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Giorgio Pasquali educatore

Quando l'amico Daniele Macris mi ha chiesto di dire qualche parola per


celebrare degnamente la consegna dei premi di questo prestigioso certamen (ho
provato a scrivere concorso ma la penna si rifiutata di prestarsi a questa
deformazione) lo sgomento ha ceduto presto il campo a una precisa
determinazione. Come potevo io entrare nell'arengo che era stato appena
abbandonato da Massimo Raffa avendo la speranza di non travalicare le mie
umili competenze e insieme, si spera, non deludere l'uditorio? Evidentemente, a
conti fatti, lo potevo in un solo modo. La mia unica competenza, la sola cosa di
cui un po' mi intendo la storia degli intellettuali italiani. E allora, la mia unica
risorsa era quella di inserirmi nel dibattito sul classico, difeso da Raffa l'anno
scorso con smagliante nitore, andando alla sua origine, o meglio, mostrando di
quella difesa forse il punto e l'espressione pi alta.
Il modo nel quale Massimo Raffa ha difeso qui l'anno scorso il valore della
classsicit e degli studi classici aveva una fisionomia, una tournure che sono
venuto riconoscendo con crescente piacere. Anzi avrei voluto anche dirlo al
relatore ma la mia ben nota timidezza mi ha consigliato di tacere. Questa difesa
tipicamente divisa in una pars dstruens e una pars costruens. La pars
destruens potrebbe denominarsi: le ambizioni sbagliate della scuola classica. La
parte costruttiva una robusta e impeccabile rivendicazione del classico come
radice vitale del moderno e del contemporaneo.

Il vecchio argomento secondo il quale studiare il Greco e il Latino "forma


la mente" ormai logoro, abusatissimo e non pi efficace, non perch sia
falso in s ch anzi contiene parecchi elementi di verit ma perch
troppo spesso servito per legittimare l'eccessivo grammaticalismo, lo
studio metalinguistico fine a s stesso, finendo per dare a molti studenti
che magari oggi sono in posizioni tali da poter prendere decisioni sulla
scuola un'immagine falsa delle discipline classiche e delle reali finalit
dello studio liceale. Di fronte alla posizione grammaticalista, gli scienziati
estremisti alla Odifreddi o gli economisti cinico-pragmatici alla Ichino
hanno buon gioco nel sostenere che vi sono anche molte altre attivit, come
la logica matematica o la teoria dei giochi, che formano la mente
altrettanto bene che la consecutio temporum; e costoro potrebbero anche
aver ragione, se lo studio delle lingue fosse fine a s stesso.

Mentre Raffa parlava, oltre a rivivere, devo, dire, vedevo riaffiorare dalla
memoria alcuni testi che sono stati alla base della mia formazione e che hanno
fissato attraverso la loro prepotente forza argomentativa una nuova fede negli
studi classici. Il vecchio adagio secondo cui le lingue classiche sono soltanto un
dispositivo di addestramento intellettuale va abbandonato, e va abbandonato
perch falso, storicamente, praticamente, linguisticamente falso.

Ma i maestri di scuola italiani seguitano a dare un voto buono o cattivo ai ragazzi di liceo,
unicamente secondo che questi rispettino o no la consecutio temporum o adoprino il congiuntivo o
adoprino il congiuntivo nelle subordinato ubbidendo a regole tanto feroci quanto fantastiche. I
pratica, chi usa il tempo pi diverso da quello italiano o mette pi congiuntivi, rporta la
palma:questi professori sono tutti malati, ho scritto una vola, di coniunctivitis professoria. Poco ma
le se tenessero per s pquesta malattia e non facessero perdere un tempo prezioso agli scolari, che
ne hanno poco e qusto poco dovrebbero impiegare a conoscere la cultura antica, a risentire, ache
nella letteratura, lo stile antico, cio l'anima antica. La vrsione La versione dall'italiano in latino
inutile se non serve a formare il gusto; ma a formare il gusto, far risentire direttamente ai giovani
italiani l'opera d'arte antica

Di chi sono queste parole? Che coincidono non perfettamente ma


sostanzialmente con quelle di Raffa? Di Giorgio Pasquali. Quando sono state
scritte? No non ieri cari amici, ma nel 1930, in un articolo dal titolo Il latino
in iscorcio pubblicato sul numero di febbraio 1930 della rivista Pegaso. Che
poi , pensate, una recensione dell' Esquisse d'une hisoire de la langue latine di
Antoine Meillet uscito da Hachette nel 1928.
No le lingue classiche non sono un mero esercizio intellettuale, anzi ridurle a
questo un tradimento, un errore, che ha, come vedremo, profonde radici
storiche. Ma Raffa continua.

