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SEMINARI
E CONVEGNI
Atti delle giornate di studio
Pisa, Scuola Normale Superiore
24-25 giugno 2005
Sogni,
favole, storie
Seminario su
Giordano Bruno
Introduzione di
Michele Ciliberto
a cura di
Diego Pirillo e Olivia Catanorchi
2006 Scuola Normale Superiore Pisa
isbn 88-7642-xxx-x
Bruno e la Riforma protestante.
Un confronto dello Spaccio con testi
di Lutero, Calvino e Melantone
1. Premessa
1
G. Gentile, Bruno e la Riforma, in Id., Giordano Bruno nella storia della cultura,
Milano 1907, pp. 35-48.
158 Sara Miglietti
2
Cfr. M. Ciliberto, Nascita dello Spaccio: Bruno e Lutero, introduzione a G. Bru-
no, Spaccio de la bestia trionfante, Milano 2001.
3
A. Ingegno, Regia pazzia: Bruno lettore di Calvino, Urbino 1987. Cfr. anche G.
Sacerdoti, Caccia e sovranit. Il contesto inglese di una pagina dello Spaccio, in La
filosofia di Giordano Bruno. Problemi ermeneutici e storiografici, Atti del convegno in-
ternazionale (Roma, 23-24 ottobre 1998), a cura di E. Canone, Firenze 2003, pp.
272-273.
159 Bruno e la Riforma protestante
4
Gentile aveva gi colto un elemento fondamentale: il carattere essenzialmente
pratico della religione per Bruno. Molto giustamente scriveva: Per Bruno, come pel
Campanella, la religione di un paese , insomma, come la costituzione politica e la
legge positiva di un popolo: le quali si possono criticare in astratto, ma devono essere
osservate in concreto, come dotate di valore assoluto. Pertanto concludeva che
le controversie religiose, suscitate dai Riformatori [] sono dal Bruno condannate
massime per le discordie, le guerre, i danni sociali che venivano a produrre (Genti-
le, Giordano Bruno cit., p. 39). Da queste conclusioni egli traeva per un significato
diverso da quello che la maggior parte della critica vi attribuisce oggi: Linteresse
pratico sta, dunque, al di sopra dellinteresse religioso, e propriamente speculativo,
siccome noi lintenderemmo, delle singole confessioni religiose: e per quellinteres-
se pratico a Ginevra il Bruno non avrebbe potuto onestamente non abbracciare il
calvinismo (p. 41). Invece, il primato della pratica rende necessario il giudizio sul
valore delle diverse confessioni religiose: il calvinismo, religione dellozio e non del-
lazione, non poteva superare lesame di Bruno, il cui soggiorno svizzero ebbe difatti
brevissima durata.
160 Sara Miglietti
5
L. Firpo, Il processo di Giordano Bruno, a cura di D. Quaglioni, Roma 1993, p.
177.
6
Cfr. N. Caserta, Filippo Melantone. DallUmanesimo alla Riforma, Roma 1960,
pp. 151-169.
161 Bruno e la Riforma protestante
7
Cfr. M. Ciliberto, Giordano Bruno, angelo della luce tra disincanto e furore, intro-
duzione a Dialoghi filosofici italiani, p. xiii: Per Bruno, nella vicenda personale, esi-
stenziale, che si incarna, e si svolge, il processo di universale renovatio: nel minimo
della quotidianit si esprime, e si svolge, il massimo del processo di restaurazione
dellantica verit []. La riflessione autobiografica aspetto costitutivo di unopera
che attraverso lesperienza e la conoscenza del s si compie e si sviluppa. Al-
lintreccio tra filosofia e autobiografia in Bruno stato dedicato di recente anche un
convegno, i cui atti sono raccolti nel volume Autobiografia e filosofia. Lesperienza di
Giordano Bruno, Atti del convegno (Trento, 18-20 maggio 2000), a cura di N. Piril-
lo, Roma 2003. Quanto emerge da questi studi dato ormai acquisito; pertanto pu
sembrare superfluo ricordare limportanza di un lavoro condotto su binari paralleli,
dove si presti uguale attenzione al dato testuale e a quello contestuale. Tuttavia mi pare
che un limite di certa parte della produzione attuale sul rapporto di Bruno con la
Riforma consista proprio nellaver affrontato la questione adottando sostanzialmente
luna o laltra prospettiva, e perdendo cos di vista questo nesso essenziale, dialettico,
tra esperienza biografica e riflessione filosofica.
8
Nicola Badaloni istituisce un confronto tra alcune affermazioni di Serveto e passi
corrispondenti di Bruno per avallare la tesi di una lettura giovanile dellantitrini-
tario spagnolo da parte di Bruno, e per sostenere che alcuni interessi successivi di
Bruno (testi ermetici e filosofia presocratica) derivino proprio da tale lettura: cfr.
N. Badaloni, Giordano Bruno: tra cosmologia ed etica, Bari 1988. A questipotesi si
oppone invece Corsano, il quale ritiene che Bruno si avvicini allantitrinitarismo
in forza di considerazioni puramente speculative, specialmente di carattere natura-
listico; mentre il problema di Serveto sarebbe stato di segno diverso, e soprattutto
orientato in senso nettamente antiplatonico e antinaturalistico. Peraltro, riferendosi
al rapporto di Bruno con lantitrinitarismo, Corsano riconosce che al centro della
crisi giovanile del Bruno ci fu un problema dindole non filosofica ma teologica: o
162 Sara Miglietti
almeno filosofica solo tanto quanto le era concesso dimpegnarsi nei termini dun
problema teologico (A. Corsano, Il pensiero di Giordano Bruno nel suo svolgimento
storico, Galatina 2002, p. 48).
9
Firpo, Il processo cit., p. 170: et questa opinione lho tenuta da disdotto anni
della mia et sino adesso; ma in effetto non ho mai per negato, n insegnato, n
scritto, ma sol dubitato tra me, come ho detto.
10
una scelta, questa di recarsi a Ginevra, su cui vale la pena di riflettere. Nel
secondo costituto, Bruno dichiara di essersi diretto l non per speciale interesse verso
la religione calvinista (anzi, dice lui in modo poco credibile, non intendevo di pro-
fessare quella di essa citt [la religione di Ginevra], perch non sapevo che religione
fosse: cfr. Firpo, Il processo cit., p. 160, corsivo mio), ma per viver in libert ed
esser sicuro. Ora, mi pare strano che Bruno, che gi da vari anni (che si dia fede o
meno a quel 1566 da lui stesso suggerito) doveva muoversi su posizioni antitrinitarie,
non concepisse la citt che aveva messo al rogo Serveto come un potenziale pericolo;
quando invece, gi entro la fine degli anni Settanta, gli animatori del movimento
ereticale italiano avevano intuito la convenienza di una fuga a est, abbandonando
Ginevra, Zurigo, i Grigioni (cfr. D. Cantimori, Eretici italiani del Cinquecento, Torino
2002, in particolare il cap. XXVI). Certo almeno due ragioni sembravano suggerir-
gli Ginevra come destinazione ideale: in primo luogo la sua vicinanza geografica a
Chambry, dove appunto Bruno si trovava al momento di prendere una decisione;
poi la presenza di una nutrita comunit italiana, che doveva essergli ben nota (quasi
trentanni prima, la fuga di Galeazzo Caracciolo alla volta di Ginevra aveva fatto
grande scalpore negli ambienti napoletani), e che acquistava per lui il significato
di unenclave familiare in una citt del tutto sconosciuta. Rimane poi il peso di quel
consiglio che Giordano aveva ricevuto dai confratelli a Chambry: addentrarsi ul-
teriormente nella Francia dilaniata dalle guerre civili non gli avrebbe portato nulla
163 Bruno e la Riforma protestante
di buono, data la sua delicata condizione di fuggitivo. Resta comunque il fatto signi-
ficativo che Bruno, ovviamente conscio (checch ne dicesse al processo) di quale
religione si professasse a Ginevra, vi and nella convinzione che quello fosse il luogo
in cui la sua libert e la sua sicurezza potevano essere meglio tutelate; il che non
implica che egli intendesse aderire realmente al calvinismo su questo credo si possa
ben prestar fede alla sua testimonianza ma suggerisce almeno che il suo giudizio sul
calvinismo non fosse fin da principio cos negativo come lo diventer al termine del-
lesperienza svizzera; cfr. S. Ricci, Giordano Bruno nellEuropa del Cinquecento, Roma
2000, p. 125.
11
Agli inquisitori Bruno dichiar di non aver mai partecipato alla Cena durante il
soggiorno ginevrino; sostenne di aver solo assistito per curiosit ai sermoni che la
precedevano e daver seguito talora le prediche di Nicol Balbani, lucchese, amico
e biografo di Caracciolo; ma dopo i sermoni, nellhora che distribuivano il pane al
modo della loro cena, mi partivo et andavo per li fatti miei, n mai ho pigliato del suo
pane n observato questi suoi riti (Firpo, Il processo cit., p. 185). Ma i documenti del
processo subito a Ginevra nellagosto del 1579 sconfessano chiaramente queste sue
dichiarazioni: costretto a ritrattare, Bruno fu riconciliato con la comunit e, secondo
la prassi locale, venne riammesso alla celebrazione della Santa Cena. Ci significa
che prima e dopo questa breve parentesi giudiziaria, Bruno partecip eccome alla
Cena della comunit ginevrina: se agli inquisitori disse il contrario, fu ovviamente
per ridimensionare i suoi rapporti coi calvinisti.
164 Sara Miglietti
12
N. Ordine, Giordano Bruno, Ronsard et la religion, Paris 2004, in particolare il
cap. XIII, Chiron et le roi philosophe: lloge de Henri III, pp. 165-173. Nellultima parte
del lavoro ci soffermeremo sulliconografia della dinastia dei Valois e sui problemi
destati dallinterpretazione di Ordine.
165 Bruno e la Riforma protestante
13
F.A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Bari 1969, pp. 333-334.
14
Spaccio, p. 548. Ci torneremo nella terza sezione.
