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Introduzione
C
un interrogativo sul quale ritorno costantemente e che continua a
manifestarmisi con insistenza []2: si tratta di una domanda cui Judith
Butler non cessa di ritornare, una domanda impellente, imperante, alla
quale la pensatrice sembra non aver mai smesso di rispondere. In occa-
sione del Premio Adorno 2012, Judith Butler riformula listanza adornia-
na Non si d vera vita nella falsa3 [Es gibt kein richtiges Leben im falschen]
1
M. Falkoff (a cura di), Poems from Guantnamo: the detainess speak, University of Iowa
Press, Iowa City 2007 (trad. it. di R. Noury e L. Renzi, Poesie da Guantnamo: la parola ai
detenuti, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2008, p. 56). interessante, a mio avviso, osser-
vare come questo componimento scritto da Sami Al Haj, giornalista sudanese arrestato
nel 2001 con laccusa di fornire aiuto ad Al Qaeda (accusa di cui lesercito statunitense
non ha mai reso nota alcuna prova a sostegno) ricordi un passo del testo Intellettuale ad
Auschwitz, scritto dal letterato e intellettuale J. Amry, deportato ad Auschwitz e liberato
nel 1945. Nellopera Amry si interroga non soltanto sulla possibilit di scrivere dopo la
tortura subita (fu torturato dalla Gestapo nel 1943) ma sulla stessa possibilit di vivere a
seguito della violenza a cui era stato sottoposto: Chi stato torturato, rimane torturato
[]. Chi ha subito il tormento non potr pi ambientarsi nel mondo, labominio dellan-
nullamento non si estingue mai. Cfr. J. Amry, Jenseits von Schuld und Shne. Bewltigungsver-
suche eines berwltigten, Szczesny Verlag, Mnchen 1966 (trad. it. di E. Ganni, Intellettuale a
Auschwitz, Bollati Boringhieri, Torino 1987).
2
J. Butler, Can one lead a good life in a bad life?Adorno Prize Lecture, in Radical Philo-
sophy, n. 176 (2012), pp. 9-19, p. 9 (trad. it. di N. Perugini, A chi spetta una buona vita?,
Edizioni Nottetempo, Roma 2013, p. 13).
3
T.W. Adorno, Minima moralia. Reflexionen aus dem beschdigten Leben, Suhrkamp Ver-
lag, Frankfurt 1951 (trad. it. di R. Solmi, Minima moralia. Riflessioni sulla vita offesa, Einaudi,
Torino 1994, p. 34). Listanza adorniana cui Judith Butler fa riferimento estratta dallafo-
risma Asilo per senzatetto, in cui Adorno si sofferma sullimpossibilit delluomo moderno
di abitare la propria casa, ovvero di possedere abitazioni che sono astucci preparati
da esperti e impianti di fabbrica verso cui gli abitanti non hanno il minimo rapporto.
Ed proprio questo rapporto di non-possedimento verso tutti i beni di consumo, di cui
la casa non che un esempio, a generare paradossalmente uno stato di dipendenza e
bisogno verso loggetto da possedere, assoggettamento che conduce, a sua volta, allin-
sensibilit non soltanto verso le cose ma verso gli uomini.
4
J. Butler, A chi spetta una buona vita?, cit., p. 13.
5
Ivi, p. 14.
6
Ivi, p. 21. Judith Butler riprende la suddivisione arendtiana fra sfera privata e sfera
pubblica, ovvero fra sfera che include il campo dei bisogni materiali e della sessualit e
sfera dellazione e del pensiero. Le vite poste in una penombra della vita pubblica sono,
dunque, vite che non possono comparire nel campo dellazione politica. La scissione
arendtiana oggetto di discussione e ripensata come punto di partenza per una politica
che prenda le mosse dalla corporeit, ovvero proprio da quella sfera che per Arendt rima-
ne relegata nel campo del privato e del non-politico.
