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Capitolo 1

Brevi richiami di topologia e


calcolo differenziale in piu
variabili

Premessa fondamentale
Siano A e B due insiemi. Con la scrittura f : A B si intende una funzione che associa
ad ogni elemento di A uno e un solo elemento di B. Quindi A e il dominio di f e B
e il codominio di f . Talvolta il dominio si indica con il simbolo dom (f ). Quindi se
f : A B e una funzione, allora dom (f ) = A.

1 Brevi richiami di topologia di Rn

Nel seguito considereremo n N, n 1. Denotiamo con Rn il prodotto cartesiano di R


per se stesso n volte, cioe
n o
Rn = R
|
{z
R} = (x1 , x2 , . . . , xn ) : x1 , x2 , . . . , xn R .
n volte
E uno spazio vettoriale su R di dimensione n. Per ogni i = 1, . . . , n denotiamo con ei
il vettore di Rn avente la componente i-esima uguale a 1 e tutte le altre nulle. E detto
il vettore i-esimo della base canonica di Rn . La base (e1 , . . . , en ) e detta base
canonica di Rn . Se v = (v1 , . . . , vn ) Rn , allora si ha che

v = (v1 , . . . , vn ) = (v1 , 0, . . . , 0) + + (0, . . . , 0, vn ) =

= v1 (1, 0, . . . , 0) + + vn (0, . . . , 0, 1) = v1 e1 + + vn en .
| {z } | {z }
e1 en

In Rn sono definiti un prodotto scalare

x = (x1 , . . . , xn ), y = (y1 , . . . , yn ) : xy = (x1 , . . . , xn )(y1 , . . . , yn ) = x1 y1 + +xn yn ,

1
2 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

e una norma, detta anche modulo,

q
x = (x1 , . . . , xn ) : kxk = x x = x21 + + x2n .

Introduciamo alcuni concetti di topologia dello spazio Rn .

(1.1) Definizione Siano x0 Rn e r > 0.


Si chiama intorno (sferico) aperto di centro x0 e raggio r (o anche palla
aperta di centro x0 e raggio r) linsieme
n o
Br (x0 ) = x Rn : kx x0 k < r .

Questo intorno contiene tutti e soli i punti di Rn aventi distanza da x0 minore di


r.
Si chiama intorno (sferico) chiuso di centro x0 e raggio r (o anche palla
chiusa di centro x0 e raggio r) linsieme
n o
Br (x0 ) = x Rn : kx x0 k r .

Per n = 1 si ha che

Br (x0 ) = {x R : |x x0 | < r} = (x0 r, x0 + r),

Br (x0 ) = {x R : |x x0 | r} = [x0 r, x0 + r].

Per n = 2 si ha che
n o
Br (x0 , y0 ) = (x, y) R2 : k(x, y) (x0 , y0 )k < r =
n o
= (x, y) R2 : (x x0 )2 + (y y0 )2 < r 2

che e linsieme dei punti interni alla circonferenza di centro (x0 , y0 ) e raggio r, mentre
n o
Br (x0 , y0 ) = (x, y) R2 : k(x, y) (x0 , y0 )k r =
n o
= (x, y) R2 : (x x0 )2 + (y y0 )2 r 2

che e linsieme dei punti della circonferenza di centro (x0 , y0 ) e raggio r e di quelli interni
ad essa.
1 Brevi richiami di topologia di Rn 3

Br (x0 , y0 )
r
y0 

O x0 x

Per n = 3 si ha che
n o
Br (x0 , y0 , z0 ) = (x, y, z) R3 : k(x, y, z) (x0 , y0 , z0 )k < r =
n o
= (x, y, z) R3 : (x x0 )2 + (y y0 )2 + (z z0 )2 < r 2

che e linsieme dei punti interni alla sfera di centro (x0 , y0 , z0 ) e raggio r, mentre

n o
Br (x0 , y0 , z0 ) = (x, y, z) R3 : k(x, y, z) (x0 , y0 , z0 )k r =
n o
= (x, y, z) R3 : (x x0 )2 + (y y0 )2 + (z z0 )2 r 2

che e linsieme dei punti della sfera di centro (x0 , y0 , z0 ) e raggio r e di quelli interni ad
essa.

z0 
Br (x0 , y0 , z0 )


r

O 

y0 y

x0 

Se n 2 non si introducono le nozioni di intorno destro e sinistro e non si


introducono le nozioni di intorno di + e .
4 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(1.2) Definizione Siano Rn e x0 Rn .


Diciamo che x0 e un punto interno ad se esiste r > 0 tale che Br (x0 ) .
In particolare x0 . Si chiama parte interna di linsieme dei punti interni
di . Si denota con int().
Diciamo che x0 e un punto isolato per se esiste r > 0 tale che Br (x0 ) =
{x0 }. In particolare x0 .
Diciamo che x0 e un punto di accumulazione per se per ogni r > 0 si ha che
h i
Br (x0 ) \ {x0 } =
6 ,

cioe se ogni intorno di x0 contiene punti di diversi da x0 . In tal caso non e detto
che x0 appartenga ad .
Diciamo che x0 e un punto di frontiera per se per ogni r > 0 si ha che
Br (x0 ) 6= e C Br (x0 ) 6= , dove C e il complementare di . In tal caso
non e detto che x0 appartenga ad .
Si chiama frontiera di (talvolta detta anche bordo di ) linsieme dei punti
di frontiera di . Si denota con Fr(A) oppure . Evidentemente = C.
Si chiama chiusura di linsieme = .

Il termine punti di frontiera sembra indicare quei punti che separano un insieme
da un altro, che in questo caso e il complementare. In molte situazioni in effetti si tratta
proprio di punti che delineano un confine fra i due insiemi.

y y



O x


O x

Esistono pero casi particolari ai quali mal si applica la dicitura di punti di sepa-
1 Brevi richiami di topologia di Rn 5

razione. Nel caso dellinsieme


n o
= (x, y) R2 : x, y Q ,

si ha che il suo complementare e


n o
C() = (x, y) R2 : x y 6 Q

mentre il bordo e = R2 che contiene sia che C().

(1.3) Definizione Sia Rn .


Diciamo che e aperto se ogni punto di e interno ad , cioe se int() = .
Diciamo che e chiuso se C e aperto.
Diciamo che e limitato se esiste r > 0 tale che Br (0).
Diciamo che e compatto se e chiuso e limitato.

Per convenzione e Rn sono contemporaneamente aperti e chiusi.


Si osserva che e chiuso se e solo se . Ne segue che e aperto se e solo se
= . Inoltre se e chiuso, allora = .
Richiamiamo alcune semplici proprieta degli insiemi aperti e chiusi.

(1.4) Proposizione Valgono i seguenti fatti:

a) lunione di insiemi aperti e un insieme aperto;

b) lintersezione di un numero finito di insiemi aperti e un insieme aperto;

c) lunione di un numero finito di insiemi chiusi e un insieme chiuso;

d) lintersezione di insiemi chiusi e un insieme chiuso.

(1.5) Proposizione Siano Rn non vuoto, f : R una funzione continua


e A R. Allora valgono i seguenti fatti:

a) se A e aperto, allora f 1 (A) e aperto;

b) se A e chiuso, allora f 1 (A) e chiuso.


6 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Si rammenta che f 1 (A) e la preimmagine (o controimmagine) di A tramite f


definita da
f 1 (A) = {x : f (x) A}.

(1.6) Esempio
n o
1) Linsieme = (x, y) R2 : x2 + y 2 = 1 e chiuso.

Infatti, posto A = {1} e f (x, y) = x2 + y 2 , si ha che = f 1 (A). Poiche A e


chiuso e f e continua, per la Proposizione (1.5) si ha che e chiuso. Inoltre si
osserva che int() = e = .
n o
2) Linsieme = (x, y) R2 : 2x2 + 3y 2 < 4 e aperto.

Infatti, posto A = (, 4) e f (x, y) = 2x2 + 3y 2 , si ha che = f 1 (A). Poiche A


e aperto e f e continua, per la Proposizione (1.5) si ha che e aperto.
n o
3) Linsieme = (x, y) R2 : 2 x2 + y 2 3 e chiuso.

Infatti, posto A = [2, +), B = (, 3] e f (x, y) = x2 + y 2 , si ha che =


f 1 (A)f 1 (B). Poiche A e B sono chiusi e f e continua, per le Proposizioni (1.4)
e (1.5) si ha che e chiuso.
n o
4) Linsieme = (x, y, z) R3 : 1 < x2 + y 2 + z 2 < 4 e aperto.

Infatti, posto A = (1, +), B = (, 4) e f (x, y, z) = x2 + y 2 + z 2 , si ha che =


f 1 (A)f 1 (B). Poiche A e B sono aperti e f e continua, per le Proposizioni (1.4)
e (1.5) si ha che e aperto.
n o
5) Linsieme = (x, y) R2 : 1 x2 + y 2 < 4 non e ne aperto ne chiuso.

La dimostrazione viene lasciata per esercizio.


2 Brevi richiami di calcolo differenziale in piu variabili 7

2 Brevi richiami di calcolo differenziale in piu variabili

Nel seguito n e m indicano numeri naturali maggiori o uguali a 1.

(2.1) Definizione Siano Rn aperto non vuoto, x0 , v Rn e f : Rm


una funzione.
Diciamo che f e derivabile in x0 rispetto a v se esiste in Rm il limite

f (x0 + tv) f (x0 )


lim ,
t0 t
f
che in tal caso si denota con il simbolo v (x0 ) ed e detto derivata direzionale
di f in x0 rispetto a v.
In particolare se v = ei , i-esimo vettore della base canonica di Rn , allora questa
derivata e anche detta derivata parziale di f rispetto a xi in x0 e si denota
f
con il simbolo xi (x0 ).

Si osserva che il limite


f (x0 + tv) f (x0 )
lim
t0 t
e nella sola variabile reale t. Quindi e il limite di una funzione in una variabile, piu
n o
f (x0 +tv)f (x0 )
precisamente fissati x0 e v e il limite della funzione t 7 t .

(2.2) Definizione Siano Rn aperto non vuoto, x0 e f : Rm una


funzione.
Diciamo che f e differenziabile in x0 se esiste una funzione lineare (e continua)
L : Rn Rm tale che

f (x) f (x0 ) L(x x0 )


lim = 0.
xx0 kx x0 k

In tal caso denotiamo questa funzione L con il simbolo df (x0 ) (oppure dfx0 ) che e
detto differenziale di f in x0 .

Si osserva che il limite

f (x) f (x0 ) L(x x0 )


lim
xx0 kx x0 k

e nella variabile x di Rn , quindi e un limite di una funzione di n variabili.


8 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(2.3) Proposizione Siano Rn aperto non vuoto, x0 e f : Rm una


funzione. Allora valgono i seguenti fatti:

1) se f e differenziabile in x0 , allora f e continua in x0 ;

2) se f e differenziabile in x0 , allora per ogni v Rn si ha che f e derivabile in


x0 rispetto a v e vale la seguente uguaglianza

f
(x0 ) = df (x0 )(v).
v

In particolare se v = ei , i-esimo vettore della base canonica di Rn , si ha che

f
(x0 ) = df (x0 )(ei ).
xi

Quindi se v = v1 e1 + + vn en , si ha che

df (x0 )(v) = df (x0 )(v1 e1 + + vn en ) = v1 df (x0 )(e1 ) + + vn df (x0 )(en ) =

f f
= v1 (x0 ) + + vn (x0 ).
x1 xn
In particolare se m = 1, allora

df (x0 )(v) = f (x0 ) v;

f
3) se la funzione f ammette tutte le derivate parziali xi per ogni i = 1, . . . , n in
e se queste le derivate parziali sono continue in x0 , allora f e differenziabile
in x0 .

(2.4) Osservazione Poiche il differenziale di f : Rm in x0 Rn e una


applicazione lineare, ad essa e associata, rispetto alle basi canoniche di Rn e Rm , una
matrice m n, detta matrice Jacobiana, denotata talvolta con il simbolo Jf (x0 ). Piu
precisamente, se f = (f1 , . . . , fm ), allora
f1 f1
x1 (x0 ) xn (x0 )
Jf (x0 ) =
.. .. ..
.
. . .
fm fm
x1 (x0 ) xn (x0 )
Evidentemente si ha che per ogni v = (v1 , . . . , vn ) Rn
f1 f1

x1 (x0 ) xn (x0 ) v1
. .. .. ..
df (x0 )(v) = Jf (x0 )v = .. . . . .
fm fm vn
x1 (x0 ) xn (x0 )
2 Brevi richiami di calcolo differenziale in piu variabili 9

Se f e una funzione reale, cioe se m = 1, allora denotate con (dx1 , . . . , dxn ) le applicazioni
lineari da Rn in R tali che (
1 se i = j
dxi (ej ) =
0 se i 6= j,
dove ej e il j-esimo vettore della base canonica di Rn , si ha che
n
f f X f
(2.5) df (x0 ) = (x0 ) dx1 + + (x0 ) dxn = (x0 ) dxi .
x1 xn i=1
xi

(2.6) Osservazione Se I R e un intervallo aperto, x0 I e f : I Rm e derivabile


in x0 , allora f e differenziabile in x0 con df (x0 )(x) = f 0 (x0 )x per ogni x R.
In particolare f 0 (x0 ) = df (x0 )(1).

Differenziale della funzione composta


Se f e g sono due funzioni rispettivamente differenziabili in x0 e in f (x0 ), allora la
funzione composta g f e differenziabile in x0 con

x : d(g f )(x0 )(x) = dg(f (x0 ))(df (x0 )(x)).

In termini matriciali si ha che Jgf (x0 ) = Jg (f (x0 )) Jf (x0 ).

Derivata parziale della funzione composta


Se f e g sono due funzioni rispettivamente differenziabili in x0 e in f (x0 ), allora la
derivata parziale i-esima della funzione composta g f in x0 e data da
 
(g f ) f
(x0 ) = d(g f )(x0 )(ei ) = dg(f (x0 ))(df (x0 )(ei )) = dg(f (x0 )) (x0 ) .
xi xi
f g
In particolare se g e una funzione reale, cioe ad esempio si ha Rn Rm R, allora
per (2.5) si ha che
m
X g
dg(y0 ) = (y0 ) dyj
j=1
yj

e quindi, denotate con (f1 , . . . , fm ) le componenti di f , si ha che


 m   
(g f ) f X g f
(x0 ) = dg(f (x0 )) (x0 ) = (f (x0 )) dyj (x0 ) =
xi xi j=1
y j xi

m  
X g f1 fm
= (f (x0 )) dyj (x0 ), . . . , (x0 ) =
j=1
yj xi xi
10 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

m   m
X g f1 fm X g fj
= (f (x0 )) dyj (x0 ) e1 + + (x0 ) em = (f (x0 )) (x0 ).
j=1
yj xi xi j=1
yj xi
| {z }
f
= xj (x0 )
i

Casi particolari
f g
a) Se si ha Rn R R, allora
(g f ) f
(x0 ) = g0 (f (x0 )) (x0 ).
xi xi
f g
b) Se si ha R Rm R, allora
m
X g
(g f )0 (x0 ) = (f (x0 )) fj0 (x0 ) = g(f (x0 )) f 0 (x0 ).
j=1
yj

(2.7) Definizione Siano Rn aperto non vuoto e f : Rm una funzione.


Diciamo che f e di classe C 0 in se f e continua in .
f
Diciamo che f e di classe C 1 in se f ammette tutte le derivate parziali xi in
e sono continue in .
Diciamo che f e di classe C 2 in se f ammette tutte le derivate parziali seconde
2f
xi xj in e sono continue in .
Se k N con k 2, diciamo che f e di classe C k in se f ammette tutte le
k f
derivate parziali k-esime in e sono continue in .
xi xj
| {z }
k variabili
Diciamo che f e di classe C in se f e di classe C k in per ogni k N.

(2.8) Lemma (di Schwarz) Siano Rn aperto non vuoto e f : Rm


una funzione di classe C 2 .
Allora per ogni i, j = 1, . . . , n e per ogni x si ha che

2f 2f
(x) = (x).
xi xj xj xi

(2.9) Teorema (di Weierstrass) Siano Rn compatto non vuoto e f :


R una funzione continua.
Allora f ammette massimo e minimo in .
Capitolo 2

Calcolo degli integrali multipli

1 Breve introduzione teorica

Per integrale multiplo si intende lintegrale di una funzione reale di n 2 variabili su


un sottoinsieme di Rn . La nozione di integrale multiplo e una naturale estensione di
quella dellintegrale definito di una funzione reale di una variabile reale. Quindi gode, ad
esempio, delle medesime proprieta di linearita e di monotonia. La differenza sostanziale
consiste nel fatto che, mentre in una variabile si calcola lintegrale di una funzione limi-
tata prevalentemente su un intervallo limitato, nel caso dellintegrale multiplo si calcola
lintegrale di una funzione limitata su un sottoinsieme limitato di Rn che puo essere
molto vario.
Lanalogo nel piano R2 di un intervallo limitato sulla retta reale e un rettangolo,
mentre nello spazio R3 e un parallelepipedo. Pero in R2 e in R3 puo essere utile,
oppure e necessario, calcolare gli integrali anche su insiemi che non sono rettangoli o
parallelepipedi rispettivamente. Ad esempio su triangoli, trapezi, cerchi, ellissi ecc. in
R2 e piramidi, prismi, sfere, ellissoidi, tronchi di cono, ecc. in R3 .
Per questo motivo la teoria dellintegrazione multipla, pur essendo una naturale es-
tensione di quella in una variabile, presenta delle complicazioni e delle difficolta maggiori
rispetto al caso unidimensionale. Infatti, dovendo prevedere la possibilita di integrare le
funzioni su insiemi per cos dire non necessariamente dritti (come potrebbero essere
definiti gli intervalli, i rettangoli e i parallelepipedi), deve forzatamente avere una base
teorica che permetta di discernere gli insiemi buoni su cui integrare, da quelli non
buoni. Questa base e costituita dalla cosidetta teoria della misura, che introduce e
studia le proprieta degli insiemi misurabili (quelli buoni) che, sostanzialmente, sono
quelli a cui e possibile associare una misura, che nel piano comunemente chiamiamo area
e nello spazio volume.

11
12 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Esistono varie teorie dellintegrazione multipla, ciascuna basata appunto su una


certa teoria della misura. Le piu note sono lintegrazione secondo Riemann (basata
sulla teoria della misura di Peano-Jordan) e lintegrazione secondo Lebesgue (basata
sullomonima teoria della misura).
In questa breve introduzione non vedremo la definizione di integrale di Riemann
ma ci accontenteremo di avere unidea intuitiva del suo significato e di alcune sue ap-
plicazioni; studieremo inoltre le proprieta principali e infine vedremo come si calcolano
gli integrali di funzioni di due variabili (detti integrali doppi) e di tre variabili (detti
integrali tripli). Per una esposizione piu dettagliata e rigorosa dellintegrale di Riemann
in piu variabili si rimanda allAppendice B.

Nel seguito considereremo n N, n 1.

Notazione Sia Rn limitato non vuoto. In questa sede diremo che e misura-
bile1 se e possibile associare a una misura, che per n = 2 e proprio larea di inteso
come sottoinsieme del piano, mentre per n = 3 e il classico volume di inteso come
sottoinsieme dello spazio. Denotiamo la misura di con mn () o piu semplicemente,
quando non vi sia ambiguita, con m(), e la chiamiamo misura n-dimensionale di
(o piu semplicemente misura di ). Evidentemente m() [0, +).
Talvolta si parla di volume n-dimensionale di . In particolare, per n = 2 la
misura m() e detta area di , mentre per n = 3 la misura m() e detta volume di
.
Per convenzione si pone m() = 0.

(1.1) Osservazione Valgono i seguenti fatti:

1) se Rk e misurabile, con 1 k < n, allora mn () = 0. In particolare larea e


il volume di un sottoinsieme misurabile della retta reale sono zero, il volume di un
sottoinsieme misurabile del piano e zero;

2) se Rn e il sostegno di una curva parametrica regolare2 , allora mn () = 0 per


ogni n 2;

3) se R3 e il grafico di una funzione continua di due variabili3 , allora m3 () = 0;


1
Per la definizione rigorosa di insieme misurabile e di misura di Peano-Jordan vedi Appendice B.
2
Vedi capitolo Integrali curvilinei.
3
3
Vale piu in generale se R e il sostegno di una calotta regolare (vedi capitolo Integrali di
superficie).
1 Breve introduzione teorica 13

4) se Rn e un aperto limitato, allora , la frontiera di , ha misura n-


dimensionale nulla;

5) se A, B Rn sono misurabili, allora

m(A B) = m(A) + m(B) m(A B).

Quindi se m(A B) = 0, allora m(A B) = m(A) + m(B).

In particolare se A e un aperto limitato, allora A A = , da cui segue che la


misura di A = A A, chiusura di A, e

m(A) = m(A) + m(A) = m(A).

(1.2) Definizione Sia Rn misurabile. Diciamo che e trascurabile (in


Rn ) se m() = 0.

Vale la seguente proprieta, che non dimostriamo.

(1.3) Teorema Sia Rn limitato non vuoto.


Allora e misurabile se e solo se e trascurabile.

(1.4) Esempio Un esempio di insieme non misurabile nel piano e

= {(x, y) [0, 1] [0, 1] : x, y Q} .

Infatti, in tal caso = [0, 1] [0, 1] e quindi m() = 1 6= 0.

Introduciamo ora il concetto di integrale multiplo di una funzione reale. Nel seguito
con il termine integrabile intenderemo integrabile secondo Riemann.
Per questioni di semplicita espositiva tratteremo solo il caso di funzioni continue e
limitate, anche se la nozione di integrale multiplo si puo introdurre per una classe di
funzioni piu ampia, detta delle funzioni integrabili.

Notazione Siano Rn misurabile e f : R una funzione continua e limitata.


Lintegrale (multiplo) di Riemann di f su e il numero reale denotato con uno
dei seguenti simboli
n volte
Z Z Z zZ }| Z {
f, f (x) dx, f (x1 , , xn ) dx1 . . . dxn , f (x1 , . . . , xn ) dx1 dxn .

14 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Se n = 2 si usa talvolta scrivere


ZZ
f (x, y) dx dy. (Integrale doppio)

Se n = 3 si usa talvolta scrivere


ZZZ
f (x, y, z) dx dy dz. (Integrale triplo)

Linsieme e detto dominio di integrazione. Z


Come nel caso unidimensionale, se f 0 su , allora f (x) dx rappresenta

il volume in Rn+1 , cioe la misura (n + 1)-dimensionale, del trapezoide di f , ossia
dellinsieme
n o
Tf = (x1 , , xn , xn+1 ) Rn+1 : x = (x1 , , xn ) , 0 xn+1 f (x) .

Gf

Per esempio, per n = 2, allora Tf =


n o
(x, y, z) R3 : (x, y) , 0 z f (x, y) .
Z
e f (x, y) dx dy e il classico Tf

volume del solido Tf .
y

x

Mediante lintegrale di Riemann si possono quindi riottenere le aree delle classiche


figure geometriche del piano e i volumi di quelle dello spazio.
Esistono anche altre possibili interpretazioni dellintegrale multiplo, oltre a quella
geometrica, e dipendono chiaramente dalla natura
Z della funzione f . Se per esempio f e
la distribuzione di carica elettrica in , allora f fornisce la carica totale su ; se f
Z
e la distribuzione della densita di massa in , allora f fornisce la massa totale di

(vedi pag. 44).

(1.5) Osservazione Se Rn e misurabile e f (x) = 1 per ogni x , allora


lintegrale di f su e proprio la misura n-dimensionale di , cioe
Z Z
f (x) dx = 1 dx = mn ().

1 Breve introduzione teorica 15

Infatti, se per semplicita consideriamo il caso n = 2, allora essendo f (x) = 1 per ogni
x , si ha che il trapezoide Tf di f e un cilindro con generatrici parallelle allasse z
avente per basi e la proiezione ortogonale di sul piano z = 1.

Gf
3
1 b

Quindi il volume (in R ) di Tf e


Z
1 dx = m3 (Tf ) = m2 (). Tf

y

x

Elenchiamo ora alcune delle proprieta principali dellintegrale multiplo, utili anche
nelle applicazioni.

(1.6) Proposizione Siano Rn misurabile, f, g : R continue e limitate


e R. Allora valgono i seguenti fatti:
Z Z Z
a) (f + g) = f+ g; (Additivita)

Z Z
b) f = f; (Omegeneita)

Z Z
c) se f g su , allora f g; (Monotonia)

Z Z

d) f
|f |.

E ben noto che queste quattro proprieta valgono anche per lintegrale unidimen-
sionale.

(1.7) Proposizione Siano Rn misurabile e f : R continua e limitata.


Allora valgono i seguenti fatti:
Z
a) se e trascurabile, allora f = 0;

b) se = A B con A e B misurabili e A B trascurabile, allora


Z Z Z Z
f= f= f+ f;
AB A B
16 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

c) se A e misurabile e f 0 su , allora
Z Z
f f.
A

La proprieta b) e detta Additivita rispetto al dominio, mentre c) e detta Monotonia


rispetto al dominio. Valgono anche nel caso unidimensionale. In tal caso sono le ben
note
Z b Z c Z b
c [a, b] : f (x) dx = f (x) dx + f (x) dx, Additivita rispetto al dominio
a a c

e
Z c Z b
f 0 = c [a, b] : f (x) dx f (x) dx. Monotonia rispetto allintervallo
a a

(1.8) Osservazione La proprieta a) stabilisce che gli insiemi trascurabili, cioe di


misura nulla, possono essere a tutti gli effetti del calcolo trascurati, quindi
non considerati. Infatti, il loro contributo nellintegrale multiplo e nullo. In particolare
2
Z ha che se R e ad esempio un segmento o piu in generale una linea del piano, allora
si
f = 0. Analogamente se R3 e contenuto in un piano, oppure e una superficie,
Z
allora f = 0.

Per le proprieta a) e b), se Rn e la chiusura di un aperto non vuoto, allora
essendo = int() e trascurabile, si ha che
Z Z Z Z Z
f= f= f+ f= f.
int() int() int()
| {z }
=0

Inoltre, sempre per le proprieta a) e b), se f, g : R sono continue e limitate e esiste


A trascurabile tale che f (x) = g(x) per ogni x \ A, allora
Z Z
f= g.

Infatti,
Z Z Z Z Z Z Z Z
f= f+ f= f = g= g+ g= g.

\A \A \A \A
|A
{z } A
|{z}
=0 f (x) = g(x) =0
x \ A

Quindi nel calcolo di un integrale multiplo possiamo tranquillamente non considerare gli
insiemi trascurabili.
1.1 Calcolo degli integrali doppi 17

1.1 Calcolo degli integrali doppi

(1.9) Definizione Sia R2 .


Diciamo che e un insieme y-semplice (o verticalmente convesso) se e della
forma
n o
= (x, y) R2 : a x b, (x) y (x) ,

dove , : [a, b] R sono due funzioni continue.


Diciamo che e un insieme x-semplice (o orizzontalmente convesso) se e
della forma
n o
= (x, y) R2 : c y d, (y) x (y) ,

dove , : [c, d] R sono due funzioni continue.

Osserviamo che questi insiemi sono misurabili.

y y
d

y = (x)
x = (y)

x = (y)

y = (x)
c

O a b x O x

Figura 2.1: Insieme y-semplice. Figura 2.2: Insieme x-semplice.

Ci sono insiemi del piano che sono sia x-semplici che y sempici. Ad esempio un
quadrato, un rettangolo, o un trapezio con le basi parallele ad uno dei due assi cartesiani
o anche piu semplicemente un triangolo.
18 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Graficamente si osserva che e y-semplice


y = (x)
se per ogni x0 sullasse delle ascisse compre-
so nellintervallo ottenuto proiettando sul-
lasse x, si ha che lintersezione fra e la ret-

ta verticale x = x0 e un segmento. Poiche un


y = (x)
segmento e un insieme convesso, e giustifica-
ta la denominazione verticalmente convesso O a x0 b x

per .
Figura 2.3: Insieme y-semplice.
y
d
Similmente, graficamente si osserva che e
x-semplice se per ogni y0 sullasse delle or- y0

dinate compreso nellintervallo ottenuto pro-

x = (y)

x = (y)
iettando sullasse y, si ha che lintersezione
fra e la retta orizzontale y = y0 e un seg-
mento. Poiche un segmento e un insieme c
convesso, e giustificata la denominazione O x
orizzontalmente convesso per .

Figura 2.4: Insieme x-semplice.

(1.10) Teorema (di integrazione su insiemi x-semplici o y-semplici) Siano


R2 linsieme y-semplice
n o
= (x, y) R2 : a x b, (x) y (x) ,

dove , : [a, b] R sono funzioni continue, e f : R una funzione continua4 .


Allora si ha che
Z Z "Z #
b (x)
f (x, y) dx dy = f (x, y) dy dx.
a (x)

Se R2 e linsieme x-semplice
n o
= (x, y) R2 : c y d, (y) x (y) ,

dove , : [c, d] R sono funzioni continue, e f : R e una funzione continua3 ,


allora si ha che
Z Z "Z #
d (y)
f (x, y) dx dy = f (x, y) dx dy.
c (y)
1.1 Calcolo degli integrali doppi 19

Il teorema precedente, noto anche come teorema di riduzione per gli integrali doppi,
stabilisce che lintegrale doppio di una funzione reale continua e limitata di due variabili si
puo determinare calcolando in cascata due integrali definiti in una variabile. Osserviamo
che nella formula relativa agli insiemi y-semplici
Z Z "Z #
b (x)
f (x, y) dx dy = f (x, y) dy dx,
a (x)

Z (x)
prima si calcola f (x, y) dy che e un integrale definito di una funzione nella sola
(x)
variabile y (x va considerata come un parametro) fra gli estremi (x) e (x). Questo
integrale produce una funzione F (x) della sola variabile x che va poi integrata fra a e b.
In modo del tutto analogo, ma a variabili scambiate, si procede nel caso della formula
relativa agli insiemi x-semplici.

(1.11) Osservazione Siano R2 un rettangolo con lati paralleli agli assi x e


y, cioe e della forma = [a, b] [c, d], e f : R una funzione della forma
f (x, y) = f1 (x)f2 (y), con f1 : [a, b] R e f2 : [c, d] R continue4 .
Allora si ha che
Z Z ! Z !
b d
f (x, y) dx dy = f1 (x) dx f2 (y) dy .
a c

Dimostrazione. Per esercizio.

Z
(1.12) Esempio Calcoliamo lintegrale (x + y) dx dy, dove

( q )
2 2 2
= (x, y) R : 0 y , y x 1y .
2

Linsieme e x-semplice. Quindi si ha che


Z 2 "Z #

Z 1y 2
2
(x + y) dx dy = (x + y) dx dy =
0 y


 

  
Z 2 1y 2 Z 2  q
2 1 2 2 1 3
= x + xy dy = 1 y 2 + y 1 y 2 y 2 dy =
0 2 y 0 2 2

Z  q   3  2
1
2
2 1 1 2 2 1
= 2y 2 + y 1 y 2 dy = y y3 1 y2 2
= .
0 2 2 3 3 0 3
3
Per il Teorema di Weierstrass risulta che e compatto e che f e limitata.
4
Per il Teorema di Weierstrass sono anche limitate.
20 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II


2
2 p
x= 1 y2

y
=
x


O 2 1 x
2

Figura 2.5: Linsieme .

Osserviamo che e anche y-semplice. Infatti,

n o
= (x, y) R2 : 0 x 1, (x) y (x) ,


x 2
se 0 x < 2
dove (x) = 0 e (x) = . Poiche e definita a tratti, per

2
1 se x2
x 1. 2
calcolare lintegrale su considerato come insieme y-semplice, conviene osservare che
= 1 2 , come in Fig. 2.6 e usare la proprieta b) della Proposizione (1.7), in modo
che
Z Z Z
(x + y) dx dy = (x + y) dx dy + (x + y) dx dy.
1 2

Lo svolgimento viene lasciato per esercizio.


2
2
y= 1 x2
x
=
y

1 2


O 2 1 x
2

Figura 2.6: Linsieme = 1 2 .


1.1 Calcolo degli integrali doppi 21

(1.13) Teorema (del cambiamento di variabile negli integrali doppi)


2
Siano , R aperti limitati non vuoti, f : R una funzione continua e
limitata e : una funzione tale che:

i) e biiettiva;

ii) e di classe C 1 con det J (u, v) 6= 0 per ogni (u, v) .

Allora

Formula del
Z Z
cambiamento di
f (x, y) dx dy = f ((u, v))| det J (u, v)| du dv.
variabile negli
integrali doppi

(1.14) Osservazione La funzione e quella che produce il cambiamento di varia-


bili, da (u, v) a (x, y) che, essendo in dimensione maggiore di uno, e anche detta del
cambiamento di coordinate.
E evidente la somiglianza fra questa formula e lanaloga nel caso unidimensionale
Z b Z
f (x) dx = f ((t)) (t) dt, (a = (), b = ()).
a

In questo caso si pone formalmente x = (t), e nellintegrale di sinistra si sostituisce x


con (t), il differenziale dx con (t) dt e gli estremi a e b rispettivamente con e tali
che a = () e b = ().
Nel caso bidimensionale si procede in modo analogo. Formalmente si pone (x, y) =
(u, v) e nellintegrale di sinistra si sostituisce (x, y) con (u, v). A questo punto vanno
sostituiti gli estremi di integrazione, che in questo caso e il dominio, da a tale che
( ) = e il differenziale, da dx dy a | det J (u, v)| du dv. La differenza sostanziale
non sta tanto nella presenza del determinante della matrice Jacobiana di quanto nella
presenza del modulo dello stesso. E bene non scordarlo per non commettere errori.
Si fa comunque notare che questa formula e esattamente lestensione in due variabili
di quella unidimensionale. Infatti, ricordando che nel caso unidimensionale gli intervalli
sono orientati, se = [, ] e = ( ) = [(), ()], allora e crescente. Essendo
derivabile su un intervallo, 0 da cui segue che | det J (t)| = | (t)| = (t). Quindi
22 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

posto x = (t) si ha che


Z Z Z ()
f (x) dx = f (x) dx = f (x) dx =
[(),()] ()

Z Z
= f ((t))| det J (t)| dt = f ((t)) (t) dt.
[,]

Se invece = [, ] e = ( ) = [(), ()], allora e decrescente. Essendo


derivabile su un intervallo, 0 da cui segue che | det J (t)| = | (t)| = (t).
Quindi posto x = (t) si ha che
Z Z Z ()
f (x) dx = f (x) dx = f (x) dx =
[(),()] ()

Z () Z Z
= f (x) dx = f ((t))| det J (t)| dt = f ((t)) (t) dt.
() [,]

(1.15) Osservazione Nel caso unidimensionale il cambiamento di variabile e utile


molto spesso per semplificare la funzione integranda al fine di permettere la determi-
nazione di una primitiva in modo piu agevole. In piu variabili, invece, il cambiamento di
variabile negli integrali multipli e utile molto spesso non tanto per modificare la funzione
quanto per modificare e quindi semplificare il dominio di integrazione. Evidentemente,
come sottolineato nellOsservazione (1.11), il caso piu semplice nel piano e quello del
rettangolo con lati paralleli agli assi cartesiani.

(1.16) Osservazione La formula del cambiamento di variabile continua a valere anche


se non e biiettiva, oppure se det J = 0, su un sottoinsieme di misura nulla di .
Infatti, come sottolineato nellOsservazione (1.8), gli insiemi di misura nulla non danno
alcun contributo nellintegrale.

Cambiamenti di coordinate notevoli nel piano

1) Coordinate polari. Sia (x0 , y0 ) R2 . La funzione che esprime le coordinate


polari centrate in (x0 , y0 ) dei punti del piano e : [0, +) [0, 2] R2 definita
da
(, ) = (x0 + cos , y0 + sin ).

In particolare se (x0 , y0 ) = (0, 0) si ha

(, ) = ( cos , sin ).
1.1 Calcolo degli integrali doppi 23

P (xP , yP )
yP b b


b b

O xP x

In ogni caso la matrice Jacobiana di e


!
cos sin
J (, ) = .
sin cos
Quindi il modulo del determinante della matrice Jacobiana di e


| det J (, )| = cos2 + sin2 = .

Osserviamo che per = 0 la funzione non e iniettiva, e quindi biiettiva, e


inoltre che det J (, ) = 0. Poiche {0} [0, 2] e un insieme trascurabile in R2
(e un segmento), per lOsservazione (1.16) possiamo comunque utilizzare questo
cambiamento di variabile nel calcolo di un integrale doppio. Inoltre (, 0) =
(, 2) per ogni 0. Poiche anche linsieme [0, +) {2} e trascurabile
in R2 (e una semiretta), anche questo fatto non influisce sullutilizzo di questo
cambiamento di variabile nel calcolo di un integrale doppio.

Questo cambiamento di variabile viene usato per integrare su insiemi che presen-
tano una simmetria radiale rispetto ad un punto. Per esempio se e il cerchio di
centro lorigine e raggio R > 0
n o
= (x, y) R2 : x2 + y 2 < R2 ,

allora passando in coordinate polari nel piano centrate nellorigine, si ha che


(
x = cos
: 0, 0 2, |det J (, )| = .
y = sin ,
Allora

(x, y) x2 + y 2 < R2 2 < R2 0 < R, 0 2.

Quindi = ( ), dove
n o
= (, ) R2 : 0 < R, 0 2
24 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

y
2
R

O R x

O R

che e un rettangolo con lati paralleli agli assi coordinati.

Anche linsieme dellEsempio (1.12) presenta una simmetria radiale. Infatti,


e un settore circolare del cerchio di centro lorigine e raggio 1. Per esercizio
trasformarlo in coordinate polari.

2) Coordinate ellittiche. Siano a, b > 0 e (x0 , y0 ) R2 . La funzione che esprime


le coordinate ellittiche centrate in (x0 , y0 ), associate ad a e b, dei punti del piano
e : [0, +) [0, 2] R2 definita da

(, ) = (x0 + a cos , y0 + b sin ).

In particolare se (x0 , y0 ) = (0, 0) si ha (, ) = (a cos , b sin ). In ogni caso la


matrice Jacobiana di e
!
a cos a sin
J (, ) = .
b sin b cos

Quindi il modulo del determinante della matrice Jacobiana di e




| det J (, )| = ab cos2 + ab sin2 = ab.

Come nel caso precedente, osserviamo che per = 0 la funzione non e iniettiva,
e quindi biiettiva, e inoltre che det J (, ) = 0. Poiche {0} [0, 2] e un insieme
trascurabile in R2 , per lOsservazione (1.16) possiamo comunque utilizzare questo
cambiamento di variabile nel calcolo di un integrale doppio. Inoltre (, 0) =
(, 2) per ogni 0. Poiche anche linsieme [0, +) {2} e trascurabile in
R2 , anche questo fatto non influisce sullutilizzo di questo cambiamento di variabile
nel calcolo di un integrale doppio.
1.1 Calcolo degli integrali doppi 25

Questo cambiamento di variabile viene usato per integrare su un ellisse. Per


esempio se e lellisse di centro lorigine e semiassi a e b
( )
2 x2 y 2
= (x, y) R : 2 + 2 < 1 ,
a b

allora passando in coordinate ellittiche nel piano centrate nellorigine, si ha che


(
x = a cos
: 0, 0 2, |det J (, )| = ab.
y = b sin ,
Allora

x2 y 2
(x, y) + 2 < 1 2 < 1 0 < 1, 0 2.
a2 b
Quindi = ( ), dove
n o
= (, ) R2 : 0 < 1, 0 2

che e un rettangolo con lati paralleli agli assi coordinati.


y
x2 y2
a2
+ b2
=1
b 2

O a x

O 1

Z
xy
(1.17) Esempio Calcoliamo lintegrale dx dy, dove
x2 + y2
n o
= (x, y) R2 : 1 < x2 + y 2 < 4, x > 0, y > 0 .

Linsieme e sia x-semplice che y-semplice. Osserviamo che presenta una


simmetria radiale. Passiamo in coordinate polari nel piano. Poniamo quindi
(
x = cos
: 0, 0 2, |det J (, )| = .
y = sin ,
26 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

2
x2 + y 2 = 4

2

x2 + y 2 = 1

O 1 2 x O 1 2

Figura 2.7: Linsieme . Figura 2.8: Linsieme .

Allora


1 < x2 + y 2 < 4
1 < 2 < 4 (
1<<2
(x, y) x>0

cos > 0
0 < < 2 .

y>0 sin > 0
Quindi si ha che = ( ), dove
 

= (, ) R2 : 1 < < 2, 0 < < .
2
Ne segue che
Z Z Z
xy 2 cos sin
dx dy = d d = cos sin d d =
x + y2
2
2

essendo un rettangolo con lati paralleli agli assi e e la funzione integranda prodotto
di una funzione di e di una funzione di si ottiene
Z  Z
!  2  
2 2 1 1 2 3
= d cos sin d = 2 sin2 = .
1 0 2 1 2 0 4

(1.18) Osservazione Siano R2 misurabile e f : R continua e limitata. Se


e f presentano una simmetria rispetto ad uno stesso asse cartesiano, x o y, allora
lintegrale di f su si puo calcolare in un modo talvolta piu semplice. Ricordiamo
innanzi tutto che:
e simmetrico rispetto allasse x se (x, y) anche (x, y) ;
e simmetrico rispetto allasse y se (x, y) anche (x, y) .
1.1 Calcolo degli integrali doppi 27

y y

(x0 , y0 )
b
b b

(x0 , y0 ) (x0 , y0 )
b b

O x O x

(x0 , y0 )

Figura 2.9: Insieme simmetrico rispetto Figura 2.10: Insieme simmetrico rispetto
allasse x. allasse y.