15
R. De Martinis, Giordano Bruno per Raffaele De Martinis, Napoli 1889. Lintero
capitolo III dedicato allesperienza tedesca di Bruno. Lautore, la cui visione forte-
mente pregiudiziale e apologetica del ruolo della Chiesa nella gestione del processo
(cfr. ad es. ibid., pp. 227 sgg.), scrive peraltro che il Nolano ader alla confessione
luterana senza tenere di essa le credenze, n osservandone i comandamenti, come
operava in tutte le confessioni cristiane da lui professate e chegli seguiva solo per suo
opportunismo materiale (ibid., p. 72).
166 Sara Miglietti
16
Come ricorda lo stesso De Martinis (ibid., p. 57), a Marburgo Bruno si vide
rifiutare un posto da lettore per gravi ragioni, che si possono legittimamente ri-
condurre alla sua mancata professione di fede luterana. Esistevano dunque precise
limitazioni civili nei confronti di chi non si conformava al culto locale.
167 Bruno e la Riforma protestante
Veda qual riuscita facciano essi, e quai costumi suscitano e provocano ne gli
altri, per quanto appartiene a gli atti de la giustizia e misericordia, e la con-
servazione et aumento di beni publici; se per lor dottrina e magistero sono
drizzate academie, universitadi, tempii, ospitali, collegii, scuole e luoghi de disci-
pline et arti: o pure dove queste cose si trovano son quelle medesime e fatte de
medesime facultadi che erano prima che loro venissero e comparissero tra le
genti. Appresso se per loro cura queste cose sono aumentate, o pure per loro
negligenza disminuite, poste in ruina, dissoluzione e dispersione17.
Bruno non poteva ignorare che a Ginevra era stato proprio Calvino
a fondare lAccademia, sul modello dei collegi parigini, dando il pri-
mo impulso allo sviluppo culturale della citt. Il giudizio contenuto
in queste righe chiaramente distorto ed esasperato dal cattivo ricor-
do del soggiorno svizzero: a disturbare Bruno doveva esser stato, pi
di tutto, lutilizzo intollerante che veniva fatto della filosofia presso
lAccademia ginevrina, unistituzione che invece di snocciolare sen-
tenze e reprimere lindipendenza di pensiero avrebbe dovuto promuo-
vere la libera ricerca della verit ai fini del bene comune. Ma a Wit-
tenberg Bruno ebbe modo di sperimentare una declinazione diversa
del rapporto tra Riforma e cultura secolare: ne troviamo le tracce,
enfatizzate dalla retorica ma sincere nellintenzione, nellOratio vale-
dictoria, quando il Nolano ripudia le saggezze straniere ricercate nei
secoli dai sapienti europei, esaltando per contrasto i grandi ingegni
della terra tedesca:
Tutto questo, e anche cose pi grandi, e pi grandi di quelle che voi [i sapien-
ti europei] cercaste in tante e cos grandi regioni del mondo, io ho trovato
nella sola regione di Germania []. Voi, dottissimi, gravissimi e morigera-
tissimi senatori, non mi disprezzaste, e lo studio mio, non del tutto alieno
dallo studio di tutti i dotti della vostra nazione, non lo riprovaste tanto da
permettere che fosse violata la libert filosofica e macchiato il concetto della
17
Spaccio, pp. 545-546 (corsivo mio).
168 Sara Miglietti
18
Oratio valedictoria, pp. 22-23 (traduzione mia). Lelogio della Germania quale
dimora europea della sapienza sembra rispondere in parte a un topos: gi Jean Bodin,
nella sua Methodus (1566), si esprimeva in modo simile (J. Bodin, Methodus ad faci-
lem historiarum cognitionem, Aalen 1967, p. 146).
19
A mio avviso va per fatta una distinzione tra lOratio nel suo complesso e lelogio
di Lutero ivi contenuto, su cui torneremo nellultima sezione. In sostanza mi schie-
rerei con Gentile, il quale scriveva: Questelogio di Lutero, puramente rettorico e
privo dogni allusione al contenuto particolare della sua Riforma, che altro pu essere
se non lespressione del vivo senso di gratitudine e di ammirazione, che lanimo del
Bruno doveva naturalmente provare verso questi seguaci generosi di lui, dai quali per
la prima volta, dacch, cacciato dItalia, era andato peregrinando per ogni parte dEu-
ropa in cerca di pace propizia al suo fervido culto della filosofia, era stato reso liberale
omaggio al suo spirito di universale amore umano, al suo titolo di professione filosofi-
ca (Gentile, Giordano Bruno cit., pp. 43-44). In particolare mi trovo daccordo con
le critiche mosse da Gentile allinterpretazione del Felici (ibid., p. 47, nota 1).
20
Firpo, Il processo cit., p. 175.
169 Bruno e la Riforma protestante
21
Vorrei ringraziare Marco Matteoli per i suoi preziosi suggerimenti e per avermi
segnalato il ruolo rilevante che lantiramismo, condiviso da Bruno e in gran parte da
Melantone, pu aver giocato nellavvicinamento di Bruno ad alcuni settori tedeschi
della Riforma. Utile su questi temi il volume collettivo Giordano Bruno in Wittenberg
(1586-1588). Aristoteles, Raimundus Lullus, Astronomie, hrsg. von T. Leinkauf, Pisa-
Roma 2004 (Supplementi di Bruniana & Campanelliana. Studi, 6).
170 Sara Miglietti
2. Progetti di riforma
22
Firpo, Il processo cit., pp. 250-251.
23
Sullaffidabilit delle testimonianze rilasciate dai compagni di prigionia di Bru-
no, perfino gli inquisitori erano assai scettici; ecco perch, fino agli ultimi mesi del
171 Bruno e la Riforma protestante
1599, Bruno pot ragionevolmente sperare in una conclusione favorevole del proces-
so. D. Quaglioni (Il processo e lautodifesa, in Autobiografia e filosofia cit., pp. 127-145)
ricorda infatti che la prassi inquisitoriale non permetteva di transigere sulla qualit
dei testimoni, i quali dovevano essere irreprensibili carattere che certo mancava ai
sicofanti di Bruno, essi stessi prigionieri dellInquisizione. La denuncia del solo Mo-
cenigo non risultava incriminante, secondo la norma dellunus testis, nullus testis.
24
Firpo, Il processo cit., pp. 248-249.
25
Ibid., p. 144.
26
Ciotti, peraltro, nel primo interrogatorio del 26 maggio 1592 aveva deposto in
maniera favorevole a Bruno, dichiarando di non avergli mai sentito dir cosa, per
la qual abbi potuto dubitar che non sia catolico e buon cristiano (cfr. ibid., pp. 149
sgg.).
27
Ibid., p. 153.
172 Sara Miglietti
nel 1582, Guillaume Cotin annotava nel suo diario: il dit que faci-
lement les troubles de la religion seront ostes, quand on ostera ces
questions, et dit esprer que bien tost en sera la fin. Qui Bruno, con
ces questions, si riferiva nello specifico alle esasperate sottigliezze
del dibattito sacramentale; eppure gi allora due anni prima dello
Spaccio il discorso si legava alla necessit di una riforma pi radica-
le, di carattere fondamentalmente etico-civile, una riforma insomma
ben diversa da quella che era stata avviata in Europa sessantanni
prima. Ancora Cotin: mais souverainement il dteste les hrtiques
de France et dAngleterre, en ce quil[s] meprisent les bonnes uvres
et preschent la certitude de leur foy et justification; car toute la chres-
tient tend bien vivre. E si sente anche linsofferenza bruniana per
la cultura sterile e pedantesca del suo tempo: il mesprise Cajtaine
et Picus Mirandolanus, et toute la philosophie des Jsuites, qui nest
que des questions hors du texte et intelligence dAristote28.
La posizione di Bruno si compone quindi di due parti: innanzitut-
to, una critica serrata ai dogmi del cattolicesimo, razionalmente in-
giustificabili e inutilmente cavillosi, tanto da diventare veri e propri
ostacoli per il raggiungimento di una pace religiosa universale; poi,
un progetto personale di riforma che non si propone semplicemente
di fondare una nuova setta tra tante altre quei giordanisti di cui
discorreva Graziano, ragionando con le sue ristrette categorie ma di
affrontare il problema da un punto di vista completamente diverso.
Lobiettivo chiaro: rinnovare la societ contemporanea attraverso
una rieducazione a quegli ideali civili che il ciclo cristiano ha forte-
mente contribuito ad offuscare. Tale precisamente lorizzonte entro
cui trova genesi lo Spaccio: non tanto di competizione con i riformati,
giacch la sfida di Bruno non si muove sul piano dellesegesi biblica,
n punta a purgare i semplici cuori29. Si tratta invece di porre unal-
28
V. Spampanato, Documenti della vita di Giordano Bruno, Firenze 1933, III, Docu-
menti parigini, II, p. 40.
29
In effetti, nello Spaccio viene dato molto pi spazio alla purgazione esteriore
che a quella interiore, come a suggerire che a contare veramente, anche perch pi
difficile da realizzare, sia in realt la prima: Bisogna mondare e renderci belli non
solamente noi: ma anco le nostre stanze e gli nostri tetti fia mestiero che sieno puliti
e netti; doviamo interiore et esteriormente ripurgarci []. Se vogliamo mutar stato,
cangiamo costumi []. Purghiamo linteriore affetto: atteso che da linformazione di
questo mondo interno, non sar difficile di far progresso alla riformazione di questo
173 Bruno e la Riforma protestante
sensibile et esterno. La prima purgazione (o Dei) veggio che la fate, veggio che lave-
te fatta; la vostra determinazione io la veggio, ho vista la vostra determinazione, la
fatta, et subito fatta, perch la non soggetta a contrapesi del tempo. Or su,
procediamo alla seconda purgazione. Questa circa lesterno, corporeo, sensibile e
locato. Per bisogna che vada con certo discorso, successione et ordine: per bisogna
aspettare, conferir una cosa con laltra, comparar questa raggione con quella, prima
che determinare; atteso che circa le cose corporali come in tempo la disposizione,
coss non pu essere come in uno instante lessecuzione (Spaccio, pp. 508-509).
