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L'almanacco del delitto

I racconti polizieschi del Cerchio


Verde
A cura di Gisella Padovani e Rita
Verdirame
1990 Sellerio editore via Siracusa
50 Palermo
1990 Prima edizione La
diagonale
1996 Prima edizione La memoria

In copertina: Gli amanti alla


stazione di Antonio Donghi
(particolare). Collezione privata.
Il giallo italiano - scriveva
Savinio - assurdo per ipotesi.
Prima di tutto una imitazione e
porta addosso tutte le pene di
questa condizione infelicissima.
Oltre a ci, manca al "giallo''
italiano, et pour cause, il
romanticismo criminalesco del
giallo anglosassone. Le nostre citt
tutt'altro che tentacolari e rinettate
dal sole non "fanno quadro" al
giallo n pu "fargli ambiente" la
nostra brava borghesia. Dove sono i
mostri della criminalit, dove i re
del delitto?. Ma la diagnosi di
Savinio del lungo sonno del giallo
italiano non soddisfa del tutto.
Pensava Savinio al giallo della hard
boiled school (che ha bisogno di
citt tentacolari), degli intrecci da
camera chiusa (che ha castelli
brumosi e gentiluomini come
ingredienti); ignorava per esempio
quanti segreti Simenon carpiva
dalla provincia pi profonda e
quieta, e i delitti trovati da Glauser
nei villaggi infrattati tra le
montagne svizzere. In realt, in
Italia, non assurdo per ipotesi,
mancavano al giallo altre cose che
non gli ingredienti naturali,
ambienti e quadri: mancava prima
di tutto una completa libert di
parola, una spregiudicata assenza di
ipocrisie in scrittori e lettori, il
diritto al pessimismo e al
nichilismo; libert, senza cui il
giallo, pur lettura divagante, non
vive. Tra il ?35 e il ?37 fior in Italia
la rivista mondadoriana Il Cerchio
Verde. La grafica e il taglio erano
modernissimi, richiamandosi ai
coevi pulp magazines americani; vi
collaboravano cartoonists
d'avanguardia; vi operavano veri
professionisti (Zavattini, Alberto
Tedeschi, l'artefice del Giallo
Mondadori, tra gli altri); vi
scrivevano autori che avrebbero
meritato un futuro diverso nel
mondo del poliziesco, Varaldo,
Spagnol, Antonelli. Voleva essere la
fucina del giallo italiano, ma visse
poco, non rispondendo i lettori nel
mentre che il Fascismo gli metteva
le brache. Cos, l'antologia che qui
presentiamo di novelle dal Cerchio
Verde, mostra come nasceva il
giallo italiano insieme alle ragioni
per cui non nacque.
Breve storia di un
rotocalco poliziesco

di Gisella Padovani

'Il Cerchio Verde'. Compratelo.


