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LEZIONE 13: INTEGRALI MULTIPLI

SORIN DRAGOMIR

1. Integrali doppi
Siano , : [a, b] R due funzioni continue tali che (x) (x)
per ogni a x b. Un insieme della forma
D = {(x, y) [a, b] R : (x) y (x)}
si dice dominio normale rispetto allasse Ox. Per definizione, la misura,
ossia larea, del dominio normale D e il numero
Z b
m(D) = [(x) (x)] dx [0, +).
a
Siano , : [c, d] R due funzioni continue tali che (y) (y) per
ogni c y d. Un insieme della forma
E = {(x, y) R [c, d] : (y) x (y)}
si dice dominio normale rispetto allasse Oy. La misura, ossia larea,
di E e Z d
m(E) = [(y) (y)] dy [0, +).
c
Un insieme D R2 si dice dominio normale se D e un dominio normale
rispetto allasse Ox oppure rispetto allasse Oy. Vi sono numerosi
esempi di domini normali. Un rettangolo
D = [a, b] [c, d] = {(x, y) [a, b] R : c y d} =
= {(x, y) R [c, d] : a x b}
e chiaramente un dominio normale rispetto a ciascuna delle assi Ox e
Oy. Sia inoltre D R2 il dominio delimitato dalla bisettrice y = x del
primo e del terzo quadrante, e dalle retti di equazioni y = a e x = b
rispettivamente. Allora D si puo descrivere come linsieme
D = {(x, y) [a, b] R : a y x}
e quindi D e un dominio normale rispetto allasse Ox (con le funzioni
(x) a e (x) = x per ogni x [a, b]). Daltro canto D si puo
descrivere anche come linsieme
D = {(x, y) R [a, b] : y x b}
1
2 SORIN DRAGOMIR

e quindi D e un dominio normale rispetto allasse Oy (con le funzioni


(y) = y e (y) b). Si puo dimostrare il seguente
Lemma 1. Sia D R2 un dominio normale e sia f : D R una
funzione continua. Se D e normale tanto rispetto allasse Ox quanto
rispetto allasse Oy
D = {(x, y) [a, b] R : (x) y (x)} =
= {(x, y) R [c, d] : (y) x (y)}
allora
Z b "Z (x)
# Z d
"Z
(y)
#
(1) f (x, y) dy dx = f (x, y) dx dy.
a (x) c (y)

Non dimostreremo la formula (1). Essa rende legittima la seguente


definizione1: data una funzione continua f : D R definita su un
dominio normale rispetto allasse Ox
D = {(x, y) [a, b] R : (x) y (x)}
il numero
Z Z Z b "Z (x)
#
(2) f (x, y) dx dy = f (x, y) dy dx R
D a (x)

si chiama lintegrale doppio della funzione f , steso al dominio D. Se


invece f : E R e una funzione continua su un dominio normale
rispetto allasse Oy
E = {(x, y) R [c, d] : (y) x (y)}
allora il numero
"Z #
Z Z Z d (y)
(3) f (x, y) dx dy = f (x, y) dx dy R
E c (y)

e lintegrale doppio della funzione f steso al dominio E. La formula (1)


mostra che lintegrale doppio di una funzione continua, stesso ad un do-
minio normal D R2 e bene definito: infatti se D e normale rispetto
1La definizione adottata rappresenta una modalita semplificata per la
costruzione della teoria dellintegrazione delle funzioni di due variabili reali, def-
inite su domini normali, confinata al caso delle funzioni continue. La costruzione
della teoria degli integrali doppi per funzioni di carattere piu generale (i.e. per fun-
zioni limitate) poggia sulla generalizzazione naturale, dalle funzioni di una variabile
reale alle funzioni di due variabili reali, del concetto di somma integrale (si veda
lAppendice A a questa lezione). Poiche la teoria degli integrali multipli viene
insegnata agli studenti del corso di laurea triennale in ingegneria per soli scopi
di natura pratica, si preferisce lapproccio diretto via formule di riduzione, meno
generale ma pronto ad essere adoperato nelle applicazioni di calcolo.
LEZIONE 13: INTEGRALI MULTIPLI 3

ad entrambe le assi Ox e Oy allora i numeri (2) e (3) coincidono. Gli


integrali doppi (2) e (3) si denotano anche con
Z b "Z (x) # Z b Z (x)
f (x, y) dy dx = dx dy,
a (x) a (x)

Z d "Z (y)
# Z d Z (y)
f (x, y) dx dy = dy f (x, y) dx.
c (y) c (y)