174 Sara Miglietti
30
Firpo, Il processo cit., pp. 143 sgg. (corsivi miei).
31
Ibid., p. 277.
32
Ibid., pp. 278-279. Cfr. anche il dialogo terzo dello Spaccio: Ho visto io gli
Religiosi di Castello in Genova mostrar per breve tempo e far baciar la velata coda,
dicendo: Non toccate, baciate; questa la santa reliquia di quella benedetta asina,
che fu fatta degna di portar il nostro Dio dal monte Oliveto a Ierosolima. Adoratela,
baciatela, porgete limosina: Centuplum accipietis, et vitam aeternam possidebitis
(Spaccio, p. 642).
175 Bruno e la Riforma protestante
33
Firpo, Il processo cit., p. 279.
34
R. Bainton, Erasmo della cristianit, Firenze 1989, pp. 188 e 218; altri accenni
alla questione dellEucaristia si trovano alle pp. 141 (sulla posizione di Lutero) e
184-185 (sulla posizione di Ecolampadio, Carlostadio, Farel padre spirituale di
Calvino e dei sacramentari). Va detto che, almeno in un primo momento, la po-
sizione di Lutero sulla questione della presenza del corpo di Cristo nel sacramento
eucaristico fu abbastanza sfumata: nellopuscolo Della cattivit babilonese della Chiesa
(1520) leggiamo parole nettamente erasmiane: Perch, abbandonando la curiosit,
non ci fermiamo con semplicit alle parole di Cristo, pronti ad ignorare ci che
avviene, contenti di sapere che l c il corpo di Cristo, in virt delle sue parole?
Forse che necessario capire interamente i modi del divino operare? (Della cattivit
babilonese della Chiesa, in M. Lutero, Scritti politici, a cura di G. Panzieri Saija e L.
Firpo, Torino 1949, p. 249).
35
Spampanato, Documenti cit., III, Documenti parigini, II, p. 40.
176 Sara Miglietti
delle reliquie: entrambi sono temi che attraversano come fiumi car-
sici la maggior parte delle opere satiriche di Erasmo, a partire dai
Colloquia; e non dimentichiamo che anche Calvino fu autore di un
fortunato Trait des reliques, che riassumeva gli argomenti tipici della
discussione in materia e passava in rassegna le centinaia di false reli-
quie esposte in tutta Europa, concludendo che il culto dei santi, delle
reliquie e delle immagini (tutti elementi estranei alla Chiesa delle
origini) doveva essere etichettato come superstizione idolatra, ancora
peggiore di quella dei pagani.
Ma non ci si pu fermare alla superficie di queste somiglianze, che
costituiscono al massimo le premesse del ragionamento di Bruno, il
punto di partenza delle sue riflessioni ai tempi in cui, da novizio, leg-
geva gli scoli di Erasmo a Gerolamo e Crisostomo. Questa non altro
che la primitiva diagnosi del male del secolo, poi approfondita con
risultati ben pi originali nel Candelaio (1582, cio lo stesso anno
delle conversazioni con Cotin) e massimamente nello Spaccio, quan-
do Bruno coglier appieno la dimensione metafisica della crisi del
suo tempo. Negli anni Novanta, al momento del processo, ci trovia-
mo insomma alla fine di un percorso filosofico che, pur mantenendo
nessi anche stretti con il nucleo originario delle riflessioni bruniane
(e quindi con le sue fonti primarie dispirazione, in particolare con
lerasmismo), opera entro un quadro generale di riferimenti molto di-
verso. I rilievi polemici restano, naturalmente; ma, rispetto agli anni
giovanili, cambia il contesto in cui Bruno li inserisce, la profondit
speculativa di cui li dota; anche perch nata intanto una nuova,
concreta speranza di poter porre rimedio alla crisi.
Riconsideriamo brevemente la scena XIX dellultimo atto del Can-
delaio, dov rappresentato il dialogo tra Ascanio e Gioan Bernardo
sulla cecit della fortuna. Dice Gioan Bernardo:
Voi la intendete bene. Tutti gli errori che accadeno, son per questa fortu-
na traditora: quella chha dato tanto bene al tuo padrone Malefacio, ed a
me lha tolto. Questa fa onorato chi non merita, d buon campo a chi nol
semina, buon orto a chi nol pianta, molti scudi a chi non le sa spendere,
molti figli a chi non pu allevarli, buon appetito a chi non ha che mangiare,
biscotti a chi non ha denti. Ma che dico io? deve esser iscusata la poverina,
perch cieca, e, cercando per donar gli beni chave intra le mani, camina
a tastoni, e per il pi sabbatte a sciocchi, insensati e furfanti, de quali il
mondo tutto pieno. Gran caso quando tocca di persone degne che son
poche; pi grande, si tocca una de pi degne che son pi poche; grandissimo
ed estra ogni ordinario, tanto chabbi tastato, quanto chabbia a tastare un
177 Bruno e la Riforma protestante
de dignissimi che son pochissimi. Dunque, si non colpa sua, colpa de chi
lha fatta. Giove niega daverla fatta; per o fatta o non fatta chella sii, o
non ha colpa o non si trova chi labbia36.
36
Candelaio, p. 150.
37
Spaccio, p. 638.
38
Ibid., p. 632.
178 Sara Miglietti
39
Ibid., pp. 637-638.
40
Ibid., p. 478.
41
quanto gi notava Ciliberto (Giordano Bruno, angelo della luce cit., p. 23): Al
di l del dominante tono osceno, il Candelaio svolge ben pi drammaticamente del
Cantus la comune tematica erasmiana della crisi e del rovesciamento. Qui il nodo
non si scioglie; resiste nella sua crudezza. Alluomo non resta altra possibilit che non
sia la propria individuale capacit di capire quando arriva loccasione, di prenderla
per i capelli, e non farla scappare. Ed questo, appunto, che fa Gio. Bernardo, riu-
scendo a intrecciare, grazie al suo giudizio, avere e meritare. Se il tema della riforma
non affrontato, il nodo della crisi dunque riproposto nel Candelaio in modo
radicale. Mi sentirei di aggiungere una considerazione. Data lincertezza sulla data
in cui Bruno sarebbe venuto a conoscenza, per la prima volta, dei testi ermetici; e
accettata laffascinante lettura in chiave autobiografica del Candelaio (esso, in sinte-
si, rappresenterebbe gli anni giovanili di Bruno, quando le sue posizioni filosofiche si
attestavano su un materialismo pervaso di motivi lucreziani, democritei e pitagorici);
forse possibile avanzare lipotesi che nel 1582, scrivendo il Candelaio, Bruno abbia
coscientemente escluso dalla descrizione della crisi contemporanea lenunciazione
ermetica della sua fine imminente come accade nello Spaccio poich negli anni
179 Bruno e la Riforma protestante
la bizzarra idea del Nolano secondo cui presto presto il mondo have-
rebbe veduto una riforma generale di se stesso, perch era impossibile
che durassero tante corruttele42.
Ecco dunque un esempio di come Bruno, in breve lasso di tempo,
operi ricontestualizzando spunti e problemi, e cos trasformandone
profondamente il senso e le conclusioni che se ne possono trarre.
sulla base di queste considerazioni che mi sento di rifiutare quanto
stato da altri ipotizzato: che cio il Nolano, ai tempi dello Spaccio e
quindi in una fase ormai matura del suo pensiero, avesse di mira
in cui sarebbe ambientato il dialogo (met anni Settanta) il Nolano non aveva an-
cora letto lAsclepius e non aveva ancora gli elementi per elaborare quella che presto
diventer la sua potente filosofia della storia. Il tutto ci permetterebbe di datare la sua
lettura dei testi ermetici alla fine degli anni Settanta-inizio degli anni Ottanta.
42
Firpo, Il processo cit., p. 158.
43
Ingegno, Regia pazzia cit., p. 13. Si tratta di uno dei pochissimi studi su Bruno
e il calvinismo, tema ampio che Ingegno ha voluto saggiare esclusivamente sotto il
profilo della tematica cristologica, senza pretese di completezza. Un vizio di fondo del
lavoro a mio avviso laver frainteso il senso della polemica anticristiana di Bruno:
credo che il Nolano, nel suo rifiuto del cristianesimo, sia molto pi radicale di quanto
ritenga Ingegno.
180 Sara Miglietti
44
Corsano, Il pensiero cit., p. 72.
181 Bruno e la Riforma protestante
in tutto il resto del mondo e di secoli non appare tanta discordia e dissonan-
za, quanta si convence tra loro; perci che tra diece mila di simil pedanti
non si trova uno che non abbia un suo catecismo formato, se non publicato:
al meno per publicare quello che non approva nessuna altra instituzione che
la propria, trovando in tutte laltre che dannare, riprovare e dubitare; oltre
che si trova la maggior parte di essi che son discordi in se medesimi, cassan-
do oggi quello che scrissero laltro giorno45.
Del resto a Bruno non pare che sui punti fondamentali iustitia
sola fide, principio della sola Scriptura, concezione di Dio, della
natura umana e del peccato esistano vere differenze, capaci di in-
nalzare il valore di una setta su quello delle altre: nei giudizi riferiti
da Cotin e dai verbali del processo traspare che Bruno considerava
tutti i riformati come spregiatori delle buone opere e fatalisti che ri-
mettevano il destino delluomo al giudizio di Dio. C appena bisogno
di dire che le discrepanze dottrinali tra i vari riformatori erano invece
cospicue, e toccavano spesso i temi portanti del dibattito teologico
dellepoca: gi stato ricordato il caso limite di Melantone, autore
di quella Confessio augustana che fu il manifesto del nascente lute-
ranesimo di fronte allimperatore Carlo V, eppure responsabile, nei
suoi ultimi anni di vita, di unulteriore spaccatura nel corpo dei pro-
testanti.
Ma a noi, ora, interessa indossare lenti bruniane che ci permetta-
no di vedere le cose dal punto di vista del nostro autore: perci per
affrontare largomento sar bene attenersi ai soli testi, selezionando
alcuni lemmi in grado di mostrare i nuclei essenziali del contrasto
di Bruno con i riformati. Partiremo dalla parola chiave frutti, termi-
ne che evoca passi evangelici di grande importanza nella storia della
Riforma (non a caso anche Erasmo vi era particolarmente affeziona-
to)46, e decisamente adatto ai nostri scopi, dal momento che ricorre
45
Spaccio, p. 545.
