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Nel 1872 si trasfer a Milano. Negli anni del soggiorno fiorentino e milanese Giovanni
Verga scrisse romanzi che rispondevano al gusto dellepoca e che riscossero successo
presso il grande pubblico (Una peccatrice, Storia duna capinera, Eva, Eros, Tigre
reale), ma dopo lincontro con gli esponenti della Scapigliatura milanese si manifest
in lui una certa avversione nei confronti della societ borghese e un sempre maggiore
interesse per la vita vera degli uomini di pi umile condizione. Scrisse cos la novella
Nedda (1874). Nedda segna la conversione di Giovanni Verga ai modi e ai temi del
Verismo e apre una nuova e originale fase della sua attivit di scrittore. Infatti, con
Nedda, storia di una giovane donna siciliana, raccoglitrice di olive, che lavora
duramente per vivere e vede morire di stenti e di fatiche la vecchia madre, luomo che
ama e la bimba che questi le ha dato, Giovanni Verga, abbandonati i personaggi
aristocratici e borghesi e le loro artificiose passioni, scopre il mondo degli umili, dei
diseredati e degli oppressi e prende a descrivere la misere vicende di questa povera
umanit in modo oggettivo, lasciando cio parlare le cose e i fatti stessi, senza
interventi e commenti personali e adottando immagini, vocaboli, frasi e strutture
sintattiche adeguati alla realt di quei nuovi personaggi.
Nel 1893, Giovanni Verga fece ritorno in Sicilia, a Catania, dove rimase, in un
silenzioso isolamento, fino alla morte, avvenuta il 27 gennaio 1922.
TEMI
I temi principali sono gli affetti familiari e le prime irrequietudini per il benessere (cfr.
Prefazione). Come anticipato nella novella Fantasticheria, emerge il cosiddetto ideale
dell'ostrica: i personaggi che, tentando di migliorare le proprie condizioni economiche,
combattendo una continua lotta per la sopravvivenza (darwinismo sociale), si
allontanano dal modello di vita consueto e finiscono male (come 'Ntoni e Lia). Soltanto
quelli che si adattano alla loro condizione possono salvarsi ( il caso di Alessi e di
Mena).
La famiglia
Giovanni Verga torna pi e pi volte su un tema preciso: quello dell'attaccamento alla
famiglia, al focolare domestico, alla casa; facile comprendere, quindi, i sentimenti di
amarezza e dolore di chi costretto a vendere la propria abitazione per pagare i debiti
di un affare sfortunato, come nel caso dei Malavoglia. Il bene della famiglia sembra il
supremo valore: questo il principale senso dell'ideale dell'ostrica. Per i Malavoglia la
"roba" consiste nella Provvidenza e nella casa del nespolo. Quando entrambe si
perdono, i membri della famiglia sentono di aver perduto le radici stesse della loro
esistenza. Solo alla fine del romanzo, Alessi riesce a recuperare la casa e con essa il
legame con il passato e gli affetti familiari.
Leconomia
Giovanni Verga riprende pi volte il discorso economico, anche nelle tragedie familiari.
Quando, ad esempio, muore Bastianazzo, la prima ed ultima cosa che si dice che la
barca era carica di lupini: quindi il fattore economico molto importante. Inoltre, Verga
vuole sottolineare la differenza tra la malizia del popolo e la famiglia operosa. Difatti
il popolo a pensare che Padron 'Ntoni si preoccupi dei lupini, quando quest'ultimo
afflitto per il figlio. I Malavoglia per tutto il romanzo sono tesi a recuperare la
condizione economica iniziale, o a migliorarla. L'economia del paese chiusa e di tipo
feudale: le classi sociali sono immobili e non lasciata nessuna possibilit alla libera
iniziativa (come dimostra l'investimento nei lupini avariati). Sempre vivo rimane il
dibattito sulla natura dei lupini che Verga immagina trasportati sulla Provvidenza,
poich lo stesso nome del legume attribuito localmente (specie in Campania) alla
vongola "povera" Chamelea Gallina; bench dal romanzo non sia possibile risolvere il
dilemma, accertato che nel caso in discorso si tratti dei semi della leguminosa
Lupinus Alba, diffusi e consumati nel catanese, laddove il nome lupino non risulta
invece attribuito al mollusco bivalve.
TEMI
Mastro-don Gesualdo uno dei capolavori di Giovanni Verga e appartiene al ciclo,
incompiuto, detto dei Vinti. Il romanzo infatti incentrato sulla figura di Gesualdo
Motta, un uomo che nel corso della sua vita sacrifica ogni affetto a ragioni
strettamente economiche ritrovandosi alla fine schiacciato e sconfitto dall'aridit di cui
si circondato.
Il tema del romanzo risulta evidente sin dal titolo: il personaggio principale, Gesualdo
Motta soprannominato dai suoi compaesani "mastro-don". Si tratta di un nomignolo
dispregiativo che sottolinea la natura di parvenu di Gesualdo, una via di mezzo fra
"Mastro" (appellativo riservato a chi dirige un gruppo di muratori) e "Don" (epiteto
riservato ai signori e proprietari terrieri).
Il protagonista, infatti, da muratore diventa imprenditore, proprietario terriero, marito
di una nobildonna; da qui il suo conseguente isolamento, poich viene detestato da
tutti coloro che non hanno ottenuto lo stesso successo in termini di ascesa sociale e
disprezzato dal ceto notabile che lo considera un bifolco arricchito.
Il romanzo costituito da ventuno capitoli suddivisi a loro volta in quattro parti
corrispondenti alle quattro pi importanti fasi della vita del protagonista: il matrimonio
con Bianca Trao, il successo economico, l'inizio del declino di Gesualdo, la sua morte.
Si tratta quindi di un romanzo che ricorre ad una tecnica per scorci: i fatti pi
importanti vengono isolati grazie ad ampi salti temporali.
Il romanzo, oltre a mostrare la decadenza dell'aristocrazia, presenta una
contrapposizione tra vittoria economica ed affetti familiari. Il protagonista un
arrampicatore sociale i cui tratti salienti sono l'intraprendenza borghese,
l'individualismo, il materialismo e la fine degli ideali, tanto che l' affannosa aspirazione
alla "roba" e all' ascesa sociale segnano una corsa verso l'alienazione e la solitudine
senza speranza.