Leggetelo. Non offre racconti di
cronaca nera ma casi polizieschi e
sensazionali, bizzarri, avvincenti,
curiosi, ingegnosi: presenta racconti
dei migliori scrittori di questo
genere, italiani e stranieri, e i pi
importanti film 'gialli' dell'annata.
Con questo slogan il 16 maggio
del 1935 Mondadori lancia un
settimanale di narrativa e cronaca
poliziesca, un periodico
dall'impronta nuova e dalle finalit
programmaticamente divulgative,
che rester in vita fino al giugno del
'37, diretto prima da Mario
Buzzichini, poi da Gino Marchiori,
da Giorgio Monicelli e infine da
Cesare Zavattini.
Il formato tabloid, il costo
cinquanta centesimi, la veste grafica
e l'impaginazione sono quelle del
rotocalco tradizionale, con
numerose fotografie di gusto
espressionistico e melodrammatico,
strips umoristiche, fotogrammi
tratti da film polizieschi di successo,
schizzi e bozzetti iperrealisti dei
primi maestri del cartoon italiano.
Alle corpose illustrazioni di
pregnanza naturalistica mutuate dal
linguaggio cinematografico, siglate
dal milanese Beppe Ingegnoli,
architetto, decoratore, scenografo e
ritrattista, si alternano i disegni di
Caesar Kurt, noto anche con gli
pseudonimi di Cesar o Corrado
Avai o Away, fotografo,
realizzatore dei primi fortunati
comics di fantascienza e creatore
nel '38 del personaggio di Romano
il legionario, eroe del fumetto
fascista che per rivela nei tratti
l'ascendenza del censurato Gordon.
E ancora, tra i disegnatori si
registrano i nomi di Boccasile,
Bianchi, Casolaro, Pancotti,
Edgardo Dell'Acqua, specializzato
nel commento visivo di racconti
esotici d'atmosfera salgariana e di
storie belliche e coloniali conformi
alla retorica nazionalistica e
all'etnocentrismo del regime. La
copertina del periodico esibisce foto
di stars hollywoodiane e scene
violente o macabre di immediata
presa emotiva. Dominano due
colori in tutte le loro sfumature: il
grigio-verde, che prevale
inizialmente, ed il giallo.
Nasce cos la prima e unica
rivista poliziesca italiana (bisogner
attendere mezzo secolo perch il
tentativo sia ripetuto con Febbre
gialla di Massimo Moscati);
perduta nella memoria collettiva,
dispersa negli archivi e nelle
biblioteche, ignorata nelle
ricostruzioni storico-letterarie, essa
conserva ancora oggi il fascino
dell'impresa pionieristica, la
seduzione dell'incunabolo,
l'impronta di un gusto e di un
tempo passati.
Dalle pagine ingiallite del
Cerchio emerge l'altra faccia
degli anni Trenta. Perch, accanto ai
fogli letterari che presupponevano
un destinatario d'lite e si
schieravano a favore delle poetiche
ufficiali (dall'impegno realistico alle
rarefazioni della prosa d'arte e
dell'elzeviro), accanto alle
aristocratiche palestre della cultura-
laboratorio che eludeva il controllo
politico, si situava con piglio
moderno e anticonformista questa
iniziativa editoriale attenta a
incrociare le aspettative di
un'audience ampia ed eterogenea,
esibendo fin dalle cassette
redazionali la propria aspirazione ad
una diffusione popolare.
L'impianto retorico
(punteggiatura esclamativa e
sospensiva, aggettivazione
iperbolica, forme verbali
imperative) e l'assetto grafico
(abuso del neretto, marcate
inquadrature, cesure, stacchi)
enfatizzano le ridondanti parole
d'ordine editoriali che richiamano
gli stilemi reclamistici delle gi note
per rivela nei tratti l'ascendenza
del censurato Gordon. E ancora, tra
i disegnatori si registrano i nomi di
Boccasile, Bianchi, Casolaro,
Pancotti, Edgardo Dell'Acqua,
specializzato nel commento visivo
di racconti esotici d'atmosfera
salgariana e di storie belliche e
coloniali conformi alla retorica
nazionalistica e all'etnocentrismo
del regime. La copertina del
periodico esibisce foto di stars
hollywoodiane e scene violente o
macabre di immediata presa
emotiva. Dominano due colori in
tutte le loro sfumature: il grigio-
verde, che prevale inizialmente, ed
il giallo.
Nasce cos la prima e unica
rivista poliziesca italiana (bisogner
attendere mezzo secolo perch il
tentativo sia ripetuto con Febbre
gialla di Massimo Moscati);
perduta nella memoria collettiva,
dispersa negli archivi e nelle
biblioteche, ignorata nelle
ricostruzioni storico-letterarie, essa
conserva ancora oggi il fascino
dell'impresa pionieristica, la
seduzione dell'incunabolo,
l'impronta di un gusto e di un
tempo passati.
Dalle pagine ingiallite del
Cerchio emerge l'altra faccia
degli anni Trenta. Perch, accanto ai
fogli letterari che presupponevano
un destinatario d'lite e si
schieravano a favore delle poetiche
ufficiali (dall'impegno realistico alle
rarefazioni della prosa d'arte e
dell'elzeviro), accanto alle
aristocratiche palestre della cultura-
laboratorio che eludeva il controllo
politico, si situava con piglio
moderno e anticonformista questa
iniziativa editoriale attenta a
incrociare le aspettative di un
'audience ampia ed eterogenea,
esibendo fin dalle cassette
redazionali la propria aspirazione ad
una diffusione popolare.
L'impianto retorico
(punteggiatura esclamativa e
sospensiva, aggettivazione
iperbolica, forme verbali
imperative) e l'assetto grafico
(abuso del neretto, marcate
inquadrature, cesure, stacchi)
enfatizzano le ridondanti parole
d'ordine editoriali che richiamano
gli stilemi reclamistici delle gi note
collane mondadoriane, a loro volta
forgiati sull'esempio dei romans
policiers lanciati da Aux Editions de
France nel '32: Non vi far
dormire e Ogni pagina
un'emozione.
Quando esce Il Cerchio Verde,
negli Stati Uniti circolano gi una
ventina di periodici di narrativa
poliziesca emuli del pi celebre dei
pulp magazines, Black Mask, che
rivelando al grosso pubblico
scrittori come Hammett e Chandler
ha dato il via all'hard boiled novel,
in cui su uno sfondo di violenza e di
azione campeggiano i problemi
della societ americana del tempo,
dalla criminalit organizzata, alle
funeste connectons fra
proibizionismo e corruzione
politica, alla pirateria finanziaria.
In Italia la situazione del
mercato molto diversa.
Mondadori ha adottato da qualche
anno e con largo successo una
strategia promozionale del prodotto
giallo, mettendo in catalogo i
classici stranieri, ma anche e
tempestivamente offrendo al
pubblico un giallista italiano,
Alessandro Varaldo, scrittore gi
affermato in altre aree della
narrativa di consumo, caposcuola
della crime story nazionale, di cui
proprio l'editore milanese aveva
tenuto a battesimo il primo
mystery, Il sette bello, ventunesimo
dei Libri Gialli.
Il disegno di fondazione di un
genere poliziesco indigeno,
ambientato preferibilmente in Italia
e ben differenziato dagli stereotipi
angloamericani esposto in un
palchetto che appare sulla rivista il
21 novembre '35:
La letteratura gialla nata fuori
d'Italia, ma noi vorremmo creare il
giallo italiano. Cerchiamo
scrittori gialli. Mandateci novelle
gialle. Ma elaborate, avvincenti,
emozionanti: belle novelle.
Affermate anche in questo campo il
prodotto nazionale.

