Professional Documents
Culture Documents
L’IMMAGINE ricostruita
l’immagine ricostruita
VERRONE
in copertina:
Albero genealogico dei Vialardi di Verrone, secolo XVII
collezione privata
VE R RO N E
l’immagine ricostruita
a cura di
Tomaso Vialardi di Sandigliano
saggi di:
Graziana Bolengo, Andrea Calzolari e Patrizia Cancian, Guido Gentile
Luisa Clotilde Gentile, Franco Gualano, Carlo Jaselli, Andrea Longhi
Vittorio Natale, Antonella Perin, Marco Turotti, Valeria Vai
Tomaso Vialardi di Sandigliano
COMITATO SCIENTIFICO
Marco Turotti
Graziana Bolengo, Roberto Carenzo, Anna Jaselli Silombra
Tomaso Vialardi di Sandigliano
PROGETTO GENERALE
Tomaso Vialardi di Sandigliano
COORDINAMENTO A VERRONE
Anna Jaselli Silombra
FOTOGRAFIE
Ernani Orcorte
RENDERING
Franco Garizio
PROGETTO EDITORIALE
Tomaso Vialardi di Sandigliano
RINGRAZIAMENTI
Vanna Biga di Ciommo, Stefano de Martino, Guido Gentile
Giuseppe Sergi, Micaela Viglino
Stefania Vercellone
Lo Staff del Comune di Verrone
ISBN 88-7320-121-0
Presentazione
onoscere la propria storia significa legare una Comunità alle sue sicure
MARCO TUROTTI
Sindaco di Verrone
7
Sommario
PRESENTAZIONE pag. 5
SOMMARIO 7
SIGLARIO E ABBREVIAZIONI 9
LA TORRE, IL CAVALIERE, IL CASTELLO 11
Tomaso Vialardi di Sandigliano
IL CONTESTO PIEMONTESE 21
Andrea Calzolari e Patrizia Cancian
CRONOLOGIA 27
Marco Turotti
I VIALARDI 35
Tomaso Vialardi di Sandigliano
I VIALARDI DI VERRONE 45
Tomaso Vialardi di Sandigliano
LA DEDIZIONE DEI VIALARDI DI VERRONE A CASA SAVOIA 51
Valeria Vai
I VIALARDIE VERRONE:
UN PERCORSO ARALDICO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ CONTEMPORANEA 61
Luisa Clotilde Gentile
IL CASTELLO
L’ARCHITETTURA DEL CASTELLO NEL PAESAGGIO FORTIFICATO SUBALPINO 69
Andrea Longhi
LA DECORAZIONE DELLA CAPPELLA E DELLE SALE 81
Vittorio Natale
COL FERRO. TESTIMONIANZE DELLA COLLEZIONE D’ARMI 91
Carlo Jaselli
LA CHIESA
L’ARCHITETTURA DELLA PARROCCHIALE TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA 103
Antonella Perin
LA VETRATA DELLA ADORAZIONE DEI MAGI E GLI AFFRESCHI 111
Vittorio Natale
IL BATTISTERO DEI TEMPIA DI MORTIGLIENGO 119
Franco Gualano
LA COMUNITÀ
ATTRAVERSO I CATASTI ANTICHI DEL COMUNE 129
Guido Gentile
GLI “HOMINES VERONI” 149
Graziana Bolengo
IL TERRITORIO, IL BORGO, LA PIAZZA, LA CASA COMUNE, LA CASCINA 159
Graziana Bolengo
BIBLIOGRAFIA GENERALE 167
INDICE DEI NOMI 173
9
SIGLARIO E ABBREVIAZIONI
F
1
Folco III Nerra (il Nero), figlio di
Goffredo I d’Angiò, fu il fondatore del
potere angioino. Vendôme, perché infedele e Roberto il Pio 2 regnò nell’incesto, nell’a-
2
Figlio di Ugo Capeto, re di Francia dulterio e nel pubblico concubinato, mentre Tomaso di Merle fu in testa
dal 996. agli omicidi, stupri e rapine durante la presa di Gerusalemme del 1099 3. Tutti
3
« Quella sanguinosa dimostrazione di e tre furono cavalieri eccezionali e grandi signori feudali. Folco fu il più grande
fanatismo cristiano risuscitò il fanatismo
dell’Islam. Quando, in seguito, i più saggi nonostante Roberto fosse il suo re. Tutti e tre furono crudeli, ma Tomaso rap-
latini d’Oriente si sforzarono di trovare una presentò la crudeltà. La storia li ha tramandati come padri-fondatori di grandi
base qualsiasi sulla quale cristiani e mus-
sulmani potessero collaborare, il ricordo
lignaggi che si muovevano in sistemi relazionali orizzontali e speculari, figli di
del massacro si levò sempre sul loro cam- padri a volte certi, a volte improbabili, uomini investigati sotto ogni aspetto
mino» (S. RUNCHIMAN, Storia delle Crociate,
Rocca San Casciano 1994 (ed. italiana),
possibile: religioso, sessuale, gourmet, sociale. A letto, in piedi, a cavallo, in
vol. I/II, p. 248). chiesa, ogni loro gesto è stato catalogato e suddiviso, categorie di cavalieri,
4
Fino alla morte. dame, monaci e sotto-categorie di assassini e santi.
5
Per divertimento. Quando piccoli gruppi di uomini a cavallo lasciarono gli apparentati sta-
6
MGH, Scriptores rerum Germanicarum, bilizzati in un’unica famiglia per trasferirsi nell’incertezza dell’errante, la spe-
vol. XXIV.
cularità e l’orizzontalità dei rapporti sociali si frantumò immettendo nella
società feudale una mobilità sconosciuta. Sul territorio apparvero piccole torri
indipendenti, le cui interazioni con quelle di Folco, Roberto e Tomaso porta-
rono un’instabilità collettiva che spezzò gli equilibri delle interrelazioni feudali.
La torre fu la caverna primordiale in cui il cavaliere nuovo meditò tutto
quello che di eroico e di quotidiano di lui è stato studiato. La gestazione della
sua azione avvenne nella torre, piccola o grande, povera o ricca, il cui ruolo sul
territorio anticipò quello della chiesa, alla quale solo tardivamente trasferì
parte della propria polarità sociale. Uomo e torre furono tutt’uno fino alla
grande trasformazione della metà del ’300, l’ultima, quando il castello divenne
semplice simbolo di dominio e la mischia sparì dal torneo cedendo le proprie
armi à outrance 4 a quelle à plaisance 5.
Nel mondo medioevale, dove la nascita era fondamentale per l’inserimento
sociale, buona parte dell’umanità fu concepita in un prato, sotto una pianta. Il
neonato senza padre viveva fuori della dimensione collettiva, non esisteva. Solo
se riconosciuto sarebbe stato un hijo de algún, un figlio di qualcuno. Il lignag-
gio, quello vero, si concepiva unicamente tra le mura chiuse della torre, nel-
l’unica camera da letto esistente e legale ove il sire e sua moglie dormono
insieme 6. L’unico atto sessuale autorizzato si compiva sotto il controllo rigido
della torre, che rappresentava il legame tra il padre-fondatore ed i nuovi nati.
Un futuro non lontano avrebbe aumentato i letti autorizzati e diviso il
lignaggio in casate, ma una torre diventata castello avrebbe sempre fatto da
levatrice. Anche l’hijo de algún quando nacque in una piccola torre nuova
divenne un hidalgo nobile di sangue, membro di una hidalguía.
Il contesto piemontese
Andrea Calzolari e Patrizia Cancian
1
ei primi secoli dopo il Mille il termine Piemonte indicava, in modo ap-
N
A. M. NADA PATRONE, Il Medioevo in
Piemonte, Torino 1986, p. 3.
2
prossimativo, solo una piccola parte dell’area geografica oggi così
P. WINTERFELD (a cura di), Gesta Beren-
garii imperatoris, in MGH, vol. IV/1, denominata: ossia il territorio compreso tra le Alpi Cozie, il Tanaro, il
Poetae Latini aevi Carolini, Berlino 1889, Sangone e una linea immaginaria che, dalla confluenza del Sangone con il Po,
p. 312.
3
scende verso sud-ovest sino al Tanaro. L’area così definita si ampliò nel periodo
G. SERGI, I confini del potere. Marche e
signorie fra due regni medievali, Torino
delle autonomie cittadine, estendendosi sempre più, sino a includere un terri-
1995, p. 62. torio compreso tra le Alpi Marittime, le Alpi Cozie e il fiume Sesia 1.
4
Ibidem, cit., pp. 63 sgg. Mentre lentamente si affermava questa nozione collettiva della regione, dal
5
LIUTPRANDO, Antapodosis, in LIUTPRAN- punto di vista politico fino alla metà del secolo X una grande marca, governata
DO, Opera omnia, in J. BECKER (a cura di),
Scriptores rerum Germanicarum in usum
per incarico regio da esponenti della famiglia franca degli Anscarici, coordi-
scholarum, in MGH, Hannover-Lipsia 1915, nava gran parte della regione subalpina attuale. Il capostipite della famiglia,
vol. XLI, pp. 26 sgg. Anscario, proveniente dalla Borgogna, regione in cui pare avesse esercitato
6
G. SERGI, I confini del potere. Marche e poteri comitali, giunse in Italia al seguito di Guido di Spoleto nell’888,
signorie fra due regni medievali, cit., pp. 66-
77 e note 41-46. secondo la narrazione dei Gesta Berengarii 2. Tra l’891 e l’892 Anscario è men-
zionato in tre diplomi emanati da re Guido e il suo nome è seguito dal titolo
di marchio. Anscario ebbe iniziali funzioni militari all’interno di una specie di
corte itinerante ma, in tempi brevi, applicò quelle funzioni a un territorio defi-
nito, e dovette acquisire poteri su un’area molto vasta, dai contorni incerti, il
cui centro era sicuramente Ivrea e sulla cui estensione ci dà informazioni più
esplicite e ampie la documentazione relativa ai suoi successori, Adalberto e
Anscario II, sempre delegati dal regno 3.
Nell’area in cui si inserì Anscario era stata presente, dalla seconda metà del
secolo IX, la famiglia dei Supponidi, attestata largamente a livello politico
nell’Italia settentrionale. Il conte Suppone è documentato come possidente nel
Parmense: tre dei suoi figli furono fedeli dell’imperatore Berengario I e due
furono anche titolari del comitato di Piacenza. L’ascesa anscarica, pur non
intaccando una vera marca supponide, si realizzò all’interno di un contesto sog-
getto a processi di aggregazione territoriale: promossi in particolare dalla dina-
stia dei Supponidi, che probabilmente avrebbe ampliato il suo potere se
Berengario I, con cui aveva molteplici legami, avesse mantenuto il suo predo-
minio senza contrasti. Fu proprio l’esistenza di questi contrasti a consentire,
nell’ultimo decennio del secolo X, la comparsa nella zona di Ivrea, non lon-
tana dai comitati precedentemente governati dal conte Suppone, del nuovo
marchese Anscario I, protagonista di una svolta voluta da Guido di Spoleto,
decisiva per le regioni nord-occidentali dell’Italia, che cominciarono a essere
organizzate in modo più definitivo e stabile per gli aspetti istituzionali e terri-
toriali 4.
Il grande cronista Liutprando ci consente di individuare in Ivrea il centro
della nuova marca anscarica 5. Dalle fonti documentarie, fra il 902 e il 910,
apprendiamo di interventi ufficiali – diretti e indiretti – del figlio di Anscario
I, il marchese Adalberto, nelle zone di Novara, Vercelli, Asti, Torino, e nella
val d’Ossola 6. E le presenze dei figli di Adalberto, Berengario (il futuro re
Berengario II) e Anscario II confermano l’interesse (da ufficiali pubblici, ma
anche da dinasti impegnati nel patrimonio) sia per il Piemonte centrale sia per
le aree nord-orientali della regione subalpina. Ne risulta una marca di Ivrea
che sembra includere, nell’arco di tempo compreso fra Adalberto e Anscario
II, tutto il Piemonte centro-settentrionale dall’Ossola a Torino e Asti, e risulta
22 TERESA MANGIONE
Johannes De Broen, Pedemontium, su disegno
di Giovanni Tommaso Borgonio, -
collezione privata
24 ANDREA CALZOLARI E PATRIZIA CANCIAN
Cronologia
Marco Turotti
843 Muore a Lembeek in Belgio, in odore di santità, Veronus seu Vevronus de Lembecae, discendente
di Carlo Magno.
1004 Rinvenimento dei resti mortali di san Veronus seu Vevronus de Lembecae. Il suo culto si
estende dalla Fiandra fino ai confini con la Germania e nel centro-nord della Francia.
8 maggio 1120/1130 Muore a Vercelli Plusbella, madre di Widalardo, capostipite dei Vialardi di Piemonte.
1140 Primo documento che cita i de Verono.
sec. XII Fondazione della Parrocchiale di San Lorenzo secondo le lapidi all’interno della Parrocchiale
stessa.
10 ottobre 1277 Primo documento che attesta il legame tra i de Verono e i Vialardi.
1282 Primo documento che attesta il castello.
1298-1299 Primo documento che attesta la Parrocchiale di San Lorenzo e la cappella di San Simone e Giuda
in castro.
16 dicembre 1310 Alla pace in Vercelli fra Ghibellini e Guelfi, per i Ghibellini sono presenti Rolando e Bonifacio
Vialardi del castello di Verrone. Non sono presenti i Vialardi del castello di Sandigliano e i Vialardi
del castello di Ysengarda.
agosto 1342 Giacomo Vialardi di Verrone è nominato rettore, podestà e sindaco di Vercelli in Piverone e nel
territorio di Palazzo.
3 febbraio 1343 Giacomo [Vialardi] di Verrone è eletto, con altri Vialardi, alla Credenza di Vercelli.
16 marzo 1347 I figli del fu Francino Vialardi di Verrone alla presenza del loro tutore Rolandino [Vialardi] di
Verrone vendono al Comune di Mosso la metà del monte di Mosso dove era costruito il castello.
Sono presenti Giovanni Vialardi e Ubertino Vialardi, figli di Manfredo Vialardi di Verrone,
parenti paterni dei fratelli.
14 novembre 1347 Giacomo [Vialardi] di Verrone è eletto, con altri Vialardi, alla Credenza di Vercelli.
13 novembre 1351 Giacomo [Vialardi] di Verrone, in disaccordo con la politica filo-sabauda del figlio Rolandino, vive
ad Oldenico con gli altri figli. Questo ramo si estingue nel 1389.
19 febbraio 1373 Simone, figlio di Rolandino Vialardi di Verrone, stipula reciproci patti concernenti le giurisdizioni
sul castello e feudo di Verrone con Amedeo VI di Savoia. Verrone passa sotto l’influenza sabauda.
3 marzo 1379 «Recognitio hominum de Verono» ad Amedeo VI di Savoia. I nobili di Verrone sono rappresen-
tati da Simone Vialardi e la Comunità da Petrus de Anda e Antonius Roer.
1386 È console Bertoldo Ferrario.
11 novembre 1398 Alla morte di Simone fu Rolando (Rolandino) di Verrone si procede alla divisione in quattro parti
di ‹‹toto domignono et de toto fundo dicte turris dicti castri›› fino ad allora indivisi. Da questa
divisione hanno origine i quattro colonnellati detti dei Rolandini, dei de Putheo o de Mosso, della
Casa Grande e della Porta.
1439 Un ramo dei Vialardi di Verrone abitante a Salussola è investito delle onoranze di Salussola e
Puliaco, creando il ramo dei Vialardi di Verrone e Salussola, poi Vialardi di Salussola.
1451 Un ramo dei Vialardi di Verrone abita nel castello di Vettigné creando il ramo dei Vialardi di
Verrone e Vettigné, poi Vialardi di Vettigné.
6 febbraio 1470 Manfredo Vialardi di Verrone e Salussola è teste a carico davanti a Francesco dei Vialardi di
Vercelli, notaio dell’Inquisizione, nel «Processus contra et adversus Johannam uxorem Antonioti
de Monduro de Salusolia alias de Mialiano».
1473 Sono consoli Giorgio de Ozia e Antonio de Gaja.
1475 Pietro Vialardi di Verrone è ambasciatore di Francesco di Gruyère, signore di Oron e maresciallo
del duca di Savoia.
28 MARCO TUROTTI
1482 Antonio Vialardi di Verrone è priore di Rougemont nel comitato di Gruyère, in Svizzera.
1483 Bernardo Vialardi di Verrone è Segretario di Stato.
1496 Bernardo Vialardi di Verrone è professore di Diritto all’Università di Torino.
1497 Giacomo Vialardi di Verrone è castellano di Rougemont.
1502 Sono consoli Antonio Cauda e Bernardo Ferrero.
18 agosto 1503 Consacrazione della Parrocchiale di San Lorenzo.
14 maggio 1512 Martino Vialardi di Verrone istituisce per testamento la cappella di Santa Maria all’interno della
Parrocchiale.
1518 Sono consoli Giacomo de Locia e Tameo de Martinetto. È podestà e giusdicente Comino Scarella
detto Barberii di Candelo.
2 ottobre 1525 I Vialardi di Verrone e la Comunità, per far fronte ai creditori, cedono ai padri di San Pietro di
Biella cento modia di baraggia per il prezzo di 500 scudi d’oro del sole.
16 maggio 1531 Rolando Vialardi di Verrone vende a Filiberto Ferrero Fieschi una casa con parco, torre e cortile,
cantine, sala, cucina e altre camere site nel castello. Vende inoltre la sua porzione della torre magna
e della torre del dongione detta Contignarum esistente al lato sinistro nell’ingresso del castello.
11 agosto 1531 Pietro Vialardi di Verrone vende a Filiberto Ferrero Fieschi la quarta parte di giurisdizione, feudo
e castello, detta quarta parte del colonnellato dei Rolandini. Vende inoltre una camera nella torre
grande con ogni suo diritto sulla torre grande e sul dongione attiguo e su un’altra torre dove si
tenevano le scuole dietro la chiesa di San Simone.
21 aprile 1550 Domenico Vialardi di Verrone è autore di un omicidio in cui è coinvolto anche un membro di Casa
Savoia. È condannato a stare lontano un miglio da Verrone e gli è proibito comparire alla «ducal
presenza».
13 agosto 1550 Carlo III di Savoia accetta la supplica di Domenico Vialardi di Verrone in considerazione dell’«ill.
nipote nostro di Savoia» e per i servigi resi dagli antenati di Domenico, ma soprattutto per i 300
scudi versati dalla moglie di Domenico, Venezia Avogadro di Casanova. Permane la proibizione di
risiedere a Torino o in altri luoghi dove il duca Carlo potrà risiedere.
1561 È podestà Pietro, figlio del fu Giovanni Bernardino Vialardi di Verrone. Sono consoli Ubertino de
Durando e Domenico de Prino.
1581 Sono consoli Antonio Martinetto ed Eusebio Moscono.
24 maggio 1595 Rolando Vialardi di Verrone è aiutante di camera del Principe Ereditario per i servizi resi nelle
guerre di Savoia, Provenza e Piemonte.
1° dicembre 1597 Durante una Visita Pastorale è ordinata la costruzione del protiro della Parrocchiale. L’ordine è
eseguito agli inizi del ’600.
5 ottobre 1604 Gaspare Vialardi di Verrone è castellano di Salussola.
1609 Sono consoli Domenico Martinetti e Ubertino Moscone.
1611 Sono consoli Pietro Minotto e Giovanni Francesco, figlio naturale del fu Bernardino Vialardi di
Verrone e Antonia Partesana, nubile.
1614 È console Giovanni Berta.
1619 È podestà Rolando Vialardi di Verrone. Sono consoli Giovanni fu Antonio Chiorino e Antonio fu
Simone Martinetto.
1620 È console Giovanni Lorenzino.
1624 Sono consoli Simone del fu Antonio Chiorino e Pietro del fu Lorenzo Scottono.
1625 Sono consoli Giovanni fu Antonio Chiorino e Giovanni Lorenzino.
1630 Verrone subisce il contagio della peste.
1632 Non vi sono consoli né consiglieri perché la Comunità non fa più corpo.
1637 Honorata Vialardi di Verrone è nominata Capo della Casa di Madama Reale Cristina di Francia.
1665 Non vi sono consoli né consiglieri perché la Comunità non fa più corpo.
1671 È console Giovanni Oliaro.
1672 È console Simone Berta.
CRONOLOGIA 29
1673 È console Giovanni Lorenzino.
1675 È console Simone del fu Battista Moscone.
1676 È console Domenico Tabbia.
1679 È console Giovanni Lorenzino.
1680 Viene formato il «Libro o brogliasso della nova e general misura» del territorio di Verrone.
1681 È console Giacomo fu Sebastiano Pevararo.
1687 È console Giacomo Mosca.
1688 È console Antonio Pozzo.
1689 È console Antonio Garizzo.
8 aprile 1694 Carlo Francesco Vialardi di Verrone lascia un legato di lire 100 per la costruzione di un fonte bat-
tesimale nella Parrocchiale e istituisce il Beneficio dei Santi Simone e Giuda comprendente la cap-
pella e 43 giornate di terreni.
1695 È console Antonio Mercandile.
1696 È console Antonio Garizzo.
1697 È console Gaspare Cecidano.
1698 È console Agostino Cecidano.
17 maggio 1698 È istituita la Cappellania di Santo Spirito derivata dalla Confraternita di Santo Spirito, poi Opera
Pia Santo Spirito.
1699 È console Pietro Antonio Gaia.
1700 È console Giovanni Beltrammo.
25 febbraio 1700 Muore Carlo Francesco Vialardi di Verrone. Lascia la cascina Trecanile Superiore al santuario di
Oropa, la cascina Trecanile Inferiore al santuario di Graglia e il Cassinone congiuntamente ai due
santuari.
1704 È console Sebastiano Peveraro.
giugno 1711 È console Gaspare Squintone.
maggio 1712 È console Pietro Antonio Gaija.
giugno 1713 È console Gaspare Cecidano.
1714 È riedificata dalla Comunità la cappella di San Rocco.
luglio 1720 È sindaco Pietro Antonio Gaija.
gennaio 1721 È podestà Francesco Maria Lanza di Sandigliano. È sindaco Francesco Beltramo.
gennaio 1722 È sindaco Domenico Zola.
21 aprile 1722 La Comunità, con il consenso del parroco don Pozzo, costituisce i beni della Cappellanìa di Santo
Spirito in patrimonio ecclesiastico a favore del chierico Pietro Antonio Quaregna, con il vincolo
di fare scuola.
gennaio 1723 È sindaco Gaspare Squintone.
gennaio 1724 È sindaco Francesco Beltramo.
13 dicembre 1724 Muore Antonio Bernardino Vialardi di Verrone che restaurò e adornò la cappella di Santa Maria
all’interno della Parrocchiale.
1725 Giuseppe Francesco Vialardi di Verrone fonda la cappella della Madonna delle Grazie in un tar-
divo ringraziamento della vittoria di Torino sui Francesi da parte di Eugenio di Savoia-Soissons il
7 settembre 1706, lasciando intatto l’antico pilone votivo.
1729 È formato il catasto generale della Comunità.
gennaio 1730 È sindaco Giacomo Garizio.
dicembre 1730 È sindaco Giovanni Beltrammo.
settembre 1731 È sindaco Antonio Perrino.
dicembre 1732 È sindaco Giacomo Garizio.
30 MARCO TUROTTI
2 maggio 1840 Il Consiglio Comunale provvede alla classificazione delle strade comunali:
‹‹La strada dell’Argenta, che principia dalla cascina detta della Porta e termina alla cascina detta
dell’Argenta, tende fino a Sandigliano, ha una lunghezza di metri 1.800 e una larghezza di 4 metri
e mezzo.
La strada della Barazza, che principia dalla cascina detta La Favorita e termina sulla Barazza, ha
una lunghezza di metri 2.000 ed una larghezza di 4 metri e mezzo.
La strada del Tocchetto che tende al Comune di Massazza, che principia dalla casa detta La
Favorita, che termina all’incontro del territorio di Massazza, di una lunghezza di 2.400 metri e una
larghezza di 4 metri.
La strada della Bazzella che tende al Comune di Benna, principiante dalla chiesa parrocchiale, sino
alla regione Bazzella di lunghezza metri 564 e larghezza metri 4.
La strada per Biella che principia dal ponte del Patta fino alla Barazza di Gaglianico, di lunghezza
pari a metri 1.503 e larghezza di 4 e mezzo.
La strada del Rolei che principia dalla regione Gorghe sino alla regione Patta di larghezza metri 4
e mezzo e lunghezza metri 1.000.
La strada del Vallone che principia dalla Pra Grande fino al comune di Gaglianico di metri 4 e
mezzo di larghezza e lunghezza metri 1.800››.
aprile 1842 È sindaco Felice Pozzo.
23 maggio 1843 Una rovinosa grandinata colpisce il paese. I danni subiti dagli agricoltori sono stimati in
lire 24.614.
maggio 1845 È sindaco Gioanni Rosso.
9 agosto 1845 È ultimato l’organo della Parrocchiale.
10 novembre 1848 Antonio Maurizio Zumaglini termina di scrivere la Flora Pedemontana sulla classificazione delle
specie vegetali di Piemonte e Liguria, scritta in gran parte nel castello.
1849 Antonio Maurizio Zumaglini pubblica il primo volume della Flora Pedemontana.
marzo 1849 È sindaco Antonio Maurizio Zumaglini.
marzo 1851 È sindaco Lorenzo Falla.
29 ottobre 1852 Il Consiglio Comunale presieduto da [Antonio] Maurizio Zumaglini, con atto sottoscritto da tutti
i consiglieri, chiede al Governo di sciogliere il Consiglio stesso in quanto il sindaco Falla non pre-
senta le dimissioni ripetutamente richieste.
28 novembre 1852 Regio Decreto con cui Vittorio Emanuele II scioglie il Consiglio Comunale e nomina Commissario
straordinario Carlo Falla Ciri.
1853 È istituita la Congregazione di Carità.
gennaio 1853 È sindaco Felice Pozzo.
23 gennaio 1853 È nominato Comandante della Piazza della Cittadella di Torino il colonnello Augusto Vialardi di
Verrone.
maggio 1853 È sindaco Pietro Vigliani.
1° settembre 1854 Il parroco don Giuseppe Casaccia presenta ricorso al Consiglio Generale per ottenere la trasla-
zione del cimitero in un sito più periferico. La risposta del Consiglio è negativa, tra l’altro, perché
la vicinanza della chiesa proteggeva il paese dalle ‹‹influenze malefiche›› del cimitero.
marzo 1857 È sindaco Antonio Quaregna.
4 luglio 1857 Fortunato Vialardi di Verrone è nominato Cavaliere della Legion d’Onore, massima decorazione
della Repubblica Francese.
5 novembre 1858 Nella seduta del Consiglio Comunale [Antonio] Maurizio Zumaglini propone l’apertura di una
strada che dalla Cascina Bergamina a sud del castello tenda a Salussola passando per Vigellio, in
modo da collegare direttamente il Comune alla stazione ferroviaria.
1859 È nominato Segretario generale della Guerra Augusto Vialardi di Verrone.
1860 Augusto Vialardi di Verrone è nominato Commendatore dell’Ordine Militare di Savoia con Regio
Decreto n. 43, massima decorazione del Regno d’Italia.
marzo 1860 È sindaco Giovanni Battista Giorza.
CRONOLOGIA 33
3 agosto 1862 Con legge 753 del Regno d’Italia la Congregazione di Carità ha la facoltà legale di amministrare
l’Opera Pia Santo Spirito.
marzo 1863 È sindaco Pietro Vigliani.
1864 Antonio Maurizio Zumaglini pubblica il secondo volume della Flora Pedemontana.
1865 È costruita la bussola lignea all’ingresso della chiesa parrocchiale di San Lorenzo.
marzo 1866 È sindaco Emilio Detomati.
17 settembre 1867 Fortunato Vialardi di Verrone è nominato Comandante Militare della Provincia di Sassari.
gennaio 1871 È sindaco Calisto Zumaglini.
maggio 1877 È sindaco Pietro Quaregna.
22 novembre 1882 L’Opera Pia Santo Spirito delibera di consorziarsi con il Comune per la ristrutturazione del
Palazzo Comunale acquistato dall’Amministrazione. La metà a giorno dello stabile è concessa in
uso all’Opera Pia per ospitare la scuola maschile e la dimora del maestro secolare o del cappel-
lano.
maggio 1884 È sindaco Giovanni Bocca.
marzo 1890 È sindaco Pietro Quaregna.
10 giugno 1897 Muore Luigi Marandono. Interprete della volontà della madre, lascia alla Congregazione di Carità
i beni pervenutigli in eredità materna consistenti in un palazzo all’interno del castello sul lato nord-
est, la cascina Valetta o Bergamina e altri beni.
gennaio 1898 È sindaco Carlo Bocca.
1900 Fondazione dell’asilo infantile intitolato a Luigi Marandono costruito con il parziale ricavato della
vendita del suo legato. La costruzione è fatta su una porzione del castello sul lato nord-est, parte
del legato stesso.
1913 L’Amministrazione Comunale, come provvedimento contro la siccità, fa costruire un pozzo arte-
siano sulla Piazza del Ponte, poi Piazza del Lavatoio.
dicembre 1920 È sindaco Pietro Bardone.
5 febbraio 1921 Il Consiglio Comunale delibera una convenzione con i Comuni di Benna e Massazza per l’istitu-
zione di un consorzio medico fra i tre paesi.
settembre 1922 È commissario prefettizio Roberto Ramella.
aprile 1923 È commissario prefettizio Pietro Mercandino.
10 agosto 1924 È portata per la prima volta in processione votiva la nuova statua del santo patrono Lorenzo.
2 novembre 1924 Sono inaugurati il Monumento e la Campana ai Caduti per la Patria.
1925 È sindaco Pietro Mercandino.
8 novembre 1925 È inaugurato con un concerto dell’organista don Nelson Sella il restaurato organo parrocchiale.
settembre 1926 È podestà Carlo Palco.
1928 È costruito il lavatoio pubblico sulla Piazza del Ponte.
agosto 1931 È commissario prefettizio Agostino Porta.
febbraio 1932 È podestà Agostino Porta.
gennaio 1935 È podestà Severino Bocca.
26 maggio 1936 L’Amministrazione Comunale acquista e sistema il Peso Pubblico in piazza Marandono.
1937 È ultimato il primo lotto del nuovo cimitero costruito sulla strada per Benna.
febbraio 1937 È commissario prefettizio Antonio Viacava.
giugno 1937 È commissario prefettizio Pierino Trivi.
dicembre 1937 È podestà Pierino Trivi.
1940 Muore celibe a Novara il generale di cavalleria Vittorio Amedeo Vialardi di Verrone, ultimo conte
di Verrone.
1941 Verrone è provvisto di collegamento telefonico.
34 MARCO TUROTTI
I Vialardi
Tomaso Vialardi di Sandigliano
L’ORIGINE
l consolidamento delle strutture territoriali ed urbane nella pianura padana
I
1
La gerarchia dei ranghi.
2
Per un approfondimento del periodo, nella prima metà del secolo X diede origine ad una geografia frammentata
cfr. K. F. WERNER, Naissance de la noblesse.
L’essor des élites politiques en Europe, Pari- di unità localizzate più o meno ampie, detenute da vescovi e da gruppi
gi 1998, e G. SERGI, I confini del potere. famigliari che fondavano il proprio potere su quei rapporti complessi di fedeltà
Marche e signorie fra due regni medievali, personale, obblighi militari e gerarchie sociali che avevano caratterizzato il
Torino 1995.
3
regime carolingio. Questi rapporti furono alla base del ripristino di relazioni
Figlio di Carlo Magno.
4
stabili tra le città nascenti e la campagna, attraverso nodi commerciali che si
L. BORELLO, Le carte dell’Archivio
Comunale di Biella fino al 1379, BSSS, affermarono come strumenti di drenaggio economico e di controllo militare
CXXXVI (1933), vol. IV, doc. I, p. 1. del territorio. Le nuove giurisdizioni che si imposero non ebbero bisogno di
Questa permuta è comprensibile solo se
inquadrata nella riorganizzazione a nord ed una centralità gestionale del potere, imperiale o signorile, ma si mossero e si
a sud degli spazi imperiali carolingi delle svilupparono attraverso iniziative personali e locali, urbane, religiose, econo-
prestantiores Europae species, le tre parti miche e demografiche.
predominanti l’Europa che daranno origine
all’Italia, alla Germania ed alla Francia. Il rafforzamento del potere nelle mani di una nobilitas esterna all’ordo
5
Oggi Beek vicino Nijmegen in Olanda, dignitatis 1, che non deteneva più l’autorità per concessione regia o di un prin-
la romana Oppidum Batavorum sede della ceps vassallo, fu il frutto dell’alleanza tra il funzionariato di origine monarchica
legio X Gemina dal 71 al 103.
6
trasmissibile ed una élite urbana ricca, colta e fiscalmente rilevante. Questa
Alcuni storici propendono per un
ducato longobardo vercellese. P. DIACONO nobilitas nuova ed impropria, ma con una capacità notevole di arbitraggio tra
nella sua Historia Longobardorum, Milano i vari poteri in atto sul territorio, gravitò ai suoi inizi apparentata agli eminenti
1985, ne conferma in Italia 36 ma citan- dei parentes minores di famiglie che derivavano il proprio ruolo giurisdizionale
done pochi. Tra questi non è citata Vercelli,
come non lo è negli elenchi editi da Waitz dalla discendenza diretta da un padre-fondatore ancora nell’ambito della
(G. WAITZ, Scriptores rerum Langobardi- fedeltà vassallatica, fatto che trasformò la familia in un magma semovente dai
carum et Italicarum saeculi VI-IX, in MGH,
Scriptores, Hannover 1878), in quelli di Jar- confini parentali incerti difficilmente indagabili. Le omonimie onomastiche
nut (J. JARNUT, Prosopographische und so- costrinsero l’introduzione di un soprannome distintivo, poi cognomizzato, che
zialgeschichtliche Studien zum Langobar- per i nuovi apparentati derivò in genere dal luogo in cui maggiore era la loro
denreich in Italien, Bonn 1972) ed in quelli
di Gasparri (S. GASPARRI, I duchi longo- egemonia, mentre per i membri della linea principale derivò dal nome del
bardi, Roma 1978). Sicuramente non lo fu padre-fondatore. All’incrocio tra la nuova nobilitas e quella antica di vassal-
fino alla battaglia di Novara del ’700 che
coinvolse i duchi di Torino e Bergamo. È laggio, quando nacque l’anarchia feudale che sarà con diverse modulazioni sto-
probabile invece che Vercelli sia diventata riche la matrice degli Stati sorti tra i secoli XIV e XVI, va cercata l’origine delle
ducato dopo la morte di Liutprando e l’i- famiglie di potere emerse tra i secoli IX e XI 2.
potesi è suffragata dal ritrovamento nel
1904 a Ilanz, in Svizzera, di un tremisse Nell’826 Biella fu oggetto di una non chiara permuta tra gli imperatori
aureo di Desiderio coniato nella zecca di franchi Ludovico il Pio 3 e suo figlio Lotario da una parte ed il «fideli nostro
VIRCELLI, qui nella forma non latina.
Identico ritrovamento fu fatto nel 1914 a comiti» Bosone dall’altra 4. Il conte scambiò le sue terre di Beck 5 con Biella,
Mezzomerico vicino Novara. Inoltre, in che fu separata dal «comitatum Vercellensem». Bosone morì poco dopo la per-
Vercelli, intorno a Santa Maria esisteva un muta senza discendenza maschile perché né lui né suoi eredi arrivarono mai
esteso patrimonio che molti documenti
definiscono Corte Regia, forse proprio la nei nuovi domini, fatto che spiega il silenzio dei diplomi successivi e perché
curtis ducis sede del ducato. Cfr. R. ORDA- nell’882 l’imperatore Carlo III il Grosso poté donare Biella alla Chiesa vercel-
NO, Storia di Vercelli, Vercelli 1982, p. 52.
lese.
È probabile che Bosone si sia fatto precedere da uomini fidi, alcuni dei
quali, persi con la sua morte i vincoli feudali con Beck, si fermarono nella «villa
que dicitur Bugellam», portando sul territorio una germanizzazione più mar-
cata tanto negli usi quanto nelle iconografie del Sacro. Quando Biella ritornò
sotto Vercelli, il polo politico si spostò verso il centro maggiore dove perma-
neva una presenza germanica derivata da un tardivo ducato longobardo 6, non
completamente assimilata nella mediocrità franca. Inoltre, nel 924 era diven-
tato vescovo Attone, potente arcicancelliere del regno ed arcidiacono di
Milano. Di famiglia longobarda consanguinea di re Desiderio, il nuovo vescovo
36 TOMASO VIALARDI DI SANDIGLIANO
poggiò il suo potere sui nuclei famigliari più vicini al proprio gruppo paren- 7
Sommo Consigliere.
8
tale, cui affiancò uomini dell’ambito imperiale e milanese in grado di conte- Guido.
9
nere le effervescenze dei secundi milites vercellesi. Con Leone, altro vescovo Al castello come fulcro della riorganiz-
zazione territoriale (incastellamento), Ro-
tedesco vissuto alla corte della mirabilia mundi Ottone III di cui fu logotheta 7, bert Fossier ha proposto la “cellula”, un
le famiglie germaniche proseguirono la loro affermazione anche nelle nuove soggetto più articolato ed interagente che
comprende il castello, il villaggio e la chiesa
linee derivate. (incellulamento).
Le relazioni tra i discendenti degli uomini di Beck e le nuove famiglie arri- 10
Il crudele, il forte (all = tutto).
vate con Attone e Leone incrociarono allodi e feudi biellesi con altri nel 11
Questa struttura onomastica antico-
Vercellese e nel Casalese, spiegando in questo modo perché i Vialardi, arrivati tedesca non è tra le più comuni. Cfr. E.
FÖRSTEMANN, Altdeutsches namenbuch, vol.
probabilmente a Vercelli con Attone, fin dal loro apparire in questa parte del I, Personennamen, col. 1572, Bonn 1900.
Piemonte ebbero beni importanti in tutta l’area. I rapporti con il gruppo fami- L’unica omonimia individuata per il perio-
gliare lombardo continuarono fino a Wid-all-hart, capostipite del ramo vercel- do 1130-1181 nei cartari italiani esaminati
si riscontra nel Padovano, a Vicodarzere e
lese dei Vialardi ed ultimo passaggio da una nobilitas germanica ad un nucleo Rosara (A. GLORIA (a cura di), Codice diplo-
famigliare stabilizzato in una discendenza territoriale nuova. matico padovano dall’anno 1101 alla pace di
Costanza, Venezia 1879, vol. I, e Venezia
1881, vol. II). Cfr. vol. I, doc. 206, p. 164,
e doc. 581, p. 419; vol. II, doc. 1124, p.
WID-ALL-HART 283, doc. 1332, p. 395, doc. 1395, p. 434,
e doc. 1426, p. 449.
Nato in tempi inquieti intorno al 1090, Wid 8 visse nel momento del con- 12
Trasmesso ai nipoti, il crociato Go-
nello (Bonellus) e Pulcrone (Pluspulcrus).
solidamento del tripolarismo feudale, quando il castello, il villaggio e la chiesa
13
NE 156, « obiit Mainfredus frater
divennero la “cellula” dell’organizzazione del sistema signorile 9. La sua Guialardi qui reliquit terram septimana-
asprezza ed il suo coraggio si radicarono nel nome, cui fu associato coevamente riis », 1125-1130. Per la data, cfr. AVdSF,
il distintivo all hart 10 e Wid divenne Wid-all-hart 11, latinizzato in Widalardo. Famiglia Vialardi di Sandigliano, corrispon-
denza G. Ferraris.
Un’identica traslazione linguistica si riscontra nel nome della madre, plus bella, 14
NE 307, «obiit lantelmus frater Gui-
latinizzazione di un soprannome diventato d’uso 12 a scapito di un nome alto- dalardi qui pro anime sue remedio reliquit
tedesco perduto nelle avvisaglie di una chiesa in progressione. Il suo prestigio campum unum qui iacet ad locum qui dici-
tur bosa reliquit», 1123-1130. Per la data,
offuscò il nome del padre, tanto che i necrologi della madre e quelli di due dei cfr. ibidem.
tre fratelli hanno lui come riferimento. Manfredo 13, Lantelmo 14 e Plusbella 15 15
NE LXII, f. 191, l, c, « obiit donna
morirono nel Vercellese, la loro morte è riportata nei Necrologi Eusebiani, plus bella mater Widalardi », 8 maggio
1125-1130. Per la data, ibidem. Il fatto che
mentre non lo è quella del padre e del terzo fratello Uberto, avvenuta quindi la sua morte sia avvenuta nel Vercellese ne
fuori dal territorio di Vercelli. presume la vedovanza.
Il primo documento locale in cui compare Widalardo è un atto del 1118 16, 16
F. GABOTTO, U. FISSO, Le carte dello
Archivio Capitolare di Casale Monferrato
dove è tra i consiglieri laici del vescovo di Vercelli Anselmo. Poiché l’atto fino al 1313, BSSS, XL (1907), vol. I, doc.
riguarda la cessione di una parte della curtis di Torcello ed altri beni intorno IX, pp. 12-14, in particolare p. 13. In T.
VIALARDI DI SANDIGLIANO, I Vialardi. L’ori-
Casale, Widalardo deve avere avuto ampi interessi nella zona dominata dall’e- gine: elementi preliminari per una ricerca, in
terogeneo e turbolento gruppo dei Signori di Torcello, se ancora oggi tutta la «Archivi e Storia», 1 (1989), pp. 9-25, il
Vialardi dell’atto era stato ritenuto padre di
collina su cui è Torcello porta il nome di Vialarda 17. Gli archivi tacciono fino Widalardo, ma oggi si preferisce una diver-
al 1142, anno in cui fu nuovamente a Vercelli per firmare tra i testi l’atto con sa redazione dello stesso nome.
cui il vescovo Gisulfo confermava ai canonici di Santa Maria tutte le decime 17
IGM, Vercelli, f. 57. Per i castelli col-
della curia 18. Widalardo, come dimostrano i documenti successivi, era il mag- linari della Viallarda e della Smeralda, cfr.
C. DIONISOTTI, Illustrazioni storiche e coro-
giore proprietario laico intorno a Santa Maria, l’unico che poteva confermare grafiche della Regione Subalpina, Torino
diritti e proprietà. 1898, p. 156.
18
Le trasformazioni sociali in atto, conseguenza di una enfatizzazione dell’i- D. ARNOLDI, G. C. FACCIO, F. GABOT-
TO, G. ROCCHI, Le carte dello Archivio Capi-
deale cavalleresco resuscitato dalle spedizioni d’Oriente, concretizzatosi nel- tolare di Vercelli, BSSS, LXX (1912), vol. I,
l’arricchimento della classe borghese urbana e nello scontro personale e diretto doc. LXV, p. 80. Il documento è datato
1102, ma gli storici propongono 1142.
tra fautori dell’impero e fautori del papa, suggerirono a Widalardo un riposi- 19
La chiesa era sull’altura dove oggi è la
zionamento delle aree territoriali d’influenza famigliare per prevenire e sco- via omonima in Biella. Il ritrovamento nelle
raggiare quei gruppi emergenti in cui più latenti erano le ambizioni di affer- vicinanze di una stele e di un cippo sepol-
crale databili tra i secoli II e III la ipotizza
mazione. Bisognava quindi risolvere le controversie che potevano ostacolare il vicina un agglomerato urbano e non nella
progetto, come il contenzioso che aveva opposto i Vialardi al potente Capitolo posizione isolata illustrata nella carta del
Borgonio del 1668.
di Santo Stefano di Biella. La disputa riguardava la proprietà della chiesa di 20
Sette vigne e il prato erano in Videstre,
Sant’Eusebio 19 e delle sue pertinenze, dieci vigne ed un prato 20, parti sparse di sulle pendici del Piazzo, dove i Vialardi
uno di quegli insiemi di oratori privati e mansi dipendenti nati dalla trasforma- continuarono ad avere beni, mentre le altre
vigne erano in Sannadeo, mai identificato.
zione della curtis dominica sulle tracce di un’edicola romana, poi cappella cri-
21
Il V secolo vede stabilirsi tra i grandi
stiano-ariana e quindi cappella privata di una curtis 21. La disputa doveva essere proprietari terrieri la consuetudine del
stata lunga e non di poco conto. I Vialardi sostenevano che la chiesa con le sue possesso di una cappella privata, codificata
I VIALARDI 37
nel concilio di Agde del 506 (canone 21). pertinenze era sotto la loro giurisdizione feudale ed il Capitolo non era riuscito
Secondo alcuni storici l’intitolazione a
sant’Eusebio rappresenta il passaggio di a provare il contrario, fatto che suggerisce che i Vialardi erano nel giusto.
un nucleo longobardo ariano alla fede ro- Widalardo offrì una transazione e la prudenza suggerì al decano capitolare
mana.
22
di Santo Stefano di accettare, purché i Vialardi cessassero ogni vessazione 22.
Il «non agent ... inquietabunt ... fati-
gabunt » del documento dimostrano ap- L’atto fu firmato il 4 dicembre 1147 23, oneroso per il Capitolo che, solo per la
prensioni per il futuro. Infatti, alla morte di parte oggetto del contenzioso e ferma restando a Widalardo la proprietà delle
Rolando, figlio di Widalardo, il nuovo de- altre parti, cedette tre pezze di terra ed una vigna in Candelo 24, si riconobbe
cano di Santo Stefano, Anselmo, richiese la
protezione dei suoi figli, Roberto e Giaco- debitore del fitto ed accettò il gravame sulle terre del fodro regale e dell’al-
mo (L. BORELLO, A. TALLONE, Le carte bergaria 25 per quattro cavalieri con i loro scudieri 26. Questi oneri sempre
dell’Archivio Comunale di Biella fino al
1379, BSSS, CV (1930), vol. III, doc. III, riconducibili all’imperatore dovevano risalire ai tempi di Ludovico e Lotario.
pp. 4-5). Questo atto prova che i beni in Sant’Eusebio era quindi parte del dominio scambiato con Bosone, arrivato ai
Biella erano di proprietà dei soli discen-
denti di Widalardo.
Vialardi attraverso unioni matrimoniali con i discendenti dei vassalli di Beck e
23
Pubblicato con piccoli errori mar-
trasmesso pro indiviso 27.
ginali rispetto all’originale in L. BORELLO, A sottolineare l’ossequio verso il proprio signore feudale, la transazione
A. TALLONE, Le carte dell’Archivio Comuna- ‹‹per lignum et cartam›› fu fatta ‹‹in curte Vuidalardi›› inequivocabilmente
le di Biella fino al 1379, BSSS, CV (1930),
vol. III, doc. II, pp. 3-4, questo documento nota ai contemporanei, ma silente nei documenti coevi e, fatto singolare, mai
ha suscitato le fantasie più folcloristiche di citata tra le proprietà dei discendenti. I sei testi laici di Widalardo, tutti di
molti storici locali e non. Se ne riporta la
trascrizione integrale in Appendice. Novara e di Milano, confermano l’ambito esterno a Vercelli della curtis, pro-
24
Nel riassetto degli interessi famigliari, babilmente in area lombarda.
Widalardo iniziò il consolidamento dei be- Widalardo non tornò più nel Vercellese, gli atti successivi hanno come
ni in pianura, in particolare Candelo che
governava la strada verso Biella da Vercelli,
attori solo il figlio ed i nipoti. Morì 28 in quella curtis dove era iniziata la sto-
continuato dai discendenti. A riprova degli ria antica dei Vialardi, una gefolgschaft vassallatica germanica non ancora
interessi su Candelo il nipote di Widalardo, trasformata dalle alterazioni sociali che spiega la scelta di una fedeltà incon-
Uberto de Verono, sposò Matilde, discen-
dente di « gunzo manganator seu bergan- dizionata alla causa ghibellina di cui i suoi discendenti furono tra i fautori
dius scarella», capostipite degli Scarella di eminenti.
Candelo.
25
L’etimo longobardo di derivazione
gota « alipergum » compare per la prima
volta nel Catalogus beneventano del secolo LE PROPRIETÀ IN VERCELLI
X con il significato di accampamento mili-
tare. Questi punti di raccolta e di approv- I documenti successivi al 1147 continuano ad evidenziare considerevoli
vigionamento erano fondamentali per il proprietà nel Vercellese, Biellese e Casalese, fatte di castelli, torri, case, mansi,
movimento delle unità di cavalleria pesante
che si muoveva ad una velocità media di molini e terre su cui sorsero altri castelli. Di nessuna di queste proprietà è per-
50-60 miglia giornaliere, ponendo la rac- venuto l’atto di acquisto o di infeudazione, se non per i beni più tardivi. Le
colta delle unità mai oltre due giorni di
insellata dal teatro delle operazioni cui dispersioni documentali non giustificano il silenzio. Le proprietà erano estese
erano destinate. su di un’area geograficamente vasta e qualche traccia documentale, anche
26
« quattuor militibus cum scutiferis››, posteriore, sarebbe comunque dovuta emergere. Il loro possesso deve quindi
equivalente ad un contingente di almeno
24 uomini ed altrettanti cavalli, un’inci-
essere derivato da un potere esterno agli ambiti locali, riportando i Vialardi in
denza economica elevata per il territorio di un contesto storico anteriore al secolo X. I beni maggiori in Vercelli sembrano
riferimento. essersi consolidati al tempo di Attone, ma non nel periodo dei cinque vescovi
27
All’atto sono presenti tutti i Vialardi imperiali, nominati ma non consacrati, perché difficilmente Widalardo sarebbe
vercellesi: «Vuidalardus et Rolandus pater
filius, et Gonellus filius condam Manifredi stato tra i consiglieri laici di Anselmo, primo vescovo consacrato dopo il lungo
et Ubertus filius condam item Uberti, et periodo di intrusi.
Iordanis invicem fratris sui, nepotes iam-
scripti Vuidalardi, qui professi sunt lege Il vasto complesso di proprietà, tra cui i ‹‹casamenta cum turris 29 in ora
vivere Longobardorum». sancta Maria iuxta platheam de Arengo›› e la roggia Vercellina che forniva l’ac-
28
Non lo ricorda nessun Necrologio Eu- qua alle difese della città, vendute dai Vialardi al Comune di Vercelli con una
sebiano.
29
serie di atti tra la fine del secolo XII e l’inizio del XIII 30, sono parti evidenti
La « turris vetus » comunale esistente
ancora oggi. Per questi beni, cfr. G. GUL- della Corte Regia longobarda donata ai canonici da Berengario 31. Parimenti,
LINO, Forme abitative a Vercelli, BSSV, 1980, nella vendita a Federico Barbarossa del 1178 dei diritti di pedaggio sul porto
pp. 54-56 e 96 (testo e note); G. GULLINO, e sulle rive del Cervo e della Sesia 32, i Vialardi cedettero ancora una volta diritti
Uomini e spazio urbano, BSSV, 1987, p. 85,
nota 32, e pp. 86-87; R. ORDANO, Le torri entrati nel patrimonio dei canonici con Attone, dono dei re Ugo e Lotario 33.
più antiche di Vercelli e la torre del Comune, Anche di questa proprietà esiste solo l’atto di vendita, che però permette una
in «BSV», 30 (1988), n. 1, pp. 44-46.