Ma il valore formativo non sta nel fatto che le lingue classiche siano dei
rompicapi, bens nel fatto che in quelle lingue sono state espresse per la
prima volta idee e concetti che stanno alla base della nostra civilt.
Conoscerle significa avere gli strumenti per entrare in contatto con quelle
idee e quei concetti lontano dal rumore di fondo del presente dal suo
assedio, per citare il titolo del bel libro di Claudio Giunta. La parola
dell'oggi ridondante, onnipresente, inflazionata, martellante. Leggere un
classico nella sua lingua originale significa essere portati a riflettere sulla
singola parola, sul dettaglio, su tutto ci che quella parola evoca

Ed ecco Pasquali
Ma noi studiamo ancora il latino e il greco come espressioni e documenti delle civilt dalle quali la
nostra civilt deriva e che pure sono, in certo senso, incommensurabili con essa. Noi vogliamo
insegnare ai giovani delle noste classi dirigenti a comprendere e sentire che i valori che essi
considerano pi assoluti, sono divenuti storicamente. Educare i giovani attraverso la storia allla
libert, giustificazione sufficiente del sistema scolastico che chiamano umanistico, e che io vorrei
potesse un giorno meritare il nome di umanistico-storico.

Indipendentemente da qualche ovvia e prevedibile differenza d'accento, si pu


dire che la relazione di Raffa esca assai valorizzata da questa sommaria e rapida
critica delle fonti. La sua difesa del classico contro l'astrattezza antistorica e
astratta del grammaticalismo in effetti difesa della storicit degli studi classici
cos come si concretizzata e quasi fatta emblema in tanti scritti, dalla
formidabile efficacia ed eleganza argomentativa, del principe dei filologi
italiani, il romano Giorgio Pasquali, nato sullo scorcio del tramontante
Ottocento positivistico (1885) formatosi a Roma con Nicola Festa non lontano
dall'influenza ispiratrice di Domenico Comparetti, ma formatosi poi di bel
nuovo a Gottinga con Friedrich Leo, Eduard Schwartz e Jakob Wackernagel.
Tornato in Italia allo scoppio della prima guerra mondiale egli vi rimase poi
alternando l'insegnamento fiorentino (1923-1952) ad altri soggiorni nella amata
Germania. Egli fu il massimo filologo classico della sua generazione. Autore di
saggi fondamentali quali il monumentale Orazio lirico, il conciso genialmente
interdisciplinare Preistoria della poesia latina (il giudizio del suo allievo
Sebastiano Timpanaro) alle edizioni del commento di Proclo al Parmenide di
Platone, a quel testo letteralmente incredibile che Storia della tradizione e
critica del testo.
Ora, tra le tante passioni di questo vero e proprio gigante vi fu anche la passione
per i problemi della scuola, scaturente peraltro dalla sua inesausta attivit di
maestro, animatore di ineguagliabili seminari, disposto a spendersi a tutte le ore
con leggendaria generosit per i giovani. Tale passione per la scuola e per il
significato e il valore degli studi classici si concretizzata in una fitta messe di
saggi pubblicati su varie riviste e infine raccolti nelle celebri Pagine
stravaganti, delle quali solo dal 1994 si ha per le cure del suo altro celebre
allievo, Carlo Ferdinando Russo, e per i tipi dell'editore Le Lettere, un'edizione
finalmente completa e accurata.
Naturalmente non mi permetto affatto di rimproverare a Massimo Raffa di non
aver citato Pasquali, anzitutto perch se nella sua bella relazione avesse parlato
anche di questo oggi io francamente a voi non avrei saputo cosa dire e poi
perch le idee di Pasquali hanno la inquietante catatteristica di essere divenute
insieme proverbiali e anonime. Di essere cio nell'aria e tanto pi nell'aria
quanto pi di Pasquali in fondo abbastanza raramente si parla. Dunque il mio
illustre predecessore ha certo potuto darle per scontate, ma se non le ha
immediatamente fissate nella memoria come di Pasquali, la colpa non di certo
sua.
Perch di Pasquali non si parla, o almeno non si parlato quanto e come di un
Concetto Marchesi o di un Ettore Paratore. Le sue opere non sono state
ristampate con la acribica sistematicit che ha appunto caratterizzato le fortune
indiscusse continue e incontrastate della Storia della letteratura latina, appunto
di Concetto Marchesi o di qella di Paratore. Marchesi stato per decenni al
centro del dibattito in relazione alla sua netta caratterizzazione e al suo impegno
politico, Paratore in relazione alla sua toltale idiosincrasia per la modernit
politica.
Dopo la morte tragica che lo colse a Belluno in uno sciocco incidente stradale,
Pasquali venne commemorato, celebrato in un congruo numero di pezzi di
