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a cura di Rossella Villani

CULTURA
LALTO MEDIOEVO

La pittura tra il IX e il X secolo

Pittura in Basilicata
Nei secoli antecedenti allanno Mille, il carattere composito ed essenzialmente decorativo della pittura,
tendente alla stilizzazione astratta delle forme, si esplica soprattutto nei mosaici, che impreziosiscono linterno

delle bellissime basiliche paleocristiane.

Si tratta di immagini piatte a contorni netti, con modellazione cromatica dei volti, deffetto pittorico pi che

plastico, e assoluta assenza di riferimenti realistici.

Le gure, infatti, non hanno pi alcun vigore e senso plastico e il cielo doro solcato da nuvole variopinte non

suggerisce pi alcuna profondit spaziale, anzi accentua la ssit e lisolamento delle immagini.

Nei secoli IX e X in particolare, lattivit pittorica pi intensa e continua dei due secoli precedenti. Si assiste

al prevalere del vivace cromatismo e delle nuove e pi plastiche forme della pittura posticonoclasta bizantina,

a cui si aggiungono riessi dellarte carolingia-ottoniana che volgeva allimitazione dei modelli classici ed era

conosciuta soprattutto attraverso le miniature, come quelle della Bibbia di San Paolo fuori le Mura a Roma,

con composizioni realistiche e mosse, e gure modellate con vivo senso plastico.

In pittura prevale luso di ombre verdastre e mezze tinte, non fuse, ma accostate, nella ricerca di un effetto

di compattezza se non proprio di rilievo delle forme, che richiama analoghi procedimenti della

coeva pittura bizantina, della quale quasi tutti recano evidenti gli inussi.
a cura di Rossella Villani

CULTURA
LALTO MEDIOEVO

I secoli IX e X in Basilicata

Pittura in Basilicata
Questi due secoli sono fondamentali nella storia della Basilicata poich, in quanto contrassegnati dalle continue

guerre tra longobardi e bizantini e quindi dalla perenne contesa tra lOriente ortodosso e lOccidente cristiano,

assistono al delinearsi di quellassetto politico e territoriale, bipolare, che caratterizzer ancora per molto

tempo questo territorio.

Inizialmente assoggettata ai longobardi, divisi tra il Ducato di Salerno e quello di Benevento nel corso del

IX secolo, poi minacciata dagli assalti dei saraceni, in seguito occupata dai bizantini che, approttando della

richiesta daiuto dei longobardi per proteggere lavanzata musulmana, riprendono il controllo del Principato

di Salerno e Benevento, inne contesa ancora dai longobardi e devastata da miseria e carestie, la Basilicata,

al termine del X secolo, unentit divisa in due. Geogracamente, religiosamente e politicamente. La parte

nord-occidentale continua a far capo ai principati longobardi e quindi a gravitare verso la cultura occidentale e

la chiesa di Roma che sceglie, quale sua sede vescovile, la citt di Montepeloso; la sud-orientale, culturalmente

proiettata verso lOriente, rientra ora nel tema bizantino di Lucania ed ha come capitale Tursi, tolta ai saraceni

e sottoposta alla giurisdizione del vescovo greco di Otranto, insieme a Matera, Acerenza e Tricarico.

Dal punto di vista pittorico lunica testimonianza risalente a questo periodo data dalla Genesi e dalle triarchie

affrescate sulle pareti della chiesa rupestre del Peccato Originale nei dintorni di Matera.
a cura di Rossella Villani

Primo esempio di pittura rupestre ma anche

unico, in quanto si isola dal contesto materano,

CULTURA
caratterizzato da dipinti prettamente orientali,

per la sua schietta adesione al polo di cultura

occidentale.

Cultura che ha il suo epicentro in Campania,

che ospita due dei cicli pittorici pi importan-

Pittura in Basilicata
ti e meglio conservati dellepoca, gli affreschi

dellOratorio di San Vincenzo al Volturno, ese-

guiti al tempo dellabate Epifanio, tra l826 e

l843, che vi appare infatti rappresentato, e gli

affreschi frammentari della chiesa conventuale

benedettina di Santa Soa a Benevento.

