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ESEMPI

DI TESINE
1. La campagna antisemita in Italia: i documenti
ufficiali e il ruolo della stampa nazionale
a cura di Rosa Castellaro

1. Il 1938: la nascita dellantisemitismo di stato

Lantisemitismo di Mussolini si dichiar in modo netto solo a partire dalla seconda met del 1936.
Nonostante le chiassose manifestazioni antisemite di alcune ali estreme del fascismo, fino a
quellanno la stessa possibilit che in Italia si determinasse un problema ebraico appariva agli occhi
di tutti non solo remota, ma addirittura assurda, anche in considerazione della legge sulle Comunit
israelitiche approvata nel 1931, che garantiva una sostanziale libert di culto.
Secondo lo storico Renzo De Felice (in Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi,
1972), Mussolini non pu essere considerato per molti e molti anni un antisemita. Sino al 1937
lidea di un antisemitismo di stato fu lontanissima da lui Certo verso gli ebrei Mussolini ebbe
sempre una certa diffidenza, ma si trattava della diffidenza tipica di tutti i nazionalisti: era la
diffidenza tipica del provinciale insofferente di tutto ci che, in un modo o in un altro, costituiva un
legame che non fosse quello meramente nazionale. Lalta banca e linternazionale ebraica erano
per lui una realt, con la quale per non voleva scontrarsi e che, in ogni caso, non riteneva avesse in
Italia agganci molto potenti Un certo mito della razza riscontrabile nel suo pensiero e nella sua
opera sin dai primi anni e dopo la marcia su Roma; esso non ebbe per mai nulla in comune con il
razzismo nazista. Gli scopi e i limiti del razzismo mussoliniano non andarono mai, sino alla
conquista dellEtiopia, oltre la realizzazione di una politica sanitaria, demografica ed eugenetica,e,
pi latamente, oltre laspirazione di sostituire negli italiani alla coscienza borghese dellItalietta
una coscienza imperiale di Roma, non oltre insomma la vitalizzazione e il potenziamento
fisico e morale degli italiani [Intervenendo nella] relazione del 30 aprile [1929] alla Camera del
ministro Rocco sullesercizio dei culti ammessi il duce aveva tra laltro affermato: Gli ebrei
sono a Roma dal tempo dei Re; forse fornirono gli abiti dopo il ratto delle Sabine. Erano
cinquantamila ai tempi di Augusto e chiesero di piangere sulla salma di Giulio Cesare. Rimarranno
indisturbati. (opera citata, pagg. 235/236. Dal cap. VI della stessa opera sono ricavati molti dati
riportati in seguito).
La svolta dellatteggiamento di Mussolini sulla questione della razza, e, in particolare su quella
ebraica, risalente al 1936, se fu avviata da una serie di circostanze di varia natura (la presa di
posizione antifascista di singoli ebrei e di organizzazioni ebraiche in occasione della guerra
dEtiopia e di quella di Spagna; la convinzione dellesistenza di una Internazionale ebraica alleata i
nemici del fascismo; le critiche alla politica economica mussoliniana mossa da alcuni industriali e
uomini daffari ebrei; il timore che, conquistata lEtiopia, la razza italiana potesse contaminarsi
attraverso un meticciato di vasta scala; linfluenza di un entourage sempre pi apertamente
antisemita; soprattutto Farinacei e Preziosi), ebbe come sua vera causa la convinzione che per
rendere granitica lalleanza italo-tedesca fosse necessario allineare la politica dei due regimi in
tutti i campi, compreso quello dellantisemitismo.
La politica razziale messa a punto tra il 1937 e il 1938 e la conseguente legislazione del 1938
costituiscono dunque il pegno di Mussolini verso la Germania nazista. Se si considera il peso che
lantisemitismo aveva assunto nellideologia nazista, risulta evidente la necessit per un alleato, che
volesse essere considerato veramente tale , di adeguarvicisi, senza cercare di aggirare vanamente la
questione.
Le tappe dellantisemitismo di Mussolini coincidono quasi costantemente con un suo ulteriore
avvicinamento al nazismo: dopo la visita di Mussolini in Germania ( 25 29 settembre 1937),
viene affidato a Ciano il coordinamento della campagna antisemita; nei mesi antecedenti alla visita
di Hitler in Italia (3 9 maggio 1938), la stampa italiana scatena una vasta campagna antisemita; il
14 luglio 1938 pubblicato il manifesto della razza, seguito dal Comunicato del P.N.F. sulla razza
(26 luglio); dopo lincontro a Monaco (29 30 settembre 1938) tra Hitler e Mussolini, il Gran
Consiglio decide la persecuzione contro gli ebrei (6 ottobre).
Lantisemitismo di stato diventa da questo momento una realt concreta e attiva. E interessante
tuttavia mettere in rilievo lintenzione costantemente manifestata da Mussolini di mantenere
allintera legislazione per la difesa della razza una caratteristica italiana ben precisa, che la
differenziasse da quella nazista. Specialmente in questo campo, Mussolini aborriva di apparire un
imitatore di Hitler.

