atto nullo (art. 185
c.p.p.).
Gli atti di acquisizione probatoria sfuggono tuttavia a tale regola: l'
invalidit di una prova non pregiudica gli atti successivi.

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DEDUCIBILITA' DELLE NULLITA' (art. 182)


La legge prevede alcuni casi in cui le nullit relative o intermedie, pur essendo
ancora aperto il termine per rilevarle, non possono essere dedotte dalle parti in
quanto si verificata una situazione impeditiva. In particolare:
1) la nullit non pu essere eccepita da colui che ha dato causa alla nullit (cio
dallo stesso autore dell' atto nullo), ovvero da colui che non ha non ha interesse
all' osservanza della norma violata;
2) quando la parte assiste al compimento di un atto nullo (es. presente in udienza),
deve eccepirne la nullit immediatamente dopo il suo compimento, a pena di
decadenza.
SANATORIE GENERALI DELLE NULLITA' (art. 183)
Le nullit sono sanate (cio non possono pi essere dedotte):
a) se la parte interessata ha rinunciato espressamente ad eccepirle o ha accettato
gli effetti dell' atto;
b) se la parte si avvalsa della facolt cui l' atto nullo preordinato (cio ha
esercitato un potere o comunque acquisito un vantaggio riconosciuto dall' atto
nullo)
NULLITA' DELLE CITAZIONI, AVVISI O NOTIFICHE
La nullit di una citazione, di un avviso o di una notifica sanata se la parte
interessata comunque comparsa in udienza, a meno che la parte non sia comparsa
al solo scopo di far rilevare la nullit (in tal caso avr diritto a un termine a difesa
non inferiore a 5 giorni).

L' INESISTENZA
La dottrina parla di "inesistenza" con riferimento a situazioni di invalidit talmente
gravi da produrre un vizio veramente insanabile, e pertanto rilevabile anche dopo il
giudicato. Si ravvisa inesistenza nei casi di:
-- atto compiuto da un non judex;
-- atto compiuto in stato di coercizione fisica o in stato di caso fortuito o forza
maggiore
-- sentenza pronunciata contro soggetti assolutamente immuni (es. Sommo Pontefice,
Capi di Stati esteri).

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RIPASSO A BREVE TERMINE


Per fissare le idee sugli argomenti trattati si cerchi di rispondere ai seguenti quesiti:
1) Quale atto determina l avvio del procedimento penale? Quale ne segna la
fine?
2) Qual il regime dell asegretezza degli atti processuali?
3) Cosa prevede l istituto della restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p.?
4) Perch la nullit degli atti processuali , in realt, una forma di annullabilit?
5) Cosa si intende per principio della tassativit delle nullit?
6) Su cosa si basa la distinzione nullit generali/nullit speciali? Quali sono le
nullit generali?
7) Su cosa si basa la distinzione nullit assolute/intermedie/relative? Quali sono
le nullit assolute? Quali le intermedie?
8) In quali casi non possibile dedurre le nullit ex art. 182 c.p.?
9) Quando si verificano le sanatorie generali delle nullit ex art. 183 c.p.p.?

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UNITA' DIDATTICA C
LE PROVE

Ore di lezione: 4
Ore di studio: 6

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LA PROVA E L' OGGETTO DELLA PROVA


La "prova" il mezzo di cui si avvalgono le parti ed il giudice per rappresentare
un determinato fatto. In particolare la prova tende a ricostruire fatti, episodi,
circostanze che (direttamente o indirettamente) si riferiscono all' imputazione. La
prova dunque il cardine del processo penale, in quanto la decisione del giudice
deriva essenzialmente da una valutazione dei risultati probatori: sono tali risultati a
determinare la "verit" processuale.
Occorre precisare che la prova, nel processo di tipo accusatorio, si forma in
dibattimento, attraverso il contraddittorio tra le parti e dinanzi al giudice. Gli
elementi acquisiti durante le indagini non sono tecnicamente "prove", ma servono al
p.m. unicamente ai fini dell' esercizio dell' azione penale (per poter decidere, cio, se
archiviare o chiedere il rinvio a giudizio). Una volta che il processo sia giunto alla
fase del giudizio, gli atti delle indagini preliminari (es. interrogatorio) non sono presi
in alcuna considerazione dal giudice, a meno che non siano "ripetuti" in
dibattimento con l' osservanza delle garanzie di un pieno contraddittorio tra le parti.
(es. attraverso l' esame testimoniale della persona gi interrogata dal p.m.). Tuttavia
la Corte Costituzionale, con sent. n. 255/1990, ha ribadito un generale principio di
"non dispersione dei mezzi di prova", in virt del quale alcuni atti di indagine
possono essere "recuperati" e utilizzati come prova qualora si tratti di atti per loro
stessa natura "irripetibili" (es. sequestri, perquisizioni, etc.) ovvero particolarmente
"garantiti" (es. atti assunti in incidente probatorio).
Ci premesso, a norma dell' art. 187 c.p.p. "oggetto di prova sono i fatti che
si riferiscono all' imputazione". Tale norma fissa un preciso "limite" oltre il quale il
tema di prova non pu spingersi: tale limite costituito dai fatti dell' imputazione,
oltre il quale la verifica processuale non pu andare (in quanto andrebbe a
scandagliare fatti che non hanno alcuna attinenza col processo, con inutile dispendio
di tempo ed energie).
Dal punto di vista del tema di prova, le prove si distinguono in:
-- prove dirette: sono quelle che hanno ad oggetto in via immediata la verifica di
fatti che si riferiscono all' imputazione;
-- prove indirette (o indiziarie): sono quelle che hanno ad oggetto non i fatti dell'
imputazione ma altri fatti dai quali solo indirettamente si pu dedurre il fatto oggetto
dell' imputazione.
Mentre la prova diretta pu essere posta senz' altro a fondamento della
decisione del giudice, la prova indiretta impone ulteriori e pi approfondite
valutazioni (pluralit, gravit, precisione, concordanza degli indizi).
Da altro punto di vista le prove si distinguono in :
-- mezzi di prova: sono quelli che offrono risultanze direttamente utilizzabili (es.
testimonianza);
-- mezzi di ricerca della prova: sono atti che rendono possibile l' acquisizione di
cose materiali, tracce di cose o dichiarazioni che possono valere a loro volta come
mezzo di prova (es. perquisizione, intercettazione di telefonate, etc.).

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LE PROVE E IL PRINCIPIO DI TIPICITA'


In materia di prove il nostro codice prevede in via tendenziale un principio di
tipicit, in base al quale i mezzi di prova e i mezzi di ricerca della prova sono
elencati e disciplinati secondo modelli tipici e nominati.
Tuttavia tale principio attenuato dall' art. 189 c.p.p., che prevede, sia pure
eccezionalmente, la possibilit che le parti chiedano al giudice di assumere mezzi di
prova "atipici", cio non previsti dal codice.
Per procedere all' assunzione di una prova atipica, il giudice deve per
preventivamente vagliarne l' ammissibilit alla stregua di due fondamentali criteri:
-- l' idoneit della prova ad assicurare l' accertamento dei fatti (ossia la sua astratta
adeguatezza a ricostruire il fatto d' imputazione);
-- la sua non lesivit della libert morale della persona (ad es. sono inammissibili
esperimenti basati sulla narcosi, sull' ipnosi, sul siero della verit, etc.).
Pertanto, mentre per le prove tipiche l' idoneit ad accertare i fatti d'
imputazione si presume, per quelle atipiche tale idoneit deve essere di volta in volta
preventivamente delibata dal giudice.

IL DIRITTO ALLA PROVA (art. 190 c.p.p.)


Le parti processuali non hanno soltanto un interesse all' ammissione delle prove
richieste, ma vantano un vero e proprio "diritto alla prova", nel senso che il giudice
deve ammettere le prove (tipiche) indicate dalle parti, senza poter porre limitazioni
alla disponibilit dell' oggetto di prova.
Lo stesso art. 24 Cost., riconoscendo che "la difesa diritto inviolabile in
ogni stato e grado del procedimento", indirettamente stabilisce un principio di
diritto alla prova, poich l' imputato pu difendersi essenzialmente attraverso la
presentazione di prove a discarico.
Il diritto alla prova ulteriormente ribadito all' art. 190 c.p.p., a norma del
quale "il giudice ammette le prove richieste dalle parti", sempre che non si tratti di
prove:
-- espressamente vietate dalla legge (es. documenti anonimi, deposizione su fatti
coperti da segreto di Stato, etc.);
-- manifestamente superflue (ossia vertenti sullo stesso oggetto di una prova gi
acquisita);
-- manifestamente irrilevanti (ossia del tutto estranee e non attinenti all' oggetto del
processo e ai fatti di cui all' imputazione).
Il giudice ammette o respinge la richiesta di prova tramite ordinanza
(revocabile).
Se nonostante il preliminare "controllo" da parte del giudice, sia stata
acquisita una prova in violazione dei divieti stabiliti dalla legge (per violazione di
norma processuale o irregolarit nella modalit di assunzione), la prova sar
inutilizzabile, ossia sar esclusa dal patrimonio cognitivo che costituisce la
piattaforma della decisione del giudice. La sanzione tipica che colpisce la prova non
regolarmente acquisita non , pertanto la nullit (come per gli atti processuali), bens

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la sua inutilizzabilit. L' inutilizzabilit della prova pu essere rilevata anche d'
ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
A norma dell' art. 238 c.p.p. il giudice pu anche ammettere come mezzo di
prova l' acquisizione di verbali di prova formata in un precedente procedimento,
purch si tratti di prova assunta (in quel procedimento) in sede di incidente
probatorio o di dibattimento.
Ai sensi dell' art. 238 bis c.p.p. possono essere acquisite coma prova anche le
sentenze penali irrevocabili emesse in precedenti procedimenti, ai fini della
rappresentazione del fatto storico accertato in sentenza.

I POTERI DEL GIUDICE IN MATERIA DI PROVA


Le prove assunte in giudizio sono solo quelle chieste dalle parti o possono essere
anche prove assunte dal giudice d' ufficio?
In linea di massima anche nel processo penale (cos come in quello civile)
vale un principio dispositivo in materia di prova, per cui le prove sono
principalmente quelle chieste dalle parti (a carico o a discarico).
Tuttavia esistono importanti eccezioni a tale regola, ossia dei casi in cui il
giudice pu intervenire con autonoma iniziativa e ordinare che venga assunta d'
ufficio una determinata prova o una serie di prove.
1) Un primo caso quello previsto dal (nuovo) art. 422 c.p.p.: il g.u.p.,
durante l' udienza preliminare, "pu disporre anche d' ufficio l'assunzione delle
prove delle quali appare evidente la decisivit" ai fini della sentenza di n.l.p..;
2) Un' altra situazione riguarda la perizia, un mezzo di prova particolarmente
importante e molto frequente nel processo penale. A norma dell' art. 224 c.p.p., "il
giudice dispone anche d' ufficio la perizia con ordinanza motivata contenente la
nomina del perito e l' oggetto dell' indagine";
3) Ma il pi importante caso di potere d' ufficio quello previsto dall' art.
507 c.p.p., a norma del quale il giudice del dibattimento, al termine dell' istruzione
probatoria, "se risulta assolutamente necessario pu disporre, anche d' ufficio, l'
assunzione di nuovi mezzi di prova".
Secondo parte della dottrina (Siracusano, Galati) si tratterebbe di un potere
integrativo: presupposto dell' art. 507 sarebbe, pertanto, l' avvenuta acquisizione di
prove su impulso di parte, al termine della quale il giudice potrebbe disporre prove d'
ufficio. Se le parti sono invece rimaste inerti ed pertanto mancata l' istruzione
dibattimentale, il giudice non potrebbe "surrogarsi" ad esse ordinando una
assunzione d' ufficio.
Secondo l' opposta opinione della Cassazione a Sez. Unite (sent. 6.11.1992) e
della Corte Costituzionale (sent. n. 111/1993) l' art. 507 prevede, invece, un vero e
proprio potere suppletivo: il giudice pu, cio, disporre l' assunzione di nuovi mezzi
di prova anche nel caso in cui non sia avvenuta prima alcuna acquisizione su
iniziativa di parte. Il principio ribadito dalla Corte Cost. quello della "ricerca della
verit reale". La sola condizione imposta all' iniziativa del giudice di ricorrere all'
art. 507 non per verificare una propria e personale ipotesi, ma per un' esigenza di
accertamento oggettiva, emergente dagli atti del processo, e sempre che ci appaia
"assolutamente necessario".

3
0

LA PROVA INDIRETTA (O INDIZIARIA)


La prova indiretta (o indizio) quella che tende ad accertare un fatto non
direttamente attinente al tema di prova principale, e che tuttavia pu avere un'
importanza processuale in quanto dal fatto rappresentato possibile dedurre in
maniera pi o meno stringente il fatto principale (es. provando che l' imputato in una
certa data si trovava in un certo luogo, si potr pi o meno escludere che potesse
trovarsi contemporaneamente nel luogo del delitto).
La prova indiziaria attiene, cio, ad un fatto secondario dal quale dovrebbe
poi ricavarsi la prova del fatto principale per mezzo di un procedimento critico che
si articola attraverso implicazioni di tipo logico-deduttivo. Per questo motivo la
prova indiretta o indiziaria anche chiamata prova critica.
A norma dell' art. 192 c.2 l' esistenza di un fatto pu essere desunta da indizi
solo se questi siano gravi, precisi e concordanti. La norma richiede, anzitutto, una
1) pluralit di indizi: un indizio isolato non pu essere posto a base della decisione;
gli indizi devono poi essere 2) gravi, nel senso che devono avere una grande
rilevanza ai fini dell' accertamento; 3) precisi, nel senso che la circostanza indiziante
deve implicare come conseguenza il fatto principale secondo un elevato grado di
probabilit; 4) concordanti, nel senso che i vari indizi non devono essere tra loro
contraddittori, ma devono confluire verso un' unica direzione.
L' art. 192 c.3 c.p.p. considera prove indizianti anche le dichiarazioni
accusatorie rese dai coimputati nel medesimo processo o da imputati di reato
connesso (molto spesso si tratta di "pentiti" o "collaboratori di giustizia"): tali
dichiarazioni sono valutate come prova solo se sussistono "altri elementi di prova che
ne confermano l'attendibilit". Ci comporta che una sola dichiarazione accusatoria
non sufficiente ad accertare la responsabilit: a tal fine occorrerebbe una pluralit
di riscontri esterni gravi, precisi e concordanti che serva a rafforzare la
dichiarazione (c.d. corroboration).

IL PRINCIPIO DEL LIBERO CONVINCIMENTO DEL GIUDICE


A norma dell' art. 192 c.1 c.p.p. il giudice valuta la prova liberamente, "dando
conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati". Ci significa che
nel processo penale non esistono prove a valutazione vincolata: persino la prova pi
diretta (es. testimonianza oculare) non obbliga il giudice a decidere in un modo
anzich in un altro.
La discrezionalit del giudice tuttavia temperata dall' obbligo di
motivazione posto a suo carico: il giudice deve dare conto, attraverso la motivazione,
delle ragioni che lo hanno portato a considerare rilevanti determinate prove ed
irrilevanti altre.
L' art. 546 c.p.p., da parte sua, impone al giudice che redige la sentenza di
esporre i motivi di fatto su cui la decisione fondata, di indicare le prove poste a

3
1

base della decisione stessa e di enunciare le ragioni per le quali ritiene non
attendibili le prove contrarie.

I SINGOLI MEZZI DI PROVA


LA TESTIMONIANZA
La testimonianza consiste nella narrazione di fatti da parte di una persona
(testimone) che ha avuto conoscenza di tali fatti o personalmente (es. testimone
oculare) o attraverso il racconto di altri (testimonianza indiretta). Il testimone
deve essere un soggetto diverso rispetto alle parti private (ad eccezione della parte
civile che quando a conoscenza di fatti relativi al processo pu essere chiamata a
deporre come teste).
La testimonianza, in quanto mezzo di prova, pu essere assunta solo in dibattimento
o in incidente probatorio, attraverso il meccanismo dell esame incrociato condotto
direttamente dal p.m. e dai difensori di parte. A seguito della riforma dell udienza
preliminare, la testimonianza pu essere assunta anche in udienza preliminare ex art.
422 c.p.p., ma in questo caso l esame condotto dal g.u.p. (sulla base delle domande
formulate dalle parti).
Il testimone assoggettato ad un duplice obbligo: obbligo di rendere la
testimonianza (sanzionato col reato di rifiuto di uffici legalmente dovuti), ed
obbligo di rispondere secondo verit (sanzionato col reato di falsa
testimonianza). Tuttavia mentre in caso di rifiuto di rispondere il giudice dispone
immediatamente la trasmissione degli atti al p.m. affinch si proceda all
incriminazione, in caso di falsa testimonianza la trasmissione degli atti avverr solo
dopo la conclusione della fase processuale in cui stata assunta la testimonianza, in
quanto l ipotesi di falsit implica complesse valutazioni.
Oggetto della prova testimoniale possono essere sia i fatti principali che si
riferiscono all imputazione, sia i fatti secondari, quelli, cio, che tendono ad
accertare la personalit dell imputato o della persona offesa. Tuttavia non sono
ammesse domande sulla moralit dell imputato, salvo che ci si renda necessario in
base ala tipologia del reato commesso (es. atti osceni) o per valutarne la pericolosit
sociale.
In ogni caso le domande, sia sui fatti principali che sui fatti secondari, devono vertere
su fatti specifici, non sono ammesse quindi domande generiche o relative a voci
correnti nel pubblico o su apprezzamenti personali del teste.
Siracusano-Galati definiscono la testimonianza una prova complessa, in quanto il
giudice deve procedere ad una duplice valutazione: da un lato deve valutare il
contenuto delle dichiarazioni del teste; dall altro deve valutare la stessa credibilit
del teste, ossia la sua attendibilit. Per valutare tale attendibilit sono ammesse
domande per far luce su eventuali rapporti di parentela o di interesse che intercorrono
tra il testimone e le parti; inoltre il giudice pu ordinare gli accertamenti opportuni
per verificare l idoneit fisica o mentale a rendere testimonianza.

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2

La testimonianza indiretta (art. 195 c.p.p.)


Si ha testimonianza indiretta (detta anche de relato o de auditu) quando il teste
riferisce una narrazione altrui, ossia depone su un fatto di cui non ha avuto
percezione diretta, ma che di cui a conoscenza per esserne stato informato da altra
persona. In tal caso si impongono particolari cautele e limiti di utilizzabilit, poich il
teste filtra un esperienza che non gli propria.
Se una delle parti lo richiede, il giudice deve disporre l esame del teste di
riferimento, cio della persona che ha fornito l informazione. Pertanto la
testimonianza indiretta non sar utilizzabile 1) qualora il teste principale non in
grado di fornire il nominativo della persona da cui ha appreso il fatto; 2) qualora,
dopo che una parte ne ha fatto richiesta, non si proceduto all esame del teste di
riferimento, salvo che quest esame risulti impossibile per morte, infermit o
irreperibilit della persona.
Se invece nessuna delle parti chiede l esame del teste di riferimento, il giudice pu, a
sua discrezione, disporre l assunzione o meno (in tal caso la testimonianza indiretta
sar utilizzabile anche se non seguita dall esame del teste di riferimento).
Il giudice, inoltre, deve escludere la testimonianza indiretta su fatti appresi da
persone tenute al segreto professionale o al segreto d ufficio (salvo che i fatti
siano gi stati comunque divulgati).
Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria possono deporre sul contenuto di fatti
che essi hanno appreso dalle dichiarazioni del testimone, salvo che si tratti di fatti
acquisiti e verbalizzati a sommarie informazioni ex art. 351.
Incompatibilit con l ufficio di testimone
Il codice prevede per determinate categorie di persone sottoposte a un divieto
assoluto di testimoniare, in quanto si trovano in una situazione di incompatibilit
con l ufficio di teste. Tali persone sono:
l imputato (per il principio nemo se tenetur detegere)
l imputato di reato connesso o collegato (salvo che il procedimento connesso
sia gi concluso con sentenza passata in giudicato);
il responsabile civile e il civilmente obbligato
il difensore che abbia svolto attivit di investigazione difensiva
il giudice e il pubblico ministero
Astensione obbligatoria
La legge prevede anche casi in cui determinate persone hanno l obbligo di astenersi
dal deporre come testimoni. Si tratta di:
pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio in relazione a fatti
conosciuti per ragioni di servizio e coperti da segreto d ufficio o da segreto di
Stato

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3

personale appartenente ai servizi segreti per ci che riguarda i nomi degli


informatori
Tuttavia nessun tipo di segreto pu coprire fatti o documenti concernenti reati volti
all eversione dell ordinamento costituzionale
Astensione facoltativa
Vi sono infine determinate categorie di persone esentate dal dovere di deporre, nel
senso che possono avvalersi della facolt di astenersi dal testimoniare. Essi sono:
i prossimi congiunti dell imputato
il coniuge, il coniuge separato, il convivente dell imputato;
i ministri di culto
gli avvocati, i consulenti tecnici, i notai
i medici e i farmacisti
i giornalisti per quanto riguarda i nomi degli informatori fiduciari, qualora
tali nomi non siano indispensabili ai fini della prova.
Il giudice deve avvisare, a pena di nullit, le predette persone della facolt che esse
hanno di astenersi, chiedendo loro se intendono avvalersene.

La testimonianza assistita (art. 197 bis c.p.p.)


La recente legge sul giusto processo (L. 63/ 2001), nel riconoscere un pieno ed
effettivo diritto al contraddittorio, ha modificato la disciplina dell' esame dell'
imputato di reato connesso (art. 210 c.p.p.). La nuova normativa stabilisce che
quando l' imputato di reato connesso, nella fase delle indagini, ha rilasciato
dichiarazioni accusatorie rivolte contro terzi, perde lo status di imputato di reato
connesso, ed acquista quello del c.d. imputato/testimone (a questa conclusione era
gi pervenuta la Corte Cost. nella sent. 361/1998 ).
Ci comporta importantissime conseguenze: 1) l' imputato/testimone, qualora
citato dall' accusato per confermare le accuse in dibattimento, non potr pi
avvalersi della facolt di non rispondere (perde, cio, il diritto al silenzio); 2) tale
soggetto dovr rispondere secondo verit; 3) egli dovr essere necessariamente
assistito da un difensore (di fiducia o d' ufficio); 4) non si applicher pi la
disciplina dell' art. 210 c.p.p., bens la disciplina speciale delineata nel nuovo art. 197
bis .
Occorrono alcune condizioni per poter procedere alla "testimonianza
assistita": 1) il processo a carico dell' imputato di reato connesso deve essere gi
definito con sentenza passata in giudicato (o se il processo non ancora definito,
nelle sole ipotesi di connessione ex art. 12 lett. c) o di reato collegato ex art. 371); 2)
al momento del rilascio delle dichiarazioni accusatorie (cio durante le indagini), l
imputato di reato connesso deve essere preavvertito dal p.m. circa la possibilit di
essere citato, in futuro, in qualit di testimone per confermare in dibattimento tali
dichiarazioni in contraddittorio con l' accusato (art. 64 c. 2 c.p.p.).

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LA PERIZIA
La perizia il mezzo di prova che consente al giudice di acquisire dati e valutazioni
che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche,
attraverso il parere di un esperto (perito) al quale sono posti determinati quesiti. La
perizia non pu essere disposta per la soluzione di una questione di diritto, in quanto
essa rientra nelle normali competenze del giudice (jura novit curia). La perizia non
pu neanche essere disposta per stabilire il carattere o la personalit criminale dell
imputato.
Sotto il codice abrogato il giudice ammetteva la perizia chiesta dalle parti solo
laddove riteneva la questione meritevole di speciale esame. Il codice Vassalli invece,
riconoscendo alle parti un vero e proprio diritto alla prova (art. 190 c.p.p.), deve
ammettere la perizia chiesta dalle parti, salvo i casi in cui la ritenga manifestamente
superflua o irrilevante.
Il giudice pu disporre anche d ufficio la perizia, con ordinanza motivata.
Il perito deve essere scelto tra persone iscritte in appositi albi o fornite di particolare
competenza nella specifica disciplina. Il perito ha l obbligo giuridico di prestare il
suo ufficio. Il perito deve astenersi o pu essere ricusato dalle parti nei casi previsti
dall art. 36 c.p.p..
Nell ordinanza che dispone la perizia (d ufficio o su richiesta di parte) il giudice
fissa il giorno della comparizione del perito per il conferimento dell incarico. Una
volta conferito l incarico, il giudice formula i quesiti, sentiti il p.m. e il difensore.
Quindi viene fissata una data, non oltre 90 giorni, nella quale il perito dovr
rispondere ai quesiti. In tale data il perito potr anche presentare una relazione
scritta.
Disposta la perizia, il p.m. e le parti private hanno facolt di nominare propri
consulenti tecnici, i quali possono assistere al conferimento dell incarico,
partecipare alla formulazione dei quesiti e presentare al giudice richieste,
osservazioni e riserve. Essi possono inoltre partecipare alle operazioni peritali e
possono essere autorizzati dal giudice a esaminare la cosa o persona oggetto della
perizia.
Sia i periti che i consulenti tecnici possono essere citati dalle parti a rendere esame
testimoniale, con l osservanza dei termini per il deposito delle liste testimoniali.

LA PROVA DOCUMENTALE
I documenti sono mezzi di prova che consistono in scritti, fotografie, pellicole
cinematografiche, nastri fonografici, etc. atti a rappresentare fatti, persone o
cose.
Non si considera prova documentale quella formatasi nel procedimento in corso (es.
verbali di attivit investigativa o di acquisizione di prove), ma sono prove

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documentali solo quelle precostituite, ossia formate fuori e prima del


processo.
Il giudice pu acquisire anche d ufficio, come prova documentale, il corpo del
reato e gli altri documenti provenienti dall imputato.
Si considerano prova documentale anche i verbali di prova di diverso
procedimento penale, purch acquisiti in dibattimento o in incidente probatorio. Se
si tratta di verbali di prova assunta fuori dal dibattimento o dall incidente probatorio,
occorre il consenso delle parti. Se si tratta di verbali di prova assunta nel giudizio
civile, occorre che lo stesso sia stato definito con sentenza passata in giudicato.
Il codice prevede poi precisi divieti all acquisizione della prova documentale:
1) vietata l acquisizione di documenti che contengono informazioni sulle voci
correnti nel pubblico o sulla moralit delle parti, dei testimoni o dei periti
2) vietata l acquisizione di documenti che contengono dichiarazioni
anonime, salvo che costituiscano corpo del reato.
In tali casi la prova eventualmente acquisita in violazione del divieto sar
inutilizzabile; tuttavia pu essere eccezionalmente usata nella cross examination per
l esame dei testimoni o delle parti.
LE INTERCETTAZIONI TELEFONICHE E AMBIENTALI
Come tutti i mezzi di ricerca della prova, le intercettazioni non hanno una esclusiva
valenza dibattimentale, ma di esse pu servirsi il p.m. anche nel corso delle indagini
preliminari.
L art. 15 Cost. contiene una duplice riserva, di legge e di giurisdizione: le
intercettazioni possono essere disposte solo nei casi previsti dalla legge e con
provvedimento dell autorit giudiziaria (giudice o p.m.). Alla polizia giudiziaria
pertanto negata la possibilit di effettuare intercettazioni, anche in casi di necessit e
urgenza.
Il controllo delle conversazioni telefoniche o ambientali deve avvenire a sorpresa,
cio all insaputa degli interessati. Le intercettazioni ambientali sono effettuate
mediante collocazione clandestina di microspie nei luoghi oggetto di intercettazione.
I presupposti per l ammissibilit delle intercettazioni sono costituiti da:
1) esistenza di gravi indizi di reato;
2) assoluta necessit dell operazione ai fini della prosecuzione delle indagini;
3) deve trattarsi di indagini relative a delitti dolosi puniti con pena sup. a 5 anni
o delitti contro la p.a. o in materia di armi, stupefacenti, o di ingiuria,
minaccia o molestia con l uso del mezzo telefonico;
4) per le intercettazioni ambientali inoltre necessario che vi sia fondato motivo
di temere che in quel luogo si stia svolgendo l attivit criminosa.

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L intercettazione disposta dal g.i.p. con decreto motivato, su richiesta del p.m..
Nei casi di urgenza il p.m. pu disporre con proprio decreto l intercettazione, ma
deve comunicare entro 24 il provvedimento al g.i.p. per la convalida. Se il decreto
del p.m. non viene convalidato entro 48 ore, l intercettazione non pu essere
proseguita e i risultati non saranno utilizzabili.
La durata dell intercettazione non pu superare i 15 giorni, salvo proroghe
successive.
Le registrazioni vanno poi depositate e le parti devono essere avvisate di tale
deposito, con facolt di esaminare gli atti e di ascoltare le registrazioni.
Successivamente, le registrazioni vanno trascritte osservando le forme previste per
la perizia, e sono infine inserite nel fascicolo per il dibattimento (trattandosi di atti
irripetibili).

