Indice
Copertina
Fontespizio
Colophon
Presentazion
Prefazione all’edizione italiana di Marina Calculli
Prefazione
ustificazione dei conflitti
Parte prima ~ Decostruire la logica di
Capitolo primo — Introduzione all’approccio «profano» nell’analisi dei conflitti
I significato del nuovo vocabolario neutro nella descrizione dei conflitei
Evitare una visione binaria del mondo assieme alle resi della causa unica
Ritornare alle tect
‘he di una politologia profana e multifattoriale dei conflitti
Liimportanza dimenticata del fattore demografico
I. fattore economico come causa principale dei conflitti
Riconoscere limportanza della geografia
Sminuire la storia come fattore esplicativo facilita la in
un'intimistica relazione in cui il dirigente politico si fa «protettore di
un identita», sia essa cristiana, musulmana o ebraica. II potere, in altri termini, si
consolida e diviene inattaccabile tanto pit la societa si frammenta (@, d’altra
parte, una vecchia strategia quella del divide et impera), ma viene replicata,
riprodotta dagli onnipresenti apparati mediatici, fino a quando non penetra
nell'individuo che in modo érascendentale — ¢ dunque non razionale. E a questo
punto che il pregiudizio «religioso» 0 «di civilta» diventa inconsciamente, ma
concretamente, «politico». E qui che il «potere> ergendosi a difesa del
«religioso» diventa indiscutibile.
Il questa prospettiva il libro di Georges Corm potrebbe indirettamente definirsi
un saggio sul rapporto tra lindividuo ¢ il potere, mediato dalla creazione
artificiale di nuove «scatole identitarie». In queste scatole identitarie, inoltre, si
disperde la diversica stessa tra gli individui e quella che Fred Halliday definiva nelsuo Nation and Religion in the Middle East (Sagi Books, London 2000) «la
rivoluzione del singolo» all’interno del suo gruppo etnico, tribale, religioso 0
geografico. Siamo portati cioé a pensare che esista una «mente musulmana»,
una «mente cristiana», una «mente ebraica». Il rovescio speculare di questa
attitudine é I’adesione spesso irrazionale e passionale a un paradigma identitario
specifico, Si tratta di un meccanismo che rende pregiudicato a priori lindividuo
che si identifica pubblicamente, per scelta o semplicemente per nascita, con una
determinata comunita religiosa. Per fare un esempio, il nome proprio
Mohammed suscita in Occidente un pregiudizio aprioristico nei confronti di chi
Jo porta, anche se l’individuo in questione dovesse addirittura rivelarsi ateo.
In altri termini, il trionfo del «malinteso di civilta» — prodotto dal fiorire di
etichette identitarie largamente diffuse nell’opinione pubblica attraverso
Puniverso articolato della comunicazione postmoderna — genera un mondo
compartimentalizzato, E dunquc inevitabile che perfino il dissenso identitario, la
«rivoluzione individuale» di cui parlava Halliday, produca a sua volta nuove
etichette che vanno a definire una dimensione umana «deviata»: «musulmani
islamofobi» per i musulmani che si oppongono ai discorsi del potere
religioso/politico; «cristiani decadenti> 0 «curopei traditori> per chi sostiene
intellettualmente una provincializzazione dell’Europa contro un tradizionale
curocentrismo o ne mette in discussione l’identita giudaico-cristiana a favore di
quella, per esempio, greco-romana; «occidentali antiamericani» gratuitamente
applicato a chiunque elabori un pensiero critico ¢ complesso verso la politica
estera americana o abbia semplicemente richiesto per anni delle scuse ufficiali nei
confronti del popolo iracheno per l’occupazione dell’Iraq; «ebrei antisemiti>,
per designare gli ebrei critici nei confronti dell’occupazione isracliana della
Palestina; o addirittura «occidentali filoislamici» per designare i cittadini
occidentali disponibili a un confronto positivo con individui di fede musulmana.
La dicotomia concettuale velata di odio é insita nella difesa dell’identita e,
dunque, diventa automaticamente la cifta che definisce anche il rifiuto di
un’identita inscatolata — quella di coloro che planano su questo mondo
compartimentalizzato, rifiutando di schierarsi, in quanto ancorati a un
umanesimo cosmopolita. E un clima tossico che ricorda, nella sua formaparossistica, la denuncia contro coloro che offtivano un nascondiglio agli ebrei
durante le persecuzioni naziste. La visione dicotomica del mondo, oltre a
sopprimere il pensiero critico, produce a sua volta identita autocaricaturali nel
loro spasmodico desiderio di aderire a un paradigma in forma assoluta. Le
identita sono, infatti, per loro natura fluide e si sompongono e si ricompongono
nel corso delle storie individuali intrecciate di volta in volta alla grande Storia.
Corm definisce cosi un altro pericoloso fenomeno socio-politico associato al
ritorno del religioso: la «comunitarizzazione del mondo», ovvero la tendenza a
percepirci come parte di una comunita (religiosa o etnica), che si impone
gerarchicamente sulla pratica della vita cittadina ¢ laica, dove il trascendentale
non pud avere un ruolo. Quando il culto diventa per il potere uno squisito mezzo
di mobilitazione politica e istigazione alla violenza, l’individuo si allontana da
una riflessiva identificazione laica e «cittadina» all’interno di una societa,
ritrovandosi sempre pit immerso in una «comunit’» fatta di correligionari: una
dimensione mistica, che disintegra le frontiere dello spazio sociale ¢ politico e,
soprattutto, non ammette un dibattito critico interno ad esso.
Nella sua accorata difesa di una societa plurale e laica, che dona a questo libro i
tratti di un pamphlet filosofico, Georges Corm difende i pregi della repubblica
laica di tradizione francese. Da intellettuale ¢ fervente nostalgico dell’era del
nazionalismo arabo ¢ delle correnti liberali ¢ progressiste che hanno dato forma
al pensiero critico arabo e musulmano, l’autore non ha riserve nel denunciare le
collusioni tra potere politico e autorita religiose nei paesi arabi, siano esse
musulmane o ctistiane. Parallelamente, & impossibile non prendere atto di come
il «ritorno del religioso» e la «comunitarizzazione» delle societa siano
fenomeni attualissimi anche nel mondo occidentale ¢ in Europa in particolare. I]
richiamo corale alle «radici cristiane» dell’Europa, enfatizzato e politicizzato
pit che mai in Occidente, oltre a essere storicamente vizioso (il cristianesimo &
storicamente un prodotto culturale dell’Oriente e arriva dalla periferia al centro
politico del’impero romano pagano solo al suo tramonto), si impone sia sulla
costruzione della politica estera sia sulla sfera democratica ¢ liberale domestica. In
ambito internazionale 1a visione comunitaria del mondo da forma
allessenzialismo del cosiddetto «conflitto di civilti>, una teoria volta a opporresistemi di valori, cristallizzati come ancestrali, talvolta «genetici», e a giustificare
guerre e conflitti, obliterando del tutto la loro natura economica, politica e
strategica. In ambito domestico il richiamo alla cristianita, 0, in alcuni paesi come
T'Italia, al cattolicesimo (storicamente in conflitto dottrinale con altre correnti
cristiane), ha senza dubbio giustificato restrizioni su alcune liberta individuali o
diritti civili. Si pensi ad esempio a come il veto sulle copie di fatto o sul
matrimonio tra omosessuali, imposto da alcuni ambiti del mondo cattolico,
abbia profondamente viziato il carattere liberale della democrazia.
Non é superfluo ricordare in questo frangente storico come la prerogativa
essenziale di una democrazia che si voglia «liberale» 2 quella di non consentire
ad alcuna delle correnti ideologiche 0 di pensiero che operano liberamente
all’interno del suo spazio pubblico di imporre agli altri membri della societd un
comportamento, una propria visione del mondo e perfino del buon gusto: &
proprio qui che, d’altra parte, si consuma la differenza tra comunita ¢ societa.Prefazione
Questo libro raccoglie diverse questioni che nel corso degli ultimi anni ho
affrontato nelle mie lezioni4, nei miei articoli ¢ nei miei studi con l’obiettivo di
decostruire le logiche della guerra e dei conflitti nell’era post-bipolare. I conflitti
pit complessi hanno avuto luogo nel Vicino e Medio Oriente ¢ la loro
giustificazione si ¢ per lo pit inscritta nella semplicistica tesi dello scontro di
civilta o della lotta al terrorismo «transnazionale», che si da per scontato trovi
origine nella religione islamica.
A seguito della diffusione di questa tesi su scala mondiale, siamo dominati da una
pessimistica visione binaria del mondo, gonfiatasi al punto di produrre un
contesto favorevole alla proliferazione della violenza. E per questo indispensabile
addomesticare ¢ sminuire questa visione. Per farlo, si devono decostruire gli
scontri — immaginari o reali — sempre pitt veicolati dai media, dalle ricerche
accademiche, dai decisori politici e dagli opinionisti, al fine di costruire un
mondo pit: stabile e meno violento. Altrimenti andremo inesorabilmente verso
un crescendo di contrasti ¢ violenze che prefigurano guerre ben pitt imponenti ¢
sanguinose rispetto a quelle scoppiate alla fine del secolo scorso ¢ all’inizio di
questo secolo.
