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ARGOMENTI

DI

MATEMATICA PER LINGEGNERIA

VOLUME 4
Indice

1 LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 1


1.1 Alcuni richiami sullintegrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Uniforme continuit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.3 Conseguenze del Teorema di Heine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.4 Calcolo della lunghezza di una curva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
1.5 Il parametro darco su di una curva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

2 INTEGRALI CURVILINEI 56
2.1 Lintegrale curvilineo ai differenziali darco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56
2.2 La misura dellarea di una porzione di superficie cilindrica . . . . . . . . . . . . . 60
2.3 Area di una superficie tronco-conica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
2.4 Calcolo dellarea di una superficie di rotazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
2.5 Altri significati dellintegrale curvilineo ai differenziali darco . . . . . . . . . . . 80
2.6 Integrali curvilinei di forme differenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84
2.7 Forme esatte e campi gradienti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89

3 INTEGRALI DOPPI 110


3.1 Sottoinsiemi misurabili del piano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110
3.2 Lintegrale doppio di una funzione continua di due variabili . . . . . . . . . . . . . 114
3.3 Il calcolo effettivo di un integrale doppio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129
3.4 I teoremi di riduzione di Fubini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149
3.5 Il teorema del valor medio integrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159
3.6 Uso dellintegrale doppio in fisica matematica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162

4 INTEGRALI TRIPLI 165


3
4.1 Sottoinsiemi misurabili di R . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165
4.2 Lintegrale triplo di una funzione F(X,Y,Z) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169

5 LE COORDINATE CURVILINEE 176


5.1 Le coordinate polari elementari nel piano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176
5.2 Le coordinate polari sferiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 189
5.3 Le coordinate cilindriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195

ii
INDICE iii

6 INTEGRALI DI SUPERFICIE 199


6.1 Area di una porzione di superficie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199
6.2 Lintegrale superficiale di una funzione F(X,Y,Z) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201

7 I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 206


7.1 I teoremi di Guldin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 206
7.2 Il Teorema di Green nel piano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212
7.3 La nozione di superficie orientata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 220
7.4 Alcune rilevanti nozioni associate a campi vettoriali . . . . . . . . . . . . . . . . . 226
7.5 Il Teorema della divergenza di Gauss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 228
7.6 Il teorema di Stokes . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 231

8 INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 236


8.1 Il caso del dominio della funzione integranda che risulta illimitato . . . . . . . . . 236
8.2 Il caso della funzione integranda illimitata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 247
8.3 Alcuni esempi di integrali tripli generalizzati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 254
Capitolo 1

LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA

1.1 Alcuni richiami sullintegrazione


1) Se f(x) una funzione

definita e continua nellintervallo chiuso e limitato [a, b],

fissato un numero > 0, per ogni suddivisione di [a, b]

: x0 = a < x1 < . . . < xn() = b

con
() = max {xi xi1 , i = 1, 2, . . . , n()} <

si pu costruire la somma
X
n()
(1.1) f(i )(xi xi1 ) , con i scelto ad arbitrio in [xi1 , xi ], i = 1, 2, . . . , n().
i
1

La (1.1) pu essere pensata come funzione plurivoca di e si ha che tale funzione risulta conver-
gente per 0, avendosi

X
n() Z b
lim f(i )(xi xi1 ) = I = f(x)dx
0 i
1 a

detto

integrale definito di f(x) esteso allintervallo [a, b]

1
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 2

2) Se f(x) > 0 , x [a, b], il significato di I la

misura dellarea trapezoidale, compresa tra lasse Ox e il grafico G(f) della funzione f(x),
detto, brevemente, trapezoide sottostante G(f).

x
a O b

3) Se f(x) 6 0 , x [a, b], il significato di I di essere, questa volta,

lopposto della misura dellarea trapezoidale, compresa tra il grafico G(f) della funzione f(x), e
lasse Ox , detto, brevemente, trapezoide soprastante G(f).

a O b
x

4) Nel caso generale


Z b
I= f(x)dx
a

ha il significato seguente:
detta
Sf +

la somma delle misure delle aree comprese tra lasse Ox e i tratti


del grafico di f(x) corrispondenti ai sottointervalli di positivit di f(x)

e detta
Sf
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 3

la somma delle misure delle aree comprese tra i tratti del grafico
di f(x) corrispondenti ai sottointervalli di negativit di f(x) e lasse Ox
risulta
I = Sf + Sf

a
x
O b

5) Date due funzioni f1 (x), f2 (x), continue in [a, b], con

f1 (x) 6 f2 (x), x [a, b]

a b
x
O

(la misura del)larea della regione trapezoidale compresa tra i grafici


G(f1 ) e G(f2 ) e le due rette laterali verticali
{x = a} e {x = b}

data da
Z b
[f2 (x) f1 (x)]dx
a

6) Se f(x) continua in [a, b] si ha il


CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 4

teorema del valor medio integrale:


Z b
f(x)dx = (b a) f(c)
a

ove c un opportuno punto di [a, b] (non necessariamente unico)

f(c) prende il nome di valor medio di f(x) in [a, b]

y
D

T2
A B
C
T1
x
A O C

Larea del trapezoide T sottostante al grafico di f(x) = x2 ristretta allintervallo [1, 2]


Z 2 2 3 !
x 8 1
2
x dx = = =3
1 1 3 3 3
Il valor medio di f(x) in [1, 2]
3 3
= = 1 = f(1) = f(1)
2 (1) 3
Larea del trapezoide T eguaglia quella del rettangolo AA0C 0C: i due trilateri mistilinei T1 = AOBA
e T2 = BCDB hanno naturalmente la stessa area.

1.2 Uniforme continuit

Definizione 1.1. Data una funzione f(x) definita in un insieme D, si dice che
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 5

f(x) uniformemente continua in D

se, > 0, > 0 :

x1 , x2 D |x2 x1 | < = |f(x2 ) f(x1 )| <

Proposizione 1.1. Se f uniformemente continua in D essa anche continua in D, cio,


x0 D, o x0 un punto isolato di D, oppure

lim f(x) = f(x0 )


xx0

DIM. Facile: lasciata al lettore.

Teorema 1.1 (Teorema di Heine). Se f(x)


definita e continua in un insieme chiuso e limitato D,

allora

f(x) uniformemente continua in D

In particolare, se f(x) continua in un intervallo [a, b]

f(x) in [a, b] uniformemente continua.

1
DIM. Fissiamo un arbitrario numero > 0, e supponiamo, per assurdo, che per ogni n = si
n
possa trovare

una coppia di numeri di [a, b] (x1 (n), x2 (n)) :


1  
|x2 (n) x1 (n)| < f x2 (n) f x1 (n) >
n
Il sottoinsieme di [a, b]

S = {x1 (n), n = 1, 2, . . .} {x2 (n), n = 1, 2, . . .}

infinito e contenuto nellintervallo chiuso e limitato [a, b].

Per il noto Teorema di Bolzano-Weierstrass, in [a, b] esiste


CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 6

y = f(x)


y = f(x) + y = f(x) 2
2

x
O a x b

un punto c daccumulazione per S

Si potr cos trovare una sottosuccessione di S costituita, ad esempio, da punti del tipo x1 (n),
convergente a c:
r+
x1 (n1 ), x1 (n2 ), . . . , x1 (nr ) . . . c

Ne segue, poich f continua in [a, b], e c [a, b], perch [a , b] chiuso, che sar

lim f x1 (nr ) = f(c)
r+

Ma
x2 (n1 ), x2 (n2 ), . . . , x2 (nr ), . . .

converge anchessa a c, poich


1
|x2 (nr ) x1 (nr )| <
nr

CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 7

1 1
x1 (nr ) < x2 (nr ) < x1 (nr ) +
nr nr
r + r +
c c

sicch x2 (nr ) c per il teorema del confronto.

Ne segue allora che



lim f x2 (nr ) = f(c)
r+

Dunque
 
lim f x2 (nr ) f x1 (nr ) = f(c) f(c) = 0
r+

il che impossibile, essendo, per ipotesi,


 
f x2 (nr ) f x1 (nr ) > , r N :

donde la conclusione. C.V.D.


Se viene meno una delle ipotesi

il teorema di Heine pu non valere pi.

Esempio 1.1. Linsieme D in cui f continua non chiuso

| x
O 4

1
f(x) = , definita e continua in ]0, 4]: luniforme continuit non vale nei pressi dello zero.
x

Esempio 1.2. Linsieme D in cui f continua non limitato


CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 8

x
O

f(x) = x2 , definita e continua in ] , +[: luniforme continuit non vale molto lontano dallo
zero.

Esempio 1.3. La funzione f ha una discontinuit con salto in c D, del tipo in figura,

l2

l1

x
a O x1 c x2 b

con lim f(x) = l1 < lim+ f(x) = l2 :


xc xc

con x1 e x2 a cavallo di c e vicini quanto si vuole


non si riesce ad avere |f(x2 ) f(x1 )| < l2 l1 (> 0)

La definizione di uniforme continuit si estende facilmente alle funzioni di 2,3,. . . n variabili.


Risulta anche per queste funzioni il

Teorema 1.2 (Teorema di Heine). Se F(x1 , x2 , . . . , xn ) una funzione di n variabili


definita e continua in un insieme D chiuso e limitato di Rn

allora
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 9

F(x1 , x2 , . . . , xn ) risulta in D uniformememente continua

nel senso che, > 0, > 0 :


P1 , P2 D kP1 P2 k < = |F(P2 ) F(P1 )| <

La dimostrazione del tutto analoga al caso di 1 variabile e pu essere facilmente adattata.

1.3 Conseguenze del Teorema di Heine

Sia ora F(x1 , x2 , . . . , x p ) una funzione di p variabili reali, definita e continua nel suo dominio
pdimensionale

D R p , supposto chiuso e limitato

Siano poi
f1 , f2 , . . . , f p

p funzioni reali di una variabile reale, definite e continue in un intervallo chiuso e limitato [a, b].
Per ogni scelta di t1 , t2 , . . . , t p in [a, b] si abbia che

f1 (t1 ), f2 (t2 ), . . . , f p (t p ) D

Si ha allora, in particolare, per t1 = t2 = . . . = t p = t [a, b], che



f1 (t), f2 (t), . . . , f p (t) D, t [a, b]

e si pu considerare quindi la funzione



h(t) = F f1 (t), f2 (t), . . . , f p (t)

funzione composta, di prime componenti f1 , f2 , . . . , f p ,


e di seconda componente F;

come noto

h risulta una funzione definita e continua in [a, b]


CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 10

Per ogni suddivisione di [a, b], costituita da certi n() + 1 valori

t0 = a < t1 < . . . < tn() = b

sia
() = max {ti ti1 , i = 1, 2, . . . , n()}

Per ogni numero fissato > 0, si possono considerare tutte le suddivisioni di [a, b] con () <
(esse sono ovviamente infinite); per ciascuna di tali suddivisioni, si possono ora scegliere, in ognuno
dei subintervalli
[ti1 , ti ]

p valori ad arbitrio scelti (anche qui si presentano infinite scelte possibili)

i,1 , i,2 , . . . , i,p

e formare quindi la sommatoria

X
n()

(1.2) F f1 (i,1 ), f2 (i,2 ), . . . , f p (i,p ) (ti ti1 )
i
1

la quale pensabile come funzione, ovviamente plurivoca, di .

Ora, se, per ogni i, si ha

(1.3) i,1 = i,2 = . . . = i,p = i

la (1.2) diventa

X
n()
 X
n()
F f1 (i ), f2 (i ), . . . , f p (i ) (ti ti1 ) = h(i )(ti ti1 )
i i
1 1

una delle somme parziali relative allintegrale


Z b Z b

I = h(t)dt = F f1 (t), f2 (t), . . . , f p (t) dt
a a

quindi

ferma lipotesi (1.3), la sommatoria (1.2) tende,


al tendere di a 0, esattamente a questo integrale.
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 11

Ebbene, come conseguenza del teorema di Heine, si ha che la (1.2), anche con la scelta arbitraria
dei valori
i,1 , i,2 , . . . , i,p in ogni [ti1 , ti ]
tende, al tendere di a 0, sempre allo stesso integrale
Z b Z b

I = h(t)dt = F f1 (t), f2 (t), . . . , f p (t) dt
a a

Stabiliamolo in

Proposizione 1.2. Con le notazioni sopra introdotte


la somma (1.2), pensata come funzione (plurivoca) di
tende, al tendere di a 0, al limite
Z b Z b

I = h(t)dt = F f1 (t), f2 (t), . . . , f p (t) dt
a a

DIM. Per semplicit ci limitiamo a considerare il caso p = 2: nel caso generale (p = 3, 4, . . . , n, . . .)


la dimostrazione proceduralmente identica, basta semplicemente adattare la nomenclatura e lap-
parato simbolico.
Dunque la funzione
F(x,y)
(si usa x,y al posto di x1 , x2 ) , per ipotesi,

definita e continua nellinsieme D ( R2 ) chiuso e limitato

e quindi, per il teorema di Heine, essa in D

uniformemente continua

Inoltre si hanno le funzioni f e g (si usa f, g al posto di f1 , f2 ), le quali sono

definite e continue nellintervallo chiuso [a, b]

con la propriet

f(t), g(t) D , t [a, b]
sicch si pu considerare la funzione composta

h(t) = F f(t), g(t)

la quale, come noto, risulta


CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 12

definita e continua nellintervallo chiuso [a, b] :

esiste quindi
Z b
I = h(t)dt
a

Come ricordato nel 1, si ha


n()
X X
n()

I = lim h(i )(ti ti1 ) = F f(i ), g(i ) (ti ti1 )
0 i i
1 1

e ci significa, ricordiamolo, che

fissato un arbitrario > 0, si pu trovare in corrispondenza un > 0 tale che, per ogni suddivisione

: t0 = a < t1 < . . . < tn() = b

dellintervallo [a, b] con () < , e per ogni scelta del valore i [ti1 , ti ], i = 1, 2, . . . , n(), si ha
che (indicando per brevit la sommatoria di sopra con (*)

|() I| <

o, equivalentemente che
I < () < I +

Ora si tratta di provare che anche



X
n()

I = lim () = F f(i ), g(i ) (ti ti1 )
0 i
1

(anche qui si usa () al posto della sommatoria, per brevit), con un significato analogo a quello
sopra ricordato, e lunica variante essendo che sono due, i , i , i valori fissati ad arbitrio in [ti1 , ti ].

Dallipotesi che, t1 , t2 [a, b] si ha f(t1 ), g(t2 ) D discende che la funzione di 2 variabili

H(x,y) = F f(x), g(y)

risulta, in particolare, definita nellintervallo bidimensionale I2 , rappresentato in figura,

insieme chiuso e limitato :


CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 13

(a, b) (0, b) (b, b)

I2
(a, 0) O (b, a)
x

(a, a) (0, a) (b, a)

essendo funzione composta di funzioni continue, H(x,y) continua in I2 e, per Heine,


1 uniformemente continua in I2

Si osservi che risulta


h(t) = H(t, t) , t [a, b] :

insomma la h(t) si ottiene subordinando H(x,y) sulla diagonale (a, a) (b, b) di I2 .

Tutti i fatti sopra stabiliti vanno posti in atto, ora, per provare, appunto, che anche

Z
b X
n()

I = h(t)dt = lim () = F f(i ), g(i ) (ti ti1 )
0 i
a 1

il che consiste in quanto segue :

fissato un arbitrario > 0, bisogna trovare in corrispondenza un > 0 tale che, per ogni suddivi-
sione di [a, b]
: t0 = a < t1 < . . . < tn() = b

con () < , e per ogni scelta dei numeri

i , i in [ti1 , ti ] , i = 1, 2, . . . , n() ,

deve aversi
|() I| <
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 14

o, equivalentemente,
I < () < I +

Dunque

fissiamo un qualunque > 0 .

Poich si sa che
Z
b X
n()

I = h(t)dt = lim () = F f(i ), g(i ) (ti ti1 )
0 i
a 1

ed /2 > 0, certo esiste in corrispondenza a questo numero positivo, un 1 > 0 tale che, per ogni
suddivisione di [a, b]
: t0 = a < t1 < . . . < tn() = b

con () < 1 , e per ogni scelta di

i in [ti1 , ti ] , i = 1, 2, . . . , n() ,

si ha

|() I| <
2
o, equivalentemente,



2 I
2
< () < I +
2


Considerato ora il numero 0 = > 0, e tenuto conto (vedi punto
1 sopra)
2(b a)

delluniforme continuit di H(x,y) = F f(x),g(y) in I2

esiste, in corrispondenza a 0 > 0, un 0 > 0 tale che, per due punti (x1 , y1 ), (x2 , y2 ) di I2 valga
limplicazione
q

d (x1 , y1 ), (x2 , y2 ) = (x2 x1 )2 + (y2 y1 )2 < 0 = H(x1 , y1 ) H(x2 , y2 ) < 0

Posto allora
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 15

( )
0
= min 1 ,
2
per ogni suddivisione dellintervallo [a, b]

: t0 = a < t1 < . . . < ti1 < ti < . . . < tn() = b

per la quale risulti


() = max{ti ti1 , i = 1, 2, . . . , n()} < ,

a proposito della sommatoria

X
n()

() = F f(i ), g(i ) (ti ti1 )
i
1

con
i , i [ti1 , ti ] , i = 1, 2, . . . , n() ,

si potr affermare quanto segue:

I) i , i , i [ti1 , ti ], perci varranno le

0 0
|i i | < 6 e |i i | < 6 , i = 1, 2, . . . , n() ;
2 2

le quali danno a loro volta le

q r
 2  2 0 2 0 2
f(i ) f(i ) g(i ) g(i ) < + < 0 ;
2 2
i = 1, 2, . . . , n()

II) atteso il significato di 0 (vedi sopra), ne discenderanno le n() disuguaglianze


   
H i , i  H i , i  = F f(i ), g(i ) F f(i ), g(i ) < 0 =
2(b a)

o, equivalentemente, le n() disuguaglianze


     
F f(i ), g(i ) < F f(i ), g(i ) < F f(i ), g(i ) +
2(b a) 2(b a)
con i = 1, 2, . . . , n() ;
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 16

III) moltiplicando le ultime disuguaglianze ciascuna per ti ti1 (> 0) e sommando membro a

membro si ottiene () e () stanno per le relative sommatorie come detto sopra

X
n()
X
n()

() (ti ti1 ) < () < () + (ti ti1 )
1
i 2(b a) 1
i 2(b a)

ossia, essendo
n()
X
n()
X
(ti ti1 ) =
i 2(b a) 2(b a) i i i1 = 2(b a) (b a) = 2 ,
(t t )
1 1

si trova la



3 ()
2
< () < () +
2

Riassumendo
saranno assicurate contemporaneamente
la



2 I
2
< () < I +
2

e la



3 ()
2
< () < () +
2

e queste, ripetiamolo, per ogni valore assunto da

() e ()

in corrispondenza a qualunque suddivisione di [a, b]

: t0 = a < t1 < . . . < ti1 < ti < . . . < tn() = b

con
() = max{ti ti1 , i = 1, 2, . . . , n()} <
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 17

e per qualsiasi scelta, per ogni tale suddivisione, dei numeri

i , i , i [ti1 , ti ], i = 1, 2, . . . , n()

gli i servono per costruire (); gli i , i servono per costruire ()

Rappresentiamo la situazione graficamente sullasse reale:


I I+
2 2

I () I I+

|
( b
| b
|
) | |

()
() () +
2 2

per la
2 , () deve cadere tra I /2 e I + /2 ;

per la
3 , () deve cadere tra () /2 e () + /2 :

perfettamente chiaro che, dovunque si collochi () in ]() /2, () + /2[ , sar costretto a
cadere

a destra di I e a sinistra di I +

Ma vediamo anche formalmente la cosa:


dalla
2 seguono, in particolare


20 I /2 < () e
200 () < I + /2 ;

si ottiene cos


40 I = I /2 /2 < () /2 < () = I < ()

dalla 20 per la
3 sinistra

e ancora
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 18


400 () < () + /2 < I + /2 + /2 = I + = () < I +

per la
3 destra dalla
200

Dalla
40 e
400 si ottiene finalmente la

I < () < I +

come volevasi dimostrare.

1.4 Calcolo della lunghezza di una curva

Vedremo ora lapplicazione delle considerazioni introduttive al problema della

misura della lunghezza di una curva

Supporremo di considerare

una curva quasi -regolare

cio unione di un certo numero, di solito finito, di

archi di curva regolari privi di tratti comuni

A
B

Per ottenere la (misura della) lunghezza della curva baster ovviamente

calcolare le lunghezze di tutti gli archi che la compongono


e quindi calcolarne la somma.
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 19

A sua volta un

arco di curva regolare C

un insieme con le seguenti caratteristiche:


1) rappresentabile parametricamente nella forma



x = f(t)

C:
y = g(t) , t [a, b]

z = h(t)


con f, g, h funzioni di classe C (1) in [a, b] cio continue e derivabili con derivate continue in [a, b] ;

2) tra i valori del parametro t [a, b] e i punti P(t) f(t), g(t), h(t) dellarco vi

corrispondenza biunivoca

salvo al pi la possibilit che risulti


P(a) = P(b)

cio che

C sia un arco di curva chiuso

come un circolo, unellisse, ecc. . .

P4 = P8
P7
P9
C
A = P0 = P0
P3 = P6
P5 = P10
P1

P11
P5

B = P6 = P12
P1 = P2

P2 = P4
P3
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 20

Dato ora un arco regolare C, sopra definito, per ogni suddivisione di [a, b]

: t0 = a < t1 < . . . < ti1 < ti < . . . < tn() = b

posto

Pi = P(ti ) = P f(ti ), g(ti ), h(ti ) C, i = 1, 2, . . . , n() ,
la poligonale, o spezzata, di lati successivi

P0 P1 , P1 P2 , . . . , Pi1 Pi , . . . , Pn()1 Pn()

si dice

la poligonale inscritta in C associata a

e pu brevemente essere indicata con il simbolo


P()
La lunghezza di P() la somma delle lunghezze dei suoi lati:
   
l P() = l P0 P1 + . . . + l Pi1 Pi + . . . + l Pn()1 Pn()

Se ora 0 un infittimento di (cio 0 ha per valori suddividenti [a, b] quelli di pi altri,


intercalati fra i primi) (vedi figura), ovvio che risulta
 
l P(0 ) > l P()

Inoltre si ha
n() q
X
 2 2 2
l P() = f(ti ) f(ti1 ) + g(ti ) g(ti1 ) + h(ti ) h(ti1 ) =
i
1
per Lagrange
n() q
X 0 2  2  2
= f (i )(ti ti1 ) + g0 (i )(ti ti1 ) + h0 (i )(ti ti1 ) =
i
1
n() q
X 
= f 02 (i ) + g02 (i ) + h02 (i ) ti ti1
i
1

con i , i , i punti di Lagrange relativi alle funzioni f, g, h, in [ti1 , ti ], i = 1, 2, . . . , n().


Fissato ora un numero > 0, si considerino tutte le suddivisioni di [a, b] con

() = max {ti ti1 , i = 1, 2, . . . , n()} <



e, per ogni suddivisione, si valuti la lunghezza l P() della relativa poligonale inscritta in C,
ottenendo la sommatoria sopra calcolata: applicando il Cor.1.2, si pu affermare che
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 21


la lunghezza di P(), l P() , pensata come funzione,
ovviamente plurivoca, di

ha per limite, al tendere di a 0, il numero


Z b q
I = f 02 (t) + g02 (t) + h02 (t) dt
a

Osservazione 1.1. Si noti che, al tendere di a 0, nel contempo tende a zero anche la massima
fra le lunghezze dei lati della poligonale P(), mentre il numero dei suoi lati tende ovviamente a
+: con ci

la poligonale inscritta P() approssima sempre pi,


al tendere a 0 di , larco di curva C.
Dimostreremo ora la

Proposizione 1.3. Il numero


Z b q
I = f 02 (t) + g02 (t) + h02 (t) dt
a

lestremo superiore dellinsieme delle lunghezze delle poligonali

P()

inscritte in C, ove varia nella famiglia di tutte


le possibili suddivisioni dellintervallo [a, b]

DIM. Si visto sopra che


Z b q

I = f 02 (t) + g02 (t) + h02 (t) dt = lim l P()
a 0

e per provare quindi lenunciato sufficiente riconoscere che

nessuna poligonale P() pu avere la sua lunghezza



l P() che superi il numero I

e ci per il fatto che, per la stessa definizione di limite, ne conseguir senzaltro che

in ogni intorno sinistro ]I , I] di I cade almeno



un valore della funzione (plurivoca) l P() di :
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 22

I si trova cos a verificare

le due propriet caratteristiche dellestremo superiore


dellinsieme delle lunghezze delle poligonali inscritte in C

donde la conclusione.


Dimostriamo dunque, per assurdo, che per ogni risulta l P() 6 I. Aiutiamo lintuizione con
un grafico
  
l P() l P( ) l P( )
Ib b b b

Supponiamo che possa darsi la situazione in figura: allora, infittendo , si otterr una P(0 ) di
lunghezza non inferiore a quella di P(), cio con
 
l P() 6 l P(0 ) ;

ecc., ecc. . . . : ma allora

se si infittiscono indefinitamente le suddivisioni, facendo tendere a zero la massima lunghezza



dei loro sottointervalli, come pu l P((n) ) tendere, come sopra si visto che avviene, a I, se

l P((n) ) continua ad allontanarsi verso destra da I stesso? Lassurdo prova la tesi enunciata,
cio che risulta
l P() 6 I , .

del tutto naturale quindi, visto il comportamento di P() per 0, che quello di approssimare
sempre meglio larco di curva C, e il significato del numero
Z b q
I = f 02 (t) + g02 (t) + h02 (t) dt
a

descritto in Prop.1.3, porre la seguente

Definizione 1.2. Il numero


Z b q
I = f 02 (t) + g02 (t) + h02 (t) dt
a

si assume come
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 23

(misura del) la lunghezza dellarco di curva C


denotandolo con l(C)

Osservazione 1.2. Per il significato geometrico intrinseco rivestito dal numero


Z b q
f 02 (t) + g02 (t) + h02 (t) dt
a

chiaro, e si pu dimostrare facilmente, che esso

non dipende dalla particolare parametrizzazione dellarco C

Passiamo ad illustrare un congruo numero di esempi.

Esempio 1.4. La lunghezza di un segmento, calcolata con la formula sopra assegnata, coincide
ovviamente con quella fornita dalla nota formula ortonormale: infatti,
dati
P1 (x1 , y1 , z1 ) , P2 (x2 , y2 , z2 )

si ha



x = x1 + (x2 x1 )t



P1 P2 :
y = y1 + (y2 y1 )t , t [0, 1]



z = z1 + (z2 z1 )t

Risulta infatti
Z 1 q
lunghezza di P1 P2 = (x2 x1 )2 + (y2 y1 )2 + (z2 z1 )2 dt =
0

q Z 1 !
= (x2 x1 ) + (y2 y1 ) + (z2 z1 )
2 2 2
dt =
0
q  1 
= (x2 x1 )2 + (y2 y1 )2 + (z2 z1 )2 t =
0
q
= (x2 x1 )2 + (y2 y1 )2 + (z2 z1 )2
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 24

Esempio 1.5. Lunghezza di una circonferenza C di raggio R.


Rappresentiamo la curva cos ( posta per semplicit nel piano Oxy )



x = R cos t



C :
y = R sin t , t [0, 2]



z = 0

Z 2 q Z 2
2 2 2 2
l(C) = (R sin t) + (R cos t) + (0) + 0 dt = R dt = 2R
0 0

la nota formula, questa volta

finalmente dimostrata.

Esempio 1.6. Se nellesempio precedente si limita il parametro allintervallo [0, ] si ottiene la


semicirconferenza superiore di C, di lunghezza R.
Questa stessa semicirconferenza C1 si pu rappresentare nel modo seguente



x = f(t) = t



C1 :
y = g(t) = R2 t2 , t [R, R]



(z = 0)

Questo esempio vuol dimostrare

che le ipotesi di regolarit della parametrizzazione dellarco


possono essere attenuate.
p
Infatti la funzione g(t) = R2 t2 continua in [R, R], ma

in R e in R non derivabile

o, per essere pi precisi, essa ha (vedi figura)

derivata destra + in R

derivata sinistra in R
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 25

O
x
-R R

ovviamente in connessione agli attacchi di C1 (che una curvagrafico) in R e R rispettivamente.

Con tutto ci il calcolo della lunghezza di C1 giunge a buon fine anche con lattuale rappresen-
tazione, poich

il carattere intrinsecamente convergente del processo


di approssimazione per poligonali inscritte fa si che
lintegrale sia di tipo generalizzato, ma convergente:
s !2
Z R Z R
t 1
l(C1 ) = 12 +
dt = R dt =
R R2 t2 R R2 t2
R t " ! !#
R R +
= lim R arcsin = R lim arcsin arcsin =
0 R+ R 0 R R
  
= R [arcsin 1 arcsin(1)] = R = R
2 2
risultato che coincide con quello ottenuto partendo dallaltra rappresentazione di C1 .

Esempio 1.7. Si abbia una curva piana C, che sia il grafico di una funzione g, continua nellinter-
vallo [a, b] assieme alla sua derivata prima g0 .
C si pu pensare come curva dello spazio, appartenente al piano Oxy , rappresentabile nel modo
seguente



x = f(t) = t



C1 : y = g(t) , t [a, b]



z = h(t) = 0

In tal caso la formula per la lunghezza di C risulta direttamente, senza bisogno di applicare il Cor.1.2.
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 26

B = P(b

a = t0 O
x
t1 t2 t3 t4 = b

A = P(a)

Costruiamo infatti la sommatoria che porge la lunghezza della poligonale inscritta in C associata
alla suddivisione
: t0 = a < t1 < . . . < tn() = b :
n() q
X
  
l P() = [ti ti1 ]2 + g(ti ) g(ti1 ) 2 + [0 0]2 = (per Lagrange) =
i
1
n() q
X X
n()
p
= 2 02
[ti ti1 ] + g (i ) [ti ti1 ] =
2
1 + g02 (i ) (ti ti1 )
i i
1 1

e questultima espressione subito una

somma parziale relativa allintegrale


Z b q  Z bq 
02
1 + g (t) dt = f 02 (t) + g02 (t) + h02 (t) dt
a a

e, al tendere di a 0,

tende precisamente a questo integrale

sicch si giunge alla formula, per larco di curva C grafico (di 1a specie) della funzione g

Z b q
l(C) = 1 + g02 (t) dt
a

A una formula perfettamente analoga si giunge per un arco di curva C grafico (di seconda specie)
della funzione f



x = f(t)



C : y = g(t) = t , t [a, b]



z = h(t) = 0
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 27

Z b q
l(C) = f 02 (t) + 1 dt
a

della parabola C : y = x2 , con A (a, a2 ) (a > 0)


Esempio 1.8. Calcolare la lunghezza dellarco OA



x = t



: y = t2
OA , t [0, a]




(z = 0)

b A(a, a2 )

b B(1, 1)

x
O

Si ottiene
Z a q Z a p
=
l(OA) 2 2
1 + (2t) dt = 1 + 4t2 dt = (vedi prontuario) =
0 0
a p 2 q
t t + 1/4 1 
= 2 + log t + t2 + 1/4 =
0 2 8
q q
1  1 1
= a a + 1/4 + log a + a2 + 1/4 log =
2
4 4 2
q q
2 1h  i
= a a + 1/4 + log a + a2 + 1/4 + log 2 =
4
q q
1 
= a a + 1/4 + log 2a + 2 a2 + 1/4 .
2
4
q p
1 
= a a2 + 1/4 + log 2a + 4a2 + 1 .
4
In particolare, se a = 1, si ottiene

5 1
=
l(OA) + log(2 + 5) ' 1.478 (< 1.5)
2 4
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 28

b B(1, 1)

| x
O 1.5

Esempio 1.9. Calcolare la lunghezza di un arco di

cicloide ordinaria

x = R R sin


C :
, [0, 2]
y = R R cos

y
(R, 2R)
b

(0, R) b

b x
O (R, 0) (2R, 0)

Si ottiene
Z 2 q Z 2 p
2
l(C) = 2
(R R cos t) + (R sin t) dt = R 1 2 cos t + cos2 t + sin2 t dt
0 0

Z Z r Z
2 2
1 cos t 2
t
= R 2 2 cos t dt = 2R dt = 2R sin dt =
0 0 2 0 2
Z 2 2
t 1 t  
= 4R sin dt = 4R cos = 4R cos ( cos 0) = 8R
0 2 2 0 2
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 29

Esempio 1.10. Calcolare la lunghezza dell asteroide di costante a:


3

x = a cos t

C :
, t [0, 2]
y = a sin3 t

(0, a)

(a, 0)
x
O

Lasteroide lunione dei 4 sotto-archi AB, BC,


CD, DA,
ed una curva chiusa.
I 4 sotto-archi risultano a due a due congruenti (o sovrapponibili): questo dovuto alle simmetrie
di C. infatti facile verificare che C il luogo rappresentato dallequazione

x2/3 + y2/3 = a2/3


a sua volta equivalente allequazione algebrica del 6 ordine

x6 + 3x4 y2 + 3x2 y4 + y6 3a2 x4 + 21a2 x2 y2 3a2 y4 + 3a4 x2 + 3a4 y2 a6 = 0


C dunque simmetrica, di simmetria ortogonale, rispetto a entrambi gli assi cartesiani e ad entrambe
le bisettrici degli assi; naturalmente anche simmetrica rispetto allorigine O.
Ne segue, poich larco AB, 4a parte dellasteroide C, si ottiene per t [0, /2], che si avr

Z r
/2 h i2 h i2
= 4
l(C) = 4 l(AB) 3a cos2 t( sin t) + 3a sin2 t cos t dt =
0
Z /2 q Z /2
= 4 2 2 2 2
3a cos t sin t (cos t + sin t) dt = 12a cos t sin t dt =
0 0
Z /2 Z /2 /2 2
sin t
= 12a cos t sin t dt = 12a sin t cos t dt = 12a = 6a
0 0 0 2

nell0 intervallo [0, /2] e` cos t sin t > 0
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 30

ha altre parametrizzazioni: ad esempio la seguente


Osservazione 1.3. Larco AB


x = u

3/2

AB : , u [0, a2/3 ]

y = [a2/3 u]3/2

secondo la quale B lorigine e A lestremo dellarco (con la parametrizzazione precedente A era


lorigine e B lestremo).
nei suoi
Si noti che, con lattuale parametrizzazione, si ottengono anche i vettori tangenti ad AB
estremi: risulta infatti
0 3 3
P (u) = u1/2 i [a2/3 u]1/2 j
2 2
e
0 3

P (0) = a1/3 j il vettore tangente allarco in B
2
02/3
3

P (a ) = a1/3 i il vettore tangente allarco in A
2
Con la parametrizzazione precedente si verificava linconveniente che per t = 0 e t = /2 si aveva
0 0
P (0) = 0 e P (/2) = 0

nei suoi estremi.


sfuggiva quindi lindividuazione dei vettori tangenti ad AB

Naturalmente, anche con lattuale parametrizzazione, si pu calcolare la lunghezza dellarco AB:
risulta
s
Z a2/3 " #2 " #2
3 1/2 3 2/3
l(AB) = u + (a u) 1/2
du =
0 2 2
Z a2/3 r Z 2/3 2/3
9 9 2/3 9 3 1/3 a 3 1/3 a
= u + a u du = a du = a u =
0 4 4 4 2 0 2 0
3 1/3 2/3 3 1 1
= a (a 0) = a = (6a) = l(C) , come deve essere.
2 2 4 4

Osservazione 1.4. Un arco di curva C ha infinite rappresentazioni parametriche; pu accadere


che alcune di queste presentino delle irregolarit: tuttavia

lesistenza di una rappresentazione regolare basta per


dichiarare larco C regolare
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 31

Ad esempio larco


x = t

C :
, t [1, 1] ,
y = t1/3

fornito qui in rappresentazione non regolare: infatti

la funzione g(t) = t1/3 non derivabile in 0

Ma si ha anche


x =

3

C :
, [1, 1] ,
y =

e la rappresentazione , questa volta,

perfettamente regolare

Esempio 1.11. Calcolare la lunghezza dellarco di curva





x = 2 6 sin2 t 2 3 sin t cos t " #


3
C :
y = 2 6 sin2 t + 4 3 sin t cos t , t 0,

z = 2 6 sin2 t + 2 3 sin t cos t

4

Risulta
Z r
3/4 h i2
l(C) = 4 6 sin t cos t 2 3 cos2 t + 2 3 sin2 t +
0

h i2 h i2
+ 4 6 sin t cos t + 4 3 cos2 t 4 3 sin2 t + 4 6 sin t cos t + 2 3 cos2 t 2 3 sin2 t dt =
Z 3/4 r   3/4  
2 2 9
= 72 cos t + sin t dt = 2 2 3 t = 2 2 3 3 0 =
2
0 0 4 2

Il lettore riconosca che C un arco della circonferenza di centro il punto C 6, 6, 6 , di
raggio 3 2, giacente nel piano : x + z = 0. Determini quindi lampiezza dellangolo al centro
corrispondente allarco C.

Esempio 1.12. Calcolare la lunghezza di una spira C della curva detta


CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 32

elica cilindrica di raggio R e passo 2h (h > 0)





x = R cos



C : y = R sin , [0, 2]



z = h

P () b
B(R, 0, 2h)
b

A(R, 0, 0)
x y

Osservazione 1.5. Lelica cilindrica, e qualunque suo sottoarco, , come si riconosce agevol-
mente

una curva sghemba, cio non piana

Risulta
Z 2 q
l(C) = [R sin t]2 + [R cos t]2 + h2 dt =
0
p 2 p
= R2 + h2 t = 2 R2 + h2
0

che costituisce appunto


questo numero d la lunghezza dellarco AB

una spira dellelica

Il lettore verifichi che


in ogni punto P() dellelica la tangente in P() a questa curva forma un angolo costante con la
direzione dellasse Oz , asse di rotazione del cilindro : x2 + y2 = R2 cui lelica appartiene, ovvero
(ed la stessa cosa) con la generatrice del cilindro passante per P().
Per questa propriet si dice che
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 33

lelica una traiettoria isogonale delle generatrici del cilindro cui appartiene

Esempio 1.13. Calcolare la lunghezza dellarco di curva (sghemba)





x = 3t



C :
y = 3t2 , t [0, 1]



z = 2t3

z
B(3, 3, 2)

AO
y
x

Risulta
Z r Z
1 h i 1 p
2 2 2 2
l(C) = [3] + [6t] + 6t dt = 9 + 36t2 + 36t4 dt =
0 0

Z r Z 1 Z 1
1 h i 
2 2 2
= 3 + 6t dt = 3 + 6t dt = 3 + 6t2 dt =
0 0 0
1
t3
= 3t + 6 = (3 + 2) (0 + 0) = 5
0 3

Il lettore riconosca che qualunque arco della curva





x = 3t



C :
y = 3t2 , tR



z = 2t3
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 34

risulta sghembo, cio non contenuto in un piano.


Quindi rappresenti C in modo diverso, ad esempio scegliendo come nuovo parametro, da chiamare
u, la terza coordinata del punto corrente su C; ricalcoli quindi, servendosi della nuova parametriz-
zazione, la lunghezza di C (attenzione: pu cambiare anche lintervallo-base della parametrizza-
zione).

Esempio 1.14. Calcolare la lunghezza dellarco di curva, detta

catenaria



x = t



C :
y = cosh t , t [a, a]



(z = 0)




x = t

Si noti che C :
y = cosh t , t R, una curva piana, anzi il grafico della funzione cosh x

(z = 0)

C : y = cosh x

Si trova
Z a q Z a q 
2
l(C) = 2
[1] + [sinh t] dt = 1 + sinh2 t dt =
a a
Z a p Z a Z a
2
= cosh t dt = |cosh t| dt = cosh t dt =
a a a
a
ea ea ea e(a)
= sinh t = = ea ea
a 2 2
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 35

Esempio 1.15. Calcolare la lunghezza dellarco di curva, detta

spirale di Archimede



x = a cos



C :
y = a sin , [0, 1 ] , (a, 1 > 0)



(z = 0)

P (1 ) b

A1
b

P (1 ) b
P (1)
b
A4
b b
x
A2 O

b
P (1 )
b

A3 b
P (1v )

Si trova
Z 1 q

l(C) = l(OP(1 )) = [a cos a sin ]2 + [a sin + a cos ]2 d =
0
Z 1 q   Z 1 p
2 2
= a 1 + d = a 1 + 2 d = (vedi prontuario) =
0 0
1  p 
1 + 2 1
= a + log + 1 + 2 =
0 2 2
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 36

q
1 + 2 q !
1 1 1
= a + log 1 + 1 + 12
2 2

I punti
  !
3
A1 0, a , A2 (a, 0) , A3 0, a , A4 (2a, 0) , . . .
2 2
3
si ottengono per = , , , 2, . . . nellordine.
2 2
In particolare si ottiene
 
1 + 2 1 p
2 ) = a
l(OA + log + 1 + 2 ' 6.10a
2 2

Qual la tangente a C nel suo punto iniziale O(0, 0)?