30
conclusione. Il vescovo di Vercelli, che agisce nell’acquisto per conto dell’im-
Nonostante queste imponenti vendite,
rimangono nell’asse patrimoniale in Vercel- peratore, compera beni di cui lui stesso non conosce l’origine. I Vialardi li ave-
li varie case ed il secondo palazzo con torre vano ‹‹per feudum vel per aliquem alium modum››, il che esclude un’infeuda-
ancora esistente nell’attuale via Vallotti.
31
zione ecclesiale di cui gli archivi arcivescovili avrebbero conservato traccia. Lo
26 gennaio 913, L. SCHIAPARELLI (a
cura di), I Diplomi di Berengario I, Roma
stesso vale per le proprietà biellesi e casalesi, tutte entrate nell’asse patrimo-
1903, doc. LXXXVII, pp. 232-234. niale dei Vialardi prima di Widalardo, con l’annotazione che solo i beni in
38 TOMASO VIALARDI DI SANDIGLIANO
Vercelli ed in Biella, fino alla sua morte, furono trasmessi pro indiviso, mentre 32
21 giugno 1178, D. ARNOLDI, F. GA-
BOTTO, Le carte dello Archivio Capitolare di
quelli sul territorio si evidenziano nella libera disponibilità dei singoli gruppi Vercelli, BSSS, LXXI (1914), vol. II, doc.
famigliari. CCCLXIX, pp. 65-67.
33
13 agosto 945, D. ARNOLDI, G. C.
FACCIO, F. GABOTTO, G. ROCCHI, Le carte
dello Archivio Capitolare di Vercelli, BSSS,
L’ASCESA POLITICA LXX (1912), vol. I, doc. X, pp. 7-8.
34
Ancora nel 1426 l’atto di resa del
Nell’atto del 1147 si delineano i capostipiti delle tre linee principali dei « castrum et turrionum » dei Vialardi di
Vialardi (Verrone, Villanova e Sandigliano): Sandigliano ad Amedeo di Savoia fu fir-
mato dal membro più anziano della fami-
glia, Gualino fu Vercellino, e solo contro-
1. da Roberto dei Vialardi di Vercelli, figlio di Rolando: firmato dal primogenito Bongiovanni,
figlio di Manfredo, che non accettò la resa.
A. la prima linea dei Vialardi di Verrone da cui: 35
De facto Villenove, 15-8-1197 (G. C.
1. i Vialardi di Vettigné; FACCIO, Il Libro dei “Pacta et Conventiones”
2. i Vialardi di Salussola e Puliaco; del Comune di Vercelli, BSSS, XCVII
(1926), docc. CXVI e CXVII, pp. 212-
3. i Vialardi di Biella da cui i Vialardi di Lessolo e Castellamonte; 218).
4. i Vialardi di Verrone e Mongrando.
Fino alla prima metà del 1200 la gestione delle relazioni politiche e mili-
tari continuò sulla linea del diritto alto-germanico della sippe, demandata agli
anziani 34 di ogni gruppo famigliare, cui competevano le relazioni degli inca-
stellamenti con il territorio di insistenza. Le proprietà extraurbane appartene-
vano ai singoli gruppi famigliari, mentre quelle urbane erano detenute collet-
tivamente, garantendo in questo modo un peso monetario e politico unico.
Con l’affermazione del policentrismo di Vercelli sul territorio e la parallela
formazione di un’associazione comunale, i Vialardi furono fin dagli inizi mem-
bri della Credenza e Consoli, influendo sulla politica interna e sulle alleanze
esterne della città grazie al peso dei propri castelli. Questo potere, a differenza
di altre famiglie emergenti sotto l’ombra ecclesiale, non produsse nepotismi e
in molti casi l’interesse del Comune prevaricò quello famigliare. Ne è un esem-
pio la decisione del 1197 dei Consoli di Vercelli di rendere ‹‹liber et absolu-
tus›› il castello e le terre di Villanova Monferrato, inizio dell’espansione comu-
nale sul territorio extraurbano tanto in chiave difensiva quanto di influenza
politica. La creazione del borgo franco di Villanova Monferrato, decisa con il
Albero genealogico dei Vialardi di
consiglio di Giacomo Vialardi ‹‹et sociorum quorum›› 35, decretava anche che Verrone, secolo XVII, stemma dei
‹‹nullus dominorum debeat abitare in illo castro››, compromettendo gli inte- Vialardi, il castello di Verrone e la
ressi dei cugini Vialardi proprietari del castello, altrettanto potenti in città per Parrocchiale di San Lorenzo
l’ampia presenza consolare. Non fu un negoziato facile, ma Giacomo seppe collezione privata
I VIALARDI 39
40 TOMASO VIALARDI DI SANDIGLIANO
coinvolgerli nel suo progetto di espansione per Vercelli 36. Alla crescita del peso 36
Giordano e il figlio Poltrone, Gia-
como Smerra, Lantelmo, Giacomo de Bo-
politico della città, ne sarebbe corrisposto uno parallelo del potere famigliare nello e suo fratello Manfredo, tutti Vialardi
in un momento cruciale delle lotte interne tra fazioni dell’élite urbana che sta- e consignori di Villanova Monferrato, giu-
rarono di mantenere i patti con Vercelli il
vano modificando le egemonie sul territorio. 15 agosto (ibidem). Giacomo preferì aspet-
Carisma indiscusso, diplomatico fine con forti relazioni nell’ambito impe- tare per essere certo che nulla fosse mutato
riale, Giacomo dominò la scena politica per quasi cinquant’anni 37, fatto raro, negli equilibri famigliari e firmò solo l’anno
successivo.
influenzando con il coinvolgimento di tutto il gruppo famigliare lo sposta- 37
Podestà di Vicenza nel 1184 e podestà
mento verso l’impero di Vercelli, cui diede coscienza del proprio peso di fronte di Torino nel 1200 nel momento delle lotte
a Milano, Pavia e Brescia. Ai figli 38 ed ai cugini di Villanova Monferrato 39 tra il vescovo Arduino, il Comune di To-
rino, Chieri e Testona, i signori di Cavour,
furono demandate le relazioni politiche esterne, mentre i cugini interni alla di Cavoretto ed i conti di Biandrate. Nel
città fornirono l’appoggio della Credenza e quello delle cattedre ecclesiali di 1202 fu nuovamente podestà di Vicenza e
nel 1209 fu podestà di Padova.
Santa Maria e di Sant’Eusebio, per oltre cent’anni in mano a longevi e politi- 38
Il figliastro Giacomo il Carnario fu
cizzati arcidiaconi Vialardi. vescovo di Vercelli dal 1236 al 1241. Il pri-
Un coinvolgimento così schierato dalla parte ghibellina richiese una pre- mogenito Vercellino rappresentò Vercelli
nel 1183 alla pace di Costanza con l’impe-
senza più compatta sul territorio, con un incastellamento meglio coordinato ai ratore Federico Barbarossa (C. MANARESI
bordi delle zone di espansione della città. Giacomo guidò il cambio degli inte- (a cura di), Gli atti del Comune di Milano
fino all’anno MCCXVI, Milano 1919, doc.
ressi famigliari iniziando l’allentamento patrimoniale progressivo in città a CXXXIX, p. 205) e resse nel 1226 la So-
favore del potenziamento dei castelli extraurbani, che assunsero un peso cru- cietà delle Marche, Lombardia e Romagna
per conto di Vercelli (R. ORDANO, I Biscio-
ciale nelle scelte politiche dei Vialardi. Sono di questo periodo le grandi ni, BSSS, CLXXXI (1970), tomo II, vol. I,
dismissioni immobiliari in Vercelli che favorirono un avvicinamento più stretto doc. LXXX, p. 129). Il secondogenito
Roberto fu podestà di Torino nel 1235, riu-
al Comune, fornendo contemporaneamente la massa di denaro necessaria scendo ad arbitrare la cessione di Rivoli dal
all’ammodernamento dei sistemi difensivi, alla costruzione di nuovi ed all’ac- vescovo di Torino al conte di Savoia, pode-
stà di Moncalieri nel 1236 ed ancora pode-
quisto di terre da reddito per il loro mantenimento. Contemporaneamente stà di Torino quando Amedeo IV di Savoia
furono ceduti i beni extraurbani non vitali nel sistema degli incastellamenti, e suo fratello Tommaso II rinunciarono ad
mentre si consolidarono attraverso nuovi acquisti ed investiture le presenze in ogni pretesa su Rivoli e Torino.
39
Poltrone Vialardi ricevette nel 1192
Candelo, Ysengarda, Verrone, Villanova Monferrato e Sandigliano, posizioni per conto dell’imperatore Enrico VI il
che la lungimiranza di Widalardo aveva già individuato come strategiche. castello di Volpino, conteso da Bergamo e
Con la seconda metà del 1200 i gruppi famigliari dei Vialardi assunsero da Brescia per la sua posizione geografica
che ne faceva la porta di accesso al transito
una fisionomia propria, sempre legati interfamigliarmente, ma con indipen- verso il centro Europa (MHP, vol. XIX,
denze maggiori. Liber Potheris Communis Civitatis Brixiae,
doc. XXXIV, coll. 98-100). Nel 1217 riuscì
ad imporre la pace tra Pavia e Milano con
l’appoggio di Piacenza (G. C. FACCIO, Il
I TRE RAMI Libro dei “Pacta et Conventiones” del Co-
mune di Vercelli, BSSS, XCVII (1926), doc.
XLI, pp. 88-89). Il cugino Guglielmo fu
Il nuovo assetto famigliare si consolidò su tre linee ben definite: podestà di Moncalieri nel 1234. Di fatto,
Torino, Moncalieri e Testona ebbero pode-
1. I Vialardi di Vercelli, che continuarono la gestione politica della famiglia, stà Vialardi dal 1234 al 1238.
ora contrapposta ad altre famiglie emerse dall’ambito ecclesiale e mercan- 40
Dal castrum di Ysengarda uscì nel 1401
tile con cui la convivenza non fu sempre facile, anche per l’avvicendarsi sul la spedizione contro gli Avogadri di
Quaregna che si concluse con l’uccisione di
territorio di forze armate contrapposte in interessi che trovarono di volta Guglielmo di Quaregna. Il 7 agosto 1404
in volta referenti ed alleati in Vercelli. Giovanni Avogadro di Quaregna, non aven-
do ottenuto giustizia dal duca di Milano,
2. I Vialardi dei castelli di Sandigliano e Ysengarda, che costruirono alleanze chiese la protezione sabauda per i castelli di
Quaregna, Ceretto e Piatto. Contempora-
comuni maturate in una fede ghibellina venata di personalismi territoriali. neamente fecero atto di omaggio altri con-
La loro forte capacità militare li portò ad essere i primi alleati viscontei nel sortili degli Avogadri per un totale di 25
castelli, dando una svolta decisiva alla con-
Biellese e punto di appoggio delle scorrerie di Facino Cane. Il conflitto con quista sabauda del Biellese. La loro deci-
gli incastellamenti limitrofi appartenenti a famiglie con posizioni politiche sione seguì di due mesi l’alleanza tra il conte
di Savoia, il principe d’Acaia ed il marchese
fluttuanti, in particolare con il composito sistema parentale degli Avogadri, di Monferrato, nella realtà una spartizione
fu immediato e causa principale della caduta del Biellese nelle mani del dei beni viscontei cui gli Avogadri si illusero
di partecipare. Cfr. M. CASSETTI, T. VIALARDI
duca di Savoia 40. DI SANDIGLIANO, Ysengarda e i suoi signori,
in L. SPINA (a cura di), Candelo e il Ricetto,
3. I Vialardi del castello di Verrone, che mantennero posizioni attesiste che Milano 1990, pp. 51-59.
progressivamente li allontanarono dal gruppo famigliare. Militarmente
meno capaci, portati più all’equilibrio politico attento ai giochi territoriali,
videro con poco favore l’alleanza stretta dei cugini di Sandigliano e
Ysengarda con i duchi di Milano. I loro nonni avevano aperto la strada
verso Torino e quella fu la loro scelta.
I VIALARDI 41
41
AS Torino, Sez. Corte, Provincia di Al declino imperiale, i Vialardi di Vercelli passarono indenni attraverso i
Biella, mazzo 6, prot. 72.
42
rivolgimenti politici e militari della città, mentre i Vialardi dei castelli di
V. VAI, La dedizione dei Vialardi di
Verrone a Casa Savoia, in questo volume, Sandigliano e Ysengarda continuarono una solitaria e caparbia contrapposi-
pp. 51 sgg. zione militare al duca di Savoia, diventata ormai al limite del fatto personale.
Costretti a misurarsi con avvenimenti al di sopra delle parti e con eserciti
potenti, dove la bravura individuale poteva al massimo diventare soggetto per
un quadro, la fase finale della loro storia antica era arrivata a conclusione. In
una battaglia durata tre notti e due giorni cadde anche il Torrione di
Sandigliano ed il 24 settembre 1426 i Vialardi di Sandigliano firmarono un’a-
spra e incondizionata resa del loro ‹‹castrum et turrionum›› ad Amedeo di
Savoia 41.
Manfredo di Saluzzo che aveva guidato vittoriosamente l’esercito savoiar-
do-vallese contro il Torrione, non proseguì per Ysengarda, pericolosa da rag-
giungere, inutile come battaglia, troppo lontana dagli accampamenti di Ivrea.
I Vialardi del castello di Ysengarda rientrarono indenni a Casale dove si posero
al servizio dei marchesi di Monferrato e poi dei duchi di Mantova.
I Vialardi di Verrone avevano invece già fatto la propria scelta cinquanta-
tré anni prima passando al fianco del conte di Savoia il 19 febbraio 1373 42,
conseguenza di un calcolo politico maturato lungamente, ma anche di una
malintesa preminenza nei rapporti interfamigliari.
42 TOMASO VIALARDI DI SANDIGLIANO
I Vialardi di Verrone
Tomaso Vialardi di Sandigliano
a sinistra:
Sepolture dei Vialardi di Verrone,
lapide, Parrocchiale di San Lorenzo
a destra:
Sepolture dei Vialardi di Verrone,
lapide, Parrocchiale di San Lorenzo
22
BIS CENTUM ULTRA MILLE ANNIS,
ERECTA ET CONDITA e DUODECIMO UL-
TRA SECULO.
23
Sulle cui rimanenze sorge l’attuale
Vigellio.
24
BSm Torino, ms. Torelli. In coinci-
denza con l’arrivo a Salussola del mare-
sciallo Ludovico di Racconigi.
di Salussola e del castri Puliaci 23 del 1439 24 ed i Vialardi di Biella che si sepa- 25
Tra cui il primo abate di Sant’Andrea
Tommaso Gallo ed i canonici Guala e
rarono intorno il primo quarto del ’500. Vialardo Vialardi, secondo papa Innocenzo
IV istigatori di incendi, assassinii e rivolte
contro i Guelfi (G. H. PERTZ (a cura di),
AVVISAGLIE DI INDIPENDENZA Epistulae saeculi XIII et regestis pontificum
romanorum selectae, in MGH, Berlino
1887, vol. II).
Nel 1243 Vercelli passò alla parte guelfa creando all’interno dell’oligarchia 26
Cresciuti all’ombra della Chiesa ver-
politica della città una frattura che fu causa di anni cruenti, alimentata da una cellese, cui diedero vescovi che conferma-
parte non indifferente di abati, arcidiaconi e canonici filo-imperiali 25. La cor- rono ai consortili famigliari feudi, immu-
nità ed investiture fiscali, gli Avogadri gra-
ruzione, le discordie e la poca capacità politica costrinsero i Guelfi vercellesi a vitarono esclusivamente nell’ambito guelfo
patteggiare con i Ghibellini il loro rientro in città che avvenne nel 1249. Il di cui furono parte prevalente, salvo brevi
avvicinamenti ai duchi di Milano in mo-
vescovo Martino Avogadro ed i suoi sostenitori si rifugiarono nei castelli con- menti di difficoltà politica. Nel 1404 gli
sortili biellesi degli Avogadri 26, spostando la guerra dalla città alle terre Avogadri si diedero definitivamente a Casa
extraurbane, dove si scontrarono immediatamente con i ghibellini Vialardi cui Savoia, che sostituirono alla Chiesa vercel-
lese come fons honorum.
contesero supremazia politica e territorio. 27
Per i Ghibellini giurarono il fratello di
Il predominio guelfo fu ristabilito solo nel 1303, l’anno successivo la Martino de Verono, Bonifacio, ed il figlio di
caduta della signoria di Matteo Visconti, ma nonostante la pace voluta dal- Martino, Rolando, ma nessuno dei Vialardi
dei castelli di Ysengarda e Sandigliano (G.
l’imperatore Enrico VII e giurata a Vercelli nel 1310 dalle due fazioni, lontano C. FACCIO, M. RANNO, I Biscioni, BSSS,
dalla città le rappresaglie militari continuarono e tra i Vialardi dei castelli di CXLV (1934), vol. primo, doc. CLXXXIV,
pp. 376 e 378). Lo stesso avvenne nelle paci
Sandigliano e Ysengarda e gli Avogadri non ci fu pace. La ragione è semplice: del 1311 e 1314, mentre nel 1322 Giovanni
la pace fu giurata solo da un ramo dei Vialardi del castello di Verrone 27, primo Vialardi della Tapa di Ysengarda e Giovan-
nino Vialardi della Tapa, fedeli a Matteo
atto di indipendenza dal gruppo famigliare e segnale di una strada politica Visconti, furono citati davanti ad Aicardo,
diversa, ancora incerta e non completamente emancipata. Questa bivalenza era arcivescovo di Milano ed ai frati Barnaba,
priore provinciale dei domenicani, e Pasio
già affiorata durante la spedizione contro fra Dolcino da Novara, la cui pre- di Vedano, inquisitori della pravità eretica.
senza nell’Alto Biellese era stata vista con interesse dai Vialardi di Sandigliano Dichiarati contumaci, furono scomunicati il
6 maggio 1322, fatto che non creò loro par-
e Ysengarda perché distoglieva uomini e mezzi agli incastellamenti Avogadri, ticolari problemi (BAV, Codice Vaticano Lat.
impegnando le spalle del loro sistema difensivo. 3937, ff. 143-147).
I VIALARDI DI VERRONE 49
Il vescovo di Vercelli Raineri degli Avogadri di Pezzana
aveva accampato a Mosso qualche centinaio di uomini, ma
gli scontri si erano risolti a favore di Dolcino anche perché
dal castello di Mosso dei Vialardi di Verrone non era uscito
nessun aiuto. Questo avvenne anche nella seconda fase delle
ostilità, quando Dolcino aveva contrattaccato con tecniche
terroristiche, distruggendo chiese e bruciando paesi interi
incluso Mosso. Raineri seppe trasformare una spedizione di
montanari e contadini in una crociata di Terra Santa, dalla
Francia arrivò la benedizione di papa Clemente V ed i con-
sortili Avogadri risposero immediatamente, vedendo la pos-
sibilità di allargare 28 e confermare possedimenti, beni, inve-
stiture ed acquisire meriti per future pretese, con la certezza
di un’indulgenza plenaria sempre utile in quei momenti.
Una cavalcata appena fuori casa ed il Paradiso era assicu-
rato senza dover andare in Palestina.
Agli Avogadri si unirono gli Arborio, gli Alciati, i
Lascaris, qualche cadetto Tizzone in cerca di spazi propri,
un Brusati ed un Tornielli 29 in rappresentanza di Novara 30.
A fine gennaio si unì anche un cadetto Visconti signore di
Rassa ed a metà febbraio quando i crociati si furono lasciati
alle spalle le rovine bruciate di Mosso, quelle del paese, non
del castello, spuntarono anche le bannières rosse e oro dei
Vialardi del castello di Verrone alla ricerca di un’afferma-
zione territoriale. I documenti non riportano quale dei
Vialardi di Verrone fu alla testa del piccolo contingente,
probabilmente lo stesso Rolando de Verono che giurò poi
la pace con i Guelfi del 1310.
Le tensioni tra i Vialardi di Verrone non dovettero essere
28
Solo per avere accettato di porsi alla di poco conto, rendendo le convivenze non semplici tra i fautori di un’indipen-
testa dei crociati, Simone degli Avogadri di denza dalla politica famigliare e quelli che invece preferivano sostenerla. Non
Collobiano ricevette subito il ricco feudo di
Borgo Po. giocò una scelta di schieramento guelfo o ghibellino, ma l’esigenza di rafforza-
29
Ironia della storia, studi recenti hanno mento degli interessi territoriali. I Vialardi del castello di Verrone sentivano sem-
ipotizzato Dolcino figlio illegittimo di una pre più evidente il rischio di un coinvolgimento del loro castro incuneato tra
Tornielli del ramo di Romagnano proprie-
tario del castello di Serramonte a Prato quelli degli aggressivi cugini di Sandigliano e Ysengarda. Quando ancora i rischi
Sesia, forse figlia del Bartolomeo Tornielli di guerra erano lontani, c’erano stati matrimoni con gli Avogadri che avevano
che appare in un testamento del 1283. stabilito rapporti di equilibrio tra le reciproche sfere di influenza. Il coinvolgi-
30
Grandi assenti furono la borghesia mento di Verrone non era più un’ipotesi, c’era in gioco quanto conquistato e
mercantile, cui la crociata sembrò un pes-
simo affare ed il conte Amedeo V di Savoia, mantenuto con capacità diplomatica di buon vicinato e gli Avogadri erano i
cui le convulsioni guelfo-ghibelline-eresiar- trionfatori di una crociata, anche se di provincia e militarmente modesta.
che locali sembravano paludose ed invi-
schianti. Genova concorse con 400 balestre
mercenarie pagate da un gruppo di vedove
emozionate dalle predicazioni domenicane L’INDIPENDENZA
e non dalla parsimoniosa Repubblica.
31
Figlio di Matteo Vialardi, Giacomo fu La nuova posizione politica dei Vialardi
alla testa delle scorrerie contro Caresana e, del castello di Verrone, che ebbe in Rolan-
come il padre, varie volte membro della
Credenza di Vercelli di cui fu rettore, pode- dino il fautore più acceso, non fu condivisa
stà e sindaco. Alla fine della sua vita poli- da tutti, nemmeno da un uomo di indubbio
tica si stabilì a Verrone, ma i contrasti con
Rolandino dovettero essere particolarmen- spessore politico come il padre Giacomo 31.
te aspri perché un documento del 1351 lo Soprattutto non fu condivisa da quelli che
indica residente con gli altri figli a Ol-
denico (AS Biella, ms. Bulgaro, rogiti Facio
non risiedevano nel castro, più cauti nel
Biandrate). Questo ramo si estinse nel rischio di rottura con la politica famigliare
1389. Cfr., ibidem, il testamento di Antonio maggiore. La morte improvvisa nel 1346 di
fu Giacomo [Vialardi] di Verrone abitante Pelagia si pente davanti a san Verono,
in Oldenico in cui lascia i suoi beni e quelli Francino Vialardi di Verrone del castello di
della moglie Giacobina alla figlia Beatri- pergamena miniata, particolare,
Mosso, fratello di Rolandino, accelerò le Francia, forse Parigi, dal , UCB,
sina. Nel testamento è nominata anche la
sorella Francesca e la nipote Catarina, figlia posizioni indipendentistiche. Francino la- HL HM , f.
del fu Bartolomeo suo fratello. sciò solo figli minori e femmine, tutore fu foto Robert Schlosser
50 TOMASO VIALARDI DI SANDIGLIANO
32
nominato Rolandino che, messe in convento le femmine eliminando rischi di Presenti il giuriesperto Giovanni con
il fratello minore Uberto, figli di Manfredo
dote e portati i minori nel castro Veroni, poté vendere il castello l’anno suc- Vialardi di Verrone, zio paterno di Rolan-
cessivo 32. dino, non abitanti a Verrone (L. BORELLO,
A. TALLONE, Le carte dell’Archivio Comu-
L’avvicendarsi in Piemonte di re in cerca di impero e di pretendenti ora nale di Biella fino al 1379, BSSS, CIV
fautori di una parte politica ora dell’altra, fu causa di sangue, morte e coin- (1928), vol. II, doc. CCLXXVIII, pp. 175-
177).
volgimenti ormai al di sopra delle parti locali. Nel 1321 le truppe di Marco 33
V. VAI, La dedizione dei Vialardi di
Visconti riportarono i Ghibellini in Vercelli dopo un assedio lungo e cruento. Verrone a Casa Savoia, in questo volume,
Molti Avogadri furono imprigionati a Milano, mentre il vescovo Uberto pp. 51 sgg.
Avogadro riuscì fortunosamente a rifugiarsi a Biella riacutizzando le lotte su 34
Cfr. nota 31.
tutto il territorio extra urbano. Nel 1335 la Credenza di Vercelli votò la dedi- 35
Il primogenito Carlo Giuseppe morì a
zione ad Azzone Visconti e la città passò sotto il dominio visconteo, rendendo Torino nel 1930. La sorella Camilla, sposa
di Aleramo Ceva di Noceto, morì nel 1922.
malsicura la posizione dei Vialardi del castro Veroni. La sorella Maria, sposa di Luigi Avogadro
Nel 1372, promossa da papa Gregorio XI e dall’imperatore Carlo IV si di Valdengo ed ultima erede dell’archivio
di famiglia, morì nel 1945.
schierò contro i Visconti una nuova coalizione capitanata da Amedeo VI di 36
AP Verrone, Libro dei Matrimoni.
Savoia, uno dei più duri attacchi che lo stato visconteo dovette affrontare. 37
Padre, nell’ordine, di Maria, Camilla,
Vercelli rimase travolta. A questo punto la scelta lungamente voluta da Carlo Giuseppe e Vittorio Amedeo.
Rolandino fu inevitabile. Il 19 febbraio dell’anno successivo suo figlio Simone,
per sé, per il padre, per i due figli sopravvissuti di Francino e per i due nipoti
di Manfredo, si diede ad Amedeo di Savoia 33. Non sottoscrissero la dedizione
i nipoti di Nicolino, discendenti da un fratello di Widalardo, i fratelli di
Rolandino abitanti a Oldenico 34 ed i discendenti di Riccardo fratello di
Martino, cioè oltre il 40% dei Vialardi di Verrone viventi.
Il ramo di Rolando, figlio di Martino e diretto discendente di Widalardo,
continuò fino al 1940 quando a Novara morì celibe l’ultimo conte di Verrone,
il generale di cavalleria Vittorio Amedeo 35. Il castro Veroni fu abitato ininter-
rottamente, dalla metà del ’500 da cadetti e da qualche naturale della famiglia,
fino al matrimonio di Carlotta Francesca con Carlo Vincenzo Fantone nel
1804 36. Venduto nel 1835 dai fratelli Amedeo e Augusto 37 Vialardi di Verrone
a [Antonio] Maurizio e Olimpia Zumaglini, dal suo primo documento erano
passati 553 anni.
51
I
AS Biella, RT, mazzo 31, pergamena 2, l 19 febbraio del 1373 Simone Vialardi di Verrone, a nome suo, del padre
copia coeva. Se ne riporta trascrizione inte-
grale in Appendice. Rolandino e di altri componenti della famiglia, sottoscrive solenne atto di
2
Principe d’Acaia nel 1301 per il matri- dedizione a Casa Savoia 1, dando il via all’espansione sabauda nel Biellese.
monio con Isabella de Villehardouin, prin- Già nel secolo precedente Filippo di Savoia, poi Savoia-Acaia 2, aveva iniziato
cipessa d’Acaia e Morea, figlia di Gugliel-
mo de Villehardouin e Anna Angela Kom- un forte allargamento territoriale di qua dalle Alpi. Partendo dalle valli di Susa
nena. La sua politica fu centrata sull’espan- e di Lanzo e allargatasi con le acquisizioni di Pinerolo e Torino 3, la loro espan-
sione dei suoi feudi piemontesi, continuata
dal figlio Giacomo, insidiando gli interessi
sione verso il Piemonte orientale 4 è inevitabilmente destinata a scontrarsi con
dei cugini d’Oltralpe. Filippo II, figlio pri- gli interessi dei signori di Milano, che da qualche tempo mostrano particolare
mogenito di Giacomo, ma diseredato, en- attenzione per i territori piemontesi 5. Amedeo VI di Savoia attua una duplice
trò in conflitto diretto con Amedeo VI.
Condannato a morte, fu affogato nel lago linea di comportamento, mostrandosi particolarmente condiscendente con i
di Avigliana con «un crimine consumato a centri ed i signori che spontaneamente decidono di fare atto di sottomissione
sangue freddo e senza necessità». In questo
modo Amedeo VI ebbe aperta la strada del ed intransigente con chi continua ad appoggiare la politica viscontea 6. L’atto
Piemonte (F. COGNASSO, I Savoia, Varese del 1373 si inserisce in questo contesto.
1971, p. 158, e T. VIALARDI DI SANDIGLIANO,
I conti Rebuffo e il Palazzo Rebuffo di San I Vialardi del castello di Verrone sono, al momento della dedizione, teori-
Michele a Villafranca Piemonte, in «Studi camente assoggettati alla dominazione dei signori di Milano. La decisione di
Piemontesi», 2003, vol. XXXII, fasc. 2, pp.
425 sgg., in particolare p. 426, note 9 e 10).
passare sotto il conte di Savoia viene motivata proprio con la volontà di sot-
Sulle vicende dei principi d’Acaia, cfr. P. trarsi alla tirannica servitù e all’iniquo dominio del duca Galeazzo, definito dai
DATTA, Storia dei principi di Savoja del ramo nobili di Verrone « iniquissimus tyrannus » e considerato « maxima repletus
d’Acaja signori del Piemonte dal 1294 al
1418, Torino 1832, e F. GABOTTO, Gli ulti- nequitia et diabolica superbia », dal quale essi sono quotidianamente vessati,
mi principi di Acaia e la politica subalpina sottoposti ad angherie tali «que non posset mens concipere nec lingua pro-
dal 1383 al 1407, Pinerolo 1897.
3
ferre» e considerati non «suditos et subiectos fore veros et fidelissimos
Sulle vicende del Piemonte sabaudo,
cfr. A. M. NADA PATRONE, Il Piemonte me- Christianos », ma trattati «tanquam pessimos Saracenos». Se l’elenco delle
dievale, in Storia d’Italia, Torino 1986, vol. oppressioni cui sono sottoposti i signori di Verrone, lungo e suggestivo, può
V, pp. 61-91.
4
far sorridere per l’irrealistica esagerazione, all’epoca in cui l’atto è stato scritto
La prima acquisizione in questa zona è
quella di Ivrea intorno al 1313. Cfr. A. M. rientra in una pratica diffusa in altri atti simili. Numerose, infatti, sono le dedi-
NADA PATRONE, Il Piemonte medievale, cit., zioni a Casa Savoia in cui abbondano le proteste contro la crudeltà e le iniquità
p. 89.
5
dei Visconti, come quelle di Buronzo, Monformoso, Greggio, Villarboit stilate
Azzone Visconti è signore di Vercelli
nel 1335. Sull’espansione viscontea, cfr. nel medesimo giorno7, dettate dalla volontà di guadagnarsi la benevolenza del
L’unificazione della Lombardia sotto Mila- nuovo signore8.
no, con la collaborazione di F. COGNASSO,
in Storia di Milano, vol. V, parte prima, Mi- Al di là di quelle che sono le ragioni dichiarate dai nobiles di Verrone, dal
lano 1955. documento si evince la loro preoccupazione più grande, quella di essere sot-
6
A. M. NADA PATRONE, Il Piemonte me- tratti al dominio di Vercelli. La prima clausola della sottomissione, infatti, sta-
dievale, cit., pp. 71-75.
7
bilisce che il conte di Savoia non ponga Verrone sotto nessuna altra domina-
Per Buronzo, AArc di Vercelli, Liti dei
signori di Buronzo, mazzo da ordinare; per zione e giurisdizione, in particolare quella di Vercelli. La preoccupazione di
Monformoso, Greggio e Villarboit, BC essere sottomessi all’autorità del vescovo vercellese ritorna ancora alla fine del
Vercelli, Archivio Storico, Fondo Arborio
Biamino, cartella XX A (copia cartacea
documento quando si richiede nuovamente che «nec ipse sanctissimus domi-
secolo XV). Si possono inoltre citare nume- nus noster papa et comes Sabaudie ipsos nobiles et eorum homines perpetuo
rosi altri atti redatti in epoca successiva: ponent sub episcopo Vercellensi». Questa inquietudine non deve stupire.
Magnano 19 marzo 1373, AS Torino, Sez.
Corte, Protocolli notai ducali e camerali, L’opposizione ai cives è uno dei motivi che si ripetono in continuazione nei
reg. 62, f. 128r; Borgo d’Ale 29 maggio capitoli delle sottomissioni. Nonostante ci si trovi in un periodo lontano dalla
1373, copia inserita in doc. 5 agosto 1593,
AS Torino, Sez. Riunite, Patenti Piemonte, crisi degli ordinamenti comunali, la tensione tra città e territorio circostante è
reg. 25, f. 50r; Candelo 19 luglio 1374, ancora forte e notevole la volontà di attaccare le posizioni di privilegio di cui
ACom Biella, Documenti Candelo; Castel-
lengo 17 settembre 1374, L. BORELLO, A. ancora i centri urbani e i loro abitanti possono godere9. L’autorità del vescovo
TALLONE, Le carte dell’Archivio Comunale di Vercelli deve essere stata piuttosto pesante, se in questi anni i comuni tra
di Biella fino al 1379, CIV (1928), vol. II,
pp. 406-415; Tronzano 22 maggio 1375,
Novarese, Vercellese e soprattutto Biellese fanno a gara per rassegnare dedi-
copia del XVIII secolo, ACom Santhià, vol. zione spontanea10.
52 VALERIA VAI
Ovviamente i Vialardi del castello di Verrone, come coloro che successiva- 227, Liti Santhià-Tronzano; S. Germano
Vercellese 31 maggio 1377, ACom San
mente faranno la stessa scelta, negoziano una contropartita. La decisione di Germano Vercellese, cassetta 181b; Carisio,
passare sotto l’egemonia di un nuovo signore è dettata dalla consapevolezza Balocco 3 marzo 1379 e Rovasenda 5 marzo
1379, AS Torino, Sez. Corte, Protocolli
che la presenza di una nuova autorità politica forte, una potenza regionale notai ducali e camerali, reg. 59, ff. 13-16.
alternativa, apra spazi di contrattazione ai signori locali, che possono contrat- Cfr. inoltre A. M. NADA PATRONE, Il Pie-
tare i termini della propria sottomissione al nuovo dominus, mirando ad un’au- monte medievale, cit., pp. 72-73. Sulle
angherie dei Visconti, F. COGNASSO, Note e
tonomia giuridica maggiore con un rapporto più diretto con il potere sovrano, documenti sulla formazione dello stato
senza intermediazioni limitanti. Dal canto loro i Savoia hanno la necessità del- visconteo, in «Bollettino della Società Pa-
vese di Storia Patria», XXIII (1923), pp.
l’appoggio locale per poter attuare l’espansione e di una nuova fonte di red- 23-169.
dito per mantenere le milizie necessarie11, che sarà una delle ansie maggiori 8
Descritto come amante della libertà
durante tutto il loro regno. L’atto di dedizione dei Vialardi del castello di sopra ogni altra cosa: «considerans et
advertens quod in hoc mundo nihil est gra-
Verrone è esemplare di questo duplice interesse. tius libertate quia non bene pro toto liber-
Già ad un primo esame l’atto appare particolarmente vantaggioso per i tas venditur auro, et hoc celeste bonum
Vialardi, che si vedono confermare un’ampia indipendenza, ovviamente in preterit orbis opes, et per consequens nihil
est deterius servitute quoniam morti servi-
cambio di denaro. Questa è la condizione che apre il patteggiamento tra i due tus comparatur».
contraenti, mentre la seconda clausola prevede un’altra rilevante concessione: 9
Per questa situazione, cfr. G. CHITTO-
il conte Amedeo concede ai nobiles di Verrone il «merum et mistum imperium LINI, I Capitoli di dedizione delle comunità
lombarde a Francesco Sforza: motivi di con-
et omnimodam iuriditionem»12. Si tratta di un presupposto di fondamentale trasto tra città e contado, in Felix olim
importanza, perché la sua concessione significa una completa autonomia13, Lombardia: studi di storia padana dedicati
dagli allievi a Giuseppe Martelli, Milano-
instaurando un rapporto diretto con il dominus che riduce al minimo il rischio Alessandria 1978, pp. 663-693.
di intromissioni di elementi terzi, sia di Corte che del territorio. Unica limita- 10
Gli Avogadri del consortile di Quare-
zione è che il «merum et mistum imperium» deve rimanere indiviso, cedibile gna nel proprio atto di dedizione del 7 ago-
solo ai membri della famiglia, escluse le femmine, alle quali non può pervenire sto 1404 tengono a precisare che anche nel
caso in cui la città di Vercelli dovesse per-
nemmeno per testamento diretto. venire nelle mani del conte di Savoia, essi
Le clausole che seguono sanciscono ancora una serie di prerogative a tutto non siano sottoposti alla egemonia della
città (AS Torino, Sez. Corte, Protocolli no-
vantaggio dei Vialardi. Si stabilisce infatti che essi possano portare aiuto mili- tai ducali e camerali, reg. 68). Sui vari atti
tare in caso di guerra ai loro amici, salvo nel caso in cui la guerra sia contro il di dedizione in opposizione al vescovo di
Vercelli, cfr. A. M. NADA PATRONE, Il Pie-
conte di Savoia; che il conte abbia l’obbligo di difendere i diritti e gli onori dei monte medievale, cit., p. 72, e R. ORDANO,
Vialardi «in quibus presentialiter existunt»14, di proteggere la loro incolumità Storia di Vercelli, Vercelli 1982, pp. 207-
e di soccorrerli in caso di guerra. Inoltre, nel caso in cui siano estromessi dal 208.
11
loro castello, il conte si impegna a dare loro «de suis officiis super suo territo- Sulla necessità di trovare sempre nuovi
introiti per finanziare le continue attività
rio unde possint vivere et eorum honorem conservare decenter»15. Ancora, i militari, cfr. A. M. NADA PATRONE, Il Pie-
Vialardi possono agire contro coloro che arrestano, trattengono o si appro- monte medievale, cit., pp. 77-80.
priano di persone o cose loro appartenenti e per questo possono fare ricorso 12
«mero e misto imperio e giurisdizione
di ogni genere».
al conte, ai suoi ufficiali o al capitaneo citramontano e non possono essere 13
G. CHITTOLINI, I Capitoli di dedizione
citati in nessun caso in causa se non davanti ad un rappresentante del conte. delle comunità lombarde a Francesco Sforza,
Le clausole più interessanti sono quelle che riguardano i funzionari ed i cit., p. 683.
proventi spettanti al conte e che danno ancora una volta la conferma della par- 14
«che possiedono al presente».
ticolare autonomia di cui vengono investiti i nobiles di Verrone. Si stabilisce 15
« degli incarichi sul suo territorio, af-
finché possano continuare a vivere e con-
infatti che il conte non possa porre nessun castellano di sua scelta nel castello servare il proprio onore in modo conve-
e che debba al contrario fare assegnamento solo sui signori di detto luogo. È niente».
una condizione piuttosto interessante, perché è nel diritto del conte la scelta 16
A titolo di esempio si può citare il caso
tra i candidati proposti dal signore o dalla Comunità16. Nel caso dei Vialardi, di Biella che stabilisce nel suo atto di dedi-
zione del 27 ottobre 1379 che il podestà
invece, è pattuito che la scelta sia solo loro e qualunque essa sia, deve essere venga scelto dal conte tra quattro candidati
accettata dal conte. Ancora, il conte non può porre alcun dazio, pedaggio, proposti dal Comune (L. BORELLO, A. TAL-
LONE, Le carte dell’Archivio Comunale di
fodro, taglia, gabella né altra esazione di qualunque genere. Biella fino al 1379, cit., pp. 112-118, in
Tanto la rinuncia alla nomina di un castellano quanto quella di imporre particolare p. 115). Cfr. inoltre A. M. NADA
PATRONE, Il Piemonte medievale, cit., p. 74.
dazi, sono provvedimenti di notevole importanza, che dimostrano come la Sulle strutture amministrative dello stato
gestione amministrativa, giudiziaria e fiscale, di fatto, rimanga nelle mani dei sabaudo in Piemonte e sugli ufficiali locali,
Vialardi, limitando notevolmente l’autorità di controllo del conte, il quale si cfr. A. BARBERO, Il ducato di Savoia: ammi-
nistrazione e corte di uno stato franco-ita-
riserva però di stabilire l’entità del censo annuo che i signori di Verrone sono liano, 1416-1536, Roma-Bari 2002, pp. 21-
tenuti a versargli, che viene quantificato in un fiorino per fuoco in tempo di 32; G. CASTELNUOVO, Ufficiali e gentiluo-
mini: la società politica sabauda nel tardo
pace. Medioevo, Milano 1994, pp. 122-127.
La conclusione dell’atto è curiosa. Nella realtà neppure il conte di Savoia
sa a chi feudalmente appartenga Verrone, ma si impegna a far sì che in qua-
lunque caso i patti sottoscritti siano rispettati. Tutto l’atto è una pattuizione
LA DEDIZIONE DEI VIALARDI DI VERRONE A CASA SAVOIA 53
Dedizione dei Vialardi di Verrone a tra due contraenti privati e solo alla fine
Casa Savoia, , AS Biella, RT, emerge la duplice figura giuridica del conte
mazzo , pergamena , di Savoia. Se il castello è di spettanza del-
riproduzione fotografica ,
AVdSF, Fototeca l’imperatore17 o sua, in qualità di vicario
imperiale può impegnarsi ad osservare quan-
to stipulato, ma poiché Amedeo è anche vicario
generale del papa, nel caso in cui il castello sia di
spettanza feudale vescovile, può impegnarsi a far sì che i patti vengano
17
Il documento riporta «ad serenissi- comunque osservati. Questa clausola conclusiva si inserisce nel contesto di
mum principem dominum nostrum Karo-
lum Romanorum imperatorem et semper confusione dei poteri creato da un continuo rimescolamento delle alleanze e
augustum». Si tratta dell’imperatore Carlo dall’inserimento su scala regionale di forze nuove. Per proteggere una posi-
IV (1355-1378). Cfr. A. CAPPELLI, Crono-
logia, cronografia e calendario perpetuo, Mi- zione territoriale non ancora consolidata e solo ai suoi albori, il conte Amedeo
lano 1983, p. 477. mantiene aperti i due tavoli, quello imperiale e quello papale, ponendo i
54 VALERIA VAI
26
B1: «dominio». Originale AS Biella, RT, mazzo 31, pergamena 2 [A], mm 410x400.
27
B1: «Galeam», qui e in seguito. Originale disperso [A1].
28
B1: «Mediolanensis». Copia in documento originale 13 dicembre 1460, AS Torino, Sez. Corte,
29
A e B1: segue spazio vuoto nella per- Provincia di Biella, mazzo 7, Verrone, fasc. 1 [B1].
gamena.
Si riportano in nota le variazioni sostanziali esistenti tra A e B1, omettendo
le differenze di grafia. Là dove manca il testo in A lo si integra con B1 tra
parentesi quadre.
| nobilibus dare de suis officiis super suo territorio unde possint vivere et 32
B1: segue «qua».
33
eorum honorem conservare decenter. Item quod si aliqua questio hodiosa eis B1: «predictus».
34
vel eorum heredibus et eorum hominibus | [moveretur per aliquam personam, B1: «vel».
35
comune collegium] vel universitatem [quod eos] deffendere teneatur in B1: «seu».
36
eo[rum iu]re possessione vel quasi in 32 vel quibus presentialiter existunt. Item B1: «prefato».
37
quod aliqua persona commune collegium | [vel universitas cuiuscumque gene- B1: «heredibus».
È
T. VIALARDI DI SANDIGLIANO, I Vialardi solo dal 1953 che il Comune di Verrone fa uso di uno stemma giuridi-
di Verrone, in questo volume, pp. 45 sgg.
2
camente riconosciuto e tutelato, a conclusione di una pratica avviata in
A. SAVORELLI, Brisure nell’araldica civi-
ca, in «Archives héraldiques suisses - Ar- periodo prebellico presso la Consulta Araldica del Regno. Le figure e i
chivio araldico svizzero», CX (1996/2), pp. colori dello scudo, opportunamente modificati per non vanificare la funzione
159-170, in specie p. 164, e CXI (1997/1),
pp. 39-54. Cfr. inoltre, per un panorama di identificazione univoca del segno araldico, fanno riferimento alle insegne dei
generale dell’araldica civica italiana, L. Vialardi, documentati quali signori del luogo dalla seconda metà del XIII
BORGIA, Introduzione allo studio dell’aral-
dica civica italiana con particolare riferi- secolo1. Già prima del XVI secolo numerosi centri minori costruivano in modo
mento alla Toscana, in G. P. PAGNINI (a cura analogo il proprio stemma 2, per indicare la soggezione a una famiglia signorile
di), Gli stemmi dei comuni toscani al 1860,
Firenze 1991, pp. 81-117, in particolare p.
o ad altra autorità; in età moderna lo stesso meccanismo si ripete per evocare
87; G. C. BASCAPÉ, M. DEL POZZO, Insegne nello scudo comunale, in un’ottica storicistica, quelle famiglie che attraverso la
e simboli. Araldica pubblica e privata, me- detenzione di diritti signorili avrebbero maggiormente condizionato le vicende
dievale e moderna, Roma 1999, pp. 239
sgg.; E. DUPRÉ THESEIDER, Sugli stemmi locali. L’assenza di uno stemma di Verrone anteriore all’età contemporanea
delle città comunali italiane, in La storia del indica una scarsa capacità di autorappresentazione della comunità, quanto
diritto nel quadro delle scienze storiche, Fi-
renze 1966, pp. 311-348. meno sotto un profilo visivo, da porre in relazione con la ridotta autonomia di
3
G. GENTILE, Attraverso i catasti antichi cui la comunità stessa godeva (nel corso del Seicento essa era stata addirittura
del Comune, in questo volume, pp. 129 sgg. annullata dagli eventi, per essere restaurata nel 1668) 3. Questo sentire si
4
Ibidem.
5
rifletté sulla scelta dell’amministrazione civica novecentesca, che volle adottare
In linguaggio corrente, la prima descri-
zione indica uno scudo diviso in quattro un’insegna che significava l’identificazione della storia di Verrone con quella
strisce diagonali che iniziano presso l’an- dei suoi signori, nel bene come nel male. Un’operazione che può apparire in
golo superiore destro dello scudo e termi-
nano presso l’inferiore sinistro, alternate
parte paradossale, quando si pensi che i rapporti coi Vialardi avevano cono-
nei colori oro (giallo) e rosso a partire dalla sciuto momenti di forte conflittualità, come al tempo della controversia che
prima in alto; con la parte superiore dello oppose a lungo, tra Sei e Settecento, il fisco sabaudo e Verrone da un lato e i
scudo (capo) d’oro, all’aquila di nero. Nel
secondo caso, si hanno due analoghe stri- suoi signori dall’altro 4.
sce diagonali rosse in campo d’oro. Si
ricorda che la destra e la sinistra araldiche
corrispondono rispettivamente alla sinistra
e alla destra dello scudo, in quanto consi- LE INSEGNE DEI VIALARDI: FONTI DOCUMENTARIE E QUESTIONI IRRISOLTE
derate dal punto di vista di chi imbraccia lo
scudo stesso. Bandato d’oro e di rosso di quattro pezzi, col capo dell’Impero (d’oro, all’a-
6
Sulle ipotesi cronologiche relative alla quila di nero); oppure d’oro, a due bande di rosso, col capo dell’Impero 5: que-
diffusione degli usi araldici nell’aristocrazia
signorile nell’area dell’attuale Piemonte, sto, in termini tecnici, lo scudo dei Vialardi nelle sue due varianti più frequenti,
cfr. L. C. GENTILE, Araldica saluzzese. Il la cui semplicità geometrica e cromatica è di per sé una patente di antichità.
Medioevo, Cuneo 2004, pp. 17-38, in par-
ticolare p. 34.
La famiglia deteneva diritti signorili già nel XII secolo: ha quindi i requisiti per
7
M. PASTOUREAU, Traité d’héraldique, Pa- rientrare nel novero di quei gruppi familiari dell’aristocrazia locale, che in area
ris 1979, pp. 37-39; H. ZUG-TUCCI, Un lin- subalpina assumono uno scudo araldico verosimilmente entro la seconda metà
guaggio feudale: l’araldica, in Storia d’Italia
Einaudi, Annali, I, Torino 1978, pp. 809- del Duecento 6 – tralascio qui ogni ipotesi su possibili insegne prearaldiche –
873, in particolare p. 831; per i rapporti coi per imitazione delle grandi dinastie comitali e marchionali, non meno che per
sistemi emblematici prearaldici, D. L. GAL-
BREATH, L. JÉQUIER, Manuel du blason, Lau-
ragioni militari. Gli scudi araldici nascono infatti in battaglia e nei tornei per
sanne 1977, p. 28. rispondere a una necessità di maggiore riconoscibilità dei combattenti e i
8
Su ciascuno dei pali (strisce verticali) canoni araldici di accostamento dei colori e di linearità delle figure rispondono
rossi dello scudo dei de Albano sono raffi-
gurati tre leoncini entro cornici ovali d’oro,
proprio a questa funzione 7.
che sono la variante di un motivo – detto in Complesso, se non rischioso, avanzare delle ipotesi sui motivi che deter-
francese paillé – che richiama una ricca minarono la scelta dei colori dello scudo. Altre antiche e importanti famiglie
stoffa ricamata d’oro, di origine orientale
(D. L. GALBREATH, L. JÉQUIER, Manuel du del vercellese scelsero la stessa combinazione cromatica: gli Avogadri col loro
blason, cit., p. 95). I Rovasenda aggiunsero fasciato d’oro e di rosso di dieci pezzi, o i signori di Albano il cui scudo è una
allo scudo col leone il capo dell’Impero.
variazione sul tema del palato d’oro e di rosso, con una reminiscenza decora-
tiva di tessuti d’apparato; o ancora i signori di Rovasenda col loro leone d’oro
in campo rosso 8. Altre importanti famiglie signorili della zona innalzavano
62 LUISA CLOTILDE GENTILE
però sul loro scudo colori differenti, come ad esempio i Tizzoni col loro palato 9
F. GUASCO DI BISIO, Dizionario feudale
degli antichi Stati sardi, vol. I, Pinerolo
di rosso e d’argento. 1911, p. 421. La stessa ipotesi è recepita da
Non si può pensare che il giallo e il rosso dei Vialardi rinviino a una scelta L. BORELLO, M. ZUCCHI, Blasonario biellese,
Torino 1929, pp. 5 (Avogadro) e 121 (Via-
“di fazione”, quando si guardi alla politica ghibellina da loro perseguita in lardi). La scuola sviluppatasi sulle orme di
Vercelli, a fianco dei Tizzoni contro i guelfi Avogadri che portavano i loro stessi Benedetto di Vesme riconduceva con note-
voli forzature le antiche famiglie signorili
colori. Né credo sia prudente vedere nella somiglianza delle insegne l’indizio subalpine a pochi progenitori comuni; cfr.
di una comune ascendenza tra Vialardi e Avogadri, che i genealogisti epigoni R. BORDONE, Storiografia, genealogia e aral-
di Benedetto Baudi di Vesme – tra cui Francesco Guasco di Bisio 9 – identifi- dica. Usi e abusi, in L’identità genealogica e
araldica, Atti del XXIII congresso interna-
cavano nei signori di Casalvolone di ceppo manfredingo, vissuti comunque in zionale di scienze genealogica e araldica,
epoca prearaldica. Torino 21-26 settembre 1998, Roma 2000,
vol. I, pp. 505-514, in particolare pp. 512
L’unico elemento di chiaro significato politico nell’arma dei Vialardi è il sgg.
capo dell’Impero, una figura aggiunta al motivo di base dello scudo – le due 10
L. C. GENTILE, Araldica e storia, in R.
bande – a dichiarare un collegamento con l’autorità imperiale. Un collega- BORDONE (a cura di), Araldica astigiana,
Asti 2001, pp. 23-32, in particolare p. 30.
mento, in realtà, da intendersi anche in senso lato 10: la diffusione di questo 11
C. MASPOLI (a cura di), Stemmario
segno conobbe un notevole incremento in Piemonte e Lombardia dal XV Trivulziano, Milano 2000, p. 166. Il codice
secolo, poiché sia i duchi di Savoia sia quelli di Milano erano vicari imperiali. 1390 della Biblioteca Trivulziana di Milano
è di certo anteriore al 1477, e Carlo Ma-
E poiché non abbiamo testimonianze iconografiche dello scudo dei Vialardi spoli suggerisce una datazione intorno al
anteriori alla fine del Medioevo, non si può nemmeno essere certi sulla data- 1450-1464 almeno per la parte più antica
(pp. 49-50); sposterei di qualche anno la
zione del capo dell’Impero e del suo significato immediato; se sia cioè da rife- cronologia, tenendo presente che lo scudo
rirsi a un quadro politico non ancora sabaudo e comunale – come mi pare più dei Monferrato (p. 197) compare nell’am-
pliazione operata da Guglielmo VIII Paleo-
probabile – o piuttosto non sia un segno di soggezione politica ai duchi di logo, marchese dal 1464.
