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Si riportano schemi, carte e materiali utilizzati a lezione. Questi appunti non sono in alcun modo
sostitutivi del manuale, ma solo integrativi.
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Anno 300
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I Barbari: cos chiamati dai Romani, da parole greca, erano popoli di tra-
dizioni diverse, che nel periodo delle invasioni dellimpero romano, con un
processo di etnogenesi, vennero a creare unidentit culturale germanica
(attorno alla tradizione dei Germani, di cui aveva gi scritto Tacito nel 98
d, C.).
CRISTIANESIMO E CHIESA
Cesaropapismo.
Concili convocati dagli imperatori, attribuzione di ecumenico spesso a
posteriori (ricezione del concilio).
Dispute teologiche:
Concilio di Nicea 325, contro larianesimo (Ario) e definizione della dot-
trina trinitaria (Atanasio: Lgos consustanziale al Padre; generato dal Pa-
dre, non creato), conclusa con il I Concilio di Costantinopoli 381 (Credo
niceno-costantinopolitano).
Concilio di Efeso 431, condannato Nestorio, si definiscono in Cristo due
nature (divina ed umana) in ununica persona (non in due persone, Maria
dunque theotkos, cio madre di Dio).
Concilio di Calcedonia 451, condannato il monofisismo (utiche), si riba-
discono le due nature di Cristo (e non la natura divina come unica o pre-
dominante).
ALCUNE DATE ED EVENTI PRINCIPALI
355 I Franchi Salii sospinti dai Sassoni varcano il Reno nella Gallia
settentrionale, accolti come foederati. Seguono i Franchi Ripuarii. Molti
entrano nellimpero romano.
375Gli Unni di Attila piombano su Alani e Ostrogoti, che a loro volta
premono sui Visigoti.
376I Visigoti oltre il Danubio, accolti come foederati in Tracia, ove
saccheggiano citt.
378 Battaglia di Adrianopoli. I Visigoti fatti slittare in Occidente.
REGNI ROMANO-BARBARICI
Antiochia era la prima citt in cui i cristiani assunsero questo nome; la cit-
t era sede dellaltra scuola teologica, contrapposta nei metodi a quella di
Alessandria.
Duo quippe sunt, imperator auguste, quibus principaliter mundus hic regitur:
auc- toritas sacra pontificum et regalis potestas.
Teodorico
LONGOBARDI
Origine scandinava. Leggenda: nome cambiato da Vinnili in Longobardi dal dio Odi-
no per le lunghe barbe.
Il popolo dei Winnili, sotto la guida dei fratelli Ibor e Aio, figli di Gambra, migr
dalla Scania verso sud, sulle coste meridionali del Mar Baltico e si stabil nella re-
gione chiamata "Scoringa" (odierna Germania settentrionale).
Ben presto i Winnili vennero in conflitto con i vicini Vandali, e si trovarono in dif-
ficolt poich il loro valore non bastava a compensare l'esiguit numerica.
Narra la leggenda che i capi dei Vandali pregarono il dio supremo Odino di conce-
dere loro la vittoria ma il dio rispose che avrebbe decretato il successo al popolo
che avrebbe visto per primo, il mattino della battaglia.
Gambra e i figli invece, ricorsero a Frigg, la moglie di Odino, che diede loro il
consiglio di presentarsi sul campo di battaglia al sorgere del sole: uomini e donne
insieme, queste con i capelli sciolti fin sotto il mento come fossero barbe.
Al sorgere del sole Frigg fece s che Odino si girasse dalla parte dei Winnili e il
dio, quando li vide, chiese: Chi sono quelli con le lunghe barbe?.
Al che la dea rispose: Poich hai dato loro un nome, dai loro anche la vittoria. E
cos fu...
- attuano una conquista ed una dominazione, senza alcun rapporto con l'impero
(nessuna hospitalitas o foederatio);
- si insediano per FARE, ripartizione tribale-familiare con antenato comune, con a
capo un duca;
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Ai Bizantini restano: Esarcato, Pentapoli (Marche), ducato romano col "corridoio bi-
zantino" fortificato (via Amerina) che lo collega a Ravenna, parti costiere della Cam-
pania (Napoli, Amalfi), della Puglia meridionale (Bari) e della Calabria; Sicilia, Sar-
degna, Corsica.
- Si attua per la prima volta la divisione politica del territorio italiano, che reste-
r fino all'unit (17 marzo 1861).
Re longobardi:
ALBOINO (+ 572)
CLEFI (572-574)
ANARCHIA MILITARE (574-584), il periodo pi duro della conquista longobarda,
fuggono ecclesiastici cattolici, molte diocesi restano a lungo senza vescovo; nella la-
guna veneta inizia a nascere Venezia con i profughi che vi si rifugiano; il patriarca di
Aquileia fugge a Grado. 577 Montecassino distrutta dal duca di Benevento Zottone.
nuovi re longobardi:
UTARI (584-590) sposa Teodolinda, figlia del duca di Baviera, cattolica. I duchi
(circa 30) concedono al re 1/3 dele terre. Il re li controlla con funzionari (gasindi) ed
ha collaboratori legati a lui da fedelt personale, in cambio di doni (gasindi).
AGILULFO (590-616) sposa anche lui Teodolinda. Il figlio Adaloaldo battezzato con
rito cattolico (603). Dialogo con papa Gregorio I Magno.
ADALOALDO (616-625 reggenza della madre) 626 deposto dai duchi ariani.
Solo gli arimanni (liberi longobardi) portano le armi e partecipano alle assem-
blee del popolo. I latini conservano "diritti civili" (propriet - salvo confische -
compravendita, matrimonio, eredit, ecc.).
Rest la personalit del diritto, almeno fino a Rtari. I chierici, di qualunque
stirpe siano, sono assimilati ai romani.
**********
590 eletto papa su spinta popolare. Prende il titolo di servus servorum Dei (servo dei
servi di Dio) invece che di "ecumenico" come il patriarca di Costantinopoli.
596 invia una missione per convertire gli Angli presso Etelberto re del Kent; gruppo
di monaci con a capo l'abate di S. Andrea, Agostino, consacrato vescovo, che pose la
sede a Canterbury (che rester sede del primate di Inghilterra). La chiesa inglese sa-
r legata a Roma fino allo scisma di Enrico VIII.
Riforma liturgica e probabilmente anche del canto (gregoriano).
Dialogi in 4 libri. sulle vite dei santi monaci occidentali. Il II dedicato per intero a
S. Benedetto.
Omelie sui Vangeli (40), Omelie su Ezechiele, Regola pastorale inviata ai vescovi,
molte lettere per mantenere il collegamento con le chiese.
Organizza i patrimoni fondiari della chiesa di Roma (fino alla Sicilia), servendosene
per sfamare la popolazione romana tra guerre e pestilenze.
Attivit politica con i Longobardi e di difesa del territorio romano dagli attacchi dei
duchi di Spoleto e di Benevento e dello stesso re Agilulfo. Ma riesce ad iniziare il
dialogo per il tramite di Teodolinda, bavara e cattolica, fino al battesimo cattolico di
Adaloaldo.
ARIOVALDO (626-635) eletto dai duchi ariani.
RTARI, ariano (636-652):
643 EDITTO DI ROTARI, codificazione scritta delle leggi (e delle tradizioni) longo-
barde, in lingua latina. La fida (vendetta personale e familiare) in gran parte sosti-
tuita dal GUIDRIGLDO, pena pecuniaria data in parte alla parte lesa, in parte al re).
Previste pene capitali per la lesa maest ed il complotto contro il re. Probabilmente
l'editto valeva per tutti i sudditi del regno, con un parziale superamento della persona-
lit del diritto.
LIUTPRANDO 712-744
San Michele Arcangelo, principe delle milizie celesti, era il protettore dei
Longobardi.
Alla fine del V secolo il suo culto si diffuse rapidamente in tutta Europa anche
in seguito allapparizione dellArcangelo sul Gargano, in Puglia.
Secondo la tradizione infatti, apparve nel 490 a san Lorenzo Maiorano, ve-
scovo di Siponto e, indicatagli una grotta sul Gargano, lo invit a dedicarla al
culto cristiano.
In quel luogo fu edificato il Santuario di San Michele Arcangelo, una delle
principali mete del pellegrinaggio nel Medio Evo.
La corona ferrea
Papa Gregorio I avrebbe donato uno dei chiodi della croce di Cristo - trovata
nel IV sec. da Elena, madre di Costantino - a Teodolinda, regina
dei Longobardi, che fece fabbricare una corona ferrea e vi inser il chiodo, ri-
battuto a forma di lamina circolare.
La tradizione che legava la corona alla Passione di Cristo e al primo imperato-
re cristiano ne faceva un oggetto di straordinario valore simbolico, che legava
il potere di chi la usava a un'origine divina e ad una continuit con l'impero
romano.
La Corona Ferrea fu usata dai re Longobardi, e poi da Carlo Magno e dai suoi
successori, per l'incoronazione dei re d'Italia.
L'Italia tra Bizantini e Longobardi
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Anno 600
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FRANCHI
507 vittoria di Vouill contro Alarico II, ucciso in battaglia; i Visigoti la-
sciano ai Franchi lAquitania.
732 vittoria di Poitiers contro gli arabi, che nel 711 avevano iniziato la
conquista della Spagna e provano a spingersi oltre i Pirenei.
MONACHESIMO
Monachi o monzontes da mnos, solo.
Origini dal III sec., sviluppo nel IV e boom nel V.
Forme eremitica (remos = deserto), isolata;
cenobitica (koins=comune, bos=vita), comunitaria con a capo labate o la
badessa).
-Antonio eremita in Egitto (met sec. III-ca 356), discepolo del monaco
Paolo; Vita Antonii scritta da Atanasio, tradotta in latino da Girolamo.
-Pacomio Egitto ca 292-346, cenobita autore di una regola e fondatore di un
cenobio maschile e di uno femminile.
-Basilio (329-379), monaco poi vescovo di Cesarea dal 370. Autore di una
regola cenobitica molto diffusa in Oriente.
Fuga mundi, militia Christi, ascesi, monastero come anticipo in terra della
Gerusalemme celeste, stabilitas loci, regola, preghiera e lavoro manuale:
sono le caratteristiche principali del monachesimo.
- Irlanda: il monachesimo viene portato da Patrizio (ca 389-461) che era
stato a Lrins. Organizz la chiesa irlandese come chiesa di monasteri,
nella quale i monaci avevano sotto la loro guida spirituale non solo i fedeli,
ma anche clero e vescovi. Grande impegno culturale nei monasteri.
La spinta evangelizzatrice porter i monaci irlandesi a percorrere il
continente, soprattutto con Colombano (ca 543-615), monaco a Bangor,
fondatore di monasteri rimasti famosi come Luxeuil in Francia, S. Gallo
(fondato da suo nipote) in Svizzera, Bobbio in Italia, sullAppennino
presso Piacenza, dove mor.
I monaci irlandesi diffusero la confessione auricolare ed i Libri
penitenziali.
La regola cenobitica ebbe origine al tempo della predicazione degli apostoli. Infatti
si form a Gerusalemme quella moltitudine di credenti di cui si parla negli Atti degli
Apostoli: La moltitudine dei fedeli aveva un cuore e un'anima sola; nessuno consi-
derava suo quello che possedeva ma avevano tutto in comune; Vendevano le loro
terre e i loro beni e dividevano il ricavato tra tutti secondo i bisogni di ciascuno. E
ancora: Nessuno era povero tra di loro: tutti quelli che possedevano terre e case le
vendevano e mettevano il ricavato ai piedi degli apostoli: tutto veniva distribuito a
seconda dei bisogni di ciascuno [Atti 4, 32-35]. Tutta la Chiesa allora viveva come
ora solo pochissimi vivono nei cenobi. Ma dopo la morte degli apostoli la massa dei
credenti cominci a perdere fervore [...] e sempre pi il fervore della fede si riduceva
man mano che aumentava il numero dei giudei e dei pagani che si convertivano, e al-
lora non solo quelli che si erano convertiti alla fede di Cristo, ma anche i principi del-
la Chiesa attenuarono molto la primitiva disciplina [...].Ma quelli che erano ancora
spinti dal fervore apostolico, fedeli al ricordo di quella antica perfezione, si allontana-
rono dalle citt e dalla compagnia di coloro che credevano fosse lecito per loro e per
la Chiesa di Dio condurre una vita rilassata; cominciarono a ritirarsi in luoghi
disabitati e deserti e a praticare privatamente e per conto proprio quelle norme di vita
che essi ricordavano essere state stabilite dagli apostoli per lintera Chiesa. Si form
cosi quella regola, di cui abbiamo parlato, praticata da quei discepoli che si erano
sottratti alla contaminazione degli altri. A poco a poco, con il passare del tempo, si
isolarono dalla massa dei credenti per il fatto di astenersi dal matrimonio, di tenersi
lontani dai parenti e dalla vita del mondo, si chiamarono monaci o
[monzontes] a causa dell'austerit della loro vita solitaria. Inoltre, dalle comunit che
essi costituiva- no, presero il nome di cenobiti e le loro celle e i loro alloggi si
chiamarono cenobi.
Questo fu lunico genere di monachesimo nei tempi pi antichi, il primo non solo da
un punto di vista cronologico, ma anche il primo per santit. Si conserv per molti
anni assolutamente integro fino allepoca degli abati Paolo e Antonio e ancor oggi ne
vediamo le tracce negli austeri cenobi.
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Espansione
dei centri
monastici,
sec. V-VII
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Questi riunirono le divinit degli Arabi nella KABA (dado, cubo), dedicata al culto
della divinit maschile di Hubal
La tradizione islamica lo consider come il primo tempio dedicato al culto mo-
noteistico:
il primitivo edificio era stato distrutto dal Diluvio Universale, ma se ne mise in
salvo un pezzo: la Pietra Nera, nascosta nelle viscere di una montagna presso
La Mecca ed estratta per la sua opera di riedificazione da Ibrhm (Abramo) aiu-
tato dal figlio Isml (Ismaele biblico, che collocarono la Pietra Nera nell'an-
golo di Sud-Est dell'edificio, dove rimane incastonata.
Secondo la Genesi (16, 15) Ismaele nacque da Abramo e dalla schiava di Sara
Agar. Dopo che Sara partor Isacco, la sua gelosia verso Ismaele spinge Abra-
mo ad allontanare Agar e il loro figlio Ismaele nel deserto (Genesi 21, 8-21).
Ismaele prender in moglie una egiziana e sar considerato il progenitore degli
Arabi.
MAOMETTO
Nacque alla Mecca tra il 569 e il 571
Mercante, fece vari viaggi, che gli permisero di conoscere le religioni monoteistiche.
Rimase orfano,
spos Cadigia, una vedova facoltosa, e ci gli permise di dedicarsi senza problemi
economici alla sua riforma religiosa,
cui fu spinto dallapparizione dellarcangelo Gabriele nel 610 che gli avrebbe prean-
nunciato che sarebbe stato il profeta di Dio (Allah).
Testo sacro della nuova religione il CORANO (qurn = recitazione, lettura ad alta
voce). Contiene gli insegnamenti di Maometto e le rivelazioni avute da lui. Fu scritto
dopo la sua morte, ma ritenuto dettato da Dio direttamente in arabo
larabo diviene allora la lingua sacra
perch la lingua della rivelazione,
con le conquiste si sovrappone alle lingua locali.
2. Preghiera
Individuale: cinque volte al giorno, isolati dal suolo con un tappeto;
Collettiva: venerd, nella moschea, con il sermone dellimam.
LIMM il direttore della preghiera, non sacerdote, ma solo esperto nel Corano.
3. Digiuno
Si fa nel mese di Ramadn:
non si pu mangiare, bere, fumare, avere rapporti sessuali in tutti i giorni, dallalba al
tramonto.
Il mese inizia con il ricordo della rivelazione avuta da Maometto da parte di Allah e
termina con la grande festa di fine del digiuno.
4. Pellegrinaggio alla Mecca
Va fatto almeno una volta nella vita, il centro la Kaba con la pietra nera.
5. Elemosina
legale, dovuta dai pi ricchi alle moschee nella misura di un decimo dei propri gua-
dagni;
volontaria, ai poveri.
Non fa parte dei cinque pilastri il jhd (ghd) = lotta. Esso ha vari livelli:
- interiore, del fedele contro il male;
- contro la realt esterna per la diffusione della fede o per leducazione alla fe-
de;
- lotta armata per propagare lIslam.
Chi muore combattendo un MARTIRE, per il quale si apre subito il PARADI-
SO.
Il CORANO non pu rispondere a tutte le domande e le esigenze, per cui gli viene af-
fiancata la SUNNA = tradizione sul comportamento di Maometto
La sunna la base del diritto musulmano.
SECOLO VIII
b) di supremazia
politica (Constitutum Constantini seconda met sec. VIII, papa Adriano I,
772-795)
eliminazione pericolo longobardo
alleanza con potenza diversa dai bizantini, cio
751. Pipino (il Breve), mandata a Roma una delegazione a papa Zaccaria,
gli chiede il suo parere sui re dei Franchi discendenti dall'antica stirpe dei
Merovingi, che erano chiamati re, ma tutto il potere del regno stava presso
il maior domus, a parte il fatto che i documenti e i privilegi venivano sot-
toscritti col nome del re. Ed al Campo di Marte quello che era chiamato re,
visto dai popoli una sola volta all'anno, portato su un carro tirato da buoi e
sedendo in luogo elevato, riceveva pubblici doni offertigli solennemente,
col maggiordomo che stava di fronte e che annunciava ai popoli le cose
che andavano fatte successivamente in quell'anno; e cos, tornando il re al
palazzo, il maggiordomo amministrava tutti gli altri affari del regno. Lo
prega quindi di decidere chi di loro debba a diritto essere chiamato ed es-
sere re, quello che sieda sicuro a casa o quello che sopporta la cura di tutto
il regno e le molestie di tutti gli affari.
752 [751]. Il papa Zaccaria comanda al popolo dei Franchi, per l'autorit di
san Pietro apostolo, che Pipino, che usava del potere regio, fruisse anche
della dignit del nome. Cos il re Childerico, ultimo re dei Merovingi che
comand sui Franchi, fu deposto e mandato in monastero, mentre Pipino,
unto re dal santo arcivescovo Bonifacio nella citt di Suassons, fu innalza-
to all'onore del regno.