Le riflessioni che qui presento nascono dallo sforzo di sistematizzare e classificare
una serie di incomprensioni e scontri che smuovono e plasmano la dinamica dei
«due mondi» percepiti come opposti — Oriente ¢ Occidente = di cui traccerd i
contorni nei capitoli di questo libro. II fatto che meccanismi contrastanti di
percezione delle cause dei conflitti, cosi come saranno qui descritti, affondino le
proprie radici nelle memorie storiche sulle quali si sono edificati immaginari ¢
narrazioni d’ordine mitologico, rende il compito pitt arduo.
L'immaginario pud, in effetti, diventare pit temibile della realta oggettiva ¢
profana. L’esplosione delle due guerre mondiali ha dato prova del ruolo chegiocano gli immaginari nell’elaborazione delle cause di enormi conflitti: la loro
origine va infatti cercata nello scontro tra gli immaginari delle culture politiche
europee antagoniste dopo la rivoluzione francese ¢ nelle controrivoluzioni che
quest’ultima innescd. Allo stesso modo, il mondo potrebbe apparire oggi sulla
soglia di una grande guerra della stessa portata delle precedenti, poiché
Vesasperazione di immaginari infiammati — non pitt immaginari nazionali, ma di
civilta ¢ di matrice politico-religiosa — rende il terreno fertile per imponenti
conflagrazioni.
Ho dunque pensato che una collezione di alcune mie analisi potesse essere utile
ai lettori. Alcune di queste hanno dato origine a saggi che ho scritto negli ultimi
anni, in particolare la trilogia costituita da Orient-Occident. La fracture
imaginaire, La Question religieuse au xx° siécle e L’Europe et le Mythe de
POccident., Altre sono un approfondimento di temi evocati all interno di questi
tre libri.
Il filo che lega i testi qui raggruppati é, infatti, una denuncia dell’ideologia del
ritorno del religioso, della strumentalizzazione di valori cosiddetti «politico-
religiosi» al fine di innescare o alimentare conflitti, ma anche una denuncia della
relazione perversa tra gli interessi geopolitici di alcuni stati ¢ la loro pretesa di
incarnare e difendere valori ¢ ideali di natura religiosa all’interno dell’ordine
internazionale. Tale relazione perversa ha inoltre portato a una contrazione della
mentalita laica nella percezione del mondo e delle dinamiche banalmente
profane dei conflitti che lo affliggono dalla fine della guerra fredda. Questo, per
di pit, paralizza la possibilita di opporsi a guerre ingiuste ¢ a conflitti innescati da
diverse potenze, differentemente da quanto avvenne durante la guerra fredda,
quando le opinioni pubbliche si levarono contro le guerre di quel periodo, come
quella del Vietnam, 0 contro violenze come quelle perpetrate dalla minoranza
bianca in Sudafrica a danno della popolazione autoctona sottomessa e
impoverita.
Nulla di questo ¢ rimasto dagli anni Novanta in poi: gli Stati Uniti ¢ i loro alleati
europei hanno potuto invadere due paesi sovrani senza rilevante opposizione,
come ai tempi della guerra in Vietnam, ¢ lo stato d’Isracle continua a opprimereJa popolazione palestinese autoctona senza ricevere sanzioni, come ayvenne
invece per il Sudafrica.
Oggi il panorama accademico e mediatico si é talmente modificato sotto
Pinfluenza delle nuove ideologie che qui denuncio da far si che le coscienze siano
anestetizzate e che una cappa di piombo ideologica intervenga sovente a
proteggere dalla critica e dal confronto i governi responsabili di innescare ¢
perpetrare violenze. In ogni conflitto, i capri espiatori sono designati alla
vendetta pubblica in funzione degli interessi geopolitici e di potenza che si celano
dictro l’invocazione di valori superiori etici ¢ morali, dove la religione ¢ mischiata
in ogni salsa.
Inoltre, il lettore non si stupira nel constatare che in diversi capitoli ho dato
spazio rilevante a quella che ho definito la «problematica della laicita e della
liberta», ormai assente dai dibattiti sulle violenze e i conflitti. In quest’opera ho
poi cercato di ritornare ai , sempre pid sviliti ¢
abbandonati, quando non disdegnati. Ritengo, infatti, che il disordine ¢ la
manipolazione che da qualche decennio governano l’applicazione del diritto
internazionale come strumento di prevenzione dei conflitti (0 quantomeno del
loro controllo, una volta che i conflitti sono scoppiati) siano in gran parte dovuti
al fatto che la sfera del diritto internazionale sia stata infiltrata da considerazioni
oziose sulle religioni ¢ le civilta. E proprio questo che permette di far valere
selettivamente il diritto internazionale nelle situazioni di conflitto e mettere in
pratica, del tutto in buona fede, una politica dei due pesi ¢ delle due misure, di
una durezza al di 1a di ogni ragione in alcuni casi, di un’indulgenza o di una totale
astinenza dall’azione in altri.
Questa é la ragione per cui, nel primo capitolo, ho cercato di rievocare le regole
della politologia classica, svincolata da considerazioni metafisiche 0 emozionali:
essa riconduce a un’analisi multifattoriale delle cause dei conflitti, approccio che
allontana da riduttive analisi ideologiche, basate su approcci monocausali ¢ sulla
classificazione dei protagonisti di un conflitto in ¢ «cattivi>. Queste
sono le regole che costituiscono quello che ho denominato «approccio profano»
ai conflitti, in opposizione a quegli approcci che ricorrono al religioso ¢ praticano
una manipolazione del cosiddetto «ritorno del religioso» e della sua incalzantestrumentalizzazione nel’'universo geopolitico mondiale. II mio obiettivo é quello
di illustrare come sono stati forgiati i fanatismi che definisco «di civilta», che
hanno rimpiazzato i fanatismi dell’era delle ideologie laiche nazionaliste,
capitaliste, liberali o marxiste. Nei capitoli 2 ¢ 3 mi sono attardato sul ruolo del
ritorno del religioso nelle relazioni internazionali ¢ sul perverso legame tra
interessi geopolitici e religione. La prima parte di questo libro é inoltre dedicata a
decostruire la giustificazione fornita allo scoppio di numerosi conflitti dell’era
post-bipolare.
Nella seconda parte dell’opera, ho cercato di analizzare la manipolazione della
memoria e della storia, sempre pitt chiamate in causa nella costruzione dei
fanatismi ¢ dei radicalismi identitari ¢ politico-religiosi. In questa sezione ho
ricostruito come le guerelles europee sulle radici dell Occidente, dopo aver
infiammato per due volte Europa tra il 1914 ¢ il 1918 e, successivamente, tra il
1940 c il 1945, abbiano poi provocato eruzioni vulcaniche anche in altre parti del
mondo“, La strumentalizz
ione della memoria si accompagna da qualche
decennio al «ritorno del religioso>, paralizzando il pensiero oggertivo sul reale ¢
sulle sue complessita. In nessun luogo pit che in Medio Oriente questa
strumentalizzazione della memoria é attiva ¢ cristallizzata dal conflitto arabo-
israeliano, le cui vittime continuano a essere la popolazione palestinese e a fasi
alterne quella libanese. In questottica, Pultimo capitolo della seconda sezione
Sintitola «La Palestina, sfogo delle passioni europece americane>: se le passioni
arabe sono state oggetto di un’abbondante letteratura, € tempo di descrivere
anche le passioni curopee ¢ americane di fronte al conflitto arabo-isracliano —
passioni che inducono a ignorare del tutto i principi del diritto internazionale e
del diritto umanitario quando a essere in questione é il comportamento di
Isracle“!,
Questa evoluzione é a mio avviso conseguenza dell’indebolimento dello spirito
laico nella sua versione repubblicana di tradizione francese a me cara, al
contempo foriero di un trionfo delle concezioni comunitarie della vita pubblica.
Per questo, la terza parte del libro é in larga parte consacrata a questo tema. In
questa sezione ho mostrato come la nozione repubblicana francese sia stata
infilerata dal multiculturalismo anglosassone, accomodandola in una sintesi.Eppure é proprio la nozione francese di laicita, quale componente centrale dei
valori repubblicani, a essersi maggiormente diffusa nel mondo, rovesciando regni
¢ imperi, liberando popoli e gruppi oppressi in tutti i continenti. Mi sono inoltre
soffermato sulle grandi fratture dello spirito repubblicano, che hanno sostanziato
le nozioni, oggi di moda, del multiculturalismo o del diritto alla differenza,
sempre pitt concorrenti con i concetti dell’uguaglianza repubblicana che il
tero aveva ereditato dalla rivoluzione francese.
mondo
Su questa linea sono poi passato a descrivere, nei capitoli 9 ¢ 10, le cause dei
fallimenti della laiciti nel mondo arabo ¢ musulmano, affrontando poi la
problematica specifica della separazione della sfera temporale e di quella
spirituale nelf'Islam. Nel capitolo 10 torno pit in dettaglio sulle cause della crisi
della laicita di tradizione francese e dei valori repubblicani, ritenendo questo un
elemento chiave per la soluzione dei conflitti del Medio Otiente, in primis quello
palestinese. Se mi sono cosi tanto dedicato a questi temi ¢ perché ritengo che i
conflitti_ mediorientali, moltiplicatisi negli ultimi anni fino ad assumere
proporzioni allarmanti (un’incontenibilita che mette a sua volta in pericolo la
pace nel mondo), siano principalmente dovuti alla manipolazione politica del
religioso ¢ della memoria storica, responsabile delPintensita crescente dei
conflitti in questa regione del mondo. Eppure, dictro questa vergognosa
copertura, non ci sono che sordidi interessi di potenza, assieme alle passioni
umane ¢ alle ambizioni che essi possono sprigionare. Questo é cid che ho cercato
di dimostrare in questo libro.