Savoia introdotto più tardi, dopo i patti deditizi del 1426 (ramo di Sandi- 12
V. NATALE, La vetrata della Adorazione
gliano) più che del 1373 (ramo di Verrone). dei Magi e le decorazioni, in questo volume,
pp. 111 sgg.
Detto ciò, la storia araldica dei Vialardi conosce un paradosso comune ad
altre antiche famiglie piemontesi e, più in generale, italiane: la lacunosità delle
fonti documentarie e iconografiche è tale che la prima attestazione dello scudo
sinora nota risale alla fine del Medioevo. Nel caso specifico dei Vialardi non vi
sono né documenti, né sigilli, né affreschi, sculture o dipinti che tramandino
l’aspetto dello stemma famigliare prima del XVI secolo: l’unica eccezione è
costituita da un importante codice di area lombarda del terzo quarto del
Quattrocento, noto come Stemmario Trivulziano, che riporta in prevalenza le
insegne di famiglie e comunità dello Stato di Milano e delle aree confinanti,
odierno Piemonte incluso 11. Nel Trivulziano i Guidalardi esibiscono il loro
scudo bandato di quattro pezzi d’oro e di rosso, col capo dell’Impero.
La seconda attestazione in ordine di tempo mostra l’altra variante dello
scudo, d’oro, a due bande di rosso, col capo dell’Impero (secondo un’oscillazione
frequente in araldica, tra campi suddivisi in numeri pari e dispari di figure geo-
metriche contigue). La si può notare entro una cartella manierista ai piedi della
vetrata con l’Adorazione dei Magi della Parrocchiale di Verrone 12, ove fu inse-
rita nella seconda metà del Cinquecento. Coevo, o di poco posteriore, è un
I VIALARDI E VERRONE: UN PERCORSO ARALDICO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ CONTEMPORANEA 63
13
AS Torino, Sez. Corte, Materie politi- grazioso sigillo chiudilettera apposto da Agostino Vialardi di Sandigliano, vica-
che per rapporto all’interno, Lettere di parti-
colari, lettera V, mazzo 19, Lettera di Ago- rio del Valpergato, a una missiva inviata al duca di Savoia nel 157113, che dà
stino Vialardi al duca di Savoia (Cuorgné, invece la versione col bandato. Più tardi s’incontrerà ancora una terza variante
14 giugno 1571). Il sigillo, in cera sotto
carta, è rotondo (Ø 20 mm); in uno scudo rimasta senza seguito, sul sigillo del conte Romualdo Vialardi 14, del ramo casa-
manieristico è l’arma bandata dei Vialardi lese e mantovano (conti di Villanova): le bande sono tre, sotto il solito capo
(con la particolarità che l’aquila ha la testa
rivoltata, guardante verso la sinistra aral-
dell’Impero, entro uno scudo dalle forme barocche sormontato da una corona
dica) accostata dalle lettere A e V. Agostino a fioroni e palle che vuole essere comitale 15.
è nome ricorrente nel ramo di Sandigliano
(cfr. infra, nota 16).
Quando nel 1614 e nel 1687 i Vialardi si presentarono a Biella a registrare
14
Segretario di Stato e Ministro di Man- l’arma, in occasione del consegnamento generale degli stemmi di famiglie e
tova, zio di don Ercole Gonzaga (AER comunità indetto in via straordinaria dal duca di Savoia, venne giuridicamente
AGS, 1676, Estado Milan y Saboya, Conve-
niencia de ganar para la causa de Espana al riconosciuta la versione con le due bande. In entrambi i casi si registrava anche
Ministro de Mantua Conde Vialardi, mazzo il cimiero (la figura che sormonta l’elmo), un’aquila nascente di nero, che
3388, doc. 27; ibidem, 1681, Pretencion del
Conde Romualdo Vialardi con relation a su richiamava evidentemente quella imperiale del capo. E se nel primo consegna-
sobrino D. Hercules Gonzaga, mazzo 1282, mento si erano presentati solo gli esponenti del ramo di Verrone, nel 1687 il
doc. 26). Il titolo comitale era stato con-
cesso nel 1656 dal duca di Mantova al padre gruppo famigliare era solidale e compatto nei suoi due principali rami biellesi.
di Romualdo Vialardi, Marco Antonio. Carlo Francesco di Sandigliano si presentò a nome proprio e di un nugolo di
15
AS Torino, Sez. Corte, Materie politi- parenti, tra cui Tomaso Vialardi di Sandigliano, commendatore mauriziano e
che per rapporto all’interno, Lettere di parti-
colari, lettera V, mazzo 19, Lettere del scudiere della duchessa di Savoia, con il fratello Agostino e vari Vialardi di
conte Romualdo Vialardi [di Villanova] a Verrone 16.
Giacinto Saletta, segretario del duca di
Mantova a Casale, del 1686 e 1687. Il si- Per l’occasione, la famiglia faceva mostra di una solida coscienza di
gillo è di cera sotto carta, ovale, di 11x15 schiatta, simboleggiata dall’unico stemma presentato senza brisure (varianti
mm. La variante con le tre bande non ebbe
seguito, come sta a dimostrare l’arma dei grafiche volte a distinguere i vari rami); il che non annullò la variabilità nelle
Vialardi di Villanova nel settecentesco Bla- raffigurazioni successive 17. Tra gli elementi che paiono più mutevoli – in
xonarium Casalense (BC Casale, ms. 091-
115, c. 29), col solito bandato di quattro quanto ornamenti esterni, non essenziali dello scudo – sono il motto, Spero
pezzi, seppure coi colori invertiti. Per i egredi tota riferito all’aquila nascente del cimiero e attestato solo dal Settecento
Vialardi di Villanova, cfr. M. ZUCCHI, Fami-
glie nobili e notabili del Piemonte, Torino in poi18 e un grido Noli me tangere episodicamente registrato in rifacimenti
1955, vol. II, pp. 198 sgg. contemporanei di decorazioni preesistenti del Torrione di Sandigliano.
16
Per i nomi degli altri cugini Vialardi di
Sandigliano e Vialardi di Verrone rappre-
sentati dal consegnante, cfr. con cautela L.
BORELLO, M. ZUCCHI, Blasonario biellese, DALLO SCUDO DEI SIGNORI A QUELLO COMUNALE
cit., pp. 122-123. Cfr. inoltre V. SPRETI,
Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Mila- Il 12 dicembre 1930 il podestà di Verrone Carlo Palco deliberava tout court
no 1928-1936, vol. VI, p. 889. Per il conse-
gnamento del 1613, cfr. AS Torino, Sez. «che lo stemma di questo Comune è lo stemma della nobile casa dei conti
Riunite, Camerale Piemonte, Art. 1082 § 1, Vialardi di Verrone» 19, facendo istanza per la concessione del medesimo presso
Registro delle insegne ed arme gentilizie pre-
sentate da’ particolari di questa città […] in la Consulta Araldica del Regno (l’organo della Presidenza del Consiglio dei
virtù dell’ordine pubblicato da S. A. S. il 4 Ministri preposto ai provvedimenti araldici e nobiliari). Si è già detto delle
dicembre 1613, in appendice a F. A. DELLA
CHIESA, Discorsi sopra le famiglie nobili del implicazioni ideali di quest’operazione, dietro alla quale, a onor del vero, stava
Piemonte, p. 509. sin dal 1920 l’interessamento del parroco don Achille Borello 20. La scelta del
17
Un esempio tra gli ultimi in ordine di
tempo, uno scudo dal disegno ottocentesco podestà era stata peraltro determinata dalla circolare della Presidenza del
in AVdSF attribuibile sia ai Vialardi di Consiglio-Consulta Araldica n. 8600/6 del 4 novembre 1929, che prescriveva
Verrone e Mongrando che ai Vialardi di
Villanova in quanto sormontato da corona la pratica per il riconoscimento ministeriale dello stemma e gonfalone comu-
comitale: inquartato, al 1° e al 4° dell’Im- nale. Il podestà si era premurato di ottenere l’assenso dei Vialardi di Verrone,
pero, al 2° e al 3° d’oro a due bande di rosso,
il 2° rivoltato per simmetria. nella persona del generale Vittorio Amedeo e del fratello Carlo Giuseppe, che
18
Il motto compare in P. A. LANINO, Re- di buon grado acconsentivano alla riproduzione delle loro insegne.
gistro delle gentilizie insegne o arme de’ Il progetto andava però a cozzare contro una massima costante della
nobili casati, 1719, ms. St. p. 605, c. 48v,
presso BR Torino. Consulta Araldica, che esplicitamente invitava i comuni a limitare la pedisse-
19
ACom Verrone, cat. I, cl. IV, Stemma qua assunzione dello stesso scudo dei signori locali 21. La Commissione araldica
comunale, Pratica per la concessione, 1930.
20
piemontese, organo locale della Consulta, espresse un parere favorevole pur-
Don Borello fin dal 1920 si era rivolto
al generale Tomaso Vialardi di Sandigliano ché si operassero le opportune differenziazioni: si richiedeva che lo stemma
e, alla sua morte, al figlio Carlo per otte- fosse partito (diviso verticalmente a metà), nel 1° d’oro, all’aquila di nero, col
nere l’appoggio della Consulta e poi quello
dell’Ufficio Araldico della Presidenza del volo spiegato, coronata dello stesso; nel 2° d’argento a due bande di rosso 22.
Consiglio (AVdSF, Famiglia Vialardi di Ver- L’alterazione della disposizione delle figure e dei colori avrebbe impedito ogni
rone, corrispondenza A. Borello).
confusione tra l’arma comunale e quella dei Vialardi, senza cancellare il riferi-
mento agli antichi signori.
64 LUISA CLOTILDE GENTILE
L
AS Torino, Sez. Riunite, Catasto fran- ’architettura dei castelli è una fonte decisiva per lo studio del rapporto
cese, Mappe, All. A, n. 20, 1807, Section C
(AS Torino, Sez. Corte, Carte topografiche tra il territorio e le istituzioni che lo governano: gli edifici del castrum
per A e B, Verrone). rappresentano infatti la materializzazione delle prerogative giuridiche e
2
Da ultimo: P. CANCIAN, Castello di Ver- istituzionali delle strutture politiche, disegnando a scala ampia un vero e pro-
rone, in L. SPINA (a cura di), I castelli biel-
lesi, Milano 2001, pp. 131-132; G. PANTÒ, prio paesaggio del potere. Da questo punto di vista, lo studio dell’architettura
Vita castellana e strutture difensive del Biel- castellana non può fare riferimento unicamente ad esigenze fortificatorie o
lese dalle fonti archeologiche, in L. SPINA (a
cura di), I castelli biellesi, cit., p. 21. difensive, ma deve cogliere le scelte formali, tecniche e simboliche adottate dai
committenti per rapportarsi con il proprio contesto sociale e territoriale.
Trattandosi poi di architetture soggette a continue trasformazioni (per l’ag-
giornamento delle tecniche fortificatorie, ma anche e soprattutto per l’adegua-
mento del comfort residenziale e per l’aggiornamento figurativo), il tema della
stratificazione riveste un ruolo decisivo: la lunga durata su cui si misurano i
castelli comporta la necessità di individuare e adottare chiavi storiografiche
Mappa catastale del Comune di
Verrone con il nucleo del castello, diversificate, che rendano conto dell’intero sviluppo diacronico dell’edificio,
, AS Torino, Sez. Riunite, evitando di privilegiare le supposte fasi originarie o il volto medievale, auten-
Catasto francese, Mappe, All. A, tico o reinventato che sia.
n. , Section C Il castello di Verrone rappresenta un caso emblematico di rapporto com-
plesso tra castello e insediamento. Ancora ai primi dell’Ottocento, quando i
misuratori napoleonici provvedono alla catastazione di Verrone 1, il nucleo
denominato Le château rappresenta l’unico luogo figurativamente significante
e riconoscibile del nucleo rurale di Verrone, pur avendo perso ogni caratteriz-
zazione di compiutezza fortificata. Emerge da questa raffigurazione schematica
che l’ampia area quadrata del castello (lato di circa 80 metri) è l’unico ele-
mento a scala urbana nato con un tracciato e un’idea progettuale forti, riferiti
probabilmente ad un modello fortemente geometrizzato. Al contrario, osser-
vando ora l’evidenza materiale degli edifici conservati è possibile riconoscere
una pluralità di fasi costruttive stratificate e giustapposte, che parrebbero
rimandare a una concezione tutt’altro che unitaria. Volendo pertanto scegliere
un tema guida per la narrazione storica, possiamo sostenere che la lettura del
castello di Verrone si gioca proprio sul binomio modello/stratificazione. Questo
binomio assume significati diversi nei diversi periodi di vita del castello e del-
l’insediamento.
In prima ipotesi, in attesa che fonti e interpretazioni inedite possano inne-
scare nuovi progetti di conoscenza dell’edificio, può essere individuata una
prima periodizzazione storico-architettonica articolata su tre fasi principali:
l’insediamento fortificato di iniziativa signorile locale (secoli XII-XIII), la ride-
finizione formale e istituzionale del complesso nel quadro del coordinamento
degli stati territoriali (secoli XIV-XVI) che, non giungendo ad un epilogo com-
piuto, porta – terza fase – alla parcellizzazione e alla ‘privatizzazione’ (ossia alla
negazione delle prerogative istituzionali) degli edifici già del castello, fino
all’innesco dei processi di degrado che tuttora permangono, nonostante l’in-
versione di tendenza culturale dovuta ad un’encomiabile iniziativa privata
prima, pubblica poi.
Partiamo dalla fase centrale: in tutta la storiografia di Verrone l’atto di
dedizione dei Vialardi al conte Amedeo VI di Savoia (1373) rappresenta una
tappa periodizzante 2. Le politiche orientali di Amedeo VI paiono volte non
70 ANDREA LONGHI
a sinistra:
Atlas parcellaire del catasto del
Comune di Verrone, particolare
del centro abitato e del castello,
particelle -, , AS Torino,
Sez. Riunite Catasto francese, Mappe,
All. B, n. , Section C
a destra:
Castello Vialardi di Verrone, il
fronte est nel , ancora
coerente con i caratteri
architettonici dell’immagine
secentesca
foto Vittorio Sella
8
A. M. ROMANINI, L’architettura gotica in dalla realizzazione in muratura degli apparati a sporgere, con beccatelli e cadi-
Lombardia, Milano 1964; A. VINCENTI, Ca-
stelli viscontei e sforzeschi, Milano 1981, toie per la difesa piombante, mentre si cominciano a sperimentare soluzioni
pp. 27 sgg.; F. CAVALIERI, Il castello di Pan- adeguate per le prime armi da fuoco 8.
dino, in G. ALBINI, F. CAVALIERI, Il castello
di Pandino. Una residenza signorile nella Nel caso di Verrone, pur prescindendo da attribuzionismi cronologici
campagna lombarda, Cremona 1986, pp. 63 azzardati, si possono riscontrare entrambi i processi. Riferibili a questa fase –
sgg.; C. TOSCO, Il recinto fortificato e la
torre: sviluppi di un sistema difensivo nel che possiamo situare per caratteri formali tra gli anni Sessanta del Trecento e
tardo Medioevo, in R. BORDONE, M. VIGLI- il pieno XV secolo, con numerose articolazioni interne – sono infatti sia il ten-
NO DAVICO (a cura di), Ricetti e recinti for-
tificati nel basso Medioevo, Torino 2001, tativo di arrivare ad un tracciato quadrato regolare, con sistema a torri ango-
pp. 78-82; A. LONGHI, Architettura e politi- lari cilindriche e cortine rette, sia l’applicazione diffusa della tecnica dei bec-
che territoriali nel Trecento, cit., con biblio-
grafia ivi citata.
catelli a mensole lapidee, che ritroviamo su diversi fronti del castello. Si
9
G. C. SCIOLLA, Il Biellese dal medioevo potrebbero cercare i riferimenti, quasi le citazioni dirette, dei modelli sabaudi
all’Ottocento. Artisti - committenti - can- (castello di Ivrea), o le applicazioni ricorrenti in altri siti del Biellese (torre
tieri, Torino 1980, pp. 81-82.
10
porta di Ponderano 9), ma ciò che qui interessa è riscontrare a scala locale pro-
C. TOSCO, Il recinto fortificato e la
torre, cit., pp. 83 sgg. cessi e fenomeni culturali a scala europea.
11
A. LONGHI, Architettura e politiche ter- Quali sono gli esiti? Il disegno geometrico di ricomposizione delle preesi-
ritoriali nel Trecento, cit., p. 45. stenze è tuttora in parte leggibile: l’intero settore che va dall’area nord-occi-
dentale al vertice sud-orientale è improntato a questa logica. Considerando la
torre sud-ovest e la base della torre sud-est, troviamo il tema dello snodo cor-
tina-torre cilindrica angolare, che in Piemonte assume la più diffusa applica-
zione tra la fine del Trecento e il primo Quattrocento, sulla base delle speri-
mentazioni francesi e inglesi del Duecento 10.
A testimoniare la coerenza tra il sistema a torri angolari cilindriche e le
nuove tecniche difensive con armi da fuoco sono le cannoniere tuttora leggi-
bili all’innesto della torre sud-ovest nella cortina, aperte in modo da battere la
cortina stessa con tiro radente. In fase non immediatamente contigua, ma
improntata ad una medesima logica, nell’angolo nord-ovest troviamo anche il
raro tema della struttura difensiva angolare orientata sulla diagonale del peri-
metro fortificato: le premesse trecentesche sono poche (in Piemonte citiamo il
caso monumentale ed emblematico di Fossano, con le applicazioni episodiche
di Monticello d’Alba e Pancalieri 11), ma lo schema formale assume un ruolo
decisivo a partire dal Cinquecento, con uno sviluppo successivo negli schemi
difensivi bastionati. L’elemento architettonico di maggior significato, a mio
avviso, che testimonia questo intento formale di ricomposizione delle parti è il
72 ANDREA LONGHI
12
Sull’uso della cordonatura torica (re-
dondone) nei castelli viscontei allo snodo
tra base scarpata e muratura verticale, cfr.
A. VINCENTI, Castelli viscontei e sforzeschi,
cit., p. 29.
13
G. PANTÒ, Vita castellana e strutture
difensive del Biellese, cit., p. 23; foto d’a-
cordolo torico che corre lungo i lati ovest e sud, al piede della cortina 12. pertura in L. SPINA (a cura di), I castelli
biellesi, Milano 2001, p. 6.
L’inserzione di questo elemento, formalmente e costruttivamente minimale, 14
Per il caso-studio sincrono dei castelli
rappresenta il testimone di un cambiamento culturale nel modo di intendere il dei Falletti mediotrecenteschi, cfr. A. LON-
castello: in una ‘macchina da guerra’ medievale non sono consentiti indugi for- GHI, Castelli nelle terre di Langa: le archi-
tetture fortificate dei Falletti, in R. COMBA (a
mali (se non in chiave simbolica e ostentativa) e il funzionalismo informa l’ar- cura di), I Falletti nelle terre di Langa tra
chitettura; al contrario, l’inserimento di elementi formali modesti, proprio in storia e arte: XII-XVI secolo, Cuneo 2003,
pp. 61-80.
quanto non immediatamente latori di un simbolismo, è il segnale di come l’ar- 15
Cfr. fotografia di Vittorio Sella del
chitettura del castello inizi a cercare una propria logica compositiva all’interno 1898 in questo volume, p. 71.
di una nuova organizzazione istituzionale e territoriale. È la stessa dinamica
per cui alla fine del Trecento si iniziano ad utilizzare marcapiano decorati, o
fregi di archetti pensili, o ampie finestre modanate in contesti che possiamo
ancora lecitamente chiamare ‘castellani’: non a caso anche in Verrone abbiamo
testimonianze materiali, archeologiche e fotografiche di ampie finestre deco- Castello Vialardi di Verrone,
rate aperte nel fronte esterno delle cortine 13. Nei grandi castelli dinastici (si la torre di cortina cilindrica allo
snodo sud-ovest e l’adiacente manica
pensi a Pandino o Pavia in area viscontea, o al castello di Torino in area occidentale con camminamento su
sabauda), come pure nei castelli delle signorie locali 14, gli attributi residenziali mensole lapidee
o simbolici assumono un ruolo inedito per le architetture fortificate.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, quello delle tecniche fortificatorie,
ha un ruolo chiave il motivo delle caditoie su mensole lapidee a triplice risalto.
Anche in questo caso prevale la logica dell’appropriazione di un modello, piut-
tosto che della citazione diretta seriale. Infatti, sebbene tali strutture su men-
sole apparentemente arrivino quasi a dare una facies omogenea al complesso,
sono realizzate con modalità diversificate: nell’imponente fronte ovest sulle
mensole si sviluppa un cammino di ronda coperto con aperture a passo rado
su cui corre il fregio laterizio scalare; su parte del fronte nord, invece, il fregio
è immediatamente sopra le mensole, e le aperture hanno ritmo più serrato;
nella torre est, sugli archetti delle caditoie troviamo un’ampia superficie con
tre cornici a dente di sega; nell’edificio all’angolo nord-est (documentato solo
da foto del 1898) le mensole si trovavano ad un livello più basso rispetto agli
altri cammini di ronda 15; infine, troviamo le medesime mensole nelle case del
fronte sud, usate a supporto di balcone, forse reimpiegate come quelle usate
nella base della torre est sopra citata.
Questa tecnica fortificatoria, che ragioni cronotipologiche orientano ai
decenni successivi gli anni Sessanta del Trecento per l’area sabauda (nel caso
visconteo la medesima logica trova applicazione con mensole laterizie), nei
palinsesti laterizi del castello si giustappone o si sovrappone all’uso di altre
grandi costanti delle architetture fortificate subalpine. Troviamo infatti sul
L’ARCHITETTURA DEL CASTELLO NEL PAESAGGIO FORTIFICATO SUBALPINO 73
fronte sud (oltre la fine del cordolo) e sul fronte nord merlature bifide asso- 16
Si vedano i numerosi contributi sul
tema di Micaela Viglino. In sintesi: M. VI-
ciate a fregi laterizi scalari o a dente di sega, poste però a un livello decisamente GLINO DAVICO, Villaggi, castelli, ricetti. Inse-
inferiore rispetto al sopraccitato cammino di ronda su mensole lapidee (a cin- diamenti rurali e difese collettive tardome-
dievali, in V. COMOLI MANDRACCI (a cura
que metri circa di altezza dal piano di campagna). Applicando la lettura stra- di), L’architettura popolare in Italia. Il Pie-
tigrafica delle murature, si può osservare che tali lacerti precedono sempre la monte, Roma-Bari 1988, pp. 25-54; M.
VIGLINO DAVICO, “Il ricetto” per antonoma-
fase sopra descritta. Potrebbe trattarsi di resti di un perimetro difensivo non sia, in L. SPINA (a cura di), Candelo e il
tanto di un castello, ma piuttosto di un insediamento protetto: in sintesi, una ricetto. X-XIX secolo, Milano 1990, pp.
143-174; M. VIGLINO DAVICO, Difese del
di quelle strutture urbanistiche che nel Biellese spesso assumono il nome di signore e degli homines: sito e strutture
ricetto 16, o comunque di un’area insediata del castrum nell’accezione più ampia materiali nel basso medioevo, in M. C.
VISCONTI CHERASCO (a cura di), Architet-
del termine, adiacente o circostante il nucleo signorile. Tali resti di strutture tura castellana: storia, tutela, riuso, Atti del-
fortificate basse sono state precocemente inglobate nel fronte di edifici: nella le giornate di studio 1991, Carrù 1992, pp.
31-46; R. BORDONE, M. VIGLINO DAVICO (a
casa più orientale del fronte sud il varco tra i merli è divenuto una monofora cura di), Ricetti e recinti fortificati nel basso
archiacuta, sopra la quale un’ulteriore apertura riprende il tema del fregio sca- Medioevo, cit.
17
lare; nel fronte nord la merlatura si trova invece inglobata in una sopraeleva- La prima attestazione del castrum è del
1282. Cfr. T. VIALARDI DI SANDIGLIANO, La
zione del XV secolo circa, in cui il costruttore adotta (unico esempio nel com- torre, il cavaliere, il castello, in questo volu-
plesso di Verrone) finestre quadrate con cornice. me, pp. 11 sgg.
18
Tali interventi di edificazione precedono immediatamente e convivono con Sul significato del termine domenio-
num e sulle varianti, cfr. A. A. SETTIA, Ca-
il tentativo – evidentemente riuscito solo parzialmente – di geometrizzare e stelli e villaggi nell’Italia padana. Popola-
uniformare le preesistenze. Operando regressivamente, quali potevano dunque mento, potere e sicurezza fra IX e XII secolo,
Napoli 1984, pp. 375 sgg.; A. A. SETTIA,
essere le strutture della prima fase? voce Castello, in Enciclopedia dell’arte me-
Le fonti relative alla prima fase del castello 17 parlano di un castrum: tra X dievale, Roma 1993, vol. IV, p. 393.
19
G. PANTÒ, Vita castellana e strutture
e XIII secolo, solitamente con questo termine si individua non tanto un difensive del Biellese, cit., pp. 21-24.
castello residenziale signorile, ma piuttosto un insediamento fortificato, al cui
interno il signore riserva a sé un’area istituzionalmente e militarmente signifi-
cativa, definita nelle fonti come dongione 18. Possiamo anche per Verrone
incrociare i dati materiali con le fonti, per verificare la possibilità dell’esistenza
di una simile struttura bipartita, con la giustapposizione di un recinto difeso
esterno ‘popolare’ e un’area signorile ristretta e a sua volta difesa. Le recenti
indagini archeologiche sul lato ovest hanno restituito una sequenza serrata di
strutture murarie in ciottoli sciolti, in ciottoli a spina-pesce con malta e – infine
– in ciottoli listati in laterizio, appartenenti ad un orizzonte cronologico tra
l’XI e il XIII secolo 19.
Murature analoghe sono riscontrabili in altre parti in elevato del
stesso (solo in questo caso definito «in castro») è costituito da più edifici
(«edifficia»); il terzo elemento significante è la «turris castri», istituzionalmente
estranea al dongione e sostanzialmente priva di nessi materiali e funzionali con
il medesimo. L’atto consente una ricognizione di alcuni spazi del complesso,
grazie alle indicazioni microtopografiche. Sono documentati quattro livelli nel
dongione. I tre inferiori vengono divisi in due parti, anche mediante «inter-
mediaturas» che materializzano la divisione: le due parti sono descritte come
orientate verso il fossato a est («sive versus mane») e verso il castello ad ovest
(«sive versus sero»); un lato dei vani è sempre occupato da una via (probabil-
mente una scala) che collega i quattro piani del dongione e dà accesso solo
superiormente alla torre («et super turrim dicti castri»). Nelle clausole finali
della divisione viene previsto che l’accesso a questa scala sia garantito a tutti i
consignori e che sia aperta anche una porta che la metta in comunicazione con
la torre. Il quarto livello del dongione – quello superiore – è diviso in quattro
parti (per garantire forse ad ogni consignore la possibilità di un punto di vista
elevato): in questo caso i riferimenti dei quadranti sono la chiesa di San
Simone, la plancha (struttura di accesso) del dongione stesso, la torre del
castrum e il forno del castello.
23
Anche nell’edificio demolito nel 1900 Nella divisione si parla di un solo vano della torre, al primo piano, ossia la
all’angolo nord-est era riconoscibile una
finestra archiacuta riccamente modanata camera che fu del compianto dominus Simone [Vialardi di Verrone]; questo
(cfr. la fotografia di Vittorio Sella del 1898 spazio non pare avere connessioni con il resto del complesso (confina su tutti
in questo volume, p. 71).
i lati con il «murus dicte turris»). Per garantire una maggior fruibilità dell’in-
sieme ai condomini, la realizzazione di nuove aperture destruttura probabil-
mente il precedente assetto funzionale e simbolico: si consente di aprire nella
parte inferiore del muro della torre una porta «et palestratam» in buona malta
di calce, evitando però di compromettere la stabilità della torre stessa («cum
minori damno muri dicte turris») e si apre anche un accesso alla scala di comu-
nicazione del dongione, per creare una connessione con le proprietà ai piani
superiori; viene inoltre concessa l’apertura di una finestra verso il fossato, «pro
illuminando et clarifficando dictam cameram», di dimensioni analoghe ad
un’altra apertura. A garantire l’unitarietà di gestione e di funzionalità del com-
plesso, restano comuni i muri, i tetti, le porte e la plancha di torre e dongione.
Per quanto riguarda gli spazi aperti circostanti, vengono distinti il «fundus tur-
ris» dal «fundus domignoni»; quest’ultimo viene diviso in quattro parti, ossia
verso la plancha del dongione, la chiesa di San Simone, il forno e la torre del
castello. Il «fundus turris» pare invece una diretta pertinenza della predetta
stanza inferiore, in quanto confina su tutti i lati con il «murus dicte turris» e
con la camera citata. Gli spazi di pertinenza signorili sono dunque una parte
circoscritta del castrum, nelle immediate adiacenze del dongione e della torre
che, probabilmente, ha già perso la propria funzione di torre-porta del castrum.
In sintesi, considerando anche gli edifici residenziali ‘cresciuti’ sul lato sud
del perimetro del castello (in mancanza di dati più esaustivi sul lato nord), pos-
siamo ipotizzare tra fine Trecento e primo Quattrocento un momento di rile-
vante valore culturale e architettonico: mentre i signori si dividono le strutture
signorili del dongione e della torre, con un’accuratezza topografica che può
essere proporzionale solo all’immenso valore istituzionale dei medesimi edifici,
negli stessi anni si viene materializzando una struttura di castrum occupata da
edifici residenziali e servizi (quali il citato forno), in parte forse addossati alle
preesistenti basse mura, in cui si aprono ampie finestrature modanate secondo
il gusto urbano 23.
In un arco cronologico probabilmente ristretto, a questa situazione si tenta
di dare una definizione formale più aggiornata, operando una geometrizzazione
78 ANDREA LONGHI
L
1
Sant’Emiliano, vescovo di Vercelli nel ’abside e parte della navata della chiesa di San Simone e Giuda, ancora
707, fu figura cara alla memoria tradizio-
nale dei Vialardi, in quanto ritenuto il fon- oggi proprietà privata annessa al castello di Verrone, sono ornate da un
datore dei tre rami famigliari antichi, nel- ciclo di affreschi quattrocenteschi. Nell’abside le pitture, spartite entro
l’ordine Villanova, Sandigliano e Verrone.
Cfr., tra gli altri, G. B. MODENA-BICCHIERI,
semplici inquadrature rossastre, si distribuiscono, con raffigurazioni di santi,
Dell’antichità e nobiltà della città di Vercel- lungo l’intera parete, inglobando anche una delle due monofore che ivi si
li, 1617, c. 89, ms. presso BR Torino, e C. aprono. Al centro, fra le due monofore appena citate, le iscrizioni permettono
A. BELLINI, Annali della città di Vercelli sino
all’anno 1499, Vercelli 1637, p. 26, ms. di riconoscere sant’Emiliano, uno dei primi vescovi di Vercelli, i cui resti si
presso BC Vercelli. conservano in Sant’Eusebio 1, e un beato Giovanni vescovo domenicano, che
2
Il beato viene invece identificato da identificherei nel personaggio biellese citato per i suoi prodigi all’atto della
Delmo Lebole, sulla base di considerazioni
a me ignote, in un Giovanni Avogadro (D. fondazione del convento di San Domenico del Piazzo 2. Un’altra immagine del
LEBOLE, Storia della Chiesa Biellese. Le pie- beato ad affresco, datata 1480, era raffigurata sul muro esterno della sua casa
vi di Vittimulo e Puliaco I, Biella 1979, p.
659). Per il beato Giovanni, cfr. T. MULLA- natale a Biella3. Alla loro destra, un’unica inquadratura è a sua volta bipartita
TERA, Memorie cronologiche e corografiche da cornici a merletti. Da un lato è raffigurata la Messa di san Gregorio, con il
della città di Biella, Biella 1778, p. 169; C.
POMA, L’antico convento di S. Domenico di papa impegnato nell’ufficio dell’eucarestia, di fronte all’apparizione del Cristo
Biella Piazzo secondo una descrizione del di pietà. Dalla piaga del costato di Gesù sgorgano rivoli di sangue nel calice
1751 scritta dal Padre G. G. Trivero, Torino
1909, pp. 6, 10-13 e 58-61. che, assieme a una patena, è posato sulla mensa d’altare coperta da candide
3
C. POMA, L’antico convento di S. Do- tovaglie bordate di rosso. Di fianco compaiono un vescovo benedicente, non
menico di Biella Piazzo, cit., pp. 58-59. più identificabile per la perdita dell’iscrizione dedicatoria che l’accompagnava,
4
S. CASTRONOVO, Pittura del Trecento e un san Lorenzo con libro e grata del martirio. Dalla parte opposta, oltre la
nelle province di Vercelli e di Biella, in G.
ROMANO (a cura di), Pittura e miniatura del seconda monofora, sono allineati un santo vescovo benedicente, san Nicola da
Trecento in Piemonte, Torino 1997, pp. Tolentino in veste nera reggente un libro e la croce, e, in un unico riquadro,
173-245 (in particolare fig. p. 213).
5
san Bernardo che sottomette tramite una vistosa catena il demonio, raffigurato
I lavori, furono voluti da Antonio Ber-
nardino Vialardi di Verrone e completati più in basso nello zoccolo, al di fuori dello spazio sacro, e sant’Antonio abate.
per la sua investitura dell’intero feudo di Questo ciclo quattrocentesco fu eseguito sovrapponendosi – o sostituen-
Verrone del 16 settembre 1719. Parte del
feudo gli era già pervenuta nel 1693 attra-
dosi – a un decoro precedente, di cui sopravvive un lacerto in corrispondenza
verso il testamento del suocero, Pietro dell’angolo inferiore sinistro della raffigurazione centrale. Qui si osservano un
Francesco Frichignono di Castellengo.
AVdSF, Vialardi di Verrone, Schedatura
frammento di bordura monocroma e una piccola parte di un disegno orna-
TVS. mentale che, con la prudenza che l’esiguità della testimonianza impone,
6
Sui restauri si veda La Vita Nova della potremmo considerare trecentesco, per confronto con analoghi motivi deco-
Cappella, non firmato ma di A. SILOMBRA, rativi impiegati nel Biellese dal cosiddetto Maestro di Oropa 4.
in M. TUROTTI (a cura di), L’alba fantastica
del castello di Verrone, Vigliano Biellese Fino alla metà degli anni Ottanta del secolo scorso, di questo ciclo absi-
2002, pp. 81-112; per un’immagine del dale quattrocentesco era noto e visibile solo il riquadro centrale: il sant’Emi-
coro risalente al 1979, fig. a p. 79.
liano e il beato Giovanni Avogadro erano contornati da un’ampia incornicia-
tura barocca con volute, cornicioni e cartelle a imitazione di stucchi. Questo
decoro, che risaliva probabilmente al 1719, data che sul retro dell’altare atte-
sta il termine di lavori di risistemazione della chiesa 5, è stato recentemente
rimosso per consentire il recupero della parte nascosta delle pitture più anti-
che 6. Degli affreschi settecenteschi sopravvivono solo alcuni spezzoni nella
calotta absidale.
Altri affreschi quattrocenteschi frammentari, anch’essi spartiti da inqua-
drature rossastre, ornano la parete sinistra della navata. Si riconoscono qui, a
partire da destra, un beato in armatura reggente un giglio, il decoro della cui
casacca sembra alludere allo stemma dei Vialardi, una figura di cui resta solo
un frammento di aureola, un santo che regge una torre identificabile come san
82 VITTORIO NATALE
Bottega del Maestro del Cristo della Domenica, Messa di san Gregorio; Santo vescovo e san
Lorenzo, -, castello Vialardi di Verrone, cappella dei Santi Simone e Giuda in castro
Pittore biellese,
Consegna di un bottino, particolare di
fregio con soggetti bellici, -,
castello Vialardi di Verrone, saloni
10
D. LEBOLE, Storia della Chiesa Biellese. Nonostante la presenza di diverse mani, il ciclo della chiesa di San Simone
La pieve di Cossato, vol. II, cit., pp. 37-39
(fine secolo XV - inizio secolo XVI); M. e Giuda 10 presenta nella sua globalità numerosi ed evidenti affinità con la pro-
SIGNAROLI, L’attività del maestro del Cristo duzione di quell’anonimo maestro, attivo nella seconda metà del Quattro-
della Domenica, fra Biellese, Vercellese e
Novarese, in «Studi e ricerche sul Biellese», cento, chiamato in modo convenzionale dalla critica Maestro del Cristo della
Bollettino Docbi, 1995, p. 141 (Maestro
del Cristo e bottega); D. LEBOLE, Storia
Domenica, in riferimento alla sua opera più nota conservata nel Duomo di
della Chiesa Biellese. La pieve di Biella, vol. Biella. Mariateresa Signaroli ha provato a raccogliere il catalogo di questo arti-
VIII, cit., pp. 369-370 (attribuiti «con cer-
tezza» al Maestro di Proh, alias Maestro sta, che ha assunto, in diverse tappe della ricerca critica, anche il nome di
del Cristo della Domenica). Maestro della Passione di Arborio o di Maestro di Proh, appellativi derivati
dalle località ove si conservano cicli ritenuti via via particolarmente significa-
tivi. Ne è emerso un catalogo esteso, suddiviso tra Biellese, Vercellese e
86 VITTORIO NATALE
LA DECORAZIONE DELLA CAPPELLA E DELLE SALE 87
a sinistra:
Pittore biellese, decorazione
architettonica, , castello Vialardi
di Verrone, cappella
a destra:
Pittore biellese, Assunta, ,
castello Vialardi di Verrone, cappella
11
P. ASTRUA, Due note documentarie su Novarese, ma anche piuttosto frastagliato, dove il ruolo della bottega e quello
Daniele De Bosis ed alcuni aspetti del tardo
Quattrocento nel vercellese, in Ricerche dei seguaci attende ancora ulteriori precisazioni e una plausibile cronologia
sulla pittura del Quattrocento in Piemonte. deve ancora essere costruita. Il lavoro andrà ripreso a partire dalle prime indi-
Strumenti per la didattica e la ricerca 3,
Torino 1985, pp. 166-167. L’argomento è cazioni di Paola Astrua, che ha proposto di individuare due distinte persona-
stato più recentemente affrontato da Si- lità artistiche, da una parte l’autore del Cristo della Domenica e dell’abside
mone Riccardi (S. RICCARDI, Pittura nel
Biellese tra Gotico e Rinascimento, Tesi in
laterale dell’oratorio di San Sebastiano ad Arborio, e dall’altra l’autore della
Storia dell’Arte Medievale, Università Cat- prima parte del ciclo della Passione nella stessa chiesa di Arborio 11. Al ciclo di
tolica del Sacro Cuore di Milano, Facoltà Verrone dovrà comunque essere data una collocazione cronologica piuttosto
di Lettere e Filosofia, a.a. 1999/2000, rel.
prof. F. Flores d’Arcais) che giustamente avanzata nel percorso del Maestro del Cristo della Domenica e della sua bot-
ritiene il corpus fin qui attribuito al Maestro tega, forse all’interno dell’ottavo decennio del Quattrocento 12.
del Cristo della Domenica opera di «una
bottega in cui operano probabilmente più
pittori». Più in particolare Riccardi sembra
considerare un caso a parte gli affreschi di LA DECORAZIONE DELLE SALE
Lessona, «per una cura del dettaglio e una
abilità tecnica più elevata, più vicina ad La fase seicentesca del castello è ancora documentata da cicli di affreschi
esempi lombardi», mentre individua a Ver-
rone «almeno tre mani». Secondo lo stu- che ornano l’ala ovest della costruzione e che si distribuiscono, al piano ter-
dioso quest’ultimo ciclo «pare di un mae- reno, nei due grandi saloni di accesso e nella cappella ospitata all’interno della
stro vicino a quello del Cristo, ma se ne dif-
ferenzia per un gusto decorativo maggiore, torre d’angolo sud-ovest.
e una gamma di colore più ampia». Al mae- I due saloni furono ricavati in occasione di un intervento di ristruttura-
stro del Cristo della Domenica apparter-
rebbero comunque «le figure dei sottarchi
zione del palazzo che dovette comportare anche l’innalzamento dei soffitti 13.
e quelle della parete sinistra». Furono forse motivi statici a consigliare però la non totale eliminazione delle
88 VITTORIO NATALE
non consente oggi una compiuta lettura stilistica di queste pitture14; tuttavia, se e dintorni, Biella 1999, p. 54, nota 53).
13
in attesa di un auspicabile restauro, improcrastinabile ai fini della stessa Il rinvenimento nell’ala sud di un mat-
tone con la data 1662 si offre come possi-
sopravvivenza delle pitture, può essere evidenziato il legame che unisce questo bile riferimento cronologico per questi
ciclo ad alcune delle decorazioni di palazzo Ferrero Fieschi a Masserano. Non interventi.
14
sono certo i dipinti che nel feudo dei Fieschi oggi vengono riferiti ai lombardi Gli affreschi sembrano non aver mai
subito restauri (e questo sia in senso nega-
Carlo Francesco e Giuseppe Nuvolone o a Ercole Procaccini il Giovane che tivo che positivo, perché molte sono le
possono qui essere richiamati, quanto le decorazioni, opera di maestranze decorazioni simili di destinazione privata
rese quasi illeggibili da pesanti ridipinture)
locali, presenti sui soffitti a cassettoni e nei fregi di altri ambienti, oltre che e sono pesantemente danneggiati da infil-
nella cosiddetta “quarta camera”, nella cui inquadratura architettonica sareb- trazioni di umidità e dallo sporco. Il sof-
fitto di un salone è poi recentemente crol-
bero poi stati inseriti gli episodi di storia romana di Carlo Francesco lato, portando con sé gli affreschi che
Nuvolone 15. erano collocati sopra l’architrave ribassato
corrispondente a una delle travi lignee più
In particolare deve essere notato che i cartoni utilizzati per realizzare le antiche.
cariatidi in quest’ultimo fregio furono reimpiegati, certamente dallo stesso 15
V. NATALE (a cura di), Arti figurative a
artista biellese, nel fregio con soggetti militari di Verrone. La datazione della Biella e a Vercelli: il Seicento e il Settecento,
Biella 2004, pp. 34-36, oltre che, natural-
impresa decorativa di Masserano al 1660 circa, data del matrimonio fra Maria mente, G. ROMANO, Resistenze locali alla
Cristina di Pianezza e Francesco Ludovico Ferrero Fieschi, si pone quindi dominazione torinese, in G. ROMANO (a
cura di), Figure del Barocco in Piemonte. La
come sicuro post quem per la decorazione di Verrone. Se poi lo stesso arti- corte, la città, i cantieri, le province, Torino
sta possa essere riconosciuto anche come autore della parte decorativa della 1988, pp. 361-362.
LA DECORAZIONE DELLA CAPPELLA E DELLE SALE 89
Da Francesco Antonio Mayerle (?),
Trionfo di Flora con stemma dei
Vialardi, circa, castello Vialardi
di Verrone
cappella di San Giulio in San Lorenzo ad Andorno, che è datata 1682, è que- 16
« Sepultum est in monumentum fami-
lie sue et antecessorum maiorum suorum in
stione che potrà essere più agevolmente affrontata dopo un restauro. capella Immaculate Conceptionis B. M.
La decorazione della cappella del castello di Verrone, ricavata in un angu- Virginis » (AP Verrone, Libro dei Morti); si
veda M. TUROTTI, Cronologia, in questo
sto ambiente a “campana” all’interno della già ricordata torre, riveste lo spa- volume, pp. 27 sgg.
zio circolare con un vivacissimo accumulo di finti pilastri, festoni, fregi, balau- 17
C. DEBIAGGI, Il pittore Vitaliano Gras-
stre e angeli in volo o in bilico tra girali vegetali, a contorno di ampie vedute si. La sua attività a Vercelli. Una volta con
affreschi di Palazzo Langosco, in «BSV», 57
animate da classicheggianti architetture da giardino, dove si può assistere, acci- (2001), pp. 65-90; M. DELL’OMO, La cul-
dentalmente, anche alla visione improvvisa di una assunzione della Vergine. Il tura figurativa a Vercelli e nel Vercellese nel
rapporto con il mondo quasi monocromo appena lasciatoci alle spalle, nei Settecento: nuove indagini, in V. NATALE (a
cura di), Arti figurative a Biella e a Vercelli:
saloni, sembra a prima vista labile; tuttavia negli sguanci della finestra il mono- il Seicento e il Settecento, cit., pp. 150-152.
cromo riprende il sopravvento in alcuni tondi con vedute ideali di campagna
che trovano ancora una volta perfetta corrispondenza, assieme alle girali di
contorno, nello zoccolo della cosiddetta “prima stanza di rappresentanza” a
Masserano. La data 1686 che compare nella cappella acquista quindi impor-
tanza, come probabile ante quem anche per i fregi dei saloni, e permette di spo-
stare l’attenzione, come possibile committente, sul conte Carlo Francesco
Vialardi, deceduto nel 1700, o su Antonio Bernardino Vialardi, morto nel
1724 all’età di 73 anni 16.
Per raggiungere la cappella appena citata si percorrono alcuni ambienti,
oggi pressoché fatiscenti e ingombri di tramezzi moderni, dove controsoffitta-
ture aggiunte alla struttura antica pre-barocca recano segni, appena percetti-
bili sotto lo scialbo, di pitture. Solo un restauro potrà confermare l’ipotesi, resa
alquanto incerta dall’attuale stato di conservazione, che si conservino testimo-
nianze di fasi decorative settecentesche. Un affresco di questa epoca, non privo
di interesse, è stato nel frattempo recuperato sul soffitto di una sala collocata
nella parte oggi proprietà privata dell’ala meridionale del castello. Il dipinto,
racchiuso in una finta cornice a volute ornate da conchiglie, rappresenta una
figura femminile in volo, col capo cinto di fiori; una mano regge lo stemma dei
Vialardi, l’altra affonda in un cesto colmo di fiori, retto da un amorino. Un
secondo amorino sbandiera un filatterio con un’iscrizione che, se ce ne fosse
bisogno, aiuta a riconoscere nella figura la dea Flora, allusiva alla fecondità e
probabilmente realizzata in occasione di un matrimonio (FLORES ME [...]
FRVCTVS HONORIS).
Per eseguire l’affresco fu utilizzato un cartone preparatorio già utilizzato a
Vercelli dai Langosco per una decorazione ancora presente in un ambiente del
palazzo di famiglia ora sede del Museo Leone. Le variazioni compositive,
minime, si limitano alla sostituzione dello stemma Vialardi al posto di un mazzo Pittore biellese, Veduta con borgo
fortificato, , castello Vialardi di
di fiori e alla eliminazione di alcuni amorini che rendono più complessa l’opera Verrone, cappella
vercellese. Questa, già ritenuta da Casimiro Debiaggi di Vitaliano Grassi, è
stata più recentemente attribuita da Marina Dell’Omo a Francesco Antonio
Mayerle 17. L’affresco di Verrone non presenta caratteristiche così peculiari da
permetterci oggi di riconoscere la mano di Mayerle o, a maggior ragione, di
Grassi. Tuttavia esso pone una serie di interrogativi che travalicano le questioni
puramente attributive. La palmare identità di disegno con l’affresco vercellese
è ad esempio frutto di una comune derivazione da un terzo e precedente
modello non ancora identificato? Oppure, come più probabile, è conseguenza
di un reimpiego del cartone preparatorio approntato per Vercelli? E in questo
caso, quali furono i rapporti personali che resero possibile questa seconda ver-
sione della Flora? Tra i Langosco di Vercelli e i Vialardi di Verrone esistevano
rapporti tali da permettere un simile trapasso di artisti o di modelli?
Sono domande a cui è difficile, allo stato attuale degli studi, dare risposte
certe e univoche, ma che rilanciamo per il momento, speriamo quanto mai
prossimo, in cui un generale recupero del castello di Verrone e un restauro di Pittore biellese, Veduta con castello,
tutte le sue preziose decorazioni forniranno ulteriori dati e nuove motivazioni , castello Vialardi di Verrone,
per un approfondimento delle nostre conoscenze storiche. cappella
91
A
1
È molto difficile trovare in soffitta l collezionista di armi antiche, viene spesso rivolta una domanda: « Ma
qualche residuato, anche ottocentesco e se
qualcosa c’era di recuperabile, è stato da come è sorta in lei questa passione per le armi antiche? ». Il collezioni-
tempo preda di rigattieri ed antiquari spe- sta tergiversa o si limita a rispondere con qualche banalità, ma neanche
cializzati. Gli interventi conservativi ope-
rati, poi, dagli stessi, hanno finito di di-
lui sa bene come possa essere sorto in lui questo particolare interesse.
struggere i pezzi rinvenuti o di togliere loro Probabilmente non c’è un’unica e sola ragione per avere cominciato a racco-
qualsiasi valore antiquario e commerciale gliere la preziosa ferraglia, ma coesistono interessi e sentimenti diversi: un po’
(abrasioni insistite della ruggine, lucidatura
eccessiva con asporto di marchi e firme, di romanticismo irrazionale e fiabesco, un approccio storico al Medioevo ed al
uso di acidi, ecc.). Ormai, l’arma antica in Rinascimento, uno spiccato interesse per l’antiquariato di alta epoca. Penso
buone o almeno discrete condizioni non
può che provenire da collezioni private che anche per l’autore di queste note sia accaduto ciò. Poi sopravviene il caso,
cedute direttamente o attraverso aste ita- un regalo di amici, una visita ad un museo di armi, il catalogo di un’asta.
liane od estere.