Si hanno i seguenti quattro casi:


( Z Z
simmetrico rispetto allasse x e
1) = f (x, y) dx dy = 2 f (x, y) dx dy,
(x, y) si ha f (x, y) = f (x, y)

dove = {(x, y) : y 0}, (oppure y 0);


( Z
simmetrico rispetto allasse x e
2) = f (x, y) dx dy = 0;
(x, y) si ha f (x, y) = f (x, y)

( Z Z
simmetrico rispetto allasse y e
3) = f (x, y) dx dy = 2 f (x, y) dx dy,
(x, y) si ha f (x, y) = f (x, y)

dove = {(x, y) : x 0}, (oppure x 0);


( Z
simmetrico rispetto allasse y e
4) = f (x, y) dx dy = 0.
(x, y) si ha f (x, y) = f (x, y)
28 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

1.2 Calcolo degli integrali tripli

Per gli integrali tripli esistono formule di riduzione simili a quelle degli integrali doppi.
Lidea di fondo e di ricondurre il calcolo di un integrale triplo a quello in cascata di un
integrale doppio e uno definito in una variabile. A seconda che si calcoli prima lintegrale
in una variabile o quello doppio, si hanno le formule di integrazione per fili paralleli ad
un asse o per strati paralleli ad un piano.

Integrazione per fili paralleli ad un asse

Asse z. Sia R3 linsieme


n o
= (x, y, z) R3 : (x, y) D, (x, y) z (x, y) ,

dove D R2 e compatto (chiuso e limitato) e , : D R sono due funzioni


continue, e sia f : R una funzione continua5 .

z = (x, y)

z = (x, y)
y
D
x

Allora si ha che
Formula di
Z Z "Z (x,y)
#
integrazione per
f (x, y, z) dx dy dz = f (x, y, z) dz dx dy.
D (x,y) fili paralleli
allasse z
5
Per il Teorema di Weierstrass risulta che e compatto e che f e limitata.
1.2 Calcolo degli integrali tripli 29

Quindi lintegrale triplo di una funzione continua e limitata di tre variabili si puo
determinare calcolando in cascata prima un integrale definito in una variabile e
poi un integrale doppio
Z (x,y)
nelle due variabili rimanenti. Nella formula precedente,
prima si calcola f (x, y, z) dz che e un integrale definito di una funzione
(x,y)
nella sola variabile z (x e y vanno considerate come parametri) fra gli estremi
(x, y) e (x, y). Questo integrale produce una funzione F (x, y) nelle variabili x e
y che va poi integrata sullinsieme D R2 . Questo integrale doppio si calcola con
le tecniche viste precedentemente.

z = (x, y)
Come evidenziato in Fig. 2.11,
fissato un punto (x0 , y0 ) D,
lintersezione fra e la retta

passante per questo punto pa-
rallela allasse z e un segmen-
to (nella figura e tratteggiato).
E cos giustificata la denomi- z = (x, y)
nazione di integrazione per fili y
paralleli allasse z per questo
b
(x0 , y0 ) D
x
metodo di integrazione.

Figura 2.11: Integrazione per fili paralleli allasse z.

Similmente si introducono le formule di integrazioni per fili paralleli agli altri assi.

Asse y. Sia R3 linsieme


n o
= (x, y, z) R3 : (x, z) D, (x, z) y (x, z) ,

dove D R2 e compatto e , : D R sono due funzioni continue, e sia


f : R una funzione continua.

Allora si ha che
Formula di
Z Z "Z (x,z)
#
integrazione per
f (x, y, z) dx dy dz = f (x, y, z) dy dx dz.
D (x,z) fili paralleli
allasse y
30 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Asse x. Sia R3 linsieme


n o
= (x, y, z) R3 : (y, z) D, (y, z) x (y, z) ,

dove D R2 e compatto e , : D R sono due funzioni continue, e sia


f : R una funzione continua.

Allora si ha che
Formula di
Z Z "Z (y,z)
#
integrazione per
f (x, y, z) dx dy dz = f (x, y, z) dx dy dz.
D (y,z) fili paralleli
allasse x

Integrazione per strati paralleli ad un piano


Premettiamo la seguente

(1.19) Definizione Siano R3 limitato e z0 R. Poniamo


n o
z0 = (x, y) R2 : (x, y, z0 ) .

Osserviamo che z0 e la proiezione ortogonale sul piano xy dellintersezione fra e


il piano z = z0 . Se questa intersezione e linsieme vuoto, allora anche z0 = .

z0 b

y
z0
x

In modo del tutto analogo, se x0 , y0 R si introducono gli insiemi


n o n o
x0 = (y, z) R2 : (x0 , y, z) , y0 = (x, z) R2 : (x, y0 , z) .
1.2 Calcolo degli integrali tripli 31

Formule di integrazione per strati paralleli ad un piano

Piano xy. Siano R3 linsieme


n o
= (x, y, z) R3 : a z b, (x, y) z ,
n o
dove z = (x, y) R2 : (x, y, z) , e f : R una funzione continua e
limitata. Supponiamo che z sia misurabile in R2 per ogni z [a, b]. Allora si ha
che

Formula di
Z Z b Z 
integrazione per
f (x, y, z) dx dy dz = f (x, y, z) dx dy dz.
a z strati paralleli
al piano xy

Quindi lintegrale triplo di una funzione continua e limitata di tre variabili si


puo determinare calcolando in cascata prima un integrale
Z
doppio e poi un inte-
grale definito. Nella formula precedente, prima si calcola f (x, y, z) dx dy che e
z
un integrale doppio di una funzione nelle variabili x e y (z va considerata come
parametro) sullinsieme z R2 . Questo integrale doppio si calcola con le tec-
niche viste precedentemente e produce una funzione F (z) nella variabile z che va
poi integrata fra gli estremi a e b.

z
Come evidenziato in Fig. 2.12,
fissato un punto z0 [a, b],
lintersezione fra e il piano b
z0 b

z = z0 e una sezione non vuota
di giacente su un piano par-
allelo al piano xy. E cos gius-
a
tificata la denominazione di in-
tegrazione per strati paralleli al y
piano xy per questo metodo di
x
integrazione.

Figura 2.12: Integrazione per strati paralleli al piano xy.


32 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Similmente si introducono le formule di integrazioni per strati paralleli agli altri


piani.

Piano xz. Siano R3 linsieme


n o
= (x, y, z) R3 : a y b, (x, z) y ,
n o
dove y = (x, z) R2 : (x, y, z) , e f : R una funzione continua e
limitata. Supponiamo che y sia misurabile in R2 per ogni y [a, b]. Allora si ha
che

"Z # Formula di
Z Z b integrazione per
f (x, y, z) dx dy dz = f (x, y, z) dx dz dy.
a y strati paralleli
al piano xz

Piano yz. Siano R3 linsieme


n o
= (x, y, z) R3 : a x b, (y, z) x ,
n o
dove x = (y, z) R2 : (x, y, z) , e f : R una funzione continua e
limitata. Supponiamo che x sia misurabile in R2 per ogni x [a, b]. Allora si ha
che
Formula di
Z Z b Z 
integrazione per
f (x, y, z) dx dy dz = f (x, y, z) dy dz dx.
a x strati paralleli
al piano yz

(1.20) Osservazione Siano R3 un parallelepipedo con spigoli paralleli agli assi


x, y e z, cioe e della forma = [a, b] [c, d] [h, k], e f : R una funzione della
forma f (x, y, z) = f1 (x)f2 (y)f3 (z), con f1 : [a, b] R, f2 : [c, d] R e f3 : [h, k] R
continue6 .
Allora si ha che
Z Z ! Z ! Z !
b d k
f (x, y, z) dx dy dz = f1 (x) dx f2 (y) dy f3 (z) dz .
a c h

Dimostrazione. Per esercizio.

6
Per il Teorema di Weierstrass le funzioni sono anche limitate.
1.2 Calcolo degli integrali tripli 33

Z  
(1.21) Esempio Calcoliamo lintegrale x2 + y 2 z dx dy dz, dove

n o
= (x, y, z) R3 : x2 + y 2 + z 2 1, z 0 .

Osserviamo che e la semisfera di centro lorigine e raggio 1 appoggiata sul piano xy


dalla parte delle z positive.
z

x y

Figura 2.13: Linsieme .

Si ha che
 q 
3 2 2
= (x, y, z) R : 0 z 1 x2 y2 , x +y 1 .

n o
Quindi, posto D = (x, y) R2 : x2 + y 2 1 , risulta che e della forma adatta per
integrare per fili paralleli allasse z. Integrando per fili paralleli allasse z, si ha che
Z   Z "Z #
1x2 y 2  
2 2
x +y z dx dy dz = x2 + y 2 z dz dx dy =
D 0


Z     1x2 y 2 Z   
1 1
= x2 + y 2 z 2 dx dy = x2 + y 2 1 x2 y 2 dx dy.
D 2 0 2 D

Poiche D e linsieme dei punti interni alla circonferenza di equazione x2 + y 2 = 1 e


di quelli della circonferenza, passiamo in coordinate polari nel piano xy. Poniamo quindi
(
x = cos
: 0, 0 2, |det J (, )| = .
y = sin ,

Allora (
2 2
01
(x, y) D x +y 1
0 2.
34 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

y
2
1

O 1 x D

O 1

Figura 2.14: Linsieme D. Figura 2.15: Linsieme D .

Quindi si ha che D = (D ), dove


n o
D = (, ) R2 : 0 1, 0 2 .

Ne segue che
Z   Z   
2 2 1
x +y z dx dy dz = x2 + y 2 1 x2 y 2 dx dy =
2 D
Z  
1
= 3 5 d d =
2 D

essendo D un rettangolo con lati paralleli agli assi e e la funzione integranda prodotto
di una funzione di e di una funzione di , si ottiene
Z 1   Z 2   1
1 1 4 1 6
= 3 5 d d = = .
2 0 0 4 6 0 12

Si puo procedere anche integrando per strati paralleli ad un piano. Infatti, osser-
viamo che
n o
= (x, y, z) R3 : x2 + y 2 1 z 2 , 0 z 1 .
n o
Quindi, per ogni z [0, 1] posto z = (x, y) R2 : x2 + y 2 1 z 2 , risulta che e
della forma adatta per integrare per strati paralleli al piano xy.
Integrando per strati paralleli al piano xy, si ha che
Z   Z 1 Z   
x2 + y 2 z dx dy dz = x2 + y 2 z dx dy dz.
0 z
1.2 Calcolo degli integrali tripli 35

y
2

1 z2

z

O 1 z2 x z

b

O 1 z2

Figura 2.16: Linsieme z . Figura 2.17: Linsieme z .

Poiche per ogni z [0, 1] linsieme z e costituito dai punti interni alla circonferenza
di equazione x2 +y 2 = 1z 2 e da quelli della stessa circonferenza, passiamo in coordinate
polari nel piano xy. Poniamo quindi
(
x = cos
: 0, 0 2, |det J (, )| = .
y = sin ,
Allora
(
2 2 2 0 1 z2
(x, y) z x +y 1z
0 2.
Quindi si ha che z = (z ), dove
n p o
z = (, ) R2 : 0 1 z 2 , 0 2 .

Ne segue che
Z   Z 1 Z   
x2 + y 2 z dx dy dz = x2 + y 2 z dx dy dz =
0 z
Z "Z #
1
= 3 z d d dz =
0 z

essendo z un rettangolo con lati paralleli agli assi e e la funzione integranda prodotto
di una funzione di e di una funzione di , si ottiene
Z Z ! Z  Z  1z 2
1 1z 2 2 1 1
3
= z d d dz = 2 z 4 dz =
0 0 0 0 4 0
Z    1
1
2 2 1 3
= z 1z dz = 1 z2 = .
2 0 2 6 0 12
36 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(1.22) Teorema (del cambiamento di variabile negli integrali tripli)


3
Siano , R aperti limitati non vuoti, f : R una funzione continua e
limitata e : una funzione tale che:

i) e biiettiva;

ii) e di classe C 1 con det J (u, v, w) 6= 0 per ogni (u, v, w) .

Allora
Z Z
f (x, y, z) dx dy dz = f ((u, v, w))| det J (u, v, w)| du dv dw.

Formula del cambiamento di variabile negli integrali tripli

(1.23) Osservazione Come nel caso bidimensionale, la funzione e quella che pro-
duce il cambiamento di variabili, da (u, v, w) a (x, y, z) ed e anche detta del cambia-
mento di coordinate. Valgono le stesse considerazioni fatte nellOsservazione (1.14) a
proposito dellanalogia fra questa formula e quella del caso unidimensionale. In tal
caso si pone formalmente (x, y, z) = (u, v, w) e nellintegrale di sinistra si sostitui-
sce (x, y, z) con (u, v, w), il dominio con tale che ( ) = e dx dy dz con
| det J (u, v, w)| du dv dw. Si rammenta di NON dimenticare il modulo del determi-
nante Jacobiano di . Come gia osservato nel caso bidimensionale, il cambiamento di
variabile negli integrali multipli e utile molto spesso non tanto per modificare la funzione
quanto per modificare e quindi semplificare il dominio di integrazione. Evidentemente,
come sottolineato nellOsservazione (1.20) il caso piu semplice nello spazio e quello del
parallelepipedo con spigoli paralleli agli assi cartesiani.

(1.24) Osservazione Come nel caso bidimensionale, anche la formula del cambia-
mento di variabile negli integrali tripli continua a valere anche se non e biiettiva,
oppure se det J = 0, su un sottoinsieme di misura nulla di . Infatti, come sotto-
lineato nellOsservazione (1.8), gli insiemi di misura nulla non danno alcun contributo
nellintegrale.

Cambiamenti di coordinate notevoli nello spazio

1) Coordinate polari o sferiche. Sia (x0 , y0 , z0 ) R3 . La funzione che esprime le


coordinate polari (o sferiche) centrate in (x0 , y0 , z0 ) dei punti dello spazio, con la
1.2 Calcolo degli integrali tripli 37

colatitudine misurata dallasse z, e : [0, +) [0, ] [0, 2] R3 definita da

(, , ) = (x0 + sin cos , y0 + sin sin , z0 + cos ).

In particolare se (x0 , y0 , z0 ) = (0, 0, 0) si ha

(, , ) = ( sin cos , sin sin , cos ).

zP b

P (xP , yP , zP )
: colatitudine b

: longitudine

O
b b

yP y

xP b b

Q(xP , yP , 0)
x

In ogni caso la matrice Jacobiana di e



sin cos cos cos sin sin

J (, , ) =
sin sin cos sin sin cos
.
cos sin 0
Quindi il modulo del determinante della matrice Jacobiana di e

| det J (, , )| = cos 2 sin cos cos2 + 2 sin cos sin2 +

+ sin sin2 cos2 + sin2 sin2 =

= 2 sin cos2 + 2 sin3 =

= 2 sin cos2 + sin2 = 2 sin .

Osserviamo che per = 0 la funzione non e iniettiva, e quindi biiettiva. Inoltre


det J (, , ) = 0 = 0 oppure = 0, . Poiche {0} [0, ] [0, 2],
[0, +) {0} [0, 2] e [0, +) {2} [0, 2] sono tre insiemi trascurabili in
R3 , per lOsservazione (1.16) possiamo comunque utilizzare questo cambiamento di
variabile nel calcolo di un integrale triplo. Inoltre (, , 0) = (, , 2) per ogni
0 e [0, ]. Poiche anche linsieme [0, +) [0, ] {2} e trascurabile in
R3 , anche questo fatto non influisce sullutilizzo di questo cambiamento di variabile
nel calcolo di un integrale triplo.
38 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Questo cambiamento di variabile viene usato per integrare su insiemi che presen-
tano una simmetria radiale rispetto ad un punto. Per esempio se e la sfera di
centro lorigine e raggio R > 0
n o
= (x, y, z) R3 : x2 + y 2 + z 2 < R2 ,

allora passando in coordinate polari nello spazio centrate nellorigine, si ha che




x = sin cos

: y = sin sin , 0, 0 , 0 2, |det J (, , )| = 2 sin .



z = cos
Allora


0<R

(x, y, z) x2 + y 2 + z 2 < R2 2 < R2 0



0 2.
Quindi = ( ), dove
n o
= (, , ) R3 : 0 < R, 0 , 0 2

che e un parallelepipedo con spigoli paralleli agli assi coordinati.

z
2

R
x y

In modo del tutto analogo si introducono le coordinate polari (o sferiche) con la


colatitudine misurata dallasse x o dallasse y.
1.2 Calcolo degli integrali tripli 39

2) Coordinate cilindriche. Sia (x0 , y0 , z0 ) R3 . La funzione che esprime le co-


ordinate cilindriche centrate in (x0 , y0 , z0 ), con asse parallelo allasse z, dei punti
dello spazio e : [0, +) [0, 2] R R3 definita da

(, , z) = (x0 + cos , y0 + sin , z).

In particolare se (x0 , y0 , z0 ) = (0, 0, 0) si ha

(, , z) = ( cos , sin , z).

zP b

P (xP , yP , zP )
b

O
b b

yP y

xP b
b

Q(xP , yP , 0)
x

In ogni caso la matrice Jacobiana di e



cos sin 0

J (, , z) =
sin cos 0
.
0 0 1

Quindi il modulo del determinante della matrice Jacobiana di e




| det J (, , z)| = cos2 + sin2 = .

Anche in questo caso si osserva che per certi valori di e risulta che non e
biiettiva. Come nei casi precedenti, questo fatto non pregiudica la possibilia di
utilizzare questo cambiamento di variabile negli integrali tripli.

Questo cambiamento di variabile viene usato per integrare su cilindri, coni, paraboloi-
di. Per esempio se e il cilindro circolare retto con asse coincidente con lasse z e
raggio R compreso fra i piani z = a e z = b, con a < b,
n o
= (x, y, z) R3 : x2 + y 2 < R2 , a < z < b ,
40 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

allora passando in coordinate cilindriche centrate nellorigine con asse parallelo


allasse z, si ha che


x = cos

: y = sin , 0, 0 2, z R, |det J (, , z)| = .



z = z,
Allora

(
0<R
0 2 < R2
(x, y, z) x2 +y 2 < R2 , a < z < b 0 2


a<z<b
a < z < b.
Quindi = ( ), dove
n o
= (, , z) R3 : 0 < R, 0 2, a < z < b

che e un parallelepipedo con spigoli paralleli agli assi coordinati.

z z

b
b


R
x y
a

a

In modo del tutto analogo si introducono le coordinate cilindriche con asse parallelo
allasse x o allasse y.

(1.25) Osservazione Integrare una funzione utilizzando il cambiamento di variabili in


coordinate cilindriche con asse parallelo ad uno degli assi cartesiani equivale a integrare
per fili paralleli a quellasse e poi passare in coordinate polari nel piano ortogonale a
quellasse.
Z
x2
(1.26) Esempio Calcoliamo lintegrale dx dy dz, dove
x2 + z 2
n o
= (x, y, z) R3 : 1 < x2 + y 2 + z 2 < 2, x2 y 2 + z 2 < 0, y > 0 .
1.2 Calcolo degli integrali tripli 41

y
x

Figura 2.18: Linsieme . Figura 2.19: Linsieme .

Linsieme e la parte dello spazio compresa fra le sfere di equazione x2 +y 2 +z 2 = 1



e x2 + y 2 + z 2 = 2 e il semicono y = x2 + z 2 .
Passiamo in coordinate sferiche in cui la colatitudine e misurata rispetto allasse y.
Poniamo quindi


x = sin cos

: y = cos 0, 0 , 0 2, |det J (, , )| = 2 sin .



z = sin sin ,

Si ha che


1 < 2 < 2
1<< 2


(x, y, z)
sin2 cos2 < 0

0< 4



cos > 0 0 2.

Quindi si ha che = ( ), dove


 

= (, , ) R3 : 1 < < 2, 0 < , 0 2 .
4

Allora si ha che
Z Z Z
x2 2 sin2 cos2 2
dx dy dz = sin d d d = 2 sin cos2 d d d =
x2 + z 2 2 sin2
42 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

essendo un parallelepipedo con spigoli paralleli agli assi coordinati e la funzione


integranda prodotto di una funzione di , di una di e di una di , si ottiene
Z ! Z
! Z 
2 4
2
2 2
= d sin d cos d =
1 0 0

  2 h i 1 2
1  
= 3 cos 4
( + sin cos ) = 5 26 .
3 1 0 2 0 6

(1.27) Osservazione Siano R3 misurabile e f : R continua e limitata. Se


e f presentano una simmetria rispetto ad uno stesso piano cartesiano, xy, xz o yz,
allora lintegrale di f su si puo calcolare in un modo talvolta piu semplice. Ricordiamo
innanzi tutto che:
e simmetrico rispetto al piano xy se (x, y, z) anche (x, y, z) ;
e simmetrico rispetto al piano xz se (x, y, z) anche (x, y, z) ;
e simmetrico rispetto al piano yz se (x, y, z) anche (x, y, z) .

Si hanno i seguenti sei casi:

1) se e simmetrico rispetto al piano xy e (x, y, z) si ha f (x, y, z) = f (x, y, z),


allora Z Z
f (x, y, z) dx dy dz = 2 f (x, y, z) dx dy dz,

dove = {(x, y, z) : z 0}, (oppure z 0);

2) se e simmetrico rispetto al piano xy e (x, y, z) si ha f (x, y, z) = f (x, y, z),


allora Z
f (x, y, z) dx dy dz = 0;

3) se e simmetrico rispetto al piano xz e (x, y, z) si ha f (x, y, z) = f (x, y, z),


allora Z Z
f (x, y, z) dx dy dz = 2 f (x, y, z) dx dy dz,

dove = {(x, y, z) : y 0}, (oppure y 0);

4) se e simmetrico rispetto al piano xz e (x, y, z) si ha f (x, y, z) = f (x, y, z),


allora Z
f (x, y, z) dx dy dz = 0;

1.2 Calcolo degli integrali tripli 43

5) se e simmetrico rispetto al piano yz e (x, y, z) si ha f (x, y, z) = f (x, y, z),


allora Z Z
f (x, y, z) dx dy dz = 2 f (x, y, z) dx dy dz,

dove = {(x, y, z) : x 0}, (oppure x 0);

6) se e simmetrico rispetto al piano yz e (x, y, z) si ha f (x, y, z) = f (x, y, z),


allora Z
f (x, y, z) dx dy dz = 0.

44 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

1.3 Massa, baricentro, momento dinerzia

(1.28) Definizione Siano R3 non vuoto e : R la funzione densita di


massa in . La massa di e il numero reale
Z
M () = (x, y, z) dx dy dz.

Se la densita di massa e costante in , allora


Z Z
M () = (x, y, z) dx dy dz = dx dy dz = m(),

dove m() e il volume di . In particolare se = 1 su , allora M () = m().

(1.29) Definizione Siano R3 non vuoto e : R la funzione densita di


massa in . Il baricentro (o centro di massa, o centroide) di e il punto
B(xB , yB , zB ) dove
Z
1
xB = x (x, y, z) dx dy dz,
M ()
Z
1
yB = y (x, y, z) dx dy dz,
M ()
Z
1
zB = z (x, y, z) dx dy dz.
M ()

(1.30) Definizione Siano R3 non vuoto, : R la funzione densita di


massa in , r una retta in R3 e d : R la funzione distanza dei punti di dalla
retta r. Il momento dinerzia di rispetto allasse r e il numero reale
Z
I= d2 (x, y, z) (x, y, z) dx dy dz.

M ()
Se la densita di massa e costante in , allora = m() e si ha che
Z Z
M ()
I= d2 (x, y, z) (x, y, z) dx dy dz = d2 (x, y, z) dx dy dz.
m()

Analoghe nozioni si possono introdurre se R2 , a patto di sostituire gli integrali


tripli con integrali doppi. Inoltre, analoghe nozioni si possono introdurre se sottoin-
1.3 Massa, baricentro, momento dinerzia 45

sieme di R2 (risp. di R3 ) e il sostegno di una curva parametrica semplice e regolare,


a patto di sostituire gli integrali doppi (risp. tripli) con lintegrale curvilineo di I specie
lungo (si veda il capitolo Integrali curvilinei).

Volume di un solido di rotazione

Sia S un sottoinsieme non vuoto del semipiano yz in cui y 0 e sia R3 ottenuto


dalla rotazione completa di S attorno allasse z.

Figura 2.20: Il toro.

Siamo interessati a determinare il volume di . Rappresentiamo in coordinate


cilindriche con asse coincidente con lasse z. Si ha che


x = cos

: y = sin 0, 0 2, z R.



z=z
Allora = ( ), con
n o
= (, , z) R3 : (, z) S, 0 2 .

Ne segue che e un cilindro con basi S e la proiezione di S sul piano = 2. Quindi


il volume di e Z Z
m() = dx dy dz = d d dz =

integrando per fili paralleli allasse si ottiene


Z
= 2 d dz.
S
46 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Poiche S e contenuto nel semipiano yz in cui y 0, si ha che = y. Quindi


Z
(1.31) m() = 2 y dy dz.
S

Similmente, se S e contenuto nel semipiano yz con z 0 e e ottenuto dalla rotazione


completa di S attorno allasse y si ha che
Z
m() = 2 z dy dz.
S

Analoghe formule se S e contenuto negli altri semipiani dei piani coordinati in cui una
delle coordinate e non negativa.
Per esempio, consideriamo il toro di Fig. 2.20 ottenuto dalla rotazione del cerchio
n o
S = (y, z) R2 : (y y0 )2 + (z z0 )2 R2 , y0 , R > 0, z0 R.

Il volume di e dato da Z
m() = 2 y dy dz.
S

Passando in coordinate polari nel piano yz si ha


(
y = y0 + cos
: 0, 0 2, |det J (, )| = .
z = z0 + sin ,

Allora

(y, z) S (yy0 )2 +(zz0 )2 R2 2 R2 0 R, 0 2.

Quindi S = (S ), dove
n o
S = (, ) R2 : 0 R, 0 2 .

che e un rettangolo con lati paralleli agli assi coordinati. Ne segue che
Z Z
m() = 2 y dy dz = 2 (y0 + cos ) d d =
S S

Z "Z #
2 R 
= 2 y0 + cos d d = 2 2 y0 R2 .
2
0 0

(1.32) Osservazione Siano f : [a, b] R continua,


n o
S = (y, z) R2 : a z b, 0 y f (z)

e R3 ottenuto dalla rotazione completa di S attorno allasse z.


1.3 Massa, baricentro, momento dinerzia 47

y = f (z)
S

O y

Allora il volume di e dato da


Z b
m() = [f (z)]2 dz.
a

Infatti, essendo S un insieme y-semplice7 , da (1.31) si ha che


"Z #
Z Z b f (z) Z b 1 f (z) Z b
m() = 2 y dy dz = 2 y dy dz = 2 y2 dz = [f (z)]2 dz.
S a 0 a 2 0 a

(1.33) Osservazione Abbiamo visto che se S e contenuto nel semipiano yz con y 0


e e ottenuto dalla rotazione completa di S attorno allasse z si ha che
Z
m3 () = 2 y dy dz.
S

Moltiplicando e dividendo per larea m2 (S) di S, si ottiene


Z
1
m3 () = 2 m2 (S) y dy dz = 2 yB m2 (S),
m2 (S) S
| {z }
yB

dove B e il baricentro di S. La formula

m3 () = 2 yB m2 (S)

e nota come I Teorema di Guldino.

7
Si osservi che in tal caso y e lasse cartesiano orizzontale, e quindi e orizzontalmente convesso.
48 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II
Appendice A

Momento dinerzia

(1.1) Definizione Consideriamo un punto dotato di massa m (ovvero una massa


puntiforme) che ruota con velocita angolare ~
intorno ad un asse a posto a distanza
d.
Il momento dinerzia di questa massa puntiforme rispetto allasse a e il
numero reale
I = m d2 .

Il momento dinerzia di una massa puntiforme e legato al momento angolare. Infatti,


supponiamo per semplicita che lasse a passi per lorigine O. Se denotiamo con ~r il
vettore posizione della massa puntiforme rispetto allorigine O e con ~v il vettore velocita
del punto, si ha che
~r
~v = ~

ed e tangente alla traiettoria. Il momento angolare e

~ = m ~r ~v .
L

~ lungo lasse a e
La componente di L

La = m d2 = I ,

dove = |~
| e il modulo della velocita angolare.

49
50 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II
Appendice B

Integrale di Riemann

Per integrale multiplo si intende lintegrale di una funzione reale di n 2 variabili. La


nozione di integrale multiplo e una naturale estensione di quella dellintegrale definito
di una funzione reale di una variabile reale. Nel corso di Analisi Matematica I avete
studiato la teoria dellintegrazione secondo Riemann nella quale viene introdotto lin-
tegrale di una funzione limitata su un intervallo limitato. Nel caso di funzioni di piu
variabili, lestensione naturale di questa situazione e quella di considerare funzioni limi-
tate su iperrettangoli, ossia su insiemi che sono lestensione dei rettangoli nel piano e dei
parallelepipedi nello spazio. Mentre in una variabile si calcola lintegrale di una funzione
limitata prevalentemente su un intervallo limitato, nel caso di funzioni di piu variabili
si calcola lintegrale di una funzione limitata su un sottoinsieme limitato di Rn che puo
essere molto vario e che non e necessariamente un iperrettangolo. La teoria dellinte-
grazione deve quindi poter discriminare fra gli insiemi buoni su cui integrare e quelli
non buoni. E quindi fondamentale possedere una teoria della misura, che introduca
e studi le proprieta degli insiemi misurabili (quelli buoni) che, sostanzialmente, sono
quelli a cui e possibile associare una misura, che nel piano comunemente chiamiamo area
e nello spazio volume. Per questo motivo risulta piu laborioso introdurre il concetto di
integrale multiplo per una funzione limitata.
Procediamo nel seguente modo:

a) introduciamo lintegrale di funzioni limitate su iperrettangoli imitando il procedi-


mento visto nel caso dellintegrale di Riemann per funzioni di una variabile;

b) introduciamo poi il concetto di misura di Peano-Jordan di un sottonsieme di Rn e


quindi quello di insieme misurabile;

c) introduciamo infine lintegrale di funzioni limitate su un insieme misurabile.

51
52 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Nel seguito considereremo n N, n 1.

1 Integrale di Riemann su un iperrettangolo

(1.1) Definizione Siano I1 , . . . , In R intervalli limitati. Si chiama


n
iperrettangolo in R linsieme R = I1 In .
Per n = 1 si ha lintervallo R = I1 .
Per n = 2 si ha il rettangolo R = I1 I2 .
Per n = 3 si ha il parallelepipedo (retto o rettangolo) R = I1 I2 I3 .

y
z

R
R y

O x x

Figura B.1: Iperrettangolo nel piano R2 . Figura B.2: Iperrettangolo nello spazio R3 .

Gli estremi degli intervalli Ij possono essere o non essere inclusi nellintervallo.
Come vedremo, analogamente a quanto accade per lintegrale in una variabile, cio non
ha alcuna importanza nella teoria dellintegrazione.
Osserviamo che se R e un iperrettangolo in Rn , allora R e unione di un numero
finito di iperrettangoli in Rm con m n 1.

(1.2) Definizione Per ogni j = 1, . . . , n sia Ij un intervallo limitato di estremi


aj , bj con aj < bj e R = I1 In un iperrettangolo in Rn .
Si chiama misura (n-dimensionale) di R il numero reale

m(R) = (b1 a1 )(b2 a2 ) (bn an ).

Evidentemente la misura di un iperrettangolo e data dal prodotto delle misure dei


singoli intervalli il cui prodotto (cartesiano) e liperrettangolo stesso.
Appendice B Integrale di Riemann su un iperrettangolo 53

Per n = 1, essendo R = I1 , la sua misura e la lunghezza dellintervallo I1 , cioe


m(R) = b1 a1 .
Per n = 2, essendo R = I1 I2 , la sua misura e larea del rettangolo R, cioe
m(R) = (b1 a1 )(b2 a2 ).
Per n = 3, essendo R = I1 I2 I3 , la sua misura e il volume del parallelepipedo
R, cioe m(R) = (b1 a1 )(b2 a2 )(b3 a3 ).

(1.3) Definizione Sia R un iperrettangolo in Rn .


Si chiama suddivisione di R una famiglia finita {R1 , . . . , Rk } di iperrettangoli
contenuti in R tali che:

1) R = R1 Rk ;

2) per ogni i, j = 1, . . . , k con i 6= j lintersezione Ri Rj contiene al piu punti


della frontiera di Ri e Rj .

y
R = R1 Rk

R1 R2

Rk

O x

Figura B.3: Suddivisione di un iperrettangolo nel piano R2 .

(1.4) Definizione Siano R un iperrettangolo in Rn e f : R R una funzione.


Diciamo che f e una funzione a scala se esiste una suddivisione {R1 , . . . , Rk } di
R tale che f e costante su ciascuno degli iperrettangoli Rj , per j = 1, . . . , k. In tal
caso diciamo che la suddivisione e adattata a f .
54 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

z z

f f

y y

R R
x x

Figura B.4: Suddivisione adattata alla Figura B.5: Suddivisione non adattata
funzione a scala. alla funzione a scala.

Introduciamo ora il concetto di integrale di una funzione a scala su un iperrettangolo.


Il significato geometrico e analogo a quello in una variabile. Infatti, se consideriamo in
Rn+1 il trapezoide di f ,
n o
Tf = (x, xn+1 ) Rn+1 : x R Rn , 0 xn+1 f (x) oppure f (x) xn+1 0 ,

cioe la regione delimitata dal grafico di f , dalliperrettangolo R e dagli iperpiani1 ortogo-


nali a Rn (su cui giace R) passanti per R, allora lintegrale di f su R e il volume
in Rn+1 di questo trapezoide, dove le virgolette stanno ad indicare che le zone di questa
regione che corrispondono ai valori positivi di f danno un contributo positivo, mentre
quelle che corrispondono ai valori negativi di f danno un contributo negativo.
Evidentemente se f 0, allora si ha effettivamente il volume in Rn+1 di questo
trapezoide.

(1.5) Definizione Siano R un iperrettangolo in Rn , f : R R una funzione a


scala e {R1 , . . . , Rk } una suddivisione di R adattata a f . Per ogni j = 1, . . . , k sia
cj il valore assunto da f su Rj .
Si chiama integrale (multiplo) di f su R il numero reale
Z k
X
f (x) dx = c1 m(R1 ) + + ck m(Rk ) = cj m(Rj ).
R j=1

1
Un iperpiano e una generalizzazione in Rn della nozione di piano dello spazio R3 .
Appendice B Integrale di Riemann su un iperrettangolo 55

Tf

R
x

Figura B.6: Le regioni del trapezoide Tf di f che corrispondono ai valori positivi di f


danno un contributo positivo, mentre quelle che corrispondono ai valori negativi di f
danno un contributo negativo.

Talvolta lintegrale di f su R si denota con uno dei seguenti simboli:

n volte
Z Z zZ }| Z {
f, f (x1 , . . . , xn ) dx1 dxn , f (x1 , . . . , xn ) dx1 dxn .
R R R

Se n = 2 si usa talvolta scrivere


ZZ
f (x, y) dx dy. (Integrale doppio)
R

Se n = 3 si usa talvolta scrivere


ZZZ
f (x, y, z) dx dy dz. (Integrale triplo)
R

Si dimostra facilmente che questa definizione e ben posta, ossia non dipende dalla
scelta della suddivisione di R adattata a f .

Introduciamo ora lintegrale di una funzione limitata, non necessariamente a scala, su un


iperettangolo R. Siano quindi R un iperrettangolo in Rn e f : R R una funzione limi-
tata. Denotiamo con Hf e Hf+ gli insiemi delle funzioni a scala minoranti e maggioranti
di f rispettivamente, cioe

Hf = {g : R R a scala tale che g f } ,

Hf+ = {g : R R a scala tale che g f } .

Essendo f limitata su R si ha che Hf , Hf+ 6= . Poniamo


Z Z 
f = sup g: g Hf (Integrale inferiore di f su R),
R R
56 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Z Z 
f = inf g : g Hf+ (Integrale superiore di f su R).
R R
Z Z
Essendo f limitata su R si ha che f, f R e evidentemente
R R
Z Z
f f.
R R

R Rn
g

Figura B.7: Approssimazione di f con le funzioni a scala g e h, g f h.

(1.6) Definizione Siano R un iperrettangolo in Rn e f : R R una funzione


limitata. Z Z
Diciamo che f e integrabile (secondo Riemann) su R se f= f R. In
R R
tal caso chiamiamo integrale (multiplo) di Riemann di f su R il comune valore
di questi due integrali e lo denotiamo con le notazioni introdotte precedentemente.

Si dimostra che se f e continua e limitata su R, allora e integrabile. Esistono anche


funzioni non integrabili. Ad esempio, posto R = [0, 1] [0, 1], la funzione f : R R
Appendice B Misura di Peano-Jordan 57

definita da
(
1 se x Q, y R
f (x, y) =
0 se x 6 Q, y R

non e integrabile su R. Infatti, se g, h : R R sono due funzioni a scala rispettivamente


minorante e maggiorante di f , allora essendo f (x, y) = 0 per ogni (x, y) R con x 6 Q,
si ha che g(x, y) 0 per ogni (x, y) R. Analogamente, essendo f (x, y) = 1 per ogni
(x, y) R con x Q, si ha che h(x, y) 1 per ogni (x, y) R. Quindi

Z Z
g(x, y) dx dy 0, h(x, y) dx dy 1.
R R

Ne segue che
Z Z
f 0, f 1.
R R

Z Z
Quindi f< f R da cui segue che f non e integrabile su R.
R R

2 Misura di Peano-Jordan

(2.1) Definizione Sia P Rn . Diciamo che P e un plurirettangolo se


P e lunione di un numero finito di iperrettangoli R1 , . . . , Rk tali che per ogni
i, j = 1, . . . , k con i 6= j lintersezione Ri Rj contiene al piu punti della frontiera
di Ri e Rj .
La misura n-dimensionale del plurirettangolo P = R1 Rk e data da
k
X
m(P ) = m(R1 ) + + m(Rk ) = m(Rj ).
j=1

Evidentemente un iperrettangolo e un plurirettangolo.


58 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

y y
P = R1 R2 P = R1 R2

R1 R1

R2 R2

O x O x

Figura B.8: P e un plurirettangolo. Figura B.9: P non e un plurirettangolo.

(2.2) Definizione Sia Rn limitato non vuoto. Introduciamo i seguenti


insiemi:
S () = {P Rn plurirettangolo tale che P },

S + () = {P Rn plurirettangolo tale che P }.

Evidentemente S + () 6= , mentre S () potrebbe anche essere linsieme vuoto


(per esempio se e linsieme costituito da un solo punto).
Si chiama misura interna di il numero reale

m () = sup{m(P ) : P S ()}

e si chiama misura esterna di il numero reale

m () = inf{m(P ) : P S + ()},

con la convenzione che se S () = , allora m () = 0.

Evidentemente 0 m () m ().

Da un punto di vista pratico, stiamo approssimando dallinterno e dallesterno


linsieme con dei plurirettangoli, cioe con lunione di iperrettangoli. Calcoliamo la
misura di questi plurirettangoli e facciamo il sup delle misure di quelli interni, e linf
delle misure di quelli esterni.
Appendice B Misura di Peano-Jordan 59


QP
Q
Q S ()

P S + ()

O x

Figura B.10: Approssimazione di R2 dallinterno e dallesterno con plurirettangoli.

(2.3) Definizione Sia Rn limitato non vuoto.


Diciamo che e misurabile (secondo Peano-Jordan) se m () = m () e in
tal caso chiamiamo misura di il comune valore e lo denotiamo con mn (), o
piu semplicemente, dove non vi sia ambiguita, con m().
Per convenzione poniamo m() = 0.

Evidentemente se = P plurirettangolo, allora riotteniamo la nozione precedente.


Se R2 e misurabile, la misura di e larea di .
Se R3 e misurabile, la misura di e il volume di .
In generale per n 3 la misura di e detta volume (n-dimensionale) di .

(2.4) Esempio Un esempio di insieme non misurabile nel piano e

= {(x, y) [0, 1] [0, 1] : x, y Q} .

Infatti, in tal caso S () = e quindi m () = 0, mentre m () = 1. Ne segue che


m () < m () e quindi non e misurabile.
60 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(2.5) Definizione Sia Rn misurabile.


Diciamo che e trascurabile se m() = 0.

(2.6) Teorema Sia Rn limitato non vuoto.


Allora e misurabile se e solo se e trascurabile.

Omettiamo la dimostrazione.

3 Integrale di Riemann su un insieme misurabile

Nella sezione 1 abbiamo introdotto lintegrale di Riemann di una funzione limitata su


un iperrettangolo. Per poter estendere questo concetto al caso di una funzione limitata
su un insieme misurabile, ci riconduciamo al caso precedente estendendo la funzione ad
un iperrettangolo che contiene linsieme misurabile con valore nullo al di fuori di questo
insieme.

(3.1) Definizione Siano Rn misurabile e f : R una funzione limitata.


Siano R un iperrettangolo tale che R e fe : R R la funzione

f (x) se x
fe(x) =

0 se x R \ .

Diciamo che f e integrabile (secondo Riemann) su se fe e integrabile su R


nel senso della Definizione (1.6) e in tal caso poniamo
Z Z
f= fe,
R

lo chiamiamo integrale (multiplo) di Riemann di f su e lo denotiamo con


le medesime notazioni introdotte precedentemente.

Si osserva che le nozioni di funzione integrabile e di integrale su un insieme misurabile


non dipendono dalla scelta delliperrettangolo R.
Evidentemente se e un iperrettangolo, allora si riottiene la nozione introdotta
dalla Definizione (1.6). Infatti, in tal caso si ha che fe = f .
Appendice B Integrale di Riemann su un insieme misurabile 61

Z
Se f 0, allora come nel caso precedente si ha che f e il volume in Rn+1 del

trapezoide di f ,

n o
Tf = (x1 , , xn , xn+1 ) Rn+1 : x = (x1 , , xn ) , 0 xn+1 f (x) .

Z
Si osserva infine che se f = 1 su , allora f = m().

