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Indice Copertina Fontespizio Colophon Presentazion Prefazione all’edizione italiana di Marina Calculli Prefazione ustificazione dei conflitti Parte prima ~ Decostruire la logica di Capitolo primo — Introduzione all’approccio «profano» nell’analisi dei conflitti I significato del nuovo vocabolario neutro nella descrizione dei conflitei Evitare una visione binaria del mondo assieme alle resi della causa unica Ritornare alle tect ‘he di una politologia profana e multifattoriale dei conflitti Liimportanza dimenticata del fattore demografico I. fattore economico come causa principale dei conflitti Riconoscere limportanza della geografia Sminuire la storia come fattore esplicativo facilita la in un'intimistica relazione in cui il dirigente politico si fa «protettore di un identita», sia essa cristiana, musulmana o ebraica. II potere, in altri termini, si consolida e diviene inattaccabile tanto pit la societa si frammenta (@, d’altra parte, una vecchia strategia quella del divide et impera), ma viene replicata, riprodotta dagli onnipresenti apparati mediatici, fino a quando non penetra nell'individuo che in modo érascendentale — ¢ dunque non razionale. E a questo punto che il pregiudizio «religioso» 0 «di civilta» diventa inconsciamente, ma concretamente, «politico». E qui che il «potere> ergendosi a difesa del «religioso» diventa indiscutibile. Il questa prospettiva il libro di Georges Corm potrebbe indirettamente definirsi un saggio sul rapporto tra lindividuo ¢ il potere, mediato dalla creazione artificiale di nuove «scatole identitarie». In queste scatole identitarie, inoltre, si disperde la diversica stessa tra gli individui e quella che Fred Halliday definiva nel suo Nation and Religion in the Middle East (Sagi Books, London 2000) «la rivoluzione del singolo» all’interno del suo gruppo etnico, tribale, religioso 0 geografico. Siamo portati cioé a pensare che esista una «mente musulmana», una «mente cristiana», una «mente ebraica». Il rovescio speculare di questa attitudine é I’adesione spesso irrazionale e passionale a un paradigma identitario specifico, Si tratta di un meccanismo che rende pregiudicato a priori lindividuo che si identifica pubblicamente, per scelta o semplicemente per nascita, con una determinata comunita religiosa. Per fare un esempio, il nome proprio Mohammed suscita in Occidente un pregiudizio aprioristico nei confronti di chi Jo porta, anche se l’individuo in questione dovesse addirittura rivelarsi ateo. In altri termini, il trionfo del «malinteso di civilta» — prodotto dal fiorire di etichette identitarie largamente diffuse nell’opinione pubblica attraverso Puniverso articolato della comunicazione postmoderna — genera un mondo compartimentalizzato, E dunquc inevitabile che perfino il dissenso identitario, la «rivoluzione individuale» di cui parlava Halliday, produca a sua volta nuove etichette che vanno a definire una dimensione umana «deviata»: «musulmani islamofobi» per i musulmani che si oppongono ai discorsi del potere religioso/politico; «cristiani decadenti> 0 «curopei traditori> per chi sostiene intellettualmente una provincializzazione dell’Europa contro un tradizionale curocentrismo o ne mette in discussione l’identita giudaico-cristiana a favore di quella, per esempio, greco-romana; «occidentali antiamericani» gratuitamente applicato a chiunque elabori un pensiero critico ¢ complesso verso la politica estera americana o abbia semplicemente richiesto per anni delle scuse ufficiali nei confronti del popolo iracheno per l’occupazione dell’Iraq; «ebrei antisemiti>, per designare gli ebrei critici nei confronti dell’occupazione isracliana della Palestina; o addirittura «occidentali filoislamici» per designare i cittadini occidentali disponibili a un confronto positivo con individui di fede musulmana. La dicotomia concettuale velata di odio é insita nella difesa dell’identita e, dunque, diventa automaticamente la cifta che definisce anche il rifiuto di un’identita inscatolata — quella di coloro che planano su questo mondo compartimentalizzato, rifiutando di schierarsi, in quanto ancorati a un umanesimo cosmopolita. E un clima tossico che ricorda, nella sua forma parossistica, la denuncia contro coloro che offtivano un nascondiglio agli ebrei durante le persecuzioni naziste. La visione dicotomica del mondo, oltre a sopprimere il pensiero critico, produce a sua volta identita autocaricaturali nel loro spasmodico desiderio di aderire a un paradigma in forma assoluta. Le identita sono, infatti, per loro natura fluide e si sompongono e si ricompongono nel corso delle storie individuali intrecciate di volta in volta alla grande Storia. Corm definisce cosi un altro pericoloso fenomeno socio-politico associato al ritorno del religioso: la «comunitarizzazione del mondo», ovvero la tendenza a percepirci come parte di una comunita (religiosa o etnica), che si impone gerarchicamente sulla pratica della vita cittadina ¢ laica, dove il trascendentale non pud avere un ruolo. Quando il culto diventa per il potere uno squisito mezzo di mobilitazione politica e istigazione alla violenza, l’individuo si allontana da una riflessiva identificazione laica e «cittadina» all’interno di una societa, ritrovandosi sempre pit immerso in una «comunit’» fatta di correligionari: una dimensione mistica, che disintegra le frontiere dello spazio sociale ¢ politico e, soprattutto, non ammette un dibattito critico interno ad esso. Nella sua accorata difesa di una societa plurale e laica, che dona a questo libro i tratti di un pamphlet filosofico, Georges Corm difende i pregi della repubblica laica di tradizione francese. Da intellettuale ¢ fervente nostalgico dell’era del nazionalismo arabo ¢ delle correnti liberali ¢ progressiste che hanno dato forma al pensiero critico arabo e musulmano, l’autore non ha riserve nel denunciare le collusioni tra potere politico e autorita religiose nei paesi arabi, siano esse musulmane o ctistiane. Parallelamente, & impossibile non prendere atto di come il «ritorno del religioso» e la «comunitarizzazione» delle societa siano fenomeni attualissimi anche nel mondo occidentale ¢ in Europa in particolare. I] richiamo corale alle «radici cristiane» dell’Europa, enfatizzato e politicizzato pit che mai in Occidente, oltre a essere storicamente vizioso (il cristianesimo & storicamente un prodotto culturale dell’Oriente e arriva dalla periferia al centro politico del’impero romano pagano solo al suo tramonto), si impone sia sulla costruzione della politica estera sia sulla sfera democratica ¢ liberale domestica. In ambito internazionale 1a visione comunitaria del mondo da forma allessenzialismo del cosiddetto «conflitto di civilti>, una teoria volta a opporre sistemi di valori, cristallizzati come ancestrali, talvolta «genetici», e a giustificare guerre e conflitti, obliterando del tutto la loro natura economica, politica e strategica. In ambito domestico il richiamo alla cristianita, 0, in alcuni paesi come T'Italia, al cattolicesimo (storicamente in conflitto dottrinale con altre correnti cristiane), ha senza dubbio giustificato restrizioni su alcune liberta individuali o diritti civili. Si pensi ad esempio a come il veto sulle copie di fatto o sul matrimonio tra omosessuali, imposto da alcuni ambiti del mondo cattolico, abbia profondamente viziato il carattere liberale della democrazia. Non é superfluo ricordare in questo frangente storico come la prerogativa essenziale di una democrazia che si voglia «liberale» 2 quella di non consentire ad alcuna delle correnti ideologiche 0 di pensiero che operano liberamente all’interno del suo spazio pubblico di imporre agli altri membri della societd un comportamento, una propria visione del mondo e perfino del buon gusto: & proprio qui che, d’altra parte, si consuma la differenza tra comunita ¢ societa. Prefazione Questo libro raccoglie diverse questioni che nel corso degli ultimi anni ho affrontato nelle mie lezioni4, nei miei articoli ¢ nei miei studi con l’obiettivo di decostruire le logiche della guerra e dei conflitti nell’era post-bipolare. I conflitti pit complessi hanno avuto luogo nel Vicino e Medio Oriente ¢ la loro giustificazione si ¢ per lo pit inscritta nella semplicistica tesi dello scontro di civilta o della lotta al terrorismo «transnazionale», che si da per scontato trovi origine nella religione islamica. A seguito della diffusione di questa tesi su scala mondiale, siamo dominati da una pessimistica visione binaria del mondo, gonfiatasi al punto di produrre un contesto favorevole alla proliferazione della violenza. E per questo indispensabile addomesticare ¢ sminuire questa visione. Per farlo, si devono decostruire gli scontri — immaginari o reali — sempre pitt veicolati dai media, dalle ricerche accademiche, dai decisori politici e dagli opinionisti, al fine di costruire un mondo pit: stabile e meno violento. Altrimenti andremo inesorabilmente verso un crescendo di contrasti ¢ violenze che prefigurano guerre ben pitt imponenti ¢ sanguinose rispetto a quelle scoppiate alla fine del secolo scorso ¢ all’inizio di questo secolo. Le riflessioni che qui