Professional Documents
Culture Documents
RIPROGETTARE
I TERRITORI
DELLURBANIZZAZIONE
DIFFUSA
a cura di
Anna Marson
QUODLIBET
progetto grafico
Franco Nicole Scitte
impaginazione
Emilio Antinori
stampa
Bieffe s.p.a., Recanati
INDICE
7
10
12
Anna Marson
16
22
36
39
41
45
48
54
56
98
99
100
102
106
113
118
122
125
138
140
146
162
Nadia Breda
62
72
75
77
88
92
94
Esercizi di riprogettazione
Antonino Marguccio
198
Riferimenti bibliografici
IL GRANDE VIVENTE
NELLA CITT DIFFUSA
Nadia Breda
Una delle contestazioni principali che viene mossa al modello della periferia diffusa la distruzione della natura e del
paesaggio che essa comporta in forme parossistiche e non
proporzionate alla crescita demografica (Settis 2010). Da vari
anni cerco di descrivere, utilizzando gli strumenti metodologici della mia disciplina lantropologia , la vita e lesperienza nella periferia diffusa del Nordest (Breda 2001; 2010; 2011)
in particolare focalizzandomi sulle relazioni uomo/ambiente
che le acquisizioni teoriche recenti (Ingold, Palsson 2013; Descola 2005) mostrano essere strettamente interdipendenti in
un collettivo (un insieme di umani e non umani che tessono
insieme la realt del mondo). Oggi lantropologia sta producendo riflessioni molto importanti per definire cosa siano la
cultura e la socialit e come esse siano in rapporto con gli altri elementi non-umani (la cosiddetta natura). Tim Ingold e
Gisli Palsson (2013) hanno recentemente proposto il concetto
di biosocial becoming con il quale intendono definire cosa si
debba intendere per cultura, societ, biologico. Essi mostrano come i due elementi, che fino a poco tempo fa avremmo
chiamato la natura e la cultura, debbano essere concepiti in
maniera nuova e in modo nuovo anche il loro rapporto. Ingold
e Palsson spiegano che lessere umano non unentit discreta e separata ma un ecosistema; non preformato da
programmi cognitivi o genetici o psicologici; non esiste uno
sfondo (la natura) sopra il quale verr calata la struttura culturale e la tradizione, gli insegnamenti per integrarsi nella
societ, uno sfondo sul quale adagiarsi (lambiente). Non si
deve pi pensare a quellhomo duplex, individuo bio-psicologico e persona socio-culturale, che lOccidente ha sempre
pensato.
Lessere umano un locus of growth entro un campo di relazioni, lambiente non il fondale della nostra vita ma un ambiente di interpenetrazione, un groviglio di lifelines entro il
quale avviene il movimento, come un ago che va su e gi. Una
infestazione di movimenti.
Bisogna passare dal considerare non tanto il beings quanto il
becoming, non tanto luomo che (is) quanto luomo che fa
(doing), posto in una traiettoria di movimento e di crescita che
la sua stessa vita (ivi, 72). Una life in progress e un work in
57
58
59
60
cipes directeurs sappliquant dans le traitement des deux domaines (Descola 2001)3.
Che ne dunque dellalbero nella periferia diffusa?
Laura Rival vedrebbe in Veneto unalberofobia diffusa, una
paura/fastidio dellalbero, un disprezzo per lalbero, una alberofobia come cultura della periferia diffusa.
Essa perdura da molti anni. Lo dice bene un articolo che ricorda come ventanni fa a Milano fosse nato un gruppo di professionisti (GAM, Gruppo Alberi Milano) che propose di studiare
la possibilit di una vasta piantumazione in strade, viali, piazze e altri spazi pubblici o di uso pubblico che parevano attendersela dal dopoguerra e invece erano stati dimenticati dal
Comune a un destino di aridit e squallore (Menghetti 2010).
Lamara conclusione a cui giunsero poi gli architetti mostrava
gi in atto lalberofobia nella periferia diffusa: il gruppo dovette presto verificare che le proposte provocavano poco meno
che terrore nel reparto comunale che avrebbe dovuto, per cos
dire, amare il verde per obbligo. Per i funzionari ogni albero
vecchio o nuovo pareva un disturbo, una pratica burocratica
pesante, una preoccupazione. Meno alberi meno problemi. Del
resto, allora, non era gran che forte la richiesta di una maggior
sensibilit ambientale degli amministratori pubblici da parte
di abitanti o movimenti organizzati. Con una sola eccezione:
Italia Nostra, grazie alla quale la citt aveva ottenuto due nuovi parchi, il Bosco in citt (area di via Novara), 120 ettari, e,
nelle vicinanze, il Parco delle cave, 121 ettari, entrambi recupero di spazi a gerbido o agricoli degradati. Il GAM, nellimbarazzo di un dialogo difficile, dovette ripiegare i progetti e rinunciare allimpresa (ibid.).
Da allora la situazione non cambiata e lalberofobia si pu
misurare ovunque, distribuita in tutta la periferia diffusa. Essa
accompagna, come tratto culturale, lo sviluppo capitalistico
distruttivo della citt diramata, in citt come in campagna, nei
paesini come nelle colline sempre pi invase dalla monocoltura del prosecco, tra imprenditori, contadini, operai, proprietari di villette o di appartamenti periferici.
Le foto che accompagnano questo testo costituiscono la documentazione visiva di questo diffuso atteggiamento nei confronti dellalbero: abbattimenti inutili, potature come mutilazioni,
sradicamenti senza sostituzioni, riduzione del verde pubblico,
estirpazione di siepi secolari, anche se protette, giardini scolastici privi di alberature, nanizzazione del grande vivente,
nessuna progettazione di piantumazioni.
61
62
Questo non lunico caso di viale piantumato a platani, secondo le direttive napoleoniche, che viene estirpato per lunghi
tratti. La strada statale 13, detta la Pontebbana, ne un esempio famoso. incredibile come poi per decenni il tratto espiantato conservi i segni dei ceppi tagliati. Oppure che vengano
piantati cartelloni pubblicitari al ritmo della piantagione di alberi di un tempo. Le strade cos diventano un deserto assolato e bollente destate, mentre la volta chiusa dei grandi platani proteggeva il guidatore, migliorava la visione, ossigenava
laria, abbatteva lirragiamento solare e svolgeva una miriade
di funzioni ecologiche, dalla creazione di un microclima alla
possibilit per la microfauna di rifugiarsi ai bordi delle strade4.
Durante un viaggio nel sud della Francia noto come, diversamente da quanto accade nella periferia diffusa, i vecchi platani lungo le strade siano curati, protetti e cresciuti come monumenti arborei di notevole bellezza (cfr. Dufour 2001).
Da molti anni osservo anche che per far posto alle rotatorie gli
alberi che si trovano agli incroci stradali vengono abbattuti, o
ricollocati, o circondati da recinzioni. il progetto rotatorie
che dilagato ovunque in Veneto, anche nei posti caratterizzati da forme storiche di viabilit, e da alberature o segni del
paesaggio che andavano invece preservati.
Parlando con la gente scopro che lalbero viene tagliato e abbattuto perch si ha paura che crolli sulle case con i temporali, perch le foglie intasano i tombini, o si ammassano negli
angoli, o coprono lerba, o volano con il vento dellautunno, o
perch le radici sollevandosi rompono il manto asfaltato o le
cementificazioni dei giardini. Ragioni addotte che a prima vista
sembrano razionali ma che pi spesso si rivelano essere paure, o irrazionalit (lalbero sporca, le foglie volano via, coprono
lerba), oppure problemi che potrebbero essere risolti con altri metodi e attrezzature piuttosto che con labbattimento dellalbero5.
Lalbero viene abbattuto perch fa ombra; viene abbattuto
perch bisogna allargare o rettificare le strade, costruire
case, costruire zone commerciali. Tredici platani nella strada
detta Menar sono stati abbattuti questa estate per far spazio
alla viabilit prevista per il nuovo centro commerciale di Colle Umberto (TV). Il gruppo consigliare di opposizione era riuscito a mettere un cartello a ogni albero, e cos personificato
ogni albero parlava e dava laddio ai passanti prima di essere
abbattuto. Non sono riuscita a fotografarli, in corsa su quella
strada
63
64
8 Strade di campagna. San Vendemiano (TV)
9 Potature drastiche alla stazione
ferroviaria (PG)
10 Barriere architettoniche per il soggetto
debole della strada, il pedone. San
Vendemiano (TV)
11 Rotatoria nuova: solo segnali e pali,
al posto dellalbero preesistente. San
Vendemiano (TV)
10
11
65
66
12
13
15
16
14
elemento della cultura contadina, svalorizzata rispetto al regale bosco, considerata oggi un ostacolo alla meccanizzazione
del lavoro dellimprenditore agricolo, viene abbattuta ed estirpata e gli appezzamenti accorpati.
degli anni Ottanta la campagna del WWF per la tutela delle
siepi nei paesaggi agrari, ma da allora non sembra che ci siano segnali di inversione di tendenza, nonostante le direttive
europee e le politiche PAC abbiano a pi riprese sollecitato la
tutela delle siepi. Oggi le associazioni ambientaliste hanno in
piedi nuove campagne rivolte alla tutela dei bordi delle strade
dai diserbi chimici, ma lo stesso discorso si potrebbe fare anche per le siepi, che vengono irrorate con i dissecanti (con
distruzione di piccola fauna e della flora rara che si rifugia nel
microclima fresco della siepe), una forma delle vecchie armi
da guerra esfolianti usate per esempio in Vietnam oggi adattata allagricoltura e diventata il famigerato dissecante.
Daltra parte lalbero, i giardini e il verde sono lo sfondo costante dei territori delle retoriche immobiliari, in cui le abitazioni sono
sempre immerse nel verde, nei parchi, negli alberi che poi nella realt non ci sono e che nessuno mai pianta. Se si piantano
sono miserabili alberelli che quasi non fanno ombra destate.
Anche nei luoghi pubblici statali la situazione non migliore:
le scuole sono spesso edifici i cui dintorni sono poco curati e
certo poco ombreggiati, sprovvisti di esemplari maestosi o
storici.