Sono le notazioni comunemente adottate nellanalisi del diciannoves-


imo secolo. Se non altro, esse sono piu economiche (adoperano meno
parentesi). Se D = [a, b] [c, d] allora
Z Z Z b Z d Z d Z b
f (x, y) dx dy = dx f (x, y) dy = dy f (x, y) dx.
D a c c a
Se invece D = {(x, y) [a, b] R : a y x} = {(x, y) R [a, b] :
y x b} allora
Z Z Z b Z x
f (x, y) dx dy = dx f (x, y) dy ,
D a a
Z Z Z b Z b
f (x, y) = dy f (x, y) dx,
D a y
e lidentita
Z b Z x Z b Z b
dx f (x, y) dy = dy f (x, y) dx
a a a y

e nota come la formula di inversione di Dirichlet. Si consideri una


funzione continua f : D R, definita sul dominio normale D R2 ,
tale che f (x, y) 0, per ogni (x, y) D. Sia S R3 il solido delimitato
dal grafico della funzione f
Gf = {(x, y, f (x, y)) R3 : (x, y) D},
dal piano (xOy) e dalla superficie generata da una retta perpendicolare
su (xOy) che descrive il bordo del dominio D. Per definizione, il volume
del solido S e il numero
Z Z
Vol(S) = f (x, y) dx dy [0, +).
D
3
Esempio 1. Sia S R il solido contenuto nel primo ottante
I = {(x, y, z) R3 : x 0, y 0, z 0}
delimitato dal paraboloide di equazione z = x2 + y 2 e dal cilindro di
equazione x2 + y 2 = 9. Come applicazione delle nozioni studiate si
4 SORIN DRAGOMIR

desidera calcolare il volume di S. A tale fine si osserva che S `e il solido


delimitato dal piano (xOy), dal grafico della funzione

f : D R, f (x, y) = x2 + y 2 , (x, y) D,

D = {(x, y) [0, 3] R : 0 y 9 x2 },
e dalla superficie descritta da una generica retta perpendicolare su
(xOy) e passante per un punto del bordo del dominio normale D. Segue
che
Z Z Z 3 Z 9x2
Vol(S) = f (x, y) dx dy = dx (x2 + y 2 ) dy =
D 0 0

3
2x2
Z  
= 3+ 9 x2 dx.
0 3
Lintegrale si calcola per sostituzione

x = 3 sin t = dx = 3 cos t dt,


x = 0 = t = 0, x = 3 = t = ,
2

9 x2 = 3 cos t (0 t = cos t 0),
2

2x2
3+ = 3 + 6 sin2 t = 3(2 cos(2t)),
3
cio`e
Z /2
Vol(S) = 27 [2 cos(2t)] cos2 t dt.
0

Infine
1
[2 cos(2t)] cos2 t = [2 cos(2t)][1 + cos(2t)] =
2
 
1  2
 1 1 + cos(4t)
= 2 + cos(2t) cos (2t) = 2 + cos(2t)
2 2 2
sicche
81
Vol(S) = .
8
LEZIONE 13: INTEGRALI MULTIPLI 5

2. Il teorema di Guldino
Definizione 1. Sia D R2 un dominio normale. Il punto (x0 , y0 ) R2
di coordinate
Z Z Z Z
1 1
x0 = x dx dy, y0 = y dx dy,
m(D) D m(D)
si chiama il baricentro del dominio D. 
Sia D un dominio normale piano pensato nel piano (xOy) e sia r una
Sussiste
retta situata nel piano (xOy) che non interseca D.
Teorema 1. Il volume del solido S ottenuto attraverso una rotazione
di D di angolo attorno a r `e
(4) Vol(S) = m(D) `
dove ` `e la lunghezza dellarco di circonferenza percorsa dal baricentro
di D.
La dimostrazione del Teorema 1 si omette. Diamo invece un certo nu-
mero di applicazioni della formula (4). Se R `e la distanza dal baricentro
B = (x0 , y0 , 0) di D alla retta r (e quindi B descrive una circonferenza
di raggio R situata nel piano perpendicolare su r e pasante per B)
allora
(5) ` = R.
Si sostituisca dalla formula (5) nella formula (4). Si ottiene
(6) Vol(S) = m(D) R .
In particolare se D compie una rotazione completa (i.e. = 2) at-
torno allasse r = Ox allora la distanza dal baricentro B = (x0 , y0 , 0)
allasse di rotazione r = Ox `e pari a |y0 | e quindi (per la formula (6))
Z Z

(7) Vol(S) = 2 m(D) |y0 | = 2 y dx dy .
D

In particolare sia D il dominio normale situato nel piano (xOy) e de-


limitato dal grafico di una funzione continua f : [a, b] [0, +), lasse
Ox, e le rette di equazioni x = a e x = b. Allora
D = {(x, y) [a, b] R : 0 y f (x)}
e quindi (per la formula (7) con y0 0)
Z Z Z b Z f (x)
Vol(S) = 2 y dx dy = 2 dx y dy
D a 0
6 SORIN DRAGOMIR

i.e.
Z b
(8) Vol(S) = f (x)2 dx.
a

In particolare se D `e la regione nel piano (xOy) compresa fra lasse Ox


e la semicirconferenza di centro O e raggio R

D = {(x, y) [R, R] R : 0 y R2 x2 }
allora il solido S generato da D attraverso una rotazione di angolo
= 2 attorno allasse Ox `e la sfera di centro O e raggio R in R3 .
Possiamo dunque ritrovare la formula del volume di una sfera di raggio
R sfruttando le nozioni presentate
precedentemente. Precisamente (per
la formula (8) con f (x) = R x2 , R x R)
2