2
Inizia quindi la ricerca 1 che si fa sempre più selettiva, con l’aumento del-
I falsi, come tutti i falsi d’antiquariato,
possono avere carattere fraudolento ma l’esperienza, fino a riconoscere a prima vista falsi ed attribuzioni di fantasia 2.
anche carattere “occasionale” come le false Una volta acquisita la necessaria esperienza ci si può avventurare nella
armature dell’Ottocento italiano che hanno
riempito i castelli ai tempi dello storicismo ricerca mirata fra antiquari specializzati, aste e altri collezionisti sia in Italia sia
di Massimo d’Azeglio, quando le famiglie all’estero. La collezione in esame è nata e si è accresciuta proprio rispettando
nobili italiane, dopo il compimento dell’u-
nità d’Italia, riaprirono e ristrutturarono i
questo gratificante itinerario.
castelli aviti per lo più abbandonati e tra- Vi sono diversi modi per impostare ed organizzare una raccolta di armi ed
sformati, nel migliore dei casi, in fattorie e armature. Si può seguire il metodo tipologico, catalogando i pezzi secondo le
stalle. Questi falsi sono addirittura commo-
venti per la loro approssimazione ed inge- tipologie funzionali nelle diverse epoche: spade, pugnali, armi da botta, elmi,
nuità. Cosa diversa sono i falsi ottocente- scudi, armature, armi in asta, a prescindere dall’elemento cronologico o si può
schi di scuola tedesca, molto pericolosi
anche per gli esperti, per la precisione del- invece seguire, come nel caso in esame, il metodo cronologico indicando per
l’esecuzione effettuata secondo le tecniche ogni epoca lo svilupparsi delle diverse tipologie. Come tutti i collezionisti,
del XV e XVI secolo. Queste copie hanno
un loro valore anche nel mercato antiqua- anche il collezionista di armi antiche deve darsi dei limiti temporali e la colle-
rio, ma la frode comincia quando le egregie zione del castello di Verrone comprende armi e armature dal XIII al XIX
opere degli artigiani tedeschi vengono
spacciate per opere autentiche. Ci sono
secolo.
diversi mezzi per distinguere l’autenticità
di un’armatura o di un’arma bianca, osser-
vando la materia prima impiegata (lamine
ottenute dal massello per battitura o lamine
di laminatoio in uso dal XVII secolo in
poi). Gli spessori non omogenei e le cosid-
dette sfogliature aiutano a verificare l’au-
tenticità del pezzo.
Pugnale antenniforme,
Italia, secolo XIII,
basilarda secolo XIV,
castello Vialardi di Verrone
collezione Carlo Jaselli
3
XIII E XIV SECOLO J. MANN, Wallace Collection Catalogue,
Londra 1962, vol. II, p. 242, tav. 106.
Le raccolte di armi antiche ed i relativi studi partono, per lo più, dal secolo 4
A. PURICELLI-GUERRA, Armi in Occi-
dente, Milano 1966, pp. 84-85.
XIII per due ordini di motivi: l’estrema scarsezza di reperti precedenti e la
limitata memoria storica del periodo romano-barbarico. 5
Dall’iconografia pittorica della Batta-
glia di San Romano di Paolo Uccello alle
numerosissime elegiache celebrazioni di
Spada. Italia, metà secolo XIII vittorie d’imperatori, re e principi regnanti
Rappresenta una tipologia abbastanza comune in Europa: lunga lama a due presenti in quasi tutte le pinacoteche del
fili con sguscio centrale per i 4/5 della sua lunghezza (cm 102). Elso a braccia mondo, armi ed armature trovano ampia e
significativa rappresentazione. Invero, lo
dritte patenti schiacciate ed allargantesi agli estremi. Pomo massiccio a disco. studioso di armi antiche riceve, ma anche
Arma per colpire di taglio e punta. L’epoca è quella di battaglie e scontri vio- dà, un forte contributo alla datazione delle
opere, soprattutto sotto l’aspetto critico.
lenti fra parte guelfa e parte ghibellina che sfiorarono anche il castello di Quasi tutti i dipinti, ad esempio, che rap-
Verrone. presentano scene del Calvario di Cristo,
raffigurano i soldati di Ponzio Pilato con
armature usate nell’epoca degli autori e
Spada a stocco. Francia, metà secolo XIV non armature romane. Più coerenti all’e-
Lama a sezione romboidale con il marchio di Parigi. Spada con lama ugual- poca della Crocifissione sono i soldati ro-
mente marcata presso la Wallace Collection di Londra 3. Sul codolo dell’impu- mani che indossano armature cinquecente-
sche, dette all’eroica che, in qualche modo,
gnatura stemma nobiliare. Pomo a disco scavato sull’orlo. Elso dritto con ricordano le corazze dei condottieri romani
rembi ripiegati verso il basso. Arma atta a colpire soprattutto di punta. ma che, comunque, poco si adattano a sem-
plici soldati nelle vesti di aguzzini di Cristo.
Per La strage degli Innocenti, cfr. L. G.
Pugnali. Italia, secoli XIII e XIV BOCCIA, F. ROSSI, M. MORIN, Armi e Arma-
a. Pugnale antenniforme con manico in ottone ornato con disegni geome- ture lombarde, Milano 1980, pp. 30-31.
trici. Esemplare simile al Metropolitan Museum di New York 4, secolo 6
G. LAKING, European Armour and Arms,
XIII. Londra 1920, vol. I, p. 4.
b. Basilarda: impugnatura a T e guardia in ferro. Il nome basilarda si ricol- 7
Forca per innalzare le scale sulle mura
lega alla città di Basilea. Arma simile appare nell’affresco della Strage avversarie. L’esemplare in esame è stato
rinvenuto infisso nel muro esterno della
degli Innocenti in Como, chiesa di Sant’Abbondio 5. cappella di San Simone e Giuda in castro.
Armi in asta
a. Punta di spiedo, secolo XIII, in condizioni di scavo. Marcata con sole
radiante. Punta simile pubblicata dal Laking 6.
b. Punta di piccolo spiedo in condizione di scavo marcata con corolle di
fiori.
c. Ferro di roncone primitivo marcato con M latina, codolo rettangolare.
d. Ferro di forca per scala, codolo aperto, rembi quadrangolari 7.
COL FERRO. TESTIMONIANZE DELLA COLLEZIONE D’ARMI 93
SECOLO XV
Nel secolo XV mentre le armi offensive ripetono, con poche varianti, la
tipologia di quelle del secolo precedente, nelle armi difensive l’armatura si
evolve passando dalla maglia di ferro, al massimo rinforzata – come detto –
con qualche pezza di cuoio bollito o metallo, all’armatura completa in ferro
forgiato. È il punto di massima evoluzione tecnica, ma anche estetica, dell’ar-
matura: sapiente distribuzione dei volumi, funzionalità meccanica, aderenza
antropomorfica si aggiungono alla maggiore efficienza difensiva.
Armi in asta
a. Spiedo bolognese. Forma triangolare con sgusci su tutta la lunghezza.
Ferro con marchi caratteristici ad asterisco.
b. Roncone milanese. Tipica arma di derivazione contadina con il marchio,
apprezzatissimo, dello scorpione milanese, conosciuto in tutta Europa.
c. Alabarda a scure. Arma derivante dalla scure, con punta piatta e lunga
lama dritta. Marchio: M gotica non identificata.
COL FERRO. TESTIMONIANZE DELLA COLLEZIONE D’ARMI 95
Armi in asta
a. Falcione italiano, secolo XV. Ferro
convesso con raffo e con marchio milanese
dello scorpione, atto a colpire di taglio.
b. Corsesca italiana, secolo XVI. Raffi ricurvi
a giglio per agganciare le armature dei cava-
lieri.
c. Lungo spiedo veneto, secolo XVI.
Lama alta e robusta di cm 88 con
corti rembi, inastata su legno d’e-
poca, bullonato. Sul rembo de-
stro, marca C non identificata.
d. Spuntone aguccia, Pie-
monte, metà secolo XVII.
Spuntone della Guardia
Ducale Sabauda sotto la reg-
genza di Madama Reale
Cristina di Francia.
Su una faccia del ferro, lo
stemma bipartito di Savoia e
di Francia. Sull’altra faccia due
C incrociate (Cristina e Carlo
Emanuele II).
12
La definizione alla massimiliana deriva Armatura alla massimiliana. Germania, inizi secolo XVI
da Massimiliano I imperatore il quale, non
solo per se stesso ma per i suoi cavalieri, Elmo a muso di scimmia con il marchio di Norimberga. Ampi spallacci e
aveva adottato in via generalizzata questo grosse cubitiere. Pettorale globoso di gusto quattrocentesco munito di resta
tipo d’armatura. La pieghettatura di tutte
le parti, salvo che per gli schinieri, è ispirata tonda alla tedesca, con piccolo marchio di Norimberga sotto lo scollo. Guanti
alla moda civile degli abiti pieghettati, ma a mittene, schinieri lisci, ginocchietti con ampie ali, scarpe a piede d’orso 12.
ottiene anche un rilevante risultato tecnico
nell’irrobustire le lamiere già formate con
ottimo acciaio temprato e forbito. Corsaletto attribuito a Emanuele Filiberto di Savoia. Milano, 1606
13
Giorgio Dondi, coautore del catalogo Tutte le superfici sono uniformemente decorate con disegno a rete in cui
dell’Armeria Reale di Torino, ha pubbli-
cato un suo intervento su questo corsaletto le maglie, formate da nodi di Savoia, sono occupate alternativamente da trofei
in occasione della mostra organizzata dal- e corone aperte attraversate da fronde di palma. Stretti bordi con greca a
l’Archivio di Stato di Torino intitolata Gen-
tiluomini christiani e religiosi cavalieri e mezza stella. Il corsaletto è formato da petto, schiena, spallacci, braccia ed il
dedicata all’Ordine di Malta in Piemonte. suo probabile uso era quello da torneo di barriera. Il corsaletto è attribuito da
Secondo l’autore, Emanuele Filiberto di
cui si tratta è il figlio di Carlo Emanuele I Giorgio Dondi al Maestro del Castello di Milano 13.
che si trasferì presso la corte di Filippo III
di Spagna. In questa corte fece una rapi-
dissima carriera sino ad essere nominato Mezza armatura alla viscontea. Piemonte, fine secolo XVI
Capitan General de la mar e, nel 1612, Vi- Armatura assolutamente integra qualora si consideri che, all’epoca, le gam-
ceré di Sicilia. Morì di peste a Palermo nel
1624 (G. DONDI, Gentiluomini christiani e biere erano ormai state sostituite da alti gambali di cuoio. Pistagne originali e
religiosi cavalieri, Catalogo della mostra, doratura a bande. Sul petto viti di resta ad indicare il suo uso a cavallo. Elmo
Milano 2000, pp. 54-55).
chiuso alla viscontea con coppo in un sol pezzo, con visiera, ventaglia e baviera
che conserva internamente al coppo e alla baviera la sua foderatura originale.
Sul lato destro dell’elmo, forchetta per tenere aperta la visiera. Pettorale ner-
vato in mezzeria. Robusto schienale, cannoni di braccia ed avambracci riuniti
con cubitiere a tre lamine. Scarselloni a sette lamine. Proviene dalla famiglia
Arborio Mella di Gattinara, già in collezione Bazzaro.
100
101
103
L
1
Catasto sabaudo del 1729 e catasto
francese del 1802.
2
collega Vercelli con Biella, asse che ha favorito lo sviluppo industriale
ARMO, Bugellae 1945, vol. I, doc.
XVIII, col. 57, p. 31.
della zona e incentivato negli ultimi quarant’anni la crescita di Verrone,
3
Ibidem. tanto da cancellarne i caratteri originari di insediamento rurale incardinato
4
C. VIOLANTE, Pievi e parrocchie nell’I- lungo due percorsi di collegamento tra il castello e l’edificio religioso, ben leg-
talia centrosettentrionale durante i secoli XI gibili nelle mappe storiche 1. L’impressione di chi vi giunge, dunque, è quella
e XII, in Le istituzioni ecclesiastiche della
“societas christiana” nei secoli XI-XII. Dio-
di un centro in cui i segni della storia – di quella che viene da lontano si
cesi, pievi e parrocchie, Milano 1977, pp. intende – non appaiono leggibili tanto nell’impianto urbanistico o nelle tracce
643-799; A. CASTAGNETTI, L’organizzazione di opere difensive esterne al castello – per altro mai documentate dalle fonti e
del territorio rurale nel medioevo. Circoscri-
zioni ecclesiatiche e civili nella “Langobar- dalla cartografia – quanto esclusivamente nei due poli civile e religioso, consi-
dia” e nella “Romania”, Bologna 1982. stenze architettoniche ora apparentemente prive di nessi. La scelta del tema
5
T. VIALARDI DI SANDIGLIANO, I Vialardi della stratificazione come modello comune di lettura del costruito ha portato
di Verrone, in questo volume, pp. 45 sgg., e
T. VIALARDI DI SANDIGLIANO, Il castello di per quanto riguarda la chiesa ad individuare la seguente periodizzazione:
Sandigliano, in L. SPINA (a cura di), I ca- un’importante fase tardomedievale (secoli XIV-XV), una serie di trasforma-
stelli biellesi, Milano 2001, pp. 103-111, in
particolare pp. 103-106. zioni attuate in età moderna (secoli XVI-XVII) nell’ambito dell’adeguamento
6
G. PANTÒ, Vita castellana e strutture delle fabbriche religiose al nuovo clima controriformato, cui segue la sostitu-
difensive del Biellese dalle fonti archeologi- zione di alcune parti per obsolescenza delle strutture (secolo XVIII), mentre
che, in L. SPINA (a cura di), I castelli biellesi,
Milano 2001, pp. 17-31, in particolare, per difficilmente ricostruibile appare lo stadio iniziale (ante secolo XIV).
il castello di Verrone, pp. 24-28. Le origini della chiesa di San Lorenzo di Verrone risultano ancora oggi
7
Il concetto di area di strada, proposto indefinibili. Il primo documento che attesta la sua esistenza è un estimo delle
dalla critica negli ultimi vent’anni accanto
al più recente concetto di luogo di strada, chiese, dei benefici e dei monasteri della diocesi di Vercelli redatto per la con-
nega l’idea che le vie medievali fossero ca- tribuzione delle decime papali, senza data perché mutilo, ma fondatamente
ratterizzate da un percorso ben definito,
ma bensì da un territorio in cui i percorsi datato da mons. Ferraris al 1298-1299 2. L’elenco riporta la seguente indica-
avevano tracciati variabili difficilmente pre- zione: «Ecclesia veroni […] lib. Lj et dim.» annotata tra le dipendenze della
cisabili. Cfr. G. SERGI, Luoghi di strada nel
Medioevo. Fra il Po, il mare e le Alpi occi-
pieve di San Pellegrino di Puliaco («Plebs Puliazi») 3. In mancanza di dati che
dentali, Torino 1996, e R. GRECI (a cura di), possano far supporre una qualsiasi relazione con un ordine monastico, sembra
Un’area di strada: l’Emilia occidentale nel possibile ipotizzare che essa sia nata come chiesa minore nell’ambito di quel-
Medioevo. Ricerche storiche e riflessioni me-
todologiche, Atti dei Convegni di Parma e l’ampio fenomeno territoriale chiamato incastellamento, sviluppatosi per la
di Castell’Arquato - novembre 1997, Bolo- maggior parte tra la fine del secolo IX e il secolo XII. Gli studi hanno sottoli-
gna 2000.
8
neato come la presenza delle strutture religiose sul territorio e l’evoluzione
Doveva trattarsi di un itinerario secon-
dario di origini romane che da Quinto insediativa fossero due fenomeni strettamente collegati e che, soprattutto tra i
Vercellese portava in direzione di Biella e secoli X e XII, la prima seguisse la seconda nell’ambito della rete delle fortifi-
Mongrando, incrociando proprio nei pressi
di Quinto l’importante fascia di percorsi cazioni di fondazione o controllo signorile e vescovile 4.
che, tramite Novara e Vercelli, collegava la Nel caso di Verrone – forse un fondo privato legato a partire dal XII secolo
pianura padana a Ivrea e quindi ai valichi
alpini. Cfr. V. VIALE, Vercelli e il Vercellese alla famiglia de Verono 5 – la presenza di una struttura fortificata attestata dagli
nell’antichità. Profilo storico, ritrovamenti e scavi archeologici in un tempo antecedente al XIII secolo 6, epoca in cui il
notizie, Vercelli 1971, p. 51; G. GANDINO,
Per una lettura del medioevo biellese, in G.
«castrum veroni» compare nelle fonti scritte (1282), deve aver favorito l’attra-
ROMANO (a cura di), Museo del territorio zione di forme insediative rurali a carattere sparso e la conseguente fonda-
biellese. Ricerche e proposte, Biella 1990, p. zione, in un’area solcata da una fascia di percorsi 7 secondari che dovevano col-
70; F. VERCELLA BAGLIONE, Il percorso della
strada Vercelli-Ivrea in età romana e medie- legare Vercelli con Mongrando e di qui attraverso il Canavese alla Valle
vale, in «BSBS», XC (1992), pp. 613-633; d’Aosta 8, del titulus o rettoria di nostro interesse, non è dato a sapersi se su
F. VERCELLA BAGLIONE, Alcune considera-
zioni sul percorso vercellese della strada diretta committenza feudale, anche se plausibilmente ipotizzabile.
Pavia-Torino in età romana e medievale, in Delmo Lebole nella sua opera sulla Chiesa biellese ne fissa in via ipotetica
«BSV», XXII (1993), n. 1, pp. 5-42, e inol-
tre G. PANTÒ, Strutture e ospitalità a Ver- la fondazione al X secolo, sulla scorta dell’analisi della muratura ancora visi-
celli nel Medioevo. Dati archeologici. Le vie bile nel sottotetto delle navate laterali disposta «ad opus incertum» con pietre
del Medioevo, Atti dei Convegni di Torino
del 20 ottobre 1994 e del 16 ottobre 1996,
irregolari 9. Un’ispezione del sottotetto delle navate centrale e laterale sinistra,
Torino 1998, pp. 91-117. le uniche accessibili, ha messo in luce la presenza di due grandi fasi e di diverse
104 ANTONELLA PERIN
Albero genealogico dei Vialardi di Verrone, secolo XVII, particolare della Parrocchiale
collezione privata
L’ARCHITETTURA DELLA PARROCCHIALE TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA 105
9
D. LEBOLE, Storia della Chiesa Biellese. riprese che la difficoltà di lettura non permette di datare con tale precisione.
Le pievi di Vittimulo e Puliaco I, Biella
1979, p. 647. Sulla scorta della semplice valutazione sulle murature l’indicazione che ne può
10
La datazione della muratura a ciottoli derivare è quella di un “prima” e un “dopo”. Lo stadio più antico – caratte-
disposti irregolarmente risulta difficile in rizzato da ciottoli non in corsi regolari legati da malta – doveva delimitare lo
un’area come il Biellese dove l’uso della
pietra nella produzione architettonica ca-
spazio di una struttura di dimensioni corrispondenti all’incirca alle prime due
ratterizza diversi secoli. Similitudini pos- campate della navata centrale, forse una cappella. Sebbene questo dato possa
sono essere riscontrate con la muratura essere interessante indizio della presenza di una struttura antecedente alla fine
della chiesa di San Secondo di Magnano
risalente al secolo XI. Per un’analisi delle del XIII secolo 10, esso appare ancora troppo generico se non supportato da
murature in periodo romanico nel Biellese, altri elementi derivabili da un rilievo accurato dell’edificio e della parte mura-
cfr. D. DE BERNARDI FERRERO, L’architettura
romanica nella diocesi di Biella, Biella 1959. ria, da saggi sui pilastri sottostanti e da indagini archeologiche, utili per for-
11
T. VIALARDI DI SANDIGLIANO, I Vialardi mulare una scansione cronologica volta a precisare maggiormente la stratifica-
di Verrone, in questo volume, pp. 45 sgg. zione del costruito.
12
L’Archivio Parrocchiale, ancora con- Il vincolo tra i Vialardi e Verrone – documentato per la prima volta nel
sultato da Borello, risulta oggi disperso.
1277 – dovette determinare nuovi assetti e trasformazioni delle tracce mate-
13
Achille Borello, poi ripreso da Delmo
Lebole (Un paese nel tempo. Verrone nelle
riali presenti sul territorio (struttura fortificata e chiesa) che, come già ricor-
memorie di Don Achille Borello riviste ed dato, allo scadere del XIII secolo appaiono per la prima volta in attestazioni
aggiornate da Mons. Delmo Lebole, Viglia- scritte 11. Nella sconsolante assenza di materiale documentario 12 le poche carte
no Biellese 1997, p. 25 – rist. anastatica di
A. BORELLO, Verrone brevi memorie stori- bassomedievali, per lo più nomine di rettori, evidenziano un diretto controllo
che, Biella 1926 –; D. LEBOLE, La Chiesa signorile. Il legame tra i Vialardi e la chiesa 13 è accertabile con continuità a par-
Biellese nella Storia e nell’Arte, Biella 1962,
p. 195) ricorda una dotazione della chiesa tire dal 1346 14, nel 1351 (memoria della fondazione da parte loro della cap-
di San Lorenzo da parte della famiglia pellanìa di Santa Maria) 15, nel 1361 16 e oltre 17; un patronato quasi esclusivo,
Vialardi nel XII secolo sulla scorta delle durato fino al 1837 18 e espresso attraverso la dotazione finalizzata alla realiz-
indicazioni riportate da L. Tettoni e F.
Saladini nel Teatro Araldico, indicazione zazione di opere architettoniche, imprese decorative e arredi fissi.
che avrebbe potuto rivelarsi significativa A partire dalla metà del XIV secolo e in seguito ai pericoli incombenti sul
per stabilire il nesso più antico tra i Vialar-
di e l’edificio religioso, se un’attenta analisi Biellese, territorio sottoposto alla pressione delle mire espansionistiche
del testo non avesse evidenziato l’estrema sabaude, i Vialardi come altre famiglie feudali attuarono una politica di raffor-
genericità dell’informazione (L. TETTONI, F.
SALADINI, Teatro Araldico ovvero Raccolta
zamento della linea di difesa di pianura, cedendo i beni in posizione rilevata:
Generale delle Armi ed Insegne gentilizie emblematica a questo proposito fu l’alienazione dei beni e del castello di
delle più illustri e nobili casate che esiste- Mosso (1347). Ne derivò, tra Tre e Quattrocento, il riassetto dei castelli di
rono un tempo e che tuttora fioriscono in
tutta l’Italia, Milano 1847, vol. VII, Fami- Sandigliano, di Ysengarda e di Verrone, nonché la fondazione del ricetto di
glia Vialardi di Verrone, Sandigliano, Mon- Candelo, costruito su terreni di loro proprietà 19. Il giuramento di fedeltà ai
grando ecc., s.n.p.). L’antichità del patro-
nato Vialardi su San Lorenzo è invece più
Savoia da parte di Simone, figlio di Rolandino [Vialardi di Verrone] del 19 feb-
attendibilmente documentato da una lapi- braio 1373 20 dovette avviare per Verrone un periodo di maggior tranquillità,
de settecentesca (1724) ancora conservata isolando il feudo da quel tormentato clima politico e militare che portò all’an-
in chiesa: […] DVODECIMO VLTRA
SECVLO GVIDALARDORVM VERONI nessione sabauda di Biella nel 1379 e di Vercelli nel 1427 e determinando un
DOMINORVM GVIDALARDVS, HOC clima favorevole al rinnovamento architettonico che interessò i due poli del
COSPICVVM TER ANTIQVVM, ET
PROPIVM AVVORVM SACELLVM AN- potere signorile: la residenza fortificata 21 e la chiesa di San Lorenzo, intesa
TONIVS BERNARDINVS, FRANCISCI come luogo eletto a sepolcro famigliare.
BERNARDI, EX CONDOMINIS VERO-
NI, ET PRIMVS VERONI, SPLENDIDE
Ricerche recenti hanno evidenziato nella seconda metà del Trecento una
ORNAVIT, ET RENOVAVIT […]. presenza costante dei Vialardi a Verrone tanto da supporre una residenza sta-
14
BSm Torino, ms. Torelli, atto del 13 bile 22. Nella seconda metà del XIV secolo, accanto ai feudatari, risulta poi atte-
settembre 1346 in cui Rolando Vialardi di stata una Comunità che mediante i suoi rappresentanti figura negli atti pub-
Verrone nomina Giacomo Sappellani ret-
tore della chiesa di San Lorenzo e inoltre blici 23, fatto che presuppone l’esistenza di un insediamento dai caratteri oggi
AS Biella, Famiglia Vialardi di Verrone, non più ricostruibili per mancanza di tracce fisiche. Uno stanziamento protetto
mazzo 1, fasc. 2. L’indicazione delle nomi-
ne del 1346 e 1361 è contenuta nella sen-
(secoli XIII-XIV) di cui sono state individuate tracce circostanti il nucleo
tenza del 24 gennaio 1590 contro la fami- signorile più antico 24, e forse piccoli nuclei rurali che dovettero determinare
glia Ferrero Fieschi di Masserano preten- l’aumento di importanza della chiesa di San Lorenzo e l’assunzione da parte di
dente anch’essa il juspatronato della chiesa
di Verrone. essa dei diritti parrocchiali (decime, sepolture e amministrazione dei sacra-
15
BSm Torino, ms. Torelli, atto del 13 menti), fenomeno plausibilmente arrivato a un buon grado di maturazione nel
dicembre 1351 in cui la Comunità di Ver- Trecento in seguito al lento declino di Puliaco 25 in favore di Salussola 26, inse-
rone e i Vialardi nominano alla clericatura
di San Lorenzo Francino di Rolandino di diamento d’altura fortificato nella seconda metà del XIV secolo 27, sorto attorno
Verrone. alla chiesa di Santa Maria Assunta divenuta sede di collegiata nel 1413 28. Da
16
Ibidem, atto del 12 novembre 1361 questo processo – ascrivibile alla lenta disgregazione del sistema pievano ben
con cui i Vialardi nominano alla rettoria di
San Lorenzo di Verrone Giovanni de Ast
delineata per la diocesi di Vercelli da Aldo Angelo Settia 29 – dovette insorgere
fu Pietro di Vettigné. l’esigenza di un ingrandimento dell’edificio religioso, in un momento in cui
17
Ibidem, atto del 30 marzo 1384 in cui stava per compiersi quel percorso che avrebbe portato alle circoscrizioni
106 ANTONELLA PERIN
F
1
A. ROCCAVILLA, L’Arte nel Biellese, Biel- u Roccavilla nel 1905 a dare per primo notizia dell’esistenza nella Par-
la 1905, p. 140.
2
rocchiale di Verrone di una vetrata raffigurante la Vergine col Bambino
Ibidem, fig. 205 p. 139.
3
L. MALLÉ, Museo Civico di Torino. Ve-
e S. Giuseppe 1. L’immagine allora pubblicata 2, per quanto di minuscole
tri, vetrate, giade, cristalli di rocca e pietre dimensioni, documentava una situazione simile all’attuale, ma con la veste
dure, Torino 1971, pp. 279-273; V. NATALE, della Vergine, oggi vistosamente lacunosa, ancora perfettamente conservata. Il
Committenze e artisti a Biella nella prima
metà del secolo, in V. NATALE (a cura di), manufatto si compone di una parte inferiore, ove è inserito un ovale che rac-
Arti figurative a Biella e a Vercelli. Il Cin- chiude lo stemma dei Vialardi entro una cartella a volute, e di una parte prin-
quecento, Biella 2003, pp. 21-54, in parti-
colare p. 41. cipale raffigurante l’Adorazione dei Magi. La scena presenta in realtà uno solo
4
A. ROCCAVILLA, Altre opere di antichi dei re, inginocchiato nell’atto di offrire un cofanetto ricolmo di monete d’oro,
pittori vercellesi nel Biellese, in «La Rivista allineate con sistematico ordine entro il prezioso contenitore. La Madonna col
Biellese», IV (1924), pp. 16-17.
5
Bambino in grembo è seduta sotto un baldacchino, il cui tendaggio verde,
L. MALLÉ, Una vetrata spanzottesca
inedita a Verrone Biellese, in «Biella», I (di- avvolto intorno a una delle due colonne laterali, è stato scostato per permet-
cembre 1962), s.n.p. tere la visione della scena. Giuseppe si affaccia alle loro spalle, appoggiato a
6
V. VIALE, Gotico e Rinascimento in Pie- un muretto oltre al quale la veduta si apre sulla sinistra verso colonne e un arco
monte, Catalogo della mostra, Torino 1939,
pp. 221-222; M. BERNARDI, Il Museo Civico in rovina e, più in lontananza, verso un borgo fortificato.
d’arte antica di Palazzo Madama a Torino, Sempre Roccavilla descriveva la vetrata nella cappella della navata laterale
Torino 1954, pp. 68-69.
7
P. TOESCA, Aosta, catalogo delle cose
sinistra ove sarebbe rimasta almeno fino al 1979, quando risultava inserita
d’arte e di antichità, a cura del Ministero entro l’ampia cornice a fogliami di fattura tardo ottocentesca, che ancora lì si
della Pubblica Istruzione, Roma 1911, p. conserva, oggi accoppiata, con risultati di dubbia efficacia, a una trasparenza
91, nota 112, e p. 126.
8
N. GABRIELLI, Rappresentazioni sacre e
fotografica moderna. La parte più antica dell’insieme è stata nel frattempo
profane nel castello di Issogne e la pittura ricoverata, per motivi di sicurezza più che giustificati di fronte alla preziosità
nella valle d’Aosta alla fine del 1400, Tori- dell’oggetto, in un ambiente di servizio.
no 1959, pp. 63-91; L. MALLÉ, Una vetrata
spanzottesca inedita a Verrone Biellese, cit.; Roccavilla aveva accostato l’opera alle vetrate dipinte allora ancora con-
L. MALLÉ, Museo Civico di Torino. Vetri, ve- servate in palazzo Ternengo al Piazzo e oggi al Museo di Palazzo Madama3, e
trate, giade, cristalli di rocca e pietre dure,
cit., pp. 264-266. riteneva l’autore di origine Vercellese; qualche anno dopo si sarebbe spinto a
9
A. M. BRIZIO, Le vetrate della Catte- ipotizzarne la fattura da parte di quello stesso Giosuè Oldoni di cui aveva rin-
drale e della Collegiata di S. Orso ad Aosta, venuto la firma nel coro4. L’oggetto sembra quindi essere stato dimenticato per
in La Valle d’Aosta. Relazioni e comunica-
zioni presentate al XXXI Congresso storico alcuni decenni, fino a che Mallé non lo mise correttamente in relazione con un
subalpino, Aosta 9-11 settembre 1956, Tori- gruppo di vetrate che si dividono tra l’abside e la navata della cattedrale di
no 1958, pp. 365-379.
10
Aosta, l’abside della chiesa di Sant’Orso nella stessa città e il Museo di Palazzo
B. ORLANDONI, La produzione artistica
ad Aosta durante il tardo medioevo, in M. Madama a Torino, con provenienza dal castello di Issogne5. Questo collega-
CUAZ (a cura di), Aosta. Progetto per una mento è stato da allora unanimamente accettato dalla critica, che si è però a
storia della città, Aosta 1987, p. 229, nota
154 (con parziale ritrattazione in B. ORLAN- lungo divisa sulla analisi storico-artistica del gruppo. Sostanzialmente il dibat-
DONI, Artigiani e artisti in Valle d’Aosta tito ha visto inizialmente taluno evidenziare soprattutto orientamenti verso
dal XIII secolo all’epoca napoleonica, Ivrea
1998, pp. 389-390); E. ROSSETTI BREZZI, l’arte francese6 o franco-svizzera7, altri enfatizzare piuttosto la presenza di
scheda 57, in S. PETTENATI, G. ROMANO (a influenze ferraresi, con richiami alla pittura piemontese e a Martino Spanzotti
cura di), Il tesoro della città, Catalogo della
mostra, Torino 1996, p. 57; ma soprattut- in particolare8, e altri ancora circoscrivere i legami soprattutto all’arte locale
to si veda E. DOLINO, Le vetrate, in B. valdostana9.
ORLANDONI, E. ROSSETTI BREZZI (a cura di),
Sant’Orso di Aosta, Aosta 2001, pp. 205- Più recentemente la vetrata di Verrone, quelle di Palazzo Madama e alcune
218. di quelle di Aosta sono state collegate al nome di Pietro Vaser, documentato
come factor verreriarum presso il castello di Issogne e presso Sant’Orso di
Aosta dal 1498 al 1504 per Giorgio di Challant, feudatario del castello e abate
commendatario di Sant’Orso10. Il nome Vaser, comune a diversi artisti attivi a
Ginevra durante il Quattro e l’inizio del Cinquecento, permette di ipotizzare
112 VITTORIO NATALE
una appartenenza ginevrina anche per il nostro artista, appartenenza suggerita Giosuè Oldoni, Circoncisione;
anche dall’analisi dello stile delle opere in considerazione. Alcuni elementi Presentazione di Gesù al tempio, ,
Parrocchiale di San Lorenzo
infatti, e fra questi le curiose deformazioni fisionomiche che concorrono a ren-
dere sproporzionatamente ampia a Verrone la fronte della Vergine, sono
comuni alla produzione di area tedesca, confrontabili ad esempio con alcune
sculture lignee prodotte nell’orbita del brissinese Hans Klocker 11, e la città
svizzera si caratterizzò proprio come centro di coagulo di differenti correnti
artistiche, provenienti anche dall’area tedesca oltre che fiamminga e borgo-
gnona.
Le affinità più evidenti – nelle fisionomie, nei panneggi scheggiati e
profondi, negli elementi architettonici, nelle improvvise accensioni cromatiche
fra la preponderanza dei grigi, nelle stesse dimensioni – uniscono la vetrata di
Verrone alla Fuga in Egitto e alla Disputa di Gesù nel tempio di Palazzo
Madama, provenienti, come abbiamo visto, da Issogne. Carattere molto vicino
hanno anche alcuni particolari in Sant’Orso, dove un confronto può essere isti-
tuito soprattutto con il san Giovanni Battista, nella parte inferiore del quale i
tendaggi che scoprono lo stemma Challant si annodano intorno alle colonne in
modo simile a Verrone. Meno appariscenti, forse anche per lo stato scompo-
sto e frammentario di alcune vetrate, le identità di mano con il ciclo della cat-
tedrale.
Queste somiglianze strettissime hanno posto, e pongono tuttora, il pro-
blema della provenienza della vetrata di Verrone. Una originaria appartenenza
alla Parrocchiale è assai improbabile, anche in considerazione delle caratteri-
stiche architettoniche della chiesa. D’altronde la parte più antica della vetrata,
che possiamo datare intorno al 1500, ha sicuramente subito, come abbiamo
visto, almeno un adattamento durante la seconda metà del secolo XIX, e forse
un primo completamento durante la seconda metà del Cinquecento; a que-
st’epoca risale, presumibilmente, la confezione dello stemma Vialardi sotto-
stante, che potrebbe essere avvenuto in loco.
Sulla base di queste considerazioni è stata avanzata l’ipotesi di una prove-
nienza dell’oggetto dalla Valle d’Aosta. Elena Rossetti Brezzi ha tuttavia recen- 11
Cfr., fra le altre, la Madonna col Bam-
temente potuto escludere, per considerazioni di carattere soprattutto icono- bino già sull’altare maggiore della chiesa
grafico, che la vetrata potesse completare nella cappella del castello di Issogne dei Santi Vittore e Corona a Canonica, in
E. CASTELNUOVO (a cura di), Imago lignea.
il ciclo a cui appartenevano anche i due esemplari del Museo di Palazzo Sculture lignee nel Trentino dal XIII al XVI
Madama. Motivi analoghi rendono improbabile anche una collocazione in secolo, Trento 1989, fig. p. 183.
LA VETRATA DELLA ADORAZIONE DEI MAGI E GLI AFFRESCHI 115
12
V. NATALE (a cura di), Arti figurative a Sant’Orso. Non possiamo quindi attualmente escludere, a causa della man-
Biella e a Vercelli. Il Cinquecento, cit., p. 41
e nota 79 p. 52. canza di certezze su una pertinenza valdostana, che l’Adorazione dei Magi di
13
Antonio dei Signori di Verrone fu prio- Verrone, benché opera di un artista ginevrino attivo prevalentemente in Valle
re di Rougemont, nel comitato di Gruyère, d’Aosta, e nonostante l’assenza di convincenti confronti nel Biellese, possa
dal 1482 al 1487. Nel primo atto del suo
priorato (1482) compaiono come testi due
provenire da un edificio sacro del circondario biellese. I rapporti fra Biella e
dei suoi fratelli, Bernardo, Segretario di la Valle d’Aosta dovettero del resto essere tutt’altro che infrequenti, come
Stato nel 1483, e Pietro, ambasciatore dal dimostra anche la sopravvivenza in collezione privata di due statue lignee già
1475 del conte Francesco di Gruyère, mare-
sciallo del duca di Savoia. Un altro fratello, in San Germano a Tollegno, di pertinenza valdostana e risalenti alla seconda
Giacomo, fu castellano di Rougemont dal metà del Quattrocento 12. Oltre a ciò, i fitti rapporti documentati negli ultimi
1497 al 1498. Ancora nel 1493 Pietro fu te-
ste alla donazione del paese di Mannenberg
decenni del Quattrocento tra i Vialardi di Verrone e la Svizzera, e in partico-
alla città di Berna da parte di Claude de lare con Rougemont, nel Bernese meridionale, delineano uno scenario di
Seyssel a nome del figlio di Francesco II, diretta conoscenza della cultura d’oltralpe che potrebbe aiutarci e meglio com-
conte di Gruyère. AVdSF, Famiglia Vialardi
di Verrone, schedatura TVS. prendere l’eccentrica presenza della vetrata della Parrocchiale 13.
14
Un candidato al ruolo di committente
degli affreschi è Bernardo Vialardi di Ver-
rone, figlio di Bernardino (cfr. nota 13), GLI AFFRESCHI DI GIOSUÈ OLDONI
che sposa a Verrone Maddalena di Sandi-
gliano nel 1518. Dalla parte opposta del-
l’affresco corrisponde invece la seguente Particolare interesse per la storia della chiesa rivestono gli affreschi che
ornano l’ultima lunetta sinistra della navata centrale. Essi sono accompagnati
da una iscrizione, realizzata su una cartella che si finge elegantemente appesa
al cornicione con un nastro svolazzante, che ne documenta la fattura da parte
di Giosuè Oldoni nel 1518: 1518 DIE 28 / JUNII M[AGISTER] JOSUE / DE
OLDONIBUS P[INXIT] 14. La scritta era già stata rilevata da Roccavilla, quando
Gaspare Fornerio da Ponderano e
restauratore del secolo XX, Madonna però le raffigurazioni soprastanti erano ancora sotto scialbo e non visibili, e
in trono allattante e san Sebastiano, quindi riferita erroneamente ai due santi Lorenzo e Domenico che ornano la
circa, Parrocchiale di San Lorenzo vicina cappella laterale 15. Gli affreschi della lunetta furono invece rimessi in
luce nel 195816 e si presentano oggi, dopo l’ultimo restauro del 1992, in con-
dizioni di conservazione non ottimali, ma non tali da risultare totalmente illeg-
gibili. Essi raffigurano, entro cornici che imitano un nastro intrecciato e che
spartiscono in due lo spazio, a sinistra la Circoncisione e a destra la Presen-
tazione di Gesù al tempio. Nella scena di sinistra il Bambino è ormai nelle mani
del sacerdote, che esegue la delicata operazione, e delle sue assistenti, mentre
ai lati Maria e Giuseppe, riconoscibili per l’aureola dorata, assistono al rito. A
destra invece Simeone sorregge tramite un panno bianco – probabile prefigu-
razione della sindone e del martirio – Gesù, che gli è stato presentato dalla
Vergine e da Giuseppe, seguiti da una ancella con un canestro di vimini, con-
tenitore della tradizionale offerta delle due tortore. Probabilmente il dipinto è
solo la parte superstite di un ciclo che, dedicato alla vita di Cristo, doveva
distribuirsi anche lungo le altre lunette della chiesa.
Quella di Verrone è attualmente l’unica opera nota di Giosuè Oldoni, ma
diversi documenti d’archivio, raccolti perlopiù da Alessandro Baudi di
Vesme17, ci trasmettono notizie di notevole interesse su questo artista. Egli era
figlio del pittore milanese Boniforte, residente a Vercelli almeno dal 1462, e
aveva un considerevole numero di fratelli che esercitavano, come lui, il
mestiere del padre: alcuni nati da un primo matrimonio (Ercole, Diofebo,
Eleazaro), altri dalla sua stessa madre (Efraim e Ismaele). La prima notizia di
Giosuè risale al 1488 e lo vede, cittadino residente a Vercelli, stendere testa-
mento in previsione di un viaggio «in longinquas partes Rome». Giosuè
avrebbe quindi compiuto durante la gioventù un viaggio a Roma, un viaggio
presumibilmente formativo, alla scoperta delle vestigia delle antichità classiche
che costituivano allora un bagaglio fondamentale per un artista che volesse
perseguire la pittura “moderna”. La sua pittura, come vedremo piuttosto
orientata verso la cultura lombarda, non ci restituisce tracce in grado di con-
fermare l’effettivo svolgimento di un soggiorno romano. Il fatto che suo fra-
tello Ismaele, in quello stesso anno, stilasse anche lui testamento prima di
116 VITTORIO NATALE
recarsi «in partibus Francie et ad longinquas partes» sembra collocare questi scritta: 1503 DIE 18 AVG / CV[N]SE-
CRATA FVIT ECC[LESIA] / ISTA P. R.
viaggi all’interno di una ben studiata strategia famigliare di aggiornamento D. D. IVLIVM / GALAR EP[ISCOPUM]
della cultura figurativa della bottega. Ismaele compare comunque di nuovo già SALONE[N]SE[M]; il riferimento è a Giu-
lio Gailardi, preposto novarese che fu ve-
a Vercelli nel 1490 e Giosuè nell’aprile del 1493, in due atti particolarmente scovo della diocesi greca di Salone. Sotto
significativi. Il primo ci informa che il pittore è nuovamente in procinto di l’intonaco dipinto affiorano, nell’angolo in-
feriore sinistro, tracce di uno strato più
assentarsi «a civitate Vercellarum et ad longinquas partes accedere», il secondo antico, anch’esso ornato da una bordura.
lo vede in compagnia di Ludovico de Donati, probabile fratello degli scultori 15
A. ROCCAVILLA, Altre opere di antichi
in legno Giovanni Ambrogio e Giovanni Pietro, pittore di origine milanese che pittori vercellesi nel Biellese, cit., p. 16.
risiedette a Vercelli dal 1491 al 1494 come collaboratore di Eleazaro Oldoni. 16
D. LEBOLE, Storia della Chiesa Biellese.
Le pievi di Vittimulo e Puliaco I, Biella
Nel 1498 poi Giosuè acquista dai fratelli una casa a Milano e si libera con- 1979, p. 647.
temporaneamente di proprietà vercellesi, per sparire dai documenti locali fino 17
[A. BAUDI DI VESME], Schede Vesme.
al settembre del 1517, poco prima di iniziare a lavorare a Verrone. Tanti pic- L’Arte in Piemonte, Torino 1982, vol. IV,
pp. 1517-1539.
coli indizi che portano tutti verso Milano e la Lombardia, dove Giosuè 18
Si veda in particolare il Compianto del
potrebbe aver soggiornato a lungo, forse, come anche l’aspetto dei suoi affre- Musée d’Art et d’Histoire di Ginevra (M.
schi lascerebbe supporre, in rapporto con Ludovico de Donati. NATALE, Peintures italiennes du XVIe au
XVIIIe siècle, Ginevra 1979, tav. 44).
Pur con qualche sopravvivenza di gusto più provinciale, come il vistoso 19
D. LEBOLE, Storia della Chiesa Biellese.
decoro a melograni utilizzato per il tessuto nella Circoncisione, e nonostante il Le pievi di Vittimulo e Puliaco I, cit., fig. p.
carattere evanescente di parte delle raffigurazioni, Giosuè si dimostra infatti 645 e pp. 647, 656.
20
aggiornato sulla coeva pittura lombarda, come dimostrano lo sfumato attento A. PERIN, L’architettura della Parroc-
chiale tra Medioevo ed Età Moderna, in
degli incarnati, di derivazione leonardesca, e le fattezze o i profili dei volti, che questo volume, pp. 103 sgg.
trovano non casuale corrispondenza nella produzione di Ludovico de 21
D. LEBOLE, Storia della Chiesa Biellese.
Donati 18. La pieve di Biella, Biella 1994, vol. VIII, p.
358.
22
D. LEBOLE, Storia della Chiesa Biellese.
La pieve di Biella, Biella 1992, vol. VII, p.
GLI AFFRESCHI DI GASPARE FORNERIO DA PONDERANO 281 e figg. pp. 284-285.
a destra:
Bottega degli Allasina,
San Domenico,
-, Parrocchiale
di San Lorenzo
23
D. LEBOLE, L’oratorio della Madonna affreschi dell’oratorio di Santa Maria delle Grazie a Benna, datati 1501, dove
delle Grazie di Benna e i suoi affreschi cin-
quecenteschi, in «Studi e ricerche sul Biel- è palmare la somiglianza del san Sebastiano, identico nella posa, anche se spe-
lese», Bollettino Docbi, 1992, pp. 119-126. culare23.
24
D. LEBOLE, Storia della Chiesa Biellese.
Pievi di Vittimulo e Puliaco I, cit., pp. 647-
658.
GLI AFFRESCHI DALLA BOTTEGA DEGLI ALLASINA
In capo alla navata destra, dalla parte opposta agli affreschi di Gaspare
Fornerio da Ponderano, sono visibili altri affreschi. Qui la Visita Pastorale del
1573 cita la presenza di un altare dedicato alla Vergine, che nella Visita
Pastorale del 1597 risulta aver cambiato destinazione per ospitare la compa-
gnia del Rosario e dove è documentata nel 1748 la presenza di una statua
lignea della Madonna24. Sulla parete sono raffigurati san Lorenzo e san
Domenico, inseriti all’interno di due finte nicchie che fiancheggiano la cavità
centrale. La presenza di san Domenico è da connettersi alla dedicazione della
cappella alla Madonna del Rosario, della cui compagnia l’Ordine domenicano
era considerato fondatore. Anche questi affreschi hanno subito qualche
recente integrazione minore, ma appaiono sostanzialmente, come conferma il
118 VITTORIO NATALE
A
1
A. ROCCAVILLA, L’Arte nel Biellese, l fondo della navata destra della Parrocchiale di Verrone l’attenzione è
Biella 1905, p. 83.
2
catturata dalla splendido battistero. La piramide lignea, in essenza di
D. LEBOLE, Storia della Chiesa Biellese.
Le pievi di Vittimulo e Puliaco I, Biella noce naturale, poggia su acquasantiera di pietra con piede quadrango-
1979, p. 641. lare modanato, due nodi con ampio fusto a bulbo intercluso e vasca svasata,
3
Ibidem, p. 641 e nota 89 p. 666. con decorazione a baccellatura e fascia terminale.
Originale in ACuV Biella.
4
Ibidem, pp. 7 e 568.
L’insieme del corpo ligneo, di pianta esagonale, presenta due lati lunghi e
quattro brevi. Il lato lungo anteriore mostra una struttura tripartita in senso
verticale; al centro è visibile una formella modanata, in forma di rettangolo ver-
ticale, decorata da girali di foglie d’acanto affrontati in senso destra/sinistra e
alto/basso, e con ovale intermedio con putto. Sui due fianchi della formella
due puttini telamoni, reggenti capitelli ionici, poggiano su mensole con motivo
a nastro ripiegato a spirale; inferiormente grande cespo d’acanto pure di anda-
mento a spirale.
I lati brevi sono costituiti da una formella modanata con all’interno motivo
vegetale simile al precedente, sviluppato sempre sin quasi a saturarne il campo.
Nella faccia frontale ed in quella di sinistra vi sono parti incernierate, per con-
sentire l’apertura sulla sottostante vasca, contenente l’acqua battesimale.
La parte superiore della struttura esagonale ora descritta è costituita da un
architrave con rosetta in corrispondenza delle lesene (lati lunghi) ed al centro
motivo a ghirlanda; sui lati brevi ancora motivo a ghirlanda. Oltre l’architrave
è un frontone curvilineo su ciascuno dei lati lunghi, e forte cornicione moda-
nato su quelli brevi.
Al di sopra del corpo esagono è presente un’edicola a base quadrata, con
arco a tutto sesto, cornicione orizzontale e sovrastante croce con bracci trilo-
bati. I montanti degli archi sono in forma di lesena con specchiatura decorata
a cascata, con foglie e frutti. Altra specchiatura decorata tra la lesena ed il cor-
nicione. Entro l’edicola, gruppo scultoreo raffigurante il Battesimo di Cristo.
Sui due fianchi, figure di angeli di aggraziate movenze.
La lunga descrizione sulla quale abbiamo indugiato vorrebbe fornire i con-
notati salienti di una tipologia di struttura intagliata piuttosto complessa e di
cui soltanto confronti ripetuti e analitici possono al meglio dipanare la classi-
ficazione stilistica e l’ambito di produzione, con conseguente necessità di
distinzioni di parti e di motivi decorativi.
Questo battistero risulta già pubblicato sin dal 1905 dal Roccavilla1 con
datazione al secolo XVI, perché ritenuto in connessione con importanti lavori
e restauri nella chiesa, effettuati a partire dal 1518. Esso è poi presentato dal
Lebole2 con datazione al 1694, come risulta dal testamento dell’8 aprile 1694
in cui il conte Carlo Francesco Vialardi, signore del castello e reggente, come
da tradizione, il patronato della chiesa, lascia un legato di lire 100 per «impie-
gare detta somma nella construttione e fabbrica d’un Fonte Baptesimale nella
sudetta Parochiale»3. Contestualmente, viene avanzata un’attribuzione ai Tem-
pia di Mortigliengo, sulla base della sua somiglianza col fonte di Bianzè.
Altrove, nello stesso testo4, si precisa come nel 1697 gli stessi Tempia aves-
sero scolpito anche il battistero della Parrocchiale di Magnonevolo, punto di
partenza per estendere la loro azione, per via di confronto stilistico, ai battisteri
120 FRANCO GUALANO
Fonte battesimale,
secolo XVI-XVII,
Parrocchiale di San
Lorenzo
IL BATTISTERO DEI TEMPIA DI MORTIGLIENGO 121
Fratelli Tempia di Mortigliengo,
piramide lignea intagliata, ,
Parrocchiale di San Lorenzo
5
D. LEBOLE, La Chiesa Biellese nella di Verrone, di Dorzano, nonché al pulpito e mobili di sacrestia nella Parroc-
Storia e nell’Arte, Biella 1962, vol. II, s.n.p.
[ma p. 9]. chiale di Cavaglià.
Su questi scultori, del resto, il medesimo studioso aveva già in precedenza5
raccolto una serie di notizie, più ampiamente indicando nel battistero ed altri
lavori eseguiti per la chiesa di Bianzè, a partire dal 1696, i termini di confronto
documentati per altri risarcimenti della loro azione artistica.