Negli anni pi recenti altri soggetti hanno posto la loro attenzione sul trattamento degli alberi nella periferia diffusa. In
particolare, Conegliano e Treviso sono state oggetto di osservazione da parte di profondi conoscitori del territorio, attivisti
e amanti degli alberi; vari tagli di alberi da parte di amministrazioni o privati sono stati denunciati.
Paolo Steffan, giovane critico zanzottiano, saggista e scrittore,
parla di albericidi e siepicidi, coniando termini nuovi ed
evocativi; parla di pestilenza in atto e di alberi motosegati, di
omicidi di alberi. Le sue denunce sono puntuali e documentate; tuttavia non hanno avuto seguito fra la cittadinanza locale, che anzi spesso lo minaccia nel suo blog per i temi di cui si
occupa. Scrive Steffan, in una sorta di dialogo impossibile
con gli amministratori:
Cronaca di svariati crimini, gennaio 2012
Questo inverno, a Conegliano e a Castello Roganzuolo (San Fior) c
una nuova pestilenza in atto, qualcosa che provoca dolore vedere, toc-
17
18
67
20
19
21
68
22
care, ricordare e respirare, e di respirare ci d meno libert, di ricordare limpossibilit. Si tratta delluccisione di grandi alberi, della barbarie di cui sono vittima le siepi (e i fossi e gli argini). Alberi (e siepi)
che hanno impiegato lunghi anni a crescere e a impreziosire, ispessendosi ed ispessendoci culturalmente! Alberi che sono depositari di
memorie ed identit pari a quelle dei grandi monumenti, dei sacrari,
degli affaticati colli.
***
Ebbene, cominciamo.
Parte I: Conegliano, arboricidio lungo il Monticano. E le radici della
citt?
A Conegliano usciva un libro, la primavera del 2011, meno di un anno
fa: si intitolava LE RADICI DELLA CITT: alberi pietre e mappe a Conegliano (Arti Grafiche, Conegliano, 2011), bellissima pubblicazione
dellassociaz. culturale Artestoria, con saggi di Lucio Dal Pan, Isabella Gianelloni e Michele Zanetti. Patrocinata dal Ministero delle Politiche Agricole, dal Comune di Conegliano e dalla Regione Veneto. Presentato da Alberto Maniero, sindaco di Conegliano, e niente meno che
Luca Zaia [Presidente della Regione]. Vediamo prima di tutto cosa
scrive degli alberi proprio Luca Zaia (p. 3):
Gli alberi sono i guardiani del nostro territorio e di questo contribuiscono
a determinare le fattezze e il carattere.
In essi ritroviamo un presente che cerca di rimanere ancorato in modo
saldo al suo passato. Un passato che, oltre ad aver forgiato la nostra
identit, culturale, economica e sociale, ha determinato anche quella
spaziale dei nostri territori, modellando, attraverso i secoli, i luoghi del
vivere quotidiano.
Gli alberi sono i grandi vecchi delle nostre citt, monumentali entit che
con la loro presenza ci ricordano le storie della comunit. Attorno a queste figure tanto vive quanto silenziose, si sviluppato quellambiente rurale e urbano che ha segnato profondamente il tessuto economico-sociale della nostra Regione. Cos gli alberi diventano esseri animati, dotati di
unanima, quasi un genius loci della nostra terra.
I nostri figli devono imparare che gli alberi non sono solo utili in quanto
capaci di produrre frutti o di diventare combustibile, ma sono un codice
per decifrare lo sviluppo e lessenza della nostra comunit, dellesser popolo di una terra, la nostra.
Che belle parole, sarebbero da far leggere nelle scuole! Un poeta,
Zaia!!! No: un politico!!! E allora vediamo cosha detto, e fatto, come
politico, il signor Zaia, quando gli alberi erano quelli, dallimmenso valore specifico, dellarea Pal di S. Fior di Sotto-S. Vendemiano, dove
per un tratto breve, ed abbastanza inutile [], sono state sacrificati al
Dio dellasfalto migliaia di alberi siepi e acque sorgivissime (cito da
Nadia Breda, Bibo. Dalla palude ai cementi. Una storia esemplare, CISU,
2010, p. 113 sgg.):
Il progetto si fa sulla carta e sulle carte riportato tutto (L. Zaia, Il Gazzettino, 26 feb 2006) [Ah s, governatore? E gli alberi?].
Sar soddisfatto solo quando sentir il rumore delle ruspe e vedr i cantieri aperti (L. Zaia, Il Gazzettino, 6 lug 2000) [Ah s? Un cultore del rumore delle ruspe che ami gli alberi non si mai sentito, Zaia caro!].
I veti posti dagli ambientalisti ci fanno un baffo (L. Zaia, La padania, 16
luglio 2000).
Eccetera eccetera. Tante altre chicche di Zaia e suoi simili, tante altre
ipocrisie (e lo dico senza cattiveria, perch chi da poeta scrive una
cosa, ma poi nei fatti da politico ne fa tuttaltra, un eufemismo dargli dellipocrita!) trover chi legge la cronaca riportata in una sezione
del libro di N. Breda
Ricordato doverosamente ci, torniamo pi strettamente al discorso
sugli alberi di Conegliano; della presentazione del sindaco Maniero mi
limito a citare degli stralci (Le radici della citt, cit., p. 5):
[] alberi, saggi custodi della memoria, che sono parte integrante del
paesaggio e dellambiente della citt.
[] alberi che ancora oggi comunicano con le antiche pietre e alberi che
sono testimoni di un patrimonio storico artistico andato distrutto.
[riferendosi alla pubblicazione di Artestoria sugli alberi] vuole essere
un percorso di salvaguardia della memoria []
Vediamo le foto della salvaguardia della memoria nel verde lungo
Monticano coneglianese, in un punto peraltro paesaggisticamente rilevante, da cui si ha tutta una panoramica in crescendo dei punti chiave della citt.
69
70
no presenti 11.082 alberi lungo 218 strade e 13.000 nelle aree verdi
pubbliche.
Il diario.
2003 Le esigenze di visuale e di sicurezza dello stadio.
Luglio: vengono abbattuti 5 alberi: si tratta di un salice, due tigli, un
ippocastano a villa Manfrin e di una Juglans nigra a villa Margherita;
tagliati anche due tigli in piazza Rinaldi.
Agosto: viene decretata la fine di 7 piante a medio fusto piantate da
poco lungo via Siora Andriana e una dozzina di grandi tigli lungo via Foscolo; vengono tagliati i platani in Viale Brigata Marche, di fronte alla
scuola elementare Fanna.
Agosto: viene decretata la fine di 47 platani colpiti da cancro colorato in molte zone della citt:
2004 I pini di via Marchesan.
Giugno: vengono abbattuti 10 alberi in via Castello dAmore;
vengono tagliati anche 50 pini marittimi in via Marchesan e la cosa suscita lo sdegno dei residenti (che tentano perfino di opporsi fisicamente allabbattimento delle piante) ed una serie di forti reazioni in citt ()
2005 I platani di via Siora Andriana fanno spazio alla pista ciclabile che
poi non si fa!
2006 La strage di alberi al SantArtemio e i salici dei Buranelli.
Febbraio nellambito dei lavori di ristrutturazione dellex ospedale
psichiatrico di SantArtemio vengono abbattuti 200 alberi. La notizia desta parecchio scalpore in citt aggiungendosi alle gi pesanti polemiche
sulla opportunit (e sui costi) del pesantissimo intervento per trasformare lex manicomio nella nuova sede della Provincia.
Vengono abbattuti i 3 salici dei Buranelli: la scelta dellamministrazione contestata da molti.
2009 Salviamo i due tronchi giganti al SantArtemio.
Febbraio vengono tagliati 2 platani e un salice in viale Cairoli.
Luglio 10 piante vengono abbattute in varie zone della citt.
Un bilancio: 2.000 alberi tagliati, 700 alberi in meno nelle strade e nei
parchi della citt e non solo.
to sia per tutti i tribunali e le procure dItalia. Sia per gli enti
proprietari delle statali extraurbane, in particolare lAnas e le
Province che dora in avanti dovranno stanziare ingenti investimenti per mettere in sicurezza le strade alberate. Lavvocato
civilista Sandra Gracis la prima a essersi ispirata alla sentenza della Suprema corte per riaprire una vecchia causa. Tutti
i parenti di automobilisti morti avvenuti nellultimo decennio
contro un albero spiega il legale possono ora fare una causa civile per ottenere un indennizzo. Ho subito citato lAnas
aggiunge lavvocato Gracis per la morte di Tommaso Rossi,
schiantatosi l11 giugno del 1996 (allora aveva 28 anni) contro
un platano della statale Pontebbana fra Treviso e Conegliano. Una strada del Trevigiano sulla quale sono morti contro gli
alberi decine di automobilisti. In tutta Italia ci sono migliaia di
chilometri di strade extraurbane che hanno sul ciglio alberi
killer. LAci, da alcuni anni, ha deciso di non proseguire pi nel
censimento degli incidenti stradali contro gli alberi. Ma le vittime restano ogni anno centinaia (Custodero 2011).
La sentenza riprende un dibattito storico in Italia, che gi Cederna discuteva nel 1966 in un articolo intitolato Caccia allalbero (Cederna 1966), i cui temi sono ancora di attualit e in cui il
grande ambientalista ripercorreva la diatriba tra Anas, Aci,
esperti e Ministeri a proposito delle alberature ai lati delle
strade. La sentenza recente si inserisce nel solco di questa
storia, in una cultura alberofobica che non mai tramontata, e
che ha ricevuto commenti negativi da svariati giornalisti del
collettivo Eddyburg (Bottini 2011).
Fatti sociali e culturali, anche giuridici come nel caso della
sentenza, nascono da un substrato diffuso di atteggiamenti e
pratiche, si evidenziano perch incontrano un modo di fare e di
sentire diffuso, una cultura, insomma, in questo caso una cultura alberofobica.
Lalberofobia un comportamento diffuso a macchia dolio,
che manifesta fastidio nei confronti dellesuberanza dellalbero, esprime atti di dominio e prove di forza contro lalbero.