La conclusione fa un bilancio delle dinamiche dei conflitti in Medio Oriente, che
rischiano di innescare una terza guerra mondiale se non verranno contenuti,
tanto forti sono le passioni politiche occidentali, soprattutto per quel che
riguarda Parricchimento di uranio iraniano ¢ la difesa di Israele. Non a caso
questo dossier @ associato a quello della sopravvivenza del regime sitiano, alleato
di lunga data del regime iraniano, oggi in balia di una virulenta ribellione armata
dal 2011, alimentata dalle monarchie della penisola arabica ¢ da diversi governi
occidentalis esso é inoltre associato all’esistenza ¢ allo sviluppo del «partito di
Dio» libanese (Hezbollah) che ha sfidato la potenza militare israeliana sia
durante loccupazione del Libano meridionale sia nella sua resistenza controLattacco subito dal Libano nel 2006.
Il lettore mi scusera se alcuni temi ricorrono in diversi capitoli: cid & stato
inevitabile poiché i fattori che chiamo in causa — per lo pitt obliterati nelle analisi
delle situazioni conflittuali del Medio Oriente - sono interconnessi tra loro. E
stato per l’appunto necessario dimostrare l’esistenza di questa interconnessione
nel quadro di un nuovo paradigma. Ho tentato di legare l’erosione dello spirito
repubblicano alla corruzione di diversi principi del diritco internazionale
attraverso la loro applicazione a geometria variabile, ma anche ai fenomeni di
ossificazione delle memorie, alla strumentalizzazione multiforme, perpetrata dai
governi e dalle organizzazioni politiche, delle tre religioni monoteiste di una
regione alla quale noi tutti apparteniamo, ebrei, cristiani, musulmani, agnostici ¢
atei. La maggior parte di questi legami & ignorata dalle ricerche accademiche cosi
come dal mondo dei media ¢ della stampa.
Mi auguro infine di aver contribuito con questo saggio a offrire un quadro
aggiornato delle situazioni conflittuali in tutta la loro complessita, esplicitandone
il paradigma in tutte le sue dimensioni, cosi che ci si possa collettivamente
adoperare per raggiungere la pace, enucleando il fattore religioso dalle questioni
profane dei conflitti post-guerra fredda, in Medio Oriente ma anche in altre
regioni del mondo.
Per la traslitterazione dei termini arabi e persiani é staca utili
tavola dell International Journal of Middle Eastern Studies (15).
ra una versione semplificata della
+ In appendice si trovera la fonte dei testi in question, che sono stati in ogni caso aggiornati ¢
rimaneggiati per questo libro.
2 2 Di questa trilogia, esiste una traduzione italiana della prima opera: Georges Corm, Oriente
Occidente. I mito di una frattura, Vallecchi, Firenze 2003.
3 Nel mio saggio L ‘Europe et le mythe de 'Occident. La construction d'une historie (La Découverte,
Paris 2009 € 2012 per l’edizione tascabile), descrivo con dovizia di dettagli gli effetti della
circolazione delle idee rivoluzionarie francesi in Europa come fuori dall'Europa. Gi prima avevocondotto questa analisi per cid che riguarda Pimpatto della rivoluzione francese in Oriente nel mio
libro L ‘Europe et [Orient. De la balkanisation a la libanisation. Histoire d'une modernité inaccomplie,
La Découverte, Paris 1989 e 2002 per l’edizione tascabile.
4 Siamo debitori a Denis Sieffert del suo bellissimo saggio Israél-Palestine, une passion francaise. La
France dans le miroir du conflit israélo-palestinien (La Découverte, Paris 2004), oltre che a Pascal
Boniface per un‘altra opera coraggiosa: Est-il permis de critiquer Israél? (Robert Laffont, Paris
2003).Parte prima
Decostruire la logica di giustificazione dei conflittiCapitolo primo
Introduzione all’approccio «profano» nell’analisi dei conflitti
I conflitti che definiamo geopolitici (ovvero quelli in cui uno o pid paesi si
oppongono a un altro o a diversi paesi) necessitano sempre di una giustificazione,
per rendere accettabile la violenza, la morte ¢ la distruzione che seminano. Si
potrebbe addirittura dire che un conflitto non scoppia se non quando luna o
Taltra parte ritenga di avere sufficientemente convinto la propria opinione
pubblica della necessitd di entrare in guerra. Si deve poi aggiungere che molti
conflicti locali 0 civili acquisiscono facilmente una dimensione regionale, se non
internazionale, che pud innescare conflitti di proporzioni parecchio piii ampic 0
servire da spazio simbolico ¢ contenuto per un conflitto pih esteso.
Il significato del nuovo vocabolario neutro nella descrizione dei
conflitti
E paradossale constatare come, nel mondo aperto e globalizzato in cui viviamo, le
giustificazioni dei conflitti siano state progressivamente caratterizzate da un uso
esasperato dell’ideologia, della propaganda, delle false informazioni, di
uninvocazione di «valori» trascendentali, strumentalmente utili da preservare 0
diffondere. Il progresso stupefacente nel dominio della comunicazione
mediatica, lungi dal produrre analisi meticolose e oggettive dei dati di un
conflitto, induce anzi alla generalizzazione di alcune banali idee, con un alto
potenziale di mobilitazione, usate per giustificare il conflitto. E triste prendere
atto di quanto le ricerche accademiche, invece di prendere le distanze dalla
vulgata mediatica, le forniscano spesso materiale per alimentarla ¢ legittimarla.
Nel corso degli ultimi anni, inoltre, la vulgata ha assunto un tono essenzialista,
fondando la spiegazione delle cause di un conflitto su considerazioni di natura
antropologica, religiosa 0 ~~ etnica. Queste analisi_—_ rappresentano
unautogiustificazione dei conflitti, che non vengono presentati come il risultatodell’ambizione, della potenza, di interessi materiali, della congiunzione di fattori
diversi, ma come una necessita ineluttabile per preservare un’ «essenza» quasi
trascendentale o quasi immutabile, realizzatasi in certi valori, oppure per
distruggerne un’altra considerata perversa e incompatibile con la pace nel
mondo.
Si crea cosi un intreccio tra i due tipi di cause evocate, quelle antropologiche e
quelle politiche, nella definizione di un regime politico che non rispetterebbe i
criteri democratici e i diritti dell’uomo, che continuerebbe a_praticare
Tautoritarismo, denunciato con vigore ma in maniera selettiva, a seconda del
fatto che il regime in causa assecondi oppure resista agli interessi di cid che ormai
definiamo la «comunita delle nazioni».
Qui, ancora, il vocabolario che giustifica un conflitto si é arricchito di espressioni
nuove, come gli «stati canaglia» che metterebbero in pericolo il mondo intero.
Per non parlare di espressioni ben pitt audaci ¢ immaginifiche come «impero del
male» o «asse del male». Si deve infine sottolineare la generalizzazione
dell’espressione «guerra di civilta», che riassume, contiene e aggrega tutte le
altre, in un’immagine d’ineluttabilita. quasi apocalittica di un confronto a
carattere essenzialista tra due parti dell’umanita che potremmo rimandare, ma
non evitare.
Da trent’anni, inoltre, assistiamo in parallelo allo sviluppo c all’evoluzione di un
vocabolario di natura igienica e saccente, finalizzato a descrivere conflitti e
ridurre Porrore agli occhi dell’opinione pubblica. E su questa cifra che parliamo
di conflitti «a bassa intensita » o «ad alta intensiti». Nel primo caso,
Pinguictudine umanista viene disarmata, trattandosi di qualche morto al giorno
= qualcosa che non minaccia davvero la pace nel mondo. Nell’alta intensita si
parla di «guerra pulita e rapida»», grazie ai progressi delle tecnologie militari, che
di certo possono causare danni tra le popolazioni civili, tuttavia qualit
danni <«collaterali». Si notera a questo proposito la scomparsa del verbo
«bombardare», troppo brutale per le anime sensibili, a vantaggio del verbo
«colpire», evocante un semplice schiaffo dato a un bambino vivace o ai colpi
scambiati durante una rissa, cosi da far dimenticare le distruzioni materiali ¢
ati comeumane evocate dal termine pit corretto: « e quello che identifica un fattore unico nella spiegazione diun conflitto, pili frequentemente la malignita di questa o quella parte nel
conflitto. Nel primo caso si tende a essere soggetti alla propaganda degli Stati
Uniti e dei loro clienti di altri continent, per i quali la verita e il buon diritto
sono sempre della parte «occidentale», di cui il governo americano é difensore.