46
Come nota Bainton, un criterio che Erasmo sistematicamente applicava alla
teologia era quello dei frutti che essa genera nel comportamento del cristiano
(Bainton, Erasmo cit., p. 189). Proprio per questa ragione egli divenne fortemente
critico verso coloro che si autodefinivano evangelici e mostravano assai poco delle
virt evangeliche: un topos della nuova spiritualit, frequentissimo anche nella
letteratura dei riformati. Anche nel campo dellermeneutica biblica restava fedele a
questo principio defficacia, stando attento a non lasciarsi intrappolare dalla lettera
182 Sara Miglietti
Dove aspetta la Corona australe, ivi il Premio, lOnore e Gloria, che son gli
frutti de le virtudi faticose e virtuosi studi, che pendeno dal favore de le dette
celesti impressioni. Onde si prende il Pesce meridionale, l il Gusto de gli
gi detti onorati e gloriosi frutti; ivi il Gaudio, il fiume de le Delicie, torrente
de la Voluptade, ivi la Cena, ivi lanima
pasce la mente de s nobil cibo,
chambrosia e nettar non invidia a Giove.
L il Termine de gli tempestosi travagli, ivi il Letto, ivi il tranquillo Ripo-
so, ivi la sicura Quiete48.
L, rispose il padre de gli di, voglio che succeda la Speranza, quella che
co laspettar frutto degno delle sue opre e fatiche, non cosa tanto ardua e
difficile a cui non accenda gli animi tutti i quali aver possono senso di qual-
che fine52.
49
Ibid., p. 610.
50
Ibid., p. 541.
51
Ibid., p. 460 (corsivi miei).
52
Ibid., p. 616 (corsivi miei).
184 Sara Miglietti
veggono il frutto de lor meriti in quella vita, per gli vien promesso e
posto avanti gli occhi de laltra vita il bene e male, premio e castigo,
secondo le lor opre53. Lo stesso tema viene affrontato in un passo im-
portante della fine del secondo dialogo, dove parla la Sollecitudine:
Tu Speranza che fai, che non mi sproni, che non minciti? Su, f chio aspetti
da cose difficili exito salutare, se non mi affretto avanti tempo, e non cesso
in tempo: e non far chio mi prometta cosa per quanto viva, ma per quanto
ben viva54.
53
Ibid., p. 518.
54
Ibid., p. 587 (corsivi miei). Questo concetto di ben vivere come essenza della
moralit centrale in Bruno: a Cotin diceva che il cuore dellesser cristiani il bien
vivre; a Mocenigo che il non fare ad altri quello che non vorremmo fosse fatto a
noi.
185 Bruno e la Riforma protestante
55
Ibid., pp. 586-587 (corsivo mio).
56
Ibid., p. 517 (corsivi miei).
186 Sara Miglietti
Quella chha varcati gli mari, per violare quelle leggi della natura, confon-
dendo que popoli che la benigna madre distinse, e per propagare i vizii duna
generazione in unaltra; perch non son coss propagabili le virtudi: eccetto
se vogliamo chiamar virtudi e bontadi quelle che per certo inganno e con-
suetudine son coss nomate e credute, bench gli effetti e frutti sieno condan-
nati da ogni senso et ogni natural raggione: quai sono le aperte ribaldarie e
stoltizie e malignitadi di leggi usurpative e proprietarie del mio e tuo; e del pi
giusto, che fu pi forte possessore; e di quel pi degno, che stato pi sollecito
e pi industrioso e primiero occupatore di que doni e membri de la terra,
che la natura e per conseguenza Dio indifferentemente donano a tutti58.
57
Ibid., p. 518. da notare che, nellEpistola esplicatoria, Bruno inserisce lUsurpa-
zione nella costellazione di Orione, rappresentante di Lutero (cfr. Ciliberto, Nascita
dello Spaccio cit., p. 37): Da l dove spanta gli numi il divo e miracoloso Orione,
con lImpostura, Destrezza, Gentilezza disutile, vano Prodigio, Prestigio, Bagattel-
la e Mariolia; che qual guide, condottieri e portinaii administrano alla Iattanzia,
Vanagloria, Usurpazione, Rapina, Falsitade et altri molti vizii, ne campi de quali
conversano: ivi viene esaltata la Milizia studiosa contra le inique, visibili et invisibili
potestadi; e che saffatica nel campo della Magnanimit, Fortezza, Amor publico,
Verit et altre virtudi innumerabili (Spaccio, p. 477).
58
Ibid., pp. 597-598 (corsivi miei). Si veda anche lArgomento degli Eroici furori,
dove Bruno polemizza con certi farisei che sceleratissimi e ministri dogni ribalda-
ria si usurpano pi altamente che dir si possa gli titoli de sacri, de santi, de divini ora-
tori, de figli de Dio, de sacerdoti, de regi: stante che stiamo aspettando quel giudicio
divino che far manifesta la lor maligna ignoranza et altrui dottrina, la nostra simplice
libert e laltrui maliciose regole, censure et instituzioni (De gli eroici furori, p. 759).
187 Bruno e la Riforma protestante
con violenza propagar nove follie e piantar linaudite pazzie ove non sono,
conchiudendosi alfin pi saggio quel ch pi forte; mostrar novi studi, instru-
menti, et arte de tirannizar e sassinar lun laltro: per merc de quai gesti,
tempo verr chavendono quelli a sue male spese imparato, per forza de la
vicissitudine de le cose, sapranno e potranno renderci simili e peggior frutti
de s perniciose invenzioni59.
59
Cena, p. 27 (corsivi miei).
60
De linfinito, p. 337.
61
Spaccio, p. 583 (corsivo mio).
62
Ibid., p. 547 (corsivi miei). Sottolineo il termine seminato perch ancora una
volta afferisce al campo semantico dei frutti.
188 Sara Miglietti
ma sa Dio, conosce la verit infallibile che come tal sorte duomini son stol-
ti, perversi e scelerati, coss io in miei pensieri, paroli e gesti non so, non ho,
non pretendo altro che sincerit, simplicit, verit. Talmente sar giudicato
dove lopre et effetti eroici non saran creduti frutti de nessun valore e vani;
dove non giudicata somma sapienza il credere senza discrezzione; dove si
distingueno le imposture de gli uomini da gli consegli divini; dove non
giudicato atto di religione e piet sopra umana il pervertere la legge naturale;
dove la studiosa contemplazione non pazzia; dove ne lavara possessione
non consiste lonore; in atti di gola la splendidezza; nella moltitudine de
servi qualumque sieno, la riputazione; nel meglio vestire, la dignit; nel pi
avere, la grandezza; nelle maraviglie, la verit; nella malizia, la prudenza; nel
tradimento, laccortezza; ne la decepzione, la prudenza; nel fengere, il saper
vivere; nel furore, la fortezza; ne la forza, la legge; ne la tirannia, la giustizia;
ne la violenza, il giudicio: e coss si va discorrendo per tutto63.
63
Ibid., p. 461 (corsivi miei).
189 Bruno e la Riforma protestante
64
Della libert del cristiano, in Lutero, Scritti politici cit., pp. 372-375 (corsivi
miei).
190 Sara Miglietti
ficilmente si trover luno per cento che lo nutra nel suo cuore per
farlo germogliare; ma non se ne trover uno solo in cui esso maturi
e tanto meno che dia frutto quando viene la stagione. Cos non ri-
mane nel mondo alcuna retta piet65. Fortunatamente le Scritture
da una parte, la conoscenza sperimentale dallaltra ci permettono di
volgerci a Dio: Ha raggiunto unottima conoscenza di s chi si sente
costernato e abbattuto dal riconoscimento della propria calamit, po-
vert, nudit ed ignominia. Non si deve temere che luomo si umili
troppo purch comprenda che deve trovare in Dio quanto di per s gli
manca66. In ogni caso, per, alla radice della fede c sempre lelezio-
ne divina, non lo sforzo delluomo: egli non pu convertirsi a Dio n
rimanere in Dio se non per la sua grazia; e tutto quello che pu, deriva
da questa67. Nel frattempo, Calvino ritiene che tutto quello che la
natura corrotta delluomo produce degno di condanna68, non di-
versamente da quanto Lutero pensava al riguardo: un cristiano che,
consacrato dalla sua fede, compie opere buone, non viene da queste
fatto migliore o pi consacrato cristiano (perch nulla allinfuori del-
la fede pu far ci); anzi, se egli non credesse e non fosse cristiano in
precedenza, tutte le opere sue sarebbero prive dogni valore, e persino
vuota, stolta, disprezzabile e condannabile colpa69.
Altro il discorso per Melantone: uno dei motivi del suo dissenso
con Lutero precisamente la risposta al quesito: in potere delluomo
il venire incontro a Dio? Innanzitutto va detto che, al contrario di
Lutero, Melantone crede nella capacit delluomo di rispettare la di-
sciplina esterna anche prima che gli sia infusa la grazia. Si tratta di un
riconoscimento importantissimo: vero che le azioni delluomo sono
impure e corrotte agli occhi di Dio, tamen inter haec impedimenta
manet aliquis delectus, aliqua libertas in mediocriter sanis regendi
externos mores70. E prosegue:
65
G. Calvino, Istituzione della religione cristiana, Torino 1971, I, 3-4, pp. 145-147
(corsivo mio).
66
Ibid., II, 2, 10, p. 380. Non questo il luogo dove diffondersi sulla dottrina della
predestinazione in Calvino; pure sarebbe un punto da affrontare, anche in oppo-
sizione al parere di Melantone, il quale nei Loci parla ripetutamente di promessa
universale di Dio alluomo, rifiutando ogni prospettiva di gemina praedestinatio.
67
Ibid., II, 3, 14, p. 424.
68
Ibid., II, 3, p. 402.
69
Della libert del cristiano, in Lutero, Scritti politici cit., pp. 382-383.
