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Guida al colloquio del nuovo Esame di stato Edizioni Bruno Mondadori 1999

P 7. LIDEA DI NAZIONE
Nel corso del XVIII secolo si inizi a designare con il termine di nazione l'insieme
della popolazione di un territorio, e a considerare tale insieme come leffetto unico e
irripetibile del convergere di diversi fattori geografici, etnici, culturali e sociali.
Linflusso del concetto di nazione sulla storia e sulla cultura degli ultimi due secoli
pu essere diviso in tre fasi: nella prima, a partire dallinizio dellOttocento, l'idea na-
zionale alimenta le lotte liberali e democratiche e guida pensatori e letterati alla risco-
perta delle tradizioni nazionali e popolari. Una seconda fase quella segnata
dallimperialismo tardo ottocentesco, nel quale lorgoglio nazionale si unisce
allautoritarismo e allaggressivit internazionale degli Stati europei. Lultima, infine,
quella contemporanea, nella quale il principio di nazione presenta un duplice aspetto:
da un lato, nel processo di decolonizzazione, interviene a sostegno dellindipendenza e
dello sviluppo dei paesi del Terzo mondo; dallaltro, dopo aver avuto un ruolo impor-
tante nellideologia fascista e nazista, ispira ancor oggi conflitti nel cuore dellEuropa.

TRA RIVOLUZIONE E RESTAURAZIONE


La storia
La teoria contrattualista e democratica della nazione ispir le forze sociali e politiche
che aderirono ai principi della Rivoluzione francese, e anim i primi moti volti ad af-
fermare il diritto allindipendenza e allautodeterminazione dei popoli. In questo perio-
do, a cavallo tra gli ultimi venti anni del XVIII secolo e i primi venti anni del XIX,
lidea di nazione divenne una potente realt politica, in grado di sconvolgere le relazioni
tra gli Stati europei.
La diffusione dei principi della Rivoluzione francese e il sorgere del sentimento nazio-
nale, che le campagne napoleoniche avevano contribuito a rafforzare nei vari paesi
conquistati, accelerarono la presa di coscienza da parte di vasti strati della popolazione
dellappartenenza alla comunit nazionale.
Dal punto di vista del potere politico e della sua legittimazione tale sviluppo ebbe effetti
dirompenti. Il sentimento collettivo delladesione alla volont della nazione si sostitu ai
valori del lealismo dinastico e ai vincoli che legavano i sudditi alla monarchia e alla
persona del sovrano. La sovranit non era pi concepita come un diritto ereditario e as-
soluto conferito al principe, ma come un diritto che saliva dal basso, dal consenso popo-
lare, dalla somma delle volont individuali, la cui forza era moltiplicata dalla spontanea
adesione ai valori patriottici.
Le guerre divennero un poderoso strumento per trasformare la societ. Se nellantico
regime gli eserciti erano esigui, composti da soldati di mestiere, la cui unica motivazio-
ne al combattimento era legata alla retribuzione, ora, invece, fa la sua comparsa la na-
zione in armi, lesercito composto da unenorme massa di soldati, reclutati attraverso la
coscrizione obbligatoria. Sui campi di battaglia il soldato-cittadino combatteva non solo
per difendere se stesso ma anche per il suolo della patria, il proprio governo, le proprie
idee, linteresse nazionale. La massima attenzione venne posta, da allora, alla propagan-
da e si cominciarono a combattere guerre di nuovo tipo, in cui le questioni ideologiche
assunsero un peso determinante nel definire le ragioni del conflitto.
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Vedi sul testo di storia la riorganizzazione dellesercito della Francia rivoluzionaria dopo il 10
agosto 1792 e la battaglia di Valmy.

Vedi sul testo di storia dellarte liconografia delle battaglie della Rivoluzione francese, la
rappresentazione dei soldati e degli eroi di guerra, la personificazione della nazione, in particolare
il dipinto di Jacques Louis David, Il giuramento degli Orazi (1784-1785).
La Restaurazione eresse una barriera alla diffusione dei movimenti nazionali, ricon-
fermando il principio di legittimit, che divenne la bandiera di tutti i regimi conservatori
e degli ideologi antirivoluzionari.