Z R
4R3
Vol(S) = (R2 x2 ) dx = .
R 3

Ha senso integrare su insiemi pi`


u generali dei domini normali secondo
la seguente definizione. Sia D R2 un insieme tale che
m
[
D= Di ,
i=1

i D
i 6= j = D j = ,
e ciascuno degli insiemi Di `e un dominio normale in R2 . Sia f : D R
una funzione continua. Allora f `continua in ciascun punto di D e
quindi in ciascun punto di Di (per 1 i m). Dunque la restrizione
f : Di R della funzione f : D R al dominio nomale Di `e una
funzione continua per cui gli integrali
Z Z
f (x, y) dx dy, 1 i m,
Di

sono dei numeri reali bene definiti. Si adotta la seguente


Definizione 2. La somma
m Z Z
X
f (x, y) dx dy
i=1 Di

si
R Rchiama lintegrale doppio della funzione f esteso a D e si denota con
D
f (x, y) dx dy. 
LEZIONE 13: INTEGRALI MULTIPLI 7

3. Le formule di Green
Un dominio normale rispetto allasse Ox
D = {(x, y) [a, b] R : (x) y (x)}
si dice domino normale regolare (rispetto allasse Ox) se , C 1 ([a, b]).
Nella stessa maniera, un dominio normale rispetto allasse Oy
E = {(x, y) R [c, d] : (y) x (y)}
e un dominio normale regolare (rispetto allasse Oy) se , C 1 ([c, d]).
Un dominio normale regolare e un dominio normale regolare rispetto
ad una delle assi Ox oppure Oy. Un insieme D R2 e un dominio
regolare se esiste un numero funto di domini normali regolari Di R2 ,
i {1, 2, , N }, tali che
D = D1 DN , i D
i 6= j = D j = .
Il bordo D di un dominio regolare D R2 consiste dei sostegni di
un numero finito di curve regolari-a-tratti. Lorientazione positiva del
bordo D di un dominio regolare D R2 e il verso di percorso di D
e situato alla sinistra del bordo. Lorientazione
per il quale linterno D
opposta di D si dice lorientazione negativa. Si denota con +D il
bordo di D assieme allorientazione positiva dello stesso. Si dice che
+D sia il bordo positivamente orientato del dominio regolare D R2 .
Teorema 2. Sia f : D R una funzione di classe C 1 definita sul
dominio regolare D R2 . Allora
Z Z Z
(9) fx (x, y) dx dy = f dy,
D +D
Z Z Z
(10) fy (x, y) dx dy = f dx.
D +D

Le formule (9)-(10) sono le formule di Green. Diamo la dimostrazione


della prima formula di Green (9) mentre la dimostrazione della (10) si
propone come esercizio al lettore. Per dimostrare (9) si devono dis-
tinguere tre casi, a seconda di come I) D e un dominio regolare, nor-
male rispetto allasse Oy, II) D e un dominio regolare, normale rispetto
a Ox, e III) D e un dominio regolare arbitrario. Nel primo caso
D = {(x, y) R [c, d] : (y) x (y)}
si ha Z Z Z d Z (y)
fx dx dy = dy fx (x, y) dx =
D c (y)
8 SORIN DRAGOMIR

(per la formula di Leibnitz-Newton)


Z d x=(y) Z d

= f (x, y)
dy = [f ((y), y) f ((y), y)] dx
c x=(y) c

e nel contempo andiamo a parametrizzare +D di modo che si possa


calcolare lintegrale della forma differenziale f dy lungo +D. Si osservi
che +D = 1 2
3 4 , i.e. +D e la giustapposizione dei cammini

1 , 2 , 3 e 4 dove
1 : [0, 1] R2 ,
1 (t) = (1 t) ((c), c) + t ((c), c) =
= ((1 t)(c) + t(c) , c), 0 t 1,
1 (t) = ((c) (c) , 0),
2 : [c, d] R2 ,
2 (t) = ((t), t), c t d,
0
2 (t) = ( (t) , 1),
3 : [0, 1] R2 ,
3 (t) = (1 t)((d), d) + t((d), d) =
= ((1 t)(d) + t(d) , d), 0 t 1,
3 (t) = ((d) (d) , 0),
4 : [c, d] R2 ,
4 (t) = ((t) , t), c t d,
0
4 (t) = ( (t) , 1),
sicche
Z Z Z Z Z
f dy = f dy + f dy + f dy + f dy =
+D 1 2
3
4
Z Z Z Z
= f dy + f dy f dy f dy
1 2 3 4
e Z Z 1
f dy = f (1 (t)) p2 ( 1 (t)) dt = 0
1 0
poiche
p2 ( 1 (t)) = p2 ((c) (c) , 0) = 0.
Nella stessa maniera si verifica che
Z
f dy = 0.
3
LEZIONE 13: INTEGRALI MULTIPLI 9

Inoltre Z Z d
f dy = f (2 (t)) p2 ( 2 (t)) dt =
2 c
Z d
= f ((t), t) dt.
c
Nella stessa maniera si verifica che
Z Z d
f dy = f ((t), t) dt.
4 c