Poco importa che il caso sia complesso, che la propaganda abbia diffuso
inesattezze e menzogne, ¢ impossibile dissociarsi dagli Stati Uni
questo stato imperiale rappresenta o pretende di difendere. Tutto cid che é pro-
occidentale deve essere difeso con le unghie ¢ i denti, persino al prezzo di conflitti
sanguinosi ¢ di guerre civili interne, che sia in Ucraina, in Georgia, in Libano, in
Israele e nella Palestina occupata, in Iraq 0, di recente, in Siria. Per di pit, tutto
cid che resiste all’ordine della superpotenza americana deve essere combattuto in
nome della civilta e del progresso. E questa la visione binaria del mondo che
impedisce qualsiasi tipo di analisi serena e oggettiva.
e dai valori che
Tale binarismo nell’analisi fa il paio con l’identificazione di un «colpevole»
unico, responsabile assoluto del conflitto, che a sua volta implica l’obliterazione
di qualsiasi analisi multifattoriale. Quale che sia la complessita dei dati di un
conflitto, la responsabilita condivisa dei vari attori o quella delle potenze vicine
che intervengono direttamente o indirettamente, l’osservatore non vedra che un
colpevole, ai suoi occhi essenzialmente l'unica causa del conflitto. Si trata spesso
di un dittatore confuso con il popolo che lui governa, come, per esempio,
Milosevic in Jugoslavia e il cosiddetto fanatismo nazionalista dei serbi, Saddam
Hussein in Iraq ¢ la minoranza sunnita che Pavrebbe appoggiato senza riserve in
relazione agli sciiti, Hezbollah in Libano e la comunita sciita che lo sostiene o
VIran ¢ la Siria che lo finanziano ¢ lo armano, Bashar al-Asad in Siria ¢ la
minoranza alauita cui Asad appartiene e che avrebbe asservito i sunniti!, Yasser
Arafat, prima terrorista, poi magnificato ¢ trasformato in capo responsabile
dell’Autorita palestinese, democraticamente cletta, ¢ poi nuovamente
considerato fonte di tutti i mali nei territori occupati ¢ principale ostacolo alla
pace in Palestina. Ci sarebbero molti altri esempi.
In questa visione binaria, che si fonda sull’identificazione di una causa unica del
conflitto, ci si rifa alle tradizioni della scrittura delle storie coloniali tra il xvie il
xx secolo. Secondo questo approccio, per l’osservatore storico, non c’é statacolonizzazione, non c’é stata violenza 0 atrocita, ma progresso della civilta, del
commercio, dei trasporti, della cultura a beneficio dell’umanita intera. I
colonizzatori ¢ i loro eserciti avrebbero fatto saltare gli ostacoli artificiali al
progresso dell’umanita che comunita fanatiche ¢ retrograde avevano l’impudenza
di rifiurare. E una tradizione forte e ben lontana dal declino, sebbene il suo
vocabolario si sia modificato. II ritorno della parola «civilta» nell’analisi dei
conflitti é altamente significativo della regressione che viviamo attualmente. Essa
é tanto pit nociva, essendo parallelamente la fonte per lo sviluppo di una cultura
della sconfitta ¢ dell’autosvalutazione presso i popoli vittime di questi conflitti 0,
per essere pitt precisi, presso alcuni tra i loro dirigenti o intellettuali.
La decostruzione e la critica del nuovo vocabolario usato nella descrizione dei
conflitti sono la premessa a qualsiasi analisi profana della realta dei conflitti. Lo
stesso vale per la comprensione del fanzionamento degli immaginati collettivi
che si sviluppano su questi nuovi concetti ¢ queste terminologie insidiose. Ho
tentato tale decostruzione in due dei miei ultimi libri, applicandola innanzitutto
alla rappresentazione immaginaria dell’Occidente e dell’Oriente, l’'uno di fronte
all’altro, ma anche ognuno in rapporto a se stesso: é questo che incoraggia il
binarismo del pensiero sempre responsabile, a diversi livelli, della genesi ¢ dello
scoppio di un conflitro. Questo riguarda anche la nozione mendace del «ritorno
del religioso», cosi comoda per restaurare forme di autoritarismo con il pretesto
dell’umanitarismo e della democrazia!2,
Questa decostruzione deve anche applicarsi alle derive attuali del diritto
internazionale, caratterizzato dall’abuso dell’espressione «volonta della
comunita internazionale» 0, pit incisivamente, «legalita internazionale», per
designare risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che possono
essere contrarie alla Carta e rappresentare un’ingerenza grave negli affari interni
di stati deboli. I quindici stati membri del Consiglio non rappresentano la
comunita internazionale. Solo I’Assemblea generale pud, infatti, essere
considerata rappresentativa dell’insieme degli stati del mondo, ¢ non affatto di
una comunita internazionale che nella realta non esiste. Dietro questo termine si
cela piuttosto la volonta di potenza degli Stati Uniti e dei loro alleati che la
Russia e la Cina raramente controbilanciano, in un sistema di disequilibriointernazionale delle forze. Un piccolo paese come il Libano & oggi bloccato da pitt
di venti risoluzioni e dichiarazioni del Consiglio di Sicurezza, che hanno finito
per paralizzare il funzionamento di un paese nel nome della difesa della
democrazia ¢ della volonta della comunita internazionale. Un tribunale speciale
internazionale, istituito nel 2007 per giudicare gli assassini dell’ex primo ministro
Rafiq Hariri, dispone cosi di poteri che trascendono il funzionamento della
giustizia libanese e ha creato delle tensioni permanenti in Libano a causa del
comportamento fazioso del suo procuratore generale“,
Si deve per di pit constatare che il lavoro dei segretari generali delle Nazioni
Unite mira a privilegiare la potenza americana nel conseguimento delle sue
volonta ¢ ambizioni nell’ordine internazionale ¢ a far passare nei principali
documenti di politica. internazionale dell’Organizzazione la _visione
«occidentale» dei pericoli che incombono sul mondo. E per esempio il caso del
famoso rapporto In Larger Freedom del 2005, un accomodamento della dottrina
dell’amministrazione Bush nel vocabolario impersonale e igienico delle Nazioni
Unite. Si tratta di un importante documento pubblicato dall’allora segretario
generale dell’onu, Kofi Annan, che consacra la visione americana del mondo,
facendo del cosiddetto terrorismo «transnazionale», nei fatti islamico, il pit
grande pericolo per Pumanita. Questo documento é stato presentato al summit
dei capi di stato che si @ tenuto in occasione della riunione dell’Assemblea
generale nel settembre 2005. Il documento magnifica il pericolo terrorista, come
minaccia unica ¢ centrale per il divenire dell’umanita. Esso ha inoltre giustificato
le due grandi guerre calde dopo la guerra fredda (Afghanistan e Iraq) e ha anche
imposto delle restrizioni alle liberta individuali (soprattutto negli Stati Uniti)
poco compatibili con i progressi conseguiti nell’ambito della protezione di tali
liberta attraverso lo sviluppo delle concezioni dello stato di diritto in Occidente.
Il documento ha cristallizzato una certa islamofobia diffusa un po’ ovunque nel
mondo e ha esacerbato le tensioni identitarie nelle societd monoteiste
musulmane, cristiane ed ebraiche.
Infatti, gli osservatori chiamati a testimoniare o a spiegare i conflitti sui media
sono coloro che si prestano volentieri all’esercizio del nuovo gergo, attraverso il
quale alcuni conflitti sono abusivamente semplificati, al fine di mantenere unacerta opinione pubblica favorevole al proseguimento del conflitto. Gli altri
conflitti sono per lo pid sminuiti o ridicolizzati attraverso tecniche
dintimidazione intellettuale usate dagli stessi conduttori mediatici.
Ci si deve d’altra parte interrogare sul fatto che, nonostante le proteste di massa
contro l’invasione dell’Iraq nel 2003 — proteste che hanno mobilitato milioni di
europei per molti mesi — e nonostante il fallimento totale di questa invasione,
non c’é stata alcuna revisione delle politiche implementate, mentre questo
conflitto & stato rapidamente banalizzato ¢ infine metabolizzato come
ineluttabile. Si tratta di un fatto straordinario che pone domande cruciali sul
funzionamento della democrazia postmoderna. L’assenza di un anticolonialismo
sano ¢ democratico oggi contrasta con Pincredibile efficacia avuta in passato, al
tempo delle guerte di decolonizzazione o della guerra del Vietnam. E, dunque,
indispensabile a mio avviso interrogarsi su questo fenomeno, perche il futuro del
mondo dipende ampiamente da un risveglio nelle grandi democrazie affinché si
metta fine alle avventure militari estere che i loro governi intraprendono nel
nome stesso della democrazia e dei suoi valori. Per questo, é importante ritornare
alle tecniche analitiche della politologia classica, che ho definito «profana», in
opposizione alle analisi fondate su presunti problemi di civilta ¢ di differenze
valoriali, con tutto il linguaggio cmozionale che queste pscudo-analisi si
trascinano dietro.
Ritornare alle tecniche di una politologia profana e multifattoriale dei
conflitti
Una politologia profana dei conflitti deve passare in rassegna tutti i fattori che
hanno potenzialmente dato origine al conflitto. E cid che possiamo definire
analisi_ multifattoriale, che declina le cause demografiche, geografiche,
economiche, politiche, storiche, ideologiche ¢ culturali che hanno strutturato un
conflitto. I! complesso di questi fattori era un tempo preso in considerazione
dalle analisi che si fondavano su una politologia classica, ancora non infestata dai
fenomeni del ritorno del religioso che tratterd nel capitolo successivo.
Nell’identificazione di questi fattori, il religioso o l’etnico, o quelli che
consideriamo pid generalmente «valori», non sono che il sottoprodotto di unotali guerre accettabili, torna utile descrivere questi barbari con i tratti pit oscuri,
accusarli di tutte le infamie e mobilitare contro di loro la «comunita
internazionale».
La demografia ha anche una relazione diretta con l’economia ¢ le risorse
disponibili. Una distribuzione assai diseguale delle risorse in una societa in piena
espansione demografica crea le condizioni per innescare un conflitto interno, che
i dirigenti possono dunque tentare di prevenire trasformando questo in conflitto
esterno o inviando i propri giovani a combattere in altri conflitti che non li
riguardano.