circostanza e poi? Poi almeno fino al 1968, la cosa fin l, soprattutto per quanto
riguarda il dibattito culturale in senso pi largo, fuori dall' hortus conclusus
dei classicisti.
Se mi lecito un ricordo personale, avevo scoperto questo prosatore di una
terribile, proverbiale efficacia nelle annate di Belfagor che possedevano i miei
nonni. Ma negli anni Ottanta in circolazione di lui non c'era quasi niente. Io non
sono un filologo classico di formazione, quindi non comprai e non cercai poi
Storia della tradizione e critica del testo che era effettivamente uscito in un
oscar mondadori nel 1974. Mi capit di imbattermi nella edizione Sansoni in
due volumi delle Pagine stravaganti (1968), solo perch ebbi la fortuna di
frequentare la casa di una persona la cui prematura scomparsa mi procura
ancora un rimpianto tanto aspro quanto tenace, Maria Bianca Foti, sugli scaffali
della cui bella biblioteca scoprii i due volumi sansoniani. Da l la mia passione
per questo personaggio di impareggiabile valore scientifico e umano. Ma va
subito soggiunto che la stessa edizione Sansoni del 1968, che aveva avuto
comunque il merito di raccogliere quattro volumi usciti da vari editori, era
assolutamente inadeguata e carente, come vide subito Dino Pieraccioni, e che
per avere un'edizione finalmente soddisfacente di quello che per i non
specialisti il libro di Pasquali si sono dovuti attendere qualcosa come altri
trent'anni. In effetti la riedizione sansoniana 1968 delle Pagine stravaganti, era
scaturita da una ripresa folgorante dell' interesse per Pasquali dovuta proprio
alla contemporanea sollevazione studentesca, perch in quel quadro concitato e
febbrile il movimento studentesco fiorentino aveva fatto riapparire ciclostilati i
Problemi universitari, un articolo che dormiva dalla fine degli anni quaranta in
edizioni ormai introvabili, e che i contestatori avevano fortunanosamente
riesumato in cerca di qualcuno che dicesse autorevolmente come e quanto
l'universit italiana fosse da rifondare radicalmente, il fatto che Pasquali
l'aveva detto quarant'anni prima e nel frattempo quelle pagine erano state
avvolte da un tenace oblo, per essere poi riscoperte nell'urgenza dell'ora. Anche
per questo l'edizione Sansoni fu quasi un istant book, un libro di fortuna come
ricordato pochi anni fa da Carlo Ferdinando Russo (pag.XI). In effetti
nell'immediato il libro ebbe un certo successo ma poi il dibattito dei primi anni
Settanta, con il suo tono da redde rationem si rivolse in termini sostanzialmente
liquidatori contro lo stesso Pasquali che in un primo tempo l'estrema sinistra
studentesca aveva appunto pensato di recuperare. C'era, naturalmente un
ecquivoco, nel senso che Pasquali era contro le lezioni cattedratiche, gli esami
speciali, i libri di testo, le dispense, i concorsi e non si sa pi cos'altro ancora
ma era [SORPRESA] per la pi rigorosa selezione, la scuola di lite, il numerus
clausus. Infatti quel ma compare nelle pi simpatetiche tra le odierne
rievocazioni della sua figura. Pasquali era un maestro amoroso (lo vedremo)
MA fermissimo, dice Folena. Era contro gli easami ma per le lite intellettuali,
dice Timpanaro. Pasquali non avrebbe forse nemmeno capito questa
contrapposizione tra due elementi che erano per lui assolutamente armonici,
come del resto lo erano, a quei tempi anche per un ConcettoMarchesi o per lo
stesso Gramsci. Quindi era alla fine prevedibile che la sinistra intellettuale e
politica facesse di Pasquali in quell'arroventato periodo un solo boccone,
come fece. Certo ingiustamente. Ma insomma per questa strada si giunge al
vuoto degli anni Ottanta.
Infatti vi erano altri suoi libri che avrebbero potuto in qualche modo animare il
dibattito culturale italiano. Vennero presi, con poche eccezioni, in scarsa
considerazione. Filologia e storia esce da Le Monnier nel 1920 e poi vi
riappare brevemente nel 1964 per poi sparire di nuovo fino ad oggi (1998).
Eppure fondamentale per lo difesa del rigore e insieme del valore storico
della filologia, contro l'antifilologismo estetizzante e nazionalista di Ettore
Romagnoli. Polemica che venne condivisa da Benedetto Croce, il cui storicismo
era certo piuttosto differente da quello di Pasquali, non so se incompatibile
come alcuni affermano, ma che bastava comunque a unirli nella comune
polemica antipositivistica e anti-irrazionalistica. Infatti li un una stima che
venne turbata dalla celebre e sciagurata polemica terenziana da cui vennero, a
met anni trenta (1936) una serie di rattristanti attacchi reciproci. 1