RIPASSO A BREVE TERMINE


Per fissare le idee sugli argomenti trattati si cerchi di rispondere ai seguenti quesiti:
1) Cosa si intende per diritto alla prova e quali sono le prove che il giudice
pu rifiutare di assumere?
2) Qual la disciplina della prova atipica?
3) Cosa si intende per prova indiziaria o indiretta? Cosa prescrive in proposito l
art. 192 c. 2?
4) Il giudice pu assumere prove ex officio? Quali sono i principali casi?
5) Quali sono le diverse interpretazioni fornite dalla dottrina e dalla
giurprudenza con riferimento all art. 507 c.p.p.?
6) Cosa si intende per testimonianza indiretta o de relato? Gli ufficiali ed agenti
di polizia giudiziaria possono rendere testimonianza de relato?
7) Quali sono i soggetti cui fatto divieto assoluto di testimoniare? Quali hanno
facolt di non testimoniare?
8) In quali casi possibile procedere ad intercettazioni telefoniche e ambientali?
9) Cosa si intende per prova documentale? In quali casi non pu essere
assunta?

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UNITA' DIDATTICA N. 4
LE MISURE CAUTELARI

Ore di lezione: 4
Ore di studio: 6

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LA FUNZIONE CAUTELARE
La vicenda processuale ha bisogno di un tempo pi o meno lungo per poter giungere
alla sua conclusione. Per tutta la durata del processo (sino a quando, cio, non
diviene definitiva la sentenza di condanna) l' imputato si presume innocente (art.
27 c.2 Cost.), e come tale non pu essere destinatario di alcun provvedimento in
funzione punitiva.
Tuttavia, fin dall' inizio delle indagini, in presenza di elementi indizianti
sufficientemente gravi, possono prospettarsi esigenze di carattere cautelare, legate al
rischio che l' indagato possa, nelle more del processo, inquinare prove, darsi alla
latitanza, commettere ulteriori fatti criminosi o disperdere il proprio patrimonio, tutti
fatti che renderebbero poi difficile o impossibile realizzare gli effetti della
sentenza.
Per evitare tale rischio, il codice predispone una serie di misure cautelari
dirette ad imporre delle limitazioni alla libert personale o patrimoniale dell'
imputato.
Le misure cautelari possono essere 1) personali, quando prevedono
limitazioni della libert di movimento o dello status giuridico; 2) reali, quando
sottopongono a vincolo determinati beni patrimoniali.
Le misure sono adottate, impugnate, revocate o modificate nell' ambito di un
procedimento parallelo e distinto rispetto a quello principale, il c.d. procedimento
cautelare, che ha come finalit non l' accertamento della responsabilit penale dell'
imputato, ma solo il riscontro di specifiche esigenze cautelari.
E' importante sottolineare come il provvedimento cautelare, persino quando
preveda la totale restrizione della libert (custodia in carcere), non deve mai essere
inteso come una affermazione anticipata di colpevolezza, ossia una esecuzione
anticipata della pena: la finalit e resta esclusivamente di tipo cautelare.
L' applicazione della misura cautelare viene richiesta dal p.m. (anche dietro
sollecito della persona offesa), mentre competente a emanare il provvedimento solo
il giudice (g.i.p., g.u.p. o giudice del dibattimento a seconda della fase in cui il
giudizio si trova).
IL DIRITTO ALLA LIBERTA' PERSONALE (art. 13 Cost.)
Le norme fondamentali in tema di diritti di libert della persona sono espresse nella
Costituzione italiana e in alcune convenzioni internazionali (art. 5 Convenzione
europea dei diritti dell' uomo; art. 9 Patto internazionale dei diritti civili e politici).
A norma dell' art. 13 c.1 Cost. "la libert personale inviolabile". Tale
solenne affermazione serve a escludere ogni impostazione di tipo inquisitorio, e

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afferma il principio in base al quale nel processo penale la privazione della libert
personale pu essere consentita solo in casi eccezionali.
A conferma di ci, l' art. 13 c. 2 Cost. aggiunge che "non ammessa alcuna
forma di restrizione della libert personale se non per atto motivato dell' autorit
giudiziaria e nei soli casi previsti dalla legge".
La norma citata stabilisce pertanto, in materia di misure cautelari, una duplice
riserva, di legge e di giurisdizione:
-- riserva di legge: la limitazione della libert personale pu avvenire solo nei casi
tassativamente previsti da una legge (ossia da una fonte primaria, con esclusione di
fonti secondarie o amministrative);
-- riserva di giurisdizione: il provvedimento limitativo della libert personale pu
essere disposto esclusivamente da un soggetto che rivesta la qualit di giudice (in
particolare un magistrato giudicante, non anche un pubblico ministero), e deve,
inoltre, essere necessariamente motivato.
Il successivo comma 3 prevede infine che, nei soli casi di necessit ed
urgenza, la p.g. pu adottare provvedimenti restrittivi provvisori, da comunicare
all' autorit giudiziaria entro 48 ore. La norma allude chiaramente ai casi di arresto
in flagranza e di fermo (c.d. misure pre-cautelari): si tratta di provvediementi adottati
dalla p.g. sulla scorta di situazioni di urgenza, e che se non convalidati da un giudice
nelle successive 48 ore decadono da ogni efficacia (se ne parler nel capitolo
dedicato alla p.g.).
Ad ulteriore garanzia della libert del cittadino, l' art. 111 c.7 Cost. dispone
che tutti i provvedimenti restrittivi della libert personale (sia sentenze che
ordinanze) sono ricorribili per Cassazione per violazione di legge (c.d. principio
della generale impugnabilit dei provvedimenti restrittivi).
QUADRO GENERALE DELLE MISURE CAUTELARI
La summa divisio operata in seno alle misure cautelari quella tra misure personali e
misure reali (o patrimoniali). Le misure personali possono essere, a loro volta,
coercitive o interdittive; le misure reali possono avere finalit preventiva (sequestro
preventivo) o finalit conservativa (sequestro conservativo), secondo il seguente
schema:

MISURE CAUTELARI PERSONALI

COERCITIVE:
- divieto di espatrio
- obbligo di presentazione alla p.g.
- divieto o obbligo di dimora
- allontanamento dalla casa familiare
- arresti domiciliari
- custodia in carcere
- custodia cautelare in luogo di cura
INTERDITTIVE
- sospensione dalla patria potestas
- sospensione da un pubblico ufficio o servizio
-divieto di esercitare attivit professionali o d' impresa

SEQUESTRO PREVENTIVO

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MISURE CAUTELARI REALI

(della cosa pertinente al reato, quando si teme che


la libera disponibilit della cosa possa aggravare o protrarre
le conseguenze del reato ovvero agevolare la commissione
di altri reati)
SEQUESTRO CONSERVATIVO
(di beni mobili, immobili o somme di denaro
a garanzia del pagamento della pena pecuniaria
o delle obbligazioni civili nascenti dal reato)

I PRESUPPOSTI DELLE MISURE CAUTELARI PERSONALI


L' art. 272 c.p.p. afferma che le libert della persona possono essere limitate con
misure cautelari soltanto a norma delle disposizioni del codice. Il principio di legalit
cos sancito stabilisce dunque che qualsiasi restrizione alla libert della persona pu
avvenire solo per finalit di ordine cautelare alle condizioni fissate dalle norme del
codice di procedura penale.
Il soggetto a cui attribuito l' esercizio dei poteri di restrizione delle libert
esclusivamente l' organo giurisdizionale: l' art. 279 c.p.p. stabilisce, infatti che "tutti
i provvedimenti restrittivi sono di competenza del giudice che procede nel momento
in cui sono adottati". Il "giudice che procede" sar, a seconda della fase in cui si
trova il giudizio, il g.i.p., il g.u.p. o il giudice del dibattimento.
Il p.m. , invece, l'organo cui attribuito un generale potere di iniziativa. Al
p.m. spetta infatti il potere di richiedere (al giudice che procede) l' adozione delle
misure cautelari, prospettando al giudice le ragioni che giustificano l' adozione della
misura.
Le condizioni generali richieste per l' adozione delle misure cautelari sono
costituite dal fumus commissi delicti (art. 273) e dal periculum libertatis (art. 274).
Ulteriore condizione che si proceda in ordine a delitti per i quali sia prevista una
certa pena edittale (art. 280).
1) FUMUS COMMISSI DELICTI (art. 273 c.p.p.)
Significa letteralmente "parvenza", "sentore" di responsabilit penale. Deve essere
inteso, in particolare, nel senso di sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. Tale
accertamento rimesso alla discrezionalit del giudice, il quale si basa sugli
elementi di indagine acquisiti dal p.m. e dalla p.g.. Secondo la dottrina (Siracusano,
Galati) per "indizi" devono intendersi elementi probatori di qualsiasi natura tali da far
apparire come altamente probabile sia la sussistenza oggettiva del reato (tipicit),
sia la colpevolezza dell' indagato (dolo, imputabilit). Occorre, inoltre che non ci si
trovi in presenza di alcuna causa di giustificazione, anche soltanto ipotizzata.
2) PERICULUM LIBERTATIS (art. 274 c.p.p.)
La seconda condizione generale costituita dal pericolo che la persona indagata o
imputata, se lasciata libera, possa nelle more processuali pregiudicare le esigenze
connesse all' accertamento penale. L' art. 274 c.p.p. individua tre tipi di esigenze:
a) pericolo di inquinamento probatorio: si ha quando il giudice ravvisa un
concreto e attuale pericolo in relazione alla acquisizione o alla genuinit della prova.
Il provvedimento deve indicare in modo specifico quali sono le circostanze di fatto
sulle quali si fonda il pericolo (a pena di nullit ). Le situazioni di pericolo non
possono in nessun caso essere individuate nel semplice rifiuto della persona indagata

4
1

a rendere dichiarazioni o nella sua mancata ammissione di responsabilit


(precisazione aggiunta dalla L. 332/1995).
b) pericolo di fuga: si vuole evitare il rischio che l' imputato si sottragga all'
esecuzione dell' eventuale sentenza di condanna emessa a suo carico a conclusione
del processo. Deve comunque trattarsi di processi nei quali il giudice ritiene possa
essere irrogata in concreto una pena superiore a 2 anni di reclusione.
c) pericolo di reiterazione: si vuole evitare che l' indagato, rimanendo libero, possa
reiterare la commissione dei reati dei quali accusato (recidiva specifica), ovvero
possa compiere ulteriori reati particolarmente gravi (con armi, contro l' ordine
costituzionale, di criminalit organizzata, etc,). Tale pericolo deve desumersi da
comportamenti o atti concretamente accertati o dai precedenti penali dell' imputato.
3) CONDIZIONE OGGETTIVA (art. 280 c.p.p.)
Ultima delle condizioni generali di applicabilit che si proceda per delitti puniti con
l' ergastolo o la reclusione superiore nel massimo a 3 anni. Per la custodia in
carcere questo limite ancora pi rigoroso: tale misura pu essere disposta solo per
delitti con reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni. Ai fini del computo della
gravit ex art. 280 c.p.p. non si tiene conto delle variazioni di pena connesse alla
continuazione, all' applicazione di circostanze, o alla recidiva. Deve invece tenersi
conto dei mutamenti di pena dovuti all' attenuante della speciale tenuit del danno
patrimoniale ed alle circostanze ad effetto speciale.
I CRITERI DI VALUTAZIONE
Il giudice valuta liberamente la sussistenza delle condizioni di applicabilit delle
misure. Una volta per che abbia ritenute sussistenti tali condizioni, sar vincolato a
disporre la misura cautelare.
Il giudice non deve indicare nel provvedimento la durata della misura
cautelare: la misura cesser di avere efficacia secondo meccanismi automatici
(termini di decorrenza, vedi infra). E' tenuto a indicare la durata nel solo caso di
misura disposta per pericolo di inquinamento probatorio (art. 274 lett. a): in tal caso
la durata non pu essere superiore a 30 giorni (prorogabili fino a un massimo di 90
giorni).
L' art. 275 c.p.p. fissa il c.d. principio di adeguatezza: tra le diverse misure
cautelari il giudice deve prescegliere quella pi adeguata alle esigenze concrete
(anche per quanto riguarda le specifiche modalit applicative). Inoltre ogni misura
deve risultare proporzionata alla pena che in concreto il giudice ritiene possa essere
irrogata. La custodia in carcere rimane in ogni caso, tra le varie misure applicabili,
un' extrema ratio: il giudice potr disporla soltanto ove ritenga assolutamente
inadeguate le altre misure (meno afflittive). Inoltre la custodia in carcere non pu
essere disposta laddove il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la
sospensione condizionale della pena.
Ci sono situazioni nelle quali la custodia in carcere si presume l' unica
misura adeguata (presunzione di adeguatezza). Ci avviene quando sussistono gravi
indizi di colpevolezza in ordine al delitto di associazione di stampo mafioso o a
delitti commessi al fine di agevolare attivit mafiose. In tali casi la presunzione di
adeguatezza della custodia pu essere superata solo se l' indagato prospetti peculiari

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elementi (risultanti dagli atti di indagine) che dimostrino l' insussistenza dell'
esigenza cautelare (si ha una sorta di inversione dell' onere della prova).
Vi sono, al contrario, situazioni nelle quali si presume la inadeguatezza della
custodia in carcere. Tale misura non pu essere applicata (salvo esigenze di
eccezionale gravit) quando imputati siano: 1) donna incinta; 2) madre convivente
con prole di et inf. a 3 anni; 3) persona ultrasettantenne; 4) persona affetta da
malattia incompatibile con lo stato di detenzione; 5) persona tossicodipendente o
alcooldipendente che ha in corso un programma terapeutico di recupero.
IL PROCEDIMENTO DI APPLICAZIONE DELLE MISURE
Il giudice non pu decidere d' ufficio sull' applicazione delle misure cautelari: a
norma dell' art. 291 c.p.p., infatti, il giudice dispone le misure solo su richiesta del
p.m., il quale deve prospettare gli elementi su cui essa si fonda.
L' art. 292 c.p.p. indica quali sono gli elementi del provvedimento che
dispone la misura. Si tratta di un contenuto necessario, a pena di nullit rilevabile
anche d' ufficio. Tali elementi sono:
-- generalit dell 'imputato;
-- descrizione sommaria del fatto contestato e delle norme violate;
-- esposizione delle specifiche esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza,
nonch indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti;
-- esposizione dei motivi per cui sono stati ritenuti irrilevanti gli elementi forniti dalla
difesa, nonch delle ragioni della adeguatezza della custodia in carcere;
-- fissazione della data di scadenza (solo per esigenze connesse al rischi di
inquinamento probatorio);
-- data e sottoscrizione del giudice.
L' ordinanza che dispone la custodia in carcere va consegnata direttamente
alla persona sottoposta a custodia, che viene anche avvertita della facolt di nominare
un difensore. Le ordinanze che dispongono misure diverse dalla custodia in carcere
sono semplicemente notificate.
Quando l' imputato non stato rintracciato, la p.g. svolge delle indagini, al
termine delle quali il giudice dichiara lo stato di latitanza. Si considera latitante chi
si sottrae volontariamente all' esecuzione di una misura cautelare coercitiva o di
un ordine di carcerazione.
L' adempimento successivo all' adozione del provvedimento cautelare l'
interrogatorio della persona sottoposta alla misura (c.d. interrogatorio di garanzia).
Una volta tale interrogatorio era previsto per la sola custodia in carcere, ora stato
esteso a tutte le misure coercitive ( L.332/1995). Il termine entro il quale il giudice
deve procedere all' interrogatorio di 5 giorni per la custodia in carcere e 10 giorni
per le altre misure coercitive. Detto termine decorre dal giorno della esecuzione o
della notificazione dell' ordinanza. La mancata osservanza del termine per l'
interrogatorio comporta la perdita di efficacia immediata della custodia in carcere e
degli arresti domiciliari; per le altre misure sono previste invece solo sanzioni
disciplinari a carico del magistrato.
Sulla base degli elementi acquisiti attraverso l' interrogatorio, il giudice pu
ordinare anche d' ufficio la revoca o la sostituzione della misura o disporre
accertamenti sullo stato di salute dell' imputato.

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LA REVOCA O LA SOSTITUZIONE DELLE MISURE


Il giudice, una volta disposta la misura coercitiva, non pu disinteressarsi della
vicenda cautelare, ma al contrario deve continuare a valutare la persistenza delle
condizioni di applicabilit delle misure stesse.
Per questa ragione l' art. 299 c.p.p. impone al giudice di revocare anche d'
ufficio la misura quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le
condizioni generali previste dagli artt. 273 e 274 c.p.p.; se le esigenze cautelari,
invece, appaiono soltanto attenuate, la misura applicata va sostituita con una meno
grave oppure eseguita con modalit meno gravose per l' imputato.
La revoca o la sostituzione possono essere chieste anche dallo stesso
imputato, o dal p.m.. In tali casi il giudice deve decidere in merito alla richiesta entro
5 giorni dal deposito della richiesta stessa. Se la richiesta avanzata dall' imputato, il
giudice deve sentire il parere (obbligatorio ma non vincolante) del p.m.. Se il
giudice non pu decidere allo stato degli atti, pu disporre accertamenti, cui dovr
procedersi entro 15 giorni (durante i quali il termine di 5 giorni resta sospeso).
Inoltre, se l' imputato lo richiede, il giudice, prima di decidere sulla richiesta di
revoca o sostituzione della misura, deve procedere a un nuovo interrogatorio dell'
imputato (L. 332/1995).
L' ordinanza che rigetta la richiesta di revoca avanzata dall' imputato pu
essere da quest' ultimo impugnata mediante appello (vedi infra).
Se le esigenze cautelari risultano aggravate il giudice potr anche sostituire
la misura con una pi grave. Tale modifica in pejus per non pu essere disposta d'
ufficio, ma solo su richiesta del p.m..
L' ESTINZIONE DELLE MISURE CAUTELARI
Le misure cautelari si estinguono in una serie di ipotesi tassativamente previste dal
codice:
1) Emissione di decreto di archiviazione;
2) Pronuncia di una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere ;
3) Pronuncia di sentenza di condanna, qualora la durata della custodia in carcere gi
scontata risulti uguale o superiore alla durata della pena detentiva irrogata;
4) Scadenza del termine indicato nel provvedimento, quando la misura era stata
disposta per esigenze connesse al pericolo di inquinamento probatorio;
5) Omissione dell' interrogatorio di garanzia entro i termini di 5 giorni (custodia
in carcere) o 10 giorni (arresti domiciliari);
6) Decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare. Pu tattarsi della scadenza
dei termini intermedi, superabili per effetto delle proroghe ex art. 305 c.p.p. (vedi
codice); ovvero della scadenza dei termini complessivi, superabili solo per effetto
della sospensione ex art. 304 c.p.p. (tempo di sospensione del dibattimento per
impedimento dell' imputato o del difensore; tempo di attesa per il deposito della

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motivazione della sentenza); ovvero della scadenza dei termini finali, in nessun caso
superabili.
La custodia in carcere estinta per decorrenza dei termini pu essere
ripristinata qualora sopraggiungano fatti nuovi, e precisamente: 1) se l' imputato
trasgredisce le prescrizioni inerenti alla misura disposta in sostituzione; 2) se stato
condannato in 1 grado o in appello e sussiste concreto pericolo di fuga (art. 307 c.2
c.p.p.).
I MEZZI DI IMPUGNAZIONE DEI PROVVEDIMENTI CAUTELARI
I mezzi di impugnazione dei provvedimenti cautelari personali sono: il riesame, l'
appello, il ricorso per cassazione.
IL RIESAME

E' previsto solo per le misure coercitive, ed riservato esclusivamente all' imputato
e al suo difensore. Pu essere presentato alla cancelleria del tribunale del riesame
(c.d. tribunale della libert) entro 10 giorni dalla data dell' ordinanza.
Il tribunale del riesame il tribunale del capoluogo di Corte d' Appello nel
cui Distretto ha sede il giudice che ha disposto la misura (es.: se la misura stata
emessa dal g.i.p. di Caltagirone, il tribunale del riesame sar il Tribunale presso la
Corte d' Appello di Catania, in quanto Caltagirone rientra nel Distretto di Catania).
Il Presidente del tribunale del riesame avvisa il giudice che procede, il quale
entro 5 giorni deve trasmettergli gli atti. Il procedimento si svolge in camera di
consiglio. Il presidente fa dare avviso dell' udienza di comparizione almeno 3 giorni
prima della stessa al p.m., all' imputato e al suo difensore. Il tribunale deve decidere
entro 10 giorni dalla ricezione degli atti (a pena della perdita di efficacia della
misura). La decisione pu essere di:
-- inammissibilit della richiesta ( per inosservanza di forme, termini, etc.);
-- annullamento dell' ordinanza;
-- conferma o riforma dell' ordinanza (con divieto, per di reformatio in pejus).
Il giudice pu porre a fondamento della decisione anche motivi diversi da
quelli prospettati dall' imputato (carattere devolutivo del riesame).
L' APPELLO

E' un mezzo di impugnazione utilizzabile sia dall' imputato e dal suo difensore, sia
dal p.m.. L' appello si propone sempre al tribunale del riesame, per chiedere: 1) l'
annullamento o la sostituzione di misure interdittive; 2) l' annullamento delle
ordinanze con le quali il giudice ha rigettato la richiesta di revoca avanzata dall'
imputato ex art. 299 c.p.p..
Anche per l' appello il termine per impugnare di 10 giorni dalla data dell'
ordinanza. Il termine per decidere invece di 20 giorni dalla ricezione degli atti.
IL RICORSO PER CASSAZIONE

E' il mezzo previsto per impugnare (ovviamente per soli motivi di legittimit) le
sentenze emesse dal tribunale del riesame, sia in sede di riesame, sia in sede di
appello.
Il ricorso va presentato nella cancelleria del tribunale del riesame che ha
emesso la sentenza impugnata entro 10 giorni dalla notifica di essa. Tale cancelleria

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trasmetter poi gli atti alla Corte di Cassazione. Sono legittimati al ricorso
imputato, il suo difensore e il p.m..
La Corte deve decidere entro 30 giorni dalla ricezione degli atti (ma
mancato rispetto di tale termine non produce alcuna sanzione processuale).
E' anche possibile (ma solo per le misure coercitive) adire direttamente
corte di cassazione mediante ricorso per saltum, e ci allo scopo di evitare
sindacato di merito e i relativi poteri integrativi del tribunale del riesame.

l'
il
la
il

RIPASSO A BREVE TERMINE


Per fissare le idee sugli argomenti trattati si cerchi di rispondere ai seguenti quesiti:
1) Quali sono i principi costituzionali richiamabili in materia di misure cautelari
personali?
2) Quali sono le principali misure cautelari personali?
3) Che differenza c tra sequestro preventivo e sequestro conservativo?
4) Cosa si intende per fumus commissi delicti?
5) Quali sono le esigenze cautelari previste come pericola libertatis dall art. 274
c.p.p.?
6) La l. 332/1995 in che modo ha limitato l individuazione del pericolo di
inquinamento probatorio?
7) Cosa stabiliscono i principio di adeguatezza e proporzionalit nell
applicazione delle misure cautelari?
8) In quali situazioni fatto divieto di applicare la custodia cautelare in carcere?
9) Cosa si intende per interrogatorio di garanzia ? entro quale termine deve
procedersi a tale interrogatorio?
10) Per quali reati non possibile applicare misure cautelari?
11) Come si articola la procedura in caso di richiesta di revoca della misura
cautelare?
12) Quali sonio i mezzi di impugnazione contro i provvedimenti cautelari?
13) Come si individua il tribunale del riesame competente?
14) Quali sono i termini per emettere la decisione da parte del tribunale del
riesame in caso di richiesta di riesame? E in caso di richiesta di appello?
15) Quando si ricorre al ricorso per Cassazione per saltum?

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UNITA' DIDATTICA N. 5
LE INDAGINI PRELIMINARI

Ore di lezione: 5

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Ore di studio: 7

FUNZIONE DELLE INDAGINI PRELIMINARI


La fase delle indagini preliminari appare preordinata ad acquisire, attraverso
una ricostruzione del fatto, gli elementi necessari a consolidare il semplice sospetto
di reato e convertirlo in una seria probabilit di responsabilit penale. Il p.m. a
questo scopo, compie le investigazioni e le ricerche necessarie per decidere in merito
all' esercizio dell' azione penale.
Tutti gli atti di indagine vanno verbalizzati ed inseriti in un apposito
fascicolo, il "fascicolo delle indagini", tenuto segreto fino a quando lo stesso
indagato non messo a conoscenza delle indagini a suo carico (il che avverr
normalmente con il suo interrogatorio o, al pi tardi, con l' avviso di chiusura delle
indagini ex art. 415 bis). Prima di questo momento, pertanto, le indagini si svolgono
in segreto, onde evitare che la persona indagata possa attivarsi per inquinare o
disperdere mezzi di prova.
E' importante sottolineare che le acquisizioni delle indagini preliminari non
costituiscono "prova" ai fini del processo, in quanto nel sistema accusatorio la
prova si forma sempre e soltanto in dibattimento (principio di immediatezza e
oralit). Ci significa che gli atti di indagine hanno una valenza esclusivamente
investigativa, nel senso che esauriscono la loro funzione all' interno della stessa fase
delle indagini preliminari: servono, cio, al p.m. per farsi una idea della fondatezza
del sospetto iniziale e quindi per stabilire se il caso di esercitare l' azione penale
(attraverso la richiesta di rinvio a giudizio) o se invece la vicenda merita di essere
archiviata in quanto priva di consistenza.
Una volta esercitata l' azione penale, gli atti acquisiti dal p.m. esauriscono la
loro funzione, e la fase delle "indagini" lascia il posto alla fase del "giudizio", ossia
del processo vero e proprio. Sar soltanto a questo punto che saranno assunte, in
pubblico dibattimento, le prove che il giudice potr porre a fondamento della
sentenza, mentre non potr tenersi conto degli elementi acquisiti durante le indagini.
Soltanto eccezionalmente gli atti di indagine potranno essere valutati dal
giudice del dibattimento alla stregua di vere e proprie prove. Ci avviene: 1) nel
caso di "atti irripetibili" (art. 431 lett. b - c ); 2) nei limiti delle "letture consentite" di
atti del fascicolo del p.m. (artt. 512-513); 3) nel caso si tratti di dichiarazioni
utilizzate per muovere "contestazioni" alle persone esaminate (artt. 500 c.1 - 503
c.3).

LA NOTIZIA DI REATO
Il primo atto dal quale prende l' avvio l 'iter investigativo delle indagini preliminari
costituito dalla notizia di reato (o notitia criminis). La notitia criminis l' atto con

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cui il p.m. o la p.g. vengono a conoscenza della commissione di un fatto di reato. Si


tratta, pi precisamente, di una informazione percepita dal p.m. o dalla p.g. in ordine
ad un fatto che integra (almeno a prima vista) gli estremi di una fattispecie criminosa,
e sul quale gli organi investigativi dovranno svolgere le opportune indagini al fine di
verificare se il sospetto di reato possa trasformarsi o no in "probabilit".

Il p.m. e la p.g. prendono notizia dei reati sia di propria iniziativa, sia
attraverso informazioni fornite da altri soggetti.
Il codice impone al p.m. di iscrivere immediatamente, nell' apposito registro
custodito presso la procura, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito
di propria iniziativa. In particolare, nel registro vanno annotati:
-- data della notizia
-- nominativo della persona sospettata
-- elementi materiali del fatto e sua qualificazione giuridica
-- circostanze del fatto
Ogni notizia di reato assume un numero di ruolo progressivo, contenente l'
indicazione dell' anno di iscrizione, e che servir anche successivamente ad
individuare il procedimento (es. proc. pen. n. 181/2001).
Se nel corso delle indagini preliminari muta la qualificazione giuridica (ad
es. il p.m. ritiene che il fatto qualificabile come rapina anzich come furto) o si
riscontrano nuove circostanze attenuanti o aggravanti, la notizia di reato resta la
stessa, e viene solo aggiornata dal p.m.
Se invece mutano gli elementi materiali del fatto (es. condotta o evento) il
p.m. non pu limitarsi ad aggiornare la notizia, ma occorre procedere ad una nuova
iscrizione (che assumer una nuova data e un nuovo numero di ruolo).
Qualora inizialmente non si conosce il nominativo dell' autore del fatto, la
notizia viene iscritta "contro ignoti". Nel momento in cui viene individuato il
presunto autore, la notizia viene integrata dall' indicazione del nominativo, e la data
viene aggiornata.
E' molto importante la data della iscrizione (della notizia o del nominativo),
poich da tale momento che iniziano a decorrere i termini di durata delle indagini
preliminari (normalmente 6 mesi).
Fino al 1995 le iscrizioni nel registro erano coperte da segreto. Il nuovo testo
dell' art. 335 c.3 c.p.p. dispone che le iscrizioni nel registro possono essere
comunicate, a richiesta, all' indagato, alla persona offesa e ai loro difensori (tranne
per i delitti di cui all' art. 407 lett. a c.p.p.).
Le notizie di reato si distinguono in
-- notizie qualificate, ossia informazioni pervenute al p.m. o alla p.g. per mezzo di
atti tipici di segnalazione esterna (tali notizie devono necessariamente essere iscritte
nel registro);
-- notizie non qualificate, ossia notizie apprese autonomamente dal p.m., attraverso
fonti di cognizione atipiche (es. reati compiuti in presenza del p.m., fonti di qualsiasi
natura reperite per caso, telefonate intercettate casualmente, resoconti giornalistici,
etc.). Tali notizie saranno iscritte nel registro solo se ritenute meritevoli di attenzione.