Come si prodotta questa attitudine? Chi ne il protagonista?
Il disamore per il paesaggio nella periferia diffusa viene da politiche e da pratiche dallalto e dal basso, ossia, come direbbe
Foucault, allo stesso modo del potere avviene diffusamente.
Latteggiamento diffuso, cio familiare, intimo ad amministratori e cittadini, imprenditori e operai, contadini e commercianti, uomini e donne, giovani e vecchi, industriali e sindacati.
7 Tutto il pamphlet e il dibattito con i cittadini, gli amministratori e il Vescovo di Vittorio Veneto, nonch la ricca serie di fotografie particolarmente significative scattate da Paolo Steffan si trova nel suo blog
steffanpaulus.wordpress.com.
In particolare, all'indirizzo
ecologiadelverso.wordpress.com/author/st
effanpaulus/ (gi steffanpaulus.wordpress.com/2012/01/07/arboricidio-premeditato-e-barbarie-a-conegliano-e-asan-fior-e-zaia-non-docet/).
8 Luigi Calesso, Anna Mirra, unaltratreviso.blogspot.com, novembre 2012. Consultato il 05.02.2015.
71
[] superfluo insistere [] su uno sdoppiamento di istanze oppositive (ddoublement) o ancora, come avviene nelle analisi pi tradizionali, su una presunta logica della resistenza, del disimpegno, della disgiunzione. Bisognerebbe invece sottolineare la logica della convivenza, le dinamiche dellintimit e dalla familiarit, inscrivendo il dominante e il dominato entro la medesima epistme (Mbembe 2005, 133).
23
Non ci sarebbe periferia diffusa se non ci fosse una familiarit diffusa di pratiche.
72
IL GRANDE VIVENTE
Che cos un albero dal punto di vista socio-culturale?
Lalbero una complessa costruzione socio-culturale. Vi si addensano operazioni cognitive, schemi emozionali, pratiche
identitarie, pratiche materiali. Gli studi di Laura Rival dimostrano un fatto molto importante, e cio che indipendentemente dal tipo di albero di cui si parli, indipendentemente dal
tipo di societ presa in considerazione, ovunque limmagine
dellalbero emerge come espressione di un tema costante e ricorrente: la vitalit e il potere di rigenerazione della vita.
Secondo lapproccio etnografico usato dalla studiosa, gli alberi sono usati simbolicamente per rendere concreta e materiale la nozione astratta di vita, e lalbero ne il supporto ideale
in virt del suo statuto di organismo vivente. questo importante aspetto ci che accomuna tutte le societ: lalbero riconosciuto come il grande vivente, espressione di vita autosussistente e rigenerantesi.
Un discorso sul trattamento sociale e culturale dellalbero
quindi un discorso sul trattamento sociale e culturale del vivente. Il modo con cui trattiamo lalbero rappresenta la concezione e la pratica che abbiamo della vita nella societ.
Un discorso sullalbero rappresenta un discorso sulla biopolitica del vivente; esso dunque un discorso urgente da fare nella
periferia diffusa. Partire dal trattamento dellalbero fondamentale politicamente e rilevante eticamente, poich la costruzione di un mondo pi sicuro per gli alberi significa la costruzione di un mondo pi sicuro e giusto anche per gli umani9.
Proteggere-rispettare-curare-amare lalbero significa portare
avanti la stessa attitudine verso ogni vivente, sia esso pianta,
animale o umano. Stessa epistme, direbbe Achille Mbembe,
stessa logica, direbbe Zanzotto, stessa cultura direbbe un antropologo. Se il mondo un intreccio, una corda di canapa dove
24
25
26
27
28
73
74
Il primato del vivente trova il suo apice nei jardins de rsistence, luoghi di equilibrio tra natura e uomo senza asservimento o tirannie del mercato ma con la preoccupazione di
preservare tutti i meccanismi vitali, tutte le diversit (biologiche o culturali) nel pi grande rispetto dei fondamenti della
vita (acqua, suolo, aria) e nella pi grande cura di preservare il
bene comune e lumanit tributaria di esso (Clment 2010).
proprio contro questa emblematica vitalit dellalbero che la
periferia diffusa si accanisce, impegnandosi a ridurla. Gli alberi evidentemente ne hanno costituito il bersaglio, ponendosi ironicamente come realt concreta che risponde con la sua
vita alle parodie di certa ideologia specista e razzista che parla proprio di radici, radicamento, terra, identit veneta, casa
nostra, terra nostra dei vari leghismi, sempre pronti poi ad
avallare e decretare cementificazioni di ogni genere.
La sintesi di molte delle mie osservazioni mostra la costruzione della de-vitalizzazione del vivente che la periferia diffusa mette in atto (Breda 2012). Ne conferma una notizia di attualit estrema: alla fine di agosto del 2013 don Albino Bizzotto conduce un digiuno per protestare contro le grandi opere
inutili e imposte, e la cementificazione in Veneto. Il diguino da
lui iniziato si poi diffuso a macchia dolio in tutto il Veneto10.
Lattenzione alla vitalit e imprevedibilit del vivente si scontra
con un grande problema dellambientalismo: la diffusione capillare, onnivora, onnipresente, totalizzante del sistema di
sfruttamento capitalistico della natura. Un problema di biopolitica, in fondo: controllo di natura, paesaggio, corpo, sessualit, emozioni, spiritualit. Il sistema capitalistico liberista arriver a controllare ogni minima presenza di vitalismo? Sembra
infatti che stia applicando forme di imposizione lieve, forme
che Francesco Vallerani chiama di soffice prepotenza: un circuito vizioso in cui ingenti ricchezze private sono generate dalla cementificazione del suolo, ricchezze private che a loro volta influenzano le scelte di politica territoriale a ogni livello, generando una diffusa assuefazione nei confronti del pesante
susseguirsi di trasformazioni degradanti del paesaggio, appiattendo le percezioni del degrado, generando indifferenza tra i
pi e angoscia inconsolabile tra una minoranza di cittadini11.
Il problema allora preservare spazi liberi, come dice Clment, spazi che finora non hanno fatto niente, e che aspirano
a diventare soltanto qualcosa (Clment 2005, 11). Spazi, elementi, soggetti non umani che aspirano solo a dispiegarsi nella loro vitalit: come gli alberi appunto.
10 www.beati.eu.
11 Francesco Vallerani, convegno Villa
Dirce, Tezze di Piave (TV), 5 marzo 2011.
75
76
una ecologia che lascia spazio alla natura, che chiede alluomo
che ha preso tanto di restituire. Sono politiche che ci arrivano dai paesi ex coloniali, con le quali dobbiamo interagire
e dalle quali dobbiamo finalmente imparare, e incarnano anche lo stesso concetto di Terzo paesaggio di Clment: luomo
si sottrae (finalmente) e lascia spazio alla natura e alla sua vitalit, a cui dobbiamo re-imparare ad affidarci. La parola chiave vitalit nei suoi aspetti innanzitutto materiali-ecologicistorici, anche se non sempre facile da riconoscere, n da conoscere, n da gestire, n da accettare. Il bosco debordato in
luoghi che un tempo erano praterie e pascoli, pu essere considerato a livello globale come la compensazione dellurbanizzazione e dei suoi effetti negativi. Una re-invasione da parte
degli alberi in pianura nella citt diffusa (altamente inquinata)
sar auspicabile anchessa, dopo i recenti decenni passati a
sottrarre spazi agli alberi e a mortificarne la vitalit. Gli spazi
del Terzo paesaggio di cui piena la citt diffusa sono pronti
ad accoglierli.
Ne dimostrazione lo straordinario caso dei quattro grandi ficus cresciuti a Cagliari, in centro storico, incorporando una caserma abbandonata e creando un caso achitettonico straordinario documentato dallartista Marta Anatra. Il concetto di Terzo paesaggio lelemento chiave del lavoro artistico e politicopoetico che Marta Anatra sta conducendo in questo luogo, dialogando con le amministrazioni per cercare il progetto migliore per la tutela sia della rovina militare che dei grandi ficus12.
Le caserme abbandonate nel centro della citt sono infatti un
caso tipico di Terzo paesaggio; la successiva invasione del luogo abbandonato da parte delle piante rappresenta il lavoro della natura che riporta il vivente spontaneo nei luoghi interstiziali o abbandonati.
Non a caso gli artisti sono spesso attratti e capaci di percepire
e lavorare con il Terzo paesaggio. Lo testimonia anche lo straordinario recentissimo lavoro degli artisti del gruppo Alambic
Conspiracy (che riunisce musicisti, fotografi, scrittori e antropologi) che si sono dedicati alla rappresentazione della riconquista da parte della natura della strada statale 251 della Val
Cellina in Friuli, che fu chiusa, dichiarata inagibile e sostituita
con una nuova strada. Scrivono gli artisti:
Una strada pu anche essere letta come una ferita inferta dalluomo
al paesaggio e alla natura. Una ferita non mortale che lentamente
guarir. Con questo lavoro abbiamo cercato di documentare lindolen-
La citt diffusa, proprio perch spazio fittamente antropizzato, possiede altrettanto fitti spazi del Terzo paesaggio, luoghi
77
78
Egregio signor sindaco, sono un povero cagnolino che la sera usciva col
suo padrone (dotato di regolare paletta raccoglicacca) per fare i suoi bisognini sui tronchi decennali dei magnifici alberi che abbellivano questa citt. Ma lei, ahim, un po alla volta me li sta tagliando tutti, e in
qualche caso sostituendoli con asfittici e insignificanti alberelli non
adatti al mio scopo! Dove potr andare a fare la mia pip? Forse a casa
sua, a casa dellassessore ai lavori pubblici, o presso le innumerevoli
antenne sorte in citt che sembrano fatte apposta per questo scopo?
Attendo risposta.
Suo affezionatissimo Boby
(Treviso)
Anche un albero si pu fotografare arte della natura. Invece di tagliarli pensiamo a piantarli!
Il taglio dei salici dei Buranelli stato unoffesa ai trevigiani e ai turisti, per fortuna che il signor Gentilini tiene molto alla citt!