7
Cfr. J. Butler, Undoing gender, Routledge, New York 2004 (trad. it. di P. Maffezzoli,
La disfatta del genere, Meltemi editore, Roma 2006, p. 68). Nel testo Judith Butler sotto-
linea come i regimi normativi governino lintelligibilit del campo sociale, consentendo
che un certo tipo di pratiche e di azioni diventino riconoscibili come tali, imponendo
delle griglie di leggibilit del sociale e definendo i parametri di ci che far o meno la sua
comparsa nella sfera sociale.
Gli atti insurrezionali discorsivi dei prigionieri di Guantnamo 71
8
Cfr. M. Foucault, La vie des hommes infmes, in Dits et crits II . 1976-1988, ditions
Gallimard, Paris 2001, p. 237.
9
J. Butler, Precarious life. The powers of mourning and violence, Verso, London 2004 (trad.
it. di O. Guaraldo, Vite precarie. Contro luso della violenza in risposta al lutto collettivo, Meltemi
editore, Roma 2004, p. 87).
10
C. Bonini, Guantanamo. Usa, viaggio nella prigione del terrore, Einaudi, Torino 2004,
p. 69.
11
Per unaccurata descrizione delle condizioni inumane dei detenuti cfr. The road
to Guantnamo, film documentario diretto da Michael Wirbebottom e Matt Whitecross
nel 2006.
12
M. Falkoff (a cura di), Poems from Guantnamo, cit., p. 21.
13
Ivi, p. 17.
72 Laura De Grazia
14
Ivi, p. 44.
15
Ivi, p. 44.
16
N. Rose, The politics of life itself, Princeton University Press, Princeton 2007 (trad. it.
di M. Marchetti e G. Pipitone, La politica della vita, Einaudi, Torino 2008, p. 8).
17
Ibidem.
18
Ibidem.
19
Per il processo della decisione, attraverso il quale si possono connettere i segmenti
dellesperienza vissuta in un modo o in un altro, cfr. A.G. Gargani, Il sapere senza fondamen-
ti, Mimesis, Milano 2009, p. 109.
20
A questo proposito, utile menzionare le iniziative politiche relative alla chiusura
di Guantnamo Bay. Dal 2008, il Presidente Barack Obama si pronuncia favorevole alla
chiusura del campo di prigionia. Lultimo recente intervento di Obama in merito risale al
23 maggio del 2013, in un discorso tenutosi alla National Defense University a Washing-
ton, in cui, tra le varie proposte di azione, insiste anche sullimportante necessit di for-
nire garanzia giuridica a ogni detenuto. Nonostante questo, la chiusura del campo rimane
ancora un punto insoluto. Un interessante ed efficace tentativo di denuncia del trattamen-
to dei prigionieri, possibile ritrovarlo nellindagine promossa nel 2008 dalla Columbia
University: obiettivo del progetto The Rule of Law Oral History Project, era indagare lo stato
dei diritti umani e civili a seguito dell11 settembre attraverso una raccolta di testimo-
nianze orali, tra cui interviste a ex-prigionieri, membri della Criminal Investigation Task
Gli atti insurrezionali discorsivi dei prigionieri di Guantnamo 73
Lessere esposti allo sguardo, ma anche alla violenza altrui, rivela una
comune vulnerabilit, una vulnerabilit primaria che si manifesta con par-
ticolare veemenza nelle affezioni del lutto e nella perdita. La percezione
emozionale del dolore appare una delle risposte affettive corporee pi
dirompenti, sintomo di una perdita che svela uno stato di non possedi-
mento del nostro s, di un essere messi a nudo da un altro che ci cattu-
ra e si impadronisce di noi stessi. Il dolore della perdita prorompe nella
vita ordinaria, scardinandola, mettendo in discussione noi stessi, come se
fossimo improvvisamente convocati da un altrove di cui non possiamo
appropriarci24. Judith Butler sottolinea come il dolore lungi dallapparte-
nere a una sfera privata, a una dimensione che ci riporta in una condizione
di solitudine, rivelatore di una costitutiva socialit del s, di uno spos-
sessamento che scompagina noi stessi attraverso segni destabilizzanti
[undoing]25. Il dolore potrebbe, dunque, diventare una preziosa risorsa cui
attingere per comprendere e rivendicare la nostra vulnerabilit, il nostro
essere socialmente costituiti, al fine di immaginare e conferire un altro
senso di appartenenza a una comunit politica.