Osservazione. Posto, per ogni 1 > 0, P(1 ) = (a1 cos 1 , a1 sin 1 ), 1 la misura in radianti

dellangolo positivo generalizzato descritto dal raggio vettore OP() mentre P() descrive il tratto
di spirale di origine O ed estremo P(1 ): nel caso del punto P(10 ) 0 < 10 < ; nel caso di P(100 )
< 100 < 2; nel caso di P(1000 ) 2 < 1000 < 3; nel caso di P(1v ) 3 < 1v < 4, ecc.. . . .
P(1) = (a cos 1, a sin 1) corrisponde al valore di = 1, misura di 1 radiante: essendo
p q
OP(1) = a2 cos2 1 + a2 sin2 1 = a2 (cos2 1 + sin2 1) = a2 = a

si ha che

b 

a la misura della lunghezza del raggio-vettore OP(1), essendo i , OP(1) = 1 rad.

Esempio 1.16. Calcolare la lunghezza dellarco di curva (v. figura a pag 37)



x = log t




1 h i
C :
y = t2 , t e1 , e


2


z = 2t

Risulta
s
Z e " #2 h i2 Z e r
1 1
l(C) = + [t]2 + 2 dt = 2
+ t2 + 2 dt =
e1 t e1 t
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 37

z
B

C y
B

r s
Z Z !2 Z e
e 2
1 + 2t + t 4 e
1 + t2 1 + t2
= dt = dt = dt =
e1 t2 e1 t e1 t
Z e Z e !
1 + t2 1
= dt = + t dt =
e1 t e1 t
e " #
t2 e2 1 e4 + 4e2 1
= log t + = 1 + 1 + 2 = ' 5.627
e1 2 2 2e 2e2

Il lettore calcoli la lunghezza dellarco (piano) di curva


C0 = A 0 B0

proiezione ortogonale di C sul piano Oxy .

Esempio 1.17. Calcolare la lunghezza della curva (vedi figura a pag 38) detta

evolvente del circolo di raggio r





x = r(cos + sin )
C :
, [0, 2]
y = r(sin cos )
Si immagini di saldare un filo (flessibile e inestendibile) in A(r, 0), punto del circolo di centro O(0, 0)
e raggio r, e che il filo stesso sia lungo 2r, lungo cio quanto il circolo stesso.
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 38

Pb()

Q()b

x
O A(r, 0)

B(r, 2r)

La posizione iniziale del filo sia AB, con B(r, 2r), segmento di lunghezza 2r, appunto, e verti-
cale.
Ora se

sempre mantenendo il filo perfettamente teso

lo si avvolge sul circolo in senso orario, il suo estremo libero P descrive proprio la curva C, sino a
raggiungere la posizione A: la condizione di tensione comporta che, detto Q il punto in cui il filo
abbandona il circolo, protendendosi sino al suo estremo libero P, si abbia nel contempo:

1) che il tratto di filo QP un segmento rettilineo;

2) che il segmento QP tangente in Q al circolo, ovvero che i due segmenti OQ e QP sono


ortogonali fra loro in Q.

Se, in seguito, si svolge a ritroso il filo dal circolo, con la medesima condizione di tensione dello
stesso,

lestremo P ridescrive ovviamente la stessa curva C

che si dice per questo anche ottenuta

per e-voluzione del circolo


CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 39

e prende il nome appunto di evolvente del circolo della quale evolvente, a sua volta, il circolo viene
detto

levoluta

Il lettore verifichi che le equazioni fornite sono proprio quelle di C, ricordando che

a) Q() ha coordinate (r cos , r sin ) ;



b) che P()Q() OQ() ;

c) che la lunghezza di Q()P() (norma del vettore Q()P()) , in ogni posizione (cio per ogni
dellarco di circolo, da cui Q()P()
valore di ), uguale alla lunghezza del tratto (AQ())
stato svolto, di angolo al centro di misura radianti .

Calcoliamo ora la lunghezza di C: si trova


Z 2 q
l(C) = [r sin t + r sin t + rt cos t]2 + [r cos t r cos t + rt sin t]2 dt =
0
Z 2 q h i Z 2 2 2
t
= 2 2 2 2
r t cos t + sin t dt = rt dt = r = 22 r ' 19.739 r
0 0 0 2

Il lettore verifichi anche che in ogni punto P() di C

la tangente a C risulta ortogonale a QP()

sicch, essendo a sua volta QP() tangente in Q() al circolo,

il circolo risulta essere la cosiddetta

curva inviluppo

della famiglia delle rette normali a C.

Esempio 1.18. Anche per curve abbastanza semplici il calcolo dellintegrale che d la lunghezza
dei loro archi

non in genere elementarmente calcolabile


CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 40

il che significa che non si conosce la primitiva della funzione integranda come costruita tramite
funzioni elementari conosciute.

Ad esempio consideriamo lellisse





x = a cos
C :
, [0, 2] .
y = b sin

Per le simmetrie ben note della curva si avr


Z /2 q Z /2 q
 2  2
l(C) = 4 a sin + b cos d = 4 a2 sin2 + b2 cos2 d =
0 0

Z /2 q Z /2 q
= 4 a (1 cos ) + b cos d = 4
2 2 2 2
a2 (a2 b2 ) cos2 d =
0 0

Z s ! Z /2 r
/2
a2 b2 c2
= 4a 1 cos 2
d = 4a 1 cos2 d =
0 a2 0 a2
Z /2 q
4a 1 k2 cos2 d = (),
0

c
ove si posto k = , che viene definita come
a
leccentricit dellellisse
r  c 2

numero compreso tra 0 e 1 (0 < k < 1): essendo b = a2 c2 = a 1 = a 1 k2
a

lellisse tanto pi oblunga quanto pi k vicino a 1;

tanto pi simile a un circolo quanto pi k vicino a 0.

Ricorriamo a un procedimento di integrazione per sostituzione di (), ponendo


= f(t) = t , t = g() =
2 2

gli estremi di integrazione si scambiano, e si ottiene


Z 0 p Z /2 p
() = 4a 2
1 k2 sin t (dt) = 4a 1 k2 sin2 t dt :
/2 0
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 41

lintegrale
Z /2 p
1 k2 sin2 t dt
0

prende il nome di

integrale ellittico completo di 2a specie

laggettivo

completo
 
da riferirsi al fatto che lintervallo di integrazione 0, ; se lintegrale fosse effettuato su un
2
intervallo del tipo [0, t ], con 0 < t < /2, si parlerebbe di

integrale ellittico incompleto di 2a specie.

Per luno e per laltro tipo, entrambi, come sopra detto

non elementarmente calcolabili

si conoscono formule approssimanti sotto forma di ridotte di serie numeriche. Per quello completo,
ad esempio, si ha

Z !2 2 !2 4 !2 6
/2 p

1 k 1 3 k 1 3 5 k


1 k2 sin2 t dt =
1 . . .

0 2 2 1 24 3 246 5

Sono anche disponibili, per questo integrale, delle tabelle che ne forniscono il valore, esatto alla
quarta cifra decimale, per tutti i kZ(0 < k < 1) che sono seni
Z /2diun angolo di 1, 2, . . . , 89 gradi (si
/2 p /2
noti che, per k = 1 = sin 90, si ha 1 sin2 t dt = cos2 t dt = sin t = 10 = 1 ,
0 0 0
ma non si tratta pi di un integrale ellittico).
Lintegrale
Z /2
1
p dt (0 < k < 1)
0 1 k2 sin2 t
, invece,

lintegrale ellittico completo di 1a specie


CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 42

per il quale vale la formula

Z !2 !2 !2
/2
1

1 2 13 4 135 6


p dt =
1 + k + k + k + . . .

2 2 24 246
0 1 k2 sin2 t

Anche questo integrale coinvolto nel calcolo della lunghezza di curve, come illustra il seguente

Esempio 1.19. Calcolare la lunghezza della curva detta

lemniscata di Bernoulli

Tale curva un caso particolare di una famiglia di curve che ora definiremo.

Definizione 1.3. In un piano metrico (cio normato), dati due punti

F , F 0 , con d(F, F 0 ) = 2a (a > 0)

una curva ovale di Cassini di fuochi F ed F 0 e costante c2


il luogo dei punti P del piano tali che si abbia

d(P, F) d(P, F 0 ) = c2

F F x
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 43

Introdotto il sistema di riferimento ortonormale come in figura, la condizione definente le ovali di


Cassini si traduce subito, posto

P(x, y)(S) , F 0 (a, 0)(S) , F(a, 0)(S)

nella forma
q q
(x + a) + y (x a)2 + y2 = c2
2 2

equivalente alla
h i h i
(x + a)2 + y2 (x a)2 + y2 = c4 :

con facili calcoli si perviene allequazione implicita dellovale


 2  
x2 + y2 2a2 x2 y2 + a4 c4 = 0

equazione algebrica di 4 grado: evidente che la curva che essa rappresenta risulta simmetrica
rispetto a entrambi gli assi cartesiani, e quindi rispetto allorigine O(0, 0).
Si tratta di una delle curve rappresentata in figura, e precisamente

1) se c < a, la curva si compone di

due ovali disgiunte

simmetriche una dellaltra rispetto allasse Oy , ciascuna circondante uno dei due fuochi;

2) se c = a, si ottiene la curva rappresentata con tratto continuo in figura: si tratta della ben
nota

lemniscata di Bernoulli, di fuochi F, F 0

Lequazione di questa celebre curva (c = a) la

(*) (x2 + y2 )2 2a2 (x2 y2 ) = 0

essa ha un punto singolare, o multiplo (precisamente doppio), nellorigine O, ed variamente pen-


sabile come unione di archi di curva non intrecciati in se stessi, ma intersecantisi, o giuntantisi fra
loro in O;

3) se c > a, la curva si compone di un solo ramo chiuso e non intrecciato, circondante entrambi i
fuochi;
ha un profilo di bozzolo per a < c < 3a;
la curva
per c > 3a essa contorna una regione convessa e assomiglia un po a unellisse,
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 44

pur non essendo mai tale.

Il lettore pu verificare che la lemniscata di Bernoulli C si rappresenta parametricamente nel modo


che segue



2a4 v + 4a2 v3


x =
a4 + 4v4
C : , v ] , +[ ,


2a 4
v 4a 2 3
v

y =
a4 + 4v4
lintervallo-base della rappresentazione perci infinito: la lunghezza di C si potrebbe comunque
calcolare con un integrale generalizzato, ma i calcoli sono pesanti e poco istruttivi. Seguiremo per-
ci unaltra strada.

Osserviamo che C ha gli assi Ox e Oy come assi di simmetria ortogonale, sicch la sua lunghezza
complessiva sar (vedi figura)

4 volte la lunghezza del suo arco C1


contenuto nel 1 quadrante
 
C1 si pu parametrizzare sullintervallo-base 0, nel modo seguente
4
p

 
x = 2a cos(2t) cos t
C1 :
p , t 0, ,
y = 2a cos(2t) sin t 4

b  p

t essendo la misura in radianti dellangolo i , OP(t) e 2a cos(2t) essendo la lunghezza del

segmento OP(t) = kOP(t)k : il lettore verifichi accuratamente quanto sopra affermato.

Da quanto precede risulta allora


s" #2
Z 
/4 1 sin(2t) 2 p
l(C) = 4 l(C1 ) = 4 2a cos t 2a cos(2t) sin t +
0 2 cos(2t)
"  #2
1 sin(2t) 2 p
+ 2a sin t + 2a cos(2t) cos t dt =
2 cos(2t)
s
Z /4
2a2 h 2
= 4 sin (2t) cos2 t + cos2 (2t) sin2 t 2 sin(2t) cos(2t) sin t cos t +
0 cos(2t)
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 45

i2
+ sin2 (2t) sin2 t + cos2 (2t) cos2 t + 2 sin(2t) cos(2t) sin t cos t dt =
Z /4 1
= 4 2a dt
0 cos(2t)
(espressione in parentesi quadrata vale, a conti fatti, 1.)
Z /4
1
Lintegrale dt pu essere trasformato per sostituzione ponendo
0 cos(2t)
1   p
t = (u) = arcos cos2 u , u = (t) = arcos cos(2t)
2
con u [0, /2] e t [0, /4].
cos u
Con ci si ottiene, essendo 0 (u) = , u [0, /2],
1 + cos2 u
Z /4 Z /2 Z /2
1 1 cos u 1 1
dt = du = s !2 du
0 cos(2t) 0 cos u 1 + cos2 u 2 0
1
1 sin2 u
2
che appunto
1
lintegrale ellittico di 1a specie con k = .
2
Anche per questo integrale, oltre allapprossimazione mediante serie sopra riportata, sono disponi-
bili tavole per il suo calcolo, per ogni k che sia il seno di un angolo di 1, 2, . . . , 89 gradi (si noti
che, per k = 1 = sin 90, si ottiene un integrale generalizzato divergente che non ha pi nulla a che
vedere con il calcolo della lunghezza della lemniscata.)

Nel nostro caso otteniamo infine, con laiuto delle tavole o di un calcolatore,
Z
Z /4 1 4 2 a /2 1
l(C) = 4 2 a dt = s du =
0 cos(2t) 2 0
!2
1
1 sin2 u
2
Z /2
1
= 4a p du ' 4a 1.8541 = 7.4164 a :
0 1 (sin 45)2 sin2 u
in particolare risulta (a la semidistanza focale)

l(C1 ) ' 1.8541 a


CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 46

in buon accordo con lintuizione geometrica (vedi figura a pag.42)



(si noti che 2 a ' 1.4142 a il semidiametro di C).

Esempio 1.20. Lintegrale ellittico di 2a specie implicato anche nel calcolo della lunghezza
(vedi figura) della sinusoide, e quindi di archi di sinusoide
dellarco (OA)
y
A( 2 , 1)
{y = sin x}

|

|

| |

|

| x
O 6 4 1 3 2 B(1.91, 0)

e di cosinusoide (che della sinusoide la traslata orizzontale di /2 verso sinistra) ad esso ovvia-
mente congruenti.

Infatti si ha


x = t
= 
OA
, t 0,
y = sin t 2

donde deriva
Z /2 q Z /2 p Z /2 p
=
l(OA) 2 2
1 + (cos t) dt = 2
1 + cos t dt = 1 + 1 sin2 t dt =
0 0 0

s !2
Z /2 p Z /2
2 1
= 2 sin t dt = 2 1 sin2 t dt =
0 0 2
Z /2 q
= 2 1 (sin 45)2 sin2 t dt ' 1.9100 (v.tavole suddette), sicch
0


rettificando larco di filo flessibile e inestendibile OA
si ottiene un tratto di filo rettilineo lungo come OB
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 47

risulta pi lunga di
Si noti come lintuizione risulti un po ingannata: infatti la lunghezza di OA
appena 0, 047 rispetto alla sua corda OA, che misura ' 1.862.

Esempio 1.21. Calcolare la lunghezza dellarco di curva logaritmica




x = t
= C =
UA , t [1, e]

y = log t

{y = log x} A(e, 1)

U
| | | | x
O 1 2 e B(3.0035, 0)

Si trova
s
Z !2 Z e p
e
1 e
1 + t2 1 + 1 + t2
l(C1 ) = 2
1 + dt = dt = 1 + t log
2
=
1 t 1 t 1 t

p 1 + 1 + e2 h  i
= 1 + e log
2 1 + 1 log 1 + 1 + 1 =
e
p  p 
= 1 + e log(1 + 1 + e ) log e 2 + log (1 + 2) =
2 2

p p
= 1 + e log(1 + 1 + e2 ) + 1 2 + log (1 + 2) ' 2.0035 :
2

questa volta

si ottiene il segmento U B lungo ' 2.0035


rettificando larco UA
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 48

1.5 Il parametro darco su di una curva


Bench il calcolo della lunghezza di un arco di curva risulti quasi sempre di difficile attuazione per
via elementare, e si debba ricorrere quindi a calcoli approssimati di essa, usando ad esempio serie
numeriche adatte, o tabelle predisposte, tuttavia la possibilit teorica della sua definizione riveste
grande importanza, come vedremo nel seguito.

Sia data una curva





x = f(t)


y = g(t)
C =
, t I,



z = h(t)

ove I pu essere un qualsiasi intervallo connesso, finito o no, chiuso, aperto, o semiaperto: ad
esempio,
se C una retta, I pu essere tutto lasse reale;
se C un quarto di iperbole, I pu essere una semiretta aperta;
i h
se C il grafico della funzione tgx, ristretta allintervallo , , risulta
2 2



x = t


y = tgt i h
C =
, t , ,


2 2
z = 0

sicch I un intervallo finito, aperto (si noti che C una curva illimitata); ecc.. . .

Supporremo in quanto segue che

1) C sia di classe C (1) in I, cio che lo siano le tre funzioni f, g, h della parametrizzazione di C;

2) che risulti

f 0 (t), g0 (t), h0 (t) , (0, 0, 0) , t I

3) che vi sia corrispondenza biunivoca tra i valori del parametro e i punti della curva, con
lunica eccezione che la curva risulti chiusa (origine ed estremo coincidenti).

In tali condizioni si dice, come in precedenza definito, che

la rappresentazione parametrica di C regolare

e che
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 49

C un arco regolare di curva, o anche una curva regolare

Da tutti i vari esempi di parametrizzazione fin qui considerati, apparso evidente che

mentre il parametro t descrive I per valori crescenti, il punto P(t) f(t), g(t), h(t) descrive C
in uno dei due possibili versi in cui ci si pu muovere su di una curva:
cambiando parametrizzazione, pu accadere che C
venga percorsa nel verso opposto;

cos

assegnare una rappresentazione parametrica di una curva C


significa contemporaneamente orientare la curva C
assumendo come verso positivo su C quello secondo il quale

P(t) descrive C al crescere del parametro in I

P (t)
C

P (t0 )
P (t)

In ogni caso, fissata una parametrizzazione dellarco regolare





x = f(t)


y = g(t)
C =
, t [a, b] ,



z = h(t)

si scelga un suo punto


P(t0 )

e si ponga (u variabile muta di integrazione)


Z t q
DEF.
s = p(t) = f 0 2 (u) + g0 2 (u) + h0 2 (u) du , t [a, b] ,
t0

la funzione p cos definita in [a, b] essendo, come noto,


CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 50

q
la funzione integrale relativa alla funzione f 0 2 (t) + g0 2 (t) + h0 2 (t)

di punto iniziale t0

Da quanto risulta dal 1.1 si ha che



0
lunghezza dell arco P(t0 )P(t) C ,

se t > t0 ,
s = p(t) =
 

lunghezza dell0 arco P(t)P(t 0) C , se t < t0 ,

la seconda circostanza derivando da quanto segue: se t < t0 si ha

Z t q  Z t q 
02 02 02 02 02 02
s = p(t) = f (u) + g (u) + h (u) du = f (u) + g (u) + h (u) du =
t0 t0
Z t0 q
=
f 0 2 (u) + g0 2 (u) + h0 2 (u) du = l(P(t)P(t0 ))
t

Per il significato sopra esposto si definisce il numero

s = p(t) come ascissa curvilinea del punto P(t) su C

rispetto al sistema di ascisse curvilinee su C costituito da

1) il punto P(t0 ), detto origine del sistema (al quale compete lascissa curvilinea 0);

2) il verso positivo fissato su C dalla parametrizzazione assegnata.

Al posto del termine

ascissa curvilinea

assai usato anche quello di

parametro darco:

s = p(t)

infatti

il parametro pi naturale cui riferire il punto variabile su C

poich, come detto sopra, esso


CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 51

la misura della lunghezza del percorso che va da P(t0 ) a P(t)


effettuato sulla curva
misura presa

col segno +, se P(t) segue P(t0 ) nel verso positivo di C,


col segno , se P(t) precede P(t0 ) nel verso positivo di C:

il parametro darco generalizza cos in modo naturale


il concetto di ascissa cartesiana su di una retta

Non difficile riconoscere che, se lunit di misura non varia, fra due ascisse curvilinee

s e

sussiste una relazione del tipo


= s + cost.

ove vale il segno + o il segno a seconda che le due


parametrizzazioni che forniscono s e su C
inducano rispettivamente su C lo stesso verso o versi opposti;
la costante additiva essendo invece dovuta alla possibilit
di scegliere due origini diverse.

La funzione
p(t)
usata per introdurre il parametro darco su C risulta

derivabile

avendosi, come noto (vedi nozione di funzione integrale)


q
p (t) = f 0 2 (t) + g0 2 (t) + h0 2 (t)
0

Per lipotesi di regolarit della parametrizzazione di C, e precisamente per la 2) di pag. 48

p0 (t) > 0 , t [a, b] ,


dunque
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 52

p(t) in [a, b] strettamente crescente

e quindi

funzione invertibile

Posto allora J = Im(p) = [c, d ], e detta q linversa di p, si ha

p : I J , q : J I

e ovviamente
 
q p(t) = t , t I e p q(s) = s , s J
Inoltre, come noto,

q derivabile ovunque in J

avendosi
1
q0 (s) =  , s J,
p0 q(s)
ovvero, il che equivalente,
 1
q0 p(t) = , t I,
p0 (t)
Pi in dettaglio

se t e s sono valori correlati dalle relazioni


s = p(t) , t = q(s)
risulta
1 1
q0 (s) = = q
p0 (t)
f 0 2 (t) + g0 2 (t) + h0 2 (t)
Disponendo della funzione q : J I, inversa della p : I J, si pu costruire

una parametrizzazione di C in funzione del parametro darco s

nel seguente modo:





x = f q(s) = F(s)



C :
y = g q(s) = G(s) , s J = [c, d ] :


z = h q(s) = H(s)

infatti
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 53

mentre s percorre J = [c, d ], q(s) percorre I = [a, b], dunque


si ottengono gli stessi punti di prima, che costituiscono C ;

inoltre:

1) le condizioni di regolarit della nuova parametrizzazione sono soddisfatte, F, G, H


essendo di classe C (1) , ed essendo q biunivoca, con lunica eccezione che C sia
chiuso, con
q(c) = q(d)
2) lorientamento indotto su C dal parametro s coincide chiaramente con quello
indottovi dal parametro t.

Per recuperare la parametrizzazione di partenza basta costruire le funzioni composte di prima com-
ponente p e seconde componenti F, G, H nellordine: si ha infatti, essendo

q p(t) = t , t [a, b] ,

        
F p(t) = f q p(t) = f(t) , G p(t) = g q p(t) = g(t) , H p(t) = h q p(t) = h(t)

Quando si dispone di una parametrizzazione di C in funzione di un parametro darco, le operazio-


ni di derivazione successiva delle funzioni della parametrizzazione, delle funzioni che con esse si
costruiscono, ad esempio la funzione-curvatura e la funzione-torsione, o delle funzioni vettoriali
naturalmente associate a C come il versore tangente, quello normale principale ecc. . . .

si indicano di solito, anzich con uno o pi apici,


con uno o pi punti posti sopra agli enti derivati

ad esempio, si scrive
  

F(s) = f 0 q(s) q (s) ,
F(s) = f 00 q(s) q 2 (s) + f 0 q(s) q (s)

ecc. . . .


P(s)
= F(s)

i + G(s) j + H(s)

k , ecc. . . .

A proposito di questultimo vettore si ha limportante

Proposizione 1.4. Se larco C fornito mediante una parametrizzazione in funzione di un


parametro darco



x = F(s)



C =
y = G(s) , s J,



z = H(s)
CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 54


il vettore tangente a C in ogni suo punto P(s) F(s), G(s), H(s)



P(s)
= F(s)

i + G(s) j + H(s)

k


in effetti un versore: P(s)
= 1.

DIM. Con le notazioni usate sopra, siano

t e s
valori correlati:
s = p(t) , t = q(s)

Si ha allora
 1

F(s) = f 0 q(s) q (s) = f 0 (t) q
f 0 2 (t) + g0 2 (t) + h0 2 (t)


con espressioni analoghe per G(s)
e H(s): ne segue



= F(s)
P(s)

i + G(s) j + H(s) k =



0
f (t)
0
g (t)
0
h (t)

= q i+q j + q k =
0 2 02 02 02 02 02 02 02 02
f (t) + g (t) + h (t) f (t) + g (t) + h (t) f (t) + g (t) + h (t)
s
f 0 2 (t) + g0 2 (t) + h0 2 (t)
= = 1 , C.V.D.
f 0 2 (t) + g0 2 (t) + h0 2 (t)


viene di solito indicato in
Osservazione 1.6. P(s)
Geometria differenziale

con il simbolo
DEF.


T(s) = P(s)

e prende il nome di

versore tangente a C nel suo punto generico


CAPITOLO 1. LA LUNGHEZZA DI UNA CURVA 55

Ovviamente t ed s essendo sempre valori correlati, risulta

1

T(s) = P(s) = P0 (t) = vers P0 (t)
P0 (t)

Osservazione 1.7. Come al solito le nozioni e i fatti sopra stabiliti si applicano ad archi di
curva piani, pensando di identificarli con archi di curva del piano Oxy , sicch nella rappresentazione
parametrica la terza funzione risulter nulla e tutte le definizioni e i calcoli dipenderanno in effetti
solo dalle prime due.
Capitolo 2

INTEGRALI CURVILINEI

2.1 Lintegrale curvilineo ai differenziali darco


In questo paragrafo, ma anche altrove in futuro, useremo il simbolo

L
abbreviazione del termine linea, al posto di C.

Dato allora un arco regolare dello spazio

al solito assimilato a R3




x = f(t)



L :
y = g(t) , t [a, b] ,



z = h(t)

sia
(x, y, z)

una funzione definita in un certo dominio D L

e continua in ogni punto di L

Fissato un numero arbitrario


>0
si consideri una qualunque suddivisione di [a, b]

56
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 57

: t0 = a < t1 < . . . < ti1 < ti < . . . < tn() = b

con
() = max {ti ti1 , i = 1, 2, . . . , n()} <

A resta associata una suddivisione di L costituita dalla successione di punti



P(ti ) = f(ti ) , g(ti ), h(ti ) , i = 1, 2, . . . , n() ,

B = P (b) = P (tn() )
A = P (a) = P (t0 )


P (ti1 )P (ti ) = Li
P (ti1 )

P (i )
P (ti )

In ogni sottoarco

Li = P(ti1 )P(ti ) , i = 1, 2, . . . , n() ,

si scelga ad arbitrio un punto



P(i ) = f(i ) , g(i ), h(i ) , i [ti1 , ti ] , i = 1, 2, . . . , n() ,

e si esegua la sommatoria

X
n()
  X
n()
 
() = P(i ) l Li = f(i ), g(i ), h(i ) l Li :
i i
1 1

linsieme dei valori (in generale si tratta di infiniti valori) cos ottenuti lo si considera

funzione plurivoca di

e ci si pu chiedere quindi se esiste il suo limite per che tende a 0. La risposta a nostra portata,
ed in senso affermativo; infatti risulta
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 58

X
n()
 
lim f(i ), g(i ), h(i ) l Li =
0 i
1

X
n() "Z ti q #
 02 02 02
= lim f(i ), g(i ), h(i ) f (t) + g (t) + h (t) dt =
0 i
1 ti1

= per la media integrale, con i opportuno in [ti1 , ti ], i = 1, 2, . . . , n() =
Xn() q
 02
= lim f(i ), g(i ), h(i ) f (i ) + g0 2 (i ) + h0 2 (i ) (ti ti1 ) =
0 i
1

= per la Prop. 1.2 conseguenza del Teorema di Heine =
Z b q

= f(t), g(t), h(t) f 0 2 (t) + g0 2 (t) + h0 2 (t) dt :
a

questultimo integrale prende il nome di

integrale curvilineo ai differenziali darco


della funzione (x, y, z) esteso allarco L

e la ragione di tale nomenclatura dovuta al fatto illustrato di seguito.


Calcoliamo lintegrale in questione ricorrendo a una

integrazione per sostituzione

assumendo
 
t = (s) = q(s) , c 6 s 6 d ; s = (t) = p(t) , a 6 t 6 b
essendo p e q le funzioni introdotte in precedenza: si trova allora
Z b q

f(t), g(t), h(t) f 0 2 (t) + g0 2 (t) + h0 2 (t) dt =
a
Z  q
d=p(b)
   0 2   
= f q(s) , g q(s) , h q(s) f q(s) + g0 2 q(s) + h0 2 q(s) q (s) ds =
c=p(a)

 F(s)
 G(s)
 H(s)
essendo, s [c, d ], f 0 q(s) = , g0 q(s) = , h0 q(s) = ;
q (s) q (s) q (s)
!
F 2 (s) + G
2 (s) + H
2 (s) = 1 ; q (s) > 0 (v. sopra) =
Z d Z d
 1 
= F(s), G(s), H(s) q (s)ds = F(s), G(s), H(s) ds
c q (s) c

e questultima espressione dellintegrale curvilineo giustifica lepiteto


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 59

ai differenziali darco:

infatti, se U(s) una primitiva di F(s), G(s), H(s) , lespressione
 0
F(s), G(s), H(s) ds = U (s)ds

riguardabile come il differenziale di U(s), se calcolato nel generico punto s dellintervallo in cui
disteso il parametro darco e sul quale viene calcolato lintegrale di cui sopra.

C poi unaltra importante circostanza da mettere in luce nella seguente

Proposizione 2.1. Con le notazioni e la nomenclatura sopra introdotti si ha che


lintegrale curvilineo ai differenziali darco
non dipende dalla parametrizzazione usata per definirlo e calcolarlo:
dipende solo dallarco L al quale esso esteso

non orientato

e dalla funzione che (x, y, z) subordina su L stesso

DIM. Il fatto implicito nel modo stesso in cui definito lintegrale curvilineo: bisogna operare
una suddivisione dellarco L mediante punti che si succedono, vero, in un certo verso, quello in-
dotto dalla parametrizzazione; ma lo stesso insieme di punti, ordinato inversamente, lo si costruisce
anche partendo da una parametrizzazione che induca su L il verso opposto. Ne segue che i valori
della sommatoria, funzione plurivoca di , sono gli stessi, per ogni fissato, nelluno e nellaltro
caso, in quanto la scelta di un punto arbitrario nel sottoarco generico della suddivisione non dipende
affatto dallorientamento.
Del resto la cosa pu essere provata anche direttamente, come un utile esercizio sullintegrazione
per sostituzione, e sar oggetto di un lavoro guidato.
anche perfettamente evidente che il valore dellintegrale curvilineo della funzione (x, y, z)
esteso allarco L dipende solo dai valori che assume nei punti di L stesso:

se quindi N(x, y, z) una funzione nulla su L


lintegrale curvilineo di (x, y, z) e di (x, y, z) + N(x, y, z) saranno identici.

Per le circostanze messe in luce, per lintegrale curvilineo ai differenziali darco si adotta una no-

tazione abbreviata e intrinseca dipendente solo da L non orientato e dalla funzione (x, y, z)
Z
(x, y, z)dL
L
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 60

ma anche molto usato il simbolo Z


(x, y, z)ds
L

Osservazione 2.1. Quanto detto e ottenuto nel paragrafo sulla


lunghezza di un arco di (curva, o) linea regolare L

si pu rienunciare nel seguente modo

la (misura della) lunghezza di un arco di linea regolare L


dato dallintegrale curvilineo ai differenziali darco
della funzione costante 1 esteso allarco regolare L :
Z Z Z !
l(L) = 1 dL = dL = ds
L L L

2.2 La misura dellarea di una porzione di superficie cilindrica


Se L un arco piano, identificato a un arco contenuto nel piano Oxy , e H(x , y) una funzione di 2
variabili, si pu parlare

dellintegrale curvilineo ai differenziali darco


della funzione H(x , y) esteso allarco L

pensando H(x , y) come la restrizione di una funzione di 3 variabili, o come una funzione di 3 varia-
bili non dipendente esplicitamente dalla variabile z, e applicando la formula sopra dedotta.

Se



x = f(t)



L :
y = g(t) , t [a, b] ,



z = 0

si ottiene
Z Z b q
 02
H(x,y)dL = H f(t), g(t) f (t) + g0 2 (t)dt
L a

A formule analoghe si giunge con funzioni del tipo H(x , z) o H(y , z) e archi di linea contenuti nel
piano Oxz oppure Oyz rispettivamente.
Di questo tipo particolare di integrale curvilineo ai differenziali darco daremo ora
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 61

uninterpretazione geometrica interessante.

Si supponga di avere un arco di linea regolare L1 Oxy

L2

O y

h
x

L1

e sia

S la striscia di superficie cilindrica verticale


di base L1 e margine superiore la linea L2
parallela a L1 , ottenuta traslando L1

verso lalto di h

S pu essere approssimata efficacemente da

sistemi di rettangoli contigui uno allaltro


tutti di altezza h, aventi per basi i lati
di poligonali approssimanti L1 e verticali

Poich ogni rettangolo avr per (misura dell) area

h (lunghezza della base)


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 62

larea del complesso di rettangoli sar data da

(2.1) h (lunghezza della poligonale)

chiaro che come

(misura dell) area di S

sar naturale assumere

il limite di (2.1) al tendere a 0 della massima lunghezza


dei lati della poligonale

e questo perch il complesso di rettangoli di area (2.1)

si identifica al limite con la superficie S

Essendo h costante si avr


 
area di S = lim h (lunghezza poligonale) =
0

= h lim (lunghezza poligonale) = h lunghezza L1 =


0

Z Z
= h ds = h ds
L1 L1

vediamo dunque riportato il problema della misura dellarea


di S al calcolo di un integrale curvilineo ai differenziali

darco esteso a L1 di una funzione costante = altezza di S

Ora possiamo considerare porzioni di superficie cilindriche S pi generali, per le quali il margine
superiore non corre pi parallelo alla base L1 .

Per descrivere analiticamente tali superficie occorrer disporre di una rappresentazione della linea
L1



x = f(t)



L1 : y = g(t) , t [a, b]



z = 0
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 63

P2 (t) L2

P1 (t)
O
y
L1

e di una funzione H(x , y) che, ristretta a L1 , dia, punto per punto, laltezza, variabile questa volta,
della striscia S, per la quale cio valga (v. figura)


H f(t), g(t) = kP1 (t)P2 (t)k , t [a, b]

detto altrimenti,

la superficie-grafico di H(x , y), G(H), a ritagliare


sulla superficie cilindrica verticale di direttrice L1
il margine superiore L2 della striscia S attuale

nel caso precedente H(x , y) era la funzione costante h e G(H) il piano orizzontale {z = h}: ora

G(H) : z = H(x , y)

Come procedere ora a misurare larea di S ?


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 64

P i1
Qi1 Qi
S
Pi

P (a) = P (t0 ) = P0
Pi1
O Pi
y

P (b)
x

Si pu seguire un metodo analogo al caso, gi considerato nel corso di Mat.I, del calcolo dellarea
di una regione piana sottostante al grafico di una funzione di 1 variabile: solo che, per approssimare
S per difetto e per eccesso,

useremo sistemi di rettangoli cilindrici curvi inscritti


(cio contenuti) in S e rispettivamente circoscritti (cio contenenti S):

in figura sono posti in evidenza una coppia associata di tali rettangoli, in corrispondenza a un tratto

P
i1 Pi

della suddivisione della curva-base L1 di S.


Larea di questi rettangoli cilindrici stata calcolata nel caso esposto in precedenza: dunque il
momento di enunciare e dimostrare la

Proposizione 2.2. Con le ipotesi e le notazioni sopra introdotte, supposta H(x , y) continua su
L1 , ed L1 stessa di classe C (1) f e g continue con le loro derivate prime in [a, b] si ha
Z Z b q
 02
area di S = H(x,y)ds = H f(t), g(t) f (t) + g0 2 (t) dt
L1 a

DIM. (vedi figura sopra)


Si consideri una qualunque suddivisione di [a, b]

: t0 = a < t1 < . . . < ti1 < ti < . . . < tn() = b


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 65

e la suddivisione dellarco L1 , associata a , costituita dai punti

P0 = P(t0 ) , . . . , Pi1 = P(ti1 ) , Pi = P(ti ) , . . . , Pn() = P(tn() )

Sia Si la porzione di S di base larco P


i1 Pi , che possiamo convenire di indicare nel seguente modo

Si = Pi1 Pi1 Pi Pi

con
   
Pi1 = f(ti1 ), g(ti1 ) , H f(ti1 ), g(ti1 ) e Pi = f(ti ), g(ti ) , H f(ti ), g(ti )


Per Weierstrass, essendo H f(t), g(t) continua in [a, b], quindi in ogni sottointervallo [ti1 , ti ] di
[a, b], esistono

mi = minimo di H f(t), g(t) in [ti1 , ti ]

Mi = massimo di H f(t), g(t) in [ti1 , ti ]
per i = 1, 2, . . . , n()

sicch, per ogni i = 1, 2, . . . , n(), si avr


 
mi = H f(i ), g(i ) e Mi = H f(i ), g(i )

con i e i opportuni valori [ti1 , ti ]



nel caso della figura citata, la funzione altezza di S, h(t) = H f(t), g(t) risulta decrescente, per
cui si ha

i = ti e i = ti1

Riferendoci sempre alla figura di pag.64, poniamo, per ogni i = 1, 2, . . . , n(),


   
Qi1 = f(ti1 ), g(ti1 ), H f(ti ), g(ti ) , Qi = f(ti ), g(ti ), H f(ti1 ), g(ti1 )


e indichiamo con Qi1 Pi , Pi1 Qi gli archi traslati di P i1 Pi verso lalto rispettivamente di H f(ti ), g(ti )

e di H f(ti1 ), g(ti1 ) , sicch, per ogni i = 1, 2, . . . , n() , si avr che

Pi1 Qi1 Pi Pi un rettangolo cilindrico Si

Pi1 Pi1 Qi Pi un rettangolo cilindrico Si


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 66

Per quanto sappiamo sui rettangoli cilindrici risulta

area di (Pi1 Qi1 Pi Pi ) = mi l(P


i1 Pi )

area di (Pi1 Pi1 Qi Pi ) = Mi l(P


i1 Pi )

per ogni i = 1, 2, . . . , n()

Allora la somma
X
n()
() = mi l(P
i1 Pi )
i
1

d larea complessiva di un rettangoloide cilindrico


contenuto (o inscritto) in S: chiameremo ()

la somma inferiore

relativa alla suddivisione effettuata di L1

La somma
X
n()
() = Mi l(P
i1 Pi )
i
1

d larea complessiva di un rettangoloide cilindrico


contenente (o circoscritto) a S: chiameremo ()

la somma superiore

relativa alla suddivisione effettuata di L1

Ora, con un ragionamento perfettamente simile a quello usato nel caso di un trapezoide piano sotto-
stante al grafico di una funzione di una variabile, al quale rimandiamo il lettore, si pu riconoscere
che

le somme superiori e le somme inferiori relative a tutte le possibili suddivisioni


dellarco L1 (a loro volta indotte da suddivisioni dellintervallo [a, b])
costituiscono due classi separate e contigue di numeri reali

e sia il loro elemento di separazione;


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 67

inoltre, fissato un numero > 0, le somme () e () possono pensarsi come funzioni (plurivoche)
di , i cui valori sono rispettivamente le somme inferiori e quelle superiori relative a suddivisioni
di [a, b] con
() <

e anche in questo caso risulta che

lim () = lim () =
0 0

Questi risultati inducono logicamente ad assumere lelemento di separazione fra le due classi di
somme superiori e somme inferiori come

X
n() X
n()
misura dellarea di S = lim mi l(P
i1 Pi ) = lim Mi l(P
i1 Pi )
0 i 0 i
1 1

Daltra parte, per ogni i = 1, 2, . . . , n(), si ha


Z ti q q
l(P
i1 Pi ) = f (t) + g (t) dt = f 0 2 (ci ) + g0 2 (ci ) (ti ti1 )
02 02
ti1

teorema della media integrale

con opportuno ci [ti1 , ti ], i = 1, 2, . . . , n().

Essendo ovviamente

mi 6 H f(ci ), g(ci ) 6 Mi , i {1, 2, . . . , n()} ,

se ne deduce la catena di n() disuguaglianze

X
n() X
n() q X
n()
 02
(2.2) mi l(P
i1 Pi ) 6 H f(ci ), g(ci ) f (ci ) + g0 2 (ci ) (ti ti1 ) 6 Mi l(P
i1 Pi )
i i i
1 1 1

Ora, il termine mediano, pensato anchesso come funzione plurivoca di ,

una somma parziale relativa allintegrale


Z b q

H f(t), g(t) f 0 2 (t) + g0 2 (t) dt
a

di cui nellenunciato della nostra proposizione.

Applicando alla (2.2) il


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 68

teorema del confronto

si pu affermare che

il limite delle somme inferiori e di quelle superiori per 0,


assunto sopra come area di S
viene a coincidere con il limite per 0 della somma centrale:
ne segue la conclusione
Z b q

area di S = H f(t), g(t) f 0 2 (t) + g0 2 (t) dt
a

Si immagini ora che la superficie cilindrica S si capovolga rispetto a prima


z

L2

S
y

L2 = L1

x
L1
S
avendo (v. figura) come margine superiore larco piano

L2 Oxy

e come margine inferiore larco (sghembo, in generale)

L1 {z 6 0}

ritagliato sulla superficie cilindrica verticale di direttrice L2 dalla superficie grafico della funzione

H(x , y), continua su L2 e su L2 non positiva H(P) 6 0 se P L2
Vale in tal caso la
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 69

Proposizione 2.3. Con le notazioni sopra introdotte si ha


Z
area di S = H(x,y)ds
L2

cio

larea di S lopposto dellintegrale curvilineo ai differenziali darco


della funzione H(x , y) estesa a L2 , margine superiore di S.