Concludiamo questa sezione elencando alcune delle proprieta principali dellintegrale
multipo, utili anche nelle applicazioni.

(3.2) Proposizione Siano Rn misurabile, f, g : R integrabili su e


R. Allora valgono i seguenti fatti:

a) f + g e integrabile su e si ha che
Z Z Z
(f + g) = f+ g;

b) f e integrabile su e si ha che
Z Z
f = f;

Z Z
c) se f g su , allora f g;

d) |f | e integrabile su e si ha che
Z Z

f |f |.

(3.3) Proposizione Siano Rn misurabile e f : R integrabile su .


Allora valgono i seguenti fatti:
Z
a) se e trascurabile, allora f = 0;

b) se = A B con A e B misurabili e A B trascurabile, allora


Z Z Z Z
f= f= f+ f;
AB A B
62 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

c) se A e misurabile, allora f e integrabile anche su A;

d) se A e misurabile e f 0 su , allora
Z Z
f f.
A
Capitolo 3

Integrali curvilinei

Nel seguito considereremo n N, n 1.

1 Brevi richiami sulle curve parametriche

(1.1) Definizione Siano I R un intervallo qualunque. Una curva


parametrica e una funzione : I Rn continua.
Si chiama sostegno di limmagine di . Quindi il sostegno di e linsieme dei
punti (t), al variare di t I, cioe e la linea definita da .
Diciamo che e semplice se (t1 ) = (t2 ) implica che t1 = t2 oppure che t1 e t2
sono gli estremi dellintervallo I, se I contiene i suoi estremi.

Se una curva e semplice, allora puo assumere gli stessi valori solo negli estremi
dellintervallo I, se I contiene i suoi estremi.

(1.2) Osservazione Se e una curva parametrica semplice, allora facendo variare il


parametro t nel verso di crescita dei numeri reali, t descrive I e il punto (t) Rn
descrive il sostegno di senza mai ripassare per uno stesso punto, a meno che negli
estremi di I, se li contiene, assuma gli stessi valori, e senza mai invertire il moto del
punto (t) sul sostegno di .
Quindi individua sul proprio sostegno un verso di percorrenza e si dice che
induce sul sostegno un verso di percorrenza.
Evidentemente data una linea nel piano che sia parametrizzata da una curva para-
metrica semplice, su di essa si possono individuare solo due versi di percorrenza, luno
opposto allaltro.

63
64 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(1.3) Definizione Sia : [a, b] Rn una curva parametrica.


Diciamo che e chiusa se (a) = (b).

(1.4) Definizione Siano I R un intervallo e : I Rn una curva parametrica


derivabile.
Diciamo che e regolare se e continua e per ogni t interno a I si ha che
(t) 6= 0.

(1.5) Definizione Sia : [a, b] Rn una curva parametrica.


Diciamo che e regolare a tratti se valgono tutti i seguenti fatti:

i) e derivabile in [a, b] con derivata continua tranne che in un numero finito


di punti;

ii) (t) 6= 0 in tutti i punti in cui e derivabile tranne che in un numero finito
di punti;

iii) nei punti in cui non e derivabile esistono le derivate destra e sinistra.

In altri termini e regolare a tratti se esistono a = t0 < t1 < < tm = b tali che
e regolare in ogni intervallo [tk1 , tk ], per ogni k = 1, . . . , m, cioe se lintervallo [a, b] e
suddivisibile nellunione di un numero finito di intervalli adiacenti su cui e regolare.

(1.6) Definizione Siano I, J R due intervalli, : I Rn e : J Rn due


curve parametriche.
Diciamo che e sono equivalenti se esiste una funzione : J I biiettiva e
di classe C 1 con ( ) > 0 per ogni J tale che

= .
1 Brevi richiami sulle curve parametriche 65

(1.7) Proposizione Siano I, J R due intervalli, : I Rn e : J Rn


due curve parametriche equivalenti e come nella Definizione (1.6).
Allora valgono i seguenti fatti:

a) e hanno lo stesso sostegno;

b) e semplice se e solo se e semplice;

c) e derivabile se e solo se e derivabile e in particolare si ha che

( ) = (( )) ( ).

Inoltre e regolare se e solo se e regolare;

d) e inducono lo stesso verso di percorrenza sul loro comune sostegno.

Se e sono equivalenti, in virtu delle proprieta a) e d), si dice anche che e


sono due parametrizzazioni della stessa curva che inducono su di essa lo stesso verso di
percorrenza.

(1.8) Proposizione Siano , , come nella Definizione (1.6) tranne che per
il segno di e supponiamo che ( ) < 0 per ogni J.
Allora valgono i seguenti fatti:

a) e hanno lo stesso sostegno;

b) e semplice se e solo se e semplice;

c) e derivabile se e solo se e derivabile e in particolare si ha che

( ) = (( )) ( ).

Inoltre e regolare se e solo se e regolare;

d) e inducono versi di percorrenza opposti sul loro comune sostegno.


66 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(1.9) Definizione Sia Rn un aperto non vuoto.


Diciamo che e connesso per archi se per ogni x, y esiste una curva
parametrica : [a, b] tale che (a) = x e (b) = y.

Si dimostra che se e connesso per archi, allora fissati x, y con x 6= y esiste


sempre una curva parametrica semplice e regolare a tratti : [a, b] tale che (a) = x
e (b) = y.

2 Integrale curvilineo di I specie

(2.1) Definizione Siano Rn aperto non vuoto, f : R una funzione


continua e : [a, b] una curva parametrica semplice e regolare.
Si chiama integrale curvilineo (o di prima specie) di f lungo il numero
reale Z Z b
f= f ((t))k (t)k dt,
a

dove k (t)k e la norma (detta anche modulo) del vettore (t) in Rn .Z


Talvolta lintegrale curvilineo di f lungo e denotato con il simbolo f ds.
Z

Se f = 1, allora f ds = l lunghezza della curva .


(2.2) Osservazione Per n = 1 otteniamo lintegrale di Riemann di una funzione


continua. Infatti, se per semplicita supponiamo che [a, b] , allora si ha che (t) = t,
k (t)k = 1 e
Z Z b Z b
f= f ((t))k (t)k dt = f (t) dt.
a a

(2.3) Esempio Calcolare lintegrale curvilineo della funzione f (x, y) = x lungo la curva

: [0, 1] R2 definita da (t) = t, t2 .
2 Integrale curvilineo di I specie 67

La funzione f (x, y) = x e definita su 1

dom (f ) = R2 . Quindi il sostegno di :



[0, 1] R2 , (t) = t, t2 , e evidentemente
contenuto in dom (f ).
O 1 x

La curva e regolare. Infatti, e derivabile con derivata continua (t) = (1, 2t) 6=
(0, 0) per ogni t (0, 1). Inoltre per ogni t [0, 1] si ha che
  p
f ((t)) = f t, t2 = t, k (t)k = 1 + 4t2 .

Quindi
Z Z Z 1 Z 1  3 1
p 1 
f= x= f ((t))k (t)k dt = t 1 + 4t2 dt = 1 + 4t2 2 =
0 0 12 0

1 h 3
i
= (1 + 4) 2 1 .
12

(2.4) Teorema (Indipendenza dellintegrale curvilineo dalla parametriz-


zazione) Siano Rn aperto non vuoto, f : R una funzione continua
e : [a, b] e : [c, d] due curve parametriche semplici, regolari ed
equivalenti.
Allora Z Z
f= f.

Dimostrazione. Poiche e sono equivalenti, esiste : [c, d] [a, b] biiettiva e di


classe C 1 con ( ) > 0 per ogni [c, d] tale che = . Allora
Z Z d Z d

f= f (( ))k ( )k d = f ((( )))k (( )) ( )k d =
c c
Z d Z d

= f ((( )))k (( ))k | ( )| d =
x f ((( )))k (( ))k ( ) d =
c c
( )>0

posto t = ( ), da cui dt = ( ) d , ed essendo (c) = a e (d) = b perche e crescente,


si ottiene Z Z
b

= f ((t))k (t)k dt = f.
a
68 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(2.5) Osservazione Per questo teorema se e sono equivalenti, e quindi in base alla
Proposizione (1.7) se hanno lo stesso sostegno e inducono su di esso il medesimo verso
di percorrenza, allora lintegrale curvilineo non cambia. Questa proprieta sussiste anche
se e sono tali che esiste : [c, d] [a, b] biiettiva e di classe C 1 con ( ) < 0 per
ogni [c, d] tale che = . In tal caso per la Proposizione (1.8) e hanno lo
stesso sostegno ma inducono su di esso versi di percorrenza opposti. Infatti, si ha che
Z Z d Z d

f= f (( ))k ( )k d = f ((( )))k (( )) ( )k d =
c c
Z d Z d
= f ((( )))k (( ))k | ( )| d =
x f ((( )))k (( ))k ( ) d =
c c
( )<0

posto t = ( ), da cui dt = ( ) d , ed essendo (c) = b e (d) = a perche e


decrescente, si ottiene
Z a Z b Z

= f ((t))k (t)k dt = f ((t))k (t)k dt = f.
b a

La nozione di integrale curvilineo di una funzione reale si puo introdurre anche su


una curva regolare a tratti.

(2.6) Definizione Siano Rn aperto non vuoto, f : R una funzione


continua e : [a, b] una curva parametrica regolare a tratti. Conformemente
alla definizione di curva regolare a tratti, siano a = t0 < t1 < < tm = b tali che
e regolare in ogni intervallo [tk1 , tk ], per ogni k = 1, . . . , m.
Si chiama integrale curvilineo (o di prima specie) di f lungo il numero
reale Z m Z
X tk
f= f ((t))k (t)k dt =
k=1 tk1
Z t1 Z t2 Z b
= f ((t))k (t)k dt + f ((t))k (t)k dt + + f ((t))k (t)k dt.
a t1 tm1

In altri termini lintegrale curvilineo lungo una curva regolare a tratti e la somma
degli integrali curvilinei lungo i tratti su cui la curva e regolare.

Il Teorema (2.4) e lOsservazione (2.5) sussistono anche per le curve regolari a tratti.
3 Integrale curvilineo di II specie 69

3 Integrale curvilineo di II specie (o integrale di linea)

(3.1) Definizione Siano Rn aperto non vuoto, F : Rn un campo


vettoriale continuo e : [a, b] una curva parametrica semplice e regolare.
Si chiama integrale curvilineo di seconda specie (o integrale di linea) di
F lungo il numero reale
Z Z b
F dP = F ((t)) (t) dt,
a

dove il simbolo (nellintegrale di destra) indica il prodotto scalare fra i due


vettori di Rn .
Talvolta Zlintegrale curvilineo di seconda specie di F lungo e denotato con il
simbolo F dT .

Se la curva parametrica e chiusa, cioe (a) = (b), allora lintegrale di linea del
campo vettoriale F lungo e anche
I
detto circuitazione di F lungo e viene
talvolta denotato con il simbolo F dP .

Il significato fisico di questa nozione e il seguente: lintegrale di F lungo rap-


presenta il lavoro compiuto dal campo di forze F per trasferire la grandezza fisica in
oggetto lungo dal punto (a) al punto (b). A patto di sostituire con una curva
equivalente, possiamo supporre che k (t)k = 1 per ogni t [a, b] (vedi Proposizione (1.6)
in Appendice C).

F ((t))

direzione di (t) v(t) = [F ((t)) (t)] (t)


b

(t)
b

(a) b (b)

im ()

La componente del campo di forze F che agisce sul sostegno di nel punto (t) per
trasferire la grandezza fisica in oggetto dal punto (a) al punto (b) e quella tangente
70 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

al sostegno stesso nel punto (t). Quindi e la proiezione ortogonale del vettore F ((t))
nella direzione del vettore tangente al sostegno in (t), che e appunto quella del vettore
(t). Essendo (t) un versore tangente al sostegno in (t), questa proiezione e il vettore

v(t) = [F ((t)) (t)] (t).

Ne segue che la norma di questo vettore e


kv(t)k = [F ((t)) (t)] (t) = |F ((t)) (t)| k (t)k = |F ((t)) (t)|.
| {z }
=1

A parte il segno, questa funzione coincide con la funzione integranda nellintegrale


curvilineo.

(3.2) Osservazione Per n = 1 otteniamo lintegrale di Riemann di una funzione


continua. Infatti, se per semplicita supponiamo che [a, b] , allora si ha che (t) = t,
(t) = 1 e
Z Z b Z b
F dP = F ((t)) (t) dt = F (t) dt.
a a


(3.3) Esempio Calcolare lintegrale di linea del campo vettoriale F (x, y) = y, x2 + y 2
lungo la curva che parametrizza la circonferenza di centro (0, 0) e raggio 1 a partire
dal punto (1, 0), inducendo su di essa un verso di percorrenza antiorario.

1

Il campo F e continuo. La curva :
2
[0, 2] R e definita da (t) = (cos t, sin t)
ed e regolare. Infatti, e derivabile con b

derivata continua O 1 x

(t) = ( sin t, cos t) 6= (0, 0), t (0, 2).


3 Integrale curvilineo di II specie 71

Inoltre per ogni t [0, 2] si ha

F ((t)) (t) = F (cos t, sin t) ( sin t, cos t) =

= (sin t, 1) ( sin t, cos t) = sin2 t + cos t.

Quindi Z Z Z
2 2  
F dP = F ((t)) (t) dt = sin2 t + cos t dt =
0 0
 2
1
= (t sin t cos t) + sin t = .
2 0

(3.4) Teorema (Dipendenza dellintegrale di linea dal verso indotto


dalla curva parametrica sul sostegno) Siano Rn aperto non vuoto, F :
Rn un campo vettoriale continuo e : [a, b] e : [c, d] due curve
parametriche semplici e regolari.
Valgono i seguenti fatti:

i) se e sono equivalenti, allora


Z Z
F dP = F dP ;

ii) se esiste una funzione : [c, d] [a, b] biiettiva, di classe C 1 con ( ) < 0
per ogni [c, d] tale che = , allora
Z Z
F dP = F dP.

Dimostrazione. Proviamo la proprieta ii). Laltra si dimostra in modo analogo e viene


lasciata per esercizio.
Poiche = , allora per ogni [c, d], si ha che

( ) = (( )) ( ).

Allora
Z Z d Z d

F dP = F (( )) ( ) d = F ((( ))) (( )) ( ) d.
c c

Poniamo t = ( ), da cui dt = ( ) d . Essendo biiettiva con ( ) < 0 per ogni


[c, d], si ha che e decrescente e

=c = t = (c) = b, =d = t = (d) = a.
72 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Quindi
Z Z d
F dP = F ((( ))) (( )) ( ) d =
c

Z a Z b Z

= F ((t)) (t) dt = F ((t)) (t) dt = F dP,
b a

da cui scende la tesi.

(3.5) Osservazione Per la Proposizione (1.7) se e sono due curve parametriche


equivalenti, allora inducono lo stesso verso di percorrenza sul loro comune sostegno.
Quindi laffermazione i) dice che lintegrale di linea non dipende dalle parametrizzazioni,
se inducono lo stesso verso sulla curva.

Nella ii) la funzione ha tutte le proprieta elencate nella Definizione (1.6) di curve
equivalenti tranne che per il segno della sua derivata. Per la Proposizione (1.8) si ha che
e inducono versi opposti sul loro comune sostegno. In tal caso lintegrale di linea che
si ottiene e lopposto.

Questo fatto e perfettamente in sintonia con linterpretazione fisica dellintegrale di


linea, quale lavoro compiuto dal campo di forze nel trasferire la grandezza fisica da un
punto allaltro. Se si invertono punto di partenza e punto di arrivo chiaramente il lavoro
e opposto.

In definitiva questo teorema stabilisce che lintegrale di linea dipende solo dal verso
indotto dalla parametrizzazione sulla curva e non da altro.

Chiaramente se si percorrono due strade diverse, cioe si scelgono due curve che
non hanno lo stesso sostegno, allora lintegrale puo essere diverso.

Nel Capitolo sui campi vettoriali conservativi vedremo che lintegrale di linea di
un campo vettoriale conservativo non dipende dal percorso, ma solo dai punti iniziali e
finali.

La nozione di integrale curvilineo di seconda specie (o integrale di linea) di un campo


vettoriale si puo introdurre anche su una curva regolare a tratti.
3 Integrale curvilineo di II specie 73

(3.6) Definizione Siano Rn aperto non vuoto, F : Rn un campo vet-


toriale continuo e : [a, b] una curva parametrica regolare a tratti. Conforme-
mente alla definizione di curva regolare a tratti, siano a = t0 < t1 < < tm = b
tali che e regolare in ogni intervallo [tk1 , tk ], per ogni k = 1, . . . , m.
Si chiama integrale curvilineo di seconda specie (o integrale di linea) di
F lungo il numero reale
Z m Z
X tk
F dP = F ((t)) (t) dt =
k=1 tk1
Z t1 Z t2 Z b
= F ((t)) (t) dt + F ((t)) (t) dt + + F ((t)) (t) dt.
a t1 tm1

In altri termini lintegrale curvilineo di seconda specie lungo una curva regolare a
tratti e la somma degli integrali curvilinei lungo i tratti su cui la curva e regolare.

Le proprieta del Teorema (3.4) sussistono anche per le curve regolari a tratti.

(3.7) Osservazione Concludiamo questo capitolo osservando che la nozione di in-


tegrale di linea e un caso particolare di quella di integrale curvilineo di prima specie.
Infatti, se Rn e un aperto non vuoto, F : Rn e un campo vettoriale continuo e
: [a, b] e una curva parametrica semplice e regolare, allora considerata la funzione
f : R definita da f = F T , dove T e il vettore tangente al sostegno di , definito
(t)
come T ((t)) = k (t)k , si ha che
Z Z b Z b

f= f ((t))k (t)k dt = (F T )((t))k (t)k dt =
a a

(t)
Z b Z b Z
= F ((t)) k (t)k dt = F ((t)) (t) dt = F dP.
a k (t)k a
74 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II
Appendice C

Ascissa curvilinea

Introduciamo una nozione piu generale di curve equivalenti rispetto a quella introdotta
a pag. 64.
Nel seguito considereremo n N, n 1.

(1.1) Definizione Siano : [a, b] Rn e : [c, d] Rn due curve parametriche.


Diciamo che e sono equivalenti se esiste una funzione : [c, d] [a, b]
biiettiva, continua su [c, d] e di classe C 1 su (c, d) con ( ) > 0 per ogni (c, d)
tale che
= .

Rispetto alla Definizione (1.6) di pag. 64 la funzione del cambiamento di parametro


non e di classe C 1 su tutto lintervallo [c, d]. Quindi puo non essere derivabile negli
estremi. Si noti che nelle ipotesi indicate risulta comunque che e strettamente crescente
su [c, d] e quindi e invertibile. Inoltre per le proprieta della funzione inversa, anche
1 : [a, b] [c, d] e continua su [a, b] e derivabile su (a, b) con
  1
t (a, b) : 1 (t) =
(1 (t))
ed e strettamente crescente su [a, b].

(1.2) Proposizione Siano : [a, b] Rn e : [c, d] Rn due curve


parametriche semplici, regolari ed equivalenti nel senso della Definizione (1.1).
Allora e hanno lo stesso sostegno e inducono su di esso lo stesso verso di
percorrenza.

Dimostrazione. Sia : [c, d] [a, b] biiettiva, continua su [c, d] e di classe C 1 su (c, d)


con ( ) > 0 per ogni (c, d) tale che = . Quindi ([c, d]) = ([a, b]) da cui

75
76 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

segue che e hanno lo stesso sostegno. Dimostriamo che inducono su di esso lo stesso
verso di percorrenza.
Consideriamo t1 , t2 [a, b] con t1 < t2 . Allora il punto (t) percorre il sostegno di
fra i punti (t1 ) e (t2 ) nel verso da (t1 ) a (t2 ).

(2 ) =(t2 )
b

im ()=im ()
b (t1 )
(1 )

Poiche e biiettiva esistono e sono unici 1 , 2 [c, d] tali che t1 = (1 ) e t2 = (2 ).


Essendo strettamente crescente su [c, d] si ha che

(1 ) = t1 < t2 = (2 ) = 1 < 2 .

Ne segue che il punto ( ) percorre il sostegno di fra i punti (1 ) = ((1 )) = (t1 )


e (2 ) = ((2 )) = (t2 ) nel verso da (1 ) a (2 ), come . Quindi e inducono lo
stesso verso di percorrenza sul loro comune sostegno.

(1.3) Proposizione Siano : [a, b] Rn e : [c, d] Rn due curve para-


metriche semplici e regolari e sia : [c, d] [a, b] biiettiva, continua su [c, d] e di
classe C 1 su (c, d) con ( ) < 0 per ogni (c, d) tale che = .
Allora e hanno lo stesso sostegno e inducono su di esso versi di percorrenza
opposti.

Dimostrazione. E analoga alla dimostrazione della proposizione precedente.

Osserviamo che in questa proposizione la funzione ha tutte le proprieta elencate


nella Definizione (1.1) tranne che per il segno della sua derivata.

(1.4) Definizione Sia : [a, b] Rn una curva parametrica regolare. Si chiama


ascissa curvilinea la funzione s : [a, b] R definita da
Z t
s(t) = k ( )k d.
a
Appendice C Ascissa curvilinea 77

(1.5) Osservazione Se : [a, b] Rn e una curva parametrica semplice e regolare,


Z b
allora s(b) = k ( )k d = l e la lunghezza della curva , che come abbiamo visto
a
non dipende dalla parametrizzazione (vedi Teorema (2.4) del Capitolo 3). Quindi in tal
caso lascissa curvilinea e una funzione s : [a, b] [0, l ]. Inoltre, per ogni t [a, b] il
numero reale s(t) e la lunghezza del tratto del sostegno di compreso fra (a) e (t).

(1.6) Proposizione Sia : [a, b] Rn una curva parametrica semplice e


regolare.
Allora valgono i seguenti fatti:

a) la funzione ascissa curvilinea s : [a, b] [0, l ] e di classe C 1 con s (t) =


k (t)k per ogni t [a, b]. Inoltre s e invertibile;

b) se e la funzione inversa di s, allora la curva parametrica : [0, l ] Rn


definita da = e equivalente a nel senso della Definizione (1.1) e per
ogni (0, l ) si ha k ( )k = 1.

Dimostrazione.

a) Poiche e continua su [a, b], per il Teorema fondamentale del calcolo integrale si
ha che s e derivabile su [a, b] con s (t) = k (t)k per ogni t [a, b]. Inoltre essendo
continua su [a, b] con (t) 6= 0 per ogni t (a, b), si ha che s e di classe C 1
su [a, b] con s (t) = k (t)k > 0 per ogni t (a, b). Ne segue che s e strettamente
crescente su [a, b] e quindi s : [a, b] [0, l ] e invertibile.

b) La funzione : [0, l ] [a, b] e continua in quanto inversa di una funzione continua


su un intervallo. Poiche s (t) = k (t)k > 0 per ogni t (a, b), per il Teorema della
derivata della funzione inversa, la funzione e derivabile su (0, l ) con
1 1
(0, l ) : ( ) = = > 0.
s (( )) k (( ))k

In particolare e di classe C 1 su (0, l ). Ne segue che e sono equivalenti, nel


senso della Definizione (1.1). Infine per ogni (0, l ) si ha che

k (( ))k
k ( )k = k (( )) ( )k = k (( ))k | ( )| = = 1.
k (( ))k
78 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Il prossimo risultato costituisce il viceversa delle Proposizioni (1.2) e (1.3).

(1.7) Proposizione Siano : [a, b] Rn e : [c, d] Rn due curve semplici e


regolari aventi lo stesso sostegno.
Allora esiste : [c, d] [a, b] biiettiva, continua su [c, d] e di classe C 1 su (c, d)
tale che ( ) 6= 0 per ogni (c, d) tale che = .
Piu precisamente, se e inducono lo stesso verso di percorrenza, allora ( ) > 0
per ogni (c, d) (e quindi e sono equivalenti nel senso della Definizione (1.1)),
mentre se e inducono versi di percorrenza opposti, allora ( ) < 0 per ogni
(c, d).

Dimostrazione. Poiche e sono semplici e hanno lo stesso sostegno, si ha che

t [a, b] ! [c, d] : (t) = ( ), [c, d] !t [a, b] : (t) = ( ).

Consideriamo le ascisse curvilinee associate alle curve e , cioe le funzioni s : [a, b] R


e : [c, d] R definite da
Z t Z
s(t) = k (u)k du, ( ) = k (v)k dv.
a c

Poiche le curve hanno lo stesso sostegno, in virtu dellOsservazione (1.5) si ha che


s([a, b]) = ([c, d]) e s(b) = (d) = l = l . Inoltre per la proposizione precedente
le funzioni ascissa curvilinea sono invertibili.
Consideriamo inizialmente il caso in cui e inducono lo stesso verso di percorrenza
sul loro comune sostegno. In tal caso si ha che per ogni [c, d] esiste un unico t [a, b]
tale che s(t) = ( ), cioe t = s1 (( )).

(a) =(c)
b (t)
(b) =(d) ( )

Figura C.1: Curve che inducono lo stesso verso di percorrenza sul sostegno.

Osserviamo che (t) = ( ). Infatti, poiche s(t) = ( ), s(a) = (c) = 0 e s(b) =


(d) = l = l , si ha che il tratto di curva compreso fra (c) e ( ) misura ( ) (c) =
Appendice C Ascissa curvilinea 79

s(t) s(a) come quello compreso fra (t) e (a). Poiche (a) = (c), ne segue che
(t) = ( ).
Consideriamo la funzione : [c, d] [a, b] definita da

( ) = s1 (( )).

La funzione e biiettiva, continua su [c, d] e di classe C 1 su (c, d) con


( )
(c, d) : ( ) = (s1 ) (( )) ( ) = > 0.
s (s1 (( )))
Inoltre per ogni [c, d]
 
( )( ) = s1 (( )) = (t) = ( ).

Ne segue la tesi e in particolare e sono equivalenti nel senso della Definizione (1.1).
Consideriamo ora il caso in cui e inducono versi di percorrenza opposti sul loro
comune sostegno. In tal caso si ha che per ogni [c, d] esiste un unico t [a, b] tale
che s(t) = ( ), cioe t = s1 (( )).

( ) {
b
}| ( )
z (a) =(d)

(b) =(c) }
(t)
b
{z
| s(t)

Figura C.2: Curve che inducono versi di percorrenza opposti sul sostegno.

Osserviamo che s1 ((d) ( )) = ( ). Infatti, essendo s(t) = ( ) e s(b) =
(d) = l = l , si ha che il tratto di curva compreso fra ( ) e (d) misura (d) ( ) =
s(b) s(t) come quello compreso fra (t) e (b). Quindi

s1 ((d) ( )) = s1 (s(b) s(t)) = s1 (s(b) ( )).

Ma s1 (s(b) ( )) = u [a, b] tale che

s(u) = s(b) ( ) = l ( ) = l ( ).

Come si evince da Fig. C.2 u e il punto a cui corrisponde (u) = ( ). Quindi


   
( ) = s1 (s(b) ( )) = s1 ((d) ( )) .
80 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Consideriamo la funzione : [c, d] [a, b] definita da

( ) = s1 ((d) ( )).

La funzione e biiettiva, continua su [c, d] e di classe C 1 su (c, d) con

( )
(c, d) : ( ) = (s1 ) ((d) ( )) ( ) = < 0.
s (s1 ((d) ( )))

Inoltre per ogni [c, d]


 
( )( ) = s1 ((d) ( )) = ( ).

Ne segue la tesi.
Capitolo 4

Integrali di superficie

1 Brevi richiami sulle superfici parametriche

(1.1) Definizione Sia A R2 un aperto connesso per archi. Si chiama


3
superficie parametrica una funzione continua : A R .
Si chiama sostegno di limmagine di , = (A). E una superficie in R3 .

= (A) = {(u, v) : (u, v) A}.

Diciamo che e semplice se e iniettiva.


Diciamo che e regolare se e di classe C 1 e se per ogni (u, v) A la matrice
Jacobiana J (u, v) di in (u, v) ha rango massimo, cioe 2.
Si chiama calotta regolare la restrizione di ad un qualunque compatto K
contenuto in A, la cui frontiera sia il sostegno di una curva parametrica chiusa,
semplice e regolare a tratti.

(1.2) Osservazione Ricordiamo che la matrice Jacobiana J (u, v) di = (1 , 2 , 3 )


in (u, v) e
1 1
u (u, v) v (u, v)


 
2

J (u, v) = (u, v), (u, v) =
u (u, v)
2
v (u, v) .

u v
3 3
u (u, v) v (u, v)

Quindi se : A R3 e regolare, significa che per ogni (u, v) A i vettori


u (u, v) e

v (u, v) sono linearmente indipendenti. Fissato ad esempio (u0 , v0 ) A, se si considera-


no le funzioni (u) = (u, v0 ) e (v) = (u0 , v), sono definite in un intervallo contenente
rispettivamente u0 e v0 . Poiche e regolare, e sono due curve parametriche regolari.

81
82 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

v z

(u0 , v0 )

A 



v0

y
O u0 u
x

Infatti,

0 (u) = (u, v0 ), 0 (v) = (u0 , v).
u v
In particolare

0 (u0 ) = (u0 , v0 ), 0 (v0 ) = (u0 , v0 ).
u v
Poiche questi due vettori sono linearmente indipendenti, essi individuano un piano in R3
passante per il punto (u0 , v0 ) e tangente alle curve e . Questo piano e detto piano
tangente alla superficie parametrica in (u0 , v0 ).

In virtu di questa osservazione, possiamo dare la seguente

(1.3) Definizione Siano A R2 un aperto connesso per archi, : A R3 una


superficie semplice e regolare e (u, v) A. Si chiama vettore normale al piano
tangente alla superficie in (u, v) il vettore


(1.4) N (u, v) = (u, v) (u, v).
u v
N
Il versore n = kN k e detto versore normale alla superficie avente lo stesso
verso di N .

(1.5) Osservazione Se : A R3 e una superficie parametrica semplice e regolare,


allora in ogni punto (u, v) della superficie = (A) e definito il vettore normale N (u, v)
1 Brevi richiami sulle superfici parametriche 83

mediante la (1.4). Questo vettore individua uno dei due possibili versori normali alla su-
perficie in questo punto. Laltro e il suo opposto. Si dice che induce (o individua)
su un orientamento, detto anche verso di attraversamento. Evidentemente
su sono possibili solo due orientamenti, uno opposto allaltro.

(1.6) Definizione Siano A, B R2 due aperti connessi per archi, : A R3 e


: B R3 due superfici semplici e regolari.
Diciamo che e sono equivalenti se esiste una funzione : B A biiettiva e
di classe C 1 con det J (x, y) > 0 per ogni (x, y) B tale che

= .

(1.7) Proposizione Siano A, B R2 due aperti connessi per archi, : A R3


e : B R3 due superfici semplici, regolari ed equivalenti.
Allora e hanno lo stesso sostegno e inducono su di esso lo stesso orientamento.

Dimostrazione. Per esercizio.

(1.8) Proposizione Siano , , come nella Definizione (1.6) tranne che per il
segno di det J e supponiamo che det J (x, y) < 0 per ogni (x, y) B.
Allora e hanno lo stesso sostegno ma inducono su di esso orientamenti opposti.

Dimostrazione. Per esercizio.

(1.9) Esempio Siano A = R (0, 2), > 0 e : A R3 la superficie parametrica


definita da
(u, v) = ( cos v, sin v, u).

Il sostegno di e
n o
= (A) = (x, y, z) R3 : (x, y, z) = (u, v), (u, v) A =
n o
= (x, y, z) R3 : (x, y, z) = ( cos v, sin v, u), u R, 0 < v < 2 .
84 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

In altri termini, posto (u, v) = (x, y, z), si hanno le equazioni parametriche della
superficie
x = cos v




y = sin v u R, 0 < v < 2.


z = u,

Elevando al quadrato le prime due equazioni e sommando si ottiene x2 +y 2 = 2 , per ogni


(x, y, z) R3 esclusi i punti (, 0, z). Quindi e il cilindro retto con asse coincidente
con lasse z di equazione x2 + y 2 = 2 privato di una generatrice, quella passante per il
punto (, 0, 0). In altri termini
n o n o
= (x, y, z) R3 : x2 + y 2 = 2 , z R \ (, 0, z) R3 : z R .

x y

Osserviamo che la superficie parametrica e regolare. Infatti,

0 sin v


 

(u, v) A : J (u, v) = (u, v), (u, v) =
0 cos v
.
u v
1 0

Quindi rango J (u, v) = 2.

(1.10) Esempio Siano A = (0, ) (0, 2), > 0 e : A R3 la superficie


parametrica definita da

(u, v) = ( sin u cos v, sin u sin v, cos u).

Il sostegno di e
n o
= (A) = (x, y, z) R3 : (x, y, z) = (u, v), (u, v) A =
n o
= (x, y, z) R3 : (x, y, z) = ( sin u cos v, sin u sin v, cos u), 0 < u < , 0 < v < 2 .
1 Brevi richiami sulle superfici parametriche 85

In altri termini, posto (u, v) = (x, y, z), si hanno le equazioni parametriche della
superficie
x = sin u cos v




y = sin u sin v 0 < u < , 0 < v < 2.


z = cos u,

Elevando al quadrato le tre equazioni e sommando si ottiene x2 + y 2 + z 2 = 2 , per


ogni (x, y, z) R3 esclusi i punti (x, 0, z) tali che x2 + z 2 = 2 con x > 0. Quindi
e la superficie sferica di equazione x2 + y 2 + z 2 = 2 privata della semicirconferenza di
equazione x2 + z 2 = 2 con x > 0. In altri termini
n o n o
= (x, y, z) R3 : x2 + y 2 + z 2 = 2 \ (x, 0, z) R3 : x2 + z 2 = 2 , x > 0 .

x y

Osserviamo che la superficie parametrica e regolare. Infatti,


cos u cos v sin u sin v


 

(u, v) A : J (u, v) = (u, v), (u, v) =
cos u sin v sin u cos v
.
u v
sin u 0
Quindi rango J (u, v) = 2.

(1.11) Esempio Siano A R2 un aperto connesso per archi, f : A R una funzione


di classe C 1 e : A R3 la superficie parametrica definita da

(x, y) = (x, y, f (x, y)).

Il sostegno di e il grafico della funzione f . Infatti,


n o
= (A) = (x, y, z) R3 : (x, y, z) = (x, y), (x, y) A =
n o
= (x, y, z) R3 : (x, y, z) = (x, y, f (x, y)), (x, y) A = Gf .
86 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

= Gf

y
A
x

Osserviamo che la superficie parametrica e regolare. Infatti,


1 0


 

(x, y) A : J (x, y) = (x, y), (x, y) = 0 1 .
x y
f f
x (x, y) y (x, y)

Quindi rango J (x, y) = 2.

2 Integrale superficiale (o di superficie) di una funzione


reale

(2.1) Definizione Siano K R2 un compatto la cui frontiera e il sostegno di


una curva parametrica chiusa, semplice e regolare a tratti, : K R3 una calotta
regolare, = (K) il sostegno di e f : R una funzione continua.
Si chiama integrale superficiale (o di superficie) di f su (o su ) il numero
reale Z Z
f= f ((u, v))kN (u, v)k du dv,
K

dove N (u, v) e il vettore normale a nel punto (u, v) definito da


N (u, v) = (u, v) (u, v).
u v

Talvolta lintegrale superficiale di f su e denotato con uno dei seguenti simboli


Z Z Z
f, f d, f d.

Z Z
Se f = 1, allora f= f = A area della superficie .

2 Integrale di superficie di una funzione reale 87

(2.2) Osservazione Siano A R2 un aperto connesso per archi, K A compatto la


cui frontiera sia il sostegno di una curva parametrica chiusa, semplice e regolare a tratti
e g : A R una funzione di classe C 1 . Allora valgono i seguenti fatti:

i) se e la superficie definita da
n o
= (x, y, z) R3 : (x, y) K, z = g(x, y) ,

allora , che e il grafico della funzione z = g(x, y) ristretta a K, si puo scrivere


come = (K), dove : K R3 e definita da (x, y) = (x, y, g(x, y)). In
particolare e il sostegno della calotta regolare e in tal caso il vettore normale
N (x, y) a nel punto (x, y) e

i j k




1 2 3
N (x, y) = (x, y) (x, y) = x (x, y) x (x, y) x (x, y) =

x y
x

1 2 3
y (x, y) y (x, y) (x, y)

= (1 , 2 , 3 ) y

i j k



= g (x, y), g (x, y), 1 ;

g
= 1 0 x (x, y)


x y
g

0 1 y (x, y)

ii) se e la superficie definita da


n o
= (x, y, z) R3 : (x, z) K, y = g(x, z) ,

allora , che e il grafico della funzione y = g(x, z) ristretta a K, si puo scrivere


come = (K), dove : K R3 e definita da (x, z) = (x, g(x, z), z). In
particolare e il sostegno della calotta regolare e in tal caso il vettore normale
N (x, z) a nel punto (x, z) e

i j k




1 2 3
N (x, z) = (x, z) (x, z) = x (x, z) x (x, z) (x, z)
=
x
x z
x

1 2 3
z (x, z) z (x, z) (x, z)

= (1 , 2 , 3 ) z

i j k

g g
 
g
= 1 x (x, z) 0 =
(x, z), 1, (x, z) ;
x z
g

0 z (x, z) 1

iii) se e la superficie definita da


n o
= (x, y, z) R3 : (y, z) K, x = g(y, z) ,
88 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

allora , che e il grafico della funzione x = g(y, z) ristretta a K, si puo scrivere


come = (K), dove : K R3 e definita da (y, z) = (g(y, z), y, z). In
particolare e il sostegno della calotta regolare e in tal caso il vettore normale
N (y, z) a nel punto (y, z) e

i j k




1 2 3
y (y, z) y (y, z) (y,

z)

N (y, z) = (y, z) (y, z) =
y
=
y z
x

1 2 3
z (y, z) z (y, z) (y, z)

= (1 , 2 , 3 ) z


i j k
g g
 
g
= y (y, z) 1 0 = 1, (y, z), (y, z) .

g

y z
(y, z) 0 1
z

(2.3) Esempio Siano A R2 un aperto connesso per archi, K A un compatto la


cui frontiera e il sostegno di una curva parametrica chiusa, semplice e regolare a tratti
e f : A R una funzione di classe C 1 . Calcoliamo larea del grafico della funzione f
ristretta a K, cioe della superficie
n o
= (x, y, z) R3 : (x, y) K, z = f (x, y) .

Per quanto visto nellosservazione precedente, e il sostegno della calotta regolare :


K R3 definita da (x, y) = (x, y, f (x, y)). Quindi larea di e
Z Z
A = d = kN (x, y)k dx dy,
K

dove N (x, y) e il vettore normale a nel punto (x, y) definito da

f f
 
N (x, y) = (x, y), (x, y), 1 .
x y

Essendo s 2 2
f f
 
kN (x, y)k = 1+ (x, y) + (x, y) ,
x y
si ha che
s 2 2
f f
Z Z  
A = kN (x, y)k dx dy = 1+ (x, y) + (x, y) dx dy.
K K x y
1
x2 + y 2 con x2 + y 2 < 8, allora

Se per esempio consideriamo f (x, y) = 2

1 2
  
3
= Gf = (x, y, z) R : z = x + y 2 , x2 + y 2 < 8 .
2
2 Integrale di superficie di una funzione reale 89

y
z
2 2

K

O 2 2 x

x y

Figura 4.1: Linsieme . Figura 4.2: Linsieme K.

1
x2 + y 2 al di sotto del piano

E la parte del paraboloide circolare di equazione z = 2
z = 4.
Si ha che = (K), dove : K R3 e definita da

1 2
  
(x, y) = (x, y, f (x, y)) = x, y, x + y2 ,
2
n o
e K = (x, y) R2 : x2 + y 2 < 8 . Quindi larea di e
Z
A = kN (x, y)k dx dy,
K


dove N (x, y) = x (x, y) y (x, y). Si ha che

g g
 
N (x, y) = (x, y) (x, y) = (x, y), (x, y), 1 = (x, y, 1),
x y x y
q
kN (x, y)k = 1 + x2 + y 2 .

Quindi Z Z q
A = kN (x, y)k dx dy = 1 + x2 + y 2 dx dy.
K K

Passiamo in coordinate polari nel piano xy. Poniamo quindi

x = cos
(
: 0, 0 2, |det J (, )| = .
y = sin ,

Allora (
0<2 2
(x, y) K
0 2.
Quindi si ha che K = (K 0 ), dove
n o
K 0 = (, ) R2 : 0 < 2 2, 0 2 .
90 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Ne segue che
Z Z q Z q
A = kN (x, y)k dx dy = 1 + x2 + y 2 dx dy = 1 + 2 d d =
K K K0

ed essendo K 0 un rettangolo con lati paralleli agli assi e e la funzione integranda


prodotto di una funzione di e di una funzione di , si ottiene

 3 2 2
!
Z 2  Z 2 2 q
1
 
52
= d 1 + 2 d = 2 1 + 2 2
= .
0 0 3 0 3

Z  
(2.4) Esempio Consideriamo lintegrale x2 + y 2 d, dove

 q 
3 2 2
= (x, y, z) R : z = x2 + y2 , x +y <1 .

p
La superficie e il grafico della funzione g : K R definita da g(x, y) = x2 + y 2 ,
dove
n o
K = (x, y) R2 : x2 + y 2 < 1 .
p
E quindi la parte del semicono di equazione z = x2 + y 2 compresa fra il vertice
O(0, 0, 0) e il piano z = 1.
y
z
1

O 1 x

x y

Figura 4.3: Linsieme . Figura 4.4: Linsieme K.

Si ha che = (K), dove : K R3 e definita da


 q 
(x, y) = (x, y, g(x, y)) = x, y, x2 + y2 .