Ma cosa succede se anzich trasformare il senso di perdita in risorsa
politica, si tenta di rifiutare il dolore26 e di negare cos la vulnerabilit pri-
maria che ci costituisce?
Per Judith Butler il fenomeno che si scatena allindomani dell11
settembre il 21 settembre 2001 , quando il Presidente Bush dichiara
che era necessario smettere di piangere i nostri morti e che ora era giunto
il momento di sostituire al dolore azioni precise27. Soltanto a due mesi
di distanza da queste dichiarazioni il 13 novembre 2001 il Presidente
Bush emana lordinanza Detenzione, trattamento e procedimento nei confronti di
alcuni non-cittadini nella Guerra al Terrorismo28, ordinanza che diverr il pre-
supposto dellideazione del campo detentivo dei non-cittadini rinchiu-
si a Guantnamo, affinch si tracciasse un solco profondo che separi
il destino dei nemici dellAmerica da quello della sua gente29. Tracciare
una linea di separazione fra la propria gente e i non-cittadini, equivale
a costruire una linea di spartizione fra chi era degno di essere pianto e
dunque di vivere, di essere considerato vita e chi era indegno di essere
compianto e indegno di essere considerato vita.
Bisognava, attraverso determinati scenari narrativi, smettere di pian-
gere i propri morti per sostituire al dolore azioni precise ma, al contem-
po, mantenere il dolore e il lutto nei confronti di chi appartiene alla nostra
nazione per giustificare lideazione di una lobby di acciaio in cui dall11
gennaio 2002 i liberi arrivano con la luce del mattino, i dannati in catene
nellinchiostro della notte30, di un campo in cui persino i prigionieri stessi
faticano a ricordare la data iniziale di prigionia31 e in cui la detenzione
appare sine die.
Conservare il dolore della perdita nei confronti di chi riconosciamo
come appartenente alla nostra comunit nazionale e negarlo nei confronti
di vite che non ci appartengono, appare come la manifestazione di una
distribuzione differenziale del lutto pubblico, distribuzione regolata da
specifici regimi di potere e che a sua volta condiziona le nostre reazioni
morali, reazioni che inizialmente appaiono in forma di percezione emoti-
vo-affettiva32 ma che in realt sono tacitamente regolate da determinate
griglie interpretative33. proprio la regolamentazione delle nostre per-
cezioni emozionali, attraverso un regime normativo che stabilisce chi
da compiangere, a far s che si provi indignazione nei confronti di alcune
27
J. Butler, Vite precarie, cit., p. 51.
28
Per il testo completo dellordinanza cfr. C. Bonini, Guantanamo, cit., p. 145.
29
Ivi, p. 68.
30
Ivi, p. 4.
31
il caso di Muhammed Naim Faruq, arrivato a Guantnamo nel 2002 e che a
distanza di un anno non ricorda neppure che giorno fosse quando mise piede nella baia.
32
J. Butler, Capacit di sopravvivenza, cit., p. 165.
33
Ibidem.
76 Laura De Grazia
Non si tratta solo di una morte riportata in tono minore, ma di una morte
che non degna di essere ricordata. Una morte che non trova spazio nel discorso
esplicito, e svanisce nelle ellissi che permettono al discorso pubblico di essere
ricordato35.