Infine Z Z Z
f dy = f dy f dy =
+D 2 4
Z d Z d
= f ((t), t) dt f ((t), t) dt
c c
sicche Z Z Z
fx dx dy = f dy .
D +D
Nel secondo caso
D = {(x, y) [a, b] R : (x) y (x)}
e si considera la funzione ausiliaria
F : D R,
Z
F (x, y) = f dy, (x, y) D,

dove = 1 2 e il cammino ottenuto come la giustapposizione dei
cammini
1 : [a, x] R2 , 1 (t) = (t, (t)), a t x,
2 : [0, 1] R2 ,
2 (t) = (1 t)(x, (x)) + t(x, y) =
= (x , (1 t)(x) + ty), 0 t 1.
Lespressione precisa della funzione F e
Z Z
F (x, y) = f dy + f dy =
1 2
Z x Z 1
=f (1 (t)) p2 ( 1 (t)) dt + f (2 (t)) p2 ( 2 (t)) dt =
a 0
Z x Z 1
0
= f (t, (t)) (t) dt + f (x, (1 t)(x) + ty)(y (x)) dt
a 0
10 SORIN DRAGOMIR

e quindi (col cambio di variabile s = (1 t)(x) + ty)


Z x Z y
0
(11) F (x, y) = f (t, (t)) (t) dt + f (x, s) ds.
a (x)

Calcoliamo ora le derivate parziali della funzione F . Si noti che bisogna


derivare degli integrali parametrici, rispetto ai parametri x e y. Si
ottiene
Z y
Fx (x, y) = fx (x, s) ds, Fy (x, y) = f (x, y).
(x)

Lintegrale di una forma esatta lungo un cammino chiuso e nullo. Per-


tanto Z Z Z Z Z
0= dF = dF + dF dF dF
+D 1 2 3 4
dove
1 (t) = (t, (t)), a t b,
2 (t) = (b, (1 t)(b) + t(b)), 0 t 1,
2 (t) = (t, (t)), a t b,
4 (t) = (s, (1 t)(a) + t(a)), 0 t 1.
R
Per il calcolo dei quattro integrali i dF (1 i 4) adoperiamo
lidentita
Z Z b
(M dx + N dy) = {M (x(t), y(t))x0 (t) + N (x(t), y(t))y 0 (t)} dt,
a

: [a, b] R2 , (t) = (x(t), y(t)), a t b.


Segue che Z Z
dF = {Fx dx + Fy dy} =
1 1
Z b
= {Fx (t, (t)) + Fy (t, (t)) 0 (t)} dt
a
con Z (t)
Fx (t, (t)) = fx (t, s) ds = 0,
(t)

Fy (t, (t)) = f (t, (t)),


e quindi
Z Z b
(12) dF = f (t, (t)) 0 (t) dt.
1 a
LEZIONE 13: INTEGRALI MULTIPLI 11

In maniera simile si calcolano gli integrali rimasti e si ottiene


Z Z (b)
(13) dF = f (b, s) ds,
2 (b)

Z Z b (Z (t)
)
(14) dF = fx (t, s) ds + f (t, (t)) 0 (t) dt,
3 a (t)

Z Z (b)
(15) dF = f (a, s) ds.
4 (b)

Il lettore e invitato a supplire i dettagli mancanti come esercizio. Infine


(dalle (12)-(15))
Z Z b
0= dF = f (t, (t))0 (t) dt
+D a
Z b (Z (t)
)
fx (t, s) ds + f (t, (t)) 0 (t) dt+
a (t)
Z (b) Z (a)
+ f (b, s) ds f (a, s) ds =
(b) (a)
Z Z Z Z Z Z
= f dy fx dx dy f dy + f dy f dy =
1 D 3 1 4
Z Z
= +D f dy fx dx dy.
D
Q.e.d. Nel terzo e ultimo caso consideriamo un dominio regolare ar-
bitrario D R2 , non necessariamente normale ma, per definizione,
unione finita di domini normali regolari dagli interni mutualmente dis-
giunti
D = D1 DN , i 6= j = D i D
j = ,
sicche (per quanto dimostrato nei casi (I)-(II) applicato ai domini nor-
mali regolari Di )
Z Z XN Z Z N Z
X
(16) fx dx dy = fx dx dy = f dy .
D i=1 Di i=1 +Di

Il bordo (positivamente orientato) del dominio D e ununione finita di


curve regolari a tratti
+D = 1 p .
12 SORIN DRAGOMIR

Il bordo (positivamente orientato) di ciascun dominio normale regolare


Di e la giustapposizione di quattro cammini regolari
+Di = i1 i2 i3 i4 , 1 i N.
Per ciascuno dei domini Di i cammini {i : 1 4} possono essere
di al piu due tipi, ossia cammini regolari che entrano nella compo-
sizione di uno, o piu, dei cammini regolari-a-tratti {a : 1 a p}
oppure cammini regolari contenuti nellinterno D = D\D del dominio
D. Se un camino {i : 1 4} e contenuto in D allora esso
fa necessariamente parte anche del bordo di un secondo dominio Dj
(per qualche 1 j N ) e, come parte del bordo del dominio Dj , ha
lorientazione opposta. Segue che ogni tale tratto interno compare
esattamente
R R due volte e contribuisce alla somma (16) con gli integrali

f dy e f dy, integrali che si cancellano in coppie. Infine
N Z p Z Z
X X
f dy = f dy = f dy.
i=1 +Di a=1 a +D

Q.e.d.