L’esame del manufatto, dobbiamo dire, soddisfa pienamente l’orizzonte
d’attesa costituito sulla base delle notizie sopra riferite, sia per quanto con-
cerne la datazione, sia per la proposta d’attribuzione.
È infatti quasi ovvia osservazione che, mentre una datazione cinquecente-
sca può ben risultare pertinente per la base in pietra, di tipologia assai lineare
e non mostrante le tipiche decorazioni vegetali complesse, con ghirlande, strac-
cetti pendenti, testine di putti che figurano più di frequente nelle analoghe
opere del secolo successivo, la piramide lignea è realizzazione assai posteriore,
che dunque s’appoggia ad una vasca di reimpiego. La situazione è del resto
analoga al caso di Magnonevolo e ben diversa da quella delle vasche secente-
sche di Bianzè o di Salussola.
È poi giusto rilevare, per la parte lignea, come tutta quanta la porzione
inferiore del manufatto, sino al timpano compreso, dei due battisteri di
Verrone e Magnonevolo risulti molto simile per impostazione (anche se con
notevoli varianti decorative), ad eccezione dello zoccolo con plinti, che non
122 FRANCO GUALANO
6
compare a Verrone. La parte superiore appare tuttavia del tutto dissimile nel D. LEBOLE, Storia della Chiesa Biellese.
Le pievi di Vittimulo e Puliaco I, cit., p. 143.
suo disegno, né le figure a tutto tondo paiono realmente confrontabili, a
motivo della maggior finezza di quelle di Verrone. Per altro verso, i motivi di
foglie d’acanto ritorte a voluta della lunga formella posta al centro d’ogni lato
della piramide di Verrone paiono più vicini, sia come disegno che come carat-
teri d’intaglio, a quelli dell’omologa formella del battistero di Dorzano 6, che
risulta invece piuttosto differente come tipologia generale.
È comunque nell’insieme dei mobili della chiesa di Bianzè, se realmente,
come pare, documentati ai Tempia a partire dal ’96, che si ritroverebbero,
sparse tra il battistero, la cattedra dei sacerdoti, il pulpito, motivi tipologici e
caratteri d’intaglio tali da far realmente inclinare ad un’attribuzione ai Tempia
di Mortigliengo anche per il battistero di Verrone, e con ben poco margine di
dubbio. Nei due battisteri, la struttura generale mostra indubbiamente lo
stesso modo d’intendere il manufatto, nella sua funzione rappresentativa e
celebrativa, con varianti che sembrano testimoniare più che altro la libertà e
la fantasia compositiva dell’abilissima bottega. Il motivo dei putti telamoni,
diverso nelle movenze e nei particolari di contorno, rivela tuttavia evidenti le
somiglianze d’intaglio, e finanche di fisionomia dei volti vivaci. Rivelatore è
IL BATTISTERO DEI TEMPIA DI MORTIGLIENGO 123
7
Datato al 1692. anche l’utilizzo di certi dettagli decorativi, come le rosette e le piccole ghir-
8
Datato al 1707-1708. lande all’altezza del cornicione. La stessa formella del lato anteriore rivela
identità di segno e medesimo ritmo compositivo, pur nella diversa elabora-
zione.
Ben più lontani sembrano inoltre rimanere, a confronto, i saggi lasciati
da altre pur notevoli personalità della zona, come ad esempio Bartolomeo
Termine nel battistero7 di San Giorgio a Vergnasco, altra località prossima, ed
anzi intermedia tra Verrone e Magnonevolo, ove ricorrono simili motivi a
girali, o Pietro Giuseppe Auregio nel pulpito e credenzoni8 della chiesa dei
Santi Giacomo e Stefano a Pettinengo, in qualche modo avvicinabile per i
putti ignudi delle parti figurate. Né vi sono elementi sufficienti ad ipotizzare,
qui, l’attività d’un altro maestro non ancor riconosciuto.
Non vi sono purtroppo ancora, all’attuale stato degli studi, notizie sui vari
componenti della famiglia dei Tempia, nativi di Mezzana Mortigliengo, nella
fascia prealpina tra Biella e Romagnano Sesia, ma di cui la sinora mancata
conoscenza dei nomi di battesimo ha impedito la ricerca di maggiori infor-
mazioni, che consentano il riferimento ad un singolo esecutore piuttosto che
ad un altro, sulla base di confronti relativi alle preferenze compositive, di
repertorio o di stretti aspetti di manualità. Ma nell’insieme, osservando i com-
plessi di cui si è riferito, emerge chiaro in essi un profilo di intagliatori di qua-
lità, tanto capaci di impostare con grande sicurezza strutture che uniscono
bellezza e funzionalità, quanto di maneggiare con disinvoltura un variato
repertorio decorativo a cavallo, per dir così, tra la tradizione manieristica e le
novità dell’epoca barocca. Non altrimenti si devono intendere i tanti motivi
presentati con incisività nei manufatti esaminati, con la fine degli anni ’90 del
Seicento come epoca d’un trapasso forse cruciale verso un decorativismo più
animatamente barocco, almeno nella piramide di Bianzè, dove si moltiplica la
presenza di elementi vegetali, sale l’animazione delle forme, e nelle figure il
moto s’accresce sin quasi a divenir passo di danza. Le formelle a girali della
cattedra di Bianzè sono nello stesso spirito, ma ancor più energiche, mentre
sui caratteri del pulpito avremmo qualche maggiore dubbio, a meno di
ammettere, nell’équipe, la presenza di artisti di mano e di gusto anche piutto-
sto diversi.
Certo, alla ricerca di decorazioni che si possano invece accostare fino in
fondo ai bellissimi puttini telamoni di Verrone, caratterizzati da una forte
espressività, per l’intaglio particolarmente morbido e plastico ed i connotati
di anatomia accurati oltre il solito, non è semplice rimaner soddisfatti: se
come tipologia (includente anche i sovrastanti capitelli ionici) più vicini
paiono piuttosto quelli della cattedra di Bianzè, è però evidente il dislivello di
qualità, a tutto vantaggio del nostro manufatto. Per non dire della libertà e
modernità di atteggiamento degli angioletti posti sopra il cornicione, che si
fatica a collocare tra quelli delle altre opere similari, o per altro verso dell’e-
dicola posta oltre il cornicione, di elegante, classica formulazione, malgrado
la decorazione densa, e caratterizzata dalle ferme, assorte figure del Battista e
del Cristo, di disegno quasi ancor manieristico, che rimane quasi un unicum
di cui sarebbe interessante ritrovare più dirette ascendenze.
Alla resa dei conti, v’è nel battistero di Verrone una corposità d’intaglio,
una nitidezza di forme, una compostezza monumentale che sembrano vera-
mente attingere al capolavoro, inteso anche come classica misura, se si può
dir così, pur nella passione per l’ornato curvilineo e ricco. La committenza vi
propone dunque un’opera di rango, in grado di staccarsi dal livello pur
apprezzabile degli altri manufatti della Parrocchiale, come il pulpito o gli
armadi di sacrestia.
Un’opera dunque privilegiata, e capace, per qualche via, di ritrovare il più
conscio e persuasivo utilizzo di temi in cui forse più schiettamente che altrove
124 FRANCO GUALANO
IL BATTISTERO DEI TEMPIA DI MORTIGLIENGO 125
9
Cfr. Storia di Milano, vol. X, parte si intravedono, sia pur declinati in formule particolarmente acclimatate nella
VIII, Le arti minori dalla metà del secolo
XVI al 1630, con la collaborazione di G. zona biellese, alcuni dei migliori caratteri nativi di altra precedente espe-
ROSA, Milano 1957, pp. 827 sgg. rienza: alludiamo a tutto il mondo della fantasia plastica lombardo-luganese,
10
L. MALLÉ, Storia delle arti figurative in fatta di putti, cartigli, volute, dense ghirlande e festoni di frutta che, appunto
Piemonte, Torino 1974, vol. II, p. 144.
11
tra Manierismo e Barocco, si estese progressivamente dal ducato milanese
G. ROMANO (a cura di), Arona sacra.
L’epoca dei Borromeo, Arona 1977, tavv. anche alle regioni vicine, non esclusi i territori piemontesi. E in questo senso
47-48 e 56 sgg. e relative schede a cura di sono forse maggiormente comprensibili anche certi aspetti delle decorazioni
G. GENTILE.
12
e delle figure del Battesimo di Cristo di Verrone, che paiono conservare qual-
A. PEDRINI, Il mobilio, gli ambienti e le
decorazioni nei secoli XVII e XVIII in Pie- che eco della tradizione milanese di scultori come i Taurin o dell’allievo e con-
monte, Torino 1953, fig. 433. tinuatore Daniele Ferrari, esprimentisi con esempi ricchissimi ed esuberante-
13
A. GRISERI, Itinerario di una provincia, mente figurati in complessi come quello degli stalli corali del duomo di
Cuneo s.d. [ma 1974], tav. 202. Un altro
capo d’opera capace di offrire diversi punti Milano, che conta anche figure singole elegantemente atteggiate, o quello
di contatto col nostro battistero è il coro della sacrestia di San Fedele9.
della chiesa abbaziale di San Pietro a Sa-
vigliano, già assegnato a Giorgio e Pietro
Forte ed estesa fu comunque la capacità di irradiazione di questo straor-
Botto (A. OLMO, Arte in Savigliano, Savi- dinario patrimonio decorativo, in lunga stratificazione temporale capace di
gliano 1978, p. 77), ma ultimamente non a includere, con opportuni aggiornamenti di forme e di spirito, anche la figu-
caso ricondotto a Bartolomeo Termine (G.
GENTILE, Sculture e scultori a Savigliano, in razione barocca.
G. ROMANO (a cura di), Realismo caravag- Tra gli esempi maggiori, se ne ritrovava ancora qualche traccia, nella
gesco e prodigio barocco. Da Molineri a
Taricco nella Grande Provincia, Savigliano nostra zona, anche nelle formelle con scene delle storie di Maria del sette-
1998, pp. 222-223). centesco pulpito di Pettinengo, proprio in questo senso di manufatto indu-
giante tra le due civiltà, a suo tempo, ricordato dal Mallé10, opera di quel
Pietro Giuseppe Auregio già da noi ricordato, insieme ad altro egregio inter-
prete come Bartolomeo Termine, di cui si era citato il battistero di Vergnasco
(1692), quasi ancor arcaico nei suoi decori e figure spaziati e calligrafici.
Il risultato complessivo, che s’addensa, in modo forse un po’ ritardatario
come impronta, intorno alla fine del secolo, per opera di questi ed altri autori
al momento purtroppo ancor meno conosciuti, è un’arte che nella zona
intorno a Biella sembra moltiplicare i suoi saggi su tutte le opere d’arredo, per
poi concentrare un’attenzione particolare sui pulpiti, che assumono talora
localmente caratteri di vero e proprio gigantismo, sia nella struttura che nel-
l’apparato decorativo (basti dire del capolavoro di Salussola) e sulle piramidi
dei battisteri che, se pur presenti, ovviamente, anche altrove, hanno qui una
densità di reperto ed un impegno stilistico davvero caratteristici.
Ma se ne possono cercare più ampiamente i segni guardando tanto verso
nord, ad esempio nella zona di Arona dove, nei repertori già approntati, si rie-
scono a confrontare svariate tipologie di opere, dai piccoli reliquiari, ai cori
monumentali, a interessanti disegni, già commentati nelle persuasive schede
di Guido Gentile11, quanto verso sud, scendendo sino alla capitale sabauda e
oltre, nei grandi cantieri delle regge, ma non solo.
In quest’ultima zona, tanto per esemplificare, sono soprattutto motivi
come quelli dei più volte ricordati putti telamoni, che nel Biellese in genere
sono raffigurati forse più frequentemente in abiti e in fattezze di un’impreci-
sabile adolescenza e, quand’anche in età infantile, sono sbozzati in modo più
asciutto, ma che invece a Verrone dei bambini paiono realmente proporre i
volti paffuti e la tenera pinguedine dei corpi, a trovare confronti davvero sor-
prendenti: si vedano, ad esempio, nel bellissimo repertorio di Augusto
Pedrini12, le figure degli armadi di sacrestia dei Santi Martiri a Torino, forse
di qualche anno più tardi, e in quello di Andreina Griseri13, quelle delle can-
torie della chiesa della Missione a Mondovì. Sono particolari che consentono,
più ancora di motivi come quelli delle volute delle mensole, dei girali d’acanto
o delle decorazioni di frutti a cascata che pervadono le sale dei palazzi della
corte, di sottolineare la persuasività e dunque la forza d’espansione d’un
Fratelli Tempia di Mortigliengo, repertorio certo maggiormente confrontabile, nello specifico, a livello locale,
piramide lignea intagliata,
particolare, dal , ma in grado di offrire rimandi interessanti e rivelatori anche a ben più largo
Parrocchiale di Bianzè (Vercelli) raggio.
126
127
129
1
G. BRACCO, Terra e fiscalità nel Pie-
L
’Archivio Storico del Comune di Verrone conserva una notevole serie di
monte sabaudo. Contributo per la ricerca,
Torino 1981, pp. 25 sgg. documenti e registri catastali che, integrata con altre fonti, reperibili
2
F. A. DUBOIN, C. DUBOIN (a cura di), segnatamente presso l’Archivio di Stato di Torino, consente di seguire,
Raccolta per ordine di materie delle leggi, come dal vivo, l’attuazione in ambito locale delle disposizioni che il governo
cioè editti, patenti e manifesti ecc., emanati
negli Stati di terraferma sino all’8 dicembre sabaudo emanò nel XVII e nel XVIII secolo nel quadro della sua politica di
1791 da’ sovrani della real casa di Savoia, perequazione tributaria. Lo scenario che ne risulta lascia scorgere altresì, nel-
Torino 1818-1869, tomo XX, libro 11, vol.
22, pp. 43 sgg. Per queste disposizioni e l’azione dei soggetti coinvolti – gli intendenti provinciali, i loro delegati, i rap-
per i provvedimenti in seguito citati, cfr. presentanti della Comunità, i titolari del feudo di Verrone e altri possidenti, i
anche D. BORIOLI, M. FERRARIS, A. PREMOLI,
La perequazione dei tributi nel Piemonte tecnici e i collaboratori impegnati nelle misurazioni e negli allibramenti, gli
sabaudo e la realizzazione della riforma avvocati patrimoniali e i magistrati investiti delle controversie connesse alle
fiscale nella prima metà del XVIII secolo, in
«BSBS», LXXXIII (1985, 1° semestre), pp.
catastazioni – le espressioni di una cultura complessa e di una società segnata
131-211. da tensioni e contrasti a vari livelli. Contestualmente alle diverse, successive
catastazioni, gli atti delle cause intentate dalla Comunità al fine di ottenere
un’ampia e proporzionata distribuzione dei carichi che su di essa gravavano, sì
da comprendervi, di là dalla ristretta cerchia dei proprietari allodiali che si
riconoscevano nell’istituzione comunale, alcuni soggetti che vantavano cospi-
cue immunità feudali, offrono interessanti vedute sullo stato del paese e dei
suoi abitanti, dal disastroso spopolamento perdurante per buona parte del
’600 sino alla ripresa settecentesca. L’insieme delle testimonianze emergenti
dalla lunga vicenda illumina così un capitolo non breve della storia del luogo
e ne lascia anche intuire alcuni precedenti. I Vialardi, consignori del feudo,
compaiono infatti quali titolari di una massa di beni enormemente superiore
all’insieme dei possedimenti dei particolari locali: una massa che, a conclusione
di quei ricorsi, i magistrati delegati dal sovrano, nel 1704, avrebbero dichia-
rato tutta di natura allodiale e quindi non più coperta dalle investiture feudali
e dalle pretese immunità; se ne può dedurre una situazione di antico dominio
patrimoniale, ma le sue origini e i suoi sviluppi esulano dai limiti di questo con-
tributo.
Con ordine del 6 maggio 1564 il duca Emanuele Filiberto dispose che il
tasso annuale introdotto tre anni avanti a carico delle Comunità fosse prele-
vato non solo attraverso una serie di imposizioni indirette ma anche, qualora
queste non bastassero, secondo il registro o estimo di soldo e libra, cioè sulla
base del catasto in cui erano registrati e allibrati i beni dei particolari, e secondo
il quale venivano ripartite le taglie comunali 1. Questa imposizione e il suo
aumento nel 1624 resero più evidente l’esigenza di stabilire con certezza quali
terreni dovessero subire il carico fiscale – che gravava direttamente sulle
Comunità per contingenti e veniva da queste ripartito sui contribuenti – e
quindi di contrastare le immunità abusive facendo sì che tutti i possessori di
beni allodiali concorressero alle imposte. Carlo Emanuele I, con editto del 4
marzo 1606 2, decise che, oltre ai beni pertinenti al feudo e soggetti ai rispet-
tivi obblighi, e ai beni allodiali, soggetti al registro e ai rispettivi carichi, non
restasse «alcuna terza specie de’ beni dall’uno e dall’altro obbligo esenti et
immuni, non ostante ogni prescrittione, osservanza, consuetudine di tempo
immemorabile, et ogni conventione et affranchimento etiandio con le istesse
comunità contrario». Intento dichiarato, oltre alla cessazione dei contrasti
ricorrenti in materia tra feudatari e comunità, era quello di aumentare il
130 GUIDO GENTILE
ATTRAVERSO I CATASTI ANTICHI DEL COMUNE 131
3
Per la sentenza del 1610, cfr. AS To- numero dei contribuenti, riducendo i beni in questione sotto l’una delle due
rino, Sez. Riunite, Camerale Piemonte, Art.
830, fasc. 96, allegati alla memoria a specie, del feudo o del registro, sì da rendere «al generale dello Stato più leg-
stampa ‹‹Per risolvere i dubbi mossi per gero et agevole il pagamento, et alla Camera nostra più facile et esigibile la con-
parte della comunità di Verrone e del si-
gnor patrimoniale di S. A. R. contro il si- secutione delli dritti o per ragione di feudo o per ragione di registro». Il duca
gnor vassallo Antonio Bernardino Vialar- stabilì quindi che fossero considerati allodiali e restituiti al registro i terreni che
di››. Per la transazione del 1611, cfr. ibi-
dem, fasc. 104, ‹‹Per il Regio Patrimonio
al tempo dell’imposizione del tasso o sessant’anni prima vi risultassero iscritti
assistente il comune di Verrone contro li e concorrenti al pagamento dei carichi (compresi i beni che in detto tempo fos-
vassalli. Discorso legale pro veritate››. In sero stati levati e cancellati dai registri in virtù di affrancamenti e di conces-
tale discorso, databile agli ultimi anni del
’600 o ai primi del ’700, un avvocato patri- sioni fatte dalle comunità), mentre dovevan ritenersi feudali (e quindi immuni
moniale nega la validità di quella transa- dai carichi gravanti sui beni registrati nei catasti) quelli che nei detti tempi
zione poiché ‹‹costituir una cosa da allo-
diale a feudale, et e contra, non è del poter risultassero menzionati nelle investiture o nei consegnamenti feudali. Gli altri
privato ma del regale del principe››. terreni, non compresi nei detti tempi nei registri e da essi come sopra levati e
4
AS Torino, Sez. Riunite, Camerale Pie- cancellati, e nemmeno menzionati nelle investiture e nei consegnamenti, sareb-
monte, Art. 830, fasc. 44.
5
bero stati considerati (con una soluzione di mero accomodamento) come allo-
I supplicanti riferiscono altresì che due
parti del territorio sono gerbide e imbo- diali e soggetti a registrazione nel catasto, se si trovavano in terre direttamente
schite e che per ridurle a coltura e che frut- dipendenti dal sovrano, ovvero come feudali, se si trovavano nelle terre dei
tino conviene farle roncar e far grandi spe-
se. Chiedono quindi che coloro che pren- vassalli investiti della giurisdizione. Per Verrone i delegati all’esecuzione della
deranno questi terreni siano esentati dai tri- nuova legge sopra l’allodialità o feudalità dei beni di terza specie, con sentenza
buti per 20 anni. Il duca incarica la Camera
dei conti di dare il suo parere in proposito,
del 13 marzo 1610, avevano dichiarato «li beni campestri al presente tenuti
sentito il direttore della provincia. dalli signori di Verrone feudali», quindi, come tali, soggetti al pagamento del
laudemio e al consegnamento (colla rispettiva identificazione in numero di
giornate, regioni e coerenze) nelle mani dei commissari ducali ai fini di una
regolare investitura; eccettuati, però, quei beni che la Comunità provasse (nel
termine di quindici giorni) esser registrati nel suo catasto del 1554; e questi
sarebbero stati dichiarati allodiali, registrabili e collettabili. Ma poi la
Comunità accettò una transazione, conclusa il 5 maggio 1611, per cui venivano
dichiarati immuni dai sussidi e dalle cotizzazioni i beni allora posseduti dai
signori del luogo e costoro solo per i beni che successivamente avessero acqui-
stato da privati avrebbero dovuto concorrere al pagamento dei carichi 3.
In seguito, il governo ducale, per favorire una più efficace e rigorosa tenuta
dei registri, cioè del rilevamento e dell’estimo delle terre allodiali, agli effetti
fiscali, aveva sollecitato le Comunità a provvedere a una nuova misura e a
un’aggiornata registrazione dei terreni. Nel 1661 si era costituita una delega-
zione, trasformata nel 1663 in consiglio di Stato delegato, col compito di
«sopraintendere al buon governo dei comuni delle province di quà dai monti,
alla conservazione e reintegrazione dei loro registri, nonché all’imposizione e
ripartizione de’ pubblici carichi». Nel 1668 questa delegazione fu ricostituita
e l’anno seguente fu articolata su base provinciale.
In quel torno d’anni la Comunità di Verrone riemergeva a stento da una
lunga crisi che ne aveva quasi cancellato l’esistenza. Nel 1668 in Torino fu pub-
blicato a stampa un Memoriale a capi accordati da sua Altezza reale alli poveri
huomini del luogo di Verrone nel Vercellese comprendente le concessioni otte-
nute dal sovrano 4. Gli abitanti di Verrone vi espongono che le calamità belli-
che susseguitesi in quel secolo sin dal 1617 e il contagio del 1630 avevano reso
il luogo «affatto dishabitato» al punto che il tesoriere provinciale e il patrimo-
niale generale lo avevano considerato inesigibile, cioè non suscettibile di esa-
zioni fiscali. Ora, «essendosi repatriati da quattro in cinque capi di casa»,
costoro pur desiderando comportarsi da fedeli sudditi del duca, si trovano
«manchevoli di forze per la povertà, che in loro regna per mancanza di huo-
mini e bestiami et a causa del mancamento di questi [possono] raccogliere solo
qualche poco di melega e segala» 5. Il duca, rispondendo al memoriale il 18
dicembre 1667, concede agli uomini di Verrone che il tasso da essi dovuto sia
ridotto a un terzo; inoltre riduce e proroga altri tributi. I supplicanti chiedono
Cattastro della Communità di Verrone
formato nel anno , frontespizio, altresì «che detto luogo si possi ridurre in corpo di Comunità […] e si possi
ACom Verrone venir a cognitione, quali siano li beni feudali e quali gli allodiali, atteso che li
132 GUIDO GENTILE
vassalli Vialardi ne possedono gran quantità, e quali siano quelli della Chiesa Cattastro della Communità di Verrone,
antichi, e si possi formar un registro con l’allibramento de’ beni allodiali e for- particolare del frontespizio, ACom
mar quinternetti [cioè ruoli delle imposte] e impor la taglia a soldo e lira», cioè Verrone. Paesaggio decorativo con
presumibile rappresentazione del
in proporzione dei beni allibrati al catasto. Per far fronte alla spesa occorrente castello e nave armata in mare
alla misura del territorio e alla formazione del registro chiedono il condono di agitato, forse simboleggiante la
due anni di tasse, ma il duca risponde che «farà sentire alla Comunità suppli- Comunità
cante gli effetti della sua benignità» a lavori fatti e su presentazione di nota
delle spese sostenute 6. Peraltro «Sua Reale Maestà vuole che s’abbi riguardo
alla povertà de’ supplicanti e così incarica il gran cancelliere e il direttore della
provincia di formar un corpo di Comunità nel miglior modo che si potrà». La
Camera dei conti, interinando il 14 luglio 1668 le concessioni fatte dal duca,
ordina che il patrimoniale generale proceda alla visita del territorio di Verrone
e insieme subordina un intervento a tutela della Comunità contro le molestie
dei suoi creditori alla condizione che i consiglieri dimostrino la dovuta dili-
genza nell’imporre le taglie e i contribuenti nel pagarle.
La Comunità di Verrone, così ricostituita, dapprima fece ricerca di un cata-
sto sulla base del quale si potesse sapere quali beni fossero allodiali «per poter
fare l’imposto del denaro ducale e militare»: soltanto si rinvenne presso gli
eredi dell’agrimensore Giovan Francesco Caroli a Biella un registro privo delle
debite formalità, che pareva «fatto solo per aver la cognizione del valore dei
beni», ma mancava dell’allibramento 7. Si incaricò quindi l’agrimensore Bernar-
dino Agosto di Candelo di provvedere alla misura dei beni allodiali e alla for-
mazione di un nuovo registro. Queste operazioni furono eseguite entro l’aprile
del 1671 8. L’intendimento di sottoporre alla collettazione, cioè alle imposizioni
della Comunità e ai prelievi fiscali, tutti i beni allodiali esistenti nel territorio 6
Il generale di finanze conte Truchi
innescò peraltro un sempre più forte contenzioso con chi vantava ragioni di annota sulla copia del memoriale (ora con-
servata in AS Torino, Sez. Riunite, Came-
immunità. La Comunità mosse lite, lo stesso anno, contro Antonio Bernardino rale Piemonte, Art. 480, fasc. 44), in data
Vialardi di Verrone dinanzi alla Camera dei conti di Piemonte e nel 1675, con 19 febbraio 1672, che il duca, se la
Comunità avrà soddisfatto le condizioni
patenti del 30 maggio, il duca Carlo Emanuele II avocò a sé la causa delegan- della patente di grazie, «le farà erogare 300
dola a una commissione di alti magistrati: Giovanni Battista Novarina di San lire in aiuto della narrata miseria».
Sebastiano primo presidente del Senato di Piemonte, Marc’Aurelio Blanciardi 7
AS Torino, Sez. Riunite, Camerale Pie-
monte, Art. 830, fasc. 88. Dichiarazione del
primo presidente della Camera dei conti di Piemonte, il referendario Favetto Consiglio Comunale di Verrone in data 28
direttore della provincia di Vercelli, cui si erano successivamente aggiunti il marzo 1669. Calcolando il valore dei beni
si desumeva che l’allibramento o registro
marchese Tomaso Adalberto Pallavicino, secondo presidente della detta ascendesse a soldi 116.
Camera, e il senatore Giovanni Matteo Pastoris Mura 9. Ma nuove disposizioni 8
Cfr. nota dell’agrimensore Agosto, del-
venivano a incidere sugli sviluppi della controversia. l’8 aprile 1671, in ibidem, fasc. 44. L’im-
porto della spesa è indicato in lire 300.
Sotto la reggenza di Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, per dare 9
AS Torino, Sez. Riunite, Camerale Pie-
nuovo vigore alla riforma e alla conservazione dei registri comunali, si costituì monte, Atti per feudi, Art. 749, mazzo
il Magistrato straordinario per la riunione del registro, il quale con lettere 134/1, paragr. 4261.
patenti del 5 gennaio 1677 emanò sistematiche disposizioni per «una nuova 10
F. A. DUBOIN, C. DUBOIN (a cura di),
Raccolta per ordine di materie delle leggi,
misura generale de’ beni dello Stato di qua dai monti e la riforma dei catastri» 10. cioè editti, patenti e manifesti, ecc., cit.,
Il Magistrato straordinario, rivolgendosi ai sindaci, consoli e amministratori di tomo XX, libro 11, vol. 22, pp. 12 sgg.
ATTRAVERSO I CATASTI ANTICHI DEL COMUNE 133
11
Nel 1688 il patrimoniale Martinetti tutte le città e terre soggette al duca di Savoia di qua dai monti, ordinava che
dichiarava che «ben poche comunità [si
erano curate di] far procedere alla misura entro un anno si provvedesse alla misura generale di tutti i beni, compresi i
generale de’ beni esistenti nei loro territori feudali e quelli d’altra condizione, che non fossero già stati accatastati. Tutti i
e finaggi e far formare nuovi catasti». Cfr.
D. BORIOLI, M. FERRARIS, A. PREMOLI, La rispettivi possessori dovevano essere convocati per assistere alla nomina di
perequazione dei tributi nel Piemonte sabau- agrimensori «esperti e fedeli» e di persone idonee e ben informate che sapes-
do, cit., p. 154.
sero indicare i singoli beni, coi loro confini e coerenze. In seguito i possessori
dovevano esser convocati per assistere alla misurazione dei rispettivi beni e
farne la consegna o dichiarazione per l’iscrizione a catasto nelle rispettive
colonne o partite individuali. Nella rinnovazione del catasto si sarebbero
descritti a parte i beni che risultassero di condizione feudale o per altra ragione
immuni «non per alterar la loro natura, ma per evitar in avvenire l’incertezza
dei beni obbligati al concorso de’ carichi». Ad ogni buon conto i delegati alla
misura generale, prima che si iscrivessero nel catasto i beni che si pretende-
vano immuni, dovevano assumere prove sommarie sulla loro condizione e
informarne dettagliatamente il Magistrato che avrebbe poi fornito le istruzioni
del caso. Le controversie che insorgessero «sovra la qualità dei beni», cioè se
fossero «cattastrati o collettabili» (assoggettabili a imposta), dovevano esser
deferite al Magistrato straordinario, che avrebbe provveduto con ordinanze
sommarie in presenza dei procuratori delle parti interessate. Se nei nuovi cata-
sti non si ritrovavano beni che risultassero già descritti nei vecchi catasti se ne
doveva fornire spiegazione al fine di evitare ogni pregiudizio per il regio patri-
monio, cioè per il fisco, e prima di adire qualsiasi magistratura per la salva-
guardia o la reintegrazione del registro (cioè del complesso dei beni soggetti a
contribuzione) i comuni avrebbero dovuto informarne l’ufficio del Patri-
moniale (preposto alla tutela degli interessi patrimoniali e fiscali dello Stato)
per avere le istruzioni e il sostegno occorrenti alle loro azioni.
Nonostante le significative innovazioni portate da una tale disciplina, negli
anni seguenti poche comunità ottemperavano agli ordini del Magistrato straor-
dinario 11. Tra queste, la Comunità di Verrone si adoperava per aggiornare il
proprio catasto secondo la normativa ducale. Già nel 1677 essa presentava una
supplica alla duchessa reggente per lamentare che la speranza, accesasi colla
sua ricostituzione, di far concorrere tutto il registro dei beni allodiali alle
imposizioni aveva urtato nell’opposizione di vari personaggi. Tra costoro il vas-
sallo Antonio Bernardino Vialardi aveva anzi riportato dai delegati di S. A. R.
una sentenza a lui favorevole, che dichiarava la feudalità di vari beni da lui pos-
seduti. Altri – i conti di Ternengo, Carlo Francesco Vialardi di Verrone, gli
eredi di Giovanni Maria Vialardi – possedevano beni che in altri tempi ave-
vano concorso al pagamento dei carichi, ma che ora essi pretendevano esser
feudali, mentre la Comunità per la perdita delle sue carte e dei vecchi catasti,
causata dalle guerre e dalle calamità, non poteva dimostrare che fossero stati
collettati; talché essendosi il registro ridotto a poca cosa, il tasso e le altre debi-
ture gravavano in modo intollerabile su pochi particolari, al punto che costoro
134 GUIDO GENTILE
12
si accingevano ad abbandonare il luogo e i loro beni. I supplicanti pregavano AS Torino, Sez. Riunite, Camerale
Piemonte, Art. 830, fasc. 43; ibidem, Atti
perciò la Reggente di costringere, tramite il Patrimoniale, tutti i possessori dei per feudi, Art. 749, mazzo 134/1, paragr.
beni indebitamente sottratti alle contribuzioni a partecipare agli oneri fiscali o, 4260.
13
altrimenti, di ridurre questi oneri in modo che i pochi particolari fossero gra- Il registro era soltanto sottoscritto
«pro copia Caroli»: si trattava verosimil-
vati in proporzione del loro modesto registro e la Comunità non fosse vessata mente dello stesso cui si riferiva la dichia-
a causa dei renitenti. Della denuncia la duchessa reggente investì il 6 maggio razione del 1669. Cfr. nota 7.
1677 la Camera dei conti, e questa incaricò il referendario della città e pro-
vincia di Vercelli di recarsi a Verrone per informarsi sullo stato del registro; su
quanti beni non concorressero ai carichi e per quali ragioni; infine, con quali
mezzi si potesse reintegrare il registro 12. Il 5 luglio successivo, a Verrone,
dinanzi al referendario comparivano Giovan Pietro Garizzo e i consiglieri
Giacomo Pevararo e Domenico Tabia (a completare l’ordinario consiglio man-
cava Simone Scotone che proprio quel giorno era stato condotto nelle carceri
di Biella per i debiti della Comunità) e presentavano un registro privo di data,
del nome dell’agrimensore che lo aveva formato e di autenticazione notarile 13.
Da questo registro si ricavava che il totale allibramento dei beni descritti
ammontava a soldi 55 e denari 8, ma solo 23 soldi e 10 denari concorrevano
ATTRAVERSO I CATASTI ANTICHI DEL COMUNE 135
14
Agli effetti dell’estimo i terreni erano ai carichi 14. Simone Berta e Giovanni Oliaro, già console e consigliere, raccon-
divisi in tre squadre secondo la loro pro-
duttività: nella prima facevano un soldo tavano che dopo il 1668 dodici famiglie erano tornate ad abitare a Verrone
giornate una e mezza, nella seconda tre (oltre ai massari dei signori) e poi ancora cinque o sei persone, che avevano
giornate, nella terza sei giornate.
15
cominciato a riattare «alcune casupole che erano per causa de’ tempi andate
In altra testimonianza, del 28 agosto
1677, i consiglieri dichiararono che «il regi- dirrocate». Un testimone del luogo di Sandigliano, riferiva che suo padre,
stro del fogolare» consisteva in un denaro appartenente a una famiglia di massari, aveva abitato a Verrone sin dal 1618
che si aggiungeva alla colonna di ogni par-
ticolare: in tutto se ne ricavavano 3 soldi e
circa, quando «attendeva alle schole sotto la disciplina del fu don Bartolomeo
4 denari secondo gli abitanti che erano per Scottone»; nel 1637 aveva dovuto partirne, così come gli altri particolari del
due terzi forestieri, massari e manuali non
possidenti beni.
luogo, che avevano abbandonato case e beni a causa dei continui alloggiamenti
16
AS Torino, Sez. Riunite, Camerale Pie-
e delle angherie perpetrate dai militari, i quali avevano preso il bestiame che
monte, Art. 830, fasc. 78, «Informationi non era già stato venduto per pagare gli alloggiamenti. Poi, passate le guerre,
giustificanti lo stato delli anni passati del alcuni forestieri si erano stabiliti nel luogo ricevendo dalla Comunità siti abban-
luogo di Verrone e lo stato presentaneo».
17
Questi atti e gli altri di seguito citati
donati per costruirvi le loro case15. Quando il padre abitava a Verrone c’erano
sono riportati nel «Libro o brogliasso della quaranta e più famiglie, con più di 30 paia di buoi e in più 200 «bocche
nova e general misura di tutto il territorio bovine». Ora i particolari possedevano al più un paio di buoi. La terra era piena
del luogo di Verone, escluse semplicemente
le barazze, sito della chiesa e castello, fatta di case in rovina; i campi erano divenuti gerbidi e si erano coperti di boschi, il
per ministero dal signor Pietro Orzo agri- che veniva direttamente constatato dal referendario. Gli interpellati propone-
mensore publico et approvato di Candel-
lo», conservato in AS Torino, Sez. Riunite, vano un solo rimedio: se il sovrano avesse addossato agli abitanti un ragione-
Camerale Piemonte, Art. 455, paragr. 17, e, vole carico, essi avrebbero potuto coltivare e render produttivi i terreni abban-
in copia, in ACom Verrone, mazzo 12.
donati, giacché ora i loro redditi erano assorbiti dal tasso e dalle altre debiture.
Nuove testimonianze sullo stato del luogo furono raccolte nel 1680: il
primo febbraio, su istanza della Comunità, alcuni particolari, anche dei vicini
luoghi di Benna e Sandigliano, attestavano esser notorio che Verrone «da cin-
quanta e più anni indietro restava populato e numeroso di case, famiglie e capi
di casa ascendenti al numero di cento circa [probabilmente enfatizzato al fine
di dare evidenza al successivo abbandono], e che per via dei tempi andati sono
tutte dette famiglie absentate et estinte». I testimoni ricordavano i nomi di
diversi tra quei capi di casa, «la maggior parte d’essi comodi con quantità di
bestiami, case, beni e possessi. Il detto luogo era abondante di fabriche tutte
habitate, [ma ora] li beni da cui sopra posseduti restano la magior parte incolti
e imboschiti». Dal 1670 in poi, a causa dei carichi eccessivi, vari particolari si
erano di nuovo allontanati, talché al presente, esclusi i massari dei vassalli e
della chiesa (dei quali due soltanto possedevano qualche bene a registro),
restavano nove capi di casa, di cui due soli nativi del luogo, e gli altri di
Sandigliano e Benna16.
Alle testimonianze così formalizzate seguì la risoluzione di definire, con la
formazione di un nuovo catasto, la situazione dei beni esistenti nel territorio
comunale sotto il profilo della loro collettabilità, ovvero immunità. Su istanza
della Comunità di Verrone, il 15 febbraio 168017, il Senato di Piemonte inca-
ricò Giovan Battista Marandono, dottore collegiato nella prefettura (cioè
presso il tribunale) di Biella e delegato provinciale, di sovrintendere a una
nuova misura del territorio comunale e alla rinnovazione del catasto secondo
l’ordine già citato del Magistrato straordinario sopra la riunione del registro.
La Comunità era ben consapevole dell’opportunità di associare le proprie
istanze ai tentativi di riforma del sistema fiscale intrapresi dal governo
sabaudo. Nella supplica all’uopo rivolta al Senato affermava infatti che la
misura generale era «cosa evidentemente vantaggiosa [sia] al regio patrimonio
che all’interesse pubblico, per esser bona parte di detto territorio stato sot-
tratto dalli uni alli altri, che [cioè i primi, gli attuali detentori] sotto erronei
prettesti, senza però alcun fondamento di ragione, non concorrono al paga-
mento dei carighi». Vedremo più avanti come una tale sottrazione, nelle argo-
mentazioni della Comunità, venisse imputata non genericamente a singoli sog-
getti che accampavano ragioni d’immunità sui beni di natura allodiale da essi
acquisiti, quanto, essenzialmente, ai feudatari che avrebbero in tempi più e
meno lontani esteso i loro possedimenti. Peraltro il costo dell’operazione
136 GUIDO GENTILE
dai vassalli. Questi avevano da ultimo prodotto l’atto di dedizione del 1373 per 27
La causa fu delegata al presidente
Pallavicino e ai senatori Balegno, Dentis,
sostenere l’esenzione da ogni tributo tranne quello, allora pattuito col conte di Ondio e Graneri. Gli atti sono conservati in
Savoia, di un mezzo fiorino d’oro per fuoco a carico sia dei signori che degli AS Torino, Sez. Riunite, Camerale Pie-
monte, Atti per feudi, Art. 749, mazzi 134/1
uomini loro sudditi. Il Patrimoniale ne arguiva invece che già in allora doveva e 134/2, paragr. 4262.
esistere un registro per il riparto di questo tributo; la discussione si spostò 28
AS Torino, Sez. Riunite, Camerale Pie-
quindi sull’atto dell’investitura del castello di Verrone concessa il 10 giugno monte, Art. 830, fasc. 77. Il pievano Gio-
vanni Cecidano dichiarò il 25 giugno 1696
1454 dal duca Ludovico ai Vialardi, nel quale si assicurava che gli altri loro di esser benissimo informato che la Comu-
beni sarebbero restati liberi e allodiali («cetera dictorum nobilium bona feu- nità era stata spogliata di tutti i suoi catasti
dalia minime censeantur fore facta, sed in his statu et gradu libera et allodia- e quinternetti comprovanti le taglie già
pagate dai vassalli del luogo per il loro regi-
lia remaneant in quibus erant ante presentem investituram»)29. Il Patrimoniale stro allodiale. Antonio Bernardino Vialardi
ne traeva la conclusione: i vassalli «non avendo ben feudali antichi ma beni gli aveva fatto consultare, per la ricogni-
zione dei beni della chiesa, un catasto for-
affetti al catasto sessanta e più anni avanti l’imposizione del tasso, né con- mato tra il 1604 e il 1606. La probità e l’at-
stando che indi siano stati levati, non si possono avvalere della nuova legge del tendibilità del parroco erano confermate
da testimoni. Egli sarebbe inoltre giunto ad
1606». Pertanto tutti i terreni da loro posseduti a Verrone dovevano esser con- affermare che i giudici delegati che avevano
siderati come allodiali. emesso l’ultima sentenza sfavorevole per la
Comunità erano stati suggestionati dall’av-
Al cadere del XVII secolo la politica sabauda volgeva a svantaggio delle vocato generale Frichignono, per il che, in
pretese immunità. Già gli ordini del Magistrato straordinario del 1675 mira- un’allegazione per parte di Antonio Ber-
nardino Vialardi, il pievano Cecidano era
vano a favorire la reintegrazione del registro delle Comunità e, come si è visto, tacciato di animosità e di parzialità verso
prevedevano l’intervento del Patrimoniale per i procedimenti giudiziari che si un parente, che era tra i maggiori regi-
sarebbero intrapresi a tale effetto. Con patenti del 12 giugno 1697 ai delegati stranti di Verrone.
29
provinciali era stato confermato il compito di curare la conservazione e la rein- Da parte dei vassalli si sostenne che la
libertà così sancita significava soltanto l’e-
tegrazione dei registri comunali, e costoro richiesero alle Comunità di segna- senzione da ogni tributo feudale (cfr. AS
lare tutti i patrimoni che godevano di immunità. Poi, tra il 1698 e il 1711, il Torino, Sez. Riunite, Camerale Piemonte,
Art. 830, fasc. 96, «Risposte date dalli
governo sabaudo, mirando alla perequazione dei contingenti tributari tra le signori Vassalli di Verrone alle allegazioni
Comunità e all’accertamento delle loro capacità contributive, intraprese una del Patrimoniale, allegazione a stampa inti-
tolata Per risolvere i dubii mossi per parte
misura generale dei territori, affidandola direttamente a propri funzionari e ai della Comunità di Verrone e del signor
misuratori da questi incaricati. Si dovevano censire anche i beni immuni, feu- Patrimoniale di S. A. R. contro il signor
vassallo Antonio Bernardino Vialardi»), ma
dali ed ecclesiastici, indicandone i rispettivi titolari. Le operazioni così con- il Patrimoniale aveva buon gioco a sottoli-
dotte a livello statuale non producevano dei catasti, «ma solo uno strumento neare l’allodialità dei beni appartenenti ai
signori e rilevava che la generica menzione
di chiarezza equitativa in materia fiscale»30; il loro scopo era di «conoscere il di terre feudali fatta in un’investitura del
numero di giornate appartenenti a ciascun territorio per poter scoprire le 1581 era da intendersi si quae sint, non
occultazioni di registro; accertare il reddito della parte dominicale che con- constando che in precedenza i vassalli aves-
sero costituito in feudo anche i loro beni.
correva al pagamento dei carichi pubblici»31. Nel contempo evidenziavano Cfr. AS Torino, Sez. Riunite, Camerale Pie-
l’entità dei beni immuni o pretesi tali nell’ambito dei rispettivi territori comu- monte, Art. 830, fasc. 73 e fasc. 104, «Fatto
nella causa della comunità di Verone con-
nali. In effetti, «la grande gamma di esenzioni, derivanti sia da antichi privi- tro li signori vassalli Vialardi e altri» (post
legi, sia da concessioni recenti o da aperte usurpazioni, ricadeva in maniera luglio 1702, a firma dell’avvocato Giu-
seppe Bonaudi del Regio Patrimonio e
sproporzionata sulle già sovraccariche Comunità locali»32. Possiamo quindi Fisco).
supporre che le tendenze ispiranti la politica della perequazione, pur non 30
I. RICCI MASSABÒ, Perequazione e cata-
ancor giunte alle loro ultime manifestazioni, influissero di già in qualche modo sto in Piemonte nel secolo XVIII, in Città e
proprietà immobiliare in Italia negli ultimi
sull’esito finale della controversia tra la Comunità e i vassalli di Verrone. due secoli, Milano 1981, p. 137.
Il 17 maggio 1704 venne pubblicata la decisione con cui il duca, il 23 31
D. BORIOLI, M. FERRARIS, A. PREMOLI,
aprile, col voto e parere del gran cancelliere marchese di Bellegarde, del primo La perequazione dei tributi nel Piemonte
sabaudo, cit., p. 163.
presidente del Senato Leone, del presidente de Gubernatis, dei senatori 32
G. SYMCOX, L’età di Vittorio Amedeo
Balegno, Richelmi, Gazelli nonché dell’avvocato Riccardi lettore presso II, in P. MERLIN, C. ROSSO, G. SYMCOX, G.
l’Università, accogliendo l’istanza di revisione di tutte le sentenze già emanate RICUPERATI, Il Piemonte sabaudo. Stato e ter-
sulla controversia in questione, dichiarava «tutte le terre e possessioni del ter- ritori in età moderna, in Storia d’Italia,
diretta da G. GALASSO, vol. VIII, tomo I, p.
ritorio di Verrone libere e allodiali, cattastrate o catastrabili, comprensiva- 319.
mente alli [beni] tenuti e posseduti dalli detti vassalli et altri liteconsorti». I
vassalli Vialardi – Antonio Bernardino, priore Giovanni Giacomo, commen-
datore Tomaso – e gli altri litisconsorti erano quindi condannati «a consegnare
e registrare al cattastro di detta Communità detti beni da loro respettivamente
posseduti, da descriversi alla colonna di caduno d’essi a proportione dell’e-
stimo ed allibramento dato ai beni posseduti dagl’altri particolari registranti
in esso territorio, et in seguito a pagar d’hor in avenire per essi beni tutti li
carichi che da detta Comunità saranno dovuti et imposti, anche per le cause
ATTRAVERSO I CATASTI ANTICHI DEL COMUNE 139
Misuratore Carlo Giacinto Maffei, antecedenti a questa sentenza nostra nell’istesso modo che al presente concor-
Libro figurato de territorio di Verrone, rono e concorreranno gl’altri registranti in esso luogo per i loro beni catastrati
, ACom Verrone.
Rappresentazione geometrica e [...]. Per cautela de’ quali carichi restaranno affetti li sudetti beni alla perpe-
descrizione dei singoli appezzamenti tua hipoteca verso detti Comunità e Patrimoniale nostro portata dall’editto
che compongono le regioni delli quattro marzo milleseicentosei, reietta ogni feudalità e pretesa immunità
dell’Andriana, della Salvazza e del conventionata, consuetudinaria o prescritta, eccettuati solo da detta cattastra-
Vallone zione universale li beni e pascoli comuni non cattastrati sino al presente e non
ridotti a coltura alla mente di detto editto»33. E quanto una tale sentenza
dovesse risultare eversiva riguardo alla prassi tradizionalmente seguita nei con-
33
L’istruzione fornita al collaterale Bo- segnamenti feudali e nel rinnovamento delle infeudazioni34 risulta, fra l’altro,
naudo a seguito dell’editto del 4 marzo dall’esser riconosciuto che il priore e vassallo Giovanni Giacomo Vialardi
1606 precisava che i beni che servivano sol-
tanto ad uso comune dei particolari non si aveva titolo per richiedere la restituzione della somma a suo tempo versata per
comprendevano nel conto della perequa- ottenere, con patenti del 29 agosto 1694, l’infeudazione di beni che ora veni-
zione, mentre quelli che producevano red-
dito vi dovevano entrare. Cfr. D. BORIOLI, vano dichiarati allodiali, ma non per contestare la decisione finale del sovrano.
M. FERRARIS, A. PREMOLI, La perequazione A seguito di questa sentenza i delegati di S. A. R. sulla causa di Verrone in
dei tributi nel Piemonte sabaudo, cit., p. 143.
34
Torino sedenti disponevano il 25 giugno 1704 che il direttore della città e pro-
Le consegne e le conseguenti infeuda-
zioni di beni di asserita condizione feudale vincia di Biella Antonio Giuseppe Vercellono convocasse i vassalli e i partico-
susseguitesi nel corso del ’600 a favore dei lari litisconsorti a registrare i loro beni al catasto della Comunità, formato nel
vassalli risultarono irrilevanti agli effetti
fiscali a fronte dell’originaria natura di que- 1680. La citazione degli interessati e la consegna dei beni da essi posseduti
sti beni. Già durante il processo conclusosi dinanzi al delegato Vercellono, al console Sebastiano Peveraro e al consigliere
sfavorevolmente per la Comunità di Verro-
ne nel 1683 era emerso che parte dei beni Gaspare Cecidano in rappresentanza della Comunità, non seguirono senza
che Antonio Bernardino Vialardi asseriva contrasti. Il Vercellono minacciò ai contumaci la riduzione a mani del sovrano
immuni perché feudali non erano stati da
lui consegnati e quindi il Vialardi, che si dei beni che non venissero consegnati e registrati come stabilito dalla sentenza.
giustificava per questa omissione perché Mentre alcuni degli interessati si adeguavano alla decisione senza contestarla,
avvenuta durante la sua minore età, per evi-
tare la devoluzione di questi beni al
altri negavano la sua validità e opponevano ferme riserve. Tra costoro, il più
sovrano veniva autorizzato a farne regolare vivace (e il più fornito di beni da denunciare), Antonio Bernardino Vialardi,
140 GUIDO GENTILE
comparendo il 14 luglio, dichiarò che non era acquiescente alla sentenza e che consegna, senza però che questa potesse
pregiudicare le ragioni della parte avversa e
intendeva chiederne al sovrano la revisione. Per obbedire all’ingiunzione rice- del Patrimoniale. Cfr. AS Torino, Sez. Riu-
vuta egli era disposto a consegnare una parte dei suoi beni e a dismetterne altri: nite, Camerale Piemonte, Atti per feudi,
Art. 749, mazzo 134/1, paragr. 4261.
la Comunità se li prendesse e ne facesse quel che voleva, salvo poi doverglieli 35
È il caso dichiarato dal priore Ago-
restituire se lui, il vassallo Vialardi, avesse riportato conferma della tradizionale stino Vialardi di Sandigliano che il 15 e 16
immunità. Poi, il 19 luglio, Antonio Bernardino comparve nuovamente e costi- luglio 1704 consegna, oltre a 70 giornate
ereditate dalla madre Margherita Vialardi,
tuendo un suo procuratore speciale per la consegna dei suoi beni (il quale tre giornate venti circa che la stessa aveva
giorni dopo avrebbe registrato a suo nome un complesso cospicuo di terreni) costituito in suo patrimonio clericale; altra
parte dei beni materni era posseduta dal
precisò che ciò faceva, sebbene non si considerasse obbligato, «per evitare le commendatore Tomaso, fratello di Ago-
reducione solamente, e non altrimenti; e a sua giustificazione aggiunse: alla stino, inoltre 17 giornate erano possedute
quale [riduzione] minaccia detto signor direttore far procedere, se bene lui da ormai trentacinque anni dal monastero
di Santa Caterina di Biella, cui erano per-
habbi mai rifiutato di fare detta consegna per obbedire a’ reali comandi, e se venute come dote spirituale di Anna Felice
sin qui ha delongato si è la causa per esser detenuto in letto da febre terzana Vialardi, sorella del comparente. L’incom-
patibilità di queste disposizioni colla pre-
e molto travagliato da gotta». Dalle dichiarazioni degli interessati emerge in tesa condizione feudale dei beni è tosto
generale che era invalsa una sostanziale confusione tra il preteso regime feu- rilevata dal console Sebastiano Peveraro e
dal consigliere Gaspare Cecidano che assi-
dale dei beni e la loro gestione privatistica, essendo intervenute, senza auto- stono a queste dichiarazioni.
rizzazione del sovrano, varie cessioni e permute (intese anche a un più oppor- 36
Supplica allegata al fascicolo dei con-
tuno accorpamento dei terreni) e persino la costituzione di un patrimonio segnamenti ora citato. Il sovrano il 14 ago-
sto 1704 rispondeva disponendo che il
ecclesiastico e di una dote monacale35. Tra gli altri, il priore e vassallo Giovanni Vialardi fosse citato a comparire dinanzi al
Giacomo Vialardi, dopo aver asserito che avrebbe consegnato i beni di cui a Senato per esporre le sue ragioni e, nella
suo tempo aveva ottenuta investitura con l’approvazione della Camera dei pendenza del ricorso, vietava che il suppli-
cante e i suoi massari fossero da chiunque
conti, quando gli fosse stato restituita la somma di 4000 lire all’uopo versata, molestati. Il Vialardi aveva altresì fatto
ricorreva al duca per lamentare che, a seguito della recente sentenza, la ricorso alla curia di Vercelli che il 26 luglio
aveva emesso analoga inibizione.