DIM. Poniamo
H0 (x , y) = H(x , y)

e sia S0 la porzione di superficie cilindrica verticale di direttrice L01 = L2 , di base L01 , e di margine
superiore larco L02 simmetrico di L1 rispetto al piano Oxy .
Per ovvie ragioni di simmetria avremo che S e S0 sono equiestese, e quindi risulta, per la Prop.
precedente,
Z Z Z
0 0
area di S = area di S = H (x,y)ds = H(x,y)ds = H(x,y)ds
L01 L2 L2

Nel caso infine, ed il caso generale, in cui S stia a tratti sopra al piano Oxy e a tratti sotto ad esso, il
che corrisponde al caso in cui H(x , y) ha segno variabile lungo la curva piana L del piano Oxy , che
fa da direttrice alla superficie cilindrica verticale, di cui S una porzione, il significato dellintegrale
Z
H(x,y)dL
L

quello di essere la differenza fra


larea complessiva delle parti di S soprastanti il piano Oxy

e quella complessiva delle parti di S sottostanti il piano Oxy

potendo tale differenza ovviamente risultare maggiore, minore o anche uguale a 0, a seconda del-
lestensione delle due parti di S di cui si detto.

Il lettore ricorder a questo punto la notevole formula per il calcolo di aree di regioni piane dette

normali

rispetto allasse Ox , o rispetto allasse Oy


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 70

Esempio 2.1. Esempio di regione R normale rispetto a Ox : vale la formula


Z b

area di R = f2 (x) f1 (x) dx
a

{y = f2 (x)}

a O b x

{y = f1 (x)}

Esempio 2.2. Esempio di regione R normale rispetto a Oy : vale la formula


Z d

area di R = g2 (y) g1 (y) dy
c

d
x = g1 (y)

R
x
O

c x = g2 (y)

Ebbene, per il calcolo dellarea di porzioni di superficie cilindrica


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 71

normali

rispetto a uno dei piani coordinati Oxy , Oxz , Oyz

secondo una definizione che daremo fra poco, si dispone di formule analoghe a quelle sopra ricor-
date

Definizione 2.1. Una porzione S di superficie cilindrica F a generatrici parallele allasse Oz e


avente per direttrice un arco L Oxy , si dir

normale rispetto al piano Oxy

se esistono due funzioni


H1 (x , y) e H2 (x , y)

per le quali valga limplicazione

P = (x, y) L = H1 (x,y) 6 H2 (x,y)

e tali che risulti


S = {S = (x, y, z) : (x, y) L H1 (x,y) 6 z 6 H2 (x,y)}

in altre parole:

detta L1 la curva tagliata da G(H1 ) su F

detta L2 la curva tagliata da G(H2 ) su F

S la porzione di F compresa fra L1 e L2

insomma L1 e L2 sono il margine inferiore e superiore di S


z
A2

L2
A
O S
B2
y
A1 B
L
x L1 B1
L1
L1
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 72

Naturalmente, e in figura ci posto in rilievo, S pu trovarsi in parte (ma anche in toto) sotto il
piano Oxy .

Vale allora la seguente

Proposizione 2.4. Con le ipotesi e le notazioni sopra introdotte risulta


Z

area di S = H2 (x,y) H1 (x,y) ds
L

DIM. Supponiamo di traslare S verso lalto di una quantit h in modo che la sua traslata S0 , ov-
viamente equiestesa ad S, si venga a trovare completamente sopra al piano Oxy .
S0 si pu quindi considerare (v. figura)

L2

O L1
y

L
x

come differenza di due porzioni S02 e S01 di superficie cilindrica del tipo considerato in Prop.2.2,
entrambe di base larco L e di margini superiori L02 e L01 ritagliate dalle superficie-grafico delle due
funzioni
H2 (x , y) + h e H1 (x , y) + h
Ne segue Z Z
0  
area S = area S = H2 (x,y) + h ds H1 (x,y) + h ds =
L L
Z h
i
= H2 (x,y) + h H1 (x,y) + h ds =
L
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 73

Z

= H2 (x,y) H1 (x,y) ds
L

C.V.D.

Con considerazioni del tutto analoghe si potr trattare della misura dellarea di regioni cilindriche
con generatrici parallele allasse Oy , e

normali rispetto al piano Oxz

e di regioni cilindriche con generatrici parallele allasse Ox , e

normali rispetto al piano Oyz

Si lascia al lettore implementare questi accenni, limitandoci a due esempi illustrati da grafici, nei
quali la curva L, proiezione ortogonale di L1 e L2 sul piano di normalit, non rappresentata per
non appesantire eccessivamente limmagine.

L1

S
L2

O y

S porzione di superficie cilindrica F , di direttrice L Oxz , con generatrici parallele allasse Oy e


normale rispetto al piano Oxz : se a incidere su F L1 ed L2 sono rispettivamente i grafici di H1 (x , z)
e H2 (x , z) risulta
Z

area di S = H2 (x,z) H1 (x,z) ds
L
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 74

z
L1

y
O

L2
x

S porzione di superficie cilindrica F , di direttrice L Oyz , con generatrici parallele allasse Ox e


normale rispetto al piano Oyz : se a incidere su F L1 ed L2 sono rispettivamente i grafici di H1 (y , z)
e H2 (y , z) risulta
Z

area di S = H2 (y,z) H1 (y,z) ds
L

2.3 Area di una superficie tronco-conica


Come si visto nella sezione dedicata allintegrale curvilineo ai differenziali darco, mediante que-
sto algoritmo si pu calcolare (la misura del)larea di una superficie curva, cilindrica (con le ge-
neratrici parallele a uno degli assi cartesiani: nel caso generale baster operare un cambiamento di
sistema di riferimento per riportarsi in questa situazione).
Ora consideriamo un nuovo caso di superficie curva: una superficie tronco-conica retta S, di altezza
h, con circoli di base
C1 , di raggio R1 ; C2 , di raggio R2
p
Lapotema di S misura a = h2 + (R1 R2 )2 (per il teorema di Pitagora applicato al triangolo PQR:
v.figura).
Come nel caso della superficie cilindrica, si appossimer S mediante una superficie poliedrica P(n),
e si assumer per definizione, come naturale,
 
mis S = lim mis P(n)
n+

Invece di mis S si user anche la locuzione area di S.
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 75

C2
Q C2

a h S

R C1
P
C1

Costruiamo allo scopo due n-lateri regolari, con lati a due a due paralleli, inscritti uno in C1 , laltro
in C2 , e siano
L1 (n) e L2 (n)
le misure dei rispettivi lati (in figura L1 (n) e L2 (n) indicano anche uno dei lati di cui sono misura).
Le misure dei perimetri dei due n-lateri saranno, rispettivamente,

nL1 (n) e nL2 (n)

L2 (n) C2
C2

a (n = 6)
h(n)

C1

L1 (n) C1

Al tendere di n a + i due n-lateri tendono a C1 e C2 , rispettivamente, sicch risulter



lim nLi (n) = mis Ci = 2Ri , i = 1, 2
n+

La superficie poliedrica
Pn
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 76

costituita dagli n trapezi isosceli di basi rispettive due lati paralleli (L1 (n) e L2 (n) in figura) uno su
C1 , laltro du C2 , e lati obliqui di lunghezza a, apotema di S, approssima evidentemente S al tendere
di n a +. Ogni faccia trapezoidale di Pn ha area
L1 (n) + L2 (n)
h(n)
2
ove h(n) laltezza di ogni tale faccia. anche ovvio che risulter (la prova al lettore)

lim h(n) = a
n+

Avremo allora
" #
  L1 (n) + L2 (n)
mis S = lim mis P(n) = lim n h(n) =
n+ n+ 2
nL1 (n) + nL2 (n) 2R1 + 2R2
= lim h(n) = a = (R1 + R2 )a :
n+ 2 2
questa dunque la misura della superficie tronco-conica S

2.4 Calcolo dellarea di una superficie di rotazione


Ora possiamo procedere al calcolo dellarea di una superficie di rotazione F.
Sia (v. figura seguente) L la linea del piano Oxy (Oz nella 1a figura appare di profilo, coincidente
con lorigine O), grafico della funzione f(x), definita nellintervallo [a, b] e, per il momento, non
negativa. La funzione f(x) sia poi di classe C(1) (derivabile in [a, b], con derivata f 0 (x) continua).

y L = {y = f(x)}

P1 P2 F z
P0
P3 a

a x
O b b

P0 y
P3
b

P0 x L
P1 P2

b
P3
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 77

Ruotando attorno allasse Ox , L descrive una superficie rotonda F, della quale interessa calcolare
larea.
chiaro che F sar adeguatamente approssimata da una superficie rotonda costituita da tante su-
perficie tronco-coniche descritte dai lati di una spezzata inscritta in L (e approssimante a sua volta
L) per rotazione attorno allasse Ox .
Per costruire una spezzata di n lati del tipo detto, si esegue una suddivisione di [a, b]

: a = x0 < . . . < xi1 < xi < . . . < xn() = b

(in figura n() = 3), e si considerano i punti collocati successivamente su L



Pi xi , f(xi ) , i = 1, 2, . . . , n() .

I lati successivi della spezzata saranno

P0 P1 , . . . , Pi1 Pi , . . . , Pn()1 Pn()

Calcoliamo la lunghezza del lato i-esimo.


q q
2 *
( )  
kPi1 Pi k = [xi xi1 ] + [f(xi ) f(xi1 )] = [xi xi1 ]2 + f 0 (i )(xi xi1 ) 2 =
2
p
= 1 + f 02 (i ) (xi xi1 )

ove il passaggio segnato con (*) dovuto al Teorema di Lagrange, e dunque i un valore oppor-
tuno [xi1 , xi ].
Si osservi che kPi1 Pi k lapotema delli-esima superficie tronco-conica Si , che descritta per
rotazione attorno a Ox proprio dal segmento Pi1 Pi .
Si avr allora come raggi di base

Ri1 = f(xi1 ) , Ri = f(xi )

per cui la superficie S(), unione di tutte le Si , per i {1, 2, . . . , n()}, avr larea espressa da

 X X
n() n()
 p
mis S() = f(xi1 ) + f(xi ) kPi1 Pi k = f(xi1 ) + f(xi ) 1 + f 02 (i ) (xi xi1 ) :
i i
1 1

poich xi1 , xi , i [xi1 , xi ], questultima sommatoria precisamente

una somma parziale generalizzata relativa allintegrale


Z b Z b
p 02
p
f(x) + f(x) 1 + f (x)dx = 2f(x) 1 + f 02 (x)dx
a a
e alla scomposizione effettuata di [a, b].
Si pensi ora di rendere

mis S()
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 78

funzione (plurivoca) della variabile , associando a ogni valore > 0 tutte le aree delle S(), uguali
alle somme parziali suddette, al variare di nellinsieme delle scomposizioni di [a, b] tali che

max {xi xi1 , i = 1, 2, . . . , n()} < :

ecco allora che, da un lato S(), al tendere di a 0, approssima ovviamente la superficie F, e,


dallaltro, il valore della sua area tende allintegrale suddetto (v. conseguenza del teorema di Heine),
per cui, ragionevolmente, si porr:
Z b p Z b p

mis F = area di F = 2 f(x) 1 + f 02 (x) dx = 2 f(x) 1 + f 02 (x) dx
a a

Osservazione 2.2. Si noti che lintegrale


Z b p
f(x) 1 + f 02 (x) dx
a

altro non che

lintegrale curvilineo ai differenziali darco della funzione

F(x,y) = f(x)

pensata funzione di due variabili, non dipendente esplicitamente da y,


esteso alla linea L = G(f) grafico della funzione f(x) stessa.

Infatti risulta (
x = t
L = G(f) : , t [a, b] ,
y = f(t)
e lintegrale curvilineo ai differenziali darco della F(x,y) = f(x) (nel senso sopra precisato) ,
appunto, Z b Z b
p p
02
F(t, f(t)) 1 + f (t) dt = f(t) 1 + f 02 (t) dt
a a
(che la variabile dintegrazione sia x o t del tutto inessenziale):

questa osservazione giustifica il fatto che largomento in oggetto


stato inserito a questo punto del testo.

Se la funzione f(x) fosse, in [a, b], negativa, chiaro che la formula per larea della superficie
generata da L = G(f) ruotando attorno a Ox sar
Z b p
(2.3) 2 |f(x)| 1 + f 02 (x) dx
a

e questo perch
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 79

|f(x)| ha per grafico la linea L0 simmetrica di L = G(f) rispetto a Ox ,


ed L0 genera ovviamente, ruotando, la stessa F generata da L.

La (2.3), poi, comunque giusta, anche se f(x) non negativa, e il lettore verificher agevolmente
che essa

giusta anche se f(x) a tratti positiva e a tratti negativa.

A formule analoghe a quella sopra ottenuta si giunge nel caso della rotazione di curve-grafico piane,
contenute in altri piani coordinati, ruotanti attorno a qualche asse coordinato: al lettore specificare i
dettagli.

Esempio 2.1. Calcolare larea di una superficie sferica F, di raggio R.


Pensiamo F generata per rotazione attorno allasse Oy del semicerchio L grafico di 2a specie della
funzione, di dominio [R, R],
f(y) = R2 y2
Si trova
v
t s
Z R p 2y 2 Z Rp
y2
area di F = 2 R2 y2 1 + p dy = 2 R2 y2 1 + 2 dy =
R 2 R2 y2 R R y2
Z Rp s Z Rp
R 2 R
= 2 R2 y2 dy = 2 R 2 y2
p dy =
R R2 y2 R R2 y2
Z R R
= 2 Rdy = 2 Ry = 2[R2 (R2 )] = 4R2
R R

formula a tutti nota, ma qui, da noi, finalmente acquisita con cognizione di causa.

Esempio 2.2. Trovare larea della superficie di rotazione F generata dallarco di sinusoide sopra
allintervallo [0, ] ruotando attorno allasse Ox .
Si trova
Z
area di F = 2 sin x 1 + cos2 x dx =
0
 ( !
x = (t) = arcos t , t [1, 1]
usando la sostituzione =
t = (x) = cos x , x [0, ]
Z 1 q
1
= 2 sin(arcos t) 1 + [cos(arcos t)]2 dt =
1 1 t2
Z 1 Z 1
1
= 2 1 t2 1 + t2 dt = 2 1 + t2 dt =
1 1 t2 1
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 80

1
t 1 + t2 1  
= 2 + log t + 1 + t = 2
1 2 2



1 2 1  1 2 1 
= 2 + log 1 + 2 + log 1 + 2


2 2 2 2

q !
1 2 + 1
= 2 2 + log = 2 2 + log 3 + 2 2 ' 4, 591
2 21



2
, 1, 0

y = sin x
L:
z=0
O

(, 0, 0)
z x

, si noti, larea di un disco di raggio 1, racchiuso da un circolo di raggio 1, che il circolo


massimo della superficie F (v. figura).

2.5 Altri significati dellintegrale curvilineo ai differenziali dar-


co
Nel paragrafo precedente stato illustrato un notevole significato geometrico dellintegrale curvili-
neo di una funzione di 2 variabili esteso a un arco di linea contenuto in un piano coordinato.
In generale
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 81

Z
(x,y,z) ds
L

con L curva dello spazio e funzione di 3 variabili continua su L, ha altri importanti significati,
che spesso intervengono in Fisica Matematica
Ad esempio, esso pu fornire

la massa totale di un filo pesante


di densit anche variabile da punto a punto

Rappresentiamo L usando un parametro darco





x = F(s)


y = G(s)
L =
, s [c, d ] = I



z = H(s)

e
d(x, y, z)

sia la funzione, supposta continua su L, la quale fornisce in ogni punto P(s) di L il valore
 
d P(s) = d F(s), G(s), H(s)

della

densit materiale del filo in P(s)

logico che, quando d costante lungo L,

d(x, y, z) = d0 , (x, y, z) (L) ,

per la stessa definizione di densit, la massa totale del filo

(L) = d0 l(L)

Se d(x, y, z) non costante lungo L, si pensi di suddividere L stesso in tratti parziali, mediante la
serie di punti (si pone qui s0 = c e sn() = d)

P0 = P(s0 ), . . . , Pi1 = P(si1 ), Pi = P(si ), . . . , Pn() = P(sn() )

Si ponga inoltre
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 82

n o n o
di = min d(x,y,z) su P P
i1 i , Di = max d(x,y,z) su P P
i1 i

Si avr ovviamente, per ogni i {1, 2, . . . , n()},

di (si si1 ) = di l(P


i1 Pi ) 6 m( Pi1 Pi ) 6 Di l( Pi1 Pi ) = Di (si si1 )


massa del tratto di f ilo P
i1 Pi

e, sommando membro a membro rispetto a i, si trova

X
n() X
n()
(2.4) di (si si1 ) 6 m(L) 6 Di (si si1 )
i i
1 1

La (2.4) ci informa del fatto che la massa totale del filo

m(L)

lelemento di separazione delle due classi


di somme inferiori e di somme superiori
relative allintegrale curvilineo ai differenziali darco della funzione

d(x, y, z)

esteso alla curva L

dunque risulter
Z
m(L) = d(x, y, z)ds
L

In particolare, se d(x, y, z) = d0 = cost lungo tutto L, si trova


Z Z
m(L) = d0 ds = d0 ds = d0 l(L)
L L

a conferma di quanto sopra stato osservato.

Lintegrale curvilineo ai differenziali darco si trova coinvolto nel

1) calcolo del baricentro di un filo pesante;

2) calcolo dei momenti dinerzia (assiali o polari) di un filo pesante;


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 83

3) calcolo della carica elettrica totale di un filo elettrizzato;


ecc., ecc.

Osservazione 2.3. Come lintegrale di Cauchy, per funzioni di una variabile, si generalizza con
lintegrale di Riemann

consentendo lintegrazione di funzioni che presentano delle discontinuit a salto, cos pure

lintegrale curvilineo ai differenziali darco si applica


a funzioni che presentano qualche discontinuit sulla
curva di integrazione

y
L
x

Ad esempio, come nel caso illustrato in figura, lintegrale curvilineo ai differenziali darco esteso a
L della funzione

altezza della striscia cilindrica S

la quale presenta delle discontinuit, dar comunque

la misura dellarea di S

delimitata in modo inequivocabile dal margine superiore, che pure presenta dei subitanei mutamenti
di livello.

Del resto, anche nel calcolo della massa complessiva di un filo pesante, si pu concepire che la fun-
zione densit materiale subisca improvvise discontinuit, cio che tratti di filo contigui presentino
densit definitivamente diverse vicino al loro punto di connessione:

lintegrale curvilineo della funzione densit


dar comunque la massa totale del filo
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 84

Infine, come esistono gli integrali generalizzati per una funzione di una variabile, o perch la fun-
zione integranda va allinfinito, o perch lintervallo di integrazione che illimitato, fenomeni
analoghi si danno nel caso dellintegrazione curvilinea ai differenziali darco.

Ad esempio, se si deve valutare se una regione cilindrica illimitata ha pur tuttavia area finita, il
procedimento sar al solito quello di invadere la regione in questione con una successione di regioni
finite di area calcolabile, e di vedere quindi se la successione delle misure di queste regioni invadenti
converge a un limite finito

che si assumer come area della regione esaminata.

2.6 Integrali curvilinei di forme differenziali


Una

forma differenziale in 3 variabili


 
in 2 variabili

= L(x, y, z)dx + M(x, y, z)dy + N(x, y, z)dz


(in breve = Ldx + Mdy + Ndz)

= L(x,y)dx + M(x,y)dy

(in breve = Ldx + Mdy)

concepita come il

funzionale lineare

che ad ogni punto (x0 , y0 , z0 ) del campo A (insieme aperto e connesso) dello spazio [piano] (al
solito assimilato a R3 [R2 ]) dominio comune dei coefficienti di , le funzioni L, M, N [L, M],

associa la funzione lineare

L(x0 , y0 , z0 )(x x0 ) + M(x0 , y0 , z0 )(y y0 ) + N(x0 , y0 , z0 )(z z0 )


[L(x0 , y0 )(x x0 ) + M(x0 , y0 )(y y0 )]

ove, come noto,


x x0 , y y0 , z z0
[x x0 , y y0 ]
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 85

sono i differenziali dx, dy, dz [dx, dy]


delle funzioni fondamentali x, y, z [x, y]
calcolati in (x0 , y0 , z0 ) [(x0 , y0 )]

Se poi esiste una funzione, definita e differenziabile in A,


 
F(x , y , z) F(x , y)

tale che risulti


= dF

cio tale che

il differenziale di F coincide con

la forma differenziale viene detta

una forma differenziale esatta, o un differenziale esatto

e in questo caso si avr dunque


 
= F0x dx + F0y dy + F0z dz = F0x dx + F0y dy

mentre la funzione F tale che = dF si dice

una primitiva di

Se lo spazio [piano] riferito a un sistema ortonormale



  

O; i , j , k O; i , j

il campo vettoriale definito in A ponendo



v (x, y, z) DEF.



= L(x, y, z) i + M(x, y, z) j + N(x, y, z) k , (x, y, z) A


v (x, y) DEF.
= L(x, y) i + M(x, y) j , (x, y) A

si dice

il campo vettoriale associato alla forma


= L dx + M dy + N dz
[ = L dx + M dy]

ma anche usata la locuzione


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 86

la forma associata al campo vettoriale

Come gi detto, in tutti gli esempi considerati fin qui di rappresentazioni parametriche di una linea



x = f(t)


y = g(t)
L =
, tI



z = h(t)

(N.B. I pu anche essere infinito)

mentre il valore del parametro cresce dallestremo inferiore allestremo superiore di I, il punto

P(t) = f(t), g(t), h(t)

A = P (a) L

P (t)

B = P (b)

descrive L in uno dei due versi naturali, uno opposto dellaltro,


secondo i quali L pu essere percorsa

Quando la parametrizzazione assegnata, si sottointende

che la curva risulti orientata nel modo detto

e si adotta, pi esplicitamente, la notazione





x = f(t)



y = g(t)
L =
, t I.



z = h(t)

Al solito si includono le curve piane nella trattazione identificando il loro piano col piano coordinato
Oxy e assumendo che la terza funzione h della parametrizzazione risulti la funzione nulla.

Per abbreviare le notazioni si pone P = (x, y, z) [P = (x, y)] e si scrive di conseguenza

F(P) , L(P) , . . . ecc. . . .


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 87

al posto di
F(x, y, z) , L(x, y, z) , ecc. [F(x, y) , L(x, y) , ecc.]

 
F P(t) , L P(t) , . . . ecc. . . .
al posto di
   
F f(t), g(t), h(t) , L f(t), g(t), h(t) , ecc. [F f(t), g(t) , L f(t), g(t) , ecc.]

Definizione 2.2. Dati larco orientato





x = f(t)



y = g(t)
L =
, t [a, b] ,



z = h(t)


e la forma, il cui dominio contenga L,

(P) = L(P)dx + M(P)dy + N(P)dz

con il relativo campo vettoriale associato

v (P) = L(P)



i + M(P) j + N(P) k

il numero
Z Z b
DEF.     


(P) = L P(t) f 0 (t) + M P(t) g0 (t) + N P(t) h0 (t) dt =
L a

v. f ormula del prodotto scalare
Z bh
0 i
v P(t)
= P (t) dt
a

prende il nome di

integrale curvilineo della forma differenziale esteso allarco orientato L
Z
Daltra parte, osservando lultimo integrale, ci si rende conto che

(P) riveste limportante
L
significato fisico di
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 88

v (P) , associato a (P) , lungo larco orientato


lavoro del campo

L

Di questo significato ci si rende ancor meglio conto adottando una rappresentazione di L

in funzione di un parametro darco:





x = F(s)



y = G(s)
L =
, s [0, l ] , l = lunghezza di L ,



z = H(s)
Z
e calcolando

(P) usando la sostituzione
L

(2.5) t = q(s) , s = p(t)

trovando
Z Z
v f(t), g(t), h(t)
0
b



(P) = P f(t), g(t), h(t) dt =
L a
Z
v F(s), G(s), H(s)
0
l

= P F(s), G(s), H(s) q (s) ds =
0
Z
v P(s)

l
= ds
P(s)
0

Adottiamo, per questultimo integrale, la notazione


Z
(2.6) v P(s)

ds
P(s)


L

Poniamo ora, formalmente,



ds =
P(s)

dP

e riguardiamo dP come lelemento darco orientato, assimilato


P + dP
P
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 89


a un vettore-spostamento infinitesimo, che porta, per cos dire, dal punto P al punto P + dP,
infinitamente vicino a P su L. La notazione per lintegrale (2.6) diventa cos
Z
(2.7) v (P)

dP


L

v (P)

dP si pu riguardare come il lavoro elementare
del campo v (P) relativo allo spostamento infinitesimo
dP:
lintegrale (2.7) la sommatoria infinita convergente
v (P)

di tutti i lavori elementari dP, al variare di P su L

Questo tipo di linguaggio abituale per fisici e ingegneri: la cosa importante che, dietro queste
espressioni comode e suggestive, ma un po approssimative, c comunque un modello matematico
perfettamente fondato e giustificato, in base al quale intendere, procedere e calcolare.

2.7 Forme esatte e campi gradienti


Sia
= Ldx + Mdy + Ndz

una

forma differenziale esatta


e la funzione F ne sia una primitiva

il che implica, in tutto il campo A, dominio di ,

L(P) = F0x (P) , M(P) = F0y (P) , N(P) = F0z (P)

In tale situazione, il campo vettoriale associato a :


v (P) DEF.



= L(P) i + M(P) j + N(P) k

prende il nome di

v (P) =
campo vettoriale gradiente di F(P):

grad F(P)


e F(P) si dice a sua volta il potenziale del campo


v (P)
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 90

Nel caso di forme in 2 variabili e campi vettoriali piani si pongono nozioni analoghe facilmente
adattabili.

Una superficie di equazione


F(x, y, z) = c

si dice

una superficie equipotenziale del campo


v (x, y, z)

nel caso piano si parler della linea di equazione

F(x,y) = c

come di una

linea equipotenziale del campo
v (x,y)

 
Proposizione 2.5. Se
v (P) = grad F(P) , dati due punti arbitrari del campo A

P1 , P2

il lavoro L del campo


v (P) non dipende dal particolare
cammino che va da P1 a P2

risultando sempre
L = F(P2 ) F(P1 )

cio

L la differenza dei valori del potenziale F(P) di


v (P)
nellestremo e nellorigine del cammino

Precisiamo che per

cammino che va da P1 a P2

si intende

qualunque linea quasi-regolare orientata di origine P1 ed estremo P2


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 91

P2

P1

DIM. Basta ovviamente provare la cosa per archi regolari orientati di origine P1 ed estremo P2 : in
generale un cammino comprende un numero finito di archi regolari, e il risultato si adatta facilmente.

Sia



x = f(t)



y = g(t)
L =
, t [a, b]



z = h(t)

un qualunque arco regolare orientato, con P(a) = P1 e P(b) = P2 .


Si ha
Z Z bh i
v P(t)

b
  
L = P0 (t) dt = F0x P(t) f 0 (t) + F0y P(t) g0 (t) + F0z P(t) h0 (t) dt =
a a
h i
Z b d F P(t) b
  
= dt = F P(t) = F P(b) F P(a) = F(P2 ) F(P1 ) ,
a dt a

C.V.D.

Definizione 2.3. Un campo vettoriale


v (P) si dice

conservativo

se per ogni coppia di punti (P1 , P2 ) il lavoro del campo


v (P)
non dipende dal cammino che congiunge P1 a P2



Definizione 2.4. Sia
v (P) un campo vettoriale ed L una linea orientata e chiusa: lintegrale

che d il lavoro del campo lungo L prende il nome di
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 92

v (P) lungo
circolazione di

L

e viene denotato col simbolo I


v (P)

dP


L

Proposizione 2.6.
v (P) un

campo conservativo

se e solo se per ogni linea orientata chiusa L, contenuta nel dominio di
v (P), risulta

I
(2.8) v (P)

dP = 0


L

v (P) conservativo.
DIM.

L chiusa, di origine ed estremo P1 = P2

B


L

P3

P1 = P2

A

si ha, se P3 un qualunque punto di L diverso da P1 = P2

I Z Z
v (P)

dP = v (P)

dP + v (P)

dP =


L

P1 AP3
P 3 BP1
Z Z
= v (P)

dP v (P)

dP = 0

P1 AP3
P 1 BP3
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 93

perch, essendo
v (P) conservativo, risulta
Z Z
v (P)

dP = v (P)

dP

P 1 AP3
P 1 BP3


Viceversa. Se (2.8) vale per ogni linea L orientata chiusa, siano P1 , P2 due punti arbitrari del domi-
nio di
v (P)


P2
L2
P1



L1

e L1 , L2 due qualsiansi cammini di origine P1 ed estremo P2 . Si ha allora che la linea





L = L1 L2


risulta chiusa L2 la linea supporto della L2 orientata in senso opposto a L2 , cio di origine P2

ed estremo P1 .


P2
L2
P1



L1

Ora risulta, per la (2.8),


I Z Z Z Z
0= v (P)

dP = v (P)

dP + v (P)

dP = v (P)

dP v (P)

dP






L L1 L2 L1 L2
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 94

da cui segue
Z Z
v (P)

dP = v (P)

dP



L1 L2

e quindi

v (P) un campo conservativo

Proposizione 2.7.
v (P) sia un campo vettoriale, di dominio A, aperto e connesso. Si ha allora
che
v (P) conservativo se e soltanto se esso un

campo gradiente,

cio se e solo se
v (P) =
F(P) tale che

grad F(P)


DIM.
v (P) campo gradiente =
v (P) conservativo il contenuto della Prop.2.5.

Viceversa. Sia v (P) conservativo. P = (x, y, z) sia un generico punto del dominio A, aperto e
connesso, di v (P) (nel piano sar P = (x, y) e la dimostrazione analoga) e P = (x , y , z ) un suo
0 0 0 0
punto fissato.
Si pu allora costruire una funzione di dominio A nel seguente modo
Z
F(P) =
DEF. v (Q)

dQ


L

(Q ha la funzione analoga a una variabile muta di integrazione)


usando per il calcolo

un qualunque cammino che va da P0 a P

appunto perch il valore ottenuto risulta sempre lo stesso,

essendo
v (P) conservativo

Ebbene

la funzione F(P) sopra costruita un potenziale del campo


v (P)

Posto pi esplicitamente, P A,

v (P) = L(P)



i + M(P) j + N(P) k
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 95

con L, M, N funzioni continue in A

andiamo a riconoscere che

F0x (P) = L(P) , F0y (P) = M(P) , F0z (P) = N(P) , PA

e cio che in A risulta


v (P) =

grad F(P)


Vediamo, ad esempio, che


F0x = L

Sia P = (x, y, z) un punto di A: dobbiamo provare che

F(x + h, y, z) F(x, y, z)
F0x (x, y, z) = lim = L(x, y, z)
h0 h

Posto P0 = (x + h, y, z), e supposto |h| abbastanza piccolo in modo che il segmento PP0 stia tutto in A
(ci possibile perch A aperto e quindi P = (x, y, z) gli interno), per calcolare F(P0 ) possiamo


scegliere un cammino L costituito da quello L1 che conduce da P0 = (x0 , y0 , z0 ) a P = (x, y, z),
seguito dal segmento orientato



x = x + ht
0

y = y
PP =
, t [0, 1] ;



z = z

qui f(t) = x + ht, g(t) = y, h(t) = z, per cui si avr

f 0 (t) = h , g0 (t) = h0 (t) = 0

Risulta allora
Z Z
v (Q)

dQ v (Q)

dQ


F(x + h, y, z) F(x, y, z) L L1
lim = lim =
h0 h h0 h
Z Z Z
v (Q)

dQ + v (Q)

dQ v (Q)

dQ

L1 PP0 L1
= lim =
h0 h
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 96

Z 1
L(x + ht, y, z) h + M(x + ht, y, z) 0 + N(x + ht, y, z) 0
0
= lim dt =
h0 h
Z 1
L(x + ht, y, z) h dt Z 1
0 h
= lim = lim L(x + ht, y, z) dt
h0 h h0 h 0

= (per il teorema della media integrale, con (h) opportuno valore

compreso fra 0 e 1) = lim L(x + h (h), y, z) = L(x, y, z)


h0

lultimo passaggio essendo dovuto ai seguenti fatti:

1) L funzione continua in A;

2) (h) funzione (in genere plurivoca) di h

limitata

infatti (h) [0, 1];

3) per la 2)
lim h (h) = 0
h0

4) per la 3) si ha
 h0
x + h (h), y, z (x, y, z)

5) infine, per 4) e 1) risulta



lim L x + h (h), y, z = L(x, y, z)
h0

Giova sottolineare una conseguenza del fatto che un campo vettoriale


v (P) un campo gradiente
cio che risulta
v (P) = 
grad F(P)

CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 97

 
Proposizione 2.8. Se
v (P) = grad F(P) e P , P sono due punti di una medesima
1 2

superficie equipotenziale
(linea equipotenziale, nel piano)
F : F(P) = c

per ogni cammino L che conduca da P1 a P2 (anche uscendo da F)
v (P) lungo
il lavoro del campo

L risulta nullo

DIM. Infatti risulta Z


v (P)

dP = F(P2 ) F(P1 ) = c c = 0


L

Definizione 2.5. Data una forma differenziale, di dominio A (sempre supposto aperto e connes-
so),
(P) = L(P)dx + M(P)dy + N(P)dz)
h i
(P) = L(P)dx + M(P)dy, nel piano
si dir che

(P) chiusa

se, in tutto A, risultano verificate le seguenti eguaglianze

L0y (P) = M0x (P) , L0z (P) = N0x (P) , M0z (P) = N0y (P)
h i
L0y (P) = M0x (P), nel piano

Proposizione 2.9. Se la forma differenziale (P) in A


esatta
cio se esiste una funzione F differenziabile in A, per la quale si abbia, in tutto A,

= dF

e inoltre in tutto A per F valgono le identit di Schwarz

F00xy (P) = F00yx (P) , F00xz (P) = F00zx (P) , F00yz (P) = F00zy (P)
h i
F00xy (P) = F00yx (P), nel piano
allora si ha che
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 98

chiusa

DIM. Infatti, posto (P) = L(P)dx + M(P)dy + N(P)dz, si ha, ad esempio

L(P) = F0x (P) , M(P) = F0y (P)

da cui
L0y (P) = F00xy (P) = F00yx (P) = M0x (P)

ecc.. . . (il lettore completi).

Definizione 2.6. Un insieme D del piano, o dello spazio (o pi in generale di uno spazio
ndimensionale) si dice

semplicemente connesso in dimensione 1

se

ogni linea chiusa L D pu essere deformata con continuit sino ad un punto di D,


tutte le configurazioni intermedie essendo contenute in D.

Per esemplificare

1) Nel piano la semplice connessione in dimensione 1 esige che allinterno di D non vi siano
lacune, nemmeno puntiformi.

L
D

D in questo caso semplicemente connesso in dimensione 1,

ogni linea chiusa L ( D) pu essere contratta a un punto di D;


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 99

L1

L2

D non in questo caso semplicemente connesso in dimensione 1:

qualche linea, come L2 , pu essere contratta a un punto senza coinvolgere punti del discoide lascia-
to in bianco, che non fa parte di D; altre linee, come la L1 , non possono essere contratte a un punto
senza entrare ad un certo momento nel discoide e uscendo cos, almeno in parte, da D.

2) Nello spazio le cose sono un po diverse.

D sia tutto lo spazio meno un solido sferico (o anche un numero finito di solidi limitati: solidi
sferici, o ellissoidali, o cubici, o poliedrici, ecc.. . . ):

D semplicemente connesso in dimensione 1

ogni linea L potendo essere contratta ad un punto evitando .


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 100

D sia lo spazio privato della regione R racchiusa da una superficie cilindrica indefinitamente
estesa (o anche meno una retta soltanto):

D non semplicemente connesso in dimensione 1,

perch ogni curva concatenata con non si pu contrarre ad un punto senza entrare, almeno in
parte, in R, che non compreso in D.

Ma anche se D lo spazio privato di una linea chiusa, come una circonferenza C,

D non semplicemente connesso in dimensione 1:

infatti ancora una linea chiusa L concatenata con C non si pu contrarre a un punto senza attraver-
sare ad un certo momento la curva C, che non fa parte di D.

L
C
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 101

Proposizione 2.10. Se il dominio A della forma differenziale , a coefficienti funzioni continue


in A, risulta

semplicemente connesso in dimensione 1

vale limplicazione

chiusa = esatta

DIM. La dimostrazione di questo risultato un po laboriosa per cui ci si limiter a constatare,


su esempi, che

se chiusa, e A semplicemente connesso in dimensione 1,


si riesce a costruire una primitiva F di ;

e che, daltra parte, in alcuni casi, si dispone di

una forma differenziale chiusa, che per non esatta,

la causa essendo dovuta al fatto che il dominio A di


non semplicemente connesso in dimensione 1

Osservazione 2.4. Se
v (P) il campo vettoriale associato alla forma differenziale (P), le
condizioni di chiusura di (P) e la semplice connessione in dimensione 1 del dominio A di
v (P) e
(P), garantiranno, secondo la nomenclatura sopra introdotta,

che il campo
v (P) un campo gradiente, v (P) =  
grad F(P) ,
e quindi che
v (P) risulta un campo conservativo

le due formulazioni, in termini di forma differenziale, o di campo vettoriale associato, equivalendosi


completamente.

Esempio 2.3. Cominciamo con un caso piano. Sia data

= L(x,y)dx + M(x,y)dy

con
L0y (x,y) = M0x (x,y) ( chiusa)
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 102

Cerchiamo intanto le funzioni F(x,y) : Fx0 (x,y) = L(x,y).


Si trova
Z
(2.9) F(x,y) = L(x,y) dx + g(y)

ove, nellintegrazione indefinita rispetto a x si opera come se y fosse una costante e g(y) una fun-
zione non dipendente esplicitamente da x ( funzione della sola y, come si dice impropriamente,
trattandosi di una funzione, come F(x,y), di due variabili).
Con pi precisione la (2.9) si riscrive nel seguente modo

(2.10) F(x,y) = G(x,y) + g(y)

ove G(x,y) una funzione tale che Gx0 (x,y) = L(x,y).


Osserviamo subito allora che

se A non semplicemente connesso in dimensione 1

potrebbe gi accadere che G(x,y) non risulti definita in tutto A: ad esempio, se

y x
= d x + dy
x2 + y2 x2 + y2
definita in R2 {(0, 0)} = A, non semplicemente connesso in dimensione 1, troviamo

y
G(x,y) = arctan
x
che non definita in tutto A, ma in R2 meno lintero asse Oy .

Proseguiamo derivando entrambi i membri della (2.10) rispetto a y, ricordando che cerchiamo una
F(x,y) : Fy0 (x,y) = M(x,y). Otteniamo

h i
Fy0 (x,y) = M(x,y) = G(x,y) + g(y) = Gy0 (x,y) + g0 (y) =
y

(2.11) g0 (y) = M(x,y) Gy0 (x,y)

Ora vedremo che

il secondo membro della (2.11) non dipende esplicitamente da x


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 103

essendo quindi una funzione della sola y: la g(y) che si cerca si otterr formalmente con una
semplice integrazione indefinita rispetto a y.
Deriviamo infatti il secondo membro della (2.11) rispetto a x:

0
Mx0 (x,y) Gyx
0
(x,y) = Mx0 (x,y) Gxy
0
(x,y) = Mx0 (x,y) G (x,y) =
y x

per Schwarz

= Mx0 (x,y) L(x,y) = Mx0 (x,y) Ly0 (x,y) = 0 (= funzione nulla)
y
chiusa

Avendo derivata parziale nulla rispetto a x, il secondo membro di (2.11) non dipende esplicitamente
da x, come si voleva dimostrare.

y 2x2 y3 + 2y + x
Esempio 2.4. = dx + dy
1 + x2 y2 1 + x2 y2
Il lettore pu verificare che chiusa in tutto il suo dominio A = R2 , semplicemente connesso
in dimensione 1. Procediamo come sopra indicato.
Z
F(x,y) = L(x,y)dx + g(y) = arctan(xy) + g(y) ;

x 2x2 y3 + 2y + x
Fy0 (x,y) = M(x,y) = + g 0
(y) = =
1 + x2 y2 1 + x2 y2
0 2x2 y3 + 2y + x x 1 + x2 y2
g (y) = = 2y = 2y :
1 + x2 y2 1 + x2 y2 1 + x2 y2
si noti appunto che si ottiene come g0 (y) una funzione che non dipende esplicitamente da x.
Si pu quindi scegliere, a meno di una costante numerica

F(x,y) = arctan(xy) + y2

Esempio 2.5. Consideriamo ora un caso tridimensionale.


data la forma differenziale
     
= y cos(xy) z2 dx + x cos(xy) + 2y dy + 2xz + 2z dz

Il lettore verificher facilmente che chiusa in R3 , cio che si ha


CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 104

L0y = M0x , L0z = N0x , M0z = N0y

Tutto R3 = A ovviamente semplicemente connesso in dimensione 1: il teorema enunciato sopra


garantisce lesistenza di F(x,y, z) tale che, in tutto R3 , si abbia

= dF

Cerchiamo dunque tale primitiva di .


Sar, intanto del tipo
Z

F(x,y, z) = y cos(xy) z2 dx + g(y,z) = sin(xy) xz2 + g(y,z)

Imponiamo ora che sia


Fy0 (x,y, z) = M(x,y, z) :

Fy0 (x,y, z) = x cos(xy) + g0y (y,z) = M(x,y, z) = x cos(xy) + 2y =

g0y = 2y = g(y,z) = y2 + h(z) =

F(x,y, z) = sin(xy) xz2 + y2 + h(z)

Imponiamo infine che sia


Fz0 (x,y, z) = N(x,y, z) :

Fz0 (x,y, z) = 2xz + h0 (z) = 2xz + 2z = h0 (z) = 2z ;

notiamo anche qui che h(z) si trova con una semplice integrazione nella sola z, il che ci porta alla
funzione cercata
F(x,y, z) = sin(xy) xz2 + y2 + z2

primitiva della forma e potenziale del campo vettoriale ad essa associato.

