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PSYCHOMEDIA - Alfredo Civita - L'io e i suoi affanni

28.04.12 00:31

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Sezione: MODELLI E RICERCA IN
PSICHIATRIA

PSYCHOMEDIA
Telematic
Review

Area: Psicopatologia

L'io e i suoi affanni


di Alfredo Civita

Relazione letta al convegno Crisi e Cronicit, Reggio Emilia, Sabato 2 dicembre 2000

1. Premessa
L'argomento centrale del mio intervento il concetto di Io. L'intervento diviso in tre parti.
Nella prima parte presenter una teoria psicologica relativa alla natura dell'Io e alla sua posizione
all'interno dell'apparato psichico. E' una vecchia teoria freudiana che ha ormai quasi un secolo di vita e
che ciononostante mi sembra ancora molto utile.
Nella seconda parte presenter un esempio clinico - una crisi psicotica - che cercher di commentare
impiegando i concetti della teoria di Freud.
Nella terza parte, sulla base degli argomenti esposti, svilupper alcune rapide considerazioni di ordine
filosofico.
2. Il modello strutturale dell'apparato psichico
Il titolo del mio intervento - L'io e i suoi affanni - allude a una celebre opera di Freud: L'io e l'Es
(1922) (1). In questo breve e densissimo scritto Freud dipinge l'Io come "una povera cosa, soggetta a
un triplice servaggio, e che quindi pena sotto le minacce di un triplice pericolo: il pericolo che incombe
dal mondo esterno, dalla libido dell'Es, dal rigore del Super-io" (OSF, 9, p. 517).
Pi oltre aggiunge che a ciascuno dei tre pericoli che incombono sull'Io corrisponde una specifica
forma di angoscia. L'angoscia qui intesa come l'espressione dell'arretrare di fronte al pericolo. L'Io,
dunque, sperimenta l'angoscia quando, non essendo in grado di portare a termine le sue molteplici e
ardue incombenze, si ritrae dal pericolo. Ci accade se non riesce a svolgere la sua opera di mediatore
in rapporto alle pressioni pulsionali dell'Es; se non riesce a far fronte agli eventi e alle richieste del
mondo esterno; se si lascia schiacciare dalla severit e dall'oppressione colpevolizzante del Super-io.
L'Io, scrive Freud, "la vera e propria sede dell'angoscia" (OSF, 9, p. 518). L'angoscia non per un
sentimento indifferenziato. Ognuna delle situazioni sopra indicate genera un'angoscia specifica:
angoscia nevrotica se l'Io si arrende all'Es, angoscia reale se si arrende al mondo esterno, angoscia
morale se la resa riguarda il Super-io.
Sviluppando liberamente questo ordine di idee, potremmo ipotizzare che, da un punto di vista
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fenomenico, l'angoscia reale e quella morale corrispondono rispettivamente all'angoscia persecutoria e