Vedi sul manuale di storia la figura di Klemens Wenzel Lothar von Metternich (1773-1859);
altri pensatori importanti per le teorie politiche furono il savoiardo Joseph de Maistre (1753-1821)
e linglese Edmund Burke, che sulla base di una visione tradizionalista ed elitaria della politica e
della societ condannarono gli ideali democratici della Rivoluzione francese.
Il precario equilibrio in cui lEuropa rimase fino ai primi anni venti dellOttocento non
fu per unepoca di completa stasi; infatti, se da un lato i sovrani stringevano una Santa
Alleanza per difendersi dalle trasformazioni istituzionali e dalle rivendicazioni naziona-
li, si cominciava a profilare unopposta alleanza, costituita dagli uomini che aderivano
alle idee di emancipazione e di solidariet che avevano animato la spinta rivoluzionaria.
Fino alla met del secolo lurto tra queste due forze condizion tutte le vicende politiche
europee.
Allidea di nazione si ispirarono gli intellettuali che promossero e capeggiarono le rivo-
luzioni europee del 1848. A Berlino, Vienna, Parigi, e negli Stati italiani, dove si veri-
ficarono i moti pi consistenti, si ebbe limpressione di un inarrestabile diffondersi dello
spirito nazionale, della fioritura improvvisa e gioiosa di una primavera dei popoli che
avrebbe cambiato il volto del vecchio continente.
La cartina politica dellEuropa, tuttavia, non cambi direttamente per effetto delle ini-
ziative rivoluzionarie e il '48 fu il culmine dellepoca dei moti spontanei, a cui poi si so-
stitu l'iniziativa degli Stati e dei governi. Due regni, quello di Savoia e quello di Prus-
sia, i loro eserciti, e i loro governi guidati dai due grandi statisti Cavour e Bismarck
furono i protagonisti della realizzazione dei nuovi stati unitari che modificarono
lassetto complessivo dellEuropa.

La filosofia
Pensatori come lo svizzero Albert von Haller (1708-1777) e i tedeschi Johann Georg
Hamann (1730-1788) e Justus Mser (1720-1794) furono tra i primi a esaltare le libert
cittadine e locali in una chiave che faceva presagire il concetto di nazione, ma la prima
teorizzazione della nazione come consapevolezza del patrimonio comune di un popolo
si ebbe con Johann Gottfried von Herder (1744-1803). Il filosofo tedesco concep la na-
zione come una possente forza, dotata di individualit autonoma, che attivamente pre-
sente nella storia.
Le idee di Herder furono riprese da Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), che le svilup-
p in senso politico sostenendo la necessit di fondare lo Stato sulla sovranit popolare
e quindi sulla nazione, che si costituirebbe a partire dalla libera volont dei singoli di
aderire ad un ideale patto fondativo. Rousseau prospettava la necessit che vi fosse uno
stretto rapporto tra l'ambiente sociale e leducazione degli individui, aprendo in tal mo-
do la strada alle riflessioni sulla necessit di una cultura e di un'istruzione nazionale,
questioni che furono al centro dell'interesse del movimento romantico in tutta Europa.

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Vedi, del filosofo tedesco Fichte, i Discorsi alla nazione tedesca, 1808, nei quali viene esaltato
il ruolo delleducazione e dei principi morali nella lotta per l'indipendenza nazionale.

La letteratura
Nonostante gli sforzi contrari della Restaurazione, il processo di consolidamento degli
ideali nazionali iniziatosi con la Rivoluzione francese prosegu ininterrottamente per tut-
to il XIX secolo. Esso, tuttavia, present caratteristiche nuove, che in parte contraddice-
vano lo spirito che aveva animato la Rivoluzione. Lideale nazionale venne declinato in
senso storicistico da una seconda generazione di intellettuali che si rifacevano al ro-
manticismo. Essi ponevano in primo piano l'affermazione delle particolarit locali, dei
sentimenti, della lingua e della religione propri di ciascuna tradizione, opponendo i va-
lori nazionali, il culto del passato, ai valori universali proclamati dai rivoluzionari del-
l'89.
La storia dei popoli, la lingua e la letteratura furono fin dal principio al centro del-
l'interesse del movimento romantico. I romantici ritenevano infatti di poter individuare
nelle lingue e nella narrativa lopera di quelle forze ideali, incarnatesi nelle diverse tra-
dizioni e vicende nazionali, che reggevano le sorti del mondo e indirizzavano la storia.

Vedi sul testo di storia della filosofia la valorizzazione e il recupero a opera dei fratelli
Schlegel, di Fichte, Schelling e Hegel, della dimensione storica, religiosa, artistica e delle
tradizioni popolari.