Esempio 2.6. A riprova che lipotesi della semplice connessione in dimensione 1 di A essenziale,
consideriamo la seguente forma differenziale piana

y x
= dx + 2 dy
x +y
2 2 x + y2
il cui dominio A = R2 {(0, 0)}, il quale non risulta semplicemente connesso in dimensione 1.

Ora si ha che in A
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 105

chiusa :

infatti risulta
   
1 x2 + y2 + y(2y) y 2
x 2 1 x2 + y2 x(2x)
L0y (x,y) = 2 = 2 = 2 = M0x (x,y) .
x +y
2 2 x +y
2 2 x +y
2 2

Proveremo ora, ragionando per assurdo, che

in A non esatta

cio che

non esiste F(x,y), differenziabile in A, con = dF

Infatti, se cos fosse, il campo vettoriale associato a


v (x,y) = y x
i + 2 j
x +y2
2 x +y 2

sarebbe conservativo
v (x,y) per ogni
e quindi la circolazione di

L chiusa
I
v (P)

dP sarebbe uguale a 0 :


L


invece risulta, se L la circonferenza di centro (0, 0) e raggio 1, orientata come in figura

y

L

A(1, 0) x

O
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 106




x = cos t

L :
, t [0, 2] ,
y = sin t

I Z 2 " #
v (P)

dP =
sin t
( sin t) +
cos t
(cos t) dt =


L 0 cos2 t + sin2 t cos2 t + sin2 t
Z 2 Z 2 2
sin2 t + cos2 t
= dt = 1 dt = t = 2 0 = 2 , 0
0 cos2 t + sin2 t 0 0

dunque si conclude:

v (x,y) non conservativo, e quindi non pu essere esatta

C.V.D.

Esempio 2.7. Per un esempio nello spazio, pu servire la forma seguente

y x
= dx + 2 dy + zdz
x +y
2 2 x + y2
che chiusa in tutto A = R3 {asse Oz }, insieme che

non semplicemente connesso in dimensione 1

Largomento per riconoscere che non esatta in A lo stesso che nel caso piano, riferendosi alla
circolazione del campo vettoriale associato a lungo la linea chiusa



x = cos t




L :
y = sin t , t [0, 2]



z = 0

che vale sempre 2 , 0.

Osservazione 2.5. Se la forma


y x
= dx + 2 dy
x +y
2 2 x + y2
chiusa, ma non esatta in A = R2 {(0, 0)}, come si visto, viene ristretta ad A0 = {(x, y) : x > 0}
(semipiano aperto destro di origine Oy ), che semplicemente connesso in dimensione 1,
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 107

risulta invece esatta

esiste cio in tutto A0 una funzione differenziabile F(x,y), con = dF

F(x,y), come sappiamo, sar nel contempo

il potenziale del campo vettoriale associato a


v (x,y) = y x
i + 2 j
x +y
2 2 x +y 2

e si potr costruire calcolando il lavoro di questo campo vettoriale lungo un cammino che parta, ad
esempio, dal punto P0 = (1, 0), e giunga al generico punto P = (x, y) (x > 0) dellinsieme A0 .
y

P (x, y)

O x

P0 (1, 0) H(x, 0)

Se H = (x, 0) la proiezione di P = (x, y) sullasse Ox , scegliamo il percorso



L = P0 H HP

x = 1 + (x 1)t
x = x

P0 H :
, t [0, 1] ; HP :
, t [0, 1]
y = 0 y = yt

Calcoliamo quindi
Z Z Z
v (Q)

dQ = v (Q)

dQ+ v (Q)

dQ =

L P0 H HP
Z 1 Z 1" #
1 + (x 1)t (yt) x
= 0 (x 1) +  2 0 dt + 0+ 2 y dt =
0 1 + (x 1)t + 02 0 x2 + (yt)2 x + (yt)2
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 108

Z 1 Z 1 1  yt 
xy 1 y y
= "  yt 2 #dt =  y 2 dt = arctan = arctan :
0 2 0 x 0 x x
x 1+ 1+ t
x x
la funzione cercata dunque, a meno di una costante additiva,

y
F(x,y) = arctan
x
Se, invece di restringere ad A0 = {(x, y) : x > 0}, la si restringe ad A00 = {(x, y) : x < 0}, si trova
la stessa primitiva, con analogo procedimento.
Ma se si sceglie il semipiano A000 = {(x, y) : y > 0} o Aiv = {(x, y) : y < 0}?

Allora si trover come primitiva di (e potenziale del campo vettoriale associato), la funzione

x
G(x,y) = arctan
y
Ci si chieder allora, naturalmente, quale primitiva conviene alla nel 1 quadrante (aperto): la
risposta ovvia che entrambe le funzioni

y x
arctan e arctan
x y
possono fungere da primitive di nel 1 quadrante, e ci dovuto al fatto che le due funzioni in
questione

differiscono per la costante :
2
infatti, il lettore verifichi che, z > 0, risulta
!
1 1
arctan z arctan = arctan z + arctan =
z z 2

Analogamente si vede che negli altri quadranti le stesse due funzioni sono primitive di , differenti,

nel 3 quadrante di , e nel 2 e 4 quadrante, di : infatti z < 0, si ha
2 2
!
1 1
arctan z arctan = arctan z + arctan =
z z 2
CAPITOLO 2. INTEGRALI CURVILINEI 109

Esempio 2.8. data la forma differenziale

= x dx + y dy + z dz

Calcoliamo Z



L

essendo



x = t





1
L :
y = t2 , t [2, 2] .


2


z = t2 4

Si trova:
Z Z 2h   i Z 2" #
1 2 5 3


= t 1 + t t + t 4 2t dt =
2
t 7t dt =
L 2 2 2 2
2 " #
5 4 7 2 5 7 5 7
=
2 8
t t = 16 4 16 4 = 0
2 8 2 8 2

Perch questo risultato?

La ragione dovuta al fatto che una forma differenziale esatta, essendo = dF, con F(x,y,z) =
1 2 
x + y2 + z2 . Il campo vettoriale associato a
2
v (x,y,z) = x



i + y j + zk

1 2 
cos un campo vettoriale gradiente, di potenziale F(x,y,z) = x + y 2 + z2 :
2
v (x,y,z) =

grad F(x,y,z)



Ora, i due estremi di L si trovano sulla stessa superficie equipotenziale

1 2 
F4 : x + y2 + z2 = 4
2
Z
e v (x,y,z) lungo
, uguale al lavoro di

L, risulta


L

F(2, 2, 0) F(2, 2, 0) = 4 4 = 0
Capitolo 3

INTEGRALI DOPPI

3.1 Sottoinsiemi misurabili del piano


Un insieme E, sottoinsieme limitato del piano, al solito assimilato ad R2 , pu essere analizzato dal
punto di vista della sua

misurabilit

Il procedimento consiste nella possibilit di costruire una griglia di quadrati di dato lato , se-
lezionando i quadrati della griglia che risultano contenuti in E, e chiamando la loro unione (o
complesso)

p()=un plurirettangolo inscritto in E

e selezionando daltra parte i quadrati della griglia che contengono almeno un punto interno di E
(fra essi vi sono, ovvio, tutti i quadrati di p() chiamando la loro unione

P() = un plurirettangolo circoscritto ad E

Come si evidenzia dalle figure illustrative che seguono, e come si pu senza difficolt dimostrare,
scegliendo il lato dei quadrati di griglia pi piccolo, 0 < , si ha che

p() p(0 ) P(0 ) P()

ne segue
mis[p()] mis[p(0 )] mis[P(0 )] mis[P()]

110
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 111

Figura 3.1: Plurirettangoli inscritti e circoscritti

Commento alla figura 3.1 e alla successiva 3.2.


In Figura 3.2 il quadrato di griglia stato dimezzato rispetto alla Figura 3.1. Si
pu notare che

1. lattuale plurirettangolo inscritto pi esteso che in Figura 3.1, avendo


acquistato larea costituita dallunione dei quadrati del tipo

2. lattuale plurirettangolo circoscritto meno esteso che in Figura 3.1,


avendo perduto larea costituita dallunione dei quadrati del tipo

3. larea compresa tra i due plurirettangoli inscritto e circoscritto si ristret-


ta, e assume, se il lato di griglia continua a diminuire, laspetto di un
corridoio che si rastrema sempre pi attorno alla curva-frontiera di E, e
anzi ha questa stessa curva come

figura limite, per 0


CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 112

Figura 3.2: Plurirettangoli inscritti e circoscritti

Poniamo ora

M.I.=insieme delle misure di tutti i plurirettangoli inscritti in E

M.C.=insieme delle misure di tutti i plurirettangoli circoscritti ad E

Ebbene, si pu provare, ed intuitivamente ben comprensibile, che se E racchiuso da una curva-


frontiera unione di un numero finito di grafici di funzioni continue (del 1 o del 2 tipo) allora i due
insiemi di numeri reali

M.I. e M.C. risultano separati e contigui:

e sar dunque del tutto naturale e ragionevole assumere come

misura dellinsieme E = mis(E)

lelemento di separazione fra M.I. e M.C.

dichiarando di conseguenza il sottoinsieme E del piano

un insieme misurabile
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 113

Osservazione 3.1. Se linsieme E si riduce esso stesso a una curva limitata (aperta o chiusa),
non difficile rendersi conto che la misura dei plurirettangoli circoscritti pu essere resa piccola a
piacere, mentre non esistono neppure plurirettangoli inscritti in E: ad E viene attribuita in tal caso,
del tutto ragionevolmente, una
misura nulla: mis(E) = 0
Osservazione 3.2. I plurirettangoli inscritti o circoscritti ad E possono essere costruiti in molti
modi, non necessariamente partendo da una griglia di quadrati. Ad esempio un procedimento analo-
go stato seguito per ottenere la misura di un trapezoide T(f) sottostante al grafico di una funzione
f(x) 0, continua in un intervallo [a, b]; in tal caso i plurirettangoli erano complessi di rettangoli
con le basi sullasse Ox e tendenti a 0: si giungeva anche per quella via al calcolo dellarea del
trapezoide, uguale allintegrale definito
Z b
f(x) dx = area[T(f)]
a

y
{y = f(x)}

T(f)

x
a O b

Cos anche tutti gli insiemi, a suo tempo definiti come


insiemi normali rispetto allasse Ox o allasse Oy
racchiusi, si noti, da una curva-frontiera (v. figure 3.3 e 3.4) costituita da due grafici di funzione
continua e da due segmenti (eventualmente uno, o laltro, o entrambi, nulli) risultano senzaltro
misurabili
anzi, sappiamo gi calcolarne la misura con una semplice integrazione (o quadratura):
Z b Z d
mis(D1 ) = [f2 (x) f1 (x)] dx , mis(D2 ) = [g2 (y) g1 (y)] dy
a c

In pratica, nei casi che si presentano alla considerazione di un ingegnere, o di un fisico,


le condizioni di misurabilit sono sempre verificate
Ed chiaro che misurabili saranno pure quegli insiemi pensabili come unione di un numero finito di
insiemi normali, privi di punti interni comuni, e che la misura di un tale insieme risulter senzaltro
la somma delle misure dei sottoinsiemi normali di cui esso lunione.
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 114

{y = f2 (x)}

D1

a O b x

{y = f1 (x)}

Rb
Figura 3.3: Insieme normale rispetto allasse Ox : mis(D1 ) = a
[f2 (x) f1 (x)] dx

d
x = g1 (y)

D2
x
O

c x = g2 (y)

Rd
Figura 3.4: Insieme normale rispetto allasse Oy : mis(D2 ) = c
[g2 (y) g1 (y)] dy

3.2 Lintegrale doppio di una funzione continua di due variabili


Sia F(x,y) una funzione definita e continua nellinsieme D chiuso, limitato e misurabile del piano(=
R2 ), che risulti, per il momento, in D non negativa: F(x, y) 0, (x, y) D.
In tale condizione, linsieme di punti dello spazio (= R3 )

K(F) = {(x, y, z) : 0 z F(x, y) , (x, y) D}

prende il nome di
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 115

G(F)

O K(F)

y
D
x

Figura 3.5: Cilindroide

cilindroide sottostante alla superficie G(F), grafico di F.

K(F) la regione tridimensionale, cio occupante un certo volume, compresa tra la base D, assimi-
lata ad un sottoinsieme del piano Oxy , e G(F), il grafico di F, che ne risulta per cos dire una tettoia
coprente.
K(F) verr ora analizzato dal punto di vista della sua misurabilit come sottoinsieme dello spazio,
in modo strettamente analogo a quanto fatto, a suo tempo, per un trapezoide piano, sottostante al
grafico di una funzione continua e non negativa.
Costruiamo allo scopo nel piano Oxy una griglia di quadrati di lato , e sia p() il plurirettangolo
inscritto in D ad essa relativo.
Sia Qi j il generico quadrato di p(): per il Teorema di Weierstrass F|Qi j , continua in Qi j , chiuso e
limitato, avr in Qi j

un minimo assoluto mi j e un massimo assoluto Mi j

Costruiamo allora la somma


X X X X
(3.1) mi j mis(Qi j ) = mi j 2
i j i j

gli indici i e j correndo da 1 a valori opportuni, dipendenti da :

che significato ha tale somma (3.1) ?


CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 116

Chiaramente quella di essere la misura del volume di un poliedro, costituito da parallelepipedi di


basi quadrate Qi j

tutto contenuto nel cilindroide K(F)

lo chiameremo

il poliedro inscritto in K(F) = pldr.()

e la (3.1) sar detta

una somma inferiore relativa a K(F)

e potremo indicare col simbolo


s

linsieme delle somme inferiori (3.1) al variare di (> 0)

Consideriamo ora il plurirettangolo P() circoscritto a D, il cui generico elemento chiameremo Qhk ,
ove h e k sono indici che vanno da 1 a valori opportuni, dipendenti da (e diversi in genere da
quelli cui giungono gli indici i e j di Qi j ). Osserviamo per esplicitamente che tra i Qhk vi saranno
ovviamente anche tutti i Qi j intervenuti nel costruire la somma (3.1), pur se con indici in genere
diversi.
Se questa volta Mhk denota il massimo di F|Qhk D (vedi figura 3.7) si costruisce la somma
X X X X
(3.2) Mhk mis(Qhk ) = Mhk 2
h k h k

questa dar (la misura de) il volume di un poliedro, costituito da parallelepipedi di base quadrate
Qhk , in questo caso

contenente tutto il cilindroide K(F)

(e chiaramente contenente anche il poliedro inscritto):


lo chiameremo

il poliedro circoscritto a K(F) = PLDR.()

e la (3.2) sar detta

una somma superiore relativa a K(F)

convenendo poi di indicare col simbolo


S

linsieme delle somme superiori (3.2) al variare di (> 0)


CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 117

C G(F|Qij )

D E
B
A

y
punto di minimo
x assoluto per F|Qij

Qij
punto di massimo
assoluto per F|Qij

Figura 3.6: Elementi di poliedro inscritto e di poliedro circoscritto

Commento alla figura 3.6.


Si sono messi in evidenza soltanto:

1. un quadrato di griglia contenuto in D, Qi j ;

2. il lembo del grafico G(F) di F soprastante Qi j ;

3. il parallelepipedo di base Qi j , elemento del poliedro inscritto in K(F)

pldr.()

4. il parallelepipedo di base Qi j , elemento del poliedro circoscritto a K(F)

PLDR.()

Si noti che il lembo di G(F) soprastante Qi j completamente compreso


fra la faccia superiore del parallelepipedo minore e la faccia superiore del
parallelepipedo maggiore.
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 118

Naturalmente i punti di minimo e massimo assoluto di F|Qi j possono cadere


ovunque, in Qi j , a seconda del comportamento della funzione; in figura 3.7,
dove il quadrato di griglia chiamato Qhk , si pu vedere una configurazione
nella quale il punto di massimo assoluto cade allinterno di Qhk , mentre quello
di minimo assoluto cade in un vertice di Qhk : altre situazioni possono facilmente
essere immaginate dal lettore.

G(F|Qhk D )

Qhk D

punto di massimo
assoluto di F|Qhk D punto di minimo
assoluto di F|Qhk D

Figura 3.7: Elementi di poliedro inscritto e di poliedro circoscritto

Ora con un ragionamento strettamente analogo a quello effettuato nel caso di un trapezoide piano
sottostante al grafico di una funzione continua f(x),e basato anche questo su
luniforme continuit di F(x,y) in D, chiuso e limitato
(teorema di Heine)
si pu riconoscere il fatto che
linsieme s delle somme inferiori (3.1)
e
linsieme S delle somme superiori (3.2)
sono insiemi separati e contigui
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 119

il cui elemento di separazione, per i significati geometrici sopra esposti, sar del tutto naturale
assumere come

(misura del) volume del cilindroide K(F) = mis K(F)
Risulter anche del tutto accettabile per il lettore il fatto che, riguardando le somme (3.1) e (3.2)
come funzioni di , si possa affermare che
 X X X X
mis K(F) = lim mi j 2 = lim Mhk 2
0 i j 0 h k

Si pensi ora di sostituire, nella somma inferiore (3.1), al posto di mi j , Mi j , e di formare cos la
somma
X X
(3.3) Mi j 2
i j

per la quale varr naturalmente la serie di disuguaglianze


X X X X X X
mi j 2 Mi j 2 Mhk 2 :
i j i j h k

considerando allora anche la (3.3) come funzione di , per il


teorema del confronto
si avr anche X X 
lim Mi j 2 = mis K(F)
0 i j

Supponiamo infine di costruire la griglia di quadrati fissando le due successioni di valori

x0 , x1 , . . . , xi1 , xi , . . . (xi xi1 = , i)

y0 , y1 , . . . , yi1 , yi , . . . (yi yi1 = , i)


sicch il quadrato di griglia Qi j sia quello in figura

(xi1 , yj ) (xi , yj )
Qij
(i , j )
b

(xi1 , yj1) (xi , yj1)

e di scegliere in Qi j un punto completamente ad arbitrio

(i , j )

costruendo poi quella che viene usualmente chiamata


CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 120

una somma parziale, o intermedia

X X
(3.4) F(i , j )) (xi xi1 )(y j y j1 )
i j

intermedia dicendosi in vista dellovvia doppia disuguaglianza

X X X X X X
(3.5) mi j 2 F(i , j )) (xi xi1 )(y j y j1 ) Mi j 2 :
i j i j i j

la quantit (3.4) risulta il volume di un poliedro, unione


dei parallelepipedi di base Qi j e altezza F(i , j ),
che risulta compreso fra
il poliedro inscritto in K(F), pldr.(),
e
il poliedro circoscritto a K(F), PLDR.().

proprio come conseguenza della (3.5) che la somma (3.4), pensata come funzione (plurivoca,
questa volta, data larbitrariet di (i , j ) in Qi j ) della variabile , sempre

per il teorema del confronto,

avr lo stesso limite del membro di sinistra della (3.5) e del membro di destra della (3.5) stessa, che
, come gi visto,
 X X
mis K(F) = lim F(i , j ) (xi xi1 )(y j y j1 ) :
0 i j


questa la ragione che induce a denotare il numero mis K(F)
col simbolo da sempre in uso
"
F(x, y) dxdy
D

che viene inoltre denominato

integrale doppio della funzione F(x,y) esteso a D


"
Il doppio segno richiama la necessit di ricorrere a

una sommatoria doppia per calcolare la somma parziale (3.4)


CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 121

e, daltra parte, lespressione sotto lintegrale, per ogni (x, y) D, simula efficacemente ci che
diventa laddendo generico della (3.4)

F(i , j ) (xi xi1 )(y j y j1 )

cio il volume di un parallelepipedo di altezza F(x, y), avente per base unareola quadrata attorno
a (x, y), la cui misura espressa dal prodotto dei due differenziali

dx e dy

Tutti questi innumerevoli volumi elementari, cio infinitesimi,


integrati assieme
danno appunto lintegrale doppio, limite, per 0, della
sommatoria doppia convergente (3.4)
chiaro che il discorso appena fatto va preso per quello che , cio come unillustrazione informale,
ma suggestiva.
Mettiamo subito in evidenza due propriet dellintegrale doppio, che saranno in seguito generaliz-
zabili a una funzione qualunque, di segno cio variabile, sempre supposta continua nellinsieme
D.
Propriet 3.1. Il significato geometrico dellintegrale doppio garantisce chiaramente il fatto che
se D1 , D2 , . . . , Dn sono sottoinsiemi misurabili di D privi a due a due di punti interni comuni, e
D = D1 D2 . . . Dn risulta

" " " "


(3.6) F(x, y) dxdy = F(x, y) dxdy + F(x, y) dxdy + + F(x, y) dxdy
D D1 D2 Dn

Questo perch il cilindroide K(F) sopra a D certo lunione dei cilindroidi Ki (F|Di ) (i = 1, 2, . . . , n),
e questi ultimi non hanno punti interni comuni, perch non ne hanno le loro basi Di (i = 1, 2, . . . , n):
il volume allora di K(F) risulta la somma dei volumi dei Ki (F|Di ), donde la (3.6).

Unaltra propriet notevole la seguente


Propriet 3.2. Se risulta
F(x,y) = 1 F1 (x,y) + 2 F2 (x,y) + + n Fn (x,y)

con Fi (x,y) continua in D, per i = 1, 2, . . . , n e i R, per i = 1, 2, . . . , n, allora si ha che


" " " "
F(x, y) dxdy = 1 F1 (x, y) dxdy + 2 F2 (x, y) dxdy + + n Fn (x, y) dxdy
D D D D
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 122

Per esempio, se n = 2, basta osservare che la somma parziale, di cui lintegrale doppio di F(x,y)
il limite per 0, si pu scomporre nel seguente modo
X X
F(i , j ) (xi xi1 )(y j y j1 ) =
i j
X X h i
= 1 F1 (i , j ) + 2 F2 (i , j ) (xi xi1 )(y j y j1 ) =
i j
X X X X
= 1 F1 (i , j ) (xi xi1 )(y j y j1 ) + 2 F2 (i , j ) (xi xi1 )(y j y j1 ) :
i j i j

per 0, questultima espressione tende, per i noti teoremi sui limiti, a


" "
1 F1 (x, y) dxdy + 2 F2 (x, y) dxdy ;
D D

la prima sommatoria tende daltra parte a


"
F(x, y) dxdy
D

donde la conclusione.
Occupiamoci ora dellintegrale doppio di una funzione, continua in D, che pu assumere in D valori
anche negativi.
Sia, ad esempio,
F(x, y) 0 , (x, y) D .
chiaro che si potranno anche in questo caso costruire le somme inferiori, le somme superiori, e
quelle intermedie: saranno tutti numeri 0.
Ma evidente che questa volta, detto (vedi figura 3.8)

K(F)

il cilindroide delimitato, verso il basso, dal grafico G(F) di F e, verso lalto, dallinsieme D, assi-
milato a una porzione del piano Oxy (il cilindroide K(F) capovolto rispetto a prima, quando era
F(x, y) 0 , (x, y) D), il significato che assume ora

una somma inferiore

quello dellopposto del volume del poliedro circoscritto a K(F)

mentre quello di

una somma superiore

quello dellopposto del volume del poliedro inscritto in K(F)


CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 123

z Qij

O
K(F)

D y

G(F)

Figura 3.8: Cilindroide relativo a una funzione negativa

(in figura 3.8, dei due poliedri inscritto e circoscritto, messo in evidenza solo uno dei parallelepi-
pedi, di base Qi j , che li compongono): e segue chiaramente che lintegrale doppio
"
F(x, y) dxdy
D

limite, per 0, della somma inferiore, superiore e intermedia, in tal caso risulter essere

lopposto del (la misura del) volume del cilindroide K(F)

di conseguenza si pu dare per assodata la formula


"

mis K(F) = F(x, y) dxdy
D

Supponiamo ora (vedi figura 3.9 che il dominio D di F(x,y) sia unione dei due sottoinsiemi, che
supporremo essere misurabili (ma lo saranno di norma nei casi che verranno considerati)

D+ = {(x, y) D : F(x, y) 0}

D = {(x, y) D : F(x, y) 0}
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 124

D = D+ D

D+
D
x
y

Figura 3.9: Cilindroide reativo a una funzione di segno variabile

Risulta intuitivamente chiaro, e si pu provare senza difficolt, che, anche in tale caso, vale la
formula additiva
" " "
F(x, y) dxdy = F(x, y) dxdy + F(x, y) dxdy
D D+ D

sicch, visti i significati sopra evidenziati dei due integrali a secondo membro, si pu riscrivere la
formula precedente "
 
F(x, y) dxdy = mis K(F|D+ ) mis K(F|D )
D
a parole:

lintegrale doppio della funzione F(x,y) esteso allinsieme D la differenza fra il volume del
cilindroide soprastante al sottoinsieme di positivit D+ di F e il volume del cilindroide sottostante
il sottoinsieme di negativit D di F: esso potr dunque risultare positivo, negativo, o nullo,
a seconda del prevalere dellun volume sullaltro, o del loro equivalersi
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 125

Osservazione 3.3. Consideriamo il caso particolare in cui (vedi figura 3.10)


la funzione integranda sia costante: F(x,y) = c
(in figura 3.10 c > 0)

y
D
x

Figura 3.10: Cilindroide relativo a una funzione costante

evidente che, ponendo in atto il procedimento di costruzione delle somme inferiori e superiori
sopra descritto, e tenendo conto che in ogni Qi j , o Qhk , il massimo e il minimo assoluti di F(x,y)
sono entrambi uguali a c, si pu dire che
 
la somma inferiore = area del plurirettangolo inscritto in D c
 
la somma superiore = area del plurirettangolo circoscritto a D c

e poich sar, come noto,


 
lim area del plurirettangolo inscritto in D = mis(D)
0
e
 
lim area del plurirettangolo circoscritto a D = mis(D)
0

essendo il limite del prodotto il prodotto dei limiti

si avr
  
mis K(F) = lim area del plurirettangolo inscritto in D c = mis(D) c
0
insomma

il volume del cilindroide (anzi, tronco di cilindro retto) K(F)


risulta uguale al prodotto dellarea di base, mis(D), per laltezza, c :
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 126

"

(*) mis K(F) = c dxdy = mis(D) c
D
Se c = 1 si ottiene quindi, in particolare,
" "
1 dxdy = dxdy = mis(D) :
D D

la misura di un insieme piano misurabile risulta uguale


allintegrale doppio della costante 1 esteso a D

sicch dalla (*) si trae la formula


" "
c dxdy = c dxdy
D D

valida in effetti anche per c < 0, come facile dimostrare.

Osservazione 3.4. Le propriet 3.1 e 3.2, sopra stabilite, dellintegrale doppio, valgono anche
per funzioni di segno variabile in D: ci limitiamo ad enunciarlo, per brevit. Le dimostrazioni non
sono difficili; anzi, per la propriet 3.2, la prova formulabile nello stesso modo.

Ora, analogamente al caso dellintegrazione semplice, vediamo come si pu calcolare il volume di


cilindroidi pi generali, aventi per facce opposte due grafici di funzioni continue.

Definizione 3.1. Un insieme V dello spazio si dir


normale rispetto al piano Oxy

se esistono due funzioni continue F1 (x,y) e F2 (x,y) di dominio linsieme piano misurabile D ( Oxy )
tali che
F1 (x, y) F2 (x, y) , (x, y) D ,
e inoltre se risulta

V = (x, y, z) : F1 (x, y) z F2 (x, y), (x, y) D

Un insieme normale come quello definito sopra (vedi figura 3.11)

un cilindroide generalizzato :

lo si potrebbe descrivere come la parte di spazio compresa tra il grafico della funzione F1 (x,y),
G(F1 ), e quello della funzione F2 (x,y), G(F2 ).
Abbiamo detto che c una stretta analogia con gli insiemi normali del piano e quelli dello spazio:
e questa analogia si trasferisce anche nei risultati, valendo la seguente

Proposizione 3.1. Linsieme V, di cui in Def.3.1, risulta


un solido misurabile
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 127

G(F2 )

O V

y
D
x

G(F1 )

Figura 3.11: Dominio normale rispetto al piano Oxy

e vale la formula "


mis(V) = [F2 (x, y) F1 (x, y)] dxdy
D

DIM Si pensi semplicemente di traslare (vedi figura 3.12) V verso lalto, in modo che il suo
traslato V0 , certo equiesteso a V, e anchesso, come V, normale rispetto al piano Oxy , si venga a
trovare interamente nel semispazio {z > 0}.
V0 , ora, si pu pensare come

differenza dei due cilindroidi K1 e K2 , sottostanti ai grafici delle due funzioni

F2 (x,y) + c e F1 (x,y) + c
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 128

G(F2 + c)

O G(F1 + c)

D
x

Figura 3.12: Il dominio di figura 3.11, traslato verso lalto.

entrambe di dominio D, e in D continue e non negative,

essendo c (> 0) la lunghezza della traslazione effettuata.


CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 129

Avremo quindi

mis(V) = mis(V0 ) = mis(K2 ) mis(K1 ) =


" "
= [F2 (x, y) + c] dxdy [F1 (x, y) + c] dxdy =
" D D

= [F2 (x, y) + c F1 (x, y) c] dxdy =


"D
= [F2 (x, y) F1 (x, y)] dxdy
D

C.V.D.

Come si sono definiti gli insiemi normali rispetto al piano Oxy , si possono definire quelli normali
rispetto al piano Oxz e al piano Oyz , da pensarsi come cilindroidi compresi tra i grafici di due funzioni

F1 (x, z) e F2 (x, z)

o, rispettivamente
F1 (y, z) e F2 (y, z)
Formule perfettamente analoghe per il calcolo dei volumi di tali insiemi si ottengono in modo simile:
ad esempio, se V normale rispetto al piano Oxz , si avr la formula
"
mis(V) = [F2 (x, z) F1 (x, z)] dxdz
D

ove D il dominio di F1 e F2 , ecc.

3.3 Il calcolo effettivo di un integrale doppio


Veniamo ora al punto cruciale del calcolo effettivo di un integrale doppio.
"
Risulta senzaltro evidente che, se si dovesse calcolare F(x, y) dxdy seguendo il procedimento
D
teorico della costruzione delle somme approssimanti, inferiori, superiori o intermedie, e del calcolo
del loro limite per 0, ben pochi integrali doppi sarebbero in pratica calcolabili: bisogna dunque
trovare qualche mezzo che accorci il processo di approssimazione, e lo renda soprattutto efficace
per il calcolo.
Supporremo, per semplicit, che la funzione integranda F(x,y) sia non negativa, sicch
"
calcolare F(x, y) dxdy significa calcolare il volume del cilindroide K(F)
D
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 130

Osserviamo quindi che, ridotto allessenziale, il metodo descritto teoricamente per giungere alla
nozione di integrale doppio consiste nel costruire una famiglia di solidi misurabili che approssima
K(F).
Ora, fra i solidi misurabili, si sono aggiunti (vedi osservazione 3.3) i tronchi di cilindri retti, la
cui misura si effettua con una, o pi, quadrature, cio calcolo di integrali semplici, per il computo
dellarea di base del tronco di cilindro = mis(D). Si potrebbero quindi costruire solidi approssi-
manti K(F), se la sua configurazione naturalmente a ci si presta, costituiti da tronchi di cilindri: li
chiameremo brevemente
policilindri approssimanti
Vogliamo ora prendere in esame alcuni esempi, nei quali questo approccio giunge a buon fine, come
introduzione alle ben note
formule di riduzione di Fubini per il calcolo di un integrale doppio
Esempio 3.1. Si supponga di dover calcolare
"
F(x, y) dxdy
D

dove
F(x,y) = x + 0 y + q
e D il quadrato, di lato l, LMNP (vedi figura 3.13) (q > l).
La funzione integranda F non dipende esplicitamente da y e il suo grafico (se il dominio esteso a
tutto R2 ) il piano, parallelo allasse Oy (ovvero ortogonale al piano Oxz

: z = x + q

Se, per, il dominio ristretto al quadrato D, si ha che

G(F) = rettangolo L0 M 0 N 0 P0

tetto coprente del cilindroide K(F) = LMNPL0 M 0 N 0 P0 (in effetti, la descrizione pi consona di
K(F) piuttosto questa: il prisma retto di base il trapezio LPP0 L0 e altezza l).
Il solido K(F) quindi di tipo elementare, essendo scomponibile in un parallelepipedo di base D e
altezza q l, e in un semicubo di lato l: si trova facilmente
1 1
mis(K(F) = l2 (q l) + l3 = l2 q l3
2 2
Ma vediamo come allo stesso valore si pu giungere come limite delle misure di opportuni com-
plessi di policilindri approssimanti K(F), inscritti, circoscritti, o intermedi. Il caso particolarmente
l
semplice: in figura 3.13 e figura 3.14 D scomposto, per esempio, in 16 quadrati di lato , e coinci-
4
de con il plurirettangolo inscritto e circoscritto a D (anche per suddivisioni pi fitte, con quadrati di
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 131

O=P
L
N
y

M
L

x
Qij

Figura 3.13: Policilindro inscritto

l
lato , i plurirettangoli inscritto e circoscritto coincidono sempre entrambi con D, sicch, in figura
n
3.14, il Qhk denotato anchesso con Qi j ).
Si sono messi anche in evidenza i parallelepipedi, di base quadrata, elementi del poliedro inscritto
e di quello circoscritto (uno solo per ciascuno, naturalmente) soprastanti il quadrato Qi j : questo per
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 132

L
O=P
L
N
M
y

M
L

x
Qij

Figura 3.14: Policilindro circoscritto

richiamare il procedimento teorico di definizione dellintegrale doppio esposto dettagliatamente in


precedenza. Nel contempo, in figura 3.13, si pu notare come, suddividendo D in n parti (4 nel caso
in figura) che siano

striscie parallele allasse Oy ,


CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 133

sopra a ciascuna di esse i parallelepipedi di base quadrata inscritti in K(F), riuniti assieme, for-
mano un parallelepipedo, che pu anche chiamarsi (volonterosamente) tronco di cilindro, di base
rettangolare di estensione variabile (il primo di essi ha il rettangolo LMM 0 L0 come base) e tutti di
l
spessore (o altezza) (n = 4 in figura), spessore intendendosi nel senso dellasse Ox , ovvio.
n
Lo scaloide unione di questi (4 in figura, in generale)
n tronchi di cilindro-parallelepipedi
ciascuno contenuto nella porzione di K(F) che si proietta sulla relativa striscia
un policilindro inscritto in K(F)
In figura 3.14, sulle stesse striscie considerate sopra, si vedono insistere (anche qui 4 in figura, in
generale)
n tronchi di cilindro-parallelepipedi
ciascuno contenente la porzione di K(F) che si proietta sulla relativa striscia: la loro unione
un policilindro circoscritto a K(F)
In figura 3.15 si sono rappresentati questi scaloidi, inscritto e circoscritto, visti per di profilo,
secondo la direzione dellasse Oy ; inoltre si rappresentato anche
un policilindro intermedio, approssimante K(F),
il quale contiene il policilindro inscritto ed contenuto nel policilindro circoscritto, nonch il profilo
della sezione generica di K(F) con un piano {x = x}, la quale in figura 3.16 viene rappresentata a
pieno in assonometria. Si osservi anche che LPP0 L0 il profilo di K(F).
Ora il momento di mettere in atto lausilio che ci condurr allo scopo che ci siamo proposto.
Sia
S(x)
la funzione, di dominio [0, l], la quale, per ogni x [0, l] assegna larea della sezione di K(F) con il
piano {x = x} : si trova facilmente
S(x) = l(q x)
Infatti, x [0, l],
K(F) {x = x} un rettangolo di base l e altezza q x
Con questa informazione, operiamo una suddivisione di [0, l] mediante i punti

x0 = 0 < < xi1 < xi < < xn = l

ove, nelle figure, si supposto per semplicit (n = 4 e)


l
xi xi1 = (= ) , i {1, 2, , n} ,
n
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 134

z z

P P

L L

x x
L O=P L O=P
(a) Profilo del policilindro inscritto (b) Profilo del policilindro circoscritto

z z

P (0, 0, q)
P

(x, 0, q x)

L L

x x
L O=P L(l, 0, 0) (x, 0, 0) O=P
(c) Profilo del policilindro intermedio (d) Il segmento (x, 0, 0) `a (x, 0, q x) il profilo
della sezione generica di K(F) col piano {x = x}

Figura 3.15: Profili dei policilindri relativi a K(F)

ma le considerazioni si applicano in effetti a qualunque suddivisione si operi dellintervallo [0, l]. Si


osservi anche che, cos,
0 n +
Nel generico subintervallo [xi1 , xi ], la funzione S(x), che decrescente, ha
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 135

P (0, 0, q) N

(0, 0, q x)
(0, l, q x)

(x, 0, q x)

(l, 0, q l) N(0, l, 0)
y
(x, 0, 0) O=P
(x, l, 0)

L(l, 0, 0) M
K(F) {x = x}
x

Figura 3.16: Sezione di K(F) con un piano {x = x}

minimo assoluto mi = S(xi )

massimo assoluto Mi = S(xi1 )

sicch il volume del policilindro inscritto in K(F) sar


X
n
(3.7) S(xi )(xi xi1 )
i
1

e il volume del policilindro circoscritto a K(F) sar


X
n
(3.8) S(xi1 )(xi xi1 )
i
1

Ora (3.7) e (3.8) sono, rispettivamente, e in corrispondenza alla suddivisione effettuata dellinter-
vallo [0, l],
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 136

Z l
la somma superiore relativa allintegrale S(x) dx
0

e
Z l
la somma inferiore relativa allintegrale S(x) dx;
0

infine, il policilindro intermedio avr volume


X
n
(3.9) S(i )(xi xi1 )
i
1

Z l
una somma intermedia relativa allintegrale S(x) dx
0

(nelle figure i il punto medio dellintervallo [xi1 , xi ], in generale pu essere un punto scelto a
piacere in [xi1 , xi ]).
Per le somme suddette si avranno le ovvie disuguaglianze
X
n X
n X
n
S(xi )(xi xi1 ) S(i )(xi xi1 ) S(xi1 )(xi xi1 )
i i i
1 1 1

e se ne pu dunque concludere che lintegrale


Z l
S(x) dx
0

il limite, per 0 (ossia n + per lipotesi di semplicit effettuata), delle tre sommatorie

(3.7), (3.8), (3.9)

e, per i significati geometrici sopra illustrati di (3.7) e (3.8), si pu affermare che


Z l Z l l 
 l  1
mis K(F) = S(x) dx = l(q x) dx = lqx x2 = l2 q l3
0 0 0 2 2
C.V.D.

Insomma, informalmente, si pu dire che K(F) pensabile come ottenuto compattando assieme
(integrando, appunto) infiniti tronchi di cilindro (parallelepipedi in effetti, nel nostro caso) di
sezione continuamente variabile e spessore infinitesimo, ognuno dei quali simulato efficacemente

dallespressione sotto integrale S(x) dx con x che varia da 0 a l


CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 137

Ora, si pensi di esprimere il valore S(x) della funzione S(x), x [0, l], come un integrale darea,
pensando di proiettare la sezione di K(F) col piano {x = x}, sul piano di fronte (vedi figura 3.16)

Oyz = {x = 0}

dove si ritrover la sua area come area del trapezoide (che in effetti un rettangolo) relativo alla
funzione, costante rispetto a y, q x, pensata ristretta allintervallo [0, l]: per ogni x [0, l] risulta
infatti Z l l
(q x) dy = (q x)y = l(q x) = S(x)
0 0

Allora, visto che, x [0, l],


q x = F(x, y)
si pu dire che, x [0, l], si ha
Z l
(3.10) S(x) = F(x, y) dy
0

e quindi pu acquistare significato la seguente formula


" Z lhZ l i
(3.11) F(x, y) dxdy = F(x, y) dy dx
D 0 0

da interpretarsi, si badi bene, nel modo appresso descritto:


Rl
1. nellespressione F(x, y), durante il calcolo di 0 F(x, y)dy, la x va considerata come fosse una
costante e, a integrazione effettuata,
Z l
F(x, y) dy
0

risulter il valore di una funzione della sola x, la quale, come la (3.10) attesta, esattamente
quello della funzione S(x), sopra considerata, calcolato in x;
Rl
2. segue il calcolo dellintegrale 0 S(x)dx, che, come sopra chiarito, fornisce il valore dellin-
tegrale doppio (nel nostro caso uguale al volume del cilindroide K(F))

Riassumendo il senso della formula (3.11), si suole dire che

il calcolo dellintegrale doppio


"
F(x, y) dxdy
D

stato ricondotto alle quadrature


CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 138

e ci significa che

si pu calcolarlo ricorrendo a due integrazioni semplici successive

nel senso precisato a commento della formula (3.11)

Cambiamo prospettiva, per ottenere sempre lo stesso risultato (ci, in matematica, avviene spesso,
ed in generale assai istruttivo, perch educa a trovare la via pi conveniente, che di solito la pi
breve ed elegante, per risolvere un problema: economia mentale la regola doro in Matematica).
Facciamo riferimento (vedi figura 3.17) alla generica sezione di K(F) con un piano ortogonale
allasse Oy (parallelo a Oxz )
{y = y}
chiaro che
K(F) {y = y}
sempre lo stesso trapezio che trasla dalla posizione LPP0 L0 alla posizione MNN 0 M 0 , con area
costante e pari a
1
S(y) = lq l2 , y [0, l]
2
in questo caso la costruzione dei policilindri inscritti, circoscritti e intermedi risulta un po futile,
poich tutti coincidono con K(F): comunque, ragionando esattamente come nel primo caso, si trova
che lintegrale doppio "
F(x, y) dxdy
D
coincide con il volume di K(F) e con il valore dellintegrale semplice
Z l Z l l
1  1  1
S(y) dy = lq l2 dy = lq l2 y = l2 q l3 :
0 0 2 0 2 2
come si vede si ottiene lo stesso risultato.