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LE NOTIZIE QUALIFICATE
A) DENUNZIA DA PARTE DEI PUBBLICI UFFICIALI
Tutte le volte che un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico
servizio, nell' esercizio o a causa delle sue funzioni, viene a conoscenza di un fatto
configurabile come reato perseguibile d' ufficio, obbligato a darne notizia al p.m.
o a ad un ufficiale di p.g..
La denunzia va trasmessa per iscritto e senza ritardo all' ufficio di p.m. o di
p.g., corredata dell' indicazione degli eventuali elementi di prova gi acquisiti.
L' obbligo di denunzia sussiste anche se non sia stato individuato l' autore del
presunto reato.
La mancata trasmissione della denunzia integra, a carico del pubblico
ufficiale, il reato di omessa denunzia di reato (art. 361 c.p.).
B) DENUNZIA DA PARTE DEI PRIVATI
A differenza del pubblico ufficiale, il privato cittadino non ha l' obbligo di
denunciare i fatti di reato di cui viene a conoscenza, ma ha solo una mera facolt.
Anche in questo caso deve comunque trattarsi di reati perseguibili d' ufficio. La
denunzia va presentata presso gli uffici del p.m. o di p.g. in forma scritta o anche in
forma orale (in tal caso sar redatto apposito verbale). Se la denunzia scritta
occorre la sottoscrizione (una denunzia anonima, infatti, non obbliga il p.m. a
iscrivere la notizia nel registro, ma tutt' al pi pu stimolare il p.m. ad avviare
investigazioni).
La denunzia diviene obbligatoria anche per il privato nel caso si tratti di
delitti contro la personalit dello Stato puniti con l' ergastolo o di sequestro di
persona a scopo di estorsione.
C) INFORMATIVA DI POLIZIA GIUDIZIARIA
Ogni agente o ufficiale di p.g. che percepisce una notizia di reato deve
trasmetterla per iscritto e senza ritardo al competente ufficio del p.m.. Tale
percezione pu provenire o da un' attivit autonoma della stessa p.g. o da una
segnalazione esterna (es. denunzia di privati). In quest' ultimo caso la p.g. serve da
collegamento tra il privato e il p.m..
La percezione della notizia pu essere avvenuta anche al di fuori dall'
esercizio delle funzioni. Pu riguardare anche un reato non procedibile d' ufficio (in
tal caso l' acquisizione della notizia servir ad assicurare fonti di prova in attesa che
si verifichi la condizione di procedibilit).
L' informativa di p.g. dev' essere molto precisa e dettagliata, ma deve
contenere solo descrizioni di fatti, non valutazioni personali.

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D) REFERTO
Si tratta di una sorta di denunzia "propria" (ossia proveniente da soggetto
qualificato). L' obbligo di referto riguarda tutti i soggetti che svolgono una
professione sanitaria (medici, veterinari, farmacisti, infermieri, levatrici, etc.).
Consiste nella dichiarazione scritta di aver prestato assistenza medica in casi
che possono presentare il sospetto di delitto perseguibile d' ufficio (es. persona che
giunge al pronto soccorso di un ospedale con ferite da arma da fuoco).
Il referto deve essere trasmesso al p.m. o alla p.g. entro 48 ore (o
immediatamente se il ritardo pu compromettere esigenze legate all' accertamento).
La mancata trasmissione integra il reato di omissione di referto (art. 365 c.p.).

LE CONDIZIONI DI PROCEDIBILIT
Di solito il contenuto della notitia criminis costituisce premessa sufficiente
per l' instaurazione delle indagini preliminari e quindi di un procedimento penale.
Ci vale perla generalit dei reati, che sono, appunto, "procedibili d' ufficio".
Taluni reati, invece, per la loro minore gravit o per altre ragioni di
opportunit, non sono procedibili d' ufficio, ma occorre una espressa manifestazione
di volont da parte della persona offesa o di organi pubblici, volont che si pone
quale vera e propria condizione di procedibilit. La condizione di procedibilit ,
quindi, un fatto dal quale si fa dipendere l' esercizio dell' azione penale.
Mentre le normali notitiae criminis si risolvono in semplici dichiarazioni di
conoscenza, le condizioni di procedibilit assolvono solo in parte ad una funzione di
conoscenza, poich consistono essenzialmente in manifestazioni di volont,
contenendo l' espressa richiesta che si proceda in ordine ad un determinato reato.
Se il p.m. o la p.g. presumono che la condizione di procedibilit possa
sopraggiungere in tempo utile, potranno compiere atti urgenti diretti ad assicurare
fonti di prova (es. sequestri, accertamenti tecnici non ripetibili, incidente probatorio,
etc.). In mancanza della condizione di procedibilit sono comunque vietati atti
coercitivi della libert personale, ispezioni e perquisizioni, interrogatori,
intercettazioni telefoniche o ambientali.
A) QUERELA
La querela l' atto facoltativo attraverso il quale la persona offesa manifesta la
volont che si proceda in ordine ad un fatto previsto dalla legge come reato
procedibile a querela.
Il diritto di querela si estingue con la morte del titolare. Tuttavia, nei reati
contro l' onore, la moralit pubblica e il buon costume, se l' offeso deceduto la
legittimazione a presentare querela si trasmette ai prossimi congiunti.
Se l' offeso persona minore di anni 14 o persona legalmente incapace (es.
interdetto), legittimati a presentare querela sono i genitori o il tutore. Se manca un
rappresentante legale, il g.i.p. nominer un curatore speciale cui spetta proporre
querela.
La querela deve essere presentata al p.m. o alla p.g. 1) per iscritto (con
sottoscrizione della stessa persona offesa o di un suo procuratore speciale); 2)

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oralmente (in questo caso verr redatto apposito verbale). Grande importanza
assume la data della querela, ai fini del computo del termine di decadenza.
In caso di reato commesso da pi persone in concorso eventuale, la querela
presentata contro un solo concorrente si estende di diritto anche agli altri, data la
inscindibilit delle posizioni dei concorrenti (c.d. effetto estensivo della querela).
Il diritto alla querela pu essere esercitato entro un termine perentorio ben
preciso, ossia entro 3 mesi dal giorno in cui l' offeso ha avuto notizia del reato
commesso nei suoi confronti. Secondo la dottrina, essendo la querela un atto preprocessuale, non sar applicabile la disciplina della restituzione nel termine ex art.
175 c.p.p..
Il diritto di querela non pu essere fatto valere se la persona offesa,
successivamente alla commissione del fatto (post factum), ha manifestato una
rinuncia alla querela. Tale rinuncia pu consistere in una dichiarazione espressa
(scritta o orale), ma pu anche essere tacita, o per facta concludentia, quando l'
offeso tiene atteggiamenti incompatibili con la volont di querelare (purch tali
atteggiamenti siano seri, univoci, concludenti). Non ammessa una rinuncia ante
factum, ossia preventiva. Nel caso di minore che ha superato i 14 anni di et, la
rinuncia fatta dal genitore non priva il minore del diritto di proporre querela.
Una volta presentata la querela, essa pu sempre essere revocata dalla
persona offesa. Tale revoca, detta remissione della querela, consiste nella
dichiarazione con la quale il querelante ritira la querela gi proposta. La remissione
della querela un atto bilaterale, poich richiede l' accettazione da parte del
querelato. Il termine ultimo per revocare la querela costituito dalla pronuncia di una
sentenza irrevocabile.
La remissione pu essere processuale o extraprocessuale: 1) processuale
quando viene presentata al giudice o alla p.g. nel corso del processo, con
dichiarazione espressa, nelle forme previste per la rinuncia; 2) extraprocessuale
quando viene rilasciata al querelato o viene resa dinanzi ad un pubblico ufficiale (es.
notaio).
La remissione pu anche essere tacita quando il querelante compie atti
incompatibili con la volont di querelare.
B) RICHIESTA
E' prevista per alcune ipotesi di delitti commessi all' estero dal cittadino italiano o
dallo straniero. L' autorit competente ad avanzare la richiesta il Ministro di
Giustizia.
La richiesta deve essere presentata al p.m. entro 3 mesi dal giorno in cui il
Ministro ha avuto notizia del fatto, ovvero entro tre anni da quando il reo si trovi nel
territorio dello Stato quando tale circostanza prevista quale condizione obiettiva di
punibilit.
C) ISTANZA
E' l' atto facoltativo con cui la persona offesa da un delitto commesso all' estero ne d
conoscenza all' autorit italiana, manifestando la volont che si proceda.
D) AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE

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E' l' atto discrezionale con il quale i competenti organi statali (es. il Parlamento), su
sollecitazione del p.m., consentono il completo svolgimento di un processo penale in
ordine a taluni reati legislativamente predeterminati:
-- reati commessi dal Presidente del Consiglio o da un Ministro nell' esercizio delle
loro funzioni. In tal caso la competenza a concedere l' autorizzazione a procedere
spetta alla Camera di appartenenza se il Ministro anche parlamentare, o al
Senato se il ministro non parlamentare;
-- reati commessi dai membri della Corte Costituzionale; in tal caso al competenza
spetta alla stessa Corte Costituzionale.
La richiesta di autorizzazione a procedere dev' essere avanzata dal p.m. entro
30 giorni dall' iscrizione nel registro del nominativo della persona indagata.
Per quanto riguarda i reati commessi dai Parlamentari (deputati e senatori), la
Legge costituzionale n.3/1993 ha abolito l' istituto dell' immunit parlamentare
originariamente previsto dall' art. 68 c.2 Cost. (che prevedeva il divieto di sottoporre
deputati e senatori a procedimento penale senza autorizzazione della Camera di
appartenenza).
Oggi l' autorizzazione della Camera di appartenenza non riguarda pi la
sottoposizione del parlamentare al procedimento penale (che pu senz' altro essere
iniziato), ma soltanto il compimento di specifici atti di indagine, e precisamente:
provvedimenti restrittivi della libert personale, perquisizione, ispezione, sequestro
di corrispondenza, intercettazione di comunicazioni. L' autorizzazione a procedere
non necessaria se i parlamentare colto in flagranza di un reato per il quale
previsto l' arresto obbligatorio.

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Sez. I
L' ATTIVITA' DI INDAGINE DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA
Nell' originario impianto del codice Vassalli si volle circoscrivere in un
ambito residuale e temporalmente limitato l' attivit autonoma d' indagine della
polizia giudiziaria, onde evitare il perpetuarsi di quella sorta di pre-istruttoria di
polizia (tipica del codice Rocco), antecedente alla assunzione delle indagini da parte
del p.m. e fuori dalle sue direttive. Ma brutali episodi di violenza criminale, che
culminarono col periodo "nero" delle stragi di mafia (anni 1988-1992) suggerirono
una serie di riforme codicistiche, tendenti ad ampliare notevolmente gli spazi di
autonomia della p.g., allentare i vincoli col p.m. e a potenziare la valenza probatoria
in sede dibattimentale degli atti da questa compiuti.
Cos, l' art. 348 c.p.p., riformulato nel 1992, prescrive che la p.g. continua
nella sua attivit d' indagine "anche successivamente alla comunicazione della
notizia di reato". Il che comporta che l' intervento del p.m. non ferma l'
investigazione avviata ed autogestita dalla polizia. In definitiva, alla p.g. attribuito
il potere di condurre, con ampia libert, un' attivit investigativa parallela ed
autonoma rispetto a quella del p.m., ferma restando la possibilit che il p.m.
impartisca direttive per coordinare le attivit di indagine o deleghi alla p.g
determinati atti di indagine (c.d. attivit investigative delegate).
Ci premesso, l' attivit d' indagine della p.g. si svolge lungo tre principali
direzioni: 1) attivit di informazione; 2) attivit di assicurazione; 3) attivit di
investigazione.
1) L' ATTIVITA' DI INFORMAZIONE
Tale attivit riconducibile ad un duplice dovere a carico della p.g.: quello di
"informarsi", e quello di "informare".
Informarsi significa prendere cognizione delle notitiae criminis, anche di
propria iniziativa, nell' ambito dell' attivit di controllo e prevenzione del territorio,
ovvero a seguito di segnalazioni esterne (denunce, querele, etc.). Una volta acquisita
la notizia di reato, la p.g. ha l' obbligo di riferirla al p.m. ("informare").
Il termine per l' informativa non pi stabilito in modo fisso dal legislatore
("entro le 48 ore", art. 347 c.p.p. originaria formulazione); ora prescritto che l'
informativa deve essere inviata "senza ritardo" (art. 347 c.p.p. post-riforma 1992).
Per Siracusano-Galati ci non comporta discrezionalit nella scelta dei tempi, ma
impone comunque una assoluta tempestivit, salvo caso fortuito o forza maggiore.

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2) L' ATTIVITA' DI ASSICURAZIONE


Tale attivit ha per scopo acquisire elementi (cose materiali o persone) utili a
garantire l' espletamento delle indagini o ai fini della futura formazione della prova.
a) Atti di assicurazione a carattere reale.
-- PERQUISIZIONE (art. 352 c.p.p.): si tratta di un mezzo di ricerca della prova
diretto a rintracciare persone o cose da assicurare alle necessit investigative o
probatorie. La p,g. pu procedere autonomamente a perquisizione "solo nei casi di
assoluta necessit ed urgenza". La necessit e l' urgenza si presumono nei casi di 1)
flagranza di reato; 2) evasione; 3) esecuzione di provvedimenti restrittivi
(custodia cautelare, carcerazione, fermo).
La perquisizione si chiama "personale" quando la p.g. sospetta che qualcuno
occulti nella sua persona cose o tracce pertinenti al reato; si chiama "locale" quando
la p.g. sospetta che in un determinato luogo si trovino cose o tracce pertinenti al reato
ovvero il presunto autore del reato.
Gli ufficiali di p.g. che hanno eseguito la perquisizione devono redigere
relativo verbale e trasmetterlo entro 48 ore al p.m., il quale nelle successive 48 deve
convalidarlo o meno.
-- SEQUESTRO PREVENTIVO (art. 321 c.3 bis) (detto anche "fermo reale"): si tratta
di una misura cautelare reale (v. supra) tendente ad evitare che la libera
disponibilit di una cosa pertinente al reato possa aggravare le conseguenze del reato
o agevolare la commissione di nuovi reati. Normalmente tale misura adottata dal
p.m., ma anche la p.g. pu autonomamente procedere a sequestro preventivo, prima
che il p.m. abbia assunto la direzione delle indagini, ma solo nei casi di necessit ed
urgenza.. Entro le successive 48 ore la p.g. trasmette il verbale di sequestro
preventivo al p.m., il quale, a sua volta, entro le successive 48 ore dal ricevimento
richieder al g.i.p. la convalida (in mancanza di convalida, il provvedimento perder
di efficacia).
-- SEQUESTRO PROBATORIO (art. 354 c.p.p.) (detto anche "sequestro penale"): a
differenza del sequestro preventivo, non una misura cautelare, ma un mezzo di
ricerca della prova, a finalit strettamente probatoria. Si tratta di un mezzo
coercitivo destinato ad assoggettare ad un vicolo di indisponibilit cose idonee ad
assumere valenza probatoria nel processo ove vi sia il pericolo della loro
alterazione o dispersione. Oggetto del sequestro probatorio sono il corpo del reato
e le cose pertinenti al reato. Si intende per "corpo del reato" la cosa sulla quale o
per mezzo della quale il delitto stato commesso (es. refurtiva; arma da scasso),
ovvero la cosa che costituisce il prezzo , il prodotto o il profitto del reato (es.
somme intascate a seguito di ricettazione).
La p.g. procede autonomamente a sequestro probatorio solo nei casi di
assoluta urgenza, quando non possibile attendere l' assunzione delle indagini da

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parte del p.m., e sempre che vi sia il fondato timore circa l' alterazione o la
dispersione delle cose. La p.g. comunica il verbale di sequestro al p.m., il quale nelle
successive 48 ore decide sulla convalida.

b) Atti di assicurazione a carattere personale.


-- ARRESTO IN FLAGRANZA (art. 382 c.p.p.): tale atto comporta la restrizione della
libert personale di chi "viene colto nell' atto di commettere un reato" (flagranza in
senso stretto), ovvero "subito dopo il reato viene inseguito dalla p.g., dalla
persona offesa o da altre persone" ovvero "viene sorpreso con cose dalle quali
appaia che abbia commesso il reato immediatamente prima" (c.d. quasi
flagranza).
Lo stato di flagranza integra un caso di "necessit e urgenza" che giustifica l'
adozione di provvedimenti restrittivi (provvisori) della libert personale da parte di
organi di polizia, secondo la previsione dell' art. 13 c. 3 Cost.: "In casi eccezionali di
necessit e urgenza...l' autorit di pubblica sicurezza pu adottare provvedimenti
provvisori che devono essere comunicati...all' autorit giudiziaria e se questa non li
convalida...restano privi di ogni effetto".
Per "inseguimento" deve intendersi non solo l' inseguimento in senso stretto,
ma altres l' azione intrapresa dalla p.g. per raggiungere il presunto autore subito
dopo la commissione di un reato.
L' arresto in flagranza non previsto per tutti i reati, ma solo per quelli che
presentano un certa gravit. L' arresto obbligatorio quando si tratta di delitti dolosi
per i quali previsto l' ergastolo o la reclusione non inferiore nel massimo a 20 anni,
oltre che per una serie di reati specificamente individuati (furto aggravato, rapina,
estorsione, associazione mafiosa, terrorismo, etc.). Nei casi di arresto obbligatorio
anche il privato cittadino autorizzato a procedere all' arresto, ma a differenza dell'
agente di p.g. non si tratta di un' attivit doverosa ma di una mera facolt legittima
(con efficacia di scriminante ex art. 51 c.p.).
L' arresto facoltativo quando si tratta di delitti dolosi puniti con reclusione
superiore nel massimo a 3 anni o colposi puniti con reclusione non inferiore nel
massimo a 5 anni, oltre che di singoli reati specificamente previsti. La discrezionalit
di procedere all' arresto deve essere orientata secondo i criteri della gravita del fatto e
della pericolosit del reo.
Non si pu procedere all' arresto se il fatto appare commesso in presenza di
una causa di giustificazione o di non punibilit.
Subito dopo l' arresto la p.g. ha l' obbligo di informare i familiari della
persona arrestata dell' avvenuto arresto. La persona deve essere avvertita della facolt
di nominare un difensore (secondo certa giurisprudenza l' omissione di tale avviso
produrrebbe nullit assoluta ex art. 178 lett. c c.p.p.). L' arrestato ha il diritto di
ottenere il colloquio col difensore subito dopo l' arresto, a meno che il g.i.p., per
eccezionali esigenze di cautela, non disponga di differire tale colloquio (per un
tempo comunque non superiore a 5 giorni).
La p.g., entro 24 ore dall' arresto deve trasmettere il verbale di arresto al p.m.
e conduce la persona arrestata in istituto di custodia. L' inosservanza di tale termine

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comporta l' immediata perdita di efficacia della misura. Entro 48 ore dall' arresto, il
p.m. (che ha ricevuto il verbale) deve chiedere al g.i.p. la convalida. Anche tale
termine posto a pena di inefficacia. Il p.m. pu interrogare l' arrestato e pu
ordinarne l' immediata liberazione qualora constati l' illegittimit dell' arresto ovvero
quando ritiene di non dover chiedere l' applicazione di una misura cautelare.
Il g.i.p., infine, ricevuta la richiesta di convalida, fissa un' udienza di
convalida, che si tiene in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del
difensore (mentre facoltativa la presenza del p.m..). All' udienza di convalida il
giudice interroga l' arrestato, salvo che si sia rifiutato di comparire, e in ogni caso,
sente il difensore. Al termine dell' udienza pu aversi: 1) ordinanza di convalida,
se il g.i.p. ritiene legittimo l' arresto. Se il p.m. chiede l' adozione di una misura
cautelare, il g.i.p., contestualmente alla convalida, converte l' arresto in misura
cautelare (custodia in carcere) e la persona resta in stato di detenzione; se invece non
ricorrono esigenze cautelari, la persona arrestata viene liberata; 2) ordinanza di
mancata convalida, se risulta che l' arresto non sia stato eseguito legittimamente o
che non sono stati osservati i termini. In tal caso si avr l' immediata liberazione della
persona arrestata.
L' ordinanza di convalida (o di non convalida) deve intervenire entro 48 ore
dal momento in cui il p.m. ha richiesto al g.i.p. la convalida.
L' eventuale nullit che vizia l' ordinanza di convalida dev' essere
immediatamente eccepita dal difensore nella stessa udienza, pena le decadenza dal
potere di rilevarla successivamente (ex art. 182 c.2 c.p.p.).
-- FERMO DI INDIZIATO DI DELITTO (art. 384 c.p.p.): Consiste nella restrizione
della libert personale di chi risulta fortemente indiziato di un delitto e si teme possa
darsi alla fuga. Il fermo pu essere disposto sia autonomamente dalla p.g., quando
non possibile attendere il provvedimento del p.m., sia dal p.m. (che d ordine alla
p.g. di eseguirlo). Tre sono i presupposti giuridici della misura: 1) che si proceda per
delitti puniti con l' ergastolo o la reclusione superiore nel massimo a 6 anni; 2) che
sussistano gravi indizi di colpevolezza; 3) che vi sia il ragionevole pericolo che il
presunto autore del reato possa darsi alla fuga.
Gli adempimenti successivi all' adozione del fermo sono identici a quelli
previsti per l' arresto (termini perentori, udienza di convalida, eventuale
"conversione" del fermo in misura cautelare coercitiva).
L' arresto e il fermo sono comunemente chiamate misure pre-cautelari, nel
senso che molto spesso precedono l' adozione di una misura cautelare. Tuttavia l'
arresto e il fermo e le misure cautelari si pongono su due piani processuali distinti e
non necessariamente contigui: da una lato, la misura cautelare pu essere disposta
senza che sia preceduta da alcun provvedimento di arresto o fermo; d' altra parte non
sempre l' arresto e il fermo vengono, in sede di convalida, "convertiti" in misura
cautelare.
3) L' ATTIVITA' DI INVESTIGAZIONE

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Tale attivit consiste sostanzialmente nella ricerca degli autori del reato e
delle fonti di prova (ossia degli elementi dai quali pu scaturire la prova, ma che non
sono di per s "prova"). Nell' ambito di tale attivit rientrano alcuni atti tipici:
-- IDENTIFICAZIONE DI PERSONA SOSPETTATA (art. 349 c.p.p.).
La p.g. pu richiedere a qualunque persona che sia sospettata di aver
commesso il reato di fornire le proprie esatte e complete generalit. Al fine di una
pi dettagliata identificazione, la persona pu essere condotta presso gli uffici di p.g.
per essere sottoposta a rilievi dattiloscopici (impronte digitali), fotografici,
antropometrici. Per svolgere tali adempimenti la persona pu anche essere condotta
coattivamente presso gli uffici, ma in ogni caso non pu essere trattenuta per pi di
12 ore. Dell' accompagnamento dev' essere data immediata notizia al p.m.
-- SOMMARIE INFORMAZIONI (art. 350 c.p.p)
La p.g. pu sentire la persona indagata attraverso un atto formale di
assunzione di informazioni. La persona viene invitata a presentarsi presso gli uffici di
p.g. e qui viene invitata a rispondere alle domande che l' ufficiale di p.g. le sottopone.
L' assunzione di sommarie informazioni radicalmente nulla se la persona indagata
non assistita da un difensore (di fiducia o d' ufficio). Inoltre non possibile
procedere a sommarie informazioni se la persona si trova in stato di arresto o fermo.
Dell' audizione viene redatto verbale scritto, che potr essere utilizzato in
dibattimento o per le contestazioni ex art. 503 c.3 o per eventuali letture ex art. 513
c.p.p..
-- DICHIARAZIONI SPONTANEE (art. 350 c.7 c.p.p.)
A differenza delle sommarie informazioni, che sono "provocate" dalla p.g.,
tali dichiarazioni sono assunte e verbalizzate a seguito della spontanea
presentazione della persona indagata presso gli uffici di p.g.. In questo caso solo
facoltativa la presenza del difensore. Le spontanee dichiarazioni possono essere
rilasciate anche da persona in stato di arresto o fermo.
Non possibile utilizzare tali dichiarazioni in dibattimento, tranne che per le
contestazioni ex art. 503 c.3 c.p.p..
-- SOMMARIE INFORMAZIONI DA PARTE DI ALTRE PERSONE (art.351 c.p.p.)
Le sommarie informazioni vengono richieste non all' indagato, ma ad una
persona terza, che con tutta probabilit sar futuro testimone al dibattimento.
Vengono osservate le regole sulla testimonianza. Non necessaria la presenza
del difensore. La persona sottoposta a sommarie informazioni pu anche tacere o
rendere dichiarazioni false senza essere per ci solo punibile (salvo commetta
favoreggiamento personale o mendacio calunnioso). E' invece obbligata a fornire
notizie precise circa la propria identit personale o altre qualit che la riguardano.
Qualora emergano indizi di reit, l' ufficiale di p.g. sospende l' audizione,
avvertendo la persona che potranno essere svolte indagini a suo carico e invitandola a
nominare un difensore.
Le dichiarazioni rese alla p.g., possono essere utilizzate per le contestazioni
ex art. 500 c.p.p. e per eventuali letture ex art. 512 c.p.p.

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Sez. II
L' ATTIVITA' DI INDAGINE DEL PUBBLICO MINISTERO
-- INTERROGATORIO DELLA PERSONA INDAGATA (art. 64 c.p.p.)
La persona indagata spesso in grado di introdurre nel procedimento un
patrimonio di conoscenze che pu servire ad arricchire il panorama investigativo. Per
questo motivo il codice Vassalli, nella sua formulazione originaria, prevedeva l
interrogatorio come atto d indagine rimesso esclusivamente alla volont del p.m., il
quale poteva anche decidere di non interrogare l indagato.
Ma nell' ottica del processo accusatorio, l' interrogatorio dovrebbe essere
considerato non tanto in funzione investigativa, ma soprattutto in funzione di
garanzia, in quanto attraverso il diretto colloquio col p.m. la persona indagata pu
presentare quegli elementi a propria discolpa che potrebbero anche convincere il
magistrato della sua innocenza. Questo il motivo per cui la legge Carotti ha
previsto che l indagato, una volta ricevuto l "avviso di chiusura delle indagini",
pu chiedere al p.m. di essere sottoposto ad interrogatorio: in tal caso il p.m. sar
obbligato a procedere ad interrogatorio, e qualora ometta di effettuare tale
interrogatorio nonostante la richiesta dell indagato, una sua eventuale richiesta di
rinvio a giudizio sar radicalmente nulla.
Quando il p.m. dispone l' interrogatorio (fuori dai casi di cui all' art. 415 bis),
invia all' indagato un apposito "invito a presentarsi", che deve essergli notificato
almeno 3 giorni prima della data fissata per l' interrogatorio. L' invito contiene,
inoltre, il preavviso della facolt di intervenire con un difensore di fiducia, il quale
deve essere pure preavvisato almeno 24 ore prima. Una volta assolto l' onere di
preavviso, poi del tutto indifferente che il difensore partecipi o meno, non
comportando alcuna nullit l' eventuale assenza del difensore (purch preavvertito).
Si noti la differenza dell' interrogatorio del p.m. rispetto alle sommarie informazioni
di p.g., nelle quali l' assenza del difensore causa di nullit assoluta.
Pur se in stato di detenzione, la persona indagata deve intervenire libera all'
interrogatorio, e non pu essere sottoposta a "metodi o tecniche idonei ad influire
sulla libert di autodeterminazione o ad alterare la capacit di ricordare i fatti" (art.
64 c.p.). Prima di iniziare l' interrogatorio, il p.m. deve rendere edotto l' indagato
della facolt che egli ha di non rispondere. Ci a garanzia del principio del c.d.
"diritto al silenzio" (nemo se tenetur detegere = nessuno pu essere tenuto ad
autoaccusarsi).
Il p.m. d inizio all' interrogatorio esponendo in forma chiara e precisa alla
persona indagata il fatto che le viene attribuito, facendole noti gli elementi di prova

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esistenti contro di lei, se non pu derivare pregiudizio per le indagini; quindi la invita
ad esporre quanto ritiene utile per la sua difesa e le pone direttamente le domande.
Delle operazioni viene redatto verbale, che potr avere utilizzazione
dibattimentale per le letture ex art. 513 o per le contestazioni ex art. 503 c.3. c.p.p.