La falsa donazione di Costantino
(Constitutum Constantini, ed. H. Fuhrmann, Hannover 1968, pp. 56-98)
(11) E poich per la predicazione di Silvestro ho saputo di essere stato restituito inte- gro
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alla mia salute, abbiamo giudicato utile, con tutti i nostri satrapi e con tutto il se-
nato, con gli ottimati e tutto il popolo romano sottoposto al nostro impero glorioso,
che, come San Pietro appare costituito in terra quale vicario del figlio di Dio, cos i
pontefici, che fanno le veci dello stesso principe degli apostoli, ottengano, concesso
da noi e dalla nostra imperiale potest, un potere sovrano pi ampio di quello che
concesso alla terrena mansuetudine della nostra imperiale serenit, scegliendo che lo
stesso principe degli apostoli e i suoi vicari siano nostri saldi patroni presso Dio. E,
per quanto possibile alla nostra terrena imperiale potest, abbiamo deciso di onorare
la sua sacrosanta chiesa romana con la dovuta venerazione, e di esaltare gloriosamen-
te, pi del nostro impero e del nostro trono terreno, la santissima sede di San Pietro,
assegnandole potest, gloria, dignit, forza e onori imperiali.
(12) Pertanto decretiamo e sanciamo che essa tenga il primato sia sulle quattro prin-
cipali sedi di Antiochia, Alessandria, Costantinopoli e Gerusalemme, sia su tutte le
chiese di Dio esistenti su tutta la terra; e che ogni pontefice della Santa Romana Chie-
sa, sia il pi alto e principale di tutti i sacerdoti, e che secondo il suo giudizio siano
regolate tutte le cose che attengono al culto di Dio e servono a rendere salda la fede
dei cristiani. infatti giusto che la legge santa abbia la capitale del suo dominio l
dove il creatore delle sante leggi, il nostro Salvatore, dispone che San Pietro avesse la
cattedra del suo apostolato, dove egli, affrontando il supplizio della croce, bevve il
calice della morte beata e imit il suo maestro e signore; e che le genti chinino il capo
confessando la fede di Cristo l dove il loro dottore, l'apostolo San Paolo, ebbe la co-
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rona del martirio porgendo il collo ...
(13) Vogliamo che il popolo di tutte le genti e nazioni di tutta la terra sappia che nel nostro
palazzo del Laterano noi abbiamo costruito dalle fondamenta, in onore del
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Dignitari.
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Salvatore nostro, il Signore Dio Ges Cristo, una chiesa col battistero e che noi stes-
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si abbiamo portato sulle nostre spalle dodici corbe del materiale di scavo delle fon-
damenta, a imitazione del numero dei dodici apostoli. Questa chiesa noi abbiamo de-
cretato, che sia proclamata, venerata, onorata ed esaltata come capo e vertice di tutte
le chiese esistenti nel mondo, cos come abbiamo stabilito con un altro nostro impe-
riale decreto. Abbiamo altres edificato chiese in onore dei santi Pietro e Paolo, prin-
cipi degli apostoli, arricchendole doro e dargento, ed in esse abbiamo riposto con
grande onore i loro santissimi corpi, facendo costruire per essi sarcofaghi dambra,
il pi resistente dei materiali []. Queste stesse chiese [] abbiamo dotate di beni
fondiari e di altre ricchezze [].
(14) [] Concediamo agli stessi santi apostoli, miei signori, i santi Pietro e Paolo, e per
loro tramite anche al beato padre nostro Silvestro, sommo pontefice e papa
universale della citt di Roma, e a tutti i pontefici suoi successori che siederanno
nella sede di Pietro sino alla fine del mondo, e consegniamo immediatamente il
palazzo lateranense [], e poi il diadema, cio la corona del nostro capo, e, insie-
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me, il frigio ed anche il superumerale, ossia la fascia che suole circondare il collo
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dellimperatore, e, ancora, la clamide purpurea e la tunica scarlatta e tutte le vesti
imperiali, nonch la dignit dei comandanti dei cavalieri imperiali, conferendogli
altres gli scettri imperiali e, insieme, tutte le insegne, le bandiere e i diversi
ornamenti imperiali e tutto ci che procede dallaltezza del potere imperiale e
dalla gloria della nostra potest.
(17) Ed affinch la sommit pontificale non sia svilita, ma sia onorata pi della di- gnit
e della potenza della gloria dell'impero terreno, ecco che, trasferendo e la- sciando
al pi volte nominato beatissimo pontefice, il padre nostro Silvestro, papa
universale, e alla potest e giurisdizione dei pontefici suoi successori, il nostro pa-
lazzo e tutte le province, luoghi e citt di Roma e dell'Italia e delle regioni occi-
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Alla spada.
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La basilica del S. Salvatore, poi detta di S. Giovanni in Laterano.
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Ceste.
5 '
Copricapo corto, ornato all'intorno d'un cerchio d oro.
6
Corto mantello di origine militare.
dentali, determiniamo, con decreto imperiale destinato a valere in perpetuo, in vir-
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t di questo nostro editto e prammatico costituto , che essi ne possano disporre
[].
(18) Abbiamo pertanto ritenuto conveniente trasferire e trasportare il nostro im- pero e
la nostra regale autorit nelle regioni orientali ed edificare nella provincia di
Bisanzio, in unadattissima localit, una citt che avr il nostro nome, e stabilire
col la sede del nostro impero, poich l, dove dall'imperatore celeste stata stabi-
lita la capitale del principato dei sacerdoti e della religione cristiana, non giusto
che ivi eserciti il potere l'imperatore terreno.
(20) Convalidando con firma di nostra propria mano il foglio di questo nostro im-
periale decreto, lo abbiamo deposto sul venerando corpo del beato Pietro principe
degli apostoli, promettendo allo stesso apostolo di Dio di osservare inviolabilmen- te
tutte queste nostre concessioni, e di lasciar ordine che le osservino agli impera- tori
nostri successori, e le abbiamo trasmesse da possedere perennemente e felice- mente
al beatissimo padre nostro Silvestro sommo pontefice ed universale papa e at-
traverso di lui a tutti i pontefici suoi successori, con lapprovazione del signore Dio e
salvatore nostro Ges Cristo.
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Dato a Roma nel terzo giorno delle Kalende di Aprile , essendo consoli il nostro
signore augusto Flavio Costantino per la quarta volta e Gallicano, uomini illustris-
simi [315].
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Decreto imperiale di valore generale su questioni di diritto pubblico: il Constitutum Constantini..
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30 marzo.
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Anno 800
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Avvenimenti in Oriente:
797 Limperatrice Irene, reggente per il figlio Costantino VI (gi con il II Concilio di
Nicea, 787),
entra in contrasto col figlio e lo fa accecare, assumendo direttamente il potere.
Limpero non era mai andato ad una donna. Le due cose costituiscono un pretesto in
Occidente per considerare limpero vacante.
Avvenimenti a Roma:
Papa leone III (795-816) avversato dallaristocrazia romana. Accusato di spergiuro
ed adulterio, il 29 aprile 799, mentre in processione verso San Lorenzo in Lucina,
aggredito, ferito e imprigionato.
liberato da due inviati di Carlo e condotto a lui a Paderborn. Nell800
riaccompagnato sotto scorta a Roma, dove a fine novembre raggiunto da Carlo.
Il 23 dicembre Leone III viene giudicato da Carlo: per essere scagionato dalle accuse
degli avversari, dovette giurare sulla propria innocenza davanti a unassemblea di
ecclesiastici e laici presieduta da Carlo.
Due giorni dopo, il 25 dicembre, durante la messa di Natale, Leone III pose una
corona sul capo di Carlo, mentre patrizi e popolo acclamavano: Carolo augusto
(piissimo) magno et pacifico Romanorum imperatori vita et victoria.
la translatio imperii a Graecis in Francos.
La Translatio imperii
1
ANNALI DI LORSCH
E poich allora il titolo imperiale era vacante nelle terre dei Greci ed
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essi avevano per imperatore una femmina , parve giusto allo stesso papa
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Leone e a tutti i santi padri presenti nell'assemblea ed anche a tutto il
resto del popolo cristiano, di dover dare a Carlo, re dei Franchi, il no-
me d'imperatore, dal momento che egli aveva in suo potere la citt di
Roma, dove i Cesari sempre avevano avuto la consuetudine di risiedere,
e le altre residenze imperiali in Italia, in Gallia e in Germania. Poich
Dio onnipotente aveva permesso che tutte queste sedi venissero in suo
potere, a loro sembrava giusto che egli, con l'aiuto di Dio e a richiesta di
tutto il popolo cristiano, avesse tale dignit. Alla loro richiesta re Carlo
non volle opporre un rifiuto; ma, sottomettendosi al volere di Dio, e a
petizione dei sacerdoti e di tutto il popolo cristiano, nel giorno della na-
tivit di Nostro Signore Ges Cristo assunse il titolo d'imperatore con la
consacrazione di papa Leone.
ANNALI REGI.
Lo stesso giorno del santissimo natale del Signore, quando il re, prima
4
della messa, si alz in piedi dopo aver pregato davanti alla confessione
del beato apostolo Pietro, papa Leone gli pose sul capo una corona e tutto
il popolo romano acclam: A Carlo, augusto, coronato da Dio grande e
pacifico imperatore dei Romani, vita e vittoria. E dopo che si furono
1
Opera probabilmente dellabate Ratbodo, alunno e amico di Alcuino.
2 '
Irene, imperatrice bizantina vedova di Leone IV, che detenne senza legittimit il potere dal 797 all 802. Fu depo-
sta da una rivolta militare.
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Leone III (795-816).
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Piccola cella, posta sotto l'altare, nella quale erano riposte le spoglie o le reliquie di un santo martire.
cantate le lodi, egli fu adorato dal pontefice al modo degli antichi princi-
5
pi , e, deposto il titolo di patrizio, fu chiamato imperatore ed augusto.
Venendo Carlo a Roma per ristabilire l'ordine della Chiesa, che era molto
turbato, pass qui tutto l'inverno. Fu allora che egli ricevette il titolo
d'imperatore e di Augusto. In un primo momento, egli se ne mostr assai
contrariato, al punto d'affermare che, se avesse potuto prevedere l'inten-
zione del pontefice, quel giorno ancorch ricorresse una festivit im-
portantissima non sarebbe entrato in chiesa.
Ultimi adventus sui non solum hae fuere causae, verum etiam quod Romani Leonem
pontificem multis affectum iniuriis, erutis scilicet oculis linguaque amputata, fidem
regis implorare conpulerunt.
Idcirco Romam veniens propter reparandum, qui nimis conturbatus erat,
ecclesiae statum ibi totum hiemis tempus extraxit. Quo tempore imperato-
ris et augusti nomen accepit. Quod primo in tantum aversatus est, ut adfir-
maret se eo die, quamvis praecipua festivitas esset, ecclesiam non intra-
turum, si pontificis consilium praescire potuisset.
Invidiam tamen suscepti nominis, Romanis imperatoribus super hoc indignantibus,
magna tulit patientia. Vicitque eorum contumaciam magnanimitate, qua eis procul
dubio longe praestantior erat, mittendo ad eos crebras legationes et in epistolis fratres
eos appellando.
(in M. G. H., Scriptores, II, 28,p. 458)
Dopo di ci, essendo arrivato il giorno del natale del Signore nostro
Ges Cristo, tutti si riunirono nuovamente nella gi ricordata basilica del
beato apostolo Pietro. E allora il venerabile e glorioso pontefice, con
le sue
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Secondo il rituale bizantino.
proprie mani incoron Carlo con una preziosissima corona. Allora tutti
i fedeli romani, considerando tutto l'aiuto e l'amore che Carlo aveva mo-
strati verso la Santa Romana Chiesa e verso il suo vicario, per volere di
Dio e del beato Pietro, custode del regno dei cieli, gridarono
6
unanimemen- te a gran voce: A Carlo, piissimo augusto coronato da
7
Dio grande e pa- cifico imperatore, vita e vittoria . E dinnanzi alla
confessione del beato apostolo Pietro, il grido fu ripetuto tre volte, dopo
aver invocato molti santi; e Carlo fu eletto da tutti imperatore dei romani.
E subito il santissi- mo pontefice e vescovo unse con l'olio consacrato il
re Carlo, suo nobilis- simo figliolo, nello stesso giorno del natale del
Signore nostro Ges Cri- sto.
(Liber pontificalis, ed. Duchesne, II, Parigi, 1892, p. 7)
Teofane Confessore
6
Lattributo piissimo, di chiaro contenuto religioso, non compare in nessuna delle precedenti
cronache di parte carolingia.
7
Karolo augusto piissimo, a Deo coronato magno et pacifico Romanorum imperatori, vita et victo-
ria. Lacclamazione viene dopo lincoronazione per mano del papa, contrariamente al rituale bi-
zantino, che venne in parte seguito.
secuzione contro i monaci iconoduli, i due sposi decisero di separarsi e di di-
ventare monaci. Teofane, quindi, fond un monastero nei dintorni di Sigriane
e qui visse fino al 815-816, scrivendo la Cronografia che narra la storia dell'Im-
pero romano/bizantino dal 284 all'813, cio da Diocleziano a Leone V.
Quando Leone V (813-820) riprese la lotta contro le immagini sacre, Teofane si
oppose e fu punito con l'esilio a Samotracia, dove mor nell'817-818.
55
56
CARLO CARLOMANNO
re di Francia 877-884
I ceti sociali nella concezione (v. p. 248). Cristo che siede sullarcobaleno benedice i tre stati che
Dio d agli uomini, lo stato pastorale, militare e agricolo, cio ecclesiastici, cavalieri e contadini.
Loriginaria bipartizione in Chiesa e mondo, in clero e laici, sostituita dopo il IX secolo da una
tripartizione: il mondo dei laici diviso nel ceto elevato dei cavalieri e in quello inferiore dei servi e
dei contadini. Nella scritta sopra la figura si precisa che il Redentore si rivolge al papa,
allimperatore e ai contadini in quanto rappresentanti dei diversi ceti. Questo schema, che si attiene
al modello della Trinit, dur sino alla fine del Medioevo, nonostante la manifesta inadeguatezza,
perch qualera, ad esempio, il posto del mercante e del cittadino? I precetti di Cristo, riportati
accanto alle figure, si conformano al modello dellesametro in rima: Tu supplex ora, tu protege,
tuque labora (Tu prega supplice, tu proteggi e tu lavora campo). Lillustrazione, tratta
dallinfluente opera astrologica Pronosticatio in latino di Johann Lichtenberger del 1488, di cui si
ebbero fino al 1499 14 diverse edizioni, unincisione appartenente alledizione di Jacob
Meydenbach (Magonza 1492; legno n. 10082 fol. 6r) che in conformit con la scritta in alto
mostra alla testa del clero il papa, e a capo dei laici limperatore e un re.
61
Adalberone di Laon
La societ tripartita
Adalberone (ca 947 1030), dopo aver compiuto gli studi a Reims, divenne vescovo
di Laon nel 977. Prese parte alle vicende politiche e religiose del tempo, difendendo
lordine sociale.
Un esempio ne la sua opera pi significativa, il Carmen ad Robertum regem, un
poemetto in forma dialogica, scritto attorno al 1025 indirizzato al re di Francia Roberto
II 996-1031. In esso espressa la teoria dei tre stati della societ, una sorta di ideologia
giustificativa delle divisioni sociali.
... gli stati [della vita] sono tre. La legge umana distingue due condizio-
ni: il nobile e il servo, che non sono governati da una legge uguale...
Questi [i nobili] sono guerrieri, tutori delle chiese, difendono tutti gli
[uomini] del volgo, grandi e piccoli, e si difendono nello stesso modo.
I servi sono laltra parte [della societ]: questa misera razza non possiede
nulla senza dolore...
Ricchezze e vestiario sono procurate a tutti dal servo, infatti nessun uo-
mo libero capace di vivere senza servi...
Perci la casa di Dio, che si ritiene essere indivisibile, divisa in tre or-
dini: coloro che pregano, coloro che combattono e coloro che lavorano.
Questi tre ordini sono legati e inseparabili; le azioni di due ordini dipen-
dono dal lavoro di uno solo; ciascuno con alterne vicende presta aiuto a
tutti...
Il mondo stato in pace soltanto quando prevalsa la legge. Ormai spa-
risce ogni pace [poich] si indeboliscono le leggi; cambiano i costumi degli
uomini e cambia anche lordine della societ.
Re del regno anglosassone meridionale del Wessex dall871 all899, primo re del
Wessex a chiamarsi "Re d'Inghilterra". Venerato come santo dalla Chiesa cattolica.
Alfredo famoso per la sua difesa del regno contro i Danesi (Normanni), grazie
alla quale fu l'unico re inglese ad avere ottenuto l'epiteto di Grande. Condusse una
lunga guerra contro i Danesi che avevano occupato le regioni centrorientali dell'In-
ghilterra e, dopo vari scontri con esito alterno, inflisse loro una sconfitta decisiva nel-
la battaglia di Ethandun nell'878, tanto che il loro re, Guthrum, chiese il battesimo.
Da quell'anno divenne re degli Anglosassoni.
Di fronte al ritorno offensivo dei Danesi, Alfredo li sconfisse nuovamente
nell'896: gl'invasori erano definitivamente ricacciati, e nel regno subentrava la tran-
quillit che contrassegna i suoi ultimi anni di governo.
Uomo colto, Alfredo miglior il sistema di leggi dello stato con il Doom Book
(doom = giudizio o legge, destino; doomsday = giorno del giudizio universale), per-
ci fu detto "il Giustiniano inglese", tra laltro instaur, molto prima di Guglielmo il
Conquistatore, la massima romana e giustinianea che quel che piace al principe ha
vigore di legge (quod pricipi placuit legis habet vigorem).
Alfredo incoraggi l'istruzione e favor lo sviluppo della cultura traducendo o fa-
cendo tradurre dal latino testi di teologia e di storia. Intraprese una serie di traduzioni,
in anglosassone, da opere latine di maggior fama nel Medioevo, premettendovi pre-
ziose prefazioni, che rivelano il suo metodo e i suoi intenti: la Cura Pastoralis di
Gregorio Magno; la Historia adversus Paganos di Paolo Orosio; la Historia Eccle-
siastica gentis Anglorum, di Beda, orgoglio nazionale per gli Anglo-Sassoni; il De
consolatione Philosophiae di Boezio; traducendole, Alfredo contribuiva a creare la
prosa nazionale, meno sviluppata della poesia anglosassone.
Altre opere sono attribuite a lui. La pi importante l'Anglo-Saxon Chronicle, nel-
la quale Alfredo ebbe parte, se non direttamente, almeno indirettamente, con il dise-
gno ed il consiglio.