Il proposito di autarchia
culturale, conforme alle
disposizioni del Ministero della
Cultura Popolare che obbligava i
direttori di collana ad accostare a
firme straniere nomi italiani in
misura via via crescente, si
evidenzia nei numeri successivi:
sulla copertina del n. 28 viene
annunciata una novella di Gastone
Tanzi, uno degli assi del giallo
italiano!; su quella del n. 30 (5
dicembre '35) si precisa: Su cinque
novelle, quattro italiane: ora
leggetele!. E ancora, il 31 dicembre
'35 (n. 34): Leggete che cosa
Gastone Tanzi, l'italianissimo asso
del giallo, ha saputo inventare per
voi; e il 9 gennaio '36 (n. 35)
Alessandro Varaldo, il creatore del
'giallo' italiano viene pubblicizzato
in termini entusiastici, che
sfioreranno il trionfalismo nel
numero successivo: Su sette
novelle, sei italiane! Anche nella
letteratura gialla, la fantasia e
l'ingegno italiano siano motivo
d'orgoglio!.
Tra i giallisti stranieri, nomi di
sicuro richiamo: Agatha Christie,
Edgar Wallace, S. S. Van Dine,
Dorothy Sayers, G. K. Chesterton,
Ellery Queen, Dashiell Hammett, E.
Phillips Oppenheim, Sapper
(alias Herman C. McNeile), e un
insolito Jack London, che ne I due
ladri (n. 23) conferma il suo talento
di giallista.
Manca del tutto Simenon. Ai
lettori che meravigliati ne
chiedevano ragione, l'esclusione
veniva frettolosamente giustificata
in una nota del 17 ottobre '35:

Perch Il Cerchio Verde non


pubblica novelle di Georges
Simenon? Semplicissimo: perch
Georges Simenon non ne scrive, e
quelle poche che ha composte sono
gi state riunite dalla Casa
Mondadori e pubblicate nella sua
collezione de I Gialli Economici,
col titolo: L'impareggiabile signor
Leborgne.

probabile per che questa


assenza abbia motivazioni pi
sottili. La rivista si prestava a
strumento di indagine di mercato
per sondare le preferenze del
pubblico (infatti Il mistero del treno
azzurro della Christie e I gangsters
di Chicago di Wallace vennero
inclusi tra i Libri Gialli solo dopo
che ne fu valutato l'alto indice di
gradimento con la comparsa a
puntate sul settimanale); ma
soprattutto Il Cerchio presentava
i maestri del poliziesco come esca
per estendere le fasce di utenza.
Se non c' dubbio che l'ideatore
di Maigret rientrasse nella rosa dei
classici, tuttavia era difficile
frammentarne nel ritmo della
scansione appendicistica l'opera,
una comdie humaine volta
all'analisi minuta dei moti
dell'animo, alla ricostruzione di
ambienti borghesi e del tutto aliena
dal sensazionalismo di cui i lettori
erano avidi. Non a caso
l'immaginifico e fantasmagorico
Wallace era uno degli autori
prediletti dal pubblico e cari a
Mondadori e ai suoi consulenti, che
suggerivano di sfruttarne la lezione.
Esemplare, a questo proposito, il
consiglio dato a Varaldo da Lorenzo
Montano, eminenza grigia della
corte mondadoriana, di insaporire Il
segreto della statua con una gran
battaglia con la polizia, uso
Wallace.
Lo stesso Montano raccomanda
all'editore, in una lettera del '29,
(citata da Orsi e Volpatti),
l'accuratezza delle traduzioni:

Non credo dirle nulla di nuovo


se affermo che la qualit delle
traduzioni influir sensibilmente
sulla riuscita. Se il romanzo
poliziesco si finora diffuso cos
poco tra noi, ci infatti dovuto per
buona parte, come ella sa, alle
pessime traduzioni.