Comunità di Verrone voleva render collettabili i beni da lui ereditati e assog- 37
Erano Antonio Maria e Paolo Orazio
gettarlo al pagamento delle taglie, senza alcun riguardo per la sua immunità Vialardi dei signori di Verrone, Agostino
ecclesiastica; si dichiarava pronto a pagare il tasso, ma supplicava di vietare alla Cecidano del luogo di Verrone e Doroteo
Sandigliano dei signori di Sandigliano,
Comunità di imporgli altri carichi36. Ad ogni modo tra il 15 e il 23 luglio 1704 Giuseppe Antonio Mercandile del luogo e
si svolgeva il consegnamento, da parte di vari soggetti37, di una massa consi- il commendatore Tomaso Vialardi dei si-
gnori di Sandigliano e Borriana, Carlo
derevole di beni, che vennero iscritti e allibrati al catasto della Comunità di Francesco Vialardi dei signori di Verrone, il
Verrone, dopo che l’agrimensore Giovanni Antonio Orso di Candelo ne ebbe patrimoniale Giuseppe Antonio Martinetti
e il nipote Alessandro Amedeo entrambi di
verificata la misura. Torino, Ludovico Avogadro dei signori di
Il volume originale del catasto formato nel 1680 e allegato in occasione Cerrione, Antonio Bernardino Vialardi dei
della controversia restava conservato in originale presso la Camera dei conti e signori di Verrone, il priore Agostino Via-
lardi dei signori di Sandigliano.
in copia presso la Comunità. La produzione di una tale copia già aveva cau-
sato qualche contestazione in occasione dei consegnamenti intervenuti nel
1704; inoltre questi nuovi consegnamenti erano stati documentati con atti
separati. Per aggiornare in un nuovo registro catastale l’assetto e la titolarità
dei terreni, a seguito di tutte le variazioni avvenute nel frattempo, in modo che
«tutti li beni restino cattastrati e concorrino al pagamento de’ carighi», la
Comunità ottenne il 29 marzo 1726 dall’intendente della città e provincia di
Biella la designazione di un delegato a condurre una nuova misura generale e
catastazione dei beni. Il delegato così nominato, Carlo Giovanni Battista de
Genova, notaio collegiato di Sandigliano, giudice e podestà ordinario di
Benna, Candelo e Roasio, convocò i possidenti dei beni siti nel territorio di
Verrone nel luogo solito del tribunale, «sotto il primo portone nell’ingresso del
castello d’esso luogo»; quindi procedette alla nomina delle persone incaricate
delle operazioni: il notaio collegiato Eusebio Tamiatti del luogo di Cerrione, il
pubblico agrimensore patentato Giovanni Antonio Orso, figlio del fu Pietro
Orso, di Candelo, tre indicanti e due trabuccanti tutti del luogo di Verrone. Tra
il 12 e il 30 agosto ebbe luogo la ricognizione dei confini comunali col pian-
tamento dei termini. Agli effetti dell’estimo venne adottata la determinazione
delle valpe o valbe già definita nella «relazione di valpaggio» del 2 luglio 1680
che pertanto figura trascritta nel nuovo catasto formato nel 1729.
Dal ricavo delle tavole del registro regione per regione e anche dell’eccle-
siastico, col totale del luogo, comprese le barazze ed escluse le strade e siti delle
ATTRAVERSO I CATASTI ANTICHI DEL COMUNE 141
Atlas parcellaire del catasto del
Comune di Verrone, , AS
Torino, Sez. Riunite, Catasto francese,
Mappe, All. B, n. , Section A, tav. .
Porzione del territorio comunale
corrispondente a quella cui si
riferiscono le rappresentazioni
catastali del
38
Poiché secondo la tariffa adottata per
l’estimo la giornata valeva 96 tavole l’alli-
brato nel 1729 corrispondeva a circa 1520
giornate contro le 160 di beni collettabili,
in quanto allodiali, risultanti dal catasto del
1690.
39
ACom Verrone, Catasti, «Catastro del-
la comunità di Verrone formato nel anno
1729 in seguito alla misura generale fatta
dagli agrimensori Giovanni Antonio Orso
di Candelo e collegiato Eusebio Tamiatti di
Cerrione nel 1726 e nel 1727». Nella prima
carta dopo il frontispizio figura un titolo
più esteso: «Catastro della comunità di
Verrone formato nell’anno 1729 sovra la
misura generale fatta da noi sottoscritti
agrimensore Giovanni Antonio Orso di
Candelo et notaio collegiato Eusebio Ta-
miatti di Cerrione de’ beni esistenti in
detto luogo negli anni 1726 et 1727. In
qual cattastro si sono descritti tutti li parti-
colari possidenti beni in esso luogo di
Verrone con tutte le pezze, regioni e cohe-
renze di caduna pezza come pure il registro
che caduna d’esse compone, questo rego-
lato al valbamento fatto nel cattastro della
medesima comunità del 1680 […]. In qual chiese e anche del castello e suo attorno si rileva che, dedotte le strade di
cattastro si sono pure descritti li beni eccle-
siastici con il registro d’essere rispetto a Verrone e Benna, i terreni allibrati ammontano a 145.949 tavole38, per un regi-
quelli che si sono giudicati allodiali et stro di soldi 288; i beni ecclesiastici non allibrati a 10.671 tavole; le baragge
anche la misura dei beni communi o siano
barazze d’esso luogo [...]». Segue la sotto- comuni a 65.467 tavole.
scrizione del delegato Carlo Giovanni Il volume originale del Catasto del 172939, reca un curioso frontispizio, nel
Battista de Genova e del segretario comu-
nale Mazzone in data 25 ottobre 1729.
quale, sotto il titolo, a mo’ di decorazione, figura un paesaggio di maniera, pro-
Presso ACom Verrone, busta 12, «Misura babilmente non privo di un suo significato emblematico. A sinistra vi compare
generale del territorio, formazione del cata-
sto e della mappa», 1775-1778, si conser-
un ampio edificio con alta torre, nel quale si può riconoscere il castello di
vano anche i documenti relativi alla «Mi- Verrone: una pianta cresciuta sulla torre di là dall’effetto pittoresco forse
sura generale del territorio di Verone, allude ironicamente alla vetustà dell’edificio, se non a quella delle pretese di
1727», gli «Atti generali della misura del
finaggio e territorio fatti nell’anno 1726», chi lo possiede. A destra, in una mossa distesa d’acque incede una nave armata
nonché il «Libro o sii brogliasso della di cannoni: vi si può scorgere quasi un’impresa della Comunità di Verrone, vit-
misura generale fatta ad istanza della
comunità di Verrone da noi sottoscritto, toriosa nell’antica controversia coi vassalli riguardo alla registrazione dei loro
agrimensori Giovanni Antonio Orso di beni e forte della sentenza del 1704.
Candelo e notaio collegiato Eusebio Ta-
miatti di Cerrione […]». Anche in quest’occasiome, peraltro, la catastazione fu accompagnata da
142 GUIDO GENTILE
una controversia coi feudatari, che fu portata dinanzi alla Camera dei conti. 40
AS Torino, Sez. Riunite, Senato di Pie-
monte, Sentenze civili, reg. 136, 1717-1723,
Per quanto concerneva la formazione del nuovo catasto la vertenza incideva c. 378.
sull’intitolazione delle baragge. Nel 1722 Antonio Bernardino Vialardi, in lite 41
Marito di Rosa Diana Vialardi di Ver-
con la Comunità di Verrone (attrice) attorno al godimento delle baragge, aveva rone (AVdSF, Famiglia Vialardi di Verrone,
schedatura TVS).
ottenuto dal Senato di Piemonte una sentenza, in data 25 agosto, grazie alla 42
Fratello di Rosa Diana, primo conte di
quale era «mantenuto nel possesso di introdurre e pascolare bestiami forestieri Verrone (1739), signore di Montjovet e
di qual si sia sorte, nella riserva delle capre, e aggiustarne il pagamento del « magno potestate Montisgrandi» (ibidem).
pascolo nelle comuni, con ciò che detto conte non ne abusasse e non potesse 43
Detto dei Rolandini. I quattro colon-
nellati (dei Rolandini, de Putheo o de Mos-
con licenza impedire a’ particolari registranti il pascolamento ne suddetti so, della Casa Grande e della Porta) ebbero
beni»40. In seguito, all’epoca della formazione del nuovo catasto di Verrone, la origine dalla divisione in quattro parti del-
l’indiviso dei beni, torre, castello e dominio
Camera dei conti, con ordinanza del 2 dicembre 1726 aveva dichiarato esser di Verrone dell’11 novembre 1398 fatta
lecito alla comunità continuare la misura del territorio ma senza pregiudicare alla morte di Simone, figlio del fu Rolan-
la proprietà e feudalità delle barrazze. Nel giugno 1727 il conte commendator dino di Verrone (AS Biella, RT, mazzo 31,
pergamena 1).
Giuseppe Alessandro Olgiati41 procuratore di Francesco Bernardo Giuseppe 44
Moglie del fu Paolo Orazio Vialardi di
Vialardi42 e i vassalli Pietro Antonio e Gaspare Ludovico Vialardi, partecipanti Verrone, morto nel 1718 (AVdSF, Famiglia
al quarto colonnellato della casata43, unitamente alla madre loro curatrice, Vialardi di Verrone, schedatura TVS).
45
Cristina Avogadro44, fondandosi sui patti di dedizione del 1373, sulle franchi- AS Biella, Intendenza di Biella, «Rela-
zione dello stato della provincia di Biella»,
gie del 1454, sui bandi campestri promulgati nel 1558, su varie sentenze e tran- compilata tra il 1750 e il 1755 dall’inten-
sazioni seguite dal 1570 al 1707, presentarono al delegato che dirigeva la cata- dente Pietro Antonio Blanciotti.
46
stazione una comparsa intesa a sostenere che i feudatari avevano il possesso e Il territorio comprendeva campi
(312.66 giornate), prati che la relazione
la proprietà delle barazze, col diritto di proibire l’estrazione di legnami e di precisa essere asciutti (435.33 giornate),
strame. La Comunità tramite i consiglieri Giuseppe Mercandile e Antonio alteni (353.86 giormate), boschi d’alto
fusto (190 giornate), boschi cedui (403.15
Morra replicava che le scritture prodotte erano cose antiche fatte fra altri, giornate) e pascoli (58.81 giornate). Il
senza la sua partecipazione, la proprietà e l’usufrutto le spettavano ab imme- patrimonio zootecnico è indicato in gioghi
o paia di buoi 18; bovine da tiro 12; bovine
morabili, colla facoltà di fruire del pascolo e di estrarre legna, ed aggiungevano non servienti al giogo 151; bestie da soma
un’argomentazione di carattere storico (e oggi diremmo anche archeologico): 20; bestie laniere 0.
«massime che il territorio di questo luogo ne’ secoli passati era composto di 47
Totale delle giornate che compongono
il territorio collettabile 1753.81. Totale dei
trecento e più fuochi, come ne corre voce pubblica per traditione degli ante- soldi che compongono la massa del registro
nati et anche a relatione del fu signor vassallo Antonio Bernardino Vialardi collettabile 272.6. Giornate che si richie-
ricavata dalle scritture antiche che appresso sé ritrovansi in questo castello, et dono per formare un soldo di registro fatta
una comune delle valbe 6.48. Importo del-
se ne vedono ancor le vestiggia delle case diroccate in più parti di questo luogo, l’imposizione che si paga per ogni soldo di
quali havendo [gli homines del luogo], dovevano havere li necessari pascoli, registro dedotti li redditi comuni e l’impo-
sta straordinaria: terriere 6.13; forastiere
dovevano ancor aver la proprietà d’esse barazze». Poi «fu diminuito e riddotto 7.15.4.
in una sesta parte il popolo suddetto e reso il medesimo miserabile; allora detti 48
Secondo il catasto del 1729 l’allibrato
signori si sono fatti prepotenti, com’infatti havevano occupato quasi tutti li ammontava a 145.949 tavole che, se local-
mente la giornata valeva 96 tavole come
beni di questo territorio in tempi di guerra e contaggio e quelli pretendevano indicato nella tariffa delle valbe, corrispon-
immuni; restava il pochissimo registro de’ particolari e quasi come perduta la derebbero a circa 1.520 giornate, mentre le
65.467 tavole di baragge comuni equivale-
Comunità, carigata di tutti li pesi e taglie insopportabili a detto registro». Ma vano a circa 682 giornate; questi valori
infine la sentenza del 1704 aveva dichiarato l’allodialità dei beni posseduti dai sarebbero ovviamente minori se si assu-
messe il rapporto di cento tavole per gior-
partecipanti al feudo di Verrone, e costoro nella registrazione di questi beni nata.
non avevano menzionato le baragge, che quindi dovevano considerarsi proprie
della Comunità. Il delegato si limitò a concedere testimoniali per le dichiara-
zioni espresse dalle parti, che vennero riportate tra gli atti premessi al nuovo
Catasto, e la vertenza continuò a risorgere nel corso del ’700.
Alla metà del secolo l’intendente Blanciotti, nell’ambito della relazione
della provincia di Biella, redatta per la statistica generale del regno, forniva la
seguente descrizione del luogo di Verrone45. Il feudo apparteneva in solido al
conte Vialardi, che vi abitava. Il territorio46 produceva frumento, segala,
meliga, legumi e vino «di inferiore qualità». Il tutto bastava al fabbisogno
locale e anzi parte della meliga veniva venduta sui mercati di Candelo e Biella,
mentre il vino era esportato a uso degli abitanti di Netro, di Donato e del man-
damento di Mosso. La popolazione, dedita esclusivamente all’agricoltura,
costituiva 84 nuclei famigliari o fuochi, con 380 maggiori di anni 7 e 40 minori.
Quanto alle risultanze catastali la relazione precisa che il territorio collettabile
ammontava a 1753 giornate47: più della quantità indicata nel catasto del 172948.
ATTRAVERSO I CATASTI ANTICHI DEL COMUNE 143
49
«Libro del trasporto e mutazione di Si può supporre che ciò fosse anche determinato dalla cessione a particolari di
registro formato d’ordine della Comunità
di Verone in vigor di ordinato delli 14 mag- appezzamenti delle baragge, che essendo prima destinati all’uso comune non
gio 1762 e 27 luglio 1763, approvato dal- erano stati allibrati nel catasto precedente.
l’officio della regia Intendenza e desonto
dal publico cadastro usuale di questa Per chi voglia studiare le vicende della proprietà fondiaria nel territorio in
comunità, formato nell’anno 1729 in occa- questione, mi limito a segnalare che nell’Archivio Storico Comunale si conserva
sione della misura generale di questo terri-
torio». anche il «Libro dei trasporti» o mutazioni formato nel 176349 sulla base del
50
ACom Verrone, mazzo 1, «Ordinati catasto del 1729. A quanto risulta, la Comunità prima di allora doveva essere
1759-1770», cc. 16 sgg., ordinato del 14 priva di un tale strumento, perciò il consiglio50 incaricò il misuratore Giovanni
maggio 1762, e cc. 30 sgg., ordinato del 27
luglio 1763. Giuseppe Danese e il segretario Rondi di redigere un regolare libro di trasporti
51
Compaiono così tra i Vialardi signori formando le colonne dei rispettivi contribuenti, quali risultavano a quella data
del luogo Giuseppe Bernardo figlio del fu per effetto delle variazioni avvenute nel frattempo rispetto alla catastazione del
Antonio Bernardino, i fratelli Pietro An-
tonio e Gaspare Ludovico del fu Paolo 172951. I trasporti tra le rispettive colonne o partite che in seguito vi sono regi-
Orazio, gli eredi di Carlo Francesco che strati continuano sino agli anni ’70 del XVIII secolo. A quest’epoca, il catasto
trasmettono la loro non cospicua proprietà
al santuario di Oropa, gli eredi di Giovanni del 1729 e il connesso «Libro dei trasporti» dovevano risultare da tempo ina-
Giacomo che dispongono parimenti a fa- deguati alla più recente normativa e alla nuova tipologia dei catasti piemontesi.
vore del Sacro Monte di Graglia; poi la
Comunità e i particolari; tra i registranti Il progetto di perequazione sviluppato sotto Vittorio Amedeo II con la
forestieri, il biellese conte Bertodano, misura dei beni assoggettabili a contribuzione quale base di un equo riparto
Ercole Gromo di Ternengo, gli eredi di
Ludovico Avogadro; tra gli enti ecclesia-
del carico fiscale tra le comunità, era integrato dal regio editto del 5 maggio
stici, oltre ai due santuari citati, la parroc- 1731 «per la perequazione generale dei tributi nelle province del Piemonte»,
chia di Verrone, il beneficio dei Santi
Simone e Giuda in castro, la confraternita
che disponeva la formazione di nuovi catasti52. Venivano assoggettati a collet-
del Rosario di Verrone, i padri di San tazione tutti i beni sino ad allora posseduti abusivamente come feudali,
Pietro di Biella. restando inteso che tutti «i beni, li quali non comparivano sì ne’ cadastri della
52
I. RICCI MASSABÒ, M. CARASSI, I catasti
piemontesi del XVIII e XIX secolo da stru-
Comunità, che nelle investiture e consegnamenti della Camera [...] dovevano
mento di politica fiscale a documento per la aversi per allodiali». Gli intendenti avrebbero impartito le istruzioni occorrenti
conoscenza del territorio, in Cultura figura-
tiva e architettonica negli Stati del Re di Sar-
per la formazione dei nuovi catasti, in cui si dovevano descrivere tutti i beni
degna, 1773-1861, Catalogo della mostra a esistenti nel territorio, eccetto le case che «formano corpo di Comunità o di
cura di E. CASTELNUOVO, M. ROSCI, Torino luogo», cioè i concentrici degli abitati. Le regole per la formazione dei nuovi
1980, pp. 1184-1193; I. RICCI MASSABÒ,
Conoscenza, memoria, gestione della Terra catasti furono poi stabilite con regio biglietto del 5 marzo 1739. La rilevazione
nella rappresentazione catastale, in Arte e dei beni doveva avvenire sulla base della «parcella» – porzione di terreno
scienza per il disegno del Mondo, Catalogo
della mostra (Torino 1983), Milano 1983, appartenente a un solo proprietario e avente uno stesso tipo di coltivazione.
pp. 187-191; D. BORIOLI, M. FERRARIS, A. L’insieme delle parcelle così individuate veniva rappresentato in una mappa
PREMOLI, La perequazione dei tributi nel
Piemonte sabaudo, cit., pp. 184 sgg. geometrica dell’intero territorio comunale. La Comunità, coll’autorizzazione
53
«Regolamento approvato da S. M. dell’intendente della provincia, doveva nominare un geometra che, sotto la sor-
prescrivente la forma e il modo di proce- veglianza di un delegato dell’intendenza, eseguiva la misurazione con l’assi-
dere alle misure territoriali nei Regii Stati
di terraferma di qua da’ monti», in F. A. stenza di indicanti. Le singole parcelle, delimitate in contraddittorio tra i pro-
DUBOIN, C. DUBOIN (a cura di), Raccolta per prietari e i confinanti, ricevevano un numero distintivo. Per la rilevazione geo-
ordine di materie delle leggi, cioè editti,
patenti e manifesti, ecc., cit., tomo XX, metrica si usava la tavoletta pretoriana – un piano sul quale l’agrimensore, sta-
libro 11, vol. 22, pp. 388-397. bilita una base in scala, segnava con un righello a traguardo i punti salienti del
perimetro dei terreni da rilevare – e dello squadro agrimensorio, strumento
tradizionalmente usato per scomporre e rilevare le figure irregolari sul terreno.
Quindi la stima dei beni doveva avvenire per valbe, cioè per zone omogenee
contenenti parcelle aventi uno stesso grado di bontà. Alle operazioni così con-
dotte e descritte giornalmente nel «libro delle stazioni» doveva seguire la for-
mazione dei seguenti strumenti: il «sommarione», libro in cui le particelle sono
indicate in ordine numerico col nome dei rispettivi possessori, della superficie,
qualità e coerenze; il «catasto», contenente sotto il nome dei possessori la
colonna o partita dei rispettivi beni, descritti con la loro ubicazione, le coe-
renze, la superficie e la stima; la mappa geometrica suddivisa in parcelle; il
«libro figurato», nel quale sono rappresentate porzioni del territorio con le
parcelle in esse comprese e la loro dettagliata descrizione; il «libro delle muta-
zioni», organizzato come il catasto in partite o colonne individuali e destinato
alla registrazione dei cambiamenti di proprietà. La procedura e le prescrizioni
tecniche furono poi ulteriormente specificate con il regolamento annesso al
regio biglietto del 5 dicembre 177553.
144 GUIDO GENTILE
P
1
A. LONGHI, L’architettura del castello orre in una collocazione spazio-tempo l’origine di Verrone e quindi dei
nel paesaggio fortificato subalpino, in questo
volume, pp. 69 sgg. suoi homines, allo stato attuale delle ricerche, è impossibile perché non
2
T. VIALARDI DI SANDIGLIANO, I Vialardi vi sono elementi archeologici e documentali in grado di fornire dati
di Verrone, in questo volume, p. 45 nota 4. certi, ma partendo da due poli precisi ancora esistenti, il castrum e la chiesa, si
3
A. PERIN, L’architettura della Parroc- possono proporre delle ipotesi, se non sull’origine, almeno su un primo
chiale tra Medioevo ed Età Moderna, in
questo volume, pp. 103 sgg., e D. LEBOLE, momento evolutivo.
Storia della Chiesa Biellese. Le pievi di Alcuni elementi ancora leggibili del castrum propongono un polo difensivo
Vittimulo e Puliaco I, Biella 1979, pp. 631-
666. nato sul finire del secolo XI 1, un recinto fortificato a protezione di cose e homi-
4
La prima citazione del castrum è in un nes stanziati sul territorio, parte a servizio del signore e parte piccoli agricol-
atto del 28 febbraio 1282 rogato in castro tori liberi. Il castrum, per la sua funzione di difesa o quanto meno di connota-
Veroni dal notaio Bonusiohannes de Mar-
cio (L. BORELLO, A. TALLONE, Le carte del- zione di un dominio, è costruito generalmente dove preesiste un insediamento
l’Archivio Comunale di Biella prima del abitativo, il che suggerisce il finire del secolo X come prima formazione di
1379, BSSS, CIII (1927), vol. I, doc.
CXXVIII, pp. 215-216), mentre la Par- Verrone. Gli homines non a servizio del signore incominciano ad occupare gli
rocchiale compare per la prima volta nel- spazi vicino le mura, solido punto di riferimento, in un primo tempo con
l’estimo delle chiese, benefici e monasteri
della diocesi di Vercelli per le decime pa- costruzioni precarie che via via si strutturano nella forma di una casa tipo,
pali del 1298 (ARMO, Bugellae 1945, vol. dando origine ad un insediamento più connotato ancora incerto nei suoi con-
I, doc. XVIII), insieme alla chiesa o cap-
pella dei Santi Simone e Giuda. fini. Questa trasformazione porta anche ad un’evoluzione del polo sacro, dal
5
11 luglio 1515, Cavaglià in AS Biella, semplice cimitero alla costruzione di una chiesa limitrofa2, la Parrocchiale di
Famiglia Vialardi di Verrone, pergamena San Lorenzo, la cui fondazione può essere posta tra XI e XII secolo3.
23; copia cartacea in AS Biella, RT, mazzo
19, fasc. 7. Verrone si definisce quindi come insediamento abitativo stabile tra i secoli
6
V. VAI, La dedizione dei Vialardi di Ver- XI e XII, secondo il periodo in cui si pongono la fondazione della chiesa e del
rone a Casa Savoia, in questo volume, pp. castrum, mentre l’ipotesi della sua fase formativa antica può essere collocata in
151 sgg.
7
un momento di poco precedente il X secolo.
Ibidem, Appendice, pp. 55 sgg.
8
La Comunità era rappresentata da uno
Il castrum e la chiesa sono documentati dalla fine del Duecento4, mentre il
o due consoli che giuravano nelle mani del «poderio Veroni ac territorio» si connota con i suoi confini solo dal ’400 negli
podestà nominato dai Vialardi. I consoli omaggi di fedeltà ai duchi di Savoia, che lo danno compreso «… ab una parte
erano affiancati dal consiglio della Comu-
nità, la credenza. La vicinanza, o assemblea fines Massazie et Bene ab alia fines Saluzolie ab alia fines Vergnaschi ab alia
dei capi di casa (vicini), si riuniva solita- fines Galianici ab alia fines Sandiliani et ab alia fines Candeli …»5.
mente per trattare gli affari di maggior rile-
vanza. Momento di svolta per la Comunità è il 19 febbraio 1373, quando in
9
Il giuramento è presentato il 23 marzo Santhià i Vialardi di Verrone stipulano con il conte Amedeo VI i patti e le con-
1518 «ad banchum iuris». Nella perga- venzioni che portano il paese nell’area d’influenza sabauda, trasformando una
mena sono riportati atti di lite per la pre-
sentazione (AS Biella, Famiglia Vialardi di proprietà fondiaria privata in un feudo giuridicamente strutturato6. In questo
Verrone, pergamena 24). atto la Comunità e gli homines Veroni non sono presenti: coloro che vi abitano
e quelli che vi si stabiliranno sono uomini dei Vialardi, strettamente vincolati
ai nobiles che sono i destinatari dei poteri concessi e gli unici beneficiari dei
privilegi7.
È in questo momento che la Comunità inizia a organizzarsi, non tanto per
una spinta interna, ma per l’esigenza dei signori di dare solidità pubblica al
proprio dominio attraverso la promozione di un “altro potere”, quello degli
homines, con magistrature e organismi rappresentativi propri8, comunque
ancora istituzionalmente subordinati. Degli omaggi presentati dalla Comunità
ai signori rimane una testimonianza diretta tarda, tuttavia il fatto che la pre-
sentazione avvenga more solito richiama consuetudini antiche9. D’altro canto il
150 GRAZIANA BOLENGO
piedi levati tra la propria Comunità, più o ristrutturazione di parte del castello, ora con funzione di palazzo e l’amplia-
meno elevato secondo il proprio rango. A
differenza della cavalcata, l’ost durava tutto mento della chiesa di patronato, ove sono i sepolcri famigliari25.
il tempo della campagna militare. Gli atti fin qui citati riportano i nomi di consoli, credendari e vicini, dan-
22
Il capitaneato di Santhià è istituito nel doci notizia delle famiglie che abitano Verrone:
1378.
23
Le due parti di salario sono cedute per
600 fiorini «parvi ponderis» ai signori di 1386 Bertoldo Ferrario, Antonius Rotarius, Antonius Ramponus, Petrus de
Verrone dal duca Ludovico di Savoia il 10 Prole, Petrus et Brandus de Dominica, Johannes de Circa, Petrus de [ex
giugno 1454 (AS Biella, RT, mazzo 31, per-
gamena 4, e, in copia, ibidem, Famiglia Via- Johannes Ubertus] Arduininus, Johannes Durantus, Marcixius Potirus
lardi di Verrone, mazzo 1, fasc. 1, «Atti di
dedizione, investiture, ricognizioni …», c.
de Elda, Anricus de Eclexia, Otino Bezono
10v). 1473 Georgius de Ozia, Antonius Gaija, Ubertinus Scotono, Johannes de
24
Accordi di Torino del 2 dicembre Martineto, Dominicus Choa, Bertolinus de Barancio, Johannes Ferrarii,
1427.
25
Johannes Crachi, Johannes Scotono, Nicolinus de Barancio, Guidetus
Per il castello e la sua tipologia evolu-
tiva, cfr. A. LONGHI, L’architettura del ca- Araldus, Cominus Barberius, Biagius Cracho, Andreas Oliarius, Michael
stello nel paesaggio fortificato subalpino, in Cracho, Cominus de Biglo, Johannes Laurentinus, Johannes de Ricono,
questo volume, pp. 69 sgg. La chiesa sarà
riconsacrata il 18 agosto 1503 (cfr. A. Guilielmus Araldus, Bartolomeus de Laurencio, Vercellinus Lancia,
PERIN, L’architettura della Parrocchiale tra magister Dominicus Sartor, Augustinus Durandus, Ubertinus Durandus,
Medioevo ed Età Moderna, in questo volu-
me, pp. 103 sgg.). Simon Cracho
152 GRAZIANA BOLENGO
sedimi dei quali quattro bruciati35 e, anche in seguito, alle terre che i proprie- 35
AS Torino, Sez. Corte, Provincia di
Biella, mazzo 7; copia in AVdSF. Con il ter-
tari «stanti li mali tempi passati di guerra habbino lasciato di quelli posseder»36 mine sedime veniva comunemente indicata
si accompagna spesso l’indicazione di edifici arsi. Alla guerra, come si è detto, una proprietà rurale comprendente anche
edifici alcuni dei quali con funzioni abita-
si aggiunge nel 1630 la peste. tive.
Questo quadro di rovina giustifica la scomparsa degli archivi comunitari 36
AS Biella, Insinuazione di Biella, per
antichi, religiosi e civili: gli atti di battesimo, matrimonio e morte della Parroc- paesi, vol. 544, c. 67, «Cessione di ragioni
con quietanza della Comunità di Verrone a
chiale partono dal 167037, data che è anche quella dei primi atti che compon- Giovanni Antonio Sapellano per i carichi
gono l’Archivio Comunale: conti esattoriali (1673), causati (1674), catasti dovuti in passato», 11 aprile 1673.
(1680), cotizzi (1700), consegne (1704), ordinati (1711)38. 37
Al secondo libro dei battesimi è alle-
gato un “processo verbale” del 21 dicem-
Nel 1632, 16 capi di casa che rappresentano la quasi totalità della bre 1805 (XIV della repubblica 30 frimaio)
Comunità indebitata di «diverse somme de denari e grani et hor essendo che storicizza questa situazione.
38
ingionta di pagare tratta del impossibile atteso che come è notorio in detto Lo stato dell’Archivio Comunale ri-
sulta storicamente documentato da due
luogo di Verrone non si fa più Comunità e la maggior parte delli particolari inventari settecenteschi, «Inventaro delle
suono absenti del detto luogo e non puono sodisfar a tali debiti con imposi- scritture della Comunità di Verrone esi-
stenti nell’Archivio d’essa fatto da me Eu-
zioni e taglie …», decidono di vendere beni della Comunità e dei particolari sebio Tamiatti notaio collegiato del luogo
«conforme a una lista fatta per essi particolari ogniuno per sua portione per di Cerrione e secretaro d’essa Comunità
con intervento ed assistenza di mastro
pagare sudetti debiti fatti nel tempo che non era Comunità …»39. Una serie di Giacomo Garitio fu Antonio già console di
atti tra il 1675 e il 1681 riporta la cessione di ventiquattro pezze, otto siti detta Comunità e presentemente consi-
gliere a ciò ambi deputati per ordinato delli
demoliti e una casa per un totale di «livre centosessantotto e soldi tredici» 18 ottobre 1730» e «Inventaro delle scrit-
speso in maggior parte per «sostener le litti che tra la detta Comunità e li ture esistenti nell’Archivio della Comunità
di Verrone formato da me nottaio Gio-
signori di cotesto luogho vertiscano avanti l’eccellentissima camera dei conti di seppe Ignazio Danese della città di Biella
SAR concernenti l’allodialità e feudallità de beni …»40. segretaro di detta Comunità nell’anno
1774» con intervento di Antonio Bocca
sindaco e ciò in seguito ad ordine verbale
dell’intendente Villatta. Il documento più
LA NUOVA COMUNITÀ antico è una vendita del 12 ottobre 1525,
da signori e Comunità al convento di San
Pietro di Biella.
La fine del ’600 rappresenta l’inizio della ricostruzione del corpo comuni- 39
AS Biella, Insinuazione di Biella, per
tario. Le testimoniali seguite alla visita che il conte Riccardi, intendente della paesi, vol. 208, c. 51v.
provincia di Vercelli, compie nel dicembre del 1695 descrivono una Comunità 40
Ibidem, vol. 544. Le liti incidevano
contadina non ricca, ma non più al limite della sussistenza. La visita è una con- pesantemente sul bilancio della Comunità
e la vendita di beni era spesso necessaria
vocazione alla piazza del castello di consoli, consiglieri, capi di casa e coltiva- per farvi fronte; si veda anche ibidem, vol.
tori dalle cui consegne viene rilevato lo stato del luogo: la Comunità conta 245 70, c. 502, «Vendita di un bosco di 10 stara
circa a lire 31 da impiegare in causa contro
persone, 3 delle quali abitano «fuori», uno perché servitore. I minori di anni Giovanni Quaregna avanti la Camera dei
7 sono 54, gli ultrasessantenni 9, una figlia ha «il mal caduco», mentre una Conti», 25 ottobre 1697.
famiglia risulta estinta41. Tra i capi di casa ci sono 6 vedove e 1 vedovo. Oltre 41
Le famiglie sono convocate in base al
«quinternetto» esattoriale del 1695.
i residenti, si aggiungono 8 forestieri che registrano beni e altri 3 che dichia- 42
I cotizzi erano gli imposti sui proventi
rano di coltivare le loro proprietà, due vengono da Salussola con i loro animali. derivati dall’attività lavorativa.
Sono dichiarati 22 gioghi (paia di buoi) cotizzati42, di cui 10 di proprietà signo- 43
La soccida è una forma di contratto
rile affidati a massari e 12 di proprietà privata. Su 56 nuclei famigliari, 9 non nel quale due soggetti, soccidante e socci-
dario, si associano per l’allevamento e lo
hanno buoi e non consegnano neppure beni, mentre gli altri dichiarano 52 vac- sfruttamento del bestiame ripartendosi gli
che con 14 vitelli (8 di proprietà Vialardi, 11 affidate in «socida»43), 10 cavalli utili. Nei casi dichiarati si ha la soccida
semplice in quanto il bestiame è conferito
e 1 puledro, 7 asine, 2 capre, 23 manzi (6 dei signori, 2 del pievano e 2 in dal soccidante ad un allevatore.
«socida») e 22 maiali. Quanto all’attività lavorativa, sono dichiarati 22 massari 44
Figlio illegittimo di Carlo Besso Fer-
12 dei quali coltivano sia terreni propri che affidati, il che fa supporre pro- rero Fieschi.
45
Cristina Ippolita, moglie di Carlo Bes-
prietà personali minime, mentre un massaro44 «abita come staffiere con la prin- so Ferrero Fieschi, figlia illegittima di Carlo
cipessa di Masserano45 sua matrigna». Proprietari della maggior parte dei ter- Emanuele II di Savoia e di Jeanne Marie de
reni sono i Vialardi che abitano il castello: [Antonio] Bernardino con la moglie Trecesson, moglie di Maurizio Benso di
Cavour.
e una figlia, 1 servo e 1 serva, il priore Giovanni Giacomo con 1 serva, Carlo 46
AS Torino, Camerale Piemonte, Atti
Francesco con la moglie, due figli e il nipote Paolo Orazio che risiede, però, per feudi, Art. 749, mazzo 134/2, paragr.
4262. Cfr. G. GENTILE, Attraverso i catasti
ad Arborio, ai quali si aggiungono nobili forestieri, enti ecclesiastici e il pie- antichi del Comune, in questo volume, pp.
vano46. Se si considera che la visita avviene nell’ambito della definizione di una 129 sgg.
lite con i Vialardi per l’accatastamento allodiale dei beni da questi posseduti e
che, perciò, la Comunità ha tutto l’interesse a dichiarare un tenore di vita
molto basso, la ripresa economica risulta netta.
La nuova Comunità si affranca via via dai propri signori, acquistando
GLI “HOMINES VERONI” 155
47
AS Torino, Sez. Riunite, Patenti Con- un’autonomia sempre maggiore che si muove parallela alla riorganizzazione
trollo Finanze, reg. 135, p. 218. La conces-
sione avviene in seguito all’editto 11 giugno dello Stato sabaudo. La conseguenza è lo spostamento dell’asse di riferimento
1704 con il quale si «erige in ufficio perpe- dal castello a Torino, ora centro del potere amministrativo.
tuo ed alienabile dalle finanze la facoltà di
nominare i Sindaci delle Comunità, colla Il 14 marzo 1707 la duchessa di Savoia Anna d’Orléans, accogliendo la
preferenza a queste» (F. A. DUBOIN (a cura supplica della Comunità, accorda loro «la ragione e facoltà di poter nominare
di), Raccolta per ordine di materie delle
leggi, provvidenze, editti, manifesti, ecc. per mezzo del suo consiglio ordinario o sia delle persone che verranno elette
pubblicati dal principio dell’anno 1681 sino dal medesimo conseglio … li sindici della Comunità d’esso luogo Verrone ...
agli 8 dicembre 1798 sotto il felicissimo
dominio della Real Casa di Savoia per ser- Volendo che la medesima Comunità godi intieramente de privilegii facoltà sti-
vire di continuazione a quella del senatore pendio dritti prerogative esentioni immunità e altre cose portate da detto
Borelli, tomo IX, libro 7, vol. XI, p. 378).
48
editto …». La concessione non è ovviamente gratuita ed è rilasciata «mediante
In una Relazione redatta intorno al
1770 si riporta: «evvi la chiesa di san Rocco la finanza di livre cinque cento ottanta tre soldi 5.6.8»47.
fabbricata ed eretta da questa Comunità, L’affrancamento dal castello si esprime anche attraverso quello votivo e nel
mantenuta dalla parochia epperciò dipen-
dente dalla medesima (AP Verrone, «Della 1714 la Comunità erige a proprie spese48, nella regione baraggiva detta ‹‹casta-
Chiesa e sua scrittura. Relazione fedelis- gne donne››, la cappella di San Rocco che il catasto di fine ’700 individua al
sima della parrocchia di San Lorenzo del
luogo di Verone retta dall’anno 1768 da me mappale 642 come bene della Comunità49. Non esistono più documenti sulle
Gio Batta Barile sacerdote del luogo di origini di San Rocco e neppure quello nell’Archivio Parrocchiale citato da don
Tolegno diocesi di Vercelli in età ora di
anni 36 col titolo di pievano»). Borello che riportava la preesistenza di una chiesetta campestre antica, forse
49
ACom Verrone, Catasti, «Catastro os- abbandonata nel ’600 e ricostruita appunto nel 1714 «ex elemosinis loci» in
sia brogliasso collonnario formato in se- ringraziamento per la protezione accordata da san Rocco durante un’epidemia
guito a misura generale», 1777-1778.
50
di bestiame che aveva colpito il Biellese50.
Un paese nel tempo. Verrone nelle
memorie di Don Achille Borello riviste ed Il permanere di una forte concentrazione della proprietà fondiaria in mano
aggiornate da Mons. Delmo Lebole, Viglia- signorile51 rallenta, almeno fin sul finire del XVIII secolo, l’affermazione di una
no Biellese 1997, p. 47 (rist. anastatica di
A. BORELLO, Verrone brevi memorie stori- vera e propria stanzialità legata alla piccola proprietà, base naturale di una coe-
che, Biella 1926). sione forte di Comunità. Ancora nel 1770 il pievano Giovanni Battista Barile,
51
Se si assume a titolo esemplificativo il nella sua relazione sullo stato della parrocchia, afferma «abbenché il popolo
Catasto del 1729, la percentuale di pro-
prietà signorile risulta del 54,52% distri- sia piccolo il cimitero non è sufficiente per capire [sic!] i cadaveri perché ordi-
buita tra Vialardi (37%) e registranti fore- nario v’è sempre un terzo di più di quei che muoiono che di quei che nascono
stieri quali Bertodano, Gromo, Sandiglia-
no, Maciotta, ecc. (17,52%), cui si affianca e se non fossero i forastieri che vengono ad abitar subito questo luogo non
il 10,01% di proprietà ecclesiastica. La andrebbe a longo a diventar deserto»52.
Comunità registra solo lo 0,45%, i partico-
lari del luogo il 5,46%, mentre il 29,56% Un quadro della Comunità nel ’700 si ricava integrando i dati dalla rela-
sono barazze comuni. zione dell’intendente Blanciotti53 con quelli delle consegne della Comunità54.
52
AP Verrone, Relazione citata a nota
48. Confrontando le statistiche riportate
Nel 1726 la ricognizione dei maschi avviene presso 69 capi di casa, 3 dei quali
nei libri parrocchiali si hanno, ad esempio, sono Vialardi, 5 sono vedove e una nubile. Distribuendo i maschi consegnati
tra il 1797 e il 1805, 45 matrimoni, 152
nati e 194 morti.
in fasce omogenee d’età si nota che i minori di 14 anni costituiscono circa metà
53
L’intendente era il funzionario prepo- della popolazione, 39 hanno meno di 7 anni, mentre il resto degli abitanti si
sto dall’autorità regia al governo delle pro- concentra nella fascia tra i 15 e i 29 anni, dopo di che il loro numero va dimi-
vince. Pietro Antonio Blanciotti, inten-
dente della provincia di Biella, compila tra nuendo per arrivare a solo 8 ultrasessantenni55:
il 1750 e il 1755, nel quadro della statistica
generale del Regno, la «Relazione dello
stato della Provincia di Biella ...» (AS età 1 - 14 15 - 19 20 - 29 30 - 39 40 - 49 50 - 59 oltre 60
Biella, Intendenza, mazzo 1).
n. 72 17 27 13 13 15 8
54
Si sono considerate le «Testimoniali di
trasferta con consegna di tutti li maschi
d’ogni famiglia del luogo di Verrone ...»
datate 8 e 9 maggio 1726 (ACom Verrone, L’andamento rispecchia a grandi linee quello già rilevato nel 1695.
mazzo 13) e la «consegna» del 1743 alla Interessanti risultano le caratteristiche della popolazione maschile: la statura
quale hanno proceduto il sindaco Simone
Moscone e i consiglieri Antonio Garitio e prevalente è tra l’ordinaria (47 soggetti) e la grande (27), i bassi sono 15, i pic-
Francesco Mosca: «In qual consegna coli 7. Gli uomini sono in prevalenza sani, ma tra i minori di 15 anni si tro-
dichiarano d’aver avuto il debito riguardo
a’ poveri e miserabili di detto luogo per vano uno storpio di 4 anni, uno zoppo di 6 e uno «alquanto sordo» di 11, men-
quanto gl’è parso conveniente» (ACom tre tra gli adulti sono registrati 3 zoppi, 3 storpi, 4 con male alle gambe, 1
Verrone, mazzo 1, «Libro delle proposte ...
1741-1743»). Si tenga conto che i dati sordo e 1 con tre dita alla mano destra. Sono riportati con precisione i mestieri
delle consegne devono considerarsi ap- e le attribuzioni dei singoli:
prossimati, con un margine intorno al 10%
per eccesso o per difetto a seconda delle
occasioni. Si tratta infatti di dichiarazioni Da campagna Vaccaro Negoziante da grano Sarto Ciabattino Altro
di privati controllate, solitamente, solo
dalle autorità locali che avevano tutto l’in- 57 11 9 3 4 10
teresse a diminuire il carico impositivo.
156 GRAZIANA BOLENGO
L’agricoltura e i mestieri collegati sono le occupazioni principali; tra i sarti Cfr. G. PRATO, La vita economica in Pie-
monte a mezzo del secolo XVIII, in Docu-
uno risulta anche «campagnino», mentre i ciabattini sono un’intera famiglia: i menti finanziari degli Stati della monarchia
Ferraris provenienti da Scopello in Val Sesia. Vi sono poi il procuratore fiscale piemontese, Torino 1908, serie I, vol. II.
55
Antonio Bonino di 27 anni proveniente dalla Barazza di Biella, abitante da 12 La valutazione viene fatta su 165 dei
191 maschi consegnati in quanto le testi-
anni presso il conte Vialardi quale suo agente; il messo giurato Renaldo moniali mancano dell’ultima pagina, ma le
Melchior di 35 anni proveniente da Chieri, residente da sei mesi al castello; 2 percentuali si possono ritenere ugualmente
valide.
sacerdoti celebranti, il pievano avvocato e teologo Giovanni Battista Pozzo e 56
Le consegne non comprendono solita-
Pietro Antonio di Giovanni Quaregna di 28 anni ‹‹alle scole in Torino››, 1 mente i minori di 7 anni. I forestieri che
chierico Pietro Francesco di Bartolomeo Quaregna di 19 anni; 1 cuoco Carlo concorrono al cotizzo personale sono 16 e
consegnano 30 bocche e 3/4, mentre altri
Francesco Mercandile da due anni a Graglia; 2 scolari di 12 anni, Lorenzo 12 hanno poco registro. Altre 30 bocche
Gaija figlio del negoziante da grano Pietro Antonio e Agostino Mercandile sono consegnate dalle «persone e corpi pri-
vilegiati»: Sacro Monte di Oropa, Sacro
figlio di Giuseppe console e negoziante; 1 «scrivante» Giuseppe Antonio Monte di Graglia, padri di San Domenico
Finello di 56 anni proveniente da Pianezza, e infine 1 che badava «a suoi di Biella, padri di San Pietro di Biella, don
affari». I maschi appartenenti alla famiglia dei signori Vialardi sono 4: il conte Giovanni Crosa per il beneficio del ca-
stello, don Pietro Domenico Crosa, i mini-
Francesco Bernardo di anni 20, nubile, in Sardegna come ufficiale portainse- stri del Santo Rosario di Verrone.
gne nel Reggimento dei fucilieri; Pietro Antonio e Gaspare suo fratello e 57
Cochetto (dialettale cochèt) è il boz-
Antonio Maria, maritato, soldato. zolo del baco da seta (V. DI SANT’ALBINO,
Gran dizionario piemontese-italiano, rist.
Nel 1743 i capi di casa non sono aumentati e consegnano in totale 276 boc- anastatica, Torino 1962, p. 374). Le altre
che56 con 27 gioghi; le famiglie povere sono 5 con 15 bocche, le miserabili 5 attività censite a zero sono il numero di for-
nelletti da seta, filatoi da seta, telari per
con 8 bocche; 3 delle prime e 1 delle seconde hanno a capo vedove. A metà stoffe di seta e bindelli, telari per tele, telari
’700 l’intendente registra 84 famiglie con 380 persone e 40 minori di 7 anni; i per draperie, mercanti da sete panni e
altro, fucine da ferro, martinetti da ferro,
gioghi o paia di buoi sono 18, le bovine da tiro 12, le altre bovine 151, le bestie magli di rame, tine per le fabbriche da
da soma 20; non vi sono animali da lana. In totale una media di 2-3 animali carta.
per famiglia. L’attività agricola continua ad essere l’unica risorsa. 58
M. NEIRETTI, Dagli statuti comunitari
ai bandi campestri, in L. SPINA (a cura di),
Nella consegna, alla colonna delle arti, si conta 1 «zavatino» e a quella dei L’Alpe e la Terra. I bandi campestri biellesi
negozi 3 osti e 5 mercanti «da grano», mentre la tabella III della relazione nei secoli XVI-XIX, Biella 1997.
riporta come unico dato il prodotto dei cochetti57 e non altre attività artigia- 59
«Brogliazzo delle scritture inventari-
zate nel castello di Verrone dall’Ill. sig.
nali. Dalle tabelle V e VI si ricavano i dati dei prodotti della coltivazione, che conte e commendatore D. Giuseppe Ales-
«non solamente basta per la comune manutenzione, ma eziandio vari delli abi- sandro Olgiati come procuratore generale
tanti ne fanno anche qualche disastro specialmente di parte della melica su i dell’Ill. sig. conte Francesco Bernardo
Vialardi di Verrone», in copia in AVdSF.
mercati di Candello e Biella e del vino ad uso delli abitanti di Netro, Donato L’inventario regesta le carte racchiuse in
e mandamento di Mosso». La produzione, pur inferiore a quella dei paesi con- due cofani e un piccolo cassonetto per so-
stenere le ragioni del conte contro la
finanti, può essere considerata nella media. La tabella seguente prende ad Comunità e vari particolari.
esempio la produzione di 3 prodotti scelti tra i più consistenti in Verrone, rap-
portata alla popolazione e consistenza territoriale dei paesi limitrofi:
IL TERRITORIO
1
3 dicembre 1437, I «tenementari» di
a consegna del 14371 individua i beni dipendenti dalle chiese di San
terre, sedimi e boschi delle chiese di San
Lorenzo e di San Simone di Verrone con-
segnano i beni su richiesta di Roberto figlio
di Guglielmo Vialardi di Verrone, rettore
di San Lorenzo (AS Biella, Famiglia Via-
L Lorenzo e di San Simone e fornisce un primo, parziale, elenco topono-
mastico:
ad barletarium ad merlleto
lardi di Verrone, pergamena 9).
2
ACom Verrone, Catasti, «Catastro della in bazella ad moalam
comunità di Verrone formato nel anno ad binellam in morenga
1729 …» in seguito alla misura generale
fatta dagli agrimensori Giovanni Antonio in bogignano al pata
Orso di Candelo e notaio collegiato Euse- in cangiosso ad peratium
bio Tamiatti di Cerrione nel 1726 e nel
1727. in castagne dopne in prato cazulo
in castellano ad pratum lupi
ad cavas in ripatio
ad chiussum - claussum ecclesie ad runchum
ad chiussurea - ad claussuram in ruscalla - ad crucem rusalle
a la choa in salvatia - ad sarveam
in chotre in setolo
in crucem - ad crossas in stricta
ad funtanam in tabularis
ad marchessanam in vignali
in martignano ad zuchum
Camera:
Una coperta da letto di lana bianca «arsuta»20 et un letto di piumino
Una letera di noce et altra di pobia
Camisie due di tela de una mediocre bontà da homo et altre due ... da donna
Tre cassie di pobia vecchie senza coperte
Doi linzoli tela
Altri doi linzoli di tela comune
162 GRAZIANA BOLENGO
Solarone: 21
L’emina è l’unità di misura per gli aridi
corrispondente a poco più di litri 23.