Questa volta la formula analoga alla (3.11) la seguente


" Z lhZ l i
F(x, y) dxdy = F(x, y) dx dy
D 0 0

con interpretazione analoga del primo integrale, che il lettore invitato ad esplicitare: infatti si
trova, y [0, l],
Z l Z l l 1 1
F(x, y) dx = (q x) dx = (qx x2 ) = ql l2 = S(y) :
0 0 0 2 2
cos ancora lintegrale doppio riportato alle quadrature,
con lordine di integrazione per invertito: prima rispetto a x, poi rispetto a y.
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 139

P (0, y, q) N

K(F) {y = y}

(l, y, q l) M

L (0, y, 0) N(0, l, 0)
y
O=P

L (l, y, 0) M

Figura 3.17: Sezione del cilindroide parallela ad Oxz

Esempio 3.2. Si supponga ora di dover calcolare lintegrale doppio


"
F(x, y) dxdy
D

dove
F(x,y) = R2 x2 y2
e D ( Oxy ) il semidisco circolare anteriore di centro O e raggio R; K(F) quindi (vedi figura
3.18) il quarto di solido sferico di centro O e raggio R contenuto nel diedro = {x 0 z 0},
compreso fra il semidisco D e il grafico G(F) della funzione integranda, la quale , a sua volta, il
quarto della superficie sferica
F : x2 + y2 + z2 = R2
contenuto del diedro .
In figura 3.18 K(F) stato troncato con il piano {x = x}, per mettere in risalto la sua sezione piana
semicircolare di centro (x, 0, 0) e raggio

r(x) = R2 x2
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 140

(0, 0, R)

(0, R, 0)

O (0, R, 0)
y

(x, R2 x2 , 0) H

(R, 0, 0) P (x, R2 x2 , 0)
x

mis(OH) = x mis(OP ) = R mis(HP ) = R2 x2

Figura 3.18: Un quarto di sfera

sicch la funzione che fornisce larea di questa regione ora


2
S(x) = (R x2 )
2
La sezione K(F) {x = x}, se traslata di un po verso O(0, 0, 0), genera il tipico tronco di cilindro,
elemento di un policilindro inscritto in K(F); se traslata invece nellaltra direzione, genera il tipico
tronco di cilindro elemento di un policilindro circoscritto a K(F)
In figura 3.19, si possono vedere di profilo, nel senso dellasse Oy , una terna di policilindri, in-
scritto, circoscritto e intermedio, relativi ad una stessa suddivisione dellintervallo [0, R] in n = 8
sub-intervalli; nel caso del policilindro intermedio, lunit di misura stata aumentata, per meglio
mettere in evidenza il parziale fuoriuscire e rientrare del solido rispetto a K(F) (il cui profilo un
quarto di cerchio di raggio R: del tutto evidente che le sue eccedenze e carenze rispetto a K(F)
sono destinate, con linfittirsi delle suddivisioni, a compensarsi sempre pi esattamente, sicch la
sua figura-limite risulter proprio K(F), e il limite della sua misura la misura di K(F).
Si osservi che gli elementi dei tre policilindri sono tronchi di cilindro di sezione semicircolare di
R
raggio decrescente da R a 0, e di spessore (in figura n = 8) nel senso dellasse Ox : volgendo i
n
loro dorsi allosservatore, i loro profili appaiono rettangolari, ma sono in realt tronchi di cilindri di
basi semicircolari visti di fianco.
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 141

z z

(0, 0, R) (0, 0, R)

x x
(R, 0, 0) O (R, 0, 0) O
(a) Profilo del policilindro inscritto (b) Profilo del policilindro circoscritto
z

(0, 0, R)

x
(R, 0, 0) O
(c) Profilo del policilindro intermedio

Figura 3.19: Profili dei policilindri relativi a K(F)

Le considerazioni circa le somme inferiori, superiori e intermedie relative allintegrale


Z R
S(x) dx
0
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 142

possono essere facilmente mutuate da quelle effettuate nellesempio 3.1: la conclusione che
" p Z R R 
 2 1  1
R2 x2 y2 dxdy = mis K(F) = (R x2 ) dx = R2 x x3 = R3
D 0 2 02 3 3
Si conclude che il volume del solido sferico completo V, di centro O e raggio R, che lunione di 4
solidi uguali a K(F), vale
4
mis(V) = R3
3
che la formula riportata in ogni manuale, ma qui essa
finalmente dimostrata
Anche in questo caso si impone una formula, analoga alla (3.11) dellesempio 3.1, cio una ridu-
zione dellintegrale doppio alle quadrature.
Partiamo osservando che, x [0, R], larea della sezione

K(F) {x = x}

si ritrova come un integrale semplice rispetto a y. Infatti risulta:


Z
R2 x2
R2 x2
p y R2 x2 y2 R2 x2 y
R2 x2 y2 dy = + arcsin =
R2 x2 R2 x2 2 2 R2 x2
" #
R2 x2 R2 x2
=0+ arcsin 1 0 + arcsin(1) =
2 2

= (R2 x2 ) = S(x)
2
Ne segue che varr la formula di riduzione seguente
" p Z R Z
R2 x2 p



R2 x2 y2 dxdy = R2 x2 y2 dy dx
D 0 R2 x2

con unavvertenza interpretativa identica a quella precisata nel caso della formula (3.11) dellesem-
pio 3.1, alla quale il lettore invitato a riferirsi.

Assumiamo anche in questo caso la seconda prospettiva, che prende in considerazione policilindri
inscritti, circoscritti e intermedi di basi sezioni di K(F) con piani del tipo {y = y}. La sezione
generica (vedi figura 3.20)
K(F) {y = y} , y [R, R] ,
p
un quarto di disco circolare di centro (0, y, 0) e di raggio variabile R2 y2 , crescente da R a 0
e decrescente da 0 a R. La funzione che ne fornisce larea

S(y) = (R2 y2 )
4
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 143

(0, 0, R)
p
(0, y, R2 y 2 )

(0, R, 0)

O (0, R, 0)
y

(R, 0, 0) p
x P ( R2 y 2, y, 0)

Figura 3.20: Sezioni del quarto di sfera parallele a Oxz

Anche in questo caso sono rappresentati, in figura 3.21, i policilindri dei tre tipi, visti di profilo,
secondo la direzione, questa volta, dellasse Ox : i loro profili appaiono anche qui rettangolari, ma,
in se stessi, sono tronchi di cilindro di sezione un quarto di disco circolare di raggio variabile,
volgenti i loro dorsi curvi allosservatore.
Le considerazioni sui volumi dei policilindri e le somme parziali relative allintegrale
Z R
S(y) dy
R
conducono, come nei casi precedenti (al lettore precisare i dettagli) a concludere che
" p Z R Z R
 2
R x y dxdy = mis K(F) =
2 2 2 S(y) dy = (R y2 ) dy =
D R R 4
R
2 1 1 1 
= (R y y3 ) = (R3 R3 ) (R)3 (R)3 =
R 4 3 4 3 4 3
1
= R3 R3 = R3
2 6 3
che lo stesso risultato ottenuto in precedenza.
La riduzione dellintegrale doppio alle quadrature affidata questa volta alla formula
" p Z R Z R2 y2 p


2 x2 y2 dx

R2 x2 y2 dxdy = R dy
D R 0
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 144

z z

(0, 0, R) (0, 0, R)

y y
(R, 0, 0) O (R, 0, 0) (R, 0, 0) O (R, 0, 0)
(a) Profilo del policilindro inscritto (b) Profilo del policilindro circoscritto
z

(0, 0, R)

y
(R, 0, 0) O (R, 0, 0)
(c) Profilo del policilindro intermedio

Figura 3.21: Profili dei policilindri relativi al quarto di sfera, paralleli ad Oxz

Il lettore la interpreti in modo corretto, verificando che lintegrale tra parentesi quadrate, eseguito
rispetto a x, fornisce S(y), il valore della funzione S(y) in y.

Esempio 3.3. Si consideri la retta del piano Oyz passante per O(0, 0, 0) e il punto (0, h, R)
(
x=0
g :
zh Ry = 0
Ruotando g attorno allasse Oy si ottiene la superficie conica rotonda F (di asse Oy e) di equazione

(x2 + z2 )h2 R2 y2 = 0

(lo verifichi il lettore riferendosi allargomento superfici di rotazione svolto nel Vol.2 di Argo-
menti di Matematica per lIngegneria, Cap.8.
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 145

z (0, h, R)

(R, h, 0)
D
x (0, h, 0)

(R, h, 0)

Figura 3.22: Tronco di cono

Di tale superficie, la parte contenuta nel semispazio {z 0} il grafico G(F) della funzione di due
variabili
R2 y2 h2 x2
F(x,y) =
h
Restringendo tale funzione al triangolo D( Oxy ) (vedi figura 3.22) di vertici

O(0, 0, 0) , V1 (R, h, 0) , V2 (R, h, 0)

il relativo cilindroide K(F) che si ottiene non altro che la met, che sta sopra al piano Oxy , del
tronco di cono retto e rotondo di vertice O(0, 0, 0) e base il disco di centro C(0, h, 0) e raggio R
contenuto nel piano {y = h} (laltra met del tronco di cono la figura simmetrica di K(F) (il cui
contorno punteggiato in figura).
Dunque lintegrale doppio
" p 2 2
R y h2 x 2
dxdy
D h
risulta uguale al volume del semitronco di cono K(F).
La disposizione del solido K(F) induce naturalmente alla considerazione della sua sezione generica
con un piano {y = y}, con y [0, h], a forma di semidisco di raggio variabile (vedi figura 3.23)
R
r(y) = y
h

sicch la funzione che fornisce larea di K(F) {y = y} per ogni y [0, h]


R2 2
S(y) = y
2 h2
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 146

z (0, h, R)

(R, h, 0)
D
x (0, h, 0)

y
K(F) {y = y}
(R, h, 0)

Figura 3.23: Sezione del tronco di cono

I tronchi di cilindro, elementi costitutivi dei soliti tre cilindroidi, hanno per basi sezioni del tipo
K(F) {y = y}, e sono rappresentati in figura 3.24, di profilo, secondo visuale parallela allasse Ox ;
nella stessa figura il triangolo di vertici O(0, 0, 0), (0, h, 0), (0, h, R) il profilo di K(F). Le solite
considerazioni sui volumi dei policilindri, riguardati come somme parziali relative allintegrale
Z h
S(y) dy
0

portano a concludere che risulta


" p 2 2 Z h
R y h2 x2 
dxdy = mis K(F) = S(y) dy
D h 0
Z h h
R2 2 R2 y3 1
= 2
y dy = 2 3
= (R2 )h
0 2 h 0
2 h 6
Questo risultato implica che il volume di un tronco di cono retto e rotondo, di raggio di base R e
altezza h
 1
2 mis K(F) = (R2 ) h
3
anche questa formula risulta a tutti nota, ma ora qui
finalmente dimostrata
La formula di riduzione alle quadrature , in questo caso,
" p 2 2 Z h Z Rh y p 2 2
R y h2 x 2 R y h2 x2
dxdy = dx dy
D h 0 R
h y h
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 147

z z
(0, h, R) (0, h, R)

x x
O (0, h, 0) O (0, h, 0)
(a) Profilo del policilindro inscritto (b) Profilo del policilindro circoscritto
z
(0, h, R)

x
O (0, h, 0)
(c) Profilo del policilindro intermedio

Figura 3.24: Profili dei policilindri relativi al tronco di cono

come il lettore potr verificare (calcolando lintegrale tra parentesi quadre, con y considerata co-
stante, rispetto a x, a integrazione effettuata si trova

R2 2
y = S(y)
2 h2
ecc.. . . ).
Ci sarebbe naturalmente la possibilit di considerare la generica sezione di K(F) con piani del tipo
{x = x}, con relative famiglie di policilindri approssimanti, ecc.. . . , solo che (vedi figura 3.25)

K(F) {x = x}

un semisegmento di regione iperbolica avente per lato curvilineo un tratto del ramo di iperbole
rappresentato dal sistema

x = x

x=x




h|x|



x = x

y2 z2

yh




!2 2 = 1

R2
R2 y2 h2 x2 x


z=
hx
y z2


h



! =1
yh

R

hx
2 x2
yh

R
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 148

z (0, h, R)

O
(x, 0, 0) V2 (R, h, 0)
D
x (0, h, 0)

y
K(F) {x = x}
V1 (R, h, 0)

Figura 3.25: Sezione del tronco di cono con un piano parallelo a Oyz

Larea di K(F) {x = x} data dalla funzione, di dominio [R, R], definita da


s
Z h p 2 2 Z h !2
R y h2 x 2 R hx
S(x) = dy = y2 dy = (v. prontuario)
h|x|
R
h h h|x|
R
R
q  2 s
h
y y2 hx !2
R R
2 2
h x
hx
= log
y + y2 = =
h h|x| 2 2R2 R
R

h 2 hx2 hx2  
= R x2 + log |x| log R + R2 x2
2 2R 2R
Ora la funzione sopra definita di difficile (ma non impossibile) integrazione e il procedimento non
conveniente: fortunatamente il primo messo in atto giunto rapidamente allo scopo.
Comunque, i profili dei policilindri relativi a questo caso sono uguali a quelli illustrati in figura 3.21,
e il profilo di K(F) lo stesso semidisco, solo che la visuale essendo ora parallela allasse Oy , nella
figura al posto dellasse Oy deve leggersi Ox .

Commento riassuntivo agli esempi 3.1, 3.2, 3.3

Le conclusioni cui si giunti in ciascuno dei tre esempi sopra considerati si possono efficacemente
riassumere dicendo che il valore di ciascuno degli integrali doppi, il cui significato geometrico ,
essendo la funzione integranda non negativa nel suo dominio D, il volume del rispettivo cilindroide
K(F), si pu ottenere

calcolando lintegrale (semplice) della funzione darea di una sezione piana di K(F)
la quale spazza K(F) stesso da un capo allaltro
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 149

e, inoltre, poich anche larea della sezione in questione pu essere a sua volta ottenuta calcolando
un altro integrale semplice, si pu dire che
il calcolo dellintegrale doppio ottenibile con due quadrature successive.
Bisogna per sottolineare il fatto, apparso evidente durante le procedure messe in atto, che a queste
assai utili conclusioni si potuti giungere con lausilio dei policilindri inscritti e circoscritti, i cui
volumi si riconoscono come somme inferiori e superiori relative allintegrale della funzione darea.
Ora le possibilit di costruire questi policilindri dovuta alla conformazione notevolmente regolare
di K(F), dovuta sia alla particolare semplicit della funzione integranda F, e quindi del suo grafico
G(F), che delimita K(F) verso lalto, sia a quello del campo D di integrazione doppia, che di K(F)
costituisce la base.
Nel caso di funzioni pi generali, dunque di grafici G(F) di comportamento alquanto imprevedibile,
ma con lipotesi di normalit, rispetto alluno o allaltro degli assi, del loro dominio D, ancora
possibile riferirsi con profitto a una famiglia di policilindri approssimanti K(F), del tipo che negli
esempi considerati era chiamato intermedio, i cui elementi costitutivi sono tronchi di cilindro
aventi per basi sezioni di K(F) con piani del tipo {x = x} o {y = y}: il problema che (vedi figura
3.26) traslando (in figura nel senso dellasse Ox ) da una banda o dallaltra, tale sezione non genera
pi un tronco di cilindro contenuto nella porzione di K(F) che insiste sulla sua base dappoggio
sul piano Oxy , o contenente questa porzione, e questo per la assai varia e multiforme possibilit di
comportamento del grafico di una funzione di due variabili.

Questo fa si che i policilindri inscritti e circoscritti non siano pi associabili in modo semplice e
naturale a quelli intermedi, e che non si possa giungere cos rapidamente, come negli esempi
citati, alla conclusione pi interessante, cio alla
riduzione del calcolo di un integrale doppio alle quadrature.
Tuttavia, il merito dei
teoremi di Fubini
che tra poco illustreremo, proprio quello di accertare che, alla fine, pur se i policilindri appros-
simanti in parte fuoriescono da K(F) e in parte rientrano in esso (la cosa gi stata sottolineata a
pag.140, a commento del grafico 3.19(c)), le loro eccedenze e carenze rispetto a K(F), col tendere a
zero dello spessore dei loro componenti, finiscono col compensarsi esattamente, sicch il limite dei
loro volumi risulta uguale a quello di K(F), e lintegrale doppio si pu ancora calcolare ricorrendo
a due quadrature successive.

3.4 I teoremi di riduzione di Fubini


Teorema 3.1 ( 1 Teorema di riduzione ). Sia F(x,y) una funzione continua nellinsieme
D, supposto normale rispetto allasse Ox (vedi figura 3.27).
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 150

K(F) {x = x}

y
O
D

Figura 3.26: Cilindroide K(F) sottostante al grafico di F(x, y)

Allora vale la seguente formula


" Z b "Z f2 (x) #
F(x, y) dxdy = F(x, y) dy dx
D a f1 (x)

la quale va correttamente interpretata nel modo seguente.


Si pensi di fissare un generico valore x [a, b]; la funzione
F(x, y)
pensata ormai funzione della sola y, risulta (vedi figura 3.27) definita e continua nellintervallo
[f1 (x), f2 (x)], sicch si potr calcolarne lintegrale definito esteso a questo intervallo; tale calcolo,
ripetuto per ogni x [a, b], definisce una funzione S(x), di dominio [a, b] che, come si prova, in
[a, b] continua: lespressione che nella formula tra parentesi quadrate, cio
Z f2 (x)
F(x, y) dy
f1 (x)

indica precisamente il valore S(x) di tale funzione S(x)


(N.B. La funzione S(x), quando F(x,y) non negativa, come negli esempi 3.1, 3.2, 3.3 del 3.3,
la funzione il cui valore S(x), x [a, b], larea della sezione di K(F) col piano {x = x}).
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 151

f2 (x)

{y = f2 (x)}
D

a O x b
x
f1 (x)
{y = f1 (x)}

Figura 3.27: Dominio D di F(x, y) normale rispetto allasse Ox

In pratica, per procurarsi S(x), basta pensare x come fosse costante, trovare una primitiva di F(x, y)
rispetto a y, cio una funzione (x, y), tale che 0y (x, y) = F(x, y), e quindi calcolare
 
x, f2 (x) x, f1 (x) = S(x)
Ottenuta questa funzione della sola x, di dominio [a, b], il procedimento
Rb suggerito dalla formula
di calcolare lintegrale definito di S(x) esteso ad [a, b], ovvero a S(x) dx: il risultato cos ottenuto
il valore dellintegrale doppio "
F(x, y) dxdy
D
Nel caso in cui F(x,y) non negativa, si ottiene una procedura analoga a quella esposta negli
esempi citati, per il calcolo
del volume del cilindroide K(F).
Ci limiteremo a questa constatazione, perch il tempo per una dimostrazione puntuale della formula
non a nostra disposizione.
Teorema 3.2 ( 2 Teorema di riduzione ). Sia F(x,y) una funzione continua nellinsieme
D, supposto normale rispetto allasse Oy (vedi figura 3.28)
Allora vale la seguente formula
" Z d "Z g2 (y) #
F(x, y) dxdy = F(x, y) dx dy
D c g1 (y)
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 152

D
O
x
g1 (y) g2 (y)

{x = g2 (y)}
{x = g1 (y)}
c

Figura 3.28: Dominio D di F(x, y) normale rispetto allasse Oy

Vale per questa formula una interpretazione analoga a quella relativa alla prima formula di ridu-
zione, che il lettore espliciter, con la necessaria precisione, scambiando naturalmente i ruoli delle
variabili. Anche linterpretazione geometrica si effettua adattando i simboli al caso attuale, ma lo
schema delle considerazioni lo stesso.
Osservazione 3.5. Supponiamo che V sia un
cilindroide generale
compreso tra i grafici G(F1 ) e G(F2 ) di due funzioni F1 (x,y) e F2 (x,y) definite in un insieme D,
normale, ad es., rispetto a Ox .
Sappiamo che (v.Prop.3.1)
"
 
mis(V) = F2 (x, y) F1 (x, y) dxdy
D
a
Lintegrale doppio si pu calcolare con la 1 formula di riduzione:
" Z b "Z f2 (x) #
   
F2 (x, y) F1 (x, y) dxdy = F2 (x, y) F1 (x, y) dy dx
D a f1 (x)

che significato ha, ora, lespressione fra parentesi quadrate? esattamente (vedi figura 3.29) il
valore della funzione darea S(x), che per ogni x [a, b], d larea della sezione piana (a tratteggio
obliquo)
V {x = x}
infatti, per ogni x [a, b], tale sezione (la si pensi proiettata sul piano di fronte Oyz ) risulta
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 153

N.B. V e` stato troncato con il piano {x = x} per mettere in luce la sezione V {x = x}.
Si noti che il piano Oxy e` considerato trasparente.

z
 
f1 (x) y f2 (x) G(F2 )

(x, y, F2 (x, y))

(x, f1 (x), F2 (x, f1 (x)) (a, 0, 0)

V {x = x} (x, f2 (x), F2 (x, f2 (x))

(x, f1 (x), 0) O y
G(F1 )
(b, 0, 0)
(x, f2 (x), 0)

x (x, f2 (x), F1 (x, f2 (x))


(x, y, F1 (x, y))
(x, f1 (x), F1 (x, f1 (x))
 
f1 (x) y f2 (x)

Figura 3.29: Formula di riduzione di Fubini

una regione normale rispetto allasse Oy

compresa tra i grafici delle due funzioni della variabile y

F1 (x, y) , F2 (x, y)

entrambe definite nellintervallo [f1 (x), f2 (x)].


Ora, se la funzione S(x) si pu calcolare, con qualche accorgimento, in modo diretto, ne segue la
utile formula Z b
mis(V) = S(x) dx
a
poich appunto si ha, nel senso ormai ben chiarito,
Z f2 (x)
 
S(x) = F2 (x, y) F1 (x, y) dy
f1 (x)
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 154

Unosservazione analoga si pu formulare a proposito della 2a formula di riduzione.


Esempio 3.4. Applichiamo losservazione precedente al calcolo del volume di un ellissoide.
Lellissoide sia racchiuso dalla superficie ellissoidale
x2 y2 z2
F: + =1+
a2 b2 c2
V un cilindroide generale (vedi figura 3.30) compreso tra i grafici delle due funzioni
r r
x2 y2 x2 y2
F1 (x,y) = c 1 , F2 (x,y) = +c 1
a2 b2 a2 b2

z
F

C
D

y
x

Figura 3.30: Ellissoide

Si noti che G(F1 ) G(F2 ) = F e che la linea C di giunzione tra G(F1 ) e G(F2 ) lellisse
2 2


x y2
z 2

x y2
+ + = 1 + =1
C = F Oxy : a2 b2 c2 a2 b2

z=0
z=0

frontiera-contorno dellinsieme D, dominio di F1 (x,y) e F2 (x,y). D , a sua volta, un insieme


normale rispetto ad entrambi gli assi Ox e Oy : ad esempio, compreso tra i grafici delle due funzioni,
di dominio lintervallo [a, a],
b 2 b 2
f1 (x) = a x2 , f1 (x) = a x2
a a
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 155

V {x = x}
C

x D
y
x

Figura 3.31: Sezione dellellissoide con un piano {x = x}

Larea della sezione generica di V con il piano {x = x} larea della regione piana R x delimitata
dallellisse (in tono grigio in figura)


2 2

y2 z2

x y2 z2
y z2 a 2 x 2

! +  2 = 1

+ + =1
+ =
b 2 c 2
Cx :
a2 b2 c2
b2 c2 a2
a2 x 2 a x 2

x=x
x=x

a a


x=x

Come noto, la funzione che d larea di R x , x [a, a], cio il numero


 
mis R x = mis V {x = x}

! !
b 2 c 2 bc
S(x) = a x2 a x = 2 (a2 x2 )
2
a a a
Ne segue che
Z a
a !
bc 2 bc 2 x3 bc 4 3 4
mis(V) = (a x ) dx = 2 a x
2
= 2 a = abc :
a a2 a a 3 a 3 3

se a = b = c si ritrova il volume della sfera di raggio a.


CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 156

Osservazione 3.6. opportuno osservare esplicitamente che le


formule di riduzione di Fubini
valgono per una funzione F(x,y) qualsiasi, anche con sottodomini di negativit: per la loro applica-
bilit serve solo la normalit dellinsieme D, dominio di F(x,y).
Esempio 3.5. Calcolare lintegrale doppio
"
(2 x y) dxdy
D

ove D il disco di centro (1, 1) e raggio 1 (vedi figura 3.34)


La funzione integranda F(x,y) = 2 x y, definita in R2 , ha per grafico (vedi figura 3.32) il piano

= G(F) = {z = 2 x y}

F(x,y), ristretta a D risulta avere per grafico (vedi figure 3.32, 3.33)

G(F| D )

che la regione piana racchiusa dallellisse C intercettata su dalla superficie cilindrica verticale
di direttrice il circolo contorno del disco D (vedi figura 3.33). D si divide in due semidischi (vedi
figura 3.34):
D+ = regione di positivit di F(x,y) = 2 x y

D = regione di negativit di F(x,y) = 2 x y

Naturalmente si ha che (vedi figure 3.32 e 3.33)


G(F| D+ ) = regione delimitata verso lalto dalla semiellisse (LMN)

G(F| D ) = regione delimitata verso il basso dalla semiellisse (LMP)

Sopra a D+ si situa il cilindroide V+ = K(F| D+ = (LRMQN). Sotto a D si situa il cilindroide


V = K(F| D = (LS MQP).
Chiaramente risulta che
V+ e V sono equiestesi, in quanto sovrapponibili,
luno ottenendosi dallaltro mediante rotazione di 180 attorno a r = Oxy ; ne segue che

mis(V+ ) = mis(V )

Ora, come sappiamo, si ha


" "
(2 x y) dxdy = mis(V+ ) , (2 x y) dxdy = mis(V )
D+ D
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 157

= {z = 2 x y} = G(2 x y)

C=

y
Q
L

x S
R

Figura 3.32: Un esempio di integrale doppio

e da ci segue
" " "
(2 x y) dxdy = (2 x y) dxdy + (2 x y) dxdy = mis(V+ ) + mis(V ) = 0
D D+ D

Orbene, questo risultato deve riottenersi applicando la 1a formula di riduzione allintegrale doppio
"
(2 x y) dxdy
D

Il dominio di integrazione normale, in effetti, rispetto allasse Ox , essendo compreso tra i grafici
delle due funzioni
f1 (x) = 1 2x x2 , f2 (x) = 1 + 2x x2
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 158

D+ D

V+ r

Figura 3.33: Un esempio di integrale doppio

z
= {2 x y < 0}
M

b b
S
D
b

D+
R b b
L
x
O
r = {2 x y = 0}
= {2 x y > 0}

Figura 3.34: Dominio di integrazione


CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 159

entrambe di dominio lintervallo [0, 2]: al lettore i dettagli. Dunque avremo


" Z 2 Z 1+ 2xx2

dx =
(2 x y) dxdy = (2 x y) dy
D 0 1 2xx2
Z 2 1+ 2xx2

y2
= 2y xy dx = (a conti fatti) =
0 1 2xx2 2
Z 2 2 2
= (2 2x) 2x x2 dx = [2x x2 ]3/2 = 0 0 = 0
0 0 3

che quanto volevamo provare. Al lettore il calcolo dellintegrale mediante la 2a formula di Fubini.

3.5 Il teorema del valor medio integrale


Analogamente al caso dellintegrale semplice, e con dimostrazione concettualmente identica, basata
sul teorema di Weierstrass e sul teorema di tutti i valori, che pu essere formulata dal lettore come
utile richiamo e approfondimento, si ha il

Teorema 3.3 ( Del valor medio integrale ). Sia F(x,y) una funzione definita e continua
nellinsieme D, chiuso, limitato e misurabile.
Allora vale luguaglianza
"
(3.12) F(x, y) dxdy = mis(D)F(, )
D

ove (, ) un punto opportuno di D, e in generale non unico.


Il numero !
F(x, y) dxdy
F(, ) = D
mis(D)
viene chiamato
il valor medio di F(x,y) in D = v.m.(F, D)
la denominazione essendo da attribuire al fatto che loperazione di integrazione doppia di F(x,y)
estesa a D giunge allo stesso risultato cui giungerebbe se la funzione fosse in D costante e pari al
suo valore medio: si osservi infatti che il secondo membro della (3.12) si pu riscrivere cos
"" # "
dxdy [v.m.(F, D)] = [v.m.(F, D)] dxdy
D D

Si osservi che, nel caso dellultimo esempio del paragrafo precedente si ha che
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 160

il valor medio di F(x,y) = 2 x y nel disco D 0


il che si accetta di buon grado considerando attentamente lillustrazione grafica allegata.
Osservazione 3.7. Nel caso di una funzione non negativa in D, si pu interpretare genericamente
la (3.12) dicendo che
il volume del cilindroide K(F), qualunque sia la sua configurazione, eguaglia quello di un tronco
di cilindro retto, di sezione sempre uguale a D e di altezza h = v.m.(F, D).
Esempio 3.6. Calcolare il valor medio della funzione

F(x,y) = x2 + y2

nel disco D di centro lorigine e raggio 1.

Troviamo:
" p Z 1 Z
1x2 p



x2 + y2 dxdy = x2 + y2 dy dx =
D 1 1x2
Z 1 1x2

y y2 + x 2 x 2 
= + log y + y + x dx =
2 2
1 1x2 2 2
Z 1 Z 1 2 Z 1 2
x  x 
= 1 x dx +
2 log 1 + 1 x dx 2 log 1 1 x2 dx =
1 1 2 1 2
1
x 1 x2 1
= + arcsin x+
1 2 2
1 3 Z 1 3
x  x 1 x
+ log 1 + 1 x 2
dx+
1 6 1 6 1 + 1 x2 1 x2
1 Z 1 3
x3  x 1 x
log 1 1 x2 dx =
1 6 1 6 1 1 x2 1 x2
Z 1 ! Z 1 !
1 x2 1 x2
= +0+ x dx 0 +
2
2
+ x dx =
2 6 1 1 x2 6 1 1 x2
Z 1
1 1 x2 1 x 1 x2 1
= + dx = + + arcsin x =
2 3 1 1 x2 2 3 1 2 2
2
= + =
2 6 3
Ne segue che
 2
v.m. x2 + y2 , D =
3
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 161

z z

x y x y
(a) Cono e relativo cilindroide (b) Sezione del cilindroide
z

parte perduta

y
O

parte acquistata
(c) Equivalenza di parti del cilindro

Figura 3.35: Superficie conica e valor medio della relativa funzione


Il grafico di x2 + y2 ristretta a D , come risaputo, il tronco di superficie conica di vertice O con
la base in alto nel circolo C di centro (0, 0, 1) e raggio 1 sul piano {z = 1} (vedi figura 3.35). K(F)
il solido compreso tra D e G(F) sopra descritto: quindi il cilindro K1 di base D e altezza 1 a cui
stato tolto il tronco di cono K2 di superficie laterale G(F).
Cos il lettore ne calcoler rapidamente il volume per via sintetica:
1 2
mis(K(F)) = mis(K1 ) mis(K2 ) = =
3 3
! p
calcolando nel contempo lintegrale doppio D x2 + y2 dxdy evitando i pur utili calcoli sopra ef-
fettuati.
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 162

2
Il cilindroide K(F) equivale quindi al cilindro di base D e altezza (vedi figura 3.35(b), 3.35(c)):
3
impareremo pi avanti (coi teoremi di Guldin) che ci dovuto allequivalenza del tronco di cono
2
K0 di vertice O e altezza (rovesciato e di profilo) con il solido ottenuto per rotazione del triangolo
3
(con didascalia parte perduta) attorno allasse Oz , che parte integrante del solido K(F), mentre
K0 non lo .

3.6 Uso dellintegrale doppio in fisica matematica


Lintegrazione doppia (e in seguito quella tripla, e pi in generale ancora, quella npla in Rn ) si
applica a una vasta gamma di situazioni fisico-matematiche.
Linterpretazione geometrica una di queste, ed sempre possibile, ma, come logico, in genere
qualche quantit specifica, collegata al fenomeno che si studia, che considerata di interesse preva-
lente, e la cui valutazione si effettua calcolando un integrale doppio.
Avvertiamo intanto che, poich lintegrazione doppia interviene, ed ben naturale che sia cos, nella
fisica-matematica dei corpi bidimensionali (in questottica, anche il volume di un cilindroide da
pensarsi come un fenomeno determinato dalla forma e dalla reciproca posizione delle calotte su-
perficiali bidimensionali che lo delimitano) in uso una notazione abbreviata di un integrale doppio.
In genere, un corpo bidimensionale, o lamina, si denota con il simbolo (iniziale del termine
superficie)
S
e la sua areola elementare col simbolo
dS
sicch lintegrale di una funzione F(x,y) esteso a S si denota col simbolo
"
F(x, y)dS
S

lasciando quindi aperta la possibilit, come vedremo, di concepire


integrazioni superficiali anche su lamine non piane
come sono del resto la maggior parte dei corpi bidimensionali: infatti, in tal caso la funzione inte-
granda di solito la restrizione a S di una funzione di tre variabili.
A titolo di notizia consideriamo qualche esempio.
Supponiamo che S sia una lamina piana pesante, di densit materiale variabile espressa da una
funzione definita su S
D(x,y)
allora lintegrale doppio " "
D(x, y)dxdy = D(x, y)dS
S S
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 163

dar

la massa totale della lamina

essendo la

sommatoria doppia infinita convergente

di tutte le masse elementari D(P)dS , P S ,

ciascuna delle quali

il prodotto della densit locale D(P) per lareola dS intorno di P

A una interpretazione analoga si giunge se S pensata come lamina carica elettricamente, con
densit di carica locale D(P): lintegrale
"
D(P)dS
S

dar questa volta

la quantit di elettricit portata dallintera lamina

Lintegrale doppio largamente impiegato nel calcolo dei

flussi di campi vettoriali attraverso superficie

siano esse piane o sghembe, quantit di primario interesse in fluidodinamica, elettromagnetismo,


ecc.. . . .
Altra occasione di uso dellintegrale doppio il calcolo

dei baricentri di lamine pesanti, omogenee o no, piane o sghembe.

Ad esempio, se S una lamina piana, di densit D(x,y), le due coordinate del suo baricentro G sono
date dalle formule
! !
xD(x, y)dS yD(x, y)dS
(3.13) xG = ! S
, yG = !S
S
D(x, y)dS S
D(x, y)dS

Si osservi che, in entrambe le frazioni, il denominatore d la massa totale della lamina.


Al lettore sar senzaltro noto che, se un

sistema pesante
CAPITOLO 3. INTEGRALI DOPPI 164

si riduce ad un sistema finito di punti pesanti

i = 1, 2, , r
Pi j ,
j = 1, 2, , s

ciascuno dotato della relativa massa


mi j
il baricentro G di questo sistema ha coordinate fornite dalle due formule

X
r X
s X
r X
s
xi j mi j yi j mi j
i j i j
1 1 1 1
(3.14) xG = , yG =
X
r X
s X
r X
s
mi j mi j
i j i j
1 1 1 1

(il denominatore delle (3.14) ancora la massa totale del sistema). Ora le formule (3.13) sono la
generalizzazione delle (3.14), quando si pensi la lamina S come un sistema di infiniti punti pesanti

P(x, y) , (x, y) S ,

ciascuno dotato della massa D(x, y)dS: ma chiaro che

al limite

che dS si identifica con (x, y); del resto proprio al limite che i conti tornano, e il punto G di
coordinate date dalle (3.13) ha, come si dimostra in Meccanica, esattamente le note

propriet baricentrali rispetto al corpo laminare S

Accenniamo infine alluso dellintegrale doppio per il calcolo dei

momenti di inerzia, assiali o polari,

di oggetti bidimensionali, elementi importanti in Meccanica,

segnatamente nello studio dei fenomeni di rotazione.


Capitolo 4

INTEGRALI TRIPLI

4.1 Sottoinsiemi misurabili di R3


In R3 , insieme delle terne ordinate di numeri reali, al solito visualizzato come uno spazio cartesiano
ortonormale, si pone la nozione di
(sotto)insieme misurabile
procedendo in modo analogo a quanto fatto in R2 .
Dato un insieme V, chiuso e limitato, di frontiera una superficie continua e chiusa 1 F, si costruir
un reticolo di cubi, con i lati paralleli agli assi cartesiani, di assegnata lunghezza . Per ogni (> 0)
fissato, rimarranno determinati
il solido poliedrico unione di tutti i cubi contenuti in V
pldr.()
il solido poliedrico unione di tutti i cubi contenenti
(almeno) un punto interno di V (e potendo in parte fuoriuscire da V)
PLDR.()
Ovviamente, per ogni ,
pldr.() PLDR.()
Se le condizioni di regolarit di V (in pratica della sua frontiera F) sono soddisfatte, si pu dimo-
strare, ma risulta anche intuitivamente accettabile, il fatto che
1
Ci significa che F unione di superficie grafici (dei vari tipi) di funzioni continue (spesso quasi ovunque diffe-
renziabili) le quali si giuntano lungo i bordi, formando un tutto continuo che racchiude V: di solito, negli esempi, F
nel suo generico punto ha un piano tangente, salvo in qualche punto singolare, o lungo linee singolari, o di piegatura (si
pensi a un solido conico, a un cubo, a un solido cilindrico la cui sezione ha per contorno una curva con punti singolari,
o angolosi, ecc.. . . ).

165
CAPITOLO 4. INTEGRALI TRIPLI 166

linsieme dei volumi dei poliedri pldr.(), e quello dei volumi dei poliedri PLDR.(),
ottenuti al variare di in R+ ,

sono due insiemi separati e contigui di numeri reali,


il cui elemento di separazione si assumer ovviamente come

misura (del volume) di V

Per indicare tale numero si user il simbolo mis(V) e lo si chiamer anche volume di V.
Tutti gli insiemi normali rispetto a qualche piano cartesiano, e le loro unioni disgiunte (non aventi
cio a due a due punti interni in comune), risultano ovviamente misurabili, i poliedri approssimanti
essendo, pi generalmente, unione di parallelepipedi, e noi disponiamo anche delle formule che
forniscono i loro volumi. Ad esempio, se linsieme V normale rispetto al piano Oxy , e risulta
compreso tra le superficie-grafico delle due funzioni

F1 (x,y) , F2 (x,y)
di comune dominio linsieme chiuso, limitato e misurabile

D R2

con
F1 (x, y) F2 (x, y) (x, y) D ,
si ha
"
mis(V) = [F2 (x, y) F1 (x, y)] dxdy
D
Sussiste per una formula assi notevole che pu fornire il volume di un solido V, basata su un
procedimento dimostrativo assai simile a quello usato per le formule di Fubini: lo stabiliamo in

Proposizione 4.1. Il solido V sia compreso tra i due piani, paralleli al piano Oxy ,
(z1 ) : z = z1 e (z2 ) : z = z2 (z1 < z2 )

Detto
(z) : z = z (z1 z z2 )
il generico piano compreso tra (z1 ) e (z2 ), poniamo

Sz = V (z)

Sz una superficie piana. Se, per ogni z [z1 , z2 ], si ha che

Sz misurabile
CAPITOLO 4. INTEGRALI TRIPLI 167

e risulta

mis Sz = A(z) , z [z1 , z2 ]
con
A(z)
funzione continua (o continua a tratti) in [z1 , z2 ], allora vale la formula (lintegrale sar di Riemann)
Z z2
(4.1) mis(V) = A(z) dz
z1

e formule analoghe valgono, in ipotesi consimili, se si procede a sezionare V con piani paralleli al
piano Oxz , oppure Oyz .

z2

Sz

Sz Sz

z1
Sz

O y

Figura 4.1: Sezioni di un solido V con piani paralleli ad Oxy

Si osservi come la Sz = V (z) pu consistere, a volte, anche di due regioni (piane) (o anche pi)
disgiunte.
CAPITOLO 4. INTEGRALI TRIPLI 168

Si pu vedere che Sz , in questo caso, spazza tutto V dal basso in alto: lanalogia con i teoremi di
Fubini chiara.

Osservazione 4.1. Risulter evidente al lettore come la formula (4.1), e le sue analoghe, siano
in effetti il fondamento stesso (qui ben solido, perch dimostrabile) del cosiddetto

principio di Cavalieri

secondo il quale

se due solidi V1 e V2 vengono sezionati dai piani di un fascio di piani paralleli


secondo figure equiestese, allora anche i due solidi V1 e V2 risultano equiestesi.