70
F. Melantone, Loci praecipui theologici von 1559, in Melanchthons Werke in Aus-
wahl, 7 voll., Gutersloh 1951-1978, II, 1, p. 240.
191 Bruno e la Riforma protestante
Quare voluntas humana potest suis viribus sine renovatione aliquo modo
externa Legis opera facere. Haec est libertas voluntatis, quam Philosophi recte
tribuunt homini. Nam et Paulus discernens iustitiam carnis a spirituali fa-
tetur non renatos habere delectum aliquem et facere aliqua externa Legis
opera, manus a caede, a furto, a raptu continere, et hanc vocat iustitiam
carnis71.
Alexandri fortitudo vere erat donum Dei et excellens virtus, et res, quas
gerit, adiuvantur a Deo. Sed Alexander ipse non habet hunc finem propo-
situm, ut Deo serviat, ut sua gubernatione propagetur vera de Deo notitia.
Immo nec vere credit suam manum in proeliando a Deo gubernari, sed exi-
stimat casu et sua virtute res Macedonicas crescere. Ideo negligens Deum,
postea sese nimium admiratur, vult se coli ut numen, interficit amicos, a qui-
bus arbitratur se non satis magnifieri, ruit in libidines flagitiosas. Hae labes
ostenderunt, quale fuerit antea cor immundum. Ergo immunditia cordis et
virtutes polluebat, et postea genuit manifesta scelera74.
71
Ibid., pp. 238-239 (corsivi miei).
72
F. Melantone, Loci communes von 1521, in Melanchthons Werke cit., II, 1, p.
116.
73
Il servo arbitrio, in M. Lutero, Opere scelte, VI, a cura di F. De Michelis Pintacu-
da, Torino 1993, p. 333.
74
Melantone, Loci praecipui theologici, in Melanchthons Werke cit., II, 2, p. 463.
192 Sara Miglietti
75
Ibid., p. 389.
76
Ibid.
77
Ibid., p. 385 (corsivi miei).
193 Bruno e la Riforma protestante
78
Della libert del cristiano, in Lutero, Scritti politici cit., p. 371.
79
Ancora una volta, c una differenza rilevante tra Lutero e Melantone; per Me-
lantone, con laiuto dello Spirito Santo, luomo che abbia ricevuto la grazia e pos-
sieda la fede in grado di realizzare pienamente la giustizia della nova obedientia:
Quanquam igitur haec nova obedientia procul abest a perfectione legis, tamen est
iusticia et meretur premia, ideo quia personae reconciliatae sunt. Atque ita de ope-
ribus iudicandum est, quae quidem amplissimis laudibus ornanda sunt, quod sint ne-
cessaria, quod sint cultus Dei et sacrificia spiritualia et mereantur premia (Melan-
tone, Confessio augustana variata von 1540, in Melanchthons Werke cit., VI, p. 32).
194 Sara Miglietti
Sebbene luomo interiormente, per quel che riguarda lanima, sia abbondan-
temente giustificato dalla fede e possieda ogni cosa di cui ha bisogno, salvo
che la stessa fede e abbondanza deve sempre accrescersi fino allaltra vita,
purtuttavia egli permane in questa vita corporale sulla terra e deve signoreg-
giare il proprio corpo ed avere rapporti con gli uomini. Ecco che principiano
le opere, ecco che luomo non deve starsene qui ozioso, ma al contrario il
suo corpo deve digiunare, vegliare, lavorare ed essere attivo e seguire la pi
rigida disciplina, s da essere obbediente e conformarsi alluomo interiore e
alla fede, non gi opporsi n contrastare, com suo costume quando non
dominato []. Cos avviene che luomo non pu starsene ozioso a cagione
del suo corpo, e deve compiere quaggi molte buone opere per dominarlo,
sebbene le opere non siano il vero bene per il quale egli pu essere fatto pio
e giusto al cospetto di Dio, ma le compia gratuitamente, per libero amore, per
fare cosa grata a Dio, non cercando n considerando dunque altro che di
compiacere in tal guisa Iddio, la cui volont egli desidera compiere nel miglior
modo possibile []. Egli non pu vivere senza agire verso gli altri, anzi ha
sempre da parlare e da trattare con essi, sebbene codeste opere non gli siano
di necessit veruna per la piet e beatitudine. Pertanto la sua intenzione in
tutte le opere devessere libera e solo indirizzata a servire agli altri e a rendersi
utile al prossimo; nessunaltra cosa si proponga allinfuori di ci che utile agli
altri; questa si chiama una vera vita cristiana, e allora la fede si riversa con
gioia ed amore nelle opere, come insegna S. Paolo ai Galati [].
In tal modo dalla fede procede lamore e la gioia verso Dio e dallamore una
vita libera, volonterosa, e gioiosa di servire il prossimo senza compenso80.
80
Della libert del cristiano, in Lutero, Scritti politici cit., pp. 380-388.
195 Bruno e la Riforma protestante
vedi gli effetti, Sofia; per che cosa vera e certa, come essi sono veri
e certi, che quando da qualsivoglia altra professione e fede alcuno si
muove a questa [] da quel che possea esser tristo, dovenuto pes-
simo, che non pu esser peggiore81. Bruno prende sul serio le parole
di Lutero, ma obietta che, nei fatti, la sua dottrina incoraggia ad asse-
condare le proprie mancanze, a ritenere che la fede possa sopperire a
tutto, e a investire minime energie nellazione, ridotta a un sovrappi
inessenziale per la salvezza dellanima. Per questo, nonostante i buoni
intenti, il luteranesimo risulta pestilenziale per la societ: sbaglia nel
porre lazione come momento secondario della vita religiosa, mentre
invece quella deve essere stimata massime religione la quale per mi-
nimo e vile, e per errore abbia lazzione et atto di buone operazioni82.
Se si opta per il primato della pura interiorit e dellintenzione, non
si riforma veramente la civilt: non la si aiuta a superare la pigrizia
e la superficialit che sono tanto radicate in essa, ma al contrario si
istigano gli individui a ripiegare sempre pi nel proprio intimo, tra-
scurando la dimensione collettiva; cos, la finzione e lipocrisia conti-
nueranno a inficiare il rapporto tra uomo e Dio, tra uomo e uomo. Il
problema del luteranesimo che ha pensato troppo poco agli effetti
della sua predicazione, dimenticando che ci sono dottrine che, sep-
pure vere, sarebbe bene non diffondere tra animi umili e incapaci di
sottili distinzioni83:
81
Spaccio, p. 548.
82
Ibid., p. 540.
83
Questinterpretazione mi sembra utile per spiegare come mai il soggiorno a Wit-
tenberg abbia potuto scuotere cos profondamente i pregiudizi di Bruno. Se ipotiz-
ziamo che su alcuni punti dottrinali, in realt, vi fosse un accordo generale di Bruno
con Lutero, e che le riserve fossero soprattutto di carattere pratico, facile capire
perch, nel momento in cui si rese conto che si dava la possibilit di unapplicazione
eticamente corretta di tali dottrine, Bruno pot almeno in parte mutare parere sul
valore del luteranesimo.
196 Sara Miglietti
tanto il contrario dire appresso gli sapienti scandaloso, e detrae alla gran-
dezza et eccellenza divina, quanto quel che vero, pernicioso alla civile
conversazione, e contrario al fine delle leggi, non per esser vero, ma per esser
male inteso, tanto per quei che malignamente il trattano, quanto per quei
che non son capaci de intenderlo senza iattura di costumi84.
Per la qual cosa sono vere queste due proposizioni: le opere buone e pie
non bastano a rendere buono e pio un uomo, bens luomo buono e pio
compie opere tali; le opere malvagie non bastano a rendere malvagio un
uomo, bens un uomo malvagio compie opere tali. Dunque in ogni caso la
persona deve essere buona e pia in precedenza, prima di qualsiasi opera buona,
e le opere buone conseguono e provengono da persone buone e pie. Proprio
come dice Cristo: Un albero cattivo non porta buoni frutti. Un albero buono
non porta frutti cattivi. Ora manifesto che non i frutti recano lalbero e che
non gli alberi crescono sui frutti, bens che gli alberi recano i frutti e che i
frutti crescono sugli alberi. Orbene, com necessario che gli alberi siano
prima dei frutti, ed i frutti non possano render lalbero buono n cattivo, ma
siano viceversa gli alberi a fare i frutti, cos luomo in s devessere buono o
malvagio in precedenza, avanti di compiere buone o malvagie opere, e le sue
opere non possono renderlo n malvagio n buono, bens al contrario egli
che rende buone o malvagie le proprie opere []. Dunque anche le opere
delluomo sono a seconda della sua fede o miscredenza []. Niente e nessuno
84
De linfinito, p. 337 (corsivi miei). Sul problema della liceit di predicare la verit
anche a rischio di generare una catena di tumulti e di guerre e un generale scadimento
dei costumi, si ricordi il durissimo scambio di opinioni tra Erasmo e Lutero, rispettiva-
mente nel De libero arbitrio e nel De servo arbitrio: Che cosa significa quindi che tu sia
dellavviso che certe verit non devono essere divulgate? domanda polemicamente
Lutero al maestro di Rotterdam. E aggiunge: Per me in tale questione in gioco
qualcosa di serio, qualcosa di tale e tanta importanza che necessario venga affermato
e difeso persino con la morte; e questo anche se il mondo intero non solo debba cade-
re in conflitto e venir posto sottosopra, ma addirittura precipitare in un unico caos ed
essere distrutto (Il servo arbitrio, in Lutero, Opere scelte cit., pp. 103-107).
197 Bruno e la Riforma protestante
in grado di render buona una persona allinfuori della fede, e viceversa niente
pu renderla malvagia allinfuori della mancanza di fede. vero per che le
opere rendono uno buono o malvagio al cospetto degli uomini, vale a dire
mostrano apertamente chi buono e chi malvagio, come dice Cristo: Dai
loro frutti li riconoscerete. Ma tutto questo non che apparenza ed esteriorit,
nellosservare la quale molti errano, perch scrivono ed ammaestrano come
si debbano compiere le opere buone per diventare pii, mentre invece non
fanno menzione della fede. [] Dunque chi non vuole errare insieme a cote-
sti ciechi, deve guardare al di l delle opere e del comandamento o dottrina
delle opere. Deve per tutte le cose guardare alla persona e al modo in cui questa
si fa pia85.