Beda il Venerabile (672/673 - 735)
Santo e dottore della Chiesa, uno dei maggiori eruditi dell'Alto Medioevo, edu-
cato e vissuto in due monasteri della Northumbria, S. Pietro e S. Paolo, cui fu affidato
dai parenti giovanissimo (verso il 680). Sacerdote a trent'anni, non ebbe incarichi ol-
tre all'insegnamento, cui sono rivolte molte sue opere e cui si ricollega la tradizione
della scuola di York. Compose commenti biblici, opere agiografiche, trattati didasca-
lici; fiss la dottrina dei quattro sensi della Scrittura (storico o letterale, morale, alle-
gorico, mistico o anagogico), trasmise nozioni fondamentali; con il De temporum ra-
tione diffuse il ciclo pasquale di Dionigi il Piccolo e il computo degli anni a partire
dalla nascita di Ges Cristo (era dionisiana ab incarnatione).
La sua opera pi nota la Historia ecclesiastica gentis Anglorum, che arriva
al 731.
Privilegium Othonis
Nel nome del Signore Iddio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo. Io Ottone, per grazia di Dio
augusto imperatore, insieme con Ottone, glorioso re, mio figlio, per disposizione della divina provvidenza,
mediante questo patto di riconferma, prometto ed offro a te, beato Pietro, principe degli Apostoli e custode
del regno dei cieli, e per te al vicario tuo, il sommo pontefice e universale papa Giovanni XII, con lo stesso
titolo di potere e di giurisdizione dai vostri predecessori sino ad ora esercitato, la citt di Roma con il suo
ducato e con il suo su- burbio e con tutti i villaggi e territorii montani e marittimi, spiagge e porti, assieme a
tutte le citt, castelli, for- tezze e villaggi della Tuscia... con tutte le localit e territorii di pertinenza delle
soprascritte citt, nonch l'esar- cato di Ravenna nella sua integrit, con le citt, circoscrizioni, fortezze e
castelli, i quali beni Pipino e Carlo, ec- cellentissimi imperatori di santa memoria, nostri predecessori,
trasferirono da tempo al beato Pietro e ai vostri predecessori con atto di donazione. Lo stesso dicasi del
territorio della Sabina, cos come da Carlo, nostro pre- decessore, fu concesso integralmente al beato apostolo
Pietro con atto di donazione; cos pure per ci che con- cerne i territorii della Tuscia Longobarda e i
territorii della Campagna [laziale]. Inoltre, a te, beato Pietro aposto- lo, e al tuo vicario papa Giovanni e ai
suoi successori, per la salvezza dell'anima nostra e di quelle di nostro fi- glio e dei nostri parenti, offriamo le
citt e le fortezze appartenenti al nostro proprio regno, e cio: Rieti, Ami- terno, Forcona, Norcia, Valva e
Marsica e, in altro territorio, Teramo con le sue pertinenze.
Tutte queste soprascritte province, citt e distretti, fortezze e castelli, villaggi e territorii, unitamente ai
demani, per la salvezza della nostra anima e di quelle di nostro figlio e dei nostri parenti e dei nostri
successori e per il bene di tutto il popolo dei Franchi, che Dio ha protetto e protegger, riconfermiamo, in
modo che le detengano nel diritto, nel governo nella giurisdizione, alla sopraddetta Chiesa tua, o beato
apostolo Pietro, e per te al vica- rio tuo, padre nostro spirituale, Giovanni, sommo pontefice, papa
universale ed ai suoi successori, sino alla fi- ne del mondo, fatto salvo il potere nostro e di nostro figlio e dei
1
nostri successori, come sancito nel patto, nel constituto e nella conferma di promessa di papa Eugenio e
dei suoi successori, laddove si specifica cos: che tutto il clero e tutta la nobilt del popolo romano a causa
delle varie violenze e delle irragionevoli incom- prensioni, che vanno eliminate, dei pontefici nei confronti
del popolo a loro soggetto, con giuramento si obbli- gano a far in modo che la futura elezione dei pontefici,
per quanto star nella volont d'ognuno, avvenga in forma canonica e secondo giustizia e che quegli che
sar chiamato a questo santo e apostolico reggimento non sia consacrato col consenso d'alcuno se prima
non faccia, alla presenza dei nostri messi o di nostro figlio ovve- ro di tutta la collettivit, per la
soddisfazione e futura salvezza di tutti, quella stessa promessa che il signore e padre nostro spirituale
2
Leone fece notoriamente di sua spontanea volont.
Questo patto fu stipuulato felicemente nell'anno dell'incarnazione del Signore 962, nell'indizione quinta,
tre- dicesimo giorno del mese di febbraio, correndo l'anno XXVII dell'impero dell'invitto imperatore Ottone.
ENRICO I 1031-1060
FILIPPO I 1060-1108
RE DEI FRANCHI ORIENTALI - GERMANIA
Gisela
sposa Eberardo marchese del Friuli
BERENGARIO I 888-924
IMPERATORE 915-924
in lotta con Guido di Spoleto (imperatore 889-894) e
suo figlio Lamberto (894), contrastato da Arnolfo di Carinzia
re di Germania, imperatore 896-897 (chiamato e incoronato da Formoso, 891-896),
poi imp. Lamberto 897-898.
Berengario in lotta con Ludovico di Provenza 898-905, infine incoronato
imperatore da Giovanni X (914-928) nel 915
Poi in lotta con Rodolfo di Borgogna che lo sconfigge nel 924.
OTTONE I DI SASSONIA
imperatore 962-973, sposa Adelaide di Borgogna 951
L'appello di Clermont-Ferrand
Versione del discorso di papa Urbano II al concilio di Clermont data da Fulcherio di Chartres (circa
1059-1127), partecipante alla prima crociata e cappellano di re Baldovino I di Gerusalemme e autore
della Hi- storia Hierosolymitana fino al 1127.
[Urbano II] vedendo che la fede della Cristianit veniva mandata in rovina ad opera di tutti; e che i principi
del- le terre erano in dissidio fra di loro con contese belliche senza posa; che la pace veniva del tutto
trascurata; i be- ni della terra erano rapinati ora dagli uni ora dagli altri; che molti venivano ridotti in
prigionia dopo essere sta- ti legati vergognosamente e venivano sepolti con gran ferocia in carceri orribili, e
venivano riscattati a prezzi esorbitanti oppure venivano fatti fuori segretamente; che i luoghi santi erano
violati; che monasteri e ville veni- vano dati al fuoco; che nessun mortale veniva risparmiato; che si irrideva
1
alle cose divine ed umane; avendo anche notizia che le regioni interne della Romnia erano state occupate
dai turchi a danno dei cristiani ed erano sottoposte con grave nocumento ai loro feroci assalti... [convoc un
concilio in Francia a Clermont-Ferrand, in- dicendo una tregua generale con minaccia di scomunica per chi
l'avesse infranta. Alla promessa di obbedienza dei presenti, Urbano II riprende il suo discorso]:
Poich, o figli di Dio, avete in questo modo promesso a Dio di conservare la pace presso di voi e di
mantenere fedelmente i diritti della Chiesa che vanno rispettati, non rimane altro che... voi dedichiate la valentia
della vostra probit ad un altro affare di Dio e vostro, essendo voi or ora stati fortificati alla divina
correzione. necessario in- vero che voi portiate soccorso con una marcia a tappe forzate ai vostri confratelli
che si trovano nella regione orientale, poich il vostro aiuto ormai pi volte stato invocato con suppliche. Li
hanno invasi, come gi stato detto alla maggior parte di voi, fino al mare Mediterraneo, precisamente a
2
quello [stretto] che chiamano Braccio di San Giorgio , i turchi, popolazione persiana, che nei pressi dei
confini della Romnia sconfissero in battaglia [i cri- stiani] occupando tratti sempre maggiori delle terre dei
cristiani, uccidendo o riducendo in prigionia molti, di- struggendo le chiese, devastando il regno di Dio. Se
voi permetterete loro di agire in tal modo senza essere distur- bati per un lungo periodo, essi schiacceranno i
fedeli di Cristo per un molto pi largo spazio. Per questo vi esorto con preghiera di supplice, non io ma il
Signore, che a tutti, di qualunque classe sociale, sia cavalieri che fanti, sia ricchi che poveri, con ripetute
emissioni di bandi, voi, araldi di Cristo, istilliate la persuasione che si diano da fare per sterminare dalle
nostre regioni quella stirpe nefanda e recare aiuto agli adoratori di Cristo. Lo dico ai presenti, lo mando a
dire agli assenti: Cristo invero lo comanda.
A tutti coloro che andranno in campagna militare col, se porranno fine alla loro vita durante la marcia o
durante la traversata del mare o nella guerra contro i pagani, spetter immediatamente la remissione dei
peccati... Si metta- no in marcia... contro gli infedeli per iniziare una guerra degna... coloro che un tempo
erano soliti alimentare ille- galmente lunghe guerre private anche contro i fedeli. Si facciano ora soldati
[cavalieri] di Cristo coloro che gi a lungo sono stati dei rapinatori; ora combattano legalmente contro i
barbari coloro che un tempo portavano le armi contro i fratelli e i consanguinei; ora si acquistino i premi
eterni coloro che a lungo furono mercenari per pochi soldi. Lavorino per un duplice onore coloro che si
affaticavano a danno del corpo e dellanima: anzi, coloro che qui sono disperati, che qui sono poveri, col
invece saranno felici e abbienti; qui nemici del Signore, col invece saranno suoi amici. Coloro che hanno
deciso di compiere la spedizione non rimandino la partenza, ma, dopo aver dato in affitto i propri beni e aver
raccolto i denari necessari alle spese, al cessare della bruma e al sopravvenire della primavera, con il Signore
alla loro guida, si mettano decisamente in marcia.
Fulcherio di Chartres, Historia Hierosolymitana, ed. H. Hagenmayer, 1, 3, 2-8, pp. 132-
138.
1 2
Note: Impero bizantino. Il Bosforo.
La presa di Gerusalemme
1. Fonte araba
Ibn Al-Athir (1160-1233) compose una storia del mondo islamico fino al 1231 (628 dell'era mu-
sulmana).
Gerusalemme apparteneva a Tag ad-dawla Tutsh [fratello del sultano selgiuchide Malik Shah] che l'aveva
con- cessa in feudo all'emiro Suqmn ibn Artq il Turcomanno. Ma, quando i franchi vinsero i turchi sotto
Antio- chia e ne fecero strage, questi si indebolirono e dispersero e allora gli egiziani, vista la debolezza dei
turchi, marciarono su Gerusalemme sotto il comando di al-Afdl ibn Badr al-Giamali e l'assediarono. Erano
nella citt Suqmn e Ilghazi figli di Artq, il loro cugino Sunig e il loro nipote Yaquti. L'egiziano mont
contro Gerusa- lemme pi di quaranta macchine da assedio, che demolirono vari punti delle mura; gli
abitanti si difesero e la lotta e l'assedio durarono pi di quaranta giorni. Alla fine gli egiziani si
insignorirono della citt per capitolazio- ne nello shabn del 489 [agosto 1096: la data in realt agosto
1098]. Al-Afdl tratt generosamente Suqmn, Ilghazi e i loro compagni, fece loro larghi donativi e li lasci
andare; ed essi si recarono a Damasco e poi passa- rono l'Eufrate e Suqmn si ferm ad Edessa, mentre
Ilghazi se ne and nell'Iraq. Gli egiziani misero come luo- gotenente in Gerusalemme un certo Iftikhr ad-
dawla, che vi rest fino al momento di cui parliamo.
Contro Gerusalemme mossero dunque i franchi dopo il loro vano assedio di Acri, e giunti che furono la
cinsero d'assedio per oltre quaranta giorni. Montarono contro di essa due torri, l'una delle quali dalla parte di
Sion, e i musulmani la bruciarono uccidendo tutti quelli che erano dentro; ma l'avevano appena finita di
bruciare che ar- riv un messo in cerca d'aiuto, con la notizia che la citt era stata presa dall'altra parte; la
presero infatti dalla parte di settentrione, il mattino del venerd ventidue shabn [492 = 15 luglio 1099].
La popolazione fu passata a fil di spada e i franchi stettero per una settimana nella terra menando strage dei
musulmani. Uno stuolo di questi.si chiuse a difesa nell'Oratorio di Davide, dove si asserragliarono e
combatte- rono per pi giorni; i franchi concessero loro la vita salva ed essi si arresero e, avendo i franchi
tenuto fede ai patti, uscirono di notte verso Ascalona e l si stanziarono. Nel Masgid al-Aqsa invece i franchi
1
ammazzarono pi di settantamila persone , tra cui una gran folla di imm e dottori musulmani, devoti e
asceti, di quelli che avevano lasciato il loro paese per venire a vivere in pio ritiro in quel luogo santo. Dalla
Roccia predarono pi di quaranta candelabri d'argento, ognuno del peso di tremilaseicento dramme, e un
gran lampadario d'argento del peso di quaranta libbre siriane; e, dei candelabri pi piccoli, centocinquanta
d'argento e pi di venti d'oro, con altre innumerevoli prede.
I profughi di Siria arrivarono a Baghdd nel mese di ramadn, col cadi Abu Sa'd al-Hrawi, e tennero nella
cancelleria califfale un discorso che fece piangere gli occhi e addolor i cuori. Il venerd vennero nella
moschea cattedrale e chiesero aiuto, piansero e fecero piangere, narrando quel che i musulmani avevano
sofferto in quel- la citt santa: uomini uccisi, donne e bambini prigionieri, averi predati. Per i gravi disagi
sofferti, arrivarono a rompere il digiuno.
I vari principi musulmati furono tra loro discordi, come diremo, e i franchi poterono cos rendersi padroni
del paese.
Ibn Al-Athir, X, 193-195, ed. Tornberg, tradotto in Storici arabi delle crociate,
a cura di F. Gabrieli, Torino, 1969, pp. 12-14.
1
Cifra esagerata, ma significativa.
2. Fonte cristiana
Raymond ricevette un'educazione religiosa nel monastero di Vzelay. stato un cronista della Pri-
ma Crociata (1096-1099), alla quale partecip al seguito dell'esercito provenzale che il conte Rai-
mondo IV di Tolosa condusse fino a Gerusalemme; fu quindi testimone oculare degli eventi. Le sue
tracce si perdono dopo la conquista di Gerusalemme.
Durante la conquista di Gerusalemme da parte dei crociati furono uccisi tanti nemici che
in templo et in porticu Salomonis equitabatur in sanguine usque ad genua et usque ad frenos equo-
rum
(nel tempio e nel portico di Salomone si cavalcava nel sangue fino alle ginocchia e fino alle briglie
dei cavalli).
GOFFREDO DI BUGLIONE
Duca della Bassa Lorena
(1099-1100)
BALDOVINO I
(1100-1118)
morto senza eredi diretti
Da un ramo secondario disceso dalla sorella di Eustachio di Boulogne, anche lei di nome Ida,
sposa di Baldovino di Le Bourg conte di Rethel
succede
BALDOVINO II
(1118-1131)
BALDOVINO III
(1143-1162. Raggiunge la maggiore et nel 1145, AMALRICO I
ma la madre gli concede di regnare, dopo scontri, nel 1152) (1162-1173)
Muore senza eredi diretti Sposa in prime nozze
Agnese di
Courtenay
Sibilla BALDOVINO IV
Sposa (1173-1185)
in prime nozze in seconde nozze Muore senza eredi
Guglielmo del Monferrato GUIDO DI LUSIGNANO
8
9
(1186-1192)
BALDOVINO V
(1185-1186)
NEL 1187 GERUSALEMME CONQUISTATA DAL SALADINO
Guido di Lusignano diviene re di Cipro, mantenendo il titolo di re di Gerusalemme
Dopo Guido di Lusignano si susseguono i seguenti re di Gerusalemme:
Croce ad otto punte (ottagona) o biforcata (con i bracci patenti e terminanti in due
punte aguzze), detta Croce di Malta
SIGILLO DEI POVERI CAVALIERI DI CRISTO O DEL TEMPIO (TEMPLARI)
Due cavalieri sullo stesso cavallo, con la scritta circolare: Sigillum militum XPIsti (Christi). Simbolo
di povert e fratellanza; ed anche della duplice natura dell'Ordine, monastico e militare.
Stemma dei Templari: Croce patente, cio croce a bracci uguali (croce greca) che si allargano nella
parte esterna.
Blasone d8e3l regno
di Gerusalemme
8
4
Roberto II 996-1031
Enrico I 1031-1060
Filippo I 1060-1108
Luigi VI 1108-1137
1270-1285
Filippo VI 1328-
1350 Giovanni II il
Buono Carlo V
1364-1380
1422-1461
8
5 Luigi XI 1461-1483
Federico Ruggero
=Federico II di Svevia
1220 imperatore
m. 1250
Edoardo I 1272-1307
Edoardo II 1307-1327
sposa Isabella, figlia di Filippo IV il Bello,
sorella di Carlo IV re di Francia, morto senza eredi maschi
NORMANDIA
1202 unita alla corona di Francia da Filippo II Augusto
1415-1420 conquistata da Enrico V di Inghilterra
(guerra dei Cent'anni)
1450 incorporata definitivamente alla Francia
87
Anno 1100
8
8
PAX WORMATIENSIS
HEINRICI II CUM CALIXTO II
(23 Sept. 1122)
Concordato di Worms
PRIVILEGIUM IMPERATORIS
Privilegio di Enrico V:
-
Io Enrico, per grazia di Dio imperatore augusto dei Romani, per amore di Dio; della santa
Chiesa romana e del signor papa Callisto e per la salvezza dell'anima mia, rimetto a Dio, ai santi
apostoli di Dio Pietro e Paolo ed alla santa Chiesa cattolica ogni investitura con l'anello e col pa-
storale e prometto che lelezion esar canonica e la consacrazione libera in tutte le chiese del mio
regno e dell'Impero.
Restituisco alla santa Chiesa romana i beni e i regalia del beato Pietro, a lei sottratti dall'inizio
di questa lotta fino ad oggi, dal tempo di mio padre al mio, ed attualmente in mio possesso; e se non
sono in mio possesso mi adoprer fedelmente perch vengano restituiti. Quanto ai beni delle altre
chiese, dei principi e di altre persone, ecclesiastiche o laiche, andati perduti durante questa guerra,
se sono in mio possesso, li restituir secondo il consiglio dei principi e con tutta giustizia, altrimenti
mi adoprer scrupolosamente perch vengano restituiti. E do una vera pace al papa Callisto, alla
santa Chiesa romana e a tutti coloro che sono o furono dalla sua parte. Ogniqualvolta la santa Chie-
sa romana invocher il mio aiuto, le sar utile fedelmente e le far ottenere la dovuta giustizia di
ci di cui si lamenter.
La dichiarazione dell'imperatore controfirmata dagli arcivescovi di Magonza e di Colo-
nia, da sei vescovi, un abate e nove tra duchi marchesi e conti.