-- ASSUNZIONE DI INFORMAZIONI DA PERSONE A CONOSCENZA DEI FATTI (art.


362 c.p.p.).
Il p.m. pu disporre l' interrogatorio di persone (diverse dall' indagato) che si
ritiene possano essere a conoscenza di circostanze utili al fine di ricostruire i fatti su
cui si indaga (futuri testimoni in dibattimento). Non prevista l' assistenza del
difensore. La persona "informata sui fatti", a differenza della persona indagata, ha l'
obbligo penalmente sanzionato di dire la verit al p.m. (reato di "false informazioni
al p.m.", art. 371 bis c.p.). Non prevista l' assistenza di un difensore.
Le dichiarazioni rese al p.m., oltre che poter essere oggetto di eventuali
letture ex art. 512 c.p.p., possono essere utilizzate per le contestazioni ex art. 500
c.p.p. .
-- ACCERTAMENTI TECNICI NON RIPETIBILI (art. 360 c.p.p.)
Sono disposti dal p.m. quando si debbano effettuare accertamenti su
persone, cose o luoghi il cui stato soggetto a modificazione (e pertanto non
possibile attendere l' espletamento di una formale perizia). Il p.m. avvisa senza
ritardo l' indagato, la persona offesa e i difensori, comunicando l' ora, il giorno e il
luogo fissati per il conferimento dell' incarico al consulente tecnico e avvertendo tali
soggetti della facolt di nominare consulenti tecnici di fiducia per assistere alle
operazioni.
Attraverso l' accertamento tecnico non ripetibile il p.m. ha dunque la
possibilit di formare una prova direttamente utilizzabile dal giudice, poich i
risultati dell' accertamento tecnico, essendo irripetibili, sono inseriti nel fascicolo del
dibattimento.
L' indagato, per impedire che si proceda ad accertamento tecnico non
ripetibile, pu avanzare riserva di promuovere incidente probatorio, e cio
chiedere l' espletamento del regolare mezzo di prova (perizia) alla presenza del g.i.p..
-- ISPEZIONI, PERQUISIZIONI, SEQUESTRI, INTERCETTAZIONI TELEFONICHE O
AMBIENTALI

Il p.m., nel corso delle indagini, pu disporre a fini investigativi uno o pi tra
questi mezzi di prova o di ricerca della prova. Da notare che le intercettazioni
telefoniche o ambientali, per essere utilizzabili, hanno bisogno della convalida da
parte del g.i.p., mentre gli altri atti sono di piena competenza dello stesso p.m..
LA PARTECIPAZIONE DEL DIFENSORE AGLI ATTI DI INDAGINE DEL P.M.
1) L' assistenza del difensore necessaria a pena di nullit in caso di:

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-- interrogatorio dell' indagato


-- accertamenti tecnici non ripetibili
-- ispezione.
-- confronti
La partecipazione del difensore garantita attraverso il meccanismo del
"diritto di preavviso", ossia col preventivo avviso notificato al difensore almeno
24 ore prima dell' atto (o "senza ritardo" per l' accertamento t.n.r.).
Il difensore che assiste al compimento di un atto non pu manifestare segni di
approvazione o disapprovazione, ma ha diritto di presentare al p.m. richieste,
osservazioni, riserve e di ottenerne menzione nel relativo verbale.
2) L' assistenza del difensore invece prevista come meramente eventuale quando
il p.m. procede a:
-- perquisizioni
-- sequestri.
Qui l' avviso al difensore non preventivo, ma contestuale all' esecuzione
della perquisizione o del sequestro. Pertanto, l' effettiva partecipazione del difensore
potr aversi solo se l' indagato riesce prontamente a reperire un difensore nell'
immediatezza delle operazioni. D'altronde, trattandosi di "atti a sorpresa", sarebbe
illogico prevedere un diritto di preavviso.
3) Non prevista, infine, nessuna partecipazione del difensore allorch si debba
procedere ad assunzione di informazioni da persone a conoscenza dei fatti ex art.
362 c.p.p.

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SEZ. III
L' INTERVENTO DEL G.I.P. NELLA FASE DELLE INDAGINI
Le principali occasioni di intervento del g.i.p. nella fase delle indagini sono
rappresentate dai provvedimenti di convalida dell' arresto o del fermo, di convalida
delle intercettazioni telefoniche o ambientali, di convalida del sequestro
preventivo disposto per ragioni di urgenza dalla p.g. o dal p.m., oltre che,
ovviamente, dalle ordinanze che dispongono eventuali misure cautelari personali o
patrimoniali.
Otre a ci, il g.i.p. presiede le operazioni istruttorie nell' ipotesi di incidente
probatorio.
L' INCIDENTE PROBATORIO (art. 392)
In base alla regola generale del processo accusatorio, il tempo e il luogo
deputati alla formazione e all' assunzione della prova il dibattimento. Gli elementi
raccolti durante le indagini non sono invece idonei a costituire prova, e dovranno
essere nuovamente rappresentati ("ripetuti") in dibattimento.
Tuttavia il codice prevede un' ipotesi di "formazione anticipata della prova"
durante la fase delle indagini, attraverso l' apertura di una sorta di "parentesi
dibattimentale" chiamata incidente probatorio, tutte le volte in cui il trascorrere del
tempo o il pericolo di una situazione inquinante potrebbe rendere impossibile,
improbabile o inutile l' acquisizione della prova in sede dibattimentale.
Ovviamente, per potere attribuire efficacia di prova ad un atto di indagine,
occorre garantire il pieno contraddittorio delle parti, ossia ricreare le condizioni di
difesa (diritto alla controprova) tipiche del dibattimento.
Si pu procedere ad incidente probatorio nei seguenti casi:
1) Assunzione di una testimonianza o di esame dell' imputato o di confronto,
quando vi ragione di ritenere che l' acquisizione della prova non possa essere
rinviata in dibattimento per infermit o altro grave impedimento della persona che
dovrebbe rendere dichiarazioni (es. timore che la persona che dovrebbe presenziare
come testimone possa morire o espatriare prima del dibattimento);
2) espletamento di perizia o di esperimento giudiziale su persone o cose
inevitabilmente soggette a modificazione (in tali casi, tuttavia, il p.m. potrebbe
anche disporre un accertamento tecnico non ripetibile);
3) espletamento di ricognizione relativo a ricostruzioni mnemoniche che il
trascorrere del tempo pu rendere difficoltose;
4) perizia sulla capacit di intendere e volere della persona sottoposta alle indagini
(al fine di chiedere l' immediata sospensione del procedimento).

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2

Legittimati a chiedere l' incidente probatorio sono il p.m., l' indagato e il suo
difensore. La richiesta proponibile solo prima della scadenza dei termini di
chiusura delle indagini preliminari. La richiesta va depositata nella cancelleria del
g.i.p. e notificata al p.m. e ai difensori, i quali, entro 2 giorni dalla notifica, possono
avanzare produrre deduzioni scritte circa l' ammissibilit o la fondatezza della
richiesta.
Se il g.i.p. ritiene di accogliere la richiesta, fissa con ordinanza la data dell'
udienza, che dovr aver luogo non oltre 10 giorni dall' ordinanza stessa. La data dell'
udienza va comunicata alle parti almeno 2 giorni prima del giorno fissato. L' udienza
si svolge in camera di consiglio, con la partecipazione necessaria del p.m. re dei
difensori (a pena di nullit assoluta ex art. 178 lett. b) e c) c.p.p.).
Le prove vengono assunte con le forme tipiche del dibattimento (esame e
controesame).
Le prove assunte nel corso di incidente probatorio non possono essere
utilizzate contro la parte civile: infatti tale soggetto non si ancora costituito, e
sarebbe in contrasto col principio di contraddittorio opporgli prove che egli non ha
avuto occasione di "smontare".
Da notare infine che talvolta l' indagato tende a fare un uso strumentale dell'
istituto dell' incidente probatorio, al fine di intaccare la segretezza delle indagini,
ottenendo una sorta di discovery anticipata.. Infatti, procedendo all' incidente
probatorio, il p.m. deve mettere l' indagato a conoscenza quanto meno di quei fatti
che gli servono per procedere in pieno contraddittorio all' assunzione della prova. Si
parla, in tali casi di incidente-grimaldello, poich l' incidente probatorio serve ad
aprire il "forziere" delle indagini.
Per evitare tale inconveniente, il codice prevede che il p.m., se la richiesta di
incidente probatorio stata avanzata dall' indagato, pu opporsi ad essa, chiedendo il
differimento dell' incidente probatorio, "quando la sua esecuzione potrebbe
pregiudicare uno o pi atti investigativi".

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3

SEZ. IV
LE INDAGINI DIFENSIVE (L. 397/2000)

GENERALITA'
Nell' originaria versione del codice Vassalli (1988) l' attivit di indagine del
difensore era stata prevista assai sinteticamente nell' art. 38 disp. att..
L' art. 38 att. restava per contraddistinto da un sapore squisitamente
programmatico, per l' assoluta genericit ed ambiguit del disposto normativo. L'
impossibilit di far confluire in dibattimento gli elementi raccolti dalla difesa, la
difficolt di riconoscere ad essi il valore di prove della cui valutazione il giudice
dovesse dare conto, l' assenza di previsioni normative sulle forme di documentazione
dell' indagine difensiva e la diffusa sospettosit nei confronti dell' avvocato
imponevano alla difesa di mantenere il tradizionale ruolo passivo.
Nell' attesa di una definitiva sistemazione legislativa, l' avvocatura aveva
comunque provveduto a predisporre una regolamentazione deontologica del "diritto
di difendersi provando" (Codice deontologico approvato dal Consiglio nazionale
forense il 17.04.1997, modificato il 16.10.1999; Regole deontologiche dell' Unione
delle Camere penali del 30.03.1996).
Le norme deontologiche hanno finalmente esaurito il loro ruolo di supplenza
grazie alla approvazione della legge 397/2000, che ha disciplinato in modo nuovo e
finalmente dettagliato l' attivit d' indagine del difensore.
La novit pi rilevante della nuova legge stata l' abrogazione dell' art. 38
att., che relegava la disciplina della materia tra le norme di attuazione, e l' aggiunta
di una serie di nuovi articoli all' interno del corpus codicistico.
Anzitutto l' art. 327 bis, a norma del quale, fin dal momento dellincarico
professionale, il difensore ha facolt di svolgere investigazioni per ricercare ed
individuare elementi di prova a favore del proprio assistito. Tale facolt pu essere
attribuita per lesercizio del diritto di difesa, in ogni stato e grado del procedimento
(compresa l' esecuzione), anche avvalendosi di investigatori privati autorizzati e
consulenti tecnici (a norma dellart. 2 del D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, nei
procedimenti davanti al giudice di pace non si applicano le disposizioni sulle
indagini difensive). Da notare come (art. 391 nonies) lattivit investigativa pu
essere iniziata ancor prima di una formale apertura di indagini, per leventualit che
si possa instaurare in un prossimo futuro un procedimento penale (c.d. attivit
investigativa preventiva).

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In dottrina stata sollevata l' importante questione se legittimato a svolgere


investigazioni anche il difensore della persona offesa. La risposta generalmente
positiva: si osserva, infatti, come la norma di cui all' art. 327 bis c.p.p. faccia
espresso riferimento al "difensore", segno che il legislatore ha disciplinato le indagini
di tutte le parti private, senza alcuna distinzione al loro interno.
La nuova legge ha dettagliatamente previsto quali siano le forme della
documentazione difensiva, nonch i tipi di attivit alle quali il difensore pu
procedere
Nel caso di atti comportanti l' audizione di persone (colloquio non
documentato, ricezione di dichiarazioni, assunzione di informazioni), il difensore
deve osservare, prima di procedere all' atto, alcune formalit preliminari: si tratta di
una serie di avvertimenti, previsti dall' art. 391 bis c. 3, attraverso i quali la persona
che rilascer le dichiarazioni viene informata circa 1) lo scopo del colloquio, 2) le
modalit della documentazione, 3) l' obbligo di dichiarare se sia persona indagata o
imputata nello stesso procedimento o in procedimento connesso o collegato, 4) la sua
facolt di astenersi dal rispondere, 5) il divieto di rivelare i contenuti dei colloqui
eventualmente intercorsi col pubblico ministero o con la polizia giudiziaria, 6) le
responsabilit penali conseguenti alla falsa dichiarazione.

I SINGOLI ATTI DI INVESTIGAZIONE


1) Il colloquio non documentato, disciplinato dall' art. 391 bis c 1, un atto
destinato ad orientare l' inchiesta difensiva, non soggetto ad alcun rituale di forma e
perci privo di qualsiasi rilevanza endoprocessuale. Si tratta dello strumento pi
immediato e diretto attraverso il quale acquisire notizie utili ai fini dell' attivit
investigativa futura. Consiste nel conferire in modo informale con persone a
conoscenza dei fatti, senza che occorra rispettare particolari formalit, ad eccezione
della informativa di cui all' art. 391 bis c. 3 (v. supra).
Il colloquio non documentato servir, di regola, per saggiare il grado di
conoscenza dei fatti da parte delle persone che ne risultano informate, atteggiandosi
spesso a presupposto per la ricezione di ulteriori dichiarazioni o dell' assunzione di
informazioni. Proprio per questa sua potenziale connotazione, qualche osservatore
aveva paventato, in sede di approvazione della legge, il rischio di una preventiva
selezione durante il colloquio informale, delle dichiarazioni che saranno poi
documentate. Ma tale obiezione potrebbe valere anche per l' attivit della polizia
giudiziaria o del p.m..
2) La ricezione di dichiarazioni costituisce un altro atto di acquisizione di
notizie. Si tratta di un atto a struttura monologica che consiste nel ricevere una
dichiarazione scritta da persona informata sui fatti. Poich il momento ricettivo del
documento necessariamente preceduto dalla relativa richiesta, si pu ipotizzare o
che l' una e l' altra siano contestuali, oppure che seguano ad una certa distanza di
tempo. In ogni caso la richiesta non pu interferire con la genuinit della
dichiarazione, che dev' essere interamente riferibile al suo autore.

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La dichiarazione scritta, una volta redatta, deve essere firmata dal dichiarante e
rifinita con la attestazione di autenticit apposta dal difensore. La paternit dell'
atto rimane sempre del soggetto che rende la dichiarazione, mentre al difensore
riconosciuto solo un ordinario potere di autentica.
Il vero imprimatur di autenticit racchiuso nella c.d. relazione di
accompagnamento annessa alla deposizione scritta: qui devono essere
necessariamente indicati la data in cui la stessa viene rilasciata e i fatti che ne
costituiscono l' oggetto; le generalit delle persone coinvolte (dichiarante e difensore)
e soprattutto la garanzia che siano stati rivolti gli avvertimenti preliminari.
3) L' assunzione di informazioni un atto a struttura dialogica nel quale il
difensore interloquisce direttamente col dichiarante. Per espressa previsione
normativa, all' assunzione di informazioni non possono assistere la persona
sottoposta alle indagini, la persona offesa e le altre parti private.
Piuttosto articolate sono le modalit di documentazione delle informazioni. Si
ritiene che tali modalit debbano essere quelle stesse che sono prescritte per gli atti
del pubblico ministero "in quanto applicabili".
Indubbiamente, l' esegesi richiede una certa elasticit. Un primo punto fermo
rappresentato dal fatto che alla documentazione debba procedersi compilando un
verbale (mentre la dottrina tende ad escludere la mera "annotazione". Le
dichiarazioni devono essere verbalizzate preferibilmente in forma integrale, ovvero
documentate in forma riassuntiva quando sono accompagnate da riproduzione
fonografica o audiovisiva, con successiva trascrizione. Ci significa che il difensore
molto spesso utilizzer sia la documentazione attraverso verbale, sia la riproduzione
fonografica o audiovisiva. Il verbale deve essere sottoscritto in ogni suo foglio dal
difensore e da tutte le persone presenti. Dovranno inoltre essere indicati i riferimenti
circa il luogo, la data e l' orario delle operazioni svolte. Per ogni informazione deve
essere specificato se la stessa stata resa spontaneamente ovvero previa domanda, e
in questa seconda ipotesi deve essere riprodotta anche la domanda.
Per ci che attiene al diritto alla riservatezza, quando vengono in
discussione dati personali "sensibili", il loro trattamento pu avvenire, previa
autorizzazione del Garante, soltanto se necessario ai fini dello svolgimento delle
investigazioni difensive. In quest' ambito viene in rilievo l' autorizzazione n. 4/1997
(e successive proroghe) con la quale il Garante ha espressamente autorizzato i liberi
professionisti al trattamento dei dati sensibili, purch finalizzato all' attivit di
indagine nel processo penale.
Il difensore tenuto ad interrompere l' assunzione di informazioni qualora la
persona renda dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reit a suo carico; in tali
ipotesi le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona
che le ha rese. Si tratta di una disposizione speculare all' art. 63 c.p.p.. Una volta
compiuta l' interruzione, il difensore esaurisce i suoi compiti, n incombe su di lui
alcun obbligo di denuncia. Alla persona informata sui fatti va sempre riconosciuta la
facolt di astenersi dal rispondere o dal rendere la dichiarazione. In tali casi
riconosciuta al difensore che procede alle investigazioni una alternativa: o chiedere
che si proceda ad incidente probatorio per l' assunzione della testimonianza, ovvero
rivolgersi al pubblico ministero, affinch disponga lui l' assunzione di informazione
del potenziale dichiarante nei 7 giorni successivi alla richiesta; in tal caso l' audizione

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deve avvenire necessariamente in presenza del difensore, cui spetta il compito di


formulare le domande per primo.
L' art. 391 bis c. 4 stabilisce, poi, un principio di fondamentale rilievo: alle
persone gi sentite dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero non possono
essere richieste notizie sulle domande formulate o sulle risposte date. La norma, in
pratica, consente l' assunzione di informazioni dalla persona gi sentita dagli
inquirenti, ma proibisce che a tali persone possano essere rivolte quelle domande
volte a "penetrare" nella sfera di conoscenze dell' autorit che procede. La dottrina fa
notare come il divieto in oggetto non finalizzato alla salvaguardia del segreto
investigativo, quanto piuttosto dettato dalla necessit di prevenire indebite
interferenze tra le attivit investigative intraprese dalle parti .
La norma deve essere letta unitamente al disposto dell' art. 362 c.p.p., che
vieta al pubblico ministero di formulare analoghe domande alle persone gi sentite
dal difensore. Il divieto in capo agli inquirenti involge solamente la formulazione
delle domande e il contenuto delle risposte; se ne deduce che non sono vietate le altre
domande inerenti al colloquio col difensore (ad esempio quelle relative alle modalit
di svolgimento del colloquio medesimo).
La dottrina ha, peraltro, avuto occasione di rilevare che la violazione dei
divieti posti in capo al pubblico ministero e al difensore sembra trovare una diversa
regolamentazione, tale da vanificare la parit tra le parti. Difatti, a fronte della
sanzione processuale dell' inutilizzabilit , prevista per il caso di irrituale operato del
difensore (art. 391 bis c. 6), si registra l' assenza di una analoga invalidit qualora l'
omologo divieto introdotto per il p.m. venga da questi violato.
4) Un altro importante atto previsto nell' ambito dell' investigazione difensiva
la richiesta di documenti alla pubblica amministrazione. Tale potere, in realt, era
gi da ritenersi sussistente ai sensi dell' art. 39 disp. att. c.p.p., nonch ai sensi degli
artt. 22 e ss. della L. 241/1990 (c.d. legge sulla "trasparenza amministrativa"). Il
problema, oggi come allora, resta quello dei rimedi contro eventuali dinieghi da pare
della pubblica amministrazione. Di fronte a tali forme di cecit burocratica, sarebbe
stato opportuno inserire, in occasione della legge 397, qualche mezzo efficace di
coercizione. La norma di cui all' art. 391 quater si limita, invece a stabilire che il
difensore debba, in tali casi, rivolgere una istanza di sequestro dapprima al p.m., e
solo in seconda battuta al g.i.p.. Questo "ritorno" del pubblico ministero appare
davvero ingiustificato, tanto pi all' interno di una legge che si muove proprio nella
prospettiva di superare definitivamente l' ormai obsoleta concezione per cui il p.m.
ad essere l' unico titolare del potere di ricerca delle fonti di prova. Il doppio percorso
prefigurato dalla norma ripropone il pubblico ministero quale privilegiato
"mediatore" tra la difesa e il giudice. Non solo: il dispendio di tempo implicito per
dare corso al doppio vaglio della richiesta rischia di frustrare le esigenze di celerit.
Sembra insomma che il legislatore abbia perso una autentica chance di utile
innovazione della materia: quella, appunto, che presiede alle modalit del sequestro
di documenti presso la pubblica amministrazione.
5) Altro atto di investigazione costituito dal c.d. accesso ai luoghi. L' art.
391 sexies attribuisce la difensore la facolt di compiere una sorta di "ispezione
locale", con possibilit di documentare il suo ingresso e ci che accade e viene
rilevato durante questo accesso. La verbalizzazione comunque una mera facolt e
non un obbligo. Durante il sopralluogo si pu procedere alla redazione del verbale,

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sottoscritto dai presenti, in cui sono precisati il giorno, il luogo e l' ora dell' accesso,
le generalit dei soggetti presenti e l' attivit svolta, nonch la descrizione dello stato
dei luoghi e delle cose.
Una volta avvenuto l' ingresso nel luogo voluto, il difensore legittimato ad
una mera osservazione esterna , constatazione, memorizzazione, e ricerca, per
compiere poi in una sede diversa lo studio e l' analisi dei dati acquisiti; sembra
invece, escluso qualsiasi intervento di carattere "invasivo", diretto al prelievo, al
campionamento o alla scomposizione di oggetti .
La legge non specifica quale valenza probatoria possibile attribuire al
verbale di accesso ai luoghi. La dottrina tuttavia riconosce che, nel corso dell'
ispezione, il difensore potr procedere a rilievi o accertamenti tecnici, simili a quelli
previsti per il p.m. a norma dell' art. 360 c.p.p.. In tal caso la difesa dovr avvisare il
p.m. di turno (a mezzo contatto telefonico, fonogramma o fax) il quale ha facolt di
assistervi. I verbali di accertamenti tecnici, in quanto relativi ad atti irripetibili,
andranno a confluire nel fascicolo per il dibattimento.
Un problema pratico costituito dalle possibili interferenze e sovrapposizioni
tra l' attivit del difensore e l' eventuale attivit svolta, magari contestualmente dalla
polizia giudiziaria o dal p.m.. Inoltre il difensore dovr procedere con estrema
cautela onde evitare il rischio di incriminazione per il reato di cui all' art. 374 c.p.
(immutazione dello stato dei luoghi).
6) L' art. 391 septies prevede infine l' attivit di accesso a luoghi privati. A
differenza dell' ipotesi precedente, si tratta di accedere in spazi non aperti al
pubblico. L' ingresso non presenta problemi quando vi sia il permesso del soggetto
che ha la disponibilit del luogo, mentre nel caso contrario il veto del soggetto potr
essere superato soltanto con l' autorizzazione dell' autorit giudiziaria. Inoltre l'
ingresso nei luoghi di abitazione privata o nelle annesse pertinenze (garages, giardini,
etc.) ammesso solo " se sia necessario accertare le tracce e gli altri effetti materiali
del reato".

UTILIZZABILITA' DEGLI ATTI DI INVESTIGAZIONE DIFENSIVA


Il materiale raccolto in occasione delle indagini difensive, ritualmente documentato,
verr inserito in un apposito fascicolo del difensore (art. 491 octies c.p.p.), che
formato e conservato presso lufficio del giudice per le indagini preliminari..
Della documentazione il pubblico ministero pu prendere visione ed estrarre
copia. Dopo la chiusura delle indagini preliminari il fascicolo del difensore inserito
nel fascicolo del pubblico ministero. I due fascicoli, tuttavia, sembrerebbero
rimanere materialmente distinti anche dopo il loro assemblaggio, ed in questo senso
sembra deporre l' art. 433 c. 3, il quale prevede la possibilit di un inserimento dell'
attivit integrativa d' indagine nel fascicolo del difensore., pur conservando la sua
autonomia.
La vera novit della disciplina delle investigazioni difensive consiste nell'
aver esplicitamente riconosciuto al materiale probatorio raccolto dal difensore piena
dignit di atto processuale (art. 391 ter c. 3 c.p.p.), con ci che ne deriva sul piano
dell' utilizzazione della documentazione stessa. Ai sensi dell' art. 391 decies., "delle

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dichiarazioni inserite nel fascicolo del difensore le parti possono servirsi a


norma degli articoli 500, 512 e 513 c.p.p".: dunque ai fini delle contestazioni (nel
momento in cui il dichiarante assumer in dibattimento la qualit di teste), nonch ai
fini delle letture degli atti contenuti nel fascicolo del p.m..
Inoltre, la documentazione di atti non ripetibili compiuti in occasione
dellaccesso ai luoghi (compresi gli accertamenti tecnici non ripetibili), presentata
nel corso delle indagini preliminari o nelludienza preliminare, senz' altro inserita
nel fascicolo del dibattimento (come tale, suscettibile di lettura ex art. 511 c.p.p.).
Resta naturalmente affidata al prudente apprezzamento del giudice la verifica
dell' attendibilit del contenuto dell' atto, che non potr, tuttavia, escludersi
unicamente sulla base della sua provenienza.
Ci che colpisce nell' attuale normativa sulle indagini difensive la ricerca
scrupolosa, da parte del legislatore, di una simmetria, quasi di un perfetto
parallelismo tra le investigazioni del p.m. e quelle del difensore: al fascicolo del p.m.
corrisponde un "fascicolo del difensore" (ancorch, al termine delle indagini, quest'
ultimo confluisca nel primo); prevista la possibilit, anche per il difensore, di
svolgere un' attivit conoscitiva "preventiva" ancor prima dell' instaurazione delle
indagini; e, soprattutto, previsto un identico regime di utilizzabilit della relativa
documentazione ai sensi degli artt. 500 (contestazioni), 511 (letture di atti d' indagine
irripetibili), 512 e 513 (letture di atti d' indagine ripetibili).
La recente riforma sembra aver definitivamente sancito la perdita del
monopolio investigativo da parte del p.m., e , sia pur indirettamente, ha dato un
nuovo assetto al ruolo istituzionale dell' organo dell' accusa nella fase delle indagini.
Non si ha pi una sola indagine, ancorch dialogata con il difensore, ma due vere
indagini, con percorsi e finalit autonome. L' autonomia dell' indagine consente oggi
al difensore di lavorare in termini concorrenziali rispetto alla pubblica accusa, su
elementi investigativi che, pur non potendo certo impedire l' esercizio dell' azione
penale, possono portare a risultati processuali a lungo termine, data la loro
utilizzabilit in dibattimento ai sensi degli artt. 500, 511 512 e 513 c.p.p.

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RIPASSO A BREVE TERMINE


Per fissare le idee sugli argomenti trattati si cerchi di rispondere ai seguenti quesiti:
1) Che differenza c tra notizie di reato qualificate e notizie non qualificate?
2) In quali casi il p.m. opera un semplice aggiornamento della notizia, ed in
quali invece deve procedere anuova iscrizione?
3) In quali casi il pubblico ufficiale obbligato a trasmettere la notizia di reato?
4) Entro quanto tempo la polizia giudiziaria obbligata a trasmettere al p.m. la
informativa di p.g.? Tale informativa pu avere ad oggetto reati procedibili a
querela?
5) Cosa sono le condizioni di procedibilit? In mancanza di condizione di
procedibilit non possibile compiere alcun atto di indagine?
6) Come si pu definire la querela? Quali sono gli atti impeditivi e gli atti
estintivi della querela?
7) Qual la definizione codicistica di stato di flagranza? Per quali reati
possibile procedere ad arresto in flagranza?
8) Come si articola la procedura dell arresto in flagranza?
9) Quali sono i presupposti del fermo di indiziato di reato?
10) Quali sono gli atti di indagine del p.m. al quale il difensore dell imputato ha
diritto di assistere?
11) Cosa si intende per incidente probatorio? In quali casi tassativi possibile
avanzare richiesta di incidente probatorio?
12) Quale il regime di utilizzabilit degli atti assunti ad incidente probatorio?
13) In quale fascicolo vanno a confluire i risultati delle investigazioni difensive?
14) Qual il regime di utilizzabilit degli atti assunti dal difensore in sede di
investigazioni difensive?