Quindi si ha che
Z   Z  
x2 + y 2 d = x2 + y 2 kN (x, y)k dx dy,
K
2 Integrale di superficie di una funzione reale 91


dove N (x, y) = x (x, y) y (x, y). Si ha che

g g
 
N (x, y) = (x, y) (x, y) = (x, y), (x, y), 1 =
x y x y
!
x y
= p 2 , p ,1 = kN (x, y)k = 2.
x + y2 x2 + y 2
Quindi
Z 
2 2
 Z 
2 2
 Z  2 
x +y d = x +y kN (x, y)k dx dy = 2 x + y 2 dx dy.
K K

Passiamo in coordinate polari nel piano. Poniamo quindi


x = cos
(
: 0, 0 2, |det J (, )| = .
y = sin ,
Allora
0<1
(
(x, y) K
0 2.
Quindi si ha che K = (K 0 ), dove
n o
K 0 = (, ) R2 : 0 < 1, 0 2 .

Ne segue che
Z 
2 2
 Z  2 2
 Z
x +y d = 2 x + y dx dy = 2 3 d d =
K K0

ed essendo K 0 un rettangolo con lati paralleli agli assi e e la funzione integranda


prodotto di una funzione di e di una funzione di , si ottiene

Z 2  Z 1
3
  1 4 1 2
= 2 d d = 2 2 = .
0 0 4 0 2

(2.5) Teorema (Indipendenza dellintegrale superficiale dalla


3 3
parametrizzazione) Siano : K R e : K0 R due calotte rego-
lari equivalenti, = (K) = (K 0 ) il sostegno di e e f : R una funzione
continua.
Allora Z Z
f d = f d.

Dimostrazione. E analoga alla dimostrazione del Teorema (2.4) del Capitolo 3. In tal
caso si usa il Teorema del cambiamento di variabile negli integrali doppi.
92 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(2.6) Osservazione Per questo teorema se e sono equivalenti, e quindi in base


alla Proposizione (1.7) se hanno lo stesso sostegno e inducono su di esso il medesimo
orientamento, allora lintegrale superficiale non cambia. Questa proprieta sussiste anche
se e sono tali che esiste1 : K 0 K biiettiva e di classe C 1 con det J (x, y) < 0 per
ogni (x, y) K 0 tale che = . In tal caso per la Proposizione (1.8) e hanno lo
stesso sostegno ma inducono su di esso orientamenti opposti.

3 Flusso di un campo vettoriale attraverso una superficie

(3.1) Definizione Siano R3 aperto non vuoto, F : R3 un campo


vettoriale continuo, K R2 un compatto la cui frontiera e il sostegno di una curva
parametrica chiusa, semplice e regolare a tratti, : K una calotta regolare e
= (K) il sostegno di . Si chiama flusso del campo vettoriale F attraverso
(o attraverso ) il numero reale
Z Z
(3.2) F n= F ((u, v)) N (u, v) du dv,
K

dove N (u, v) e il vettore normale a nel punto (u, v) definito da


N (u, v) = (u, v) (u, v)
u v
N
en= kN k e il versore normale a avente lo stesso verso di N .
Chiaramente il simbolo (nellintegrale di destra) indica il prodotto scalare fra
i due vettori di R3 . Talvolta il flusso del campo vettoriale F su e denotato con
uno dei seguenti simboli
Z Z Z
F n, F n d, F n d.

(3.3) Osservazione Per la determinazione del vettore normale N si veda lOsser-


vazione (2.2).
Talvolta si parla di flusso uscente (o entrante) di un campo vettoriale F dalla fron-
tiera (detta anche bordo) di un insieme D R3 . In tal caso si ha che = D e si
1 2
A rigore, se esistono A, B R aperti connessi per archi con K A, K 0 B e : B A di classe
C tale che |K 0 : K 0 K e biiettiva con det J (x, y) < 0 per ogni (x, y) K 0 e tale che = .
1
3 Flusso di un campo vettoriale attraverso una superficie 93

deve controllare che il vettore N (u, v) normale a in (u, v) sia uscente da D (oppure
entrante in D). Se ce corrispondenza, allora quello e il vettore da usare nella formula
(3.2); altrimenti si considera il suo opposto.
Essendo una calotta regolare, per controllare se il vettore


N (u, v) = (u, v) (u, v)
u v

e uscente da D (o entrante in D), e sufficiente considerare un punto (u0 , v0 ) qualsiasi


interno a K e verificare che il vettore N (u0 , v0 ) applicato in (u0 , v0 ) sia uscente da D
(o entrante in D).
Per fare cio si puo procedere utilizzando uno qualunque di questi tre metodi:

1) grafico: si disegnano linsieme D e il vettore N (u0 , v0 ) applicato nel punto (u0 , v0 )


della superficie D e si controlla se questo vettore e rivolto allinterno o allesterno
di D;

2) vettoriale: se D e convesso (cioe se per ogni coppia di punti X, Y D e per ogni


t [0, 1], anche il segmento (1 t)X + tY appartiene a D), allora si ha che
 
(x, y, z) D : (x, y, z)(u0 , v0 )) N (u0 , v0 ) 0 = N (u0 , v0 ) e uscente;
 
(x, y, z) D : (x, y, z)(u0 , v0 )) N (u0 , v0 ) 0 = N (u0 , v0 ) e entrante;

3) analitico: si controlla se per > 0 sufficientemente piccolo si ha che

(u0 , v0 ) + N (u0 , v0 ) D.

In caso affermativo N (u0 , v0 ) e entrante, altrimenti e uscente.

(3.4) Esempio Calcoliamo il flusso uscente del campo vettoriale F (x, y, z) = x2 , y 2 , z



n o
dal bordo dellinsieme D = (x, y, z) R3 : x2 + y 2 < z < 1 .
Si ha che D = 1 2 , dove
n o
1 = (x, y, z) R3 : z = 1, x2 + y 2 1 ,
n o
2 = (x, y, z) R3 : z = x2 + y 2 , x2 + y 2 1 .

Quindi Z Z Z
F n= F n+ F n.
D 1 2
94 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

z z
D = 1 2 N1 1

D
2
N2
x y x y

Figura 4.5: Linsieme D. Figura 4.6: Linsieme D = 1 2 .

Si ha che 1 e il grafico della funzione g1 : K R definita da g1 (x, y) = 1 e 2 e il


grafico della funzione g2 : K R definita da g2 (x, y) = x2 + y 2 , dove
n o
K = (x, y) R2 : x2 + y 2 1 .

Allora si ha che 1 = 1 (K), dove 1 : K R3 e definita da

1 (x, y) = (x, y, g1 (x, y)) = (x, y, 1)

e 2 = 2 (K), dove 2 : K R3 e definita da


 
2 (x, y) = (x, y, g2 (x, y)) = x, y, x2 + y 2 .

Per definizione di integrale di flusso si ha che


Z Z
F n= F (1 (x, y)) N1 (x, y) dx dy,
1 K

dove N1 (x, y) e il vettore normale a 1 nel punto 1 (x, y) uscente da D. Si ha che il


1 1
vettore N (x, y) = x (x, y) y (x, y) e normale alla superficie 1 = 1 (K). Si ha che

1 1 g1 g1
 
N (x, y) = (x, y) (x, y) = (x, y), (x, y), 1 = (0, 0, 1).
x y x y

Questo vettore normale e uscente da D. Quindi un vettore uscente e N1 (x, y) =


N (x, y) = (0, 0, 1). Ne segue che
Z Z Z
F n= F (1 (x, y)) N1 (x, y) dx dy = F (x, y, 1) (0, 0, 1) dx dy =
1 K K
Z Z
= (x, y, 1) (0, 0, 1) dx dy = dx dy = .
K K
3 Flusso di un campo vettoriale attraverso una superficie 95

Per definizione di integrale di flusso si ha che

Z Z
F n= F (2 (x, y)) N2 (x, y) dx dy,
2 K

dove N2 (x, y) e il vettore normale a 2 nel punto 2 (x, y) uscente da D. Si ha che il


2 2
vettore N (x, y) = x (x, y) y (x, y) e normale alla superficie 2 = 2 (K). Si ha che

2 2 g2 g2
 
N (x, y) = (x, y) (x, y) = (x, y), (x, y), 1 = (2x, 2y, 1).
x y x y

Questo vettore normale e entrante in D. Quindi un vettore uscente e N2 (x, y) =


N (x, y) = (2x, 2y, 1). Ne segue che

Z Z Z  
F n= F (2 (x, y)) N2 (x, y) dx dy = F x, y, x2 + y 2 (2x, 2y, 1) dx dy =
2 K K

Z   Z h    i
= x2 , y 2 , x2 + y 2 (2x, 2y, 1) dx dy = 2 x3 + y 3 x2 + y 2 dx dy =
K K

passando in coordinate polari nel piano

Z 2    Z 1  Z 2  Z 1 

3 3 4 3
= cos + sin d 2 d d d = .
0 0 0 0 2

In conclusione si ha che


Z Z Z
F n= F n+ F n= .
D 1 2 2

(3.5) Osservazione Nellesempio precedente lintegrale di flusso attraverso D = 1


2 e dato dalla somma dei singoli integrali di flusso attraverso 1 e 2 . Nel caso specifico
1 e 2 hanno in comune solo la circonferenza di centro (0, 0, 1) e raggio 1 nel piano
z = 1, cioe il sostegno di una curva parametrica, ossia limmagine tramite una funzione
continua di un intervallo (che e un insieme di misura nulla del piano). Per quanto visto
a proposito degli integrali su insiemi trascurabili, ne segue che il contributo di questa
circonferenza nellintegrale di flusso e nullo. Questo fatto vale in generale quando le
superfici 1 e 2 hanno in comune al piu un insieme che e lunione di un
numero finito di linee, cioe di sostegni di curve parametriche.
96 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(3.6) Teorema (Dipendenza del flusso di un campo dallorientamento


indotto dalla parametrizzazione sul sostegno) Siano R3 aperto non
vuoto, F : R3 un campo vettoriale continuo, : K e : K 0 due
calotte regolari.
Allora valgono i seguenti fatti:

i) se e sono equivalenti, allora


Z Z
F n= F n.

ii) se esiste2 : K 0 K biiettiva e di classe C 1 con det J (x, y) < 0 per ogni
(x, y) K 0 tale che = , allora
Z Z
F n= F n.

Dimostrazione. E analoga alla dimostrazione del Teorema (3.4) del Capitolo 3. In tal
caso si usa il Teorema del cambiamento di variabile negli integrali doppi.

(3.7) Osservazione Per questo teorema se e sono equivalenti, proprieta i), e


quindi in base alla Proposizione (1.7) se hanno lo stesso sostegno e inducono su di esso
il medesimo orientamento, allora il flusso del campo attraverso le superfici non cambia.
Nella ii) invece ha tutte le proprieta elencate nella Definizione (1.6) tranne che
per il segno del determinante della sua matrice Jacobiana. Per la Proposizione (1.8)
e hanno lo stesso sostegno ma inducono su di esso orientamenti opposti. In tal caso il
flusso del campo attraverso le due superfici e lopposto.

(3.8) Osservazione Concludiamo questo capitolo osservando che la nozione di flusso di


un campo attraverso una superficie e un caso particolare di quella di integrale superficiale.
Infatti, se R3 e un aperto non vuoto, F : R3 e un campo vettoriale continuo,
: K e una calotta regolare e = (K) e il suo sostegno, allora considerata la
funzione f : R definita da f = F n, dove n e il versore normale a in (u, v),
N (u,v)
definito come n((u, v)) = kN (u,v)k , si ha che
Z Z Z
f= f ((u, v))kN (u, v)k du dv = (F n)((u, v))kN (u, v)k du dv =
K K
2 2
A rigore, se esistono A, B R aperti connessi per archi con K A, K 0 B e : B A di classe
C tale che |K 0 : K 0 K e biiettiva con det J (x, y) < 0 per ogni (x, y) K 0 e tale che = .
1
4 Teoremi di Green, Stokes, Gauss 97

N (u, v)
Z Z Z
= F ((u, v)) kN (u, v)k du dv = F ((u, v)) N (u, v) du dv = F n.
K kN (u, v)k K

4 Teoremi di Green, Stokes, Gauss

Questi teoremi stabiliscono delle uguaglianze fra integrali in dimensioni diverse, ossia
fra integrali di linea (in una dimensione) e integrali doppi e/o di flusso (in due dimen-
sioni) e fra integrali di flusso e integrali tripli (in tre dimensioni). Piu precisamente:

Teorema di Green: stabilisce unuguaglianza fra un integrale di linea (in particolare


una circuitazione) e un integrale doppio;

Teorema di Stokes: stabilisce unuguaglianza fra un integrale di linea (in particolare


una circuitazione) e un integrale di flusso;

Teorema di Gauss: stabilisce unuguaglianza fra un integrale di flusso e un integrale


triplo.

In tutti questi casi si tratta di integrali di campi vettoriali e che quindi, per le pro-
prieta studiate, dipendono dallorientamento indotto dalla parametrizzazione sul sosteg-
no. Percio e fondamentale definire bene a priori qual e lorientamento che deve indurre
la curva parametrica o la superficie parametrica sul suo sostegno.

4.1 Teorema di Green

(4.1) Definizione Sia A R2 un aperto limitato non vuoto tale che A e il


sostegno di una curva parametrica chiusa, semplice e regolare a tratti : [a, b]
R2 .
Diciamo che A e orientato positivamente se induce su A un verso di per-
correnza antiorario. In altri termini, A e orientato positivamente se percorrendo
idealmente A si vedono in punti di A alla propria sinistra.
98 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(4.2) Teorema (di Green (o formula di Gauss-Green)) Siano R2


aperto non vuoto, F : R2 un campo vettoriale di classe C 1 , F = (f1 , f2 ), A
un aperto limitato tale che A e il sostegno di una curva parametrica chiusa,
semplice e regolare a tratti : [a, b] . Supponiamo che A sia orientamento
positivamente.
Allora
f2 f1
I Z  
F dP = (x, y) (x, y) dx dy.
A A x y

Omettiamo la dimostrazione.

(4.3) Esempio Calcolare lintegrale di linea del campo F (x, y) = y 2 , x lungo la




circonferenza C di centro lorigine e raggio 1 percorsa una sola volta in senso antiorario.
y

C = A 1

A


O 1 x

Il campo vettoriale F (x, y) = y 2 , x e di classe C 1 su R2 . Possiamo calcolare




lintegrale di linea con la definizione. In tal caso si deve individuare una curva paramet-
rica che parametrizzi la circonferenza C inducendo su di essa un verso di percorrenza
antiorario.
n o
Oppure, posto A = (x, y) R2 : x2 + y 2 < 1 , osserviamo che essendo C = A,
si ha che A e orientato positivamente e quindi possiamo ricorrere al Teorema di Green.
Posto F = (f1 , f2 ), per il Teorema di Green si ha che
f2 f1
Z Z   Z
F dP = (x, y) (x, y) dx dy = (1 2y)dx dy =
A x y A

e passando in coordinate polari nel piano


2 1 2 1
1 2 2 3
Z Z  Z 
= (1 2 sin ) d d = sin d =
0 0 0 2 3 0
4.1 Teorema di Green 99

Z 2 
1 2

= sin d = .
0 2 3

(4.4) Corollario Siano A R2 un aperto limitato tale che A e il sostegno di


una curva parametrica chiusa, semplice e regolare a tratti che induca su di esso un
verso di percorrenza antiorario, e F : R2 R2 un campo vettoriale di classe C 1 ,
F = (f1 , f2 ), che soddisfa la condizione

f2 f1
(4.5) (x, y) A : (x, y) (x, y) = 1.
x y

Allora larea di A e uguale a


I
m(A) = F dP.
A

Dimostrazione. E unimmediata conseguenza del Teorema di Green.

Campi vettoriali che soddisfano la condizione (4.5) sono ad esempio


y x
 
F (x, y) = (0, x), G(x, y) = (y, 0), H(x, y) = , .
2 2

(4.6) Esempio Sia : [0, 1] R2 la curva parametrica definita da


 
(t) = t3 3t2 + 2t, t t3 .

Calcolare larea dellinsieme A racchiuso allinterno del sostegno di .


y

O x

Osserviamo che e chiusa e che induce sul suo sostegno un verso di percorrenza
antiorario. Infatti, (0) = (1) = (0, 0) e
1 21 15 1 3 3
       
= , , = , .
4 64 64 2 8 8
100 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Quindi A e orientato positivamente. Utilizziamo il corollario precedente per calcolare


larea di A, m(A). Consideriamo ad esempio il campo F (x, y) = (y, 0) che soddisfa la
condizione (4.5). Allora
I I Z 1
m(A) = F dP = F dP = F ((t)) 0 (t) dt.
A 0

Per ogni t [0, 1] si ha che


   
F ((t)) 0 (t) = t + t3 , 0 3t2 6t + 2, 1 3t2 = 3t5 6t4 t3 + 6t2 2t.

Quindi
Z 1 Z 1 
m(A) = F ((t)) 0 (t) dt = 3t5 6t4 t3 + 6t2 2t dt =
0 0

1
1 6 6 5 1 4 1

= t t t + 2t3 t2 = .
2 5 4 0 20

(4.7) Osservazione Puo succedere che A sia lunione di piu sostegni di curve para-
metriche chiuse, semplici e regolari a tratti, tutti orientati positivamente, ad esempio
come in Fig. 4.7.

2 3

Figura 4.7: A = 1 2 3

In tal caso A = 1 2 3 e
I Z Z Z
F dP = F dP + F dP + F dP.
A 1 2 3
4.1 Teorema di Green 101

In alternativa, se F = (f1 , f2 ) e di classe C 1 , allora si puo ancora applicare il Teorema


di Green e quindi si ha che
f2 f1
Z Z  
F dP = (x, y) (x, y) dx dy.
A A x y

(4.8) Esempio Calcolare lintegrale di linea del campo F (x, y) = x2 y 3 , y lungo la




curva che parametrizza il bordo dellinsieme


n o
A = (x, y) R2 : 1 x2 + y 2 4

inducendo su di esso un orientamento positivo.


y

2
A
1

O 1 2 x

Il campo vettoriale F (x, y) = x2 y 3 , y e di classe C 1 su R2 . Possiamo calcolare




lintegrale di linea con la definizione. In tal caso


Z Z Z
F dP = F dP + F dP.
A 1 2

Oppure, essendo A orientato positivamente, possiamo ricorrere al Teorema di Green.


Posto F = (f1 , f2 ), per il Teorema di Green si ha che
f2 f1
Z Z   Z
F dP = (x, y) (x, y) dx dy = 3x2 y 2 dx dy =
A x y A

passando in coordinate polari nel piano


2 2 2 2
3 1 6
Z  Z  Z 
2 2 5 2
= 3 cos sin d d = sin 2 d =
0 1 4 0 6 1
2
63 1 63

= (2 sin 2 cos 2) = .
8 4 0 8
102 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

4.2 Teorema di Stokes

(4.9) Definizione Siano A R2 un aperto limitato connesso per archi tale che
A sia il sostegno di una curva parametrica chiusa, semplice e regolare a tratti,
K = A = A A (e quindi K e compatto con K = A) e : K R3 una calotta
regolare.
Si chiama bordo di , denotato con , la restrizione di a K.
Denotiamo con = (K) il sostegno di e con N (u, v) il vettore normale a in
(u, v) definito da

N (u, v) = (u, v) (u, v).
u v
Diciamo che e orientato positivamente se la curva (K) e percorsa in senso
antiorario rispetto ad un osservatore posto come il vettore N . In altri termini,
e orientato positivamente se percorrendo idealmente (K) appoggiato alla faccia
di da cui esce N , si vedono in punti di alla propria sinistra. Talvolta, anche
se impropriamente, si parla di bordo di anziche di bordo di .

= 1 2 3

3 N

Figura 4.8: Bordo di una superficie orientato positivamente.

(4.10) Osservazione Se A R2 e un aperto limitato connesso per archi tale che


A e lunione di un numero finito di sostegni a due a due disgiunti C1 , . . . , Cn di curve
parametriche chiuse, semplici e regolari a tratti, se K = A = A A (e quindi K
e compatto con K = A), : K R3 e una calotta regolare e = (K) e il suo
sostegno, allora posto i = (Ci ) per ogni i = 1, . . . , n si ha che K = A = C1 Cn ,
e = 1 n . In tal caso diciamo che e orientato positivamente se ciascuna
curva i e orientata positivamente nel senso della definizione precedente.
4.2 Teorema di Stokes 103

= 1 2

2
N

Figura 4.9: Bordo di una superficie orientato positivamente.

(4.11) Teorema (di Stokes (o del rotore)) Siano R3 aperto non vuoto,
F : R3 un campo vettoriale di classe C 1 , F = (f1 , f2 , f3 ), A R2 un
aperto limitato connesso per archi tale che A e lunione di un numero finito di
sostegni a due a due disgiunti di curve parametriche chiuse, semplici e regolari a
tratti, K = A = A A e : K una calotta regolare con orientamento
positivamente.
Allora I Z
F dP = rotF n,

dove rotF e il rotore del campo F , definito formalmente da



i j k






(x, y, z) : rotF (x, y, z) = x y z
.



f (x, y, z) f2 (x, y, z) f3 (x, y, z)
1

Omettiamo la dimostrazione.

(4.12) Esempio Calcolare lintegrale di linea del campo F (x, y, z) = (x, 0, y) lungo il
bordo della superficie

n o
= (x, y, z) R3 : x2 + y 2 + z 2 = 1, x, z 0

orientato positivamente rispetto al versore normale uscente dalla sfera x2 + y 2 + z 2 = 1.


104 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Il campo vettoriale F (x, y, z) = (x, 0, y) e di classe C 1 su R3 . Si osserva che =


1 2 , con
n o
1 = (x, y, z) R3 : x2 + y 2 = 1, x 0, z = 0 ,
n o
2 = (x, y, z) R3 : y 2 + z 2 = 1, z 0, x = 0 .

z
= 1 2
2 N
2

K
2
1 y O
2

1
x 2

Figura 4.10: Linsieme . Figura 4.11: Linsieme K.

Si puo calcolare lintegrale di linea con la definizione. In tal caso si devono deter-
minare due parametrizzazioni 1 e 2 rispettivamente di 1 e 2 e si ha che
Z Z Z
F dP = F dP + F dP.
1 2

Altrimenti, poiche la linea su cui si integra e il bordo di una superficie, si puo procedere
applicando il Teorema di Stokes.
Z
Calcoliamo lintegrale F dP applicando il Teorema di Stokes. Si ha che

Z Z
F dP = rotF n,

dove n e il versore normale uscente dalla sfera x2 + y 2 + z 2 = 1. La superficie e la


parte della sfera x2 + y 2 + z 2 = 1 compresa nel quadrante in cui x, z 0.
Si ha che = (K), dove : K R3 e definita da

(, ) = (sin cos , sin sin , cos ),

dove

 
K = (, ) R2 : 0 , .
2 2 2
Per definizione di integrale di flusso si ha che
Z Z
rotF n = rotF ((, )) N (, ) d d,
K
4.2 Teorema di Stokes 105

dove N (, ) e il vettore normale uscente dalla sfera nel punto (, ). Si ha che il



vettore N1 (, ) = (, ) (, ) e normale alla superficie = (K). Si ha che

i j k




N1 (, ) = (, ) (, ) = cos cos cos sin sin =

sin sin sin cos 0
 
= sin2 cos , sin2 sin , sin cos .

Questo vettore normale e uscente dalla sfera. Quindi un vettore uscente e N (, z) =


N1 (, z) = sin2 cos , sin2 sin , sin cos . Ne segue che


 
rotF ((, )) N (, ) = (1, 0, 0) sin2 cos , sin2 sin , sin cos =

= sin2 cos

e Z Z
rotF n = rotF ((, )) N (, ) d d =
K
Z
= sin2 cos d d =
K

essendo K un rettangolo con lati paralleli agli assi e e la funzione integranda prodotto
di una funzione di e di una funzione di , si ottiene

! Z
!  h i
1
Z 
2 2 2
2 2
= sin d cos d = ( sin cos ) sin = .
0 2 2 0 2 2

Osservazione
Si puo procedere anche osservando che la superficie e il grafico della funzione g : K R
p
definita da g(x, y) = 1 x2 y 2 , dove
n o
K = (x, y) R2 : x2 + y 2 1, x 0 .
106 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

4.3 Teorema di Gauss

(4.13) Definizione Sia D R3 un aperto limitato connesso per archi.


Diciamo che D e un aperto con bordo se D e unione di un numero finito di
sostegni di calotte semplici e regolari, orientate secondo il verso uscente da D e
aventi a due a due in comune al piu sostegni di curve regolari a tratti.

D = 1 2 3

Per esempio, nella figura a destra D e un


aperto con bordo. Infatti, D = 1 2 3
1
e le superfici 1 e 2 , e 2 e 3 hanno in 3 2
comune solo linee parametrizzabili con curve
regolari a tratti.

(4.14) Teorema (di Gauss (o della divergenza)) Siano R3 un aperto,


F : R3 un campo vettoriale di classe C 1 , F = (f1 , f2 , f3 ), D un aperto
con bordo tale che D .
Allora il flusso uscente del campo F dal bordo di D e dato da
Z Z
F n= divF (x, y, z) dx dy dz,
D D

dove divF e la divergenza del campo F , definita da

f1 f2 f3
(x, y, z) : divF (x, y, z) = (x, y, z) + (x, y, z) + (x, y, z).
x y z

Omettiamo la dimostrazione.
 
(4.15) Esempio Calcoliamo il flusso uscente del campo vettoriale F (x, y, z) = x2 , y 2 , z 2
n o
dal bordo dellinsieme D = (x, y, z) R3 : 0 x 1, 0 y 1, 0 z 1 .
Si ha che D = 1 2 3 4 5 6 , dove 1 , 2 , 3 , 4 , 5 , 6 sono
le sei facce del cubo avente spigoli di misura 1 paralleli agli assi cartesiani, un vertice
4.3 Teorema di Gauss 107

N4 y

2 N2
3

5 6
N3

K
1

N6 y
O 1 x
N5
x
N1

nellorigine e uno nel punto (1, 1, 1). Quindi, volendo procedere come da definizione si
ha che
Z Z Z Z Z Z Z
F n= F n+ F n+ F n+ F n+ F n+ F n.
D 1 2 3 4 5 6

Altrimenti, poiche la superficie in questione e il bordo di un aperto con bordo, si puo


applicare il Teorema di Gauss. Si ha che
Z Z
F n= divF (x, y, z) dx dy dz,
D D

dove, posto F = (f1 , f2 , f3 ), si ha che


f1 f2 f3
divF (x, y, z) = (x, y, z) + (x, y, z) + (x, y, z).
x y z
Quindi divF (x, y, z) = 2(x + y + z) e
Z Z
F n=2 (x + y + z) dx dy dz =
D D

integrando per fili paralleli allasse z si ottiene


1 1
1
Z Z  Z 
=2 (x + y + z) dz dx dy = 2 (x + y)z + z 2 dx dy =
K 0 K 2 0
1
Z  
=2 +x+y dx dy =
K 2
n o
essendo K = (x, y) R2 : 0 x 1, 0 y 1 , si ha
1 Z 1  1 1  1 1
1
Z   Z 
=2 +x+y dy dx = 2 + x y + y2 dx =
0 0 2 0 2 2 0
Z 1 h i1
=2 (x + 1) dx = (x + 1)2 = 3.
0 0
108 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II
Appendice D

Gradiente, rotore, divergenza

In questa sezione vogliamo sottolineare alcuni aspetti riguardanti gli operatori di gra-
diente, rotore e divergenza.

Gradiente. Si indica talvolta con il simbolo . E un operatore che trasforma una


funzione reale di n 1 variabili in un campo vettoriale di Rn . Infatti, se Rn e
un aperto non vuoto e f : R e una funzione differenziabile, allora il gradiente
di f e il campo vettoriale f : Rn definito da

f f
 
f = ,, .
x1 xn

Rotore. Si indica talvolta con il simbolo rot. E un operatore che trasforma un campo
vettoriale di R3 in un campo vettoriale di R3 . Infatti, se R3 e un aperto non
vuoto e F : R3 e campo vettoriale di classe C 1 , F = (f1 , f2 , f3 ), allora il
rotore di F e il campo vettoriale rotF : R3 definito da

f3 f2 f1 f3 f2 f1
 
rotF = , , .
y z z x x y

Divergenza. Si indica talvolta con il simbolo div. E un operatore che trasforma un


campo vettoriale di Rn in una funzione di n 1 variabili. Infatti, se Rn e un
aperto non vuoto e F : Rn e campo vettoriale di classe C 1 , F = (f1 , , fn ),
allora la divergenza di F e la funzione divF : R definita da

f1 fn
divF = + + .
x1 xn

Quindi se f indica una funzione e F un campo vettoriale, ha senso calcolare

rotf, divf, div rotF, divF.

109
110 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Non ha senso calcolare


rot divF, rotF.

Infine, si osserva che se f e F sono di classe C 2 , allora

rotf = 0, div rotF = 0.

Loperatore div e detto Laplaciano (o operatore di Laplace) e si indica con il


simbolo . Quindi se f : R e di classe C 2 ,

2f 2f
f = divf = + + .
x21 x2n

Significato fisico del rotore (Tratto dal testo A. Bacciotti, CALCOLO DIFFEREN-
ZIALE E INTEGRALE II. Seconda parte: Vettori, funzioni reali di piu variabili reali,
serie, Celid).
Il termine rotore rimanda inevitabilmente alla rotazione. In effetti, dato il campo
vettoriale F di R3 , si osserva che il vettore rotF e in qualche modo legato alla rotazione.
Per renderci conto di cio, consideriamo un caso molto semplice di un corpo rigido. Ogni
movimento del corpo rigido si puo immaginare come una combinazione di un moto
traslatorio e di un moto rotatorio intorno al baricentro. Supponiamo per semplicita che
in ogni punto P (x, y, z) del corpo rigido la velocita ~v (P ) dipenda solo dalla posizione del
punto P e che la velocita angolare
~ sia costante. Allora
~
i ~j ~k


~v (P ) =
~ P O = (1 , 2 , 3 ) (x, y, z) = 1 2 3 =

x y z

= (2 z 3 y)~i + (3 x 1 z)~j + (1 y 2 x)~k.

Ne segue che

~i ~j ~k




rot ~v (P ) = x y z
= (21 , 22 , 23 ) = 2~
.

z y 3 x 1 z 1 y 2 x
2 3

Quindi il rotore del campo di velocita e multiplo del vettore velocita angolare, che e
chiaramente legato alla rotazione. In particolare in questo semplice esempio si ha che

rot ~v = ~0 ~ = ~0.

Appendice D Gradiente, rotore, divergenza 111

Per questo motivo si dice che un campo e irrotazionale quando il suo rotore e nullo.
Questa terminologia si utilizza anche nei casi piu generali. Quando si considera ad
esempio il moto di un fluido, rot ~v = ~0 indica assenza di vorticosita.

Significato fisico della divergenza (Tratto dal testo A. Bacciotti, CALCOLO DIF-
FERENZIALE E INTEGRALE II. Seconda parte: Vettori, funzioni reali di piu variabili
reali, serie, Celid).
Consideriamo un fluido e supponiamo che in ogni punto la velocita dipenda solo
dalla posizione del punto. Studiamo il moto del fluido attraverso un cubo di lato h con
spigoli paralleli agli assi cartesiani e con un vertice in un punto P . Vogliamo calcolare
la variazione di flusso del fluido nel cubo nellunita di tempo.

P
h
h y
x

Supponiamo per semplicita che la densita del fluido sia 1. Il flusso del fluido at-
traverso una superficie e proporzionale alla densita del fluido, allarea di e al prodotto
scalare fra il campo di velocita ~v e il versore normale n a . Consideriamo il contributo
di ogni coppia di facce parallele del cubo. In tal caso e una faccia del cubo e la sua
area e h2 .
Partiamo da quelle ortogonali allasse x. La variazione di flusso (uscente - entrante)
e
h i h i
h2 ~v (x + h, y, z) ~v (x, y, z) ~i =
x h2 v1 (x + h, y, z) v1 (x, y, z) .

v=(v1 ,v2 ,v3 )

Dividendo per il volume h3 del cubo, in modo da ricondurci al cubo unitario, otteniamo

v1 (x + h, y, z) v1 (x, y, z)
h
112 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

e passando al limite per h 0 otteniamo

v1 (x + h, y, z) v1 (x, y, z) v1
lim = (x, y, z).
h0 h x

Analogamente la variazione di flusso (uscente - entrante) relativa alle altre coppie di


v2 v3
facce parallele agli assi y e z e rispettivamente y (x, y, z) e z (x, y, z). Sommando
questi tre contributi si ottiene che la variazione totale di flusso e

v1 v2 v3
(x, y, z) + (x, y, z) + (x, y, z) = div ~v (x, y, z).
x y z

Quindi la divergenza del campo di velocita tiene conto della variazione del flusso del
fluido. In particolare div ~v = 0 significa che il fluido si muove senza dilatarsi e sen-
za comprimersi. In generale, quando la divergenza e nulla, si dice che il campo e
solenoidale.
Capitolo 5

Campi vettoriali conservativi

Nel seguito considereremo n N, n 1.

1 Campi conservativi e potenziali

(1.1) Definizione Siano Rn un aperto non vuoto e F : Rn un campo


vettoriale.
Diciamo che F e conservativo se esiste una funzione f : R differenziabile
tale che f (x) = F (x) per ogni x . In tal caso f e detto un potenziale di F
su .
Se F = (f1 , . . . , fn ), dove f1 , . . . , fn : R sono le componenti di F , allora

f
f (x) = F (x) (x) = fi (x), i = 1, . . . , n.
xi

Poiche per ogni c R si ha (f +c) = f , se un campo vettoriale F e conservativo,


allora ammette infiniti potenziali.

(1.2) Esempio Il campo vettoriale F (x, y) = 2xy + y 2 , x2 + 2xy e conservativo.
Infatti, la funzione f (x, y) = x2 y + xy 2 e un potenziale di f , essendo
 
2 f f  
(x, y) R : f (x, y) = (x, y), (x, y) = 2xy + y 2 , x2 + 2xy = F (x, y).
x y

(1.3) Osservazione Se n = 1 e e un intervallo aperto, allora la nozione di potenziale


coincide con quella di primitiva su un intervallo.

113
114 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(1.4) Definizione Siano 0 < a < b +, = {x Rn : a < kxk < b} e


F : Rn un campo vettoriale.
Diciamo che F e radiale se e della forma

F (x) = (kxk) x,

dove : (a, b) R e una funzione.

Il campo gravitazionale generato da una massa puntiforme collocata in (0, 0, 0)


definito da
1 (x, y, z)
(x, y, z) R3 \ {(0, 0, 0)} : F (x, y, z) = 3
(x, y, z) =
k(x, y, z)k (x + y 2 + z 2 )3/2
2

e un campo radiale.

(1.5) Osservazione Sia F : Rn un campo radiale continuo. Allora F e conser-


vativo.

Dimostrazione. Essendo F (x) = (kxk) x, si ha che : (a, b) R e continua. Quindi


anche la funzione {t t(t)} e continua. Per il Teorema fondamentale del calcolo
integrale questa funzione ammette una primitiva su (a, b). Sia : (a, b) R una
primitiva di questa funzione su (a, b). Quindi

t (a, b) : (t) = t(t).

Consideriamo la funzione f : R definita da


q 
x = (x1 , . . . , xn ) : f (x) = (kxk) = x21 + + x2n .

La funzione f ammette tutte le derivate parziali in con


f xi xi
x = (x1 , . . . , xn ) : (x) = (kxk) = x(kxk) = xi (kxk).
xi kxk kxk
Poiche queste derivate parziali sono continue, si ha che f e differenziabile in con

x = (x1 , . . . , xn ) : f (x) = (x1 (kxk), . . . , xn (kxk)) = (kxk) x = F (x).

Quindi f e un potenziale di F su e di conseguenza F e conservativo.

Richiamiamo la nozione di aperto connesso per archi.


1 Campi conservativi e potenziali 115

(1.6) Definizione Sia Rn un aperto non vuoto.


Diciamo che e connesso per archi se per ogni x, y esiste una curva
parametrica : [a, b] regolare a tratti tale che (a) = x e (b) = y.

y y

b
(x1 , y1 )


b
(x0 , y0 )

O x O x

Figura 5.1: Insieme connesso per archi Figura 5.2: Insieme non connesso per
nel piano. archi nel piano.

Si dimostra che se e connesso per archi, allora fissati x, y con x 6= y esiste


sempre una curva parametrica semplice e regolare a tratti : [a, b] tale che (a) = x
e (b) = y.

(1.7) Proposizione (Proprieta dei potenziali) Siano Rn un aperto


connesso per archi, F : Rn un campo vettoriale conservativo e f, g : R
due potenziali di F su .
Allora esiste c R tale che f g = c, cioe f (x) g(x) = c per ogni x .

Dimostrazione. Consideriamo la funzione f g : R. Poiche f e g sono due


potenziali di F , allora f e g sono differenziabili in con f (x) = g(x) = F (x) per
ogni x . Quindi f g e differenziabile in con

x : (f g)(x) = f (x) g(x) = F (x) F (x) = 0.

Poiche e connesso per archi, allora f g e costante su . Infatti, siano x, y con


x 6= y e sia : [a, b] una curva parametrica semplice e regolare a tratti tale che
(a) = x e (b) = y. Quindi esistono a = t0 < t1 < < tm = b tali che e derivabile in
116 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

ogni intervallo (tk1 , tk ), per ogni k = 1, . . . , m, con derivata non nulla, e negli estremi
di tali intervalli esistono le derivate laterali.
Consideriamo la funzione : [a, b] R definita da (t) = (f g)((t)). Si ha che
e derivabile in ogni t 6= tk , per ogni k = 0, . . . , m, con

(t) = (f g)((t)) (t) = 0.


| {z }
=0

Ne segue che e costante in ogni intervallo (tk1 , tk ). Essendo anche continua su [a, b],
ne segue che e costante su tutto [a, b]. In particolare si ha che (a) = (b). Quindi

(f g)(x) = (f g)((a)) = (a) = (b) = (f g)((b)) = (f g)(y).

Per larbitrarieta di x e y si ha che f g e costante su , da cui segue la tesi.

(1.8) Osservazione Questa proposizione afferma che due potenziali di un campo con-
servativo su un aperto connesso per archi differiscono al piu per una costante. Si tratta
di unestensione della proprieta delle primitive di una funzione reale di una variabile su
un intervallo. Infatti, un intervallo e evidentemente un insieme connesso per archi.
Se non e connesso per archi, allora la proprieta precedente puo non essere vera.
Infatti, consideriamo le funzioni

1
f (x, y) = arctan (xy), g(x, y) = arctan .
xy

Si ha che f e g sono due potenziali su = R2 \ {(x, y) R2 : xy = 0} del campo


 
y x
vettoriale F (x, y) = 1+x2 y 2 , 1+x2 y 2 . Infatti,

 
y x
(x, y) : f (x, y) = g(x, y) = , .
1 + x2 y 2 1 + x2 y 2

Linsieme , che e costituito dai quattro quadranti del piano privati degli assi, non e
connesso per archi. Osserviamo che f g non e costante in . Infatti,

(
2 se xy > 0
f (x, y) g(x, y) =
2 se xy < 0.
1 Campi conservativi e potenziali 117

(1.9) Teorema (Integrale di linea di un campo conservativo) Siano


R un aperto non vuoto, F : Rn un campo vettoriale continuo e conservativo,
n

f : R un potenziale di F su e : [a, b] una curva parametrica semplice


e regolare a tratti.
Allora Z
F dP = f ((b)) f ((a)).

Inoltre, se e chiusa risulta che


I
F dP = 0.

Dimostrazione. Conformemente alla definizione di curva regolare a tratti, siano a =


t0 < t1 < < tm = b tali che e derivabile in ogni intervallo (tk1 , tk ), per ogni
k = 1, . . . , m, con derivata non nulla, e negli estremi di tali intervalli esistono le derivate
laterali. Per definizione si ha che
Z m Z
X tk
F dP = F ((t)) (t) dt.
k=1 tk1

Sia : [a, b] R definita da (t) = f ((t)). Poiche F e continuo e f e un potenziale


di F , allora f e di classe C 1 in . Ne segue che e di classe C 1 a tratti su [a, b],
cioe e continua su [a, b] ed e derivabile con derivata continua in ogni t 6= tk , per ogni
k = 0, . . . , m, con
(t) = f ((t)) (t) = F ((t)) (t).

Quindi
Z m Z
X tk m Z
X tk

F dP = F ((t)) (t) dt = (t) dt =
k=1 tk1 k=1 tk1

applicando il Teorema di Torricelli-Barrow alla funzione su ogni intervallo [tk1 , tk ] si


ottiene
m
X
= [(tk ) (tk1 )] = (t1 ) (t0 ) + (t2 ) (t1 ) + + (tm ) (tm1 ) =
k=1

= (tm ) (t0 ) = (b) (a) = f ((b)) f ((a)).

Infine, se e chiusa, allora (a) = (b) e


I
F dP = f ((b)) f ((a)) = 0.

118 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(1.10) Osservazione In base a questo teorema lintegrale di linea di un campo con-


servativo non dipende dal percorso e quindi neppure dalla parametrizzazione, ma solo
dai punti inziali e finali del percorso.

(1.11) Teorema (di equivalenza) Siano Rn un aperto connesso per archi


e F : Rn un campo vettoriale continuo.
Allora sono fatti equivalenti:

i) F e conservativo;

ii) se 1 : [a, b] e 2 : [c, d] sono due curve parametriche semplici e


regolari a tratti tali che 1 (a) = 2 (c) e 1 (b) = 2 (d), allora
Z Z
F dP = F dP ;
1 2

iii) se : [a, b] e una curva parametrica chiusa, semplice e regolare a tratti,


allora I
F dP = 0.

Dimostrazione. Dimostriamo nellordine che i) = iii), iii) = ii) e ii) = i).