2. Lantisemitismo nei documenti ufficiali del 1938

Mentre gi a partire dal 1936 si susseguono sempre pi apertamente dichiarazioni, e azioni, di tono
antisemita in vari ambienti vicini al governo, la prima manifestazione ufficiale del nuovo
atteggiamento di Mussolini verso gli ebrei si colloca nel 1938. Si tratta dellInformazione
diplomatica n.14, redatta personalmente da Mussolini e pubblicata il 16 febbraio 1938.
A una prima parte di tono conciliante, in apparenza rivolta a fugare le apprensioni di chi temeva
imminenti provvedimenti del governo contro gli ebrei (Il Governo fascista non pens mai, n
pensa adesso, a prendere misure politiche, economiche, morali, contrarie agli ebrei, in quanto tali,
salvo, beninteso, nel caso in cui si trattasse di elementi ostili al Regime), segue una precisazione
finale che lascia intravedere quale fosse in realt lintenzione del duce nei confronti degli ebrei: Il
Governo fascista si riserva tuttavia di vegliare sullattivit degli ebrei di recente giunti nel nostro
paese e di fare in maniera che la parte degli ebrei nella vita dinsieme della nostra Nazione non sia
sproporzionata ai meriti intrinseci individuali e allimportanza numerica della loro comunit.
La cautela di questo documento ha varie motivazioni: da una parte la consapevolezza di Mussolini
dellostilit, per il momento, dellopinione pubblica italiana impreparata verso drastici
provvedimenti contro gli ebrei, dallaltra la preoccupazione circa la risonanza che disposizioni pi
rigide avrebbero avuto allestero e presso la Santa Sede. Pot non essere estraneo a questo
atteggiamento prudente di Mussolini anche il timore di una fuga improvvisa dallItalia di grossi
capitali in mano agli ebrei.
Il secondo documento ufficiale il Manifesto degli scienziati razzisti del 14 luglio, che fissa la
posizione ufficiale del fascismo nei confronti dei problemi della razza. Il documento porta la firma
di un gruppo di docenti universitari, tra i quali si trova Nicola Pende, ma a giudizio di Galeazzo
Ciano fu scritto interamente da Mussolini .
Il Manifesto si compone di dieci capitoletti che portano i seguenti titoli: 1. Le razze umane esistono;
2. Esistono grandi e piccole razze; 3. Il concetto di razza concetto puramente biologico; 4. La
popolazione dellItalia attuale di origine ariana la sua civilt ariana; 5. E una leggenda
lapporto di masse ingenti di uomini in tempi storici; 6. Esiste ormai una pura razza ariana; 7. E
tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti; 8. E necessario fare una netta distinzione
fra i mediterranei dEuropa (occidentali) da una parte, gli orientali e gli africani dallaltra; 9. Gli
ebrei non appartengono alla razza ariana; 10. I caratteri fisici e psicologici degli italiani non
debbono essere alterati in alcun modo.
Il tono del documento chiaramente razzista, ma al suo interno solo il capitoletto 9 si occupa in
modo esplicito degli ebrei: Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della
nostra Patria nulla in generale rimasto. Anche loccupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato al
di fuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo
in Italia. Gli Ebrei rappresentano lunica popolazione che non si mai assimilata in Italia, perch
essa costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno
dato origine agli italiani.
Ben pi chiaro risulta latteggiamento di Mussolini nel documento ufficiale successivo,
lInformazione diplomatica n.18 del 5 agosto. Nella parte centrale del documento si dice: Occorre
anche un forte sentimento, un forte orgoglio, una chiara onnipresente coscienza di razza.
Discriminare non significa perseguitare. Questo va detto ai troppi ebrei dItalia e di altri paese, i
quali ebrei lanciano al cielo inutili lamentazioni, passando con la nota rapidit dalla invadenza e
dalla superbia allabbattimento e al panico insensato. Come fu detto chiaramente nella nota n.14
dellInformazione diplomatica, e come si ripete oggi, il Governo fascista non ha alcun piano
persecutorio contro gli ebrei in quanto tali. Si tratta di altro. Gli ebrei in Italia nel territorio
metropolitano sono 44.000, secondo i dati statistici ebraici, che dovranno per essere confermati da
un prossimo speciale censimento; la proporzione sarebbe quindi di un ebreo ogni mille abitanti. E
chiaro che, dora innanzi, la partecipazione degli ebrei alla vita globale dello Stato dovr essere, e
sar, adeguata a tale rapporto .
Sulla basa di questa precisazione ufficiale, si mette subito in moto un apparato persecutorio nei
confronti degli ebrei, che vede coinvolti tutti i Ministeri e in particolare quello dellEducazione
Nazionale. Gi il 6 agosto il ministro Bottai invia ai Provveditorati italiani una circolare nella quale
si raccomanda di creare nella scuola dellinfanzia il clima adatto alla formazione di una prima,
embrionale coscienza razzista, mentre nella scuola media il pi elevato sviluppo mentale degli
adolescenti, gi a contatto con la tradizione umanistica attraverso la studio delle lingue classiche,
della storia e della letteratura, consentir di fissare i capisaldi della dottrina razzista, i suoi fini e i
suoi limiti. La propagazione della dottrina continuer, infine, nella scuola superiore dove la
giovent studiosa, col sussidio degli cognizioni umanistiche e scientifiche gi acquisite, potr
approfondirla e prepararsi ad esserne, a sua volta, divulgatrice e animatrice.
Un ulteriore aggravamento delle condizioni di vita degli ebrei italiani fu determinato dal Decreto
Legge emanato dal Consiglio dei Ministri il 2 e 3 settembre 1938. In esso si vietava agli ebrei
stranieri di fissare stabile dimora nel Regno, il Libia e nei possedimenti dellEgeo. Tutte le
concessioni di cittadinanza italiana fatte a stranieri ebrei in data posteriore al 1 gennaio 1919 erano
revocate. Gli ebrei erano esclusi dallinsegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado e gli alunni
di razza ebraica non erano ammessi alla frequenza delle scuole pubbliche.
Nel periodo che intercorre tra lagosto e lottobre del 1938 furono fatti censimenti degli ebrei
italiani e stranieri presenti nel Regno; fu iniziata lelaborazione statistica e nominativa per categorie
dei beni degli ebrei e delle loro istituzioni.
Altre iniziative collaterali furono rivolte a escludere la presenza giudaica in tutti i settori della vita
nazionale, soprattutto in quello della cultura. Speciali disposizioni vietarono, ad esempio,
lesposizione nelle librerie di libri di autori non ariani o la trasmissione da parte dellEIAR di
musiche e testi di autori ebrei.
I provvedimenti pi duri e espliciti nei confronti degli ebrei furono quelli presi dal Gran Consiglio
nella notte tra il 6 e il 7 ottobre. A quella data, Mussolini si era ormai convinto che lantisemitismo
era inoculato nel sangue degli italiani: ora avrebbe continuato da solo a circolare e a svilupparsi.
Dopo aver ricordato che il Fascismo ha svolto da sedici anni e svolge unattivit positiva, diretta al
miglioramento quantitativo e qualitativo della razza italiana, miglioramento che potrebbe essere
gravemente compromesso, con conseguenze politiche incalcolabili, da incroci e imbastardimenti, il
Gran Consiglio stabiliva:
a) il divieto di matrimoni di italiani e italiane con elementi appartenenti alle razze camita, semita e
altre razze non ariane;
b) il divieto per i dipendenti dello Stato e di Enti pubblici personale civile e militare di contrarre
matrimonio con donne straniere di qualsiasi razza;
c) il matrimonio di italiani e italiane con stranieri anche di razze ariane dovr avere il preventivo
consenso del ministro dellInterno;
d) dovranno essere rafforzate le misure contro chi attenta al prestigio della razza nei territori
dellImpero.
Per quanto riguardava i rapporti tra ebrei e Fascismo, il Gran Consiglio si esprimeva in questo
modo:
. Lebraismo mondiale specie dopo labolizione della massoneria stato lanimatore
dellantifascismo in tutti i campi Lebraismo estero o italiano fuoruscito stato in taluni
periodi culminanti come nel 1924 25 e durante la guerra etiopica unanimemente ostile al
Fascismo Tutte le forze antifasciste fanno capo ad elementi ebrei; lebraismo mondiale , in
Spagna, dalla parte dei bolscevichi di Barcellona.
Dopo aver affermato che lespulsione degli indesiderabili indispensabile, il Gran Consiglio
dettava i criteri per stabilire lappartenenza o meno alla razza ebraica:
a) di razza ebraica colui che nasce da genitori entrambi ebrei;
b) considerato di razza ebraica colui che nasce da padre ebreo e da madre di nazionalit straniera;
c) considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da un matrimonio misto, professa la
religione ebraica;
d) non considerato di razza ebraica colui che nato da un matrimonio misto, qualora professi
altra religione allinfuori dellebraica, alla data del primo ottobre XVI.
Nello stesso provvedimento erano elencate le categorie di ebrei che potevano essere discriminate,
per particolari meriti, patriottici e di difesa della causa fascista, rispetto a quanto previsto dalle
norme fissate; in nessun caso per agli ebrei era consentito linsegnamento nelle scuole di ogni
ordine e grado.
Per tutti gli altri ebrei venivano fissati i seguenti divieti:
I cittadini italiani di razza ebraica, non appartenenti alle suddette categorie, nellattesa di una
nuova legge concernente lacquisto della cittadinanza italiana, non potranno:
a) essere iscritti al Partito nazionale Fascista;
b) essere possessori o dirigenti di aziende di qualsiasi natura che impieghino cento o pi
persone
c) essere possessori di cinquanta ettari di terreno;
d) prestare servizio militare in pace e in guerra.
Lesercizio delle professioni sar oggetto di ulteriori provvedimenti.
il Gran Consiglio decise inoltre:
1) che agli ebrei italiani allontanati degli impieghi pubblici sia riconosciuto il normale diritto di
pensione;
2) che ogni forma di pressione sugli ebrei, per ottenere abiure, sia rigorosamente repressa;
3) che nulla si innovi per quanto riguarda il libero esercizio del culto e lattivit delle comunit
ebraiche secondo le leggi vigenti;
4) che, insieme alle scuole elementari, si consenta listituzione di scuole medie per ebrei.
Non veniva esclusa, nello stesso tempo, la possibilit di una controllata immigrazione di ebrei
europei in qualche zona dellEtiopia.
Con il Decreto Legge del 17 novembre 1938, le decisioni pi importanti del Gran Consiglio furono
trasformate il leggi dello stato, con alcune modifiche e integrazioni. Tra esse citiamo quelle
contenute negli articoli 11, 12, 13:
Art. 11. Il genitore di razza ebraica pu essere privato della patria potest sui figli che
appartengano a religione diversa da quella ebraica, qualora risulti che egli impartisca ad essi
uneducazione non corrispondente ai loro principi religiosi o a fini nazionali;
Art. 12. Gli appartenenti alla razza ebraica non possono avere alle proprie dipendenze, in qualit di
domestici, cittadini italiani di razza ariana.
Art. 13. Non possono avere alle proprie dipendenze persone appartenenti alla razza ebraica:
a) le Amministrazioni civili e militari dello Stato;
b) il Partito Nazionale Fascista e le organizzazioni che ne dipendono o che ne sono controllate;
c) le Amministrazioni delle Province, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche di assistenza e di
beneficenza e degli Enti, istituti ed Aziende, comprese quelle di trasporti in gestione diretta,
amministrate o mantenute col concorso delle Province, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche
di assistenza e di beneficenza, o dei loro Consorzi;
d) le Amministrazioni delle aziende municipalizzate;
e) le Amministrazioni degli Enti parastatali, comunque costituiti e denominati, delle Opere
nazionali, delle Associazioni sindacali ed Enti collaterali e, in genere, di tutti gli Enti ed Istituti
di diritto pubblico, anche con ordinamento autonomo, sottoposti a vigilanza o a tutela dello
Stato, o al cui mantenimento lo Stato concorra con contributi di carattere continuativo;
f) le Amministrazioni delle aziende annesse o direttamente dipendenti dagli Enti di cui alla
precedente lettera a) o che attingano ad essi, in modo prevalente, i mezzi necessari per il
raggiungimento dei propri fini, nonch delle societ, il cui capitale sia costituito, almeno per
met del suo importo, con la partecipazione dello Stato;
g) le Amministrazioni delle banche di interesse nazionale;
h) le Amministrazioni delle imprese private di assicurazione.
Altri Decreti Legge, contemporanei o successivi, furono rivolti a regolare particolari aspetti della
questione ebraica (ad esempio il D.L. del 15 novembre, n. 1779), fissava precise disposizioni
persecutorie nei confronti degli ebrei nellambito scolastico); unincalcolabile quantit di circolari,
talora contraddittorie, si faceva carico di rendere esplicita agli uffici pubblici la volont del Duce
nei confronti degli ebrei.