85
Della libert del cristiano, in Lutero, Scritti politici cit., pp. 384-385 (corsivi
miei).
86
Spaccio, pp. 541-542 (corsivi miei).
198 Sara Miglietti
87
Aristotele, Etica Nicomachea, a cura di C. Natali, Bari-Roma 2001, 1106a14,
p. 65.
88
Melantone, Loci communes von 1521, in Melanchthons Werke cit., II, 1, p. 16:
Proinde christianam mentem oportet spectare, non quale sit opus in speciem, sed
qualis apud animum affectus sit; p. 110: Bonum opus vocat scriptura non simu-
lationem tantum externam operis, sed totum opus, hoc est, bonum affectum et eius
affectus fructum, non aliter atque communis hominum sensus loqui solet. Quis enim
bonum opus vocat, quod a maligno animo proficisci novit?; pp. 107-108: Quid
igitur opera, quae praecedunt iustificationem, liberi arbitrii opera? Ea omnia male-
dictae arboris maledicti fructus sunt. Et ut pulcherrimarum virtutum exempla sint,
quale erant ante conversionem Pauli iustitiae, tamen nihil nisi fucus et mendacium
sunt, quod ex impuro corde proficiscantur. Cordis impuritas, ignorantia dei est non
timere deum, non fidere deo, non requirere deum, ut supra monuimus (tutti i corsivi
sono miei).
199 Bruno e la Riforma protestante
89
Della libert del cristiano, in Lutero, Scritti politici cit., pp. 370-371 (corsivi miei).
90
Spaccio, p. 544 (corsivo mio).
201 Bruno e la Riforma protestante
91
Ibid., p. 651.
92
De linfinito, p. 335.
93
Spaccio, p. 539.
94
Ibid., p. 651.
95
Ibid., p. 542.
96
Ibid., p. 518.
202 Sara Miglietti
Constat autem poenitentia proprie his duabus partibus. Altera est contritio
seu terrores incussi conscienti agnito peccato. Altera est fides, qu conci-
pitur ex evangelio seu absolutione, et credit propter Christum remitti pec-
cata, et consolatur conscientiam et ex terroribus liberat. Deinde sequi debent
bona opera, qu sunt fructus poenitenti99.
97
In alcuni punti si ha quasi limpressione che Bruno usi Paolo contro Lutero,
in una curiosa ritorsione di accuse. Si pensi a quel passo (Rm 2, 5-15) in cui Paolo
scrive: Tu, con la tua durezza e con il tuo cuore impenitente, accumuli sopra di te ira
per il giorno dellira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio, che retribuir a
ciascuno secondo le sue opere: vita eterna a coloro che con la perseveranza nel bene
cercano lonore, la gloria e limmortalit; ira e indignazione a coloro che sono ribelli,
indocili alla verit, ma obbedienti alla malvagit. Tribolazione e angoscia sullanima
di ogni uomo che fa il male, prima sul Giudeo e poi sul Greco; gloria, onore e pace
per chiunque fa il bene, prima per il Giudeo e poi per il Greco; poich davanti a Dio
non vi preferenza di persone []. Se i pagani che non hanno la legge fanno, per
natura, quello che prescrive la legge, sono legge a se stessi, pur non avendo la legge.
Il fatto che in quei passi Paolo sta parlando del giudizio secondo la legge, quindi se-
condo lAntico Testamento; dopo la venuta di Cristo, invece, luomo giustificato
dalla fede, senza le opere della legge (Rm 3, 28).
98
Spaccio, p. 545 (corsivo mio); si noti la precisa ripresa testuale dallEpistola espli-
catoria.
99
F. Melantone, Confessio augustana (1530), art. 12 (De poenitentia), in La con-
fessione augustana del 1530, introduzione, testo e commento a cura di M. Bendiscioli,
Como 1943, p. 63 (corsivi miei).
203 Bruno e la Riforma protestante
Quamquam autem haec doctrina [quella della preminenza della fede sulle
opere] contemnitur ab imperitis, tamen experiuntur piae ac pavidae con-
scientiae plurimum eam consolationis afferre, quia conscientiae non possunt
reddi tranquillae per ulla opera, sed tantum fide, cum certo statuunt, quod
propter Christum habeant placatum Deum, quemadmodum Paulus docet
Rom. 5,1: iustificati per fidem, pacem habemus apud Deum102.
100
Spaccio, p. 543.
101
Un altro passo significativo a questo proposito contenuto nellApologia per la
Confessio augustana, scritta da Melantone nel 1531: allart. 3 leggiamo: Allo stesso
modo, la fede di cui parliamo si trova nella penitenza, cio si concepisce nel terrore
che la coscienza prova sentendo la collera di Dio contro i nostri peccati, e cercando
la remissione di essi e la liberazione dal peccato. E in simile terrore ed altre angosce
questa fede cresca e sia consolidata (traduzione mia).
102
Melantone, Confessio augustana (1530), art. 20 (De bonis operibus), in La con-
fessione augustana cit., p. 75 (corsivo mio).
204 Sara Miglietti
103
G. Calvino, Supplex Exhortatio ad Caesarem, de restituenda ecclesia, cit. in W.
Bouwsma, Giovanni Calvino, Roma-Bari 1992, p. 63.
104
Calvino, Istituzione cit., III, 4, 17, p. 782.
105
interessante notare che anche per Bruno (lo vedremo tra poco) alla base della
prudenza c un sano timore.
106
Esemplare , per Calvino, il percorso interiore seguito da Zaccaria nella sua
progressiva scoperta di Dio: cfr. Commentarius in harmoniam evangelicam, in Ioannis
Calvini Opera quae supersunt omnia, 59 voll., Brunsvigae 1863-1900, XLV, ed. G.
Baum, E. Cunitz et E. Reuss, pp. 7-19 (ad Lucam 1, 5-20).
107
G. Calvino, Commento ai Salmi, 4, 9, cit. in Bouwsma, Giovanni Calvino cit.,
p. 67.
205 Bruno e la Riforma protestante
[...] e facciasi tutto presto, perch per il troppo negociare io mi muoio di fame,
et il simile credo de voi altri anco: oltre che mi par convenevole che questo
purgatorio non sia senza qualche nostro profitto ancora; Bene, bene, assai
bene, risposero tutti gli di, et ivi si trove la Salute, la Securit, lUtilit,
il Gaudio, il Riposo e somma Voluttade, che son parturite dal premio de virtu-
di, e remunerazion de studi e fatiche. E con questo festivamente usciro dal
conclave: avendo purgato il spacio oltre il signifero []110.
108
Calvino, Istituzione cit., III, 20, 37, p. 1071 (cfr. 2 Cor 1, 3).
109
Ibid., II, 16, 18, p. 656.
110
Spaccio, p. 668 (corsivi miei).
206 Sara Miglietti
Provediamo ora a la Lepre, la qual voglio che sia stata tipo del timore per
la Contemplazion de la morte. Et anco per quanto si pu de la Speranza, e
Confidenza, la quale contraria al Timore: perch in certo modo luna e laltra
son virtudi, o almeno materia di quelle, se son figlie della Considerazione e
serveno a la Prudenza: ma il vano Timore, Codardiggia, e Desperazione, vadano
insieme con la Lepre a basso a caggionare il vero inferno et Orco de le pene
a gli animi stupidi et ignoranti. Ivi non sia luogo tanto occolto in cui non
entre questa falsa Suspettazione et il cieco Spavento de la morte, aprendosi la
porta dogni rimossa stanza mediante gli falsi pensieri che la stolta Fede et
orba Credulitade parturisce, nutrisce et allieva: ma non gi (se non con vane
forze) saccoste dove linespugnabil muro della filosofica contemplazion vera
circonda, dove la quiete de la vita sta fortificata e posta in alto, dove aperta
la verit, dove chiara la necessitade de leternit dogni sustanza; dove non
si dee temer daltro che desser spogliato dallumana perfezzione e giustizia
che consiste nella conformit de la natura superiore e non errante111.
111
Ibid., p. 655 (corsivi miei).
112
G. Calvino, Commento a Isaia, 10, 3, cit. in Bouwsma, Giovanni Calvino cit.,
p. 62.
207 Bruno e la Riforma protestante
dalla sua luce le stelle sono oscurate, la sua potenza scioglie le montagne
come neve al sole, la terra scossa dalla sua collera, la sua saggezza sorprende
lacume dei saggi, la sua purezza cos grande che in confronto tutte le cose
sono sporche e contaminate; dinanzi alla sua giustizia gli angeli non possono
reggere; non perdona al malvagio e la sua vendetta, una volta accesa, pe-
netra fin nel pi profondo della terra. Quando siede per esaminare le opere
degli uomini, chi oser avvicinarsi al suo trono senza tremare?113
113
Calvino, Istituzione cit., III, 12, 1, pp. 912-913.
114
Ibid., III, 12, 2, p. 914.
208 Sara Miglietti
At vero quis est quem silentio praeteribam? Cum fortis ille armatus, clavibus
et ense, fraudibus et vi, astubus et violentia, hypocrisi et ferocitate, vulpes et
leo, vicarius tyranni infernalis, superstitioso cultu et ignorantia plusquam
brutali, sub titulo divinae sapientiae et simplicitatis Deo gratae, inficeret
universum; et voracissimae bestiae non esset qui auderet adversari et obsi-
stere contra, pro disponendo indigno et perditissimo seculo ad meliorem et
feliciorem formam, atque statum, quae reliqua Europae et mundi pars pro-
tulisse potuit nobis illum Alcidem, tanto ipso Hercule praestantiorem, quanto
faciliore negocio et instrumento maiora perfecit, (an non enim etiam per-
fecisse dicam eum, qui tam strenue atque frugaliter negocium tam egregium
est adorsus?) Si quippe maius et longe perniciosius monstrum omnibus, quae
tot ante seculis extitere, peremptum vides,
De clava noli quaerere, penna fuit.