E cid che, per esempio, l’Arabia Saudita ha fatto, inviando combattenti - i
cosiddetti «jihadisti» - a battersi in Afghanistan contro ’esercito russo, in
Bosnia, in Kosovo, in Cecenia, in Somalia e in altri lnoghi. L’Arabia Saudita ha,
inoltre, seminato i germi di conflitti futuri, ma la sua azione era allora
considerata benefica ¢ utile da parte degli Stati Uniti e dei governi occidentali,
esclusivamente preoccupati della lotta contro I’urss ma poco scrupolosi riguardo
ai mezzi impiegati per realizzarla. Questo esempio é particolarmente
significativo, dal momento che sara proprio il figlio di un ricchissimo uomo
d’affari saudita (Bin Laden) a diventare l’eroe futuro del «pericolo islamico».
ll fattore economico come causa principale dei conflitti
Le cause economiche sono oggi quelle meno analizzate, dopo che l’ideologia
marxista ha per lungo tempo contribuito a sopravvalutarle a discapito di altri
fattori di conflitto. Nonostante cid, nel mondo globalizzato nel quale viviamo,
quello economico é incontestabilmente il fattore principale dei conflitti, com’e
daltronde sempre avvenuto nella storia. Mettere le mani su risorse e ricchezze
materiali, controllare vie commerciali ¢ crocevia strategici, appropriarsi di rendite
economiche di varie fonti: ecco alcune delle cause pit frequenti ¢ banali di guerre
¢ conflitti, quelle che hanno mosso i grandi imperi ¢ le nazioni pid potenti nel
corso della storia. La democrazia di cui andiamo orgogliosi si é spesso adattata a
queste guerre e le ha, anzi, spesso giustificate in nome del progresso e della civilta.
La teoria del «dolce commercio» proposta da Montesquieu e dai liberali inglesi
non é stata altro che un rivestimento dell’imperialismo economico checaratterizza la vita delle nazioni. Ben lungi dall’addolcire i costumi, il commercio
implica spesso la rapina ¢ la guerra. E importante avere il coraggio di
riconoscerlo. Inoltre, quando si tratta di prodotti strategici da un punto di vista
militare o di prodotti divenuti ingredient essenziali della prosperita economica e
del tenore di vita, nessuna debolezza & concessa e ogni guerra deve essere
condotta e legittimata.
La storia contemporanea dei conflitti del Medio Oriente, per esempio, pud essere
Jetta quasi esclusivamente sul registro delle cause economiche, per la presenza in
questa regione del mondo di petrolio ¢ gas, risorse energetiche fondamentali per
la prosperita ¢ la forza militare globale. Le altre cause evocate diventano in questo
caso solo una copertura per i aif; Nella crescente ostilita verso la Cina, si pud
ben vedere quanto la paura di un accaparramento delle risorse da parte di questo
gigante demografico — ¢ ormai anche economico ~ giochi un ruolo cruciale. A
lungo espressa sulla cifra della difesa dei diritti dell’uomo violati dal regime
cinese, questa ostilita é sempre pit: manifesta in ambito economico, dove la Cina
é accusata di accaparrarsi le risorse naturali dell’Africa o di essere il paese che
inquina di pid.
Riconoscere l’importanza della geografia
La geografia é un altro fattore esplicativo dei conflitti, ampiamente trascurato,
nonostante continuiamo a definire i conflitti quanto in quella del diritto delle nazioni all’esistenza
sovrana ed eguale all’interno dell’ordine internazionale, pitt si prende atto di un
impoverimento del pensiero religioso che diventa aggressivo ¢ rigido, oltre che
della radicalizzazione dei discorsi politici che si servono di valori religiosi 0
pseudoreligiosi, in particolare quelli «giudaico-cristiani> da un lato e quello
«islamista» dall’altro, Una visione binaria ed esplosiva del mondo si mette in
pratica, annunciando violenze ancora pitt grandi. Queste ultime non sono altro
che Lespressione delle gravi crisi di legittimita che colpiscono in modo
particolarmente violento le societa monoteiste.
Nell’ordine interno di queste societa assistiamo al medesimo ricorso al religioso.
Il fenomeno é ben piti visibile nelle societ anticamente comuniste (Russia,
Europa dell’Est, Balcani) ¢ nelle societi del Terzo Mondo che hanno praticato
un laicismo di tipo socialisteggiante (Indonesia, Egitto, Siria, Iraq, Turchia ecc.).
I nuovi poteri in carica prodotti dall’ondata di democratizzazione a seguito della
caduta dell’urss pagano cospicuamente tributo alla religione. Nelle societa
musulmane, sia per celare la corruzione generalizzata sia per continuare a
soffocare le forme libere e critiche del pensiero, o ancora per via della
radicalizzazione religiosa delle opposizioni pacifiche 0 violente praticate dai
diversi movimenti fondamentalisti, i governi stessi incoraggiano interpretazioni
rigide ¢ letterali dei testi religiosi, mentre i loro responsabili predicano una
religione di apparato continuo. Lo stesso abito femminile diventa un problema
della societa e un imponente simbolo politico-religioso. Le comunita di migranti
musulmani nei paesi occidentali sono colpite da questo fenomeno che, d’altra
parte, tocca anche certe comunita ebraiche — le quali ostentano in ogni modo i
loro simboli religiosi ¢ il loro attaccamento alla difesa incondizionata della
politica israeliana di fronte ai palestinesi e agli altri popoli del Medio Oriente.
Nei paesi occidentali ricchi, gli effetti della globalizzazione economica e ladei diritti stessi da parte delle potenze democratiche.
L’umanesimo non sarebbe teoricamente in grado di accettare che i grandi
principi del rispetto dei diritti dell’'uomo e¢ della democrazia vengano
sistematicamente oltraggiati dalla strumentalizzazione della geopolitica mondiale
¢ dalla manipolazione del sistema internazionale. Il modo migliore per rafforzare
i valori democratici il rispetto dei diritti dell’uomo su scala mondiale non &
forse — e prima di tutto — il rispetto di questi principi nella gestione degli affari
internazionali? Le lezioni della morale democratica che alcuni stati occidentali
intendono dare a chi & ancora vittima del sottosviluppo materiale e
dell’autoritarismo politico non possono che rassicurare le forze d’opposizione
alla democrazia ¢ al liberalismo. Oggi pitt che mai un contratto economico
importante, la garanzia di una base militare, un gesto spettacolare di apertura
verso lo stato d’Isracle mettono subitamente a tacere le lezioni di morale, accolte
sempre peggio dalle opinioni politiche dei paesi interessati, le quali si conciliano
addirittura meglio con l’ipocrisia dei loro stessi dirigenti che con quella dei
governi occidentali moralizzatori.
Tentare di far rivivere lo spitito umanista ¢ universalist, che presiedette alla
costituzione della Societi delle Nazioni pit che a quella dell’Organizzazione
delle Nazioni Unite, non potra affatto realizzarsi nel modo in cui hanno inteso
Tex primo ministro spagnolo Jos¢ Luis Zapatero o lex presidente iraniano
Mohammad Khatami, sostenitori di un’«alleanza di civilta» o un «dialogo di
culture» o di religioni, per contrastare l’ideologia dello scontro di civilta. In
effetti, questa postura intellettuale ¢ eco che ha prodotto alle Nazioni Unite
non fanno che confermare la validita della tesi hungtingtoniana, dal momento
che il postulato implicito dei suoi sostenitori ¢ che le civilta, nelle loro traduzioni
culturali o religiose, sono la causa delle guerre ¢ dei conflitti. Non esisterebbero,
dunque, per costoro le cause profane passate in rassegna nel capitolo precedente,
ma unicamente cause culturali, etniche o religiose, dunque legate alla civilea.
Non converrebbe a questo punto avere il coraggio di attaccare pid direttamente i
teorici di questa guerra c i governi che si lasciano trascinare nelle differenti forme
di retorica che ne derivano? La violenza terroristica ¢ certamente sovversiva ¢
nichilista e deve essere combattuta. Cid nonostante, non si tratta affatto di unaguerra, come vorrebbero far credere il coinvolgimento del fortissimo esercito
americano e degli stati alleati nella struttura militare della NATO; perché li, in
casa del nemico, ci sono solo giovani nichilisti, pronti a sactificare la loro vita
come hanno sempre fatto i terroristi in ogni tempo e¢ in ogni luogo. I loro atti di
crudelta esprimono un malessere profondo dalle cause multiple ¢ complesse. Si
tratta, in generale, di una combinazione di fattori interni ed esterni: l’evoluzione
della geopolitica internazionale che si sovrappone a situazioni locali di
putrefazione e disintegrazione sociale o di paralisi dei sistemi politici.