presento nascono dallo sforzo di sistematizzare e classificare una serie di incomprensioni e scontri che smuovono e plasmano la dinamica dei «due mondi» percepiti come opposti — Oriente ¢ Occidente = di cui traccerd i contorni nei capitoli di questo libro. II fatto che meccanismi contrastanti di percezione delle cause dei conflitti, cosi come saranno qui descritti, affondino le proprie radici nelle memorie storiche sulle quali si sono edificati immaginari ¢ narrazioni d’ordine mitologico, rende il compito pitt arduo. L'immaginario pud, in effetti, diventare pit temibile della realta oggettiva ¢ profana. L’esplosione delle due guerre mondiali ha dato prova del ruolo che giocano gli immaginari nell’elaborazione delle cause di enormi conflitti: la loro origine va infatti cercata nello scontro tra gli immaginari delle culture politiche europee antagoniste dopo la rivoluzione francese ¢ nelle controrivoluzioni che quest’ultima innescd. Allo stesso modo, il mondo potrebbe apparire oggi sulla soglia di una grande guerra della stessa portata delle precedenti, poiché Vesasperazione di immaginari infiammati — non pitt immaginari nazionali, ma di civilta ¢ di matrice politico-religiosa — rende il terreno fertile per imponenti conflagrazioni. Ho dunque pensato che una collezione di alcune mie analisi potesse essere utile ai lettori. Alcune di queste hanno dato origine a saggi che ho scritto negli ultimi anni, in particolare la trilogia costituita da Orient-Occident. La fracture imaginaire, La Question religieuse au xx° siécle e L’Europe et le Mythe de POccident., Altre sono un approfondimento di temi evocati all interno di questi tre libri. Il filo che lega i testi qui raggruppati é, infatti, una denuncia dell’ideologia del ritorno del religioso, della strumentalizzazione di valori cosiddetti «politico- religiosi» al fine di innescare o alimentare conflitti, ma anche una denuncia della relazione perversa tra gli interessi geopolitici di alcuni stati ¢ la loro pretesa di incarnare e difendere valori ¢ ideali di natura religiosa all’interno dell’ordine internazionale. Tale relazione perversa ha inoltre portato a una contrazione della mentalita laica nella percezione del mondo e delle dinamiche banalmente profane dei conflitti che lo affliggono dalla fine della guerra fredda. Questo, per di pit, paralizza la possibilita di opporsi a guerre ingiuste ¢ a conflitti innescati da diverse potenze, differentemente da quanto avvenne durante la guerra fredda, quando le opinioni pubbliche si levarono contro le guerre di quel periodo, come quella del Vietnam, 0 contro violenze come quelle perpetrate dalla minoranza bianca in Sudafrica a danno della popolazione autoctona sottomessa e impoverita. Nulla di questo ¢ rimasto dagli anni Novanta in poi: gli Stati Uniti ¢ i loro alleati europei hanno potuto invadere due paesi sovrani senza rilevante opposizione, come ai tempi della guerra in Vietnam, ¢ lo stato d’Isracle continua a opprimere Ja popolazione palestinese autoctona senza ricevere sanzioni, come ayvenne invece per il Sudafrica. Oggi il panorama accademico e mediatico si é talmente modificato sotto Pinfluenza delle nuove ideologie che qui denuncio da far si che le coscienze siano anestetizzate e che una cappa di piombo ideologica intervenga sovente a proteggere dalla critica e dal confronto i governi responsabili di innescare ¢ perpetrare violenze. In ogni conflitto, i capri espiatori sono designati alla vendetta pubblica in funzione degli interessi geopolitici e di potenza che si celano dictro l’invocazione di valori superiori etici ¢ morali, dove la religione ¢ mischiata in ogni salsa. Inoltre, il lettore non si stupira nel constatare che in diversi capitoli ho dato spazio rilevante a quella che ho definito la «problematica della laicita e della liberta», ormai assente dai dibattiti sulle violenze e i conflitti. In quest’opera ho poi cercato di ritornare ai , sempre pid sviliti ¢ abbandonati, quando non disdegnati. Ritengo, infatti, che il disordine ¢ la manipolazione che da qualche decennio governano l’applicazione del diritto internazionale come strumento di prevenzione dei conflitti (0 quantomeno del loro controllo, una volta che i conflitti sono scoppiati) siano in gran parte dovuti al fatto che la sfera del diritto internazionale sia stata infiltrata da considerazioni oziose sulle religioni ¢ le civilta. E proprio questo che permette di far valere selettivamente il diritto internazionale nelle situazioni di conflitto e mettere in pratica, del tutto in buona fede, una politica dei due pesi ¢ delle due misure, di una durezza al di 1a di ogni ragione in alcuni casi, di un’indulgenza o di una totale astinenza dall’azione in altri. Questa é la ragione per cui, nel primo capitolo, ho cercato di rievocare le regole della politologia classica, svincolata da considerazioni metafisiche 0 emozionali: essa riconduce a un’analisi multifattoriale delle cause dei conflitti, approccio che allontana da riduttive analisi ideologiche, basate su approcci monocausali ¢ sulla classificazione dei protagonisti di un conflitto in ¢ «cattivi>. Queste sono le regole che costituiscono quello che ho denominato «approccio profano» ai conflitti, in opposizione a quegli approcci che ricorrono al religioso ¢ praticano una manipolazione del cosiddetto «ritorno del religioso» e della sua incalzante strumentalizzazione nel’'universo geopolitico mondiale. II mio obiettivo é quello di illustrare come sono stati forgiati i fanatismi che definisco «di civilta», che hanno rimpiazzato i fanatismi dell’era delle ideologie laiche nazionaliste, capitaliste, liberali o marxiste. Nei capitoli 2 ¢ 3 mi sono attardato sul ruolo del ritorno del religioso nelle relazioni internazionali ¢ sul perverso legame tra interessi geopolitici e religione. La prima parte di questo libro é inoltre dedicata a decostruire la giustificazione fornita allo scoppio di numerosi conflitti dell’era post-bipolare. Nella seconda parte dell’opera, ho cercato di analizzare la manipolazione della memoria e della storia, sempre pitt chiamate in causa nella costruzione dei fanatismi ¢ dei radicalismi identitari ¢ politico-religiosi. In questa sezione ho ricostruito come le guerelles europee sulle radici dell Occidente, dopo aver infiammato per due volte Europa tra il 1914 ¢ il 1918 e, successivamente, tra il 1940 c il 1945, abbiano poi provocato eruzioni vulcaniche anche in altre parti del mondo“, La strumentalizz ione della memoria si accompagna da qualche decennio al «ritorno del religioso>, paralizzando il pensiero oggertivo sul reale ¢ sulle sue complessita. In nessun luogo pit che in Medio Oriente questa strumentalizzazione della memoria é attiva ¢ cristallizzata dal conflitto arabo- israeliano, le cui vittime continuano a essere la popolazione palestinese e a fasi alterne quella libanese. In questottica, Pultimo capitolo della seconda sezione Sintitola «La Palestina, sfogo delle passioni europece americane>: se le passioni arabe sono state oggetto di un’abbondante letteratura, € tempo di descrivere anche le passioni curopee ¢ americane di fronte al conflitto arabo-isracliano — passioni che inducono a ignorare del tutto i principi del diritto internazionale e del diritto umanitario quando a essere in questione é il comportamento di Isracle“!, Questa evoluzione é a mio avviso conseguenza dell’indebolimento dello spirito laico nella sua versione repubblicana di tradizione francese a me cara, al contempo foriero di un trionfo delle concezioni comunitarie della vita pubblica. Per questo, la terza parte del libro é in larga parte consacrata a questo tema. In questa sezione ho mostrato come la nozione repubblicana francese sia stata infilerata dal multiculturalismo anglosassone, accomodandola in una sintesi. Eppure é proprio la nozione francese di laicita, quale componente centrale dei valori repubblicani, a essersi maggiormente diffusa nel mondo, rovesciando regni ¢ imperi, liberando popoli e gruppi oppressi in tutti i continenti. Mi sono inoltre soffermato sulle grandi fratture dello spirito repubblicano, che hanno sostanziato le nozioni, oggi di moda, del multiculturalismo o del diritto alla differenza, sempre pitt concorrenti con i concetti dell’uguaglianza repubblicana che il tero aveva ereditato dalla rivoluzione francese. mondo Su questa linea sono poi passato a descrivere, nei capitoli 9 ¢ 10, le cause dei fallimenti della laiciti nel mondo arabo ¢ musulmano, affrontando poi la problematica specifica della separazione della sfera temporale e di quella spirituale nelf'Islam. Nel capitolo 10 torno pit in dettaglio sulle cause della crisi della laicita di tradizione francese e dei valori repubblicani, ritenendo questo un elemento chiave per la soluzione dei conflitti del Medio Otiente, in primis quello palestinese. Se mi sono cosi tanto dedicato a questi temi ¢ perché ritengo che i conflitti_ mediorientali, moltiplicatisi negli ultimi anni fino ad assumere proporzioni allarmanti (un’incontenibilita che mette a sua volta in pericolo la pace nel mondo), siano principalmente dovuti alla manipolazione politica del religioso ¢ della memoria storica, responsabile delPintensita