3. La partecipazione dei giornali italiani alla campagna antisemita

Il ruolo svolto dalla stampa nazionale nella campagna antisemita appare fondamentale, ancor pi di
quanto non lo sia stato nella preparazione della guerra etiopica. Come afferma Paolo Murialdi, la
rilevanza e la peculiarit del ruolo dei giornali deriva da due considerazioni. La prima che un
problema ebraico, e, tanto meno, labominio razzista erano estranei ai sentimenti della stragrande
maggioranza degli italiana; le tendenze antisemite, gi affiorate prima del fascismo ma alimentate
da capi fascisti fanatici, erano circoscritte a pochi e ristretti ambienti. E stata quindi la stampa, nei
modi e nei diversi gradi che vedremo, ed esclusi alcuni fogli cattolici, a creare prima un problema
ebraico e poi a tentare di convincere che la difesa della razza imponeva gli interventi persecutori
contro gli ebrei.
La seconda constatazione che lopera di inoculazione del veleno razzista, perseguita fin dai primi
anni del fascismo dai giornali di Farinacci [direttore di Cremona nuova e de Il regime fascista],
Interlandi [direttore de Il Tevere e successivamente de La difesa della razza] e Preziosi [direttore de
Il mezzogiorno, quotidiano di Napoli], trova altri giornali pronti a collaborare prima che Mussolini
dia il via allorchestrazione generale della campagna . (ne La stampa del regime fascista, Laterza,
Bari, 1986, pag. 164)
Filippo Sacchi, ritornando con la memoria a quegli anni, afferma:Allora, uno che leggeva i
giornali, anche solo i titoli, doveva pensare che ogni redazione fosse una specie di cittadella
fascista, dove incontrandosi nei corridoi i redattori si scambiassero il saluto romano e ogni velina
del Minculpop fosse accompagnata da un vigoroso alal. Niente di meno vero. Il giornalismo
italiano, chi cera allora ha potuto constatarlo, non mai stato cos inerte, cos pigro: ma era
trascinato, dico trascinato proprio con la cavezza, dalla pattuglia di punta di quei quattro o cinque
organi davanguardia, quelli che davano il la (Il Popolo dItalia, Cremona nuova, Il
telegrafo, Il Tevere, ecc) e bisognava che gli altri, anche pompando a vuoto, tenessero il
passo. (F. Sacchi, Fascismo e antifascismo, Milano, Feltrinelli, 1962)
Per spiegare questa situazione, Oreste Del Buono osserva che nonostante il livello di servilismo a
cui si era ridotto, il giornalismo fu sempre carriera ambita da vecchi e giovani sotto il fascismo.
Alle leggi fascistissime che avevano strangolato ogni libert di stampa, avevano fatto seguito
lammodernamento tecnico dei giornali (servizi fotografici, trasmissioni di foto da lontano, pi
pagine, pagine speciali, caratteri nuovi, titoli a macchina, intercettazioni radio, colore, una corsa al
progresso iniziata dalla Gazzetta del Popolo e subito proseguita in gara sempre pi serrata da La
Stampa e dal Corriere della Sera e da nuovi quotidiani appositamente fondati) e soprattutto il
contratto giornalistico (il migliore del mondo, con alti stipendi, ferie abbondanti, assicurazioni,
indennit).
La categoria dunque, aveva finito per integrarsi, in buona o mala fede, con molte umiliazioni e
qualche discutibile ritorsione, il piccolo sabotaggio sotterraneo operato attraverso il taglio di una
riga, la sostituzione di un sinonimo, lo sgonfiamento di un aggettivo, una specie di indiretta,
immaginaria opera derosione del costume e della mentalit dominante in compenso a montagne di
frasi fatte male, di idee confuse ricevute, di spropositi assolutamente sbagliati. (In Eia, Eia, Eia,
Alal La stampa italiana sotto il fascismo 1919/1943 Milano, Feltrinelli, 1971, pag. XVI. Da questo
stesso testo tratta la citazione di Sacchi)
Daltra parte Mussolini attribuiva una fondamentale importanza allorganizzazione del consenso
operata dai giornalisti, come si pu rilevare da questo passo di un suo discorso del 1933, rivolto ai
dirigenti del Sindacato dei giornalisti: I giornalisti italiani devono considerarsi militi comandati a
guardare il settore pi avanzato e pi delicato del fronte fascista e a manovrare larma pi potente e
pericolosa di ogni battaglia. Il duce si servito di questa arma per le prime conquiste, se ne serve
ancora per colpire alto, lontano e vicino. Oggi tutta la nazione blocco e scudo: e tutti i giornali
formano una sola bandiera. Pensiero e azione sono nel commento e nella notizia pi fusi che mai.
Listituzione, nel 1935, del Ministero per la Stampa e la Propaganda, affidato a Galeazzo Ciano,
conferma la volont di Mussolini di un assoluto controllo su tutti gli organi di stampa. Nel 1937
questo ministero assumer il nome di Ministero della Cultura Popolare, presto denominato
Minculpop.
Si deve considerare che la diffusione della stampa quotidiana, negli anni immediatamente
precedenti la guerra, abbastanza alta; nel 1939 il Corriere ha una tiratura media di 597.000 copie
giornaliere (compresa ledizione del pomeriggio); La Stampa e la Gazzetta del Popolo hanno pi o
meno la stessa tiratura, intorno alle 300.000 copie; tra i quotidiani romani, Il Giornale dItalia
fisso sulle 250.000 copie, Il messaggero sulle 200.000 (si veda P. V. Cannistraro, La fabbrica del
consenso - Fascismo e mass media, Laterza, Roma Bari, 1975)
Se si analizza il quadro generale dei giornali italiani del periodo fascista, antecedentemente al 1938,
si possono individuare tre momenti di specifica offensiva razzista: la prima met del 1934, il
settembre 1936 e la primavera del 1937. Nel 1934 lantisemitismo ancora strettamente collegato
allantifascismo e allantitalianit; nel 1936 si insiste in particolare sullorigine giudaica del
bolscevismo (anche in collegamento con la guerra civile spagnola); nel 1937 loccasione per la
ripresa degli attacchi razzisti da parte della stampa data dalla pubblicazione del libro di Paolo
Orano Gli ebrei in Italia, violentemente antisemita, recensito in modo favorevole dai pi importanti
quotidiani italiani.
Nel 1938 la campagna antisemita muta decisamente di tono; in conformit al nuovo corso voluto
da Mussolini nei confronti degli ebrei, i quotidiani italiani, a partire dai primi mesi di quellanno,
accentuano i toni della precedente campagna razzista e antisemita.
E interessante rilevare la gradualit di questa operazione; inizialmente largomento ebrei viene
presentato per cos dire di scorcio, cio attraverso una serie di articoli tendenti a sottolineare tanto i
problemi determinati in tutto il mondo dallinvadenza degli ebrei, quanto le iniziative intraprese da
molti stati europei per difendersi dalla loro odiosa presenza. Solo a partire dal 15 luglio il
problema della razza viene affrontato direttamente, sia attraverso lillustrazione del Manifesto
degli scienziati razzisti, sia attraverso la pubblicazione di numerosi articoli di carattere scientifico,
rivolti a chiarire il concetto di razza e a sottolineare la necessit di difenderne la purezza. Il 31
luglio tutti i quotidiani riportano a grandi lettere il monito di Mussolini: Anche nella questione
della razza noi tireremo diritto.
Da questo momento il linguaggio antisemita dei quotidiani si fa pi aspro; le necessit biologiche
dellimpero italiano di difendere la razza sono poste in primo piano; a chiare lettere i quotidiani
riconoscono che in Italia il clima maturo per il razzismo italiano, patrimonio spirituale del nostro
popolo, base fondamentale del nostro stato, elemento di sicurezza per il nostro impero e danno
ampio spazio alle considerazioni di Mussolini sulla stirpe italiana.
In agosto giunge ai giornali la nota di servizio che li sollecita a svolgere con continuit la
propaganda razziale, completata dallingiunzione di usare lespressione giudaismo e
antigiudaismo anzich ebraismo e antiebraismo. (si veda F. Flora, Stampa dellera fascista Le
note di servizio, Milano, Mondatori, 1945)
Il 5 agosto esce il quindicinale La difesa della razza, diretto da Telesio Interlandi; la sua diffusione
nelle scuole italiane di ogni ordine e grado e nella universit raccomandata dal Ministro
dellEducazione Nazionale, Bottai.
Da questo momento scompaiono le residue differenze tra i giornali cosiddetti nazionali e la
stampa fascista, vero strumento politico del regime; crescono contemporaneamente gli scambi con
giornali e agenzie tedesche, anche in seguito a specifici accordi italo tedeschi sulla funzione della
stampa voluti da Goebbels.
Solo alcuni fogli cattolici riescono a mantenere una certa indipendenza nei confronti
dellantisemitismo; come afferma Renzo De Felice non vi fu giornale che non si lanciasse contro
gli ebrei in generale e non si affrettasse a chiedere a gran voce ladozione di provvedimenti contro
di essi. Su un piano generale, gli attacchi erano di vario tipo: oltre alle solite elucubrazioni sulle
caratteristiche giudaiche, sullantifascismo degli ebrei (per fare un esempio, molti giornali
pubblicano lelenco degli ebrei che a suo tempo avevano firmato il manifesto Croce), sul
sionismo e sullinternazionale ebraica, molta attenzione venne data ai commenti stranieri favorevoli
al nuovo orientamento italiano e alle prese di posizione e ai provvedimenti presi in altri paesi contro
gli ebrei e contro la loro immigrazione. Ampio rilievo fu dato pure ai reati comuni commessi da
ebrei in Italia e allestero Su un piano pi particolare, gli attacchi ebbero soprattutto due direttrici
principali: da un lato contro lo strapotere ebraico in Italia, dallaltro contro il pietismo, contro
coloro cio che ed era la stragrande maggioranza degli italiani non capivano la politica della
razza Si pu dire che non ci fu giornale, nazionale o locale, che non fece la sua brava inchiesta
sugli ebrei, stranieri ed italiani, denunciando quanti erano, quanto possedevano, che cariche
ricoprivano, che attivit economiche esercitavano (R. De Felice, Storia degli Ebrei italiani sotto il
fascismo, cit. pagg. 263/264).
Col mese di settembre, i quotidiani italiani, anticipati come sempre da Il popolo dItalia, passarono
dalla semplice elencazione degli ebrei residenti nelle varie citt agli attacchi personali contro tutti
quegli ebrei che ricoprivano un ruolo importante in una qualsiasi attivit, dallindustria, alle pi
varie professioni, allo sport.
Di tutti costoro veniva chiesto non solo lallontanamento dalle cariche esercitate, ma addirittura
lespulsione dai confini nazionali (si veda larticolo Pietismo fuori posto, su La Stampa di Torino
del 10 settembre 1938. Una posizione critica nei confronti della persecuzione antisemita fu
mantenuta invece dai giornali cattolici LItalia di Milano e Lavvenire dItalia di Bologna).
Quando i deliberati del Gran Consiglio furono trasformati in leggi dello stato (ottobre novembre
1938), la stampa fu direttamene sollecitata a dare il massimo rilievo al problema giudaico e a
condannare qualsiasi forma di opposizione alla politica della razza voluta da Mussolini. Come
sempre, i quotidiani italiani risposero con entusiasmo a questo invito del duce.

Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi, 1972
Oreste Del Buono, Eia, Eia, Eia, Alal - La stampa italiana sotto il fascismo 1919/1943 Milano,
Feltrinelli, 1971
Levi Fabio, Lebreo in oggetto, Zamorani, Torino, 1991
Paolo Murialdi, La stampa del regime fascista, Laterza, Bari, 1986
Scarlatti Michele, Gli orientamenti antisemiti di Mussolini nel 1938, Zamorani, Torino, 1994
2. Il tempo nel pensiero delluomo
a cura di Giorgio BRANDONE

Di questa tesina stata presentata alla Commissione soltanto la traccia. La stesura completa
stata utilizzata per prepararsi al colloquio e per verificare i tempi dellesposizione. Come vedi il
percorso stato concepito e proposto sotto forma di mappa concettuale: uno dei possibili modi di
presentare la traccia del proprio lavoro e ha una particolare efficacia per la sua chiarezza e la sua
immediata leggibilit.

Il tempo nel pensiero delluomo

Cronologia Argomenti Materie

1905 Il crollo della concezione di tempo assoluto: Einstein e la teoria Fisica


della relativit.

da sempre il tempo era stato oggetto di analisi

Il tempo relativo al soggetto


49 d.C. Seneca, De brevitate vitae. Latino
1923 Svevo, La coscienza di Zeno. Italiano
1910-1920 Proust, A la recherche du Italiano/
temps perdu. Francese
inizio 900 Le concezioni di Husserl, Filosofia
Bergson, Heidegger.
1977 Dal, Le profil du temps, Storia
La persistance de la mmoire. dellarte

Il tempo relativo alla storia


II sec. a.C. Polibio e lanaciclosi. Greco
800 Nietzsche, leterno ritorno e la Filosofia/Stor
critica allo storicismo hegeliano. ia

Bibliografia
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Luciano Perelli, Seneca - Antologia degli scritti filosofici, Firenze, La Nuova Italia, 1970.
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Marcel Proust, Un amour de Swann, Paris, Gallimard, 1998.
Marcel Proust, Il tempo ritrovato, Roma, Newton, 1990.
Remo Ceserani-Lidia De Federicis, Il materiale e limmaginario, vol.VIII/2, Torino, Loescher, 1982.
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Friedrich Wilhelm Nietzsche, Cos parl Zarathustra, Roma, Newton, 1999.
Carlo Sini, Tempo in Enciclopedia di Filosofia, Milano, Garzanti, 1982.
Margherita Hack, I tempi delluomo in Iter, Roma, Treccani, anno III n. 7, gennaio-aprile 2000.
Eccoti ora la stesura utilizzata, come abbiamo detto, per prepararsi al colloquio.