L'invito accolto dalla direzione


del periodico, che affida le versioni
dall'inglese a sperimentati
traduttori: Eugenia Consolo,
Martha Tornaghi, Stanis La Bruna,
Alfredo Pitta ed Alberto Tedeschi.
Quest'ultimo, manager, talent
scout, curatore della rubrica fissa
Busta Gialla maliziosamente
celato dietro l'epiteto Il Piantone,
iniziava cos, poco pi che
ventenne, la scalata che lo avrebbe
condotto ai vertici dell'editoria
gialla mondadoriana.
Quanto agli scrittori di casa
nostra spiccano sul Cerchio
Alessandro Varaldo, Edoardo
Anton (Antonelli), Tito Spagnol,
Guido Cantini, Alessandro De
Stefani, Gastone Tanzi, Guglielmo
Giannini, esploratori anche di altri
territori del romanzesco e operatori
in campo cinematografico e
teatrale.
E d'altra parte proprio negli anni
Trenta, e soprattutto nel giallo, si
profila la fisionomia della nascente
mass-cult dove confluiscono
interagendo i mercati paralleli (e
solo in apparenza concorrenziali)
del cinema, del fumetto, della
cronaca giornalistica e sportiva []
come sistema integrato e
policentrico, al cui interno i prodotti
di un settore rinviano
inevitabilmente a quelli del settore
contiguo o adiacente (Canova).
Cosi, i due maggiori registi
dell'epoca, Blasetti e Camerini,
muovendosi su una linea di
realismo epico e storico il primo, e
sui toni leggeri della commedia il
secondo, concretizzano il piano
stilato da Luigi Freddi di una
cinematografia neutra,
tranquillizzante, dsengage
(programma a cui si attengono
Giallo di Camerini, Il caso Haller di
Blasetti, Il serpente a sonagli di
Matarazzo) proprio traendo spunto,
ispirazione, motivi, personaggi, e
talora anche tecniche costruttive da
testi polizieschi non cinematografici
preesistenti. Se accanto ai film
tratti da si prendono poi in
considerazione anche i titoli
comprendenti nel cast romanzieri e
commediografi, si potr allora
misurare tutta la consistenza del
fenomeno, che raggiunge l'acme pi
vistosa nel quadriennio '34-'37 con
un'alta percentuale di film girati col
supporto di pre-testi o avvalendosi
della perizia di narratori come
Giannini, De Stefani, Cantini,
Anton.
Il successo di questa categoria di
prodotti garantito dalla serialit
tipologica e strutturale, che ne
costituisce il tratto dominante e
qualificante, riscontrabile in misura
ancora maggiore che sullo schermo
nello spettacolo teatrale. Il trionfo
del dramma giallo, documentato dal
pullulare di titoli, rappresentazioni
e autori nuovi, avvalorato dalla
istituzione di compagnie
specificamente preposte alla
messinscena di commedie
poliziesche: quella di Romano Cal,
attiva (dall'agosto '34) fino ai primi
anni della guerra con un repertorio
di lavori in gran parte anglosassoni
ma anche italiani; di Giulio
Donadio e Marcello Giorda, creata
sempre nel '34; di Giannini ('37-
'39). E su testi gialli non esitavano a
provare la loro versatilit
interpretativa famosi attori di prosa,
come Memo Benassi e Gino Cervi.
All'idillio tra il drammaturgo
giallo e la platea di aficionados
Marco Ramperti, nel '36, addebita la
decadenza della scena nazionale:

Eccolo, signori miei, il punto


cruciale della cancrena teatrale [].
Questo pubblico stracco, guasto,
sordo, cieco, impazzito, dannato
[]. Questo pubblico, oltre che
all'etica e all'estetica elementari,
oltre che alla decenza ed al gusto,
insulta alla parola del Duce []. Il
Duce chiede: teatro di poesia. Il
pubblico risponde: dramma giallo.