Penso non abbia un senso il taglio di quei poveri alberi: facevano parte della storia della citt. A spese del sindaco ne faremo piantare delle nuove.
Un peccato davvero. I Buranelli ora non sono pi magici e dove le
portiamo le donne x farle innamorare?
Vergogna! dovrebbe essere cosiderato come reato punibile. Treviso
non pi quella della mia infanzia! Vergogna!
Prese di posizione di questo tipo in difesa dellalbero si susseguono costantemente nella citt diffusa.
Nel 2011 il grande fico posto entro il Parco del fiume Sile viene difeso da un gruppo di genitori di Spresiano che nel loro
blog mostrano i loro figli felici sotto la volta dellalbero, con i
grembiuli di scuola, e in una foto successiva il moncone dellalbero drasticamente abbattuto senza motivazioni, e creano
una pagina facebook dedicata al grande albero intitolata Lo
scempio del fico centenario.
Bisogna individuare e sanzionare i responsabili dellabbattimento del
fico secolare avvenuto nel Parco del Sile a Canizzano di Treviso. Lo
scorso sabato 23 luglio 2011 stato abbattuto il fico secolare di Canizzano, allinterno dellarea protetta del Parco del Sile (www.genitorispresiano.worldpress.com).
Segnalo che dal 2008 ad oggi in citt abbiamo messo a dimora oltre
3.000 nuovi alberi.
evidentemente non bastano, e il bisogno dei ricordi, del verde, dei
simboli, dellessere, fa parte dei sentimenti, dei bisogni di molti pordenonesi. Quindi perch non accettare questa lievitazione popolare
nella tutela del verde?
Le radici sollevano lasfalto e rendono pericoloso il transito sulla carreggiata.
Gli uffici competenti hanno appurato che per ripristinare il manto
stradale occorre rimuoverle.
Questo compromette la stabilit delle piante e rende necessaria la
loro sostituzione.
In ogni caso la Giunta Municipale ha deciso di sospendere labbattimento dei pini marittimi per verificare eventuali soluzioni alternative.
79
29
IL VERDE STORIA PER LA NOSTRA CITT UNA PICCOLA BATTAGLIA MA DI FORTE CONTENUTO SIMBOLICO. GLI ALBERI NON SI ABBATTONO PER FAR PIACERE ALLE STRADE
30
80
tre costa alla collettivit per il taglio e costa alla collettivit per la
piantumazione di un nuovo che metter decenni ad avere dimensioni
decorose
La cittadinanza convive con i suoi grandi alberi quasi senza accorgersene, perch come hanno dimostrato Ingold e Palsson
noi siamo intimamente intrecciati al nostro ambiente, come fili
di una corda. La stessa cittadinanza quindi capace di accorgersi se il grande vivente si ammala, soffre, viene maltrattato,
ha bisogno di cure. Sono emblematici e rappresentativi anche
i due casi che seguono, uno in provincia di Treviso, riguardo un
vecchio gelso da curare, e uno in provincia d Piacenza, riguardo una quercia di trecento anni che verrebbe impattata da una
bretella autostradale.
Trecento anni e qualche acciacco: Fontane vuole salvare il suo gelso.
Villorba. Sotto la sua ombra hanno trovato ristoro contadini, soldati,
osti e forse anche qualche nobile a cavallo. Da almeno 300 anni l, a
vegliare su Fontane, ma ora rischia di crollare. Il Vecio Morer, da cui
il nome della vicina osteria, trema sotto i colpi del vento e del traffico.
I residenti chiedono un intervento per salvarlo. Non si fa pi manutenzione da tempo, ma troppo pesante e allinterno vuoto da anni.
Se non lo vogliamo veder crollare alla prima tromba daria, bisogna intervenire, lappello lanciato da alcuni residenti del centro della frazione. Non chiaro quanti anni abbia di preciso quel gelso, ma certamente almeno 300. Alcune annotazione storiche infatti ne parlano fin
dai primi anni del 1700, quando Fontane era una distesa di campi e un
piccolo borgo. Di aneddoti sul quel Vecio Morer la storia popolare locale piena. C chi racconta che fissati al tronco dellalbero cerano
grossi anelli di ferro che servivano ai contadini e ai commercianti per
legare i cavalli, gli asini o i buoi mentre si concedevano unombra de
vin. Quasi ogni giorno era legato a questi anelli, a volte anche per ore,
Aldo, lasino della Nesta Menina, una fruttivendola ambulante che
con un carretto ricoperto di frutta e verdura passava di paese in paese. Lasino, si dice, fungeva anche da guida per la donna. Conosceva
81
82
bene la strada di casa anche perch non sempre, dopo le lunghe soste
allosteria, la padrona ricordava da che parte andare. Il Vecio Morer
un vero patrimonio storico e culturale per tutta Villorba, protagonista di molti momenti di vita quotidiana degli ultimi 300 anni. Proprio
per questo molti residenti chiedono che venga salvato. Recentemente
stato chiesto lintervento sia del Comune di Villorba che della Forestale, ma ancora nessuno intervenuto. Eppure se il vecchio gelso dovesse crollare sulla strada potrebbe rappresentare un pericolo grave.
Meglio rimetterlo in sesto, no? (Cipolla 2013)
Il famoso Terzo ponte sul Po, ovvero il progetto di bretella autostradale che dovrebbe collegarePorto canale di Cremona
alla sponda piacentina del Po, tramite la costruzione di un
nuovo ponte, dovrebbe attraversare il Po e andrebbe ad impattare su una zona di campagna piacentina fino alla farnia
plurisecolare. Il progetto, definito da un gruppo di venti studiosi ed esperti inutile, eccessivamente impattante e non sostenibile sul piano economico, rischierebbe di devastare
centinaia di ettari di aree pregiate, alcune tutelate a livello europeo, dove nidificano specie in via di estinzione. I comitati
sono attivi da molto tempo su questo tema, coinvolgendo studenti, scuole, musicisti, artisti, con produzione di immagini,
video e libri, ricorsi, interpellenze ecc. La nonna quercia diventata un personaggio famoso nel web e un soggetto/oggetto di biopolitiche.
Scoprii che loccupazione di un albero una tattica usata nella lotta per
proteggere la foresta. C la speranza che piazzare degli esseri umani
per ventiquattrore consecutive su una piattaforma sistemata nella parte superiore di un albero possa impedire il taglio di quella pianta e di
quelle circostanti e contemporaneamente attiri lattenzione sul momento in cui la foresta diventa un prodotto. Questo tipo di disobbedienza civile uno dei pochi metodi pacifici a disposizione del movimento
per le foreste (ivi, 23).
Poi lufficiale disse: ho delle buone notizie per lei. Il documento stato registrato. Laccordo per la conservazione di Luna e lAtto di compromesso sono stati siglati. [] quando riagganciai capii. Ero in piedi,
caddi sulla piattaforma e piansi. Era finito. Non pi scappatoie. Niente
pi stalli. Luna era protetta. Ce lavevamo fatta (ivi, 202).
Alla fine, era arrivato il momento di andarmene. Durante una delle
mie ultime arrampicate notturne sino alla piattaforma alzata per
collegare la batteria al sistema di ricarica, mi ero spinta su uno dei
miei rami preferiti e mi ero adagiata nellabbraccio affettuoso di
Luna. Era una sera stupenda con la nebbia che scendeva lentamente nella sottostante vallata dellEel River e il cielo limpido sopra di
me. La luna crescente illuminava buona parte del cielo e rendeva la
nebbia iridescente. Ai margini del mio campo visivo splendevano alcune stelle. Era una scena che negli ultimi due anni avevo ammirato molte volte sempre leggermente diversa, sempre mozzafiato.
Mentre stavo l ad assorbirla, mi resi conto che era una delle ultime
volte che avrei visto questo panorama diventato parte di me come
lesperienza che avevo vissuto. Scoppiai in lacrime. Pi tardi scrissi:
Mi sento come se dovessi separarmi da una parte di me, un pezzo
di me stessa, lessenza del mio essere. Adesso, la donna che sono
diventata lacerata. Comincio a capire la lezione senza fine di abbandonarsi. Quando scender da questalbero, lascer il migliore
amico che abbia mai avuto. un dolore che non posso descrivere,
ma solo provare e conviverci. Lo sento gi ora ed solo linizio. Sapr tornare e stare nel grembo di Luna alla base, ma non mi adager pi tra i suoi rami, osservando il mondo da questa prospettiva incredibile (ivi, 204).
31
La difesa fisica degli alberi non riguarda solo gli alberi delle
foreste, ma anche quelli cittadini. Lo straordinario caso di Julia Hill stato ripetuto molte altre volte in svariate altre parti
del mondo. Anche a Firenze un uomo si install su un albero,
nel mese di agosto 2007, per protestare contro il taglio degli
alberi di viale Morgagni, in centro citt. Il caso viene descritto
da Sara Pajossin nella sua etnografia degli alberi a Firenze17.
Il dibattito fu acceso. interessante leggere nel documento
seguente lintensit rappresentativa dellalbero come essere
vivente, che sarebbe ucciso con labbattimento:
83
84
Lalberata di viale Morgagni per noi cittadini un bene comune di primaria importanza sotto il profilo estetico, sotto il profilo storico e della memoria, e infine anche sotto il profilo ambientale (cio come importante fattore di miglioramento delle condizioni di vivibilit in relazione alla temperatura e allumidit, e di attenuazione degli effetti dellinquinamento atmosferico e acustico).