1 Larticolo Arte allusiva, uscito in una rivista poco nota (LItalia che scrive, XXV (1942), pp. 11-20), ripubblicato nel 1951 in apertura
di Stravaganze quarte e supreme, suscit, come prevedibile, una nuova polemica con Croce, ma paradossalmente non si collocava lontano

dallo storicismo idealista: lo storicismo di Pasquali aveva le sue radici nella concezione tedesca delle Geisteswissenschaften, ma nel

suo iter tende ad accusare il distacco dalleredit positivistica: il concetto di arte allusiva era vicino a quello idealistico di imitazione

creativa.

In quegli anni Pasquali nutriva per Croce alta stima e ammirazione: entrato, alla fine del 1942, allAccademia dItalia, desiderava che un
Lo sfortunatissimo Storia dello spirito tedesco nelle memorie di un
contemporaneo era uscito postumo nel 1953 e solo recentemente stato
recuperato da Adelphi. Anche qui male, perch Pasquali vi racconta con
freschezza inimitabile la storia di Ludwig Curtius dalle universit tedesche alla
scuola archeologica di Roma, passando in rassegna pregi e difetti, caratteri e
significato del mondo dei Gelerte, lungo tutto il Novecento.
Gli Scritti sull'Universit e la scuola sono una meritoria operazione di recupero
svolta da Sansoni (Marino Raicich) di testi leggendari e rari come L'Universit
di domani apparsa addirittura a Foligno da Campitelli nel 1923 sotto la riforma
Gentile e poi travolta nel gorgo del fallimento dell'editore2. Dopo la quale il
diligente curatore ha raccolto anche gli scritti di Universit e scuola (1950) e
scritti sparsi. Sono gli scritti in cui la dotrina di Pasquali in fatto di scuola
prende forma nella sua dirompente novit e vitalit. Ne riparleremo. Intanto
basti ricordare che dopo il 1978 questi scritti non sono pi riapparsi e alla
scuola e all'universit di oggi avrebbero avuto molto da dire. Invece dopo il
1978 il discorso si chiuso. Cos come decenni stata attesa una edizione
degli Scritti filologici, venuta fuori tardissimo nel 1986 e a detta di Carlo
Ferdinando Russo, senza presentazione e sistemazione adeguata. Comunque il
lettore si deve accontentare di quel che passa il convento, parch l'unica che
c'. Per le monografie ancora peggio. Orazio lirico, uscito da Le Monnier nel
1920, riemerso in ristampa xerografata con saggio introduttivo dell'allievo
Antonio La Penna (Giorgio Pasquali interprete di Orazio) solo nel 1964 per
poi sparire immediatamente. In effetti il decennale della morte dette le
riedizioni di tre opere (Orazio lirico, Storia della tradizione, Filologia e storia)
ma nel quadro di una rivisitazione sostanzialmente e tecnica e destinata agli
specialisti dell'opera di Pasquali. Fin quando il sistema non scosso dalle
fondamenta (o almeno sembrava) dalla sollevazione studentesca, le idee sulla
scuola e gli studi classici di Pasquali restano una curiosit o poco pi. I licei
classici continuano business as usual come vedremo in alcune significative
testimonianze pi avanti. Per tornare a Orazio lirico, questo libro oggi
disponibile in rete solo perch la Robarts Library dell'University of Toronto - ne
aveva acquistato una copia che poi stata affidata ad Archive.org da Mariete
Kurten. Notato qualcosa? Si disponibilit in rete dovuta evidentemente alla
sollecitudine dei dotti italiani. Preistoria della poesia romana era uscito da
Sansoni nel 1936. Sempre Sansoni lo ristamp nel 1981 su impulso di
Sebastiano Timpanaro.
Le ragioni del relativo isolamento dalla cultura italiana di questo suo cos
illustre rappresentante possono essere riassunte qui in breve.

premio importante fosse assegnato al grande intellettuale napoletano: non and cos, ma la posizione di Pasquali significativa.