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0

UNITA' DIDATTICA N. 6

LA CHIUSURA DELLE INDAGINI PRELIMINARI


E L' UDIENZA PRELIMINARE

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1

Ore di lezione: 5
Ore di studio: 7

La conclusione delle indagini preliminari


A norma dell' art. 50 c.p. "il p.m. esercita l' azione penale quando non
sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione". Il codice Vassalli
prevede dunque un' alternativa secca tra esercizio dell' azione penale e richiesta di
archiviazione. Ci in pratica significa che al termine delle indagini preliminari il p.m.
posto dinanzi a un bivio: archiviare o esercitare l' azione penale.

I termini di durata delle indagini preliminari


Il codice prevede una serie di termini ordinatori atti a garantire la persona
indagata dal rischio di accertamenti a tempo indefinito. Le indagini preliminari
devono, dunque, essere espletate entro un tempo considerato ragionevole per
svolgere gli accertamenti necessari. La sanzione prevista in caso di mancato rispetto
di detti termini quella della inutilizzabilit radicale degli atti di indagine compiuti
dopo la scadenza del termine (art. 407 c.3 c.p.p.).
-- A norma dell' art. 405 c.p.p. il termine generale di durata delle indagini
preliminare di 6 mesi; il termine di 1 anno se si procede per uno dei delitti
indicati nell' art. 407 c.2 lett. a) c.p.p. (strage, associazione mafiosa, omicidio, rapina
aggravata, estorsione aggravata, sequestro di persona, reati di terrorismo, reati in
materia di armi e di stupefacenti, etc.);
-- in caso di particolare complessit o di oggettiva impossibilit di concludere le
indagini entro il termine legale, o per altra giusta causa, il p.m. pu chiedere al g.i.p.
di prorogare il termine per le indagini fino a un massimo di 18 mesi . Ciascuna
proroga non pu superare i 6 mesi; in casi eccezionali i termini possono essere
prorogati fino a 2 anni: ci avviene quando si procede per il delitti di cui all' art. 407
c.2 lett. a), o in caso di una molteplicit di indagini tra loro collegate in relazione ad
un elevato numero di coimputati (es. maxiprocessi), o in caso di compimento all'
estero di taluni atti di indagine.
L' archiviazione
Si visto che, al termine delle indagini, il p.m. deve decidere se chiedere l'
archiviazione o il rinvio a giudizio. L' archiviazione comporta l' estinzione del
procedimento e la cessazione di ogni pretesa punitiva nei confronti della persona
indagata. Esistono 4 ipotesi di archiviazione:

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2

-- archiviazione in fatto: viene chiesta quando gli elementi acquisiti nel corso delle
indagini non sono idonei a sostenere l' accusa. In tali casi la notizia di reato appare
infondata. Il p.m. deve operare una sorta di prognosi, e cio valutare se un giudice
chiamato a emettere sentenza di merito in quel momento, riconoscerebbe la
fondatezza della pretesa punitiva. Se la prognosi negativa, il p.m. chiede al g.i.p. l'
archiviazione perch il fatto appare infondato;
-- archiviazione in diritto: si ha quando il fatto risulta penalmente irrilevante, cio
non corrisponde ad alcuna fattispecie tipica;
-- archiviazione per improcedibilit dell' azione o estinzione del reato: l' azione
improcedibile quando, ad es., non sia intervenuta nel termine prescritto una
condizione di procedibilit (querela, autorizzazione a procedere). Il reato si considera
invece estinto se, ad es., intervenuta prescrizione ovvero in caso di sopravvenuta
abrogazione della norma incriminatrice (effetto retroattivo dell' abolitio criminis);
-- archiviazione perch ignoto l' autore del reato: quando l' autore del reato
rimasto ignoto il p.m., entro 6 mesi dalla data della registrazione della notizia di
reato, presenta al g.i.p. richiesta di archiviazione, ovvero di autorizzazione a
proseguire le indagini, nella prospettiva di "soggettivare" la notizia di reato.
Il p.m. presenta al g.i.p. la richiesta di archiviazione, unitamente al fascicolo
delle indagini espletate. Se il g.i.p. accoglie la richiesta, emette decreto motivato di
archiviazione. Se invece ritiene di non poter accogliere la richiesta, in quanto non
ravvisa i presupposti per l' archiviazione, fissa un' udienza in camera di consiglio,
con la partecipazione del p.m., del difensore e della persona offesa. A conclusione di
tale udienza possono prospettarsi tre diversi esiti:
-- ordinanza di archiviazione, quando il g.i.p., ad una analisi pi ponderata, ritiene
effettivamente meritevole di accoglimento la richiesta di archiviazione. L' ordinanza
ricorribile per Cassazione solo per vizi formali;
-- ordinanza di indagini jussu judicis, con la quale il g.i.p. dispone che il p.m.
effettui ulteriori indagini, fissando il termine indispensabile per il loro compimento;
-- ordinanza di imputazione coatta: il g.i.p. ordina al p.m. di formulare entro 10
giorni la richiesta di rinvio a giudizio, con l' indicazione del capo di imputazione.
A seguito di decreto o ordinanza di archiviazione il p.m. pu riaprire le
indagini qualora riscontri l' esigenza di effettuare nuove investigazioni (ad es. per
sopravvenuti elementi indizianti), ma a tal fine occorre apposita autorizzazione da
parte del g.i.p.. In caso di riapertura delle indagini il p.m. deve procedere ad una
nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato.

L' opposizione all' archiviazione


La persona offesa, qualora all' inizio delle indagini abbia fatto espressa
richiesta di essere informata, deve essere tempestivamente avvisata della richiesta di
archiviazione avanzata dal p.m. e pu prendere visione degli atti depositati. Quindi,
entro 10 giorni dall' avviso, pu presentare al g.i.p. una opposizione alla richiesta

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3

di archiviazione, con la richiesta di proseguire le indagini e l' indicazione dell'


oggetto dell' investigazione e degli elementi di prova. A seguito di tale opposizione il
g.i.p. fissa un' udienza in camera di consiglio per decidere in merito all' archiviazione
(anche in questo caso all' esito dell' udienza il g.i.p. potr emettere un' ordinanza di
archiviazione, di imputazione coatta o di indagini jussu judicis).

Esercizio dell azione penale


Qualora al termine delle indagini il p.m. non ravvisi gli estremi per chiedere l
archiviazione, dovr esercitare obbligatoriamente l azione penale
Ma cosa vuol dire esattamente "esercitare l' azione penale" ? Dobbiamo distinguere:
1) nei processi ordinari con udienza preliminare, l' azione penale si esercita mediante
richiesta di rinvio a giudizio, che consiste precisamente nella richiesta rivolta al
g.u.p. di fissare l' udienza preliminare (art. 416 c.p.p.);
2) nei processi senza udienza preliminare l' azione penale si esercita mediante
decreto di citazione a giudizio, col quale il p.m. fissa direttamente l' udienza dinanzi
al giudice del dibattimento (art. 552 c.p.p.);
3) quando, infine, si ricorre ad uno dei procedimenti speciali, l' azione penale si
esercita in modi diversi (es. richiesta di giudizio immediato, presentazione dell'
imputato dinanzi al giudice nel giudizio direttissimo, emissione di decreto penale di
condanna, etc.) (vedi infra nella sezione dedicata ai proc. speciali).
L' azione penale obbligatoria, nel senso che il p.m., dinanzi ad una notitia
criminis (qualificata) non ha una mera facolt, ma un preciso obbligo giuridico di
svolgere indagini, nonch, al termine di esse, di chiedere il rinvio a giudizio, obbligo
che viene meno solo in presenza dei presupposti per archiviare.
L' azione penale , inoltre, irretrattabile, nel senso che non pu essere
revocata: una volta chiesto il rinvio a giudizio, non possibile "regredire" entro l'
area dell' archiviazione.
Prima di esercitare l azione penale, il p.m. deve assolvere ad un onere
indispensabile, la cui omissione prevista come causa di nullit del procedimento:
deve notificare all indagato un avviso di conclusione delle indagini.

L' avviso di conclusione delle indagini preliminari


La legge Carotti (L. 479/1999), allo scopo di garantire al massimo l' attivit
difensiva dell' indagato e di favorire le occasioni di una sua partecipazione attiva alle
indagini, ha introdotto il nuovo art. 415 bis c.p.p. che prevede in capo al p.m. l'
obbligo di avvisare l' indagato e il difensore della conclusione delle indagini
preliminari.
Tale avviso deve essere notificato prima della scadenza del termine delle
indagini stesse, e deve informare l' indagato della facolt di prendere visione del

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fascicolo delle indagini preliminari nella sua interezza (depositato presso la


segreteria del p.m.) e di estrarne copia. In tal modo si realizza la piena discovery
degli atti di indagine, la cui segretezza viene meno definitivamente. Solo con la
discovery le parti possono calibrare la loro difesa in base al contenuto del fascicolo;
inoltre l' imputato pu effettuare valutazioni consapevoli per ci che riguarda la
scelta del rito speciale pi adeguato che voglia eventualmente richiedere.
L' avviso ex art. 415 bis deve, inoltre informare l' indagato che, entro 20
giorni, egli ha facolt di 1) depositare memorie o produzioni anche relative a
indagini difensive; 2) chiedere al p.m. di compiere ulteriori atti di indagine; 3)
chiedere al p.m. di essere sottoposto a interrogatorio. A seguito delle richieste dell'
indagato, il p.m. pu disporre nuove indagini, che devono comunque essere espletate
nel termine di 30 giorni (prorogabili fino a 60), e le cui acquisizioni saranno inserite
nel fascicolo del p.m..
Da notare che la L. 234/1997 aveva previsto la nullit della richiesta di
rinvio a giudizio qualora l' indagato non fosse stato precedentemente interrogato dal
p.m. durante le indagini preliminari. A seguito dell' introduzione dell' art. 415 bis, la
nullit si verifica solo se l' indagato ha effettivamente chiesto di essere interrogato
(entro 20 giorni dall' avviso) ed il p.m., nonostante la richiesta, ha omesso di
procedervi; invece, se l' indagato non presenta, entro i termini, la richiesta di
interrogatorio, il p.m. pu legittimamente procedere alla richiesta di rinvio a giudizio
(che sar perfettamente valida anche se di fatto non preceduta da alcun
interrogatorio). In sostanza con la legge Carotti l' interrogatorio dell' indagato non
pi un adempimento assolutamente necessario, ma piuttosto un diritto dell'
indagato, al quale lo stesso pu anche rinunciare.

L' udienza preliminare


Il p.m., se non ritiene di dover archiviare, dopo aver depositato il fascicolo
delle indagini presso la sua segreteria e dopo aver effettuato l' adempimento di cui
all' art. 415 bis, presenta al g.u.p. la richiesta di rinvio a giudizio. Da questo
momento la persona indagata assume la qualit di "imputato".
La richiesta di rinvio a giudizio nulla se non preceduta dall' avviso ex art.
415 bis o se l' indagato non sia stato interrogato nonostante ne avesse fatto richiesta.
Con la richiesta di rinvio a giudizio il p.m. trasmette a g.u.p. il fascicolo
contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e il
corpo del reato. La richiesta contiene le generalit dell' imputato, l' enunciazione in
forma chiara e precisa del fatto di reato e la domanda di emissione del decreto che
dispone il giudizio.
Entro 5 giorni dalla richiesta di rinvio a giudizio, il g.u.p. fissa con decreto il
giorno e l' ora dell' udienza preliminare. Tra la data della richiesta e la data dell'
udienza non pu intercorre un termine superiore a 30 giorni. L' avviso di fissazione
dell' udienza deve essere notificato all' imputato, al difensore, alla persona offesa e al
p.m., almeno 10 giorni prima della data dell' udienza.
L' udienza preliminare, posta strategicamente tra le indagini e il dibattimento,
assolve ad una funzione di "filtro" contro imputazioni azzardate, per evitare che il

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5

giudice dibattimentale debba essere chiamato a pronunciarsi in merito a situazioni


non meritevoli di accertamento processuale, o che presentano scarsissima probabilit
di assumere rilevanza penale.
Nel corso degli anni '90 l' istituto ha attraversato una fase di crisi, in quanto
era statisticamente molto basso il numero delle udienze preliminari che si
concludevano con la sentenza di non luogo a procedere, mentre nella gran
maggioranza dei casi il g.u.p. rinviava l' imputato a giudizio. La celebrazione dell'
udienza preliminare appariva, pertanto, quasi inutile, avendo l' udienza un esito
piuttosto scontato. Il legislatore del '99, nell' alternativa tra eliminare del tutto l'
istituto o potenziarne il significato, ha percorso quest' ultima via. L' udienza
preliminare stata, perci, "salvata" (anche se non prevista per tutti i processi, ma
solo per quelli riguardanti delitti puniti con la reclusione superiore nel massimo a 4
anni), ma ne stata significativamente modificata la disciplina. In particolare sono
stati potenziati gli interventi del g.u.p. in tema di prova, tanto che, secondo qualche
autore, il g.u.p. sembra evocare la vecchia figura del "giudice istruttore" del codice
Rocco.
Svolgimento dell' udienza
L' udienza preliminare si svolge in camera di consiglio, con la necessaria
partecipazione del p.m. e del difensore dell' imputato. Se il difensore dell' imputato
non presente, il g.u.p. dovr designarne uno d' ufficio immediatamente reperibile.
Se invece l' imputato a non presentarsi, qualora vi sia prova documentata di un suo
legittimo impedimento, il giudice dovr rinviare l' udienza a una data successiva;
se l' assenza , invece, ingiustificata, sar dichiarata la sua contumacia e si
proceder normalmente (da notare che la legge Carotti ha in tal modo anticipato la
dichiarazione di contumacia all' udienza preliminare, mentre prima la contumacia
veniva dichiarata solo in dibattimento).
L' udienza si apre con una fase preliminare, durante la quale viene effettuato l'
accertamento della costituzione delle parti (in questo momento pu essere
presentata la costituzione di parte civile) e vengono trattate le eventuali questioni
preliminari (eccezioni di nullit, questioni processuali, etc.).
Subito dopo si passa all' esame delle "produzioni" delle parti: il g.u.p. sulla
base dei criteri di cui all' art. 190 c.p.p., decide con ordinanza in merito all'
ammissione di atti e documenti che le parti intendono produrre (memorie, perizie
dei consulenti tecnici di parte, etc.).
Quindi ha luogo l' illustrazione, da parte del p.m., dei risultati delle indagini
svolte. Subito dopo, l' imputato pu chiedere al giudice di essere interrogato. L'
interrogatorio condotto direttamente dal g.u.p., mentre escluso l' esame diretto e il
controesame. La legge Carotti ha, inoltre, previsto la facolt dell' imputato di rendere
al g.u.p. "dichiarazioni spontanee", prima possibili solo in dibattimento.
Si passa, quindi, alla discussione finale dei difensori, secondo un preciso
ordine di successione: parte civile, responsabile civile, e infine, imputato. Al termine,
il p.m. e i difensori formulano le rispettive conclusioni con le loro richieste. La
discussione utilizza gli atti contenuti nel fascicolo del p.m., nonch gli eventuali atti
e documenti prodotti dalle parti e ammessi dal g.u.p.. Al termine degli interventi il
g.u.p. dichiara chiusa la discussione e si ritira per deliberare la sentenza.

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L' udienza preliminare nel suo originario impianto era un processo


"cartolare", nel senso che si basava essenzialmente su una discussione critica degli
elementi indizianti o difensivi precedentemente raccolti e acquisiti nel fascicolo del
p.m.. Era, cio, un processo "allo stato degli atti". La legge Carotti ha radicalmente
riformato tale assetto, ampliando notevolmente i poteri istruttori del g.u.p. e
prevedendo una vera e propria attivit probatoria dello stesso giudice. Questi infatti
emette la sentenza solo se ritiene di poter decidere allo stato degli atti; in caso
contrario si possono presentare questi due nuovi esiti:
1) anzitutto l' art. 422 c.p.p. (modificato) prevede ora che il g.u.p., al termine della
discussione, se ritiene di non poter decidere allo stato degli atti, "pu disporre anche
d' ufficio l' assunzione di nuove prove". Tale potere per orientato al favor rei,
nel senso che pu essere esercitato solo quando "appare evidente la decisivit ai
fini della sentenza di non luogo a procedere". In altre parole, il g.u.p. pu
assumere d' ufficio solo prove a discarico dell' imputato;
2) il nuovo art. 421 bis c.p.p. consente, inoltre, al g.u.p., qualora al termine della
discussione osservi un' incompletezza delle indagini preliminari, di ordinare al p.m.
di svolgere ulteriori indagini, fissando un termine per il loro compimento e la data
della nuova udienza. Tale ordine considerato come un atto di "censura" nei
confronti dell' organo dell' accusa. E' previsto, infatti che il Procuratore generale
presso la Corte d' Appello possa procedere, in tali casi, addirittura avocare a s le
indagini.
Secondo Siracusano Galati, l' art. 421 bis riconosce al g.u.p. il potere di ordinare al
p.m. solo un supplemento di indagini contra reum, cio per ricercare elementi d'
accusa a carico dell' imputato, mentre non sarebbe ammissibile una richiesta di
indagini per acquisire elementi favorevoli. Infatti il p.m. organo d' accusa e solo all'
imputato possono spettare le investigazioni difensive; inoltre l' imputato ha avuto gi
l' opportunit di suggerire al p.m. indagini a suo favore in sede di avviso ex art. 415
bis (vedi supra).

La decisione del g.u.p. al termine dell' udienza preliminare pu essere o la


sentenza di non luogo a procedere (una sorta di proscioglimento anticipato che
determina la fine del procedimento) o il decreto che dispone il giudizio.
-- Sentenza di non luogo a procedere: il g.u.p. pronuncia tale sentenza quando
ritiene che il fatto non sussiste, o che non previsto dalla legge come reato, o che l'
imputato non lo ha commesso o non punibile per qualsiasi causa o che l' azione
improcedibile o il reato estinto (art. 425 c.1 c.p.p.).
Il giudice pronuncia sentenza di n.l.p. anche quando gli elementi acquisiti
risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l' accusa
(art. 425 c.3 c.p.p.). La legge Carotti ha in questo modo esteso all' udienza
preliminare la disposizione (originariamente prevista solo per l' udienza
dibattimentale) che equipara l' insufficienza di prove alla prova piena di innocenza,
eliminando la c.d. "formula dubitativa".

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La sentenza di n.l.p. appellabile dinanzi alla Corte d' Appello. Anche il


processo d' appello si svolge in camera di consiglio. Inoltre la sentenza di n.l.p. pu
essere revocata qualora, dopo la sua pronuncia, sopravvengono fonti di prova nuove
a carico dell imputato (vedi codice- importante).
-- Decreto che dispone il giudizio: viene disposto quando il g.u.p. si convince della
fondatezza dell' accusa e rinvia l' imputato dinanzi al giudice del dibattimento.
Il decreto che dispone il giudizio non deve essere motivato, e ci per evitare
che il giudice dibattimentale, attraverso la lettura di una motivazione magari
particolarmente articolata, possa restare influenzato dalle opinioni del g.u.p.,
perdendo quella "verginit" di giudizio che deve caratterizzare la sua posizione.
Ai sensi dell' art. 429 c.p.p. il decreto nullo:
1) se l' imputato non identificato in modo certo;
2) se manca l' enunciazione del fatto o se l' accusa non specificata in forma
chiara e precisa;
3) se manca l' indicazione del luogo e del giorno della comparizione dinanzi al
giudice del dibattimento. Tra la data del decreto e la data fissata per il giudizio
devono intercorrere almeno 20 giorni (termine dilatorio).

La formazione dei due fascicoli


Immediatamente dopo l' emissione del decreto che dispone il giudizio, il
g.u.p. provvede nel contraddittorio delle parti alla formazione del fascicolo per il
dibattimento (art. 531 c.p.p.). Se una delle parti ne fa richiesta, il giudice fissa una
nuova udienza, non oltre il termine di 15 giorni, per la formazione del fascicolo.
Nell' originario impianto del codice Vassalli, la formazione dei fascicoli
avveniva d' ufficio, ad opera del cancelliere del g.u.p.. La legge Carotti ha invece
previsto che siano le stesse parti, in pieno contraddittorio preventivo, a discutere e
risolvere sul nascere le questioni relative ai fascicoli, onde evitare che tali questioni
debbano essere affrontate in dibattimento.
In generale, nel fascicolo del p.m. sono contenuti i verbali degli atti di
indagine "ripetibili", ossia che possono essere nuovamente assunti in dibattimento
(attraverso l' audizione di testimoni, l' esame delle parti, etc.), dove costituiranno
prova. Prima della ripetizione dibattimentale, tali atti restano sforniti di qualsiasi
efficacia probatoria e non possono essere conosciuti dal giudice del dibattimento.
Nel fascicolo per il dibattimento andranno invece a confluire quegli atti di
indagine che, a causa della loro insita "irripetibilit", non possono essere riassunti in
giudizio (es. perquisizioni, sequestri, etc.), ovvero quegli atti garantiti da un
preventivo contraddittorio tra le parti (es. attivit svolte in sede di incidente
probatorio). Il giudice del dibattimento ha libero accesso a tale fascicolo e gli atti in
esso contenuti possiedono piena efficacia probatoria. Vediamo in dettaglio il
possibile contenuto dei due fascicoli:
1) FASCICOLO PER IL DIBATTIMENTO:
-- verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla p.g. o dal p.m. (accertamenti tecnici

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non ripetibili, ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di comunicazioni,


accertamenti urgenti di p.g.);
-- verbali degli atti assunti nell' incidente probatorio;
-- atti relativi alla procedibilit (querele, istanze, autorizzaz. a procedere);
-- certificato del casellario giudiziale;
-- corpo del reato e cose pertinenti al reato.
2) FASCICOLO DEL P.M.:
-- verbali degli atti di indagine ripetibili compiuti dalla p.g. o dal p.m. (sommarie
informazioni di p.g., interrogatorio del p.m., individuazione di persone o cose,
assunzione di informazioni da persone a conoscenza dei fatti, interrogatorio di
persone in grado di riferire, spontanee dichiarazioni dell' indagato, interrogatorio
della persona arrestata o sottoposta a misura coercitiva, confronti);
-- verbali degli atti assunti in udienza preliminare;
-- documentazione dell' eventuale attivit integrativa d' indagine ex art. 430 c.p.p.
(ossia quella attivit d' indagine svolta dal p.m. dopo l' emissione del decreto che
dispone il giudizio).

RIPASSO A BREVE TERMINE


Per fissare le idee sugli argomenti trattati si cerchi di rispondere ai seguenti quesiti:
1) Quali sono i termini ordinari di durata delle indagini? Per quali motivi il p.m.
pu chiedere una proroga di detti termini?
2) Qunati tipi di archiviazione esistono? In che modo provvede il GIP qualora
non ritiene di accogliere la richiesta di archiviazione?
3) La persona offesa pu opporsi alla richiesta di archiviazione?
4) Cosa si intende per obbligatoriet ed irretrattabilit dell azione penale?
5) Da quale legge stato introdotto l avviso di conclusione delle indagini ex art.
415 bis? Qual il contenuto di detto avviso?
6) Il p.m. obbligato durante le indagini a interrogare l indagato?
7) Cosa si intende per discovery processuale? In quale momento del processo si
verifica?
8) A cosa serve l udienza preliminare? Si celebra necessariamente in tutti i
processi?
9) Quali sono le principali modifiche apportate dalla legge Carotti all udienza
preliminare?
10) Nel corso dell udienza preliminare il GUP pu ordinare al p.m. di effettuare
nuove indagini a favore del reo?
11) Quando si formano i due fascicoli? Quali atti contengono?

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UNITA' DIDATTICA 7

IL GIUDIZIO

Ore di lezione: 5
Ore di studio: 7

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Sez. I
Principi generali

Premessa
Il giudizio quella fase del processo in cui le parti e il giudice mirano ad
accertare i fatti oggetto dell' imputazione secondo le forme della pubblicit, del
contraddittorio e dell' oralit.
Il giudizio si suddivide in tre stadi: predibattimento, dibattimento e postdibattimento. Occorre precisare che il termine "udienza" non sinonimo di
dibattimento, ma indica il tempo di una singola giornata dedicato alla celebrazione
di uno pi dibattimenti; il termine "dibattimento" indica invece la trattazione in
udienza di un determinato processo.

IL PRINCIPIO DI PUBBLICITA'
A norma dell' art. 471 c.p.p. l' udienza pubblica a pena di nullit, nel
senso che nell' aula dell' udienza ammesso l' ingresso del pubblico. Il principio
della pubblicit dell' udienza garantisce la trasparenza dell' indipendenza e dell'
imparzialit del giudice. Il pubblico presente in aula rappresenta, cio, il "popolo"
dinanzi al quale si svolge in maniera trasparente la funzione giurisdizionale.
Non sono ammessi in aula: 1) i minori degli anni 18; 2) le persone sottoposte
a misure di prevenzione (es. sorvegliati speciali); 3) le persone che appaiono in
stato di ubriachezza o di squilibrio mentale; 4) le persone armate.
A norma dell' art. 117 disp. att. per effettuare riprese audio-televisive
occorre il consenso delle parti, tranne che sussista un interesse sociale
particolarmente rilevante (in tal caso si prescinde dal consenso, ma la ripresa del
volto della persona comunque condizionata dal consenso della persona).
L' art. 472 c.p.p. prevede una serie di casi in cui si deve procedere "a porte
chiuse". Ci avviene:
-- quando occorre evitare la diffusione di notizie che devono restare segrete per
garantire la sicurezza dello Stato;
-- per la salvaguardia della morale pubblica e del buon costume;
-- quando occorre garantire la sicurezza o la riservatezza dei testimoni o delle
parti;
-- per motivi di igiene pubblica;
-- per garantire il regolare svolgimento delle udienze (es. quando il pubblico
particolarmente "turbolento";

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-- a causa della giovane et dei testimoni


-- nei processi per delitti sessuali qualora lo chieda la persona offesa o se essa
minorenne

IL PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO


In base a tale principio, all' udienza dibattimentale devono partecipare
necessariamente tutte le parti, nel senso che ciascuna parte dev' essere posta nelle
condizioni di poter contrastare in contemporanea (e dunque contraddire) le prove
presentate dalla propria controparte. Durante le indagini preliminari tale principio
molto attenuato, in quanto le dichiarazioni delle persone interrogate o gli altri
accertamenti investigativi non sono assunti dalla p.g. o dal p.m. alla presenza della
parte avversaria (ma, semplicemente, verbalizzati e quindi riversati nel fascicolo
delle indagini), n dinanzi ad un giudice.
Il principio del contraddittorio impone, anzitutto, che il capo d' accusa venga
formulato nel modo pi chiaro e preciso possibile. L' imputato per poter
contraddire il suo accusatore ha bisogno di conoscere in termini dettagliati il fatto di
cui viene accusato. Ecco perch l' art. 429 c.2 c.p.p. dispone che il decreto che
dispone il giudizio nullo se manca o insufficiente l' enunciazione del fatto di
cui l' imputato accusato (si tratta di una nullit assoluta in quanto riconducibile all'
art. 178 lett. c) c.p.p.).
Occorre inoltre che l' imputato abbia a sua disposizione un tempo
sufficientemente lungo per poter predisporre (in contraddittorio) le sue difese. A tale
scopo prevista la nullit del decreto di citazione se esso non rispetti il termine
dilatorio di almeno 20 giorni tra la data della notifica e quella fissata per l' udienza.
Il giudice del dibattimento che rilevi la nullit del decreto di citazione, ne
dispone anche d' ufficio la rinnovazione (in pratica il p.m. deve citare nuovamente le
parti e formulare in modo pi chiaro l' accusa).
Sempre a garanzia del contraddittorio sono poste le norme che disciplinano l'
assenza dell' imputato. Possono prospettarsi tre distinte ipotesi:
-- se l' imputato non comparso alla prima udienza senza addurre alcuna
giustificazione, viene dichiarata la sua contumacia e il processo prosegue in sua
assenza (verranno applicate talune norme particolari a garanzia dell' imputato
contumace, es. restituzione. in termini per impugnare la sentenza, etc.). La legge
Carotti ha arretrato alla udienza preliminare la dichiarazione di contumacia;
-- se, invece, sussiste una causa (documentata) di legittimo impedimento (forza
maggiore, malattia, etc.) l' imputato ha diritto alla sospensione o al rinvio del
dibattimento (il giudice rinnova la citazione e fissa una nuova data di udienza);
-- se, infine, l' imputato stato presente alla prima udienza e non poi comparso alle
successive senza addurre alcuna motivazione, si dar semplicemente atto della sua
assenza volontaria, che fa presumere la sua rinuncia alle garanzie del
contraddittorio.