Riteniamo inoltre che questo bene comune, costituito da piante di alto
fusto di prima grandezza e di alcuni decenni di vita, nella quasi totalit
sani, sia un unicum, non riproducibile se non in tempi lunghi, e quindi da
salvaguardare con tutte le energie possibili, come affermato in primo
luogo dallarticolo 9 della Costituzione. La nostra opposizione ai cantieri
aperti in viale Morgagni, che comportano labbattimento di tutta lalberata del viale, nasce pertanto dallistanza fondamentale di difendere un
bene comune prezioso da una distruzione irreparabile causata da un
progetto carente sotto pi profili: da quello tecnico-operativo a quello
della sua pubblicizzazione e condivisione da parte dei cittadini interessati. Ribadiamo a questo proposito che neppure per unopera detta di pubblica utilit possa essere distrutto un bene comune riconosciuto come
tale dai cittadini. E questo riconoscimento stato ampiamente documentato allAmministrazione Comunale da vari mesi e in pi sedi, ma soprattutto dalla met di luglio scorso, attraverso la mobilitazione popolare in difesa degli alberi di viale Morgagni, verificatasi allapertura del primo cantiere e dalle migliaia di firme che hanno accompagnato le petizioni inviate allAmmistrazione Comunale. Il presidio di noi cittadini al secondo lotto del cantiere di viale Morgagni riveste questo significato di difesa di un bene comune contro un atto distruttivo; se non fossero intervenuti fisicamente i cittadini altre piante dellalberata di viale Morgagni
oggi avrebbero seguito la sorte delle piante gi abbattute nel primo lotto. Poich il dibattito recentemente verificatosi in ben tre sedute consiliari e lo stesso ordine del giorno di questa Commissione Consiliare, oggi
riunitasi, confermano che non esiste ancora un progetto esecutivo definitivo e tanto meno che questultimo sia stato mai discusso adeguata-
Lattivismo di Angie Zelter risuona per alcuni aspetti con la visione del mondo e dei viventi che ho colto nelle parole della testimonianza che segue, tratta da unintervista che ho fatto a un
erborista naturopata. Data la nostra amicizia, avevo saputo che
aveva fatto uninteressante piantumazione di alberi in uno spazio pubblico adiacente la sua casa. Il modo con cui ha effettuato la piantagione, la filosofia antroposofica che lo ha ispirato, le
conoscenze multiple e spesso ibride che ha messo in campo,
rendono a mio avviso questa testimonianza molto speciale e
importante. lazione di un uomo che agisce in solitudine (e
che ricorda Luomo che piantava gli alberi di Jean Giono) e con
intenzioni di spiritualit, ma il cui effetto del tutto politico: la
costruzione di verde pubblico, a uso e consumo di tutti i cittadini, con effetti di protezione ambientale e mitigazione di inquinamenti. La sua testimonianza illustra una concezione complessa del cosmo e dei viventi (alberi ma anche minerali, terra, acqua, oggetti, umani ed esseri spirituali) e rappresenta bene ci
che Marc Bloch si raccomandava di indagare: le teorie locali,
personalizzate, che esprimono la concezione della vita.
La costituzione di una comunit morale attraverso luso della metafora arborea ci che mira a spiegare Bloch che argomenta che se
lalbero un simbolo di vita ovunque, lanalisi interculturale deve
partire da un esame delle teorie locali riguardo alla vita e alla morte.
La vita, lungi dallessere una qualit essenziale e a-problematica,
una nozione aperta alla speculazione. Non una questione solo cognitiva, la questione della vita, ma anche politica e performativa (ivi,
26; trad. mia).
Lecologismo praticato da questo interlocutore che ho intervistato non espresso con i termini tipici dellambientalismo
globale, eppure le sue pratiche hanno molto da insegnare allambientalismo stesso, per esempio riguardo il trattamento
dei rifiuti, il trattamento degli oggetti, dei viventi e naturalmente degli alberi. Qui sotto riporto la mia intervista.
- Volevo sapere come hai avuto lidea di piantare quegli alberi di cui mi
hai parlato, e come hai agito, cosa hai fatto di preciso.
M.: Saranno una quindicina di alberi, ma compresa la siepe saranno
una trentina, nel comune di Codogn, dove il Comune ha fatto una rotatoria, con aiuole, pista pedonale, installando anche una antenna di telefonia a 40 metri da casa mia. Io volevo schermarmi dagli influssi negativi dellinquinamento magnetico, ma non solo, per studi e conoscenza
85
86
mia, siccome ho una stradina di 40 metri che entra a casa, e avevo studiato che anche un tempo si mettevano piante particolari e non a caso
intorno allabitazione, cos allinizio della stradina volevo delle querce
che per la loro forza fossero a guardia di tutto ci che entra per quella
stradina, persone e forze. Nella strada non entrano soltanto persone,
ma entrano anche forze, forze astrali, eteriche, che non sono la stessa
cosa, ma che sono forze che con dati scientifici non si possono misurare, ma ci sono. La mia idea era di porre le due querce allentrata della
stradina a difesa di tutto ci che entra. Siccome io a casa mia mi sono
schermato dal campo elettromagnetico di questa antenna con alberi
specifici, che hanno la forza di trasformare questi campi elettromagnetici, quindi ho piantato noccio-aceri alternati a campestri-biancospini,
con bottiglie omeodinamiche a 50 centimetri sotto lalbero. Ho preparato la buca 6 mesi prima, in modo che le buche potessero prendere tutte le forze delle 12 notti sante di Natale (dal 24 dicembre al 6 gennaio),
forze ancestrali che scendono dal cosmo e siccome tutto ci che buca
accoglie, soprattutto lastrale, accolgono tutte le forze delle 12 costellazioni che si manifestano in queste notti, poi ho messo la bottiglietta che
stimola queste piante che gi di natura hanno forza di trasformare questi campi elettromagnetici, queste bottigliette con questo prodotto
omeopatico, aiutano ancora di pi, stimolano lio della pianta a sviluppare pi forza, collegandosi con tutto il mondo dei pianeti e delle stelle,
a sviluppare ancora di pi queste capacit.
- Dove hai preso le piante?
M.: Quelle della siepe di casa mia le ho prese da un vivaio qualsiasi, non
avevo alternative, invece quelle che ho messo nella terra del Comune,
dopo aver chiesto al sindaco, che rimasto contento e mi ha detto fai tu
pech noi soldi non ne abbiamo, l ho messo piante da seme che ho raccolto io. Semi delle siepe mia, li ho trattati con prodotti omeodinamici, li
ho collegati al loro principio individuale di specie, quindi il biancospino al
principio di specie di tutti i biancospino, lacero al principio di specie dellacero e in pi anche le quercie, le ho collegate al loro principio individuale di specie, e ho messo questi semini in terra, sempre facendo le buche prima, e poi a febbraio ho messo gi i semini, ho sempre guardato la
Vergine per la siepe, per le quercie le ho messe gi in Toro, perch Toro
stimola a lignificare, fare buon legno, due quercie a guardia della strada
mia, e altre tre nellaiuola del Comune, e altre sei nella siepe. Ogni due
giorni questestate ho bagnato, c stata molta siccit.
- Quindi ora nellaiuola del Comune c una siepe?
M.: Ora nella siepe c biancospino, acero, ho messo anche pero selvatico, che ha la forza di dinamizzare tutte le forze, sono tutto piante di Marte, le piante di Marte portano forza, Marte nella concezione vecchia il
guerriero ma il guerriero di adesso colui che sa trasformare il male in
bene, non pi quello che fa la guerra, quindi sono tutte piante che hanno questo collegamento con Marte, il pero selvatico ha la forza ancestrale. Nellaiuola lunga sei o sette roveri e tra uno e laltro piantine di urii,
tipici della zona di Caneva, nate da osso, ho fatto questo perch quando
sar lora la gente che passa di qua camminando, oltre a essere allombra di un rovere trover qualcosa da mangiare!
- Li hai protetti con qualcosa dopo piantati, li hai segnalati?
M.: Ho messo quattro pali senn me li tagliano via, e ogni volta che vedo
quelli del Comunue che vengono a segare mi tocca andare fuori a ricordargli mi raccomando che l ho messo.. Le quercie ora sono alte 2030 centimetri, molto lenta la quercia, gli altri sono anche 50 centimetri, sono belle piante, che non hanno nessuna sofferenza, hanno resistito tutte quante anche alla siccit.
-Le tue fonti per trattare gi alberi in quest maniera, come hai fatto?
M.: Gi con lagricoltura biodinamica questo si conosce, per chi fa agicoltura biodinamica queste cose sono pane quotidiano, partendo dalle direttive di Rudolf Steiner cento anni fa, ma anche tutto quello che venuto dopo, le sperimentazioni, chi studia, per esempio Enzo Nastati, che ha
sviluppato lagricoltura omeodinamica che una trasformazione dellagricoltura biodinamica, lui spiega molto bene, poi c chi sperimenta,
chi ha locchio veggente, c anche questo riconcoscimento su tutto questo per esempio anche a casa mia c il campo elettromagnetico, ma
non un campo che fa male.
- Hai fatto la misurazione?
M.: Certo! [] Bios che questa forza che attraversa la terra, che viaggia nellaria come una corrente, io devo mettere delle piante, a sud, che
attraggano queste forze, senn vanno via, passano alte, sopra, se io metto piante che attraggono, per esempio more, rovo, biancospino, quercia
questo autore tiene presente tutte le indicazioni antroposofiche per
esempio se tu devi piantare una siepe, questa forza BIOS scende nel
campo, porta forze di vita, e poi tu la devi aiutare ad escarnarsi, quindi a
nord puoi piantare rosa canina che un purificatore, tutte le conifere.
Le piante amplificano queste forze, perch la pianta eterico, e leterico
vita, queste piante attraggono queste forze, le portano gi trasformate
e amplificate sul mio campo, sul tuo orto e poi ho bisogno di un qualcosa che le escarni, che le porti su nella vita, nel bios, nelleterico. Rosa canina e biancospino sono come gemelli. Il biancospino sempre a sud. Il
biancospino un grande attrattore e anche purificatore, se ho una fabbrica di fronte al campo mio, che forze di bios mi arrivano? Di conseguenza io mettendo biancospino, con mora, ma soprattutto biancospino,
un purificatore di queste forze, altrimenti mi entrerebbero forze negative nel campo, bianco, purezza, purifico, porto dentro forze buone e poi
aiuto lescarnazione di queste forze perch ritornino nelleterico.
- Mi hai detto che hai fatto altre cose con gli alberi che non puoi dire
adesso me lo poi dire? Cosa hai fatto?