La (4.1), e le sue analoghe, servono assai bene al calcolo di volumi di solidi di rotazione: vediamolo
in

Proposizione 4.2. Sia V il solido di rotazione di superficie laterale F, a sua volta superficie di
rotazione, ottenuta ruotando attorno allasse Oz la linea G(f), grafico, di 2a specie, della funzione
continua f(z), definita nellintervallo [z1 , z2 ]

G(f) : y = f(z)

Il volume di V allora fornito dalla formula


Z z2
(4.2) mis(V) = f 2 (z) dz
z1

z
z
V
z2

G(f) : y = f(z)
F
(z) : z = z
Sz

z1
y C(z)(0, 0, z)
O O
x y

Figura 4.2: Volume di un solido di rotazione


CAPITOLO 4. INTEGRALI TRIPLI 169

DIM. Il generico piano (v.Figura 4.2)

(z) : z = z (z1 z z2 )
taglia su V la sezione
Sz = V (z)
che il disco circolare di centro il punto C(z)(0, 0, z), e raggio |f(z)| (f(z) pu anche essere, e in figura
lo nella parte alta di [z1 , z2 ], negativa): la funzione darea A(z) dunque

A(z) = |f(z)|2 = f 2 (z)

donde la conclusione, applicando la proposizione 4.1.

A formule analoghe alla (4.2) si giunge per il volume di solidi di rotazione attorno ad altri assi
cartesiani: il lettore le espliciti.
Notiamo che il volume di un solido misurabile V, si ritrover fra poco anche come
lintegrale triplo, esteso a V, della funzione costante 1.

4.2 Lintegrale triplo di una funzione F(X,Y,Z)


Questo integrale presuppone una funzione F(x, y, z) continua in una regione V chiusa, limitata e
misurabile di R3 (dello spazio, insomma) e viene denotato col simbolo
$
F(x, y, z) dxdydz
V

o, in forma pi concisa, $
F(x, y, z) dV
V
In effetti il simbolo conserva valore e significato anche per funzioni discontinue, analogamente
allintegrale doppio e a quello semplice (integrale di Riemann).
Nel caso dellintegrale doppio di una funzione F(x,y), non negativa nel suo dominio D, insieme
chiuso, limitato e misurabile di R2 (del piano) era possibile interpretare geometricamente
"
F(x, y) dxdy
V

come (misura del) volume del cilindroide K(F).


Nellattuale situazione, questa comoda visualizzazione geometrica viene a mancare: bisognerebbe
infatti disporre di un iperspazio a 4 dimensioni, captabile dai sensi, per configurarvi lipersolido
CAPITOLO 4. INTEGRALI TRIPLI 170

#
K(F) (oggetto a 4 dimensioni) e realizzare lintegrale V F(x, y, z) dV come ipervolume. Questo
si pu ancora fare formalmente, e in modo puramente analitico: ma il supporto dellintuizione
geometrica che fa difetto. Tuttavia, restano ancora a disposizione interpretazioni fisiche significa-
tive, ben comprensibili e di largo utilizzo, poich lalgoritmo dellintegrazione tripla essenziale
per il calcolo di masse, di cariche complessive, di baricentri, di momenti di inerzia, di divergenze,
ecc.. . . .
Il procedimento analitico di definizione analogo a quello seguito nel caso dellintegrazione doppia.
Ora, per, si costruisce un reticolo di cubi o, pi in generale, di parallelepipedi, ottenuto fissando
sugli assi coordinati le suddivisioni

x0 < x1 < < xi1 < xi <


y0 < y1 < < y j1 < y j <
z0 < z1 < < zh1 < zh <

scegliendo, una volta per tutte, il punto (x0 , y0 , z0 ) in modo che linsieme V venga a trovarsi tutto
entro il triedro definito dal sistema di disequazioni



x x0




y y0
z z0
Scelto lelemento generico di tale reticolo contenuto in V

Pi j h

la funzione F(x, y, z), continua in Pi j h , che insieme chiuso e limitato, vi assume, per il teorema di
Weierstrass,

un minimo assoluto mi j h .

Si costruisce quindi la somma


X X X
(4.3) mi j h (xi xi1 )(y j y j1 )(zh zh1 )
i j h

nella quale gli indici i, j, h variano ciascuno fra estremi inferiori e superiori opportuni: tale somma
verr detta

una somma inferiore

(sottintendendo relativa allintegrale triplo di F(x, y, z) esteso a V).


Daltra parte, se si considerano quegli elementi Qi j h del reticolo che contengono almeno un punto

interno a V tra essi vi sono tutti quelli considerati per ottenere la (4.3) la funzione F(x, y, z),
continua in Qi j h V, chiuso e limitato, vi assumer, sempre per Weierstrass,

un massimo assoluto Mi j h
CAPITOLO 4. INTEGRALI TRIPLI 171

e si costruir la somma
X X X
(4.4) Mi j h (xi xi1 )(y j y j1 )(zh zh1 )
i j h

nella quale gli indici i, j, h variano ciascuno fra estremi inferiori e superiori opportuni, e, ovviamen-
te, in modo che tutte le terne di indici occorrenti nella (4.3) si ritrovino nella (4.4), pi, in generale,
nuove altre, relative a elementi del reticolo che debordano da V: la (4.4) si dir
una somma superiore.
Nelle ipotesi fatte su V e F(x, y, z) si dimostra che
linsieme delle somme inferiori e linsieme delle somme superiori
sono insiemi separati e contigui di numeri reali
il cui elemento di separazione si assumer, per definizione, come
lintegrale triplo della funzione F(x, y, z) esteso a V
denotandolo, come preannunciato,
$ $
F(x, y, z) dxdydz o F(x, y, z) dV
V V

Le somme
(4.3) e (4.4)
si possono interpretare come funzioni plurivoche di > 0, costruendo, per ogni , tutti i reticoli i cui
elementi hanno tutti un diametro inferiore a , e calcolando, per ogni reticolo, la relativa somma
inferiore e superiore.
Si pu riconoscere che, al tendere di a 0, le
(4.3) e (4.4)
#
hanno per comune limite V F(x, y, z) dxdydz.
Cos a questo medesimo limite converge la funzione delle
(4.5) somme superiori troncate
costruite cio escludendo gli elementi del reticolo sporgenti da V, e quindi tenendo conto degli stessi
elementi utilizzati per costruire le somme (4.3).
A questo punto si procede scegliendo in ogni elemento del reticolo relativo a una somma (4.3) o
(4.5) un punto
Pi j h = (i , j , h ) del tutto arbitrario
e si forma la somma

X X X
(4.6) F(i , j , h )(xi xi1 )(y j y j1 )(zh zh1 )
i j h

detta
CAPITOLO 4. INTEGRALI TRIPLI 172

una somma parziale intermedia.


Ovviamente si avranno le disuguaglianze
(4.3) (4.6) (4.5)
per ogni reticolo ammissibile, sicch, per il teorema del confronto (adattato alle funzioni plurivo-
che), la funzione (4.6) avr, per tendente a 0, lo stesso limite di (4.3) e (4.5), cio risulter
X X X $
lim F(i , j , h )(xi xi1 )(y j y j1 )(zh zh1 ) = F(x, y, z) dV
0 i j h
V
Anche qui si pu notare la straordinaria adeguatezza del simbolo
$
F(x, y, z) dxdydz
V

per indicare, per cos dire,


il valore di una sommatoria tripla, infinita, convergente:
infatti, al tendere di a 0, il numero degli addendi della (4.6) tende a +, mentre il valore di
ciascuno di essi tende a 0, in guisa che i due fatti si controbilanciano, permettendo alla (4.6) di
convergere per 0 ( un po quello che succede con una serie numerica. . . ).
Si deve anche sottolineare il fatto che, ovviamente, al tendere di a 0, il poliedro (qui generalizzato)

pldr.()

i cui elementi entrano in gioco per calcolare le somme (4.3) e (4.6)


invade completamente V
sicch, al limite, ogni volume elementare dV di V, caricato del valore che F(x, y, z) assume in
esso, porta il suo contributo a $
F(x, y, z) dV
V
e questo d ragione dellepiteto di integrale dato a questo risultato: naturalmente il linguaggio
utilizzato assai suggestivo, per, dal punto di vista matematico, un po approssimativo.
Conclusa questa presentazione concisa del concetto di integrale triplo, poniamone in rilievo alcune
propriet, sorvolando sulle dimostrazioni, perch strettamente simili a quelle che le stabiliscono per
gli integrali doppi.
Propriet 4.1. Il volume di un solido misurabile V coincide con
lintegrale triplo, esteso a V, della funzione costante 1:
$
mis(V) = 1 dV
V
CAPITOLO 4. INTEGRALI TRIPLI 173

Propriet 4.2. Se V lunione di un numero finito di suoi sottoinsiemi chiusi, limitati e misura-
bili, privi a due a due di punti interni comuni,

V1 , V2 , , Vn

allora risulta $ $
X
n
F(x, y, z) dV = F(x, y, z) dVk
k
V 1 Vk

X
n
Propriet 4.3. Se F(x, y, z) = k Fk (x, y, z), con k R , e Fk (x, y, z) continua in V per
k
1
ogni k {1, 2, . . . , n}, allora si ha che
$ $ X n X
n $
F(x, y, z) dV = k Fk (x, y, z) dV = k Fk (x, y, z) dV
k k
V V 1 1 V

Propriet 4.4. Se F(x, y, z) in V non negativa (non positiva) ma non nulla in un sottoinsieme
di V di misura > 0 (non quindi solo in punti, linee, o porzioni di superficie) risulta
$
F(x, y, z) dV > 0 (< 0)
V

Propriet 4.5 ( Del valor medio integrale ). Se V misurabile, e F(x, y, z) continua in V,


si ha $
F(x, y, z) dV = mis(V) F(, , )
V
ove (, , ) un opportuno (e in generale non unico) punto di V.
#
F(x, y, z) dV
F(, , ) = V
mis(V)
prende il nome di
valor medio di F(x, y, z) in V.
subito visto che
lintegrale triplo di F(x, y, z) esteso a V
uguale a quello della funzione costante in V uguale ovunque al valor medio di F(x, y, z) in V.
Propriet 4.6. Se F(x, y, z) nulla in V, tranne che in un suo sottoinsieme V0 di misura nulla,
cio se F(x, y, z) , come si dice, quasi ovunque nulla in V, si ha che
$
F(x, y, z) dV = 0
V
CAPITOLO 4. INTEGRALI TRIPLI 174

Veniamo ora alle formule di riduzione di Fubini, che ci consentono il calcolo di un integrale tri-
plo riportandolo a una quadratura (integrazione semplice) seguita da unintegrazione doppia, o
addirittura a tre quadrature successive.

Proposizione 4.3. Sia F(x, y, z) continua in V, insieme chiuso, limitato, misurabile e


normale rispetto al piano Oxy .

Siano
(x,y) e (x,y)
le due funzioni (di 2 variabili) i cui grafici delimitano rispettivamente linsieme V

verso il basso e verso lalto

funzioni supposte continue nellinsieme chiuso, limitato e misurabile D (proiezione ortogonale su


Oxy di tutto V). Allora vale la seguente formula di riduzione
$ " "Z (x,y) #
(4.7) F(x, y, z) dV = F(x, y, z) dz dxdy
V D (x,y)

ove, al solito, nelleffettuare lintegrazione rispetto a z, x e y vanno considerate come fossero


costanti; pi precisamente: se
(x, y, z)
una funzione tale che
0z (x, y, z) = F(x, y, z)
cio se (x, y, z) una primitiva di F(x, y, z) rispetto a z, lintegrale tra parentesi quadre vale
(x,y)

(x, y, z) = (x, y, (x, y)) (x, y, (x, y)) :
(x,y)

ed il valore di una funzione dipendente solo da x e y, della quale va calcolato lintegrale doppio
esteso a D.

Si osservi che, nel caso in cui F(x, y, z) la costante 1, e lintegrale triplo d quindi il volume di V,
la formula (4.7) si riscrive
"

mis(V) = (x, y) (x, y) dxdy
D

da noi gi conosciuta per il calcolo del volume dellinsieme V, normale rispetto a Oxy .
Formule analoghe alla (4.7) valgono se linsieme V normale rispetto ai piani Oxz o Oyz : si lascia
al lettore la loro formulazione esplicita.
Proseguiamo migliorando le ipotesi e il risultato con
CAPITOLO 4. INTEGRALI TRIPLI 175

Proposizione 4.4. Ferme le ipotesi di Proposizione 4.3, si supponga che linsieme (bidimensio-
nale) D sia, a sua volta, normale, ad esempio, rispetto allasse Ox , compreso tra i grafici delle due
funzioni
f1 (x) e f2 (x)
continue nel loro comune dominio, lintervallo [a, b]. Ne segue, applicando allintegrale doppio
rimasto

la 1a formula di Fubini,

la formula di riduzione di Fubini per lintegrale triplo

$ Z b (Z f2 (x) "Z (x,y) # )


(4.8) F(x, y, z) dV = F(x, y, z) dz dy dx
V a f1 (x) (x,y)

ove, nella prima integrazione, rispetto a z, come gi detto, si procede riguardando x e y come
fossero costanti, e, nella seconda, rispetto a y, si procede riguardando x come costante; da ultimo
la funzione, dipendente ormai solo da x, ottenuta, va integrata sullintervallo [a, b] rispetto a x.

Anche in questo caso, a formule analoghe alla (4.8) si giunge, se V ancora normale rispetto a Oxy ,
ma D normale (in Oxy ) rispetto a Oy ; oppure se V normale rispetto a Oxz oppure Oyz , e D rispetto
alluno o allaltro degli assi cartesiani a quel piano appartenenti: si possono dunque redigere, in
tutto, 6 formule di riduzione che il lettore far bene ad esplicitare, una per una, come utile esercizio.
Capitolo 5

LE COORDINATE CURVILINEE

5.1 Le coordinate polari elementari nel piano



Sia fissato nel piano un sistema ortonormale S = O; i , j . ben noto allora come si instaura il

b
P (x, y)

x
O

Figura 5.1: Coordinate cartesiane ortonormali

sistema di coordinate cartesiane ortonormali rispetto a S

pensato come la

corrispondenza biunivoca : R2

176
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 177

che ad ogni punto P associa la coppia delle sue coordinate (x, y) rispetto a S.
Esistono infiniti altri procedimenti per associare ai punti del piano coppie di coordinate numeriche:
uno di questi, molto importante nelle applicazioni, il cosiddetto

sistema di coordinate polari elementari associato al sistema S.

Per costruirlo occorre anzitutto fissare

il sistema di riferimento polare associato a S

consistente nel
y
P

x
O

= kOPk
(rad)
= Ox+ , sO (P)

Figura 5.2: Coordinate polari associate alle coordinate cartesiane

1) semiasse polare

coincidente col semiasse non negativo Ox+ , il punto O essendo

il polo del sistema

e nel

2) verso positivo delle rotazioni

associato nel modo noto al sistema ortonormale S.


Allora risulta quanto segue:

I) ogni punto P, diverso dal polo O, individua univocamente la semiretta sO (P);



II) ogni punto P, compreso il polo O, individua univocamente il vettore OP;
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 178

III) ogni punto P, che non stia sul semiasse polare Ox+ individua univocamente langolo positivo

Ox+ b, sO (P)

avente come primo lato il semiasse polare Ox+ , e come secondo lato la semiretta sO (P),
angolo compreso fra langolo nullo e langolo giro, per il momento esclusi.

Accertato quanto sopra esposto, ne segue che si pu procedere alle seguenti definizioni.

Definizione 5.1. Qualunque sia il punto P(x, y), compreso il polo O, la norma di OP, cio la
distanza di P dal polo O, assunta come prima coordinata polare di P, detta anche
p
modulo di P = % = d(O, P) = kOPk = x2 + y2

Definizione 5.2. Qualunque sia il punto



P, non appartenente allasse polare Ox+ , la misura in
radianti dellangolo positivo Ox+ b, sO (P) assunta come seconda coordinata polare di P, detta
anche
(rad)
argomento o anomalia di P = = Ox+ b, sO (P)


P (, )
b
P(x, y)
T R


O O (0, 2)
T1

Figura 5.3: Passaggio da coordinate cartesiane a coordinate polari, nel piano

Finora si pu affermare che


DEF.
detto = Ox+ = il piano privato del semiasse polare

associando ad ogni punto P di la relativa coppia

(%, )
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 179

delle sue coordinate polari, si impegnano tutte e sole le coppie di numeri reali corrispondenti,
nella parte destra della figura 5.3 (ove R2 identificato con un piano cartesiano 0 , con lasse O0% che
viene solitamente raffigurato verticale, pur essendo il primo asse cartesiano, e lasse O0 , di solito,
orizzontale e orientato da sinistra a destra) ai punti del rettangolo R tratteggiato, privo della sua
frontiera marginale (aperto come si suol dire) e pensato esteso indefinitamente verso lalto.
La corrispondenza cos costruita
T : R
risulta per di pi biunivoca, dunque invertibile: in effetti, come non difficile riconoscere, le equa-
zioni della trasformazione bireale T e della sua inversa T1 sono (qui identificato al sottoinsieme
di R2 ecc.)
( p (
% = x2 + y2 1 x = % cos
T : , T :
= Arg(x, y) y = % sin
Unespressione esplicita per la funzione (Arg labbreviazione di Argomento)

Arg(x,y)

assegnabile, in forma composita, come segue




x


arcos p , se y > 0,


2 + y2


DEF.
x
Arg(x, y) = , se y = 0 (e x < 0)





x


+ arcos p , se y < 0.
x2 + y2

Le funzioni intervenenti nelle equazioni di T e T1 risultano, nei rispettivi domini e R, continue


assieme alle loro derivate parziali prime, quindi

continue e differenziabili

ovunque nei rispettivi domini: T e T1 si dicono perci

trasformazioni bireali biunivoche e biregolari

La biunivocit di T si perde per non appena si coinvolgono punti dellasse polare (semiretta Ox+ ).
Si osservi infatti che un punto P0 (x0 = %0 , 0) (x0 > 0) pu essere raggiunto sia dallalto, il suo
argomento tendendo con ci a 0, sia dal basso, il suo argomento tendendo questa volta a 2: con
ci, se la sua prima coordinata polare sar certo %0 = x0 , la sua seconda pu essere sia 0 che 2,
per cui a P0 sar logico associare i due punti delle rette marginali di R segnati in figura 5.4: cos al
semiasse polare positivo di corrispondono le due semirette marginali verticali di R, prive delle
origini (0, 0) e (0, 2).
Osserviamo ora che se il punto P, partendo da P0 , percorre il circolo nel senso positivo (antiorario
per losservatore) tornando infine a P0 , la sua immagine P0 = T(P) percorre il segmento
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 180


r = 0

r

C P P
(0 , 0) (0 , 2)
R T
0 R
P0 Q O bc

O Q0 R0 (0, 2)
T1

Figura 5.4: Non biunivocit della corrispondenza coordinate cartesiane-coordinate polari

(%0 , 0) `a (%0 , 2)

nel senso indicato dalla freccia in figura:

la prima coordinata % di P resta costante = %0


la seconda varia da 0 a 2, estremi inclusi.

La situazione viene efficacemente descritta dicendo che

il circolo C una linea , oppure una linea = costante.

Viene spontaneo chiedersi chi siano nel piano le linee , o = costante: la risposta facile,
poich una qualunque semiretta di origine il polo O, percorsa in qualunque senso dal punto P (senza
giungere ad O, per) corrisponder, in R, ad una semiretta verticale (per losservatore) positiva
(ma priva dellorigine): cos al fascio di raggi di centro O, percorso dal raggio generico in senso
positivo, corrisponde il fascio delle semirette verticali positive di R descritto da sinistra a destra.
Resta infine il polo O: per esso si gi visto che la prima coordinata polare % = 0. Quanto
alla seconda logico lasciarla indeterminata, con la possibilit di assumere tutti i valori tra 0 e 2
inclusi, visto che un punto R, percorrendo un raggio polare r qualunque, lungo il quale = cost = 0
(vedi figura 5.4) si pu avvicinare ad O indefinitamente, mentre la sua immagine T(R) = R0 percorre
la semiretta T(r) = r0 , tendendo al punto R0 , piede della r0 stessa sullasse O0 . Con questo, ad O
viene a corrispondere, nel piano (, ), tutto il segmento-base (0, 0) `a (0, 2) (tratteggiato in figura
5.4) del rettangolo indefinitamente esteso verso lalto di cui sopra si detto.
La mancanza di biunivocit un inconveniente, ma, essendo stata posta completamente in chiaro,
la situazione risulta ben controllabile, e non pu di conseguenza ingenerarsi equivoco alcuno.
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 181

Un altro inconveniente dovuto al fatto che limitata allintervallo [0, 2]; questo provoca una
discontinuit a salto dellargomento di un punto Q il quale percorra una curva che attraversa il
semiasse polare (vedi figura 5.4) (asse Ox positivo): se infatti Q attraversa in Q0 il semiasse polare,
il suo argomento

passa improvvisamente da 0 a 2.

A questa situazione si pu porre rimedio introducendo le cosiddette coordinate polari generalizzate.


Ora si vuole esaminare un fenomeno importante che si verifica a proposito dellarea di una porzione
D del piano Ox,y : detta D0 la sua trasformata tramite T

D0 = T(D)

si osserva subito che le aree di D e D0 sono, in generale, diverse: nel caso di D1 , D01 meno estesa
di D1 ; nel caso di D2 , D02 pi estesa di D2 .

D1 D1

D2
(0, 1)
|

T D2

x |

O (1, 0) O
4

2
2
T1

mis(D1 ) < mis(D1 )


mis(D1 ) = mis(D2 )
mis(D2 ) > mis(D2 )

Figura 5.5: Aree di regioni corrispondenti

Si pu dire a parole che:

nel primo caso T trasforma D1 contraendolo a T(D1 ) = D01

nel secondo caso T trasforma D2 dilatandolo a T(D2 ) = D02

Ora succede un fatto notevole:


DEF.
se il diametro (D) di D ((D) = estremo superiore della distanza di due punti variabili ad
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 182

arbitrio in D) tende a 0, per la continuit di T, anche quello di T(D) = D0 tende a 0, e se, ad


esempio, D si contrae ad un punto del piano Ox,y la cui prima coordinata polare %, risulta che

mis(D)
(5.1) lim =%
(D)0 mis(D0 )

sicch si pu affermare quanto segue

% il coefficiente di deformazione locale per la trasformazione T1


!
1 1
= p il coefficiente di deformazione locale per la trasformazione T
% x2 + y2

La formula (5.1) pu essere constatata nel caso in cui si scelga come insieme D

un segmento di settore circolare,

come D = PNQM, trasformato dalla T nel rettangolo P0 N 0 Q0 M 0 , in figura 5.6.


Q
+ N Q
|

D
D N
M P M
|

P
T

|

O O + 2
T1
kOPk = P = T(P)(, )
kPNk = Q = T(Q)( + , + )

Figura 5.6: Rapporto di aree corrispondenti

Con i dati indicati in figura, larea di D vale


1 2 1 1
mis(D) = % + % %2 = %% + (%)2
2 2 2
larea di D0 invece
mis(D0 ) = %
Sicch risulta
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 183

mis(D) %% + 12 (%)2 1
lim 0 = lim = lim % + % = %
%0 mis(D ) %0 % %0 2
0 0 0

chiaro che, geometricamente, al tendere a 0 di % e , D si contrae al punto P, mentre D0 si


contrae al punto P0 .

Ora supponiamo di dover calcolare un integrale doppio


"
I= F(x, y) dxdy
D

su di un insieme D del tipo illustrato in figura 5.7, porzione del settore delimitato dai due raggi
uscenti da O di equazioni polari = 1 e = 2 , compreso tra i due archi di curva aventi le seguenti
equazioni polari
C1 : = f1 () e C2 : = f2 ()

con f1 () e f2 () definite in [1 , 2 ].

Rappresentazioni parametriche di C1 e C2 sono le seguenti:


( (
x = f1 () cos x = f2 () cos
C1 : ; C2 : , 1 2
y = f1 () sin y = f2 () sin

y tj t
j1

Si j
{ = f2 ()} = C2
D

ri
2 ri1
{ = f1 ()} = C1
1
x
O

Figura 5.7: Dominio di integrazione per una funzione F(x,y)


CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 184


= 1 = 2

2
f2 ( j )
{ = f2 ()}
ri D D = T(D)
i
ri1
Si j = T(Si j )
f1 ( j )

1 { = f1 ()}

O 1 2
j
t j1 tj

Figura 5.8: Il trasformato dellinsieme D di figura 5.7, mediante T

Commento alle figure 5.7 e 5.8.

1. Se si osserva bene, D non risulta normale, n rispetto a Ox n rispetto a


Oy .

2. D0 invece normale rispetto a O0 : a un integrale doppio su D0 si pu


applicare la riduzione di Fubini.

3. %1 e %2 sono rispettivamente il minimo di f1 () e il massimo di f2 ().

4. Delle suddivisioni di [%1 , %2 ] e [1 , 2 ] si posto in evidenza solo il


subintervallo generico.

5. In S0i j = T(Si j ) si pu notare il punto T(xi j , yi j ) = (%i , j ), con xi j =


%i cos j , yi j = %i sin j . (xi j , yi j ) il punto scelto in Si j per costruire
la somma parziale relativa allintegrale doppio (come descritto qui di
seguito).

La cosa assai notevole , come sopra si detto, che

mentre D non normale nel piano Ox,y , il suo trasformato


0
D = T(D) invece normale nel piano O0, , rispetto allasse delle O0 .
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 185

Supponiamo allora di costruire nel piano Ox,y una griglia di segmenti di settori circolari Si j (vedi
figure 5.7 e 5.8), pensabili come trapezoidi mistilinei, fissando le due suddivisioni

%1 = r0 < r1 < < ri1 < ri < < rm = %2

1 = t0 < t1 < < ti1 < ti < < tn = 2


I trasformati degli Si j , S0i j = T(Si j ) costituiscono una griglia di rettangoli con i lati paralleli agli assi
delle % e delle .
Costruiremo una somma parziale relativa allintegrale
"
I= F(x, y) dxdy
D
scegliendo in ogni Si j , che sia contenuto in D, un punto del tipo

(xi j , yi j ) = (%i cos j , %i sin j )

con

ri1 %i ri , (i = 1, , m) ; t j1 j t j , ( j = 1, , n)
e calcolando
X X X X
(*) = F(xi j , yi j )mis(Si j ) = F(%i cos j , %i sin j )mis(Si j )
j i j i

ove i e j variano fino a estremi superiori opportuni, che dipendono da

% = max{ri ri1 , i = 1, , m} e = max{t j t j1 , j = 1, , n}

Al tendere di (%, ) a (0, 0), anche il massimo dei diametri degli Si j tende a 0, per cui avremo
"
lim (*) = F(x, y) dxdy
(%,)(0,0) D
Daltra parte risulta
(t j t j1 ) (t j t j1 ) ri + ri1
mis(Si j ) = ri2 ri1
2
= (ri ri1 )(t j t j1 )
2 2 2
mis(S0i j ) = (ri ri1 )(t j t j1 )

donde si ottiene, ricalcolando (*),


X X ri + ri1
(*) = F(%i cos j , %i sin j ) (ri ri1 )(t j t j1 )
j i 2
Ora, per ottenere I, il limite di (*), per 0, ovvero per

(%, ) (0, 0) ,
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 186

si pu far tendere a 0 prima %, quindi ; sicch avremo

I= lim (*) =
(%,)(0,0)
( X X )
ri + ri1
= lim lim F(%i cos j , %i sin j ) (ri ri1 )(t j t j1 ) =
0 %0 j i 2








" #




X X r + r


i i1
= lim lim F(%i cos ,
j i% sin j ) (ri r i1 ) (t j t )
j1
=
0
j %0 i 2



| {z }






Z f2 ( j )
(per ogni fissato j tale limite vale F(% cos j , % sin j )%d% ,
f1 ( j )

%i [ri1 , ri ], vedi note introduttive sullintegrazione)

X "Z f2 ( j ) #

= lim F(% cos j , % sin j )%d% (t j t j1 ) = j [t j1 , t j ]
0 j
f1 ( j )
Z 2 " Z f2 () # "
= F(% cos , % sin )%d% d = F(% cos , % sin )%d%d
1 f1 () D0

dove lultima uguaglianza dovuta alla formula di riduzione di Fubini.

Riassumendo si ha luguaglianza
" "
F(x, y) dxdy = F(% cos , % sin )%d%d
D D0

detta

formula del calcolo di un integrale doppio mediante


il passaggio a coordinate polari.

Si osservi che I ottenuto integrando su D0 = T(D) la funzione

F( cos , sin )

il fattore correttivo dovuto al fatto che la trasformazione T, come sopra stato chiarito,
deforma le aree, e il svolge esattamente la funzione di compensare queste deformazioni,

conservando globalmente cos il valore dellintegrale I da calcolare.

Poniamo allora la seguente


CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 187

Definizione 5.3. Data una trasformazione H (di solito biunivoca e biregolare) di un sottoinsieme
del piano (t, u) a un sottoinsieme del piano (v, w)
(
v = f(t, u)
H :
w = g(t, u)

il determinante, funzione di (t, u),



f f
t u f g f g
J(H) = J(f, g) = =
g g t u u t

t u
prende il nome di

determinante (di Jacobi, o) Jacobiano della trasformazione H


o anche della coppia di funzioni (f, g).

Per denotare lo jacobiano di f(t, u), g(t, u), si usa spesso la notazione
(f, g)
(t, u)

Ora, similmente a quanto accade per la trasformazione T e per T1 nel caso del passaggio da coor-
dinate cartesiane a polari e viceversa, si ha il seguente fatto:

se (t, u) e (v, w) = f(t, u), g(t, u) sono punti corrispondenti nella trasformazione H, D un insieme
misurabile contenente (t, u) e D0 = H(D) il suo trasformato (contenente (v, w)) si ha che
mis(D)
lim 0 = J(f, g)(t, u)
D(t,u) mis(D )

ove D (t, u) significa che il diametro di D tende a 0, D contenendo sempre (t, u): insomma D
si contrae al punto (t, u); J(f, g)(t, u) significa il valore assoluto dello jacobiano J(f, g) calcolato
nel punto
(t, u).
Cos J(f, g) , nei vari punti del dominio di H, d il

coefficiente di deformazione locale di T1 .

Il lettore pu verificare che, posto


(
1 x = % cos = (%, )
T :
y = % sin = (%, )

risulta
(, ) coefficiente di deforma-
J(T1 ) = J(, ) = = || = =
(, ) zione locale per T1
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 188

Se, anzich passare da coordinate cartesiane a coordinate polari, si passa da coordinate cartesiane a
coordinate curvilinee pi generali (u, v) tramite le
( (
u = (x, y) 1 x = (u, v)
T : , T :
v = (x, y) y = (u, v)
si pu provare, con procedimento analogo a quello seguito per il passaggio a coordinate polari, che
vale la formula
" "

F(x, y) dxdy = F (u, v), (u, v) |J(, )(u, v)| dudv
D D0

ove D0 = T(D): tale formula detta


formula del calcolo di un integrale doppio mediante
il passaggio a coordinate curvilinee (u, v).
Esempio 5.1. Calcolare la misura del dominio piano D limitato dalle curve di equazioni
1 1
x2 y = , x2 y = 1 , xy2 = , , xy2 = 1
2 4
passando a coordinate curvilinee (u, v), definite dalla seguente trasformazione



u2/3
(
x = = (u, v)
u = x2 y 1

v1/3
T : , T :

v = xy2

v2/3

y = 1/3 = (u, v)
u
Troviamo

2 1 u2/3
4/3
 (, ) 3(uv)1/3 3v 1
J T1 = = =
3(uv)2/3
(u, v) 1 v 2/3
2
3 u4/3 3(uv)1/3

ove nellultimo passaggio si tenuto anche conto che si ha u, v > 0.


Dunque avremo:
" " Z 1 Z 1
1 (*) 1
mis(D) = dxdy = 2/3
dudv = 2/3
dv du =
D D0 3(uv) 1 1 3(uv)

Z 1 Z
2
!
4

1 1 1 1
1 1
= 2/3 3v1/3 du = 1 3 du =
3 2 u 1
1 1
4 u 2/3
4 2
3 1 3 3
4 1 41 21 3h 3 3 i
= 3 3u = 3 3
1/3
3 = 3 4 2 ' 0.229
4 1 4 2 2
2

(Luguaglianza segnata con (*) ottenuta applicando la formula di riduzione di Fubini).


Il risultato attendibile, se si confronta lestensione del quadrilatero a lati curvilinei ABCD con
quella del quadrato a contorno tratteggiato di figura 5.9, la cui misura, rispetto al quadrato unitario,

0.25 = 14 .
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 189

y v
u=1
1
u= 2
T(D) = D

D
D C T D C
1

B v=1
A v = 41 1
4
x A B u
O O 1 1
2
x2 y = u : linee u = cost
xy2 = v : linee v = cost T1

Figura 5.9: Esempio di calcolo di unarea in coordinate curvilinee

5.2 Le coordinate polari sferiche


Analogamente alla possibilit di introdurre nel piano coordinate curvilineee di punto, anche nel-
lo spazio si possono definire nuovi sistemi di coordinate, diverse da quelle cartesiane, particolar-
mente adatte a facilitare rappresentazioni di certi luoghi, calcoli di grandezze fisico-matematiche,
descrizione e studio di fenomeni cinematici, dinamici, ecc.. . . . Uno di questi il cosiddetto
sistema di coordinate polari sferiche


Lo si introduce, associandolo a un sistema cartesiano ortonormale S = (O; i , j , k ) nel modo che
segue.
(
y=0
1. O detto il polo del sistema e il semipiano Ox+ ,z :
x 0 detto semipiano polare.
2. Ogni punto P(x, y, z) individua univocamente il numero

% = kOPk = (misura della) distanza di P da O, cio dal polo:
% la 1a coordinata polare sferica di P(x, y, z) e risulta

p
(5.2) %= x2 + y2 + z2

3. Ogni punto P(x, y, z) , (0, 0, 0) individua univocamente langolo


b  
OP , Oz+ = OP b, k
che va dallangolo nullo, se P Oz+ , allangolo piatto, se P Oz : ebbene,
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 190

T
D0 (0, , 0)
P(x, y, z)
O x+ ,z
D
O A 0 = O C0 (0, , 2)


y
x A C B0 (0, 0, 2)

P (x, y, 0)

T1 B

Figura 5.10: Coordinate cartesiane e coordinate polari sferiche


la misura in radianti di OP b, Oz+ viene assunta come
la 2a coordinata polare sferica di P(x, y, z) e risulta


z
(5.3) = arcos p , 0
x2 + y2 + z2

4. Nel piano Oxy si pensa introdotto il sistema di coordinate polari piane associate al sistema


ortonormale (O; i , j ).
5. Ogni punto P(x, y, z) individua univocamente il punto P0 (x, y, 0) sua proiezione ortogonale sul
piano Oxy .
I) Se P(x, y, z) < Ox+ ,z , cio al semipiano polare, P0 (x, y, 0) non appartiene al semiasse
polare Ox+ , e individua la sua seconda coordinata polare piana, che viene in questo
contesto denotata con :
la 3a coordinata polare sferica di P(x, y, z) e risulta

(5.4) = Arg(x, y) , 0 < < 2

II) Se P(x, y, z) Ox+ ,z Oz , P0 (x, y, 0) Ox+ {O} e si trova associate due determinazioni
di , 0 e 2, che vengono entrambe associate a P(x, y, z).
6. Ogni punto P(0, 0, z) Oz {O}, si proietta in O, e avr indeterminata, = 0, se P Oz+ ,
= , se P Oz ; O(0, 0, 0) ha % = 0, ma e indeterminate.
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 191

= cost

Le superficie coordinate = cost (> 0) sono


O le superficie sferiche di centro O.
Le superficie coordinate = cost sono i se-
mipiani di bordo lasse Oz .

= cost



= cost Le superficie coordinate = cost ,
2
sono semi-superficie coniche di vertice O
e asse lasse Oz , prive del vertice O; la

superficie coordinata = il piano Oxy ,
2
privo del polo O.

Le linee coordinate ( = cost e = cost) sono le semirette uscenti dal polo.


Le linee coordinate ( = cost e = cost) sono semicirconferenze verticali di centro O e diametro
Oz (i meridiani).
Le linee coordinate ( = cost e = cost) sono circonferenze orizzontali di asse Oz (i paralleli).

Per ogni punto P(x, y, z), si ha kOP0 (x, y, 0)k = % sin , cos P0 (x, y, 0) rispetto al sistema polare piano
in Oxy ha coordinate polari
(%0 = % sin , )
Ricordando le formule di passaggio da coordinate polari piane a coordinate cartesiane piane e la
(5.3), si avranno le seguenti formule



x = % sin cos

(5.5)
y = % sin sin

z = % cos

dette
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 192

formule di passaggio da coordinate polari sferiche a coordinate cartesiane

Le inverse delle (5.5) sono le

p


% = x2 + y2 + z2






p z
(5.6)
= arcos


x 2 + y2 + z2




= Arg(x, y)

Le (5.6) si possono considerare come le equazioni di una corrispondenza T di dominio R3 , assimilato


allo spazio cartesiano, e codominio R3 , assimilato ad un altro spazio cartesiano, ove le coordinate
sono (%, , ) (vedi figura 5.10 precedente).
Le (5.5) si possono quindi considerare come le equazioni della corrispondenza inversa T1 .
Limmagine del primo spazio tramite T il parallelepipedo infinito nel verso positivo dellasse O0 ,
di base il rettangolo

A0 = O0 (0, 0, 0) , B0 (0, 0, 2) , C0 (0, , 2) , D0 (0, , 0)

corrispondente a O(0, 0, 0), che ha % = 0, ma (0 ) e (0 2) indeterminate.


Le due facce laterali infinite B0C0 BC . . . , A0 D0 AD . . . corrispondono entrambe al semipiano polare
Ox+ ,z .
Anche in questo caso si pone il problema della deformazione dei volumi determinate da T e T1 .
Lelemento di volume che si trasforma tramite T in un parallelepipedo del secondo spazio con
i lati paralleli agli assi un segmento di cuneo di spicchio sferico V il cui corrispondente
T(V) = V0 .
laborioso, ma non difficile, constatare che, se V si contrae a un punto di coordinate polari
(%, , ), si ha
mis(V)
lim = %2 sin :
%0 mis(V0 )
0
0

il coefficiente di deformazione locale di T1 dunque %2 sin ;


il coefficiente di deformazione locale di T , a sua volta,
!
1 1 1
= = p p
%2 sin % % sin x2 + y2 + z2 x2 + y2
.

Nelle formule (5.5), chiamate le funzioni i cui valori sono i tre 2i membri, rispettivamente,

F(, , ) = sin cos ; G(, , ) = sin sin ; H(, , ) = cos


CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 193

T(V) = V

mis(V ) =
T
O

T1

Figura 5.11: Elementi di volume corrispondenti in coordinate cartesiane e polari sferiche

si trova anche qui che lo Jacobiano della T1



sin cos cos cos sin sin
(F, G, H)
|J(T1 | = = sin sin cos sin sin cos =
(, , )
cos sin 0

= |2 sin | = 2 sin (sin 0 per 0 )


e, come per lintegrale doppio, si pu giungere, con ragionamento perfettamente analogo, alla
formula
$ $
(5.7) (x, y, z) dV = (% sin cos , % sin sin , % cos )%2 sin d%dd
V V0

per il calcolo di un integrale triplo


mediante il passaggio a coordinate polari sferiche.
il coefficiente %2 sin essendo, come il % nel caso delle coordinate polari piane, il fattore correttivo
delleffetto di deformazione della trasformazione T: contrazione o dilatazione dei volumi a seconda
che ! !
2 1 2 1
% sin > 1 <1 o % sin < 1 >1
%2 sin %2 sin
Esempio 5.2. Calcolare il volume del segmento di cuneo di spicchio sferico V compreso tra le
superficie (in coordinate polari sferiche)

%=1, %=2 ; = , = ; = , =
3 2 4 3
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 194

z
cubo unitario

1
3
del cubo unitario

{ = 3 , = 4 }
{ = 3 , = 3 }

y
1
V
2

x { = 2 , = 4 } { = 2 , = 3 }

Figura 5.12: Calcolo del volume di un segmento di cuneo sferico

Applicando la formula 5.7 per il passaggio da coordinate cartesiane a coordinate polari sferiche si

ottiene (x, y, z) = cost = 1
$ $ Z 3 Z 2 "Z 2 #
(*)


mis(V) = dV = %2 sin d%dd =
%2
sin d% d
d =
V V0 1
4 3
Z 3
Z 2
3 Z 3 2


=
2
sin

d d = 7 cos d =



1 3
3 4
4 3 3
Z !!
7 3 1 7   7
= 0 d = = ' 0.305 (cubo unitario)
3 4 2 6 3 4 72

Il passaggio segnato con (*) dovuto alla formula di riduzione di Fubini per un integrale triplo
(T(V) = V0 rettangolo con lati paralleli agli assi O0% , O0 , O0 ).
Esempio 5.3. Calcolare il momento dinerzia I della sfera V omogenea di densit 1, raggio R e
centro O, rispetto a Oz .

In questo caso T(V) = rettangolo con lati paralleli agli assi, di facce i piani di equazioni % = 0 , % =
R ; = 0 , = ; = 0 , = 2. Applicando sempre la formula 5.7 per il passaggio da coordinate
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 195

cartesiane a coordinate polari sferiche si trova


$
I= (x2 + y2 )dV =
V
Z 2 (Z "Z R   # )
2 2 2
= (% sin cos ) + (% sin sin ) % sin d% d d =
0 0 0
Z 2 (Z "Z R # ) Z 2 Z R
5

3

= %4 sin3 d% d d = sin d
d =

0 0 5

0 0 0 0
Z ! Z
R5 2 cos3 R5 4 2 8 2
= cos + d = d = R5 = mR2
5 0 0
3 5 3 0 15 5

ove m la massa di V: m = 43 R3 (la densit 1) (vedi Handbook di Meccanica).