Il tempo nel pensiero delluomo

Difficile, forse impossibile definire cosa sia il tempo. Molti pensatori hanno tentato di farlo,
fornendo la propria interpretazione. Ma ogni descrizione limitata, ristretta, limitante, pu essere
veritiera per un ambito del sapere, completamente errata per un altro. Perch il tempo
ineliminabile, non v azione umana che prescinda dal tempo. Per questo cos arduo, ma cos
affascinante avvicinarvisi.
Nellultimo secolo un passo in avanti decisivo stato compiuto. Almeno nellambito fisico,
meccanicistico, delle leggi naturali, si riteneva con certezza e si dava per scontato che il tempo
scorresse con flusso costante e che fosse univocamente misurabile. Albert Einsein mostr che, in
realt, le cose non stanno affatto in questo modo. Secondo la teoria della relativit, espressa per la
prima volta nel 1905, il tempo non scorre nello stesso modo in sistemi di riferimento in moto luno
rispetto allaltro. Attraverso la spiegazione del concetto di simultaneit, secondo cui due fenomeni
sono simultanei se la luce che essi emettono giunge nello stesso istante in un punto equidistante da
essi, Einstein sostenne che, se esistesse la simultaneit assoluta, sarebbe possibile sincronizzare tutti
gli orologi delluniverso ed esisterebbe quindi un tempo assoluto uguale per tutti. Poich per non
esiste la possibilit di trasmettere segnali con velocit infinita, dato che la velocit della luce, pari a
circa 300000 km/s, non superabile, si coglie come non sia neppure possibile un tempo assoluto. Ai
nostri occhi molto complesso da cogliere, ma il tempo dipende strettamente dal sistema di
riferimento e si lega quindi saldamente allo spazio.
Fin dallantichit il tempo stato sottoposto a numerose analisi. Nel mondo latino, splendida
trattazione del problema del tempo stata data da Seneca nel suo scritto del 49 d.C., De brevitate
vitae. Il filosofo, appena rientrato dallesilio in Corsica al quale era stato condannato da Claudio,
affronta il problema della presunta scarsit del tempo assegnato agli uomini dalla natura alla loro
vita. Seneca attacca coloro che si lamentano della brevit della loro vita: Perch ci lamentiamo
della natura? Essa si comportata con generosit :la vita, se si sa usarla, lunga. (II, 1). La vita
non breve: sono gli uomini a sprecare la loro esistenza in occupazioni inutili, frivole, vane,
stressanti, dannose, dando ascolto alle passioni, alla bramosia di denaro, allesagerata ambizione. Il
filosofo riprende una sentenza probabilmente di Ennio o di Menandro: E breve la parte di vita che
viviamo (II, 2). E aggiunge: Tutto lo spazio rimanente certo non vita, ma tempo (II, 2). D
quindi una definizione negativa del tempo, visto come qualcosa che sfugge alluomo, che luomo
non riesce a far proprio e che scorre indipendentemente dagli individui, senza essere influenzato
dallesistenza umana. Seneca accusa gli occupati, coloro che sono sempre affaccendati: Vivete
come se foste destinati a vivere sempre, non pensate mai alla vostra fragilit, non vi accorgete mai
di quanto tempo sia gi trascorso (III, 4). Solo il sapiente vive una vera vita, dedicando il proprio
tempo a se stesso, alla tranquillit dellanimo, allotium filosofico. Quella che il filosofo propone
una concezione derivata da Epicuro e molto prossima al carpe diem oraziano.
Avvicinandosi di molto ai giorni nostri e restando nellambito della letteratura, questa volta
italiana e francese, il concetto di tempo interpretato e sviluppato in modo molto interessante da
due scrittori quali Italo Svevo e Marcel Proust. Il romanzo La coscienza di Zeno del 1923
segnato dallabbandono dei tradizionali moduli narrativi. In questo lungo diario il protagonista, su
invito dello psicanalista presso il quale in cura, narra gli eventi della propria vita, articolando il
discorso in capitoli tematici e andando a scardinare le categorie temporali: molti anni possono
essere riassunti in poche righe, alcuni minuti possono occupare molte pagine; la coscienza a
determinare limportanza degli avvenimenti. Ogni fatto non univoco, bens presenta numerosi
aspetti, che il ricordo e i ripensamenti non fanno che rendere ancora pi indefiniti e aggrovigliati. Il
tempo fluisce, magari lentamente, ma in modo inesorabile, gli eventi accadono e si dissipano, gli
attimi fuggono, perch luomo non in grado di bloccarli. Scrivere , invece, fermare il presente,
per non farlo cadere in una contaminazione con il passato che lo renda irrecuperabile; scrivere pare
cos lunico modo per poter utilizzare il tempo. Proust pi fiducioso nei confronti della possibilit
delluomo di afferrare il tempo: la sua opera, A la recherche du temps perdu, unopera sconfinata,
costituita da pi di tremila pagine, scritta alcuni anni prima rispetto a quella di Svevo, nel corso
della quale il protagonista narratore rievoca personaggi, luoghi e vicende della sua vita. Lelemento
temporale deformato: mancano riferimenti cronologici precisi, lunghi periodi vengono omessi,
brevi episodi si dilatano enormemente, abbondano rispondenze analogiche, analessi, prolessi.
Prevale quindi la percezione soggettiva del tempo, che diventa cos inquietante ed irregolare nel suo
fluire. Il tempo investe e travolge le cose e le sensazioni, tutto pare effimero. Ma la lotta contro il
tempo pu essere vinta, il passato pu essere recuperato. Nellultimo volume, Le temps retrouv,
contenuta una fondamentale dichiarazione di poetica: il prezioso patrimonio del passato, le singole
sensazioni, le frammentarie immagini della coscienza possono essere riscoperti attraverso la
memoria e ricomposti nella sublime unit dellarte, che diventa creatrice di un presente eterno.
Di certo entrambi gli autori subirono la profonda influenza delle discussioni filosofiche del tempo,
allinterno delle quali un ruolo rilevante fu interpretato da Henri Bergson. Il punto di partenza della
sua speculazione appunto il problema del tempo, affrontato con una netta distinzione. Nella realt
esterna, meccanicistica, esiste un tempo spazializzato, quantitativo, in stretto legame con lo spazio,
un tempo dellorologio. Ma il tempo vissuto, percepito dalla coscienza, unaltra realt, definita
durata reale, che sfugge alla conoscenza matematica perch la sua pu essere solo una conoscenza
qualitativa. Essa lessenza profonda dellinteriorit, una perenne concentrazione e fusione di
stati ed atti di coscienza, irriducibili ad una semplice successione. Bergson, tra laltro, neg che
Einstein avesse detto qualcosa di filosoficamente rilevante, dato che si riferiva, comunque, al tempo
spazializzato.
Edmund Husserl, altro importante filosofo del Novecento, sostenne che la filosofia, per essere
scienza rigorosa, doveva applicare una riduzione fenomenologica, che tralasciasse tutti i giudizi e le
discussioni, prendendo in considerazione soltanto i dati in se stessi come risultano immediatamente
alla coscienza, con chiara evidenza: i residui sono realt oggettive e costituiscono le essenze.
Caratteristica fondamentale di tutti gli atti della coscienza (o vissuti logici) la temporalit, perch
lessenza ci che dura e permane nel tempo. Il tempo fenomenologico, residuo della riduzione, si
distingue in flusso, che corrisponde al lato soggettivo, e apparizione, che corrisponde, invece, a
quello oggettivo. Il tempo costituisce quindi un ordine primario, necessario e strutturato, che
presiede allorganizzazione degli atti. , kantianamente, la forma del senso interno ed esterno,
caratteristica formale che accomuna tutti i vissuti.
Martin Heidegger, poi, pose il problema del tempo come questione cardine dellesistenzialismo
e di tutta la filosofia. La temporalit costituisce il fondamento unitario della totalit delle strutture
dellesistenza. Riprendendo concezioni classiche, Heidegger sostenne che il tempo una presenza
costante, che svolge implicitamente la funzione di distinguere ci che non-temporalmente (le
relazioni spaziali e numeriche) da ci che temporalmente (i processi e gli eventi) e che si
contrappone a ci che sovratemporale, eterno (Dio). Il filosofo diede poi particolare importanza
al momento del futuro, contrapposto al presente: il tempo condizione dellesistenza intesa come
progetto e scelta, che riconosce la finitudine di fronte alla morte, dopo la quale lesserci umano,
vissuto in rapporto con gli altri in un tempo mondano diventato suo, non c pi.
Nellambito dellarte figurativa il problema del tempo emerge nellopera di Salvador Dal, artista
che, a cavallo tra gli anni 70 e 80 del Novecento, ha realizzato la famosa serie degli orologi
molli, resi sia sotto forma di scultura che di dipinto, con Le profil du temps e La persistance de la
mmoire. Lartista dichiara esplicitamente la sua lotta contro il Tempo (assoluto, meccanicistico,
misurabile), a favore degli orologi molli. Ci che caratterizza il tempo non la rigidit, bens la
fluidit. Nella percezione umana, psicologica, la velocit temporale molto variabile e dipende
esclusivamente dalluomo e dai suoi condizionamenti interiori ed esteriori. Lorologio molle non
misura pi il tempo, non pu e non deve farlo. Sciogliendosi, diventa fluido, una metafora del
tempo umano.
Interessante potrebbe rivelarsi a questo punto prendere in analisi un altro genere di tempo, non pi
relativo al soggetto, al singolo individuo, bens a molti uomini, alla storia.
Polibio, importante storico greco del II secolo a.C., visse a lungo a Roma dopo esservi stato
condotto come schiavo in seguito alla battaglia di Pidna e si fece apprezzare, ottenendo protezione e
stima, nel circolo degli Scipioni. Egli espresse la necessit di analisi della storia pragmatica (dal
carattere politico e militare) e, per primo, vide la potenza di Roma come centro unificatore di
ununica storia, una storia universale. Nellambito dellanalisi del tempo storico, egli espose la
teoria dellanaciclosi, secondo la quale le forme di governo sane e degeneri si succedono,
eternamente, sempre nel medesimo ordine: la monarchia, tipica delle societ primitive, si trasforma
in tirannide; questo suscita la reazione dei cittadini pi potenti, che instaurano laristocrazia,
destinata a diventare presto oligarchia, governo di pochi; loligarchia viene abbattuta poi dal popolo,
che instaura la democrazia, ma presto anche questa forma di governo degenera e si trasforma in
oclocrazia; a questo punto la popolazione, stremata, si riaffida ad un monarca. Il tempo storico,
quindi, caratterizzato da uno sviluppo ciclico: si torna alla forma originaria di governo attraverso
una serie di degenerazioni e trasformazioni.
E questa unidea di ciclicit che pare simile a quella formulata dal filosofo tedesco Friedrich
Wilhelm Nietzsche, nelleterno ritorno delleguale, caratterizzato da una circolare perfezione. Si
tratta di un concetto di difficile interpretazione che viene espresso da Zarathustra, nellopera Cos
parl Zarathustra, attraverso il racconto, sotto forma di parabola, di unascesa lungo un sentiero
(verso il superomismo) durante la quale il personaggio accompagnato dallo spirito di gravit, met
talpa e met nano, che lo spinge verso il basso, come fosse il peso vincolante del passato. La
volont di potenza non pu vincere la legge del tempo, che impone la caduta. Ma grazie allamore
per la vita, Zarathustra si libera del peso e discorre col nano, che sostiene la circolarit del tempo:
passato e futuro (eterni) si uniscono nella serie infinita di attimi. Tutto muore, tutto rinasce.
Leternit del passato richiede che tutto il tempo sia gi trascorso, che ogni attimo sia gi stato. Il
successivo sogno raccontato nellopera ancor pi enigmatico. Un pastore sta per essere soffocato
da un serpente: Zarathustra grida di staccarne la testa con un morso, il pastore lo fa e si mette a
ridere. Se il pensiero delleterno ritorno asfissia luomo, si cade nel fatalismo e nella dolorosa
consumazione. Ma laccettazione non comporta la rassegnazione, lattimo presente va vissuto
perch ha un senso profondo, leterno ritorno va scelto, deve essere intensamente voluto perch si
addice alluomo. La volont di potenza conduce al morso, il morso al riso superomistico. Tutta la
teoria di Nietzsche pu essere letta come una profonda critica allo storicismo di Georg Wilhelm
Friedrich Hegel. Questi affermava che il divenire storico ha come finalit la realizzazione della
libert, cio dei concreti istituti delleticit, secondo la manifestazione razionale, nel tempo, dello
spirito del mondo. Ma Nietzsche respinge il progresso e levoluzione e non ammette lidea di una
finalit superiore: il superuomo libero.
In conclusione delle teorie analizzate, trova giustificazione riflettere su quanto limitato sia il
tempo delluomo, o meglio, quanto esteso sia quello terrestre. Nel corso del Novecento si sono via
via raffinate le tecniche che riguardano la datazione delle rocce. La geocronologia riconosce e
definisce la minore o maggiore antichit di una roccia rispetto ad unaltra, permettendo di
classificarne lappartenenza ad una determinata era o periodo. La geocronometria, invece, permette
di datare rocce e oggetti in modo assoluto e non relativo, grazie specialmente al metodo della
datazione radiometrica. Essa si basa sul processo di decadimento in situazione stabile degli isotopi
radioattivi (ad esempio il Carbonio 14) di certi elementi che entrano a far parte del reticolo
cristallino di molti minerali al momento della loro formazione. Il tempo di decadimento ha un ritmo
fisso, non alterabile e viene valutato come dimezzamento, cio come tempo necessario affinch la
quantit di elemento radioattivo si riduca della met. Dal confronto dei valori della parte stabile e
instabile, si pu datare il momento di ingresso nel reticolo e, quindi, il minerale stesso, con una
controllabile approssimazione. La Terra ha circa 4,6 miliardi di anni, la vita 3,5 miliardi, il genere
Homo appena 1,8 milioni, la specie Homo sapiens sapiens ha circa 35000 anni, la prima forma di
societ circa 10000 anni.
3. Il sogno
a cura di Giorgio BRANDONE
IL SOGNO

Profezia del futuro o proiezione del desiderio?