Una morte che non trova spazio nel discorso esplicito la morte di
una vita non degna di lutto, vita che non propriamente una vita e dun-
que non degna di considerazione ed per questo che la pubblicazione di
foto che ritraggono i corpi incatenati dei detenuti di Guantnamo foto
pubblicate non per denunciare un trattamento disumano ma per rappre-
sentare una vittoria nazionale da parte del Dipartimento della Difesa,
non suscita lo stesso orrore che proviamo nei confronti della perdita di
vite della nostra comunit.
La scissione fra vite da compiangere e vite inumane si produce
allinterno di meccanismi regolamentati dalla bio-politica, ovvero da quelle
forme di potere che, attraverso strumenti governativi e non governativi,
stabilendo un insieme di misure per la valutazione differenziale della vita
stessa36, conferiscono maggior valore a determinate vite rispetto ad altre.
Nellultima lezione di Il faut dfendre la socit, Foucault, chiedendosi
come sia possibile allinterno di una tecnologia di potere il cui fine po-
34
J. Butler, Vite precarie, cit., p. 59. Cfr. J. Butler, Capacit di sopravvivenza, cit., p. 163:
Dopo gli attacchi dell11 settembre sui media ci siamo imbattuti nelle immagini di coloro
che sono morti: i loro nomi, le loro storie, le loro famiglie. Il lutto pubblico era destinato
a fare di queste immagini icone per la nazione, il che significava, naturalmente, che per
le vittime non americane il lutto pubblico era considerevolmente minore, e addirittura
inesistente per i lavoratori clandestini.
35
Ivi, p. 56.
36
J. Butler, A chi spetta una buona vita?, cit., p. 19.
Gli atti insurrezionali discorsivi dei prigionieri di Guantnamo 77
37
Per una lettura e problematizzazione delle forme di bio-politica contemporanee
cfr. N. Rose, La politica della vita, cit., p. 84. Rose sottolinea che la bio-politica pi una
prospettiva che un concetto: fa emergere da parte di autorit differenti una molteplicit
di tentativi [] di intervento sugli esseri umani [], come creature viventi che sono nate,
maturano, abitano un corpo addestrabile e potenziabile, e poi si ammalano e muoiono.
38
M. Foucault, Il faut dfendre la socit, ditions Gallimard, Paris 1997 (trad. it. di
M. Bertani e A. Fontana, Bisogna difendere la societ, Feltrinelli, Milano 2009, p. 219).
39
Ivi, p. 220.
40
J. Butler, Capacit di sopravvivenza, cit., p. 166.
41
M. Foucault, Bisogna difendere la societ, cit., p. 221.
42
lunico precedente giurisprudenziale di cui si avvalsa lOrdinanza militare
Detenzione, trattamento e procedimento nei confronti di alcuni non-cittadini nella Guerra al Terrorismo.
La qualifica di enemy combatant si origina nel 1942, dopo la cattura di otto sabotatori
nazisti, catturati a Long Island e processati da una Commissione militare istituita dal Pre-
sidente Roosevelt. La Commissione li mand a morte, a seguito del rifiuto, da parte della
Corte suprema, di occuparsi del caso, dichiarandosi non competente a pronunciarsi su
prigionieri di guerra, che in fondo non potevano essere riconosciuti come tali e che erano
piuttosto definibili come enemy combatants.
43
Cfr. C. Bonini, Guantanamo, cit., p. 21. Lentrata al campo detentivo infatti com-
posta da una serie di porte dacciaio, porte che non si aprono prima che si chiuda la
78 Laura De Grazia
precedente e sulla cui porta iniziale ritroviamo il cartello Camp Delta Honor bound
to defend freedom che fa da confine alla cattivit con lomaggio della sua negazione.
44
Ivi, p. 70.
45
Ivi, p. 145.
46
Si tratta di una serie di disposizioni estratte dallordinanza Detenzione [] a cui
devessere soggetto il non-cittadino rinchiuso a Camp Delta.