crescente dei conflitti in questa regione del mondo. Eppure, dictro questa vergognosa copertura, non ci sono che sordidi interessi di potenza, assieme alle passioni umane ¢ alle ambizioni che essi possono sprigionare. Questo é cid che ho cercato di dimostrare in questo libro. La conclusione fa un bilancio delle dinamiche dei conflitti in Medio Oriente, che rischiano di innescare una terza guerra mondiale se non verranno contenuti, tanto forti sono le passioni politiche occidentali, soprattutto per quel che riguarda Parricchimento di uranio iraniano ¢ la difesa di Israele. Non a caso questo dossier @ associato a quello della sopravvivenza del regime sitiano, alleato di lunga data del regime iraniano, oggi in balia di una virulenta ribellione armata dal 2011, alimentata dalle monarchie della penisola arabica ¢ da diversi governi occidentalis esso é inoltre associato all’esistenza ¢ allo sviluppo del «partito di Dio» libanese (Hezbollah) che ha sfidato la potenza militare israeliana sia durante loccupazione del Libano meridionale sia nella sua resistenza contro Lattacco subito dal Libano nel 2006. Il lettore mi scusera se alcuni temi ricorrono in diversi capitoli: cid & stato inevitabile poiché i fattori che chiamo in causa — per lo pitt obliterati nelle analisi delle situazioni conflittuali del Medio Oriente - sono interconnessi tra loro. E stato per l’appunto necessario dimostrare l’esistenza di questa interconnessione nel quadro di un nuovo paradigma. Ho tentato di legare l’erosione dello spirito repubblicano alla corruzione di diversi principi del diritco internazionale attraverso la loro applicazione a geometria variabile, ma anche ai fenomeni di ossificazione delle memorie, alla strumentalizzazione multiforme, perpetrata dai governi e dalle organizzazioni politiche, delle tre religioni monoteiste di una regione alla quale noi tutti apparteniamo, ebrei, cristiani, musulmani, agnostici ¢ atei. La maggior parte di questi legami & ignorata dalle ricerche accademiche cosi come dal mondo dei media ¢ della stampa. Mi auguro infine di aver contribuito con questo saggio a offrire un quadro aggiornato delle situazioni conflittuali in tutta la loro complessita, esplicitandone il paradigma in tutte le sue dimensioni, cosi che ci si possa collettivamente adoperare per raggiungere la pace, enucleando il fattore religioso dalle questioni profane dei conflitti post-guerra fredda, in Medio Oriente ma anche in altre regioni del mondo. Per la traslitterazione dei termini arabi e persiani é staca utili tavola dell International Journal of Middle Eastern Studies (15). ra una versione semplificata della + In appendice si trovera la fonte dei testi in question, che sono stati in ogni caso aggiornati ¢ rimaneggiati per questo libro. 2 2 Di questa trilogia, esiste una traduzione italiana della prima opera: Georges Corm, Oriente Occidente. I mito di una frattura, Vallecchi, Firenze 2003. 3 Nel mio saggio L ‘Europe et le mythe de 'Occident. La construction d'une historie (La Découverte, Paris 2009 € 2012 per l’edizione tascabile), descrivo con dovizia di dettagli gli effetti della circolazione delle idee rivoluzionarie francesi in Europa come fuori dall'Europa. Gi prima avevo condotto questa analisi per cid che riguarda Pimpatto della rivoluzione francese in Oriente nel mio libro L ‘Europe et [Orient. De la balkanisation a la libanisation. Histoire d'une modernité inaccomplie, La Découverte, Paris 1989 e 2002 per l’edizione tascabile. 4 Siamo debitori a Denis Sieffert del suo bellissimo saggio Israél-Palestine, une passion francaise. La France dans le miroir du conflit israélo-palestinien (La Découverte, Paris 2004), oltre che a Pascal Boniface per un‘altra opera coraggiosa: Est-il permis de critiquer Israél? (Robert Laffont, Paris 2003). Parte prima Decostruire la logica di giustificazione dei conflitti Capitolo primo Introduzione all’approccio «profano» nell’analisi dei conflitti I conflitti che definiamo geopolitici (ovvero quelli in cui uno o pid paesi si oppongono a un altro o a diversi paesi) necessitano sempre di una giustificazione, per rendere accettabile la violenza, la morte ¢ la distruzione che seminano. Si potrebbe addirittura dire che un conflitto non scoppia se non quando luna o Taltra parte ritenga di avere sufficientemente convinto la propria opinione pubblica della necessitd di entrare in guerra. Si deve poi aggiungere che molti conflicti locali 0 civili acquisiscono facilmente una dimensione regionale, se non internazionale, che pud innescare conflitti di proporzioni parecchio piii ampic 0 servire da spazio simbolico ¢ contenuto per un conflitto pih esteso. Il significato del nuovo vocabolario neutro nella descrizione dei conflitti E paradossale constatare come, nel mondo aperto e globalizzato in cui viviamo, le giustificazioni dei conflitti siano state progressivamente caratterizzate da un uso esasperato dell’ideologia, della propaganda, delle false informazioni, di uninvocazione di «valori» trascendentali, strumentalmente utili da preservare 0 diffondere. Il progresso stupefacente nel dominio della comunicazione mediatica, lungi dal produrre analisi meticolose e oggettive dei dati di un conflitto, induce anzi alla generalizzazione di alcune banali idee, con un alto potenziale di mobilitazione, usate per giustificare il conflitto. E triste prendere atto di quanto le ricerche accademiche, invece di prendere le distanze dalla vulgata mediatica, le forniscano spesso materiale per alimentarla ¢ legittimarla. Nel corso degli ultimi anni, inoltre, la vulgata ha assunto un tono essenzialista, fondando la spiegazione delle cause di un conflitto su considerazioni di natura antropologica, religiosa 0 ~~ etnica. Queste analisi_—_ rappresentano unautogiustificazione dei conflitti, che non vengono presentati come il risultato dell’ambizione, della potenza, di interessi materiali, della congiunzione di fattori diversi, ma come una necessita ineluttabile per preservare un’ «essenza» quasi trascendentale o quasi immutabile, realizzatasi in certi valori, oppure per distruggerne un’altra considerata perversa e incompatibile con la pace nel mondo. Si crea cosi un intreccio tra i due tipi di cause evocate, quelle antropologiche e quelle politiche, nella definizione di un regime politico che non rispetterebbe i criteri democratici e i diritti dell’uomo, che continuerebbe a_praticare Tautoritarismo, denunciato con vigore ma in maniera selettiva, a seconda del fatto che il regime in causa assecondi oppure resista agli interessi di cid che ormai definiamo la «comunita delle nazioni». Qui, ancora, il vocabolario che giustifica un conflitto si é arricchito di espressioni nuove, come gli «stati canaglia» che metterebbero in pericolo il mondo intero. Per non parlare di espressioni ben pitt audaci ¢ immaginifiche come «impero del male» o «asse del male». Si deve infine sottolineare la generalizzazione dell’espressione «guerra di civilta», che riassume, contiene e aggrega tutte le altre, in un’immagine d’ineluttabilita. quasi apocalittica di un confronto a carattere essenzialista tra due parti dell’umanita che potremmo rimandare, ma non evitare. Da trent’anni, inoltre, assistiamo in parallelo allo sviluppo c all’evoluzione di un vocabolario di natura igienica e saccente, finalizzato a descrivere conflitti e ridurre Porrore agli occhi dell’opinione pubblica. E su questa cifra che parliamo di conflitti «a bassa intensita » o «ad alta intensiti». Nel primo caso, Pinguictudine umanista viene disarmata, trattandosi di qualche morto al giorno = qualcosa che non minaccia davvero la pace nel mondo. Nell’alta intensita si parla di «guerra pulita e rapida»», grazie ai progressi delle tecnologie militari, che di certo possono causare danni tra le popolazioni civili, tuttavia qualit danni <«collaterali». Si notera a questo proposito la scomparsa del verbo «bombardare», troppo brutale per le anime sensibili, a vantaggio del verbo «colpire», evocante un semplice schiaffo dato a un bambino vivace o ai colpi scambiati durante una rissa, cosi da far dimenticare le distruzioni materiali ¢ ati come umane evocate dal termine pit corretto: « e quello che identifica un fattore unico nella spiegazione di un conflitto, pili frequentemente la malignita di questa o quella parte nel conflitto. Nel primo caso si tende a essere soggetti alla propaganda degli Stati Uniti e dei loro clienti di altri continent, per i quali la verita e il buon diritto sono sempre della parte «occidentale», di cui il governo americano é difensore. Poco importa che il caso sia complesso, che la propaganda abbia diffuso inesattezze e menzogne, ¢ impossibile dissociarsi dagli Stati Uni questo stato imperiale rappresenta o pretende di difendere. Tutto cid che é pro- occidentale deve essere difeso con le unghie ¢ i denti, persino al prezzo di conflitti sanguinosi ¢ di guerre civili interne, che sia in Ucraina, in Georgia, in Libano, in Israele e nella Palestina occupata, in Iraq 0, di recente, in Siria. Per di pit, tutto cid che resiste all’ordine della superpotenza americana deve essere combattuto in nome della civilta e del progresso. E questa la visione binaria