Letteratura greca: - Omero, Odissea


Il sogno profetico di Penelope (canto XIX)
- Apollonio Rodio, Argonautiche
Il sogno di Medea (libro III)

Letteratura italiana:- Dante, La Divina Commedia, Purgatorio


I sogni allegorici di Dante nei canti IX e XIX

Letteratura latina: - Apuleio, Le metamorfosi


Il sogno profetico di Lucio nellXI libro

Filosofia: - Freud, Linterpretazione dei sogni


Il sogno come realizzazione del desiderio represso e la sua utilit per la
comprensione dellinconscio

Arte: - Goya, Il sonno della ragione produce mostri


Gli incubi generati dalla superstizione e dallignoranza

Fisica: - I fenomeni del miraggio e della fata morgana

Bibliografia:

Sigmund Freud, Il sogno, Roma, Newton,1993


Sigmund Freud, Linterpretazione dei sogni, Roma, Newton,1996
Nicola Abbagnano, Filosofi e filosofie nella storia, Torino, Paravia,1992
Immanuel Kant, Scritti precritici, Bari, Laterza, 1980
Jean Starobinski, I sogni e gli incubi della ragione, Milano, Garzanti
Giulio Carlo Argan, Larte moderna, Firenze, Sansoni, 1989
Renata Negri, Goya, Milano, Fabbri Editori, 1963
Serena Foglia, Il sogno, Roma, Newton, 1998
Olga Chiaia, Il sonno e il sogno, Roma, Newton, 1995
Vergetti - Alessio, Filosofie e societ, Bologna, Zanichelli, 1982
Enciclopedia della scienza e della tecnica, Milano, Mondadori, 1971
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Purgatorio, Firenze, La Nuova Italia, 1984

Da sempre luomo si e interrogato su quale rapporto sussiste tra la realt e il sogno.


La concezione greca del sogno differisce da quella moderna per un aspetto fondamentale: mentre
per noi il sogno , come dice Freud, un fenomeno assolutamente egocentrico ( un prodotto del
sognatore e il significato va cercato nella sua personale esperienza psichica), per i Greci il sogno
implica in primo luogo una dimensione sociale. Ci vuol dire, ad esempio, che in seguito ad un
sogno venivano istituiti culti, fondati templi o citt, o che il sogno era addirittura lo stimolo per
prendere decisioni concrete. Il sogno veniva considerato un messaggio profetico o il segnale di un
evento futuro. Allinizio dellIliade, ad esempio, quando la pestilenza colpisce lesercito acheo, vi
chi propone come rimedio di consultare un interprete di sogni che suggerisca il comportamento da
tenere in quella pubblica calamit (canto I, vv. 62-67). Il sogno nella Grecia arcaica era concepito
come una realt esterna, separata dalla mente di chi dorme e dotata di una sua autonomia. Lidea
fondamentale era che il sogno si esprime con un linguaggio speciale, fatto di simboli, e che quindi si
poteva comprenderlo e decifrarlo solo cercando di penetrare al di l del suo messaggio apparente.
Una testimonianza di tale concezione si trova gi nellOdissea, canto XIX, vv. 535-69, dove viene
descritto il sogno che Penelope chiede di decifrare ad Ulisse, ancora celato sotto le spoglie di un
mendico. La donna aveva sognato che unaquila grande, col becco adunco, venuta dal monte,
uccideva tutte e venti le sue oche che erano in casa a beccare il grano. Laquila era fuggita, ma era
ritornata per svelarle il significato di quella visione: le diceva che Odisseo sarebbe tornato e avrebbe
ucciso tutti i Proci. Il mendico le risponde che il significato del sogno le era gi stato reso
manifesto, ma Penelope, come per non volersi illudere, afferma che i sogni sono inspiegabili e
ambigui e riporta unantica credenza secondo la quale i sogni, salendo dal mondo sotterraneo a
quello dei vivi, possono passare per due porte diverse. I sogni veritieri passano per le porte di corno,
mentre quelli falsi dalle porte davorio, e non detto che il suo sogno fosse passato per quelle di
corno.
E una concezione simile a quella del Medioevo quando si consideravano veritieri i sogni che
venivano fatti in prossimit dellalba: ne sono esempi i sogni narrati da Dante allinizio dei canti IX
e XIX del Purgatorio. Certo, occorre fare un distinguo: se nella grecit il sogno era un segnale di
divina saggezza, con linizio del medioevo il sogno divenne linquietante terreno in cui poteva
operare il demonio con le sue illusorie immagini e le sue maligne provocazioni. In quel tempo,
infatti, era considerato empio chi volesse e potesse - decifrare il futuro, noto solo alla Provvidenza
divina, affidandosi alle sfuggenti e nebulose immagini notturne. Ma a livello popolare la credenza
nel sogno profetico continu a sopravvivere come mezzo rudimentale di divinazione. Dante stesso
nel Purgatorio descrive due sogni fatti in prossimit dellalba, affermando essere quello il momento
in cui i sogni si fanno veritieri. Nel canto IX Dante, dopo lincontro con i principi negligenti nella
valletta fiorita, alle tre di notte, quando in Italia laurora si appresta ad imbiancare il cielo, insieme a
Virgilio, Sordello, Nino Visconti e Corrado Malaspina, vinto dal sonno si stende sullerba e si
addormenta. Verso lalba:

Nellora che comincia i tristi lai


La rondinella presso alla mattina
Forse a memoria de suoi primi guai,
e che la mente nostra, peregrina
pi dalla carne e men da pensier presa,
alle sue vision quasi divina,
in sogno mi parea veder sospesa
unaguglia nel ciel con penne doro,
con lali aperte ed a calare intesa.

Il sogno non solo veritiero, ma sembra anticipare linterpretazione freudiana secondo la quale il
sogno, proteggendo il sonno, ingloba nel contenuto del sogno manifesto delle percezioni che
provengono dallesterno. In effetti, mentre Dante sogna di essere rapito dallaquila, portato in cielo
e prendere fuoco (per la forte impressione di calore si sveglia), viene effettivamente trasportato da
S. Lucia alle soglie del Purgatorio. Il calore era causato dal sole gi alto nel cielo.
Tornando alla concezione di sogno come profezia, interessante osservare il sogno narrato nel
XIX canto del Purgatorio che ambientato nella cornice degli accidiosi, del quale Virgilio stesso si
propone come interprete. Anche in questo caso viene ribadita la concezione popolare secondo la
quale i sogni fatti al mattino risultano veritieri. Lepisodio inizia con una descrizione dellalba:
Nellora che non pu il calor diurno
intepidar pi il freddo della luna,
vinto da terra, e talor da Saturno
quando i geomanti lor Maggior Fortuna
veggiono in oriente, innanzi allalba,
surger per via che poco le sta bruna;
mi venne in sogno una femmina balba,
nelli occhi guercia, e sovra i pi distorta,
con le man monche, e di colore scialba.