PRIVILEGIUM PONTIFICIS
Ego Calixtus episcopus servus servorum Dei tibi diletto filio Heinrico, Dei gratia
Romanorum imperatori augusto, concedo electiones episcoporum et abbatum
Teutonici regni, qui ad regnum pertinent, in praesentia tua fieri, absque simonia
et aliqua violentia; ut si qua inter partes discordia emerserit, metropolitani et
conprovincialium consilio vel iudicio, saniori parti assensum et auxilium prae-
beas. Electus autem regalia per sceptrum a te recipiat et quae ex his iure tibi de-
bet faciat. (2) Ex aliis vero partibus imperii consecratus infra sex menses regalia
per sceptrum a te recipiat et quae ex bis iure tibi debet faciat; exceptis omnibus
quae ad Romanam ecclesiam pertinere noscuntur. (3) De quibus vero mihi que-
rimoniam feceris et auxilium postulaveris, secundum officii mei debitum auxi-
lium tibi praestabo. (4) Do tibi veram pacem et omnibus qui in parte tua sunt vel
fuerunt tempore huius discordiae.
I COMUNI
1
I comuni italiani visti da Ottone di Frisinga e Rahewino (1154, 1158)
Ottone vescovo di Frisinga (1115 circa-1158) e zio di Federico Barbarossa, scrisse i Gesta Fri-
derici I imperatoris poco prima della morte e l'opera fu continuata dal suo cappellano
Rahewino fino al 1160.
Ottonis et Rahewini Gesta Friderici I imperatoris, II, 13, a cura di G. Waitz - B. De Simson,
Hannover-Leipzig, 1912, pp. 116-117
(Monumenta Germaniae Historica, Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum, 46).
I latini imitano ancor oggi la saggezza degli antichi Romani nella struttura delle citt e nel go-
verno dello Stato. Essi amano infatti la libert tanto che, per sfuggire alla prepotenza dell'autori-
t, si reggono con il governo di consoli anzich di signori. Essendovi tra essi tre ceti sociali, cio
quello dei grandi feudatari, dei valvassori e della plebe, per contenerne le ambizioni eleggono i
predetti consoli non da uno solo di questi ordini, ma da tutti, e perch non si lascino prendere
dalla libidine del potere, li cambiano quasi ogni anno. Ne viene che, essendo la terra suddivisa fra
le citt, ciascuna di esse costringe quanti abitano nella diocesi a stare dalla sua parte ed a stento
si pu trovare in tutto il territorio qualche nobile o qualche personaggio importante che non ob-
bedisca agli ordini delle citt. Esse hanno anche preso l'abitudine di indicare questi territori co-
me loro comitati, e per non mancare di mezzi con cui contenere i loro vicini, non disdegnano
di elevare alla condizione di cavaliere e ai pi alti uffici giovani di bassa condizione e addirittu-
ra artigiani praticanti spregevoli arti meccaniche, che le altre genti tengono lontano come la peste
dagli uffici pi onorevoli e liberali. Ne viene che esse sono di gran lunga superiori a tutte le cit-
t del mondo per ricchezza e potenza. A tal fine si avvantaggiano non solo, come si detto, per
90
la saggezza delle loro istituzioni, ma anche per l'assenza dei sovrani, che abitualmente rimango-
no al di l delle Alpi. In un punto tuttavia si mostrano immemori dell'antica nobilt e rivelano i
9
1
segni della rozzezza barbarica, cio che mentre si vantano di vivere secondo le leggi, non obbe-
discono alle leggi. Infatti mai o quasi mai accolgono con il dovuto rispetto il sovrano a cui do-
vrebbero mostrare volonterosa obbedienza... a meno che non siano costretti dalla presenza di un
forte esercito a riconoscerne l'autorit...
B) Rahevino descrive la citt di Milano al tempo del primo assedio che vi pose l'imperatore Federico
(1158).
De civitatis ipsius situ ac moribus cum superiore libro mentio fuerit, id adiciendum videtur, quod
campi planitie undique conspicua, natura loci latissima. Ambitus eius supra centena stadia circum-
venitur. Muro circumdatur, fossa extrinsecus late patens, aquis piena vice amnis circumfluit, quam
priori anno primitus ob metum futuri belli, multis invitis et indignantibus, consul eorum provide fe-
cerat. Turrium proceritate non tam ut aliae civitates student. Nam in multitudine atque fortitudine
tam sua quam sibi confederatarum civitatum confidentes impossibile arbitrati sunt a quoquam re-
gum seu imperatorum suam civitatem posse claudi obsidione. Unde factum est, ut civitas haec ini-
mica regibus ab antiquo fuisse dicatur, hac usa temeritate, ut semper rebellionem principibus suis
moliens scismate regni gauderet et geminorum potius dominorum quam unius super se iuste re-
gnantis affectaret principatum, ipsa levis et utriusque ridens fortunam nec in hac nec in illa parte fi-
dem haberet. Huius rei si quis exempla desiderat, ad Leoprandum*, qui gesta Longobardorum
subnotavit, recurrat.
Del luogo e dei costumi di questa citt abbiamo gi parlato nel precedente libro. Qui dobbiamo
aggiungere che tutt'intorno circondata da una pianura coltivata che per natura amplissima. Il
suo circuito pi di 100 stadi, circondata da mura, dalla parte di fuori ha un ampio fossato col-
mo d'acqua che scorre come un fiume, che nell'anno precedente per timore della guerra futura il
loro console aveva fatto fare malgrado le opposizioni di molti. Non hanno torri alte come tante al-
tre citt; infatti per la moltitudine e la fortezza loro e delle citt a loro confederate, con molta fi-
ducia avevano pensato che la loro citt mai avrebbe potuto essere assediata da un re o da un im-
peratore. Di conseguenza avvenne che questa citt fin dal tempo pi antico fosse nemica ai suoi re
e che temerariamente macchinando ribellioni contro i suoi principi, godesse delle divisioni del re-
gno e preferisse avere sopra di s lautorit di due sovrani, piuttosto che di uno e ridendosi dell'u-
no e dell'altro incapaci di farsi valere non serbava fede n a una parte n all'altra. Di queste cose,
chi vuole un esempio, ricorra a Liutprando* che ha scritto le gesta dei Longobardi.
Il momento risolutore della crisi apertasi fra le citt dell'Italia settentrionale riunitesi nella Le- ga
Lombarda e Federico Barbarossa fu la battaglia combattuta la mattina del 29 maggio 1176 nei
campi fra Legnano e Busto Arsizio. Dopo un primo scontro in cui le milizie della Lega sta- vano
per soccombere, la lotta si risolse attorno al carroccio - simbolo delle libert cittadine - dove pare
che lo stesso imperatore fosse accorso per animare i suoi soldati. La vittoria fu della Lega che
aveva impiegato milizie cittadine impegnate a difendere le loro citt.
Inorgogliti dalla vittoria i Milanesi la annunciarono, con una lettera altisonante ai Bolognesi.
Notum sit vobis nos ab hostibus gloriosum reportasse triumphum. Interfectorum vero submer-
sorum captivorum non est numerus. Scutum imperatoris vexillum crucem et lanceam habemus.
Aurum et argentum multum in clitellis eius repperimus et spolia hostium accepimus quorum esti-
mationem non credimus a quoquam posse definiri. Que quidem nostra non reputamus sed ea do-
mini Pape et Italicorum communia esse desideramus. Captus est in prelio Dux Bertoldus et nepos
Imperatricis et frater Coloniensis Archiepiscopi. Aliorum autem infinitas captivorum numerum
excludit, qui omnes Mediolani detinentur...
Abbiamo riportata gloriosa vittoria sui nemici. Ne abbiamo uccisi, annegati, fatti prigionieri un
grandissimo numero. Siamo in possesso dello scudo, dello stendardo, della croce e della lancia
dell'Imperatore; nelle di lui casse trovammo molto oro ed argento, riportammo tante spoglie che
non se ne pu dire il valore. Ma noi non ce le appropriamo, anzi le reputiamo in comune col Papa
e con le citt d'Italia. Nel combattimento fu preso il Duca Bertoldo, un nipote dell'imperatrice ed
un fratello dell'arcivescovo di Colonia. Degli altri prigionieri infinito il numero e sono detenuti
in Milano...
Traduzione di Vignati, Storia diplomatica della Lega Lombarda, ed. anast. dell'ed. del 1866,
con prefazione e aggiornamento bibliografico di R. Manselli, Torino, 1966, pp. 281-282.
3
La pace di Costanza (1183)
La pace di Costanza concluse a sette anni dalla battaglia di Legnano un trentennio di guerre e
di attivit diplomatiche fra le citt e l'Impero. Durante questo periodo i comuni avevano messo
a dura prova il loro sistema di governo che era stato collaudato dalle necessit della guerra.
Con la pace di Costanza i comuni acquisivano dietro il pagamento di un canone annuo il
godimento delle regale, su cui si erano accese le dispute fin dalla seconda dieta di Roncaglia
(1158) e che avevano dato origine alla guerra. Le regalie - cio i diritti regi - comprendevano
'
anche la libert di eleggere i propri magistrati per l amministrazione della giustizia e per reg- gere
gli organi comunali. Inoltre con la pace di Costanza le citt potevano mantenere la Lega e
concludere quelle altre alleanze che avessero ritenuto opportuno; potevano intervenire sulle opere
di fortificazione della citt e infine ottenevano anche il riconoscimento delle leggi locali che a poco
a poco avevano cominciato a formulare, che venivano cos inserite nelle strutture giuridiche
dell'Impero.
L'Impero conseguiva anch'esso notevoli vantaggi dalla pace, poich i comuni, con il pagamento
del canone annuo e del fodro - cio una tassa che veniva applicata ogni volta che l'imperatore
veniva in Italia per il mantenimento suo e del suo seguito -, ne riconoscevano l'autorit e in tal
modo veniva restaurata la legalit che la lunga lotta era stata sul punto di spezzare.
In nomine sancte et individue Trinitatis, Fridericus divina favente clementia Romanorum im-
perator augustus et Henricus sextus filius eius Romanorum rex augustus...
Ea propter cognoscat universitas fidelium imperii tam presentis etatis quam successure poste- ritatis,
quod nos solita benignitatis nostre gratia ad fidem et devotionem Lombardorum, qui aliquando nos
et imperium nostrum offenderant, viscera nobis innate pietatis aperientes, eos et societatem ac
fautores eorum in plenitudinem gratie nostre recepimus, offensas omnes et cul- pas, quibus nos ad
indignationem provocaverant, clementer eis remittentes eosque propter fi- delia devotionis sue
servitia, que nos ad eis credimus certissime recepturos, in numero dilec- torum fidelium nostrorum
computandos censemus. Pacem itaque nostram, quam eis clementer indultam concessimus, presenti
pagina iussimus subterscribi et auctoritatis nostre sigillo communiri. Cuius hic est tenor et series:
Nos Romanorum imperator Fridericus et filius noster Henricus Romanorum rex concedimus
vobis civitatibus, locis et personis societatis regalia et consuetudines vestras tam in civitate
quam extra civitatem... in perpetuum, videlicet ut in ipsa civitate omnia habeatis, sicut
hactenus habuistis vel habetis; extra vero omnes consuetudines sine contradictione excercea-
tis, quas ab antiquo exercuistis vel exercetis: scilicet in fodro et nemoribus et pascuis et pon-
tibus, aquis et molendinis, sicut ab antiquo habere consuevistis vel habetis, in exercitu, in mu-
nitionibus civitatum, in iurisdictione, tam in criminalibus causis quam in pecuniariis, intus et
extra, et in ceteris que ad commoditatem spectant civitatum...
In civitate illa, in qua episcopus per privilegium imperatoris vel regis comitatum habet, si
consules per ipsum episcopum consulatum recipere solent ab ipso recipiant, sicut recipere
consueverunt; alioquin unaqueque civitas a nobis consulatum recipiet. Consequenter, prout in
singulis civitatibus consules constituentur a nuntio nostro, qui sit in civitate vel episcopatu,
investituram recipient, et hoc usque ad quinquennium. Finito quinquennio unaqueque civitas
mittat nuntium ad nostram presentiam pro recipienda investitura, et sic in posterum, videlicet
ut finitis singulis quinquenniis a nobis recipiant et infra quinquennia a nuntio nostro, sicut
dictum est, nisi in Lombardia fuerimus. Tunc enim e nobis recipient. Eadem observentur in
successore nostro. Et omnes investiture gratis fiant...
Cum autem nos imperator divina vocatione decesserimus vel regnum filio nostro concesseri- mus,
simili modo a filio nostro vel eius successore investituram recipietis.
In causis appellationum si quantitas XXV libras imperialium excesserit, appellatio ad nos
fiat... sed nos habebimus proprium nuntium in civitate vel episcopatu, qui de ipsa appellatione
cognoscat et iuret, quod bona fide causas examinabit et diffiniet secundum mores et leges illius
civitatis infra duos menses a contestatione litis vel a tempore appellationibus recepte, nisi iusto
impedimento vel consensu utriusque partis remanserit...
Moram superfluam in civitate vel episcopatu pro damno civitatis non faciemus.
Civitates munire et extra munitiones eis facere liceat.
Item societatem, quam nunc habent, tenere et, quotiens voluerint, renovare eis liceat...
Possessiones, quas quisquis de societate ante tempus guerre iuste tenebat, si per vim ablate sunt
ab his qui non sunt de societate, sine fructibus et dampno restituantur; vel si eas recuperaverit,
quiete possideat, nisi per electos arbitros ad cognitionem regalium nobis assignentur...
Omnes de societate, qui fidelitatem nobis iurabunt, in sacramento fidelitatis adicient, quod pos-
sessiones et iura, que nos in Lombardia habemus et possidemus extra societatem, iuvabunt nos
bona fide manutenere, si opus fuerit et super hoc per nos vel certum nuntium nostrum requisiti
fuerint, et si amiserimus, recuperare; ita videlicet quod finitime civitates obnoxie sint principaliter
ad hoc faciendum, et si opus fuerit, alie teneantur ad competens auxilium prestandum. Civitates
de societate que sunt extra Lombardiam in suo confinio similiter teneantur facere.
Si qua vero civitatum ea, que in conventione pacis ex parte nostra statuta sunt, non observaverit,
cetere civitates eam ad id observandum bona fide compellent, pace nichilominus in suo robore
permanente.
Nobis intrantibus in Lombardiam fodrum consuetum et regale qui solent et debent et quando so-
lent et debent prestabunt. Et vias et pontes bona fide et sine fraude et sufficienter reficient in eun-
do et redeundo. Mercatum sufficiens nobis et nostris euntibus et redeuntibus bona fide et sine
fraude prestabunt.
In omni decimo anno fidelitates renovabunt in his qui nobis non fecerint, cum nos petierimus vel
per nos vel per nostrum nuntium...
In nome della santa ed individua Trinit. Federico per divina clemenza Imperatore dei Romani
Augusto e suo figlio Enrico Re dei Romani Augusto...
Perci sappiano tutti i fedeli dell'Impero presenti e futuri, che noi per consueta benignit della no-
stra grazia, aprendo le viscere della nostra innata piet alla fede ed all'ossequio dei Lombardi, i
quali s'erano levati contro di noi e dell'Impero, li abbiamo ricevuti nella nostra grazia con la so-
ciet loro ed i loro fautori; che noi clementi condoniamo loro tutte le offese e le colpe con le quali
avevano provocato la nostra indignazione e che, avuto riguardo ai servigi di leale affetto che noi
speriamo da loro, giudichiamo di annoverarli tra i nostri diletti e fedeli sudditi.
Per tanto abbiamo comandato di sottoscrivere e di confermare col sigillo della nostra autorit la
pace che nella presente pagina abbiamo loro benignamente accordata. Tale ne il tenore e la se-
rie:
Noi Federico imperatore dei Romani ed il nostro figlio Enrico re dei Romani concediamo a voi
citt, terre e persone della Lega le regalie e le consuetudini vostre tanto in citt che fuori... Che
nella citt abbiate ogni cosa come avete avuto sin qui ed avete, fuori poi esercitiate senza nostra
contraddizione tutte le consuetudini come avete sino ad oggi esercitate. Ci sul fodro, sui boschi,
sui pascoli, sui ponti, sulle acque e mulini come usaste ab antico o fate ora nel formare esercito,
nelle fortificazioni delle citt, nella giurisdizione, cos nelle cause criminali come pecuniarie entro
e fuori, ed in tutte le altre cose che appartengono agli utili delle citt...
In quella citt nella quale il vescovo per privilegio dell'imperatore o del re ha la contea, se i con-
soli sogliono ricevere il consolato dallo stesso vescovo, lo ricevano da lui. In caso diverso cia-
scuna citt ricever da noi il consolato. Conseguentemente, come nelle singole citt saranno costi-
tuiti, i consoli riceveranno l'investitura dal nostro nunzio che sia nella citt o nella diocesi, fino ad
un quinquennio. Finito il quinquennio, ciascuna citt mandi un nunzio a ricevere l'investitura da
noi, e cos di seguito in modo che ogni quinquennio ricevano l'investitura da noi o dal nostro nun-
zio, se non fossimo noi in Lombardia. Allora infatti la riceveranno da noi. Queste stesse cose sia-
no osservate col nostro successore. E tutte le investiture si facciano gratuitamente...
Quando noi imperatore per divina chiamata fossimo morti od avessimo ceduto il regno a nostro
figlio, in simile modo da nostro figlio o dal suo successore riceverete l'investitura.
Si faccia appello a noi nelle cause che sorpassano la somma di venticinque lire..; pure nessuno
deve essere costretto ad andare in Germania, ma noi avremo un nostro nunzio nella citt o episco-
pato che abbia conoscenza di quell'appello e giuri che in buona fede esaminer e definir le cause
secondo i costumi e le leggi di quella citt ed entro due mesi dalla contestazione della lite o dal
tempo che ricevette l'appello, se non sar rimasto per giusto impedimento o per consenso delle
parti...
Non faremo dimora non necessaria nelle citt e nelle diocesi a danno di nessuna citt.
Sia lecito alle citt di fortificarsi e fare fortilizi anche fuori.
E potranno conservare la societas [Lega] che ora hanno, e revocarla quando loro piaccia...
Quei possessi che ciasuno della societas [Lega] teneva legittimamente prima del tempo della
guerra e che furono violentemente rapiti da quelli che non sono della societas [Lega], siano resti-
tuiti senza compenso di frutti e danni, e se vennero ricuperati non ne sia inquietato il possessore,
ad eccezione che gli arbitri eletti al riconoscimento delle regalle non li assegnino a noi...