del mondo che impedisce qualsiasi tipo di analisi serena e oggettiva. e dai valori che Tale binarismo nell’analisi fa il paio con l’identificazione di un «colpevole» unico, responsabile assoluto del conflitto, che a sua volta implica l’obliterazione di qualsiasi analisi multifattoriale. Quale che sia la complessita dei dati di un conflitto, la responsabilita condivisa dei vari attori o quella delle potenze vicine che intervengono direttamente o indirettamente, l’osservatore non vedra che un colpevole, ai suoi occhi essenzialmente l'unica causa del conflitto. Si trata spesso di un dittatore confuso con il popolo che lui governa, come, per esempio, Milosevic in Jugoslavia e il cosiddetto fanatismo nazionalista dei serbi, Saddam Hussein in Iraq ¢ la minoranza sunnita che Pavrebbe appoggiato senza riserve in relazione agli sciiti, Hezbollah in Libano e la comunita sciita che lo sostiene o VIran ¢ la Siria che lo finanziano ¢ lo armano, Bashar al-Asad in Siria ¢ la minoranza alauita cui Asad appartiene e che avrebbe asservito i sunniti!, Yasser Arafat, prima terrorista, poi magnificato ¢ trasformato in capo responsabile dell’Autorita palestinese, democraticamente cletta, ¢ poi nuovamente considerato fonte di tutti i mali nei territori occupati ¢ principale ostacolo alla pace in Palestina. Ci sarebbero molti altri esempi. In questa visione binaria, che si fonda sull’identificazione di una causa unica del conflitto, ci si rifa alle tradizioni della scrittura delle storie coloniali tra il xvie il xx secolo. Secondo questo approccio, per l’osservatore storico, non c’é stata colonizzazione, non c’é stata violenza 0 atrocita, ma progresso della civilta, del commercio, dei trasporti, della cultura a beneficio dell’umanita intera. I colonizzatori ¢ i loro eserciti avrebbero fatto saltare gli ostacoli artificiali al progresso dell’umanita che comunita fanatiche ¢ retrograde avevano l’impudenza di rifiurare. E una tradizione forte e ben lontana dal declino, sebbene il suo vocabolario si sia modificato. II ritorno della parola «civilta» nell’analisi dei conflitti é altamente significativo della regressione che viviamo attualmente. Essa é tanto pit nociva, essendo parallelamente la fonte per lo sviluppo di una cultura della sconfitta ¢ dell’autosvalutazione presso i popoli vittime di questi conflitti 0, per essere pitt precisi, presso alcuni tra i loro dirigenti o intellettuali. La decostruzione e la critica del nuovo vocabolario usato nella descrizione dei conflitti sono la premessa a qualsiasi analisi profana della realta dei conflitti. Lo stesso vale per la comprensione del fanzionamento degli immaginati collettivi che si sviluppano su questi nuovi concetti ¢ queste terminologie insidiose. Ho tentato tale decostruzione in due dei miei ultimi libri, applicandola innanzitutto alla rappresentazione immaginaria dell’Occidente e dell’Oriente, l’'uno di fronte all’altro, ma anche ognuno in rapporto a se stesso: é questo che incoraggia il binarismo del pensiero sempre responsabile, a diversi livelli, della genesi ¢ dello scoppio di un conflitro. Questo riguarda anche la nozione mendace del «ritorno del religioso», cosi comoda per restaurare forme di autoritarismo con il pretesto dell’umanitarismo e della democrazia!2, Questa decostruzione deve anche applicarsi alle derive attuali del diritto internazionale, caratterizzato dall’abuso dell’espressione «volonta della comunita internazionale» 0, pit incisivamente, «legalita internazionale», per designare risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che possono essere contrarie alla Carta e rappresentare un’ingerenza grave negli affari interni di stati deboli. I quindici stati membri del Consiglio non rappresentano la comunita internazionale. Solo I’Assemblea generale pud, infatti, essere considerata rappresentativa dell’insieme degli stati del mondo, ¢ non affatto di una comunita internazionale che nella realta non esiste. Dietro questo termine si cela piuttosto la volonta di potenza degli Stati Uniti e dei loro alleati che la Russia e la Cina raramente controbilanciano, in un sistema di disequilibrio internazionale delle forze. Un piccolo paese come il Libano & oggi bloccato da pitt di venti risoluzioni e dichiarazioni del Consiglio di Sicurezza, che hanno finito per paralizzare il funzionamento di un paese nel nome della difesa della democrazia ¢ della volonta della comunita internazionale. Un tribunale speciale internazionale, istituito nel 2007 per giudicare gli assassini dell’ex primo ministro Rafiq Hariri, dispone cosi di poteri che trascendono il funzionamento della giustizia libanese e ha creato delle tensioni permanenti in Libano a causa del comportamento fazioso del suo procuratore generale“, Si deve per di pit constatare che il lavoro dei segretari generali delle Nazioni Unite mira a privilegiare la potenza americana nel conseguimento delle sue volonta ¢ ambizioni nell’ordine internazionale ¢ a far passare nei principali documenti di politica. internazionale dell’Organizzazione la _visione «occidentale» dei pericoli che incombono sul mondo. E per esempio il caso del famoso rapporto In Larger Freedom del 2005, un accomodamento della dottrina dell’amministrazione Bush nel vocabolario impersonale e igienico delle Nazioni Unite. Si tratta di un importante documento pubblicato dall’allora segretario generale dell’onu, Kofi Annan, che consacra la visione americana del mondo, facendo del cosiddetto terrorismo «transnazionale», nei fatti islamico, il pit grande pericolo per Pumanita. Questo documento é stato presentato al summit dei capi di stato che si @ tenuto in occasione della riunione dell’Assemblea generale nel settembre 2005. Il documento magnifica il pericolo terrorista, come minaccia unica ¢ centrale per il divenire dell’umanita. Esso ha inoltre giustificato le due grandi guerre calde dopo la guerra fredda (Afghanistan e Iraq) e ha anche imposto delle restrizioni alle liberta individuali (soprattutto negli Stati Uniti) poco compatibili con i progressi conseguiti nell’ambito della protezione di tali liberta attraverso lo sviluppo delle concezioni dello stato di diritto in Occidente. Il documento ha cristallizzato una certa islamofobia diffusa un po’ ovunque nel mondo e ha esacerbato le tensioni identitarie nelle societd monoteiste musulmane, cristiane ed ebraiche. Infatti, gli osservatori chiamati a testimoniare o a spiegare i conflitti sui media sono coloro che si prestano volentieri all’esercizio del nuovo gergo, attraverso il quale alcuni conflitti sono abusivamente semplificati, al fine di mantenere una certa opinione pubblica favorevole al proseguimento del conflitto. Gli altri conflitti sono per lo pid sminuiti o ridicolizzati attraverso tecniche dintimidazione intellettuale usate dagli stessi conduttori mediatici. Ci si deve d’altra parte interrogare sul fatto che, nonostante le proteste di massa contro l’invasione dell’Iraq nel 2003 — proteste che hanno mobilitato milioni di europei per molti mesi — e nonostante il fallimento totale di questa invasione, non c’é stata alcuna revisione delle politiche implementate, mentre questo conflitto & stato rapidamente banalizzato ¢ infine metabolizzato come ineluttabile. Si tratta di un fatto straordinario che pone domande cruciali sul funzionamento della democrazia postmoderna. L’assenza di un anticolonialismo sano ¢ democratico oggi contrasta con Pincredibile efficacia avuta in passato, al tempo delle guerte di decolonizzazione o della guerra del Vietnam. E, dunque, indispensabile a mio avviso interrogarsi su questo fenomeno, perche il futuro del mondo dipende ampiamente da un risveglio nelle grandi democrazie affinché si metta fine alle avventure militari estere che i loro governi intraprendono nel nome stesso della democrazia e dei suoi valori. Per questo, é importante ritornare alle tecniche analitiche della politologia classica, che ho definito «profana», in opposizione alle analisi fondate su presunti problemi di civilta ¢ di differenze valoriali, con tutto il linguaggio cmozionale che queste pscudo-analisi si trascinano dietro. Ritornare alle tecniche di una politologia profana e multifattoriale dei conflitti Una politologia profana dei conflitti deve passare in rassegna tutti i fattori che hanno potenzialmente dato origine al conflitto. E cid che possiamo definire analisi_ multifattoriale, che declina le cause demografiche, geografiche, economiche, politiche, storiche, ideologiche ¢ culturali che hanno strutturato un conflitto. I! complesso di questi fattori era un tempo preso in considerazione dalle analisi che si fondavano su una politologia classica, ancora non infestata dai fenomeni del ritorno del religioso che tratterd nel capitolo successivo. Nell’identificazione di questi fattori, il religioso o l’etnico, o quelli che consideriamo pid generalmente «valori», non sono che il sottoprodotto di uno tali guerre accettabili, torna utile descrivere questi barbari con i tratti pit oscuri, accusarli di tutte le infamie e mobilitare contro di loro la «comunita internazionale». La demografia ha anche una relazione diretta con l’economia ¢ le risorse disponibili. Una distribuzione