Emine21 tre meliga rossa L’emina di Piemonte si divide in 16 coppi,
il coppo in 24 cucchiai. Cinque emine for-
Crotta o canepa: mano un sacco.
Un vassello di capacità di bottalli doi con quattro cerchie di ferro 22
Cotre, coltro: sorta di coltellaccio di
Altro vassello di capacità di brente due con tre cerchie di ferro ferro fitto dai due capi, uno nella bure, l’al-
Due tine di capacità di tre bottalli per caduna con doi cerchie di ferro tro nel vomero dell’aratro per fendere la
terra (V. DI SANT’ALBINO, Gran dizionario
Stalla: piemontese-italiano, cit., p. 427).
Una massa e un cotro frusti22 23
AS Biella, Insinuazione di Biella, per
paesi, vol. 208, c. 198, «Dotta di Antonia
Un par bovi cioe uno di pilo rosso e un altro candido moglie di maestro Giovanni Maria Perino
Una vaca di Verrone …».
24
Travata: Ibidem, vol. 67, c. 9.
Una barozza finita ma poco bona
Molti oggetti sono portati nella casa dalla futura sposa, già usati perché
tolti dalla casa paterna, più raramente nuovi. Nell’atto di dote di Antonia
Gaija, moglie di Giovanni Maria Perrino nel 1634, troviamo una «letera di
noce mezzana, un letto e un cussino di piuma, un mortaro di pietra, tre
camisse, tre linzoli e un mantile in tre» che si ritrovano nell’inventario post
mortem, oltre «una trapunta usata, un parolo guasto d’arame, una padella di
mezzo arame»23. Più ricca la dote di Agnesina Martinetto, moglie di Francesco
Avandino nel 1611, che porta in dote «una tina con un cerchio di ferro frusta,
tre vasselli a tenuta varia con cerchi di ferro, due bottalli, una pesa frusta e gua-
sta, un parolo senza manigo, un scaldaletto, una olla da olio, una cassia di noce
senza chiave e chiavadura, una cadena di ferro da foco, tre falzetti, un letto di
piuma con suo cussino, una coperta bianca da letto, cinque linzoli, una arca di
noce da impastare, un bronzo, una padella da frizere e sua cazulera, un man-
tile di braza due e tre serviette, tre tovaglie di tela in dodeci, una cassia di
noce»24. Antonia Gaija porta con sé anche «20 emine di meliga, 4 di fave, 3 di
miglio, una di fagioli picoli, 2 rubbi di garigli, 23 livre di canapa pista, 10 di
filo, 11 di rista da filare, 4 di filo da filare», mentre Agnesina Martinetto porta
al marito due case in Villa e un campo al Chiosetto.
La dote è completata dal fardello di effetti personali della sposa. Antonia
ha con sé i capi che costituiscono la base minima del vestiario: «sei faudelle
nove di rista e una di lino, una sargia argentina, una bandera, un busto bianco,
un busto biono, uno di drappo, un para di maniche, un para di calzette, una
peliza, sette camissie». Il fardello di Agnesina è più consistente e variato: «un
braido di tela negra con le bande di mocaida dorata col bustetto di fustane
negro, altro braido di tela biona col busto di sargia argentina, altro braido di
tela pur biona, doi scossal di razola, doi novi con soi lavori e picetti, altro scos-
sale di tela indiena con lavori e frange, altro di tela bigarata, camise da donna
di rista tra bone e grame con le spale di lino e rista nove, un para di calzette
de saija bianca da Mosso».
novembre 1759, quando gli ordinati riprendono, la Casa Comune esiste poi- Terreni vicini al Margone con le
ché vi si riunisce il Consiglio. derivazioni d’acque, , AS Biella,
Famiglia Gromo di Ternengo
Definitivamente sistemata nel 1778 33 e accatastata in mappa alla particella
392, la Casa fu sede municipale per almeno un secolo. Utilizzata in seguito
come cantina sociale e poi come peso pubblico, oggi ha riacquistato una delle
sue antiche funzioni: al piano superiore ospita di nuovo l’Archivio Storico
Comunale.
LA CASCINA
La cascina, dapprima semplice luogo riparato utilizzato sia come deposito
per attrezzi e derrate che come ricovero per uomini e animali, accanto al quale
si sviluppa in seguito un nucleo abitativo, residenza del massaro e della sua
famiglia, connota la proprietà fondiaria signorile. Nel borgo o ai limiti dell’a-
bitato rappresenta la casa rurale ampliata nella parte rustica e di servizio all’at- 33
Ibidem, mazzo 11, «Contratto per l’im-
tività agricola, a volte circondata da una cinta muraria con portone carraio di presa delle riparazioni attorno la casa Co-
accesso 34. Dalle registrazioni catastali risulta spesso difficile distinguere l’una mune di Verrone …», 10 settembre 1778.
dall’altra se non per la maggior estensione dei terreni di pertinenza. 34
Ibidem, mazzo 8, «Divisione delli fra-
telli Ignazio Francesco e Pietro Giacomo
I rapporti tra massaro e proprietario sono regolati dal massaritio, il con- Cecidani del luogo di Verrone», 15 dicem-
tratto che stabilisce concessioni, compiti e doveri di chi gestisce il latifondo. bre 1714.
Di esempio il massaritio tra i fratelli Chiorino e il conte Bernardino Vialardi 35
AS Biella, Insinuazione di Biella, per
paesi, vol. 208, c. 31, «Massaritio di Gio-
del 1629 35, nel quale i due fratelli sono «tenuti e obbligati di ben tener miglio- vanni e Giovanni Francesco fratelli Chio-
rar et non detteriorar il massaritio con darsi la debita parte dominicale di ogni rini dall’Illustre Bernardino Vialardi dei
signori di Verrone», 2 aprile 1629. La mas-
raccolto di qual si voglia sorte che pervenirà in detti beni conditionati et con- seria in oggetto è in «loco detto alla
dutti per il castello cioè il terzo di tutti li grani et mittà della rama ... Più Colombaia» nel cantone di «Richone».
IL TERRITORIO, IL BORGO, LA PIAZZA, LA CASA COMUNE, LA CASCINA 165
36
Scarass o pal d’anpalè le vis sono i pali promettono di pagar per appenditio annualmente ... para tre polastri et para
per appoggiare i tralci (V. DI SANT’ALBINO,
Gran dizionario piemontese-italiano, cit., p. doi caponi al Santo Martino belli et buoni. Più una baroza di scaraze36 al tempo
1020). che se podano le viti. Più si sono obbligati di ordinar ogni cosa a hora et tempo
37
Le cascine Margonetto e Cotre sono o massime di seminar delle tre parti le due di grano grosso et il restante a mar-
cedute il 14 novembre 1730 al convento di
San Domenico di Biella da Francesco Ber-
zaschi o coltura marzenga. Più sirano obligati di tener da conto li boschi a luoro
nardo Vialardi a conclusione di una lite assignati et non potrano tagliarne altro senza licenza ... Più occorrendo di far
(AS Biella, Corporazioni Religiose, Dome- qualche beneffitio in detti beni si farano a comune spese ... et massime in net-
nicani, mazzo 12, fasc. 616). Le cascine
Trecanile e Cassinone passano ai santuari tar campi che prati et tutto ciò che detto li rimetterà …». Con i terreni ven-
di Oropa e Graglia per il legato testamen- gono affidati anche gli animali, come si legge nello stesso massaritio: «due vache
tario di Carlo Francesco Vialardi di Ver-
rone, mentre la «Cassina de Frati» è costru- con una manza una di pelo ollivetto e le altre due di pelo rosso ambe pregne»
ita dai frati di San Pietro di Biella sui ter- e un paio di buoi acquistati dai massari con cento scudi ricevuti dal signore.
reni acquistati nel 1525 (cfr. nota 6). Do-
cumenti relativi a questa cascina e alla Mar-
Nei catasti dal 1680 al 1779, si identificano 14 cascine, per la maggior
gone sono in AS Biella, Famiglia Gromo di parte poste fuori dall’abitato, il cui assetto proprietario varia negli anni pur
Ternengo, mazzi 56, 60 e 64. restando nella sfera signorile o ecclesiastica37. I nomi ricalcano generalmente i
38
La Piantina è l’attuale Argenta nome toponimi delle regioni nelle quali sono situate, a volte indicano elementi del
derivato da Anna, figlia di Antonio Argen-
ta, moglie di Giacomo fu Bernardo Pian- complesso o funzioni predominanti come nel caso del Cassinone, cascina
tino (AS Biella, Insinuazione di Biella, per grande, dell’Aijrale, aia, della Fornace. In altri casi, come la Piantina, derivano
paesi, vol. 82). Per alcune vicende legate a
questa proprietà, si veda ibidem, Famiglia il nome dai proprietari38. Due tra queste cascine, il Margone e il Cotre, sono
Gromo di Ternengo, mazzo 60, e ACom già individuate nella consegna Vialardi del 1610 39.
Biella, serie prima, mazzo 45, fasc. 24.
39
AS Torino, Sez. Corte, Provincia di Cascina Proprietà
Biella, mazzo 7; copia in AVdSF. 1680 1729 1779
Aijrale (regione Antonio Bernardino Francesco Bernardo Antonio Bernardino
Lamazza) Vialardi Giuseppe Vialardi Vialardi
Campiglie Francesco Bernardo Antonio Bernardino
Giuseppe Vialardi Vialardi
Eredi Carlo
Cassinone Francesco e Santuario di Graglia e
Giovanni Giacomo Santuario di Oropa
Vialardi
Antonio Bernardino Francesco Bernardo Convento di San
Cotre
Vialardi Giuseppe Vialardi Domenico di Biella
Carlo Giovanni
Fornace (regione
Battista Genua di
Patta)
Sandigliano
Conte di Ternengo Ercole Gromo Renato Gromo di
Margone
Ternengo
Giovanni Giacomo Francesco Bernardo Convento di San
Margonetto
Coppa di Biella Giuseppe Vialardi Domenico di Biella
Eredi di Carlo Carlo Francesco Carlo Raffaele
Piantina
Vialardi di Bertodano Bertodano
Sandigliano
Antonio Bernardino
Pugna
Vialardi
Eredi di Carlo Carlo Francesco Carlo Raffaele
Tre Bosco Vialardi di Bertodano Bertodano
Sandigliano
Eredi Carlo
Francesco e
Trecanile Carlo Francesco Giovanni Giacomo Santuario di Graglia e
Vialardi Vialardi - Carlo Santuario di Oropa
Francesco Bertodano
Trompetto o Convento di San Convento di San Convento di San
Cassina de Frati Pietro di Biella Pietro di Biella Pietro di Biella
Giovanni Coda
Vallone Zabetta di Biella
Viara (regione
Lamazza o Antonio Bernardino Francesco Bernardo Antonio Bernardino
Valletta) Vialardi Giuseppe Vialardi Vialardi
166 GRAZIANA BOLENGO
Bibliografia generale
F. CAVALIERI, Il castello di Pandino, in G. ALBINI, F. CAVALIERI, Il G. DUBY, L’An Mil, Paris 1967.
castello di Pandino. Una residenza signorile nella campagna E. DUPRÉ THESEIDER, Sugli stemmi delle città comunali italiane,
lombarda, Cremona 1986. in La storia del diritto nel quadro delle scienze storiche,
G. CHITTOLINI, I Capitoli di dedizione delle comunità lombarde a Firenze 1966.
Francesco Sforza: motivi di contrasto tra città e contado, in M. ELIADE, Histoire des croyances et des idées religieuses, Saint-
Felix olim Lombardia: studi di storia padana dedicati dagli Amand-Montrond 1983, vol. III.
allievi a Giuseppe Martelli, Milano-Alessandria 1978.
G. C. FACCIO, Il Libro dei “Pacta et Conventiones” del Comune
F. COGNASSO, Note e documenti sulla formazione dello stato di Vercelli, Biblioteca Società Storica Subalpina, XCVII
visconteo, in «Bollettino della Società Pavese di Storia (1926).
Patria», XXIII (1923).
G. C. FACCIO, M. RANNO, I Biscioni, Biblioteca Società Storica
F. COGNASSO, Il Conte Verde, Milano 1926 (rist. Milano 1989). Subalpina, CXLV (1934), vol. primo.
F. COGNASSO, I Savoia, Varese 1971 (rist. Milano 1999). A. FALOPPA, Dal vescovo al comune, in Ivrea ventun secoli di sto-
P. COZZO, Il vescovo Bonomi e i decreti controriformati, in V. ria, Pavone Canavese 2001.
NATALE (a cura di), Arti figurative a Biella e a Vercelli. Il A. FERREIRO, The siege of Barbastro, 1064-1065: a reassessment,
Cinquecento, Biella 2003. in «Journal of Medieval History», IX (1983), n. 2.
P. DATTA, Storia dei principi di Savoja del ramo d’Acaja signori del E. FÖRSTEMANN, Altdeutsches namenbuch, vol. I, Personen-
Piemonte dal 1294 al 1418, Torino 1832. namen, Bonn 1900.
Da Vercelli, da Biella, tutto intorno, Torino 1980. F. GABOTTO, L’età del Conte Verde in Piemonte secondo nuovi
D. DEBERNARDI FERRERO, L’architettura romanica nella diocesi di documenti (1350-1383), Torino 1894.
Biella, Biella 1959. F. GABOTTO, Gli ultimi principi di Acaia e la politica subalpina dal
C. DEBIAGGI, Il pittore Vitaliano Grassi. La sua attività a Vercelli. 1383 al 1407, Pinerolo 1897.
Una volta con affreschi di Palazzo Langosco, in «Bollettino F. GABOTTO, U. FISSO, Le carte dello Archivio Capitolare di Casale
Storico Vercellese», 57 (2001). Monferrato fino al 1313, Biblioteca Società Storica Subal-
F. A. DELLA CHIESA, Discorsi sopra le famiglie nobili del pina, XL (1907), vol. I.
Piemonte, ms. presso l’Archivio di Stato di Torino, Sez. N. GABRIELLI, Rappresentazioni sacre e profane nel castello di
Riunite. Issogne e la pittura nella valle d’Aosta alla fine del 1400,
M. DELL’OMO, La cultura figurativa a Vercelli e nel Vercellese nel Torino 1959.
Settecento: nuove indagini, in V. NATALE (a cura di), Arti D. L. GALBREATH, L. JÉQUIER, Manuel du blason, Lausanne 1977.
figurative a Biella e Vercelli: il Seicento e il Settecento, Biella
2004. E. GAMILLSCHEG, Romania germanica, Berlin und Leipzig 1934-
1936.
«De Valle Sicida», V (1994), n. 1.
G. GANDINO, Per una lettura del medioevo biellese, in G.
J. DE VORAGINE, Legenda Aurea, Francia (forse Parigi) sec. XIII. ROMANO (a cura di), Biella e il suo territorio, Biella 1982.
J. DEVRIES, Altgermanische Religionsgeschichte, Berlin 1956- G. GANDINO, Per una lettura del medioevo biellese, in G.
1957, voll. I e II. ROMANO (a cura di), Museo del territorio biellese. Ricerche e
proposte, Biella 1990.
P. DIACONO, Historia Longobardorum, Milano 1985.
S. GASPARRI, I duchi longobardi, Roma 1978.
C. DIONISOTTI, Illustrazioni storiche e corografiche della Regione
Subalpina, Torino 1898. C. GAVAZZI, P. MERLO, L’architettura gotica nella diocesi di Biella,
Biella 1980.
V. DISANT’ALBINO, Gran dizionario piemontese-italiano, Torino
1962, rist. anastatica. G. GENTILE, Sculture e scultori a Savigliano, in G. ROMANO (a
cura di), Realismo caravaggesco e prodigio barocco. Da
E. DOLINO, Le vetrate, in B. ORLANDONI, E. ROSSETTI BREZZI (a
Molineri a Taricco nella Grande Provincia, Savigliano 1998.
cura di), Sant’Orso di Aosta, Aosta 2001.
L. C. GENTILE, Araldica e storia, in R. BORDONE (a cura di),
G. DONDI, Gentiluomini christiani e religiosi cavalieri, Catalogo Araldica astigiana, Asti 2001.
della mostra presso l’Archivio di Stato di Torino dedicata
all’Ordine di Malta in Piemonte, Milano 2000. L. C. GENTILE, Araldica saluzzese. Il Medioevo, Cuneo 2004.
170 BIBLIOGRAFIA GENERALE
C. GHIRALDELLO, Decifrazioni storico-artistiche nel Biellese e din- M. VIGLINO DAVICO, C. TOSCO (a cura di), Architettura e
torni, Biella 1999. insediamento nel tardo medioevo in Piemonte, Torino 2003.
S. GIORCELLI BERSANI, Tracce di Tardoantico nell’Italia nordocci- A. LONGHI, Castelli nelle terre di Langa: le architetture fortificate
dentale, in S. GIORCELLI BERSANI (a cura di), Romani e bar- dei Falletti, in R. COMBA (a cura di), I Falletti nelle terre di
bari: Incontro e scontro di culture, Atti del Convegno inter- Langa tra storia e arte: XII-XVI secolo, Cuneo 2003.
nazionale di studi, Bra 11-13 aprile 2003, Torino 2004. L. MALLÉ, Una vetrata spanzottesca inedita a Verrone Biellese, in
A. GLORIA (a cura di), Codice diplomatico padovano dall’anno «Biella», I (dicembre 1962).
1101 alla pace di Costanza, Venezia 1879, vol. I, e Venezia L. MALLÉ, Museo Civico di Torino. Vetri, vetrate, giade, cristalli
1881, vol. II. di rocca e pietre dure, Torino 1971.
A. GORIA, Pedemontium: note per la storia di un concetto geo- L. MALLÉ, Storia delle arti figurative in Piemonte, Torino 1974,
grafico, in «Bollettino Storico-Bibliografico Subalpino», L vol. II.
(1952).
C. MANARESI (a cura di), Gli atti del Comune di Milano fino
R. GRECI (a cura di), Un’area di strada: l’Emilia occidentale nel all’anno MCCXVI, Milano 1919.
Medioevo. Ricerche storiche e riflessioni metodologiche, Atti
dei Convegni di Parma e di Castell’Arquato - novembre J. MANN, Wallace Collection Catalogue, Londra 1962, vol. II.
1997, Bologna 2000. C. MASPOLI (a cura di), Stemmario Trivulziano, Milano 2000.
A. GRISERI, Itinerario di una provincia, Cuneo s.d. [ma 1974]. V.-É. MICHELET, Le secret de la Chevalerie, Condé-sur-Noireau
H. GROTEFEND, Zeitrechnung des deutschen Mittelalters und der 1985.
Neuzeit, 2 Bde, Hanovre-Leipzig 1891-1898. G. B. MODENA-BICCHIERI, Dell’antichità e nobiltà della città di
F. GUASCO DI BISIO, Dizionario feudale degli antichi Stati sardi, Vercelli, 1617, ms. presso la Biblioteca Reale di Torino.
Pinerolo 1911, vol. I. Monumenta Germaniae Historica, vol. XXIV, Scriptores rerum
Germanicarum.
G. GULLINO, Forme abitative a Vercelli, Biblioteca Società
Storica Vercellese, 1980. Monumenta Historiae Patriae, vol. II, chartae; vol. XIX, Liber
Potheris Communis Civitatis Brixiae.
G. GULLINO, Uomini e spazio urbano, Biblioteca Società Storica
Vercellese, 1987. T. MULLATERA, Memorie cronologiche e corografiche della città di
Biella, Biella 1778.
H. HOLBORN, Ulrich von Hutten and the German Reformation,
trad. R. H. BAINTON, New York 1965. A. M. NADA PATRONE, Il Medioevo in Piemonte, Torino 1986.
Instructiones fabricae et suppellectilis ecclesiasticae, Milano 1577. A. M. NADA PATRONE, Il Piemonte medievale, in Storia d’Italia,
Torino 1986, vol. V.
J. JARNUT, Prosopographische und sozialgeschichtliche Studien
M. NATALE, Peintures italiennes du XVIe au XVIIIe siècle,
zum Langobardenreich in Italien, Bonn 1972.
Ginevra 1979.
W. KRAUSE, Die Runeninschriften im älteren futhark, Halle 1937. V. NATALE, Committenze e artisti a Biella nella prima metà del
G. LAKING, European Armour and Arms, Londra 1920, vol. I. secolo, in V. NATALE (a cura di), Arti figurative a Biella e a
Vercelli. Il Cinquecento, Biella 2003.
P. A. LANINO, Registro delle gentilizie insegne o arme de’ nobili
casati, 1719, ms. St. p. 605, presso la Biblioteca Reale di V. NATALE (a cura di), Arti figurative a Biella e a Vercelli. Il
Torino. Seicento e il Settecento, Biella 2004.
D. LEBOLE, La Chiesa Biellese nella Storia e nell’Arte, Biella M. NEIRETTI, Dagli statuti comunitari ai bandi campestri, in L.
1962. SPINA (a cura di), L’Alpe e la Terra. I bandi campestri biellesi
D. LEBOLE, Storia della Chiesa Biellese. Le Confraternite, Biella nei secoli XVI-XIX, Biella 1997.
1971, vol. I. D. OLIVIERI, Dizionario di toponomastica piemontese, Brescia
D. LEBOLE, Storia della Chiesa Biellese. Le pievi di Vittimulo e 1965.
Puliaco I, Biella 1979. A. OLMO, Arte in Savigliano, Savigliano 1978.
D. LEBOLE, Storia della Chiesa Biellese. La pieve di Cossato, Biella R. ORDANO, I Biscioni, Biblioteca Società Storica Subalpina,
1982, vol. II. CLXXXI (1970), tomo II, vol. I.
D. LEBOLE, Storia della Chiesa Biellese. La pieve di Biella, Biella R. ORDANO, Storia di Vercelli, Vercelli 1982.
1992, vol. VII.
R. ORDANO, Le torri più antiche di Vercelli e la torre del Comune,
D. LEBOLE, L’oratorio della Madonna delle Grazie di Benna e i in «Bollettino Storico Vercellese», XVII (1988), n. 1.
suoi affreschi cinquecenteschi, in «Studi e ricerche sul
Biellese», Bollettino Docbi, 1992. B. ORLANDONI, La produzione artistica ad Aosta durante il tardo
medioevo, in M. CUAZ (a cura di), Aosta. Progetto per una
D. LEBOLE, Storia della Chiesa Biellese. La pieve di Biella, Biella storia della città, Aosta 1987.
1994, vol. VIII.
B. ORLANDONI, Artigiani e artisti in Valle d’Aosta dal XIII secolo
LIUTPRANDO, Antapodosis, in LIUTPRANDO, Opera omnia, in J. all’epoca napoleonica, Ivrea 1998.
BECKER (a cura di), Scriptores rerum Germanicarum in usum
M. PACUCCI, Biella e il suo territorio: incastellamento tra medio-
scholarum, in Monumenta Germaniae Historica, Hannover-
evo ed età moderna, Tesi di laurea, Politecnico di Torino,
Lipsia 1915, vol. XLI.
Facoltà di Architettura, a.a. 1995/1996, rel. Claudia Bo-
A. LONGHI, Architettura e politiche territoriali nel Trecento, in nardi.
BIBLIOGRAFIA GENERALE 171
G. PANTÒ, Strutture e ospitalità a Vercelli nel Medioevo. Dati E. ROSSETTI BREZZI, scheda 57, in S. PETTENATI, G. ROMANO (a
archeologici, Le vie del Medioevo, Atti dei Convegni di cura di), Il tesoro della città, Catalogo della mostra, Torino
Torino del 20 ottobre 1994 e del 16 ottobre 1996, Torino 1996.
1998.
S. RUNCHIMAN, Storia delle Crociate, Rocca San Casciano 1994
G. PANTÒ, Vita castellana e strutture difensive del Biellese dalle (ed. italiana), vol. I/II.
fonti archeologiche, in L. SPINA (a cura di), I castelli biellesi,
Milano 2001. A. SAVORELLI, Brisure nell’araldica civica, in «Archives héraldi-
ques suisses - Archivio araldico svizzero», CX (1996/2) e
M. PASTOUREAU, Traité d’héraldique, Paris 1979. CXI (1997/1).
A. PEDRINI, Il mobilio, gli ambienti e le decorazioni nei secoli L. SCHIAPARELLI (a cura di), I Diplomi di Berengario I, Roma
XVII e XVIII in Piemonte, Torino 1953. 1903.
G. B. PELLEGRINI, Toponomastica celtica dell’Italia settentrionale, G. C. SCIOLLA, Il Biellese dal Medioevo all’Ottocento. Artisti -
in E. CAMPANILE (a cura di), I Celti d’Italia, Pisa 1981. committenti - cantieri, Torino 1980.
G. H. PERTZ (a cura di), Epistulae saeculi XIII et regestis pontifi- J. SCOTUS ERIGENA, Periphyseon: The Division of Nature, trad. I.
cum romanorum selectae, in Monumenta Germaniae Histo- P. SHELDON-WILLIAMS, rev. J. O’MEARA, Dublin 1968-1975.
rica, Berlino 1887, vol. II.
P. SERENO, Paesaggio agrario, agrimensura e geometrizzazione
G. PETRACCO SICARDI, R. CAPRINI, Toponomastica storica della dello spazio: la perequazione generale del Piemonte e la for-
Liguria, Genova 1981. mazione del “catasto antico”, in R. MARTINELLI, L. NUTI (a
cura di), Fonti per lo studio del paesaggio agrario, Lucca
J.-P. POLY, L’Europe de l’an mille, in R. FOSSIER (a cura di), Le 1981.
Moyen Age, Paris 1982, vol. 2.
G. SERGI, Due secoli di Piemonte presabaudo fra i regni d’Italia e
C. POMA, L’antico convento di S. Domenico di Biella Piazzo se- di Borgogna, in «Piemonte vivo», 1988, n. 1.
condo una descrizione del 1751 scritta dal Padre G. G.
Trivero, Torino 1909. G. SERGI, La geografia del potere nel Piemonte romanico, in G.
ROMANO (a cura di), Piemonte romanico, Torino 1994.
G. PRATO, La vita economica in Piemonte a mezzo del secolo
XVIII, in Documenti finanziari degli Stati della monarchia G. SERGI, I confini del potere. Marche e signorie fra due regni
piemontese, Torino 1908, serie I, vol. II. medievali, Torino 1995.
L. PROVERO, Dinamica sociale e controllo signorile nel regno G. SERGI, Luoghi di strada nel Medioevo. Fra il Po, il mare e le
d’Italia (secoli IX-XII), in «Señores, siervos, vasallos en la alta Alpi occidentali, Torino 1996.
edad media», XXVIII Semana de Estudios Medievales,
G. SERGI, Le polarità territoriali piemontesi dall’alto medioevo al
Estella, 16 a 20 de julio de 2001, Pamplona 2002.
Trecento, in L. MERCANDO, E. MICHELETTO (a cura di), Ar-
A. PURICELLI-GUERRA, Armi in Occidente, Milano 1966. cheologia in Piemonte. Il medioevo, Torino 1998.
S. RICCARDI, Pittura nel Biellese tra Gotico e Rinascimento, Tesi G. SERGI, Poteri temporali del vescovo: il problema storiografico,
in Storia dell’Arte Medievale, Università Cattolica del Sacro in Vescovo e città nell’alto medioevo: quadri generali e realtà
Cuore di Milano, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1999/ toscane, Atti del Convegno internazionale di Pistoia del 16-
2000, rel. prof. Francesca Flores d’Arcais. 17 maggio 1998, Pistoia 2001.
I. RICCI MASSABÒ, Perequazione e catasto in Piemonte nel secolo G. SERGI, Arduino marchese e re rivoluzionario, in Arduino mille
XVIII, in Città e proprietà immobiliare in Italia negli ultimi anni dopo. Un re tra mito e storia, Torino 2002.
due secoli, Milano 1981.
A. A. SETTIA, Castelli e villaggi nell’Italia padana. Popolamento,
I. RICCI MASSABÒ, Conoscenza, memoria, gestione della Terra potere e sicurezza fra IX e XII secolo, Napoli 1984.
nella rappresentazione catastale, in Arte e scienza per il dise-
A. A. SETTIA, Crisi e adeguamento dell’organizzazione ecclesiastica
gno del Mondo, Catalogo della mostra (Torino 1983), Mila-
nel Piemonte basso medievale, in Pievi e parrocchie in Italia
no 1983.
nel basso medioevo (secoli XIII-XV), Atti del Convegno
I. RICCI MASSABÒ, M. CARASSI, I catasti piemontesi del XVIII e «Storia della Chiesa in Italia», Roma 1984, vol. II.
XIX secolo da strumento di politica fiscale a documento per A. A. SETTIA, L’organizzazione ecclesiastica del Piemonte basso-
la conoscenza del territorio, in E. CASTELNUOVO, M. ROSCI, medievale, in A. A. SETTIA, Chiese, strade e fortezze nell’Ita-
Cultura figurativa e architettonica negli Stati del Re di lia medievale, Roma 1991.
Sardegna, 1773-1861, Catalogo della mostra, Torino 1980.
A. A. SETTIA, voce Castello, in Enciclopedia dell’arte medievale,
A. ROCCAVILLA, L’Arte nel Biellese, Biella 1905. Roma 1993, vol. IV.
A. ROCCAVILLA, Altre opere di antichi pittori vercellesi nel Bielle- M. SIGNAROLI, L’attività del maestro del Cristo della Domenica,
se, in «La Rivista Biellese», IV (1924). fra Biellese, Vercellese e Novarese, in «Studi e ricerche sul
A. M. ROMANINI, L’architettura gotica in Lombardia, Milano Biellese», Bollettino Docbi, 1995.
1964. [A. SILOMBRA], La Vita Nova della Cappella, in M. TUROTTI (a
G. ROMANO (a cura di), Arona sacra. L’epoca dei Borromeo, con cura di), L’alba fantastica del castello di Verrone, Vigliano
schede a cura di G. GENTILE, Arona 1977. Biellese 2002.
L. SPINA (a cura di), L’Alpe e la Terra. I bandi campestri biellesi
G. ROMANO, Resistenze locali alla dominazione torinese, in G.
nei secoli XVI-XIX, Biella 1997.
ROMANO (a cura di), Figure del Barocco in Piemonte. La
corte, la città, i cantieri, le province, Torino 1988. L. SPINA (a cura di), I castelli biellesi, Milano 2001.
172 BIBLIOGRAFIA GENERALE
M. SPINI, L’architettura del territorio diocesano dal Duecento al F. VERCELLA BAGLIONE, Alcune considerazioni sul percorso vercel-
Quattrocento, in G. CRACCO, Storia della chiesa di Ivrea dalle lese della strada Pavia-Torino in età romana e medievale, in
origini al XV secolo, Roma 1998. «Bollettino Storico Vercellese», XXII (1993), n. 1.
V. SPRETI, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Milano 1928- T. VIALARDI DI SANDIGLIANO, I Vialardi. L’origine: elementi preli-
1936, vol. VI. minari per una ricerca, in «Archivi e Storia», 1989, n. 1.
Storia di Milano, vol. V, parte I, L’unificazione della Lombardia T. VIALARDI DI SANDIGLIANO, Il castello di Sandigliano, in L. SPINA
sotto Milano, con la collaborazione di F. COGNASSO, Milano (a cura di), I castelli biellesi, Milano 2001.
1955.
T. VIALARDI DI SANDIGLIANO, I conti Rebuffo e il Palazzo Rebuffo
Storia di Milano, vol. X, parte VIII, Le arti minori dalla metà del di San Michele a Villafranca Piemonte, in «Studi Piemon-
secolo XVI al 1630, con la collaborazione di G. ROSA, tesi», 2003, vol. XXXII, fasc. 2.
Milano 1957.
V. VIALE, Gotico e Rinascimento in Piemonte, Catalogo della
D. F. STRAUSS, Ulrich von Hutten, Bonn 1895. mostra, Torino 1939.
G. SYMCOX, L’età di Vittorio Amedeo II, in P. MERLIN, C. ROSSO, V. VIALE, Vercelli e il Vercellese nell’antichità. Profilo storico,
G. SYMCOX, G. RICUPERATI, Il Piemonte sabaudo. Stato e ter- ritrovamenti e notizie, Vercelli 1971.
ritori in età moderna, in Storia d’Italia, diretta da G.
GALASSO, vol. VIII, tomo I. M. VIGLINO DAVICO, Villaggi, castelli, ricetti. Insediamenti rurali
e difese collettive tardomedievali, in V. COMOLI MANDRACCI
Tavole di ragguaglio dei pesi e delle misure in uso nelle varie (a cura di), L’architettura popolare in Italia. Il Piemonte,
Provincie del Regno, R. D. 20 maggio 1877 n. 3836, Roma Roma-Bari 1988.
1877.
M. VIGLINO DAVICO, “Il ricetto” per antonomasia, in L. SPINA (a
M. TERENZI, Catalogo della mostra di armi antiche al castello dei cura di), Candelo e il ricetto. X-XIX secolo, Milano 1990.
Conti Guidi in Poppi (AR), Firenze 1967.
M. VIGLINO DAVICO, Difese del signore e degli homines: sito e
L. TETTONI, F. SALADINI, Teatro Araldico ovvero raccolta generale strutture materiali nel basso medioevo, in M. C. VISCONTI
delle Armi ed Insegne gentilizie delle più illustri e nobili CHERASCO (a cura di), Architettura castellana: storia, tutela,
casate che esisterono un tempo e che tuttora fioriscono in riuso, Atti delle giornate di studio 1991, Carrù 1992.
tutta l’Italia, Milano 1847, vol. VII.
M. VIGLINO DAVICO, C. TOSCO, Architettura e insediamento nel
P. TOESCA, Aosta, catalogo delle cose d’arte e di antichità, a cura tardomedioevo in Piemonte, Torino 2003.
del Ministero della Pubblica Istruzione, Roma 1911.
A. VINCENTI, Castelli viscontei e sforzeschi, Milano 1981.
P. TOESCA, Il Trecento, Torino 1951.
C. VIOLANTE, Pievi e parrocchie nell’Italia centrosettentrionale
C. TOSCO, Il recinto fortificato e la torre: sviluppi di un sistema
durante i secoli XI e XII, in Le istituzioni ecclesiastiche della
difensivo nel tardo Medioevo, in R. BORDONE, M. VIGLINO
“societas christiana” nei secoli XI-XII. Diocesi, pievi e parroc-
DAVICO (a cura di), Ricetti e recinti fortificati nel basso
chie, Milano 1977.
Medioevo, Torino 2001.
C. TOSCO, L’architettura religiosa nell’età di Amedeo VIII, in M. G. WAITZ (a cura di), Scriptores rerum Langobardicarum et
VIGLINO DAVICO, C. TOSCO (a cura di), Architettura e inse- Italicarum saeculi VI-IX, in Monumenta Germaniae Histori-
diamento nel tardomedioevo in Piemonte, Torino 2003. ca, Scriptores, Hannover 1878.
Un paese nel tempo. Verrone nelle memorie di Don Achille K. F. WERNER, Naissance de la noblesse. L’essor des élites poli-
Borello riviste ed aggiornate da Mons. Delmo Lebole, tiques en Europe, Parigi 1998.
Vigliano Biellese 1997 (rist. anastatica di A. BORELLO, P. WINTERFELD (a cura di), Gesta Berengarii imperatoris, in
Verrone brevi memorie storiche, Biella 1926). Monumenta Germaniae Historica, vol. IV/I, Poetae Latini
M. VALLERANI, I rapporti intercittadini nella regione lombarda tra aevi Carolini, Berlino 1889.
XII e XIII secolo, in G. ROSSETTI (a cura di), Legislazione e M. ZUCCHI, Famiglie nobili e notabili del Piemonte, Torino 1955,
prassi istituzionale nell’Europa medievale. Tradizioni norma- vol. II.
tive, ordinamenti, circolazione mercantile (secoli XI-XV),
Napoli 2001. H. ZUG-TUCCI, Un linguaggio feudale: l’araldica, in Storia d’Italia
Einaudi, Annali, vol. I, Torino 1978.
F. VERCELLA BAGLIONE, Il percorso della strada Vercelli-Ivrea in
età romana e medievale, in «Bollettino Storico-Bibliografico
Subalpino», XC (1992).
173
Abele, personaggio dell’Antico Testamento, 88. Arduino, figlio di Dadone, marchese d’Ivrea, re d’Italia, 24, 171.
Acaja, vedi Savoia-Acaia. Arduino, vescovo, 40.
Adalberto, figlio di Anscario I, marchese, 21. Argenta Anna, figlia di Antonio, vedi Piantino Anna.
Adalgiso, figlio di Suppone, titolare del comitato di Piacenza, 21. Argenta Antonio, 165.
Adamo, 88. Arnoldi Domenico, 36, 38, 47, 168.
Ade, dio greco, 88. Artifoni Enrico, 25, 168.
Adelaide, vedi Savoia (di) Adelaide. Ast (de) Giovanni, figlio di Pietro, rettore della chiesa di San
Adriano (Publio Elio Adriano), imperatore romano, 85. Lorenzo di Verrone, 105-106.
Afrodite, dea greca, 88. Ast (de) Pietro, 105.
Agosto Bernardino, agrimensore, 132. Astrua Paola, 87, 168.
Aicardo, arcivescovo di Milano, 48. Astuti Guido, 54, 168.
Albano, signori di, 61. Attone, vescovo di Vercelli, 35-37.
Albano (de), vedi Albano, signori di. Attonis, 43.
Albini Giuliana, 71, 169. Auregio Pietro Giuseppe, scultore, 123, 125.
Alciati, famiglia, 49. Avandino Agnesina, nata Martinetto, moglie di Francesco, 161-
Aleramici, dinastia, 24. 162.
Alladio (de) Guideto, del consortile dei conti di San Martino, 59. Avandino Francesco, 162.
Allasina, bottega degli, 117-118. Avandino Ludovico, 153.
Allasina Anselmo, pittore, 118. Avogadri, consortili, 40, 48-50, 54, 61-62.
Allasina Giovanni Francesco, figlio di Anselmo, pittore, 118. Avogadri di Cerrione e di Valdengo (degli), consortile, 54.
Anda (de) Petrus, 27, 150. Avogadri di Collobiano (degli) Simone, 49.
Angiò (d’) Carlo I il Maschio Angioino, re di Sicilia, 17. Avogadri di Pezzana (degli) Raineri, vescovo di Vercelli, 49.
Angiò (d’) Elisabetta, nata di Vendôme, moglie di Folco III Avogadri di Quaregna (degli), consortile, 40, 52, 54.
Nerra d’Angiò, contessa, 11. Avogadri di Quaregna (degli) Giovanni, 40.
Angiò (d’) Enrico II Plantageneta il Curtmantel, figlio di Avogadri di Quaregna (degli) Guglielmo, 40.
Goffredo I, re d’Inghilterra, 17. Avogadro, famiglia, 62. Vedi anche Avogadri.
Angiò (d’) Folco III Nerra, figlio di Goffredo I Grisegonnelle, Avogadro Giovanni, beato, 81.
conte d’Angiò, 11, 16-18. Avogadro Ludovico, vedi Avogadro di Cerrione Ludovico.
Angiò (d’) Goffredo I, conte d’Angiò, 11. Avogadro Uberto, vescovo, 50.
Angiò-Capetingi, linea dinastica, 17. Avogadro di Casanova Venezia, vedi Vialardi di Verrone Venezia.
Angiò-Plantageneti, linea dinastica, 17. Avogadro [di Ceretto] Cristina, vedi Vialardi di Verrone Cristina.
Anna d’Orléans, vedi Savoia (di) Anna. Avogadro di Cerrione Ludovico, 140, 143.
Anscarici, famiglia, 21. Avogadro [di Quaregna (degli)] Martino, vescovo, 48.
Anscario I, marchese, 21. Avogadro di Valdengo, famiglia, 50.
Anscario II, figlio di Adalberto, 21, 24. Avogadro di Valdengo Luigi, 47, 50.
Anselmo, decano di Santo Stefano, 37. Avogadro di Valdengo Maria, nata Vialardi di Verrone, moglie di
Anselmo, vescovo di Vercelli, 36-37. Luigi, 47, 50.
Antonio abate, santo, 81, 83. Avonto Luigi, 45.
Araldis (de) Michael, 152. Azeglio (d’) Massimo, vedi Taparelli d’Azeglio Massimo.
Araldo Guglielmo, 152.
Araldus Antonius, 152. Baietto Laura, 25, 168.
Araldus Antonius Pillotus, 152. Bainton Roland H., 18, 170.
Araldus Bernardus, 152-153. Balegno Domenico, senatore, 138.
Araldus Franciscus, 152. Balzola (de) Giovannino, notaio, 54-55, 59.
Araldus Guidetus, 151. Balzola (de) Michele, figlio di Giovannino, notaio, 55.
Araldus Guilielmus, 151. Barancio (de) Bertolinus, 151.
Araldus Jacobus, 152. Barancio (de) Nicolinus, 151.
Araldus Simon, 152. Baranno (de) Bernardo, figlio di Lorenzo, 160.
Araldus Ubertinus, 152. Baranno (de) Lorenzo, 160.
Arborio, famiglia, 49. Barberio Comino (Barberius Cominus), 151-153, 160.
Arborio Biamino, famiglia, 51, 167. Barbero Alessandro, 52, 168.
Arborio Mella di Gattinara, famiglia, 99. Bardone Pietro, sindaco di Verrone, 33-34, 65.
Arcangeli Giovanna, 65, 168. Barile Giovan Battista, parroco di Verrone, 31, 155, 167.
Ardres, signori di, 18. Barleto (de) Simon, 152.
Arduinici di Torino, linea dinastica, 24. Barletto (de) Lorenzo, console di Verrone, 160.
Arduininus (de) Johannes Ubertus, 151. Barnaba, priore provinciale dei domenicani, 48.
Arduininus (de) Petrus, figlio di Johannes Ubertus, 151. Baronio Cesare, 15, 168.
174 INDICE DEI NOMI
Bascapé Giacomo C., 61, 168. Bonomi Giovanni Francesco, vescovo di Vercelli, 108, 169.
Baudi di Vesme Alessandro, 115-116, 168. Bonus Johannes, 43.
Baudi di Vesme Benedetto, 62. Borancio (de) Antonio, 152.
Bava Antonio, sindaco di Verrone, 31. Borancio (de) Bernardus, 152.
Bava Giuseppe, sindaco di Verrone, 31. Borancio (de) Michael, 152.
Bazzaro, famiglia, 99. Borancio (de) Nicholinus, 152.
Becker Joseph, 21, 168, 170. Bordone Renato, 25, 62, 71, 74, 168-169, 172.
Bellatus Ubertus, 43. Borelli Giovanni Battista, 153, 155, 168-169.
Bellegarde (di) Gianus (Giano), marchese, 138. Borello Achille, parroco di Verrone, 55, 63, 105, 109, 118, 155,
Bellini Carlo Amedeo, 81, 167-168. 157, 167-168, 172.
Beltrammo Giovanni, sindaco di Verrone, 29. Borello Luigi, 35, 37, 43, 45, 47, 50-52, 62-63, 149-150, 168.
Beltramo Francesco, figlio di Giovanni, sindaco di Verrone, 29- Borgia Luigi, 61, 168.
30, 153, 163. Borgogna, duca di, 17.
Beltramo Giovanni, 153, 163. Borgonio Giovanni Tommaso, cartografo, 23, 36.
Beltramo Giovanni, sindaco di Verrone, 30-31. Borioli Daniele, 129, 133, 138-139, 143, 168.
Beltramo Giuseppe, sindaco di Verrone, 30. Borleto (de) Martinus, 152.
Beltramo Pietro Francesco, misuratore, 145. Borrani, geometra, 147.
Benso di Cavour Jeanne Marie, nata Trecesson (de), moglie di Borri, famiglia, 152.
Maurizio, 154. Borri Giuseppe, 166.
Benso di Cavour Maurizio, 154. Borromeo, famiglia, 125, 171.
Berengario I, imperatore, 21, 37, 171-172. Boso, figlio di Suppone, 21.
Berengario II, figlio di Adalberto, re d’Italia, 21, 24. Bosone, conte, 35, 37.
Bergamo, duchi di, 35. Bossaglia Rossana, 107, 168.
Bernafusa Rolandus, 152. Botto Giorgio, scultore, 125.
Bernardi (o de Rossi) Giovanni, notaio ducale, 153. Botto Pietro, scultore, 125.
Bernardi Marziano, 111, 168. Bracco Giuseppe, 129, 136-137, 168.
Bernardo, santo, 81, 83. Bravo Domenico, 136.
Berta, vedova di Oddone di Blois, moglie di Roberto il Pio, 16. Brizio Anna Maria, 111, 168.
Berta Giovanni, console di Verrone, 28. Bruckner Wilhelm, 45, 168.
Berta Simone, console di Verrone, 28, 135-136, 153. Brusati, 49.
Berta (de) Antonius, 152. Bulgaro Carlo Giuseppe, 49.
Berta (de) Cominus, 152. Buronzo, signori di, 51.
Berta (de) Gaspar, 152.
Berta (de) Simon, 152. Caligola (Caio Caligola), imperatore romano, 88.
Bertodano, famiglia, 146, 155. Calzolari Andrea, 21, 54, 168.
Bertodano Carlo Francesco, 165. Campanile Enrico, 45, 171.
Bertodano Carlo Raffaele, 165. Cancian Patrizia, 21, 69, 106, 168.
Bertodano Carlo Vincenzo, conte, senatore, 143. Cane Facino (Bonifacio), conte, capitano di ventura, 40.
Bertramo, vedi Beltramo. Cappelli Adriano, 53, 168.
Bezono Otino, 142. Caprini Rita, 45, 171.
Biandrate, conti di, 40. Carassi Marco, 143, 147, 171.
Biandrate Facio, notaio, 49. Carlo III il Grosso, imperatore, 35, 47.
Bichiera (de) Antonio, 107. Carlo IV di Lussemburgo, imperatore, 50, 53, 55, 58.
Bigio (de) Martinus, 152. Carlo Magno, re dei franchi, imperatore romano, 15, 27, 35.
Biglo (de) Cominus, 151. Caroli Giovan Francesco, agrimensore, 132, 134.
Biglo (de)-Bigio (de), famiglie, 152. Casaccia Giuseppe, parroco di Verrone, 32.
Blanciardi Marc’Aurelio, primo presidente della Camera dei Casa Grande (della), vedi Vialardi di Verrone.
conti di Piemonte, 132, 137. Casalvolone, signori di, 62.
Blanciotti Pietro Antonio, intendente della provincia di Biella, Cassetti Maurizio, 40, 106, 168.
142, 155. Castagnetti Andrea, 103, 169.
Bocca, famiglia, 152. Castelnuovo Enrico, 114, 143, 169, 171.
Bocca Andrea, sindaco di Verrone, 30-31, 163. Castelnuovo Guido, 52, 54, 70, 169.
Bocca Antonio, altro sindaco di Verrone, 31, 154. Castronovo Simona, 81, 169.
Bocca Carlo, sindaco di Verrone, 33. Cauda Antonio, console di Verrone, 28.
Bocca Giovanni, sindaco di Verrone, 33. Cauda Baptista, 152.
Bocca Giovanni Andrea, 144. Cauda Bernardo, console di Verrone, 152, 160.
Bocca Pietro, sindaco di Verrone, 31. Cauda Blasius, 152.
Bocca Severino, podestà di Verrone, 33. Cauda Gilardus, 152.
Boccadelli Carlo, sindaco di Verrone, 34. Cauda Johannes, 152.
Boccia Lionello Giorgio, 92, 96, 168. Cauda Martinus, 152.
Bolengo Graziana, 106, 149, 159, 163, 168. Cauda Negia Antonius, 152.
Bonardi Claudia, 79, 107, 168, 170. Cauda Negia Laurentius, 152.
Bonaudi, vedi Bonaudo. Cavalieri Federico, 71, 169.
Bonaudo Domenico Ignazio, 139. Cavoretto, signori di, 40.
Bonaudo Giuseppe, avvocato del Regio Patrimonio e Fisco, 138. Cavour, signori di, 40.
Bonello (Bonellus), vedi Vialardi Gonello. Cecidani, vedi Cecidano.
Boni Bartolomeo, 136. Cecidano Agostino, fratello di Giovanni, console di Verrone, 29,
Bonino Antonio, procuratore fiscale, 156. 140, 161.
INDICE DEI NOMI 175
Cecidano Gaspare, fratello di Giovanni, console di Verrone, 29, Datta Pietro, 51, 169.
139-140, 161. De Bernardi Ferrero Daria, 105, 169.
Cecidano Giovanni, parroco di Verrone, 136, 138, 161. Debiaggi Casimiro, 90, 169.
Cecidano Ignazio Francesco, figlio di Agostino, notaio, 161, 164. De Bosis Daniele, pittore, 87, 168.
Cecidano Orsola, moglie di Agostino, 161. De Broen Johannes, incisore, 23.
Cecidano Pietro Giacomo, figlio di Agostino, 161, 164. Della Chiesa Francesco Agostino, 63, 167, 169.
Ceretta (de) Bartolomeo, 153. Dell’Omo Marina, 90, 169.
Ceretta (Chiorina) (de) Maria, 153. Del Pozzo Marcello, 61, 168.
Ceva di Noceto Aleramo, 50. Dentis Giuseppe Bonaventura, senatore, 138.
Ceva di Noceto Camilla, nata Vialardi di Verrone, moglie di Desiderio, re dei Longobardi, 35.
Aleramo, 50. De Stefanis, geometra, 147.
Chalant, vedi Challant. Destefanis, vedi De Stefanis.
Challant, famiglia, 114. Detomati Emilio, sindaco di Verrone, 33.
Challant (di) Giorgio, abate commendatario di Sant’Orso di Diacono Paolo, 35, 169.
Aosta, 111. Didier Guglielmo, vescovo di Vercelli, 106.
Challant (di) Ybleto, 59. Dionisotti Carlo, 36, 169.
Champagne, conte di, 17. Dolcino da Novara, eresiarca, 48-49, 169.
Chiorini, vedi Chiorino. Dolino Elena, 111, 169.
Chiorino Antonio, 28. Domenico, santo, 115, 117-118.
Chiorino Giovanni, figlio di Antonio, console di Verrone, 28, Dominica (de) Brandus, 151.
153, 164. Dominica (de) Petrus, 151.
Chiorino Giovanni Francesco, figlio di Antonio, 164. Domiziano (Domiziano Tito Flavio), imperatore romano, 88.
Chiorino Marco, 153. Donati (de) Giovanni Ambrogio, scultore in legno, 116.
Chiorino Simone, figlio di Antonio, console di Verrone, 28. Donati (de) Giovanni Pietro, fratello di Giovanni Ambrogio,
Chittolini Giorgio, 52, 54, 168-169. scultore in legno, 116.
Choa Dominicus, 151. Donati (de) Ludovico, fratello (?) di Giovanni Ambrogio e di
Choa (de) Marcus, 152. Giovanni Pietro, pittore, 116.
Choa-Cauda, famiglie, 152. Dondi Giorgio, 99, 169.
Chugeri Ubertinus, figlio di Antonio Oze (de Ozia), 152. Dorotea, santa, 88.