Unde ille? unde? Ex Germania, ex ripis istius Albis, ex ubertate fontis istius.
Hc triplici illa thiara insignem tricipitem illum Cerberum, ex tenebroso educ-
tum orco vidistis vos, et ille solem. Hc stygius ille canis coactus est aconi-
tum evomere. Hc vester et vestras Hercules de adamantinis inferni portis, de
civitate illa triplici circumdata muro, et quam novies Styx interfusa corcet,
triumphavit. Vidisti, Luthere, lucem, vidisti lucem, considerasti, excitan-
tem divinum spiritum audisti, praecipienti illi obedisti, horrendo principi-
bus atque regibus inimico inermis occurristi, verbo oppugnasti, repugnasti,
obstitisti, restitisti, vicisti, et hostis superbissimi spolia atque trophaeum ad
superos evexisti. Hic ergo sapientia aedificavit sibi domum, hic excidit colu-
mnas septem, hic melius sacrificii vinum miscere adorta est, hic reformatio-
rem posuit Sacramentorum mensam115.
115
Oratio valedictoria, pp. 20-21 (corsivi miei).
209 Bruno e la Riforma protestante
116
Cfr. R. Bainton, LErcole tedesco, in Id., Martin Lutero, Torino 1960. Una bella
incisione (ca. 1522) riportata in Il servo arbitrio, in Lutero, Opere scelte cit., p. 24,
con analisi iconografica di C. Papini alle pp. 430-431.
117
Cit. in M. Adam, Vitae Germanorum Theologorum, Frankfurt 1620, p. 157.
210 Sara Miglietti
Come si vede, anche qui sottinteso il paragone con Ercole (il leo-
ne, la clava); lo stesso vale nel caso di Thodore de Bze, successore
di Calvino a Ginevra, che a sua volta aveva composto un necrologio
in versi, di ottima fattura, allindomani della scomparsa del riforma-
tore tedesco:
118
Ibid. (corsivi miei).
119
J. Schpper, Ovis perdita. Parabola evangelica descripta comice, Coloniae 1562,
III, 3. Ulteriori notizie in U. Olschewski, Erneuerung der Kirche durch Bildung und
Belehrung des Volkes. Der Beitrag des Dortmunder Humanisten Jacob Schpper zur For-
mung der Frmmigkeit in der frhen Neuzeit, Mnster 1999. In particolare sono interes-
santi le pagine che riguardano lincertezza di Schpper nel definire il ruolo delle ope-
re nella giustificazione: in alcuni suoi sermoni, lumanista tedesco sembra vicinissimo
a posizioni luterane (cfr. ibid., pp. 73-74: Vide, neque nostra opera, neque merita,
211 Bruno e la Riforma protestante
immo neque ulla creatura nos a servitute, iugo imperio et maledictione Legis liberare
possunt, sed solus unigenitus Dei patris filius Iesus Christus); altrove sembra dare
una certa importanza alle opere, nonostante queste non giustifichino (torna il con-
cetto di fede viva perch utile, nonch il termine frutti: Soll derhalben niemand
darfur achten/ da ein jeglicher glaub nutz sey/ ja es soll sich auch keiner des falschen
und muessigen Tittels des glaubens rhuemen. Dann welcher leer ist der lieb/ welcher
der frucht der guten werck mangelt [], derselb ist todt und kan auch keinen rechtfer-
tigen, ibid., p. 76); ma in certi passi dichiara addirittura necessarie per la salvezza le
buone opere e la partecipazione ai Sacramenti (ibid., p. 79: Is igitur arbor, qui non
facit fructum bonum, excidetur et in ignem mittetur; p. 74: Sacramenta spirituales
canales sint, per quos Christi merita in nos defluunt); tutti i corsivi sono miei. La
posizione di Schpper sui Sacramenti e la sua idea della Chiesa come depositaria
della retta interpretazione delle Scritture (ibid., p. 75: In sola Ecclesia verus est
verbi Dei sensus, vera interpretatio) danno ragione della sua mancata adesione alla
Riforma e della sua coraggiosa ricerca di una terza via. Il tentativo fall; alla morte di
Schpper il Gymnasium di Dortmund, da lui orientato in senso umanistico, pass a
un luterano e la citt si convert, entro gli anni Settanta, al protestantesimo.
120
Virgilio, Aen., VI, 438-439, 548-554: Fas obstat, tristisque palus inamabi-
lis undae/ alligat et nouies Styx interfusa coercet./ [] Respicit Aeneas subito et sub
rupe sinistra/ moenia lata uidet triplici circumdata muro,/ quae rapidus flammis ambit
torrentibus amnis,/ Tartareus Phlegethon, torquetque sonantia saxa./ Porta aduersa
ingens solidoque adamante columnae,/ uis ut nulla uirum, non ipsi exscindere bello/
caelicolae ualeant; stat ferrea turris ad auras (corsivi miei). La discesa agli Inferi
era un topos nella letteratura protestante: si ricordi la discesa di Cristo per salvare i
patriarchi; anche Ercole compie un viaggio nellAde, per riportare sulla terra Teseo.
121
ovvio che, se anche volessimo interpretare come insincera e artificiosa la lode
di Lutero, non saremmo in alcun modo costretti ad attribuire tali caratteri allintera
Oratio: sono convinta infatti che Bruno fosse del tutto serio e partecipe nellelogiare
Wittenberg e la Germania quale novella sede di ogni arte e scienza. Ma questo a
mio avviso non significa n, come voleva De Martinis, un mutamento di opinione a
proposito della bont della religione riformata, n la scoperta, da parte di Bruno, della
positivit del ruolo di Lutero. Sicuramente infatti vi apprezzamento nei confronti
212 Sara Miglietti
della missione storica del frate sassone, consistente nellopporsi alla tirannia papale;
ma Bruno afferma chiaramente, in altra sede, che avrebbe preferito la continuazione
del dominio cattolico alla perniciosa riforma dei protestanti. Mi pare che egli con-
sideri in un certo senso Lutero come una risposta sbagliata a un problema reale. Ma
se questa era la sua autentica opinione, evidente che non avrebbe potuto esporla
di fronte al suo pubblico, composto dallintellighenzia luterana; ed altrettanto evi-
dente che i suoi ascoltatori si aspettassero, al termine della lunga carrellata sui grandi
ingegni tedeschi, limmancabile elogio al liberatore delle coscienze religiose. Vorrei
ringraziare la prof.ssa Simonetta Bassi per le discussioni che abbiamo avuto su questo
problema.
213 Bruno e la Riforma protestante
fatiche, ordino che ne gli luoghi dove effettuar le sue eroiche imprese gli sieno
drizzati trofei, statue, colossi, et oltre fani e tempii, se non mi contradice il
fato. Veramente, o Giove, disse Momo, adesso mi pari a fatto a fatto dio
da bene: perch veggio che la paternale affezzione non ti trasporta a passar
gli termini circa la retribuzione secondo gli meriti del tuo Alcide; il quale se
non degno di tanto, meritevole oltre forse di qualche cosa di vantaggio,
anco a giudicio di Giunone, la qual veggio che ridendo pur accetta quel chio
dico122.
A prima vista il testo ci dice solo che Ercole, per la sua condizione
dillegittimo, non pu restare assiso in cielo; dovendo egli scendere
sulla terra, gli dei desiderano, in segno di rispetto per i suoi passati
meriti, che lAlcide lo faccia con onore. Ercole viene quindi inve-
stito di una missione speciale: dovr ripetere le sue gloriose fatiche
punendo ogni ingiustizia che verr commessa in terra. Di fronte a
crimini sovrumani, necessario infatti un eroe di sangue divino. Fin
qui, tutto chiaro; se non fosse che, noi lo sappiamo, Ercole era spes-
so associato alla persona di Lutero, e Bruno stesso avrebbe sviluppa-
to il parallelo quattro anni dopo. interessante perci che proprio
nellopera antiluterana sia dato tanto spazio a un personaggio che,
osservato sotto diversi punti di vista, pu rappresentare sia lantitesi
perfetta di Lutero (la fatica contro lozio, il merito contro la sola fede)
sia, per tradizione, Lutero stesso. Quanto meno si pu dire che nel
passo presente questa ambiguit.
Ma forse si pu procedere oltre e rileggere lintero brano in chiave
ironica, identificando Ercole con Lutero: alcuni indizi sembrano por-
tare proprio in questa direzione. Innanzitutto, linsistenza fin esagera-
ta sul lessico delloperosit: virtudi, meriti, gesti eroici, onore, perso-
na operosa e forte, commissione, cura, vigilanza, sollecitudine, vigor
dingegno, efficacia di spirto, gloriose fatiche, eroiche imprese. un
accumulo di termini che diventa significativo, se consideriamo il con-
testo del nostro passo: appena prima, discorrendo di legge e giudizio,
gli dei avevano parlato della pestilenza che affligge il mondo: era
la prima requisitoria antiluterana dello Spaccio. Successivamente, gli
dei avevano discusso di altre questioni, ma Bruno ci dice soltanto che
furono fatti molti discorsi e digressioni: non si sofferma su questo
122
Spaccio, pp. 520-522 (corsivi miei, tranne Probamus, Admittimus e Non
refragamur).
215 Bruno e la Riforma protestante
punto, forse per non perdere lefficacia del contrasto tra la descrizione
della pestilenza e la presentazione ironica di Ercole. A ben vedere,
infatti, lepisodio di Ercole come isolato dal resto del dialogo: dal-
la discussione che lo precede, mediante la formula che abbiamo gi
letto (Dopo fatti molti discorsi e digressioni in proposito di questa
sedia []); dalle successive disposizioni divine, mediante linseri-
mento della conversazione tra Sofia e Mercurio, che interrompe bru-
scamente la narrazione fatta a Saulino e pone fine al primo dialogo:
Sofia: [...] Ma ecco il mio tanto aspettato Mercurio, o Saulino, per
cui conviene che questo nostro raggionamento si differisca ad unal-
tra volta. Per piacciati discostarti e lasciarne privatamente raggionar
insieme. Saulino: Bene: a rivederci domani123. Simili accorgimenti
ci inducono a concentrare lattenzione sullepisodio di Ercole, come
se Bruno ci stesse suggerendo di leggere tra le righe124.