4. Teorema della divergenza


Sia : [a, b] R2 una curva regolare
(t) = (x(t), y(t)), a t b.
Si consideri il vettore N((t)) R2 definito da
1
(17) N((t)) = (y 0 (t) , x0 (t)), a t b.
k(t)k

Si osservi che N((t)) e un vettore unitario i.e. N((t)) S 1 ossia
kN((t))k = 1, a t b,
e N((t)) e ortogonale al vettore tangente (t)
i.e.
N((t)) (t)
= 0, a t b.
Il vettore N((t)) si chiama il vettore normale unitario nel punto (t)
della curva . Se = {(t) : a t b} e il sostegno della curva e
la parametrizzazione : [a, b] e una funzione iniettiva allora resta
definito un campo vettoriale
N : R2 , p 7 N(p) R2 ,
LEZIONE 13: INTEGRALI MULTIPLI 13

detto campo nomale unitario lungo . La nozione ammette unestensione


immediata al caso delle curve regolari-a-tratti. Sussiste la seguente
identita
Z Z Z
(18) div(F) dx dy = F N ds
D D
2 1
per ogni campo F : D R di classe C , definito sul dominio regolare
D R2 . Qui se : [a, b] R2 e una parametrizzazione del bordo
positivamente orientato +D allora N : D R2 e dato dalla formula
(17). Tale N si dice il campo normale unitario esterno su D. La
formula (18) si chiama il teorema della divergenza, oppure il lemma di
Green. La dimostrazione della (18) si ottiene facilmente dalle formule
di Green applicate alle componenti del campo F
F = (F1 , F2 ) : D R2 , Fi C 1 (D), i {1, 2}.
Precisamente
Z Z Z Z 
F1 F2
div(F) dx dy = + dx dy =
D D x y
Z Z Z
= F1 , dy F2 dx = {F2 dx + F1 dy} =
+D +D +D
Z b
= {F2 ((t)) x0 (t) + F1 ((t)) y 0 (t)} dt =
a
Z b
= (F1 ((t)) , F2 ((t))) (y 0 (t) , x0 (t)) dt =
a
Z b Z
= F((t)) N((t)) k(t)k
dt = F N ds
a
dove la funzione F N : D R e definita da
(F N)(p) = F(p) N(p), p D.
Q.e.d. Si osservi che abbiamo utilizzato anche lidentita immediata
(y 0 (t) , x0 (t)) = k(t)k
N((t)).

5. La formula di Stokes
Sia F : D R2 un campo vettoriale di classe C 1 definito sul dominio
regolare D R2 . Allora
Z Z Z  
F2 F1
(19) {F1 dx + F2 dy} = dx dy.
+D D x y
14 SORIN DRAGOMIR

Lidentita (19) e la formula di Stokes. La dimostrazione si ottiene


nuovamente come unapplicazione delle formule di Green (applicate
alle componenti del campo F) i.e.
Z Z  
F2 F1
dx dy =
D x y
Z Z
= F2 dy F1 dx .
+D +D
Q.e.d.

6. Integrazione per parti


Se D R2 e un dominio regolare e f, g C 1 (D) allora sussistono
le formule
Z Z Z Z Z
(20) f gx dx dy = f g dy fx g dx dy,
D +D D
Z Z Z Z Z
(21) f gy dx dy = f g dx fy g dx dy.
D +D D

Le formule (20)-(21) sono le formule di integrazione per parti. Esse si


ottengono facilmente dalle formule di Green. Ad esempio
Z Z Z Z
f gx dx dy = {(f g)x fx g} dx dy =
D D
Z Z Z
= f g dy fx g dx dy.
+D D
Q.e.d.

7. Applicazioni al calcolo delle aree


Sia D un dominio normale, ad esempio rispetto allasse Ox
D = {(x, y) [a, b] R : (x) y (x)}.
Andiamo a integrare su D la funzione costante f (x, y) 1. Si ha
Z Z Z b Z (x)
f (x, y) dx dy = dx dy =
D a (x)
Z b
= {(x) (x)} dx = m(D)
a
sicche
Z Z
(22) m(D) = dx dy.
D
LEZIONE 13: INTEGRALI MULTIPLI 15

Il lettore si convincer facilmente che la formula (22) e valida anche nel


caso in cui D sia un dominio normale rispetto allasse Oy. Inoltre la
formula (22) si estende facilmente anche a domini che sono unioni finite
di domini normali dagli interni mutualmente disgiunti. Se applichiamo
la prima (rispettivamente la seconda) formula di Green alla funzione
f (x, y) = x (rispettivamente alla funzione f (x, y) = y) otteniamo
Z Z
m(D) = x dy, m(D) = y dx.
+D +D
Sommando le due formule ottenute si ha pure
Z
1
(23) m(D) = (y dx + x dy) .
2 +D
Illustriamo lutilizzo della formula (23) nel calcolo dellarea di un set-
tore piano delimitato da una curva regolare data in coordinate polari.
Sia D R2 la regione piana delimitata dalle rette OP e OQ, dove
P, Q R2 \ {O} e P 6= Q, e dalla curva di equazione = () dove
C 1 ([, ]) e , sono le misure degli angoli formati da OP e OQ
con lasse Ox in senso trigonometrico. Per la formula (23) si ha
Z Z
1
m(D) = {y dx + x dy} = {y dx + x dy} =
2 +D OP OQ
Z Z Z
= {y dx + x dy} + {y dx + x dy} {y dx + x dy}
OP OQ
dove () = (() cos , () sin ), . Inoltre i segmenti OP
e OQ sono parametrizzati da
OP : t [0, 1] 7 t OP = (tP1 , tP2 ),
OQ : t [0, 1] 7 t OQ = (tQ1 , tQ2 ).
Segue che
Z Z 1
{y dx + x dy} = {P2 P1 + P1 P2 }dt = 0
OP 0
e, nella stessa maniera, anche
Z
{y d + x dy} = 0.
OQ