Tutti quelli della societas [Lega] che ci giureranno fedelt aggiungeranno fedelmente nel giura-
mento, che ci aiuteranno a mantenere i possedimenti e diritti che abbiamo e teniamo in Lombardia
fuori della societas [Lega] ed a recuperarli se li avessimo perduti, e ci se sar necessario e saran-
no richiesti da noi per mezzo di un nostro messo sicuro. Ovviamente in modo tale che le citt pi
vicine al luogo dove occorre l'aiuto siano le prime obbligate a prestarlo, le altre all'uopo mandino
competente soccorso. Le citt della societas [Lega] fuori di Lombardia abbiano il medesimo ob-
bligo nei loro confini.
Se qualche citt non osserver quelle cose che nella convenzione di pace furono convenute a no-
stro favore, sar costretta in buona fede all'osservanza dalle altre citt, e, ci non ostante, la pace
rester nel suo pieno vigore.
Quando noi entreremo in Lombardia quegli che sogliono e devono ci daranno nel tempo che so-
gliono e devono il consueto fodro regale. E restaureranno sufficientemente in buona fede e senza
frode le vie ed i ponti all'andata e al ritorno. A noi e ai nostri offriranno in buona fede e senza fro-
'
de sufficiente vettovaglia per l andata e il ritorno.
In ogni decimo anno rinnoveranno le fedelt per quelle cose che non ci avranno fatte, quando noi
lo richiederemo o per noi o direttamente o per nostri nunzi...
Traduzione di Vignati, in Storia diplomatica della Lega Lombarda, pp. 375-381 (rivista).
97 Gli Hohenstaufen
ENRICO IV DI FRANCONIA
CORRADINO m. 1168
9
8
Deliberazione del signor papa Innocenzo sulla questione dell'impero intorno ai tre eletti
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. interesse della Sede Apostolica
trattare diligentemente e prudentemente di quanto serve all'impero romano, poich noto
che ad essa l'impero appartiene in origine ed alla fine : in origine, perch tramite essa e per essa
fu traslato dalla Grecia, tramite essa stessa attrice della traslazione, per meglio difendere essa
stessa; alla fine, poich l'imperatore riceve la finale o ultima imposizione della mano della
propria promozione dal sommo pontefice, quando da lui benedetto, incoronato ed investito
dell'impero. Ed Enrico, riconoscendo pienamente ci, dopo aver preso la corona dal nostro
predecessore di buona memoria papa Celestino [III] e dopo essersi allontanato un po', chiese
di essere investito dell'impero dallo stesso con la palla d'oro. Come dunque da poco tre sono
stati eletti re, il bambino, Filippo ed Ottone, cos bisogna attendere a tre cose rispetto i singoli,
che cosa sia lecito, che cosa sia giusto, che cosa sia conveniente.
[Col. 1186A] Sicut universitatis conditor Deus duo magna luminaria in firmamento coeli constituit,
luminare maius ut praeesset diei, et luminare minus ut praeesset nocti, sic ad firmamentum univer-
salis Ecclesiae, quae coeli nomine nuncupatur, duas magnas instituit dignitates, maiorem quae quasi
diebus animabus praeesset, et minorem, quae quasi noctibus praeesset corporibus, quae sunt ponti-
ficalis auctoritas et regalis potestas. Porro sicut luna lumen suum a sole sortitur, quae revera minor
est illo quantitate simul et qualitate, situ pariter et effectu, sic regalis potestas ab auctoritate pontifi-
cali suae sortitur dignitatis splendorem; cuius conspectui [Col. 1186B] quanto magis inhaeret, tanto
maiori lumine decoratur, et quo plus ab eius elongatur aspectu, eo plus deficit in splendore. Utraque
vero potestas sui primatus sedem in Italia meruit obtinere, quae dispositione divina super universas
provincias obtinuit principatum. Et ideo licet ad universas provincias nostrae provisionis aciem ex-
tendere debeamus, specialiter tamen Italiae paterna nos convenit sollicitudine providere, in qua
Christianae religionis fundamentum existit, et per apostolicae sedis primatum sacerdotii simul et re-
gni praeeminet principatus.
Dat. Laterani III Kalendas novembris.
Come Dio, creatore delluniverso, ha stabilito due grandi luminari nel firmamento del cielo, il lumi-
nare pi grande per presiedere al giorno e il luminare pi piccolo per presiedere alla notte, cos nel
firmamento della Chiesa universale, che viene indicata col nome di cielo, ha istituito due grandi di-
gnit, la maggiore che, quasi come ai giorni, presiedesse alle anime, e la minore che, quasi come al-
le notti, presiedesse ai corpi, cio lautorit pontificia ed il potere regale. Quindi come la luna riceve
la sua luce dal sole, ed essa infatti minore di quello in quantit e qualit, posizione ed efficacia,
cos il potere regale riceve lo splendore della sua dignit dallautorit pontificia; quanto pi legato
al suo cospetto, da tanta maggiore luce decorato, e quanto pi si allontana dalla sua presenza, tan-
to pi manca di splendore. Entrambi questi poteri hanno meritato di ottenere la sede del loro prima-
to in Italia, che per disposizione divina ottenne il principato su tutte le province. E perci, anche se
dobbiamo estendere la forza della nostra attenzione a tutte le province, tuttavia conviene che prov-
vediamo con paterna sollecitudine specialmente allItalia, nella quale sta il fondamento della reli-
gione cristiana ed attraverso il primato della sede apostolica si esalta il principato sia del sacerdozio
sia del regno.
Dato in Laterano, il terzo giorno prima delle calende di novembre.
100
Anno 1200
10
1
Bonifacio VIII
Marsilio da Padova
Enciclopedie on line Treccani
Politico e teologo (n. Padova tra il 1275 e il 1280 - m. Monaco di Baviera tra il 1342 e il 1343), fi-
glio di Bonmatteo dei Mainardini, notaio dell'universit di Padova. Svolse stud di medicina a Pa-
dova, in un ambiente dominato dalla figura di Pietro d'Abano, conseguendo il dottorato. Recatosi a
Parigi, si iscrisse alla facolt delle Arti divenendone maestro e in seguito rettore (1313). Qui scrisse
l'opera sua maggiore, il Defensor pacis (1324), e strinse rapporti con i maestri averroisti, in partico-
lare con Giovanni di Jandun. Venne altres in contatto con la dottrina della povert evangelica so-
stenuta dagli Spirituali francescani, alcuni dei quali, come Guglielmo di Occam, Michele da Cese-
na, Bonagrazia da Bergamo, trovarono rifugio alla corte dell'imperatore Ludovico IV il Bavaro (n.
1282 m. 1347, fu duca di Baviera dal 1294, Rex Romanorum dal 1314 e Imperatore del Sacro
Romano Impero dal 1328), dove, dopo la condanna pontificia del Defensor pacis, anch'egli riparer.
Nella sua opera Marsilio intende svolgere un'analisi razionale della natura del potere politico, con-
siderando non le varie forme di governo (come Aristotele nella Politica), ma le strutture stesse
dell'organizzazione politica, il legislatore, la legge, il governo. La "totalit dei cittadini" (universitas
civium) la fonte unica della legge (legislator); il governo l'espressione della totalit dei cittadini
che lo elegge e ne controlla gli atti. Il governo quindi non fonte di diritto, ma sottoposto alla col-
lettivit. La legge, peraltro, non trae la sua forza da un principio naturale o divino, ma esclusiva-
mente dalla volont dei cittadini o nella loro totalit, dai sapienti agli artigiani, o nella "parte pi va-
lente" (valentior pars), lasciando fuori chi per natura incapace di deliberare. In questa prospettiva,
certamente originale, la legge trae valore dal suo essere tale, legge positiva, espressione di una vo-
lont collettiva, imposta per il "bene vivere" della collettivit. Il corpo politico autonomo nell'im-
porre la legge, nettamente distinto dalla Chiesa, collettivit dei fedeli che non pu esercitare alcun
potere positivo, (contro la tesi canonistica della "pienezza dei poteri" del pontefice), n pu posse-
dere beni terreni (secondo quanto insegnavano i maestri francescani vicini a Marsilio). La Chiesa
la "totalit dei fedeli" (universitas fidelium) e ad essa spettano il controllo sull'autorit ecclesiastica,
l'elezione dei sacerdoti e del papa (attraverso il concilio cui anche i laici devono prendere parte).
Cos radicalmente distinti, Chiesa e Stato sono autonomi nelle loro sfere: alla Chiesa spetta il com-
pito di ammaestrare, ma non di scomunicare; allo Stato o Impero quello di esercitare il potere poli-
tico nella persona dell'imperatore; all'imperatore compete anche il supremo controllo sulla confor-
mit degli atti papali alle decisioni conciliari e alla fede. Di queste sue teorie Marsilio tent anche
una pratica realizzazione allorch, sceso in Italia al seguito di Ludovico il Bavaro nel 1327, orga-
nizz la cerimonia dell'11 gennaio 1328 in cui l'imperatore ricevette le insegne del potere dalle mani
di Sciarra Colonna, rappresentante del popolo romano; e ancora quando ispir i documenti imperiali
che dichiaravano deposto Giovanni XXII e nominavano l'antipapa Niccol V. Tornato in Germania,
Marsilio compose anche il De iurisdictione imperatoris in causis matrimonialibus, poi rifuso nel
Defensor minor (1342), e il De traslatione imperii.
Dal Defensor pacis
(Il difensore della pace, a c. di C. Vasoli, Torino, UTET, 1960)
Diciamo dunque, d'accordo con la verit e l'opinione di Aristotele, nella Politica, li-
bro III, capitolo VI, che il legislatore, o la causa prima ed efficiente della legge, il
popolo, o l'intero corpo dei cittadini, o la sua parte "prevalente" (pars valentior) me-
diante la sua elezione o volont espressa con parole nell'assembrea generale dei citta-
dini, che comanda che qualcosa sia fatto o non fatto nei riguardi degli atti civili uma-
ni, sotto la minaccia di una pena o punizione temporale.
Con il termine "parte prevalente" intendo prendere in considerazione non solo la
quantit, ma anche la qualit delle persone in quella comunit per la quale viene isti-
tuita la legge; e il suddetto corpo dei cittadini o la sua parte prevalente appunto il
legislatore, sia che faccia la legge da se stesso o invece ne attribuisca la funzione a
qualche persona o persone, le quali per non sono n possono essere il legislatore in
senso assoluto, ma lo sono invece solo in senso relativo e per un periodo di tempo
particolare e secondo l'autorit del primo legislatore. E dico poi in conseguenza di
questo che le leggi e qualsiasi altra cosa stabilita per mezzo di elezione debbono rice-
vere la loro necessaria approvazione da parte della stessa autorit di prima e non di
qualche altra, checch ne sia di certe cerimonie o solennit che non sono necessarie
per l'essere (esse) delle cose elette, ma sotanto per il loro essere bene (bene es-
se), poich l'elezione non sarebbe certo meno valida anche se non venissero compiute
queste cerimonie.
Inoltre, alle leggi e alle altre cose stabilite per mezzo di elezioni debbono essere ap-
portate aggiunte, sottrazioni, mutamenti totali, interpretazioni e sospensioni solo da
parte di questa stessa autorit e solo in quanto le esigenze di tempo o di luogo o le al-
tre circostanze rendano opportuna qualcuna di queste azioni per il vantaggio comune.
E le leggi debbono essere promulgate e proclamate dopo la loro istituzione, sempre
da parte di questa autorit, in modo che nessun cittadino o straniero, che manchi di
osservarle, possa essere scusato per la sua ignoranza.
Bolla "Licet iuxta doctrinam" di Giovanni XXII (1316-1334)
al vescovo di Worcester, sugli errori di Marsilio da Padova
23 ott. 1327
Questa bolla respinge gli errori di un regalismo estremo contenuti nel Defensor pacis
del maestro parigino Marsilio da Padova. Lopera fu terminata nel 1324, ma pubbli-
cata solo nel 1326. Si incerti se Giovanni de Janduno ne sia coautore. La bolla ri-
porta gli asserti erronei non letteralmente, ma secondo il loro senso. Vengono elen-
cati due volte: una volta nella parte principale della bolla e un po variati alla fine
della bolla stessa. Essi vengono condannati in questultima forma. Il testo qui ripor-
tato presenta perci questa seconda forma. Per comando di Benedetto XII il Defen-
sor pacis fu di nuovo sottoposto a un esame, che Clemente VI concluse nellanno
1343 respingendo 240 tesi.
Quello che si legge riguardo a Cristo nel Vangelo del beato Matteo [Mt 17,27], e cio
che lui stesso pag il tributo a Cesare quando, a quelli che chiedevano una doppia
dracma, ordin di dare uno statere preso dalla bocca del pesce, questo lui fece non
per condiscendenza e per la benevolenza della sua piet, ma costretto da necessit.
Il beato Pietro Apostolo non fu capo della chiesa pi che ciascuno degli altri Aposto-
li, e non ebbe maggiore autorit di quella che ebbero gli altri Apostoli, e Cristo non
assegn nessun capo alla chiesa, e non fece nessuno suo vicario.
Spetta allimperatore correggere e punire il papa, istituirlo e destituirlo.
Tutti i sacerdoti, sia il papa, sia un arcivescovo, sia un qualsiasi semplice sacerdote,
hanno, in forza dellistituzione di Cristo, uguale autorit e giurisdizione; quello poi
che uno ha pi di un altro, questo secondo quanto lImperatore ha concesso in pi o
in meno, e, cos come ha concesso, pu anche revocare.
Il papa o anche tutta la chiesa presa nel suo insieme, non pu punire con punizione
costrittiva nessun uomo, scellerato quanto si voglia, salvo che lImperatore non ne dia
loro lautorit.
[Censura: Gli articoli suddetti]... Noi dichiariamo, in forma di sentenza, in quanto
contrari alla sacra Scrittura e nemici della fede cattolica, eretici, cio conformi a ere-
sia ed erronei, e cos anche che i suddetti Marsilio e Giovanni sono eretici, o meglio
manifesti e notori eresiarchi.
John Wyclif (1324 31 dicembre 1384)
Perci, fedele cristiano, cerca la verit, ascolta la verit, apprendi la verit, ama la
verit, di' la verit, attieniti alla verit, difendi la verit fino alla morte: perch la veri-
t ti far libero dal peccato, dal demonio, dalla morte dell'anima e in ultimo dalla
morte eterna.
Concilio di Costanza
In nome della santa e indivisibile Trinit, Padre e Figlio e Spirito Santo, amen.
Questo sacro sinodo di Costanza, costituendo un Concilio Generale in vista dell'estirpazione dello
1
scisma e dell'unione e riforma della Chiesa di Dio nel suo capo e nei suoi membri, riunito
legittimamente nello Spirito Santo a gloria di Dio Onnipotente, allo scopo di raggiungere pi
facilmente, sicuramente e liberamente l'unione e la riforma della Chiesa di Dio, ordina,
determina, decreta e proclama quanto segue:
Per prima cosa si dichiara che questo sinodo, legalmente riunito nel nome dello Spirito Santo, costi-
tuisce un Concilio Generale, rappresenta la Chiesa Cattolica e riceve direttamente da Cristo il potere
cui ciascuno, di qualunque stato o condizione, anche chi elevato alla dignit papale, deve
obbedire in materia di fede e per tutto quanto riguarda l'estirpazione dello scisma e la riforma
della detta Chiesa nel suo capo e nei suoi membri.
Dichiara inoltre che chiunque di qualsiasi condizione, stato e rango, anche se elevato alla dignit
papale, ostinatamente disdegni di obbedire agli ordini, statuti, ordinanze e istruzioni, che sono stati
o che saranno emanati relativamente ai summenzionati soggetti e a quanto pu essere di loro stretta
pertinenza, da questo santo sinodo o da qualsiasi altro Concilio Generale legalmente
convocato, venga sottoposto, a meno che non rinsavisca, a giusta penitenza e sia dovutamente
punito, intendendosi far ricorso, se necessario, ad altre sanzioni della legge. [...]
In nomine sanctae et individuae Trinitatis, Patris et Filii et. Spiritus sancti. Amen.
Haec sancta synodus Constantiensis generale concilium faciens, pro exstirpatione praesentis
schismatis, et unione ac reformatione ecclesiae Dei in capite et in membris fienda, ad laudem
omnipotentis Dei in Spiritu sancto legitime congregata, ad consequendum facilius, securius, uberius
et liberius unionem ac reformationem ecclesiae Dei ordinat, diffinit, statuit, decernit, et declarat, ut
sequitur.
Et primo declarat, quod ipsa in Spiritu sancto legitime congregata, generale concilium faciens,
et ecclesiam catholicam militantem repraesentans, potestatem a Christo immediate habet, cui
quilibet cuiuscumque status vel dignitatis, etiam si papalis exsistat, obedire tenetur in his quae
pertinent ad fidem et exstirpationem dicti schismatis, ac generalem reformationem dictae eccle-
siae Dei in capite et in membris.
Item, declarat, quod quicumque cuiuscumque conditionis, status, dignitatis, etiam si papalis exsistat,
qui mandatis, statutis seu ordinationibus, aut praeceptis huius sacrae synodi et cuius- cumque
alterius concilii generalis legitime congregati, super praemissis, seu ad ea pertinentibus, factis, vel
faciendis, obedire contumaciter contempserit, nisi resipuerit, condignae poenitentiae subiiciatur, et
debite puniatur, etiam ad alia iuris subsidia, si opus fuerit, recurrendo.
CONCILIO DI COSTANZA
Decreto Frequens (9 ottobre 1417)
La riunione frequente di Concili Generali il mezzo principale per coltivare i campi del
Signore, perch estirpa i rovi, le spine e i cardi delle eresie, degli errori e degli scismi, corregge
gli eccessi, raddrizza le deformit e fa s che la vigna del Signore dia il frutto di una piena
fertilit. Infatti se si trascurano tali Concili vengono diffusi ed incoraggiati i detti mali; questo ci
appare evidente sia dal ricordo del passato che dalla considerazione del presente. Per questo noi
stabiliamo, decretiamo ed ordiniamo con editto perpetuo- che d'ora in poi i Concili Generali
siano tenuti in modo che il prossimo segua a cinque anni precisi dalla sua fine questo, il
secondo segua il precedente a sette anni, e i susseguenti Concili siano sempre tenuti di decennio
in decennio in luoghi che il Sommo Pontefice o, se non Lui, lo stesso Concilio deve
stabilire e indicare un mese prima della fine di ogni Concilio con l'approvazione ed il consenso
del Concilio medesimo. Con tale continuit vi sar sempre un Concilio con l'approvazione
ed il consenso del Concilio medesimo. Con tale continuit vi sar sempre un Concilio in
sessione oppure l'attesa del seguente alla fine di un determinato periodo, che pu essere
abbreviato dal Sommo Pontefice con il consenso dei suoi fratelli, i Cardinali della santa
Chiesa di Roma, qualora se ne presenti la necessit, ma non deve in alcun caso essere prorogato.