A Dante appare una donna mostruosa, balbuziente, monca, con gli occhi storti e pallida. Mentre il
poeta la osserva, la donna mostruosa si trasforma in una donna avvenente, che, cantando, dichiara di
essere una sirena, colei che attira con il suo lascivo fascino i marinai. Ed ecco apparire unaltra
donna di fianco a Dante, una donna premurosa ed onesta, che richiama Virgilio al suo compito di
rivelare al discepolo la verit; questi si avvicina alla donna tentatrice, le strappa gli abiti e ne mostra
a Dante il ventre, da cui emana un fetore tale da risvegliarlo. La spiegazione del sogno sar fornita
da Virgilio mentre i due poeti si avviano verso la quinta cornice, quella degli avari e prodighi. Il
poeta latino spiegher che lorribile donna il simbolo della concupiscenza, i cui peccati di avarizia,
gola e lussuria vengono espiati nella tre cornici del Purgatorio che ancora li attendono e dalla quale
ci si pu liberare solo per mezzo della ragione (o della filosofia).
Linterpretazione antica proiettava quindi il sogno verso il futuro: il sogno indicava cose che
sarebbero avvenute e che la mente addormentata, per vie ignote, sapeva presagire molto prima della
mente desta.
Anche nellambito della letteratura latina troviamo una testimonianza di tale concezione
allinterno delle Metamorfosi di Apuleio: nellXI libro Lucio, dopo aver riacquistato la forma
umana mangiando delle rose durante una festa a Corinto in onore della dea Iside, di cui diventa
devoto, si reca a Roma per essere iniziato anche ai misteri di Osiride. In tale occasione sogna che un
uomo lo avrebbe iniziato alla carriera di sacerdote. Intanto anche al sacerdote di Osiride, Asimio
Marcello, appare in sogno il Dio che gli dice che sarebbe giunto da lui un cittadino di Madaura per
essere iniziato ai misteri, cosa che effettivamente si verificher. Questa parte, che conclude il
romanzo, molto importante dal momento che ci pu far comprendere quale sia limpianto
dellopera: un romanzo di formazione e non di evasione (luomo, dominato dalla vana curiosit,
condannato alla perdizione Lucio viene trasformato in asino - e solo liniziazione ai culti di Iside
lo potr salvare) o ancora una difesa da parte dellautore nei confronti delle accuse di magia che gli
erano state mosse un tempo e da cui si era gi difeso nellApologia (o De Magia). Nel sogno viene
proposta lidentificazione dellautore in Lucio, elemento che ci fa presupporre che lopera si possa
leggere come un romanzo autobiografico, una rappresentazione simbolica del proprio itinerario
spirituale, che ha portato Apuleio dallinteresse per la magia alladesione al culto di Iside. Anche in
questo caso il sogno lanticipazione di un avvenimento che accadr di l a poco.
La concezione moderna dei sogni, invece, legata indissolubilmente al nome di Freud, pone il
sogno in relazione al passato del sognatore e lo considera la manifestazione di un desiderio represso
durante la veglia. Freud non si pone in contrasto con la tradizione, ma afferma, allinterno de Il
Sogno (un libretto successivo allInterpretazione dei sogni, destinato alla divulgazione delle sue
teorie) che il futuro che il sogno ci mostra non quello reale, ma quello che vorremmo che
accadesse: il sogno non che la realizzazione di un desiderio represso.
Pu sembrare anacronistico, ma proprio allinterno della produzione letteraria greca possibile
trovare un sogno che, per il modo in cui viene presentato, si avvicina allinterpretazione che Frued
diede dei sogni. Si tratta del sogno di Medea descritto da Apollonio Rodio, nel libro III delle
Argonautiche. Il sogno di Medea visto come una proiezione della sua mente, come appagamento
di un desiderio inconscio e, quel che pi conta per noi, deriva direttamente da ci che la donna ha
provato durante il giorno. Il libro III del poema imperniato sullinnamoramento di Medea, il
personaggio pi affascinante e ricco dellopera. La Medea di Apollonio Rodio non la Medea maga
e barbara di Euripide, capace di assassinare il fratello e i figli, tutta istintiva e passionale. Apollonio
sceglie invece di rappresentare il personaggio nello stadio iniziale della sua vita e, soprattutto, nei
momenti in cui vive lo svilupparsi della sua passione per Giasone, delineando istante per istante il
nascere, il crescere e infine il divampare di un amore, tra mille conflitti e tormenti interiori. Medea
vive il tipico conflitto tra la passione e le convenzioni sociali, tra la famiglia e lo straniero. E un
tormento segreto, analizzato attraverso i silenzi della donna, le sue ansie, i suoi sogni, che termina
infine con una fuga notturna. Il mezzo usato da Apollonio, come lo era gi stato per Euripide, per
mettere in scena la soggettivit di Medea il monologo. Un sonno profondo riposava dai suoi
dolori Medea, distesa sul letto. Ma la turbavano sogni terribili, ingannatori, come succede a chi in
preda allangoscia. Nel sogno le sembrava che Giasone affrontasse le prove non per conquistare il
vello doro, ma per portarla con lui, nella sua casa, come legittima sposa. La donna vedeva se stessa
lottare e sconfiggere i tori e, per questo, scatenare una lite in famiglia, perch aveva favorito lo
straniero. A quel punto le sembrava di fuggire con Giasone, abbandonando la sua patria. Il brusco
risveglio la porta a riflettere. Appare qui evidente il contrasto tra la civilt di colpa e la civilt della
vergogna: da un lato vorrebbe trasgredire alle regole della sua famiglia seguendo le sue passioni,
dallaltra vuole invece rispettare la casa dei suoi genitori, temendo le voci maligne delle donne della
Colchide che si scaglieranno contro di lei, anche da morta. Dapprima medita il suicidio, cercando
tra i suoi filtri quelli benefici e quelli mortali; poi, spaventata dal regno dei morti, prende la
decisione di favorire Giasone.
Dopo aver analizzato il sogno di Medea, per certi versi vicino allinterpretazione freudiana
secondo la quale il sogno proiezione del desiderio, cerchiamo di capire quale importanza ebbero i
sogni per Freud nellambito dello sviluppo delle sue teorie psicanalitiche. Lo scopo del sogno ,
secondo Frued, difendere il sonno dalle pulsioni, dai desideri istintuali che si manifesterebbero con
particolare urgenza per la situazione di ridotta vigilanza indotta dal sonno. Il sogno viene dunque
visto come la manifestazione dellinconscio, cos come i lapsus e gli atti mancati, ad esempio nel
testo La psicopatologia della vita quotidiana (1901), successivo a Linterpretazione dei sogni
(1900), un saggio che rappresent un passo decisivo per la scoperta dellinconscio e delle sue leggi
e che fu tradotto in italiano solo nel 1923 da Italo Svevo, il quale risulter particolarmente
influenzato dalle teorie psicanalitiche - si veda a tale proposito La coscienza di Zeno, un romanzo in
cui lautore riesce persino a fare la parodia della psicanalisi.
La scoperta dellinconscio produsse una vera e propria rivoluzione non solo in campo
psicologico, ma in ogni campo (artistico, letterario, filosofico, delle scienze delleducazione,).
Fino a quel momento si era ritenuto che la psiche si identificasse con la coscienza e le stesse
malattie mentali venivano interpretate da un punto di vista somatico. Se non cerano lesioni
corrispondenti, le malattie psichiche venivano sottovalutate. Linconscio era il limite inferiore del
conscio, il luogo degli istinti e dei desideri che si opponeva a qualsiasi comprensione razionale.
Freud rovescia completamente questa concezione: linconscio diviene il punto di vista dal quale
osservare luomo, dal momento che la coscienza solo la punta di un iceberg, la manifestazione pi
visibile di una realt pi profonda. Diviene cos importantissimo lo studio dei sogni per
comprendere meglio la struttura dellapparato psichico. Freud giunge allelaborazione della prima
topica gi nel 1899, come si pu leggere nel settimo capitolo de Linterpretazione dei sogni, in cui
sviluppa la distinzione fra conscio, inconscio e preconscio. Solo nel 1920 elaborer la seconda
topica, costituita da Io, Es e Superego, con confini pi labili. Linconscio la regione retta dal
principio del piacere, dove pulsioni contrastanti si fondono alla ricerca di un appagamento totale; il
preconscio la regione in cui le pulsioni ricevono una prima organizzazione; il conscio la regione
della realt e dei processi secondari. Durante il sonno lapparato psichico funziona in modo quasi
indipendente dalle condizioni di realt in cui si trova nella veglia, e ha cos luogo come un
affievolirsi delle censure messe in atto dallIo. In questa situazione linconscio emerge con
particolare intensit: subentra allora il sogno che, realizzando in modo allucinatorio il desiderio,
permette la scarica delle tensioni. Si tratta del funzionamento che Freud denomina primario, retto
dal principio del piacere, che richiede lappagamento immediato del desiderio. Lelaborazione
primaria consiste in quattro processi basilari: la condensazione, sintesi scarna e lacunosa che si ha
nel contenuto manifesto rispetto alle risorse abbondanti dei pensieri latenti; lo spostamento o
trasposizione dellinvestimento affettivo, cio il trasferimento di una carica emotiva da un oggetto
originario ad un altro, da unidea ad unaltra, da una persona ad unaltra o addirittura da una persona
ad un animale; la drammatizzazione, lintensificazione della carica emotiva volta ad esprimersi in
chiave fantastica-immaginosa, eccezionale-strabiliante, impressionante-orripilante; la
simbolizzazione, processo di associazione inconscia mediante cui un oggetto anche solo vagamente
rassomigliante ad un altro giunge a rappresentarlo o a sostituirlo. Ma anche la realizzazione del
desiderio perseguita dallattivit onirica incorre nelle censure dellIo e da questo conflitto ne esce
deformata. Questa lelaborazione secondaria, una fase di revisione del sogno che dipende dalla
censura; avviene soprattutto quando il sonno non profondo e ci si avvicina allo stato di veglia.
Il sogno si rivela cos un compromesso tra le tendenze istintuali volte alla soddisfazione e quelle
difensive, appartenenti alla sfera dellIo: non rivela quindi direttamente linconscio, ma fornisce uno
spunto il cui contenuto manifesto sottintende il pensiero onirico latente. Il ruolo dellanalista
quello di risalire dal contenuto del sogno manifesto al sogno latente, ripercorrendo al contrario i
quattro processi basilari.
Il lavoro onirico, lanalisi dei sogni, viene compiuto mediante la cura parlata e le associazioni
libere. Freud dimostra come anche gli incubi e i sogni che provocano angoscia siano realizzazioni di
un desiderio represso: Pu accadere che lIo addormentato contribuisca di pi alla formazione del
sogno, che reagisca alla soddisfazione del desiderio represso con violento sdegno e interrompa il
sogno con il prorompere dellangoscia.

4. Lenergia
a cura di Giorgio BRANDONE

Energia: impulso e forza di vita

Dalla nascita dellUniverso, 15 miliardi di anni fa, alla formazione della Terra:
- Lorigine della vita nel Precambriano
- Lipotesi sperimentale di Miller: la formazione dei primi coacervati precellulari
grazie allenergia emessa dal Sole
- Dagli organismi eterotrofi a quelli autotrofi: la fotosintesi clorofilliana, un
trasformatore di energia luminosa in energia bio-chimica
Le trasformazioni di energia e le sue varie forme:
- Il principio di conservazione dellenergia
- La massa come energia nella relativit ristretta di Einstein
Dallenergia in campo fisico e scientifico allenergia come spirito vitale del pensiero filosofico,
letterario, artistico.

Il Romanticismo tedesco: la nuova concezione di natura, come forza dinamica, vivente,


dialettica (organizzata secondo forze opposte), spiritualistica (in quanto manifestazione del
divino)
F.W.J. Shelling, La filosofia della natura: un Tutto vivente dotato di vita, unattivit creatrice
attraverso la lotta di forze opposte
La concezione leopardiana:
- La natura da madre a matrigna
- La poesia, unica forza di vita, capace di fare resistere speranze e illusioni
Tratti generali dellIdealismo tedesco: lAufhenbung perpetuo del movimento dialettico come
slancio continuo dello spirito vitale
H. Bergson: llan vital, creazione di vita libera e imprevedibile
Vincent van Gogh: dai ritmi della natura ai ritmi della coscienza, dalla rappresentazione del
mondo alla rappresentazione della vita
F.W. Nietzsche: La nascita della tragedia dallo spirito della musica:
- Accettazione ed esaltazione dei valori vitali
- Il dionisiaco: metafora del s totale alla vita e al mondo
Apollineo e dionisiaco nel mondo greco: la compenetrazione dei
due stadi nella tragedia attica:
- La tragedia di Sofocle: Antigone
La tragedia latina:
- Seneca: il furor soccombe nel messaggio morale
- Uber-mensch e volont di potenza: colui che sa accettare la vita nel suo continuo
superamento e il suo modo di essere
- Influenza storica del pensiero nietzscheano: alla volont di potenza al pangermanesimo
Il vitalismo dannunziano.

Bibliografia:

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F. Nietzsche, La filosofia nellepoca tragica dei Greci , Adelphi, Milano, 1973
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V. van Gogh, Lettere, Es, Milano, 1990
U. Amaldi, Fisica moderna, Zanichelli, Bologna, 1999
I. Asimov, La vita e lenergia, le basi fisiche e chimiche della biologia moderna, Zanichelli, Bologna, 1970
Energia: impulso e forza di vita
E la vita stessa mi ha confidato questo segreto. Vedi disse io sono il continuo, necessario superamento
di me stessa.
F. Nietzsche, Frammenti.

Lenergia stata intesa quale motore primo della vita, ci che lha animata e resa possibile
dalla sua origine al suo sviluppo.