A parte il caso del governo dei talebani in Afghanistan che ha dato asilo a Bin
Laden ~ governo in origine sostenuto ¢ galvanizzato dagli Stati Uniti e dai suoi
due principali alleati musulmani, I’Arabia Saudia e il Pakistan - nessuno stato,
musulmano 0 non, sostiene le cellule terroriste che seminano atroce violenza
tanto nei paesi occidentali quanto, se non addirittura di p
musulmani. In quest’ambito, dunque, le nozioni di guerra, alleanza o dialogo di
civilta sono del tutto fuori luogo. E per questo necessario esigere che il palco della
geopolitica internazionale divenga spazio repubblicano nel senso forte del
termine, da cui siano cioe bandite tutte le messe in scena identitarie e il ricorso al
religioso. Si é mai prestato attenzione, al tempo della lotta contro il terrorismo di
¢strema sinistra, all’importanza dei testi che invocano la legittimita del marxismo
alPorigine di questi movimenti? Allora perché oggi bisogna prendere tanto
seriamente i testi ornati dei versetti coranici di cui si servono i terroristi che si
mettono sotto la bandiera dell’Islam? Non é [anal
che é@ importante nella lotta contro la violenza terroristica ma quella del
malessere che questa esprime. Inoltre, questi fenomeni hanno delle
caratteristiche ¢ delle specificita assolutamente differenti a seconda del luogo ¢
del contesto socio-politico nel quale si sviluppano. Un attentato terroristico a
Riyad in Arabia Saudita ha una natura assolutamente diversa rispetto a un
attentato a Tel Aviv 0 contro i coloni israeliani, a sua volta diferente da un
attentato contro un commissariato di polizia in Iraq; quest’ultimo sara ancora
diverso da un attentato a Madrid o a Londra. Non ammettere queste
constatazioni di buon senso significa evidentemente giocare alla maniera dei
teorici di una guerra tra la NATO ¢ l’organizzazione nebulosa ed evasiva, seppur
, nei paesi
della struttura ideologicaesistente, di al-Qaeda; e significa partecipare al mantenimento e all’estensione
dell attuale status quo che angoscia P'umanita intera.
Solo la rinascita dello spirito repubblicano nel mondo pud mettere fine a questa
crisi della modernita che non smette di produrre conseguenze. La crisi della
modernita ¢ ben lungi dall’avere esaurito la sua capacita di produrre un insieme
di valori umanistici e universalizzanti per il poco che pud ritrovarsi di questo
spirito nella filosofia occidentale di oggi, detta postmoderna. Bisogna denunciare
Papproccio perverso sostenuto dai neoconservatori che concilia, da un lato, la
primazia della legge divina, la cui massima espressione & I'amore per Isracle ¢
Pestensione delle colonie a danno del diritto positivo internazionale, e, dall’altro,
il liberalismo dei diritti dell’uomo elevato a dogma di geopolitica internazionale ¢
imposto con il ferro ¢ con la spada dalla repubblica imperiale americana,
oltretutto in linea con la vecchia tradizione europea di conquiste coloniali dal xv1
al xx secolo.
Gli Stati Uniti intendono rigenerare l’Occidente decadente ¢ insicuro di sé, in
una tradizione dalle sfumature affascinanti ma oltremodo incerta. Questa
tradizione sostanzia il tema della guerra di civiltd, che a sua volta diventa quella
perversa fantasia materializzatasi sotto i nostri occhi. Cosi come, nell’Oriente
musulmano, il comportamento occidentale fornisce _ costantemente
argomentazioni ai promotori del fanatismo di civilta arabo-musulmano, che si
oppongono a quello del blocco euro-atlantico, che si autodefinisce giudaico-
cristiano. Di fronte a questa situazione, si dovrebbe rivisitare il famoso motto che
Marx formuld per la classe operaia e dire: «Repubblicani di tutto il mondo,
unitevi!».
4 Georges Corm, Orient-Occident. La fracture imaginaire, cit.
45 Si veda Georges Corm, Contribution & l'étude des sociétés mutlticonfessionnelles, iv}, Paris 1971
(riedito con il titolo Histoire du pluralisme religieux dans le Bassin méditerranéen, Geuthner, Paris
1998).
+6 Si veda Ernst Nolte, La guerra civile europea, 1917-1945, Nazionalsocialismo e bolscevismo,Rizzoli, Milano 2004.
2 Si veda Georges Corm, L’Europe et le Mythe de UOccident, cit.
+8 Su questo scontro che ormai dura da pitt di un secolo si veda Zeev Stermhell, Les Anti-Lumieres,
Fayard, Paris 2006, e Antoine Compagnon, Les Antimodernes. De Joseph de Maistre & Roland
Barthes, Gallimard, Paris 2005.
+2 Hannah Arends, Sulla rivoluzione, Einaudi, Torino 2006.
221] wahhabismo é l’ideologia di stato del regno saudita. Si tratta di una forma estrema di Islam, a
lungo rifiutata dalla maggior parte delle autorita religiose musulmane (vi si ritornerd nel capitolo
terzo). Sul wahhabismo, si veda l'opera classica di Henri Laoust, Les Schismes dans Lislam.
Introduction a une étude de la religion musulmane, Payot, Paris 1965 (tr. it. Gli scismi nell’Islam.
Introduzione ad uno studio della religione musulmana, ¥ciG, Genova 2002).Capitolo terzo
Religione e geopolitica: una relazione perversa
Intendiamo per geopolitica la descrizione ¢ lanalisi delle diverse azioni che
lerio di uno stato o di un governo ~ espresso apertamente 0
indirettamente - di proiettare o espandere la sua potenza nell’ordine
internazionale, a cominciare dagli stati geograficamente prossimi fino a esercitare
una crescente influenza sulle altre zone del mondo.
traducono il desi
La strumentalizzazione della religione, strumento di potenza
La potenza pud definirsi attraverso la soddisfazione dei propri interessi materiali,
come imposizione di un commercio asimmetricamente vantaggioso, lo
sfruttamento diretto o indiretto delle ricchezze materiali delle altre nazioni, cosi
come delle loro risorse umane. Per soddisfare cid, lo stato potente deve anche
imporre le proprie condizioni politiche, spesso militarmente, sugli stati che riesce
a sottomettere alla sua influenza e al suo dominio.
In questa ricerca di potenza, é estremamente vantaggioso strumentalizzare le
religioni e rari sono gli stati potenti che hanno rinunciato a farlo. La creazione di
affinita confessionali transnazionali ¢ listituzione di centri di potere religioso
ordinati in una gerarchia, ufficiale oppure ufficiosamente diffusa, il cui fulcro @ in
seno allo stato dominante, sono strumenti privilegiati della potenza.
Passeremo qui in rassegna le differenti forme di strumentalizzazione della
religione proprie delle varie ambizioni di potenza che si manifestano
regolarmente nella storia. Come vedremo, queste forme sono dipendenti dalla
natura mutevole delle credenze rispetto alle interpretazioni divergenti dei testi ¢
alle modalit’ @interpretazione letterale o simbolica, ma anche dal periodo
storico e dalle loro caratteristiche riguardanti le relazioni tra nazioni, stati ¢
strutture imperiali. La religione ¢ anche strumento per esercitare un controllodomestico su una societi oltre che per estendere influenza ed egemonia o, in altri
termini, dominare su altre societa. Piit Puso esterno della religione sara forte, pitt
¢sso dovra essere radicato nell’ordine interno. Ma la relazione pud strutturarsi
anche in senso inverso: dittatori che invocano valori o dogmi religiosi per
legittimare il loro potere interno possono lanciare guerre all’esterno per
consolidare questo potere.
Avevamo creduto di esserci sbarazzati di questa strumentalizzazione del religioso
una volta che il progresso della liberta di coscienza era stato acquisito grazie al
Rinascimento curopeo, alla filosofia dei Lumi ¢ all’estensione dei principi
repubblicani 4 da frangaise in tutto il mondo. Questo sentimento era stato poi
rafforzato dalla scomparsa del califfato musulmano, sancita dal crollo dell’impero
ottomano all’inizio del xx secolo, dalla rinascita delle lettere e delle arti presso gli
arabi e dall’opera immensa di grandi riformatori religiosi musulmani tra il 1820 ¢
il 1950.
Pluralismo pagano ed esclusivismo monoteista
Nella mia ricerca dottorale ho messo in evidenza le conseguenze dell’avvento ¢
dell’affermazione del monoteismo nel mondo pagano antico del Vicino Oriente
¢ dell’Europa, Le conclusioni di questo lavoro mostrano che, mentre le
strutture teologiche del paganesimo si prestano facilmente a essere integrate nel
pantheon ufficiale del popolo dominante (é il caso delle divinita dei popoli vinti,
conquistati o entrati nell’orbita di una potenza imperiale), la struttura teologica
del monoteismo non consente compromessi. II credo in un unico dio non
permette infatti matrimoni, alleanze e sincretismi di tipo politeista tra dei a cui
popoli diversi rendono omaggio.
Le pagine dell’ Antico Testamento sono, d’altra parte, ricche di racconti epici sul
ricorso al favore del dio nelle guerre di conquista o di resistenza all’invasore. E
qui che appare la nozione di guerra santa, come quella del dovere di sterminare i
politeisti che non adorano il dio unico. II cristianesimo primitivo eliminera, a
dire il vero, la distinzione tra giudei ¢ gentili, greci ¢ barbari, dunque rifiutando
questo aspetto violento dell’Antico Testamento. Tuttavia, non appena istituita
nell’ordine politico del tv secolo, questa religione d’amore e pacifismo, cosi comepredicata da Cristo, ricade nelPesclusivismo religioso e nell’imposizione del
dogma attraverso la forza della legge.
Sono gli episodi dell’Antico Testamento che ci hanno fornito la matrice basilare
della teocrazia: il governo dei giudici o dei dottori della legge, garanti della rigida
applicazione della legge divina, o del re che incarna la legittimita religiosa dello
stato. Certo, il paganesimo degli antichi egizi o babilonesi aveva usato la religione
allinterno dell’ordine del potere politico. I faraoni o i grandi re accadici,
babilonesi e sumeri, erano essi stessi divinizzati o considerati eletti degli dei, cosi
come sara poi l'imperatore romano. I religiosi potevano svolgere un ruolo
importante nella macchina del potere e soprattutto nelle cerimonie pubbliche.