all'angoscia depressiva descritte da Melanie Klein.
In un'opera del 1923, intitolata Nevrosi e psicosi, Freud fornisce una rappresentazione schematica, ma
assai efficace delle manifestazioni patologiche dei conflitti nei quali l'Io s'imbatte allorch cede dinanzi
a uno dei pericoli che lo minacciano: "la nevrosi di traslazione [isteria, nevrosi ossessiva] corrisponde
al conflitto tra l'Io e l'Es, la nevrosi narcisistica [malinconia] a quello tra l'Io e il Super-io, la psicosi a
quella tra l'Io e il mondo esterno" (OSF, 9, p. 614).
3. Il concetto di Io
Anche chi non sia freudiano fino in fondo, dovr comunque riconoscere che il modello strutturale
dell'apparato psichico ancora degno di interesse e di studio. In particolare in esso implicito, a mio
parere, un concetto di Io alquanto convincente. Proviamo a riformulare le tesi di Freud evitando la
terminologia psicoanalitica.
L'Io una formazione psichica organizzata e coerente che presenta le seguenti principali
caratteristiche. Attraverso gli organi sensoriali si trova a diretto contatto con il mondo esterno e con il
corpo, del quale controlla la motilit volontaria. A eccezione di alcune attivit, l'Io cosciente sia delle
sensazioni che riceve dal mondo esterno o dall'organismo, sia delle iniziative motorie e cognitive che
pone in essere di propria iniziativa, sia di gran parte delle emozioni che si sviluppano nell'apparato
psichico (una di queste emozioni, per esempio, proprio l'angoscia). L'Io possiede infine un'imponente
attrezzatura cognitiva: memoria, attenzione, pensiero, immaginazione, pianificazione di condotte
finalistiche.
Sulla base di queste capacit e funzioni, l'Io tenta di assolvere ai suoi molteplici compiti che possono
essere schematizzati come segue.
L'Io deve controllare i desideri e i timori che ci abitano, ma che l'Io non pu riconoscere interamente
come propri. Non li pu riconoscere, perch sono incompatibili con le regole che lo strutturano e che
organizzano il suo normale funzionamento.
L'Io deve essere forte a sufficienza per sopportare il senso di colpa e di svilimento che lo invade
quando, per debolezza o per tracotanza, ha compiuto qualcosa che in seguito vive come indegno,
riprovevole, imperdonabile, meritevole di punizione. A tutti capita di desiderare il male o addirittura la
morte di qualcuno; a tutti capita di tradire o di recare sofferenza a una persona che amiamo e che ci
ama; ognuno talvolta avido, ingiusto, fraudolento e cos via. In casi del genere il compito dell'Io
duplice: vivere l'inevitabile senso di colpa che questi fenomeni suscitano, ma non soccombervi.
Ancora, l'Io deve essere capace di tollerare le ansie, le sofferenze, le frustrazioni, gli innumerevoli
affanni che la gestione del mondo esterno porta con s nei vari comparti dell'esistenza: gli affetti, lo
studio, il lavoro, i rapporti sociali, le malattie proprie e delle persone care.
Usando una terminologia pi concreta, possiamo tentare di approfondire il discorso nel modo seguente.
E' l'Io - e se no chi altri? - che la mattina deve alzarsi dal soffice letto e andare a scuola o al lavoro,
cercando di fare ci che ha da fare nel migliore dei modi. E' l'Io che a volte si stanca fino allo
spossamento, e al quale, negli innumerevoli intrecci dell'esistenza, tocca di provare rabbia, scoramento,
tristezza, odio e quant'altro. Ed sempre l'Io che, malgrado tutto, ha il compito di resistere.
Ma le pene dell'Io non finiscono qui. Giacch all'Io che accade di sperimentare il dolore e la malattia.
Infine, l'Io che invecchia e va consapevolmente incontro alla morte; laddove l'Es e il Super-io del
trascorrere del tempo e dell'avvicinarsi della fine non hanno alcuna cognizione.
La missione dell'Io sembra dunque quella di soffrire senza annientarsi. Ma a ben pensarci questo non
del tutto esatto. L'Io deve anche poter essere sereno, se non addirittura felice. E non solo: deve
divertirsi e vivere il godimento sessuale. In gergo si dice che a tal fine spesso necessaria "una
regressione al servizio dell'Io". Come dire, per accedere al godimento bisogna che l'Io attinga alle sue
parti infantili, alle fantasie nascoste - senza per esagerare. Tra i compiti dell'Io c' dunque perfino
quello di saper sperimentare la serenit, la gioia e un maturo piacere sessuale.
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4. Un esempio clinico
Descriver ora brevemente, a titolo esemplificativo, una storia clinica sfociata in una grave crisi