47
Cfr. J. Butler, Vite precarie, cit., p. 106: Quando gli Stati Uniti dichiarano di trattare
i prigionieri con umanit usano lespressione a modo loro e per i propri scopi, ma non
accettano che laccordo di Ginevra stabilisca come si dovrebbe legittimamente usare.
48
Cfr. M. Foucault, Lemergenza delle prigioni. Interventi su carcere, diritto, controllo, La casa
Usher, Firenze 2011, pp. 145-146. Foucault, descrivendo la prigione dAttica, osserva
come la struttura architettonica del sistema carcerario ne rispecchia gli obiettivi politici.
La prigione era, infatti, munita di un doppio sistema di sbarre, quelle che separano la
prigione dallesterno e quelle che, allinterno della prigione, isolano ogni singola cella dalla
sua vicina.
Gli atti insurrezionali discorsivi dei prigionieri di Guantnamo 79
corpo, deve essere separato dagli altri, perch da un braccio allaltro non si
possa n sentire n vedere49. Necessario, in quella babele di linguaggi50,
abolire ogni forma di comunicazione, non solo fra un detenuto e un altro,
ma anche fra i reclusi e i carcerieri. Difatti, non sono soltanto i prigionieri
a non avere nome ma solo un numero corrispondente a quello della loro
cella, ma gli stessi secondini, perch le misure del campo impongono loro
di nascondere la stringa di stoffa che, come in tutti gli eserciti del mondo,
d un cognome a una faccia51.
Lisolamento materiale e linguistico generato dalla mancanza di co-
municazione costituisce uno dei primi fattori di mortalit, perch in
Camp Delta non sono di certo rari i tentati suicidi. Ritroviamo, fra questi,
il caso di Shama Moahamed, il quale, rimanendo segregato per oltre un
anno, prova a suicidarsi quattro volte proprio per limpossibilit di comu-
nicare con gli altri membri del proprio braccio.
Il malessere diffuso dei prigionieri, che deriva dal trattamento umani-
tario cui sono sottoposti, colpisce anche i sorveglianti, affetti da ci che
loro stessi definiscono sintomi di Gytmo, la sindrome di Guantnamo,
che si manifesta con incubi notturni, senso di sonnolenza, accrescimento
o diminuzione dellappetito e unimprovvisa aggressivit. A Guantnamo,
luogo in cui la linea di discrimine tra carcerieri e segregati sempre un
confine incerto, sottile [] la deportazione condizione di tutti52.
La deportazione diventa condizione di tutti perch tutti possono es-
sere sottoposti a procedimenti detentivi sulla base di singoli sospetti, tutti,
compresi gli stessi carcerieri. il caso del capitano musulmano James J.
Yee ufficiale dellesercito e guida spirituale dei prigionieri , unico anello
di congiunzione fra liberi e condannati a Guantnamo Bay. Yee verr ar-
49
Cfr. C. Bonini, Guantanamo, cit., p. 25. Si differenziano da queste celle le sale degli
interrogatori, in cui costantemente accesa la luce elettrica perch il prigioniero non
distingua il giorno dalla notte. Non sappia se rimasto di fronte ai suoi interlocutori per
una, due, tre o nove ore, come pure accade. Ci racconta Feroz Ali Abbasi, uno dei pri-
missimi detenuti di Guantnamo, a proposito degli interrogatori: The interrogators job
was not to work out whether you were a terrorist or not. It was to prove that you were
a terrorist, whether you were a terrorist or not [] They did not want to lie but at the
same time they wanted you to implicate yourself from your words. Cfr. http://library.
columbia.edu/locations/ccoh/new _projects/rule_of_law/abbasi-oral-history.html.
50
In Camp Delta sono, infatti, parlate quarantadue lingue e diciassette dialetti.
51
C. Bonini, Guantanamo, cit., p. 33.
52
Ivi, p. 43.
80 Laura De Grazia
un occhio [] che potr dispiegare la propria sovranit su tutti gli individui situati allin-
terno di questa macchina di potere. [] Sotto questi aspetti si pu dire che il panopticon
il sogno pi antico del sovrano pi antico. Per unanalisi dellassociazione fra sovranit e
disciplina cfr. L. Cremonesi, Michel Foucault e il mondo antico, cit., p. 30.