Giorgio Pasquali, Dizionario biografico Treccani


2 Pasquali veva curato un'altra edizione fiorentina (Sansoni) nel 1950 col titolo di Universit e scuola
A premessa per va detto che il ruolo di Pasquali era stato invero abbastanza
centrale almeno fino alla morte nel 1952. Basti a testimoniarlo quanti
importanti contributi gli erano statio commissionati da Giovanni Gentile per
l'Enciclopedia italiana, contributi che solo recentemente qualcuno si
permesso di ristampare. Tale periodo viene coronato dalla agognatissima (la
testimonianza celebre, di Manara Valgimigli) nomina ad accademico d'Italia,
nomina tardiva:1942.
Dopo la morte le cose cambiano, come abbiamo visto. Probabilmente ci che
mise in ombra Pasquali fu il passaggio da una cultura italiana gestita appunto da
Bottai e Gentile, con i quali bastavano i rapporti personali basati sul lavoro
comune, ad una vita culturale italiana che sotto l'orientamento di grandi
conglomerati ideologici (anzitutto cattolico e marxista) era poi in buona misura
controllata dai partiti. Quali fossero le relazioni di Pasquali con questo
duumvirato politico-ideologico presto detto e lo facciamo dire a Pasquali
stesso, il quale in uno dei suoi ultimi scritti affferm che si rivolgeva a un
pubblico scevro da pregiudizi e non dunque a democristiani e comunisti che su
tutto sapevano gi cosa pensare [TROVARE LA CITAZIONE] e d'altra parte
nella recensione all' Italia tormentata di Arturo Carlo Jemolo si esprime con
uguale ripulsa nei confronti delle due costellazioni culturali.
E conclude spietatamente
E conclude sapidamente con il racconto delle efficaci camarille degli
accademici cattolici, che sbarravano (gi) all'inizio degli anni Cinquanta la
strada dell'accademia a chi non era dei loro. Del resto Pasquali detestava i
concorsi universitari sostenendo che erano truccati. [Lo dice lui, non lo sto
dicendo io] e dedica anzi un intero capitolo (Analisi dei concorsi universitari)
alla loro demolizione nel suo L'Universit di domani. Era il 1923 e questo
domani non mai venuto.
Era ricambiato da Cattolici e comunisti in questa sua sferzante antipatia?
Abbastanza, se Concetto Marchesi lo definisce in una lettera a Manara
Valgimigli del 17 Agosto 1943 quell'agitato sacco di sterco [che] attende a
sbavare su di me come e quando pu3
In effetti Pasquali in un articolo dal titolo Carducci in cattedra e gli scolari
della vecchia Bologna, non aveva risparmiato a Marchesi l'accusa di
contenutismo, scrivendo queste parole.

3 Concetto Marchesi, Quaranta lettere a Manara (e a Else) Valgimigli con quattro lettere di M.Valgimigli, Milano, All'insegna del pesce d'oro
1979, pag. 55
Per chiudere il discorso indubbiamente bastava. Per giustificare il disagio
evidente intorno al suo nome, durato in varie forme per decenni, mi pare che
possa bastare.