M.: Eh! Parlare con gli esseri elementari e dire loro che cosa deve fare
quella pianta, perch viene messa in quel buco, qual il suo compito, e
quindi di collegarsi con il loro archetipo individuale di specie, che memorizzino il loro compito e che quindi aiutino luomo e quindi lumanit nella propria evoluzione.
- Glielhai detto con le parole?
M.: Certo.
- Una volta sola?
M.: S.
- Non come le preghiere che si ripetono?
M.: No, fatto con coscienza, basta, e gli ho detto di memorizzare tutto
questo, io per quando si entra in un dialogo, quando si chiede aiuto,
minimo si dice grazie, ci deve essere una comprensione, gli esseri elementari quando si sentono riconosciuti per loro davvero una gran gioia, abbiamo perso tutte queste cognizioni o conoscenze, una volta cerano e erano per matti, gente eccentrica Ma anche in un aereo ci sono gli
esseri elementari della terra perch laereo fatto di alluminio rame,
ferro Una macchina costituita di esseri elementari noi non siamo
pi in grado di credere che c anche unaltra realt i nostri vecchi ci
parlavano con le piante, quando seminavano il grano, solo persone ben
precise potevano seminare il grano, oggi si chiama avere il pollice verde,
ma quelle persone che andavano a seminare il grano avevano una mano
santa e su 100 grani che seminavano 95 nascevano, se andava un altro...
c chi fa germogliare 100, chi 50 chi 20. Cerano persone che avevano
una certa interiorit, e avevano la forza di riconoscere questi esseri, parlavano con questi esseri, come io ho parlato con quelle querce, quando
io ho parlato al seme, dentro a quel seme chi c? tutti gli esseri elementari, con cui io dialogo
- Hai detto che un aereoplano fatto di ferro e alluminio, quindi gli oggetti sono viventi anchessi? Un aereo, una macchina
M.: Ma se anche i pi materialisti ci credono, anche se non se ne rendono conto
- Ma una macchina viva dal tuo punto di vista?
M.: Certo! Certo!
- Ma come?
M.: Perch tutti gli gnomi corrono soprattutto attraverso le leghe, i metalli, tutte le vene metallifere della terra sono le autostrade per gli gnomi, quindi se io qui ho uno gnomo nel mio podere, e io gli dico ascolta
porta un messaggio a uno gnomo in Giappone, un millesimo di secondo dopo quel gnomo di l, perch lui spirito, elementare, ma spirito la Chiesa, i buddisti, i musulmani, per chi ha un po di spiritualit
87
88
mio podere non era contento, era molto affranto. Gli chiedo come mai,
aveva visto le foglie floscie e gli chiede al rovere cos successo? e il
rovere gli fa Le ondine del fiume stanno male, va gi a vedere nel fiume e qualcuno scava scaricando petrolio nel fiumiciattolo. Capito? Quindi lei ha avvisato i vigili, sono arrivati eccetera, ma lei non ci arrivata
per caso, non andata gi per caso e ha visto nel fiume, no, lei guardando il suo rovere, che a guardia del suo podere, gli ha dato linformazione, e non ha detto il fosso inquinato, ha detto le ondine stanno
male, le ondine stanno nel loro luogo naturale, nellacqua, quindi lei
mi ha raccontato di quelle cose se lei vede che tu capisci lei va oltre e
ti spiega tutte le cose che vanno oltre, altrimenti lei dialoga con te e parla di ci che si vede, in base a ci che tu.... credere senza vedere non vuol
dire essere creduloni [] sai che cos una macchina? Una macchina,
unautomobile un buco nero (eterico), un buco nella sostanza della vita,
langelo quando tu sei in macchina si preoccupa, non riese a vederti
bene, perch, perch, pensa la differenza, stata tirata fuori dalla terra
Lalbero estrae dalla terra , porta alla luce, porta nella vita e poi quando
lalbero muore ritorna tutto nella terra, viene fatto tutto attraveso le forze della natura, invece quando io faccio una macchina, rubo alla terra, e
cosa gli do in cambio? Nulla, perch noi facciamo solo per soldi, quindi
si porta in fonderia, si lavora la macchina, nessuno riconosce gli esseri
elementari e dopo mandi in una discarica, nessuno ringrazia
Ispirate allantroposofia, le pratiche di questo erborista nei confronti degli alberi sono al tempo stesso pratiche etiche, immaginazioni morali, concezioni ecologiste, gesti materiali di cittadinanza attiva, preghiere spirituali e molto altro. Lalbero ne stato il pretesto e ha condensato nella narrazione e nella pratica
unintera biopolitica del vivente. Un trattamento del vivente.
PER UNA NUOVA CULTURA BIOSOCIALE DELLALBERO
La piccola etnografia dellamore per lalbero che ho riportato
mostra che ovunque, nel mondo, si sono attivate relazioni profonde con le piante e in particolare con gli alberi, e che si pu affermare che esistono numerosi esempi storici di buone riuscite
di costruzione biosociale tra uomini e piante, in particolare proprio con gli alberi. Laddove questa convivenza rispettosa sia venuta meno, come in molte parti della citt diffusa, come abbiamo visto, possibile per ricostruirla, poich abbiamo a disposizione unampia gamma di esempi storici dai quali prendere
spunto. Dalla ricerca etnografica si pu evincere che le persone
possono prendere spunto almeno da questi fattori:
alberi anche attribuita la facolt della parola. I Bella Coola, per esempio, ritenevano che gli alberi e gli uomini potessero parlarsi e che, sebbene gli esseri umani avessero dimenticato la lingua degli alberi, gli alberi potessero ancora comprendere la parola umana []. Si poteva parlare a un albero e rivolgersi ad esso nelle preghiere. Essendo proprio
delle persone, gli alberi erano trattati come delle persone. [] Nel corso della sua vita un Indiano o una Indiana della Costa Nord Occidentale
eseguiva molti riti privati o collettivi, e tutti comprendevano, in una forma o nellaltra, luso del cedro. Per assicurarsi la buona salute di un
bambino i Kwakiutl o avvolgevano la placenta nella corteccia di cedro o
la seppellivano ai piedi di un cedro vivo []. Prima di ricevere un nome il
legame di un bambino alla vita era considerato estremamente fragile;
quindi lassorbimento della placenta una sostanza vivente da parte di
un albero noto come cos longevo era visto come di aiuto al bambino perch stabilisse un collegamento pi forte con la vita e vivesse anche una
lunga vita []. I Lummi, che pure loro ponevano la placenta nel ceppo di
un albero grande e robusto, erano soliti fissare la placenta ai rami pi
alti del cedro se volevano che il bambino crescesse audace e coraggioso, Molti riti Tlingit finalizzati ad estendere la durata della vita si focalizzavano su un albero cresciuto sul limite della foresta. I pannolini sporchi
dei neonati e i piatti e i vestiti di ragazze puberi segregate venivano bruciati e battuti contro vecchi ceppi dalbero per assicurare agli infanti e
alle ragazzine una lunga vita []. Lalbero stesso era impiegato per legare gli abiti di un sopravvissuto durante dei riti aventi lo scopo di impedire il ricorrere di un annegamento []. Una persona stregata doveva andare nella foresta per pregare gli alberi o confessare le sue malefatte
[]. Si pensava che la forza spirituale degli alberi tenesse lontani i pericoli associati alle stregonerie e alle malattie. Era anche vista come un
mezzo per raggiungere il grado di pulizia necessario per partecipare ai
riti, in quanto secondo le credenze la pulizia attraeva la benevolenza degli esseri sovrannaturali. Il legno e la corteccia di cedro erano ritenuti
avere speciali propriet detergenti, particolarmente efficaci contro la
contaminazione associata alla morte. Tra i Kwakiutl ci si poteva proteggere il corpo dal decomporsi come il cadavere con cui si era stati in contatto strofinando la pelle contaminata con sfilacci di corteccia di cedro
[]. Gli alberi, perci, erano chiaramente fondamentali veicoli culturali
per la comunicazione di idee e valori significativi (Mauz 1998, 237-240;
trad. mia).
89
tivata (curata dal Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi) nella quale lautrice, Barbara De Luca, fa vedere la costruzione
dellalbero come persona da parte degli informatori bellunesi
da lei intervistati sul campo. Questa importante ricerca mostra
come gli uomini che avevano un diretto rapporto con gli alberi
focus della ricerca (meli e peri), parlavano di ognuno di essi in
maniera personale. Di ogni albero essi ricostruivano con precisione la biografia: provenienza, origine, spostamenti, cure e
modifiche apportate, malattie e guarigioni, innesti praticati,
modalit di fruttificazione, rami, fiori, semi o germogli, tutto veniva registrato con precisione per ogni albero. La biografia era
perfettamente descritta, lalbero era identificato e personalizzato. Lalbero infine, veniva anche nominato con il nome di colui o colei che lo possedeva, o che lo aveva portato nella zona, o
che per primo lo aveva coltivato. Il nome umano di quellalbero
(per esempio il pero di Ilo, il melo della Romana) diventa il
nome della variet di frutti. Da questo deriva la possibilit di
una biografia anche per gli alberi. Alberi-persona.
Vale la pena riportare un lungo brano con le testimonianze di
un informatore privilegiato, denominato con la sigla GR.
90
qualche albero con questi polloni svizzeri; GR dice che non sapeva dove
metterli e allora: questo albero era sopra le viti mi rompeva le scatole
e allora lho messo qua, ho messo una triangolata, ed eccolo qua!.
Lui stesso, ancora, ha portato un innesto dalla zona delle Maiolre, dove
andavano con le mucche, una mela piatta, che ha un po di ruggine e
dopo dentro fa lolio, dentro fa le chiazze verdi di olio, mele che si mettono via, non vanno mai mangiate subito, ma dopo almeno un mese, matura dopo raccolta, diventa pi tenera pi saporita, subito non si mangiano, sono dure, ma quando viene dicembre sono una favola, si conservano nelle cassette, in cantina
Cos da questi molteplici racconti, cominciamo a capire che questi alberi spesso sono arrivati qui da qualche altra parte, portati da qualche altra persona, ricordano altri individui, richiamano altri luoghi: la geografia di questa biodiversit ricca di micro-biografie, e intreccia sul territorio le piante con le persone.
