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SantAgostino, De libero arbitrio, Lib.

II (estratti)

De libero arbitrio 2.3.7


Agostino. [] E tanto per cominciare con le nozioni pi immediate, prima di tutto ti chiedo
se tu stesso esisti. Ma forse temi che nel corso di questo dialogo stai subendo una illusione
perch se tu non esistessi, non potresti assolutamente subire illusioni?
Evodio. Passa ad altro piuttosto.
A. Dunque poich evidente che esisti e non ti sarebbe evidente se non vivessi, evidente
anche che vivi. E pensi che queste due nozioni sono assolutamente vere?
E. Lo penso certamente.
A. Dunque, anche questo evidente: che tu pensi.
E. S.
A. E delle tre nozioni quale ritieni superiore?
E. Il pensiero.
A. E perch lo ritieni?
E. Vi sono tre: essere, vivere e pensare. Anche la pietra , anche la bestia vive, ma non
penso che la pietra viva e la bestia pensi. assolutamente certo invece che chi pensa e vive.

De libero arbitrio 2.8.21-22


A. [] Ma se ti si dicesse che i numeri non in virt della loro propriet ma degli oggetti
sensibili sono rappresentati al nostro pensiero come immagini determinate di cose visibili, che
risponderesti? La pensi anche tu cos?
E. Non potrei certamente pensarlo. Se ho conosciuto secondo verit i numeri con un senso,
mi sarebbe stato possibile conoscere col senso anche le regole della divisione e addizione. Infatti
con la luce dellintelligenza disapprovo colui che mentre fa i calcoli nelladdizionare o sottrarre
ottiene un risultato erroneo. E non so per quanto tempo rimangano ancora gli oggetti che tocco
col senso, come questa atmosfera e questa terra e gli altri corpi che percepisco esistenti in essi.
Ma sette e tre fanno dieci, e non solo ora ma sempre, e non v mai stato un tempo in cui non
abbiano fatto dieci e mai vi sar tempo in cui sette e tre non faranno dieci. []
A. Non ti faccio obiezioni perch affermi nella risposta verit innegabili. Ma potrai anche
facilmente notare che i numeri stessi non sono derivati dalla esperienza sensibile se penserai che
ogni numero varia il nome ogni volta che aumenta delluno. Ad esempio, se si ha due volte
luno, il numero si chiama due; se tre, tre; []. Ora se si ha la vera nozione delluno, si trova
certamente che non pu essere percepito dai sensi. Si ha certezza infatti che loggetto sensibile
non uno ma molteplice perch corpo ed ha quindi innumerevoli parti. [] Pertanto non si
ammette che alcun corpo sia uno in modo assoluto. [] Quando dunque cerco luno nel corpo e
non dubito di non trovarvelo, so ci che cerco, ci che non vi trovo e che non potr trovarvi, anzi
che non v affatto. Se dunque so che il corpo non uno, so che cos luno. [] Dovunque
infatti apprender luno, non lo apprendo mediante il senso. [] Inoltre se non si ha pura
conoscenza delluno col senso, no si ha col senso conoscenza di alcun numero.

De libero arbitrio 2.12.33-36


A. Perci in nessun modo potrai negare lesistenza di una verit immutabile, la quale
comprende tutte le cose che sono immutabilmente vere.
Verit che non puoi dire tua o mia o di qualsiasi uomo, ma devi ammettere presente e dispo-
nibile a tutti coloro che vedono verit immutabili, come una luce mirabilmente segreta e insieme
aperta a tutti. Ora, di una cosa che si presenta comunemente a tutti coloro che ragionano e com-
prendono, si pu forse dire che appartenga in proprio alla natura di uno di loro? [] Infatti quello
che gli occhi di due persone vedono contemporaneamente, non potrai dire che sono gli occhi di
questo o di quello, ma che una terza cosa verso cui si rivolge lo sguardo di entrambi. []
Questa verit, dunque, della quale gi da tempo parliamo e nella quale sola vediamo tante
cose, ritieni sia pi eccellente del nostro spirito, o uguale, o inferiore? Ma se essa fosse inferiore,
noi non giudicheremmo secondo lei ma di lei, come giudichiamo dei corpi, perch sono inferiori,
e diciamo per lo pi, non solo che essi sono cos o cos, ma che debbono essere cos o cos. Pari-
menti anche delle nostre anime, non solo sappiamo che sono cos, ma per lo pi anche che
debbono essere cos. [] E giudichiamo queste cose in base a quelle interiori regole di verit
che vediamo in comune; ma di esse nessuno giudica in alcun modo. Infatti, quando qualcuno
dice che le cose eterne sono preferibili alle temporali, o che sette e tre fanno dieci, nessuno dice
che dovrebbe essere cos, ma semplicemente conosce che cos; non corregge da esaminatore,
ma ne gode come scopritore.
Se, daltronde, questa verit fosse uguale ai nostri spiriti, sarebbe pure mutevole. Infatti i
nostri spiriti la vedono talvolta pi, talvolta meno, e con ci rivelano di essere mutevoli, mentre
essa, permanendo in se stessa, n progredisce quando vista da noi, n diminuisce quando
conosciuta meno bene, ma integra e incorrotta allieta con la sua luce coloro che si sono rivolti
verso di lei e punisce con la cecit coloro che se ne distolgono.
Anzi, secondo quella verit giudichiamo anche dei nostri stessi spiriti, mentre non possiamo
in alcun modo giudicare lei. Diciamo infatti: comprende meno di quel che deve, o comprende
quanto deve. Ora, tanto deve comprendere lo spirito quanto pi pu avvicinarsi e aderire alla
verit immutabile. Perci, se la verit non n inferiore n uguale al nostro spirito, se ne
conclude che superiore e pi eccellente.
Ti avevo promesso dunque, se ti ricordi, che ti avrei dimostrato lesistenza di qualcosa di pi
sublime del nostro spirito e della nostra ragione. Eccotela: la stessa verit. Abbracciala, se
puoi, godi di essa, compiaciti nel Signore ed Egli esaudir i desideri del tuo cuore. Cosa do-
mandi infatti di pi se non di essere beato? E chi pi beato di colui che gode dellinconcussa,
immutabile ed eccellentissima verit?
[] Infatti poich nella verit si conosce e si possiede il sommo bene e quella verit la
sapienza, guardiamo verso lei e manteniamo il sommo bene e di esso godiamo. beato davvero
colui che gode del sommo bene. Infatti questa verit mostra tutti i beni che sono veri, uno o pi
dei quali gli uomini scelgono per goderne. Ma [] un forte e vigoroso sguardo dello spirito,
quando avesse visto, con sicura ragione, molte realt vere e immutabili, si diriger verso la stessa
verit dalla quale tutte le realt vengono mostrate e, essendo unito a quella, quasi dimentica le
altre ed in essa gode di tutte contemporaneamente. Infatti tutto ci che piacevole negli altri veri
evidentemente piacevole per la stessa verit.

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