Come le altre stelle, il Sole ebbe origine circa 5 miliardi di anni fa - da un ammasso di polveri
e di gas di elio e di idrogeno, dalle collisioni dei quali, in seguito ad un aumento della temperatura, si
verificarono fusioni tra i nuclei degli atomi di idrogeno; tali reazioni termonucleari sono tuttora la fonte
di energia che si irradia dalla superficie della stella alla Terra. La nascita della vita sulla Terra nel
periodo Precambriano strettamente connessa a tale energia. Il pianeta in formazione abbondava di
energia: ad esempio gli elementi radioattivi interni, le frequenti eruzioni vulcaniche, lenergia termica
sia sotto forma di calore secco, sia come calore umido prodotto dal vapore acqueo, i violenti temporali
accompagnati da fulmini che fornivano energia elettrica, i bombardamenti di particelle e le radiazioni
ultraviolette del Sole. Vari esperimenti, prima di Oparin (1922), poi di Miller (1950), hanno dimostrato
che quasi tutte le forme di energia in particolare, si ritiene, quella solare - avrebbero potuto
trasformare le molecole presenti sulla superficie terrestre e la sua particolare situazione atmosferica -
costituita prevalentemente da idrogeno, vapore acqueo, metano e ammoniaca - in composti organici
complessi (quali, si ipotizza, aminoacidi e nucleotidi, componenti essenziali di DNA e RNA): lenergia
stata dunque il motore del passaggio dallinorganico allorganico.
Con la formazione di organismi autotrofi, si svilupp poi il processo di fotosintesi, con il
quale il flusso di energia nella biosfera viene ad assumere la sua forma attuale dominante: energia
radiante trasmessa dal Sole, attraverso gli organismi fotosintetici, a tutte le altre forme di vita.

Nelle sue varie forme, lenergia di un sistema isolato si conserva costante: questo il principio
di conservazione dellenergia nella sua formulazione pi generica, di cui caso particolare il primo
principio della termodinamica.
Nella meccanica classica, la conservazione dellenergia indipendente dalla conservazione
della massa; ma secondo la teoria della relativit ristretta di Einstein, la massa non si conserva
separatamente, poich essa stessa una forma di energia: se un corpo assorbe una quantit di energia E,
la sua massa non si conserva, ma aumenta secondo la relazione E=mc; un corpo fermo e non soggetto
a forze possiede una data energia di quiete E0 per il solo fatto di avere una massa m0.

Partendo da una considerazione dellenergia in ambito geologico, biologico, chimico e fisico,


cercher ora di sviluppare un percorso che rivisita il concetto di energia e lo indaga quale spirito vitale,
anima del pensiero filosofico, letterario, artistico.

Allinterno del Romanticismo tedesco stata approfondita in modo particolare la concezione di


natura quale energia vitalistica: nelle opere e nelle filosofie di tale periodo si sviluppa, infatti, una
filosofia della natura organicistica (la natura una totalit organizzata nella quale le parti vivono in
funzione del tutto), energetico vitalista ( una forza dinamica, vivente ed animata), finalistica (
strutturata per determinati scopi), spiritualista ( spirito in divenire) e dialettica ( organizzata secondo
coppie di forze opposte). Secondo tale concezione le forze fisiche e i fenomeni sensibili non sono che
manifestazioni e simboli dellunica forza spirituale che si estende per tutto luniverso e si identifica con
il principio divino. Tale visione particolarmente evidente nella Filosofia della Natura di Schelling:
attivit spirituale inconscia, organismo che organizza se stesso, la natura incondizionata e infinita
come lassoluto. E infinita attivit creatrice, che si manifesta nella lotta tra forze opposte: dalla infinit
di tale lotta nasce la vita.

Anche Leopardi sottolinea il nuovo rapporto romantico con la natura, fonte della capacit di
sentire, primigenia madre, della quale luomo ha bisogno poich dal rapporto con essa nasce non solo la
poesia, ma la vita stessa. Il mondo antico era, secondo il poeta, pi vicino alla natura, nella mimesi che
di essa realizzava. Per questo Leopardi si riaccosta al classicismo, nel quale per non ricerca un
armonico equilibrio, traendo invece da esso una spinta agonistica, una volont di esperienza forte,
propria della vitalit autentica e primigenia e ignota ai romantici italiani, ripresa, invece, proprio dal
Romanticismo europeo. Quando, con lapprofondirsi del pessimismo leopardiano, la natura da madre
diviene matrigna, la poesia rimane come ultima forza capace di far resistere le illusioni vitali, poich se
la natura dona lesistenza il cieco svolgersi di un ciclo biologico verso il nulla - proprio la lirica
diviene fonte della vita intesa quale vitalit, forza del sentire e dellilludersi, impulso agonistico.
Nella poesia il leopardi vede uno strumento di conoscenza di s: la poesia espressione della persona,
la forma che rende possibile un accrescimento di vitalit. Essa ha la capacit di commuovere e di
agitare: deve suscitare nel lettore una tempesta, un impeto, quasi un gorgogliamento di passioni
(Zibaldone, agosto 1823). La lirica, tra i vari generi il pi vicino allespressione della natura, pu
realizzare nel modo pi diretto la tendenza autentica della poesia, che, dando voce allindefinita
immediatezza della coscienza, suscita anche solo per brevissimi lampi una capacit di sentire
lesistenza e diviene cos fonte di energia.

Nellidealismo tedesco, dinamica e vitalistica la concezione dellAufhenbung, dialettico


superamento di s che pu essere interpretato quale evoluzione vitale continua. Lo spirito vive di
opposizione e di lotta: lo schema triadico non fa che simboleggiare il processo vitale; si pu leggere,
infatti, nella tesi lesordio spontaneo, ma ancora malcerto e circonfuso di mistero, della ricerca teoretica
o dellintuizione artistica o dellatto volontario; nelle antitesi il dubbio, la negazione sconfortante,
insomma tutto lintimo travaglio della riflessione e della critica; nella sintesi, finalmente, la riconquista,
la sicurezza del possesso, la catarsi teoretica o morale. Raggiunta la sintesi, tuttavia, il fecondo travaglio
dello spirito non subisce un arresto. In effetti ogni sintesi segna una pausa ed un riposo di cui lo spirito
gode, ma essi sono momenti di tregua e di raccoglimento che preludono ad un nuovo slancio. La sintesi
un atto di limitazione che non pu pareggiare lattivit infinita da cui il moto si alimenta. Da qui nasce
nello spirito un vitale scontento delle soluzioni volta a volta conseguite, dei risultati del lavoro gi
compiuto, che sprone a nuove ricerche e a nuovi cimenti. Se non si d questa insoddisfazione, se
lopera compiuta pareggia in tutto lenergia dellautore, allora la morte. Ma la morte stessa non ha
valore che per lindividuo, che una sintesi sempre in qualche modo limitata dellattivit totale dello
spirito; lumanit nel suo complesso, invece, esprime nellinfinit della sua vita linfinit dellenergia
spirituale che la suscita.

Anche nella filosofia di H. Bergson presente la concezione della vita come fenomeno che
tende perpetuamente a unevoluzione: essa non segue una linea unica e semplice, ma varie e numerose
direzioni, senza un disegno preformato; creazione libera e imprevedibile, uno slancio vitale nel quale
tutta intera lunit della vita e che si realizza a poco a poco, ha in se stessa le proprie leggi e in ogni
sua fase, con la forza, crea qualcosa di veramente nuovo e originale, dotato a sua volta di forza.

Si ritenuto che in ambito artistico massimo interprete di quella forza che anima e sostiene la
vita stessa, propria sia della natura sia della coscienza e dellanima umana, sia stato V. Van Gogh.
Come scrisse O. Mirbeau: Egli non si immedesimato nella natura, ma ha immedesimato la natura in
se stesso, obbligandola a piegarsi, a modellarsi, secondo le forme del suo pensiero, a seguirlo nelle sue
impennate e a subire le sue deformazioni.
Come ricomponendo egli stesso la natura, come ritraspirandola, Van Gogh ha fatto schizzare a fasci
sulle sue tele, a sprazzi di colori quasi monumentali, la secolare frantumazione degli elementi, la
spaventosa pressione elementare di apostrofi, di strie, di virgole e sbarre di cui sono composti gli aspetti
naturali. Egli ha superato la pittura, latto inerte di rappresentare la natura, per far sgorgare, in questa
sua rappresentazione esclusiva, una forza rotatoria, un elemento strappato in pieno cuore. Sotto la
rappresentazione, ha fatto scaturire unaria, ed ha rinchiuso in essa un nerbo che non sono nella natura,
che sono di una natura e di unaria pi vere dellaria e del nerbo della natura vera. Inoltre, Van Gogh ha
chiamato larte a diventare un agente di trasformazione della societ, perch si inserisse in essa come
una forza attiva: lampante scoperta della verit contro la tendenza allalienazione e alla mistificazione.
Muta con Van Gogh anche la tecnica della pittura: la reciproca influenza tra i colori certo imparata
dagli Impressionisti - indagata non per i riscontri visivi, bens per i rapporti di forza che essi
disegnano allinterno del quadro (quando il pittore si definisce colorista arbitrario abbandona il
principio della mimesi per descrivere verit altre rispetto a quelle della natura, della coscienza, del
sentire individuale che si sovrappone al sentire del mondo); il fare delluomo, dellartista - ricerca etica
prima che pittorica -, fa di ogni segno un gesto con cui affronta la realt per coglierne e farne proprio il
suo contenuto essenziale: la vita. E il mestiere della vita la vera arte di Van Gogh: unarte vissuta gi in
maniera esistenziale, poich dallart pour lhomme si arrivati alla vie pour lart. Con tale proposta di
arte azione si gi alle radici dellEspressionismo. Particolarmente significativa, a questo proposito,
laffermazione del poeta e critico darte francese Artaud in una conferenza tenuta sul pittore: Locchio
di Van Gogh quello di un grande genio, ma (...) non pi il genio di un pittore chio sento vivere in
lui in questo momento, ma quello di un certo filosofo da me mai incontrato nella vita. Prima di lui,
forse, solo Nietzsche ebbe questo sguardo che spoglia lanima, che libera il corpo dallanima, che
mette a nudo il corpo delluomo, fuori dai sotterfugi dello spirito, per indagarne le passioni ed
esaltarne gli impulsi vitali.