Ma le religioni del Libro, in maniera ben piit sinistra, potranno anche servire da
strumenti del potere interno e di conquista di altri popoli, in nome della
religione e della salvezza dell’umanita. Il «Libro» rappresenta, infatti, la parola
del Dio unico, il suo comandamento agli uomini perché il bene ¢ la giustizia
regnino. Opporsi a questo significa contestare l’ordine costituito del mondo
yoluto dal suo creatore, il Dio unico. Inoltre, il potere che pretende di imporre
Yordine nel nome del «Libro» — Antico Testamento, Vangeli 0 Corano — trova
il mezzo di controllare gli spiriti e dominarli. I primi scritti dei commentatori del
Libro o dei libri sacri, oltre alla storia dei comportamenti dei grandi profeti ¢
delle primarie forme di governo in nome della religione, diventano referenza
obbligata per costituire lo stato e la classe dirigente con a capo un dittatore senza
pieta, che regna in nome di Dio, dei testi sacri e dei valori posti a fondamento
della societa.
Certo, i tre monoteismi hanno avuto percorsi diversi. Ogni potere sostenuto
dall’cbraismo & scomparso durante i secoli, debellato dall’ascesa dell’impero
romano, successivamente dall’emergere dell’ordine cristiano in Oriente sotto il
potere degli imperatori di Bisanzio ¢ in Occidente con Roma e l’istituzione della
chiesa, potenza spirituale con la vocazione di regolamentare tutti i poteri
temporali.
L'slam, ultimo nato dei monoteismi, avra un’attitudine meno esclusiva dei primi
due, L’Islam riconosce, infatti, tra i profeti, da Abramo a Cristo, i suoi propriantenati e garantisce alle «genti del Libro» la libera professione del proprio
culto se esse non mostrano ostilita nei confronti della nuova religione.
Quest’ultima ha il compito di portare a compimento l’avventura monoteista
iniziata da Abramo, da cui deriva la designazione di «religione di Abramo»
talvolta attribuita al monoteismo. II potere cristiano a Bisanzio o a Roma non
avra una visione tale da permettergli di accettare l’esistenza degli ebrei e dei
musulmani in seno al loro territorio senza vessarli ¢ perseguitarli per spingerli poi
ad abbracciare la «vera fede», Ricordiamo, infatti, che i due primi monoteismi,
ebraico ¢ cristiano, non si riconosceranno reciprocamente, né riconosceranno il
terzo, I’Islam.
Si pud anche affermare, d’altra parte, che una religione é cid che gli uomini ne
fanno. In questa prospettiva, la religione non é mai un blocco immobile di
pratiche, dogmi, rituali ed esegesi dei testi sacri, fissi per sempre. In particolare,
T'Tslam ¢ il cristianesimo hanno conosciuto innumerevoli metamorfosi, senza
menzionare gli scismi multipli che li hanno colpiti ¢ che hanno prodotto modi
differenti di credere e praticare. Inoltre, il cristianesimo dei primi secoli 2 del
tutto diverso da quello del papismo e della concentrazione di potere; allo stesso
tempo, il susseguirsi delle rivolte contro la chiesa di Roma ha prodotto pratiche e
chiese nuove, assai diverse da quelle del cattolicesimo romano o delle chiese
ortodosse orientali, greche, siriache ¢ slave.
Lo stesso avviene nell’Islam, dove la liberta di esegesi del testo coranico ha prima
di tutto prodotto una fioritura di interpretazioni, scuole filosofico-mistiche e
pratiche nuove. Questa liberta resiste fino al xu secolo, quando i conquistatori
turchi si sforzeranno di regnare, imponendo um‘interpretazione unica ed
esclusiva della parola coranica (detta della suzna). Tuttavia, le diverse forme di
Islam persistono ancora oggi, nonostante le repressioni che si sono abbattute sui
loro adepti in diverse epoche storiche. Ma come il cristianesimo, I’Islam della fine
del xx secolo é del tutto differente da quello dell’inizio, ¢ nel xx1 secolo
sperimentiamo ancora nuove forme rigoriste, puritane ¢ radicali di Islam
sconosciute solo qualche decennio fa. Queste metamorfosi della pratica
dell'Islam possono essere attribuite a fattori di potenza geopolitica e facilitate da
un mutamento brutale delle strutture socio-politiche all’interno del mondoarabo, su cui torneremo a breve.
Anche l’ebraismo non ha mancato di esprimersi sotto forme assai differenti, a
seconda delle epoche storiche ¢ dei luoghi geografici in cui si é instaurato. D’altra
parte si dimentica troppo sovente che la storia delle comunita giudaiche non si
limita agli eventi tragici e mostruosi che esse hanno subito in Europa nella
particolare congiuntura del xx secolo, Numerose comunita giudaiche hanno
vissuto fuori dall’Europa, pit specificamente in Medio Oriente, senza subire cid
che hanno subito le comunita europee.
Inoltre, se esiste un archetipo biblico che perdura ancora oggi nei fondali
dell’inconscio collettivo delle societa monoteiste, non si deve dimenticare che il
funzionamento di tale archetipo si traduce in modo assai differente in queste
societa, in funzione delle epoche storiche e delle caratteristiche dei contesti
geografici socio-economici nei quali si espleta. L’archetipo biblico, in maniera
esplicita o implicita, si manifesta nella cristallizzazione di un paradigma
permanente ed emblematico dell’inconscio collettivo. Come abbiamo gia
evocato, questo paradigma pud riassumersi nella credenza nell’esistenza di un
popolo eccezionale eletto da Dio (0 dal destino storico) che si realizza all’interno
di questo popolo di profeti (grandi conquistatori o grandi filosofi), i quali lo
chiamano a portare a termine una missione mistica ¢ religiosa (0 civilizzatrice)
per salvare ’'umanita.
Larchetipo pud adattarsi a tutte le ambizioni di potenza degli uomini ¢ dei
conquistatori. Abbiamo dimostrato in un altro saggio quanto sia durata I’onda di
secolarizzazione lanciata dalle rivolte protestanti e dalla laicita repubblicana di
matrice francese2!, Questa si é, infatti, perpetuata nei messianismi dei grandi ¢
arroganti nazionalismi europei, nella missione civilizzatrice che essi si sono
attribuiti per legittimare la colonizzazione degli altri popoli ¢, infine, nelle
ideologie messianiche come il marxismo, per il quale il proletariato &
Pequivalente del «popolo cletto» ¢ Marx principale profeta, ma anche nei
totalitarismi politici ¢ militari europei del xx secolo.
In realta, la matrice di questi totalitarismi ideologici 0 politici ¢ assolutamente
plasmata dall’archetipo biblico che si secolarizza nella forma, ma non nelle suemodalita di funzionamento, che infatti finiscono per essere marcate dalla
pulsione messianica conquistatrice. La rivolta protestante, se é vero che
indebolisce la potenza della chiesa romana, va anche verso un ritorno alle fonti
dei modelli di potere teocratico cristallizzati nel Vecchio Testamento. Da un
lato, le guerre di religione tra cattolici e protestanti producono il principio
abominevole cuius regio, eius religio, in virtt del quale i sudditi di un principe
devono necessariamente seguire la religione del loro sovrano o lasciare la loro
dimora ancestrale. Il fine era quello di annullare i progressi dello spirito di
tolleranza post-rinascimentale e rifiutare nuovamente la liberta di coscienza e la
diversita religiosa. Dall’altro, il luteranesimo, seppur rispettando il potere
politico laico, lo obliga a imporre a tutti i sudditi le prescrizioni contenute nelle
Scritture. II calvinismo, per parte sua, istituisce una teocrazia assoluta e un regno
di terrore in nome della religione, che ricorda i contemporanei regimi dittatoriali
che governano alcune societ musulmane nel nome del rispetto della religione=4,
Il trionfo effimero della laicita nell’ordine internazionale del xx secolo
E bene ricordare come il xx secolo appaia retrospettivamente il secolo del trionfo
della laicita, in cui si espande un internazionalismo di tipo cosmopolita,
teorizzato da Immanuel Kant, attraverso la costituzione della Societa delle
Nazioni, la nascita dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, la condanna del
colonialismo ¢ la sua liquidazione; ¢ anche il secolo in cui scoppiano fuori
dall’Europa rivoluzioni moderniste e repubblicane che scardinano ovunque le
vecchie strutture socio-politiche e la loro legittimazione ottenuta attraverso
dogmi e ideologie religiose ¢ conservatrici; &, inoltre, il secolo in cui Pultimo
califfato musulmano, quello dei turchi ottomani, viene definitivamente abolito;
é, ancora, fino agli anni Setanta, il secolo del riformismo musulmano che attrae
numerosi adepti ¢ avvia una liberazione progressiva della donna, che in certi paesi
ottiene il diritto di voto ancor prima che nei paesi europe; @, infine, il secolo in
cui la maggior parte degli stati musulmani abbandona i sistemi d’insegnamento
consacrati allo studio del Corano ¢ delle giurisprudenze religiose (la Shari‘2),
rimpiazzandoli con sistemi moderni; é anche il secolo in cui crolla la monarchia
cinese dell’imperatore del cielo, mentre in India le fondamenta di una repubblicalaica e federale sono gettate sulle rovine dell’antico e decadente impero dei
Moghul, soppresso per mano del colonialismo britannico; é poi il secolo in cui i
paesi nuovamente indipendenti dai loro patroni coloniali si uniscono nel
cosiddetto Movimento dei Non Allineati, che non rivendica alcuna identita
religiosa, ma unicamente il diritto a essere indipendente dalle due grandi potenze
(Purss e gli Stati Uni
dei rappresentanti di questo movimento, in particolare Tito in Jugoslavia, Nehru
in India ¢ Nasser in Egitto, ai quali possiamo accostare il presidente indonesiano
Sukarno, @ del tutto profano. Questi grandi leader non utilizzano infatti
argomentazioni culturaliste ¢ religiose per opporsi ai giochi della geopolitica
regionale nei quali si tenta di imbrigliarli.