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2

Ad ulteriore garanzia del contraddittorio sono poste le regole che tutelano l'
imputato dal rischio di modificazioni dell' accusa in corso di causa (c.d. emendatio
libelli). La contestazione contenuta nel decreto che dispone il giudizio: rispetto a
tale accusa l' imputato ha avuto un lasso di tempo congruo (minimo 20 giorni) per
predisporre la sua difesa. Ma se nel corso del giudizio (ad es. a seguito di emergenze
probatorie) il fatto commesso dall' imputato assume una configurazione giuridica
diversa, il p.m. non potr limitarsi a "correggere" il capo d' accusa: dovranno essere
concesse all' imputato quelle stesse garanzie che caratterizzavano l' originaria
contestazione (chiarezza e precisione dell' accusa, termine dilatorio a difesa, etc.).
Occorre distinguere in particolare quattro ipotesi:
-- FATTO DIVERSO (art. 516 c.1 c.p.p.). Il p.m. si accorge che l' illecito commesso
dall' imputato diverso da quello originariamente contestato, in quanto la
ricostruzione storica del fatto pone in luce la diversit della condotta, del nesso di
causalit, dell' evento o dell' elemento psicologico (es. stato originariamente
contestato un furto, ma un testimone oculare mette in luce atti di violenza sulla
vittima: la condotta appare diversa, poich assume i connotati della rapina). In tali
casi il p.m. procede alla modifica dell' imputazione (attraverso una formale
contestazione in udienza), ma l' imputato ha diritto ad un termine a difesa da un
minimo di 20 a un massimo di 40 giorni (con possibilit di chiedere nuove prove).
Il giudice dovr, di conseguenza sospendere l' udienza e rinviare il dibattimento a
udienza successiva, a meno che il fatto diversamente contestato ecceda la sua
competenza per materia (nel qual caso il giudice trasmetter gli atti al giudice
competente);
-- CONTESTAZIONE SUPPLETIVA DI CIRCOSTANZA AGGRAVANTE O DI REATO
CONNESSO (art. 517 c.p.p.). Il p.m., in corso di causa, rileva una circostanza
aggravante originariamente non contestata, oppure la sussistenza di un reato
ulteriore posto in rapporto di continuazione (cio esecutivo del medesimo disegno
criminoso) o di concorso formale (da un' unica condotta sono scaturiti pi reati)
rispetto al reato contestato. Si applicano le stesse regole previste per il caso di fatto
diverso (sospensione dell' udienza e concessione di termine a difesa da 20 a 40
giorni);
-- FATTO NUOVO (art. 518 c.p.p.). A differenza del fatto diverso, in tale ipotesi il p.m.
rileva a carico dell' imputato la sussistenza, oltre al fatto originariamente contestato,
di un reato ulteriore, commesso dall' imputato con una condotta distinta (concorso
materiale: es. oltre al furto, emerge che l' imputato ha commesso un anno prima uno
stupro). Il fatto "nuovo" dovrebbe, in teoria, essere oggetto di un separato processo,
in quanto non presenta alcuna connessione col reato oggetto del procedimento in
corso. Tuttavia, per ragioni di economia processuale, il codice prevede la possibilit
che il "fatto nuovo" venga trattato congiuntamente, dinanzi allo stesso giudice
(simultaneus processus), osservando le regole che gi conosciamo (contestazione in
udienza, assegnazione di termine a difesa di almeno 20 giorni); tuttavia se l'
imputato si oppone, il p.m. dovr esercitare l' azione penale nelle forme ordinarie
(nuova iscrizione nel registro di reato, nuove indagini preliminari e rinvio a giudizio
dinanzi a nuovo giudice). Inoltre, affinch possa procedersi alla trattazione
congiunta, occorre che il fatto nuovo non ecceda la competenza del giudice
originario.

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3

-- DIVERSA QUALIFICAZIONE DEL FATTO IN SENTENZA (art. 521 c.p.p.). In


ossequio al principio della necessaria correlazione tra accusa e sentenza (ossia di
corrispondenza tra chiesto e pronunciato), il giudice pu condannare l' imputato solo
per il reato originariamente contestato nel decreto che dispone il giudizio, e non per
un reato diverso. Quindi se il p.m. chiede, ad es., che l' imputato venga riconosciuto
colpevole di furto, il giudice pu o assolvere l' imputato o condannarlo per furto.
L' art. 521 c.p.p. prevede tuttavia che il giudice pu dare al fatto una
definizione giuridica diversa da quella enunciata nell' imputazione, purch il fatto
non ecceda la sua competenza. Come pu spiegarsi tale disposizione? Secondo
Siracusano- Galati ci possibile, in virt del principio jura novit curia, a
condizione che il giudice lasci inalterati gli elementi del fatto storico, e corregga
soltanto la qualificazione giuridica, ossia il nomen juris da attribuire a tale fatto. In
particolare ci avviene quando il reato riconosciuto nella sentenza si trovi in
rapporto di continenza rispetto al reato affermato nella contestazione (es. il p.m.
aveva contestato una rapina, il giudice riconosce invece un furto, e mai viceversa!).
Qualora il giudice, invece, accerti che il fatto diverso da quello contestato
nei suoi elementi essenziali (e pertanto non pu limitarsi a dare al fatto una
qualificazione giuridica diversa), trasmette gli atti al p.m. affinch questi riformuli
l' imputazione.
PRINCIPIO DI IMMEDIATEZZA
Tale principio comporta che il giudice deve essere posto in rapporto
immediato e diretto con la prova. In particolare, il giudice deve percepire con i
propri sensi le risultanze probatorie, e deve controllare direttamente il corretto
esercizio della cross examination.
Per garantire l' immediatezza, occorre anzitutto che vi sia identit tra il
giudice che acquisisce la prova e il giudice che delibera la sentenza. L' art. 525 c.2
c.p.p. dispone infatti che "alla deliberazione concorrono a pena di nullit gli stessi
giudici che hanno partecipato al dibattimento". Nel caso di impedimento a
deliberare di un giudice titolare, si fa ricorso a un giudice supplente (che a scopo
precauzionale ha assistito al dibattimento in aggiunta ai titolari).
Altro corollario dell' immediatezza la contestualit della deliberazione: la
sentenza deve essere deliberata subito dopo l' istruzione dibattimentale. Ci a
garanzia della fedelt della decisione rispetto ai risultati dell' istruzione.
PRINCIPIO DI CONCENTRAZIONE
Il processo, dal suo inizio alla sentenza, deve svolgersi con la maggiore
rapidit possibile. Il giudice deve fare in modo che il giudizio venga tutto
celebrato in un' unica udienza. Tuttavia lo stesso art. 477 c.p.p. prevede la
possibilit che il giudice, quando non assolutamente possibile esaurire il
dibattimento in una sola udienza, possa rinviare lo stesso al giorno seguente non
festivo.
Varie norme, poi, prevedono diversi casi di sospensione del dibattimento
(artt. 509, 523 c.6, 519, 486 c.p.p.- vedi codice).

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PRINCIPIO DI ORALITA'
Tale principio implica che il processo penale deve svolgersi per mezzo della
forma parlata: la comunicazione orale infatti quella che meglio si adatta alle
esigenze del contraddittorio e alle modalit dell' esame incrociato. Ai fini della
decisione possono, pertanto, essere utilizzate soltanto le prove acquisite al
dibattimento nel contraddittorio orale fra le parti.
Le pi rilevanti deroghe al principio di oralit sono contenute nella disciplina
delle c.d. letture consentite. Si tratta di letture di verbali (e quindi di documenti
scritti) contenuti nel fascicolo del p.m. o nel fascicolo del dibattimento. Le letture
sono consentite solo a particolari condizioni: o in quanto si tratti di acquisizioni non
pi suscettibili di rappresentazione probatoria (es. impossibilit sopravvenuta di
assumere un teste), o in quanto si tratti di atti particolarmente garantiti. In ogni caso
il codice Vassalli ha adottato il principio della tassativit delle letture consentite
(art. 514 c.p.p.), nel senso che queste ipotesi costituiscono un numero chiuso
(contrariamente al codice abrogato, nel quale vigeva il principio di tassativit delle
letture vietate). Vediamo i principali casi di letture consentite:
(art. 511
c.p.p.). Il giudice, su richiesta di parte o anche d' ufficio, pu disporre la lettura degli
atti inseriti nel fascicolo per il dibattimento. A tal fine occorre pur sempre procedere,
ove possibile, alla previa escussione del teste, del perito o della parte, e solo
successivamente procedere alle letture. Se non possibile l' escussione diretta (per
effettiva irripetibilit), si d senz' altro luogo alla lettura;
-- LETTURA DI ATTI CONTENUTI NEL FASCICOLO PER IL DIBATTIMENTO

-- LETTURA DI ATTI CONTENUTI NEL FASCICOLO DEL P.M .

(art. 512 c.p.p.). Il


giudice , a richiesta di parte, dispone che sia data lettura degli atti assunti dalla p.g.
o dal p.m. o dal g.u.p. quando, per fatti o circostanze imprevedibili, ne divenuta
impossibile la ripetizione. Gli atti, originariamente ripetibili, e perci inseriti nel
fascicolo del p.m., sono cio divenuti successivamente irripetibili;
-- LETTURA DELLE DICHIARAZIONI RESE DALL' IMPUTATO (art. 513 c.1 c.p.p.).
Il giudice, se l' imputato contumace o assente o rifiuta di sottoporsi all' esame,
dispone, a richiesta di parte, che sia data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese
dall' imputato al p.m. o alla p.g., al g.i.p. o al g.u.p. durante le indagini preliminari.
Tali dichiarazioni, tuttavia, non possono essere utilizzate contro altri coimputati
senza il loro consenso (a meno che non ci sia motivo di ritenere che l' imputato
abbia rifiutato di rispondere per effetto di minaccia, violenza, offerta di denaro);
-- LETTURA DELLE DICHIARAZIONI DI IMPUTATO DI REATO CONNESSO (art. 513
c.2 c.p.p.). Il giudice, qualora l' imputato di reato connesso citato per rendere esame
non si presenti, adotta ogni provvedimento per rendere possibile l' esame, compreso l'
accompagnamernto coattivo, l' esame a domicilio, la rogatoria internazionale o l'
esame in video-conferenza. Se nonostante tali misure risulta la assoluta
impossibilit di procedere all' esame, pu disporre la lettura delle dichiarazioni da
questi rese alla p.g., al p.m. o al g.u.p. e contenute nel fascicolo del p.m..

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Qualora invece l' imputato di reato connesso sia comparso, ma si sia avvalso
della facolt di non rispondere, possibile procedere alla lettura delle sue
dichiarazioni, ma soltanto se vi l' accordo delle parti.
Si ricordi tuttavia che, a seguito della riforma del giusto processo, l' imputato
di reato connesso non pu avvalersi della facolt di non rispondere qualora abbia
reso dichiarazioni accusatorie nei confronti dell' imputato, poich assumer, in tal
caso, lo status di testimone (vedi: testimonanza assistita).
(art. 512 bis c.p.p.)
Il giudice, a richiesta di parte, tenuto conto degli altri elementi di prova acquisiti,
dispone che sia data lettura dei verbali di dichiarazioni rese durante le indagini dal
cittadino straniero residente all' estero, anche a seguito di rogatoria internazionale,
se la persona non stata citata a deporre come teste o, pur essendo stata citata, non
comparsa;
-- LETTURA DI DICHIARAZIONI RESE DA PERSONA STRANIERA

-- LETTURA DEI VERBALI DI PROVA DI ALTRI PROCEDIMENTI (art. 511 bis c.p.p.).
Il giudice, anche d' ufficio, pu disporre che sia data lettura dei verbali di prova di
altro procedimento penale, purch si tratti di prove assunte in sede di dibattimento o
di incidente probatorio;

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Sez. II
Il predibattimento
Il predibattimento quella parte del giudizio che va dal momento in cui
perviene alla cancelleria del giudice il decreto che dispone il giudizio fino alla
dichiarazione (in udienza) di apertura del dibattimento.
L'assunzione anticipata della prova in predibattimento
Nella fase del predibattimento pu eccezionalmente aversi un' assunzione
anticipata della prova, qualora si tratti di prove non rinviabili (per le quali, cio,
non possibile aspettare la celebrazione del dibattimento). L' art. 467 dispone infatti
che il giudice, a richiesta di parte, nei casi previsti per l' incidente probatorio, procede
all' assunzione di prove non rinviabili, osservando le forme previste per il
dibattimento.
La sentenza di proscioglimento pre-dibattimentale (art. 469 c.p.p.)
In fase di pre-dibattimento pu verificarsi anche l ipotesi di un proscioglimento
immediato, cio pronunciato sena attendere l apertura del dibattimento. Tale
proscioglimento si avr qualora al giudice appare evidente che l azione penale era
improcedibile o il reato estinto, senza che occorra procedere ad un accertamento
dibattimentale. Il giudice decider in camera di consiglio, sentiti il p.m. e l imputato,
e sempre che tali soggetti non si oppongono ( in tal caso dovr celebrarsi il
dibattimento). La sentenza cos emessa inappellabile.
Il deposito delle liste testimoniali
L' atto pi importante che viene compiuto nella fase del predibattimento il
deposito delle liste testimoniali. A norma dell' art. 468 c.1 c.p.p., le parti che
intendono chiedere in giudizio l' esame di testimoni, periti, consulenti tecnici o
imputati di reato connesso devono depositare in cancelleria, almeno 7 giorni
prima della data fissata per l' udienza, la lista delle persone da esaminare, con l'
indicazione del "tema" su cui deve vertere l' esame.
La funzione di tale deposito una funzione di discovery, per evitare l'
introduzione di prove "a sorpresa". Ciascuna parte deve, cio, conoscere in anticipo
le prove testimoniali che la controparte intende assumere, in modo da poter
eventualmente citare altri testi a controprova delle affermazioni del teste di parte
avversaria. L' art. 468 c.4 c.p.p. prevede, infatti, che "ciascuna parte pu chiedere
la citazione a prova contraria di testimoni, periti o consulenti tecnici non

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compresi nella propria lista, ovvero presentarli direttamente al dibattimento, in


relazione alle circostanze indicate nelle liste avversarie (cio in relazione allo
stesso "tema" di prova), senza alcun limite temporale di ammissibilit. Tale
disposizione strettamente collegata al principio generale in tema di contraddittorio
(c.d. "diritto alla controprova"), espresso nell' art. 495 c.2 c.p.p.: "l' imputato ha
diritto all' ammissione delle prove indicate a discarico sui fatti costituenti
oggetto delle prove a carico; lo stesso diritto spetta al p.m. in ordine alle prove a
carico dell' imputato sui fatti costituenti oggetto delle prove a discarico".
Il deposito della lista testimoniale un adempimento che deve essere
effettuato a pena di inammissibilit della richiesta, nel senso che se la parte omette
di depositare la lista nel termine prescritto, perde definitivamente il diritto a citare i
suoi testimoni. Resta salva la possibilit prevista dall' art. 493 c.2, a norma del quale
in dibattimento ammessa l' acquisizione di prove non comprese nella lista
testimoniale quando la parte dimostra di non averle potute indicare
tempestivamente (deve trattarsi di una impossibilit derivante da forza maggiore, o
da fatto che la prova sia "emersa" solo successivamente allo scadere del termine).
Sulla richiesta delle parti il giudice effettua una sorta di delibazione
preliminare, al solo fine di accertare se le testimonianze indicate nelle liste sono
"vietate dalla legge" o "manifestamente sovrabbondanti" (es. su un identico tema
sono stati citati troppi testimoni).
Le parti, al fine di garantirsi l' effettiva presenza al processo delle persone
indicate nelle liste, possono chiedere al giudice che tali persone siano formalmente
citate, nei modi previsti per notifiche giudiziarie, con avviso che qualora non si
presentino all' udienza potr essere disposto l accompagnamento coattivo. Se
invece la parte non chiede la citazione, dovr farsi carico personalmente di avvisare
il teste a comparire, e di accompagnarlo "a braccio" all' udienza, confidando in una
partecipazione spontanea del teste.
Costituzione delle parti e questioni preliminari
Il predibattimento comprende anche quella parte di udienza che si pone come
"preliminare" rispetto al dibattimento in senso stretto. In tale fase avviene l'
accertamento della regolare costituzione delle parti (art. 491 c.p.p.). Il giudice
controlla che l' imputato sia comparso, valuta le eventuali richieste di rinvio per
legittimo impedimento, si accerta che egli sia regolarmente assistito da un difensore
(pu eventualmente nominarne uno d' ufficio), verifica la regolarit delle citazioni,
etc. In questo momento pu aversi la costituzione della parte civile (qualora non si
sia gi costituita in udienza preliminare), del responsabile civile o del civilmente
obbligato, nonch l' eventuale intervento dell' ente esponenziale.
Quindi si passa alla trattazione delle c.d. questioni preliminari. Tali
discussioni solitamente hanno ad oggetto:
-- la nullit del decreto che dispone il giudizio (o del decreto di citazione diretta a
giudizio);
-- il difetto di competenza per territorio o per connessione (l' incompetenza per
materia invece rilevabile in ogni stato e grado del giudizio);
-- nullit (relativa) di determinati atti di indagine o compiuti in sede di incidente
probatorio o udienza preliminare;
-- questioni in materia di riunione o separazione di giudizi;

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-- eventuali richieste di ricusazione del giudice.


Il giudice decide le questioni preliminari con ordinanza.
Successivamente alla trattazione delle questioni preliminari, il giudice
procede alla dichiarazione di apertura del dibattimento, che d l' avvio al
dibattimento in senso stretto. La dichiarazione di apertura del dibattimento l' atto
che determina formalmente la decadenza dal potere di rilevare le nullit relative o il
difetto di competenza territoriale o per connessione.

Sez. III
Il dibattimento

A) LA LETTURA DELL' IMPUTAZIONE E LE RICHIESTE ISTRUTTORIE


Nell' originaria previsione del codice Vassalli il dibattimento si apriva con al
formale lettura dell' imputazione e con la c.d. relazione introduttiva del p.m.,
nella quale l' organo dell' accusa esponeva al giudice il resoconto delle indagini
espletate e i principali risultati acquisiti durante le investigazioni. La legge Carotti ha
soppresso la relazione introduttiva, poich ha ritenuto che questa potesse in qualche
modo "influenzare" il giudice e dunque nuocere a quella "verginit" che deve
caratterizzare il suo operato, in quanto lo pone a conoscenza di acquisizioni
investigative che dovranno essere rappresentate "ex novo" e in via originaria soltanto
nel momento dell' istruzione dibattimentale. La ratio praticamente la stessa per la
quale il decreto che dispone il giudizio non dev' essere motivato.
Nel nuovo impianto, subito dopo la lettura dell' imputazione si passa
direttamente alla indicazione da parte del p.m. dei fatti che si intendono provare, e
delle prove a carico che si intendono produrre; seguono le analoghe richieste
probatorie della parte civile, del responsabile civile, del civilmente obbligato e
infine dell' imputato. Se le parti hanno in precedenza depositato liste testimoniali, in
sede di richiesta istruttoria si limiteranno a operare un rinvio alle persone e ai temi
indicati nelle proprie liste, fermo restando il diritto di chiedere l' esame di persone
non indicate in lista ai sensi degli artt. 493 c.2 (impossibilit di deposito nei termini)
e 495 c.2 c.p.p. (diritto alla controprova).
Per quanto riguarda eventuali prove documentali delle quali si chiede l'
acquisizione, ciascuna parte ha diritto a prendere preventivamente visione dei
documenti che le altre parti intendono produrre.
Sulle richieste istruttorie il giudice decide con ordinanza, sentite le parti. L'
ordinanza potr essere di ammissione o di inammissibilit delle prove richieste. Il
parametro in base al quale il giudice decide in ordine all' ammissibilit quello dell'
art. 190 c.p.p. (il giudice ammette le prove non vietate dalla legge e quelle non
manifestamente superflue o irrilevanti).

B) L' ISTRUZIONE DIBATTIMENTALE

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Quindi si procede all' istruzione dibattimentale, ossia alla assunzione delle


prove, in contraddittorio. L' istruzione probatoria inizia con l' assunzione delle prove
richieste dal p.m., e prosegue con l' assunzione di quelle richieste, nell' ordine, dalla
parte civile, dal responsabile civile, dal civilmente obbligato e infine dall' imputato.
Le parti possono sempre concordare un diverso ordine di assunzione delle prove.
In ogni caso l' esame dell' imputato (anche quando stato chiesto dal
difensore) deve avere luogo subito dopo l' assunzione delle prove a carico (art. 150
att. c.p.p.). Ci per evitare che l' imputato possa modellare le sue dichiarazioni sulla
scorta di ci che hanno dichiarato i testi a discarico presentati dalla difesa.
L' acquisizione della prova orale (testimonianza, esame delle parti, del perito,
del consulente tecnico, dell' imputato di reato connesso) avviene attraverso il
meccanismo della c.d. cross examination. L' esame incrociato si sviluppa in tre fasi:
1) esame diretto: la parte che ha chiesto l' esame pone direttamente le domande alla
persona, su un determinato tema, senza l' intermediazione del giudice;
2) controesame: la controparte controesamina la persona, cercando di "smontare" le
dichiarazioni precedentemente rese o di ridurne il significato, al fine di una verifica
negativa del tema di prova;
3) nuove domande: finito il controesame, la parte che aveva iniziato l' esame diretto
pone nuove domande, in modo da "riabilitare" in qualche modo il teste scosso nella
sua credibilit (c.d. redirect examination).
L' esame dei testimoni
Prima di cominciare l' esame, il teste viene ammonito dal giudice circa l'
obbligo di dire la verit. Segue la lettura della c.d. impegnativa (che ha sostituito il
vecchio giuramento), ossia l' impegno formale del teste a dichiarare il vero e a non
nascondere nulla di quanto a sua conoscenza. Infine, il teste deve dichiarare le
proprie generalit.
Soltanto dopo aver espletato queste formalit preliminari, pu avere inizio l'
escussione del teste.
L' esame deve svolgersi mediante domande su fatti specifici: ci per evitare il
rischio di "narrazioni" concordate o comunque poco genuine. Non si pu, pertanto,
chiedere al teste di parlare genericamente intorno a un dato argomento, ma occorre
porre domande mirate e specifiche.
E' inoltre vietato porre domande "suggestive" (leading questions), ossia
domande che tendono a suggerire la risposta (cio che contengono gi elementi dai
quali possibile trarre indicazioni sulla risposta). Tale divieto vale per solo per l'
esame diretto, e non anche per il controesame.
Il teste, prima di cominciare l' esame, pu essere autorizzato dal giudice a
consultare documenti da lui stesso redatti in aiuto della memoria.
E' vietato porre domande che possono ledere il rispetto della persona,
comportando inutili sconfinamenti nella privacy del soggetto esaminato.
Il giudice interviene per assicurare la genuinit delle domande e la lealt dell'
esame stesso; decide in merito alle richieste di letture o alla correttezza delle
contestazioni. Tali interventi possono avvenire sia ex officio, sia su richiesta di una
delle parti (che, ad es. "si oppone" alla domanda suggestiva posta dalla controparte).
Nel caso di testimone minorenne, l' esame condotto dal giudice, che pu
avvalersi dell' ausilio di un familiare del minore o di un esperto in psicologia

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infantile. Solo eccezionalmente il giudice, sentite le parti, pu ammettere l' esame


diretto del minore, se ritiene che ci non possa nuocere alla serenit del teste.

L' esame delle parti


Per l' esame dell' iumputato o delle altre parti private non prevista alcuna
ammonizione o impegnativa, poich la parte non giuridicamente tenuta a
rispondere secondo verit, e pu inoltre avvalersi della facolt di non rispondere
(in tal caso, per, si potr procedere alla lettura dei verbali d' indagine ex art. 513
c.p.p). L' esame si svolge nei modi previsti per l' assunzione dei testimoni (cross
examination).

Le contestazioni nell' esame testimoniale (art. 500 c.p.p.)


Se nel corso dell' esame testimoniale il testimone rende una dichiarazioine di
contenuto difforme, in tutto o in parte, rispetto a quanto da lui affermato in
precedenti dichiarazioni, la parte che procede a esame interrompe l' esame stesso e
muove una formale contestazione (cio fa notare al giudice tale difformit). A tal
fine procede alla lettura di quelle parti dei verbali del fascicolo del p.m. che si
riferiscono allo stesso tema, dai quali emerge la difformit.
A seguito della riforma del "giusto processo" (L. 63/2001), le dichiarazioni
lette per le contestazioni non sono comunque utilizzabili ai fini della prova (salvo
che vi sia l' accordo di tutte le parti, o se vi sia motivo di ritenere che il teste stato
sottoposto a minaccia, violenza, o offerta di denaro). Scopo della contestazione,
pertanto, sar solo quello di screditare l' attendibilit del testimone.
Le contestazioni nell' esame dell' imputato (art. 503c.p.p.)
Infine, per ci che riguarda le contestazioni durante l' esame dell' imputato (e
delle parti private), l' art. 503 c.p.p. prevede amche in questo caso la possibilit di
procedere a contestazione per rilevare la difformit dell' attuale dichiarazione
rispetto a quella precedentemente resa. La parte proceder quindi alla lettura dei
verbali del fascicolo del p.m. che contengono le dichiarazioni difformi. Tali verbali
saranno utilizzabili come prova solo se si tratta di dichiarazioni assunte dal p.m.
alle quali il difensore aveva diritto di assistere, e cio quelle rese e rese a norma
degli artt. 294 (interrogatorio di garanzia disposto a seguito di misura cautelare), 391
(dichiarazioni dell' arrestato in udienza di convalida) e 422 c.p.p. (interrogatorio del
g.u.p. in udienza preliminare).
In pratica gli atti utilizzabili sono solo quelli "garantiti" dalla partecipazione
del difensore alla formazione dell' atto stesso. Fuori da queste ipotesi, la
dichiarazione utilizzata per la contestazione sar valutabile ai soli fini della
credibilit dell' imputato esaminato.

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Il potere integrativo ex officio del giudice


Il processo accusatorio essenzialmente un processo a impulso "di parte",
rispetto al quale il giudice un arbitro terzo e imparziale, che deve limitare i suoi
interventi al minimo. Sono le parti a richiedere l' assunzione delle prove, e sono le
parti a condurre l' esame dei testi, ponendo direttamente le domande, senza alcuna
intermediazione da parte del giudice.
Tuttavia il codice prevede alcune norme che fanno riferimento a poteri ex
officio del giudice in materia di prova. Vediamo le principali:
-- art. 506 c.2: durante l' istruzione dibattimentale il giudice, dopo l' esame, pu
rivolgere domande ai testimoni gi esaminati. E' fatto salvo, comunque, il diritto
delle parti di concludere l' esame reintrodotto dal giudice;
-- art. 506 c.1: chiusa l' istruzione dibattimentale, il giudice pu indicare alle parti
temi di prova nuovi che possono essere utili per la completezza dell' esame. In tal
caso i mezzi di prova restano quelli gi richiesti dalle parti, ma queste sono invitate
ad ampliare il tema d' indagine sul quale devono vertere le domande;
-- art. 507: chiusa l' istruzione dibattimentale il giudice, anche d' ufficio, se risulta
assolutamente necessario pu disporre l' assunzione di nuovi mezzi di prova (v.
supra).
C) LA DISCUSSIONE FINALE
Terminata l' istruzione probatoria, si passa alla discussione finale. L' ordine
degli interventi disciplinato in modo che la discussione del p.m. (requisitoria)
preceda quella della difesa (arringa). Le parti nella discussione commentano
criticamente i risultati delle acquisizioni probatorie, espongono le questioni
giuridiche che il caso solleva suggerendo la propria interpretazione, e infine
avanzano al giudice le richieste finali (es. indicazione della pena ritenuta congrua,
richiesta di assoluzione, etc.).
E' previsto un diritto di replica, nel senso che ciascuna parte pu replicare,
una sola volta, le affermazioni della parte avversaria, confutandone gli argomenti. In
ogni caso l' ultima parola spetta al difensore dell' imputato. Il giudice dirige la
discussione, e impedisce ogni divagazione, ripetizione, interruzione; non pu, per,
togliere la facolt di parlare (come era previsto nel codice Rocco).
Esaurita la discussione, il giudice dichiara chiuso il dibattimento.