psicotica. La presentazione di questo esempio finalizzata alla seguente domanda: chi entra in crisi
nella crisi? Anticipo la mia risposta: all'Io e soltanto all'Io appartiene la possibilit di entrare in crisi e,
nel peggiore dei casi, di impazzire.
Ferdinando ha oggi 29 anni, figlio unico e vive con i genitori. Lo seguo privatamente da cinque anni.
Nei primi tre anni di terapia, il paziente, che ha un diploma di maturit classica, non studia, non lavora,
non ha amici, n tanto meno una fidanzata, ed esce di casa solo per venire alle sedute. Il mondo esterno
gli fa orrore. Mentre il mondo interno - simbolizzato dalla sua casa - lo rassicura, permettendogli anche
di vivere le gioie e le pene di un perfetto rapporto fusionale con la madre. Il padre sembra assente.
Il paziente lamenta gravi sintomi ossessivi concentrati sul corpo e in particolare sulla pelle. Trascorre
molte ore davanti allo specchio per accertarsi che la pelle non presenti imperfezioni. Nei periodi di
crisi le preoccupazioni ossessive evolvono in autentiche idee e percezioni deliranti. Ferdinando
disperatamente convinto di essere un mostro che nessuno vorr amare o avere come amico (2). Sia
pure tra molte prevedibili difficolt, la terapia inizia e si sviluppa in modo soddisfacente. Ferdinando
s'impegna profondamente, dimostrando peraltro di possedere una capacit di insight veramente
notevole. I sintomi ossessivi si attenuano abbastanza presto, mentre pi lentamente e laboriosamente
comincia a svilupparsi il desiderio di rompere il legame con la madre e rendersi autonomo. Nasce il
bisogno di uscire, di avere degli amici, una fidanzata, di trovarsi un lavoro e magari una casa propria. Il
caldo bozzolo della seduzione narcisistica - per dirla con Racamier (1992) - si sta schiudendo,
Ferdinando inizia a esplorare il mondo esterno.
La svolta decisiva si verifica pochi mesi or sono. Ferdinando s'innamora perdutamente - troppo
perdutamente, senza dubbio - di una ragazza, Elena, con la quale si fidanza. La sua vita cambia
completamente, al punto che nel giro di poche settimane si trova un lavoro per quanto precario. Le
prospettive sembrano le pi rosee. Ma c' una difficolt: Elena presenta dei gravi disturbi psichici,
probabilmente anche un certo ritardo mentale; quando fanno conoscenza, essa da tempo ricoverata in
una struttura psichiatrica.
Che cosa passa per la mente di Ferdinando? Gli passa per la mente che Elena non realmente
ammalata, ma la vittima innocente di una famiglia sgangherata, e in particolare di una madre
incredibilmente subdola e maligna. Forse in parte ha ragione, ma il progetto che gli viene in mente
foriero di sventure. Fidando nella forza dell'amore e di un'indiscutibile intelligenza, Ferdinando si
mette in testa di istruire e quindi di guarire Elena dalla sua irreale malattia. La sua idea, davvero
onnipotente, di salvare Elena da se stessa e soprattutto dalla madre. Il progetto, naturalmente, va
incontro a mille complicazioni e alla fine crolla del tutto. Si scatena a questo punto la crisi psicotica
(3). Come altre volte, ma mai in maniera cos violenta e drammatica, Ferdinando perde il controllo,
comincia a fare a pezzi la casa, si avventa contro i genitori, armato di un vetro di bottiglia. Il padre
reagisce e lo picchia con estrema violenza. Viene chiamata la polizia, l'ambulanza. Seguono una visita
al pronto soccorso, per curare le ammaccature provocate dal padre, e poi il ricovero in un reparto di
psichiatria.
Che cosa entrato in crisi nella personalit di Ferdinando? Come ho anticipato, la mia opinione che
in questo, come in ogni altro caso, la possibilit della crisi appartiene unicamente alla compagine
psichica che chiamiamo Io. Il parlare di una crisi dell'Es o del Super-io logicamente ed
evidentemente privo di senso.
Impiegando i concetti introdotti in precedenza, possiamo ipotizzare che l'Io, ancora cos fragile e
confuso, di Ferdinando abbia ceduto e si sia ritirato di fronte a una specifica minaccia proveniente dalla
realt. La realt in questione la grave malattia di Elena che egli s'illudeva magicamente di guarire. La
minaccia la prospettiva di dover gestire realisticamente una situazione tanto difficile: dovrebbe infatti
essere in grado di amare e progettare un futuro con una ragazza gravemente disturbata e invischiata in
un inestricabile groviglio familiare. Di fronte a una simile prospettiva, l'Io di Ferdinando si arrende e si