assai diseguale delle risorse in una societa in piena espansione demografica crea le condizioni per innescare un conflitto interno, che i dirigenti possono dunque tentare di prevenire trasformando questo in conflitto esterno o inviando i propri giovani a combattere in altri conflitti che non li riguardano. E cid che, per esempio, l’Arabia Saudita ha fatto, inviando combattenti - i cosiddetti «jihadisti» - a battersi in Afghanistan contro ’esercito russo, in Bosnia, in Kosovo, in Cecenia, in Somalia e in altri lnoghi. L’Arabia Saudita ha, inoltre, seminato i germi di conflitti futuri, ma la sua azione era allora considerata benefica ¢ utile da parte degli Stati Uniti e dei governi occidentali, esclusivamente preoccupati della lotta contro I’urss ma poco scrupolosi riguardo ai mezzi impiegati per realizzarla. Questo esempio é particolarmente significativo, dal momento che sara proprio il figlio di un ricchissimo uomo d’affari saudita (Bin Laden) a diventare l’eroe futuro del «pericolo islamico». ll fattore economico come causa principale dei conflitti Le cause economiche sono oggi quelle meno analizzate, dopo che l’ideologia marxista ha per lungo tempo contribuito a sopravvalutarle a discapito di altri fattori di conflitto. Nonostante cid, nel mondo globalizzato nel quale viviamo, quello economico é incontestabilmente il fattore principale dei conflitti, com’e daltronde sempre avvenuto nella storia. Mettere le mani su risorse e ricchezze materiali, controllare vie commerciali ¢ crocevia strategici, appropriarsi di rendite economiche di varie fonti: ecco alcune delle cause pit frequenti ¢ banali di guerre ¢ conflitti, quelle che hanno mosso i grandi imperi ¢ le nazioni pid potenti nel corso della storia. La democrazia di cui andiamo orgogliosi si é spesso adattata a queste guerre e le ha, anzi, spesso giustificate in nome del progresso e della civilta. La teoria del «dolce commercio» proposta da Montesquieu e dai liberali inglesi non é stata altro che un rivestimento dell’imperialismo economico che caratterizza la vita delle nazioni. Ben lungi dall’addolcire i costumi, il commercio implica spesso la rapina ¢ la guerra. E importante avere il coraggio di riconoscerlo. Inoltre, quando si tratta di prodotti strategici da un punto di vista militare o di prodotti divenuti ingredient essenziali della prosperita economica e del tenore di vita, nessuna debolezza & concessa e ogni guerra deve essere condotta e legittimata. La storia contemporanea dei conflitti del Medio Oriente, per esempio, pud essere Jetta quasi esclusivamente sul registro delle cause economiche, per la presenza in questa regione del mondo di petrolio ¢ gas, risorse energetiche fondamentali per la prosperita ¢ la forza militare globale. Le altre cause evocate diventano in questo caso solo una copertura per i aif; Nella crescente ostilita verso la Cina, si pud ben vedere quanto la paura di un accaparramento delle risorse da parte di questo gigante demografico — ¢ ormai anche economico ~ giochi un ruolo cruciale. A lungo espressa sulla cifra della difesa dei diritti dell’uomo violati dal regime cinese, questa ostilita é sempre pit: manifesta in ambito economico, dove la Cina é accusata di accaparrarsi le risorse naturali dell’Africa o di essere il paese che inquina di pid. Riconoscere l’importanza della geografia La geografia é un altro fattore esplicativo dei conflitti, ampiamente trascurato, nonostante continuiamo a definire i conflitti quanto in quella del diritto delle nazioni all’esistenza sovrana ed eguale all’interno dell’ordine internazionale, pitt si prende atto di un impoverimento del pensiero religioso che diventa aggressivo ¢ rigido, oltre che della radicalizzazione dei discorsi politici che si servono di valori religiosi 0 pseudoreligiosi, in particolare quelli «giudaico-cristiani> da un lato e quello «islamista» dall’altro, Una visione binaria ed esplosiva del mondo si mette in pratica, annunciando violenze ancora pitt grandi. Queste ultime non sono altro che Lespressione delle gravi crisi di legittimita che colpiscono in modo particolarmente violento le societa monoteiste. Nell’ordine interno di queste societa assistiamo al medesimo ricorso al religioso. Il fenomeno é ben piti visibile nelle societ anticamente comuniste (Russia, Europa dell’Est, Balcani) ¢ nelle societi del Terzo Mondo che hanno praticato un laicismo di tipo socialisteggiante (Indonesia, Egitto, Siria, Iraq, Turchia ecc.). I nuovi poteri in carica prodotti dall’ondata di democratizzazione a seguito della caduta dell’urss pagano cospicuamente tributo alla religione. Nelle societa musulmane, sia per celare la corruzione generalizzata sia per continuare a soffocare le forme libere e critiche del pensiero, o ancora per via della radicalizzazione religiosa delle opposizioni pacifiche 0 violente praticate dai diversi movimenti fondamentalisti, i governi stessi incoraggiano interpretazioni rigide ¢ letterali dei testi religiosi, mentre i loro responsabili predicano una religione di apparato continuo. Lo stesso abito femminile diventa un problema della societa e un imponente simbolo politico-religioso. Le comunita di migranti musulmani nei paesi occidentali sono colpite da questo fenomeno che, d’altra parte, tocca anche certe comunita ebraiche — le quali ostentano in ogni modo i loro simboli religiosi ¢ il loro attaccamento alla difesa incondizionata della politica israeliana di fronte ai palestinesi e agli altri popoli del Medio Oriente. Nei paesi occidentali ricchi, gli effetti della globalizzazione economica e la dei diritti stessi da parte delle potenze democratiche. L’umanesimo non sarebbe teoricamente in grado di accettare che i grandi principi del rispetto dei diritti dell’'uomo e¢ della democrazia vengano sistematicamente oltraggiati dalla strumentalizzazione della geopolitica mondiale ¢ dalla manipolazione del sistema internazionale. Il modo migliore per rafforzare i valori democratici il rispetto dei diritti dell’uomo su scala mondiale non & forse — e prima di tutto — il rispetto di questi principi nella gestione degli affari internazionali? Le lezioni della morale democratica che alcuni stati occidentali intendono dare a chi & ancora vittima del sottosviluppo materiale e dell’autoritarismo politico non possono che rassicurare le forze d’opposizione alla democrazia ¢ al liberalismo. Oggi pitt che mai un contratto economico importante, la garanzia di una base militare, un gesto spettacolare di apertura verso lo stato d’Isracle mettono subitamente a tacere le lezioni di morale, accolte sempre peggio dalle opinioni politiche dei paesi interessati, le quali si conciliano addirittura meglio con l’ipocrisia dei loro stessi dirigenti che con quella dei governi occidentali moralizzatori. Tentare di far rivivere lo spitito umanista ¢ universalist, che presiedette alla costituzione della Societi delle Nazioni pit che a quella dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, non potra affatto realizzarsi nel modo in cui hanno inteso Tex primo ministro spagnolo Jos¢ Luis Zapatero o lex presidente iraniano Mohammad Khatami, sostenitori di un’«alleanza di civilta» o un «dialogo di culture» o di religioni, per contrastare l’ideologia dello scontro di civilta. In effetti, questa postura intellettuale ¢ eco che ha prodotto alle Nazioni Unite non fanno che confermare la validita della tesi hungtingtoniana, dal momento che il postulato implicito dei suoi sostenitori ¢ che le civilta, nelle loro traduzioni culturali o religiose, sono la causa delle guerre ¢ dei conflitti. Non esisterebbero, dunque, per costoro le cause profane passate in rassegna nel capitolo precedente, ma unicamente cause culturali, etniche o religiose, dunque legate alla civilea. Non converrebbe a questo punto avere il coraggio di attaccare pid direttamente i teorici di questa guerra c i governi che si lasciano trascinare nelle differenti forme di retorica che ne derivano? La violenza terroristica ¢ certamente sovversiva ¢ nichilista e deve essere combattuta. Cid nonostante, non si tratta affatto di una guerra, come vorrebbero far credere il coinvolgimento del fortissimo esercito americano e degli stati alleati nella struttura militare della NATO; perché li, in casa del nemico, ci sono solo giovani nichilisti, pronti a sactificare la loro vita come hanno sempre fatto i terroristi in ogni tempo e¢ in ogni luogo. I loro atti di crudelta esprimono un malessere profondo dalle cause multiple ¢ complesse. Si tratta, in generale, di una combinazione di fattori interni ed esterni: l’evoluzione della geopolitica internazionale che si sovrappone a situazioni locali di putrefazione e disintegrazione sociale o di paralisi dei sistemi politici. A parte il caso del governo dei talebani in Afghanistan che ha dato asilo a Bin Laden ~ governo in origine sostenuto ¢ galvanizzato dagli Stati Uniti e dai suoi due principali alleati musulmani, I’Arabia Saudia e il Pakistan - nessuno stato, musulmano 0 non, sostiene le cellule terroriste che seminano atroce violenza tanto nei paesi occidentali quanto, se non addirittura di p musulmani. In quest’ambito, dunque, le nozioni di guerra, alleanza o dialogo di