60
Ibidem.
61
J. Butler, Vite precarie, cit., p. 76.
62
Ivi, p. 77.
63
Ivi, p. 74.
64
Ivi, p. 77. Chi rientra nella competenza di queste Commissioni militari non pu
avvalersi del diritto di appello presso le Corti civili degli Stati Uniti, le quali hanno dichia-
rato di non avere alcuna giurisdizione su Guantnamo, in quanto luogo posto al di fuori
del territorio degli Stati Uniti.
65
Ivi, p. 82.
82 Laura De Grazia
66
Cfr. L. Bernini, Lestasi dellalterit. La teoria del riconoscimento di Judith Butler, in Fogli
Campostrini, vol. 3 (2012), n. 3, pp. 37-48, p. 42: Ogni soggetto esiste [] fuori di s,
perch la realt della sua identit dipende dal riconoscimento degli altri soggetti. Pensare
alla soggettivit in termini di struttura estatica, il risultato della rielaborazione butleria-
na della teoria hegeliana del riconoscimento tra signore e servo, teoria contenuta ne La
fenomenologia dello spirito e commentata nelle lezioni di Alexandre Kojve. Se vero che
in una data societ il riconoscimento reso possibile da norme sociali che preesistono
al soggetto, il soggetto non mai pienamente determinato dalle norme sociali che lo
costituiscono: egli pu agire attivamente allinterno del tessuto sociale di cui fa parte, sulle
stesse norme che hanno permesso il suo sorgere allinterno di una rete di relazioni.
67
J. Butler, Capacit di sopravvivenza, cit., p. 168.
Gli atti insurrezionali discorsivi dei prigionieri di Guantnamo 83
68
Cfr. M. Foucault, Le sujet et le pouvoir, in Dits et crits II, cit., p. 1060: Le mot de stra-
tgie est employ couramment en trois sens [] il sagit de la rationalit mise en ouvre
pour atteindre un objectif [], la manire dont on essaie davoir prise sur lautre [], il sagit
[] des moyens destins obtenir la victoire. Ces trois significations se rejoignent dans
les situations daffrontement guerre ou jeu o lobjectif est dagir sur un adversaire
de telle manire que la lutte soit pour lui impossible. Ho caratterizzato il discorso come
gioco strategico per sottolineare come esso possa funzionare sia come strategia di
potere, ovvero come linsieme dei mezzi messi in atto per far funzionare o mantenere
un dispositivo di potere, sia come strategia di lotta, insieme dei mezzi messi in atto per
rovesciare una relazione di potere.
69
M. Foucault, Moi Pierre Rivire, ayant gorg ma mre, ma soeur et mon frre, ditions
Gallimard, Paris 1973 (trad. it. di A. Fontana e P. Pasquino, Io Pierre Rivire, avendo sgozzato
mia madre, mia sorella e mio fratello, Einaudi, Torino 2000, p. XIII).
70
Ivi, p. 219. Linteresse rivolto al racconto di Rivire da parte delle istituzioni penali
e mediche, porta in luce il sorgere di unestrema attenzione verso avvenimenti minuti
e oggetti che di solito non trovano posto nei quotidiani per mancanza di dignit o di
importanza sociale. Essi ci raccontano di una storia senza padroni, popolata di eventi
frenetici e autonomi, una storia al di sotto del potere e che va a urtare contro la legge.
71
Ivi, p. XVIII.
72
Ivi, p. XIX.
84 Laura De Grazia
85
P. Levi, Opere, vol. II, cit., p. 1086.
86
M. Falkoff (a cura di), Poesie da Guantnamo, cit., p. 15. Ricordiamo, a proposito
di violenza inutile cui sono sottoposti i prigionieri, che unanalisi condotta nel 2008
sui casi dei detenuti ha dimostrato che solo l8% dei detenuti stato accusato di essere
combattente di al Qaeda.