Quanto detto fin qui mi pare possa bastare a giustificare come nella attuale
polemica sugli studi classici, sulla traduzione dal latino e dal greco, che ha visto
l'anno scorso infuriare un dibattito assai acceso con la partecipazione di
personaggi di spicco del mondo accademico e intellettuale italiano, il nome di
Pasquali non sia stato esplicitamente richiamato, e sia apparso come in
trasparenza solo nelle eleganti parole di Raffa, per poi ricomparire altrove, e
cio nell'interessante intervento di Maurizio Bettini, ma in forma tanto allusiva
quanto caratteristicamente trasformata.
Ma andiamo con ordine. Anzitutto il lascito forse principale di Giorgio Pasquali
come educatore la radicale ripulsa (invero pi radicale di quella di Massimo
Raffa) del grammaticalismo, della riduzione delle lingue classiche a mero
strumento di esercizio e formazione logica, l'abbiamo visto. E possiamo vederlo
ancora pi da vicino.
Si parla della logicit del latino
Al di l dunque della funzione storica che il mito del latino lingua logica par
excellence pu aver avuto nel secolo XIX, oggi questo mito va riconosciuto per
quello che . Lo studio delle lingue classiche va, secondo Pasquali, interamente
sciolto nello studio storico delle radici della nostra attuale civilt, studio storico
che importa s certo, preparazione linguistica, ma volta a intendere la parola del
passato, e a intenderla in ogni sua possibile connessione con la storia,
l'archeologia, la linguistica storica e, certo, la poesia. Poesia che non si pu, a
sua volta intendere, intendere al di fuori del suo preciso contesto stilistico,
lessicale, e dunque in una parola storico. Ecco dunque il motivo per il quale gli
studi classici (ma ogni forma di studio) non possono tollerare n generalit
eccessive n compartimenti stagni. Infatti Pasquali, altro punto cruciale del suo
lascito come educatore, era un critico spietato della lezione cattedratica, dei
manuali (fossero anche stati scritti da Concetto Marchesi), dell'apprendimento
meccanico di programmi generali e dulcis in fundo o venenum in cauda anche,
lo dicevamo, degli esami universitari speciali. Era un teorico del seminario in
cui spendersi e collaborare con i giovani. Perch solo nel seminario pu valere
la massima dello studio scientifico in cui quel che, in fin dei conti esiste
davvero non sono le singole discipline ma i concreti problemi.
Questa posizione stata in qualche modo recepita, discussa, influisce oggi sul
dibattito italiano? Ha pesato sulla scuola classica nei sessanta anni che ci
separano dalla scomparsa di questo ineguagliabile maestro?
La risposta negativa, ad entrambe le domande.
Ancora oggi, infatti, Paola Mastrocola pu rifarsi di bel nuovo a rivendicare,
come se nulla di quanto da noi richiamato, fosse stato mai detto, la versione dal
latino e dal greco come sfida come shock

Vorrei che la prova di quinta liceo rimanesse nudamente tecnica. Una mera
traduzione. Avulsa, straniera, uno shock. Una sfida: vediamo cosa riesci a
leggere, a capire. Le lingue morte non sono uguali all'inglese: proprio
perch morte, cio svincolate dal contesto, inattuali e libere da ogni
finalit comunicativa, potenziano al massimo quelle capacit logiche di
collegamento, analisi, deduzione, inferenza e organizzazione mentale che ai
ragazzi saranno utilissime poi, qualsiasi lavoro facciano nella vita, qualsiasi
corso di studio intraprendano. Perch dobbiamo equiparare sempre tutto
all'inglese? Certe materie hanno un'utilit indiretta, intrinseca.
Accettiamolo con gratitudine. Il latino e greco non servono solo ad
apprezzare meglio le opere di Omero e Virgilio.4

Il punto non naturalmente che uno debba per forza essere d'accordo con
Pasquali. Il punto che Pasquali come se non avesse parlato. Port-Royal
veniva riproposto nel secolo diciannovesimo e lo stesso Port-Royal viene
riproposto oggi. Ci che colpisce l'impermeabilit, la marmorea consistenza di
questa posizione che qui la Mastrocola ripropone con bella eleganza ma che
insomma condivide con molti altri che la esprimono meno bene.
Altra domanda. Su questo versante cosa era successo nella scuola classica
italiana negli anni Cinquanta e Sessanta ? Dopo il 1968 le cose da noi vanno in
modo diverso, ma anche l si allontano pi che avvicinarsi alle idee di Pasquali.
Lo volete sapere? Niente. Anche qui sembra che la posizione di Pasquali sia
caduta nel vuoto.
Tanto che, nell'infuriare nella polemica a favore o contro la traduzione dal latino
e dal greco, poteva giungere inattesa quanto significativa, la confessione di
Luigi Spina (illustre latinista) che scriveva appunto queste parole.

Ho sempre saputo tradurre, e cos sono diventato professore universitario,


e ora continuo a interessarmi (anche) di traduzioni, da pensionato. C solo un
ma: ho scoperto solo molti anni
dopo quella licenza che traducevo un mondo che non conoscevo n capivo fino
4 Il Sole 24 Ore, 16 marzo 2015
in fondo, o di cui
avevo unidea, come dire, prevalentemente cartacea, testuale. Si dir: problemi
tuoi. Pu darsi; per
anni di esperienza e di contatto con generazioni di studenti, molti dei quali poi
docenti di liceo, mi
spingono a respingere lobiezione e riflettere sulle trasformazioni del liceo
classico