civilta sono del tutto fuori luogo. E per questo necessario esigere che il palco della geopolitica internazionale divenga spazio repubblicano nel senso forte del termine, da cui siano cioe bandite tutte le messe in scena identitarie e il ricorso al religioso. Si é mai prestato attenzione, al tempo della lotta contro il terrorismo di ¢strema sinistra, all’importanza dei testi che invocano la legittimita del marxismo alPorigine di questi movimenti? Allora perché oggi bisogna prendere tanto seriamente i testi ornati dei versetti coranici di cui si servono i terroristi che si mettono sotto la bandiera dell’Islam? Non é [anal che é@ importante nella lotta contro la violenza terroristica ma quella del malessere che questa esprime. Inoltre, questi fenomeni hanno delle caratteristiche ¢ delle specificita assolutamente differenti a seconda del luogo ¢ del contesto socio-politico nel quale si sviluppano. Un attentato terroristico a Riyad in Arabia Saudita ha una natura assolutamente diversa rispetto a un attentato a Tel Aviv 0 contro i coloni israeliani, a sua volta diferente da un attentato contro un commissariato di polizia in Iraq; quest’ultimo sara ancora diverso da un attentato a Madrid o a Londra. Non ammettere queste constatazioni di buon senso significa evidentemente giocare alla maniera dei teorici di una guerra tra la NATO ¢ l’organizzazione nebulosa ed evasiva, seppur , nei paesi della struttura ideologica esistente, di al-Qaeda; e significa partecipare al mantenimento e all’estensione dell attuale status quo che angoscia P'umanita intera. Solo la rinascita dello spirito repubblicano nel mondo pud mettere fine a questa crisi della modernita che non smette di produrre conseguenze. La crisi della modernita ¢ ben lungi dall’avere esaurito la sua capacita di produrre un insieme di valori umanistici e universalizzanti per il poco che pud ritrovarsi di questo spirito nella filosofia occidentale di oggi, detta postmoderna. Bisogna denunciare Papproccio perverso sostenuto dai neoconservatori che concilia, da un lato, la primazia della legge divina, la cui massima espressione & I'amore per Isracle ¢ Pestensione delle colonie a danno del diritto positivo internazionale, e, dall’altro, il liberalismo dei diritti dell’uomo elevato a dogma di geopolitica internazionale ¢ imposto con il ferro ¢ con la spada dalla repubblica imperiale americana, oltretutto in linea con la vecchia tradizione europea di conquiste coloniali dal xv1 al xx secolo. Gli Stati Uniti intendono rigenerare l’Occidente decadente ¢ insicuro di sé, in una tradizione dalle sfumature affascinanti ma oltremodo incerta. Questa tradizione sostanzia il tema della guerra di civiltd, che a sua volta diventa quella perversa fantasia materializzatasi sotto i nostri occhi. Cosi come, nell’Oriente musulmano, il comportamento occidentale fornisce _ costantemente argomentazioni ai promotori del fanatismo di civilta arabo-musulmano, che si oppongono a quello del blocco euro-atlantico, che si autodefinisce giudaico- cristiano. Di fronte a questa situazione, si dovrebbe rivisitare il famoso motto che Marx formuld per la classe operaia e dire: «Repubblicani di tutto il mondo, unitevi!». 4 Georges Corm, Orient-Occident. La fracture imaginaire, cit. 45 Si veda Georges Corm, Contribution & l'étude des sociétés mutlticonfessionnelles, iv}, Paris 1971 (riedito con il titolo Histoire du pluralisme religieux dans le Bassin méditerranéen, Geuthner, Paris 1998). +6 Si veda Ernst Nolte, La guerra civile europea, 1917-1945, Nazionalsocialismo e bolscevismo, Rizzoli, Milano 2004. 2 Si veda Georges Corm, L’Europe et le Mythe de UOccident, cit. +8 Su questo scontro che ormai dura da pitt di un secolo si veda Zeev Stermhell, Les Anti-Lumieres, Fayard, Paris 2006, e Antoine Compagnon, Les Antimodernes. De Joseph de Maistre & Roland Barthes, Gallimard, Paris 2005. +2 Hannah Arends, Sulla rivoluzione, Einaudi, Torino 2006. 221] wahhabismo é l’ideologia di stato del regno saudita. Si tratta di una forma estrema di Islam, a lungo rifiutata dalla maggior parte delle autorita religiose musulmane (vi si ritornerd nel capitolo terzo). Sul wahhabismo, si veda l'opera classica di Henri Laoust, Les Schismes dans Lislam. Introduction a une étude de la religion musulmane, Payot, Paris 1965 (tr. it. Gli scismi nell’Islam. Introduzione ad uno studio della religione musulmana, ¥ciG, Genova 2002). Capitolo terzo Religione e geopolitica: una relazione perversa Intendiamo per geopolitica la descrizione ¢ lanalisi delle diverse azioni che lerio di uno stato o di un governo ~ espresso apertamente 0 indirettamente - di proiettare o espandere la sua potenza nell’ordine internazionale, a cominciare dagli stati geograficamente prossimi fino a esercitare una crescente influenza sulle altre zone del mondo. traducono il desi La strumentalizzazione della religione, strumento di potenza La potenza pud definirsi attraverso la soddisfazione dei propri interessi materiali, come imposizione di un commercio asimmetricamente vantaggioso, lo sfruttamento diretto o indiretto delle ricchezze materiali delle altre nazioni, cosi come delle loro risorse umane. Per soddisfare cid, lo stato potente deve anche imporre le proprie condizioni politiche, spesso militarmente, sugli stati che riesce a sottomettere alla sua influenza e al suo dominio. In questa ricerca di potenza, é estremamente vantaggioso strumentalizzare le religioni e rari sono gli stati potenti che hanno rinunciato a farlo. La creazione di affinita confessionali transnazionali ¢ listituzione di centri di potere religioso ordinati in una gerarchia, ufficiale oppure ufficiosamente diffusa, il cui fulcro @ in seno allo stato dominante, sono strumenti privilegiati della potenza. Passeremo qui in rassegna le differenti forme di strumentalizzazione della religione proprie delle varie ambizioni di potenza che si manifestano regolarmente nella storia. Come vedremo, queste forme sono dipendenti dalla natura mutevole delle credenze rispetto alle interpretazioni divergenti dei testi ¢ alle modalit’ @interpretazione letterale o simbolica, ma anche dal periodo storico e dalle loro caratteristiche riguardanti le relazioni tra nazioni, stati ¢ strutture imperiali. La religione ¢ anche strumento per esercitare un controllo domestico su una societi oltre che per estendere influenza ed egemonia o, in altri termini, dominare su altre societa. Piit Puso esterno della religione sara forte, pitt ¢sso dovra essere radicato nell’ordine interno. Ma la relazione pud strutturarsi anche in senso inverso: dittatori che invocano valori o dogmi religiosi per legittimare il loro potere interno possono lanciare guerre all’esterno per consolidare questo potere. Avevamo creduto di esserci sbarazzati di questa strumentalizzazione del religioso una volta che il progresso della liberta di coscienza era stato acquisito grazie al Rinascimento curopeo, alla filosofia dei Lumi ¢ all’estensione dei principi repubblicani 4 da frangaise in tutto il mondo. Questo sentimento era stato poi rafforzato dalla scomparsa del califfato musulmano, sancita dal crollo dell’impero ottomano all’inizio del xx secolo, dalla rinascita delle lettere e delle arti presso gli arabi e dall’opera immensa di grandi riformatori religiosi musulmani tra il 1820 ¢ il 1950. Pluralismo pagano ed esclusivismo monoteista Nella mia ricerca dottorale ho messo in evidenza le conseguenze dell’avvento ¢ dell’affermazione del monoteismo nel mondo pagano antico del Vicino Oriente ¢ dell’Europa, Le conclusioni di questo lavoro mostrano che, mentre le strutture teologiche del paganesimo si prestano facilmente a essere integrate nel pantheon ufficiale del popolo dominante (é il caso delle divinita dei popoli vinti, conquistati o entrati nell’orbita di una potenza imperiale), la struttura teologica del monoteismo non consente compromessi. II credo in un unico dio non permette infatti matrimoni, alleanze e sincretismi di tipo politeista tra dei a cui popoli diversi rendono omaggio. Le pagine dell’ Antico Testamento sono, d’altra parte, ricche di racconti epici sul ricorso al favore del dio nelle guerre di conquista o di resistenza all’invasore. E qui che appare la nozione di guerra santa, come quella del dovere di sterminare i politeisti che non adorano il dio unico. II cristianesimo primitivo eliminera, a dire il vero, la distinzione tra giudei ¢ gentili, greci ¢ barbari, dunque rifiutando questo aspetto violento dell’Antico Testamento. Tuttavia, non appena istituita nell’ordine politico del tv secolo, questa religione d’amore e pacifismo, cosi come predicata da Cristo, ricade nelPesclusivismo religioso e nell’imposizione del dogma attraverso la forza della legge. Sono gli episodi dell’Antico Testamento che ci hanno fornito la matrice basilare della teocrazia: il governo dei giudici o dei dottori della legge, garanti della rigida applicazione della legge divina, o del re che incarna la legittimita religiosa dello stato. Certo, il paganesimo degli antichi egizi o babilonesi aveva usato la religione allinterno dell’ordine del potere politico. I faraoni o i grandi re accadici, babilonesi e sumeri, erano essi stessi divinizzati