Vedi, inoltre, la crescita dellinteresse per il folclore, le fiabe, i canti, le tradizioni popolari,
tipico, per esempio, delle opere dei fratelli Grimm.

Vedi anche i romanzi dello scrittore inglese Walter Scott, in particolare Ivanhoe (1820) di
ambientazione medievale, un modello per il romanzo storico europeo che influenz Alessandro
Manzoni nella stesura dei Promessi sposi.
La questione della lingua, in particolare, ebbe in Italia sviluppi originali, poich nella
lingua italiana, patrimonio ancora di pochi, si vide il primo e pi importante cemento
nazionale di un popolo privo di unit politica.

Vedi sul manuale di storia della letteratura il dibattito sorto intorno alla proposta di padre A.
Cesari per un ritorno al purismo e alla soluzione adottata da Manzoni per le tre edizioni - 1823
Fermo e Lucia, 1827, Sposi promessi, 1840-1842, I promessi sposi - del suo romanzo principale.
I romantici italiani, peraltro, furono soprattutto impegnati a definire il ruolo della let-
teratura nazionale, proponendosi come obiettivo quello di guidare la rinascita civile
della nazione e di diffondere gli ideali patriottici e risorgimentali.

Vedi il dibattito intorno alle tesi romantiche divulgate dalla rivista Il Conciliatore e le opere
di Lodovico Di Breme, Pietro Borsieri, Giovanni Berchet e confronta il fervore degli scritti di
Mazzini con le idee espresse dal Manzoni nella Lettre M.C. (J.J.Chauvet) sur lunit de temps et
de lieu dans la tragdie (1819) e nel celebre coro dellatto III dellAdelchi (1820-1822).
Caratteristica comune alle diverse istanze presenti tra gli intellettuali italiani attivi nella
prima met del XIX secolo fu comunque quella di ritenere elementi decisivi, per la de-
finizione dell'idea di nazione, i principi culturali, morali, ideali. Anche per gli uomini
che guidarono il Risorgimento italiano Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Carlo
Pisacane non erano i dati naturali (il territorio, la razza) a configurare il profilo di una
nazione, ma quelli culturali e spirituali sostenuti dalla ferma volont di riconoscersi in
una tradizione comune.

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Tale sentimento era poi accompagnato dallattenzione per quanto avveniva in Europa e
nel Nuovo mondo, attenzione che conduceva i sostenitori dell'idea di nazione a battersi
per lindipendenza di altri paesi e a desiderare di comporre un ideale "concerto delle
nazioni".

Vedi, per contrasto, quanto sostenuto anche dall'esponente del neoguelfismo Vincenzo Gioberti
(1801-1852) che, nel suo Primato morale e civile degli italiani (1843), rivendica alla Chiesa, al
papato e in ultima istanza a Dio il primato nella fondazione dellideale nazionale italiano.

NAZIONALISMO E IMPERIALISMO
La storia
Fu negli anni immediatamente seguenti alla formazione dei due nuovi grandi Stati euro-
pei che l'idea di nazione cominci a essere associata a quella di potenza, di razza. Sul
finire del XIX secolo, questa ideologia guid la politica imperialistica e razzista delle
grandi potenze occidentali in Africa e in Asia.
Il mito della razza e della potenza dei popoli del Nord venne ripreso anche da alcuni sto-
rici radicali di destra che precorrono le teorie della razza del nazismo.

Vedi il Saggio sull'ineguaglianza delle razze umane (1853-1855) del francese Joseph-Arthur
De Gobineau (1816-1882) e i Fondamenti del XIX secolo (1899) dell'inglese Houston Stewart
Chamberlain (1855-1927), in cui si sosteneva una visione della storia come lotta tra le razze, tra le
quali avrebbero dovuto primeggiare i popoli ariani.

Vedi i romanzi di Rudyard Kipling (1865-1936), in particolare il Libro della giungla (1894),
nei quali sono celebrati il tema della missione civilizzatrice dell'uomo occidentale, il fardello
dell'uomo bianco, e quello della responsabilit dei paesi evoluti nei confronti degli altri popoli,
insieme alla missione emancipatrice dellInghilterra.
Contemporaneamente agli sviluppi del mondo economico, della tecnica e del commer-
cio, che sostennero la nascita della grande industria, si cominci a teorizzare lo Stato
forte e la necessit del suo intervento in campi sempre pi vasti della vita sociale ed e-
conomica, tanto allinterno del paese, quanto allesterno.