Insomma un giovane valente poteva essere iniziato negli anni Sessanta agli
studi classici seguendo un metodo e una prassi integralmente umanistica e non
storico-umanistica. In altri termini non che il progetto pasqualiano di integrale
storicizzazione degli studi classici liceali e universitari, della dissoluzione o
riduzione della filologia alla storia, dovesse affermarsi o divenire egemone. Per
pi motivi non era possibile, troppo forte era la tradizione, troppo radicata, di
una metodologia di studio puramente cartacea, testuale. Che pure ha
naturalmente avuto i suoi meriti. Ma insomma la carica innovativa e vivifcante
del progetto di Pasquali avrebbe potuto essere discussa, o se non discussa,
conosciuta. Non sembra che lo fosse fuori da un ambito che a questo punto pare
davvero ristretto, se di l a poco, alla confessione di Spina non avesse fatto
seguito una brilante risposta dell'illustre Maurizio Bettini, che diceva cos.

Comunque il latino lo conoscevo, tradurre sapevo bene. Maneggiavo la


metrica di Orazio come un
bravo studente di solfeggio, per cos dire sulla punta delle dita; per di fronte
allode di Regolo non
avrei saputo dire per quale mai motivo il soldato prigioniero e riscattato dovesse
rifiutare il bacio della moglie. Non me lo sarei neppure chiesto, in verit.
Quanto a Cicerone, ne padroneggiavo la sintassi fino ad apprezzarne lamore
per la consecutio: ma non avrei mai sospettato che lArpinate [] avesse scritto
unopera geniale, illuminista, divertente come il De divinatione. []

Ma anche di questo non solo non avevo mai sentito parlare ma, peggio ancora,
se qualcuno me lo
avesse detto non avreicapito che cosa tutto ci potesse aver a chfare con il
Cicerone a me essenzialmente noto come autore di versioni che mi veniva
somministrato a scuola.

Anche qui ci troviamo, non che sia un demerito, in una dimensione totalmente
estranea al lascito di Pasquali. Non solo nel liceo classico Niccolini di Livorno
negli anni Sessanta si studiava Cicerone come autore di versioni ma ai
giovani e brillanti studenti di quella scuola, capaci di tradurre disinvoltamente
la versione di greco di maturit in latino, non veniva assolutamente in mente
che la consecutio temporum potesse essere un prodotto storico, essa era un dato
assoluto e immutabile. Insomma probabilmente l'aspetto pi grave della
vicenda pasqualiana, non stata la freddezza che lo ha circondato dopo la
morte, cos come testimoniano i duri giudizi che negli anni Settanta alcuni dei
pi brillanti giovani classicisti alcuni suoi allievi davano della sua cultura, del
suo metodo, o dei suoi atteggiamenti filosofici o politici.
[Citazione Canfora proprio sul modello pedagogico di Date respiro ai nostri
ragazzi letto in modo deformante in Ideologie del classicismo]

Questi possono esse discussi o ridiscussi e in parte lo sono stati. La cosa pi


grave il vuoto in cui caduto il progetto che fu di Pasquali della integrale
storicizzazione degli studi classici, dell'unit di filologia e storia anche
nell'insegnamento, nella ricerca quotidiana scaturita dalla collaborazione tra
maestro e allievo.