o considerati eletti degli dei, cosi come sara poi l'imperatore romano. I religiosi potevano svolgere un ruolo importante nella macchina del potere e soprattutto nelle cerimonie pubbliche. Ma le religioni del Libro, in maniera ben piit sinistra, potranno anche servire da strumenti del potere interno e di conquista di altri popoli, in nome della religione e della salvezza dell’umanita. Il «Libro» rappresenta, infatti, la parola del Dio unico, il suo comandamento agli uomini perché il bene ¢ la giustizia regnino. Opporsi a questo significa contestare l’ordine costituito del mondo yoluto dal suo creatore, il Dio unico. Inoltre, il potere che pretende di imporre Yordine nel nome del «Libro» — Antico Testamento, Vangeli 0 Corano — trova il mezzo di controllare gli spiriti e dominarli. I primi scritti dei commentatori del Libro o dei libri sacri, oltre alla storia dei comportamenti dei grandi profeti ¢ delle primarie forme di governo in nome della religione, diventano referenza obbligata per costituire lo stato e la classe dirigente con a capo un dittatore senza pieta, che regna in nome di Dio, dei testi sacri e dei valori posti a fondamento della societa. Certo, i tre monoteismi hanno avuto percorsi diversi. Ogni potere sostenuto dall’cbraismo & scomparso durante i secoli, debellato dall’ascesa dell’impero romano, successivamente dall’emergere dell’ordine cristiano in Oriente sotto il potere degli imperatori di Bisanzio ¢ in Occidente con Roma e l’istituzione della chiesa, potenza spirituale con la vocazione di regolamentare tutti i poteri temporali. L'slam, ultimo nato dei monoteismi, avra un’attitudine meno esclusiva dei primi due, L’Islam riconosce, infatti, tra i profeti, da Abramo a Cristo, i suoi propri antenati e garantisce alle «genti del Libro» la libera professione del proprio culto se esse non mostrano ostilita nei confronti della nuova religione. Quest’ultima ha il compito di portare a compimento l’avventura monoteista iniziata da Abramo, da cui deriva la designazione di «religione di Abramo» talvolta attribuita al monoteismo. II potere cristiano a Bisanzio o a Roma non avra una visione tale da permettergli di accettare l’esistenza degli ebrei e dei musulmani in seno al loro territorio senza vessarli ¢ perseguitarli per spingerli poi ad abbracciare la «vera fede», Ricordiamo, infatti, che i due primi monoteismi, ebraico ¢ cristiano, non si riconosceranno reciprocamente, né riconosceranno il terzo, I’Islam. Si pud anche affermare, d’altra parte, che una religione é cid che gli uomini ne fanno. In questa prospettiva, la religione non é mai un blocco immobile di pratiche, dogmi, rituali ed esegesi dei testi sacri, fissi per sempre. In particolare, T'Tslam ¢ il cristianesimo hanno conosciuto innumerevoli metamorfosi, senza menzionare gli scismi multipli che li hanno colpiti ¢ che hanno prodotto modi differenti di credere e praticare. Inoltre, il cristianesimo dei primi secoli 2 del tutto diverso da quello del papismo e della concentrazione di potere; allo stesso tempo, il susseguirsi delle rivolte contro la chiesa di Roma ha prodotto pratiche e chiese nuove, assai diverse da quelle del cattolicesimo romano o delle chiese ortodosse orientali, greche, siriache ¢ slave. Lo stesso avviene nell’Islam, dove la liberta di esegesi del testo coranico ha prima di tutto prodotto una fioritura di interpretazioni, scuole filosofico-mistiche e pratiche nuove. Questa liberta resiste fino al xu secolo, quando i conquistatori turchi si sforzeranno di regnare, imponendo um‘interpretazione unica ed esclusiva della parola coranica (detta della suzna). Tuttavia, le diverse forme di Islam persistono ancora oggi, nonostante le repressioni che si sono abbattute sui loro adepti in diverse epoche storiche. Ma come il cristianesimo, I’Islam della fine del xx secolo é del tutto differente da quello dell’inizio, ¢ nel xx1 secolo sperimentiamo ancora nuove forme rigoriste, puritane ¢ radicali di Islam sconosciute solo qualche decennio fa. Queste metamorfosi della pratica dell'Islam possono essere attribuite a fattori di potenza geopolitica e facilitate da un mutamento brutale delle strutture socio-politiche all’interno del mondo arabo, su cui torneremo a breve. Anche l’ebraismo non ha mancato di esprimersi sotto forme assai differenti, a seconda delle epoche storiche ¢ dei luoghi geografici in cui si é instaurato. D’altra parte si dimentica troppo sovente che la storia delle comunita giudaiche non si limita agli eventi tragici e mostruosi che esse hanno subito in Europa nella particolare congiuntura del xx secolo, Numerose comunita giudaiche hanno vissuto fuori dall’Europa, pit specificamente in Medio Oriente, senza subire cid che hanno subito le comunita europee. Inoltre, se esiste un archetipo biblico che perdura ancora oggi nei fondali dell’inconscio collettivo delle societa monoteiste, non si deve dimenticare che il funzionamento di tale archetipo si traduce in modo assai differente in queste societa, in funzione delle epoche storiche e delle caratteristiche dei contesti geografici socio-economici nei quali si espleta. L’archetipo biblico, in maniera esplicita o implicita, si manifesta nella cristallizzazione di un paradigma permanente ed emblematico dell’inconscio collettivo. Come abbiamo gia evocato, questo paradigma pud riassumersi nella credenza nell’esistenza di un popolo eccezionale eletto da Dio (0 dal destino storico) che si realizza all’interno di questo popolo di profeti (grandi conquistatori o grandi filosofi), i quali lo chiamano a portare a termine una missione mistica ¢ religiosa (0 civilizzatrice) per salvare ’'umanita. Larchetipo pud adattarsi a tutte le ambizioni di potenza degli uomini ¢ dei conquistatori. Abbiamo dimostrato in un altro saggio quanto sia durata I’onda di secolarizzazione lanciata dalle rivolte protestanti e dalla laicita repubblicana di matrice francese2!, Questa si é, infatti, perpetuata nei messianismi dei grandi ¢ arroganti nazionalismi europei, nella missione civilizzatrice che essi si sono attribuiti per legittimare la colonizzazione degli altri popoli ¢, infine, nelle ideologie messianiche come il marxismo, per il quale il proletariato & Pequivalente del «popolo cletto» ¢ Marx principale profeta, ma anche nei totalitarismi politici ¢ militari europei del xx secolo. In realta, la matrice di questi totalitarismi ideologici 0 politici ¢ assolutamente plasmata dall’archetipo biblico che si secolarizza nella forma, ma non nelle sue modalita di funzionamento, che infatti finiscono per essere marcate dalla pulsione messianica conquistatrice. La rivolta protestante, se é vero che indebolisce la potenza della chiesa romana, va anche verso un ritorno alle fonti dei modelli di potere teocratico cristallizzati nel Vecchio Testamento. Da un lato, le guerre di religione tra cattolici e protestanti producono il principio abominevole cuius regio, eius religio, in virtt del quale i sudditi di un principe devono necessariamente seguire la religione del loro sovrano o lasciare la loro dimora ancestrale. Il fine era quello di annullare i progressi dello spirito di tolleranza post-rinascimentale e rifiutare nuovamente la liberta di coscienza e la diversita religiosa. Dall’altro, il luteranesimo, seppur rispettando il potere politico laico, lo obliga a imporre a tutti i sudditi le prescrizioni contenute nelle Scritture. II calvinismo, per parte sua, istituisce una teocrazia assoluta e un regno di terrore in nome della religione, che ricorda i contemporanei regimi dittatoriali che governano alcune societ musulmane nel nome del rispetto della religione=4, Il trionfo effimero della laicita nell’ordine internazionale del xx secolo E bene ricordare come il xx secolo appaia retrospettivamente il secolo del trionfo della laicita, in cui si espande un internazionalismo di tipo cosmopolita, teorizzato da Immanuel Kant, attraverso la costituzione della Societa delle Nazioni, la nascita dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, la condanna del colonialismo ¢ la sua liquidazione; ¢ anche il secolo in cui scoppiano fuori dall’Europa rivoluzioni moderniste e repubblicane che scardinano ovunque le vecchie strutture socio-politiche e la loro legittimazione ottenuta attraverso dogmi e ideologie religiose ¢ conservatrici; &, inoltre, il secolo in cui Pultimo califfato musulmano, quello dei turchi ottomani, viene definitivamente abolito; é, ancora, fino agli anni Setanta, il secolo del riformismo musulmano che attrae numerosi adepti ¢ avvia una liberazione progressiva della donna, che in certi paesi ottiene il diritto di voto ancor prima che nei paesi europe; @, infine, il secolo in cui la maggior parte degli stati musulmani abbandona i sistemi d’insegnamento consacrati allo studio del Corano ¢ delle giurisprudenze religiose (la Shari‘2), rimpiazzandoli con sistemi moderni; é anche il secolo in cui crolla la monarchia cinese dell’imperatore del cielo, mentre in India le fondamenta di una repubblica laica e federale sono gettate sulle rovine dell’antico e decadente impero dei Moghul, soppresso per mano del colonialismo britannico; é poi il secolo in cui i paesi nuovamente indipendenti