) in competizione per il dominio mondiale, II vocabolario
Anche in Europa, che si definisce per le sue radici greco-romane e dunque di
natura laica, il linguaggio religioso ¢ la confusione dei valori politici con i valori
religiosi non sono affatto pilastri dell’epoca. Gli Stati Uniti di Eisenhower,
Nixon, Kennedy 0 Johnson non danno segni di particolare fervore religioso. II
generale de Gaulle in Francia o Konrad Adenauer in Germania non invocano
valori religiosi. De Gaulle si opporri con coraggio al dominio mondiale
americano ¢ comincera la decolonizzazione dell’Algeria. I grandi_ movimenti
studenteschi curopei ¢ americani degli anni Sessanta sono tutti pacifici, anti-
imperialistic laici.
E interessante anche apprezzare come il mondo abbia potuto virare nello spazio
di pochi e brevi decenni da una geopolitica scevra di invocazioni ai valori
religiosi, alle civilta e alle culture verso un mondo in cui i dirigenti politici di
grandi e piccole potenze fanno continuo riferimento al loro rapporto con Dio, al
loro attaccamento ai valori religiosi ¢ alle civilta transnazionali, pit immaginarie
che reali.
| cinque grandi avvenimenti che hanno precluso il trionfo della visione
laica del mondo
Dictro la sua apparenza laica, l’evoluzione del mondo del xx secolo & stata
segnata da avvenimenti ¢ cambiamenti passati inosservati nell’epoca in cui si
sono manifestati, o le cui conseguenze future sul piano di unastrumentalizzazione delle religioni monoteiste non sono state percepite. In
particolare, cinque di questi avvenimenti che marcano la storia del xx secolo
meritano di essere menzionati. Le loro conseguenze sismiche si fanno ancora
sentire in una geopolitica in cui la legittimazione degli atti di potenza e di
violenza ha una matrice sempre pit valoriale, simbolica, dogmatico-religiosa.
Questi atti sono interpretati dagli uomini di potere ricorrendo a una
sorprendente interpretazione letterale dei testi delle tre rivelazioni monoteiste,
mentre sia nell’ebraismo che nel cristianesimo ¢ nell’Islam si era in diritto di
pensare che la liberta di coscienza, la liberta di interpretazione delle rivelazioni
monoteiste successive € soprattutto la simbolica dei loro testi fossero state
definitivamente acquisite.
I successo del wahhabismo saudita nell’lslam
Il primo di questi avvenimenti é il successo della rivoluzione fondamentalista e
puritana dell’Islam portata avanti da una piccola tribu araba beduina del centro
della penisola arabica, nel Najd. Questa rivoluzione conquistatrice trionfd nel
1924 con la conquista manu militari della Mecca nell’Hijaz, risultato
delPalleanza tra la sciabola ¢ il turbante: la sciabola é quella di una famiglia, i
Sa’ud; il turbante é quello dei discendenti del predicatore Mohammed Ibn Abd
al-Wahhab, fondatore di una versione assai puritana e severa della pratica
dell’'Islam, il wahhabismo. Fin dalla fine del xvur secolo questa alleanza aveva
tentato, a lungo ¢ invano, di riunificare i musulmani sotto la sua egida ¢ creare
una teocrazia in cui solo il testo coranico svolgesse le funzioni della costituzione.
Il contesto turbolento della fine della prima guerra mondiale ¢ gli intrighi della
diplomazia britannica per dominare il mondo arabo creano le circostanze
favorevoli perché questa congiunta presa di potere si realizzi24, Il regno
dell’Arabia Saudita prende definitivamente forma ed @_ riconosciuto
internazionalmente tra il 1925 ¢ il 1930. Viene creata anche una polizia religiosa
che fa da supporto al potere assoluto dei Sa’ud, protegge i buoni costumi, si
assicura che tutti vadano a pregare cinque volte al giorno, controlla che le donne
portino il velo integrale ¢ le isola del tutto dal mondo degli uomini. L’Arabia
Saudita, fin dalla sua nascita, ¢ uno stato la cui ideologia é esclusivamentereligiosa e il cui fine é quello di combattere l’ateismo, soprattutto marxista e
sovietico2*!, Questa ideologia ha Pobiettivo di frenare la modernizzazione del
regno € del suo entourage di paesi vicini e si propone di combattere il riformismo
musulmano che ha aperto la strada al progresso ¢ allo sviluppo economico ¢
sociale delle societa arabe. Oltre ai sovietici, il nemico principale del regno é il
nazionalismo arabo laico, perché nella sua ideologia il solo nazionalismo possibile
é quello che s'identifica con la coscienza della solidaricta ¢ dell’unita di tutti i
musulmani (la uma nel senso religioso del termine). Prima ancora che I’Arabia
Saudita diventasse un gigante petrolifero qualche decennio dopo, un tale
programma non poteva che trovare l’assenso delle grandi potenze europee
dell’epoca, anch’esse antisovietiche ¢ ostili a tutte le forme di nazionalismo
modernista e anticolonialista.
La secessione dei musulmani dell’India
Il secondo avvenimento interviene qualche anno pit tardi, quando le élite
musulmane dell’India vorranno a tutti i costi la secessione dall’Unione Indiana
per formare uno stato separato fondato sullidentita religiosa. La mano del
colonialismo britannico non é probabilmente estranea alla catalizzazione di
questo slancio, dal momento che i dirigenti indiani non musulmani, in
particolare Nehru e Gandhi, non risparmiano alcun tentativo per rassicurare i
loro concittadini musulmani. In un bagno di sangue, la secessione si materializza
nel 1947, battezzando lo stato del Pakistan (stato dei «puri»), che raggruppa
musulmani dalle origini etniche pit: diverse. Nel 1970 i bengalesi ottengono a
loro volta la secessione, anche in questo caso attraverso una guerra sanguinosa,
creando il Bangladesh: prova che il legame religioso non é sufficiente a formare
una nazione coerente. I Pakistan, dopo il colpo militare del generale Zia-ul-Hag
nel 1977, applica la sharz’a islamica con supremo rigore e diventa uno dei
principali alleati degli Stati Uniti ¢ dell’Arabia Saudita, mantenendo un sistema
dinsegnamento coranico che predica il jihad e che formera numerosi
combattenti armati di questa ideologia per combattere l'Unione Sovietica dopo
che questa invade I’ Afghanistan. II Pakistan sviluppa anche l’arma atomica senza
che questo gli valga la minima sanzione da parte degli Stati Uniti e degli altripaesi occidentali!““!, Oggi il Pakistan @ uno stato sull’orlo del collasso, ma anche
un alleato cruciale dei paesi occidentali, esattamente come I’ Arabia Saudita.
La comunita delle nazioni riunite nell’ Organizzazione delle Nazioni Unite, il cui
discorso resta laico, senza riferimenti a valori religiosi ma facente appello alla
liberta di coscienza e di culto come liberta essenziale dell’uomo, ha riconosciuto
senza difficolta lo stato del Pakistan ¢, successivamente, il suo governo islamista
radicale sorto dal colpo di stato del luglio 1977. E vero che anche la spn aveva
riconosciuto il regno saudita senza alcuna difficolta ¢ le differenti commissioni
per i diritti dell’uomo non sembravano preoccupate per lo stato della liberta di
coscienza e dei diritti dell’'uomo e della donna in questi due paesi, la cui
legittimita statale si fonda su una concezione rigida e un’interpretazione letterale
di un testo religioso.
Il sionismo e la creazione dello stato di Israele
Il terzo avvenimento é quello della costituzione dello stato di Israele, il 14 maggio
1948, la cui genesi ¢ anteriore a quella dei due casi precedenti. Gia all’inizio del
xx secolo c’era infatti un precedente importante in materia di riconoscimento di
nuovi stati edificati su base religiosa. Si tratta dellinscrizione del testo del
mandato sulla Palestina accordato dalla spn alla Gran Bretagna nel 1922 per
legittimare l’occupazione coloniale di questo paese, ¢ dell’obbligo imposto alla
potenza mandataria di dar vita a un «nucleo nazionale ebraico» in Palestina.
Questo testo riprende il contenuto della famosa «dichiarazione» di Lord.
Arthur Balfour nel 1917, con cui il ministro degli Affari esteri britannico
prometteva a un tal Lord Rothschild di mettersi all’opera per creare questo
nucleo, gid nei fatti uno stato a livello embrionale.
La storia del sionismo é troppo lunga per essere riportata in questa sede. Diremo
semplicemente, in forma riassuntiva, che l’ideologia nazionalista ebraica, nata nei
circoli intellettuali viennesi della fine del x1x secolo, ¢ prodotto dell’era dei
nazionalismi europei, del socialismo ¢ dell’antisemitismo. L’unione di ebrei di
differenti culture ¢ nazionalita europee in uno stato-nazione é considerata dai
fondatori del movimento come il solo rimedio possibile al fervente
antisemitismo europeo. Quest’ultimo, in effetti, esplode in Europa in questoimage
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