Per la Proposizione precedente si ha che i) = iii).
Proviamo ora che iii) = ii).

Sia : [a, b + d c] definita da


1 (b) = 2 (d)
(
1 (t) se a t b b

(t) = 2
2 (b + d t) se b < t b + d c.

1
Si ha che e regolare a tratti, semplice e b

1 (a) = 2 (c)
chiusa. Infatti, (a) = 1 (a) e (b + d c) =
2 (c) = 1 (a).

Z
Per lipotesi iii) si ha che F dP = 0. Quindi

Z Z b Z b+dc

0= F dP = F ((t)) (t) dt + F ((t)) ( (t)) dt =
a b
1 Campi conservativi e potenziali 119

Z b Z b+dc
= F (1 (t)) 1 (t) dt + F (2 (b + d t)) (2 (b + d t)) dt =
a b
operando il cambiamento di variabile = b+dt nel secondo integrale, da cui d = dt,
si ottiene
Z Z c Z Z d
= F dP + F (2 ( )) 2 ( ) d = F dP F (2 ( )) 2 ( ) d =
1 d 1 c
Z Z
= F dP F dP.
1 2
Quindi Z Z
F dP = F dP.
1 2
Infine proviamo che ii) = i). Dobbiamo dimostrare che F e conservativo, cioe che
esiste una funzione differenziabile f : R tale che f = F , ossia se F = (f1 , . . . , fn ),
f
che per ogni j = 1, . . . , n si ha xj = fj .
Sia x0 . Consideriamo la funzione f : R definita da
Z
x : f (x) = F dP,

dove : [a, b] e una curva parametrica semplice e regolare a tratti tale che (a) = x0
e (b) = x. Per lipotesi ii) la funzione f e ben definita, cioe non dipende dalla scelta
della curva . Dimostriamo che f e un potenziale di F . Per fare cio proviamo che f
f
ammette tutte le derivate parziali xj in , che sono continue e che per ogni j = 1, . . . , n
f
si ha xj = fj . Per semplicita espositiva consideriamo j = 1.
Si ha che
x0 = (x0,1 , . . . , x0,n ), x = (x1 , . . . , xn ).

Rn1
Poiche e aperto, esiste r > 0 tale che Br (x) = x = (x1 + h, x2 , . . . , xn )
n
{u R : ku xk < r} . Sia 0 < h < r e x x
b b

consideriamo la curva parametrica : [a, b+h]

definita da
( x0 b
(t) se a t b
(t) =
(x1 + t b, x2 , . . . , xn ) se b < t b + h.

Si ha che e semplice e regolare a tratti. O x0,1


b b

x1 x1 + h
b

Inoltre
(a) = (a) = x0 , (b + h) = (x1 + h, x2 , . . . , xn ).
120 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Consideriamo il rapporto incrementale di f in x nella direzione x1 . Si ha che


Z Z 
f (x1 + h, x2 , . . . , xn ) f (x1 , x2 , . . . , xn ) 1
= F dP F dP =
h h
Z Z Z !
1 b b+h

= F ((t)) (t) dt + F ((t)) (t) dt F dP =
h a b

essendo = su [a, b]
Z Z Z !
1 b+h
= F dP + F (x1 + t b, x2 , . . . , xn ) (1, 0, . . . , 0) dt F dP =
h b
Z b+h Z h
1 1
= f1 (x1 + t b, x2 , . . . , xn ) dt =
x f1 (x1 + , x2 , . . . , xn ) d.
h b h 0
= tb
d = dt
Essendo la funzione { f1 (x1 + , x2 , .(. . , xn )} continua, per il Teorema )
fondamentale
Z h
del calcolo integrale la funzione integrale h f1 (x1 + , x2 , . . . , xn ) d e derivabile
0
in h con derivata uguale a f1 (x1 + h, x2 , . . . , xn ).
Allora si ha che
Z h
f1 (x1 + , x2 , . . . , xn ) d
f (x1 + h, x2 , . . . , xn ) f (x1 , x2 , . . . , xn ) 0
lim = lim =
h0+ h h0+ h
per il Teorema di De lHopital

= lim+ f1 (x1 + h, x2 , . . . , xn ) = f1 (x).


h0

In modo del tutto analogo, se r < h < 0 considerando la curva parametrica :


[a, b h] definita da
(
(t) se a t b
(t) =
(x1 + b t, x2 , . . . , xn ) se b < t b h,
si prova che
f (x1 + h, x2 , . . . , xn ) f (x1 , x2 , . . . , xn )
lim = f1 (x).
h0 h
f
Quindi f e derivabile in x nella direzione di x1 con x1 (x) = f1 (x). Per larbitrarieta di
f
x si ha che f e derivabile in nella direzione di x1 con x 1
(x) = f1 (x) per ogni x .
f
Analogamente si procede per le altre derivate parziali di f ottenendo x j
(x) = fj (x) per
ogni x e per ogni j = 1, . . . , n. Essendo fj continua per ogni j = 1, . . . , n, ne segue
che tutte le derivate parziali di f sono continue. Quindi f e differenziabile in e
 
f f
x : f (x) = (x), . . . , (x) = (f1 (x), . . . , fn (x)) = F (x).
x1 xn
1 Campi conservativi e potenziali 121

Quindi f e un potenziale di F su , da cui la i).

(1.12) Osservazione

a) Questo teorema e utile per stabilire se un campo vettoriale F non e conservativo.


Infatti, e sufficiente mostrare che non vale una delle due ipotesi ii) o iii), cioe
esibire un esempio di curve per cui non e soddisfatta ii) oppure iii). Non e invece
operativo per provare la conservativita di un campo, se non da un punto di vista
puramente teorico. Infatti, per stabilire che lo e si deve provare che vale una delle
due ipotesi ii) o iii) e per fare cio si devono fare infiniti controlli su tutte le curve
aventi le caratteristiche indicate in ii) o iii). E questo non e possibile.

b) Nella dimostrazione dellimplicazione ii) = i) abbiamo esibito un potenziale f


del campo F dicendo che Z
f (x) = F dP,

dove e una qualunque curva parametrica semplice e regolare a tratti congiun-
gente un prefissato punto del dominio di F con il generico punto x dello stesso
dominio. Questo modo di esibire un potenziale e anche quello che talvolta si usa
nelle applicazioni per determinare esplicitamente un potenziale di un campo con-
servativo. Si tenga presente che, stante lipotesi ii), nelle applicazioni si scelgono
opportune curve che permettono di semplificare i calcoli (si veda pag. 126).

(1.13) Teorema (Condizione necessaria per i campi conservativi di


classe C 1 ) Siano Rn un aperto non vuoto e F : Rn un campo vettoriale
di classe C 1 , F = (f1 , . . . , fn ).
Se F e conservativo, allora per ogni x si ha che

fi fj
i, j = 1, . . . , n : (x) = (x).
xj xi

Dimostrazione. E una conseguenza del Lemma di Schwarz sulluguaglianza delle


derivate seconde miste di una funzione di classe C 2 . Infatti, essendo F conservativo,
esiste f : R differenziabile tale che f (x) = F (x) per ogni x . In particolare
f
per ogni i = 1, . . . , n e per ogni x si ha che xi (x) = fi (x). Poiche F e di classe
f
C 1 , anche le sue componenti fi lo sono. Ne segue che xi e di classe C 1 e quindi il
122 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

potenziale f e di classe C 2 . Per il Lemma di Schwarz si ha che per ogni x e per ogni
i, j = 1, . . . , n

fi f 2f 2f f fj
(x) = (x) = (x) = (x) = (x) = (x).
xj xj xi xj xi xi xj xi xj xi

Da questo teorema segue immediatamente che se NON vale lipotesi

fi fj
x , i, j = 1, . . . , n : (x) = (x),
xj xi

allora il campo NON e conservativo.

(1.14) Definizione Sia R2 un aperto connesso per archi.


Diciamo che e semplicemente connesso se per ogni curva chiusa e semplice
avente sostegno in si ha che la parte di piano racchiusa dal sostegno di e
contenuta in .

Sia R3 un aperto connesso per archi.


Diciamo che e semplicemente connesso se per ogni curva chiusa, semplice e
regolare a tratti avente sostegno in esiste una calotta regolare il cui bordo
sia il sostegno di e tale che il sostegno di sia contenuto in .

(1.15) Osservazione La nozione di aperto semplicemente connesso si puo introdurre


in generale, e in modo univoco comprendente anche i casi n = 2, 3, per ogni n 1. In
questa sede si e preferito, per motivi di semplicita espositiva, considerare, e in modo
distinto, solo i casi n = 2 e n = 3.

(1.16) Esempio Il piano R2 e lo spazio R3 sono semplicemente connessi. Nel piano


non sono semplicemente connessi gli aperti connessi per archi che hanno dei buchi.
Ad esempio le corone circolari o anche i cerchi privati di uno o piu punti interni non
sono semplicemente connessi.
1 Campi conservativi e potenziali 123

y y



O x

O x

Figura 5.3: Insieme semplicemente con- Figura 5.4: Insieme non semplicemente
nesso nel piano. connesso nel piano.

Nello spazio, contrariamente a quanto accade nel piano, esistono aperti connessi per
archi che hanno dei buchi che sono semplicemente connessi. Per esempio lo spazio R3
privato di un punto, o di una sfera piena, e semplicemente connesso. Linsieme costituito
dallintercapedine fra due sfere concentriche di raggi diversi e semplicemente connesso.

z
Infatti, se ad esempio e lo spazio
= R3 \ sfera
R3 privato di una sfera piena come
in Fig. 5.5, allora se si considera
una qualunque curva chiusa, sem-
plice e regolare a tratti avente
sostegno in , esiste una calotta re- x y
golare il cui bordo sia il sostegno
di e tale che il sostegno di sia
contenuto in . Figura 5.5: Insieme semplicemente connesso
nello spazio.

Il toro, la cui forma ricorda quella di una ciambella con il buco, invece non e
semplicemente connesso. Lo spazio privato di una retta non e semplicemente connesso.
124 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Infatti, se ad esempio e lo spazio z


R3 privato di una retta come in = R3 \ retta

Fig. 5.6, allora se si considera la
curva chiusa, semplice e regolare a

tratti il cui sostegno e una circon-
ferenza in che gira attorno alla
retta, si ha che ogni calotta rego- x y

lare il cui bordo sia la circonferen-


za necessariamente intersechera la
retta in qualche punto e quindi il Figura 5.6: Insieme non semplicemente connesso
sostegno di non e contenuto in . nello spazio.

(1.17) Teorema (Condizione sufficiente per i campi conservativi di


classe C 1 ) Siano Rn un aperto non vuoto e F : Rn un campo vettoriale
di classe C 1 , F = (f1 , . . . , fn ).
Se e semplicemente connesso e per ogni x si ha che

fi fj
(1.18) i, j = 1, . . . , n : (x) = (x),
xj xi

allora F e conservativo.

Dimostrazione. Per semplicita vediamo la dimostrazione solo nei casi n = 2 e n =


3. Per dimostrare che F e conservativo, ricorriamo al Teorema di equivalenza (vedi
Teorema (1.11)). Consideriamo una qualunque
I
curva parametrica : [a, b] semplice,
regolare a tratti e chiusa e proviamo che F dP = 0.

Se n = 2, allora per ipotesi si ha che

f2 f1
(x, y) : (x, y) = (x, y).
x y

Sia A laperto costituito dalla parte di piano racchiusa nel sostegno di avente per bordo
proprio il sostegno di . Quindi A = im () e, essendo semplicemente connesso, si
ha che A = A A . Se induce su A un verso di percorrenza antiorario, allora
per il Teorema di Green si ha che
I Z  
f2 f1
F dP = (x, y) (x, y) dx dy = 0.
A x y
1 Campi conservativi e potenziali 125

Se induce su A un verso di percorrenza orario, allora sempre per il Teorema di Green


si ha che I Z  
f2 f1
F dP = (x, y) (x, y) dx dy = 0.
A x y
Per il Teorema di equivalenza F e conservativo.
Se n = 3, allora per ipotesi si ha che per ogni (x, y, z)
f2 f1 f1 f3 f3 f2
(x, y, z) = (x, y, z), (x, y, z) = (x, y, z), (x, y, z) = (x, y, z).
x y z x y z
Quindi il rotore del campo F e
 
f3 f2 f1 f3 f2 f1
rotF = , , = (0, 0, 0) = 0.
y z z x x y

Poiche e semplicemente connesso, esiste una calotta regolare : K R3 tale che


= im () e tale che il suo sostegno (K) . Se e orientato positivamente, allora
per il Teorema di Stokes si ha che
I Z
F dP = rotF d = 0.

Se non e orientato positivamente, allora sempre per il Teorema di Stokes si ha che


I Z
F dP = rotF d = 0.

Per il Teorema di equivalenza F e conservativo.

(1.19) Osservazione Come osservato nella dimostrazione del teorema precedente, se


fi fj
n = 3 la condizione = per ogni i, j = 1, 2, 3 equivale a rotF = 0, che viene
xj xi
detta irrotazionalita di F .

(1.20) Esempio Il Teorema precedente costituisce una condizione sufficiente affinche


un campo vettoriale F = (f1 , . . . , fn ) di classe C 1 sia conservativo. Se lipotesi (1.18)
non e soddisfatta, allora non vale la condizione necessaria (vedi Teorema (1.13)) e quindi
il campo F non e conservativo. Se invece questa ipotesi e soddisfatta ma il dominio
del campo F non e semplicemente connesso, allora puo succedere qualunque cosa. Ad
esempio, si considerino F, G : R2 \ {(0, 0)} R2 definiti da
 
2y 2x
F (x, y) = (f1 (x, y), f2 (x, y)) = , 2 ,
x + y x + y2
2 2

 
2x 2y
G(x, y) = (g1 (x, y), g2 (x, y)) = , 2 .
x + y x + y2
2 2
126 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Si osserva che F e G verificano la condizione necessaria. Infatti,


f2 2(y 2 x2 ) f1 g2 4xy g1
(x, y) = 2 2 2
= (x, y), (x, y) = 2 2 2
= (x, y).
x (x + y ) y x (x + y ) y

Il dominio di F e G e = R2 \ {(0, 0)} che non e semplicemente connesso. Si osserva


che F non e conservativo, mentre G lo e. Infatti, se consideriamo lintegrale di F lungo
la curva chiusa, semplice e regolare : [0, 2] , (t) = (cos t, sin t), si ha che
Z Z 2 Z 2

F dP = F ((t)) (t) dt = (2 sin t, 2 cos t) ( sin t, cos t) dt =
0 0
Z 2   Z 2
=2 sin2 t + cos2 t dt = 2 dt = 4 6= 0.
0 0
Quindi F non e conservativo. Invece G lo e, poiche la funzione g : R definita da

g(x, y) = log x2 + y 2 e un potenziale di G, essendo di classe C su e
 
2x 2y
(x, y) : g(x, y) = , 2 = G(x, y).
x + y x + y2
2 2

1.1 Ricerca dei potenziali di un campo vettoriale conservativo

Presentiamo due metodi per la determinazione dei potenziali di un campo vettoriale


conservativo. Per semplicita espositiva limitiamo la nostra attenzione al caso n = 2,
anche se i metodi valgono in generale per n 2.

Metodo dellintegrazione lungo una curva

Questo metodo e quello che e stato utilizzato nella dimostrazione del Teorema di
equivalenza (vedi Teorema (1.11)) quando si e provata limplicazione ii) = i).
Siano R2 un aperto connesso per archi, F : R2 un campo vettoriale
continuo e conservativo, F = (f1 , f2 ) e (x0 , y0 ) .
Consideriamo un qualunque punto (x, y) e una curva : [a, b] semplice
e regolare a tratti tale che (a) = (x0 , y0 ) e (b) = (x, y). La curva e una curva
parametrica il cui sostegno congiunge i punti (x0 , y0 ) e (x, y) rimanendo allinterno di
. Allora un potenziale di F su e f : R definito da
Z
f (x, y) = F dP.

Poiche F e conservativo, per il Teorema di equivalenza (vedi Teorema (1.11)) la funzione


f e ben definita, cioe non dipende dalla curva . Si puo quindi scegliere una curva
utile a semplificare i calcoli di questo integrale di linea.
1.1 Ricerca dei potenziali di un campo vettoriale conservativo 127

x2

Poiche e aperto e (x0 , y0 ) , esiste una


palla (nel piano un cerchio) di centro (x0 , y0 ) y b

tutta contenuta in . Ogni punto (x, y) di 2



questa palla e collegabile a (x0 , y0 ) con una
y0 b

linea che e lunione di due segmenti adiacenti 1

(al piu uno e degenere, cioe ridotto ad un


solo punto) ciascuno dei quali e parallelo ad O x0 x x1

uno degli assi cartesiani.

Figura 5.7: Curva parametrica che collega


(x0 , y0 ) a (x, y).

Consideriamo la situazione rappresentata nella Figura 5.7. Il sostegno di e lunione


dei sostegni delle curve 1 : [0, 1] R2 e 2 : [0, 1] R2 definite da

1 (t) = (x0 + t(x x0 ), y0 ), 2 (t) = (x, y0 + t(y y0 )).

Allora un potenziale f di F su e
Z Z Z Z 1 Z 1
f (x, y) = F dP = F dP + F dP = F (1 (t))1 (t) dt+ F (2 (t))2 (t) dt =
1 2 0 0

essendo per ogni t [0, 1]

1 (t) = (1, 0), F (1 (t)) 1 (t) = F (x0 + t(x x0 ), y0 ) (1, 0) = f1 (x0 + t(x x0 ), y0 ),

2 (t) = (0, 1), F (2 (t)) 2 (t) = F (x, y0 + t(y y0 )) (0, 1) = f2 (x, y0 + t(y y0 )),

si ottiene
Z 1 Z 1
= f1 (x0 + t(x x0 ), y0 ) dt + f2 (x, y0 + t(y y0 )) dt =
0 0

operando i cambiamenti di variabile s = x0 +t(xx0 ) e s = y0 +t(y y0 ) rispettivamente


nel primo e nel secondo integrale, si ottiene
Z x Z y
= f1 (s, y0 ) ds + f2 (x, s) ds.
x0 y0
128 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

x2

Se invece si considera questaltra situazione y b


rappresentata nella Figura 5.8, allora in mo-

do del tutto analogo al precedente si ha che
y0 b

un potenziale f di F su e
Z x Z y
f (x, y) = f1 (s, y) ds + f2 (x0 , s) ds.
x0 y0 O x0 x x1

Figura 5.8: Altra curva parametrica che


collega (x0 , y0 ) a (x, y).

Metodo delle integrazioni indefinite

Siano R2 un aperto non vuoto e F : R2 un campo vettoriale continuo e


conservativo, F = (f1 , f2 ). Se la funzione f : R e un potenziale di F su , allora
deve soddisfare le seguenti uguaglianze:
f
(1.21) (x, y) = f1 (x, y), (x, y) ;
x

f
(1.22) (x, y) = f2 (x, y), (x, y) .
y
Essendo F continuo, anche le sue componenti f1 e f2 sono continue. Se in (1.21)
consideriamo y come parametro, risulta che f e una primitiva di f1 rispetto alla variabile
x. Quindi se F1 e una primitiva di f1 considerata come funzione solo di x, allora esiste
una funzione k dipendente solo da y, e quindi costante rispetto a x, tale che

(1.23) f (x, y) = F1 (x, y) + k(y).

Imponendo che f soddisfi (1.22) si ottiene


F1 F1
(x, y) + k (y) = f2 (x, y) = k (y) = f2 (x, y) (x, y).
y y
Se F2 e una primitiva di f2 F
y considerata ora come funzione solo di y (laltra variabile
1

x e considerata come un parametro), si ha che esiste c R tale che

k(y) = F2 (x, y) + c.
1.1 Ricerca dei potenziali di un campo vettoriale conservativo 129

Sostituendo in (1.23) si ottiene che un potenziale di F su e

f (x, y) = F1 (x, y) + F2 (x, y) + c.

Operativamente, si puo procedere il modo piu formale nel seguente modo:

1) si integra (1.21) rispetto a x ottenendo


Z
(1.24) f (x, y) = f1 (x, y) dx = F1 (x, y) + k(y),

dove F1 e una primitiva di f1 rispetto a x e k e una qualunque funzione della sola


variabile y;

2) si deriva il potenziale cos ottenuto rispetto a y si ottiene


f F1
(x, y) = (F1 (x, y) + k(y)) = (x, y) + k (y);
y y y

3) si impone che sia soddisfatta (1.22) e si ottiene


F1 F1
(x, y) + k (y) = f2 (x, y) = k (y) = f2 (x, y) (x, y),
y y
da cui integrando rispetto a y si ottiene
Z  
F1
k(y) = f2 (x, y) (x, y) dy = F2 (x, y) + c,
y
F1
dove F2 e una primitiva di f2 y rispetto a y e c R e qualunque;

4) si sostituisce in (1.24) e si ottiene

f (x, y) = F1 (x, y) + F2 (x, y) + c, c R.

Questa espressione fornisce tutti i potenziali di F su .

Evidentemente si puo procedere anche integrando prima (1.22) rispetto a y e poi


imponendo che sia soddisfatta (1.21).
 
2xy 1
(1.25) Esempio Consideriamo il campo vettoriale F (x, y) = 2 2
, .
(1 + x ) 1 + x2
Si ha che F e di classe C su dom (F ) = R2 che e semplicemente connesso. Posto
F = (f1 , f2 ) con
2xy 1
f1 (x, y) = , f2 (x, y) = ,
(1 + x2 )2 1 + x2
si ha che
f1 f2 2x
(x, y) = (x, y) = .
y x (1 + x2 )2
130 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Per il Teorema (1.17) F e conservativo.


Determiniamo ora un potenziale di F . Operando con il metodo di integrazione
lungo una curva, si ha che se (x0 , y0 ) = (0, 0) e se (x, y) e un generico punto di R2 , allora
un potenziale f di F e dato da
Z x Z y Z x Z y  
1 y
f (x, y) = f1 (s, 0) ds + f2 (x, s) ds = 0 ds + ds = .
0 0 0 0 1 + x2 1 + x2

Operando con il metodo delle integrazione indefinite, osserviamo che se f e un potenziale


di F , allora si ha che
f 2xy
(1.26) (x, y) = f1 (x, y) = ,
x (1 + x2 )2

f 1
(1.27) (x, y) = f2 (x, y) = .
y 1 + x2
Integrando (1.27) rispetto a y si ottiene
Z
1 y
(1.28) f (x, y) = 2
dy = + c(x),
1+x 1 + x2

dove c e una funzione della sola variabile x. Sostituendo in (1.26) si ottiene

f 2xy 2xy
(x, y) = 2 2
+ c (x) = = c (x) = 0 = c(x) = c R.
x (1 + x ) (1 + x2 )2

Sostituendo in (1.28) si ottiene che un potenziale f di F e

y
f (x, y) = + c, c R.
1 + x2

(1.29) Esercizio NellEsempio (1.20) abbiamo visto che il campo vettoriale F (x, y) =
 
2
x22y 2x
+y 2 , x2 +y 2 definito su = R \{(0, 0)} non e conservativo. Se invece consideriamo
F definito ad esempio solo per ogni (x, y) con y > 0, allora e conservativo? In caso
affermativo, chi e un suo potenziale?

(1.30) Esercizio Dimostrare che se R3 e un aperto connesso per archi, F : R3


e un campo vettoriale continuo e conservativo, F = (f1 , f2 , f3 ) e (x0 , y0 , z0 ) , allora
un potenziale f : R di F e dato da una delle seguenti formule, analoghe a quelle
appena viste nel caso bidimensionale:
Z x Z y Z z
f (x, y, z) = f1 (s, y0 , z0 ) ds + f2 (x, s, z0 ) ds + f3 (x, y, s) ds,
x0 y0 z0
Z x Z y Z z
f (x, y, z) = f1 (s, y0 , z0 ) ds + f2 (x, s, z) ds + f3 (x, y0 , s) ds,
x0 y0 z0
1.1 Ricerca dei potenziali di un campo vettoriale conservativo 131

Z x Z y Z z
f (x, y, z) = f1 (s, y, z0 ) ds + f2 (x0 , s, z0 ) ds + f3 (x, y, s) ds,
x0 y0 z0
Z x Z y Z z
f (x, y, z) = f1 (s, y, z) ds + f2 (x0 , s, z0 ) ds + f3 (x0 , y, s) ds,
x0 y0 z0
Z x Z y Z z
f (x, y, z) = f1 (s, y0 , z) ds + f2 (x, s, z) ds + f3 (x0 , y0 , s) ds,
x0 y0 z0
Z x Z y Z z
f (x, y, z) = f1 (s, y, z) ds + f2 (x0 , s, z) ds + f3 (x0 , y0 , s) ds.
x0 y0 z0
132 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II
Capitolo 6

Serie numeriche

1 Nozioni preliminari

Introduciamo la nozione di serie numerica reale. Per le serie complesse si veda pag. 159.

(1.1) Definizione Sia (an ) una successione di numeri reali. Si chiama serie di
an la scrittura formale

X
an
n=0
P
o piu semplicemente (dove non vi sia ambiguita) an . Il numero reale an e detto
termine generale della serie.
Poniamo
S0 = a0 ,
n
X
Sn = ak = a0 + a1 + + an , n 1.
k=0

Per ogni n, Sn e detta somma parziale n-esima della serie di an . Osserviamo


che per ogni n 1 si ha che Sn = Sn1 + an .

X
Diciamo che an converge (o che e convergente) se lim Sn = S R e in tal
n
n=0
caso chiamiamo somma della serie di an il numero reale S e poniamo

X
an = lim Sn = S.
n
n=0


X
Diciamo che an diverge (o che e divergente) positivamente (risp.
n=0
negativamente) se lim Sn = + (risp. ).
n

X
Diciamo che an e indeterminata se non esiste lim Sn .
n
n=0

133
134 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II


X
X
Diciamo che an converge assolutamente se converge la serie |an |.
n=0 n=0

Studiare il carattere di una serie significa stabilire se la serie converge, diverge,


oppure e indeterminata.

X
(1.2) Osservazione Nella scrittura an il numero naturale n e detto indice della
n=0
serie. Esso assume tutti i valori interi a partire da quello specificato nel simbolo (nel-
lesempio 0). Lindice e muto e puo essere denominato a piacere senza che si modifichi
la nozione in cui esso e introdotto. Pertanto si ha che

X
X
X
an = ak = ah .
n=0 k=0 h=0

(1.3) Esempio (Serie notevoli)

1) Serie geometrica

Sia a R. La serie geometrica di ragione a


1

converge a 1a se |a| < 1

X
n
a : diverge positivamente se a 1


n=0
e indeterminata se a 1,

con la convenzione che 00 = 1. Infatti, essendo 1an+1 = (1a)(1+a+a2 + +an ),


si ha che
n+1
n 1a
X se a 6= 1,
Sn = ak = 1 + a + a2 + + an = 1a

k=0 n+1 se a = 1.

Quindi se a = 1, allora lim Sn = lim(n + 1) = + e la serie diverge positivamente.


n n
Se a 6= 1, allora
1

se |a| < 1
1 an+1 1a

lim Sn = lim = + se a > 1
n n 1a


6 se a 1.
1
Ne segue che per |a| < 1 la serie converge a 1a , per a > 1 la serie diverge
positivamente e per a 1 la serie e indeterminata.
1 Nozioni preliminari 135

2) Serie armonica generalizzata

Sia p R. La serie armonica (generalizzata se p 6= 1)


(

X 1 converge se p > 1
:
n=1
np diverge positivamente se p 1.
La dimostrazione segue dalle proprieta delle serie che studieremo nella prossima
sessione (vedi pag. 141 e 149).

3) Serie telescopiche

Sia (an ) una successione di numeri reali. La serie



X
(an+1 an )
n=0

e detta telescopica. In tal caso la somma parziale n-esima della serie e


n
X
Sn = (ak+1 ak ) = (a1 a0 ) + (a2 a1 ) + + (an an1 ) + (an+1 an ) =
k=0

= an+1 a0 .

Piu in generale, se p N, p 1, nel caso della serie



X
(an+p an )
n=0

si ha che
n
X
Sn = (ak+p ak ) =
k=0
= (ap a0 ) + (ap+1 a1 ) + (ap+2 a2 ) + + (an+p1 an1 ) + (an+p an ) =

= (an+1 + + an+p ) (a0 + + ap1 ) .



X 1
Un esempio di serie telescopica e la serie di Mengoli, cioe la serie .
n=1
n(n + 1)
Questa serie converge a 1. Infatti, si ha che
n n  
1
X X 1 1
Sn = = =
k=1
k(k + 1) k=1 k k + 1
       
1 1 1 1 1 1 1 1
= 1 + + + + =1 .
2 2 3 3 4 n n+1 n+1
Quindi  
1
lim Sn = lim 1 = 1.
n n n+1
Ne segue che la serie di Mengoli converge a 1.
136 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

2 Criteri di convergenza

2.1 Criteri di convergenza per tutte le serie

(2.1) Proposizione Il carattere di una serie non cambia se si aggiunge, oppure


si elimina, oppure si modifica un numero finito di termini.

P P
Dimostrazione. Sia an una serie e sia bn la serie ottenuta modificando un numero
P
finito di termini della serie an (in modo analogo si procede se la serie di bn e ottenuta
aggiungendo oppure eliminando un numero finito di termini della serie di an ). Dimo-
striamo che il carattere della serie di bn e lo stesso di quello della serie di an .
Sia p N tale che an = bn per ogni n p e siano
n
X n
X
Sn = ak , n = bk
k=0 k=0

le somme parziali n-esime delle serie di an e bn rispettivamente. Allora per ogni n > p
si ha che
n
X p
X n
X n
X
n = bk = bk + bk =
x p + ak =
k=0 k=0 k=p+1
k=p+1
| {z }
p a k = bk
se k > p

n
X n
X p
X
essendo ak = ak ak si ottiene
k=p+1 k=0 k=0

n
X p
X
= p + ak ak = p + Sn Sp .
k=0 k=0

Ne segue che per ogni n > p risulta n = p + Sn Sp .


P
Se an converge, allora lim Sn = S R. Ne segue che
n

P
lim n = lim(p + Sn Sp ) = p + S Sp R = bn converge.
n n

P
Se an diverge, allora lim Sn = + (oppure ). Ne segue che
n

P
lim n = lim(p + Sn Sp ) = + (oppure ) = bn diverge.
n n

P
Se infine an e indeterminata, allora non esiste lim Sn . Ne segue che
n

P
lim n = lim(p + Sn Sp ) 6 = bn e indeterminata.
n n
2.1 Criteri di convergenza per tutte le serie 137

(2.2) Osservazione Come si evince anche dalla dimostrazione, se una serie converge,
allora aggiungendo, oppure eliminando o modificando un numero finito di termini, la

X
somma della serie potrebbe cambiare. In particolare, se la serie an = S R, preso
n=0
m N, m 1, si ha che


X
X m1
X
an = an an = S (a0 + a1 + + am1 ).
n=m n=0 n=0

Ad esempio,
 n  n  0
X 1 X 1 X 1 1
= = = 1.
n=1
2n n=1
2 n=0
2 2


X
X
(2.3) Proposizione (Algebra delle serie) Siano an e bn due serie e
n=0 n=0
R. Allora valgono i seguenti fatti:

X
X
X
X
a) se an e bn convergono, allora anche (an + bn ) e an ,
n=0 n=0 n=0 n=0
convergono e si ha che

X
X
X
X
X
(an + bn ) = an + bn , an = an ;
n=0 n=0 n=0 n=0 n=0


X
X
b) se an e bn divergono entrambe positivamente (risp. negativamente),
n=0 n=0
X
allora anche (an + bn ) diverge positivamente (risp. negativamente);
n=0

X
X
c) se an converge e bn diverge positivamente (risp. negativamente),
n=0 n=0

X
allora (an + bn ) diverge positivamente (risp. negativamente).
n=0

Dimostrazione. E unimmediata conseguenza dellalgebra dei limiti.


138 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II


X
(2.4) Teorema (Condizione necessaria) Se an converge, allora
n=0
lim an = 0.
n

P
Dimostrazione. Sia Sn la somma parziale n-esima della serie an . Si ha che Sn =
P
Sn1 + an . Poiche an converge, allora lim Sn = S R. Essendo (Sn1 ) una sottosuc-
n
cessione di (Sn ), si ha anche lim Sn1 = S. Ne segue che
n

lim an = lim(Sn Sn1 ) = S S = 0.


n n

(2.5) Osservazione Segue direttamente da questo teorema che

P
lim an 6= 0 = an non converge.
n

Si osservi inoltre che il viceversa del teorema non e vero, cioe

P
lim an = 0 =
/ an converge.
n

 
X 1
Infatti, se si considera ad esempio la serie log 1 + , si ha che
n=1
n
 
1
lim log 1 + =0
n n

ma la serie diverge positivamente. Infatti, detta Sn la somma parziale n-esima della


serie, si ha che
n   n
X 1 X
Sn = log 1 + = [log (k + 1) log k] =
k=1
k k=1

= (log 2 log 1) + (log 3 log 2) + (log 4 log 3) + + (log (n + 1) log n) = log (n + 1).

Quindi
 
X 1
lim Sn = lim log (n + 1) = + = log 1 + diverge positivamente.
n n
n=1
n
2.2 Criteri di convergenza per le serie a termini positivi 139

2.2 Criteri di convergenza per le serie a termini positivi

(2.6) Teorema Sia (an ) una successione tale che an 0 per ogni n N.

X
Allora an converge o diverge positivamente a seconda che la successione delle
n=0
somme parziali della serie sia limitata o illimitata.

Dimostrazione. Poiche an 0 per ogni n, risulta che la successione (Sn ) delle somme
P
parziali della serie an e crescente. Infatti, si ha che

Sn+1 = Sn + an+1 Sn .

Quindi la successione (Sn ) ammette limite lim Sn = sup Sn . Ne segue che lim Sn e finito
n n n
P
se (Sn ) e limitata, mentre e + se (Sn ) e illimitata. Nel primo caso an converge, nel
secondo diverge positivamente.

(2.7) Osservazione In base a questo criterio, se la serie e a termini positivi, allora o


converge o diverge (positivamente) e quindi non puo essere indeterminata.
Inoltre, combinando questo criterio con la condizione necessaria per la convergenza
di una serie (vedi Teorema (2.4)) si ha che

P
an 0 per ogni n e lim an 6= 0 = an diverge positivamente.
n

(2.8) Teorema (Criterio del confronto) Siano (an ) e (bn ) due successioni
tali che 0 an bn per ogni n N.
Valgono i seguenti fatti:

X
X
i) se bn converge, allora anche an converge e si ha che
n=0 n=0


X
X
an bn ;
n=0 n=0


X
X
ii) se an diverge, allora anche bn diverge.
n=0 n=0

Dimostrazione. Siano (Sn ) e (n ) le successioni delle somme parziali delle serie di


an e bn rispettivamente. Poiche an , bn 0, per il Teorema precedente le serie di an
140 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

e bn convergono o divergono positivamente. In ogni caso esistono i limiti lim Sn = S e


n
lim n = con S, [0, +]. Inoltre, poiche an bn per ogni n, risulta che Sn n
n
per ogni n. Per il Primo teorema del confronto (sui limiti), si ha che S . Ne segue
che
P P
i) bn converge = R = SR = an converge.

X
X
Inoltre, S = an bn .
n=0 n=0
P P
ii) an diverge = S = + = = + = bn diverge.

(2.9) Osservazione Il Criterio del confronto non esaurisce tutti i casi possibili. In
particolare si ha che:
P
a) se 0 an bn per ogni n N e bn diverge, allora NON possiamo concludere
P
nulla sulla convergenza di an ;
P
b) se 0 an bn per ogni n N e an converge, allora NON possiamo concludere
P
nulla sulla convergenza di bn .

In queste situazioni e necessario ricorrere ad altri metodi per stabilire il carattere della
serie.

X 1
(2.10) Esempio Consideriamo la serie . E una serie a termini positivi, quindi
n2 n=1
converge o diverge positivamente. Per ogni n 2 si ha che
1 1
n2 n(n 1) = 2
.
n n(n 1)

X 1
La serie e la serie di Mengoli, che converge a 1 (vedi pag. 135). Infatti,
n=2
n(n 1)

X 1 X 1
=
x .
n=2
n(n 1) k=1
k(k + 1)
k=n1


X 1
Per il Criterio del confronto anche converge. Inoltre, si ha che
n=1
n2

X 1 X 1 X 1
= +1 + 1 = 2.
n=1
n2 n=2
n2 n=2
n(n 1)
2.2 Criteri di convergenza per le serie a termini positivi 141


X 1 2
Utilizzando le serie di Fourier si prova che = .
n=1
n2 6

X 1
(2.11) Esempio Consideriamo la serie armonica . E una serie a termini positivi,
n n=1
quindi converge o diverge positivamente. Per ogni n 1 si ha che
 
1 1
log 1 + .
n n
Infatti, se consideriamo la funzione f : [0, +) R definita da f (x) = log(1 + x) x,
x
si ha che f e derivabile con derivata f (x) = x+1 < 0 per ogni x 0. Quindi f e
decrescente in [0, +) e in particolare si ha che f (x) f (0) = 0 per ogni x 0, cioe
 
1 1 1
log(1 + x) x 0. Preso x = n si ottiene che log 1 + n n per ogni n 1. La
 
X 1 X 1
serie log 1 + diverge (vedi pag. 138). Per il Criterio del confronto anche
n=1
n n=1
n
diverge.

(2.12) Esercizio Utilizzando il Criterio del confronto provare che la serie armonica

X 1
generalizzata converge per p > 2 e diverge per p < 1.
n=1
np

(2.13) Teorema (Criterio del confronto asintotico) Siano (an ) e (bn ) due
successioni tali che an 0 e bn 0 per ogni n N. Supponiamo che esista

an
lim = l [0, +).
n bn

Valgono i seguenti fatti:



X
X
i) se l > 0, allora an converge se e solo se bn converge;
n=0 n=0

X
X
ii) se l = 0 e bn converge, allora anche an converge;
n=0 n=0

X
X
iii) se l = 0 e an diverge, allora anche bn diverge.
n=0 n=0

Dimostrazione.
l
i) Se l > 0, per la definizione di limite preso = 2 esiste n0 N tale che per ogni
l an 3 l 3
n n0 si ha 2 bn 2 l. In particolare, 2 bn an 2 lbn per ogni n n0 .
Applicando le Proposizioni (2.1) e (2.3) e il Criterio del confronto ne segue che
P P
an converge se e solo se bn converge.
142 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

ii), iii) Se l = 0, per la definizione di limite preso = 1 esiste n0 N tale che per ogni
an
n n0 si ha bn 1. In particolare, an bn per ogni n n0 . Applicando la
Proposizione (2.1) e il Criterio del confronto si ottiene tesi.

(2.14) Osservazione Le tre affermazioni del teorema precedente possono essere cos
riformulate:

X
i) se an , bn 0 per ogni n N e an l bn con l 6= 0 per n +, allora an
n=0

X
converge se e solo se bn converge;
n=0

X
ii) se an , bn 0 per ogni n N, an = o(bn ) per n + e bn converge, allora
n=0

X
anche an converge;
n=0

X
iii) se an , bn 0 per ogni n N, an = o(bn ) per n + e an diverge, allora
n=0

X
anche bn diverge.
n=0

(2.15) Osservazione Il Criterio del confronto asintotico non esaurisce tutti i casi
possibili. In particolare si ha che:
P
a) se an , bn 0 per ogni n N, an = o(bn ) per n + e an converge, allora
P
NON possiamo concludere nulla sulla convergenza di bn ;
P
b) se an , bn 0 per ogni n N, an = o(bn ) per n + e bn diverge, allora NON
P
possiamo concludere nulla sulla convergenza di an .

In queste situazioni e necessario ricorrere ad altri metodi per stabilire il carattere della
serie.

1 X
(2.16) Esempio Consideriamo la serie . E una serie a termini positivi,
n=1
n+1 n2
quindi converge o diverge positivamente. Osserviamo che per ogni n 1 si ha che

1 1
n2 n + 1 n2 = 2.
n2 n+1 n
2.2 Criteri di convergenza per le serie a termini positivi 143


X 1
La serie converge (vedi Esempio (2.10)) ma non e possibile applicare il Criterio
n2
n=1
del confronto. Osserviamo pero che

1 1
2, n +.
n2 n + 1 n

X 1
Quindi per il Criterio del confronto asintotico la serie converge.
n=1
n2 n+1


1 X
(2.17) Esempio Consideriamo la serie . E una serie a termini positivi,
n=1
5n +3
quindi converge o diverge positivamente. Osserviamo che per ogni n 1 si ha che

1 1
5n + 3 5n = .
5n + 3 5n

X 1
La serie diverge (vedi Esempio (2.11) e lalgebra delle serie) ma non e possibile
n=1
5n
applicare il Criterio del confronto. Osserviamo pero che

1 1
, n +.
5n + 3 5n

X 1
Quindi per il Criterio del confronto asintotico la serie diverge.
n=1
5n +3

(2.18) Osservazione I criteri del confronto e del confronto asintotico si usano per
determinare il carattere di una serie a termini positivi confrontando o confrontando
asintoticamente il termine generale di questa serie con quello di una serie di cui e gia
noto il carattere. In genere si cerca di confrontare con le serie notevoli ed in particolare
con la serie geometrica e la serie armonica generalizzata (vedi Esempio (1.3)).