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rifugia nell'universo della psicosi: Elena una povera demente, lui un mostro, i genitori, che lo hanno
messo al mondo e sono quindi la causa della sua mostruosit, non hanno mai capito e tanto meno
capiscono adesso la sua sconfinata disperazione. Per fortuna un briciolo di ragione - una briciola di Io,
potremmo dire - ancora presente e lo mette a riparo da esiti pi funesti. E' infatti Ferdinando stesso
che chiede e insiste di essere ricoverato. Pur non avendo mai sperimentato un ricovero, egli intuisce
che il reparto ospedaliero rappresenta al momento l'unico possibile contenitore della sua angoscia (4).
4. Qualche spunto filosofico
Confrontiamo le due seguenti proposizioni.
A: "Il ponteggio crollato sotto il peso della neve".
B: "L'Io crollato sotto il peso della realt".
La domanda da cui possiamo partire questa: A e B sono ambedue delle proposizioni descrittive, ossia
proposizioni che rappresentano in modo oggettivo uno stato di cose?
Senza andare troppo per il sottile, giacch su questo punto alcuni filosofi non sarebbero d'accordo,
possiamo tuttavia affermare con buona sicurezza che A a pieno titolo una proposizione descrittiva.
Una semplice e precisa dimostrazione di questa affermazione che A pu essere vera o falsa. Per
esempio, pu accadere che i periti accertino, al di l di ogni dubbio, che il crollo del ponteggio stato
provocato da un cedimento del terreno che era troppo friabile per sorreggerlo. Se questo il caso,
allora "A falsa". Se invece i periti stabiliscono che il ponteggio era stato installato a regola d'arte, ma
crollato a causa di un'eccezionale nevicata, ne consegue che "A vera" (5).
Consideriamo ora B: "L'Io crollato sotto il peso della realt". In che senso questa proposizione pu
essere giudicata vera oppure falsa? In base a quali criteri pu essere operata una simile valutazione?
Naturalmente i criteri che qui si richiedono devono essere obiettivi. In estrema sintesi, ci significa che
la comunit degli esperti ne condivide la validit. Per esempio, la determinazione del grado di friabilit
di un terreno viene compiuta con metodi la cui affidabilit riconosciuta dall'intera comunit degli
esperti. Qualunque valutazione puramente soggettiva - che prescinda dal funzionamento del criterio non avrebbe alcuna voce in capitolo.
Torniamo alla nostra domanda: esistono per la proposizione B dei criteri di questo genere? La risposta
ovviamente negativa. Gli unici criteri che possono essere qui utilizzati sono di natura clinica e sono
quindi irrimediabilmente relativistici (6). Per rendersene conto basta pensare a come verrebbe descritta
la crisi del mio paziente da un cognitivista, da uno psichiatra di indirizzo biologico, da un aderente al
modello sistemico e cos via.
Ma se B non descrittiva, che tipo di proposizione ? Come funziona, a cosa serve? Lo spunto per una
risposta lo troviamo in uno dei pi grandi filosofi del nostro tempo, Ludwig Wittgenstein. Nelle sue
Ricerche filosofiche (1953), Wittgenstein ha introdotto il concetto di vedere come (7).
Egli parte da una figura ambigua, ideata dallo psicologo Jastrow, che pu essere vista come una testa di
lepre oppure come una testa d'anatra. Ciascun modo di vedere incompatibile con l'altro, anche se,
spostando opportunamente lo sguardo, si pu passare dall'uno all'altro.
Che una persona veda la figura come lepre o come anatra, dipende - come hanno dimostrato gli
psicologi della Gestalt - da un complesso di fattori che per semplicit possiamo riferire al concetto di
orientamento visivo. Se l'orientamento muta in una determinata maniera, muta anche la percezione:
non pi lepre ma anatra, o viceversa.
La figura di Jastrow intrinsecamente ambigua. Nessuno dei due modi di vedere arbitrario, ma
nessuno dei due pi vero o pi corretto dell'altro. Le figure ambigue funzionano cos. La ragione e il
torto, il vero e il falso, non sono applicabili.
Per capire pi a fondo il senso di questo discorso, consideriamo quest'altra situazione. C' una forchetta
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sul tavolo, e uno se ne esce con questa affermazione: "Io questa cosa la vedo come una forchetta".
E' chiaro che in questo caso il parlare di un vedere come del tutto improprio. Vedere come implica la
possibilit di vedere in un altro modo. Ma una forchetta una forchetta, e non possibile, attraverso un