Forse ugualmente bisogna dare rilievo a una delle battute finali,
l dove si scherza sulla proverbiale gelosia di Giunone per segnalare
che Ercole, meritevole perfino ai suoi occhi (ricordiamo che il se-
midio un illegittimo di Giove, dunque figlio del tradimento), deve
proprio possedere una speciale dignit: Veramente, o Giove, disse
Momo, adesso mi pari a fatto a fatto dio da bene: perch veggio
che la paternale affezzione non ti trasporta a passar gli termini circa
la retribuzione secondo gli meriti del tuo Alcide; il quale se non
degno di tanto, meritevole oltre forse di qualche cosa di vantaggio,
anco a giudicio di Giunone, la qual veggio che ridendo pur accetta
quel chio dico (e si noti anche la retribuzione secondo gli meriti,
espressione che si carica qui di un particolare significato, se la mia
interpretazione corretta). Questo ridendo ci indica forse il modo
in cui bisogna leggere lintero passo? Momo noto agli altri dei pro-
prio per la sua ironia. Tant vero che in un altro passo dello Spaccio
un passo chiaramente antifrastico egli si prende gioco di Orione
in questi termini:
123
Ibid., pp. 522-523.
124
Gi una volta, nellArgomento del quinto dialogo de La cena de le Ceneri, Bruno
aveva avvertito il lettore del fatto che nel suo scritto non v parola ociosa: per
che in tutte parti da mietere, e da disotterar cose di non mediocre importanza, e
forse pi l dove meno appare (Cena, p. 15). Sembra quindi plausibile che, anche
nel nostro caso, Bruno possa aver voluto dire pi di quanto non appaia immedia-
tamente.
216 Sara Miglietti
125
Spaccio, pp. 650-652 (corsivi miei, tranne per fas et nefas).
217 Bruno e la Riforma protestante
126
C. Vivanti, Lotta politica e pace religiosa in Francia fra Cinque e Seicento, Torino
1974 (1963), cap. II: Il mito dellErcole Gallico, pp. 74-131; F.A. Yates, Astrea. Lidea
di Impero nel Cinquecento, Torino 2001 (1975), Conclusione: Astrea e lErcole gallico,
pp. 242-248. Anche se questo volume della Yates usc posteriormente a quello di Vi-
vanti, lo studioso mantovano riconosce che proprio gli studi di Miss Frances Yates
mi hanno indirizzato in questa ricerca del mito di Enrico [Enrico IV]-Ercole, che,
se non era stato chiaramente individuato in tale forma da questa studiosa, era stato
tuttavia da lei prospettato, per quel che riguarda le idee imperiali diffuse al tempo di
Enrico IV, in alcune considerazioni sul passo di Agrippa dAubign che verr citato
pi avanti (Vivanti, Lotta politica cit., p. 78, nota 1). Gli studi della Yates cui Vi-
vanti fa riferimento furono integrati in un secondo momento proprio in Astrea.
127
Spaccio, pp. 666-668. In questa direzione si muove linterpretazione di M. Ci-
liberto, La ruota del tempo. Interpretazione di Giordano Bruno, Roma 1986, pp. 145-
146.
219 Bruno e la Riforma protestante
bramata quiete alla misera et infelice Europa: fiaccando gli tanti capi
di questo peggio che Lerneo mostro, che con moltiforme eresia sparge il
fatal veleno, che a troppo lunghi passi serpe per ogni parte per le vene
di quella128. Solo poche pagine dopo sinserisce il brano riguardante
Ercole, brano collegato al primo mediante alcuni elementi testuali: se
il principe destinatario della corona sar un invitto braccio, Ercole
viene definito da Giove mio luogotenente e ministro del mio poten-
te braccio in terra; le armi del principe saranno la mazza e il fuoco,
e se la prima appartiene alla pi tradizionale iconografia erculea, la
seconda viene evocata nellesortazione di Giove al figliastro (brug-
ge); il nemico poi il medesimo: il peggio che Lerneo mostro
dai tanti capi coincide ovviamente con quellidra, quella peste di
Lerne che Ercole dovr schiacciare nel caso riesca a prendere le sue
teste rigermoglianti129.
Dunque il principe a cui Giove ha destinato la corona non altro
che lincarnazione terrena di ci che Ercole rappresenta a livello mi-
tico: leroe in grado dabbattere senza piet i mostri della Riforma.
Ma esiste ora, nel 1584, un principe capace di tanto? Al termine del-
lopera, Bruno si sbilancia e individua un personaggio preciso; sono
appunto le pagine dellelogio ad Enrico III:
Questa, questa, rispose Giove, quella corona la quale non senza alta
disposizion del fato, non senza instinto de divino spirito, e non senza merito
grandissimo, aspetta linvittissimo Enrico terzo, Re della magnanima, poten-
te e bellicosa Francia; che dopo questa, e quella di Polonia, si promette,
come nel principio del suo regno ha testificato, ordinando quella sua tanto
celebrata impresa: a cui facendo corpo le due basse corone con unaltra pi
eminente e bella, saggiongesse per anima il motto: Tertia coelo manet130.
128
Spaccio, pp. 516-517 (corsivi miei).
129
Ibid., p. 521 (corsivi miei).
130
Ibid., p. 667 (corsivi miei, tranne Tertia coelo manet).
131
Bruno scrive, in modo inesatto, Tertia coelo manet, ma oltre alla chiara sug-
220 Sara Miglietti
gestione iconografica si possono rintracciare altri motivi per la sua lieve impreci-
sione: il problema affrontato in N. Ordine, Manet ultima coelo ou tertia coelo
manet? Les mystres de la devise de Henri III, limprialisme francais et le triregnum
papal, in Id., Giordano Bruno, Ronsard cit., pp. 175-208.
132
La descrizione della cerimonia dincoronazione ci conservata da un cronista
dellepoca: Premierement au plus haute dudit Theatre estoient les Armoiries de
France & de Pologne iointes ensemble souz une mesme coronne, encloses de lordre
de France, comme en la precedente porte. Au dessouz dicelles estoit la Devise de la-
dite Maiest, qui sont trois Coronnes, desquelles les deux sont de Laurier & la tierce,
qui est au dessus, est de Palme, avec un nombre destoilles en ciel azur; & lentour
dicelles coronnes estoient escrits ces mot en roulleau, Manet ultima caelo, &
plus bas ce distique faisant allusion la dite Devise: Bina corona tibi dum est, et
manet ultima caelo,/ Viva fides geminas proteget, hancque dabit (Brief et sommaire
discours de lEntre, Sacre & Couronnement de Henri III Tres-Chrestien Roy de France
& de Pologne en sa ville de Rheims, Rheims 1575, f. 4r). Si noti la perfetta coincidenza
di tale descrizione con i dettagli della moneta che ho riportato nella fig. 2.
133
Cfr. M.R. Jung, Les contemporains compars Hercule, in Id., Hercule dans la
221 Bruno e la Riforma protestante
136
Entrata del Christianissimo Henrico III di Francia, et di Polonia, nella citt di Manto-
va, in Venetia, appresso Francesco Patriani, allinsegna dellHercole 1574, f. 7.
223 Bruno e la Riforma protestante
137
Alleditto di pacificazione di Beaulieu seguiranno ancora leditto di Poitiers
(settembre 1577) e il trattato di Nrac (febbraio 1579), in cui per la prima volta
dopo il cosiddetto editto di gennaio (1562) sono contenute concessioni significa-
tive alla parte ugonotta.
138
Ricci (Giordano Bruno nellEuropa del Cinquecento cit., pp. 309-331) e Ordine
(Giordano Bruno, Ronsard cit., pp. 165-173) hanno attirato lattenzione su alcuni
componimenti di Ronsard. Particolarmente significativa unode del 1569, dedicata
proprio ad Enrico (allora Monseigneur le Duc dAnjou, frre du Roy) e intitolata
LHydre deffaict, cfr. in part. i vv. 95-98: Or ce Henri a faict chose impossible/ Tuant
un Hydre au combat invincible,/ Et seul de tous par armes a deffaict/ Ainsi quHercu-
le un Serpent contrefaict []. Si veda anche P. de Ronsard, Odes, V, II, 118-122.
224 Sara Miglietti
139
Spaccio, pp. 666-668 (corsivi miei, tranne la triplice ripetizione di Tertia coelo
manet).
140
Cfr. Ciliberto, La ruota del tempo cit., pp. 144 e 189 sgg.
225 Bruno e la Riforma protestante
141
Lavrebbe fatto pochi mesi dopo la pubblicazione dello Spaccio, alleandosi con
la Lega Cattolica in chiave antiugonotta; latteggiamento tenuto da Enrico nei con-
fronti dei calvinisti mut talmente a seconda delle circostanze che impossibile
parlare di una politica interamente tollerante o interamente intransigente. Certo
per nel 1584 il re non aveva ancora stretto quellambigua alleanza con la Lega che
avrebbe forse reso comprensibili le attese di Bruno nei suoi confronti.
142
Ringrazio il prof. Saverio Ricci, che in un recente incontro presso la Scuola Nor-
male Superiore ha affrontato largomento offrendomi numerosi spunti di riflessione:
da una posizione originariamente favorevole allidentificazione con Enrico III (cfr. S.
Ricci, Riformazione, eresia e scisma nello Spaccio de la bestia trionfante. Un Ercole
nuovo contro il peggio che Lerneo mostro, in Letture Bruniane I-II del Lessico Intel-
lettuale Europeo 1996-1997, a cura di E. Canone, Pisa-Roma 2002 (Supplementi di
Bruniana & Campanelliana. Studi, 3), pp. 225-262), Ricci si ora orientato verso
Alessandro Farnese (lipotesi era gi presente, comunque, nel suo Giordano Bruno
nellEuropa del Cinquecento cit., p. 329), ritenendo improbabile che Enrico III potesse
rivestire il ruolo di Ercole nellimmaginario bruniano.