Infine
Z Z
{y dx + x dy} = {y()x0 () + x()y 0 ()} d

dove
x() = () cos , y() = () sin
16 SORIN DRAGOMIR

x0 () = 0 () cos () sin ,
y 0 () = 0 () sin + () cos ,
e allora Z
1
m(D) = ()2 d.
2

8. Cambio di variabili negli integrali doppi


Si consideri un dominio regolare T R2 e unapplicazione : T
R2 di componenti = (1 , 2 ) funzioni di classe C 1 i.e. i C 1 (T )
per i {1, 2}. Sia D = (T ) R2 limmagine di . Si dice che sia
un cambio di variabili, oppure un cambio di coordinate, se : T D
e unapplicazione invertibile e
det[J()(p)] 6= 0, p T.
Siano (u, v) le coordinate Cartesiane nella copia di R2 dove si trova T
e (x, y) le coordinate Cartesiane nella copia di R2 dove si trova D. E
comune denotare le componenti di anche nella maniera seguente
x(u, v) = 1 (u, v), y(u, v) = 2 (u, v), (u, v) T.
Allora la matrice di Jacobi di si denota anche con
(x, y)
= J()(u, v).
(u, v)
Sia f : D R una funzione continua. Se : T D e un cambio di
variabili allora
Z Z Z Z
(24) f (x, y) dx dy = f ((u, v)) |det J()(u, v)| du dv =
D T
Z Z
(x, y)
= f (x(u, v) , y(u, v)) det du dv.
T (u, v)
Lidentita (24) e la formula di cambio di variabili nellintegrale doppio,
ossia sotto il segno di integrale doppio. Non diamo una dimostrazione
della formula (24) ma soltanto alcune sue applicazioni. Lapplicazione
piu importante concerne le coordinate polari. Si consideri
: R2 R2 ,

(25) (, ) = ( cos , sin ), (, ) R2 .


Per ogni punto P = (x, y) R2 esistono e sono unici un numero non
negativo 0 (la lunghezza del segmento OP ) e un numero
[0, 2) (la misura dellangolo formato dallasse Ox con il segmento OP ,
misurato in senso trigonometrico) tali che x = cos e y = sin . Per
LEZIONE 13: INTEGRALI MULTIPLI 17

acquisire tale significato geometrico restringiamo lapplicazione (25) al


dominio
T = [0, R] [0, 2] R2
per qualche R > 0 fissato, altrimenti arbitrario, di modo che limmagine
D = (T ) risulta essere il disco di centro lorigine e raggio R. Si osserva
che sfortunatamente : T D definito da (25) non e un cambio di
coordinate. Infatti
(0, ) = (0, 0), [0, 2],
i.e. tutti punti situati sul lato {(0, ) : 0 2} del rettangolo T
hanno, via , la stessa immagine (lorigine O in R2 ). Dunque non
e iniettavi e quindi non e invertibile. I punti del latto {(0, ) : 0
2} hanno anche il difetto che la si annulla anche il determinante
della matrice di Jacobi di , poiche
 
(x, y) x (, ) x (, )
det = =
(, ) y (, ) y (, )

cos sin
= = .
sin cos
Dunque : T D non e un cambio di coordinate da T = [0, R]
[0, 2] nel disco D = {(x, y) : x2 + y 2 R2 } e sembrerebbe che la
formula (24) non si possa applicare. Tuttavia si ha a disposizione il
seguente risultato piu generale.
Teorema 3. Sia f : D R una funzione continua definita sul dominio
regolare D R2 . Si supponga che esista unapplicazione : T D,
definita sul dominio regolare T R2 , tale che (T ) = D ed esistono
due successioni di domini regolari
Dk D, Tk T, k 1,
di modo che
lim m(Dk ) = m(D), lim m(Tk ) = m(T ),
k k
e le applicazioni : Tk Dk sono cambi di coordinate. Allora
Z Z Z Z
f (x, y) dx dy = f ((u, v)) |det J()(u, v)| du dv.
D T

Non dimostriamo il Teorema 3. Mostreremo invece che esso si ap-


plica al caso delle coordinate polari. Pertanto si consideri un numero
naturale k 1 e si ponga
   