87
Ibidem.
88
Ivi, p. 56.
89
Ibidem.
90
P. Levi, Opere, vol. II, cit., p. 1062.
91
J. Butler, Vite precarie, cit., p. 45. Cfr. J. Butler, A chi spetta una buona vita?, cit., pp. 30-
32. Judith Butler ci ricorda come anche nei campi di concentramento, ovvero in condizio-
Gli atti insurrezionali discorsivi dei prigionieri di Guantnamo 87
poi la poesia scritta su una tazza passava di cella in cella fino a finire nella
spazzatura della giornata98. Solo a distanza di un anno furono autorizzati
ad avere carta e penna e, per la prima volta, le poesie non solo superarono
la fine di un pasto, ma riuscirono anche a essere pubblicate.
Pur non possedendo un quadro esauriente dei componimenti scrit-
ti nel campo detentivo centinaia di essi furono distrutti o confiscati
perch ritenuti dal Pentagono un rischio per la sicurezza nazionale , ci
troviamo di fronte a una riattualizzazione degli strumenti del GIP, attra-
verso il tentativo di ritrovare una parola soggettiva [] cancellata sia
dal discorso penale che dalle pratiche penitenziarie99. Tuttavia, secondo
Judith Revel, il GIP non riusc a sottrarre le prese di parola dei detenu-
ti dalloggettivazione carceraria, in quanto listituzione penale arriv ad
anticipare le richieste dei prigionieri, togliendo loro quellio parlo cos
difficilmente guadagnato100.
Il GIP riusc a portare in luce le condizioni delle carceri e dei detenuti
ma non raggiunse lintento, al contempo etico e politico, di creare uno
spazio di discorso attraverso cui sperimentare nuove forme di lotta. La
nuova enqute-intolerance, promossa da chi come Falkoff, ha raccolto
i testi poetici dei detenuti di Guantnamo, ha raggiunto questobiettivo?
Se pensiamo che il 17 gennaio del 2008 a Roma, nellambito della ma-
nifestazione Chiudere Guantnamo, ora!, il corteo, i cui partecipanti indossa-
vano una tuta arancione, sfil fino allAmbasciata Usa e allarrivo vennero
lette poesie dei detenuti, allora il tentativo di far ascoltare le loro voci e
di farle entrare a far parte del dibattito101 ha prodotto quella che Butler
definirebbe una forma di azione concertata, una resistenza plurale che si
attua sia nel tessuto carcerario, attraverso la rivendicazione di una parola
soggettiva, non afferrabile dal sistema penale, sia allesterno del campo
detentivo, con il tentativo di evidenziare lesistenza a ogni manifestante
era assegnato il nome di un detenuto da rappresentare di coloro che
non sono degni di lutto nello spazio pubblico102.
Attraverso lo Hate speech, atto linguistico ingiurioso, si costituisce il
soggetto in termini di subordinazione, ma proprio da questa posizione
98
M. Falkoff, (a cura di), Poesie da Guantnamo, cit., p. 17.
99
J. Revel, Michel Foucault, cit., p. 90.
100
Ibidem.
101
Ibidem.
102
J. Butler, A chi spetta, cit., p. 60.
Gli atti insurrezionali discorsivi dei prigionieri di Guantnamo 89
Pace, dicono []
che genere di pace?
[] Loro parlano, loro discutono, loro uccidono
Loro combattono per la pace104.
103
J. Butler, Excitable speech. A politics of performative, Routledge, Oxford, 1997 (trad.
it. di S. Adamo, Parole che provocano. Per una politica del performativo, Raffaello Cortina Edi-
tore, Milano 2010, p. 20). Cfr. I. Hacking, Historical ontology, Harvard University Press,
Cambridge 2002 (trad. it. di P. Savoia, Ontologia storica, Edizioni ETS, Pisa 2010, p. 115).