dai loro patroni coloniali si uniscono nel cosiddetto Movimento dei Non Allineati, che non rivendica alcuna identita religiosa, ma unicamente il diritto a essere indipendente dalle due grandi potenze (Purss e gli Stati Uni dei rappresentanti di questo movimento, in particolare Tito in Jugoslavia, Nehru in India ¢ Nasser in Egitto, ai quali possiamo accostare il presidente indonesiano Sukarno, @ del tutto profano. Questi grandi leader non utilizzano infatti argomentazioni culturaliste ¢ religiose per opporsi ai giochi della geopolitica regionale nei quali si tenta di imbrigliarli. ) in competizione per il dominio mondiale, II vocabolario Anche in Europa, che si definisce per le sue radici greco-romane e dunque di natura laica, il linguaggio religioso ¢ la confusione dei valori politici con i valori religiosi non sono affatto pilastri dell’epoca. Gli Stati Uniti di Eisenhower, Nixon, Kennedy 0 Johnson non danno segni di particolare fervore religioso. II generale de Gaulle in Francia o Konrad Adenauer in Germania non invocano valori religiosi. De Gaulle si opporri con coraggio al dominio mondiale americano ¢ comincera la decolonizzazione dell’Algeria. I grandi_ movimenti studenteschi curopei ¢ americani degli anni Sessanta sono tutti pacifici, anti- imperialistic laici. E interessante anche apprezzare come il mondo abbia potuto virare nello spazio di pochi e brevi decenni da una geopolitica scevra di invocazioni ai valori religiosi, alle civilta e alle culture verso un mondo in cui i dirigenti politici di grandi e piccole potenze fanno continuo riferimento al loro rapporto con Dio, al loro attaccamento ai valori religiosi ¢ alle civilta transnazionali, pit immaginarie che reali. | cinque grandi avvenimenti che hanno precluso il trionfo della visione laica del mondo Dictro la sua apparenza laica, l’evoluzione del mondo del xx secolo & stata segnata da avvenimenti ¢ cambiamenti passati inosservati nell’epoca in cui si sono manifestati, o le cui conseguenze future sul piano di una strumentalizzazione delle religioni monoteiste non sono state percepite. In particolare, cinque di questi avvenimenti che marcano la storia del xx secolo meritano di essere menzionati. Le loro conseguenze sismiche si fanno ancora sentire in una geopolitica in cui la legittimazione degli atti di potenza e di violenza ha una matrice sempre pit valoriale, simbolica, dogmatico-religiosa. Questi atti sono interpretati dagli uomini di potere ricorrendo a una sorprendente interpretazione letterale dei testi delle tre rivelazioni monoteiste, mentre sia nell’ebraismo che nel cristianesimo ¢ nell’Islam si era in diritto di pensare che la liberta di coscienza, la liberta di interpretazione delle rivelazioni monoteiste successive € soprattutto la simbolica dei loro testi fossero state definitivamente acquisite. I successo del wahhabismo saudita nell’lslam Il primo di questi avvenimenti é il successo della rivoluzione fondamentalista e puritana dell’Islam portata avanti da una piccola tribu araba beduina del centro della penisola arabica, nel Najd. Questa rivoluzione conquistatrice trionfd nel 1924 con la conquista manu militari della Mecca nell’Hijaz, risultato delPalleanza tra la sciabola ¢ il turbante: la sciabola é quella di una famiglia, i Sa’ud; il turbante é quello dei discendenti del predicatore Mohammed Ibn Abd al-Wahhab, fondatore di una versione assai puritana e severa della pratica dell’'Islam, il wahhabismo. Fin dalla fine del xvur secolo questa alleanza aveva tentato, a lungo ¢ invano, di riunificare i musulmani sotto la sua egida ¢ creare una teocrazia in cui solo il testo coranico svolgesse le funzioni della costituzione. Il contesto turbolento della fine della prima guerra mondiale ¢ gli intrighi della diplomazia britannica per dominare il mondo arabo creano le circostanze favorevoli perché questa congiunta presa di potere si realizzi24, Il regno dell’Arabia Saudita prende definitivamente forma ed @_ riconosciuto internazionalmente tra il 1925 ¢ il 1930. Viene creata anche una polizia religiosa che fa da supporto al potere assoluto dei Sa’ud, protegge i buoni costumi, si assicura che tutti vadano a pregare cinque volte al giorno, controlla che le donne portino il velo integrale ¢ le isola del tutto dal mondo degli uomini. L’Arabia Saudita, fin dalla sua nascita, ¢ uno stato la cui ideologia é esclusivamente religiosa e il cui fine é quello di combattere l’ateismo, soprattutto marxista e sovietico2*!, Questa ideologia ha Pobiettivo di frenare la modernizzazione del regno € del suo entourage di paesi vicini e si propone di combattere il riformismo musulmano che ha aperto la strada al progresso ¢ allo sviluppo economico ¢ sociale delle societa arabe. Oltre ai sovietici, il nemico principale del regno é il nazionalismo arabo laico, perché nella sua ideologia il solo nazionalismo possibile é quello che s'identifica con la coscienza della solidaricta ¢ dell’unita di tutti i musulmani (la uma nel senso religioso del termine). Prima ancora che I’Arabia Saudita diventasse un gigante petrolifero qualche decennio dopo, un tale programma non poteva che trovare l’assenso delle grandi potenze europee dell’epoca, anch’esse antisovietiche ¢ ostili a tutte le forme di nazionalismo modernista e anticolonialista. La secessione dei musulmani dell’India Il secondo avvenimento interviene qualche anno pit tardi, quando le élite musulmane dell’India vorranno a tutti i costi la secessione dall’Unione Indiana per formare uno stato separato fondato sullidentita religiosa. La mano del colonialismo britannico non é probabilmente estranea alla catalizzazione di questo slancio, dal momento che i dirigenti indiani non musulmani, in particolare Nehru e Gandhi, non risparmiano alcun tentativo per rassicurare i loro concittadini musulmani. In un bagno di sangue, la secessione si materializza nel 1947, battezzando lo stato del Pakistan (stato dei «puri»), che raggruppa musulmani dalle origini etniche pit: diverse. Nel 1970 i bengalesi ottengono a loro volta la secessione, anche in questo caso attraverso una guerra sanguinosa, creando il Bangladesh: prova che il legame religioso non é sufficiente a formare una nazione coerente. I Pakistan, dopo il colpo militare del generale Zia-ul-Hag nel 1977, applica la sharz’a islamica con supremo rigore e diventa uno dei principali alleati degli Stati Uniti ¢ dell’Arabia Saudita, mantenendo un sistema dinsegnamento coranico che predica il jihad e che formera numerosi combattenti armati di questa ideologia per combattere l'Unione Sovietica dopo che questa invade I’ Afghanistan. II Pakistan sviluppa anche l’arma atomica senza che questo gli valga la minima sanzione da parte degli Stati Uniti e degli altri paesi occidentali!““!, Oggi il Pakistan @ uno stato sull’orlo del collasso, ma anche un alleato cruciale dei paesi occidentali, esattamente come I’ Arabia Saudita. La comunita delle nazioni riunite nell’ Organizzazione delle Nazioni Unite, il cui discorso resta laico, senza riferimenti a valori religiosi ma facente appello alla liberta di coscienza e di culto come liberta essenziale dell’uomo, ha riconosciuto senza difficolta lo stato del Pakistan ¢, successivamente, il suo governo islamista radicale sorto dal colpo di stato del luglio 1977. E vero che anche la spn aveva riconosciuto il regno saudita senza alcuna difficolta ¢ le differenti commissioni per i diritti dell’uomo non sembravano preoccupate per lo stato della liberta di coscienza e dei diritti dell’'uomo e della donna in questi due paesi, la cui legittimita statale si fonda su una concezione rigida e un’interpretazione letterale di un testo religioso. Il sionismo e la creazione dello stato di Israele Il terzo avvenimento é quello della costituzione dello stato di Israele, il 14 maggio 1948, la cui genesi ¢ anteriore a quella dei due casi precedenti. Gia all’inizio del xx secolo c’era infatti un precedente importante in materia di riconoscimento di nuovi stati edificati su base religiosa. Si tratta dellinscrizione del testo del mandato sulla Palestina accordato dalla spn alla Gran Bretagna nel 1922 per legittimare l’occupazione coloniale di questo paese, ¢ dell’obbligo imposto alla potenza mandataria di dar vita a un «nucleo nazionale ebraico» in Palestina. Questo testo riprende il contenuto della famosa «dichiarazione» di Lord. Arthur Balfour nel 1917, con cui il ministro degli Affari esteri britannico prometteva a un tal Lord Rothschild di mettersi all’opera per creare questo nucleo, gid nei fatti uno stato a livello embrionale. La storia del sionismo é troppo lunga per essere riportata in questa sede. Diremo semplicemente, in forma riassuntiva, che l’ideologia nazionalista ebraica, nata nei circoli intellettuali viennesi della fine del x1x secolo, ¢ prodotto dell’era dei nazionalismi europei, del socialismo ¢ dell’antisemitismo. L’unione di ebrei di differenti culture ¢ nazionalita europee in uno stato-nazione é considerata dai fondatori del movimento come il solo rimedio possibile al fervente antisemitismo europeo. Quest’ultimo, in effetti, esplode in Europa in questo image not available

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