Vedi la politica interna della Germania bismarckiana, volta allallargamento del ruolo dello
Stato nei differenti settori della societ.

Vedi anche il dibattito sullintroduzione di misure protezionistiche e sull'intervento dello


Stato nelleconomia alla fine del secolo in Italia e, in particolare, la figura dellindustriale tessile
vicentino Rossi, il principale fautore della politica protezionistica che permise il decollo
dellindustrializzazione in Italia.
Si apr la strada al rovesciamento del rapporto tra lo Stato e la nazione: la forza politica
e militare, lautorit internazionale e gli interessi strategici dello Stato divennero gli o-
biettivi fondamentali di ogni politica nazionale. Il principio delle nazionalit divenne un
elemento chiave della politica di potenza e dei contrasti internazionali, rinfocolando an-
che le ambizioni dei popoli che non avevano ancora costituito uno Stato unitario.
La corsa alla spartizione del mondo tra le grandi potenze, caratteristica fondamentale
dellimperialismo di fine secolo, infiamm pi volte le relazioni internazionali tra gli
Stati, che videro accentuarsi i motivi di contrasto. A questo punto lidea nazionale di-
venne un patrimonio delle forze antidemocratiche o conservatrici, dando inizio alla sto-
ria del nazionalismo contemporaneo e alla sua degenerazione estremistica.

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Vedi le teorie dei francesi Charles Maurras (1868-1952), il fondatore del movimento
nazionalista lAction Francaise e Maurice Barrs (1862-1923) propugnatori di un violento
sciovinismo con forti accenti antisemiti.
Tra le fila dei partiti democratici e socialisti e all'interno dei movimenti sindacali che si
richiamavano alla dottrina marxista, la questione nazionale non trov una facile solu-
zione. Gli uomini che guidarono la Seconda internazionale non seppero contrastare il
nazionalismo, n trattenere le masse lavoratrici dalla reciproca distruzione nella guerra
mondiale.
Lacuirsi delle rivalit nazionali tra gli Stati e allinterno degli imperi, le nuove rivendi-
cazioni irredentistiche e la volont di riscatto dei paesi che si sentivano danneggiati dal-
la situazione internazionale, furono tra le principali cause che portarono allo scoppio
della Prima guerra mondiale, con la quale si chiudeva lepoca degli scontri tra le na-
zioni combattuti secondo i principi del secolo XIX.

La filosofia
Nel pensiero di Georg Wilhelm Friedrich Hegel, contemporaneo della Restaurazione,
lidea dellunit nazionale si traduce in una dottrina dello Stato come organismo che ha
compiti morali, oltre che giuridici, che anche, in quanto si identifica con la nazione,
lattore fondamentale del processo storico. Questultimo si svolge, per il filosofo, come
avvicendamento dei vari Stati-nazione nel ruolo egemone, ottenuto anche attraverso la
guerra. Queste formulazioni estreme della dottrina dello Stato vengono riprese nei de-
cenni tra lOttocento e il Novecento.

Vedi, in particolare, la teoria dello Stato di Benedetto Croce (1866-1952), che coniuga
liberalismo ed idealismo politico, ma soprattutto la filosofia di Giovanni Gentile (1875-1944), la
cui dottrina dello Stato etico, cio dello Stato come massima sintesi degli individui che lo
compongono, organica al progetto di Stato autoritario sostenuto da Mussolini e dal fascismo.

La letteratura e larte
La letteratura e larte furono chiamate a rinsaldare il credo nazionalistico: poeti che in-
terpretavano il sentimento nazionale spuntarono un po ovunque, assurgendo al ruolo di
vati della nazione.

Vedi il Carducci de Rime e ritmi (1887-1899), in particolare le liriche di ispirazione


nazionalista come La guerra e Cadore. Occorre anche tener presente il ruolo ricoperto dai grandi
musicisti della tradizione romantica e in particolare il culto di Verdi in Italia e di Wagner in
Germania.

Vedi, per larte figurativa, anchessa coinvolta nella celebrazione del passato, la costruzione di
enormi monumenti nazionali, come lAltare della patria a Roma, o il monumento eretto dai
tedeschi per il Centesimo anniversario della battaglia di Lipsia (1813).
Poeti e artisti furono inoltre fra i principali animatori dei movimenti indipendentisti che
sorsero nei territori appartenenti agli Stati sovranazionali dellepoca, gli imperi turco,
asburgico, russo, mentre si crearono nuove e pi sottili rivalit tra gruppi etnici allargati,
come quello che comincia a delinearsi tra chi sosteneva la necessaria unione di tutti i te-
deschi in un solo stato (pangermanesimo) e chi sosteneva lo stesso per gli slavi (pansla-
vismo).