riorientamento visivo, vederla in un altro modo, per esempio come un cucchiaio o una pentola. La
stragrande maggioranza degli oggetti che popolano il nostro universo visivo sono come la forchetta.
Non sono ambigui, e noi non li vediamo come, ma li vediamo, semplicemente.
Possiamo tentare adesso di applicare questo ordine di idee al nostro problema, prendendo le mosse
dalla seguente ipotesi. Molti, anzi moltissimi aspetti della vita umana sono ambigui, in un senso
diverso e tuttavia analogo alle figure ambigue studiate dagli psicologi. Una forchetta una forchetta, e
anche un pensiero un pensiero: ma in quanti diversi modi pu essere visto e descritto un pensiero, o
anche un sentimento o un'azione - per esempio l'azione di aggredire i genitori?
Certo anche una forchetta pu essere descritta in modi diversi. Un'elegante forchetta d'argento verrebbe
descritta in termini completamente diversi da un gourmet e da un orafo. Tuttavia, per quanto molto
diverse, le due descrizioni resterebbero compatibili, e potrebbero essere sovrapposte, l'una arricchendo
l'altra. Pensate invece a come verrebbe descritto un pensiero da uno psicoanalista e da un cognitivista.
La compatibilit qui da escludere (8). O si accetta una descrizione o si accetta l'altra, esattamente
come nel vedere come in rapporto a figure ambigue.
Se poi prendiamo in esame l'Io, le differenze tra i modi di descriverlo diventano sconcertanti. Che cos'
l'Io: un'entit sostanziale, una struttura psichica, una funzione, un mero oggetto teorico, un flatus
vocis?
Possiamo a questo punto tornare al nostro quesito. A cosa serve e come funziona la proposizione B:
"L'Io crollato sotto il peso della realt"?
La risposta ormai a portata di mano. B esprime un vedere come. Essa non fornisce la descrizione
oggettiva di uno stato di cose, ma ci d la rappresentazione di una realt umana, intrinsecamente
ambigua, a partire da uno specifico orientamento, quello psicoanalitico, che include non solo
convinzioni teoriche ma anche una peculiare visione del mondo e della natura umana (9).
Bibliografia
Civita A., Saggio sul cervello e la mente, Guerini, Milano 1993.
Civita A., Introduzione alla storia e all'epistemologia della psichiatria, Guerini, Milano 1996.
Freud S., L'io e l'Es (1922), OSF, vol. 9, Bollati Boringhieri, Torino.
Freud, S., Nevrosi e psicosi (1923), OSF, vol. 9, Bollati Boringhieri, Torino.
Racamier, P.C., (1992), Il genio delle origini. Psicoanalisi e psicosi, a cura di C.M. Xella, Cortina,
Milano 1993.
Wittgenstein L., (1953), Ricerche filosofiche, a cura di M. Trinchero, Einaudi, Torino 1974.
Wittgenstein L., (1980), Osservazioni sulla filosofia della psicologia, a cura di R. De Monticelli,
Adelphi, Milano 1990.
NOTE
(1 ) Do qui per presupposta la conoscenza di questo scritto di Freud.
(2) Tra le cose che pensa, l'Io pensa e valuta anche a se stesso. Si fa una rappresentazione di se stesso.
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Nella psicoanalisi postfreudiana questa rappresentazione stata chiamata il S. Quando, nei momenti
critici, Ferdinando convinto di essere un mostro, il suo S subisce evidentemente un drastico e
terrificante processo degenerativo.
(3) La crisi ha luogo alla fine delle vacanze di Natale. Il giorno successivo il paziente sarebbe dovuto
venire in seduta da me. Com' naturale, questa una circostanza di grande rilevanza in rapporto al
transfert. Ma per approfondire la questione occorrerebbe troppo tempo e devo quindi lasciarla da parte.
(4) Questa non una semplice congettura. Ferdinando stato dimesso e la terapia ripresa. Che farsi
ricoverare significasse proteggersi, un punto che subito venuto in luce con precisione.
(5) Per semplicit limitiamo il discorso alla verit o falsit di una proposizione. Ma l'argomento
potrebbe essere sviluppato prendendo in considerazione i giudizi probabilistici. I periti potrebbero per
esempio giungere alla conclusione che A ha un valore di probabilit del 70%.
(6) Nel senso che sono relativi a un determinato modello teorico e sono validi solo al suo interno.
(7) Il tema del vedere come trattato ampiamente da Wittgenstein anche nelle sue Osservazioni sulla
filosofia della psicologia (1980).
(8) Il punto che rende incompatibili le due descrizioni riguarda naturalmente il rapporto tra il pensiero,
in quanto processo intellettivo, e la vita emotiva.
(9) Abbiamo sviluppato pi ampiamente questo tema in Civita 1993 e 1996.

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