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Sez. IV
Il post-dibattimento
Il postdibattimento costituisce la terza fase del giudizio. Inizia nel momento
in cui il giudice si ritira in camera di consiglio per deliberare e si conclude con il
deposito della sentenza.
Atti utilizzabili ai fini della decisione
Occorre, anzitutto, tenere presente che gli atti utilizzabili dal giudice ai fini
della decisione sono quelli contenuti nell originario fascicolo per il dibattimento,
In ogmni caso l utilizzabilit di tali atti non automatica, ma presuppone che la
parte interessata abbia espressamente proceduto alla richiesta di letture ex art. 511
c.p.p.. Solo attraverso la lettura, dunque, l atto diviene utilizzabile.
Andranno, inoltre a confluire nel fascicolo del dibattimento i seguenti atti::
- i verbali delle udienze dibattimentali;
-- i documenti ammessi dal giudice, compresi i verbali di prove assunte in altro
procedimento (art. 238 c.p.p.) e le sentenze irrevocabili (art. 238 bis c.p.p.);
-- i verbali di assunzione dei mezzi di prova (testimoni, periti, parti private, etc.);
-- i verbali degli atti d' indagine utilizzati per le letture.
Principi generali della decisione
Per quanto riguarda i principi fondamentali in materia di deliberazione della
sentenza, questi sono enunciati nell' art. 527 c.p.p.: 1) collegialit della discussione;
2) priorit delle questioni processuali su quelle di merito; 3) favor rei (qualora vi sia
parit di voti, prevale la soluzione pi favorevole all' imputato).
Redazione della sentenza
La redazione della sentenza un' operazione complessa, che pu richiedere
un lasso di tempo anche notevole. Per tal motivo, molto spesso si ricorre alla
motivazione differita: il giudice, al termine della camera di consiglio, d intanto
lettura in udienza del dispositivo, cio della parte essenziale della decisione in forma
imperativa (assoluzione, condanna, determinazione del tipo e della quantit di pena,
etc.), e soltanto in un secondo tempo (entro 15 giorni o in un tempo pi lungo che
non pu superare comunque i 90 giorni) deposita in cancelleria la motivazione, che
la parte in cui sono analiticamente illustrate le argomentazioni logico-giuridiche che

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hanno condotto alla decisione, e nella quale sono indicate le prove poste a base della
decisione e i motivi per cui non sono state ritenute convincenti le prove contrarie.
Nei processi pi semplici pu aversi, tuttavia, una motivazione contestuale
(che anzi dovrebbe rappresentare la regola, in ossequio al principio di
concentrazione): in tal caso il giudice, subito dopo la redazione del dispositivo,
procede alla redazione della motivazione, in forma concisa e sintetica.
Pubblicazione e deposito della sentenza
La pubblicazione della sentenza ha luogo proprio con la lettura in udienza
del dispositivo, che vale a tutti gli effetti come notificazione per le parti presenti.
Il deposito della sentenza, nel caso di motivazione contestuale avviene
immediatamente dopo la lettura dl dispositivo; nei casi di motivazione differita
avviene nei termini previsti per la redazione della motivazione (15 giorni o pi, fino
a un massimo di 90 giorni). E' proprio dalla data del deposito che iniziano a
decorrere i termini per proporre impugnazione, e precisamente:
-- 15 giorni nel caso di motivazione contestuale;
-- 30 giorni a partire dal 15 giorno successivo alla pubblicazione, nel caso di
differimento "breve";
-- 45 giorni a partire dal giorno dell' avviso di deposito, nel caso di differimento
"lungo".
Nullit della sentenza
A norma dell' art. 546 c.3 la sentenza nulla in caso di:
-- mancanza di motivazione;
-- motivazione illogica;
-- mancata indicazione delle prove poste a base della decisione;
-- mancanza della sottoscrizione del giudice;
Tipi di sentenza
Le sentenze conclusive del dibattimento possono essere:
1) sentenza di non doversi procedere (art. 529 c.p.p.). Indica la sussistenza di una
causa di improcedibilit o di improseguibilit dell' azione penale, ovvero di
estinzione del reato;
2) sentenza di assoluzione (art. 530 c.p.p.). Il giudice assolve l' impuatato, o perch
riconosce la non sussistenza del fatto di reato contestato, o perch non vi prova che
sia stato commesso dall' imputato, o ancora perch l' imputato riconosciuto
soggetto non imputabile o non punibile (es. per errore scusabile, per la presenza di
una scriminante, etc.).
Tale sentenza viene adottata anche quando le prove a carico sono
insufficienti o contraddittorie (principio garantista in base al quale l' insufficienza
delle prove di colpevolezza viene equiparata alla esistenza di prova positiva di
innocenza);
3) sentenza di condanna (art. 533 c.p.p.). Il contenuto essenziale di tale tipo di
sentenza consiste nell' affermazione della responsabilit penale dell' imputato e nell'

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applicazione della pena. Il contenuto eventuale pu riguardare l' applicazione di


misure di sicurezza, di pene accessorie, di sospensione condizionale della pena, di
non menzione nel certificato del casellario giudiziale, nonch la condanna alle
restituzioni e al risarcimento a favore della parte civile (anche sotto forma di
condanna generica o di provvisionale).
RIPASSO A BREVE TERMINE
Per fissare le idee sugli argomenti trattati si cerchi di rispondere ai seguenti quesiti:
1) Cosa comporta il principio del contraddittorio? Quali sono le principali
disposizioni codicistiche a tutela di detto principio?
2) Come si articola la procedura in caso di contestazione di fatto diverso, fatto
nuovo, nuove contestazioni di circostanze aggravanti o reato connesso?
3) Cosa si intende per principio di correlazione tra fatto contestato e fatto deciso
in sentenza? In quali casi il giudice pu dare al fatto una qualificazione
giuridica diversa?
4) Cosa si intende per principio di oralit? Quali sono le letture consentite?
5) In quali casi possibile procedere a lettura di atti contenuti nel fascicolo del
p.m.?
6) In quali casi possibile procedere alla lettura delle dichiarazioni dell
imputato di reato connesso?
7) A cosa serve il deposito delle liste testimoniali?
8) In quali casi le parti possono citare come testimoni persone non comprese
nella propria lista?
9) Da quale norma fissato il diritto alla controprova? Cosa comporta tale
principio?
10) E possibile prosciogliere l imputato in pre-dibattimento?
11) Cosa sono le contestazioni nel corso della prova orale? Quale la finalit di
tali contestazioni nell esame testimoniale? E nell esame dell imputato?
12) In quali modi pu essere effettuato il deposito della motivazione? Quando si
intende pubblicata la sentenza?
13) Quali sono i termini per impugnare la sentenza?

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UNITA' DIDATTICA N. 8

LE IMPUGNAZIONI
E IL GIUDICATO PENALE

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Ore di lezione: 6
Ore di studio: 7

LE IMPUGNAZIONI IN GENERALE
Funzione dell' impugnazione e tipologia dei mezzi di impugnazione
Nel nostro ordinamento le impugnazioni svolgono una duplice funzione: 1)
riparare possibili errori della sentenza; 2) controllare l' operato complessivo del
giudice del grado precedente.
A norma dell' art. 648 c.p.p. si considerano sentenze irrevocabili (e dunque
oggettivamente non impugnabili) : 1) le sentenze contro le quali non previsto alcun
ulteriore grado di impugnazione (es. pronunce della Cassazione); 2) le sentenze per
le quali inutilmente decorso il termine (perentorio) per impugnare.
I mezzi di impugnazione si distinguono in :
mezzi devolutivi, quando il controllo affidato a un giudice di grado superiore
(es. appello; ricorso per cassazione), al quale devoluta la cognizione del fatto
che costitu oggetto del grado precedente;
mezzi non devolutivi, quando il controllo affidato a giudici dello stesso grado
del giudice che ha emanato la sentenza impugnata (es. richiesta di riesame,
opposizione a decreto penale di condanna, etc.).
I mezzi di impugnazione hanno generalmente un effetto sospensivo, nel senso
che la loro proposizione (ovviamente nei termini) sospende l' esecuzione della
sentenza impugnata.
sono mezzi ad effetto sospensivo l' appello o il ricorso per cassazione;
sono mezzi non sospensivi il riesame o la revisione.
Sotto un altro punto di vista i mezzi di impugnazione si distinguono in:
mezzi ordinari, quando possono essere proposti contro sentenze non ancora
passate in giudicato (in quanto ancora aperto il termine per impugnare); la loro
proposizione impedisce il passaggio in giudicato della sentenza (appello, ricorso
per cassazione);
-- mezzi straordinari, quando si possono indirizzare contro una sentenza gi
passata in giudicato (es. revisione).
Principio della tassativit delle impugnazioni

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L' art. 568 c.p.p. stabilisce il principio della tassativit delle impugnazioni: la
legge stabilisce i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti a
impugnazione e determina il mezzo con cui possono essere impugnati.
Tale norma deve tuttavia essere combinata con l' art. 111 c.7 Cost., a norma
del quale sono sempre ricorribili per cassazione: 1) tutte le sentenze
(indipendentemente dal contenuto); 2) le ordinanze che si riferiscano alla libert
personale.
Pertanto il principio di tassativit vale solo 1) per i decreti e 2) per le
ordinanze che non dispongono sulla libert personale.
Provvedimenti abnormi
La giurisprudenza ha ammesso il ricorso per cassazione come rimedio
generale contro i c.d. provvedimenti abnormi, ossia quei provvedimenti non
inquadrabili per la loro stravaganza in nessuna delle categorie conosciute (sentenzadecreto-ordinanza). Un tipico esempio sono i provvedimenti del giudice che
obbligano il condannato ad un facere (nessuno pu essere condannato ad un facere).
Principio della conversione dell' impugnazione
L' art. 568 c.5 c.p.p. prevede il c.d. principio di conversione delle
impugnazioni: l'impugnazione ammissibile indipendentemente dalla qualifica ad
essa data dalla parte che l' ha proposta. Dunque se l' impugnante, per errore, d all'
atto di impugnazione il nomen juris di un mezzo non proponibile, (es. chiama
"ricorso" anzich "appello" l' impugnazione contro una sentenza di primo grado), il
mezzo proposto si converte automaticamente nel mezzo che sarebbe stato
proponibile. Con ci la legge mostra di dare maggior rilievo alla sostanza rispetto
alla forma: va, cio, salvaguardata la volont del soggetto di impugnare la
sentenza, indipendentemente dalle espressioni verbali adoperate.
A conferma di tale principio, se l' impugnazione viene proposta dinanzi ad un
giudice incompetente, questi trasmetter gli atti al giudice competente per l'
impugnazione.
Conversione del ricorso in appello
Quando contro la stessa sentenza emanata in primo grado sono proposti
contemporaneamente appello e ricorso per cassazione, il ricorso per cassazione si
converte automaticamente in appello. Ci per evitare che sullo stesso
provvedimento si possano pronunciare giudici d' impugnazione diversi (c.d.
principio della unitariet del mezzo d' impugnazione). In particolare, tale
situazione pu verificarsi in caso di:
1) sentenza cumulativa composta di pi capi di condanna (l' imputato era stato
accusato di pi reati). Pu accadere che un capo sia appellabile e un altro solo
ricorribile. In tal caso, se contro un capo stato proposto appello e contro un
altro ricorso per cassazione, il ricorso per cassazione si converte in appello;
2) sentenza cumulativa perch pronunciata contro diversi coimputati. Se per
alcuni imputati proponibile appello, per altri solo ricorso per cassazione (es. in

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quanto condannati a pena patteggiata), il ricorso proposto da questi coimputati si


converte in appello;
3) ricorso per cassazione per saltum presentato da una delle parti. Se una delle
altre parti propone invece appello, il ricorso per saltum si converte in appello
(tranne che entro 15 giorni le parti che hanno proposto appello dichiarano tutte di
rinunciarvi per proporre direttamente ricorso per cassazione).

Interesse ad impugnare
A norma dell' art. 568 c.4, per proporre impugnazione necessario avervi
interesse. L' interesse ad impugnare si ha quando il provvedimento impugnato abbia
arrecato un concreto pregiudizio all' impugnante, il quale chiede la sostituzione del
provvedimento impugnato con uno pi favorevole.
Pertanto, quando ad impugnare una parte privata (imputato, parte civile,
responsabile civile), questa deve avere non un astratto interesse alla esattezza
giuridica della decisione, ma un concreto interesse ad un provvedimento pi
favorevole. Questo spiega perch, ad es., l' imputato non pu proporre appello contro
la sentenza di assoluzione "perch il fatto non sussiste": questa formula assolutoria
la pi vantaggiosa per l' imputato, il quale non potrebbe ottenere una pronuncia pi
favorevole; il suo eventuale appello sarebbe inammissibile per mancanza di interesse
ad impugnare.
Siracusano e Galati si chiedono come deve essere inteso l' interesse ad
impugnare del p.m.. Secondo la prevalente dottrina tale interesse sussiste ogni qual
volta il p.m. ravvisa una decisione ingiusta o giuridicamente inesatta,
indipendentemente dalle conseguenze concrete (favorevoli o sfavorevoli) per l'
imputato. Secondo un' opposta opinione della giurisprudenza, il p.m. avrebbe
interesse ad impugnare solo quando tenda ad ottenere una declaratoria di
responsabilit penale a carico dell' imputato esclusa dal giudice a quo, ovvero un
aggravamento di responsabilit (Cass. 20.10.1986).
Luogo dell' impugnazione
A norma dell' art. 582 c.p.p. l' impugnazione va presentata presso la
cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Il cancelliere
che riceve l' atto rilascia attestazione della ricezione. La cancelleria del giudice
ricevente provvede senza ritardo alla notificazione delle impugnazione al p.m. e alle
altre parti private, quindi trasmette l' atto di impugnazione al giudice competente per
l' impugnazione, unitamente agli atti del procedimento (fascicolo per il dibattimento,
verbali delle udienze, sentenza).
Le parti private e i difensori possono presentare l' atto di impugnazione anche
nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano, se
tale luogo diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento. In tal caso l' atto
viene immediatamente trasmesso alla cancelleria del giudice che ha emesso il
provvedimento impugnato.

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Le parti private e i difensori possono proporre impugnazione anche mediante


telegramma o posta raccomandata. In tali casi l' impugnazione si considera
proposta nella data di spedizione della raccomandata o del telegramma (art. 583
c.p.p.)

Estensione dell' impugnazione


Supponiamo che una sentenza abbia concluso un processo che vedeva come
coimputati diversi soggetti, o nel quale erano costituite diverse parti private. Il
problema che si pone di stabilire se l' impugnazione proposta solo da alcuni dei
coimputati o solo da una delle parti provate possa estendersi anche a quei coimputati
o a quelle parti che non hanno invece proposto alcuna impugnazione.
Il codice Vassalli ha accolto un generale principio della estensione dell'
impugnazione, prevedendo che:
1) in caso di processo con pluralit di imputati che devono rispondere di
concorso di persone nel medesimo reato, l' impugnazione proposta da
uno dei coimputati giova anche agli altri imputati, purch non sia
fondata su motivi esclusivamente personali (quali, ad es., elemento
psicologico, imputabilit, status personali, etc.). Dunque se, ad es., la
sentenza d' appello, riformando al sentenza di condanna di primo grado,
riconosce che il fatto non sussiste, anche gli altri coimputati saranno
dichiarati assolti;
2) in caso di processo con pluralit di imputati che devono rispondere di
reati diversi (a seguito di riunione di procedimenti), l' impugnazione
proposta da un solo coimputato giova a tutti gli altri, purch i motivi
riguardino violazione di legge processuale e non siano esclusivamente
personali;
3) in caso di impugnazione proposta dal solo imputato, l' impugnazione
giova anche al responsabile civile e al civilmente obbligato;
4) infine l' impugnazione proposta dal responsabile civile o dal
civilmente obbligato giova anche all' imputato per quanto riguarda gli
effetti penali, purch l' impugnazione abbia ad oggetto la responsabilit
dell' imputato e non unicamente gli interessi civili.
In questi casi il giudice ordina la citazione dell' imputato o della parte non
appellante, nei cui confronti opera l' estensione dell' impugnazione. Questi potr cos
anche partecipare direttamente al dibattimento (non potr, per, addurre motivi
propri, diversi da quelli prospettati dall' appellante, altrimenti si avrebbe una sorta di
restituzione nel termine).

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L' APPELLO
Giudici d' appello
Sono giudici di secondo grado:
la Corte d' Appello, per le impugnazioni contro le sentenze emesse dal tribunale,
dal g.u.p. (sent. di non luogo a procedere), e dal g.i.p.;
la Corte d' Assise d' Appello, per le impugnazioni contro le sentenze emesse
dalla Corte d'Assise;
il Tribunale in composizione monocratica, per le sentenze emesse dal Giudice
di pace che ha sede nell' ambito del suo circondario.
Effetto parzialmente devolutivo dell' appello
L' appello il mezzo col quale la vicenda gi sottoposta alla cognizione del
giudice di primo grado viene rimessa (cio devoluta) ad un nuovo esame di merito
di un giudice di grado superiore. L' effetto devolutivo non , per, automatico e
totale, in quanto la cognizione del giudice d' appello non si estende automaticamente
a tutte le questioni trattate in primo grado, ma solo a quei "punti della decisione ai
quali si riferiscono i motivi proposti" (art. 597 c.p.p.), secondo il generale
principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato (tantum devolutum,
quantum appellatum).
La cognizione del giudice d' appello , pertanto, parziale, in quanto
circoscritta ai punti della sentenza espressamente appellati.
Pertanto sarebbe inammissibile una richiesta d' appello generica: l' appellante
ha il preciso onere di indicare, nell' atto d' appello da presentare entro i termini, i
motivi dell' impugnazione (e cio gli errori di diritto o di giudizio nei quali
incorso il giudice di primo grado), e soltanto su tali questioni si estender la
cognizione del giudice d' appello.
Il codice ammette che fino a 15 giorni prima dell' apertura del giudizio d'
appello, l' appellante presenti in cancelleria motivi nuovi, in aggiunta a quelli gi
indicati nell' originario atto d' appello (art. 585 c.4 c.p.p.).
Vi sono, tuttavia, determinate questioni che devono ritenersi comprese nella
cognizione del giudice d' appello indipendentemente da un' espressa menzione nei
motivi d' appello. Tale devoluzione ope legis opera per i seguenti aspetti:

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il giudice d' appello estende la sua cognizione a quei punti della decisione che,
ancorch non impugnati, si trovano in stretta connessione logico-giuridica con
punti espressamente impugnati (esigenza di inscindibilit delle diverse
questioni);
la cognizione si estende, inoltre, a tutte le questioni rilevabili d' ufficio in ogni
stato e grado del procedimento (ad es. nullit assolute, difetto di competenza per
materia o di giurisdizione, etc.);
il giudice d' appello pu sempre applicare d' ufficio, anche se non richieste dall'
appellante: 1) circostanze attenuanti; 2) bilanciamento tra attenuanti e aggravanti;
3) sospensione condizionale della pena; 4) beneficio della non menzione nel
casellario giudiziale.
In virt del principio jura novit curia, il giudice d' appello pu, infine, dare al
fatto una qualificazione giuridica diversa (ossia un diverso nomen juris), purch ci
non esorbiti la sua competenza e sempre che la questione era stata espressamente
devoluta in quanto oggetto di apposito motivo d' appello.
Inammissibilit
Il giudice d' appello, una volta ricevuto dal giudice a quo l' atto d'
impugnazione e i verbali del procedimento di primo grado, procede preliminarmente
ad una verifica circa l' astratta ammissibilit dell' appello (in camera di consiglio
ma senza sentire le parti). I casi di inammissibilit sono i seguenti:
difetto di legittimazione ad impugnare o di interesse ad impugnare;
provvedimento oggettivamente non appellabile;
difetto di forma o decorso del termine per proporre appello;
rinuncia preventiva all' appello operata dalla parte impugnante.
L' inammissibilit viene dichiarata con ordinanza (ricorribile per Cassazione)
Sentenze non appellabili
Sono oggettivamente inappellabili le seguenti sentenze di primo grado:
1) sentenze emesse a seguito di patteggiamento;
2) sentenze di proscioglimento emesse in predibattimento ex art. 468 c.p.p.;
3) sentenze di proscioglimento perch il fatto non sussiste o l imputato non lo ha
commesso;
4) sentenze di condanna alla sola pena pecuniaria.

Il divieto di reformatio in pejus


Quando ad appellare solo l' imputato, si applica il principio del divieto di
reformatio in pejus: il giudice non pu aggravargli la posizione da lui gi
conseguita con la sentenza di primo grado. In particolare non pu: 1) condannare l'
imputato se questi era stato assolto in primo grado; 2) irrogare una pena pi grave di
quella gi inflitta dal primo giudice; 3) applicare una misura di sicurezza nuova o pi
grave; 4) prosciogliere con una formula assolutoria meno favorevole; 5) revocare
benefici concessi dal giudice di primo grado.

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Pertanto il giudice d' appello potr o confermare la sentenza impugnata o


riformarla in senso pi favorevole, ferma restando la possibilit di dare al fatto una
qualificazione giuridica diversa.
Presupposto per l' operativit del divieto di reformatio in pejus che
appellante sia unicamente l' imputato: pertanto se il p.m. propone
contemporaneamente appello, anche in via incidentale, il principio non opera pi.

L' appello incidentale


A norma dell' art. 595 c.p.p., la parte che non ha proposto impugnazione
pu proporre appello incidentale entro 15 giorni da quello in cui ha ricevuto
comunicazione o notificazione dell' appello proposto da un' altra parte.
In pratica, se una delle parti propone appello, le altre godono di una sorta di
restituzione nel termine per impugnare (anche se esse si trovassero ormai fuori
termine).
Quando l' appello incidentale proposto dal p.m., l' effetto principale quello
di non fare pi operare il principio del divieto di reformatio in pejus. Tuttavia
l'appello incidentale del p.m. non ha effetto nei confronti del coimputato non
appellante che non ha partecipato al giudizio d' appello: pertanto se, ad es. la
sentenza del giudice d' appello peggiorativa rispetto a quella di primo grado, tale
aggravamento non potr colpire il coimputato che non aveva proposto appello.
Secondo Siracusano-Galati (contro la giurisprudenza dominante), l' appello
incidentale non deve ritenersi necessariamente circoscritto ai capi o ai punti della
sentenza fatti oggetto di appello principale, ma pu riguardare anche questioni
diverse.

Il dibattimento in appello
Il processo d' appello, diversamente da quello di primo grado, normalmente
un processo senza istruzione probatoria, poich si basa su una discussione critica
dei risultati acquisiti in primo grado. Lo sviluppo del dibattimento pertanto il
seguente:
-- trattazione delle questioni preliminari e verifica della costituzione delle parti;
-- relazione introduttiva del Presidente ( o del giudice da lui delegato);
-- possibile lettura (anche disposta d' ufficio) dei verbali del giudizio di primo grado
o degli atti letti in primo grado ex ar. 511 c.p.p.;
-- discussione finale.
Solo eccezionalmente il codice prevede la possibilit di procedere ad una
rinnovazione dell' istruttoria dibattimentale (ossia all' assunzione di prove). Tale
rinnovazione pu avvenire:
1) a seguito di istanza di parte, purch la richiesta sia contenuta nell' atto d'
appello o, al pi tardi, entro il termine per presentare i motivi nuovi. L'
istruzione probatoria pu avere ad oggetto o prove gi assunte in primo
grado, da "riassumere" dinanzi al giudice d' appello (al fine di ottenerne una

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valutazione diversa), o "prove nuove", e cio prove non assunte in primo


grado o comunque vertenti su temi diversi.
Il giudice accoglie la richiesta di rinnovazione solo ove ritenga di non poter
decidere allo stato degli atti. E' per, obbligato ad accoglierla qualora si
tratti di prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado.
2) su iniziativa d' ufficio, quando il giudice d' appello lo ritiene "assolutamente
necessario";
3) su richiesta dell' imputato che sia rimasto contumace in primo grado. In
questo caso il giudice obbligato a concederla.
L Appello in camera di consiglio (art. 599 c.p.p.)
In alcuni casi il giudizio d Appello non si svolge in forma di pubblico dibattimento,
bens in camera di consiglio. Ci avviene nelle ipotesi previste dall art. 599 c.p.p., e
precisamente:
1) quando l appello ha ad oggetto solo la specie o la misura della pena ;
2) quando ha ad oggetto solo l applicazione di circostanze attenuanti;
3) quando ha ad oggetto solo l applicazione della sospensione condizionale
della pena, del beneficio della non menzione nel casellario giudiziale o di
sanzioni sostitutive;
4) nel caso di c.d. patteggiamento in appello, cio quando le parti appellanti
rinunciano reciprocamente a determinati motivi d appello ex art. 589.

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IL RICORSO PER CASSAZIONE

CARATTERISTICHE GENERALI
Il ricorso per Cassazione un mezzo di impugnazione ordinario, sospensivo e di sola
legittimit.
Il giudizio affidato alla Corte di Cassazione definito di legittimit (o di
diritto), in quanto la Corte pu solo accertare se nei gradi precedenti di giudizio
(gradi di merito) sono stati commessi errori giuridici. Il sindacato della Cassazione
pu vertere, quindi, solo sulla mancata o errata applicazione di norme giuridiche
sostanziali (errores in judicando) o processuali (errores in procedendo), ovvero sulla
corretta interpretazione giuridica delle stesse norme, mentre non pu spingersi fino
alla ricostruzione del fatto storico, che resta ormai intangibile per come accertato dai
giudici di merito.
Un altro importante compito della Cassazione consiste nell assicurare l
esatta osservanza e l uniforme interpretazione della legge, in modo da garantire l
unit del diritto nazionale (c.d. funzione di nomofilacha). Infatti le sentenze della
Cassazione costituiscono dei precedenti giurisprudenziali che, seppur non vincolanti
per i successivi giudizi, esprimono il punto di vista pi autorevole in quanto
provenienti dal supremo organo della magistratura.

DIVIETO DEL NOVUM IN CASSAZIONE


Non possibile prospettare per la prima volta in sede di ricorso per
Cassazione questioni giuridiche che non siano gi state eccepite nella fasi di merito.
Pertanto non possibile ricorrere per cassazione contro punti della sentenza che non
erano stati investiti da tempestiva doglianza nello stesso giudizio di primo grado o
dedotti come motivi d' appello (a meno che non si tratti di questioni rilevabili anche
d' ufficio in ogni stato e grado del procedimento).

LEGITTIMAZIONE OGGETTIVA E SOGGETTIVA

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Il ricorso per cassazione pu essere proposto: 1) contro le sentenze emesse in grado


d appello; 2) contro le sentenze inappellabili (es. sentenze patteggiate); 3) contro le
ordinanze; 4) contro le sentenze emesse in primo grado quando si ricorre per saltum.
Legittimati a proporre ricorso per cassazione sono: 1) l imputato, la parte civile, il
responsabile civile, il civilmente obbligato; 2) il p.m. che ha presentato le
conclusioni nel giudizio di merito; 3) il procuratore generale presso la corte d
appello contro ogni sentenza pronunciata in appello; 4) il procuratore della
repubblica presso il tribunale contro ogni sentenza inappellabile pronunciata dal
tribunale, dalla corte d assise o dal g.i.p..
MOTIVI DI RICORSO (art. 606 c.p.p.)
Il ricorso per cassazione , inoltre, considerato un rimedio a critica vincolata (o a
devoluzione circoscritta), nel senso che mentre con l' appello si pu devolvere al
giudice l' intera cognizione che gi fu oggetto del giudizio di primo grado, per ci
che riguarda ogni questione, col ricorso per cassazione si possono far valere solo
determinati e tassativi vizi.
L art. 606 indica tassativamente quali sono i casi di ricorso per cassazione:
a) ECCESSO DI POTERE: si ha in caso di esercizio da parte del giudice di una
potest riservata ad organi legislativi o amministrativi, ovvero non consentita
ai pubblici poteri;
b) INOSSERVANZA DELLA LEGGE PENALE: si ha in caso di mancata osservanza
o erronea applicazione della legge penale o di altre norme non penali di cui
si deve tener conto per l applicazione della legge penale (es. norme di diritto
privato che integrano il contenuto del precetto penale);
c) INOSERVANZA DELLA LEGGE PROCESSUALE: deve trattarsi di norme
processuali stabilite a pena di nullit, inutilizzabilit, inammissibilit o di
decadenza;
d) MANCATA ASSUNZIONE DI PROVA DECISIVA, intendendo per prova decisiva
quella che era stata chiesta ai sensi dell art. 495 c. 2 (cio quando la parte
esercita il diritto alla controprova)
e) MANCANZA O MANIFESTA ILLOGICITA DELLA MOTIVAZIONE: deve
trattarsi di una effettiva omissione della motivazione, e non di una mera
insufficienza di motivazione. L omissione costituita o dalla totale mancanza
delle ragioni della decisione, o dalla mancanza di singoli elementi esplicativi.
Per ci che riguarda l illogicit, occorre che tale illogicit sia manifesta, nel
senso che dalla lettura della motivazione deve risultare una palese
contraddizione tra i vari elementi di essa. E necessario, inoltre, che l
illogicit risulti dal testo della sentenza: ci perch il controllo di logicit
deve rimanere all interno del provvedimento impugnato, senza necessit di
riscontro con altri atti del processo.
Gli Autori osservano che laddove la motivazione si riferisca a prove inesistenti agli
atti, il vizio da rilevare non dovrebbe essere quello di motivazione illogica (lett. e),
bens quello di inosservanza di norme processuali (lett. c), in quanto stato violato l
art. 526 c.p.p. che impone al giudice di indicare nella motivazione le prove poste a
base della decisione.