5.3 Le coordinate cilindriche


Analogamente allintroduzione del sistema di coordinate polari piane e sferiche si pu procedere
allintroduzione di un sistema di coordinate cilindriche, sempre associato al sistema ortonormale


S = (O; i , j , k ): questa introduzione risulta evidente dalla figura 5.13.
Valgono le seguenti limitazioni

%0 ; 0 2 ; < z < +

Risulta inoltre p


% = x2 + y2
x = % cos



T :
= Arg(x, y) ; T1 :
y = % sin


z = z
z = z

Superficie = cost: superficie cilindriche rotonde di asse Oz


Superficie = cost: semipiani di origine lasse Oz
Superficie z = cost: piani paralleli al piano Oxy (orizzontali)
Jacobiano di T1 :

cos sin 0
J(T1 ) = sin cos 0 = cos2 + sin2 =

0 0 1

il coefficiente di deformazione locale della T1 ;


!
1 1
= p il coefficiente di deformazione locale della T.
x2 + y2 + z2
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 196

z z
H(0, 0, z)

P = T(P)
D


b
P(x, y, z)
b

z T()

(D
O T O

)
D



y
x

T
(D
)
T1

Figura 5.13: Coordinate cilindriche


z z

z + z z + z

z
z

T(V)
V

O O
T
+

y +
x

T1

Figura 5.14: Elementi di volume corrispondentisi tramite la trasformazione T: V un segmento di


cuneo cilindrico di asse Oz ; T(V) un parallelepipedo con le facce parallele ai piani coordinati.
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 197

Esempio 5.4. Calcolare il momento dinerzia I di un tronco di cono retto di raggio di base R e
altezza h, supposto omogeneo di densit d, rispetto al suo asse.

H(0, 0, h) (0, 0, h)

T()

D(z) (0, 2, h)
T(D(z))

T
O (R, 0, 0) O

(R, 0, 0)
(0, 2, 0)

T1
(R, 2, 0)

R
T() : 0 (h z) ; 0 2 ; 0zh
h

Figura 5.15: Momento dinerzia di un tronco di cono circolare retto

Si osservi che T() ottenuto per srotolamento e deformazione volumetrica di (al segmento OH
di sinistra corrisponde tutto il rettangolo sul piano O0z di base 2 e altezza h). T() ovviamente
normale rispetto al piano O0 : si pu applicare con vantaggio Fubini. Calcoliamo dunque

$ $
I= 2 2 *
d(x + y ) dxdydz =
( )
d %2 % d%ddz **
(
=
)

T()
Z h
Z Z
R
Z hZ 2 Rh (hz)



2 h (hz)


1
= d %3 d% d
dz =

d 4 d dz =



0 0 0 0 0 0
4
Z (Z 2 4 ) Z
d h R d R4 h
= 4
(h z) d dz =
4
4
(h z)4 2 dz =
4 0 0 h 4 h 0

4 h
! 4
!!
2d R 1 dR 1 5
(h z) = 0 h =
5
=
4 h4 0 5 2h4 5
CAPITOLO 5. LE COORDINATE CURVILINEE 198

!
d 4 3 1 2 3
= R h= R h d R2 = mR2
10 10 3 10

ove m la massa totale di (volumedensit). Luguaglianza segnata con

(*)

giustificata dal passaggio a coordinate cilindriche, quella segnata con

(**)

dal teorema di riduzione di Fubini.

Anche questa formula, che si trova in qualunque manuale,

qui dimostrata.
Capitolo 6

INTEGRALI DI SUPERFICIE

6.1 Area di una porzione di superficie


Per porzioni S di superficie particolari, cilindriche o rotonde, si sono gi ottenute formule per il cal-
colo della loro area. Ora si tratta di considerare un caso pi generale, gi largamente sufficiente per
le questioni di fisica-matematica connesse con superficie (corpi laminari, flussi di campi vettoriali
attraverso superficie,ecc.. . . ). Si tratta di superficie S unione di un certo numero di
calotte superficiali
cio di grafici, del 1 , 2 , o 3 tipo, di funzioni continue e con derivate 1e quasi ovunque continue,
le quali si giuntano lungo le loro linee-bordo, senza sovrapporsi fra loro.
chiaro che, se risulta
S = S1 S2 Sn
ove Si , i = 1, 2, , n una calotta superficiale, larea di S sar la somma delle aree delle Si ,
sicch baster impararare come si calcola larea di una calotta superficiale, per esempio grafico di
una funzione F(x,y) del tipo sopra detto, supponendo che il suo dominio D sia una regione chiusa,
limitata e misurabile del piano Oxy : S si proietta ortogonalmente e biunivocamente su D, e pu
essere pensata come il risultato di una deformazione continua dellinsieme D, considerato come una
membrana flessibile ed estendibile.
Partiremo dal fatto che la regione D pu essere approssimata efficacemente da plurirettangoli, i cui
elementi hanno i lati paralleli agli assi Ox e Oy : al tendere a 0 del massimo fra i diametri di questi
rettangoli (e al tendere all del loro numero) D viene completamente invaso.
Per ogni elemento Di j di un plurirettangolo del tipo detto, si pu considerare la porzione di S, Si j ,
che vi si proietta sopra (si badi bene, sia dallalto, sia dal basso, sia in parte dallalto e in parte al
basso, poich S pu estendersi sia sopra che sotto al piano Oxy , il che corrisponde al fatto che la
funzione F(x,y), di cui S il grafico, pu avere segno variabile in D). Ovviamente Si j il grafico
della funzione F(x,y), ristretta a Di j :
Si j = G(F|Di j )

199
CAPITOLO 6. INTEGRALI DI SUPERFICIE 200

Siano A, B, C, D i vertici di Di j , e poniamo

A0 = F(A), B0 = F(B), C 0 = F(C), D0 = F(D)

che chiameremo vertici di Si j , concepito come quadrilatero curvo, che pu volgere la concavit
verso lalto, verso il basso, o in parte verso lalto e verso il basso: non ci si deve quindi fare delle
idee semplicistiche della conformazione di una superficie, dovute al fatto che le esemplificazioni
grafiche sono assunte di un certo tipo per comodit e facilit di esecuzione.
Ebbene, il quadrilatero rettilineo
D0i j = (A0 B0C 0 D0 )
unione dei due triangoli (A0 B0 D0 ) e (C 0 B0 D0 ), non in generale un quadrilatero piano (cio A0 , B0 , C 0 , D0
non sono, la cosa ovvia, che eccezionalmente complanari): ma evidente che, quando il diametro
d(Di j ) tende a zero, e Di j si contrae al punto Pi j ,
anche d(D0i j ) tende a zero, e D0i j tende a diventar piano,
con giacitura uguale a quella del piano tangente (a S e) a Si j in P0i j = F(Pi j )
e inoltre a identificarsi, al limite, con lareola Si j stessa.
Con queste premesse, per cose gi viste, si avr che
 q
mis D0i j
lim  = 1 + F0 2x (Pi j ) + F0 2y (Pi j )
d(Di j )0 mis Di j

Poich infine, come ben intuitivo, S adeguatamente approssimata dallunione dei D0i j , sar logico
assumere, se con si indica il massimo dei diametri degli elementi Di j del plurirettangolo invadente
D,


X X  X X mis D0i j  (*)
mis(S) = lim mis D0i j = lim mis Di j =
0 i j 0 i j mis Di j
X X q 
= lim 1 + F0 2x (Pi j ) + F0 2y (Pi j )mis Di j =
0 i j
" q
= 1 + F0 2x (x, y) + F0 2y (x, y) dxdy
D

Naturalmente il passaggio (*) andrebbe giustificato con maggior cura: ci limitiamo a far notare che
la quantit 
mis D0i j q
 sostituita dalla 1 + F0 2x (Pi j ) + F0 2y (Pi j )
mis Di j
che ne per il limite per tendente a 0
il che far accettare pi di buon grado detto passaggio: in verit, con questultimo,
si commette un errore, che per si dimostra svanire, al limite, per 0.
CAPITOLO 6. INTEGRALI DI SUPERFICIE 201

La formula
" q
(6.1) mis(S) = area di S = 1 + F0 2x (x, y) + F0 2y (x, y) dxdy
D
pu del resto essere controllata esatta in tutti i casi (superficie piane, cilindriche, rotonde, e loro
parti) nei quali si pu ottenere larea di S con altri metodi.
Esempio 6.1. Calcolare, con la formula (6.1),
larea di una superficie semisferica S di raggio R.
Supponiamo S = G(F(x,y)), con F(x,y) = R2 x2 y2 , e D il disco di centro lorigine e raggio
R.
Si trova
v
" t

2

2

2x 2y
area di S = 1 + p + p dxdy =
D 2 R x y
2 2 2 2 R x y
2 2 2
" Z 2 Z R

R R
= p dxdy = p % d d =
D R2 x2 y2 0 0 R2 %2

Z 2 R Z 2
p
= R R d =
2 2 (0 + R2 )d = 2R2
0 0 0

come gi sappiamo che deve essere.


Formule analoghe alla (6.1) si ottengono, nel caso in cui la superficie S sia grafico di una funzione
F(x, z) o F(y, z) semplicemente sostituendo x, y con x, z, oppure y, z.

6.2 Lintegrale superficiale di una funzione F(X,Y,Z)


Se S sempre il grafico di una funzione F(x,y) come sopra, assimiliamola a una
lamina pesante
con una assegnata funzione di densit d(x, y, z)), nel senso che, nel punto S (x, y, F(x, y)), S ha
densit locale data da d(x, y, F(x, y)). Si suddivida allora S in areole Si j , proiettantisi nelle areole
i j del dominio D di F(x,y); la massa totale di S sar, ragionevolmente, se S i j il punto di Si j
proiettantesi nel punto Pi j di i j e G(x,y) = d(x, y, F(x,y)),
X X  (*)
M(S) = lim d(S i j )mis Si j =
0 i j
X X q

= lim G(Pi j ) 1 + F0 2x (Pi j ) + F0 2y (Pi j ) mis i j =
0 i j
" q
= d(x, y, F(x, y)) 1 + F0 2x (x, y) + F0 2y (x, y) dxdy =
"D
DEF.
= d(x, y, z) dS
S
CAPITOLO 6. INTEGRALI DI SUPERFICIE 202

ove il massimo dei diametri delle i j ( massimo dei diametri delle Si j ).


Anche qui, il passaggio (*) pu essere giustificato con cura: limitiamoci ad osservare che
  q

mis Si j sostituita con 1 + F0 2x (Pi j ) + F0 2y (Pi j ) mis i j

ma che il rapporto di queste due quantit


 
mis Si j
q

1 + F0 2x (Pi j ) + F0 2y (Pi j ) mis i j

tende, al tendere di a 0, a 1, poich si ha


 
mis Si j q
lim  = 1 + F0 2x (x, y) + F0 2y (x, y)
0 mis i j

quindi le due quantit, al limite, risultano uguali.

In generale, per una funzione (x, y, z) continua (o, anche qui, quasi ovunque continua) su S, si
pone, per definizione
" " q
DEF.
(6.2) (x, y, z)dS = (x, y, F(x, y)) 1 + F0 2x (x, y) + F0 2y (x, y) dxdy
S D

Si noti che lespressione sotto integrale a destra, calcolata nel punto generico (x, y) di D
q
(x, y, F(x, y)) 1 + F0 2x (x, y) + F0 2y (x, y) dxdy

ove, per dx, dy, si intendano i differenziali delle due variabili x e y calcolati in (x, y): orbene, al
variare di (x, y) in D, il punto S (x, y, F(x, y)) descrive tutta la superficie S, sicch

(x, y, F(x, y))

il valore della funzione (x, y, z) nel generico punto S di S; daltra parte lespressione
q
1 + F0 2x (x, y) + F0 2y (x, y) dxdy

interpretabile come la misura dS dellareola elementare di S, centrata in S (x, y, F(x, y)), e proiet-
tantesi in (x, y), di misura dxdy: il simbolo, in 6.2,
"
(x, y, z)dS
S

dunque una riproduzione concisa di quello a destra, che gli d significato per definizione; inoltre
il fattore q
1 + F0 2x (x, y) + F0 2y (x, y)
CAPITOLO 6. INTEGRALI DI SUPERFICIE 203

acquista, in questordine di idee, il valore di coefficiente correttivo ( 1) della contrazione subita dal-
lareola elementare di S per effetto della proiezione ortogonale sul piano Oxy : infatti, identificando
questa areola con quella del piano tangente a S in S = (x, y, F(x, y))

S : F0x (x, y)(x x) + F0y (x, y)(y y) (z F(x, y)) = 0


sappiamo che il rapporto fra la misura dS dellareola su S e quella dxdy della sua proiezione sul
piano Oxy appunto
q
dS
= 1 + F0 2x (x, y) + F0 2y (x, y)
dxdy
dunque risulta
q
dS = 1 + F0 2x (x, y) + F0 2y (x, y) dxdy
il che avvalora le considerazioni fatte sopra. Si osservi che, essendo
q
1
1 + F0 2x (x,y) + F0 2y (x,y) =  
cos S b, Oxy

tanto pi S tende a divenire verticale ( S b, Oxy cio tende a un angolo retto, e il suo coseno tende a
1
0) tanto pi grande diventa il fattore correttivo
  +, perch la contrazione dovuta
cos S b, Oxy
alla proiezione diventa, e lintuizione lo conferma, sempre pi accentuata.
Infine, lespressione
"
(x, y, z)dS
S
dellintegrale di superficie allude al fatto che ogni areola elementare della superficie di integrazione,
centrata nel suo generico punto S = (x, y, z), viene caricata del valore della funzione integranda
(x, y, z) in esso, con vari possibili significati geometrici, o fisici, del contributo locale elementare

(x, y, z)dS
e tutti questi (infiniti) contributi elementari (cio infinitesimi), integrati assieme, danno qualche
grandezza geometrica, o fisica, legata alla superficie S opportunamente interpretata: come lamina
pesante, come superficie carica elettricamente, come superficie attraversata dalle linee di flusso di
un campo vettoriale, o come superficie di trasmissione del calore, ecc.. . . .
Anche in questo caso, le formule per il calcolo di un integrale superficiale esteso a una calotta
superficiale si adattano, se essa grafico di una funzione di x, z o y, z.
Inoltre,
se la superficie S unione di tante calotte superficiali,
lintegrale esteso a S la somma di quelli estesi alle singole calotte.
CAPITOLO 6. INTEGRALI DI SUPERFICIE 204

Esempio 6.2. Calcolare lintegrale di superficie


"
(x + y + z)dS
S
essendo S la superficie emisferica di centro O e raggio R

S : z = R2 x2 y2

Si trova (S = G( R2 x2 y2 ), D = disco di centro O e raggio R)
"
(x + y + z)dS
S
v
t 2 2
"  p 
2x 2y
= x+y+ R x y 2 2 2 1 + p + p dxdy =
D 2 R2 x2 y2 2 R2 x2 y2
"
(*)  p  R
= % cos + % sin + R2 %2 p % d%d =
T(D) R2 %2
Z 2 Z


R

p R% 2


=
(cos + sin() + R% d%
d =
0 0 R %
2 2
Z 2 R p
R2 2 R3 R2
= R + arcsin (cos + sin ) + d =
0 0
2 2 R 2
Z 2 3 ! 2 3
R R3 R R3
= (cos + sin ) + d = (sin cos ) + = R3
0 4 2 0
4 2
ove nel passaggio segnato con (*) si usato il passaggio a coordinate polari.
Esempio 6.3. Calcolare lintegrale di superficie
"
(xyz)dS
S

essendo S il grafico della funzione x2 + y2 ristretta alla porzione D del disco di centro O e raggio
1 indicata nella figura qui di seguito.
y

(1, 1)

x
( 2, 0) O
CAPITOLO 6. INTEGRALI DI SUPERFICIE 205

" " s
p x2 y2
(xyz)dS = xy x2 + y2 + 1+
dxdy =
S D x2 + y2 x2 + y2
" p "
= 2 2
2xy x + y dxdy = 2(% cos )(% sin )% % d%d =
D T(D)
2
Z Z
2 Z 5
% d% sin cos d = 2
4
= 2


5 sin cos d =
4 0 4 0

4 2 sin2 2
= 2 =
5 2 5
4
Capitolo 7

I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS


E STOKES

7.1 I teoremi di Guldin


Premettiamo la nozione di

baricentro di un corpo materiale C

Definizione 7.1. Sia C un corpo materiale, assimilato a un insieme dello spazio con assegnata
funzione, definita su C,

(x, y, z) detta densit materiale

Se (x, y, z) costante su C, C si dice un corpo omogeneo.


Si definisce allora come

baricentro del corpo C

il punto G le cui coordinate sono date dalle formule


Z Z Z
(x, y, z)x dC (x, y, z)y dC (x, y, z)z dC
C C C
(7.1) xG = Z , yG = Z , zG = Z
(x, y, z) dC (x, y, z) dC (x, y, z) dC
C C C
R
ove il simbolo C va inteso, a seconda della natura di C, filo L, lamina S, o solido V, come integrale
curvilineo, di superficie, o triplo, rispettivamente.

206
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 207

Si noti che il denominatore delle frazioni delle (7.1) la massa complessiva del corpo C.
Una notevole semplificazione delle (7.1) si ha quando il corpo C omogeneo, cio quando (x, y, z)
costante: le (7.1) diventano in tal caso le
Z Z Z
x dC y dC z dC
C C C
(7.2) xG = Z , yG = Z , zG = Z
dC dC dC
C C C

ed quindi evidente che


il baricentro di un corpo omogeneo non dipende affatto dalla sua massa
ma solo dalla sua forma e dalla sua estensione.
Si osservi che il denominatore delle (7.2) d in tal caso la misura, nellordine, della lunghezza del
filo L, dellarea della lamina S, del volume del solido V.
La nozione di baricentro coinvolta in entrambi i teoremi di Guldin di cui ora tratteremo.
Teorema 7.1 (1 Teorema di Guldin). Sia L una curva generalmente regolare di un piano
, ed r una retta di tale che L appartenga a uno, , dei due semipiani di di origine r, r essendo
compresa in .
Detta allora S la superficie generata per rotazione di L attorno a r, e G il baricentro di L, pensata
come filo pesante omogeneo, si ha che, se CG la circonferenza descritta da G per rotazione attorno
a r, la misura dellarea di S data dalla formula
(7.3) mis(S) = mis(L) mis(CG )
 

DIM. Introduciamo un sistema di riferimento ortonormale S = O; i , j , k tale che
(
x=0
1) r = Oz e 2) L :
y0
Allora il baricentro G(0, yG , zG ) di L certo apparterr a , il che significa che yG > 0 (yG = 0, solo
se L un tratto di segmento di r, ma in tal caso la (7.1) banale, essendo 0 il primo e il secondo
membro).
Ragioneremo nellipotesi semplificata che L sia il grafico di 2a specie di una funzione g, cio che
sia   

L : y = g(z) Syz = O; j , k
I = [a, b] sia il dominio di g.
Intanto, per il baricentro G(0, yG , zG ) di L, si avr
Z b p
g(z) 1 + g02 (z) dz
yG = aZ b = raggio del circolo CG
p
1 + g02 (z) dz
a
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 208

b
G

CG
L

O
y

Figura 7.1: Superficie di rotazione e 1 Teorema di Guldin

Per larea di S si avr, daltra parte, come gi noto


Z b p
mis(S) = 2 g(z) 1 + g02 (z) dz =
a
Z b p

Z bp g(z) 1 + g (z) dz
02

= 1 + g02 (z) dz 2 aZ b = mis(L) mis(CG )
p
1 + g (z) dz
a 02

a

C.V.D.
Il lettore si potr con ragione chiedere come si possa provare il 1 Teorema di Guldin per curve L
pi generali: allo scopo pu servire la ben conosciuta e largamente usata
propriet del baricentro
oggetto della seguente
Proposizione 7.1. Un corpo materiale C sia unione di r corpi materiali Ci (i = 1, 2, . . . , r)
aventi al pi a due a due in comune solo punti dei loro margini (estremi per i fili, bordi per le
lamine, superficie laterali per i solidi).
Detti allora
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 209

G ed m il baricentro e la massa di C

Gi ed mi il baricentro e la massa di Ci (i=1,2,. . . ,r)

O un punto fissato ad arbitrio nello spazio

si ha la seguente formula vettoriale


m1 OG1 + m2 OG2 + + mr OGr
(7.4) OG =
m
 

DIM. Scelto un sistema di riferimento ortonormale S = O; i , j , k , la (7.4) equivale alle tre
relazioni scalari
m1 xG1 + m2 xG2 + . . . + mr xGr
xG =
m
m1 yG1 + m2 yG2 + . . . + mr yGr
yG =
m
m1 zG1 + m2 zG2 + . . . + mr zGr
zG =
m
ove G(xG , yG , zG ) (S) e Gi (xGi , yGi , zGi ) (S).
Riferiamoci al caso dei fili, e calcoliamo, ad esempio, yG (cos si potr subito applicare il risultato
alla generalizzazione della dimostrazione del 1 Teorema di Guldin): in figura 7.2 considerata una
linea-filo L, unione di 3 linee-fili L1 , L2 , L3 grafici di funzioni di 2a specie nel piano Oyz .

L1
L3
L2

O
y

Figura 7.2: Linea-filo unione di 3 linee-fili


CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 210

Si trova (scrivendo e i per (x, y, z) e i (x, y, z):


R R R R
y dL L
1 y dL 1 + L2
2 y dL 2 + + y dLr
Lr r
yG = RL = 1 R =
L
dL L
dL
R R R
R L1
1 y dL 1 R L2
2 y dL 2 R y dLr
Lr r
L1
1 dL 1 R + L2
2 dL 2 R + + Lr
r dL r R
L1 1
dL1 dL2
L2 2
dLr
Lr r
= R =
L
dL
m1 yG1 + m2 yG2 + . . . + mr yGr
=
m
donde la conclusione.
Per lamine e solidi la formula (7.4) si deduce in modo del tutto analogo.

Osservazione 7.1. Nelle ipotesi del 1 Teorema di Guldin si ha il fatto che il corpo C omoge-
neo: immediato verificare allora (essendo = i = cost) che la (7.4) diventa la

mis(L1 )OG1 + mis(L2 )OG2 + + mis(Lr )OGr
(7.5) OG =
mis(L)
ed appunto con questultima formula che si generalizza facilmente
la dimostrazione del 1 Teorema di Guldin.

Passiamo ora al 2 Teorema di Guldin, relativo ai solidi omogenei di rotazione.

Teorema 7.2 (2 Teorema di Guldin). Sia S una lamina piana omogenea contenuta in un
semipiano , di origine r, del suo piano di appartenenza. Se allora V il solido generato da S per
rotazione attorno a r, G il baricentro di S e CG la circonferenza descritta da G per rotazione
attorno a r, la misura del volume di V fornita dalla formula

(7.6) mis(V) = mis(S) mis(CG )


 

DIM. Scegliamo un sistema di riferimento ortonormale S = O ; i , j , k in modo che sia
(
x=0
S :
y0 ,
sicch anche G, il baricentro di S, star nel semipiano
(
+ x=0
:
y>0 ,
il che equivale al fatto che yG > 0, e yG chiaramente il raggio della circonferenza CG .
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 211

CG

b S

x y

G(0, y0, 0)

Figura 7.3: Superficie di rotazione e 2 Teorema di Guldin

Considereremo esplicitamente il caso in cui S un insieme normale rispetto allasse Oz , compreso


tra i grafici di 2 specie di due funzioni g1 (z) e g2 (z), definite nellintervallo [a, b].
Per calcolare il volume di V adottiamo il sistema di coordinate cilindriche (u, v, w) legate a quelle
cartesiane dalle note formule

x = u cos w , y = u sin w , z=v

Il trasformato V0 di V nello spazio (O0 ; u, v, w) linsieme definito dalle limitazioni seguenti

g1 (v) u g2 (v) , a v b, 0 w 2

V0 quindi un insieme normale rispetto al piano O0v,w , compreso tra le due porzioni di superficie
cilindriche, con generatrici parallele allasse Ow , di equazioni

u = g1 (v) e u = g2 (v)
proiettantisi sul rettangolo del piano O0v,w , definito dalle limitazioni

avb , 0 w 2
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 212

Come noto (la misura de)il volume di V calcolabile con il passaggio a coordinate cilindriche nel
seguente modo
$ Z 2 "Z b Z g2 (v) ! #
mis(V) = u du dv dw = u du dv dw =
V0 0 a g1 (v)
Z b Z !
g2 (v) Z b Z g2 (z) !
= 2 u du dv = 2 y dy dz =
a g1 (v)
" a g1 (z)

" " y dS
= 2 y dS = dS 2 " S
= mis(S) 2yG = mis(S) mis(CG )
S S
dS
S

C.V.D.

7.2 Il Teorema di Green nel piano


Definizione 7.2. Un insieme A aperto e connesso di R2 , al solito assimilato a un piano carte-


siano riferito a un sistema di riferimento ortonormale S = O; i , j , si chiamer

un campo piano.

Un insieme D che sia la

chiusura di un campo piano limitato A

si chiamer

un dominio piano.

Quindi, se F(A) la frontiera di A, si avr che

D = A F(A)

Naturalmente si ha F(A) = F(D).

Per quel che riguarda le applicazioni fisico-matematiche,

un dominio piano D avr sempre per frontiera


una unione di un numero finito di curve quasi regolari chiuse.

Inoltre D potr essere

un insieme semplicemente connesso


CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 213

come nei seguenti esempi

oppure

un insieme duplicemente connesso

come nei seguenti esempi

oppure ancora

un insieme triplicemente connesso

come nei seguenti esempi

ecc. . .
Nel primo caso la frontiera F(D) di D costituita da 1 curva generalmente regolare chiusa; nel
secondo, F(D) lunione di 2 curve generalmente regolari chiuse; nel caso generale, in cui D un
dominio r-volte connesso, F(D) lunione di r curve generalmente regolari chiuse.
Ora essenziale, per porre in modo corretto il Teorema di Green, definire ci che si intende per
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 214



T



T
N D



T N


j

x
O i

Figura 7.4: Dominio semplicemente connesso con i versori normale e tangente sul bordo

un dominio orientato positivamente D+ .

Cominciamo con il caso di D semplicemente connesso, come in figura 7.4.


La frontiera F(D) di D viene spesso denominata il bordo di D e denotata con il simbolo

Ora, nel punto generico P di D, escluso qualche inessenziale suo punto angoloso, si pone in
evidenza il cosiddetto

versore N normale uscente da D

cio quello dei due versori normali in P a D, tale che il segmento orientato di origine P che lo
rappresenta non contenga nei pressi di P punti interni a D.
Fatto ci, resta individuato uno solo dei due versi, secondo cui D pu essere orientato, tale che,

detto T il versore tangente in P a D cos orientato, si abbia, per ogni P, che la coppia



N, T sia equiversa alla coppia i , j

Ci equivale, con linguaggio pi figurato, al fatto che, percorrendo D nel verso in questione,

punto per punto si viene ad avere linterno di D alla sinistra.

Con questa orientazione del suo bordo D

D si dice orientato positivamente


CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 215

e lo si indica col simbolo


D+
Nel contempo, il suo bordo orientato come sopra si denoter col simbolo

D+

Passiamo al caso in cui D non semplicemente connesso.


In figura 7.5 riportato il caso di D duplicemente connesso.

y


T


N


T


N

N
N D


T

T
j

x
O i

Figura 7.5: Dominio duplicemente connesso con i versori normale e tangente sul bordo

Se si adotta in tal caso lo stesso criterio per fissare il versore normale uscente da D sia per la parte
L1 di D che circonda D, che per la parte L2 di D che circonda la lacuna che rende D non
semplicemente connesso, si noter che gli orientamenti indotti su L1 e L2 non sono, per cos dire,
concordi, ma L1 risulta percorso in senso antiorario, L2 in senso orario, espressioni invero
un po approssimative, ma efficaci nella pratica.
Cos anche se D fosse r-volte connesso, e presentasse quindi r 1 lacune, contornate da r 1
curve L2 , . . . , Lr1 , mentre L1 contorna D, L1 sarebbe sempre orientata in senso antiorario,
mentre L2 , . . . , Lr1 tutte in senso orario.
Orbene, con questa orientazione di ogni parte del suo bordo D

D si dice orientato positivamente

e lo si indica col simbolo


D+
e il suo bordo anche in tal caso si denota col simbolo

D+
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 216

Diciamo ancora che, se F(x,y) una funzione continua definita nel dominio D, si porr, per
definizione " "
DEF.
F(x, y) dx dy = F(x, y) dx dy
D+ D

Del resto, se con D si indica linsieme D orientato negativamente, con ogni parte cio del suo
bordo orientata in senso opposto allorientamento positivo sopra definito, si porr comunque, per
definizione " "
DEF.
F(x, y) dx dy = F(x, y) dx dy
D D
Infine precisiamo che, dato un dominio orientato D+ o D , se D+ o D il suo bordo orientato,

e = L(Zx,y) dx + M(x,y) dy una forma differenziale, con L(x,y) e M(x,y) continue su D, il


simbolo si definisce ponendo
D+
Z Z Z Z
=

+

+ +


D+ L1 L2 Lr

+
se L1 , L2 , . . . , Lr sono le
Z porzioni di D orientate ciascuna come sopra descritto.
Analogo significato per
D
Si avr ovviamente che Z Z
=
D D+

Ora possiamo enunciare il fondamentale


Teorema 7.3 (Teorema di Green nel piano). Sia D un dominio piano misurabile, e
= L(x,y) dx + M(x,y) dy

una forma differenziale di classe C 1 in D, cio con L(x,y) e M(x,y) funzioni continue in D e in D
derivabili parzialmente con derivate L0y (x,y) e M0x (x,y) in D continue. Vale allora la seguente
formula di Green

" ! Z
M L
(7.7) dx dy = L(x, y) dx + M(x, y) dy
D+ x y D+

Osservazione 7.2. Si noti come la formula di Green risulta assai utile per trasformare un
integrale di campo, sinonimo di integrale doppio, in un integrale di linea, e viceversa, a
seconda della convenienza.
DIM. Ci si porr, in un primo momento, in un caso particolarmente semplice, con D curva
regolare chiusa, unione sia di due curve grafico di 1a specie che di due curve grafico di 2a specie.
Precisando, sia
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 217

y
D
d

D C
A

b
B

x
O a c

Figura 7.6: Dominio con bordo unione di due curve-grafico

il grafico della funzione f2 (x),


ADC
il grafico della funzione f1 (x),
ABC
il grafico della funzione g2 (y),
BCD
il grafico della funzione g1 (y).
BAD

In relazione alla figura 7.6 si ponga





ABC = L1 , ADC = L2 , BAD = L3 , BCD = L4 ,
ADC,
BAD, BCD,
orientati.
dove i simboli ABC, ADC, BAD, BCD indicano gli archi ABC,
a a
Le curve orientate, tutte grafici di 1 o 2 specie, si rappresentano parametricamente nei seguenti
modi: ( (

x=u
x=u
L1 : , auc , L2 : , auc
y = f1 (u) y = f2 (u)
( (

x = g1 (v)
x = g2 (v)
L3 : , bvd , L4 : , bvd
y=v y=v
Ricordiamo che, per un integrale di linea, vale la seguente formula additiva di facile verifica
Z Z Z


(1 + 2 ) =
1 +
2
L L L


essendo 1 e 2 forme differenziali lineari (f.d.l.) continue su L.
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 218

Si osservi come una qualunque f.d.l.

= L(x,y) dx + M(x,y) dy

sia pensabile come somma delle due f.d.l.

1 = L(x,y) dx + 0 dy e 2 = 0 dx + M(x,y) dy


Con queste premesse la formula di Green (7.7) si prova come segue L D+ , il bordo orientato del

dominio D+
Z Z Z Z Z


L(x, y) dx + M(x, y) dy =
1 +
2 = 
+ 
 1 

2 =
L L L L1 L2 L3 L4
Z Z Z Z Z Z Z Z
=
1 +

1 +

2 +
2 =

1
1
2 +
2 =
L2 L3
Z Lc1 Z c L1L4 L2 L3 L4
 0   
= L(u, f1 (u)) 1 + 0 f1 (u) du L(u, f2 (u)) 1 + 0 f20 (u) du+
a a
Z d Z d
 0   
0 g1 (v) + M(g1 (v), v) 1 dv + 0 g02 (v) + M(g2 (v), v) 1 dv =
b b
Z c Z d
 
= [L(u, f1 (u)) L(u, f2 (u))] du + M(g2 (v), v) M(g1 (v), v) dv =
a b
Z d Z c
 
= M(g2 (y), y) M(g1 (y), y) dy [L(x, f2 (x)) L(x, f1 (x))] dx =
"b
" " a
!
M L M L
= dx dy dx dy = dx dy
D+ x D+ y D+ x y

C.V.D.

Osservazione 7.3 (OSSERVAZIONE IMPORTANTE). La dimostrazione di questa im-


portante formula di Green si estende successivamente

1. a domini D semplicemente connessi con contorno D pi generale, comprese curve con an-
golosit, cuspidi, ecc. . . : proporremo la verifica del teorema di Green a questi tipi di domini
in sede di esercitazione;

2. a domini molteplicemente connessi.

Per questultimo caso vediamo in dettaglio il caso di una corona circolare, dominio D+ duplicemente



connesso, con il bordo D+ unione delle due circonferenze esterna L1 e interna L2 orientate come
in figura
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 219

D1
F
A E G C
H
D2

B
D si pu pensare unione dei due domini connessi D1 e D2 , per i quali, come sopra detto, il teorema
di Green vale.
Sia = L(x,y) dx + M(x,y) dy una forma di classe C 1 in D. Risulta allora
" ! " ! " ! Z Z
M L M L M L
dx dy = dx dy + dx dy = + =
D+ x y D+1 x y D+2 x y D+1 D+2
"Z Z Z Z # "Z Z Z Z #
= + + + + + + + =
Z CDA Z AE ZEFG ZGC Z ABC Z CG Z GHE Z EA
= + + + + + + + =
ZCDA Z ABC EFG
Z GHE AE EA GC CG

=
+
+0+0= L(x, y) dx + M(x, y) dy
L1 L2 D+

sicch il Teorema di Green risulta confermato.


Una notevole applicazione del Teorema di Green oggetto della seguente
Proposizione 7.2. Sia D un dominio piano arbitrario. Si consideri il campo vettoriale definito
come segue

DEF 1 1
(7.8) k 2 (x, y) = y i + xj , (x, y) R2
2 2
Si ha allora che Z


mis(D) = k 2 (P) dP
D+
che a parole si pu enunciare cos


(la misura del)larea di D uguale al lavoro del campo k 2 (x,y)
lungo il bordo orientato D+ di D+ .
1 1

DIM. Infatti, detta = y dx + x dy la forma differenziale associata a k 2 (x,y), si ha
2 2
Z Z Z

1 1
k 2 (P) dP = = y dx + x dy =
D+ D+ D+ 2 2
" " !# "
(*) 1 1
= dx dy = dx dy = mis(D)
D 2 2 D
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 220

ove al passaggio (*) si applica il teorema di Green.


C.V.D.
Osservazione 7.4. Per questa singolare circostanza il campo vettoriale

1
1
k 2 (x,y) = y i + x j viene spesso denominato
2 2
il campo vettoriale quadratore
Osservazione 7.5. Il lettore verifichi il seguente fatto, ricorrendo al teorema di Green.
Se = L(x,y) dx + M(x,y) dy una forma differenziale chiusa nel dominio D (in particolare se
una forma esatta di classe C 1 ) si ha che
Z
L(x, y) dx + M(x, y) dy = 0
D+

Esercizio 7.1. La forma


y x
= dx + 2 dy
x +y2 2 x + y2
chiusa (ma come noto non esatta). Verificare quanto stabilito nellOss. 7.5 relativamente a e
al dominio D (corona circolare) assegnata in figura.
y

x
O

7.3 La nozione di superficie orientata


Iniziamo dal caso semplice di una superficie S grafico di 1a specie di una funzione F(x,y) definita
in un dominio D del piano e di classe C 1 in D.

Ad ogni punto P x, y, F(x, y) S, poich in (x, y) la F(x,y) ammette entrambe le derivate parziali,
si pu associare il versore
!

F
F

n (P) = vers (x, y) i (x, y) j + k
x y
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 221



S : z = F(x, y)

y
D

Figura 7.7: Superficie e suo bordo con orientazioni conformi.

z


S : z = F(x, y)

y
D

Figura 7.8: Superficie e suo bordo con orientazioni conformi.

subito visto che




n (P) risulta ortogonale al piano tangente a S in P
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 222



S : z = F(x, y)

z

S

D
y

Figura 7.9: Superficie e suo bordo con orientazioni conformi.

e viene perci detto

ortogonale a S in P:

associando a ogni punto P di S tale versore n (P) si ottiene


una delle due possibili superficie orientate di supporto S
laltra essendo ottenuta associando a ogni punto P di S precisamente il vettore
!

F
F

n (P) = vers (x, y) i + (x, y) j k
x y



Se la prima delle due superficie orientate si denota con S , laltra si denoter con S : ma, previo
esplicito avvertimento, si possono benissimo scambiare i due simboli.
Se D il bordo di D, limmagine di D tramite F(x,y) costituir

il bordo S di S

Se poi si considera la superficie orientata S , il suo bordo S si suole

orientare in modo conforme


CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 223

inducendo su esso, tramite la trasformazione F(x,y), il verso positivo del bordo D+ di D+ orientato


positivamente nel piano Oxy (v.Teorema di Green). La superficie S si trover ad avere il bordo
orientato nel verso opposto.




Il bordo orientato di S si denoter con S e quello di S con ( S ).

Esempio 7.1. S : z = R2 x2 y2 (Vedi le figure 7.10 e 7.11).



S
y

x
Figura 7.10: Superficie semisferica con orientazione positiva

Si pu notare, in tutti gli esempi che il lettore potr esercitarsi a considerare, che
se

n (P), il versore orientante S, personalizzato,


nei pressi di una porzione del bordo S di S , esso

vede il punto che descrive tale tratto di S nel verso positivo
procedere dalla destra alla sinistra.
Si perviene in modo analogo a orientare superficie grafici di 2a o 3a specie coi rispettivi bordi
orientati in modo conforme.
Quando una superficie pi generale S unione di superficie grafici di varie specie, che si giuntano
lungo tratti dei loro bordi, i tratti liberi dei bordi delle componenti di S formano un certo numero
di curve quasi regolari chiuse
il cui complesso costituisce il bordo S di S.
Di volta in volta, come si vedr su numerosi esempi, si pu orientare S, assegnando nel suo punto


generico P il versore

n (P), e orientare pure il suo bordo S rispettando ovunque la condizione di
conformit dei due orientamenti, superficiale e lineare.
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 224



( S )
y



S
x
Figura 7.11: Superficie semisferica con orientazione negativa

La presenza di alcuni punti o alcune curve particolari, come i punti singolari o gli spigoli di angolo-
sit, non costituiscono un vero problema, poich i calcoli degli integrali di superficie che si tratter
di eseguire non sono alterati per la presenza di tali irregolarit che, nel loro complesso, costitui-
scono un sottoinsieme di S di misura nulla, e non contribuiscono dunque affatto al valore finale
dellintegrale.

Occupiamoci infine delle superficie chiuse, che sono le frontiere di domini limitati dello spazio.
Una tale superficie S ha bordo vuoto, o, come anche si dice, bordo nullo, e si scrive S = 0.
Lorientamento di una tale superficie (in vista del Teorema di Gauss) si ottiene assegnando nel suo
punto generico P il cosiddetto

versore normale uscente

per uscente intendendosi il fatto che, se S la frontiera di V, dominio (chiuso e) limitato dello
spazio, il segmento rappresentante di n (P), applicato in P, non deve, in un intorno abbastanza
piccolo di P, avere in comune con V dei punti interni di V.
x y z
Esempio 7.2. Se S : x2 + y2 + z2 = R2 , in P(x, y, z) S il versore

n (P) i + j + k.
R R R
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 225

Esempio 7.3. Se S la superficie laterale del cubo nella figura seguente, S lunione di 6 facce



quadrate. Quella anteriore orientata da i , quella posteriore da i ; quella superiore da k , quella



inferiore da k ; quella sinistra da j , quella destra da j .
z

x
Esempio 7.4. S la superficie totale del tronco di cono solido rotondo nella figura seguente. In


ogni punto P del disco di base il vettore

n (P) k . In P(x, y, z) della superficie conica laterale di
S il versore normale uscente




n (P) = vers h2 x i + h2 y j + R2 (h z) k
z

(0, 0, h)

(0, R, 0)
y

x
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 226

7.4 Alcune rilevanti nozioni associate a campi vettoriali


Definizione 7.3. Dato un campo vettoriale
v (P) di classe C 1 definito nel dominio D dello spazio
[del piano]
v (P) = L(P)



i + M(P) j + N(P) k
 
v (P) = L(P)

i + M(P) j

la funzione definita e continua in D


L M N
div(
v (P)) DEF
= (P) + (P) + (P)
" x y #z
L M
div( v )(P) = (P) + (P)
x y
prende il nome di
divergenza del campo vettoriale
v (P)

Se risulta che
div(
v )(P) = 0 , P D,
si dice che
il campo vettoriale
v (P) solenoidale.