Il luogo stabilito per la riunione di un Concilio futuro non deve essere cambiato senza
evidente necessit. Ma se per avventura, si verificasse un caso per cui si ritenesse necessario
cambiare detto luogo, a causa per esempio di assedio, guerra, pestilenza o altre cose simili,
allora il Supremo Pontefice ha il diritto col consenso scritto dei summenzionati fratelli o di
almeno due terzi di essi di sostituire il precedente con un altro luogo nelle vicinanze, che
sia adatto e nella stessa nazione, a meno che gli stessi o simili impedimenti involgano tutta
la nazione. In tal caso il Concilio potrebbe essere convocato in un altro luogo prossimo, situato
in un'altra nazione ed adatto allo scopo, ed i prelati e gli altri invitati al Concilio sono tenuti ad
andarvi, come se quel luogo d'adunanza per il Concilio fosse stato fissato dall'inizio. Tuttavia il
Sommo Pontefice deve render noto e dichiarare il mutamento di luogo o l'abbreviazione del
periodo in modo legale e solenne, un anno prima del termine fissato, affinch le dette persone
possano adunarsi per il Concilio al tempo stabilito.
Decreto Frequens
SESSIO XXXIX
9 ott. 1417 [De conciliis generalibus]
Frequens generalium conciliorum celebratio, agri dominici precipua cultura est, quae vepres, spinas
et tribulos haeresium, errorum et schismatum exstirpat, excessus corrigit, deformata reformat, et
vineam Domini ad frugem uberrimae fertilitatis adducit, illorum vero neglectus praemissa
disseminat atque fovet. Haec praeteritorum temporum recordatio et consideratio praesentium ante
oculos nostros ponunt. Propter hoc edicto perpetuo sancimus, statuimus, decernimus atque
ordinamus, ut amodo concilia generalia celebrentur: ita quod primum a fine huius concilii in
quinquennium immediate sequens, secundum vero a fine illius immediate sequentis concilii in
septennium, et deinceps de decennio in decennium perpetuo celebrentur, in locis quae summus
pontifex per mensem ante finem cuiuslibet concilii, approbante et consentiente concilio, vel in eius
defectu ipsum concilium, deputare et assignare teneatur.
Ut sic per quamdam continuationem semper aut concilium vigeat, aut per termini pendentiam
exspectetur: quem terminum liceat summo pontifici de fratrum suorum sanctae Romanae ecclesiae
cardinalium consilio ob emergentes forte casus abbreviare, sed nullatenus prorogetur. Locum autem
pro futuro concilio celebrando deputatum absque evidenti necessitate non mutet. Sed si forte casus
aliquis occurreret, quo necessarium videretur ipsum locum mutari, puta obsidionis, guerrae, pestis,
aut similis, tunc liceat summo pontifici de praedictorum fratrum suorum, aut duarum partium
ipsorum consensu acque subscriptione, alium locum, prius deputato loco viciniorem et aptum, sub
eadem tamen natione, subrogare, nisi idem vel simile impedimentum per totam illam nationem
vigeret. Et tunc ad aliquem alium viciniorem alterius nationis locum aptum huiusmodi concilium
poterit convocare: ad quem praelati et alii qui ad concilium solent convocari accedere teneantur, ac
si a principio locus ille fuisset deputatus. Quam tamen loci mutationem, vel termini abbreviationem
teneatur summus pontifex legitime et solenniter per annum ante praefixum terminum publicare et
intimare, ut ad ipsum concilium celebrandum possint praedicti statuto termino convenire.
1. Et vichinga, et medievale
Nel nostro immaginario collettivo, nel Medioevo la Scandinavia fu la patria dei
vichinghi, spietati predoni dei mari che veneravano Odino, Thor e Freyr e che
terrorizzarono l'Europa dall'VIII all'XI secolo. esistita per anche un'altra Scandinavia
dell'et di mezzo, una Scandinavia cristianizzata che ha visto la formazione di tre regni
distinti (Norvegia, Svezia e Danimarca) e il loro ingresso nel concerto delle nazioni
1
europee . Il passaggio da una fase storica all'altra un punto di svolta importante che
nella storiografia contemporanea sottolineato dalle definizioni di et vichinga per la
prima ed et medievale per la seconda. I momenti fondamentali che segnarono questo
processo di trasformazione sono generalmente indicati proprio nella conversione al
cristianesimo, nell'unificazione politica dei tre regni sotto monarchie sempre pi salde,
nella codificazione e messa per iscritto del diritto consuetudinario e nella cessazione
delle spedizioni vichinghe occasionali, via via affiancate e poi sostituite da vere e
proprie guerre di conquista, organizzate e guidate direttamente dai re. Dal punto di vista
cronologico, le date con cui convenzionalmente si fa iniziare e terminare let vichinga
sono il 793, anno dellattacco al monastero inglese di Lindisfarne, e il 1066, anno della
battaglia di Stamford Bridge, in cui perse la vita il re norvegese Haraldr lo Spietato,
bench alcuni studiosi propendano per il 1100 come data-simbolo dell'inizio del
medioevo scandinavo.
2. I vichinghi
Nelle saghe islandesi si rinviene spesso la locuzione fara i vkingu, ovvero partire
per una spedizione vichinga, ma cosa significa esattamente il sostantivo vkingr? Con
questo termine si soliti identificare quegli abitanti della Scandinavia che, tra VIII e XI
secolo, presero parte a spedizioni di razzia, commercio, conquista o insediamento
1
La Scandinavia pu essere intesa in un senso pi stretto, comprendente esclusivamente Danimarca,
Svezia e Norvegia, ma anche in una accezione pi ampia, in uso soprattutto nell'inglese moderno, che
include Finlandia (che nel medioevo faceva parte della Svezia) e Islanda.
11
6 1
nellEuropa continentale (regno franco, impero tedesco, penisola iberica) e
nellAtlantico settentrionale (isole britanniche, Islanda, Groenlandia). Sulletimologia
2
della parola sono state avanzate diverse spiegazioni: se di origine norrena , essa
potrebbe venire da vk, insenatura o fiordo, da cui vkingr con il significato di
pirata che se ne sta nascosto in un fiordo; unaltra ipotesi vedrebbe un collegamento
con il verbo vkja, girare da una parte, deviare, da cui deriverebbero il sostantivo
femminile vking, con il significato di allontanamento, e il sostantivo maschile
vkingr con cui si indicava colui che si assenta da casa e, per estensione, un guerriero
3
di mare che intraprende lunghi viaggi .
Nelle fonti medievali, coloro che invece si diressero a est sono frequentemente
indicati come Rus, nome con cui le popolazioni slave, gli Arabi e i Bizantini
chiamavano gli scandinavi e che potrebbe derivare da un termine norreno con il
significato di coloro che remano; origine identica avrebbe anche il nome finlandese
4
per la Svezia, Ruotsi, dal momento che gli svedesi erano i pi attivi sulle rotte orientali .
Infine variaghi o vareghi era il nome con cui, presso i Bizantini, erano conosciuti
quei guerrieri scandinavi che, tra X e XI secolo, si arruolarono come guardia del corpo
mercenaria dellimperatore dOriente; analogamente alla definizione di vichingo,
anche in questo termine insita una certa ambiguit tra guerriero e mercante, poich
esso deriva del norreno vringjar con il significato di uomini legati tra loro da un
accordo/contratto, con riferimento al giuramento che univa i gruppi di mercanti i quali,
5
prima di partire, si impegnavano a dividere tra di loro le spese e i profitti del viaggio .
Un'altra questione tuttora dibattuta tra gli storici quella delle cause del movimento
vichingo, che sono sostanzialmente ricondotte a tre diversi fattori. Il primo di ordine
demografico: un aumento della popolazione, favorito da condizioni climatiche pi miti
rispetto al passato, avrebbe provocato una carenza di terra e una conseguente, massiccia,
emigrazione; si tratta per di una spiegazione parziale che sembra essere valida
2
Conpopolazioni
delle questo termine (da norrnn
scandinave o con
nei secoli il senso
VII-XIII, da di
cuinordico,
discendononorvegese) ci si riferisce
le lingue scandinave alla lingua
moderne; essa
comprendeva due dialetti, il norreno occidentale, parlato in Islanda e Norvegia, e quello orientale, parlato
in Danimarca e Svezia. Nelle parole norrene citate di seguito, il grafema / indica la spirale dentale
sonora, come nellinglese that, mentre il grafema / rappresenta la spirale dentale sorda come
nellinglese three.
3
J. Brndsted,
were I vichinghi,
the Vikings?, Torino
in S. Brink (ed.),2001 (Harmondsworth
The Viking World, New1960), pp. 32-35.
York 2008, Si veda anche S. Brink, Who
pp. 6-7.
4
Ibid.
5
Ibid., pp. 31-32.
2
soprattutto per le regioni costiere della Norvegia occidentale. Il secondo fattore di tipo
economico: dalla fine del VII secolo lintensificazione dei traffici tra l'Inghilterra e il
continente e poi di quelli nella regione del Baltico favorirono lo sviluppo di grandi
insediamenti commerciali, da cui trasse beneficio anche la Scandinavia poich gli
scambi fra nord e sud resero i suoi abitanti familiari con le tecniche di navigazione
impiegate dagli altri mercanti e specialmente con la vela, fino ad allora sconosciuta agli
Scandinavi; questi contatti, inoltre, accrebbero le loro conoscenze sulle ricchezze
dell'Europa e sulle condizioni politiche dei vari regni e paesi. La terza causa di natura
politica: grazie alla posizione geografica della Danimarca, nella prima met del IX
secolo i suoi re erano riconosciuti come signori da molti capi locali nell'area dei canali
Skagerrak e Kattegat e del fiordo di Oslo, e per chi non voleva piegarsi al loro dominio
l'alternativa era cercare fortuna all'estero con la speranza di conquistare beni, ricchezze
6
o perfino terre . Anche questa spiegazione, come quella demografica, per parziale e
pu essere valida solo per quelle aree che ricadevano sotto l'influenza dei re danesi.
Nella Scandinavia di epoca vichinga, soprattutto laddove non esisteva un forte
potere centrale come quello monarchico, la guerra poteva essere un mezzo di
promozione sociale individuale, poich chi tornava in patria portando con s un ingente
bottino vedeva aumentare la propria influenza e il proprio peso politico. In effetti,
almeno fino al X secolo inoltrato la quasi totalit delle incursioni vichinghe potrebbero
essere definite imprese private, nel senso che erano finalizzate alla razzia e/o
allinsediamento ed erano organizzate e guidate da capi locali che partivano con il loro
seguito e con chi desiderava unirsi a loro. Le spedizioni erano allinizio su piccola scala,
e andarono progressivamente intensificandosi: in Inghilterra, Irlanda e Francia si pass
da raid stagionali a razzie sempre pi frequenti, con le truppe scandinave che
svernavano sul posto e tornavano ad attaccare allarrivo della buona stagione; da qui
allinsediamento e alle conquiste territoriali il passo fu breve, mentre in altre regioni
dEuropa, come in Frisia, si ebbe da subito lo stanziamento degli invasori. Spesso
l'unica possibilit di far cessare gli attacchi era quella di consegnare ai vichinghi grandi
6
P. Sawyer, The viking expansion, in K. Helle (ed.), The Cambridge history of Scandinavia, I: Prehistory
to 1520, Cambridge 2003, pp. 106-109. Si veda anche J.H. Barrett, What caused the Viking Age?,
Antiquity, 82 (2008), pp. 671-685. Sulle origini del movimento vichingo sono ancora utili le
indicazioni di Brndsted, I vichinghi cit., pp. 26-31 e di G. Jones, I vichinghi, Roma 1995 (Oxford 1968),
pp. 151-170.
3
somme di denaro, che nell'Inghilterra anglosassone assunsero il nome significativo di
danegeld (tributo dei Danesi).
Tra l'VIII e il X secolo i vichinghi si insediarono sia in occidente - in Francia, in
7
Inghilterra (dove nell'878 diedero vita al Danelaw ), in Irlanda e nelle altre isole
britanniche - sia in oriente, dove attorno all'880 fondarono il regno dei Rus' di Kiev.
Parallelamente, questi mercanti-guerrieri colonizzarono anche isole fino ad allora
sconosciute o disabitate: il caso dell'Islanda (la Terra dei ghiacci) e delle Fr er
(Isole delle pecore), raggiunte alla fine del IX secolo da emigrati in maggioranza
norvegesi, e della Groenlandia (la Terra verde), scoperta nel 985 dal norvegese Erik il
Rosso e da questi cos chiamata nella speranza di attirarvi altri coloni. In effetti, nel giro
di pochi anni in Groenlandia sorsero tre insediamenti situati lungo la costa occidentale:
nonostante il nome, il Vestribyg o Insediamento Occidentale era situato in realt a
nord-ovest, mentre lEystribyg o Insediamento Orientale, situato pi a sud, giungeva
fin quasi a Capo Farewell, la punta meridionale dellisola; esisteva infine una terza
colonia pi piccola, lInsediamento di Mezzo, di cui sappiamo ben poco. Infine, attorno
all'anno 1000, dalla Groenlandia il figlio di Erik, Leif, raggiunse le coste del Nord
America, probabilmente l'odierna isola di Terranova, a cui fu dato il nome di Vnland,
8
ovvero Terra del vino, per via della vite selvatica che vi cresceva rigogliosa .
Prima ancora che guerrieri, i vichinghi erano eccellenti marinai, e per lungo tempo
le loro imbarcazioni fornirono loro un vantaggio tecnologico sugli avversari. I secoli IX
e X rappresentano il periodo classico delle navi vichinghe: vennero introdotti lalbero a
vela e la chiglia, questultima al posto dellasse orizzontale che, in precedenza, fungeva
da base; la chiglia fu particolarmente importante perch permise ai marinai scandinavi
di affrontare anche il mare in burrasca. Le navi erano di forma stretta e lunga con un
basso pescaggio, ideale per risalire il corso dei fiumi; dotate di remi e di una vela
centrale, avevano un timone a dritta (tribordo) di poppa. Dal X secolo comincia la
7
Letteralmente legge dei Danesi, era una divisione territoriale dell'Inghilterra anglosassone nata in
seguito all'insediamento degli invasori danesi nel IX secolo e, come indica il nome, era soggetta alle leggi
danesi: ibid., pp. 350-353. Per una storia dei vichinghi nelle isole britanniche si veda K. Holman, La
conquista del Nord. I vichinghi nell'arcipelago britannico, Bologna 2014 (ed. or. Oxford 2007).
8
Tra il 1261 e il 1264, sotto re Hkon Hkonarson, la Groenlandia e lIslanda furono assoggettate alla
corona norvegese. A partire dal XIII secolo vi fu un progressivo peggioramento delle condizioni
climatiche nel nord Atlantico, che comport una diminuzione nei collegamenti tra la Norvegia e la
Groenlandia finch, allinizio del XV secolo, essi cessarono del tutto; ci costitu una delle cause
dellestinzione della colonia groenlandese. Sulla colonizzazione delle isole atlantiche si veda J. Marcus,
La conquista del nord Atlantico, Genova 1992 (Suffolk 1980).
4
specializzazione, con grandi navi mercantili (knrr) e da guerra (skei, langskip). I nomi
delle imbarcazioni, comunque, non devono essere considerati termini tecnici perch
9
nelle saghe del XIII secolo sono frequentemente usati in maniera intercambiabile .
Spesso la forma della decorazione di prua poteva designare, per metonimia, lintera
nave: cos fu per il Bisonte (Visundr) del re norvegese lfr Haraldsson il Santo, e il
Lungo Serpente (Ormrinn langi) del re suo omonimo e predecessore, lfr Tryggvason.
9
Sulle navi vichinghe si veda J. Bill, Vikings ships and the sea, in Brink (ed.), The Viking World cit., pp.
170-180.
5
120
10
La bibliografia sulla formazione delle monarchie scandinave vasta, di seguito ci si limiter a
segnalare i contributi pi recenti e quelli in lingua italiana pi facilmente accessibili al lettore: C. Albani,
L'istituto monarchico nell'antica societ nordica, Firenze 1969. Per la Danimarca in et medievale si
veda M.H. Gelting, The kingdom of Denmark, in N. Berend (ed.), Christianization and the rise of
christian monarchy: Scandinavia, Central Europe and Rus' c. 900-1200, Cambridge 2007, pp. 73-120.
Per la Norvegia, S. Bagge - S.W. Nordeide, The kingdom of Norway, in Berend (ed.), Christianization
and the rise of christian monarchy cit., pp. 121-166. Per la Svezia, N. Blomkvist - S. Brink - T. Lindkvist,
The kingdom of Sweden, in Berend (ed.), Christianization and the rise of christian monarchy cit., pp. 166-
213.
120
6
12
1
direttamente dai re; il sovrano norvegese Olaf Haraldsson (1015-1030), con un passato
da vichingo alle spalle, giunse addirittura a proibire le spedizioni private, ben
consapevole del fattore destabilizzante rappresentato da chi ritornava in patria carico di
ricchezze e, magari, di ambizioni politiche. Alla fine dellXI secolo lepoca vichinga
giunse dunque al termine, non da ultimo anche a causa del rafforzamento di quei regni
che, fino a quel momento, erano stati il bersaglio dei predoni scandinavi e che ora,
invece, erano in grado di affrontarli e di respingerli con successo. Nei tre paesi nordici
la fine del periodo vichingo comport inevitabilmente una diminuzione delle risorse
dovute alle razzie, ragione per cui il baricentro delleconomia si spost maggiormente
sullo sfruttamento interno del suolo. In questa fase, inoltre, i re incentivarono
l'urbanizzazione, fondando nuove citt oppure ingrandendo e fortificando insediamenti
gi esistenti. Nonostante questa evoluzione, le monarchie nordiche mantennero a lungo
caratteri originali rispetto alle altre monarchie cristiane: esse infatti non conobbero il
feudalesimo se non in un'epoca tarda e in forme spurie, mentre il principio di
successione individuale al trono si afferm solamente nel corso del XII secolo.