E in tal senso che si pu passare allanalisi del pensiero nietzschiano, in particolare facendo
riferimento a quanto esposto nel testo La nascita della tragedia. Nietzsche accoglie le considerazioni di
Schopenhauer sulla vita e sulla volont inconscio, cieco irresistibile impeto, forza vitale, impulso e
bisogno teso alla conservazione della vita -: dolore, lotta, senza una precisa finalit. Tuttavia Nietzsche,
rifiutando la rassegnazione e lascetismo, propone laccettazione totale della potenza naturale, forza
ingenua, spontanea, primitiva, simbolo della quale Dioniso: laffermazione religiosa della vita totale,
non rinnegata n frantumata. E lesaltazione entusiastica del mondo com, senza diminuzione, senza
eccezione e senza scelta: esaltazione infinita dellinfinita vita. E la volont orgiastica della vita nella
totalit della sua potenza. Dioniso il dio dellebbrezza e della gioia, il dio che canta, ride e danza: egli
bandisce ogni rinuncia, ogni tentativo di fuga di fronte alla vita. Laccettazione integrale della vita
trasforma il dolore in gioia, la lotta in armonia, la crudelt in giustizia, la distruzione in creazione. Tutti
i valori fondati sulla rinuncia e sulla diminuzione della vita, tutte le cosiddette virt, tendono a
modificare lenergia vitale, a spezzare e a impoverire la vita. Solamente latto dellaccettazione, la
scelta libera e gioiosa di ci che la vita nella sua potenza primitiva, determina la trasfigurazione dei
valori e indirizza luomo verso lesaltazione di s, anzich verso labbandono e la rinuncia. Ben
consapevole del momento tragico e crudele dellessere, Nietzsche propone un accoglimento della vita
nellinsieme dei contrari che la caratterizzano: apollineo e dionisiaco. Come scrive ne La nascita della
tragedia, I due istinti, tanto diversi tra loro, vanno luno accanto allaltro, per lo pi in aperta
discordia, ma pure eccitandosi reciprocamente a nuovi parti sempre pi gagliardi, al fine di trasmettere
e perpetuare lo spirito di quel contrasto, che la comune parola arte risolve solo in apparenza; fino a
quando, in virt di un miracolo metafisico della volont ellenica, compaiono in ultimo accoppiati
luno con laltro, e in questo accoppiamento finale generano lopera darte, altrettanto dionisiaca che
apollinea, che la tragedia attica. Per Nietzsche, la tragedia stessa a essere veramente grande e
paradigmatica; o, pi precisamente, lepoca nella quale la tragedia pot esistere ad essere tale:
unepoca grandiosa della vita degli uomini, nella quale il conflitto fra gli dei si compie nel mito, e la
vita conosce il senso del vivere e presenta unit di stile in tutte le sue manifestazioni.

Esemplare nella tragedia attica lopera sofoclea; seguendo lanalisi di Nietzsche


sulla tragedia, possibile individuare nellopera complessiva di Sofocle, ma
soprattutto nellAntigone, la conciliazione tra i due opposti impulsi umani,
indagando anche il medesimo contrasto nella tragedia latina.
Sofocle il poeta dellumana grandezza, che anche nella sventura conserva
intatta la sua nobilt. I suoi eroi si assomigliano tutti: sono tutti grandi anime,
appassionate duna sola passione, a tal punto da far tuttuno con essa. In questa
pienezza di passione, in questa magnanimit asprissima che non cede di fronte a
nessun ostacolo e a nessuna sventura, lessenza della poesia sofoclea. Luomo,
nelle sofferenze dolorose inflittegli dalla vita, riconosce la disarmonia cosmica, ma
non fugge atterrito da questa vita, guarda invece ad essa e dona agli eletti il
segreto della vita, che addita la risoluzione delle opposte forze del mondo in una
perfetta unit. Dopo rivelato il segreto della vita, Edipo muore, ma Antigone, la
figlia dolorosa, con disperata reazione alla morte, si avvia a realizzare nella vita la
vita, quale aveva creata e interpretata il padre con le ultime parole, della quale
essa intuisce, cos facendo, il mirabile senso. Antigone unanima gigantesca,
agitata da una passione gigantesca, da un irresistibile slancio, trasportata da una
forza sovrumana; la pi sororale delle anime, secondo la definizione goethiana,
ma a patto che alla definizione si tolga il senso di tenerezza, di dolcezza che pu
esservi dentro: questa terribile eroina non la donna damore che molti hanno
voluto vedere; un carattere indomabile che soltanto chi ha il senso delleroico
pu ammirare ed amare. La sua anima troppo grande per essere capace soltanto
damore. Analizzando la tragedia Antigone nella sua interezza, risulta interessante
che le sole divinit alle quali il coro fa riferimento siano Dioniso ed Eros, divinit
notturne, misteriose, inafferrabili allo spirito umano, prossime alle donne ed
estranee alla politica; esse condannano in primo luogo la pseudo religione del
capo di Stato, Creonte, che misura il divino sul metro del suo povero buon senso
per fargli assumere i suoi odi e le sue ambizioni personali. Ma le due divinit si
ritorcono anche contro Antigone, chiusa nella sua philia familiare, votata
volontariamente ad Ade, perch fin nel loro legame con la morte Dioniso ed Eros
esprimono le potenze di vita e di rinascita. Antigone - pur non dimostrando un
tranquillo e freddo disprezzo della vita - non ha saputo intendere linvito a staccarsi
dai suoi e dalla philia familiare per aprirsi allaltra, accogliere Eros e, nellunione
con un estraneo, trasmettere a sua volta la vita. Nellintera tragedia, lantinomia
pi autentica risulta essere quella tra la vitalit dellesistente umano e la
devozione alla morte.

Anche nella tragedia latina, di cui a noi restano solo le nove tragedie di Seneca, cardine la
rappresentazione dello scatenarsi rovinoso di sfrenate passioni, non dominate dalla ragione, e delle
conseguenze catastrofiche che ne derivano. Tuttavia in esse si inserisce un forte scopo pedagogico e
morale, individuabile nellintenzione di proporre esempi paradigmatici dello scontro nellanimo umano
di impulsi contrastanti: apollinei e dionisiaci. Da un lato la ragione (di cui sono portavoce personaggi
secondari), dallaltro il furore, limpulso irrazionale, la passione, presentata da Seneca come
manifestazione di pazzia, che sconvolge e travolge lanimo umano, versante oscuro della colpa: nel
fondo dei personaggi tragici risulta cos evidenziato il valore di esemplarit negativa.

Ritornando allanalisi del pensiero di Nietzsche, si pu ancora riflettere sul concetto di uber-
mensch (oltre-uomo): egli colui che sa accettare pienamente la vita, ponendosi come volont di
potenza, cio libert creatrice, che, ergendosi al di sopra del caos della vita, impone ad essa i propri
significati e le proprie interpretazioni. Loltre-uomo luomo del futuro, che supera la vita in se stessa,
nello sforzo di reinventare incessantemente il proprio rapporto con il mondo. Chiarisce meglio quanto
detto un frammento della Volont di potenza:
E sapete anche cos per me il mondo? .... un mostro di forza, senza principio e senza fine ... come
giuoco di forze e onde di forza esso in pari tempo uno e plurimo ... un mare di forze tumultuanti e
infurianti in se stesse, in perpetuo mutamento , in perpetuo riflusso ... : questo mio mondo dionisiaco
del perpetuo creare se stesso, del perpetuo distruggere se stesso, questo mondo di mistero dalle doppie
volutt... volete un nome per questo mondo? Una soluzione per tutti i suoi enigmi? Questo mondo
la volont di potenza e nientaltro! E anche voi stessi siete questa volont di potenza e nientaltro!

Si possono individuare eventuali connessioni politiche al pensiero nietzschiano, bench esso sia
stato sempre e solo filosofico, e lo stesso ubermensch risulti una figura sfocata e priva di riferimenti
contingenti, cos come il concetto di volont di potenza. In effetti, il pensiero di Nietzsche stato
considerato espressione del cosiddetto pangermanesimo, un pensiero che, senza caratterizzarsi mai
quale organico movimento politico e culturale, si present come un atteggiamento di fondo di parte
della nazione tedesca, volto allesaltazione dellindividualit e della potenziale grandezza germanica,
fin dallet romantica (si tengano presenti i Discorsi alla nazione tedesca di Fichte) come reazione alla
dominazione napoleonica. Relegato ai margini della vita intellettuale tedesca dalla politica bismarkiana
e dallingerenza prussiana, il pangermanesimo si riprende forza con linsorgere di teorie razzistiche
(significativo il testo di U.S. Chamberlain Le basi del secolo XIX del 1899, che anticipa i contenuti del
Mein Kampf hitleriano), fomentato soprattutto dalla politica militare aggressiva di Guglielmo II, che
comport un ulteriore indubbio aumento delle tendenze razzistiche ed espansionistiche. Alla
conclusione del primo conflitto mondiale, lumiliazione per i trattati di pace fece s che il
pangermanesimo ritrovasse forza nella teoria dello spazio vitale. Pur tenendo dunque in considerazione
la notevole distanza temporale che intercorre tra Nietzsche e il nazismo, si pu rilevare come
questultimo possa essere considerato la messa in pratica, da parte di un popolo intero, guidato dal
Fhrer, della volont di potenza: ossia la traduzione realistica di una barbarie per Nietzsche
accettabile, forse, solo sul piano teorico. Ci che egli scrive (... resa possibile la nascita di stirpi
internazionali, che si pongano il compito di allevare una razza di dominatori, i futuri signori della
terra; - una nuova, enorme aristocrazia, edificata sulla pi dura autolegislazione, in cui sar
conferita una durata di millenni alla volont di violenti uomini filosofici e di tiranni artisti; una specie
superiore di uomini che, grazie alla loro sovrabbondanza di volont, sapere, ricchezza e influsso, si
serviranno dell'Europa democratica come del loro strumento pi docile e maneggevole per prendere in
mano le sorti della terra, per plasmare, come artisti, luomo stesso.) conferma quanto di lui ha scritto,
nel 1940, il Lowit: Nietzsche rimane un compendio dellantiragione tedesca. Un abisso lo separa dai
suoi divulgatori senza scrupolo, eppure egli ha preparato loro la strada che lui stesso non volle
percorrere. Si pu concludere, quindi, che, per quanto mediato e indiretto, vi un rapporto tra il
pensiero di Nietzsche ed il nazionalsocialismo, tra il decadentismo raffinato e filosofico del primo e
llite politica spietata, preda di un delirio antisemita, a capo del secondo.

In Italia, il pensiero di Nietzsche fu filtrato dalla reinterpretazione dannunziana; DAnnunzio,


inoltre, svilupp nella propria poesia una concezione autonoma di vitalismo.
Fin dallinizio della sua produzione, DAnnunzio anima la sua poesia con un impulso che lo
porta a sperimentare tutte le forme di vita egli, infatti, usa tutte le forme metriche, descrive tutte le
possibili esperienze - con un incontentabile entusiasmo e con una vitalit eccitata, quasi animalesca,
che oltrepassa ogni ideologia e si riallaccia alla concezione di natura quale spirito vitale. Banalizzando
il pensiero di Nietzsche, riducendolo a ideologia di facile consumo, egli ne fa uno strumento per
affermare la positivit del divenire della natura: la gioia vitale il destino degli individui superiori,
capaci di tracciare la strada di un luminoso futuro per lumanit intera. Stimolata dallideologia del
superuomo, sviluppata attraverso la scrittura di testi teatrali, la pi pura poesia dannunziana, quella
delle Laudi, si carica ancor pi , soprattutto in Alcyone, di unirresistibile vitalit, si immerge in una
trionfante sensualit nellesaltazione della gioia e del calore dellestate, sprofonda fisicamente nella
natura e cerca dovunque i segni di un entusiasmo, di un piacere che si vorrebbe "dionisiaco, ma che,
alfine, si ripiega su di s, appare narcisistico e teso unicamente ad unespansione della parola.
Mille sentieri vi sono non ancora percorsi; mille salvezze e isole della vita.
Inesaurito e non scoperto ancora sempre luomo e la terra delluomo (...).
Perch inesaurita lenergia che lo pervade...
F. Nietzsche, Frammenti.

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