Definizione 7.4. Dato un campo vettoriale spaziale


v (P) di classe C 1 in D si definisce

il campo vettoriale rotore di


v (P)

ponendo
! ! !
N M
L N
M L

rot(
v )(P) DEF
= (P) (P) i + (P) (P) j + (P) (P) k =
y z z x x y


i j k

= (P)
x y
z

L M N

chiaro che il determinante da intendersi in senso doppiamente formale.


v (P) = L(P)
Se


i + M(P) j un campo vettoriale piano, di solito si pensa di identificare il suo
piano col piano Oxy di un sistema ortonormale dello spazio, e di definire quindi
!

M L

rot( v )(P) = (P) (P) k
x y
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 227

Un campo vettoriale
v (P) per cui risulti

v )(P) =
rot(

0, P D,

si dice
irrotazionale
cio non-rotazionale.
Non difficile riconoscere che
1) ogni campo vettoriale che ammette potenziale irrotazionale:

2) ogni campo vettoriale irrotazionale definito in un dominio D semplicemente connesso in


dimensione 1 ammette potenziale.
Definizione 7.5. Data una superficie orientata contenuta nel dominio D in cui definito un
v (P), se, nel punto P
campo vettoriale

S,

n (P) il versore normale orientante S , la quantit

"
(7.9)
v (P)

n (P) dS
S

si definisce come
il flusso del campo vettoriale
v (P)


attraverso la superficie orientata S

Osservazione 7.6. Nel caso in cui il campo vettoriale


v (P) sia il campo delle velocit di un
fluido in cui S immersa, la quantit

v (P)

n (P) dS

ove dS lareola intorno al punto P, ha il significato evidente di


quantit, con segno, di fluido che attraversa lareola dS
nel senso del versore
n (P) e nellunit di tempo,
tale quantit potendo essere positiva, nulla, o negativa, a seconda dellangolo (acuto, retto, o ottuso)
che il vettore
v (P) forma con

n (P). Complessivamente il flusso (7.9) d
la quantit, sempre con segno, di fluido che attraversa S
nel senso positivo e nellunit di tempo.
Anche se il suo significato non cos fisicamente evidente come nel caso di un campo di velocit di
un fluido, la nozione di flusso riveste comunque, anche per gli altri campi vettoriali, un significato
analogo e di grande importanza.
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 228



n (P)

v (P)


n (P)

v (P) dS 1) flusso in P > 0;
2) 1) 2) flusso in P = 0;
dS 3) flusso in P < 0.



n (P)
3)
dS


v (P)

Figura 7.12: Superficie e flusso di un campo vettoriale attraverso tre areole diverse

7.5 Il Teorema della divergenza di Gauss


Teorema 7.4 (Teorema della divergenza di Gauss). Sia V una regione tridimensionale


limitata con superficie laterale chiusa S , orientata secondo le normali uscenti da V; v (P) sia
quindi un campo vettoriale definito in D V e di classe C 1 . In tale ipotesi vale la seguente

formula di Gauss

$ "
(7.10) div(
v ) dV =



v (P)

n (P) dS
V S

che si legge

lintegrale della divergenza del campo vettoriale


v (P) esteso a V


risulta uguale al flusso del campo stesso attraverso la superficie laterale S di V
orientata nel senso delle normali uscenti da V.

DIM. La dimostrazione segue il seguente schema. Se


v (P) = L(P)



i + M(P) j + N(P) k
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 229

si dimostrano le seguenti tre formule


$ "
L

dV =

L(P) i
n (P) dS
V x S
$ "
M

dV =

M(P) j
n (P) dS
V y S
$ "
N

dV =

N(P) k
n (P) dS
V z S

le quali, sommate membro a membro, danno subito la formula di Gauss.


Dimostriamo la terza delle formule suddette, nellipotesi che V sia normale rispetto al piano Oxy ,
compreso tra i grafici S1 e S2 delle due funzioni

f(x,y) , g(x,y)

definite nel comune dominio D del piano, e L sia la frontiera di D, curva regolare chiusa.
La superficie laterale S di V unione di 3 porzioni:

S1 : z = f(x,y) ,

S2 : z = g(x,y) ,

S3 = superficie cilindrica a generatrici verticali e curva direttrice L (eventualmente S3 pu


ridursi a una curva, cio avere area nulla).

Per ottenere S orientata come nellenunciato bisogna scegliere



per ogni P = x, y, f(x, y) S1

n (P) = vers fx0 (P) i + fy0 (P) j k



per ogni P = x, y, g(x, y) S2 ,

n (P) = vers g0x (P) i g0y (P) j + k

Osserviamo che il versore normale



n (P) a S3 = in ogni suo punto P orizzontale, dunque

ortogonale a k , sicch si avr "



N(P) k
n (P) dS3 = 0
S3

poich k
n (P) = 0 , P S3 .
Ne segue che
" " "



N(P) k n (P) dS =

N(P) k n (P) dS1 +
N(P) k n (P) dS2 =
S
" S1
q
S2
 1
= N x, y, f(x, y) p fx02 (x, y) + fy02 (x, y) + 1 dx dy +
D 02 02
fx (x, y) + fy (x, y) + 1
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 230

S2

S3 =

S1


k

j D
y


i
L

x
Figura 7.13: Superficie chiusa racchiudente un dominio normale

" q
 1
+ N x, y, g(x, y) p g02 02
x (x, y) + gy (x, y) + 1 dx dy =
D g02 02
x (x, y) + gy (x, y) + 1
"
  
= N x, y, g(x, y) N x, y, f(x, y) dx dy =
D
" Z g(x,y) ! $ $
N (*) N N
= (x, y, z) dz dx dy = (x, y, z) dx dy dz = dV
D f(x,y) z V z V z

ove il passaggio segnato con (*) dovuto alla formula di riduzione per un integrale triplo di Fubini.
C.V.D.

Osservazione 7.7. Analogamente allesistenza del campo vettoriale piano quadratore, di cui
in Oss.7.4, si pu considerare il campo vettoriale spaziale
DEF. 1
1
1
k3 = x i + y j + zk
3 3 3
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 231


per il quale si ha che, se V un solido contenuto in una superficie chiusa S , orientata dal versore

n (P) normale uscente da V, vale la formula


"



mis(V) =

k 3 (P)

n (P) d S
S

Infatti, a norma del Teorema della divergenza di Gauss, risulta


" $ $ ! $



1 1 1


k 3 (P) n (P) d S = div( k 3 ) dV = + + = dV = mis(V)
S V V 3 3 3 V

e per tale propriet appropriato denominare tale campo come

il campo vettoriale cubatore

7.6 Il teorema di Stokes





Teorema 7.5 (Teorema di Stokes). Sia S una superficie orientata dello spazio e S sia il
suo bordo orientato conformemente e la formula

v (x, y, z) DEF.



= L(x, y, z i + M(x, y, z j + N(x, y, z k

definisca un campo vettoriale di classe C 1 in una regione V dello spazio contenente S .
In tali ipotesi vale la seguente

formula di Stokes

" Z
(7.11) rot(
v )

n dS = v d

P



S S

ove, per concisione notativa,


v , rot(
v ) e

n stanno per

v (x, y, z), rot(
v )(x, y, z),

n (x, y, z)


n (x, y, z) essendo sempre il versore normale orientante S nel suo generico punto.
La (7.11) si legge

il flusso del rotore del campo vettoriale


v (x, y, z)

attraverso la superficie orientata S uguale

al lavoro del campo stesso lungo il bordo orientato S di S .
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 232


DIM. Dimostreremo la formula (7.11) nel caso semplificato in cui S sia la superficie grafico di
una funzione F(x,y) di classe C 1 , definita in un dominio semplicemente connesso D+ del piano Oxy

orientato positivamente con bordo D+ . Il bordo S sar il trasformato tramite F(x,y) di D+ , con


lorientazione di S trasferita, via F da quella di D+ .
Controllando le figure 7.7 a pagina 221 e 7.8 a pagina 221 si vede come, nellun caso e nellaltro, il
vettore normale orientante S : z = F(x,y) risulta




n (x, y, F(x, y)) = vers F0x (x, y, F(x, y)) i F0y (x, y, F(x, y)) j + k

ove, al variare di (x, y) in D, (x, y, F(x, y)) il punto generico di S. Ci vale anche nel caso in cui D,
e di conseguenza S, sia molteplicemente connesso, come nellesempio di figura 7.14.

z

S



S+

y
D
x

D+
Figura 7.14: Superficie orientata molteplicemente connessa

Supponiamo che D+ si rappresenti parametricamente come segue


(
+ x = f(t)
D : , atb
y = g(t)


sicch per S si avr la rappresentazione

x = f(t)



S :
y = g(t) , atb

z = F(f(t), g(t)) = h(t)
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 233

Perch nel seguito non possano sorgere equivoci di sorta,

bene stabilire separatamente i seguenti fatti


e chiarire le notazioni (anche concise) via via usate:

1) consideriamo le due funzioni di due variabili

A(x,y) = L(x, y, F(x,y)) + N(x, y, F(x,y))F0x (x,y)


B(x,y) = M(x, y, F(x,y)) + N(x, y, F(x,y))F0y (x,y)

e calcoliamo, tenendo conto della regola di derivazione delle funzioni composte,


A L L 0 N 0 N 0 0
(x,y) = + F + F + F F + NF00xy
y y z y y x z y x
B M M 0 N 0 N 0 0
(x,y) = + F + F + F F + NF00xy
x x z x x y z y x
L
ove le derivate parziali di L, M, N, e la N stessa, stanno per (x, y, F(x,y)), ecc. . . ,
y
N(x, y, F(x,y)); mentre i simboli F0x , ecc. stanno per le derivate parziali F0x (x,y), ecc.;

2) calcoliamo ora, per ogni (x, y) D, e indicando concisamente (x, y, F(x, y)) con S (=punto
generico di S),
! !
B A N M 
(x, y) = (S ) (S ) F0x (x, y) +
x y y z
! !
L N 0  M L
+ (S ) (S ) Fy (x, y) + (S ) (S ) 1 =
z y x y
 
v )(x, y, F(x, y)) F0 (x, y)
= rot(


i F0 (x, y) j + k ;
x y

3) se h(t) = F(f(t), g(t)) si ha


 
h0 (t) = F0x f(t), g(t) f 0 (t) + F0y f(t), g(t) g0 (t) ;

4) L + NF0x e M + NF0y nellintegrale definito tra a e b qui di seguito stanno per A(f(t), g(t)) e
B(f(t), g(t)), ove A(x,y) e B(x,y) sono le due funzioni definite al punto 1).

Con queste avvertenze procediamo:


Z Z b
v d

P =

L f(t), g(t), h(t)
0
f (t) + M f(t), g(t), h(t)
 0
g (t) + N f(t), g(t), h(t)
 0  v.3)
h (t) dt =


S a
Z b Z
v.4)  0 0 0 0  v.1)
= L + NFx f (t) + M + NFy g (t) dt = A(x, y) dx + B(x, y) dy =
a D+
CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 234

" !
B A
= (per il teorema di Green nel piano) (x, y) dx dy =
D+ x y
"  
v.2)
= rot(v )(x, y, F(x, y)) F0 (x, y)
i F0
(x, y)


j +

k dx dy =
x y
" hD +
iq
= rot(v )(x, y, F(x, y))

n (x, y, F(x, y)) 1 + F02 02
x (x, y) + Fy (x, y) dx dy =
"D
+

=

rot(v )

n dS
S

lultimo passaggio essendo dovuto

alla formula per il calcolo di un integrale di superficie esteso a S : z = F(x,y).

C.V.D.


La dimostrazione nel caso di superficie orientate S grafici di 2a o 3a specie si effettua in modo
perfettamente analogo.

Osservazione 7.8. Poich il passaggio cruciale lapplicazione della formula di Green nel pia-
no, si capisce che, valendo questultima per domini anche molte volte connessi, anche la formula


di Stokes varr per una superficie S con lacune o aperture con relativo bordo S unione di pi
curve orientate chiuse. Tenuto conto del criterio di orientazione di superficie generalmente regola-
ri, si pu senza difficolt generalizzare anche ad esse la formula di Stokes: del resto la verifica di
questa formula potr essere effettuata nei numerosi esempi ed esercizi che il lettore avr modo di
considerare e risolvere.

Osservazione 7.9. Se un campo vettoriale




w(x, y, z)

tale che esiste un campo vettoriale


v (x, y, z), con

rot(
v )(x, y, z) =

w(x, y, z)

si dice che

v (x, y, z) un potenziale vettore di

w(x, y, z)

Se un campo vettoriale ammette un potenziale vettore, la formula di Stokes permette di trasformare



un integrale doppio, che d il flusso di un campo vettoriale attraverso una superficie orientata S , in


un integrale di linea, che d il lavoro del suo potenziale vettore lungo il bordo orientato S di S , e
naturalmente anche viceversa.

Osservazione 7.10. immediato, mediante la formula di Stokes, constatare che:


CAPITOLO 7. I TEOREMI DI GULDIN, GREEN, GAUSS E STOKES 235

1) se il campo vettoriale
v (P) conservativo, il suo rotore ha flusso nullo attraverso qualunque
superficie orientata tutta contenuta nel dominio del campo;

2) se ogni curva chiusa contenuta nel dominio del campo bordo di una superficie anchessa
tutta contenuta nel dominio del campo, vale anche il viceversa di 1), ovvero se il flusso del
rotore nullo, il campo vettoriale
v (P) conservativo;

3) nullo il flusso del rotore di un campo vettoriale


v (P) attraverso qualunque superficie



orientata chiusa S , cio con bordo S nullo.
Capitolo 8

INTEGRALI MULTIPLI
GENERALIZZATI

Come per gli integrali semplici, anche per quelli doppi, per quelli tripli e n-pli, si pone la nozione di

integrale multiplo generalizzato

Ci dovuto a vari motivi, e si possono presentare anche risolvendo problemi di Fisica-Matematica.


Illustreremo in dettaglio il caso di un integrale doppio generalizzato e daremo qualche esempio di
integrale triplo di questo tipo.

8.1 Il caso del dominio della funzione integranda che risulta


illimitato
Linsieme D, dominio della funzione F(x,y), supposta in D continua, illimitato, ma pu essere
invaso da famiglie di suoi sottoinsiemi chiusi, limitati e misurabili, in ciascuno dei quali F(x,y)
risulter perci integrabile: si pu allora procedere nel seguente modo, distinguendo due sottocasi.

8.1.1 F(X,Y) in D non negativa


Sia S(D) la famiglia di tutti i sottoinsiemi chiusi, limitati e misurabili di D, e S il suo elemento
generico: si pu allora considerare linsieme dei numeri (non negativi)
(" )
E= F(x, y) dxdy , S S(D)
S(D)

Se E risulta

superiormente limitato

236
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 237

si porr, per definizione "


DEF.
F(x, y) dxdy = sup(E)
D
Si suol dire, in questo caso, che

la funzione F(x,y) risulta sommabile in D

Osservazione 8.1. In effetti, nel caso in esame, basta calcolare gli integrali doppi di F(x,y)
estesi agli elementi di una sottofamiglia S0 di S(D), la quale sia per D di

tipo invadente

il che significa che, D0 D, S0 S0 : D0 S0 .


In particolare, S0 pu presentarsi sotto forma di una successione invadente D

S01 S02 S0n

non resta allora che calcolare "


lim F(x, y) dxdy
n+ S0n
"
e si otterr senzaltro lintegrale doppio generalizzato F(x, y) dxdy.
D

Lelemento della sottofamiglia S0 pu anche dipendere, con continuit, da un parametro reale :


indichiamolo con
S0 ()
e supponiamo che linvasione di D avvenga, come al solito in questo caso, per +: anche in
tal caso baster calcolare "
lim F(x, y) dxdy
+ S0 ()
!
per ottenere sempre lo stesso risultato, cio D
F(x, y) dxdy.

8.1.2 F(X,Y) assume in D anche valori negativi.


In tale situazione si procede definendo le due funzioni

DEF. |F(x,y)| + F(x,y) DEF. |F(x,y)| F(x,y)


F+ (x,y) = , F (x,y) =
2 2
F+ (x,y) e F (x,y) sono entrambe

continue e non negative in D;


CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 238

risulta ovviamente
F+ (x,y) F (x,y) = F(x,y)
anzi, chiaro che si ha
F(x, y) 0 F(x, y) = F+ (x, y)
e
F(x, y) 0 F(x, y) = F (x, y)
Poste in tal modo le cose, si dir che
F(x,y) sommabile in D
se lo sono sia F+ (x,y) che F (x,y) nel senso di 8.1.1, cio se esistono finiti
" "
F+ (x, y) dxdy e F (x, y) dxdy
D D

e in questa eventualit si pone, per definizione,


" " "
DEF.
F(x, y) dxdy = F+ (x, y) dxdy F (x, y) dxdy
D D D

Senza dilungarci troppo nelle precisazioni teoriche (sempre disponibili comunque, per chi ne voles-
se sapere di pi) passiamo a qualche esempio illustrativo.
Esempio 8.1. Calcolare
"
1
I= dxdy
R2 1 + (x + y2 )2
2

1
D = R2 , F(x,y) = positiva in tutto R2 . Come famiglia invadente si pu adottare
1 + (x + y2 )2
2
quella dei dischi di centro (0, 0) e raggio R, per R + (v.figura 8.1).
Si trova
" Z 2 "Z R #
1 * lim
( ) 1
I = lim dxdy = %d% d =
+ (x2 + y2 ) 0 1+%
2 4
R+ D(R) 1 R+ 0
Z
2 R
Z !
1 2
1
= lim arctg 2 d = lim 2
arctg R d =
R+ 0 0 2 R+ 0 2
Z 2
1 1 2
= lim arctg R2 d = lim arctg R2 2 = = .
R+ 2 0 R+ 2 2 2
(Luguaglianza segnata con (*) dovuta al passaggio a coordinate polari).
F(x,y) dunque sommabile in R2 , il che, geometricamente parlando, equivale al fatto che la regione
K(F), cilindroide di base illimitata D = R2 , compreso tra il piano {z = 0} e il grafico G(F) di
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 239

1
Figura 8.1: Grafico (parziale) della funzione F(x,y) =
1 + (x2 + y2 )2

2
F(x,y), un insieme misurabile dello spazio, di volume finito uguale a : una famiglia di solidi
  2

invadente K(F) appunto quella costituita dai cilindroidi K F , ove D(R) il disco di centro
D(R)
(0, 0) e raggio R, per ognuno dei quali il volume stato sopra calcolato
 ! " 1
mis K F = dxdy = arctg R2
D(R) 1 + (x 2 + y2 )2
D(R)

Esempio 8.2. Il lettore conosce gi lesistenza di insiemi piani illimitati, ma di area finita: esempi
ne sono le regioni R sottostanti ai grafici delle funzioni
1
f (x) = , con > 1 ,
x
ristrette, ad esempio, allintervallo [1, +].
Supponiamo di disporre sia la curva-grafico che la regione ad essa sottostante nel piano Oyz (vedi
figura 8.2). Facendo ruotare G(f ) attorno allasse Oz si ottiene la superficie rotonda
1 1
F : z =  = /2
x2 + y 2 x2 + y2
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 240

grafico della funzione di due variabili


1
F (x,y) = /2
x2 + y2
(F = G(F )).
Nel contempo la regione F genera per rotazione attorno ad Oz la regione tridimensionale

K(F )

cilindroide sottostante alla superficie F = G(F ) e di base (illimitata) D = R2 I(0; 1).

1
Regione piana R di area mis(R ) =
1
y z

D = R2 I(0; 1)

D
O
x
D

D
I(0; 1) (1, 0)
D

x y

1
G(f ) : z = f (y) =
y

Figura 8.2: Regione generata per rotazione di una regione piana di area finita ( > 1)

In figura 8.2, di K(F ) si sono messe in (parziale) evidenza quattro sezioni soltanto, sufficienti a dar
lidea della sua conformazione (vedi anche lesempio 8.3 seguente). Ora, non bisogna affrettarsi a
concludere che K(F ), generato per rotazione da R , di area finita, risulti per ci stesso di volume
finito: infatti bisogna tener conto che il volume generato per rotazione anche da una porzione pic-
cola di piano pu essere assai considerevole, se questultima molto lontana dallasse di rotazione.
Vediamo quindi in dettaglio la misurabilit di K(F ), il che equivale a chiedersi per quali la
funzione
1
/2 risulta sommabile in D = R I(0; 1)
2
F (x,y) =
x +y
2 2

Si pu invadere D per mezzo di corone circolari S(R), di centro (0, 0), raggio interno 1 e raggio
 ester-
no R, che sar fatto tendere a +. Calcoliamo allora il volume del cilindroide parziale K F ,
S(R)
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 241

invadente K(F ): troviamo


Z
 ! (*) " 1
Z 2 1 R (**)
mis K F = dxdy = % d% d =
S(R) /2 /2
S(R) x + y 2 2 0 1 % 2
Z 2 R Z " 2 #
1 2 2
R 1
= d = d =
0 1 2 0 2 2
" # Z 2 " #
1 1 2 1
= 1 2 d = 1 2 .
2 R 0 2 R
Luguaglianza segnata con (*) dovuta al passaggio a coordinate polari, quella segnata con (**)
ottenuta sotto la condizione , 2.
Chiediamoci ora: per quali questo valore, funzione di R, converge per R +? La risposta
facile:
solo per > 2
dunque, solo per > 2 (e non per > 1, come per R ) K(F ) risulta misurabile, cio, nel suo
caso, di volume finito, uguale a
" # "
2 1 2 1
lim 1 2 = = /2 dxdy
R+ 2 R 2 D x + y2
2

Esempio 8.3. Si appena constatato, nellesempio 8.2, che la funzione


1 1
F2 (x,y) =  =
x +y
2 2 2/2 x + y2
2

non sommabile su D = R2 I(0; 1): questo sostanzialmente dovuto al fatto che questa funzione
s infinitesima per P = (x, y) +
ma non un infinitesimo abbastanza veloce, con lallontanarsi di P, da rendere finito il volume
del cilindroide
K(F2 )
1
Ma se si integra la stessa funzione F2 (x,y) = 2 non pi su tutto D = R2 I(0; 1), ma sulla
x + y2
porzione D1 indicata in figura 8.3 ?

D1 , si noti, non di area finita; tuttavia si rastrema, acuminandosi sempre di pi, contro lasse Ox ,
1
costrettovi dal grafico dellinfinitesimo (che linfinitesimo principale in +). Ora vedremo
x
1
che lazione combinata dellinfinitesimo integrando F2 (x,y) = 2 , e della limitazione del-
x + y2
lintegrale a questa specie di stendardo illimitato e di altezza infinitesima, D1 , render convergente
lintegrale "
1
2 2
dxdy
D1 x + y
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 242

y
(1, 1)  
1
y=
x

x
O (1, 0)
D1

1
Figura 8.3: D1 , sottodominio di integrazione per la funzione F2 (x,y) =
x2 + y2
z

K(F2 )

 
K F2 y
D1
x

1
Figura 8.4: Integrale generalizzato di ristretta a D1
x + y2
2

1
con il che la funzione risulta sommabile in D1 e il volume del cilindroide (vedi figura 8.4)
x + y2
2

 
K F2
D1

   
risulter cos finito. Ovviamente, nella figura, sia K F2 che K F2 sono troncati opportunamente
D1
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 243

(il che mette in risalto la loro consistenza tridimensionale).


D1 si pu invadere con la famiglia continua delle sue porzioni D1 (h) indicate in figura 8.5 (nel piano
Oxy ).
y
(1, 1)  
1
y=
x

x
O (1, 0) (h, 0)
D1 (h)

Figura 8.5: Famiglia di porzioni D1 (h) invadenti D1

1
Integrando su D1 (h) si ottiene:
x2 + y2

" Z h Z Z Z 1 1
1
h
1 x 1 x 1 x dx =
dxdy = dy dx =   dy
D1 (h) x2 + y2 1 0 x2 + y2 1 0 x y 2
1+
x
Z h 1x
 y  Z h
1
1 1
= arctg dx = arctg 2 dx :
1 0 x x 1 x x

ora bisogna provare che, al tendere di h a +, questo integrale converge. Ci si prova partendo
1 1 1
dalla disuguaglianza arctg 2 < 2 , valida per ogni x > 0, la quale, moltiplicata per , d la
x x x
disuguaglianza
1 1 1
(*) arctg 2 < 3 , x > 0 ,
x x x
dalla quale segue la
Z h Z h h
1 1 1 1 1 1
(**) arctg 2 dx < dx = 2 = 2 :
1 x x 1 x
3 1 2x 2 2h
per il teorema del confronto segue allora che
Z h
1 1 1 1 1
lim arctg 2 dx lim 2 = , C.V.D.
h+ 1 x x h+ 2 2h 2
Esempio 8.4. Un altro esempio assai notevole di funzione sommabile su tutto R2

F(x,y) = e(x +y )
2 2
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 244

il cui grafico G(F) la superficie rotonda ottenuta ruotando attorno allasse Oz il grafico G(f) della
famosa

funzione degli errori di Gauss (Gauss error function)

f(y) = ey
2

il cui grafico ancora sistemiamo nel piano Oyz (di solito essa formulata nella variabile x : ex ).
2

n o
y2
G(f) = z = e

R
y
2 1 O 1 2

Figura 8.6: La funzione degli errori di Gauss

La regione R sottostante a G(f) risulta (ey un infinitesimo fortissimo per y +) misurabile,


2

il che significa che la funzione f sommabile su tutto R =] , +[ : si dimostra, con gran fatica,
che Z +
2
ey dy =

e questo risultato, vista la simmetria di R rispetto a Oz (ey funzione pari), equivale ovviamente
2

al calcolo dell Z +
y2
integrale di Gauss = e dy =
0 2
Vediamo ora come, valutando lintegrale doppio generalizzato
"
2 2
I= e(x +y ) dxdy
R2

si possa giungere indirettamente, ma facilmente, al calcolo dellintegrale di Gauss.

Ruotando attorno allasse Oz , G(f) genera la superficie G(F), di cui sopra si detto; nel contempo
la regione R genera il cilindroide
K(F)
solido di base illimitata R2 e sottostante alla superficie G(F), il cui volume coincider con il numero
I che andiamo a calcolare.
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 245

Invadiamo R2 coi dischi D(R), di centro (0, 0) e raggio R, che si far tendere a +. Troviamo
agevolmente
" Z 2 "Z R #
 (x2 +y2 ) *
( )
%2
I = mis K(F) = lim e dxdy = lim e % d% d =
R+ D(R) R+ 0 0
Z 2 R Z 2 " #
e
2
1 1
= lim d = lim d =
R+ 0 0 2 R+ 0 2 2eR2
Z 2 " # Z 2 Z 2 " #
1 1 1 1 1
= lim R2 d = lim R2 2 = 2 =
R+ 0 2 2e 0 R+ 0 2 2e 2
ove luguaglianza contrassegnata da (*) dovuta al passaggio a coordinate polari. Ma si pu
invadere R2 in altri modi: ad esempio tramite la famiglia di quadrati
Q(R) , di vertici (R, R) , (R, R) , (R, R) , (R, R)

Il quadrato Q(R) circoscritto al disco D(R) e inscritto nel disco D( 2R)
y


D( 2R)

D(R)
x
O

Q(R)

! 2 2
Figura 8.7: Domini invadenti R2 per il calcolo di R2
e(x +y ) dxdy

Q(R) normale rispetto allasse Ox (e allasse Oy ): possiamo ricorrere alla 1a formula di Fubini per
calcolare
" Z R "Z R # Z R "Z R #
(*)
e dy dx **
( )
(x2 +y2 ) x2 y2 x2 y2
e dxdy = e e dy dx = e =
Q(R) R R R R
"Z R #Z R (Z R )2
y2 x2 x2
= e dy e dx = e dx ;
R R R

il passaggio contrassegnato da (**) dovuto al fatto che lintegrale


Z R
2
ey dy
R
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 246

una volta calcolato, un ben preciso numero che non dipende affatto dalla x, cio dalla variabile di
integrazione del secondo integrale da effettuare: pu dunque, come una qualunque costante nume-
rica, essere portato fuori dal segno di integrale rispetto alla x. Il passaggio contrassegnato da (*)
dovuto al fatto che, nella integrazione rispetto a y (la 1a da effettuare), la x va considerata come una
2
costante, quindi pure ex va considerata tale e, come una qualunque costante numerica, pu essere
portato fuori dal segno di integrale rispetto alla y.
Essendo, come sopra detto, per ogni R > 0,

D(R) Q(R) D( 2R)

ne segue lovvia catena di disuguaglianze


" " (Z R )2 "
(x2 +y2 ) (x2 +y2 ) x2 2 2
e dxdy < e dxdy = e dx < e(x +y ) dxdy
D(R) Q(R) R D( 2R)
"
2 2
che si trascrive, per il calcolo gi eseguito in precedenza di e(x +y ) dxdy,
D(R)
! (Z R )2 !
1 x2 1
1 < e dx < 1 2R2
eR2 R e
1
donde, elevando i tre termini alla , deriva la
2
" !# 1 Z R " !# 1
1 2 2 1 2
1 R2 < ex dx < 1 2R2
e R e
Ora, quando R +, lintervallo [R, R] invade

R =] , +[
2
dominio di integrazione della funzione ex , e il teorema del confronto permette di concludere che,
al limite, per R +, varranno le disuguaglianze
Z +
2
ex dx

da cui segue Z Z
+
x2
+
2
= e dx = 2 ex dx
0
donde il calcolo dellintegrale di Gauss
Z +
x2
e dx =
0 2
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 247

8.2 Il caso della funzione integranda illimitata


D sia un insieme chiuso, limitato, misurabile di R2 , al solito assimilato a un piano cartesiano. D
sia un sottoinsieme di D, costituito da punti isolati, da eventuali punti in cui questi si accumulano,
da un certo numero di archi di curva, ecc.. . . .
F(x,y) sia una funzione continua in D0 = D D e si abbia, per ogni punto C D

lim F(P) =
PC

il simbolo comprendendo, in particolare, i casi + o . F(x,y) risulti integrabile in ogni


sottoinsieme S di D0 che sia chiuso, limitato e misurabile.
Ebbene, la definizione teorica dellintegrale doppio
"
F(x, y) dxdy
D

segue il medesimo schema usato nel paragrafo 8.1, e il lettore pu facilmente adattarlo alla situa-
zione attuale, sia nel caso in cui F(x,y) sar non negativa, sia quando potr assumere anche valori
negativi.
Si giunger cos ad acquisire la nozione di

funzione sommabile in D.

Passeremo subito ad illustrare due semplici esempi, avvertendo che le situazioni possibili sono,
prevedibilmente, anche di notevole complessit, pur, nella pratica, presentandosi abbastanza di rado.

Esempio 8.5. Consideriamo le funzioni


1
F (x,y) = , > 0,
(x + y2 )/2
2

potenze di esponente positivo dellinfinito principale in (0, 0)


1
F1 (x,y) =
(x + y2 )1/2
2

Tali funzioni sono continue in D0 = D(R) {O} (qui D si riduce a un unico punto) e chiaramente
si ha
lim F (x,y) = +
PO
0
inoltre le F (x,y) sono in D non negative (anzi positive), sicch la circostanza della sommabilit di
F (x,y) in D(R) corrisponde geometricamente al fatto che risulta finito il volume del cilindroide

K F 0
D
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 248

O 1/R
D
(R
)

x y

1
Figura 8.8: Cilindroide relativo alla funzione
(x + y2 )/2
2


che la parte di spazio compresa tra D0 , che ne costituisce la base, e il grafico G F 0 (cui si
D

aggiunger ovviamente il semiasse Oz+ e si indicher con K F .)
D(R)

K F costituito (vedi figura 8.8) da un tronco di cilindro, di base D(R) (quindi di raggio
D(R)
1
di base R) e di altezza , sormontato dal conoide solido, illimitato verso lalto (e rastremantesi
R
allasse Oz stesso man mano che si innalza) ottenuto facendo ruotare attorno allasse Oz la regione,
indicata in figura 8.9, contenuta nel piano Oyz e sottostante al grafico (di 2a specie) della funzione
1
, ristretta allintervallo ]0, R].
y
Logicamente D(R) {O} si invader con corone circolari S() di centro O, raggio esterno R, e raggio
interno , che si far tendere a 0 (vedi figura 8.10).
Integrando F (x,y)) su S() si ottiene il volume del cilindroide
 
K F
S()

 
che invade, per 0, il cilindroide K F (vedi figura 8.11).
D(R)
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 249

 
1
z=
y

(0, 1/R)
y
O (R, 0)

Figura 8.9: Regione che genera per rotazione il conoide di figura 8.8
y

S()
x
(, 0) (R, 0)

Figura 8.10: Corona circolare S() invadente, per il calcolo del volume di figura 8.8

Dopo aver integrato F (x,y)) su S(), si far tendere a 0, per decidere per quali il processo
approssimante ha esito convergente. Si trova
 ! " 1 *
( )
"
1

mis K F = dxdy = % d%d =
2 /2 
T S() %
2
S() (x + y )
S()
Z 2 "Z R # Z 2 R 2
(**) R2 2
= %1 d% d = d = 2
0 0 2 2

Luguaglianza segnata con (*) dovuta al passaggio a coordinate polari, quella segnata con (**)
valida se , 2.
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 250

1/R

S
(
)

x y

 
Figura 8.11: Il cilindroide K F
S()

Chiediamoci ora: per quali la funzione di

R2 2
2
2
converge per 0 ?
La risposta

solo per < 2.

Infatti risulta
(
2 0 , se 2 > 0, cio < 2,
lim =
0 + , se 2 < 0, cio > 2.
Per = 2 la cosa va riconsiderata, ma d, come facile vedere, risultato negativo, cio F2 (x,y) =
1
non sommabile in D(R), avendosi
x + y2
2

 !

mis K F2 = 2(log R log )
S()

che diverge a + quando 0.


Infine, si conclude affermando che F (x,y) sommabile in D(R) per 0 < < 2, risultando
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 251

 ! "
1 R2
mis K F = dxdy = 2
D(R)
D(R) (x2 + y2 )/2 2
Esempio 8.6. Questa volta D(R) sempre il disco di centro O(0, 0) e raggio R, ma la funzione
integranda
1
F (x,y) = 2 ( > 0)
[R (x2 + y2 )]
la quale continua in D C(R), ove C(R) la circonferenza di centro O e raggio R, frontiera di
D(R).

Per ogni punto C C(R) si ha chiaramente

lim F (P) = +
PC

Anche in questo caso F (x,y) in D C(R) positiva.


Per meglio comprendere laspetto geometrico della sommabilit di F (x,y) in D(R), constatiamo
anzitutto che il grafico di F la superficie rotonda
D(R)

 
G F
D(R)

ottenuta per rotazione attorno allasse Oz della curva grafico della funzione
1
f (y) =
(R2 y2 )
al solito sistemato nel piano Oyz (v.figura 8.12).
Nel frattempo, la regione A sottostante al grafico di f , ed evidenziata in figura, genera il cilindroide
 
K F
D(R)C(R)

solido rotondo attorno a Oz e illimitato verso lalto. Per invadere il disco D(R) si useranno i dischi
D(R ) di centro lorigine e raggio R , con che verr fatto tendere a 0. I cilindroidi
 
K F
D(R)

sono una famiglia di solidi (con cavit a scodella) invadente


 
K F
D(R)C(R)

perch, per 0, nel contempo si dilatano e si protendono indefinitamente verso lalto.


Calcoliamo quindi
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 252

G(f )

1
R
A
y
(R, 0) O (R, 0)

1
Figura 8.12: Grafico della funzione e dellarea sottesa
(R2 y2 )
z

 
K F D(R)

(0, R, 0)

x y
D(R )

 
Figura 8.13: Il cilindroide K F
D(R)
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 253

 ! " 1
mis K F = dxdy = (passaggio a coord.polari)
D(R) [R (x + y )]
D(R) 2 2 2
" Z "Z R #
1 1 2 2%
= % d%d = d% d = ( , 1)
T(D) [R (% )] [R2 (%2 )]
2 2 2 0 0
Z R Z
1 2 [R2 2 ]1 1 2 [2R 2 ]1 R22
= d = d =
2 0 0 1 2 0 1
R22 + ( 2R)1 1
= :
1
questa funzione di per quali risulta convergente per 0 ?

La risposta

per 1 > 0, ossia per < 1

infatti risulta
(
1 0 , se 1 > 0, cio < 1
lim =
0 + , se 1 < 0, cio > 1
Per = 1 la cosa si considera a parte, e il lettore constater che lesito negativo, quindi
1
F1 (x,y) =
R2 (x2 + y2 )
non sommabile in D(R).
Si conclude affermando che, quando F (x,y) sommabile in D(R), cio per (0 <) < 1, lintegrale
"
1
dxdy
D(R) [R (x + y )]
2 2 2

vale
R22
1
che interpretabile come il valore finito del volume del cilindroide
 
K F
D(R)C(R)

il quale si completa naturalmente aggiungendogli la superficie cilindrica che costituisce la sua


frontiera laterale (il che non aumenta ovviamente il suo volume).
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 254

8.3 Alcuni esempi di integrali tripli generalizzati


Per quanto concerne gli integrali tripli generalizzati, per i quali valgono considerazioni analoghe a
quelle sopra esposte per gli integrali doppi generalizzati, ci limiteremo ad alcuni esempi.
Esempio 8.7. Consideriamo la funzione
!a
1
F(x, y, z) = , con a > 0 ,
x2 + y2 + z2
definita in tutto R3 (al solito visualizzato come uno spazio cartesiano ortonormale) privato dello-
rigine (0, 0, 0).
Ovviamente risulta, per ogni a > 0,
!a
1
lim = +
(x,y,z)(0,0,0) x2 + y2 + z2
sicch ci si pu porre la questione della convergenza dellintegrale triplo
$ a

1 dx dy dz
I= p
01 x2 + y2 + z2
essendo 01 la sfera di raggio 1 privata di (0, 0, 0).
Allo scopo calcoliamo lintegrale
$ a
1
I = p dx dy dz
01 2 2
x +y +z 2

essendo una sfera di centro (0, 0, 0) e raggio (0 <) < 1, sicch 01 una corona sferica
destinata ad invadere completamente 01 quando 0.
Troviamo I passando a coordinate polari sferiche:
3a 
Z 2 "Z Z 1 2 ! #

2 2 2e
% sin
, se (0 <) a < 3 a > 3
I = d% d d =
3a
0 0 %a

4 log(), se a = 3

Ora risulta, come facile verificare,


4
lim I = , se (0 <) a < 3
0 3a

lim I = +, se a 3
0

per cui lintegrale generalizzato I risulta convergente se

(0 <) a < 3
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 255

Esempio 8.8. Questo esempio ripropone la funzione dellesempio 8.7, ma considerata ristretta al
dominio illimitato D che il complemento di 1 , la sfera di centro (0, 0, 0) e raggio 1 rispetto a R3 :
si potr invadere D con la corona sferica
R 1
ove R la sfera di centro (0, 0, 0) e raggio R > 1, quando R +. Calcoliamo quindi
$ a
1
IR = p dx dy dz
R 1 x2 + y2 + z2

Ricorrendo alle coordinate polari sferiche si trova



Z 2 "Z Z R 2 ! #

2 2 2R 3a
% sin
, se (0 <) a < 3 a > 3
IR = d% d d =
3 a
0 0 1 %a

4 log(R), se a = 3

per cui risulta

lim IR = +, se (0 <) a 3
R+

4
lim IR = , se a > 3
R+ a3
Ne segue che lintegrale generalizzato
$ a
1
p dx dy dz
R3 1 x2 + y2 + z2

risulta convergente solo se


a>3
e il suo valore
4
a3
che, si osservi, tende a 0 se a +.

Esempio 8.9. Questa volta si tratta di una funzione definita nella sfera 1 di centro (0, 0, 0) e raggio
1, privata della sua frontiera, la superficie sferica S1 di centro (0, 0, 0) e raggio 1,
!a
1
F(x, y, z) = , con a R+ :
1 x +y +z
2 2 2

F(x, y, z) tende a + per P = (x, y, z) che tende alla superficie sferica S1 , frontiera di 1 . Si pu
invadere il dominio della funzione con una sfera () di centro (0, 0, 0) e raggio 1 (con < 1),
con che tender a zero.
CAPITOLO 8. INTEGRALI MULTIPLI GENERALIZZATI 256

Calcoliamo allora lintegrale


$ a
1
I = p dx dy dz
() 1 x2 + y2 + z2
sempre usando coordinate polari sferiche. Si trova
Z 2 "Z Z 1 2 ! #
% sin
I = d% d d =
0 0 0 (1 %)a
 


4 ea 2ea + (6 5a) + a2 + (6 2a)(1 + a) + (2 + a)(1 + a)2


, se


(3 + a)(2 + a)(1 + a)





0<a<11<a<22<a<3a>3 ;






= 6 + 8 2 2 4 log , se a = 1 ;







4


4 + 8 log , se a = 2 ;







2 8
6 + 2 4 log , se a = 3 .

Ne segue (il lettore verifichi) che
8
lim I = , se 0 < a < 1 ,
0 6 11a + 6a2 a3
mentre
lim I = + , se a 1 .
0
Concludendo: lintegrale generalizzato
$ a
1
p dx dy dz
1 S1 1 x2 + y2 + z2
risulta convergente solo se
0<a<1
e il suo valore risulta
8
6 11a + 6a2 a3
altrimenti, cio per a 1, esso divergente a +.
Si osservi che il valore dellintegrale tende a
4

3
al tendere di a a 0, mentre tende a
+
al tendere di a a 1 (il che del tutto logico, visto che per a = 1 esso risulta divergente a +).

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