Danimarca
La Danimarca (Danmrk, marca dei Danesi) fu la prima stabile monarchia
scandinava e ci ne fece il paese egemone per tutta l'et vichinga e ancora fino alla fine
dell'XI secolo. Harald Bltnn Denteblu (o Dentenero), primo re cristiano (c. 958-987),
rafforz il potere regio ed estese il suo dominio sulla Scania meridionale, oggi parte
della Svezia, e sullarea del fiordo di Oslo. Nel 1000 suo figlio Svein Barbaforcuta
rafforz ulteriormente il controllo sulla Norvegia e conquist, per breve tempo,
lInghilterra (1013). Il suo successore, Canuto il Grande, conquist lInghilterra nel
1016, e tra il 1018 e il 1028 cre il cosiddetto impero del Nord unendo Danimarca,
Norvegia e Inghilterra. Alla sua morte, nel 1035, limpero si sfald e, tra il 1042 e il
1047, la Danimarca fu governata da un re norvegese, Magns Olafsson. Con Svein
Estridsson (1047-1076), il paese riacquist lindipendenza, tuttavia le leggi di
successione, che davano a tutti gli eredi uguali diritti e prevedevano la possibilit di
reggenze condivise, indebolirono il potere monarchico. Solo nella seconda met del XII
secolo, dopo lunghe guerre civili, si afferm il principio della successione individuale al
12
2 7
trono. Nel XII secolo, inoltre, il regno si espander a oriente, conquistando e
convertendo con la forza le popolazioni baltiche ancora pagane.
Svezia
Il regno di Svezia deve il suo nome agli Sveoni (norr. Svar, da cui Svea riki, regno
degli Svar e quindi lodierno sved. Sverige) e nacque dalla graduale unione di due
regioni, lo Svealand, o terra degli Svar, e il Gtaland, o terra dei Gtar. Olof
Sktkonungr, il re del tributo (995-1022), fu il primo a essere chiamato re sia degli
Svar che dei Gtar, ciononostante la rivalit tra i due gruppi perdur almeno fino alla
fine del XII secolo. Contemporaneamente il paese fu coinvolto in lunghe guerre civili,
come i suoi due vicini; nel complesso, qui il potere monarchico incontr maggiori
difficolt nellaffermarsi rispetto a Danimarca e Norvegia. Fino al 1973 i re di Svezia
mantennero il titolo di re degli Svedesi, dei Gtar e dei Vendi. NellXI secolo i re
svedesi adottarono una politica dellequilibrio, sostenendo di volta in volta la potenza
pi debole nei conflitti tra danesi e norvegesi per impedire l'unificazione delle due
nazioni. Lespansione del regno segu la rotta a est, nel Baltico e nellodierna Finlandia,
questultima conquistata nel 1157 e convertita con la forza al cristianesimo.
Norvegia
Dei tre paesi scandinavi, la Norvegia lunico la cui denominazione (Nregr) non
ha allorigine alcun riferimento etnico: il nome, con il significato di via del nord (cfr.
ingl. Norway) riferito semplicemente a un itinerario forse suggerito da chi abitava al
11
suo meridione . Nell872 Harald hrfagri (Chiomabella) unific il regno, ad
eccezione dellOslofjord, e i suoi dicendenti regneranno fino al 970, quando la Norvegia
verr divisa tra i conti di Lade (Trondheim) e Harald Dentenero, re di Danimarca. Nel
995 il vichingo Olaf Tryggvason conquist il potere, ma cadde nella battaglia di Svold
(999/1000) contro una coalizione danese-svedese-norvegese e il regno fu nuovamente
diviso, stavolta in due aree di influenza, una danese e una norvegese, con i conti di Lade
come reggenti. Nel 1015 Olaf Haraldsson unific tutto il regno, ma nel 1028 i magnati
si ribellarono al suo governo e invocarono re Canuto il Grande, che si present dinanzi
11
C. A. Mastrelli, Le fonti nordiche e il loro orizzonte geo-etnografico, in Popoli e paesi nella cultura
altomedievale. XXIX settimane di studio del centro italiano di studi sullalto medioevo, Spoleto 23-29
aprile 1981, vol. II, Spoleto 1983, p. 591.
8
alle coste norvegesi al comando di una grossa flotta anglo-danese; Olaf fugg allora in
Russia, e nel 1030, nel tentativo di riconquistare il trono, cadde in battaglia ucciso dai
suoi stessi sudditi. Un anno dopo, in seguito ai numerosi miracoli verificatisi sulla sua
12
tomba, Olaf fu proclamato santo . Nel 1035, alla morte di Canuto il Grande, i
Norvegesi richiamarono in patria il figlio di Olaf, Magns, e con lui la monarchia
norvegese risorse. Nel 1066 re Haraldr lo Spietato, fratellastro di Olaf il Santo e unico
sovrano dal 1047, mor a Stamford Bridge nel tentativo di conquistare lInghilterra.
Dopo le lunghe guerre civili del XII secolo, la Norvegia emerger nel corso del
Duecento come una potenza nel Nord, instaurando solide relazioni diplomatiche con la
Santa Sede e con i pi importanti sovrani europei.
12
Su Olaf il Santo e il suo conflitto con il danese Canuto si veda F. D'Angelo, Il conflitto tra Olaf il Santo
e Canuto il Grande nelle cronache e negli annali danesi dei secoli XII-XIV, in Bullettino dell'Istituto
storico italiano per il medioevo, 117 (2015), pp. 289-316.
9
ricchezza e, di conseguenza, una non trascurabile influenza nella loro comunit. Al di
sopra dei bndr troviamo i magnati che, in Norvegia, sono chiamati hfingi (pl.
hfingjar, capo) ed hersir (pl. hersar, signore): si tratta di capi locali che in virt
dei loro possedimenti e della loro ricchezza potevano permettersi di mantenere un
seguito armato (hir); i pi importanti di loro potevano ambire al titolo di jarl (pl.
jarlar), cio conte e nei periodi in cui non era presente la figura del re (konungr),
13
erano loro a detenere il potere nel paese .
La Scandinavia nellet vichinga, e ancora fino almeno al XIII secolo, non conobbe
il feudalesimo: i rapporti di potere e di fedelt personale non dipendevano, cio, dal
possesso della terra e dalla sua eventuale concessione, bens da quella che potremmo
definire una struttura patrono-cliente. Maggiore era la ricchezza e la potenza di un
capo, maggiore era il numero di uomini che ne riconoscevano il potere e lo
supportavano (anche militarmente, se necessario) in cambio di una ricompensa o della
sua protezione. Nelle societ scandinave di questi secoli mancava, inoltre, una delle
caratteristiche distintive delle societ feudali, ovvero lidentificazione tra il ceto
dominante e una classe di guerrieri di professione, come ha sottolineato Marc Bloch: le
societ dove sopravvisse un contadiname armato o ignorarono lorganizzazione
vassallatica, al pari di quella della signoria, o ne conobbero soltanto forme assai
14
imperfette . Una novit nella direzione di un feudalesimo imperfetto fu, forse,
lintroduzione, in Norvegia, della carica di lendr mar (pl. lendir menn) o uomo che ha
ricevuto della terra, nella prima met dellXI secolo: questa carica, che sostitu quella
di hersir, era attribuita a quei magnati locali che, in virt della loro preminente
posizione sociale, erano visti dai re come preziosi alleati. Essi ricevevano in
concessione dal sovrano della terra appartenente alla corona, in una quantit pur sempre
minore di quella che detenevano in proprio, e attraverso la terra si instaurava uno stretto
legame tra i due. Il lendr mar da quel momento diventava il rappresentante del re, a cui
giurava fedelt, mantenendo intatta la sua autorit nel distretto di sua competenza e
svolgendo un ruolo fondamentale per la coesione del regno; questo funzionario regio
13
Sulla societ scandinava si veda R. Boyer, La vita quotidiana dei vichinghi (800-1050), Milano 1994
(ed. or. Paris 1992), pp. 53-72.
14
M. Bloch, La societ feudale, Torino 1987, p. 494. Come abbiamo visto i bndr scandinavi, liberi
contadini, potevano trasformarsi, alloccorrenza, anche in guerrieri.
10
aveva anche il dovere di accompagnare il re nelle spedizioni militari, portando con s il
15
proprio seguito armato .
La vita politica della societ scandinava ruotava attorno a un organo fondamentale,
il ing (o thing secondo la grafia inglese) ovvero lassemblea degli uomini liberi, dove
tutti i partecipanti, fossero essi bndr, capi locali, jarlar o re, avevano diritto di parola;
il ing riuniva in s il potere legislativo e quello giudiziario, agendo sia da corte di
giustizia che da assemblea legislativa. Ogni distretto del paese (chiamato bygg in
Norvegia, herru in Danimarca) aveva la sua assemblea locale, mentre per le questioni
di maggiore importanza e/o gravit ci si rivolgeva ai ing regionali, che avevano
competenze pi ampie. Anche i sovrani dovevano tener conto delle decisioni dei ing, e
solo un re molto potente e/o popolare, la cui autorit nel regno era incontestata, poteva
ragionevolmente sperare di poter influenzare la volont delle assemblee pubbliche.
Menzione a parte merita il caso dellIslanda: colonizzata da esuli norvegesi nella
seconda met del IX secolo, non conobbe alcun re fino al tempo della sua sottomissione
alla Norvegia (1262). Il potere era nelle mani dei grandi capi locali, chiamati goar
(sing. goi), e lisola era divisa in Quarti (fjrungar), circoscrizioni territoriali che
prendevano il nome dai punti cardinali. Ciascun Quarto aveva il suo ing, mentre
lassemblea pubblica generale era chiamata Aling e si svolgeva annualmente nel mese
16
di giugno .
L'idea che gli Scandinavi avevano della loro societ illustrata alla perfezione nel
poema conosciuto come Rgsula, il carme di Rgr, risalente forse al X secolo ma
tramandato da un manoscritto del XIV secolo, che narra l'origine delle classi sociali. Un
giorno Rgr (un altro nome del dio Heimdall), andando in giro come un viandante, si
present a una casa dallaspetto misero. Qui fu accolto da Ai (Bisnonno) ed Edda
(Bisnonna); Rgr mangi con loro e si trattenne per tre notti, poi riprese il viaggio. Nove
mesi dopo, Edda partor un figlio, rll (Schiavo), che aveva la pelle scura e i tratti
grossolani; rll spos r (Schiava), e i loro figli ebbero nomi come Garzone,
Grossolano, Puzzolente, Goffa, Stracciona. Frattanto Rgr giunse in unaltra casa,
abitata da Afi (Nonno) e Amma (Nonna), che avevano un aspetto ben curato ed erano
15
C. Krag, The early unification of Norway, in Helle (ed.), The Cambridge history of Scandinavia cit., p.
200.
16
Sull'Islanda si veda J. Byock, La stirpe di Odino: la civilt vichinga in Islanda, Milano 2012 (ed. or.
London 2001).
11
ben vestiti. Rgr si ferm per tre notti, e nove mesi dopo da Amma nacque un bambino
dalla pelle candida, Karl (Uomo libero); questi spos Snr (Nuora), e i loro figli ebbero
nomi come Uomo, Libero Contadino, Fabbro, Sposa, Donna Assennata. Rgr giunse in
una terza casa, abitata da Fair (Padre) e Moir (Madre), e di nuovo si ferm per tre
notti. Nove mesi dopo nacque un bambino, bianco con i capelli biondi, e fu chiamato
Jarl (Uomo nobile). Jarl impar le arti guerriere, e Rgr lo riconobbe come figlio e gli
insegn le rune. Jarl spos Erna (Vigorosa), e i loro figli furono Rampollo, Ragazzo,
Nobile, Erede. Ma ad eccellere era Konr (Discendente), il pi giovane (Konr ungr), che
conosceva le rune, comandava allacqua e al fuoco, conosceva il linguaggio degli
uccelli. Tutte le classi sociali, dunque, discendono dal dio Heimdall, e il re (konungr),
tratto dalla schiatta degli jarlar, non altro che un primus inter pares e non quindi
17
detentore di un potere assoluto .
5. Le rune
Nell'antichit l'unica forma di scrittura conosciuta e praticata dalle popolazioni
germaniche, inclusi gli scandinavi, era quella runica, esclusivamente epigrafica, che
derivava dalle scritture italiche settentrionali e veniva eseguita incidendo superfici dure
come legno o pietra ma anche armi, monili e utensili. Il pi antico alfabeto runico fece
la sua comparsa alla fine del II secolo ed era composto da ventiquattro segni - le rune,
appunto - detto fuark (o futhark) dalla sequenza dei primi sei segni. Mentre nella
Germania continentale l'adozione della grafia latina port alla scomparsa della scrittura
runica, in Scandinavia essa continu a essere utilizzata e tra l'VIII e l'XI secolo,
all'inizio dell'era vichinga, il suo alfabeto fu semplificato e ridotto a sedici segni, il
18
cosiddetto fuark recente o breve :
f urkhniastbml
La scrittura runica aveva due impieghi principali: in primo luogo, essa era adoperata
per iscrizioni commemorative su bastoni, pietre funerarie o stele celebrative, una pratica
17
Sul Rgsula si veda Jones, I vichinghi cit., pp. 120-121 e G. Chiesa Isnardi, I miti nordici, Milano
1991, pp. 66-68.
18
Sulle rune si vedano le informazioni contenute in Boyer, La vita quotidiana dei vichinghi cit., pp. 40-
41, 238-244, e in Brndsted, I vichinghi cit., pp. 193-196.
12
che prosegu anche in epoca cristiana. Ne un esempio la stele di Gripsholm, in Svezia
(fig. 3), risalente al 1040/1050 circa, il cui testo - inscritto all'interno di una decorazione
serpentiforme - si segnala per la presenza di tre versi in un metro poetico molto antico e
frequentemente utilizzato in et vichinga, il fornyrislag o metro delle antiche storie:
Tola fece erigere questa pietra in ricordo di suo figlio Haraldr, fratello di Ingvarr.
Essi viaggiarono virilmente lontano alla ricerca doro
ed in oriente laquila cibarono;
19
morirono a sud nel Serkland .
19
Sulla stele di Gripsholm si veda C. Cucina, Vestr ok austr. Iscrizioni e saghe sui viaggi dei vichinghi, 2
voll., Roma 2000, vol I., pp. 29-31. L'espressione cibare l'aquila una kenning, ovvero una metafora,
che richiama l'uccisione di molti nemici sul campo di battaglia. Il Serkland (Terra dei Saraceni)
identificava una regione compresa tra il Mar Nero e il Mar Caspio e abitata da popolazioni
prevalentemente arabe.
13
quellHaraldr che conquist per s tutta la Danimarca e la Norvegia e rese cristiani i
Danesi.
Gli altri due lati della pietra presentano anche delle decorazioni: sul lato B
raffigurata una grande bestia, forse un leone o un drago, attorno alla quale avvinghiato
un serpente (figg. 4a-4b); la decorazione del lato C, infine, rappresenta una crocifissione
(figg. 5a-5b), la pi antica in area scandinava e l'unica immagine del Cristo in
20
Danimarca fino al XIII secolo .
Le rune potevano anche essere utilizzate per scopi divinatori o magici, per lanciare
un incantesimo o una maledizione, e in questo caso alla componente materiale,
l'incisione su un oggetto o una pietra, corrispondeva una verbale, la recita di una
formula. La loro connessione con la magia appare evidente nella stessa etimologia del
nome rn (pl. rnar), segreto, mistero, nonch nella credenza nella loro origine
divina: secondo la mitologia norrena, infatti, esse furono scoperte dal dio Odino dopo
che questi ebbe sacrificato se stesso impiccandosi ai rami di un albero (forse il frassino
Yggdrasill) e rimanendovi cos appeso per nove notti. Le rune, dunque, sono simbolo di
20
Sulla pietra di Jelling si veda C. Del Zotto, Considerazioni iconografiche sulla grande pietra runica di
Jelling (Danimarca), Rivista di cultura classica e medioevale, 50/2 (2008), pp. 375-383.
14
conoscenza superiore e potere magico, di un sapere per esoterico, riservato a pochi e
21
non destinato a essere reso pubblico .
21
Sul valore magico delle rune si veda Chiesa Isnardi, I miti nordici cit., pp. 100-104; si veda anche C.
Del Zotto, Maleficia vel litterae solutoriae. Il valore magico delle rune, Studi e materiali di storia delle
religioni, 76/1 (2010), pp. 151-186.
15
130
6. Il paganesimo nordico
Secondo la cosmologia norrena l'universo composto da nove mondi, disposti
verticalmente lungo l'asse costituito dal frassino Yggdrasill. In alto si trovano saheimr,
il mondo degli sir, che risiedono nella fortezza di sgarr, e lfheimr, il mondo degli
Elfi. Al livello intermedio ci sono Migarr, la Terra di Mezzo ovvero il mondo degli
Uomini; Jtunheimr, la terra dei Giganti; Vanaheimr, il mondo dei Vanir; Niflheimr, il
mondo delloscurit e del gelo, che ospita le anime di coloro che non sono morti in
battaglia ed anche una dimora di Hel, figlia del dio Loki e di una gigantessa; e
Mspellsheimr, il mondo dei Giganti del fuoco. In basso, nel sottosuolo, si collocano
infine Svartlfheimr, il mondo degli Elfi neri e dei Nani, e Hel (o Helheimr), laldil
dove va chi in vita si macchiato di gravi colpe e dove regna Hel. Questi mondi sono
collegati tra loro da Yggdrasill (il destriero di Yggr), lalbero cosmico attraverso cui
si muove Odino (Yggr, ovvero il terribile, infatti uno dei suoi soprannomi): tra le
sue fronde si trova unaquila mentre tra le sue radici si annida il serpente Nhggr e i
22
Per una storia della letteratura scandinava nel medioevo si veda M. Gabrieli, Le letterature della
Scandinavia: Danese, Norvegese, Svedese, Islandese, Firenze - Milano 1969, pp. 9-124. Per una
traduzione italiana dell'Edda poetica si veda Il canzoniere eddico, a cura di P. Scardigli, Milano 2004;
dell'Edda in prosa e dell'Heimskringla attualmente esistono solo traduzioni italiane parziali: Snorri
Sturluson, Edda, a cura di G. Chiesa Isnardi, Milano 2003; Snorri Sturluson, Heimskringla: le saghe dei
re di Norvegia, a cura di F. Sangriso, Alessandria 2013. Dell'opera di Saxo sono stati tradotti in italiano
solamente i primi nove libri: Sassone Grammatico, Gesta dei re e degli eroi danesi, a cura di L. Koch e
A. Cipolla, Torino 1993.
130
16
13
1
Per i guerrieri, la vittoria o la morte in battaglia sono doni di Odino, e coloro che
muoiono in combattimento vengono accolti nella dimora chiamata Valhalla (Valhll,
Aula dei prescelti). L essi si chiamano Einherjar (forse [Coloro che] combattono da
soli). La Valhalla un luogo assai maestoso e facile da riconoscere: i pilastri, infatti,
sono aste di lancia, sul tetto, al posto delle tegole, vi sono scudi, le panche sono cosparse
di corazze. Sopra vi sospesa unaquila, un lupo pende impiccato alla porta occidentale.
detto che le porte della Valhalla sono ben cinquecentoquaranta; tuttavia, bench in quel
luogo vi sia una grandissima folla, non tanto difficile trovarvi posto quanto entrarvi. Il
cancello della Valhalla si chiama Valgrind (cancello dei prescelti), ma ben pochi sanno
come si apra il chiavistello; Govegr (sentiero verso le dimore degli di) forse la
23
Sull'origine e l'ordinamento dell'universo secondo la mitologia nordica si veda Chiesa Isnardi, I miti
nordici cit., pp. 47-85.