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IL NAZIONALISMO NEL NOVECENTO


La storia
Negli anni venti si pass a proclamare apertamente il pi acceso nazionalismo, dottrina
non pi riservata ai ristretti circoli reazionari, e che divenne lideologia dominante di al-
cune formazioni politiche, destinate a sfruttare le tensioni sociali e la crisi economica e
a raccogliere un seguito di massa.

Vedi le opere e la figure di Gabriele DAnnunzio e di Filippo Tommaso Marinetti, rilevandone


soprattutto gli aspetti pi proclivi al culto dell'eroe patriottico, della guerra e della violenza.
In Italia il nazionalismo pi estremo divenne la base dottrinaria del fascismo, che fece
dellesaltazione della patria un elemento onnipresente nellideologia autoritaria dello
Stato. Il totalitarismo fascista, conquistato il potere nel 1922, invest grandi energie
nella propaganda dei miti nazionali, ripescandoli addirittura dal passato imperiale.
In Germania, a queste caratteristiche aggressive si aggiunse, pi marcatamente, il razzi-
smo, che l pi che altrove trov terreno fertile nei miti dellarianesimo, nella tradizione
nordica e nellantisemitismo. Nel 1933 Hitler, il fondatore del Partito nazionalsociali-
sta, divenne cancelliere del Reich sostenendo apertamente idee razziste, rivendicando il
primato "naturale" di una nazione sullaltra e la necessit di acquisire "spazio vitale" per
le razze pi forti. Fu dunque a partire da queste idee che Hitler scaten la Seconda
guerra mondiale e si rese responsabile del genocidio di sei milioni di ebrei.
Durante il secondo dopoguerra, la Guerra fredda e la definizione delle rispettive zone di
competenza tra Usa e Urss misero la sordina ai conflitti nazionali.

Vedi sul manuale di storia i casi esemplari della separazione di Stati nazionali nel secondo
dopoguerra: la divisione in due della Germania e quella della Corea.
I conflitti riemersero nel faticoso processo di emancipazione degli Stati coloniali, che
fecero propria una variante del nazionalismo che ricalcava le parole dordine democrati-
che che propugnavano lautodeterminazione dei popoli. Dovendo agire in uno scenario
mondiale congelato dalla contrapposizione fra i due blocchi, tale dottrina nazionale
venne piegata alle varie situazioni e ai diversi contesti. Buona parte dei movimenti di
liberazione e anticolonialisti attivi nel Terzo mondo ottennero lappoggio dellUrss. Al-
tri, invece, come il nazionalismo indiano, si ressero su figure carismatiche, come quella
di Gandhi, oppure sulle tradizionali forze ispirate alla religione e alla cultura locale.
Nel XX secolo, contemporaneamente al tramonto dell'impero sovietico, gli effetti del
nazionalismo sono tornati a farsi sentire anche in Europa, sia accelerando la crisi
dellUrss e provocando scontri tra azeri e armeni, tra russi e ceceni e all'interno di nu-
merose popolazioni asiatiche, sia riaccendendo la miccia nei Balcani.
Una via pacifica alla regolazione dei conflitti nazionali, che solitamente sono tra i meno
facili da controllare poich accendono odi irrazionali e toccano aspetti profondi della
personalit dei vari gruppi sociali, non comunque da escludersi. Proprio mentre infu-
riava la guerra civile in Jugoslavia, i partiti boemo e slovacco concordarono pacifica-
mente la scissione della Cecoslovacchia e la nascita nel 1993 di due nuove repubbliche
indipendenti.

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7 Percorso 7 - Lidea di nazione

La filosofia
La riflessione politica del primo Novecento dominata dall'influsso di Friederich Nie-
tzsche, il quale respinge i concetti di legittimit morale e giuridica come pure conven-
zioni, destinate a nascondere lo spietato diritto del pi forte nei rapporti fra gli uomini e
gli Stati.

Vedi, in particolare, le dottrine giuridiche e politiche di Carl Schmitt (1888-1985), il quale


sostiene laffrancamento della sovranit da qualsiasi vincolo morale e la tesi per cui le istituzioni
politiche si basano sulla conflittualit primordiale degli uomini.

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