(2.19) Teorema (Criterio della radice) Sia (an ) una successione tale che
an 0 per ogni n N. Supponiamo che esista


lim n
an = l [0, +) {+}.
n

Valgono i seguenti fatti:



X
i) se l < 1, allora an converge;
n=0

X
ii) se l > 1, allora an diverge.
n=0
144 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Dimostrazione. Consideriamo inizialmente il caso in cui l R. Per la definizione di



limite, per ogni > 0 esiste n0 N tale che per ogni n n0 si ha l < n an < l + .
In particolare, an < (l + )n per ogni n n0 e, se l, si ha anche (l )n < an per
ogni n n0 .
1l
Se l < 1, preso = 2 esiste n0 N tale che per ogni n n0 si ha an < (l + )n
l+1
con l + = 2 < 1. Poiche la serie geometrica di ragione l + converge (vedi pag. 134),
P
per la Proposizione (2.1) e il Criterio del confronto anche an converge.
l1
Se l > 1, preso = 2 esiste n0 N tale che per ogni n n0 si ha an > (l )n
l+1
con l = 2 > 1. In particolare si ha che

lim an lim(l )n = +.
n n

P
Per la Condizione necessaria per la convergenza delle serie si ha che an diverge.
Infine consideriamo il caso l = +. Per la definizione di limite, esiste n0 N tale

che per ogni n n0 si ha n an > 1. In particolare, an > 1 per ogni n n0 . Ne segue che
P
lim an 6= 0. Per la Condizione necessaria per la convergenza delle serie si ha che an
n
diverge.

(2.20) Osservazione Se l = 1 NON si puo concludere nulla. E necessario ricorrere


ad un altro metodo per studiare il carattere della serie.

  2
1 n X
(2.21) Esempio Consideriamo la serie 1 . E una serie a termini positivi,
n=1
n
quindi converge o diverge positivamente. Osserviamo che
 n2
1 2 log(1 n
1
)
1 = en .
n
 
1
Inoltre n2 log 1 n n, per n +, ma

2 log(1 n
1
)
en 6 en , n +.

Proviamo a ricorrere al Criterio della radice. Si ha che


s
 n2  n
n 1 1 1
lim 1 = lim 1 = < 1.
n n n n e
 n2
X 1
Per il Criterio della radice 1 converge.
n=1
n
2.2 Criteri di convergenza per le serie a termini positivi 145

 
1
(2.22) Osservazione Si osservi che n2 log 1 n n 12 , per n + e che

2 log(1 n
1
) 1 1
en en 2 = , n +.
e en
  2
X 1 X 1 n
Poiche n converge, per il Criterio del confronto asintotico 1 con-
n=1
ee n=1
n
verge.

(2.23) Teorema (Criterio del rapporto) Sia (an ) una successione tale che
an 0 per ogni n N. Supponiamo che esista

an+1
lim = l [0, +) {+}.
n an

Valgono i seguenti fatti:



X
i) se l < 1, allora an converge;
n=0

X
ii) se l > 1, allora an diverge.
n=0


an
 an

an+1

Dimostrazione. Essendo an1 una sottosuccessione di = l.
an , si ha che lim
an1 n
Consideriamo inizialmente il caso in cui l R. Per la definizione di limite, per ogni
an
> 0 esiste n0 N tale che per ogni n n0 si ha l < an1 < l + . In particolare,
(l )an1 < an < (l + )an1 per ogni n n0 .
1l
Se l < 1, preso = 2 esiste n0 N tale che per ogni n > n0 si ha che

an < (l + )an1 < (l + )2 an2 < (l + )3 an3 < < (l + )nn0 an0

l+1
con l + = 2 < 1. Poiche la serie geometrica di ragione l + converge (vedi pag. 134),
P
per la Proposizione (2.1) e il Criterio del confronto anche an converge.
l1
Se l > 1, preso = 2 esiste n0 N tale che per ogni n > n0 si ha che

an > (l )an1 > (l )2 an2 > (l )3 an3 > > (l )nn0 an0

l+1
con l = 2 > 1. In particolare si ha che

lim an lim(l )nn0 an0 = +.


n n

P
Per la Condizione necessaria per la convergenza delle serie si ha che an diverge.
146 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Infine consideriamo il caso l = +. Per la definizione di limite, esiste n0 N


an
tale che per ogni n n0 si ha an1 > 1. In particolare, an > an1 per ogni n
n0 , cioe la successione (an ) e definitivamente strettamente crescente. Ne segue che
lim an = sup an > 0. Per la Condizione necessaria per la convergenza delle serie si ha
n n
P
che an diverge.

(2.24) Osservazione Se l = 1 NON si puo concludere nulla. E necessario ricorrere


ad un altro metodo per studiare il carattere della serie.

X n!
(2.25) Esempio Consideriamo la serie . E una serie a termini positivi, quindi
nn n=1
converge o diverge positivamente. Sappiamo che n! = o(nn ) per n + (vedi Appen-
dice E, pag. 165). Quindi e verificata la condizione necessaria per la convergenza della
n!
serie. Proviamo a ricorrere al Criterio del rapporto. Posto an = nn , si ha che

an+1 (n + 1)! nn (n + 1) n! nn nn 1
= n+1
= n
= n
= n .
an (n + 1) n! (n + 1) (n + 1) n! (n + 1) 1 + n1

Quindi
an+1 1 1
lim = lim  n = < 1.
n an n
1+ 1 e
n

X n!
Per il Criterio del rapporto converge.
n=1
nn

(2.26) Osservazione Per la Formula di Stirling si ha che n! nn en 2n, per
n +. In particolare

n

n! ne1
2n
2n, n +.

Quindi volendo ricorrere al Criterio della radice per studiare il carattere della serie

X n!
n
, si ha che
n=1
n
s
n

n n! n! ne1 2n 2n 1
lim = lim = lim = < 1.
n nn n n n n e

X n!
Per il Criterio della radice converge.
n=1
nn

(2.27) Osservazione Se (an ) e una successione tale che an 0 per ogni n N e se


an+1
lim = l, allora anche lim n an = l.
n+ an n+
2.2 Criteri di convergenza per le serie a termini positivi 147

In altri termini, il Criterio della radice e piu generale di quello del rapporto. Il
viceversa non e vero.

Dimostrazione. Consideriamo inizialmente il caso l R, l > 0. Sia > 0 tale che



l 2 > 0. Allora per la definizione di limite si ha che esiste n0 N tale che
an+1
n n0 : l < <l+ .
2 an 2
Si ha che
an an1 an +1
n > n0 : an = 0 an0 .
an1 an2 an0
Quindi
n n0 fattori
z }| {  nn0
an an1 an +1
n > n0 : an = 0 an0 < l + an0 .
an1 an2 an0 2
| {z } | {z } | {z }
<l+ 2 <l+ 2 <l+ 2

Pertanto  1 n0
n
n
an < l + n an0 .
2
Analogamente
n n0 fattori
z }| {  nn0
an an1 an +1
n > n0 : an = 0 an0 > l an0 .
an1 an2 an0 2
| {z } | {z } | {z }
>l 2 >l 2 >l 2

Quindi
 1 n0
n
n
an > l n an0 .
2
Ne segue che per ogni n > n0
 1 n0  1 n0
n n
l n a
n0 <
n
an < l + n an0 .
2 2

Poiche lim n an0 = 1 (vedi Appendice E pag. 164), ne segue che
n

 1 n0  1 n0
n n
lim l n an0 = l , lim l + n a
n0 = l + .
n 2 | {z
} 2 n 2 | {z
} 2
| {z
} y | {z
} y
y y
1 1

l 2
l+ 2

Quindi per la definizione di limite esiste n1 N, n1 n0 , tale che per ogni n > n1 si ha
 1 n0  1 n0
n n
l< l n an0 < l, l< l+ n an0 < l + .
2 2
148 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Allora per ogni n > n1 si ha che


l< n
an < l + ,


cioe lim n
an = l.
n
Se l = 0, allora si procede come nel caso precedente, utilizzando solo la stima

dallalto, essendo n an 0.
Infine, se l = +, allora si procede come nel caso precedente, utilizzando solo la
stima dal basso.

(2.28) Teorema (Criterio di McLaurin) Sia f : [1, +) R una funzione


non negativa e decrescente e sia an = f (n) per ogni n N, n 1.

X Z +
Allora an converge se e solo se lintegrale improprio f (x) dx converge e
n=1 1
in tal caso si ha che

X Z +
X
an f (x) dx an .
n=2 1 n=1

Dimostrazione. Essendo f descrescente, per ogni n N e per ogni x [n, n + 1] si ha


che

f (n + 1) f (x) f (n).

In particolare risulta che


Z n+1 Z n+1 Z n+1
f (n + 1) = f (n + 1) dx f (x) dx f (n) dx = f (n).
n n n

Z n+1
Posto bn = f (x) dx, risulta quindi che an+1 bn an . Per il Criterio del confronto
n

X
X
si ha che se an converge, allora bn converge e
n=1 n=1


X
X
(2.29) bn an .
n=1 n=1

Inoltre, essendo

X
X
(2.30) an+1 =
x ak
n=1
k=2
k=n+1
2.2 Criteri di convergenza per le serie a termini positivi 149


X
per il Criterio del confronto e la Proposizione (2.1) si ha che se bn converge, allora
n=1

X
an converge e
n=1

X
X
(2.31) an bn .
n=2 n=1

X
X
Quindi an converge se e solo se bn converge. Detta Sn la somma parziale n-esima
n=1 n=1
della serie di bn , si ha che
n
X n Z
X k+1 Z n+1
Sn = bk = f (x) dx = f (x) dx.
k=1 k=1 k 1

Quindi si ha che Z Z
n+1 +
lim Sn = lim f (x) dx = f (x) dx.
n n 1 1

X
Pertanto la convergenza di bn corrisponde a quella dellintegrale improprio
Z n=1
+
f (x) dx, da cui segue la tesi. Infine, in caso di convergenza si ha che
1

X Z +
bn = f (x) dx
n=1 1

ed essendo an+1 bn an , da (2.29), (2.30) e (2.31) segue che



X Z +
X
an f (x) dx an .
n=2 1 n=1

(2.32) Esempio (Serie armonica generalizzata) Sia p R. La serie armonica


(generalizzata se p 6= 1)
(

X 1 converge se p > 1
:
n=1
np diverge positivamente se p 1.
Negli Esempi (2.10) e (2.11) abbiamo gia considerato separatamente i casi p = 2 e p = 1
rispettivamente.
1
Consideriamo inizialmente p > 0. Sia f : [1, +) R definita da f (x) = xp .
1
Evidentemente, per ogni n N con n 1 si ha f (n) = np . La funzione f e positiva e
decrescente. Inoltre lintegrale improrio
(
Z + 1 converge se p > 1
dx :
1 xp diverge positivamente se p 1.
150 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Per il Criterio di McLaurin risulta che


(

X 1 converge se p > 1
:
n=1
np diverge positivamente se 0 < p 1.

Infine, se p 0, allora (
1 1 se p = 0
lim p =
n n + se p < 0.
Ne segue che non e verificata la condizione necessaria per la convergenza della serie e
quindi per p 0 la serie diverge.

(2.33) Osservazione Si osserva che per p 1 e per p 2 il carattere della serie


armonica generalizzata si puo dedurre anche utilizzando il Criterio del confronto (vedi
Esercizio (2.12)).

(2.34) Teorema (Criterio di condensazione o di Cauchy) Sia (an ) una


successione non negativa e decrescente.

X
X
Allora an converge se e solo 2n a2n converge e in tal caso si ha che
n=1 n=0


X
X
X
an 2n a2n 2 an .
n=1 n=0 n=1

n
X k
X
Dimostrazione. Siano Sn = ah e Tk = 2m a2m la somma parziale n-esima della
h=1 m=1
serie di an e la somma parziale k-esima della serie di 2n a2n rispettivamente. Se n 2k ,
allora
n
X n
X 2k+1
X1
Sn = ah ah + ah =
h=1 h=1 h=n+1

= a1 + (a2 + a3 ) + (a4 + a5 + a6 + a7 ) + + (a2k + + a2k+1 1 )


|{z} | {z } | {z } | {z }
20 termini 21 termini 22 termini 2k termini
essendo (an ) decrescente

a1 + 2a2 + 22 a22 + + 2k a2k = Tk .

Ne segue che se n 2k , allora Sn Tk .


Viceversa, se n > 2k , allora

n 2 k
X X
Sn = ah ah =
h=1 h=1
2.3 Criteri di convergenza per le serie a termini di segno variabile 151

= a1 + a2 + (a3 + a4 ) + (a5 + a6 + a7 + a8 ) + + (a2k1 +1 + + a2k )


| {z } | {z } | {z }
21 termini 22 termini 2k1 termini
essendo (an ) decrescente
1 
a1 + a2 + 2a22 + 22 a23 + + 2k1 a2k = a1 + 2a2 + 22 a22 + + 2k a2k
2
1  1
a1 + 2a2 + 22 a22 + + 2k a2k = Tk .
2 2
Ne segue che se n > 2k , allora Sn 12 Tk . Pertanto le successioni delle somme parziali Sn
e Tk delle due serie si confrontano lun laltra. Ne segue che se una e limitata (e quindi
se la serie corrispondente converge), allora anche laltra lo e, da cui scende la tesi. Infine,
dalle disuguaglianze precedenti segue che

X
X
an = lim Sn lim Tk = 2n a2n
n k
n=1 n=0

e

X
X
2n a2n = lim Tk 2 lim Sn = 2 an .
k n
n=0 n=1

2.3 Criteri di convergenza per le serie a termini di segno variabile

(2.35) Teorema (Criterio della convergenza assoluta)



X
X
Se an converge assolutamente, allora an converge e si ha che
n=0 n=0

X
X

an |an |.

n=0 n=0


X
Dimostrazione. La serie (|an | + an ) e a termini positivi. Poiche per ogni n risulta
n=0
|an |+an 2|an |, per il Criterio del confronto e lalgebra delle serie questa serie converge.

X
Infine, essendo an = (|an | + an ) |an |, per lalgebra delle serie anche an converge.
n=0
Infine, dette Sn e n le somme parziali n-esime delle serie di an e |an | rispettivamente,
dalla disuguaglianza triangolare del valore assoluto segue che |Sn | n per ogni n. Per
il Primo teorema del confronto sui limiti si ha che

X
X

an = lim |Sn | lim n = |an |.
n n
n=0 n=0
152 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(2.36) Osservazione Il viceversa non e vero. Lesempio classico e quello della serie
armonica a termini di segno alterno

X (1)n
.
n=1
n
Poiche
n
(1) = 1
X X
n n
n=1 n=1
e divergente, ne segue che la serie armonica a termini di segno alterno non converge
assolutamente. Come vedremo a pag. 153 questa serie converge.

Criteri per le serie a termini di segno alterno

(2.37) Definizione Una serie e detta a termini di segno alterno se e della


forma

X
(1)n bn ,
n=0

dove bn 0 per ogni n N.

(2.38) Teorema (Criterio di Leibniz) Sia (bn ) una successione tale che
bn 0 per ogni n N. Supponiamo che

i) lim bn = 0;
n

ii) la successione (bn ) sia decrescente.



X
Allora (1)n bn converge. In particolare, se Sn e la somma parziale della serie
n=1
e S e la somma della serie, si ha che S2n+1 S S2n e |Sn S| bn+1 , per ogni
n N.

n
X
Dimostrazione. Sia Sn = (1)k bk la somma parziale n-esima della serie. Essendo
k=1
(bn ) decrescente, si ha che
2n+2
X 2n
X
k
S2n+2 = (1) bk = (1)k bk (b2n+1 b2n+2 ) S2n ,
| {z }
k=1 k=1
0
2.3 Criteri di convergenza per le serie a termini di segno variabile 153

2n+1
X 2n1
X
S2n+1 = (1)k bk = (1)k bk + (b2n b2n+1 ) S2n1 .
| {z }
k=1 k=1
0

Quindi la successione delle somme parziali con indice pari (S2n ) e decrescente, mentre
quella con indice dispari (S2n+1 ) e crescente. Inoltre, S2n S2n+1 = b2n+1 0 implica
che S2n S2n+1 per ogni n da cui segue che, essendo (S2n+1 ) crescente, S2n S1 .
Quindi la successione (S2n ) e anche limitata inferiormente. Per le proprieta dei limiti
delle successioni monotone, ne segue che esiste lim S2n = inf S2n = S R. In particolare,
n n
n0
fissato > 0 esiste n0 N tale che per ogni n 2 si ha

|S2n S| < .

Chiaramente S2n S per ogni n. Per lipotesi ii) si ha che

lim S2n+1 = lim(S2n b2n+1 ) = S.


n n

n1
In particolare, esiste n1 N, n1 n0 , tale che per ogni n 2 si ha

|S2n+1 S| < .

Quindi per ogni n > n1 si ha


|Sn S| < .

X
Ne segue che la serie (1)n bn converge a S. Chiaramente S2n+1 S per ogni n, da
n=1
cui segue che S2n+1 S S2n per ogni n. In particolare

0 S S2n1 S2n S2n1 b2n , 0 S2n S S2n S2n+1 b2n+1 ,

da cui segue che |Sn S| bn+1 per ogni n.

(2.39) Esempio (Serie armonica a termini di segno alterno) Consideriamo la


serie

X (1)n
.
n=1
n
NellOsservazione (2.14) abbiamo gia mostrato che non converge assolutamente. Posto
bn = n1 , si ha che
1
i) lim bn = lim = 0;
n n n
1 1
ii) per ogni n 1 si ha che bn+1 = n+1 n = bn e quindi la successione (bn ) e
decrescente.
154 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Per il Criterio di Leibniz la serie armonica a termini di segno alterno converge.



X (1)n
Vedremo nel capitolo sulle serie di Taylor che = log 2.
n=1
n

(2.40) Osservazione Il Criterio di Leibniz stabilisce una condizione sufficiente affinche


una serie a termini di segno alterno converga. Quindi, in generale, se non sono soddis-
fatte le ipotesi, allora NON e possibile concludere nulla sulla convergenza, divergen-
za o indeterminatezza della serie. Tuttavia, conviene essere piu precisi e considerare
separatamente le due ipotesi:

a) se non vale lipotesi i) del Criterio di Leibniz, cioe se lim bn 6= 0, allora anche
n
lim(1)n bn 6= 0 e per la condizione necessaria della convergenza di una serie, si ha
n

X
che (1)n bn non converge, e quindi diverge oppure e indeterminata;
n=1

b) se la successione (bn ) non e decrescente, allora o e crescente, oppure non e ne cres-


cente ne descrescente. Se e crescente, ma non costantemente nulla, allora risulta
che lim bn = sup bn > 0, e quindi per la condizione necessaria della convergenza di
n n

X
una serie (1)n bn non converge. Se invece non e ne crescente ne descrescente,
n=1
allora NON e possibile concludere nulla sulla convergenza, divergenza o indetermi-
natezza della serie. E necessario ricorrere ad altri metodi per stabilire il carattere
della serie.


X
(2.41) Teorema (Criterio di Dirichlet) Siano an una serie, (Sn ) la suc-
n=0
cessione delle somme parziali di questa serie e (bn ) una successione con bn 0 per
ogni n. Supponiamo che:

a) la successione (Sn ) sia limitata;

b) la successione (bn ) sia infinitesima e decrescente.



X
Allora la serie an bn converge.
n=0

n
X
Dimostrazione. Sia n = ak bk la somma parziale n-esima della serie di an bn .
k=0
Essendo ak = Sk Sk1 per ogni k 1 e a0 = S0 , si ha che
n
X n
X
n = ak bk = S0 b0 + (Sk Sk1 )bk =
k=0 k=1
2.3 Criteri di convergenza per le serie a termini di segno variabile 155

= S0 b0 + (S1 S0 )b1 + (S2 S1 )b2 + + (Sn Sn1 )bn =

= S0 (b0 b1 ) + S1 (b1 b2 ) + + Sn1 (bn1 bn ) + Sn bn .


n
X
Posto Tn = Sk1 (bk1 bk ), si ha che per ogni n N, n 1
k=1

(2.42) n = Tn1 + Sn bn .

Poiche (Sn ) e limitata, esiste M > 0 tale che |Sn | M per ogni n N. Inoltre,
essendo (bn ) decrescente, si ha che bn1 bn 0, per ogni n 1. Osserviamo che la

X
serie Sn1 (bn1 bn ) converge assolutamente. Infatti, se consideriamo la successione
n=1

X
delle somme parziali della serie |Sn1 (bn1 bn )| si ha che
n=1

n
X n
X n
X
|Sk1 (bk1 bk )| = |Sk1 |(bk1 bk ) M (bk1 bk ) =
k=1 k=1 k=1

= M (b0 b1 ) + M (b1 b2 ) + + M (bn1 bn ) = M b0 M bn M b0 .


| {z }
0

X
Quindi la successione delle somme paziali della serie |Sn1 (bn1 bn )| e limitata. Per
n=1

X
il Teorema (2.6) questa serie converge, cioe Sn1 (bn1 bn ) converge assolutamente
n=1
e quindi converge. Essendo Tn1 la somma parziale (n 1)-esima di questa serie, ne
segue che
lim Tn1 = T R.
n

Poiche (Sn ) e limitata e bn 0 per n +, da (2.42) si ha che

lim n = lim(Tn1 + Sn bn ) = T R,
n n

da cui segue la tesi.

(2.43) Osservazione Il Criterio di Leibniz e un caso particolare del Criterio di Dirichlet.


Infatti, in tal caso an = (1)n e la somma parziale n-esima della serie di an e
n
(
X
k
1 se n e pari
Sn = (1) =
k=0 0 se n e dispari.
156 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

3 Prodotto di due serie


X
X
(3.1) Definizione Siano an e bn due serie. Si chiama prodotto di
n=0 n=0
X
Cauchy delle serie di an e bn la serie cn , dove
n=0

n
X
cn = ak bnk .
k=0


X
X
(3.2) Teorema (di Mertens) Siano an e bn due serie convergenti
n=0 n=0
rispettivamente a A e B. Supponiamo che almeno una delle due serie converga
assolutamente.
Allora il prodotto di Cauchy delle serie di an e bn converge a AB. In altri termini,
n
X
se cn = ak bnk , allora
k=0


!
!
X X X
cn = an bn .
n=0 n=0 n=0

P
Dimostrazione. Supponiamo che an converga anche assolutamente. In modo del
P
tutto analogo si procede se a convergere assolutamente e bn . Siano An , Bn e Cn le
P P P
somme parziali n-esime delle serie an , bn e cn rispettivamente. Si ha che
n
X
Cn = ck = c0 +c1 + +cn = a0 b0 +(a0 b1 +a1 b0 )+ +(an b0 +an1 b1 + +a0 bn ) =
k=0

= a0 Bn + a1 Bn1 + + an1 B1 + an B0 =

= a0 (Bn B + B) + a1 (Bn1 B + B) + + an1 (B1 B + B) + an (B0 B + B) =



X
posto Rn = bk (e detto il resto n-esimo della serie di bn ) si ottiene
k=n+1

= An B a0 Rn a1 Rn1 an1 R1 an R0 .

Quindi per ogni n N


n
X
(3.3) Cn = An B ak Rnk .
k=0
3 Prodotto di due serie 157

Poiche la serie di bn converge a B, si ha che


n
!
X X X
lim Rn = lim bk = lim bk bk = B B = 0.
n n n
k=n+1 k=0 k=0

n
X
Mostriamo che lim ak Rnk = 0. Sia > 0. Poiche Rk 0 per k +, esiste
n
k=0
k0 N tale che |Rk | < per ogni k k0 . Posto M = max{|Rk |}, si ha che per ogni
kk0
n k0
nk
X n X0 n
X



ak Rnk = ak Rnk + ak Rnk

k=0 k=0 k=nk0 +1

nk
X0 n
X nk
X0 n
X
|ak ||Rnk | + |ak ||Rnk | |ak | + M |ak |.
k=0 k=nk0 +1 k=0 k=nk0 +1

X
P
Poiche an converge assolutamente, posto |an | = R, si ha che
n=0

nk
X0
|ak | .
k=0

Inoltre,
!
n
X nk
X0
X nk
X0 n
X
|ak | = |ak | |ak | = |ak | |ak | .
k=nk0 +1 k=0 k=n+1 k=0 k=0


X
Poiche |an | = , si ha che
n=0

nk
X0 n
X
lim |ak | = lim |ak | = .
n n
k=0 k=0

Quindi
n nk n
!
X X0 X
lim |ak | = lim |ak | |ak | = 0.
n n
k=nk0 +1 k=0 k=0

Ne segue che esiste n1 N, n1 k0 , tale che per ogni n n1


n
X
|ak | .
k=nk0 +1

Pertanto si ha che per ogni n n1


n nk n
X


X0 X
ak Rnk |ak | + M |ak | + M = ( + M ).

k=0 k=0 k=nk0 +1
158 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

n
X
Per larbitrarieta di si ha che lim ak Rnk = 0. Da (3.3) si ha che
n
k=0

n
!
X
lim Cn = lim An B ak Rnk = AB,
n n
k=0

da cui segue la tesi.

P P
(3.4) Osservazione Se an e bn convergono ma nessuna delle due converge as-
solutamente, allora il loro prodotto di Cauchy potrebbe non convergere. Infatti, se
(1)n P P
consideriamo ad esempio an = bn =
n+1
, si ha che an e bn convergono ma non
assolutamente. Inoltre.
n n
X X (1)n
cn = ak bnk = p .
k=0 k=0
(k + 1)(n k + 1)

Poiche

(1)n
1 1
p = p ,
(k + 1)(n k + 1) (k + 1)(n k + 1) n+1
si ha che

n n
X
(1)n
X 1 1
|cn | = p = p (n + 1) = 1.

k=0
(k + 1)(n k + 1) (k + 1)(n k + 1)
k=0
n+1

Ne segue che lim cn 6= 0 e per la condizione necessaria per la convergenza di una serie
n
P
cn non converge.
4 Serie complesse 159

4 Serie complesse

Poiche la nozione di limite per una successione in C e la stessa di quella per le successioni
reali (vedi Definizione (1.1) in Appendice E limitatamente al caso l C), in modo del
tutto analogo a quanto visto precedentemente possiamo introdurre la nozione di serie
anche nel campo C dei numeri complessi.

(4.1) Definizione Sia (zn ) una successione in C. Si chiama serie di zn la


scrittura formale

X
zn
n=0
P
o piu semplicemente (dove non vi sia ambiguita) zn . Il numero complesso zn e
detto termine generale della serie.
Poniamo
S0 = z0 ,
n
X
Sn = zk = z0 + z1 + + zn , n 1.
k=0

Per ogni n, Sn e detta somma parziale n-esima della serie di zn . Osserviamo


che per ogni n 1 si ha che Sn = Sn1 + zn .

X
Diciamo che zn converge (o che e convergente) se lim Sn = S C e in tal
n
n=0
caso chiamiamo somma della serie di zn il numero complesso S e poniamo

X
zn = lim Sn = S.
n
n=0


X
Se lim Sn non esiste, allora diciamo che zn non converge (o che non e
n
n=0
convergente).

X
Diciamo che zn converge assolutamente se converge la serie (reale a termini
n=0

X
positivi) |zn |.
n=0

(4.2) Osservazione Sia (zn ) una successione in C e siano Re (zn ) e Im (zn ) rispetti-
vamente la parte reale e la parte immaginaria di zn . Essendo

zn = Re (zn )+iIm (zn ) , |Re (zn ) | |zn |, |Im (zn ) | |zn |, |zn | |Re (zn ) |+|Im (zn ) |,

dallalgebra delle serie e dal Criterio del confronto segue che


160 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

P P P
a) zn converge a S C se e solo se Re (zn ) e Im (zn ) convergono rispettiva-
mente a Re (S) e Im (S) e in tal caso si ha che

X
X
X
zn = Re (zn ) + i Im (zn ) ;
n=0 n=0 n=0

P P P
b) zn converge assolutamente se e solo se Re (zn ) e Im (zn ) convergono asso-
lutamente.


X cos n X sin n
(4.3) Esempio Consideriamo le serie e . Sono serie reali a termini
n n=1
n=1
n
di segno variabile ma non alterno. Dalla formula di Eulero si ha che ein = cos n +
i sin n. Quindi queste due serie sono le serie della parte reale e della parte immaginaria
in
in X e
rispettivamente di en . Osserviamo che non converge assolutamente. Infatti,
n=1
n

in
X e X 1
= che diverge.
n n
n=1 n=1
in
X e X 1
Per studiare la convergenza della serie = ein ricorriamo al Criterio di
n=1
n n=1
n
1
Dirichlet, ponendo an = ein , bn = n (il Criterio di Dirichlet vale anche se (an ) e una
successione complessa). Si ha che la successione (bn ) e non negativa, infinitesima e
decrescente. Detta Sn la somma parziale n-esima della serie di an , si ha che
n n
X X  k 1 ei(n+1 ) 2
ik i
|Sn | = e = e =
x .
1 ei |1 ei |
k=0 k=0
vedi pag. 134
in
X e
Quindi (Sn ) e limitata (in C). Per il Criterio di Dirichet converge e per lOsser-
n=1
n

X cos n X sin n
vazione (4.2) anche le serie e convergono.
n
n=1 n=1
n
Osserviamo che queste due serie non convergono assolutamente. Per lOsservazio-
in
X e
ne (4.2) non possono convergere entrambe assolutamente perche altrimenti anche
n=1
n
convergerebbe assolutamente, contraddicendo quanto affermato in precedenza. Essendo
| cos n| 1, | sin n| 1, si ha che cos2 n | cos n|, sin2 n | sin n|. Per le formule di
bisezione si ha che
| cos n| cos2 n 1 + cos (2n) 1 cos (2n)
= = + ,
n n 2n 2n 2n
| sin n| sin2 n 1 cos (2n) 1 cos (2n)
= = .
n n 2n 2n 2n
4 Serie complesse 161


X | cos n| X | sin n|
Se per assurdo una delle due serie e convergesse, allora per il
n n=1 n=1
n
Criterio del confronto convergerebbero anche le serie i cui termini generali sono

1 cos (2n) 1 cos (2n)


+ , .
2n 2n 2n 2n

X cos 2n ei2n
Osserviamo che anche converge. Infatti, e la serie della parte reale di 2n .
n=1
2n
i2n
X e
Per il Criterio di Dirichet converge (si procede come nel caso precedente). Ne
n=1
2n

X 1
segue che, per lalgebra delle serie, anche convergerebbe: assurdo perche la se-
n=1
2n

X cos n X sin n
rie armonica e divergente. Ne segue che entrambe le serie e non
n=1
n n=1
n
convergono assolutamente.
162 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II
Appendice E

Richiami sulle successioni reali

1 Limiti di successioni

Richiamiamo la definizione di limite di una successione.

(1.1) Definizione Sia (an ) una successione reale e l R {}.


Diciamo che (an ) ha limite l per n che tende a + se per ogni intorno I(l) di
l esiste n0 N tale che per ogni n n0 si ha che an I(l).
In tal caso scriviamo

lim an = l o piu semplicemente lim an = l.


n+ n

In particolare se l R si ha

> 0 n0 N: n N con n n0
lim an = l
n
si ha che |an l| < ,

mentre se l = + (risp. l = )

b R n0 N: n N con n n0
lim an = + ()
n
si ha che an > b (an < b).

Diciamo che (an ) converge a l (oppure che (an ) e una successione


convergente) se lim an = l R.
n

163
164 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Diciamo che (an ) diverge positivamente (risp. negativamente) (oppure che


(an ) e una successione divergente positivamente (risp. negativamente))
se lim an = + (risp. ).
n
Diciamo che (an ) e indeterminata se non esiste lim an .
n

(1.2) Osservazione Poiche il limite di successione altro non e che il limite di funzione
per la variabile che tende a +, per esso valgono tutti i teoremi e le considerazioni fatti
per i limiti di funzione di una variabile reale. Piu precisamente valgono:

1) il Teorema di unicita del limite;

2) il Teorema della limitatezza locale;

3) il Teorema della permanenza del segno e le sue conseguenze;

4) lalgebra dei limiti (somma, prodotto, quoziente e composizione);

5) i teoremi del confronto e loro conseguenze;

6) il teorema sui limiti delle successioni monotone.

Inoltre anche per i limiti di successione si introducono le stesse forme indeterminate e si


hanno i seguenti limiti notevoli:

n
1) lim nk = 1, per ogni k R.
n


n
2) lim ak = 1, per ogni a > 0 e k R.
n


n
3) lim n! = +.
n

 n
a
4) lim 1 + = ea , per ogni a R.
n n

logp n
5) lim = 0, per ogni p, k R con k > 0.
n nk
Appendice E Limiti di successioni 165

nk
6) lim = 0, per ogni k, a R con a > 1.
n an

7) lim nk an = 0, per ogni k > 0 e 0 < a < 1;


n

an
8) lim = 0, per ogni a R.
n n!

n!
9) lim = 0.
n nn


Formula di Stirling n! nn en 2n, n +.

(1.3) Definizione Sia (an ) una successione. Diciamo che una successione (bn )
e una sottosuccessione (o successione estratta) di (an ) se bn = a(n) , dove
: N N e una successione strettamente crescente.
Usualmente una sottosuccessione di (an ) si denota con (ank ).

Una sottosuccessione di una successione (an ) e quindi una successione i cui termini
sono selezionati tra quelli della successione di partenza, in modo che se un elemento e
selezionato, allora i successivi sono selezionati fra quelli che hanno un indice maggiore
di questultimo.

(1.4) Teorema Sia (an ) una successione reale.


Supponiamo che lim an = l R {}.
n
Allora per ogni sottosuccessione (ank ) di (an ) si ha che

lim ank = l.
k

(1.5) Teorema (di Bolzano-Weierstrass) Sia (an ) una successione reale


limitata.
Allora (an ) ammette almeno una sottosuccessione convergente.
166 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(1.6) Teorema (Criterio del rapporto per le successioni)


Sia (an ) una successione a termini positivi. Supponiamo che esista
an+1
lim = l [0, +) {+}.
n an
Allora valgono i seguenti fatti:

i) se l < 1, allora lim an = 0;


n

ii) se l > 1, allora lim an = +.


n

(1.7) Osservazione Se l = 1 NON si puo concludere nulla. E necessario ricorrere ad


un altro metodo per calcolare lim an .
n

(1.8) Teorema (Criterio della radice per le successioni) Sia (an ) una suc-

cessione a termini positivi. Supponiamo che esista lim n an = l [0, +) {+}.
n
Allora valgono i seguenti fatti:

i) se l < 1, allora lim an = 0;


n

ii) se l > 1, allora lim an = +.


n

(1.9) Osservazione Se l = 1 NON si puo concludere nulla. E necessario ricorrere ad


un altro metodo per calcolare lim an .
n

Il Criterio della radice e piu generale di quello del rapporto, come afferma il seguente
risultato (vedi pag. 146).

(1.10) Teorema Sia (an ) una successione a termini positivi. Supponiamo che
an+1
esista lim = l [0, +) {+}.
n an

Allora lim n an = l.
n
Capitolo 7

Successioni di funzioni

Nel seguito considereremo m N, m 1.

1 Nozioni preliminari sulle successioni di funzioni

Introduciamo le nozioni per le funzioni reali. In modo del tutto analogo si introducono
per le funzioni complesse.

(1.1) Definizione Siano Rm non vuoto, (fn ) una successione di funzioni


da in R e f : R.
Diciamo che (fn ) converge puntualmente a f in se

x : lim fn (x) = f (x).


n

In tal caso la funzione f e detta il limite puntuale della successione (fn ) e


scriviamo
lim fn = f.
n

Equivalentemente, (fn ) converge puntualmente a f in se

x : lim |fn (x) f (x)| = 0.


n

Quindi la successione di funzioni (fn ) converge puntualmente a f in se per ogni


x la successione reale (fn (x)) converge a f (x).

167
168 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(1.2) Definizione Siano Rm non vuoto, (fn ) una successione di funzioni


limitate da in R e f : R una funzione.
Diciamo che (fn ) converge uniformemente a f in se

lim kfn f k = 0,
n

dove kfn f k = sup |fn (x) f (x)|.


x

(1.3) Osservazione Per il Teorema di Weierstrass se Rm e compatto, cioe chiuso


e limitato, non vuoto e f : R e continua, allora |f | ammette massimo. In tal caso
si ha che

kf k = sup |f (x)| = max |f (x)|.


x x

(1.4) Osservazione Per definizione (fn ) converge uniformemente a f in se

lim kfn f k = 0,
n

dove kfn f k = sup |fn (x) f (x)|. Questo significa che


x

> 0 n0 N tale che n n0 e x si ha f (x) < fn (x) < f (x) + .

Quindi definitivamente (cioe da un certo n0 in poi) il grafico di tutte le funzioni fn e


contenuto nella striscia compresa fra i grafici delle funzioni f e f + .
1 Nozioni preliminari sulle successioni di funzioni 169

f +
fn
f
f

O a b x

Figura 7.1: Convergenza uniforme su un intervallo.

(1.5) Esempio Consideriamo la successione di funzioni fn : [0, 1] R definite da


fn (x) = xn . Determiniamo il limite puntuale della successione (fn ) e controlliamo se la
convergenza e uniforme.
Si ha che per ogni x [0, 1]
(
n
0 se 0 x < 1
lim fn (x) = lim x =
n n
1 se x = 1.

Quindi la successione (fn ) converge puntualmente su [0, 1] alla funzione


(
0 se 0 x < 1
f (x) =
1 se x = 1.
Controlliamo se la convergenza e uniforme, ossia se

lim kfn f k = lim sup |fn (x) f (x)| = 0.


n n x[0,1]

Si ha che per ogni n (


xn se 0 x < 1
|fn (x) f (x)| =
0 se x = 1.
Quindi per ogni n

kfn f k = sup |fn (x) f (x)| = sup xn = 1.


x[0,1] x[0,1)
170 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Ne segue che lim kfn f k = 1 6= 0 e quindi (fn ) non converge uniformemente a f su


n
[0, 1]. Questo fatto e ben visibile anche graficamente. Infatti, in un intorno sinistro del
punto x = 1 non e vero che per ogni > 0 il grafico delle funzioni fn e definitivamente
contenuto fra quello delle funzioni f e f + ,
y

fn
f

O 1 x

Figura 7.2: Il grafico di fn non e definitivamente contenuto fra i grafici di f e f + .

(1.6) Esempio Consideriamo la successione di funzioni fn : [0, a] R definite da


fn (x) = xn , con 0 < a < 1. Determiniamo il limite puntuale della successione (fn ) e
controlliamo se la convergenza e uniforme.
Si ha che per ogni x [0, a]

lim fn (x) = lim xn = 0.


n n

Quindi la successione (fn ) converge puntualmente su [0, a] alla funzione f (x) = 0.


Controlliamo se la convergenza e uniforme, ossia se

lim kfn f k = lim sup |fn (x) f (x)| = 0.


n n x[0,a]

Si ha che per ogni n

|fn (x) f (x)| = xn = kfn f k = sup |fn (x) f (x)| = an .


x[0,a]
1 Nozioni preliminari sulle successioni di funzioni 171

Essendo 0 < a < 1, ne segue che

lim kfn f k = lim an = 0


n n

e quindi (fn ) converge uniformemente a f su [0, a]. Questo fatto e ben visibile an-
che graficamente. Infatti, per ogni > 0 il grafico delle funzioni fn e definitivamente
contenuto fra quello delle funzioni f e f + ,
y

f2 (x) = x2

f5 (x) = x5

a x
O f

a = 0, 75

Figura 7.3: Il grafico di fn e definitivamente contenuto fra i grafici di f e f + .

(1.7) Proposizione Siano Rm non vuoto, (fn ) una successione di funzioni


limitate da in R convergente uniformemente a f in .
Allora (fn ) converge puntualmente a f in .

Dimostrazione. Per ogni x si ha che 0 |fn (x) f (x)| kfn f k . Poiche


kfn f k 0, per il Secondo teorema del confronto (sui limiti) anche |fn (x)f (x)| 0
per ogni x , da cui la tesi.

(1.8) Proposizione Siano Rm non vuoto, (fn ) una successione di funzioni


continue e limitate da in R convergente uniformemente a f in .
Allora f e continua.
172 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Dimostrazione. Sia x0 . Proviamo che f e continua in x0 , cioe che

> 0 > 0 tale che x con |x x0 | < si ha |f (x) f (x0 )| < .

Sia > 0. Poiche (fn ) converge uniformemente a f in , si ha che

n0 N tale che n n0 e x si ha |fn (x) f (x)| < 3 .

Poiche fn0 e continua, si ha che

> 0 tale che x con |x x0 | < si ha |fn0 (x) fn0 (x0 )| < 3 .

Ne segue che per ogni x con |x x0 | < si ha che



|f (x) f (x0 )| |f (x) fn0 (x)| + |fn0 (x) fn0 (x0 )| + |fn0 (x0 ) f (x0 )| < + + = .
3 3 3
Pertanto f e continua in x0 e per larbitrarieta di x0 si ha la tesi.

(1.9) Osservazione NellEsempio (1.5) abbiamo visto che la successione di funzioni


fn (x) = xn su [0, 1] non converge uniformemente al suo limite puntuale
(
0 se 0 x < 1
f (x) =
1 se x = 1.
Questo fatto si puo dedurre molto piu facilmente facendo ricorso alla Proposizione (1.8).
Infatti, poiche le funzioni fn sono continue mentre f non e continua su [0, 1], per la
Proposizione (1.8) la successione (fn ) non converge uniformemente a f su [0, 1].

2 Passaggio al limite sotto il segno di integrale e derivata

(2.1) Teorema (Passaggio al limite sotto il segno di integrale)


Sia (fn ) una successione di funzioni continue su [a, b] convergente uniformemente
a f in [a, b].
Allora Z Z Z
b b  b
f (x) dx = lim fn (x) dx = lim fn (x) dx.
a a n n a

Dimostrazione. Proviamo che


Z Z b
b

> 0 n0 N tale che n n0 si ha fn (x) dx f (x) dx < .
a a
2 Passaggio al limite sotto il segno di integrale e derivata 173

Sia > 0. Poiche (fn ) converge uniformemente a f in [a, b], esiste n0 N tale che per

ogni n n0 si ha che kfn f k < ba . Ne segue che per ogni n n0
Z Z b Z Z
b b b

fn (x) dx f (x) dx = (fn (x) f (x)) dx |fn (x) f (x)| dx
a a a a

Z b
kfn f k dx = kfn f k (b a) < (b a) = .
a ba
Pertanto Z Z
b b
lim fn (x) = f (x) dx.
n a a

(2.2) Teorema (Passaggio al limite sotto il segno di derivata)


Siano I R un intervallo aperto e (fn ) una successione di funzioni di classe C 1
su I. Supponiamo che:

i) la successione (fn ) converga puntualmente ad una funzione f su I;

ii) la successione (fn0 ) converga uniformemente ad una funzione g su ogni


sottointervallo chiuso e limitato contenuto in I.