24
Per una descrizione dettagliata delle due stirpi divine e delle singole divinit si veda ibid., pp. 193-298.
Per quanto ormai datato e in parte superato, ancora un'utile lettura G. Dumzil, Gli di dei Germani,
Milano 1974 (ed. or. Paris 1959).
13
2 17
strada che vi conduce. Le Valchirie accompagnano i caduti nella Valhalla e servono loro
25
da bere la birra e lidromele .
Contrapposti agli di troviamo i giganti (jtunn, pl. jtnar): sono gli esseri delle
origini, i primi abitatori del mondo, le forze del caos e dell'oscurit, i nemici degli di e
26
al contempo i loro progenitori, possessori di una saggezza antica e profonda . Essi
rappresentano le forze primigenie della natura, difficili da domare senza una potenza
ordinatrice che li contrasti, incarnata dagli di, e sono i simboli del tempo che trascorre
27
e distrugge : la presenza dei giganti alle origini del mondo e il loro ruolo decisivo alla
28
fine, quando combatteranno gli sir, emblema del divenire inesorabile . Secondo
l'escatologia norrena, infatti, il mondo sar distrutto nel giorno del ragnark (fato degli
di), quando gli di andranno incontro al loro destino scontrandosi ciascuno con il
proprio avversario e ciascuno dando la morte all'altro: cos Odino sar divorato dal lupo
Fenrir, e sar poi vendicato da suo figlio Viarr; il serpente di Migarr
(Migarsormr), fino a quel momento nascosto nelle profondit oceaniche, emerger e
affronter Thor, e i due si uccideranno a vicenda; analoga sorte toccher a Tr contro il
cane infernale Garmr e a Heimdall contro Loki. Il mondo sar quindi consumato dalle
fiamme, ma dalle ceneri sorger una nuova terra che sar popolata da un'umanit
29
rigenerata .
Una delle pi antiche testimonianze sulle credenze religiose degli scandinavi
quella di Adamo di Brema, un canonico tedesco autore, tra il 1072 e il 1076, dei Gesta
Hammaburgensis ecclesiae pontificum, una storia degli arcivescovi di Amburgo-Brema,
ai quali, dal IX secolo, era stata affidata la responsabilit di evangelizzare la
Scandinavia; nel quarto libro Adamo descrive ci che avveniva presso il grande tempio
di Uppsala, in Svezia:
Nobilissimum illa gens templum habet, quod Ubsola dicitur. In hoc templo, quod totum
ex auro paratum est, statuas trium deorum veneratur populus, ita ut potentissimus eorum
Thor in medio solium habeat triclinio; hinc et inde locum possident Wodan et Fricco. (...)
'Thor', inquiunt, 'praesidet in aere, qui tonitrus et fulmina, ventos ymbresque, serena et
25
Chiesa Isnardi, I miti nordici cit., p. 58.
26
Ibid., p. 317.
27
Ibid.
28
Ibid.
29
Ibid., pp. 186-192.
18
fruges gubernat. Alter Wodan, id est furor, bella gerit, hominique ministrat virtutem
contra inimicos. Tertius est Fricco, pacem voluptatemque largiens mortalibus'. Cuius
etiam simulacrum fingunt cum ingenti priapo. Wodanem vero sculpunt armatum, sicut
30
nostri Martem solent; Thor autem cum sceptro Iovem simulare videtur .
In realt l'attributo di Thor non era lo scettro bens il martello chiamato Mjlnir
(Stritolatore), che in seguito divenne il simbolo pagano per eccellenza in
contrapposizione alla croce cristiana.
Proprio grazie all'opera degli scrittori cristiani che per primi si confrontarono con
queste popolazioni, nonch grazie alle saghe, stato possibile ricostruire le forme di
culto e le pratiche religiose degli antichi scandinavi. Le pi importanti feste pagane
erano annuali: la festa delle notti d'inverno (vetrntr) che cadeva probabilmente alla
met di ottobre, la festa di jl, legata al solstizio invernale, la festa di primavera e quella
legata al solstizio d'estate (o festa di mezza estate). In queste circostanze erano compiuti
dei sacrifici (blt), durante i quali venivano immolati degli animali, prevalentemente
cavalli, accompagnati da abbondanti libagioni di birra, che insieme alla carne veniva
consacrata alla prosperit e alla pace (til rs ok friar). In tal modo gli alimenti erano
resi sacri e il banchetto rituale rendeva la comunit partecipe di quella sacralit poich il
cibo e le bevande diventavano gli intermediari tra il mondo profano che sacrifica e il
mondo sacro che riceve il sacrificio, rafforzando i legami di solidariet all'interno della
comunit e, al tempo stesso, assicurando la comunione tra la comunit e la divinit. A
guidare le celebrazioni era la personalit pi importante presente al banchetto, che
poteva essere il re o lo jarl - o un goi in Islanda - nel caso di una cerimonia pubblica,
oppure il capofamiglia (hsbndi) nel caso di feste limitate solo ad alcune famiglie o
31
agli abitanti di determinati distretti .
30
Questo popolo ha un santuario particolarmente venerato che chiamato Uppsala. In questo tempio,
che interamente decorato in oro, il popolo adora le statue di tre dei: al centro della sala ha il suo trono
Thor, il pi potente di loro, a destra e a sinistra hanno posto Wotan e Fricco. (...) Thor dicono
domina sullatmosfera, governando i tuoni, i lampi, i venti e le piogge, il bel tempo e i prodotti dei
campi. Il secondo, Wotan, cio il Furore, il dio della guerra e infonde agli uomini il coraggio contro i
nemici. Il terzo Fricco che dona ai mortali la pace e il piacere dei sensi. Foggiano il suo idolo anche
con un grande fallo, invece Wotan rappresentato armato, come i nostri sogliono Marte, mentre Thor con
il suo scettro sembra assomigliare a Giove: Adamo di Brema, Storia degli arcivescovi della Chiesa di
Amburgo, a cura di I. Pagani, Torino 1996 (d'ora in poi Gesta), IV, 26, pp. 470-471.
31
Sulle pratiche religiose pagane si veda Boyer, La vita quotidiana cit., pp. 95-96, 188-192, 218-221.
19
7. La conversione della Scandinavia
La cristianizzazione della Scandinavia fu un processo lungo che si complet con
tempi e modalit diverse a seconda delle regioni e delle persone coinvolte. In linea
generale, la conversione procedette dall'alto verso il basso, partendo dai magnati e dai
re: molti capi, infatti, avevano conosciuto il cristianesimo durante i loro viaggi allestero
come vichinghi. La prima missione fu quella del monaco franco Anscario, che tra l826
e l831 si rec in Danimarca e Svezia fondandovi alcune comunit cristiane che ebbero
per vita breve; in seguito lattivit missionaria fu portata avanti soprattutto da monaci e
vescovi tedeschi e anglosassoni. Il periodo decisivo fu quello tra X e XI secolo, quando
la nuova fede fu imposta da quei re (come i norvegesi Olaf Tryggvason e Olaf
Haraldsson) con un passato da vichinghi che avevano visto i vantaggi che il
cristianesimo poteva dare a un sovrano. Gli aspetti teologici o dottrinari non erano
importanti per loro, mentre lo furono quelli di comunit e di lealt: difatti i re
utilizzarono il cristianesimo per costruire attorno a s una rete di clientele e relazioni
personali da contrapporre a quella dei loro avversari ancora pagani. La lotta con il
paganesimo, dunque, mirava anzitutto a colpire e recidere i legami religiosi che univano
i magnati pagani alle loro clientele.
I primi vescovi missionari erano itineranti e si spostavano con i re, mentre una
struttura ecclesiastica stabile si form solo alla fine dellXI secolo, e si consolid nel
corso del secolo seguente. In Islanda il cristianesimo fu accettato dallAling nel 1000,
per evitare una divisione della societ e lo scoppio di una guerra civile tra pagani e
cristiani. In un tale contesto operarono e predicarono, con alterne fortune, molti
missionari, di cui Adamo racconta le storie. Di alcuni, per, egli condanna la condotta e
gli eccessi in fatto di cibo e di donne; pi in generale, secondo Adamo, laccoglienza
che questi missionari ricevevano presso le popolazioni indigene, e quindi il successo
della loro predicazione, dipendeva in larga parte dal loro atteggiamento, come illustra
lesempio dellanglosassone Volfredo:
Per idem tempus sermo est, quendam ab Anglia nomine Wolfredum, divini
amoris instinctu Suediam ingressum, verbum Dei paganis cum magna fiducia
praedicasse. Qui dum sua praedicatione multos ad christianam fidem convertisset,
ydolum gentis nomine Thor, stans in concilio paganorum coepit anathematizare;
simulque arrepta bipenni simulacrum in frusta concidit. Et ille quidem pro talibus
20
ausis statim mille vulneribus confossus, animam laurea dignam martyrii transmisit
in coelum. Corpus eius barbari laniatum post multa ludibria merserunt in
32
paludem .
Bench il ricorso all'ingiuria come mezzo di predicazione non fosse certamente una
33
novit in campo cristiano , il chierico bremense sembra essere scettico sulla sua reale
efficacia e, al contrario, insiste a pi riprese sulla necessit che il clero adotti una
condotta irreprensibile, cosicch l'esempio favorisca la conversione dei pagani.
In Norvegia Olaf Tryggvason e Olaf Haraldsson si guadagnarono la fama di "re
missionari" per lo zelo - e in alcuni casi anche la violenza - con cui intrapresero la
cristianizzazione del loro popolo, e nelle saghe sono numerosi gli episodi in cui i due
sono alle prese con i pagani. In uno di questi si racconta di come Olaf Haraldsson il
Santo, che dopo aver conquistato il regno nel 1015 si era dedicato a un'intensa opera di
evangelizzazione, convert un certo Dale-Gudbrand, signore del distretto di Dale. Questi
era venuto a sapere dell'imminente arrivo del re e si rivolse ai propri uomini con queste
parole: Quell'uomo di nome Olaf sta arrivando a Loar e ci offrir un'altra fede rispetto
a quella che abbiamo, e far a pezzi tutti i nostri di, e sostiene di avere un Dio molto
pi grande e potente. strano che la terra non si apra sotto di lui quando osa dire cose
del genere, o che gli di gli permettano di vivere a lungo. Io credo che, se portassimo
fuori dal nostro tempio Thor, che risiede in questo luogo e che ci ha sempre aiutati, e se
questi vedesse Olaf e i suoi uomini, allora il Dio di Olaf, Olaf stesso e i suoi uomini si
dileguerebbero e di loro non rimarrebbe nulla. All'arrivo del re, Gudbrand gli si rivolse
cos: Noi non sappiamo di chi tu parli. Tu chiami con il nome di Dio uno che n tu n
altri avete mai visto. Ma noi abbiamo un dio che possiamo vedere ogni giorno; egli non
fuori adesso, perch il tempo piovoso. Egli ti sembrer potente e ti incuter timore, e
io credo che il terrore scender su di te quando lui arriver al ing. Ma poich dici che il
tuo Dio pu tanto, faccia allora in modo che domani il tempo sia nuvoloso ma senza
32
Si racconta che in quel periodo un anglo di nome Volfredo, spinto dallamore di Dio, si rec in Svezia
e con grande coraggio annunci ai pagani la parola di Dio. Con la sua predicazione aveva gi convertito
molti al cristianesimo, quando si mise a maledire il dio di quella gente chiamato Thor, la cui immagine si
ergeva nellassemblea dei pagani, e, afferrata unascia, ne ridusse il simulacro in frantumi. Per aver tanto
osato fu subito trafitto da mille ferite e invi al cielo la sua anima, degna della corona del martirio. Dopo
molti oltraggi, i barbari gettarono il suo corpo dilaniato in una palude: Gesta, II, 62, pp. 258-259.
33
Una simile strategia fu adottata nell'Oriente musulmano dall'eremita Pietro di Capitolia, in
Transgiordania, che, nel 715, desiderando ardentemente il martirio, coron il suo intento inveendo
pubblicamente contro Maometto e la sua fede: B.Z. Kedar, Crociata e missione. L'Europa incontro a
l'Islam, Roma 1991 (Princeton 1984), p. 29.
21
pioggia, cosicch possiamo incontrarci qui. Olaf allora si fece spiegare di nascosto
come era fatto lidolo e di quale materiale era composto e la mattina seguente, dopo
aver trascorso la notte in preghiera, si diresse al ing; il cielo era nuvoloso, e il re disse a
un suo uomo di porsi accanto all'idolo. Poi rivolse questo discorso a Dale-Gudbrand:
Molte cose ci hai detto questa mattina. Ti sei meravigliato di non vedere il nostro Dio,
ma noi crediamo che Egli verr presto da noi. Tu ci hai minacciati con il tuo dio che
sia cieco che sordo, che non pu aiutare n s stesso n gli altri, e che non pu andare da
nessuna parte se non trasportato da qualcuno; e io ora credo che tra poco andr
incontro al suo destino: volgete i vostri occhi a est, osservate il nostro Dio che avanza in
una grande luce!. In quel momento il sole squarci le nubi, e tutti i contadini
guardarono in quella direzione; subito luomo di Olaf colp l'idolo con un bastone,
mandandolo in pezzi, e da esso fuoriuscirono ratti, rospi e serpenti. Impressionato da un
34
simile prodigio, Dale si convert e insieme a lui la sua gente .
34
La conversione della Scandinavia affrontata in L. Musset, La pntration chrtienne dans lEurope
du nord et son influence sur la civilisation scandinave, in La conversione al cristianesimo nellEuropa
dellalto medioevo,14-19 aprile 1966 (Settimane di studio del Centro Italiano di studi sullalto medioevo,
XIV), Spoleto 1967, pp. 263-325, e in R. Fletcher, La conversione dellEuropa: dal paganesimo al
cristianesimo, 371-1386 d.C., Milano 2003 (ed. or. London 1997).
22
l'arcivescovo Erik di Nidaros all'esilio in Danimarca. Da qui, nel 1194, Erik e
l'arcivescovo danese Absalon di Lund inviarono dei messaggeri a Roma per denunciare
la condotta del re:
Gli arcivescovi ottennero dal papa [Celestino III] la risposta che avevano chiesto, poich
il papa annunci la scomunica di Sverrir se questi non avesse permesso all'arcivescovo di
avere tutto ci che aveva richiesto e rivendicato. Questa lettera fu letta pubblicamente in
Danimarca per ordine dell'arcivescovo, e ogni domenica la scomunica di re Sverrir fu
proclamata nel coro [delle chiese]. Quando re Sverrir seppe ci, affront spesso la
questione nelle assemblee dicendo che si trattava di una invenzione dei Danesi e non di
un messaggio del papa, e che non credeva che, con le menzogne, Erik il Cieco avrebbe
35
messo fine al suo regno .
L'inverno seguente il vescovo rir e il magister Rkarr giunsero dal sud, da Roma, in
Danimarca, e con loro un cardinale di Roma, ma essi furono colti tutti da un improvviso
malessere e morirono l. In Norvegia non arrivarono subito notizie su cosa fosse successo
durante il loro viaggio, ma tempo dopo giunsero dei Danesi che portarono a re Sverrir la
lettera e il sigillo del papa e dissero che il vescovo rir e il magister Rkarr avevano
impegnato quella lettera, e asserirono anche che il vescovo e il suo compagno avevano
ricevuto da loro denaro in prestito. Essi consegnarono la lettera al re, il quale diede loro la
quantit di denaro che ritenne appropriata. Re Sverrir fece leggere pubblicamente la
lettera nel coro [delle chiese] e mostr il sigillo papale con la lettera. Nella lettera era
scritto che, non appena il papa aveva saputo con certezza che il re parlava pi
giustamente dell'arcivescovo, il papa aveva assolto il re e l'intero suo regno da ogni
scomunica. Il re disse che il cardinale, il vescovo rir e il suo compagno erano stati
ospiti da un certo prete, e che durante la sera del veleno era stato mischiato alle loro
36
bevande ed erano morti tutti .
35
The saga of king Sverri of Norway, transl. by J. Sephton, London 1899 (repr. Felinfach 1994), cap. 121,
pp. 152-153.
36
,Icbaidp. 128, p. 158.
23
La risposta del papa non si fece attendere: nel 1198 Innocenzo III, scrivendo
allarcivescovo Erik, accus Sverrir di opprimere le chiese, perseguitare i chierici,
affliggere i poveri e accanirsi sui potenti; Sverrir, inoltre, per raggirare meglio voi e
tutto il popolo norvegese e per far credere che il suo regno avesse ottenuto la conferma
dellautorit apostolica, non ha avuto timore di falsificare una bolla di papa Celestino,
nostro predecessore di buona memoria, con la quale ha sigillato varie lettere, ma Colui
37
al quale ogni cosa manifesta ha smascherato la sua falsit . Per tutti questi motivi, il
papa scagli linterdetto sulla Norvegia; Sverrir, tuttavia, non fece alcun passo indietro
nella sua politica ecclesiastica e non ottenne mai l'assoluzione dalla scomunica.
37
C.R. Unger - H.J. Huitfeldt (eds.), Diplomatarium Norvegicum, vol. VI/1, Christiania (Oslo) 1865, n
7, pp. 10-11.
38
Chi oser chiamare cristiana tutta quella barbarie che risiede nelle isole remote che si affacciano
sulloceano glaciale e che vive come le belve?: J.P. Migne, Patrologia latina, vol. CLI, col. 572.
39
D. Balestracci, Terre ignote, strana gente. Storie di viaggiatori medievali, Roma - Bari 2008, p. 52.
24
Bibliografia
Fonti:
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J.P. Migne, Patrologia latina, vol. CLI.
Sassone Grammatico, Gesta dei re e degli eroi danesi, a cura di L. Koch e A. Cipolla,
Torino 1993.
Snorri Sturluson, Edda, a cura di G. Chiesa Isnardi, Milano 2003.
Snorri Sturluson, Heimskringla: le saghe dei re di Norvegia, a cura di F. Sangriso,
Alessandria 2013.
The saga of king Sverri of Norway, transl. by J. Sephton, London 1899 (repr. Felinfach
1994).
C.R. Unger - H.J. Huitfeldt (eds.), Diplomatarium Norvegicum, vol. VI/1, Christiania
(Oslo) 1865.
Studi:
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S. Bagge - S.W. Nordeide, The kingdom of Norway, in N. Berend (ed.), Christianization
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