Al liceo dunque Pasquali indicava due vie, entrambe nei fatti lasciate cadere
dalle infinite riforme della scuola attuate o progettate in Italia. Due vie che sono
una. Netta prevalenza della lettura dei testi su lezioni dottrinarie e
predicatorie concernenti argomenti da apprendere tanto meccanicamente
quanto superficialmente e decongestionamento degli orari scolastici e dei
relativi compiti a casa da assegnare a degli studenti che, per effetto di questo
gravame di lavoro sono poi costretti a rinunziare, se non al sonno, a ogni libera
iniziativa di lettura o di studio.
Tra di esse, la libera lettura viene considerata appunto da Pasquali forse
l'elemento decisivo della formazione dei giovani. In un altro luogo dice che per
l'umanista leggere conta ancor pi che studiar
Solo la lettura consente l'apprendimento della lingua e non della metalingua
grammaticale, solo la lettura consente di assimilare la consistenza della poetica
e della problematica di un autore o di un'epoca nel suo sviluppo problmatico.
Appunto come dice Pasquali, nell'ambito scientifico ci che esiste davvero sono
solo i problemi, non le lezioni irrigidite nei manuali, non le regole grammaticali
che sono la cristallizzazione dell'uso solo di alcuni testi spesso di un singolo
autore.
Solo che nella loro rigidezza controriformistica [TROVARE CITAZIONE] i
manuali e le regole possono servire da traliccio a lezioni dogmatiche e ad una
miriade di meravigliosi esami speciali.
Ora Pasquali, per passare alla accademia detestava le lezioni predicatorie,
nelle quali il docente dalla cattedra dispensa un sapere generale e superficiale
[TROVARE CITAZIONE] e, quanto agli esami speciali ne predicava
puramente e semplicemente l'abolizione. Cos inizia l'Universit di domani, il
libro fantasma travolto nel 1923 dal fallimento di Campitelli e poi fugacemente
riapparso da Sansoni nel 1978: Unum et necessarium, abolizione degli esami.
Con cosa bisognava sostituire lezione ed esami? Seminari e proseminari, pochi
esami finali universitari, esame di stato extra accademico. Il sistema tedesco, si
dir. S il sistema tedesco allora certamente quello che reggeva la migliore
scuola e la migliore universit d'Europa. Ma per capire pi concretamente come
Pasquali intendesse questo modello educativo, al di fuori del dibattito sulla
Weltreform, ma invece nel quadro della quotidiana vita accademica, dobbiamo
rivolgerci a un modello illustre, che per lui esemplificava l'unit humboldtiana
di scienziato e maestro. Parliamo naturalmente di Ulrich Wilamowitz
Moellendorf, di cui Pasquali fu assistente a Berlino prima della grande guerra.
Ora, di Wilamowitz scienziato testimoniano i libri, di Wilamowitz maestro si
incaric Pasquali di rendere conto in un autorevole ritratto che tra l'altro
piacque enormemente in Germania, tanto che Eduard Fraenkel in una celebre
recensione su Hermes raccontava che i classicisti tedeschi quasi quasi
avrebbero preferito morire prima di Pasquali per godere di un suo magnifico
ritratto [TROVARE CITAZIONE]. Comunque vedere il sommo
Wilamowitz all'opera come maestro pu dare un'idea assolutamente probante di
come Pasquali l'opera di maestro intendeva e di come, a sua volta, egli si era
sforzato di praticarla.
Questo il seminario di Wilamowditz sulla geografia del mondo antico, questa la
tradizione pedagogica del dialogo basato sulle domande di goethiana memoria
[citazione Affinit elettive]. Questa la raffigurazione dell'ideale di maestro che
si spende nella costruzione con i giovani studenti, anche di un quadro
relativamente elementare di schemi e strumenti interpretativi.
Questo di Wilamowitz al lavoro nel suo seminario insieme un ritratto e un
autoritratto di Pasquali impareggiabile animatore di seminari, impareggiabile
conversatore con i giovani anche di fresco arrivati a Firenze. Mai propenso a
schernirli o ferirli, sempre intento al dialogo, pronto alla richiesta di
collaborazione su argomenti di studio.
Questa splendida pagina di Caretti (di cui gi Antonio La Penna aveva notato il
pregio letterario) vale da autorevole testimonianza ma anche da quasi letterale
controprova che il ritratto di Wilamowitz come maestro , in un processo di
profonda identificazione, a un tempo stesso autoritratto di Pasquali.
Ci siamo fermati alla brillante raffigurazione della parte viva dell'insegnamento,
che per Pasquali il seminario e abbiamo visto, da pi punti di vista cos'era per
Pasquali il seminario e come lui stesso lo impostava. E gli esami? Gli esami
hanno due facce. Da un lato l'avvilimento che scaturiva dal pessimo
funzionamento delle lezioni, dall'apprendimento superficiale delle dispense,
dalla scopiazzatura delle tesi di laurea. Qui si va dal tragicomico della simpatica
candidata che ripeteva pedissequamente agli esami i frizzi di cui il Pasquali
giovane professore aveva per non annoiare troppo, infiorato le sue lezioni,
destando lo sguardo inorridito degli alltri esaminatori, al francamente tragico o
grottesco del candidato all'esame di laurea con dissertazione tucididea che
collocava Eusebio prima di Tucidide e asseriva essrere la digressione siciliana
del XX libro lunga una ventina di pagine. Dunque l'esame tragicomico segna
nella narrazione e nella diagnosi pasqualiana, la inecquivocabile realt del
sistema che non funziona. E Wilamowitz ? Ecco un suo
meraviglioso esame di laurea.

Questa meravigliosa immagine del grande maestro che offre una pera all'allievo
prediletto nel corso di un esame di laurea, ci sembra che sintetizzi
meravigliosamente ci che per Pasquali dovessero essere gli studi, la scuola, il
rapporto tra maestro e allievo, e forse tante altre cose.

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