Questi sono meli che vengono dalle busete di puni, da Peschir, in Medhant.
Mio padre era andato in Illinois e ha portato a casa una vite che pian piano ha diffuso dappertutto, in dieci quindici anni lha diffusa in tutto il Veneto, uva americana, perch tutti gli chiedevano degli innesti unuva
molto profumata.
Questi peri vengono grandi cos, pieni di sugo, di questo ho preso linnesto alla Roncogna, da mio suocero, maturano a fine agosto, non sono
da commercio, ma da mangiare.
Racconta anche che alcuni meli sono stati portati dallAmerica, lui ne
sicuro, suo padre si chiamava Giuseppe, di soprannome era Pin, e quelle mele le aveva portate dallAmerica proprio lui, in paese poi le chiamavano le mele del Pin, al pomo del Pin, una mela molto forte, che dura fino
a giugno senza farci niente, si conservava nelle soffitte, a giugno diventava flaccida, non molle ma fipa, si seccava addirittura. Suo padre
emigrato in America dopo la Grande Guerra, ritorn nel 1924. Ci racconta che era normale che portassero gli innesti dai paesi di emigrazione,
c stato in paese anche unaltra persona che ha portato unaltra mela.
Gli innesti li portavano con le navi, li mettevano nei bauli e poi qua li innestavano30 (De Luca 2006, 58-61).
91
92
di lui non vi sar pi traccia. So che esiste il paradiso anche per gli alberi, gli animali e tutto ci che vive sulla terra (Corona 1998, 80-81).
93
94
Mi lasciavo alle spalle Cavazzale, ma restavo sempre immerso nel bosco di roveri. Tutti i dintorni di Vicenza non erano un tempo che boschi e
paludi, pensavo. Boschi tagliati e paludi bonificate. Eppure, malgrado i
boschi siano stati annientati ed effettivamente fatti fuori, nonostante le
zone paludose siano state prosciugate e definitivamente bonificate,
pensavo mentre camminavo, Vicenza e i dintorni di Vicenza restano luoghi malsani e insicuri, insidiosi, pericolosi e spesso letali. Proprio come
un tempo, pensavo, percorrendo il bosco di roveri, a ogni pi sospinto si
pu incontrare un animale feroce, continuamente si corrono rischi mortali. Dietro ogni albero pu essere nascosta la nostra fine. Eppure alberi non ce ne sono pi, pensavo. Roveri non ce ne sono pi e cedri ce ne
sono ormai pochissimi. Una volta, pensavo per la Marosticana, cerano
le risaie e ora le risaie posso solo immaginarmele, cos come mi immagino di camminare per un bosco mentre non cammino affatto per un bosco. Mi immagino di correre in lungo in largo per il bosco, proprio come
un lupo, ululando come un lupo. A volte esco anche di notte, mi inoltro
nel bosco anche di notte, perch di notte tutto pi tranquillo. Anche se
le notti sono effettivamente pi tranquille del giorno, pensavo, anche se
si sentono molti meno rumori che durante il giorno, se uno tende un attimo lorecchio, ecco che i rumori li sente eccome anche di notte [...]. Allora, pensavo, alle tre o alle quattro del mattino, esco e mi metto a correre per il bosco. Corro in lungo e in largo, corro in ogni direzione, traverso le strade senza guardare, scavalco le recinzioni che mi viene voglia di scavalcare. I lupi, lo so, non si arrampicano sugli alberi, ma io mi
arrampico anche sugli alberi, pensavo camminando per la Marosticana.
Scavalco tutte quelle assurde recinzioni, mi introduco silenzioso in tutti
questi ridicoli giardini recintati. Giro intorno a tutte queste case di cattivo gusto, pesto sotto i piedi tutti gli ortaggi che crescono in questi orti
recintati del cazzo, pensavo, e ululo come un vero lupo in un vero bosco.
Io non sono un lupo, pensai. Questo non un bosco. Questa in tutto e
per tutto una palude, pensavo lungo la Marosticana. Laria laria malsana delle paludi. Malsana questaria lo di sicuro, pensavo. Vi sono dei
periodi, spesso destate, ma anche dinverno, in cui laria assolutamente ferma e ferma rimane per giorni, a volte per delle settimane.
Non c ricambio daria. [...] Non importa quanto questo respiro si faccia difficoltoso, affannoso; non ci importa un accidente dellaria che respiriamo: respiriamo e questo quanto. Ci attacchiamo alla vita in
modo vergognoso e, impassibili, continuiamo a respirare senza nessuna esitazione questaria avvelenata, comportandoci come se non ci vergognassimo affatto. vergognoso che io sia ancora in vita, mi dissi
CONCLUSIONI
Da questo excursus in luoghi lontani e vicini, tra nativi sconosciuti e personaggi illustri, informatori etnografici o scrittori,
vediamo storicamente concretizzata la possibilit di instaurare
con lalbero una sorta di rapporto co-costruito, fatto di somiglianze e di apparentamenti tra umani e albero, di relazioni, di
mutui scambi, di intrecci biosociali. Considero che una tale costruzione sociale sia indispensabile tanto quanto le cure forestali o la presenza di vivai o le politiche urbanistiche. La citt
diffusa infatti ha bisogno di ri-costruire un diverso rapporto con
il mondo vegetale, un nuovo costrutto biosociale. Gli esempi qui
riportati possono costituire una traccia dalla quale partire per
ricostruire atteggiamenti e pratiche pi rispettose della vitalit
del grande vivente.
Nella citt diffusa la costruzione negativa della de-vitalizzazione dovrebbe lasciar spazio a una nuova costruzione di una ri-vitalizzazione degli elementi del paesaggio e della natura che
sono stati finora troppo lacerati.
La bio-socialit umana deve essere una forma di dialogo e contrattazione onesta tra uomo e ambiente, poich se lessere
umano un locus of growth entro un campo di relazioni, e lambiente un ambiente di interpenetrazioni, un groviglio di lifelines, la buona riuscita della coesistenza risulter da un equilibrio delle componenti umane e non umane. Se una delle due
parti sar in sofferenza, lintreccio sar debole e sbilanciato e
prima o poi mostrer le fenditure. La corda si spezzer.
E la forma di relazione delluna con laltra mostrer la qualit
del collettivo che si venuto formando di umani e non umani. Umani e alberi. Mostrer la qualit sia degli alberi che degli
umani.
32
33
34
35
95
36
96
37
38
97
Guillaud, D.
2008 Larchogographie: pour une reconnaissance du pass dans
lespace, Echogo, 4, echogeo.revues.org/2278.
Indovina, F.
1990 La citt diffusa, IUAV-DAEST, Venezia.
1999 La citt diffusa: cos e come si governa, in F. Indovina (a cura
di), Territorio. Innovazione. Economia. Pianificazione. Politiche, DAEST, Venezia, pp. 47-59.
2005 La nuova dimensione urbana. Larcipelago metropolitano, in M.
Marcelloni, (a cura di), Questioni della citt contemporanea, Franco
Angeli, Milano.
Indovina, F. (a cura di)
2009 Dalla cit diffusa allarcipelago metropolitano, Franco Angeli,
Milano.
Indovina, F., Fregolent, L., Savino, M. (a cura di)
2005 Lesplosione della citt, Editrice Compositori, Bologna.
Ingersoll, R.
2004 Sprawltown, Meltemi, Milano.
Lavigne, C.
2003 De nouveaux objets dhistoire agraire pour en finir avec le bocage et lopenfield, tudes rurales, 167-168.
Legambiente
2009 Costruire citt senzauto. Dossier 2009, Fondazione Legambiente Innovazione, Milano.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Micelli, E.
1996 La casa della citt diffusa. Le ragioni dellinvestimeno immobiliare negli insediamenti a bassa densit, Economia e societ regionale, 3, pp. 70-92.
200
Moreno, D.
1990 Dal documento al terreno. Storia e archeologia dei sistemi agrosilvo-pastorali, il Mulino, Bologna.
Moreno, D., Montanari, C.
2008 Il lato oscuro del paesaggio: per una ecologia storica del paesaggio rurale in Italia, in C. Teofili, R. Clarino (a cura di), Riconquistare il
paesaggio. La Convenzione Europea del Paesaggio e la Conservazione
della Biodiversit in Italia, WWF Italia-MIUR, Roma, pp. 159-175.
Moro, P., Martina, G., Gri, G. P. (a cura di)
2000 Lincerto confine: vivi e morti, incontri, luoghi e percorsi di religiosit nella montagna friulana, Atti dei seminari I percorsi del sacro. Anime che vagano, anime che ritornano, Associazione della
Carnia. Amici dei Musei e dellArte, Arti Grafiche, Udine.
Munarin, S., Chiara, M.
2001 Tracce di citt, Franco Angeli, Milano.
Ostermann, V.
1894 La vita in Friuli. Usi, costumi, credenze, pregiudizi e superstizioni popolari, Del Bianco, Udine.
Pavia, R.
2002 La citt della dispersione, Meltemi, Roma.
Pellegrini, P.
2010 Le trasformazioni della citt diffusa del Veneto centrale. Premessa per la riconcettualizzazione del sistema della mobilit del territorio, rice.iuav.it/149/.
Pellegrini, P., Fabian, L. (a cura di)
2012 On mobility 2. Riconcettualizzazioni della mobilit nella citt diffusa, Marsilio, Venezia.
Perusini, G.
1961 Vita di popolo in Friuli, Olschki, Firenze.
Piazzini, M.
2010 La citt diffusa delle Marche, Urbanistica Informazioni.
2011 Territori della diffusione: Marche, Toscana e Veneto, in S. Viviani (a cura di), XXVII Congresso Inu. Livorno 2011. Contributi al dibattito: sezioni regionali, commissioni, gruppi di studio, Inu, Roma.
Solnit, R.
2002 Storia del camminare, Bruno Mondadori, Milano.
Turri, E.
2000 La Megalopoli Padana, Marsilio, Venezia.
Vallerani, F., Varotto, M.
2005 Il grigio oltre le siepi. Geografie smarrite e racconti del disagio
in Veneto, Nuova Dimensione, Portogruaro.