Circa (de) Johannes, 151. Duboin Camillo, 129, 132, 143, 169.
Claudio, imperatore romano, 88. Duboin Felice Amato, 129, 132, 143, 155, 169.
Clemente V, papa, 49. Duby Georges, 16, 169.
Clemente VI, papa, 106. Dupré Theseider Eugenio, 61, 169.
Coda Zabetta Giovanni, 165. Durando Simone (Durandus Simon), 152, 160.
Cognasso Francesco, 51-52, 70, 169, 172. Durando (de) Ubertino, console di Verrone, 28.
Colombino Eusebio, misuratore, 145. Durandus Augustinus, 151.
Comba Rinaldo, 72, 170. Durandus Cominus, 152.
Comello Bartolomeo, 153. Durandus Ubertinus, 151.
Comoli Mandracci Vera, 74, 79, 168, 172. Durandus-Durantus, famiglie, 152.
Conellus, vedi Vialardi Gonello. Durantus Johannes, 151.
Conte Verde, vedi Savoia (di) Amedeo VI.
Coppa Giovanni Giacomo, 165. Eclexia (de) Anricus, 151.
Corino Antonio, 163. Eclexis (de) Gilonus, 152.
Corrado Conone, figlio di Berengario II, marchese d’Ivrea, 24. Einaudi, casa editrice, 61, 172.
Cosentino Rosanna, 54, 168. Einaudi Luigi, presidente della Repubblica Italiana, 34, 64-65.
Cozzo Paolo, 108, 169. Elda (de) Marcixius Potirus, 151.
Cracco Giorgio, 107, 172. Eliade Mircea, 12, 169.
Crachi, vedi Crachus. Emiliano, vescovo di Vercelli, santo, 81-82.
Cracho, vedi Crachus. Enrico VI, imperatore, 40.
Crachus Biagius, 151. Enrico VII di Lussemburgo, imperatore, 48.
Crachus Filippus, 152. Erasmo da Rotterdam, 18.
Crachus Johannes, figlio di Ubertino, 151-152.
Crachus Michael, 151. Faccio Giulio Cesare, 36, 38, 40, 48, 168-169.
Crachus Simon, 151-152. Fala Domenico, 153.
Crachus Thomas, 152-153. Falla Gioachino, sindaco di Verrone, 30-31.
Crachus Ubertinus, 152. Falla Lorenzo, sindaco di Verrone, 32.
Cravia Giovanni Pietro, 153. Falla Ciri Carlo, commissario straordinario di Verrone, 32.
Cristina di Francia, vedi Savoia (di) Maria Cristina. Falletti, famiglia, 72, 170.
Crosa Giovanni, sacerdote, 156. Faloppa Antonella, 24, 169.
Crosa Pietro Domenico, sacerdote, 156. Fantone Carlo Vincenzo, 50.
Cuaz Marco, 111, 170. Fantone Carlotta Francesca, nata Vialardi di Verrone, moglie di
Curbis di San Michele Cristina Aloisia Olimpia, vedi Marando- Carlo Vincenzo, 50.
no Cristina Aloisia Olimpia e Zumaglini Cristina Aloisia Favetto Francesco Ignazio (?), referendario, direttore della pro-
Olimpia. vincia di Vercelli, 132.
Federico I il Barbarossa, imperatore, 25, 37, 40.
Danese Gioseppe Ignazio, vedi Danese Ignazio. Ferrari Daniele, scultore, 125.
Danese Giovanni Giuseppe, misuratore, 143. Ferrarii Johannes, 151.
Danese Ignazio, notaio, 144-146, 154. Ferrario Bertoldo, console di Verrone, 27, 150-151.
176 INDICE DEI NOMI
Ferrario-Ferrari, famiglie, 152. Garizio Giacomo, figlio di Antonio, sindaco di Verrone, 29-30,
Ferraris, famiglia, 156. 154, 163.
Ferraris Giuseppe, 36, 103, 167. Garizzo, famiglia, 152.
Ferraris Magda, 129, 133, 138-139, 143, 168. Garizzo Antonio, console di Verrone, 29, 136.
Ferrarius Baptista, 152. Garizzo Giovan Pietro, 134.
Ferrarius Guillelmus, 152. Gasparri Stefano, 35, 169.
Ferrarius Laurentius, 152. Gavazzi Carlo, 108, 169.
Ferreiro Alberto, 15, 169. Gaya Bernardus, 152.
Ferreri Bertolinus, figlio di Johannes, 152. Gaya Jacobus, 152.
Ferreri Johannes, 152. Gazelli (Gazzelli) Nicolò, senatore, 138.
Ferrero Bernardo, console di Verrone, 28. Genova (de) Carlo Giovanni Battista, notaio, 140-141, 165.
Ferrero Fieschi, famiglia, 88, 105. Gentile Guido, 61, 125, 129, 152, 154, 160, 169, 171.
Ferrero Fieschi Carlo Besso, principe di Masserano, 154. Gentile Luisa Clotilde, 61-62, 169.
Ferrero Fieschi Cristina Ippolita, figlia illegittima di Carlo Ema- Genua Carlo Giovanni Battista, vedi Genova (de) Carlo Gio-
nuele II di Savoia e di Jeanne Marie de Trecesson, moglie di vanni Battista.
Carlo Besso, 154. Ghiraldello Claudia, 88, 170.
Ferrero Fieschi Filiberto, 28. Giacomo il Carnario, vedi Vialardi Giacomo il Carnario.
Ferrero Fieschi Francesco Ludovico, principe di Masserano, 88. Giba Baptista, 152.
Ferrero Fieschi Maria Cristina, nata di Simiana e Pianezza, mo- Giba Ubertinus, 152.
glie di Francesco Ludovico, 88. Giglono (de) Bernardus, 152.
Fieschi, famiglia, 88. Gileto (de) Jacobus alias Crachus, 152.
Fieschi Giovanni, vescovo di Vercelli, 70. Gilono (de) Gilonus, 152.
Filippo II, re di Francia, 17. Giolitti Giovanni, uomo politico, 62.
Filippo III, re di Spagna, 99. Giorcelli Bersani Silvia, 45, 170.
Filippo Augusto, vedi Filippo II, re di Francia. Giorza Giovanni Battista, sindaco di Verrone, 32.
Finello Giuseppe Antonio, 156. Giovanni, vescovo domenicano, beato, 81-82.
Fisso Umberto, 36, 169. Giovanni Battista, santo, 114, 123.
Flora, dea romana, 89-90. Gisulfo, vescovo, 36.
Flores d’Arcais Francesca, 87, 171. Giuseppe, santo, 111, 115.
Folco Nerra, vedi Angiò (d’) Folco III Nerra. Gloria Andrea, 36, 170.
Fornerio Gaspare, pittore, 115-117.
Gonello, vedi Vialardi Gonello.
Förstemann Ernst Wilhelm, 36, 169.
Gonzaga Carlo II, duca di Mantova e di Monferrato, 63.
Fossati Francesco, sindaco di Verrone, 31.
Gonzaga Ercole, 63.
Fossati Giovanni, sindaco di Verrone, 30.
Goria Axel, 26, 170.
Fossati Giovanni Antonio, sindaco di Verrone, 30-31.
Gracis Stefano, 153.
Fossier Robert, 12, 36, 171.
Grandisono (de) Guglielmo, 59.
Freyja, divinità pre-indoeuropea, 12.
Frichignono, vedi Frichignono di Castellengo. Graneri Carlo Emanuele, senatore, 138.
Frichignono di Castellengo Pietro Francesco, avvocato patrimo- Grassi Vitaliano, pittore, 90, 169.
niale generale, 81, 138. Greci Roberto, 103, 170.
Frova Giuseppe Antonio, 47, 167. Gregorio I Magno, papa, 81, 83.
Fumagalli Pio, sindaco di Verrone, 34. Gregorio XI, papa, 50, 55, 59.
Griseri Andreina, 125, 170.
Gabotto Ferdinando, 36, 38, 47, 51, 70, 168-169. Gromo, famiglia, 155.
Gabrielli Noemi, 111, 169. Gromo Ercole, vedi Gromo di Ternengo Ercole.
Gaia Pietro Antonio, console di Verrone, 29. Gromo di Ternengo, famiglia, 111, 133, 153, 164-165.
Gaija, famiglia, 152. Gromo di Ternengo Ercole, 143, 165.
Gaija Antonia, vedi Perrino Antonia. Gromo di Ternengo Paolo, conte, abate, 136.
Gaija Antonius, vedi Gaja (de) Antonio. Gromo di Ternengo Renato, 165.
Gaija Lorenzo, figlio di Pietro Antonio, 156. Gronda, famiglia, 152.
Gaija Pietro Antonio, sindaco di Verrone, 29, 153, 156, 163. Gronda Giovanni Lorenzo, sindaco di Verrone, 30.
Gailardi Giulio, vescovo di Salone (Grecia), 116. Grosso Giuseppe, sindaco di Verrone, 34.
Gaja, famiglia, 152. Grotefend Hermann, 47, 170.
Gaja (de) Antonio, console di Verrone, 27, 151. Gruyère (di) Francesco, signore di Oron e di Rougemont (Sviz-
Galasso Giuseppe, 138, 172. zera), conte, maresciallo di Savoia, 27, 115-116.
Galba (Galba Servio Sulpicio), imperatore romano, 88. Gruyère (di) Francesco II, conte di Gruyère, 115.
Galbreath Donald Lindsay, 61, 169. Gualano Franco, 119.
Galeaz, vedi Visconti Galeazzo. Guasco di Bisio Francesco, 62, 170.
Gallo Tommaso, abate di Sant’Andrea (Vercelli), 48. Guazzerius Antonius, 152.
Gamillscheg Ernst, 45, 169. Gubernatis (de), 138.
Gandino Germana, 24-25, 103, 169. Guglielmo, chierico, 106, 150.
Gariazzo Antonio, sindaco di Verrone, 30. Guglielmo VIII Paleologo, marchese di Monferrato, 62.
Gariazzo Antonio, altro sindaco di Verrone, 31. Guglielmo di Montreuil, 15.
Gariazzo Giovanni Francesco, sindaco di Verrone, 30. Guglielmo di Quaregna, vedi Avogadri di Quaregna (degli) Gu-
Gariazzo Giuseppe, sindaco di Verrone, 31. glielmo.
Gariazzo Pietro Antonio, sindaco di Verrone, 31. Guialardus, vedi Widalardo.
Garitio, vedi Garizio. Guidalardi, vedi Vialardi
Garizio Antonio, 154-155. Guidalardis (de) de Verono, vedi Vialardi di Verrone.
INDICE DEI NOMI 177
Guidalardo (Guidalardus), vedi Widalardo. Maestro del Castello di Milano, pittore, 99.
Guidi, famiglia, 94, 172. Maestro del Cristo della Domenica, bottega del, 82-85, 87.
Guido, figlio di Berengario II, imperatore, 21, 24. Maestro del Cristo della Domenica, pittore, 84-85, 87-88, 116.
Guido (Wid), vedi Widalardo. Maestro della Passione di Arborio, vedi Maestro del Cristo della
Guido di Spoleto, vedi Guido, figlio di Berengario II. Domenica.
Guines, signori di, 18. Maestro di Oropa, pittore, 81.
Gullino Giuseppe, 37, 170. Maestro di Proh, vedi Maestro del Cristo della Domenica.
Gunzo manganator, vedi Scarella Bergandius. Maffei Carlo Giacinto, misuratore, 134, 139, 144-146.
Mainfredus, vedi Vialardi Manfredo, figlio di Plusbella.
Holborn Hajo, 18, 170. Mallé Luigi, 111, 125, 170.
Hutten (von) Ulrich, cavaliere, 18, 170, 172. Manaresi Cesare, 40, 170.
Manfredo (Manifredus), vedi Vialardi Manfredo, figlio di Plu-
Iacopo da Varazze (Jacobus de Voragine o de Varagine), 47, 169. sbella.
Innocenzo IV, papa, 48. Manifredus, 43.
Iolanda di Francia, vedi Savoia (di) Iolanda. Mann James, 92, 170.
Ivrea, marchesi di, 24. Mantova, duchi di, 41.
Marandono Adelaide, figlia di Felice, 31.
Jacobus, notaio, 43. Marandono Angiolina, figlia di Felice, 31.
Jacobus de Voragine, vedi Iacopo da Varazze. Marandono Cristina Aloisia Olimpia, nata Curbis di San Mi-
Jarnut Jörg, 25, 35, 168, 170. chele, moglie di Felice Marandono, poi di Antonio Maurizio
Jaselli Carlo, 79, 91-99. Zumaglini, 31, 33. Vedi anche Zumaglini Cristina Aloisia
Jaselli Silombra Anna, 83. Olimpia.
Jéquier Léon, 61, 169. Marandono Felice, 31.
Marandono Giovan Battista, avvocato, 135-137.
Karolum Romanorum imperatorem, vedi Carlo IV di Lussem- Marandono Giuseppina, figlia di Felice, 31.
burgo. Marandono Luigi, figlio di Felice, 31, 33.
Klocker Hans, scultore in legno, 114. Marcio (de) Bonusiohannes, notaio, 149.
Komnena Anna Angela, vedi Villehardouin (de) Anna Angela. Marco Salvio Ottone, imperatore romano, 88.
Krause Wolfgang, 12, 170. Marinelli Francesco, parroco di Verrone, 34.
Martelli Giuseppe, 52, 169.
Laking Guy, 92, 170. Martinelli Roberta, 79, 171.
Lamberto, sacerdote, 18. Martineto, vedi anche Martinetto.
Lancia, famiglia, 152. Martineto (de) Antonius, 152.
Lancia Vercellinus, 151. Martineto (de) Johannes, 151.
Lange Augusta, 47, 167. Martinetti Alessandro Amedeo, nipote di Giuseppe Antonio,
Langosco, famiglia, 89-90, 169. 140.
Lanino Pietro Antonio, 63, 170. Martinetti Domenico, console di Verrone, 28.
Lantelmo (Lantelmus), vedi Vialardi Lantelmo, figlio di Plu- Martinetti Giuseppe Antonio, patrimoniale, 133, 140.
sbella. Martinetto Agnesina, figlia di Giovanni Maria, vedi Avandino
Lanza Francesco Maria, podestà di Verrone, 29, 152. Agnesina.
Lascaris, famiglia, 49. Martinetto Antonio, figlio di Simone, console di Verrone, 28,
Laurencio (de) Bartolomeus, 151. 153.
Laurentinus Johannes, 151. Martinetto Giovanni Maria, 161.
Laurentinus-Lorancino (de), famiglie, 152. Martinetto Simone, 28, 153.
Lebole Delmo, 81, 83-85, 103, 105, 107-109, 116-119, 121-122, Martinetto (de) Tameo, console di Verrone, 28.
149, 155, 161, 168, 170, 172. Maspoli Carlo, 62, 170.
Leone, vescovo di Vercelli, 36. Massimiliano I d’Asburgo, imperatore, 99.
Leone [Camillo], museo di Vercelli, 89-90. Masuerii Pietro, commissario ducale, 150.
Leone Guglielmo, primo presidente del Senato di Piemonte, 138. Mayerle Francesco Antonio, pittore, 89-90.
Liutprando, vescovo di Cremona, 21, 170. Mazzone, segretario comunale, 136, 141.
Liutprando, re dei Longobardi, 35. Melchior Renaldo, messo giurato, 156.
Locia (de) Giacomo, console di Verrone, 28. Mercandile Agostino, 136.
Locia (de) (Tanitus), 152. Mercandile Agostino, figlio di Giuseppe, 156.
Longhi Andrea, 47, 69-72, 106, 149, 151, 170. Mercandile Antonio, console di Verrone, 29.
Lorancino (de) Antonius Moretus, 152. Mercandile Carlo Francesco, 156.
Lorancino (de) Johannes, 152. Mercandile Giuseppe, console di Verrone, 142, 156.
Lorancino (de) Laurentius, 152. Mercandile Giuseppe, sindaco di Verrone, 30.
Lorencino, famiglia, 152. Mercandile Giuseppe Antonio, 140.
Lorenzino Giovanni, console di Verrone, 28-29. Mercandino Pietro, commissario prefettizio, poi sindaco di
Lorenzino Giovanni, altro console di Verrone, 153. Verrone, 33.
Lorenzino Pietro, 153. Mercando Liliana, 25, 171.
Lorenzo, santo, 33, 81, 83, 115, 117-118. Merle (di), Tomaso, 11, 15.
Lotario, figlio di Ludovico I il Pio, imperatore, 35, 37, 54. Merlin Pierpaolo, 138, 172.
Lucca (de) Giovanni, 160. Merlo Paolo, 108, 169.
Ludovico I il Pio, figlio di Carlo Magno, imperatore, 35, 37, 54. Meyrieux (de) Jean, cancelliere, 54.
Michelet Victor-Émile, 12, 170.
Maciotta, famiglia, 155. Micheletto Egle, 25, 171.
Maciotta Marcellino, podestà di Verrone, 34. Milano, signori e duchi di, 40, 48, 51, 62.
178 INDICE DEI NOMI
Savoia (di) Ludovico, duca di Savoia, 138, 151. Sostione Giacomo, giudice, 55.
Savoia (di) Margherita, beata, 118. Spanzotti Martino, pittore, 111.
Savoia (di) Maria Cristina, nata di Borbone delle Due Sicilie, Spina Luigi, 40, 69, 72, 74, 103, 106, 156-157, 168, 170-172.
moglie di Vittorio Amedeo I di Savoia, 1ª Madama Reale, Spini Marta, 107, 172.
28, 99. Spreti Vittorio, 63, 172.
Savoia (di) Maria Giovanna Battista, nata di Savoia-Nemours, Squintone Agostino, 166.
moglie di Carlo Emanuele II di Savoia, 2ª Madama Reale, Squintone Bartolomeo, sindaco di Verrone, 31.
132, 134, 153, 168. Squintone Gaspare, figlio di Agostino, console di Verrone, 29,
Savoia (di) Tommaso II, fratello di Amedeo IV di Savoia, signore 153, 166.
del Piemonte, 40, 94. Strauss David Friedrich, 18, 172.
Savoia (di) Vittorio Amedeo II, duca di Savoia, re di Sicilia, poi Suppone, conte di Brescia, poi duca di Spoleto, 21.
re di Sardegna, 63, 133, 135, 137, 140, 143, 172. Suppone, figli di, vedi Adalgiso, Boso e Vifredo.
Savoia (di) Vittorio Amedeo III, re di Sardegna, 143-144. Supponidi, dinastia, 21.
Savoia (di) Vittorio Emanuele II, re di Sardegna, poi re d’Italia, Symcox Geoffrey, 138, 172.
32.
Savoia-Acaia, principi di, 26, 51, 169. Tabbia Bartolomeo, 163.
Savoia-Acaia (di) Filippo II, figlio di Giacomo I di Savoia-Acaia, Tabbia Domenico, console di Verrone, 29, 134.
51. Tabia, vedi Tabbia.
Savoia-Acaia (di) Giacomo I, figlio di Filippo I di Savoia-Acaia, Tallone Armando, 37, 43, 45, 47, 50-52, 149, 168.
signore del Piemonte, principe d’Acaia, 51. Tamiatti Eusebio, notaio e segretario comunale di Verrone, 140-
Savoia-Acaia (di) Ludovico I, principe d’Acaia, 40. 141, 154, 159, 163.
Savoia-Acaia (di) Ludovico il Bastardo d’Acaia, figlio naturale di Taparelli d’Azeglio Massimo, 91.
Ludovico I, signore di Racconigi e Pancalieri, poi Savoia- Taricco Sebastiano, pittore, 125, 169.
Racconigi, maresciallo di Savoia, 40, 48. Taurin, famiglia di scultori, 125.
Savoia-Soissons (di) Eugenio, generale, 29. Tempia, famiglia di scultori, 119, 121-123, 125.
Savorelli Alessandro, 61, 171. Teodoro II Paleologo, marchese di Monferrato, 40.
Scaglia Bartolomeo, chiavaro, 107. Terenzi Marcello, 94, 172.
Scarella, famiglia, 37. Termine Bartolomeo, scultore, 123, 125.
Scarella Bergandius, capostipite degli Scarella di Candelo, 37. Ternengo, vedi Gromo di Ternengo.
Scarella Comino Barberii, podestà di Verrone, 28, 150. Testa Antonio, 54, 59.
Scarella Matilde, vedi Vialardi di Verrone Matilde. Tettoni Leone, 105, 172.
Schiaparelli Luigi, 37, 171. Tito (Tito Flavio Vespasiano), imperatore romano, 88.
Schlosser Robert, 47, 49. Tizzone, vedi Tizzoni.
Sciolla Gianni Carlo, 71, 108, 171. Tizzoni, famiglia, 49, 62.
Scoto Giovanni, vedi Scotus Erigena Johannes. Toesca Pietro, 107, 111, 172.
Scotone, famiglia, 161. Torcello, signori di, 36.
Scotone Bartolomeo, pievano di Verrone, 135, 161. Torelli Carlo Agostino, 47-48, 105, 167.
Scotone Simone, 134, 161. Torini (Torrini) Giovanni Ludovico, conte, senatore, 137.
Scotone Ubertino, pievano di Verrone, 161. Torino, duchi di, 35.
Scotono, famiglia, 152. Tornielli, 49.
Scotono Johannes, 151. Tornielli di Romagnano, famiglia, 49.
Scotono Ubertinus, 151. Tornielli di Romagnano, figlia di Bartolomeo, 49.
Scotono (de) Cominus, 152. Tornielli di Romagnano Bartolomeo, 49.
Scotono (de) Johannes, 152. Tosco Carlo, 70-71, 107, 170, 172.
Scotono (de) Marchion, 152. Trecesson (de) Jeanne Marie, vedi Benso di Cavour Jeanne
Scottone Bartolomeo, vedi Scotone Bartolomeo. Marie.
Scottono Pietro, figlio di Lorenzo, console di Verrone, 28. Trivero Giuseppe Giacinto, 81, 171.
Scottono Lorenzo, 28. Trivi Pierino, commissario prefettizio, poi podestà di Verrone,
Scotus Erigena Johannes (Scoto Giovanni), 12, 171. 33, 65.
Sebastiano, santo, 108, 116-117. Truchi [Giovanni Battista], conte, presidente generale delle
Secondo d’Asti, santo, 83. Finanze del ducato di Savoia, 132.
Sella Nelson, sacerdote, organista, 33. Tuonus Antonius, 152.
Sella Vittorio, 70, 72, 77. Turotti Marco, sindaco di Verrone, 27, 34, 81, 90, 171.
Sementi Francesco, capitano, 160.
Septore Simone, 153. Uberti (degli) Fazio, 26.
Sereno Paola, 79, 171. Uberto (Ubertus), vedi Vialardi Uberto, figlio di Plusbella.
Sergi Giuseppe, 21, 24-25, 35, 103, 171. Uberto (Ubertus), nipote di Plusbella, vedi Vialardi di Verrone
Settia Aldo Angelo, 74, 105, 107, 171. Uberto Scarella.
Seyssel [d’Aix] (de) Claude, maresciallo di Savoia, 115. Uccello Paolo, pittore, 92.
Sforza Francesco, duca di Milano, 52, 169. Ugo, vedi Ugo di Provenza.
Sheldon-Williams Inglis Patrick, 12, 171. Ugo Capeto, re di Francia, 11, 16.
Sigeberto di Gembloux, 16. Ugo di Provenza, re di Provenza, poi re d’Italia, 24, 37.
Signaroli Mariateresa, 84-85, 171.
Silombra Anna, 81, 171. Vai Valeria, 41, 50-51, 59, 70, 106, 149.
Silvestro II, papa, 24. Vallerani Massimo, 25, 172.
Simeone, personaggio del Nuovo Testamento, 115. Varmondo, vescovo di Ivrea, 24.
Simeonis, 43. Vaser Pietro, vetraio, 111-113.
Simon, 43. Vendôme (di) Elisabetta, vedi Angiò (d’) Elisabetta.
INDICE DEI NOMI 181
Vercella Baglione Federica, 103, 172. Vialardi Gaspare, vedi Vialardi di Verrone Gaspare Ludovico,
Vercellono Antonio Giuseppe, direttore della città e provincia di figlio di Paolo Orazio.
Biella, 139. Vialardi Giacomo, vedi Vialardi di Verrone Giacomo, figlio di
Verone (de), vedi Verono (de). Francino (Francioto) fu Giacomo.
Verono, vedi Verono (de). Vialardi Giacomo, figlio di Rolando (fu Widalardo), podestà di
Verono (Veronus) de Lembecae, nipote naturale di Carlo il Gros- Vicenza, Torino e Padova, 37-38, 40.
so, santo, 27, 45, 47, 49. Vialardi Giacomo de Bonello, figlio di Gonello (fu Manfredo),
Verono (de), famiglia, 27, 45, 47, 75, 103. 40.
Verono (de) [Vialardi di Verrone] Bonifacio, fratello di Martino, Vialardi Giacomo il Carnario, figliastro di Giacomo (fu Ro-
48. lando), vescovo di Vercelli, 40.
Verono (de) [Vialardi di Verrone?] Giacomo, 47. Vialardi Giacomo Smerra, figlio di Manfredo Guertius (fu Man-
Verono (de) [Vialardi di Verrone?] Guglielmo, canonico, 47. fredo), 40.
Verono (de) [Vialardi di Verrone?] Guido, 47. Vialardi Gilio, figlio di Lantelmo (fu Plusbella), 38.
Verono (de) Martino, vedi Vialardi di Verrone Martino, figlio di Vialardi Giordano (Iordanus), figlio di Lantelmo (fu Plusbella),
Roberto. padre di Poltrone, 37-38, 40, 43.
Verono (de) Roberto, vedi Vialardi di Verrone Roberto, padre di Vialardi Giovanni Battista, vedi Vialardi di Verrone Giovanni
Martino, Riccardo e Bonifacio. Battista, padre di Domenico.
Verono (de) Rolandino, vedi Vialardi di Verrone Rollandino,
Vialardi Giovanni Bernardino, vedi Vialardi di Verrone Giovanni
figlio di Giacomo.
Bernardino, figlio di Pietro.
Verono (de) Rolando, vedi Vialardi di Verrone Rolando, figlio di
Vialardi Giovanni Domenico, vedi Vialardi di Verrone Giovanni
Martino.
Verono (de) Simon, vedi Vialardi di Verrone Simone, figlio di Domenico.
Rollandino. Vialardi Giovanni Giacomo, vedi Vialardi di Verrone Giovanni
Verono (de) Uberto, vedi Vialardi di Verrone Uberto Scarella. Giacomo.
Verono de Verono, vedi Verono (de). Vialardi Giovanni Maria, vedi Vialardi di Verrone Giovanni
Verrone, signori di, vedi Vialardi di Verrone. Maria, figlio di Guglielmo.
Vesme (di), vedi Baudi di Vesme. Vialardi Giovanni Maria, vedi Vialardi di Verrone Giovanni
Vespasiano (Vespasiano Tito Flavio), imperatore romano, 88. Maria, figlio di Bernardino (fu Bernardo).
Vevrono (de), signori di Viverone, 45. Vialardi Giovanni Matteo, vedi Vialardi di Verrone Giovanni
Vevrono (de) Uberto, vedi Vialardi di Verrone Uberto Scarella. Matteo, padre di Giovanni Tomaso.
Vevronus (Veronus) de Lembecae, vedi Verono de Lembecae. Vialardi Giovanni Tomaso, vedi Vialardi di Verrone Giovanni
Viacava Antonio, commissario prefettizio di Verrone, 33. Tomaso, figlio di Giovanni Matteo.
Vialardi, famiglia, 27, 35-38, 40-41, 45, 47, 54, 61-62, 81, 172. Vialardi Giuseppe Serafino, vedi Vialardi di Verrone Giuseppe
Vedi anche Vialardi di Sandigliano, Vialardi di Verrone e Serafino.
Vialardi di Villanova. Vialardi Gonello (Conello, Bonello), figlio di Manfredo (fu
Vialardi, padre (?) di Widalardo, 36. Plusbella), crociato, 36-37, 40, 43.
Vialardi Agostino, vedi Vialardi di Verrone Agostino, figlio di Vialardi Guala, canonico tesoriere di Sant’Eusebio di Vercelli,
Martino. fratello di Vialardo e Roberto, 48.
Vialardi Agostino, vedi Vialardi di Sandigliano Agostino. Vialardi Guglielmo, canonico, 47.
Vialardi Antonio, vedi Vialardi di Verrone Antonio, figlio di Vialardi Guglielmo, canonico, capitaneum de Verono, 47.
Filippo. Vialardi Guglielmo, vedi Vialardi di Verrone Guglielmo, padre
Vialardi Antonio Bernardino, vedi Vialardi di Verrone Antonio di Giovanni Maria.
Bernardino, figlio di Francesco Bernardo. Vialardi Guglielmo Francesio, figlio di Poltrone, podestà di
Vialardi Antonio Maria, vedi Vialardi di Verrone Antonio Maria. Moncalieri, 40.
Vialardi Bernardino, vedi Vialardi di Verrone Bernardino, figlio Vialardi Lantelmo, figlio di Plusbella, 36, 38, 40.
di Bernardo (fu Bernardino). Vialardi Manfredo, figlio di Plusbella, 36-37, 43.
Vialardi Bernardino, vedi Vialardi di Verrone Bernardino, figlio Vialardi Manfredo, figlio di Gonello (fu Manfredo), 40.
di Bernardo e padre naturale di Giovanni Francesco. Vialardi Martino, vedi Vialardi di Verrone Martino, padre di
Vialardi Bernardino, vedi Vialardi di Verrone Bernardino, figlio Agostino.
di Francesco Bernardo. Vialardi Matteo, padre di Giacomo Vialardi di Verrone, creden-
Vialardi Bernardo, vedi Vialardi di Verrone Bernardo, figlio di
ziere, 49.
Bernardino (fu Bernardo).
Vialardi Pietro, vedi Vialardi di Verrone Pietro, figlio di Gio-
Vialardi Bonello, vedi Vialardi Gonello.
vanni.
Vialardi Carlo Francesco, vedi Vialardi di Verrone Carlo Fran-
cesco. Vialardi Pietro, vedi Vialardi di Verrone Pietro, figlio di Rolando.
Vialardi Domenico, vedi Vialardi di Verrone Domenico, figlio di Vialardi Pietro, vedi Vialardi di Verrone Pietro, padre di Gio-
Giovanni Battista. vanni Bernardino.
Vialardi Eusebio, vedi Vialardi di Verrone Eusebio, figlio di Vialardi Pietro Antonio, vedi Vialardi di Verrone Pietro Antonio.
Simone. Vialardi Poltrone, figlio di Giordano (fu Lantelmo), 36, 40.
Vialardi Filippo, vedi Vialardi di Verrone Filippo. Vialardi Pulcrone, vedi Vialardi Poltrone.
Vialardi Francesco, notaio dell’Inquisizione, 27. Vialardi Riccardo, fratello di Martino e Bonifacio, 50.
Vialardi Francesco Bernardo Giuseppe, vedi Vialardi di Verrone Vialardi Riccardo, vedi Vialardi di Verrone Riccardo, figlio di
Francesco Bernardo Giuseppe. Bernardino (fu Bernardo).
Vialardi Francino (Franciotto), vedi Vialardi di Verrone (Fran- Vialardi Roberto, figlio di Giacomo (fu Rolando), podestà di
cioto), figlio di Giacomo. Torino, 40.
Vialardi Francino, vedi Vialardi di Verrone Francino, figlio di Vialardi Roberto, figlio di Rolando, nipote di Widalardo, fratello
Rollandino. di Vialardo e Guala, 37-38.
Vialardi Franciotto, vedi Vialardi di Verrone Francino (Francio- Vialardi Rolandino, vedi Vialardi di Verrone Rollandino, padre
to), figlio di Giacomo. di Francino.
182 INDICE DEI NOMI
Vialardi Rolando, figlio di Widalardo, 37-38, 43. Vialardi di Sandigliano e Salussola, vedi Vialardi di Sandigliano.
Vialardi Rolando, vedi Vialardi di Verrone Rolando, padre di Vialardi di Sandigliano e Villanova, vedi Vialardi di Sandigliano.
Pietro. Vialardi di Sandigliano Lascaris di Gorbio, vedi Vialardi di San-
Vialardi Rolando, vedi Vialardi di Verrone Rolando, figlio di digliano.
Pietro. Vialardi di Stroppiana, Cellamonte, Frassinetto e Colcavagno,
Vialardi Rolando, vedi Vialardi di Verrone Rolando, podestà di vedi Vialardi di Villanova.
Verrone. Vialardi di Verrone, detti dei Rolandini, de Mosso o de Putheo,
Vialardi Serafino, vedi Vialardi di Verrone Giuseppe Serafino. della Casa Grande e della Porta, signori e conti di Verrone,
Vialardi Simone, vedi Vialardi di Verrone Simone, padre di Mongrando, Vettigné, Salussola, Puliaco e Montjovet, Les-
Eusebio. solo e Castellamonte, famiglia, 27-28, 30, 35-36, 38, 40-41,
Vialardi Simone, vedi Vialardi di Verrone Simone, figlio di 45, 47-54, 56-58, 61-63, 65, 69-79, 81-85, 87-99, 103-106,
Rollandino. 108-109, 114-116, 129, 131-132, 138-139, 142, 146, 149-
Vialardi Tomaso, vedi Vialardi di Sandigliano Tomaso, figlio di 156, 159-161, 163, 165-168, 172.
Carlo. Vialardi di Verrone Agostino, figlio di Martino, 150.
Vialardi Uberto, figlio di Plusbella, 36-37, 43. Vialardi di Verrone Amedeo, figlio di Bernardo Serafino, conte,
Vialardi Uberto, vedi Vialardi di Verrone Uberto Scarella. 31, 47, 50, 106, 166.
Vialardi Vercellino, figlio di Giacomo (fu Rolando), 40. Vialardi di Verrone Antonio, figlio di Filippo, 106.
Vialardi Vialardo, arcidiacono di Sant’Eusebio di Vercelli, fra- Vialardi di Verrone Antonio, figlio di Giacomo, fratello di Rol-
tello di Guala e Roberto, 48. landino, Francino, Bartolomeo e Francesca, abitante ad
Vialardi de Verono, vedi Vialardi di Verrone. Oldenico, 49-50.
Vialardi de Verono Uberto, vedi Vialardi di Verrone Uberto Sca- Vialardi di Verrone Antonio, fratello di Pietro, Giacomo e Ber-
rella. nardo, priore di Rougemont (Svizzera), 28, 115.
Vialardi dei signori di Sandigliano e Borriana, vedi Vialardi di Vialardi di Verrone Antonio Bernardino, figlio di Francesco Ber-
Sandigliano. nardo, signore di Verrone e conte, 29, 81, 90, 105, 131-133,
Vialardi del castello di Mosso, vedi Vialardi di Verrone. 136-140, 142-143, 146, 154, 163, 165.
Vialardi del castello di Sandigliano, vedi Vialardi di Sandigliano. Vialardi di Verrone Antonio Maria, 30, 140, 156.
Vialardi del castello di Verrone, vedi Vialardi di Verrone. Vialardi di Verrone Augusto, figlio di Bernardo Serafino, Segre-
Vialardi del castello di Ysengarda, vedi Vialardi di Villanova. tario generale della Guerra, 31-32, 106, 166.
Vialardi della Tapa Giovannino, 48. Vialardi di Verrone Bartolomeo, figlio di Giacomo, fratello di
Vialardi della Tapa di Ysengarda Giovanni, 48. Rollandino, Francino, Antonio e Francesca, 49.
Vialardi di Biella, vedi Vialardi di Verrone. Vialardi di Verrone Beatrisina, figlia di Antonio abitante ad
Vialardi di Candelo, vedi Vialardi di Villanova. Oldenico, 49.
Vialardi di Casale e Mantova, vedi Vialardi di Villanova.
Vialardi di Verrone Bernardino, figlio di Bernardo (fu Bernar-
Vialardi di Lessolo e Castellamonte, vedi Vialardi di Verrone.
dino), 164.
Vialardi di Massazza, vedi Vialardi di Sandigliano.
Vialardi di Verrone Bernardino, figlio di Bernardo e padre natu-
Vialardi di Mongrando, vedi Vialardi di Verrone.
rale di Giovanni Francesco, conte, 28, 79.
Vialardi di Piemonte, vedi Vialardi di Sandigliano, Vialardi di
Vialardi di Verrone Bernardino, figlio di Francesco Bernardo (fu
Verrone e Vialardi di Villanova.
Antonio Bernardino), signore di Mongrando e di Verrone,
Vialardi di Salussola, vedi Vialardi di Verrone.
Vialardi di Salussola e Puliaco, vedi Vialardi di Verrone. conte, 146-147.
Vialardi di Sandigliano, signori e consignori di Sandigliano, Sa- Vialardi di Verrone Bernardino, marito di Maddalena di Sandi-
lussola, Massazza, Villanova Monferrato, Borriana, Beatino e gliano, 115.
Gorbio, famiglia, 27, 35-36, 38, 40-41, 47-49, 54, 61-63, Vialardi di Verrone Bernardo, figlio di Bernardino (fu Bernar-
81, 105, 167, 172. do), padre di Bernardino, 79, 153.
Vialardi di Sandigliano Agostino, figlio di Carlo e di Margherita Vialardi di Verrone Bernardo, suocero di Maddalena di Sandi-
Vialardi di Verrone Lascaris di Gorbio, vicario del Valper- gliano, 115.
gato, 63, 140. Vialardi di Verrone Bernardo, fratello di Pietro, Giacomo e An-
Vialardi di Sandigliano Anna Felice, figlia di Carlo e di Marghe- tonio, Segretario di Stato, 28.
rita Vialardi di Verrone Lascaris di Gorbio, 140. Vialardi di Verrone Bernardo Serafino, conte, sindaco di Verro-
Vialardi di Sandigliano Bongiovanni, figlio di Manfredo, 38. ne, 31, 106.
Vialardi di Sandigliano Carlo, marito di Margherita Vialardi di Vialardi di Verrone Bonifacio, fratello di Riccardo e Martino, 27,
Verrone Lascaris di Gorbio, 136, eredi 165. 48.
Vialardi di Sandigliano Carlo, figlio del maggior generale Toma- Vialardi di Verrone Camilla, figlia di Augusto, vedi Ceva di
so, 63. Noceto Camilla.
Vialardi di Sandigliano Filippo, notaio, 152. Vialardi di Verrone Carlo Francesco, 29, 119.
Vialardi di Sandigliano Gualino, figlio di Vercellino, 38. Vialardi di Verrone Carlo Francesco, figlio di Giulio Cesare, 90,
Vialardi di Sandigliano Manfredo, 38. 133, 136-137, 140, 143, 154, 165.
Vialardi di Sandigliano Margherita, nata Vialardi di Verrone Vialardi di Verrone Carlo Giuseppe, figlio di Augusto, 50, 63.
Lascaris di Gorbio, moglie di Carlo, 140. Vialardi di Verrone Carlotta Francesca, vedi Fantone Carlotta
Vialardi di Sandigliano Tomaso, figlio di Carlo e Margherita Francesca.
Vialardi di Verrone Lascaris di Gorbio, commendatore Vialardi di Verrone Catarina, figlia di Bartolomeo fratello di
mauriziano, primo scudiero di Anna d’Orléans e primo scu- Rollandino, Francino, Antonio e Francesca, 49.
diero di Vittorio Amedeo II, 63, 138, 140. Vialardi di Verrone Cristina, nata Avogadro di Ceretto, moglie di
Vialardi di Sandigliano Tomaso, maggior generale, 63. Paolo Orazio, 142.
Vialardi di Sandigliano Tomaso, 11, 35-36, 40, 43, 45, 47, 51, Vialardi di Verrone Domenico, figlio di Giovanni Battista, 160.
54, 61, 74-75, 103, 105-106, 149, 167-168, 172. Vialardi di Verrone Domenico, marito di Venezia Avogadro di
Vialardi di Sandigliano Vercellino, 38. Casanova, 28.
Vialardi di Sandigliano, Borriana e Beatino, vedi Vialardi di Vialardi di Verrone Emanuele, figlio di Antonio Bernardino,
Sandigliano. governatore generale di Oneglia, 31.
INDICE DEI NOMI 183
Vialardi di Verrone Eusebio, 79. Vialardi di Verrone Martino, figlio di Giovanni, 55.
Vialardi di Verrone Eusebio, figlio di Simone, 160. Vialardi di Verrone Martino, fratello di Riccardo e Bonifacio,
Vialardi di Verrone Filippo, padre di Antonio, 106. figlio di Roberto e padre di Rolando, 47-48, 50.
Vialardi di Verrone Fortunato, governatore militare di Sardegna, Vialardi di Verrone Martino, padre di Agostino, 150.
32-33, 47. Vialardi di Verrone Matilde, nata Scarella, moglie di Uberto
Vialardi di Verrone Francesca, figlia di Giacomo, sorella di Rol- Scarella Vialardi di Verrone, 37.
landino, Francino, Antonio e Bartolomeo, 49. Vialardi di Verrone Nicolino, 50.
Vialardi di Verrone Franceschino, figlio di Giacomo (fu Fran- Vialardi di Verrone Paolo Orazio, 140, 142-143.
cino), 106, 150. Vialardi di Verrone Paolo Orazio, nipote di Carlo Francesco,
Vialardi di Verrone Francesco Bernardo, padre di Antonio Ber- 154.
nardino, 105. Vialardi di Verrone Perrino, vedi Vialardi di Verrone Pietro,
Vialardi di Verrone Francesco Bernardo Giuseppe, figlio di An- figlio di Giovanni.
tonio Bernardino, conte, signore di Montjovet, magno pote- Vialardi di Verrone Pietro, figlio di Giovanni (fu Manfredo),
state Montisgrandi, 30, 142, 156, 160-161, 165-167. padre di Rolando, 55, 150, 160.
Vialardi di Verrone Francino (Francioto), figlio di Giacomo, fra- Vialardi di Verrone Pietro, figlio di Giovanni Bernardino, 28.
tello di Rollandino, Antonio, Bartolomeo e Francesca, 27, Vialardi di Verrone Pietro, figlio di Rolando, 150.
47, 49-50, 150. Vialardi di Verrone Pietro, fratello di Bernardo, Giacomo e
Vialardi di Verrone Francino, figlio di Rollandino, 105, 150. Antonio, ambasciatore di Francesco di Gruyère, 27, 115.
Vialardi di Verrone Gaspare, castellano di Salussola, 28. Vialardi di Verrone Pietro, padre di Giovanni Bernardino, 160.
Vialardi di Verrone Gaspare Ludovico, figlio di Paolo Orazio, Vialardi di Verrone Pietro Antonio, figlio di Paolo Orazio, 142-
142-143, 156. 143, 156.
Vialardi di Verrone Giacobina, moglie di Antonio abitante ad Vialardi di Verrone Riccardo, figlio di Bernardino (fu Bernardo),
Oldenico, 49. 79.
Vialardi di Verrone Giacomo, figlio di Francino (Francioto) fu Vialardi di Verrone Roberto, figlio di Guglielmo, 152, 159.
Giacomo, 150. Vialardi di Verrone Roberto, fratello di Giacomo, figlio di Fran-
Vialardi di Verrone Giacomo, figlio di Matteo e padre di Rollan- cino (Francioto), 55.
dino, Francino, Antonio, Bartolomeo e Francesca, creden- Vialardi di Verrone Roberto, padre di Martino, Riccardo e Bo-
ziere, 27, 49. nifacio, 47.
Vialardi di Verrone Giacomo, fratello di Antonio, Pietro e Ber- Vialardi di Verrone Rolandino (Rolando), vedi Vialardi di Verro-
nardo, castellano di Rougemont (Svizzera), 28, 115. ne Rollandino, figlio di Giacomo.
Vialardi di Verrone Giacomo, fratello di Roberto, 55, 106. Vialardi di Verrone Rolando, figlio di Martino, 27, 48-50.
Vialardi di Verrone Giacomo, padre di Franceschino, 150. Vialardi di Verrone Rolando, figlio di Pietro, 28, 160.
Vialardi di Verrone Rolando, padre di Pietro, 150.
Vialardi di Verrone Giovanni, figlio di Manfredo, padre di Pie-
Vialardi di Verrone Rolando, podestà di Verrone, 28, 79, 153.
tro, giuriesperto, 27, 50, 55, 150.
Vialardi di Verrone Rollandino, figlio di Giacomo, fratello di
Vialardi di Verrone Giovanni Battista, padre di Domenico, 160.
Francino, Antonio, Bartolomeo e Francesca, 27, 47-51, 55,
Vialardi di Verrone Giovanni Bernardino, figlio di Pietro, 160.
105, 142, 150.
Vialardi di Verrone Giovanni Bernardino, padre di Pietro, 28.
Vialardi di Verrone Rosa Diana, figlia di Antonio Bernardino,
Vialardi di Verrone Giovanni Domenico, 79.
vedi Olgiati Rosa Diana.
Vialardi di Verrone Giovanni Francesco, figlio naturale di Ber- Vialardi di Verrone Simone, figlio di Rollandino, 27, 50-51, 55,
nardino e di Antonia Partesana, 28. 57-59, 77, 105, 142, 150.
Vialardi di Verrone Giovanni Giacomo, priore, 137-140, 143, Vialardi di Verrone Simone, padre di Eusebio, 160.
154, 165. Vialardi di Verrone Ubertino (Uberto), figlio di Manfredo, 27,
Vialardi di Verrone Giovanni Maria, figlio di Guglielmo, notaio, 50.
160. Vialardi di Verrone Uberto Scarella, figlio di Uberto (fu Plu-
Vialardi di Verrone Giovanni Maria, figlio di Bernardino (fu sbella), 37, 43, 45.
Bernardo), 79, 133, 153. Vialardi di Verrone Venezia, nata Avogadro di Casanova, moglie
Vialardi di Verrone Giovanni Matteo, padre di Giovanni To- di Domenico, 28.
maso, 160. Vialardi di Verrone Vittorio Amedeo, figlio di Augusto, conte,
Vialardi di Verrone Giovanni Tomaso, figlio di Giovanni Matteo, 33, 47, 50, 63.
160. Vialardi di Verrone Vittorio Amedeo, figlio di Francesco Ber-
Vialardi di Verrone Giuseppe Bernardo, figlio di Antonio Ber- nardo, governatore di Fenestrelle, luogotenente generale
nardino, 143. Granatieri Guardie, 31, 50.
Vialardi di Verrone Giuseppe Francesco, 29. Vialardi di Verrone e Mongrando, vedi Vialardi di Verrone.
Vialardi di Verrone Giuseppe Serafino, conte, sindaco di Verro- Vialardi di Verrone e Salussola (poi Vialardi di Salussola), vedi
ne, 31, 147, 156-157. Vialardi di Verrone.
Vialardi di Verrone Guglielmo, padre di Giovanni Maria, 160. Vialardi di Verrone e Salussola Manfredo, 27.
Vialardi di Verrone Guglielmo, padre di Roberto, 152, 159. Vialardi di Verrone e Vettigné (poi Vialardi di Vettigné), vedi
Vialardi di Verrone Honorata, nata Lascaris di Gorbio e Ven- Vialardi di Verrone.
timiglia, moglie di Giovanni Maria (fu Bernardino), 28. Vialardi di Vettigné, vedi Vialardi di Verrone.
Vialardi di Verrone Maddalena, nata Sandiglian di Sandigliano, Vialardi di Villanova, signori e conti di Villanova, Ysengarda,
moglie di Bernardo (fu Bernardino), 115. Candelo, Stroppiana, Cellamonte, Frassinetto e Colcavagno,
Vialardi di Verrone Manfredo, 27, 47, 50. famiglia, 27, 35-36, 38, 40-41, 47-49, 54, 61-63, 81, 105-
Vialardi di Verrone Margherita, vedi Vialardi di Sandigliano 106, 168, 172.
Margherita. Vialardi di Villanova Marco Antonio, conte, reggente del ducato
Vialardi di Verrone Maria, figlia di Augusto, vedi Avogadro di di Mantova, Segretario di Stato, 63.
Valdengo Maria. Vialardi di Villanova Romualdo, figlio di Marco Antonio, Segre-
Vialardi di Verrone Martino, 28. tario di Stato, ministro, 63.
184 INDICE DEI NOMI
Vialardi di Villanova Monferrato e di Casale, famiglia, 38. Vedi Vries (de) Jan, 12, 169.
anche Vialardi di Villanova. Vuidalardus, vedi Widalardo.
Vialardi di Villanova Monferrato e di Vercelli, famiglia, 38.
Vialardi di Viverone, vedi recte Vialardi di Verrone.
Vialardi di Ysengarda, vedi Vialardi di Villanova. Waitz Georg, 35, 172.
Viale Vittorio, 103, 111, 172. Wallace [sir Richard] Collection, museo di Londra, 92, 170.
Viancini Giulio Cesare, vescovo di Biella, 30, 109. Werner Karl Ferdinand, 35, 172.
Vifredo, figlio di Suppone, titolare del comitato di Piacenza, 21. Wid (Guido), vedi Widalardo.
Vigliani Pietro, sindaco di Verrone, 32-33. Widalardo (Widalardus), figlio di Plusbella, 27, 36-37, 40, 42-
Viglino Davico Micaela, 70-71, 74, 107, 168, 170, 172. 43, 45, 47, 50.
Villata Francesco Antonio, intendente della provincia di Biella, Widallhart, vedi Widalardo.
144, 154. Wid-all-hart, vedi Widalardo.
Villatta, vedi Villata. Winterfeld (von) Paul, 21, 172.
Villehardouin (de) Anna Angela, nata Komnena Dukas, moglie
di Guglielmo, signora di Kalamata, 51. Ysengarda, signori di, vedi Vialardi di Villanova.
Villehardouin (de) Guglielmo, principe di Acaia e di Morea, 51.
Villehardouin (de) Isabella, figlia di Guglielmo, vedi Savoia (di) Zola Domenico, sindaco di Verrone, 29.
Isabella. Zucchi Mario, 62-63, 168, 172.
Vincenti Antonello, 71-72, 172. Zug-Tucci Hannelore, 61, 172.
Violante Cinzio, 103, 172. Zumaglini Antonio Maurizio, sindaco di Verrone, 31-33, 50,
Visconti, famiglia, 25, 50-52, 70. 106, 166.
Visconti, signore di Rassa, 49. Zumaglini Calisto, figlio di Antonio Maurizio, sindaco di Verro-
Visconti Azzone, signore di Milano e di Vercelli, 50-51. ne, 31, 33.
Visconti Filippo Maria, duca di Milano, 54, 150. Zumaglini Corinna, figlia di Antonio Maurizio, 31.
Visconti Galeazzo, duca di Milano, 51, 55, 59. Zumaglini Cristina Aloisia Olimpia, nata Curbis di San Michele,
Visconti Giovanni Maria, duca di Milano, 40. vedova di Felice Marandono, moglie di Antonio Maurizio,
Visconti Marco Balatrone, figlio di Matteo I, 50. 31, 50, 106, 166. Vedi anche Marandono Cristina Aloisia
Visconti Matteo I, signore di Milano, 48. Olimpia.
Visconti Cherasco Maria Carla, 74, 172. Zumaglini Olimpia, vedi Zumaglini Cristina Aloisia Olimpia.
Vitellio (Vitellio Aulo), imperatore romano, 88.
finito di stampare
nel mese di luglio 2005
per i tipi de
l’artistica savigliano