Nel saggio Hacking descrive due vettori attraverso i quali formare le persone [making
up people]: uno il vettore dellatto di etichettare dallalto: si tratta di una comunit di
esperti che crea una categoria attraverso la quale formare le persone, laltro il vettore dal
basso, il vettore del comportamento autonomo della persona etichettata, che crea una
propria realt. Il vettore dal basso problematizza le categorie attribuite dallalto, creando
nuove linee di congiunzione e interferendo con lalto attraverso la risignificazione della
categoria attribuita. Per il processo di risignificazione cfr. J. Butler, Bodies that matter:
On the Discursive Limits of Sex, Routledge, Oxford 1993 (trad. it. di S. Capelli, Corpi che
contano: i limiti discorsivi del Sesso, Feltrinelli, Milano 1996).
104
M. Falkoff (a cura di), Poesie da Guantnamo, cit., p. 56.
105
Ivi, p. 66.
90 Laura De Grazia
106
M. Falkoff (a cura di), Poesie da Guantnamo, cit., p. 26.
107
Ivi, p. 74.
108
P. Levi, Opere, vol. I, cit., p. 116.
109
J. Butler, A chi spetta, cit., p. 60.
110
Ibidem.
111
Cfr. A.I. Davidson (a cura di), La vacanza morale del fascismo. Intorno a Primo Levi,
Edizioni ETS, Pisa 2009. Davidson sottolinea come Primo Levi richieda un intervento
etico al lettore attraverso la sua richiesta di giudicare se questo un uomo, ovvero di giudicare
se pu essere ancora uomo chi ha vissuto ci che Primo Levi racconta.
Gli atti insurrezionali discorsivi dei prigionieri di Guantnamo 91
Osservazioni conclusive
118
M. Foucault, Inutile de se soulever?, in Dits et crits II, cit., p. 793.
119
M. Falkoff (a cura di), Poesie da Guantnamo, cit., p. 66.
120
Cfr. M. Foucault, Sullorigine dellermeneutica del s, Edizioni Cronopio, Napoli 2012,
p. 92: Forse il nostro problema, oggi, scoprire che il s non nientaltro che il correlato
storico [delle tecnologie] che abbiamo costruito nella nostra storia. Forse il problema,
oggi, cambiare queste tecnologie, [o sbarazzarcene, sbarazzandoci cos del sacrificio ad
esse connesso].
121
Per il testo completo dellintervista cfr. Limmaginario nazionale imposto a viva forza.
Sovranit, confini, vulnerabilit , comparsa su Il manifesto il 25 marzo del 2008.
Gli atti insurrezionali discorsivi dei prigionieri di Guantnamo 93
Laura De Grazia
Universit di Pisa
degrazia.laura@yahoo.it
.
The Insurrectionary Discourses of Guantnamos Prisoners: the Claim of Vulnerabilitys Politic
The paper focuses on the question raised by Judith Butler when she was awarded
the Adorno Prize 2012: can one lead a good life in a bad life? Through this interroga-
tive, the article examines the contemporary mechanisms of powers that produce
the scission between grievable or ungrievable lives and the possibility to realize a
vulnerabilitys politics. Specifically, the paper focuses on the ungrievable lives of
Guantnamo Bays prisoners, analyzing the dehumanization techniques inflicted
on enemy combatant status that escapes the field of national and international
laws and the insurrectionary discourses of the prisoners. Theirs poems are exa-
mined through the Foucauldian framework of contre-discours, a discursive act whe-
reby interweave the dimension of politics the radical critique to the violence of
the nation-state and ethics, through the appeal of a common precariousness.
In the last point, the paper analyzes the Butlers ethics of non-violence in order
to examine how ethics of radical pacifism can be combined with social practices
that are able to disturb the politic field.
122
J. Butler, Critica della violenza etica, cit., p. 137.
123
Ivi, p. 139.
124
Ibidem.