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Ai descritti motivi di ricorso, si aggiunge poi il caso del ricorso contro provvedimenti
abnormi
PROCEDIMENTO
Le parti presentano il ricorso nella cancelleria della Corte di cassazione entro i
termini previsti in generale per le impugnazioni. Le parti private possono presentare
il ricorso o personalmente o tramite ricorso sottoscritto da un difensore iscritto in
appositi albi professionali.
Il Presidente della Cassazione assegna il ricorso ad una delle 6 sezioni della
Corte, oppure alle Sezioni Unite (per questioni di particolare rilevanza o sulle quali
sono sorti contrasti tra le singole sezioni).
Alle parti viene dato avviso dell udienza almeno 30 giorni prima. Il
dibattimento si svolge in pubblica udienza, ma non ammessa la comparizione
personale delle parti private, che stanno in giudizio solo attraverso i difensori. Non
necessario, peraltro, l intervento dei difensori ( sufficiente anche un contraddittorio
scritto). In cassazione non prevista alcuna istruzione probatoria, ma solo una
relazione del presidente e una discussione finale delle parti.

PROCEDIMENTO IN CAMERA DI CONSIGLIO


In taluni casi il ricorso non trattato in dibattimento, ma si svolge interamente in
camera di consiglio. Ci avviene:
1) per ogni ricorso contro provvedimenti non emessi in dibattimento (es.
ricorso contro una sentenza di non luogo a procedere o contro una sentenza di
appello emessa in camera di consiglio), fatta eccezione delle sentenze emesse
in giudizio abbreviato;
2) quando la corte si pronuncia sulla inammissibilit del ricorso.

TIPI DI SENTENZA
Ad esito del giudizio, la Corte pu emettere una sentenza di 1) inammissibilit; 2)
rettificazione; 3) rigetto; 4) annullamento senza rinvio; 5) annullamento con rinvio.
INAMMISSIBILITA:

La Corte pronuncia (in camera di consiglio) l inammissibilit


del ricorso in caso di:
-- ricorso presentato per motivi non previsti dall art. 606 c.p.p.
-- ricorso basato su questioni giuridiche non dedotte nei motivi d appello (divieto di
novum)
-- ricorso basato su motivi manifestamente infondati (cio che appaiono palesemente
pretestuosi)
-- ricorso presentato fuori termine o in difetto di requisiti essenziali.

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In caso di inammissibilit, la parte privata pu essere condannata a pagare una


somma fino a Lire 4 milioni in favore della cassa delle ammende.
RIGETTO:

si ha quando la Corte, a seguito del controllo di legittimit, non accoglie i


motivi di ricorso, pur non ritenendoli manifestamente infondati. Viene quindi
confermata la sentenza impugnata, in quanto esente da vizi.
RETTIFICAZIONE:

si ha quando la Corte rileva, all interno della sentenza


impugnata, una erronea indicazione 1) di un testo o di un articolo di legge ; 2) della
denominazione del tipo di sanzione (es. multa anzich ammenda; reclusione anzich
arresto); 3) del computo aritmetico della pena.
In ogni caso necessario che questi errori non abbiano avuto alcuna influenza
decisiva sul dispositivo della sentenza. La Corte provvede alla specificazione degli
errori e procede alle rettificazioni occorrenti.
ANNULLAMENTO SENZA RINVIO:

la Corte accoglie il ricorso, e pertanto annulla la


sentenza impugnata, esaurendo definitivamente la vicenda processuale. Ci si
verifica nei seguenti casi:
a) fatto non previsto dalla legge come reato;
b) reato estinto o improcedibile;
c) reato che esula dalla giurisdizione del giudice ordinario;
d) provvedimento non consentito dalla legge (provvedimento abnorme);
e) condanna pronunciata per errore di persona (errore sull identit fisica dell
imputato);
f) sentenza di primo grado inappellabile, erroneamente appellata (in questo caso
la Corte, dopo aver annullato senza rinvio la sentenza d appello, provveder
al relativo giudizio);
g) in ogni altro caso in cui la Corte ritiene superfluo il rinvio in quanto pu
pervenire alla decisione corretta senza che occorra un nuovo giudizio di
merito (es. quando ritiene in diritto insussistente una circostanza, o che il
fatto non sussiste, o che sussiste la continuazione, etc.)

ANNULLAMENTO CON RINVIO:

la Corte annulla la sentenza impugnata, ma non pu


esaurire da sola la vicenda giudiziaria. I limiti imposti alla sua cognizione, infatti,
non consentono indagini sul fatto. Pertanto, tutte le volte che occorre effettuare nuovi
accertamenti sul fatto, si pone come indispensabile il rinvio del processo ad un
giudice di merito.
L attivit della Corte si fermer, quindi, alla fase rescindente, e cio all
annullamento della sentenza impugnata; ad un altro giudice (c.d. giudice di rinvio)
sar invece affidata la fase rescissoria, cio l attivit diretta ad una nuova pronuncia
che si sostituir a quella annullata.

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Se, ad esempio, il ricorso era fondato sul vizio di mancata assunzione di prova
decisiva, la Corte, qualora ritiene fondato il motivo, annulla la sentenza (del giudice
che non ha assunto la prova) e rimette le parti al giudice di rinvio affinch questi
proceda all assunzione della prova (che non pu essere assunta dalla Cassazione).

IL GIUDIZIO DI RINVIO
Il giudice competente per il giudizio di rinvio viene cos individuato:
1) in caso di annullamento di un ordinanza, lo stesso giudice che ha emesso l
ordinanza;
2) in caso di annullamento di sentenza emessa dal Tribunale, Corte d Appello,
Corte d Assise e Corte d Assise d Appello, una sezione diversa dello
stesso Tribunale o della stessa Corte;
3) in caso di annullamento di una sentenza del g.i.p., lo stesso tribunale cui
appartiene l ufficio del g.i.p., ma il giudice dovr essere sostituito.
Il giudice di rinvio viene quindi a sostituirsi a quello che aveva emesso il
provvedimento annullato. Vi sono tuttavia dei limiti ai suoi poteri:
-- anzitutto nel giudizio di rinvio non ammessa alcuna questione sulla competenza
che la Corte stessa ha attribuito con la sua sentenza. La sentenza della Cassazione
pertanto attributiva della competenza in modo vincolante;
-- il giudice di rinvio deve uniformarsi alla decisione della Cassazione per ci che
riguarda ogni questione di diritto da essa decisa. Solo sulle questioni di fatto il
giudice di rinvio ha piena autonomia di indagine e di valutazione dei dati probatori
acquisiti.
-- nel giudizio di rinvio non possono pi essere rilevate nullit verificatesi nei gradi
precedenti o nelle indagini preliminari. Infatti la sentenza della Cassazione opera
come sanatoria di tutte le nullit, anche assolute, verificatesi fino a quel momento;
-- secondo la giurisprudenza, anche al giudizio di rinvio si applica il divieto di
reformatio in pejus quando l appello era stato proposto dal solo imputato;
-- in caso di annullamento parziale (cio solo di alcuni capi o punti della sentenza),
la sentenza del giudice di rinvio si deve integrare e armonizzare con quella parte
della sentenza che non stata annullata. Pertanto la cognizione del giudice di rinvio
non limitata alle parti della sentenza espressamente annullate, ma si estende anche
a quelle parti che, sebbene non annullate, si trovino in connessione essenziale con le
prime.
La sentenza conclusiva del giudizio di rinvio pu essere a sua volta impugnata: 1)
con ricorso per Cassazione, se il giudice del rinvio un giudice d Appello; 2) col
mezzo previsto dalla legge se il giudizio di rinvio si svolge dinanzi ad un giudice di
primo grado.
In ogni caso l impugnazione deve essere fondata su motivi che riguardano punti
diversi da quelli gi decisi dalla Cassazione con la sentenza di annullamento.

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IL GIUDICATO PENALE
Concetto di giudicato
L' art. 648 c.p.p. stabilisce che la sentenza diviene irrevocabile (passa in
giudicato):
o quando contro il provvedimento non consentito proporre appello o ricorso per
cassazione, in quanto si sono esauriti i gradi di impugnazione ordinaria
(ferma restando la possibilit della revisione);
o quando la sentenza appellabile o ricorribile ma sono inutilmente decorsi i
termini per impugnare .
In pratica si ha una impossibilit giuridica di sottoporre il contenuto del
provvedimento ad un nuovo giudizio da parte di un nuovo giudice.
Ma cosa comporta, sul piano degli effetti giuridici, il passaggio in giudicato ( o l'
irrevocabilit) della sentenza? Anzitutto l' irrevocabilit comporta l' acquisto di
forza esecutiva, ossia la possibilit che venga data esecuzione al contenuto del
dispositivo (es. dovr essere eseguita la carcerazione del condannato): a norma dell'
art. 650 c.p.p., infatti, "le sentenze penali hanno forza esecutiva quando sono
divenute irrevocabili". Ci significa che, finch non si verifica l' irrevocabilit, l'
esecuzione della pena resta sospesa.
Inoltre, il passaggio in giudicato della sentenza comporta l' estinzione del
potere del giudice di decidere su un oggetto gi deciso. Per alcuni autori (Allorio) l'
essenza del giudicato consisterebbe proprio nel determinare una sorta di difetto di
giurisdizione che vieta a qualsiasi giudice di prendere cognizione di un caso ormai
definitivamente accertato. La ratio di tale divieto risiede nell' esigenza di assicurare,
ad un determinato momento, certezza e stabilit delle situazioni giuridiche, nell'
interesse sia della collettivit (che ritrova pace sociale) sia dell' individuo (che
riacquista la sicurezza dei suoi diritti di libert).
Si suole distinguere una nozione formale e una sostanziale di giudicato:
il giudicato in senso formale indica la immutabilit e definitivit della
decisione, e il venir meno del potere di qualsiasi giudice di pronunciarsi sul
medesimo oggetto (incontrovertibilit);
il giudicato in senso sostanziale indica la vincolativit della decisione, in
quanto le statuizioni del provvedimento acquistano forza di norma imperativa per
i soggetti che devono osservarla, al pari di una legge. In gergo tecnico si dice che
la sentenza "fa stato" tra le parti, poich quanto da essa stabilito e accertato si

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pone come norma vincolante sia per le parti che, per altri giudici (civili o
amministrativi).
Occorre chiarire che il giudicato si forma solo sul dispositivo della sentenza,
cio sulla parte che racchiude le statuizioni finali in forma imperativa, e non sulla
motivazione, poich questa assolve alla funzione meramente strumentale di
"interpretare" il dispositivo stesso.

Funzione negativa del giudicato: principio del ne bis in idem


A norma dell' art. 649 c.p.p., l' imputato prosciolto o condannato con
sentenza divenuta irrevocabile non pu essere di nuovo sottoposto a
procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente
considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze.
Secondo Siracusano- Galati il divieto di bis in idem non si riferisce a sentenze
esclusivamente di merito, ma opera anche nei confronti di quelle meramente
processuali. Pertanto, qualora venisse dichiarata in sentenza la improseguilit dell'
azione penale, non potrebbe essere avviato un nuovo processo contro la stessa
persona e per il medesimo fatto.
Il presupposto di natura soggettiva per l' operativit del divieto di bis in idem
dato dall' identit tra la persona gi sottoposta al processo conclusosi con la
sentenza divenuta irrevocabile e quella che si pretenderebbe di sottoporre ad un
nuovo processo. Il presupposto di natura oggettiva dato dall' identit tra il fatto su
cui ha deciso la sentenza divenuta irrevocabile ed il fatto per il quale si vorrebbe
instaurare il nuovo processo. Ai fini di stabilire la identit o la diversit del fatto
assolutamente irrilevante il nomen juris prescelto dal giudice: il fatto emerge
unicamente nella sua realt storica, cio nella sua configurazione naturalistica (tipo
di condotta, di evento realizzato, etc.).
L' onere di provare l' esistenza di un giudicato sullo stesso fatto (attraverso la
produzione della sentenza relativa al precedente giudizio) non spetta all' imputato: al
contrario preciso dovere del giudice stabilire se esistano ostacoli al processo, e
dunque l' inammissibilit del secondo giudizio pu essere dichiarata anche d'
ufficio "in ogni stato e grado del processo successivamente instaurato" (art. 649 c.2
c.p.p.).
Funzione positiva del giudicato: vincolo nei processi civili o amministrativi
Il giudicato penale comporta, inoltre l' obbligo per gli altri giudici di
riconoscere l' esistenza del giudicato in tutte le pronunzie sopra domande che
presuppongono il giudicato stesso (Chiovenda). L' esigenza quella di evitare
possibili contraddizioni nell' attivit di giudici penale e di giudici civili.
In generale l' ordinamento mostra di dare prevalenza alla decisione penale in
quanto sorretta da un accertamento pi rigoroso e quindi pi attendibile che non
quello civile, anche se il codice Vassalli, rispetto al codice Rocco, riduce alquanto l'
area di efficacia del giudicato penale nei procedimenti civili o amministrativi.

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A norma dell' art. 651 c.p.p. "la sentenza penale irrevocabile di condanna
ha efficacia di giudicato quanto all' accertamento della sussistenza del fatto e che l'
imputato lo ha commesso nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni o il
risarcimento del danno promosso nei confronti dell' imputato". Ci significa che il
giudice civile (al quale il danneggiato non costituitosi parte civile si rivolge per
ottenere il risarcimento) non dovr pi accertare il fatto storico che ha dato luogo al
danno, poich sar sufficiente acquisire la sentenza penale irrevocabile di condanna
come elemento idoneo a ricostruire in modo incontrovertibile il fatto, ferma restando
l' autonomia del giudice civile per tutti gli aspetti tecnici relativi alla quantificazione
del danno (es. interessi di mora, rivalutazione monetaria, etc.) .
Le sentenze ritenute idonee a vincolare il giudice civile o amministrativo sono
solo quelle pronunciate in dibattimento o a seguito di giudizio abbreviato, mentre
sono prive di efficacia vincolante le sentenze emesse a seguito di patteggiamento e i
decreti penali di condanna.
A norma dell' art. 652 c.p.p. anche "la sentenza penale irrevocabile di
assoluzione ha efficacia di giudicato, quanto all' accertamento che il fatto non
sussiste o che l' imputato non lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo
per le restituzioni o il risarcimento promosso dal danneggiato che si sia costituito".
Il danneggiato, pertanto, subisce il vincolo del giudicato a condizione che si
sia costituito parte civile nel processo penale, o in quanto sia stato posto in
condizione di costituirsi e non l' abbia fatto.
Questioni pregiudiziali
Sempre in tema di rapporti tra giudizio penale e giudizio civile o
amministrativo, l' art. 3 c.p.p. dispone che il giudice penale, quando la decisione
dipende dalla risoluzione di una questione sullo stato di famiglia o di cittadinanza
(si pensi ad un processo per bigamia, incesto, etc.), qualora la questione "seria" e
sia pendente un processo civile sulla stessa questione, pu sospendere il processo
fino al passaggio in giudicato della sentenza civile che definisce la questione. Tale
sentenza avr efficacia di giudicato nel procedimento penale, che riprender il suo
corso una volta concluso il processo civile.
L' art. 479 c.p.p. dispone inoltre che, qualora la decisione del procedimento
penale dipenda dalla risoluzione di una controversia civile o amministrativa di
particolare complessit, per la quale sia gi in corso un procedimento presso il
giudice competente (civile o amministrativo), il giudice, se la legge non pone
particolari limitazioni alla prova, pu disporre la sospensione del dibattimento,
fino a che la questione non sia stata decisa con sentenza passata in giudicato.
La sospensione disposta con ordinanza, contro la quale pu essere proposto
ricorso per cassazione. Il ricorso non ha effetto sospensivo.
Qualora il giudizio civile o amministrativo non si sia concluso nel termine di un
anno, il giudice, anche di ufficio, pu revocare lordinanza di sospensione.
Qui, a differenza dell' ipotesi precedente, la sentenza civile o amministrativa
non ha efficacia di giudicato nel processo penale, ma potr servire come semplice
orientamento al giudice penale.

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1

RIPASSO A BREVE TERMINE


Per fissare le idee sugli argomenti trattati si cerchi di rispondere ai seguenti quesiti:
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
8)
9)

Cosa si intende per mezzi ordinari e mezzi straordinari di impugnazione?


Qual il regime di impugnabilit del provvedimento abnorme?
Cosa comporta il principio della conversione del ricorso in appello?
In quale luogo si presenta l atto di impugnazione?
Cosa stabilisce il principio della estensibilit dell impugnazione?
Quali sono i provvedimenti oggettivamente non appellabili?
Cosa si intende per effetto parzialmente devolutivo dell appello?
In grado di appello si avr sempre una fase di istruzione probatoria?
Entro quale termine dovr essere proposta la domanda di rinnovazione dell
istruzione dibattimentale in appello?
10) Cosa stabilisce il principio di divieto di reformatio in peius in appello?
11) Perch il ricorso per Cassazione definito un rimedio a critica vincolata?
12) Quali sono i motivi di ricorso per Cassazione?
13) Quali caratteristiche deve presentare il vizio di illogicit della motivazione?
14) Cos la rettificazione?
15) In quali casi la Corte annulla senza rinvio? In quali annulla con rinvio?
16) Quali sono i poteri del giudice del rinvio?
17) Come si individua il giudice del rinvio competente?
18) La sentenza emessa dal giudice del rinvio a sua volta impugnabile?

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FASE DI RIELABORAZIONE ATTIVA

Il candidato dovr provare a suddividere l intero programma di


ripetizione in 5 blocchi di argomenti, per rispettivi 5 incontri di verifica
con il tutor, seguendo tale ripartizione:

Verifica n. 1: Soggetti; Atti (Unit Didattiche nn. 1 e 2)


Verifica n. 2: Prove; Misure cautelari (Unit Didattiche nn. 3 e 4)
Verifica n. 3: Indagini preliminari; Chiusura delle indagini (U.D. 5 e 6)
Verifica n. 4: Dibattimento; Impugnazioni; (U.D. 7 e 8)
Verifica n. 5: Procedimenti speciali (dispensa separata)

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PRE- ESAME

Il candidato, esaurita la fase di rielaborazione attiva, sar invitato a


sostenere una simulazione di esame, nel corso della quale dovr essere in
grado di rispondere in modo analitico ai seguenti quesiti, elencati senza
pi rispettare l ordine di argomento:

1) Di quali interessi portatore l ente esponenziale? Quali condizioni devono


sussistere per poter intervenire in un processo penale?
2) Il pubblico ministero pu svolgere accertamenti a favore della persona
indagata?
3) Qual il regime di impugnabilit del provvedimento abnorme?
4) Cosa si intende per imputato contumace? Quali sono i principali diritti del
contumace?
5) L assenza volontaria dell imputato in che cosa si distingue dalla contumacia?
6) Quali sono le principali prerogative della persona offesa dal reato?

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7) Quale atto determina l avvio del procedimento penale? Quale ne segna la


fine?
8) Qual il regime della segretezza degli atti processuali?
9) Da quali norme costituzionali si ricava il principio di imparzialit del giudice?
10) Quali sono le cause che determinano connessione di procedimenti?
11) Entro quali termini si rileva, rispettivamente, il difetto di competenza per
materia, per territorio e per connessione?
12) Quali sono i casi in cui non opera la connessione?
13) Quali sono i principi costituzionali richiamabili in materia di misure cautelari
personali?
14) Quali sono le principali misure cautelari personali?
15) Che differenza c tra sequestro preventivo e sequestro conservativo?
16) Cosa prevede l istituto della restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p.?
17) Perch la nullit degli atti processuali , in realt, una forma di annullabilit?
18) Cosa si intende per principio della tassativit delle nullit?
19) Su cosa si basa la distinzione nullit generali/nullit speciali? Quali sono le
nullit generali?
20) Quando si verificano le sanatorie generali delle nullit ex art. 183 c.p.p.?
21) Cosa si intende per fumus commissi delicti?
22) Quali sono le esigenze cautelari previste come pericola libertatis dall art. 274
c.p.p.?
23) La l. 332/1995 in che modo ha limitato l individuazione del pericolo di
inquinamento probatorio?

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24) Cosa stabiliscono i principio di adeguatezza e proporzionalit nell


applicazione delle misure cautelari?
25) In quali situazioni fatto divieto di applicare la custodia cautelare in carcere?
26) Cosa si intende per interrogatorio di garanzia ? entro quale termine deve
procedersi a tale interrogatorio?
27) Nel corso dell udienza preliminare il GUP pu ordinare al p.m. di effettuare
nuove indagini a favore del reo?
28) Quando si formano i due fascicoli? Quali atti contengono?
29) Cosa si intende per conflitti in casi analoghi?
30) In quale momento del processo si pu costituire la parte civile? E attraverso
quali formalit?
31) Cosa comporta il principio del contraddittorio? Quali sono le principali
disposizioni codicistiche a tutela di detto principio?
32) Come si articola la procedura in caso di contestazione di fatto diverso, fatto
nuovo, nuove contestazioni di circostanze aggravanti o reato connesso?
33) Cosa si intende per principio di correlazione tra fatto contestato e fatto deciso
in sentenza? In quali casi il giudice pu dare al fatto una qualificazione giuridica
diversa?
34) Cosa si intende per principio di oralit? Quali sono le letture consentite?
35) In quali casi possibile procedere a lettura di atti contenuti nel fascicolo del
p.m.?
36) Per quali reati non possibile applicare misure cautelari?
37) Come si articola la procedura in caso di richiesta di revoca della misura
cautelare?
38) Quali sonio i mezzi di impugnazione contro i provvedimenti cautelari?
39) Come si individua il tribunale del riesame competente?
Quali sono i termini per emettere la decisione da parte del tribunale del riesame
in caso di richiesta di riesame? E in caso di richiesta di appello?
40) Su cosa si basa la distinzione nullit assolute/intermedie/relative? Quali sono
le nullit assolute? Quali le intermedie?

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41) Cosa comporta il principio della conversione del ricorso in appello?


In quale luogo si presenta l atto di impugnazione?
42) Cosa stabilisce il principio della estensione dell impugnazione?
43) Quali sono i provvedimenti oggettivamente non appellabili?
44) Cosa si intende per effetto parzialmente devolutivo dell appello?
45) In grado di appello si avr sempre una fase di istruzione probatoria?
46) Entro quale termine dovr essere proposta la domanda di rinnovazione dell
istruzione dibattimentale in appello?
47) In quali casi non possibile dedurre le nullit ex art. 182 c.p.?
48) Quando si propone il ricorso per Cassazione per saltum per impugnare
provvedimenti cautelari?
49) Quali sono i soggetti cui fatto divieto assoluto di testimoniare? Quali hanno
facolt di non testimoniare?
50) In quali casi possibile procedere ad intercettazioni telefoniche e ambientali?
51) Cosa si intende per prova documentale? In quali casi non pu essere
assunta?
52) Che differenza c tra notizie di reato qualificate e notizie non qualificate?
53) In quali casi il p.m. opera un semplice aggiornamento della notizia, ed in
quali invece deve procedere anuova iscrizione?
54) In quali casi il pubblico ufficiale obbligato a trasmettere la notizia di reato?
55) Entro quanto tempo la polizia giudiziaria obbligata a trasmettere al p.m. la
informativa di p.g.? Tale informativa pu avere ad oggetto reati procedibili a
querela?
56) Come si articola la procedura dell arresto in flagranza?
57) Quali sono i presupposti del fermo di indiziato di reato?

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58) Quali sono gli atti di indagine del p.m. al quale il difensore dell imputato ha
diritto di assistere?
59) Cosa si intende per incidente probatorio? In quali casi tassativi possibile
avanzare richiesta di incidente probatorio?
60) Quale il regime di utilizzabilit degli atti assunti ad incidente probatorio?
61) Perch il ricorso per Cassazione definito un rimedio a critica vincolata?
62) Quali sono i motivi di ricorso per Cassazione?
63) Quali caratteristiche deve presentare il vizio di illogicit della motivazione?
64) Cos la sentenza di rettificazione?
65) In quali casi la Corte annulla senza rinvio? In quali annulla con rinvio?
66) In quale fascicolo vanno a confluire i risultati delle investigazioni difensive?
67) Qual il regime di utilizzabilit degli atti assunti dal difensore in sede di
investigazioni difensive?
68) Quali sono i termini ordinari di durata delle indagini? Per quali motivi il p.m.
pu chiedere una proroga di detti termini?
69) Qunati tipi di archiviazione esistono? In che modo provvede il GIP qualora
non ritiene di accogliere la richiesta di archiviazione?
70) Da quale legge stato introdotto l avviso di conclusione delle indagini ex
art. 415 bis? Qual il contenuto di detto avviso?
71) Il p.m. obbligato durante le indagini a interrogare l indagato?
72) Cosa stabilisce il principio di divieto di reformatio in peius in appello?
73) Cosa si intende per discovery processuale? In quale momento del processo si
verifica?
74) Cosa si intende per diritto alla prova e quali sono le prove che il giudice
pu rifiutare di assumere?
75) Qual la disciplina della prova atipica?

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76) Cosa si intende per prova indiziaria o indiretta? Cosa prescrive in proposito l
art. 192 c. 2?
77) Quali sono i poteri del giudice del rinvio?
78) Come si individua il giudice del rinvio competente?
79) Cosa sono le condizioni di procedibilit? In mancanza di condizione di
procedibilit non possibile compiere alcun atto di indagine?
80) Come si pu definire la querela? Quali sono gli atti impeditivi e gli atti
estintivi della querela?
81) Qual la definizione codicistica di stato di flagranza? Per quali reati
possibile procedere ad arresto in flagranza?
82) La sentenza emessa dal giudice del rinvio a sua volta impugnabile?
83) Il giudice pu assumere prove ex officio? Quali sono i principali casi?
84) Quali sono le diverse interpretazioni fornite dalla dottrina e dalla
giurprudenza con riferimento all art. 507 c.p.p.?
85) Cosa si intende per testimonianza indiretta o de relato? Gli ufficiali ed agenti
di polizia giudiziaria possono rendere testimonianza de relato?
86) In quali casi possibile procedere alla lettura delle dichiarazioni dell
imputato di reato connesso?
87) A cosa serve il deposito delle liste testimoniali?
88) In quali casi le parti possono citare come testimoni persone non comprese
nella propria lista?
89) Da quale norma fissato il diritto alla controprova? Cosa comporta tale
principio?
90) Cosa sono le questioni pregiudiziali?
91) Cosa sono le questioni preliminari?
92) Perch la revisione un rimedio straordinario?
93) Quali sono i casi che legittimano la domanda di revisione?

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94) Come si individua il giudice competente a decidere sulla revisione?


95) E possibile prosciogliere l imputato in pre-dibattimento?
96) Cosa sono le contestazioni nel corso della prova orale? Quale la finalit di
tali contestazioni nell esame testimoniale? E nell esame dell imputato?
97) In quali modi pu essere effettuato il deposito della motivazione? Quando si
intende pubblicata la sentenza?
98) Quali sono i termini per impugnare la sentenza?
99) Cosa si intende per mezzi ordinari e mezzi straordinari di impugnazione?
100) A cosa serve l udienza preliminare? Si celebra necessariamente in tutti i
processi?
101) Quali sono le principali modifiche apportate dalla legge Carotti all udienza
preliminare?
102) La persona offesa pu opporsi alla richiesta di archiviazione?
103) Cosa si intende per obbligatoriet ed irretrattabilit dell azione penale?

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