1 1
Tk = , R 0 , 2 =
k k
18 SORIN DRAGOMIR
 
1 1
= (, ) T : R, 0 2 .
k k
Allora
  
1 1
m(Tk ) = R 2 2R = m(T ), k .
k k
Sia Dk = (Tk ) D. Il dominio Dk e la corona circolare C di raggi
1/k e R, priva dellinsieme S \ s dove S e s sono rispettivamente i
settori circolari di angolo 1/k nei cerchi di raggi R e 1/k. Si ha (da
considerazioni di geometria metrica elementare)
 2  
2 1 2 1
m(C) = R = R 2 ,
k k
 2
1
2
1R 1 k 1
m(S) = , m(s) = = 3,
k 2 k 2 2k
m(Dk ) = m(C) m(S \ s) =
R2
 
2 1 1
= R 2 + 3 R2 = m(D), k .
k 2k 2k
Si observe ache che : Tk Dk e un cambio di variabili. Allora (per
il Teorema 3)
Z Z Z Z
f (x, y) dx dy = f ( cos , sin ) d d =
D T
Z R Z 2
= d f ( cos , sin ) d.
0 0

9. Integrali tripli
Si consideri in dominio normale D R2 e le funzioni continue
, : D R,
(x, y) (x, y), (x, y) D.
Un insieme della forma
E = {(x, y, z) D R : (x, y) z (x, y)}
si dice dominio normale rispetto al piano (xOy). In maniera simile
si definiscono le nozioni di domino normale rispetto ai piani (xOz) e
(yOz). Sia E R3 un dominio normale rispetto al piano (xOy) e
LEZIONE 13: INTEGRALI MULTIPLI 19

f : E R una funzione continua. Lintegrale triplo di f stesso al


dominio normale E e
Z Z Z
(26) f (x, y, z) dx dy dz =
E
Z Z (Z (x,y)
)
= f (x, y, z) dz dx dy =
D (x,y)
Z Z Z (x,y)
= dx dy f (x, y, z) dz.
D (x,y)
Linterno di E e linsieme
= {(x, y, z) D
E R : (x, y) < z < (x, y)}.
Se le funzioni , sono di classe C 1 i.e. , C 1 (D) allora E e un
dominio normale regolare. Un dominio regolare in R3 e un insieme E
R3 che e unione finita di domini normali regolari a interni mutualmente
disgiunti
E = E1 EN , i 6= j = E i Ej = .
Se f : E R e una funzione continua definita su un dominio regolare
E R3 allora per definizione
Z Z Z N Z Z Z
X
f (x, y, z) dx dy dz = f (x, y, z) dx dy dz
E i=1 Ei

e la definizione non dipende dalla partizione di E in domini normali e


regolari.
Siano T R3 e E R3 due domini regolari e : T E unappli-
cazione invertibile di classe C 1 i.e. i C 1 (T ), 1 i 3. Se (u, v, w)
sono le coordinate di un punto in T e (x, y, z) e coordinate di un punto
in E allora le componenti di si denotano anche con

x(u, v, w) = 1 (u, v, w),

y(u, v, w) = 2 (u.v, w), , (u, v, w) T.

z(u, v, w) = (u, v, w),
3

La matrice di Jacobi di e
(x, y, z)
= J()(u, v, w) =
(u, v, w)

xu (u, v, w) xv (u, v, w) xw (u, v, w)
= yu (u, v, w) yv (u, v, w) yw (u, v, w) .
zu (u, v, w) zv (u, v, w) zw (u, v, w)
20 SORIN DRAGOMIR

Tale applicazione si dice cambio di variabili, oppure cambio di coor-


dinate, se
 
(x, y, z)
det 6= 0, (u, v, w) T.
(u, v, w)
Se f : E R e una funzione continua e : T E un cambio di
variabili allora sussiste la formula (detta di cambio di variabili sotto il
segno integrale triplo)
Z Z Z
f (x, y, z) dx dy dz =
E
Z Z Z
= f ((u, v, w)) |det J()(u, v, w)| du dv dw.
T

Appendix A. Somme integrali


A.1. Partizioni in domini normali. In lezioni precedenti il termine
dominio `e stato utilizzato col significato di insieme aperto e connesso.
Si osservi che un dominio normale (rispetto allasse Ox oppure Oy)
come descritto dalle definizioni precedenti `e un insieme compatto. Nelle
lezioni sulla teoria degli integrali multipli (qui doppi) sar`a linterno di
un dominio normale
= {(x, y) (a, b) R : (x) < y < (x)},
D
= {(x, y) R (c, d) : u(y) < x < v(y)},
E
a essere un insieme aperto (ma non necesariamente connesso, poiche
vi possono essere dei punti di contatto fra i grafici delle funzioni e
b, rispettivamente u e v). Se invece (x) < (x) per ogni x (a, b)
(rispettivamente u(y) < v(y) per ogni y (c, d)) allora D (rispettiv-
mente E) `e un dominio nel senso tradizionale del termine.

Definizione 3. Sia D R2 un dominio normale rispetto allasse Ox.