Per quanto riguarda i primi, le rafgurazioni, come sante e angeli, Storie della vita di Cristo, il Martirio di

San Lorenzo e quello di Santo Stefano, e, sulla volta, Cristo su un globo stellato e la Madonna, presentano

originali varianti nelliconograa e negli schemi compositivi. Originale anche lo stile di questi affreschi,

dovuti a mani diverse, ma tutti caratterizzati da una grande libert pittorica e da un alto livello qualitati-

vo. In essi evidente una ricerca di profondit spaziale, di risalto plastico, ottenuto per contrasto di luci e

ombre, e di espressivit nei gesti e nei volti delle gure, specie nelle scene di Martirio. Per il loro carattere

realistico questi dipinti vanno esclusi dallambito dellarte bizantina costantinopolitana e avvicinati invece

ad analoghe rappresentazioni della Siria, da dove si supposto provenisse il maggiore degli artisti qui ope-

ranti. Essi comunque hanno anche qualche rapporto con la pittura romana e pi ancora con quella carolin-

gia, certo conosciuta attraverso le miniature di codici doltralpe, importati dai monaci di quel monastero e

della vicina Montecassino.

Dellesistenza di stretti rapporti artistico-culturali tra i vari centri dellordine benedettino anche se di arte

benedettina non si pu parlare- testimoniano daltronde in modo assai evidente quelli di Santa Soa a Be-

nevento
a cura di Rossella Villani

CULTURA
Questi dipinti, che rappresentano Storie di San Zaccaria e della Vergine, hanno infatti con quelli di San

Vincenzo al Volturno notevoli analogie, sebbene qui le gure, costruite con altrettanta solidit e sicurezza,

non abbiano la vitalit espressionistica delle precedenti.

Pittura in Basilicata
A questi affreschi, e non solo , le pitture parietali della cripta del Peccato Originale a Matera si apparenta-

no, per lo stile, caratterizzato da un accentuato grasmo, come rileva la De Maffei , ma anche per lintento

fortemente didascalico dellintero ciclo che, secondo Nino Lavermicocca , sviluppa un vero e proprio pro-

gramma iconograco di salvezza, attraverso la Creazione (Genesi), la Redenzione (il clipeo con Agnello

accompagnato dai quattro evangelisti) e la diffusione del Messaggio (Apostolo Pietro e la sua missione).

Ad oggi la mancanza di documenti relativi alla citt di Matera in quel periodo rende difcile rintraccia-

re i canali attraverso i quali avvenne il passaggio di cultura dal centro alla periferia. E tuttavia possibile

ipotizzare che la grotta materana fu affrescata da monaci benedettini tra il IX e il X, epoca in cui la citt

fu assoggettata prima dai longobardi, poi dai bizantini, in concomitanza con il massiccio insediarsi, nelle

sue grotte, di intere comunit monastiche provenienti dalla Siria, dalla Palestina, dalla Cappadocia e dalla

Sicilia musulmana.
Al di fuori di questo ambito benedettino e nelle regioni pi meridionali, gli scarsi resti di pitture del periodo

appaiono sotto la diretta e quasi assoluta inuenza dellarte bizantina.

Ad alcune illustrazioni della Benedictio Fontis Casanatense, alle miniature dellExultet


Vat. Lat. 9820, alla decorazione della grotta dei Santi a Calvi, agli affreschi della chiesa
dellAngelo ad Olevano sul Tusciano, tutti datati tra la seconda met del IX secolo e lXI, se-
condo Nino Lavermicocca (Gli affreschi della cripta del Peccato Originale a Matera, in Le
aree omogenee della civilt rupestre nellambito dellImpero Bizantino: La Cappadocia,
C.D. Fonseca, Congedo Editore, 1981) sembra attingere il frescante materano.
F. DE MAFFEI, Roma, Benevento, San Vincenzo al Volturno e lItalia settentrionale, in
Commentari, 1973, pp. 255-285;
a cura di Rossella Villani

CULTURA
BIBLIOGRAFIA

Pittura in Basilicata
- LA SCALETTA: Le chiese rupestri di Matera, Ediz. De Luca, Roma, 1966;

- C.D. FONSECA: Civilt rupestre in terra jonica, Milano - Roma 1970;

- F. DE MAFFEI, Roma, Benevento, San Vincenzo al Volturno e lItalia settentrionale, in Com-

mentari, 1973, pp. 255-285;

- R. DE RUGGIERI: Gli insediamenti rupestri della Basilicata, in La civilt rupestre nel Mez-

zogiorno dItalia, Genova, 1975;

- N. LAVERMICOCCA: Gli affreschi della cripta del Peccato originale a Matera, in Le aree

omogenee della civilt rupestre nellambito dellImpero Bizantino: La Cappadocia, C.D. Fonseca,

Congedo Editore, 1981;

- F. NEGRI ARNOLDI, Storia dellarte, vol. I, pp. 419-424.

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