Allora f e di classe C 1 su I e f 0 (x) = g(x) per ogni x I. In particolare si ha


che
 
f 0 = D lim fn = lim D(fn ),
n n

dove D e loperatore di derivazione.

Dimostrazione. Sia x0 I. Proviamo che f e derivabile in x0 con derivata continua


e che f 0 (x0 ) = g(x0 ).
Sia [a, b] I con x0 [a, b]. Poiche fn0 e continua su [a, b], per il Teorema
fondamentale del calcolo integrale si ha che
Z x
x [a, b] : fn (x) = fn (x0 ) + fn0 (t) dt.
x0

Introduciamo la funzione G : [a, b] R definita da


Z x
x [a, b] : G(x) = f (x0 ) + g(t) dt.
x0

Dimostriamo che (fn ) converge uniformemente a G su [a, b]. Sia > 0.


174 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Poiche per lipotesi i) (fn ) converge puntualmente a f su I, esiste n0 N tale che


per ogni n n0 si ha |fn (x0 ) f (x0 )| < 4 .
Poiche per lipotesi ii) (fn0 ) converge uniformemente a g su [a, b], esiste n1 N, n1
n0 , tale che per ogni n n1 si ha kfn0 gk <
4(ba) . Inoltre per la Proposizione (1.8)
si ha che g e continua su [a, b].
Allora per ogni n n1 e per ogni x [a, b] con x x0 si ha che
Z x Z x


|fn (x) G(x)| = fn (x0 ) + fn0 (t) dt f (x0 ) g(t) dt
x0 x0
Z x
Z x

|fn (x0 ) f (x0 )| + (fn0 (t) g(t)) dt |fn (x0 ) f (x0 )| + |fn0 (t) g(t)| dt
x0 x0
Z b Z b
|fn (x0 ) f (x0 )| + |fn0 (t) g(t)| dt |fn (x0 ) f (x0 )| + kfn0 gk dt =
a a

= |fn (x0 ) f (x0 )| + kfn0 gk (b a) < + (b a) = + = .
4 4(b a) 4 4 2
Similmente per ogni n n1 e per ogni x [a, b] con x < x0 si ha che |fn (x) G(x)| < 2 .
Quindi per ogni n n1 e per ogni x [a, b] si ha che |fn (x) G(x)| < 2 . Ne segue che
per ogni n n1

kfn Gk = sup |fn (x) G(x)| < .
x[a,b] 2
Quindi (fn ) converge uniformemente a G su [a, b]. In particolare (fn ) converge puntual-
mente a G su [a, b]. Poiche per lipotesi i) (fn ) converge puntualmente a f su I, per il
Teorema di unicita del limite si ha che G = f su [a, b]. Quindi si ha che
Z x
x [a, b] : f (x) = f (x0 ) + g(t) dt.
x0

Per il Teorema fondamentale del calcolo integrale si ha che f e derivabile in [a, b] con
f 0 (x) = g(x) per ogni x [a, b]. In particolare f e derivabile in x0 con derivata continua
e f 0 (x0 ) = g(x0 ). Per larbitrarieta di x0 si ha la tesi.
3 Approfondimenti: scambio di ordine nei limiti 175

3 Approfondimenti: scambio di ordine nei limiti

(3.1) Teorema (Scambio di ordine nei limiti)


m
Siano R non vuoto, x0 Rm un punto di accumulazione per e (fn ) una
successione di funzioni limitate da in R. Supponiamo che:

i) (fn ) converga uniformemente ad una funzione f in ;

ii) per ogni n N esista lim fn (x) = ln R.


xx0

Allora esiste lim ln = l R e si ha che lim f (x) = l. In particolare si ha che


n xx0

   
lim lim fn (x) = lim lim fn (x) .
xx0 n n xx0

Dimostrazione. Proviamo inizialmente che la successione (ln ) e di Cauchy in R, cioe


che
> 0 n0 N tale che n, m n0 si ha che |ln lm | < .

Sia > 0. Poiche (fn ) converge uniformemente a f in , esiste n0 N tale che per ogni
n N, con n n0 , si ha kfn f k < 3 . Ne segue che per ogni n N, con n n0 , e
per ogni x si ha

(3.2) |fn (x) f (x)| < .
3
In particolare per ogni n, m N, con n, m n0 , e per ogni x si ha

2
|fn (x) fm (x)| |fn (x) f (x)| + |f (x) fm (x)| < + = .
3 3 3

Poiche fn (x) ln per x x0 , si ha che

2
|ln lm | = lim |fn (x) fm (x)| < .
xx0 3

Quindi (ln ) e di Cauchy. Poiche R e uno spazio normato completo 1 , la successione (ln )
converge ad un certo l R.
Dimostriamo ora che lim f (x) = l. Poiche ln l per n +, esiste n1 N, con
xx0
n1 n0 , tale che per per ogni n N con n n1 si ha |ln l| < 3 . In particolare per
n = n1 si ha |ln1 l| < 3 . Poiche fn1 (x) ln1 per x x0 , esiste > 0 tale che per ogni
1
Uno spazio normato e completo se ogni successione di Cauchy in questo spazio e convergente (vedi
Appendice F).
176 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

x con 0 < |x x0 | < si ha |fn1 (x) ln1 | < 3 . Quindi, applicando (3.2) si ha che
per ogni x con 0 < |x x0 | <


|f (x) l| |f (x) fn1 (x)| + |fn1 (x) ln1 | + |ln1 l| < + + = .
3 3 3

Ne segue che f (x) l per x x0 , da cui la tesi.


Capitolo 8

Serie di funzioni

Nel seguito considereremo m N, m 1.

1 Nozioni preliminari sulle serie di funzioni

Introduciamo le nozioni per le funzioni reali. In modo del tutto analogo si introducono
per le funzioni complesse.

(1.1) Definizione Siano Rm non vuoto e (fn ) una successione di funzioni


da in R.
Si chiama serie di fn la scrittura formale

X
fn (x).
n=0

Per ogni x poniamo

S0 (x) = f0 (x),
n
X
Sn (x) = fk (x) = f0 (x) + f1 (x) + + fn (x), n 1.
k=0

Per ogni n, Sn e detta somma parziale n-esima della serie di fn .



X
Diciamo che fn (x) converge puntualmente in alla funzione f : R
n=0
se la successione (Sn ) converge puntualmente a f in , cioe se per ogni x

lim Sn (x) = f (x).


n

177
178 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

In tal caso f e detta somma della serie di fn e poniamo



X
x : fn (x) = lim Sn (x) = f (x).
n
n=0


X
X
Diciamo che fn (x) converge assolutamente in se la serie |fn (x)|
n=0 n=0
converge puntualmente in .


X
Fissato x , la serie fn (x) e una serie numerica. Quindi questa definizione
n=0
corrisponde a quella introdotta per le serie numeriche.

(1.2) Definizione Siano Rm non vuoto, (fn ) una successione di funzioni


limitate da in R, (Sn ) la successione delle somme parziali della serie di fn e

X
f : R una funzione. Diciamo che fn (x) converge uniformemente a f
n=0
in se la successione (Sn ) converge uniformemente a f in , cioe se

lim kSn f k = 0,
n

dove kSn f k = sup |Sn (x) f (x)|.


x

X
Diciamo che fn (x) converge totalmente (o normalmente) in se converge
n=0
la serie numerica

X
kfn k ,
n=0

dove kfn k = sup |fn (x)|.


x

(1.3) Osservazione Evidentemente le serie numeriche sono serie di funzioni costanti.


In tal caso la convergenza uniforme coincide con quella puntuale e la convergenza totale
coincide con quella assoluta.

Il prossimo risultato stabilisce quale relazione sussista fra i quattro tipi di conver-
genza introdotti per una serie di funzioni limitate.
1 Nozioni preliminari sulle serie di funzioni 179

(1.4) Proposizione Siano Rm non vuoto e (fn ) una successione di funzioni


limitate da in R.
Allora valgono le seguenti implicazioni fra i vari tipi di convergenza della serie

X
fn (x):
n=0

Convergenza totale = Convergenza uniforme


w w
w w
 

Convergenza assoluta = 1 Convergenza puntuale


X
Dimostrazione. Se fn (x) converge assolutamente in , allora per il Criterio della
n=0
X
convergenza assoluta fn (x) converge puntualmente in e si ha
n=0

X
X

x : fn (x) |fn (x)|.

n=0 n=0


X
Se fn (x) converge uniformemente in , allora la successione (Sn ) delle somme parziali
n=0
della serie di fn converge uniformemente in . Per la Proposizione (1.7) del Capitolo 7

X
(Sn ) converge puntualmente in e quindi fn (x) converge puntualmente in .
n=0

X
X
Se fn (x) converge totalmente in , allora kfn k converge. Essendo |fn (x)|
n=0 n=0

X
kfn k per ogni x , per il Criterio del confronto anche |fn (x)| converge per ogni
n=0

X
x , quindi fn (x) converge assolutamente in .
n=0

X
X
Infine, supponiamo che fn (x) converga totalmente in , cioe che kfn k
n=0 n=0

X
converga. Dimostriamo che fn (x) converge uniformemente in . Per quanto visto
n=0
X
nei passi precedenti, la serie fn (x) converge assolutamente e puntualmente in con
n=0

X
X

(1.5) x : fn (x) |fn (x)|.

n=0 n=0
1
Vale piu in generale anche per funzioni non limitate.
180 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

n
X
X
Siano Sn (x) = fk (x) la somma parziale n-esima della serie e f (x) = fk (x) la
k=0 k=0
somma della serie. Per ogni x si ha che
n


X X X

|Sn (x) f (x)| = fk (x) fk (x) = fk (x)
x

k=0 k=0 k=n+1
(1.5)


X
X
|fk (x)|
x kfk k .
k=n+1 k=n+1
|fk (x)|kfk k

Ne segue che

X
kSn f k = sup |Sn (x) f (x)| kfk k .
x k=n+1

X
Poiche kfk k converge, allora
k=0

n
!
X X X X X
lim kfk k = lim kfk k kfk k = kfk k kfk k = 0.
n n
k=n+1 k=0 k=0 k=0 k=0

Per il Secondo teorema del confronto (sui limiti) anche

lim kSn f k = 0
n


X
da cui segue che fn (x) converge uniformemente in .
n=0

(1.6) Proposizione Siano Rm non vuoto, (fn ) una successione di funzioni


continue e limitate da in R e f : R una funzione.

X
Se fn (x) converge uniformemente a f in , allora f e continua.
n=0

Dimostrazione. Si applica la Proposizione (1.8) del Capitolo 7 alla successione (Sn )


delle somme parziali della serie di fn .

(1.7) Osservazione Fra convergenza uniforme e convergenza assoluta non ce alcuna


implicazione. Questo significa che esistono serie che convergono uniformemente ma non
assolutamente e serie che convergono assolutamente ma non uniformemente.
(1)n
Per esempio, la serie di funzioni costanti fn (x) = n converge uniformemente
ma non assolutamente su R. Infatti, per lOsservazione (1.3) la convergenza uniforme
1 Nozioni preliminari sulle serie di funzioni 181


X (1)n
coincide con quella puntuale, ed essendo convergente , converge anche uni-
n=1
n
formemente in R. Inoltre per ogni x R si ha che

X X (1)n X 1
|fn (x)| =
n = e divergente.
n=1 n=1
n n=1


X
Quindi fn (x) non converge assolutamente.
n=1
Un esempio di serie convergente assolutamente ma non uniformemente e

X 
arctan (nx) arctan [(n 1)x] .
n=1

E una serie di funzioni continue su R. Per ogni n 1 poniamo fn (x) = arctan (nx)
arctan [(n 1)x].
Osserviamo che la serie data e telescopica. Consideriamo inizialmente la convergenza
puntuale. La somma parziale n-esima della serie e
n
X n 
X 
Sn (x) = fk (x) = arctan (kx) arctan [(k 1)x] =
k=1 k=1

= arctan x + arctan 2x arctan x + + arctan (nx) arctan [(n 1)x] =


= arctan (nx).

Quindi la somma della serie e



se x < 0
2


f (x) = lim Sn (x) = lim arctan (nx) = 0 se x = 0
n n


2 se x > 0.

Quindi la serie converge puntualmente in R alla funzione f . Osserviamo che fn e continua


in R, mentre f non e continua in 0. Per la Proposizione (1.6) la serie data non converge
uniformemente e totalmente in R.
Infine consideriamo la convergenza assoluta. Osserviamo che fn (x) 0 se e solo se

X
x 0. Inoltre fn e dispari. Ne segue che se x 0, allora la serie |fn (x)| converge a
n=1

X
X
f (x); se x < 0, allora la serie |fn (x)| = fn (x) converge a f (x) = 2 . Quindi la
n=1 n=1
serie data converge assolutamente in R a
(
0 se x = 0
g(x) =
= |f (x)|.
2 se x 6= 0
182 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(1.8) Teorema (Criterio di Weierstrass) Siano Rm non vuoto e (fn )


una successione di funzioni da in R. Suppponiamo che esista una successione
(Mn ) in R tale che:

i) |fn (x)| Mn per ogni x e ogni n N;



X
ii) la serie Mn sia convergente.
n=0


X
Allora fn (x) converge totalmente in .
n=0

Dimostrazione. Poiche |fn (x)| Mn per ogni x e ogni n N si ha che

kfn k = sup |fn (x)| Mn .


x


X
X
Poiche Mn converge, per il Criterio del confronto anche kfn k converge e quindi
n=0 n=0

X
fn (x) converge totalmente in .
n=0

(1.9) Osservazione Per lipotesi i) le funzioni fn sono tutte limitate.

1.1 Integrazione e derivazione termine a termine

(1.10) Teorema (di integrazione termine a termine) Sia (fn ) una



X
successione di funzioni continue in [a, b]. Supponiamo che fn (x) converga
n=0
uniformemente ad una funzione f in [a, b].
Allora Z b Z
bX Z
X b
f (x) dx = fn (x) dx = fn (x) dx.
a a n=0 n=0 a

(Si dice che la serie e integrabile termine a termine).

Dimostrazione. Si applica il Teorema di passaggio al limite sotto il segno di integrale


alla successione delle somme parziali della serie di fn (vedi Teorema (2.1) del Capitolo 7).
1.1 Integrazione e derivazione termine a termine 183

(1.11) Teorema (di derivazione termine a termine) Siano I R un in-


tervallo aperto e (fn ) una successione di funzioni di classe C 1 su I. Supponiamo
che:

X
i) fn (x) converga puntualmente ad una funzione f su I;
n=0

X
ii) fn (x) converga uniformemente ad una funzione g su ogni sottointervallo
n=0
chiuso e limitato contenuto in I.

Allora f e di classe C 1 su I e f (x) = g(x) per ogni x I. In particolare si ha


che per ogni x I

!
X X

f (x) = D fn (x) = Dfn (x),
n=0 n=0

dove D e loperatore di derivazione. (Si dice che la serie e derivabile termine a


termine).

Dimostrazione. Si applica il Teorema di passaggio al limite sotto il segno di derivata


alla successione delle somme parziali della serie di fn (vedi Teorema (2.2) del Capitolo 7).
184 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(1.12) Osservazione Abbiamo gia osservato che le serie numeriche sono particolari
serie di funzioni (costanti).
Nei prossimi capitoli studieremo con maggiore attenzione serie di funzioni non
costanti che godono di particolari proprieta. Piu precisamente ci occuperemo di se-
rie di potenze, serie di Taylor (e di McLaurin), serie di Fourier. Da un punto di vista
grafico possiamo cos rappresentare questi insiemi di serie di funzioni:

Serie di funzioni

Serie numeriche
Serie di potenze

Serie di Taylor
e di McLaurin
Serie di Fourier
1.2 Approfondimenti: limite di una serie 185

1.2 Approfondimenti: limite di una serie

(1.13) Teorema (Limite di una serie)


Siano Rm non vuoto, x0 Rm un punto di accumulazione per e (fn ) una
successione di funzioni limitate da in R. Supponiamo che:

X
i) fn (x) converga uniformemente ad una funzione f in ;
n=0

ii) per ogni n N esista lim fn (x) = ln R.


xx0


X
Allora ln converge a l R e si ha che lim f (x) = l. In particolare si ha che
xx0
n=0


!  
X X
lim fn (x) = lim fn (x) .
xx0 xx0
n=0 n=0

Dimostrazione. Si applica il Teorema sullo scambio di ordine nei limiti alla successione
delle somme parziali (Sn ) della serie di fn (vedi Teorema (3.1) del Capitolo 7).
186 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

2 Serie di potenze

Introduciamo le serie di potenze reali. Per quelle complesse si veda pag. 213.

(2.1) Definizione Siano x0 R e (an ) una successione di numeri reali. Si


chiama serie di potenze centrata in x0 la serie di funzioni

X
an (x x0 )n ,
n=0

con la convenzione che 00 = 1.



X
Si chiama raggio di convergenza della serie di potenze an (x x0 )n lentita
n=0
(
)
X
n
R = sup t R : an t e convergente .
n=0

Con il cambiamento di variabile t = x x0 la serie di potenze centrata in x0 diventa


una serie di potenze centrata in 0. Infatti,

X
X
an (x x0 )n =
x an tn .
n=0
n=0
t=xx0

Poiche la serie di potenze converge certamente in x = x0 , ovvero in t = 0, si ha che


R [0, +].
Per semplicita espositiva, nel seguito considereremo serie di potenze centrate in 0.

(2.2) Teorema (sullinsieme di convergenza)



X
Siano an xn una serie di potenze e R [0, +] il suo raggio di convergenza.
n=0
Valgono i seguenti fatti:

X
i) se R = 0, allora la serie an xn converge solo in x = 0;
n=0

X
ii) se 0 < R < +, allora la serie an xn converge assolutamente nellin-
n=0
tervallo (R, R) e uniformemente in ogni intervallo [k, k], con 0 < k <
R;

X
iii) se R = +, allora la serie an xn converge assolutamente in R e
n=0
uniformemente in ogni intervallo [k, k], con k > 0.
2 Serie di potenze 187

Dimostrazione. La i) e ovvia. Proviamo ii). Sia x (R, R). Essendo


(
)
X
n
R = sup t R : an t e convergente ,
n=0


X
X
esiste |x| < x1 < R tale che an xn1 converge. Per il Criterio del confronto an xn
n=0 n=0
converge assolutamente e per larbitrarieta di x (R, R) la serie di potenze converge
assolutamente in (R, R).
Sia ora 0 < k < R. Per quanto appena dimostrato la serie di potenze converge
assolutamente in k. Inoltre per ogni x [k, k] si ha che per ogni n N

|an xn | = |an ||x|n |an |kn .



X
Per il Criterio del Weierstrass an xn converge totalmente, e quindi uniformemente, in
n=0
[k, k].
Infine la iii) si prova in modo analogo alla ii).


X
(2.3) Teorema (di Abel) Siano an xn una serie di potenze e R (0, +)
n=0
il suo raggio di convergenza.

X
Se la serie di potenze an xn converge anche in x = R (risp. x = R), allora
n=0
converge uniformemente in ogni intervallo [k, R] (risp. [R, k]), con 0 < k < R.
In particolare, se converge in x = R, allora converge uniformemente in [R, R].

Per la dimostrazione si veda pag. 199.



X xn
(2.4) Esempio Consideriamo la serie di potenze . Determiniamo il raggio di
n n=0
convergenza. Al momento non abbiamo strumenti per determinare il raggio di conver-
genza e quindi dobbiamo ricorrere alla definizione. Vedremo in seguito alcuni modi per
determinarlo (Teoremi (2.6) e (2.8)).
Sia x R. Si ha che n
x
|x|n .
n

X
Poiche la serie geometrica |x|n converge se e solo se |x| < 1, per il Criterio del
n=0
confronto la serie di potenze converge in ogni x con |x| < 1. Consideriamo ora x con
188 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

|x| 1. Si ha che


X xn X 1
x=1 = = = diverge;
n=0
n n=0
n


X xn X (1)n
x = 1 = = = converge;
n=0
n n=0
n

(
xn + se x > 1 X xn
|x| > 1 = lim = = non converge.
n n 6 se x < 1 n
n=0

Quindi
(
)
X xn
xR: e convergente = [1, 1).
n=0
n

Ne segue che il raggio di convergenza e R = sup[1, 1) = 1. La serie di potenze converge


assolutamente in (1, 1) e per il Teorema di Abel converge uniformemente in [1, k],
per ogni 0 < k < 1.


X
(2.5) Osservazione Siano an xn una serie di potenze, I R linsieme di conver-
n=0
genza puntuale della serie e f : I R la somma della serie.
Allora f e continua.

Dimostrazione. Sia x0 I. Dimostriamo che la funzione f : I R definita da


X
x I : f (x) = an xn
n=0

e continua in x0 .
Se il raggio di convergenza della serie e R = 0, allora x0 = 0, I = {0} e la tesi e
ovvia. Sia quindi R (0, +]. Se x0 = 0, essendo R > 0 la serie di potenze converge
uniformemente in [k, k] per ogni 0 < k < R. Poiche le funzioni fn (x) = an xn sono
continue su I, quindi anche su [k, k], per la Proposizione (1.6) f e continua su [k, k],
quindi anche in x0 = 0. Supponiamo che x0 > 0 (analogamente se x0 < 0). Le funzioni
fn (x) = an xn sono continue su I, quindi anche su [0, x0 ]. Per i Teoremi (2.2) e (2.3) la
serie converge uniformemente in [0, x0 ]. Per la Proposizione (1.6) f e continua in [0, x0 ]
e in particolare in x0 . Per larbitrarieta di x0 si ha la tesi.
2 Serie di potenze 189


X
(2.6) Teorema (della radice o di Cauchy-Hadamard) Sia an xn una
n=0
serie di potenze. Supponiamo che esista
q
n
lim |an | = l [0, +].
n

Allora il raggio di convergenza della serie di potenze e



+ se l = 0


1
R= se 0 < l < +


l

0 se l = +.

Dimostrazione. Sappiamo che la serie di potenze converge in x = 0. Sia x 6= 0.



X
Applichiamo il Criterio della radice alla serie numerica |an xn |. Si ha che
n=0


0 se l = 0
q q
n n
lim |an xn | = lim |an | |x| = l|x| se 0 < l < +
n n


+ se l = +.

X
X
n
Se l = 0, allora per il Criterio della radice |an x | converge. Quindi an xn converge
n=0 n=0
assolutamente e di conseguenza converge in ogni x 6= 0. Pertanto
(
)
X
n
xR: an x e convergente =R
n=0

e il raggio di convergenza della serie di potenze e R = +.



X
Se 0 < l < +, allora per il Criterio della radice |an xn | converge se l|x| < 1
n=0

X
1
e diverge se l|x| > 1. Quindi se |x| < l, allora an xn converge assolutamente e di
n=0
conseguenza converge.

X
Se |x| > 1l , allora an xn non converge assolutamente. Se per assurdo convergesse
n=0
in qualche x con |x| > 1l , allora il raggio di convergenza della serie sarebbe R |x| > 1
l
e quindi per il Teorema (2.2) la serie convergerebbe assolutamente in (R, R). Quindi
1
convergerebbe assolutamente in qualche t con |t| > l, contraddicendo quanto appena
dimostrato. Ne segue che
  (
)  
1 1 X
n 1 1
, xR: an x e convergente , .
l l n=0
l l
190 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Quindi
  (
)  
1 1 X
n 1 1
sup , sup x R : an x e convergente sup , .
l l n=0
l l
| {z } | {z } | {z }
= 1l =R = 1l

Ne segue che il raggio di convergenza della serie di potenze e R = 1l .



X
X
Se l = +, allora per il Criterio della radice |an xn | diverge e quindi an xn
n=0 n=0
non converge assolutamente in alcun x 6= 0. Se per assurdo convergesse in qualche
x 6= 0, allora il raggio di convergenza della serie sarebbe R |x| > 0 e quindi per il
Teorema (2.2) la serie convergerebbe assolutamente in (R, R). Quindi convergerebbe
assolutamente in qualche t 6= 0, contraddicendo quanto appena dimostrato. Pertanto
(
)
X
n
xR: an x e convergente = {0}
n=0

e il raggio di convergenza della serie di potenze e R = 0.

q
n
(2.7) Osservazione Se non esiste lim |an |, allora NON possiamo concludere nulla
n
sul raggio di convergenza della serie di potenze utilizzando il Teorema della radice. E
necessario ricorrere ad un altro metodo per determinarlo.


X
(2.8) Teorema (del rapporto o di DAlembert) Sia an xn una serie di
n=0
potenze. Supponiamo che esista

an+1
lim
= l [0, +].
n a
n

Allora il raggio di convergenza della serie di potenze e



+ se l = 0


1
R= se 0 < l < +


l

0 se l = +.

Dimostrazione. Sappiamo che la serie di potenze converge in x = 0. Sia x 6= 0.



X
Applichiamo il Criterio del rapporto alla serie numerica |an xn |. Si ha che
n=0


0 se l = 0
a n+1
n+1 x an+1

lim = lim
|x| = l|x| se 0 < l < +
n an xn n an


+ se l = +.
2 Serie di potenze 191

Da qui in poi la dimostrazione procede in modo del tutto identico a quella del Teorema
della radice.


an+1
(2.9) Osservazione Se non esiste lim
, allora NON possiamo concludere nulla
n a n
sul raggio di convergenza della serie di potenze utilizzando il Teorema del rapporto. E
necessario ricorrere ad un altro metodo per determinarlo.

(2.10) Osservazione Come gia visto nel capitolo sulle serie numeriche (vedi Osser-
vazione (2.27) del Capitolo
6 e Teorema (1.10) dellAppendice E), se (an ) e una succes-
an+1 q
sione e se lim = l, allora anche lim n |an | = l. In altri termini, il Teorema
n+ an n+
della radice e piu generale di quello del rapporto.
q an+1
n
Si osservi che se non esiste lim |an |, allora non esiste neppure lim . Quindi
n n an
in tal caso NON e possibile ne applicare il Teorema della radice ne quello del rapporto
per determinare il raggio di convergenza della serie. E necessario ricorrere ad un altro
metodo per determinarlo.

X
(2.11) Esempio Consideriamo la serie di potenze (2n + 3n ) xn . Determiniamo il
n=0
raggio di convergenza. Proviamo ad applicare il Teorema della radice. Si ha che
r
n 2
n
lim n 2n + 3n = lim 3 + 1 = 3.
n n 3n
1
Quindi il raggio di convergenza della serie di potenze e R = 3. Ne segue che la serie
 
converge assolutamente in 13 , 13 .
Consideriamo ora x = 13 . Si ha che

1 2n + 3n X 2n + 3n
x= = lim = 1 6= 0 = diverge;
3 n 3n n=0
3n

1 2n + 3n X 2n + 3n
x= = lim(1)n 6 = (1)n non converge.
3 n 3n n=0
3n

X  
Quindi la serie di potenze (2n + 3n ) xn converge puntualmente in 13 , 13 e uni-
n=0
formemente in [k, k] per ogni 0 < k < 13 .

X
(2.12) Esempio Consideriamo la serie di potenze n! xn . Determiniamo il raggio di
n=0
convergenza. Proviamo ad applicare il Teorema del rapporto. Si ha che
(n + 1)! (n + 1) n!
lim = lim = lim(n + 1) = +.
n n! n n! n
192 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Quindi il raggio di convergenza della serie di potenze e R = 0. Ne segue che la serie


converge solo in x = 0.

X 2n
(2.13) Esempio Consideriamo la serie di potenze xn . Determiniamo il raggio
n=0
n!
n
di convergenza. Proviamo ad applicare il Teorema del rapporto. Posto an = 2n! , si ha
che
an+1 2n+1 n! 2 2n n! 2
lim = lim n = lim n = lim = 0.
n an n (n + 1)! 2 n (n + 1) n! 2 n n+1

Quindi il raggio di convergenza della serie di potenze e R = +. Ne segue che la serie



X 2n n
di potenze x converge assolutamente su tutto R e uniformemente su [k, k], per
n=0
n!
ogni k > 0.

X
(2.14) Osservazione Sia x0 R e consideriamo la serie di potenze an (x x0 )n .
n=0
Il raggio di convergenza R della serie si puo determinare come negli esempi precedenti,
mediante i teoremi della radice o del rapporto. Si ha che

X
i) se R = 0, la serie an (x x0 )n converge solo in x0 ;
n=0

X
ii) se 0 < R < +, la serie an (x x0 )n converge assolutamente nellintervallo
n=0
(x0 R, x0 + R) e uniformemente in ogni intervallo [a, b], con x0 R < a < b <
x0 + R;

X
iii) se R = +, la serie an (x x0 )n converge assolutamente in R e uniformemente
n=0
in ogni intervallo [a, b], con a < b.

X
Inoltre, se R (0, +) e la serie di potenze an (x x0 )n converge anche in
n=0
x = x0 + R (risp. x = x0 R), allora converge uniformemente in ogni intervallo
[a, x0 + R] (risp. [x0 R, b]), con x0 R < a < x0 + R (risp. x0 R < b < x0 + R). In
particolare, se converge in x = x0 R, allora converge uniformemente in [x0 R, x0 + R].

Dimostrazione. Per esercizio.

Suggerimento

X
Nelle applicazioni, data la serie di potenze an (x x0 )n , conviene ricondursi ad una
n=0
serie centrata in 0 mediante il cambiamento di variabile t = xx0 . Determinato il raggio
di convergenza R e gli insiemi di convergenza puntuale e uniforme della serie di potenze
2 Serie di potenze 193

X
an tn , si determinano quelli della serie centrata in x0 (il raggio e lo stesso) mediante
n=0
il cambiamento di variabile inverso, cioe x = t + x0 .


1X
(2.15) Esempio Consideriamo la serie di potenze n log (n + 1)
(x 1)n . E una
n=1
2
serie di potenze centrata in x0 = 1. Posto t = x 1 si ha che


X 1 n
X 1
n
(x 1) = n
tn
n=1
2 log (n + 1) n=1
2 log (n + 1)

che e una serie di potenze centrata in 0. Determiniamo il raggio di convergenza.


Proviamo ad applicare il Teorema della radice. Si ha che

s
1 1 1
lim n
= lim p = .
n 2n log (n + 1) n 2 n log (n + 1) 2

Quindi il raggio di convergenza della serie di potenze e R = 2. Ne segue che la serie di



X 1
potenze n
tn converge assolutamente in (2, 2).
n=1
2 log (n + 1)
Consideriamo ora t = 2. Si ha che


X 1
t=2 = .
n=1
log (n + 1)

1 1
Essendo log (n+1) > n+1 , per il Criterio del confronto questa serie diverge. Inoltre


X (1)n
t = 2 = .
n=1
log (n + 1)

Per il Criterio di Leibniz questa serie converge. Quindi la serie di potenze centrata

X 1
in 0, n
tn , converge puntualmente in [2, 2) e, per il Teorema di Abel,
n=1
2 log (n + 1)
uniformemente in [2, k] per ogni 0 < k < 2.

1X
Essendo x = t + 1, si ha che la serie (x 1)n converge puntual-
n=1
log (n + 2n
1)
mente in [1, 3) e uniformemente in [1, b] con 1 < b < 3.
194 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

2.1 Somma e prodotto di serie di potenze


X
X
(2.16) Teorema (Somma di serie di potenze) Siano an xn e bn xn
n=0 n=0
due serie di potenze con raggi di convergenza rispettivamente R1 e R2 .

X
Allora la serie di potenze (an + bn )xn ha raggio di convergenza R
n=0
min{R1 , R2 }.
Se R1 6= R2 , allora il raggio di convergenza e R = min{R1 , R2 }.
Inoltre, per ogni x R con |x| < min{R1 , R2 } si ha che

X
X
X
(an + bn )xn = an xn + bn xn .
n=0 n=0 n=0

Dimostrazione. Sia Rm = min{R1 , R2 }. Se x R con |x| < Rm , allora le se-



X
X
rie an xn e bn xn convergono e quindi per lalgebra delle serie converge anche
n=0 n=0

X
(an + bn )xn e si ha che
n=0

X
X
X
n n
(an + bn )x = an x + bn xn .
n=0 n=0 n=0

In particolare
(
)
X
(Rm , Rm ) xR: (an + bn )xn e convergente .
n=0

X
Quindi il raggio di convergenza R della serie (an + bn )xn e tale che
n=0
(
)
X
n
R = sup x R : (an + bn )x e convergente sup(Rm , Rm ) = Rm .
n=0

Infine, sia R1 6= R2 , per esempio R1 < R2 (analogamente si procede se R1 > R2 ). In



X
questo caso Rm = min{R1 , R2 } = R1 . Sia R1 < x < R2 e proviamo che (an + bn )xn
n=0
non converge. Infatti, se per assurdo convergesse, essendo

an xn = (an + bn )xn bn xn ,

X
allora per lalgebra delle serie anche la serie an xn convergerebbe: assurdo perche
n=0

X
x > R1 . Quindi il raggio di convergenza R della serie (an + bn )xn e R R1 = Rm .
n=0
Essendo R Rm , si ha che R = Rm = min{R1 , R2 }.
2.1 Somma e prodotto di serie di potenze 195

(2.17) Osservazione Si ha che:

a) se R1 = R2 = +, evidentemente R = +;

b) se i raggi delle due serie coincidono, puo succedere che il raggio di convergenza R
della serie somma sia maggiore del loro comune valore. Infatti, se consideriamo
ad esempio bn = an , e se R1 (0, +) e il raggio di convergenza della serie di

X
X
potenze an xn , allora il raggio di convergenza della serie di potenze bn xn e
n=0 n=0
evidentemente R2 = R1 e essendo an + bn = an an = 0, la serie somma e nulla e
ha raggio di convergenza R = + > R1 .


X
(2.18) Teorema (Prodotto di Cauchy di serie di potenze) Siano an xn
n=0

X
n
e bn x due serie di potenze con raggi di convergenza rispettivamente R1 e R2 .
n=0

X
Allora il prodotto di Cauchy delle serie, cioe la serie di potenze cn xn , dove
n=0

n
X
cn = ak bnk ,
k=0

ha raggio di convergenza R min{R1 , R2 }.


Inoltre, per ogni x R con |x| < min{R1 , R2 } si ha che

!
!
X X X
n n n
cn x = an x bn x .
n=0 n=0 n=0

Dimostrazione. Sia Rm = min{R1 , R2 }. Se x R con |x| < Rm , allora le serie

X
X
an xn e bn xn convergono assolutamente. Poiche
n=0 n=0

n
X n
X
k nk
(ak x )(bnk x )= ak bnk xn = cn xn ,
k=0 k=0


X
per il Teorema di Mertens sul prodotto di serie, la serie cn xn converge. In particolare
n=0
(
)
X
n
(Rm , Rm ) xR: cn x e convergente .
n=0
196 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II


X
Quindi il raggio di convergenza R della serie cn xn e tale che
n=0
(
)
X
R = sup x R : cn xn e convergente sup(Rm , Rm ) = Rm .
n=0

Infine, sempre per il Teorema di Mertens sul prodotto di serie, si ha che se x R con
|x| < Rm , allora ! !

X
X
X
cn xn = an xn bn xn .
n=0 n=0 n=0

2.2 Integrazione e derivazione termine a termine per le serie di potenze

(2.19) Teorema (di derivazione termine a termine per le serie di



X
potenze) Siano an xn una serie di potenze e R (0, +] il suo raggio di
n=0
convergenza.

X
Allora anche la serie di potenze nan xn1 ha raggio di convergenza R e si ha
n=1
che !

X
X
X
n
x (R, R) : D an x = D (an xn ) = nan xn1 ,
n=0 n=0 n=1

dove D e loperatore di derivazione.


X
Dimostrazione. Denotiamo con R1 il raggio di convergenza della serie nan xn1 .
n=1
Dimostriamo che R1 = R. Per assurdo supponiamo che R1 6= R.
Se fosse R1 > R, allora esisterebbe x R con R < |x| < R1 tale che la serie

X
nan xn1 convergerebbe assolutamente. Poiche |an xn1 | |nan xn1 | per ogni n 1,
n=1

X
per il Criterio del confronto anche an xn1 convergerebbe assolutamente. Essendo
n=1


X
X
X
n n1
|an xn1 |,

|an x | = an1 x = |x|
n=1 n=2 n=1


X
per il Criterio del confronto anche an xn convergerebbe assolutamente: assurdo perche
n=0
|x| > R. Quindi R1 R.
2.2 Integrazione e derivazione termine a termine per le serie di potenze 197


X
Se fosse R1 < R, allora esisterebbe x R con R1 < |x| < R tale che la serie an xn
n=0

X
convergerebbe assolutamente. Sia t R tale che |x| < t < R. Quindi anche an tn
n=0
convergerebbe assolutamente. Poiche
 n
|x|
lim(n + 1) = 0,
n t
 
|x| n
fissato > 0 esiste n0 N tale che per ogni n n0 si ha (n + 1) t . Allora
 n
n|x|
|(n + 1)an+1 x | = (n + 1) |an+1 |tn |an+1 |tn+1 .
t t
Essendo

X tX
|an tn | = |a tn+1 ,
n=1
n=0 t n+1|

X
X
per il Criterio del confronto anche (n + 1)an+1 xn = nan xn1 convergerebbe as-
n=0 n=1
solutamente: assurdo perche |x| > R1 . Quindi R1 R. Ne segue che R1 = R.
Infine, applicando il Teorema di derivazione per serie (vedi Teorema (1.11)) alla

X
serie di potenze an xn , si ha che
n=0


!
X X X
x (R, R) : D an xn = D (an xn ) = nan xn1 .
n=0 n=0 n=1

(2.20) Teorema (di integrazione termine a termine per le serie di



X
potenze) Siano an xn una serie di potenze e R (0, +] il suo raggio di
n=0
convergenza.

1 X
Allora anche la serie di potenze an xn+1 ha raggio di convergenza R e per
n=0
n + 1
ogni x appartenente allintervallo di convergenza si ha che
Z
! Z 
x X X x X 1
n n
an t dt = an t dt = an xn+1 .
0 n=0 n=0 0 n=0
n + 1

 
1
Dimostrazione. Poiche an xn = D n+1 an+1 x
n+1 , dove D e loperatore di derivazione,
per il teorema precedente anche il raggio di convergenza della serie di potenze

X 1
an xn+1 e R. Inoltre, per ogni x appartenente allintervallo di convergenza,
n=0
n + 1
198 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II


X
la serie di potenze an tn converge uniformemente nellintervallo di estremi 0 e x, non
n=0
necessariamente in questo ordine. Applicando il Teorema di integrazione per serie (ve-

X
di Teorema (1.10)) alla serie di potenze an xn si ha che per ogni x appartenente
n=0
allintervallo di convergenza
Z
! Z 
x X X x X 1
n n
an t dt = an t dt = an xn+1 .
0 n=0 n=0 0 n=0
n + 1
2.3 Approfondimenti: dimostrazione del Teorema di Abel 199

2.3 Approfondimenti: dimostrazione del Teorema di Abel


X
(2.3) Teorema (di Abel) Siano an xn una serie di potenze e R (0, +)
n=0
il suo raggio di convergenza.

X
Se la serie di potenze an xn converge anche in x = R (risp. x = R), allora
n=0
converge uniformemente in ogni intervallo [k, R] (risp. [R, k]), con 0 < k < R.
In particolare, se converge in x = R, allora converge uniformemente in [R, R].

Dimostrazione. Consideriamo il caso in cui la serie converge in x = R (analogamente


n
X
si procede nellaltro caso). Sia Sn (x) = ak xk la somma parziale n-esima della serie
k=0
di potenze. Dimostriamo che la successione (Sn ) e di Cauchy uniformemente in [0, R],
cioe che
> 0 n0 N : n > n0 , p > 0 : kSn+p Sn k < ,

dove kSn+p Sn k = sup |Sn+p (x) Sn (x)|.


x[0,R]
Poiche la serie converge in x = R, allora la successione reale (Sn (R)) e di Cauchy.
Quindi fissato > 0 esiste n0 N tale che per ogni n > n0 e per ogni p > 0 si ha che
n+p n+p
X Xn X

ak Rk ak Rk = ak Rk < .

|Sn+p (R) Sn (R)| =

k=0 k=0 k=n+1

Sia x [0, R]. Si ha che



n+p n+p  k p  n+j
X X x X x
|Sn+p (x)Sn (x)| = ak xk = ak Rk =
x an+j Rn+j .
k=n+1 k=n+1 R
j=1 R

j=kn

Poniamo b0 = c0 = 0 e
 n+j j
x X
j = 1, . . . , n : bj = , j = an+j Rn+j , cj = m .
R m=1

Osserviamo che
p
X p
X
bj j = bp cp (bj bj1 )cj1 .
j=1 j=1

Infatti, essendo j = cj cj1 , si ha che

bj cj bj1 cj1 = bj cj bj cj1 + bj cj1 bj1 cj1 =


= bj (cj cj1 ) + (bj bj1 ) cj1 = bj j + (bj bj1 )cj1 .
200 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Poiche
p
X
(bj cj bj1 cj1 ) = (b1 c1 b0 c0 ) + (b2 c2 b1 c1 ) + + (bp cp bp1 cp1 ) = bp cp ,
j=1

si ottiene che
p
X p
X p
X
bj j + (bj bj1 )cj1 = (bj cj bj1 cj1 ) = bp cp
j=1 j=1 j=1

da cui segue immediatamente che


p
X p
X
bj j = bp cp (bj bj1 )cj1 .
j=1 j=1


x n+j
Essendo bj = R , j = an+j Rn+j e

j
X j
X
cj = m = an+m Rn+m = Sn+j (R) Sn (R),
m=1 m=1

luguaglianza appena provata diventa


p  n+j
X x
an+j Rn+j =
j=1
R

 n+p p  n+j  n+j1 !


x X x x
= (Sn+p (R) Sn (R)) (Sn+j1 (R) Sn (R)) .
R j=1
R R

Quindi per ogni n > n0 e p > 0 si ha che



p  n+j
X x
|Sn+p (x) Sn (x)| = an+j Rn+j
j=1 R

 n+p p  n+j1  n+j !


x X x x
|Sn+p (R) Sn (R)) | + |Sn+j1 (R) Sn (R)| <
R | {z } j=1
R R | {z }
| {z } < <
<1

p  n+j1  n+j !
X x x
< 1 + .
j=1
R R

Poiche n+j !
p  n+j1 
X x x
=
j=1
R R
 n  n+1  n+1  n+2  n+p1  n+p
x x x x x x
= + + =
R R R R R R
 n  n+p
x x
= 2,
R R
2.3 Approfondimenti: dimostrazione del Teorema di Abel 201

per ogni n > n0 e p > 0 e per ogni x [0, R] si ha che

|Sn+p (x) Sn (x)| < 3.