Una famiglia di domini normali rispetto allasse Ox
{D1 , , Dp }
si dice partizione di D se
p
[
D= Di , i D
i 6= j = D j = ,
i=1

1 , , D
i.e. lunione dei domini normali D1 , , Dp `e D e gli insiemi D p
sono mutulamente disgiunti. 
LEZIONE 13: INTEGRALI MULTIPLI 21

Chiaramente una nozione analoga si pu`o introdurre per domini nor-


mali rispetto allasse Oy. Si osservi che la Definizione 3 da un senso spe-
cializzato al concetto di partizione di un dominio normale D (rispetto al
contesto tradizionale nel quale gli elementi di una partizione di D non
sono necessariamente domini normali ma soltanto insiemi mutualmente
disgiunti la cui unione `e pari a D). Per diametro di un dominio nor-
male si intende il suo diametro come insieme contenuto in R2 (rispetto
alla distanza Euclidea). Si possono costruire partizioni fini a piacere.
Infatti sussiste il seguente
Lemma 2. Sia D R2 un dominio normale. Per ogni  > 0 esiste
una partizione {D1 , , Dp } di D tale che il diametro di ogni dominio
della partizione sia minore di  i.e.
diam(Di ) < , 1 i p.

La dimostrazione si omette. Poiche volutamente daremo pocchi det-


tagli sulla teoria della misura soggiaccente alla teoria degli integrali
multipli non sar`a di fatto necessario applicare il Lemma 2. Si pu`o
dimostrare il seguente
Teorema 4. Sia D un dominio normale e {D1 , , Dp } una partizione
di D. Allora
p
X
(27) m(D) = m(Di ).
i)1

La dimostrazione si omette. Vis-a-vis della formula (27) si dice che


la misura di un dominio normale `e una funzione additiva.
A.2. Funzioni integrabili. Sia D R2 un dominio normale e f :
D R una funzione limitata i.e. esiste una costante M > 0 tale che
|f (x, y)| M, (x, y) D.
Sia P = {D1 , , Dp } una partizione di D. Si ponga
p
X
sf (P) = m(Di ) inf{f (x) : x Di },
i=1
p
X
Sf (P) = m(Di ) sup{f (x) : x Di }.
i=1

Definizione 4. Il numero sf (P) (rispettivamente Sf (P)) si chiama la


somma integrale inferiore (rispettivamente la somma integrale superi-
ore) asociata alla funzione f e alla partizione P. 
22 SORIN DRAGOMIR

` necessario il seguente
E
Lemma 3. Siano P1 = {D1 , , Dp } e P2 = {E1 , , Eq } due par-
tizioni del dominio normale D. Sia f : D R una funzione limitata.
Allora P12 = {Di Ej : 1 i p, 1 j q} `e una partizione di D e
(28) sf (P1 ) sf (P12 ) Sf (P12 ) Sf (P2 ).
La dimostrazione si omette.
Definizione 5. Siano A R e B R due insiemi di due numeri reali.
Si dice che A e B sono insiemei separati se a b per ogni a A ed
ogni b B. Due insiemi separati A R e B R si dicono contigui
se sup A = inf B. Se A R e B R sono insiemi separati e contigui
allora il numero sup A = inf B si chiama lelemento di separazione degli
insiemi A e B. 
Sia Part(D) linsieme di tutte le partizioni del dominio normale D.
Dalle diseguaglianze (28) segue che gli insiemi
{sf (P) : P Part(D)} , {Sf (P) : P Part(D)} ,
sono insiemi separati.
Definizione 6. Sia f : D R una funzione limitata definita sul
dominio normale D R2 . Si dice che f `e integrabile su D se linsieme
delle somme integrali inferiori e linsieme delle somme integrali superiori
sono insiemi contigui i.e.
sup{sf (P) : P Part(D)} = inf{Sf (P) : P Part(D)}.
Se f `e integrabile su D allora lelemento di separazione degli insiemi
delle somme integrali inferiori e superiori si chiama lintegrale di f su
D e si denota
Z Z con
f (x, y) dx dy = sup sf (P) = inf Sf (P).
D PPart(D) PPart(D)


Una classe di funzioni integrabili su un dominio normale `e individu-
ata dal seguente
Teorema 5. Sia D R2 un dominio normale. Ogni funzione continua
f : D R `e una funzione integrabile su D.
La dimostrazione si omette.
Definizione 7. Sia D R2 un dominio normale e P = {Di : 1 i
p} una partizione di D. Si chiama norma di P il numero kPk (0, +)
definito da
kPk = max{diam(Di ) : 1 i p}.
LEZIONE 13: INTEGRALI MULTIPLI 23

Sia i Di un punto in ciacun dominio della partizione P. Linsieme


= {i : 1 i } si dice una scelta di punti intermedi relativa alla
partizione P. Sia f : D R una funzione limitata. Il numero
p
X
Sf (P, ) = m(Di )f (i )
i=1
si chiama somma integrale associata alla funzione f , alla partizione P
e alla scelta di punti intermedi . 
Come per le funzioni integrabili secondo Riemann
RR (su un intervallo)
`e possibile approssimare lintegrale doppio D
f (x, y) dx dy di una
funzione integrabile f : D R con somme integrali. Precisamente
sussiste
Teorema 6. Sia f : D R una funzione continua su un dominio nor-
male D R2 . Sia {Pn }nN una successione di partizioni del dominio
D tale che limn kPn k = 0. Sia n una scelta di punti intermedi
relativa alla partizione Pn per ogni n N. Allora
Z Z
(29) f (x, y) dx dy = lim Sf (Pn , n ).
D n

La dimostrazione si omette.

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