Watteaux, M.
2005 Sous le bocage, tudes rurales, 175.
2009 La dynamique de la planimtrie parcellaire et des rseaux routiers en Vende mridionale. tudes historiographiques et recherches archogographiques, Dottorato di Archeologia, Universit Parigi 1 Panthon-Sorbonne, relatore Gerard Chouquer.
NADIA BREDA
IL GRANDE VIVENTE NELLA CITT DIFFUSA
Adams, W.M., Milligan, M.,
2003 Decolonising Nature. Strategies for Conservation in a PostColonial Era, Earthscan Publications, London.
Alambic Conspiracy
2012 Ex SS251 Strada della Val di Zoldo e Val Cellina, Circolo culturale Menocchio-Alambic Conspiracy, Montereale Valcellina.
Anatra, M.
The.green.architect/I ficus dellex-caserma Trieste. Documento di
studio per la tutela, dispensa consultabile in www.martanatra.altervista.org.
Bottini, F.
2011 La Legge di
view/16612/0/150/.
ZAC!,
archivio.eddyburg.it/article/article-
Breda, N.
2001 Pal. Inquieti paesaggi tra natura e cultura, Cierre, Verona.
2009 Terzo Veneto, Terzo paesaggio. Indagini antropologiche su ambiente e ambientalisti in Veneto, Ri-Vista. Ricerche per la progettazione del paesaggio, 12.
2010 Bibo, dalla palude ai cementi. Una storia esemplare, CISU,
Roma.
2011 Viventi, anarchie, compensazioni. Antropologia dellambiente e
Terzo paesaggio in Veneto e dintorni, in F. Lai, N. Breda (a cura
di), Antropologia del Terzo paesaggio, CISU, Roma, pp. 31-51.
2012 Periferia diffusa: perduzioni in Veneto, in C. Papa (a cura di),
Letture di paesaggi, Guerini Associati, Milano, pp. 205-222.
2014 Ad uso e consumo di nuovi ambientalismi, in Ph. Descola, Oltre
la natura cultura, SEID, Firenze.
Cederna, A.
1966 Caccia allalbero, lEspresso, 30 ottobre, consultabile in archivio.eddyburg.it/article/articleview/16617/0/249.
CENU, Commissione federale detica per la biotecnologia nel settore
non umano
2008 La dignit della creatura nel regno vegetale. La considerazine
morale delle piante in quanto tali, CENU, Berna.
Cipolla, F.
2013 Trecento anni e qualche acciacco. Fontane vuole salvare il suo gelso, la tribuna di Treviso, 21 agosto, ricerca.gelocal.it/tribunatreviso/archivio/tribunatreviso/2013/08/21/NZ_20_01.html?ref=search.
Clment, G.,
2005 Manifesto del Terzo paesaggio, Quodlibet, Macerata (ed. or.
Manifest du Tiers paysage, Sujet/Objet, Paris 2004).
2009 LHomme symbiotique, www.gillesclement.com.
2010 Les jardin de rsistance. Reve en sept points pour une gnralisation des jardins de rsistence, www.gillesclement.com.
2011 Il Giardino in movimento, Quodlibet, Macerata (ed. or. Le jardin
en mouvement, Sens&Tonka, Paris 1994).
Parco nazionale Dolomiti Bellunesi. Indagini agronomiche ed etnobotaniche sulle variet dellagricoltura tradizionale, Parco Nazionale
Dolomiti Bellunesi, Feltre. Versione integrale della ricerca pubblicata in www.evidenzia.it/pndb/ebook/Biodiversita/Default.html.
Descola, Ph.
2001 Anthropologie de la nature, Leon inaugurale, Collge de
France, www.college-de-france.fr/media/lecons-inaugurales/
UPL52665_LI_159_Descola.pdf.
Dufour, A.-H.
2001 LArbre familier en Provence, disud, Aix-en-Provence.
ECNH, Federal Ethics Committee on Non-Human Biotechnology
2008 The Dignity of Living Beings with Regards to Plants. Moral Consideration of Plants for Their own Sake, www.ekah.admin.ch/en/documentation/publications/index.html.
Ferry, L.
1992 Le nouvel ordre cologique, Grasset, Paris.
Gregolin, A.
2008 Gli uomini che vivono sugli alberi, www.storiecredibili.it
/2010/08/il-piccolo-popolo-che-vive-sugli-alberi/.
Hill, J. B.
2002 La ragazza sullalbero, TEA, Milano.
Ingold, T., Palsson, G.
2013 Biosocial Becomings. Integrating Social and Biological Anthro
pology, Cambridge University Press, Cambridge.
Keller, E. F.
1987 Sul genere e la scienza, Garzanti, Milano.
Lai, F., Breda, N. (a cura di)
2011 Antropologia del Terzo Paesaggio, CISU, Roma.
Lanternari, V.
2003 Ecoantropologia. Dallingerenza ecologica alla svolta etico-culturale, Bari, Dedalo.
Colazilli, A.
2013 A chi fa paura lalbero? La fobia malsana e dilagante dellalbero killer, scritto il 7.12.2013 per il Coordinamento Nazionale per
gli Alberi e il Paesaggio (www.conalpa.it).
Corona, M.
1998 Le voci del bosco, Biblioteca dellImmagine, Pordenone.
Marder, M.
2013 Plant-Thinking. A Philosophy of Vegetal Life, Columbia University Press, New York.
Custodero, A.
2011 Alberi troppo vicini, fuorilegge migliaia di strade, archivio.eddyburg.it/article/articleview/16583/0/99/.
2005 Par-del nature et culture, dition Gallimard, Paris.
2013 Lecologia degli altri. Lantropologia e la questione della natura,
Linaria, Roma.
De Luca, B.
2006 Costruzioni di biodiversit: contadini artisti e custodi, giochi di
innesti e nomi di frutti, in N. Breda et al., Biodiversit coltivata nel
Mauze, M.
1998 Northwest Coast Trees: From Metaphors in Culture to Symbols
for Cultures, in L. Rival (a cura di), The Social Life of Trees, Berg,
Oxford-New York.
Mbembe, A.
2005 Postcolonialismo, Meltemi, Roma.
Melchiorre, M.
2005 Requiem per un albero, Spartaco, Santa Maria Capua Vetere.
201
Menghetti, L.
2010 Lodiato albero milanese, archivio.eddyburg.it/article/articleview/15138/1/140, consultato il 5/5/2015.
ANTONINO MARGUCCIO
ESERCIZI DI RIPROGETTAZIONE
Patterson, C.
2003 Uneterna Treblinka. Il massacro degli animali e lOlocausto,
Editori Riuniti, Roma.
Astengo, G.
1953 La ricerca dun metodo scientifico, in Ministero dei Lavori Pubblici (a cura di), I piani regionali. Criteri di indirizzo per lo studio dei
piani territoriali di coordinamento in Italia, Ministero dei Lavori Pubblici, Roma.
Pajossin, S.
2012 Una etnografia della vita sociale degli alberi a Firenze, tesi di Laurea Magistrale in Studi Geografici e Antropologici, Firenze a.a.
2011/2012, relatrice prof.ssa Nadia Breda, Premio Laura Conti 2012.
Pulcinelli, C.
2012 Pannocchie da Nobel. Storia e storie di Barbara McClintock,
Editoriale Scienza, Firenze-Trieste.
Ray, J.
1999 Ecology of a Cracker Childhood, Milkweed, Minneapolis.
Rival, L.
1998 The Social Life of Trees. Anthropological Perspectives on Tree
Symbolism, Berg, Oxford-New York.
Settis, S.
2010 Paesaggio, costituzione, cemento. La battaglia per lambiente
contro il degrado civile, Einaudi, Torino.
Costa, V.
2003 La verit del mondo. Giudizio e teoria del significato in Heidegger, Vita e Pensiero, Milano.
Shah, V.
2011 Our Understanding of Life, Thought Economics, gennaio,
thoughteconomics.com/our-understanding-of-life/, consultato
l11 febbraio 2015.
Dorigo, W.
2006 La citt e il territorio: gerarchie e relazioni nella lunga durata, in
A. Marson (a cura di), Il progetto di territorio nella citt metropolitana, Alinea, Firenze.
Shiva, V.
2006 Il bene comune della terra, Feltrinelli, Milano.
Ernesti, G.
2004 Il progetto come esperienza e storia. Considerazioni a margine
del Project Work Venezia-Lisbona, in A. Marguccio, Le forme del piano oscillano, Il Poligrafo, Padova.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Razac, O.
2001 Storia politica del filo spinato, Ombre Corte, Verona.
202
Calthorpe, P.
1993 The Next American Metropolis. Ecology, Community, and the
American Dream, Princeton Arcitectural Press, New York.
2004 Foreword, in H. Dittmar, G. Ohland (a cura di), The New Transit Town. Best Practices in Transit-Oriented Development, Island
Press, Washington DC.
2011 Urbanism in the Age of Climate Change, Island Press, Washington DC.
Stone, C. D.
1972 Should Trees Have StandingToward Legal Rights for Natural
Objects, Southern California Law Review, 45, pp. 450487.
Trevisan, V.
2002 I quindicimila passi: un resoconto, Einaudi, Torino.
2010 Tristissimi giardini, Laterza, Roma-Bari.
Vallerani, F.
2013 Italia desnuda. Percorsi di resistenza nel Paese del cemento, UNICOPLI, Milano.
Faludi, A.
2000 Decisione e pianificazione ambientale, Dedalo, Bari.
Laurini, R.
2001 Information Systems for Urban Planning. A Hypermedia CoOperative Approach, Taylor & Francis, London-New York.
Zanzotto, A.
2007 Per i miei 85 anni, limmaginazione, 230, maggio.
Magnaghi, A.
1995 Per uno sviluppo locale autostenibile, Materiali, 1, Centro AZeta, Firenze.
2000 Il progetto locale, Bollati Boringhieri, Torino.
Zelter, A.
1998 Grassrots Campaigning for the Worlds Forests, in L. Rival (a
cura di), The Social Life of Trees. Anthropological Perspectives on
Tree Symbolism, Berg, Oxford-New York.