Ne segue che per ogni n > n0 e p > 0

kSn+p Sn k = sup |Sn+p (x) Sn (x)| 3.


x[0,R]

Poiche lo spazio delle funzioni limitate in munito della norma k k e completo2 ,


allora la successione (Sn ) converge uniformemente in [0, R]. Quindi la serie di potenze
converge uniformemente in [0, R]. Poiche la serie di potenze converge uniformemente
anche in [k, k], per ogni 0 < k < R, ne segue che converge uniformemente in [k, R]3 ,
per ogni 0 < k < R.

3
Uno spazio normato e completo se ogni successione di Cauchy in questo spazio e convergente (vedi
Appendice F).  
3
Si osservi che sup max sup , sup .
x[k,R] x[k,k] x[0,R]
202 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

2.4 Serie di Taylor

(2.21) Definizione Siano I R un intervallo aperto, x0 I e f : I R una


funzione di classe C su I. Si chiama serie di Taylor di f centrata in x0 la
serie di potenze

X 1
f (n) (x0 )(x x0 )n ,
n=0
n!

dove f (n) (x0 ) e la derivata n-esima di f in x0 (con la convenzione che f (0) (x0 ) =
f (x0 )).
Se x0 = 0 la serie di Taylor e anche detta serie di McLaurin.

(2.22) Osservazione Per la Formula di Taylor con il resto di Peano se x0 I e


f : I R e una funzione di classe C su I, allora per ogni n N si ha che

1 (n)
f (x) = f (x0 ) + f (x0 )(x x0 ) + + f (x0 )(x x0 )n + o ((x x0 )n ) , x x0
n!
n
X 1
= f (k) (x0 )(x x0 )k + o ((x x0 )n ) , x x0 ,
k=0
k!

n
X 1
dove f (k) (x0 )(x x0 )k e il Polinomio di Taylor di f di grado (o ordine) n.
k=0
k!
Osserviamo che la somma parziale n-esima della serie di Taylor di f e proprio questo
polinomio.
Poiche la serie di Taylor appare come una generalizzazione dello sviluppo di Taylor,
e lecito chiedersi se la serie di Taylor della funzione f converge a f , cioe se per ogni x
appartenente allintervallo di convergenza della serie di Taylor di f si ha che

X 1
f (x) = f (n) (x0 )(x x0 )n .
n=0
n!

In generale la risposta e negativa, come mostra questo esempio. Sia f : R R definita


da ( 1
e x2 se x 6= 0
f (x) =
0 se x = 0.
Si prova facilmente che questa funzione e di classe C su R con f (n) (0) = 0 per ogni
n N. Quindi la serie di McLaurin di f e

X 1
x R : f (n) (0)xn = 0.
n=0
n!
2.4 Serie di Taylor 203

Ne segue che

X 1
x 6= 0 : f (x) 6= f (n) (0)xn .
n=0
n!

(2.23) Definizione Siano I R un intervallo aperto, x0 I e f : I R una


funzione di classe C su I. Diciamo che f e sviluppabile in serie di Taylor
in x0 (o che f e analitica in x0 ) se esiste > 0 tale che la serie di Taylor di f
centrata in x0 converge in (x0 , x0 + ) a f , cioe se

X 1
x (x0 , x0 + ) : f (x) = f (n) (x0 )(x x0 )n .
n=0
n!

Diciamo che f e analitica in I se f e analitica in ogni x0 I.

La funzione dellesempio precedente non e analitica in 0.


1
(2.24) Esempio La funzione f (x) = 1x e analitica in 0. Infatti, f e di classe C in
(1, 1) e per ogni n N si ha che
n!
f (n) (x) = = f (n) (0) = n!.
(1 x)n+1
Quindi la serie di McLuarin di f e

X 1 X
f (n) (0)xn = xn
n=0
n! n=0

che essendo una serie geometrica con ragione x converge se e solo se x (1, 1), e in tal
caso

X 1
x (1, 1) : xn = = f (x).
n=0
1x

(2.25) Teorema Siano x0 R, > 0 e f una funzione di classe C su


(x0 , x0 + ). Supponiamo che esista M > 0 tale che

n N, x (x0 , x0 + ) : |f (n) (x)| M.

Allora f e analitica in x0 .

Dimostrazione. Proviamo che esiste > 0 tale che per ogni n N e per ogni x
(x0 , x0 + )
n!
(2.26) |f (n) (x)| .
n
204 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

n! n!
Poiche lim = +, esiste n0 N tale che per ogni n > n0 si ha n 1. Poniamo
n n
 
n! M
C = min : n = 0, . . . , n0 , = min{C, 1}, = .
n

Poiche
n!
n N, ,
n
ne segue che per ogni n N e per ogni x (x0 , x0 + )

M M n! n!
|f (n) (x)| M = n = n.

Mostriamo ora che f e analitica in x0 , cioe che la serie di Taylor di f in x0 converge in


(x0 , x0 + ) a f . Come osservato in precedenza la somma parziale n-esima della serie
di Taylor di f e il Polinomio di Taylor di f di ordine n,
n
X 1
Pn (x) = f (k) (x0 )(x x0 )k .
k=0
k!

Sia x (x0 , x0 + ). Per la Formula di Taylor con il resto di Lagrange, per ogni
n N esiste tn compreso fra x0 e x (non necessariamente in questo ordine) tale che

1
f (x) Pn (x) = f (n+1) (tn )(x x0 )n+1 .
(n + 1)!

Quindi
1
(n+1)

(tn ) |x x0 |n+1

|f (x) Pn (x)| = f
(n + 1)!
per (2.26)
 n+1
1 (n + 1)! |x x0 |
n+1 |x x0 |n+1 = .
(n + 1)!
|xx0 |
Poiche |x x0 | < , si ha che < 1 e di conseguenza
 n+1
|x x0 |
lim = 0.
n

Per il Secondo criterio del confronto (sui limiti) si ha che per ogni x (x0 , x0 + )

lim |f (x) Pn (x)| = 0,


n

cioe che lim Pn (x) = f (x) da cui segue la tesi.


n
2.4 Serie di Taylor 205


X
(2.27) Teorema Sia an xn una serie di potenze con raggio di convergenza
n=0

X
R (0, +] e per ogni x (R, R) sia f (x) = an xn la somma della serie.
n=0
Allora f e di classe C su (R, R) e per ogni n N si ha che f (n) (0) = n! an . In
particolare f e analitica in x0 = 0 e il suo sviluppo in serie di McLaurin e

X
an xn .
n=0

Dimostrazione. E una immediata conseguenza del Teorema di derivazione termine a


termine per le serie di potenze (vedi Teorema (2.19)).

Sviluppi in serie notevoli di McLaurin

Gli sviluppi in serie notevoli di McLaurin sono quelli delle funzioni di cui sono gia noti
gli sviluppi di McLaurin.

1) Si ha che

X 1
x R : ex = xn .
n=0
n!
Infatti, la funzione f (x) = ex e di classe C su R e per ogni n N e x R si ha
che f (n) (x) = ex . Quindi se x0 R, per ogni > 0 si ha che

(n)
f (x) = ex ex0 + .

n N, x (x0 , x0 + ),

Per il Teorema (2.25) f e analitica in x0 . Per larbitrarieta di x0 si ha che f e


analitica in R. Inoltre, essendo > 0 qualunque, si ha che

X 1 X 1
x R : f (x) = ex = f (n) (x0 ) (x x0 )n = ex0 (x x0 )n .
n=0
n! n=0
n!
In particolare per x0 = 0 si ha

X 1
x R : ex = xn .
n=0
n!
Ne segue che,

X 1 X (1)n 1
x=1 = = e, x = 1 = = .
n=0
n! n=0
n! e
206 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

2) Si ha che

X (1)n
x R : sin x = x2n+1 .
n=0
(2n + 1)!
Infatti, la funzione f (x) = sin x e di classe C su R e per ogni n N e x R si
ha che (
(n)
(1)k sin x se n = 2k
f (x) =
(1)k cos x se n = 2k + 1.
Quindi |f (n) (x)| 1 per ogni n e per ogni x R. Per il Teorema (2.25) f e
analitica in ogni x0 R. In particolare per x0 = 0 si ha
(
0 se n = 2k
(n)
f (0) =
(1)k se n = 2k + 1.
Quindi

X 1 (n)
X (1)n
x R : f (x) = sin x = f n
(0) x = x2n+1 .
n=0
n! n=0
(2n + 1)!

3) Si ha che

X (1)n
x R : cos x = x2n .
n=0
(2n)!
Infatti, la funzione f (x) = cos x e di classe C su R e per ogni n N e x R si
ha che (
(n)
(1)k cos x se n = 2k
f (x) =
(1)k+1 sin x se n = 2k + 1.
Quindi |f (n) (x)| 1 per ogni n e per ogni x R. Per il Teorema (2.25) f e
analitica in ogni x0 R. In particolare per x0 = 0 si ha
(
(1)k se n = 2k
f (n) (0) =
0 se n = 2k + 1.
Quindi

X 1 X (1)n
x R : f (x) = cos x = f (n) (0) xn = x2n .
n=0
n! n=0
(2n)!

4) Si ha che

X 1
x R : sinh x = x2n+1 .
n=0
(2n + 1)!
Infatti, per ogni x R

!
ex ex 1 X 1 n
X (1)n n
sinh x = = x x =
2 2 n=0
n! n=0
n!
2.4 Serie di Taylor 207

poiche le due serie di potenze hanno lo stesso raggio di convergenza R = +, dal


Teorema (2.16) e dallOsservazione (2.17) segue che
 
1X 1 (1)n X 1
= xn = x2n+1 .
2 n=0 n! n! n=0
(2n + 1)!

5) Si ha che

X 1
x R : cosh x = x2n .
n=0
(2n)!
Infatti, per ogni x R

!
ex + ex 1 X 1 n
X (1)n n
cosh x = = x + x =
2 2 n=0
n! n=0
n!

poiche le due serie di potenze hanno lo stesso raggio di convergenza R = +, dal


Teorema (2.16) e dallOsservazione (2.17) segue che
 
1X 1 (1)n X 1
= + xn = x2n .
2 n=0 n! n! n=0
(2n)!

6) Si ha che

X (1)n1 X (1)n
x (1, 1] : log (1 + x) = xn = xn+1 .
n=1
n n=0
n+1

Infatti, dallEsempio (2.24) si ha che



1 X
x (1, 1) : = xn .
1 x n=0

Integrando termine a termine (vedi Teorema (2.20)) si ha che per ogni x (1, 1)
Z x Z
xX Z x
1 X X 1
dt = tn dt = tn dt = xn+1 .
0 1t 0 n=0 n=0 0 n=0
n + 1
Z x 1
Poiche dt = log (1 x), si ha che
0 1t

X 1
x (1, 1) : log (1 x) = xn+1 .
n=0
n + 1

X 1
Osserviamo che per il Criterio di Leibniz la serie xn+1 converge anche in
n=0
n + 1
x = 1. Infatti,

X 1 X (1)n+1
x = 1 = xn+1 = .
n=0
n+1 n=0
n+1
208 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Poiche per lOsservazione (2.5) la somma g della serie e continua in [1, 1), essendo
g(x) = log (1 x) per ogni x (1, 1), si ha che

g(1) = lim g(x) = lim [ log (1 x)] = log 2.


x(1)+ x(1)+

Quindi

X 1
x [1, 1) : log (1 x) = xn+1 .
n=0
n + 1
Sostituendo x al posto di x si ottiene

X (1)n X (1)n1
x (1, 1] : log (1 + x) = xn+1 = xn .
n=0
n+1 n=1
n

In particolare

X (1)n X (1)n1
= = log 2.
n=1
n n=1
n

7) Si ha che

X (1)n
x [1, 1] : arctan x = x2n+1 .
n=0
2n + 1
Infatti, dallEsempio (2.24) si ha che

1 X
x (1, 1) : = xn
1 x n=0

e sostituendo x2 al posto di x si ottiene



1 X
x (1, 1) : = (1)n x2n .
1 + x2 n=0

Integrando termine a termine (vedi Teorema (2.20)) si ha che per ogni x (1, 1)
Z Z Z
x 1 xX
n 2n
X x
n 2n
X (1)n
dt = (1) t dt = (1) t dt = x2n+1 .
0 1 + t2 0 n=0 n=0 0 n=0
2n + 1
Z x 1
Poiche dt = arctan x, si ha che
0 1 + t2

X (1)n
x (1, 1) : arctan x = x2n+1 .
n=0
2n + 1

X (1)n
Osserviamo che per il Criterio di Leibniz la serie x2n+1 converge anche
n=0
2n + 1
in x = 1. Infatti,

X (1)n X (1)n
x = 1 = x2n+1 = .
n=0
2n + 1 n=0
2n + 1
2.4 Serie di Taylor 209

Poiche per lOsservazione (2.5) la somma g della serie e continua in [1, 1], essendo
g(x) = arctan x per ogni x (1, 1), si ha che


g(1) = lim g(x) = lim arctan x = arctan (1) = ,
x(1)+ x(1)+ 4

g(1) = lim g(x) = lim arctan x = arctan 1 = .
x1 x1 4
Quindi

X (1)n
x [1, 1] : arctan x = x2n+1 .
n=0
2n + 1

8) Si ha che



(1, 1) se 1
!


(1, 1] se 1 < < 0
X n
(1 + x) = x , x
n=0
n

[1, 1] se 0, 6 N



R se 0, N,

( 1) ( (n 1))
!
se n N, n 1
dove per ogni R si ha che = n!
n
se n = 0.
!
n X
Consideriamo la serie di potenze x e determiniamo il suo raggio di con-
n=0
n
vergenza. Consideriamo inizialmente 6 N. Utilizziamo il Teorema del rapporto.
Si ha che



n+1 ( 1) ( (n 1))( n) n!
 = =

n (n + 1)! ( 1) ( (n 1))

( 1) ( (n 1))( n) n! = | n| .

=

(n + 1) n! ( 1) ( (n 1)) n+1
Quindi


n+1 | n|
lim  = lim = 1.
n
n
n n+1
Ne segue che il raggio di convergenza della serie di potenze e R = 1. Quindi !
la serie

X n
converge assolutamente in (1, 1). Per ogni x (1, 1) sia g(x) = x la
n=0
n
somma della serie. Derivando termine a termine (vedi Teorema (2.19)) si ha che
per ogni x (1, 1) !

n1X
g (x) = n x .
n=1
n
210 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Moltiplicando ad ambo i membri per 1 + x si ottiene



!
! !

X n1 X n1 X n
(1 + x)g (x) = (1 + x) n x = n x + n x =
n=1
n n=1
n n=1
n
!
n
poiche per n = 0 si ha che n x = 0, si ottiene
n


!

! " ! !#
X n
X n X
= (n + 1) x + n x = (n + 1) +n xn .
n=0
n + 1 n=0
n n=0
n + 1 n

Osserviamo che ! !

(n + 1) +n =
n+1 n

( 1) ( (n 1))( n) ( 1) ( (n 1))
= (n + 1) +n =
(n + 1)! n!

( 1) ( (n 1))( n) ( 1) ( (n 1))
= (n + 1) +n =
(n + 1) n! n!
!
( 1) ( (n 1))
= = .
n! n
Quindi !


X n
x (1, 1) : (1 + x)g (x) = x = g(x).
n=0
n

In altri termini la somma della serie g soddisfa lequazione differenziale

(1 + x)g = g,

che e del primo ordine a variabili separabili. Lunica soluzione costante e g(x) = 0
per ogni x (1, 1). Per g 6= 0, ricordando che x (1, 1), le altre soluzioni sono
date da Z Z
1 1
dg = dx
g 1+x
log |g| = log (1 + x) + c, cR
log |g| = log [c(1 + x) ], c>0
|g| = c(1 + x) , c>0
g(x) = c(1 + x) , c 6= 0.
Poiche g(x) = 0 e soluzione, tutte le soluzioni dellequazione sono

g(x) = c(1 + x) , c R.
2.4 Serie di Taylor 211

Quindi la somma della serie e una funzione della forma g(x) = c(1 + x) , per
qualche c R. Poiche per x = 0 la somma della serie e g(0) = 1, si ottiene c = 1.
Quindi la somma della serie e g(x) = (1 + x) , cioe

!

X n
x (1, 1) : (1 + x) = x .
n=0
n

Inoltre si dimostra che per certi 6 N la serie converge alla funzione somma
g(x) = (1 + x) anche per x = 1 e/o per x = 1. Piu precisamente si ha che


(1, 1) se 1

x (1, 1] se 1 < < 0



[1, 1] se 0, 6 N.

Osserviamo che per = 1, sostituendo x al posto di x, si ottiene lo sviluppo


1
in serie di McLaurin di 1x (vedi Esempio (2.24)).

Se = m N, allora
! !
m m(m 1) (m (n 1))
n m + 1 : = = = 0.
n n n!


!
X n
Quindi la serie x ha solo un numero finito di termini non nulli. Piu
n=0
n
precisamente si ha che

! m
! !
X n X n m 2
x = x = 1 + mx + x + + m xm1 + xm = (1 + x)m
n=0
n n=0
n 2

che e la formula del binomio di Newton applicato a 1 + x. Evidentemente in questo


caso il raggio di convergenza della serie e R = +.

(2.28) Esempio Utilizzando gli sviluppi in serie notevoli di McLaurin e i teoremi di


derivazione e integrazione per serie applicati alle serie di potenze e possibile determinare
la somma di alcune serie numeriche. Per esempio, calcoliamo la somma della serie

X 1
.
n=2
2n n(n 1)


Xxn
Consideriamo la serie di potenze . Per x = 12 si ottiene la serie numerica di
n=2
n(n 1)
partenza. Si vede facilmente che il raggio di convergenza di questa serie e R = 1 e che
la serie converge anche in x = 1. Quindi la serie di potenze converge puntualmente e
212 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

uniformemente in [1, 1], e quindi puntualmente anche in x = 12 . Determiniamo ora la


somma f della serie. Sia x [1, 1]. Poiche
Z
xn x
= tn1 dt,
n 0

si ha che
Z
X xn X 1 x
= tn1 dt =
n=2
n(n 1) n=2
n 1 0

per il Teorema di integrazione termine a termine


Z Z
xX 1 n1 xX (1)n2
= t dt = (t)n1 dt =
x
0 n=2
n 1 0 n=2
n 1
k=n1

Z Z
xX (1)k1 x
= (t)k dt = log (1 t) dt =
0 k=1
k 0
| {z }
=log (1t)

integrando per parti


h ix Z x t
Z x 1

= t log (1 t) dt = x log (1 x) + 1 dt =
0 0 1t 0 1t
h ix
= x log (1 x) + t + log |1 t| =
0

= x log (1 x) + x + log (1 x) = (1 x) log (1 x) + x.

Le ultime tre righe hanno senso solo se x [1, 1). Quindi per ogni x [1, 1) la
somma della serie e
f (x) = (1 x) log (1 x) + x.

Poiche per lOsservazione (2.5) la somma f della serie e continua in [1, 1], si ha che

f (1) = lim [(1 x) log (1 x) + x] = 1.


x1

Quindi la somma della serie e


(
(1 x) log (1 x) + x se 1 x < 1,
f (x) =
1 se x = 1.
1
In particolare per x = 2 si ottiene

X 1 1
= (1 log 2).
n=2
2n n(n 1) 2
2.5 Serie di potenze complesse 213

2.5 Serie di potenze complesse

Le serie di potenze possono essere introdotte in modo del tutto analogo anche nel campo
C dei numeri complessi.

(2.29) Definizione Siano z0 C e (an ) una successione di numeri complessi. Si


chiama serie di potenze centrata in z0 la serie di funzioni

X
an (z z0 )n ,
n=0

con la convenzione che 00 = 1.



X
Si chiama raggio di convergenza della serie di potenze an (z z0 )n lentita
n=0
(
)
X
R = sup |z| : an z n e convergente .
n=0

Poiche la serie di potenze converge certamente in z = z0 , si ha che R [0, +].


Evidentemente la nozione di serie di potenze in C generalizza quella introdotta in R. Nel
caso di serie complesse, linsieme di convergenza non e piu un intervallo ma un intorno
in C del centro della serie.

(2.30) Teorema (sullinsieme di convergenza)



X
Siano an z n una serie di potenze in C e R [0, +] il suo raggio di convergenza.
n=0
Valgono i seguenti fatti:

X
i) se R = 0, la serie an z n converge solo in z = 0;
n=0

X
ii) se 0 < R < +, la serie an z n converge assolutamente nellinsieme {z
n=0
C : |z| < R} e uniformemente in ogni insieme {z C : |z| k}, con
0 < k < R;

X
iii) se R = +, la serie an z n converge assolutamente in C e uniformemente
n=0
in ogni insieme {z C : |z| k}, con k > 0.

Per le serie di potenze complesse continuano a valere i Teoremi della radice e del
rapporto, dove in tal caso il simbolo | | indica in modulo in C.
214 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

In modo del tutto analogo si introducono le serie di Taylor (a patto di definire la


nozione di funzione olomorfa in luogo di quella di classe C ).
3 Serie di Fourier 215

3 Serie di Fourier

Nel seguito con il termine integrabile si intendera integrabile secondo Riemann.

(3.1) Definizione Siano A R non vuoto, f : A R una funzione e T 6= 0.


Diciamo che f e periodica di periodo T se:

i) per ogni x A si ha che x + T A;

ii) per ogni x A si ha che f (x + T ) = f (x).

Richiamiamo brevemente (senza dimostrarle) alcune proprieta delle funzioni perio-


diche che saranno utili nel seguito.

(3.2) Proposizione Sia A R non vuoto. Valgono i seguenti fatti:

a) se f : A R e periodica di periodo T 6= 0, allora f e periodica di periodo


nT , per ogni n Z, n 6= 0;

b) se f : A R e periodica di periodo T 6= 0, allora per ogni k R, k 6= 0, la


T
funzione g(x) = f (kx) e periodica di periodo k;

c) le funzioni costanti sono periodiche di periodo T 6= 0 qualunque;

d) linsieme dei periodi positivi di una funzione periodica f ha estremo inferiore


nullo se e solo se f e costante. Inoltre se f non e costante, questo estremo
inferiore e anche minimo e viene detto periodo minimo di f ;

e) se f : R R e periodica di periodo T > 0 ed e integrabile nellintervallo


[0, T ], allora si ha che
Z T Z a+T Z T
a R : f (x) dx = f (x) dx = f (x + a) dx.
0 a 0

Introduciamo ora la nozione di serie di Fourier di una funzione periodica di periodo


2.
216 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(3.3) Definizione Sia f : R R una funzione periodica di periodo 2 ed


integrabile nellintervallo [, ]. Si chiama serie di Fourier di f la serie di
funzioni

X 
a0 + an cos nx + bn sin nx ,
n=1

dove a0 , an , bn R sono detti coefficienti di Fourier di f e sono definiti nel


seguente modo:
Z
1
a0 = f (x) dx,
2
Z
1
n 1 : an = f (x) cos nx dx,

Z
1
n 1 : bn = f (x) sin nx dx.

Si osserva che
f pari = bn = 0 per ogni n 1,

f dispari = an = 0 per ogni n 0.

In generale per una funzione periodica di periodo T 6= 0 si ha la seguente

(3.4) Definizione Sia f : R R una funzione periodica di periodo T > 0


ed integrabile nellintervallo [0, T ]. Si chiama serie di Fourier di f la serie di
funzioni
    
X 2n 2n
a0 + an cos x + bn sin x ,
n=1
T T
dove a0 , an , bn R sono detti coefficienti di Fourier di f e sono definiti nel
seguente modo:
Z
1 T
a0 = f (x) dx,
T 0
Z  
2 T 2n
n 1 : an = f (x) cos x dx,
T 0 T
Z T  
2 2n
n 1 : bn = f (x) sin x dx.
T 0 T

Poiche le funzioni f (x), cos x e sin x sono integrabili in [, ] (risp. in [0, T ]),
anche f (x) cos x e f (x) sin x sono integrabili4 in [, ] (risp. in [0, T ]) e quindi
3 Serie di Fourier 217

a0 , an , bn R, per ogni n 1.

(3.5) Esempio Sia f : R R la funzione ottenuta prolungando per periodicita a


tutto R la funzione g(x) = |x|, definita per ogni x [, ].
y
y = g(x)

3 2 O 2 3 x

Figura 8.1: Grafico di f .

Scriviamo la serie di Fourier di f . Essendo f periodica di periodo 2 e pari, la serie


di Fourier di f e della forma

X
a0 + an cos nx,
n=1

dove
Z Z
1 1
a0 = f (x) dx = x dx =
2 0 2
e per ogni n 1
Z Z
1 2
an = f (x) cos nx dx = x cos nx dx =
0

integrando per parti


  Z 
2 1 1
= x sin nx sin nx dx =
n 0 n 0

 
2 1 2
= cos nx = [cos n 1] =
n n 0 n2
(
2 0 se n = 2m,
= [(1)n 1] = 4 m N.
n2 (2m+1)2 se n = 2m + 1,

Quindi la serie di Fourier di f e



4 X 1
cos [(2n + 1)x].
2 n=0 (2n + 1)2

4
Si ricorda che se f e g sono integrabili in [a, b], allora anche f g e integrabile in [a, b]. Infatti,
1 
f (x)g(x) = (f (x) + g(x))2 (f (x) g(x))2 .
4
218 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(3.6) Osservazione Nellesempio precedente abbiamo visto che la serie di Fourier


della funzione f : R R ottenuta prolungando per periodicita a tutto R la funzione
g(x) = |x|, definita per ogni x [, ], e


4 X 1
cos [(2n + 1)x].
2 n=0 (2n + 1)2

Ci poniamo le seguenti domande:

1) per quali x R questa serie converge?

2) per tali x la somma della serie e f (x)?

3) la convergenza e uniforme?

Osserviamo che per ogni n N, n 1, e ogni x R si ha che


1 1
(3.7)
(2n + 1)2 cos [(2n + 1)x] .
(2n + 1)2


X 1
Poiche la serie converge, per il Criterio di Weierstrass la serie di Fourier
n=1
(2n + 1)2
converge totalmente, e quindi anche uniformemente, assolutamente e puntualmente su
R. Quindi in questo caso abbiamo risposto a due delle tre domande che ci siamo posti.
Nel prossimo paragrafo, vedremo che sotto opportune ipotesi e possibile rispondere anche
alla domanda 2) e, piu precisamente, e possibile determinare la somma della serie (per
la serie di Fourier in questione si veda lOsservazione (3.19)).
3 Serie di Fourier 219

(3.8) Definizione Siano f : R R una funzione periodica di periodo 2 ed


integrabile nellintervallo [, ] e n N, n 1.
Si chiama polinomio trigonometrico di grado n associato a f la funzione
n 
X 
Pn (x) = a0 + ak cos kx + bk sin kx
k=1

dove a0 , ak , bk sono i coefficienti di Fourier di f .


Osserviamo che per ogni n 1 il polinomio trigonometrico Pn e la somma parziale
n-esima della serie di Fourier di f .
Per ogni n 1 la funzione an cos nx + bn sin nx e detta armonica n-esima di f .
Se n = 1 la funzione a1 cos x + b1 sin x e detta armonica fondamentale di f .
n
Si chiama frequenza dellarmonica n-esima il numero reale 2 (e il reciproco del
periodo minimo dellarmonica).
p
Si chiama ampiezza dellarmonica n-esima il numero reale n = a2n + b2n .
Si chiama fase dellarmonica n-esima langolo n rappresentato in Fig. 8.2.

an b

n
b

bn

Figura 8.2: Fase dellarmonica.

Evidentemente si ha che

an = n sin n , bn = n cos n .

Sostituendo queste espessioni nella serie di Fourier di f si ottiene



X 
X  
a0 + an cos nx + bn sin nx = a0 + n sin n cos nx + cos n sin nx =
n=1 n=1


X
= a0 + n sin (nx + n )
n=1
220 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

che e lespressione della serie di Fourier di f in termini di ampiezza e fase delle singole
armoniche.

Convergenza della serie di Fourier

In virtu della proprieta b) della Proposizione (3.2) possiamo considerare solo le funzioni
periodiche di periodo 2 ed enunciare i risultati per queste funzioni. Infatti, se f e
 
T
periodica di periodo T 6= 0, allora la funzione g(x) = f 2 x e periodica di periodo 2.

(3.9) Definizione Sia f : [a, b] R una funzione. Diciamo che f e continua


a tratti se f e continua, tranne che in un numero finito di punti di [a, b] in cui f
presenta una discontinuita di prima specie (salto).

Evidentemente ogni funzione continua su [a, b] e anche continua a tratti.



1


se x < 0
(3.10) Esempio La funzione segno definita sgn(x) = 0 se x = 0 e continua a



1 se x < 0
tratti su ogni intervallo [a, b] R ma non e continua su R.

(3.11) Definizione Sia f : [a, b] R una funzione. Diciamo che f e di classe


C 1 a tratti se f e derivabile con derivata continua, tranne che in un numero finito
di punti di [a, b] in cui f ammette derivate laterali.

Evidentemente ogni funzione di classe C 1 su [a, b] e anche di classe C 1 a tratti.

(3.12) Esempio La funzione f (x) = |x| e classe C 1 a tratti su ogni intervallo [a, b] R
ma non e C 1 su R.

(3.13) Teorema Siano f : R R una funzione periodica di periodo 2 e


continua a tratti nellintervallo [, ], n N, n 1 e
n 
X 
Pn (x) = a0 + ak cos kx + bk sin kx
k=1

il polinomio trigonometrico di grado n associato a f .


Allora si ha che
Z Z n 
X 
2
|f (x) Pn (x)| dx = |f (x)|2 dx 2a20 a2k + b2k .
k=1
3 Serie di Fourier 221

(3.14) Osservazione Nel Teorema precedente, essendo f continua a tratti nellinter-


vallo [, ], risulta che f e integrabile in [, ], e quindi sono ben definiti i coefficienti
di Fourier di f e di conseguenza anche il polinomio trigonometrico Pn associato a f . In-
oltre, si dimostra che fra tutti i polinomi trigonometrici di grado minore o uguale a n, il
n 
X 
polinomio trigonometrico Pn (x) = a0 + ak cos kx + bk sin kx e quello che approssi-
k=1
ma meglio in media (o in norma quadratica) la funzione f . In termini piu espliciti si
n 
X 
ha che se Qn (x) = 0 + k cos kx + k sin kx e un polinomio trigonometrico (con
k=1
0 , k , k R), allora
Z Z
|f (x) Pn (x)|2 dx |f (x) Qn (x)|2 dx.

Enunciamo (senza dimostrarli) i principali risultati sulla convergenza della serie di


Fourier.

(3.15) Teorema (Convergenza quadratica o convergenza in media) Siano


f : R R una funzione periodica di periodo 2 e continua a tratti nellintervallo
[, ] e
n 
X 
Pn (x) = a0 + ak cos kx + bk sin kx
k=1

il polinomio trigonometrico di grado n associato a f (ovvero la somma parziale


n-esima della serie di Fourier di f ).
Allora la serie di Fourier di f converge quadraticamente (o in media) a f , cioe
Z
lim |f (x) Pn (x)|2 dx = 0.
n

Inoltre si ha che
Z 
X 
|f (x)|2 dx = 2a20 + a2n + b2n . Identita di Parseval
n=1

(3.16) Osservazione Dallidentita di Parseval segue immediatamente che se f : R


R e una funzione periodica di periodo 2 e continua a tratti nellintervallo [, ], allora

X 
a2n + b2n converge e quindi che
n=1

lim an = lim bn = 0.
n n
222 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

Lidentita di Parseval si puo anche scrivere nel seguente modo:



a2n + b2n
Z
1 X
|f (x)|2 dx = a20 + .
2 n=1
2
Il primo membro rappresenta lenergia del segnale f mentre il termine generale della
serie a secondo membro rappresenta lenergia della n-esima armonica. La formu-
la stabilisce che lenergia del segnale f e data dalla somma delle energie delle singole
armoniche.

(3.17) Teorema (Convergenza puntuale) Siano f : R R una funzione


periodica di periodo 2, continua a tratti nellintervallo [, ] e x0 R.
Supponiamo che esistano

f (x) f (x
0)
f (x
0 ) = lim R, (pseudo derivata sinistra di f in x0 )
xx0 x x0

f (x) f (x+
0)
f (x+
0 ) = lim+ R, (pseudo derivata destra di f in x0 )
xx0 x x0

dove f (x +
0 ) = lim f (x) e f (x0 ) = lim f (x).
xx
0 xx+
0
1 
Allora la serie di Fourier di f calcolata in x0 converge a f (x
0 ) + f (x+
0 ) .
2
Inoltre, se f e anche continua in x0 , allora la serie di Fourier di f calcolata in x0
converge a f (x0 ).

(3.18) Osservazione Se f e derivabile da destra (risp. sinistra) in x0 , allora esiste la


pseudo derivata destra (risp. sinistra) e coincide con la derivata destra (risp. sinistra) di
f in x0 . In particolare, se f e derivabile in x0 , allora esistono le pseudo derivate destra
e sinistra e coincidono con la derivata di f in x0 .

(3.19) Osservazione Abbiamo osservato in precedenza (vedi Osservazione (3.6)) che


la serie di Fourier della funzione f : R R ottenuta prolungando per periodicita a tutto
R la funzione g(x) = |x|, definita per ogni x [, ], cioe

4 X 1
cos [(2n + 1)x],
2 n=0 (2n + 1)2
converge puntualmente, ma anche uniformemente, su R.
Si ha che f e continua su R, e derivabile in ogni x 6= k, per ogni k Z, e ammette
derivate laterali distinte in ogni k. Infatti, posto xk = k, si ha che
f (x) f (xk ) f (x) f (xk )
k pari = D f (xk ) = lim = 1, D+ f (xk ) = lim = 1;
xx
k
x xk xx+
k
x xk
3 Serie di Fourier 223

f (x) f (xk ) f (x) f (xk )


k dispari = D f (xk ) = lim = 1, D+ f (xk ) = lim = 1.
xx
k
x xk xxk+ x xk
Allora in ogni x R sono soddisfatte le ipotesi del Teorema (3.17), ed essendo f continua
su R, si ha che per ogni x R la serie di Fourier di f in x converge a f (x). Quindi

4 X 1
x R : f (x) = cos [(2n + 1)x].
2 n=0 (2n + 1)2

In particolare in x = 0 si ha che la somma della serie di Fourier e



4 X 1 X 1 2
0 = f (0) = = = .
2 n=0 (2n + 1)2 n=0
(2n + 1)2 8

(3.20) Teorema (Convergenza uniforme) Siano f : R R una funzione


periodica di periodo 2, continua a tratti nellintervallo [, ] e di classe C 1 a
tratti nellintervallo (, ) [, ].
Allora la serie di Fourier di f converge uniformemente a f in ogni intervallo [a, b]
(, ).
Inoltre, se f e di classe C 1 a tratti nellintervallo [, ], allora la serie di Fourier
di f converge uniformemente a f in R.

(3.21) Osservazione La funzione f : R R ottenuta prolungando per periodicita


a tutto R la funzione g(x) = |x|, definita per ogni x [, ], e di classe C 1 a tratti
nellintervallo [, ]. In tal caso la sua serie di Fourier converge uniformemente alla
sua somma, che per quanto visto in precedenza e proprio f , su tutto R, in accordo con
quanto gia provato nellOsservazione (3.6).

(3.22) Osservazione In base ai Teoremi (3.15), (3.17) e (3.20) le convergenze quadra-


tica, puntuale e uniforme della serie di Fourier di una funzione f dipendono esclusiva-
mente dalle caratteristiche della funzione f . E quindi possibile stabilirle a priori, senza
determinare la serie di Fourier di f .
Per esempio, se f non e continua su R, allora la serie di Fourier di f non converge
uniformemente a f su R.
224 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

3.1 Approfondimenti: serie di Fourier complesse

Le serie di Fourier si possono introdurre in modo del tutto analogo anche per funzioni
complesse di una variabile reale.
Premettiamo la seguente

(3.23) Definizione Sia f : [a, b] C una funzione. Quindi per ogni x [a, b]
si ha che f (x) = Re (f ) (x) + iIm (f ) (x), dove Re (f ) , Im (f ) : [a, b] R sono
rispettivamente la parte reale e la parte immaginaria di f .
Diciamo che f e integrabile su [a, b] se Re (f ) e Im (f ) sono integrabili su [a, b] e
in tal caso si ha che
Z b Z b Z b
f (x) dx = Re (f ) (x) dx + i Im (f ) (x) dx.
a a a

La nozione di serie di Fourier per una funzione complessa di una variabile reale
periodica di periodo 2 e la stessa introdotta per le funzioni reali.

(3.24) Definizione Sia f : R C una funzione periodica di periodo 2 ed


integrabile nellintervallo [, ]. Si chiama serie di Fourier di f la serie di
funzioni

X 
a0 + an cos nx + bn sin nx ,
n=1

dove a0 , an , bn C sono detti coefficienti di Fourier di f e sono definiti nel


seguente modo:
Z
1
a0 = f (x) dx,
2
Z
1
n 1 : an = f (x) cos nx dx,

Z
1
n 1 : bn = f (x) sin nx dx.

Posto
c0 = a0 ,
1
n 1 : cn = (an ibn ),
2
1
n 1 : cn = (an + ibn ),
2
essendo
einx + einx einx einx
cos nx = , sin nx = ,
2 2i
3.1 Approfondimenti: Serie di Fourier complesse 225

si ha che
  +
X X X 5 X
a0 + an cos nx + bn sin nx = c0 + cn einx + cn einx = cn einx
n=1 n=1 n=1 n=

che e detta forma complessa o (esponenziale) della serie di Fourier di f .


Si osserva che Z
1
n Z : cn = f (x) einx dx.
2

La nozione di polinomio trigonometrico si introduce in modo analogo anche per le serie


di Fourier complesse e, anche per queste serie di Fourier, continuano a valere i teoremi di
convergenza quadratica, puntuale e uniforme. Inoltre in questo caso lidentita di Parseval
diventa
Z
X
|f (x)|2 dx = 2 |cn |2 ,
n=

dove | | indica il modulo complesso.

5
Si e posto formalmente
1
X X
cn einx =
x ck eikx .
n=
k=1
k=n
226 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II
Appendice F

Spazi normati

(1.1) Definizione Sia V uno spazio vettoriale su R. Una norma su V e una


funzione k k : V R che soddisfa le seguenti proprieta:

a) kvk 0 per ogni v V ;

b) kvk = 0 se e solo se v = 0;

c) kvk = ||kvk per ogni R e v V ;

d) kv + wk kvk + kwk per ogni v, w V . (Disuguaglianza triangolare)

Per ogni v V il numero reale kvk e detto norma di v. Lo spazio vettoriale V


munito della norma k k e detto spazio normato.

(1.2) Esempio La funzione modulo di Rn definita da


q
x = (x1 , , xn ) Rn : |x| = x21 + + x2n

e una norma su Rn .

(1.3) Esempio Sia Rm non vuoto. Denotiamo con B() linsieme delle funzioni
f : R limitate. Osserviamo che B() e uno spazio vettoriale su R.
La funzione k k : B() R definita da

f B() : kf k = sup |f (x)|


x

e una norma in B(). E detta norma infinito (o norma del sup) di f .

227
228 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

(1.4) Definizione Siano V uno spazio normato munito della norma k k e (vn )
una successione in V .
Diciamo che (vn ) e di Cauchy in V se per ogni > 0 esiste n0 N tale che per
ogni n, m n0 si ha kvn vm k < .

(1.5) Definizione Siano V uno spazio normato munito della norma k k, (vn )
una successione in V e v V .
Diciamo che (vn ) converge a v in V (o che (vn ) e convergente a v in V ) se

lim kvn vk = 0.
n

In tal caso diciamo che v e il limite di (vn ) e scriviamo lim vn = v.


n

(1.6) Proposizione Siano V uno spazio normato munito della norma k k e


(vn ) una successione in V convergente a v V .
Allora (vn ) e di Cauchy in V .

Dimostrazione. Sia > 0. Poiche lim kvn vk = 0, allora esiste n0 N tale che per
n
ogni n n0 si ha kvn vk < 2 . Quindi per ogni n, m n0 si ha

kvn vm k kvn vk + kv vm k < + = .
2 2

(1.7) Definizione Sia V uno spazio normato.


Diciamo che V e completo (o di Banach) se ogni successione di Cauchy in V e
convergente in V .

(1.8) Esempio Ogni spazio normato di dimensione finita e completo. In particolare


per ogni n N, n 1, lo spazio Rn e completo.
Lo spazio normato B() dellEsempio (1.3), che e di dimensione infinita, munito
della norma k k e completo.

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