Il legame organico tra pagina,


scena e schermo, ovvero tra patto
narrativo, fruizione teatrale e
sublimazione nell'immaginario
cinematografico, destinato a
rinsaldarsi a dispetto delle critiche,
si coglie nella variet polimorfa del
Cerchio e non solo negli autori
middle brow, ma anche in figure di
pi modesta rappresentativit:
Giuseppe Faraci, giornalista che nel
'65 dar testimonianza delle sue
esperienze professionali in Etiopia:
guerra e pace-, il lombardo Mario
Mortara, ventottenne al tempo in
cui collabora al periodico e d alle
stampe il romanzo E vietato amare
(1935), primo di un fortunato ciclo
di storie d'amore; il siciliano Stanis
La Bruna, specialista di letteratura
per l'infanzia e autore del giallo
Quattro finestre illuminate (1942);
Luigi Motta, alla cui competenza
esotica i redattori ricorrono per
inchieste e servizi speciali. E sar
forse la familiarit col team della
rivista a stimolare l'episodica
incursione di Motta nel dominio del
giallo con L'anello nero del '38,
dove la trama del delitto lascia
trasparire scenari tropicali.
In un favoloso Oriente
salgariano, nei misteri della giungla
nera, in un Egitto leggendario ed
arcano si aggirano anche gli
investigatori di Gastone Tanzi,
ininterrottamente presente sulle
pagine del Cerchio.
Pi marginale l'apporto di
Giuseppe Achille, Cesare Batti,
Fulvio Pastori, Franco Redaelli,
Attilio Rovinelli, tutti esponenti tra
i pi fecondi di quella letteratura
d'intrattenimento che spaziava dal
rosa all'avventuroso, dal breviario al
resoconto di viaggio.
Nel settimanale prevalgono i
racconti, di cui viene indicato il
tempo di lettura oscillante in media
fra i tre e i venticinque minuti, con
la motivazione esplicitamente
dichiarata di voler in tal modo
agevolare i lettori che viaggiano,
cio favorire una fruizione facile,
rapida e piacevole. interessante
notare che la medesima intenzione
programmatica sta a monte dei
moderni pockets.
Funzionale alla captatio
benevolentiae del lettore lo spazio
attribuito all'immagine, remoto
precorrimento dell'odierna
multimedialit: alla scrittura
narrativa si accompagnano romanzi
ridotti a fumetti (Gli uomini di
Guttaperga di Wallace), oltre a
numerosi romanzi-film, ovvero
storie illustrate da fotogrammi e
tratte da pellicole di successo per lo
pi americane, ma talvolta anche
italiane (per esempio, Giuseppe
Achille condensa nella novella Il
serpente a sonagli il soggetto del
film omonimo ricavato dalla
commedia di Anton).
Nei primi numeri alle varie
rubriche di giochi e cruciverba si
affianca Busta Gialla, angolo
riservato alla corrispondenza, che si
conserver fino all'estinzione della
rivista. , d'altronde, il periodo in
cui la stampa e la letteratura
poliziesca di larga popolarit
contribuiscono a catalogare il
giallo in una branca
dell'enigmistica sul modello dei
pulp magazines. Come questi, Il
Cerchio chiama in causa
direttamente il pubblico con
rubriche varie: Problemi
polizieschi ed Enigmi
polizieschi, che sottopongono alla
perspicacia del lettore quesiti da
risolvere; Le cronache del
mistero siglate con il nome
dell'eroe di Gaboriau, Monsieur
Lecoq, che rievocano oscure vicende
criminali del passato; Curiosit
criminali curate da vari
collaboratori; e Nel Regno
dell'Irreale, sezione destinata a chi
sia stato protagonista o testimone
di situazioni bizzarre, assurde,
inesplicabili. La partecipazione
compensata con venticinque lire.
Sin dall'anno primo i
responsabili avvertono la necessit
di sveltire e diversificare l'aspetto
della rivista inserendo articoli di
cronaca criminale, giudiziaria o di
costume, tutti e sempre etichettati
come casi veri. Qualche esempio:
Le mille e una storia dei
contrabbandieri americani, in cui
Luigi A. Garrone ricostruisce le
peripezie di un agente segreto
d'oltreoceano; Il testamento di
donata Wild di Gastone Tanzi; e
sempre di Garrone, La formidabile
memoria di un detective. Inoltre, i
servizi di Giovanni Vecci: Giallo
Abissino, che illustra pene, delitti
e torture in Etiopia con gusto del
raccapricciante e con un taglio
politico allineato alle coeve
posizioni del regime insistente
la polemica contro il Negus e contro
la Societ delle Nazioni e
all'ideologia colonialista; e K.K.K. {I
diavoli bianchi), in cui l'articolista
descrive gli orrori della
persecuzione razziale in America. Il
25 giugno '36, infine, prende il via
una nuova serie di inchieste e
curiosit giudiziarie col titolo
generico e onnicomprensivo di
Notiziario e variet.
Il carattere in progress del
Cerchio Verde provato dai
frequenti cambiamenti grafici e
tipografici: di immediata evidenza
la trasformazione della copertina,
che a partire dall'11 luglio '35 si
uniforma alla prassi iconografica
delle collane mondadoriane nella
base cromatica (giallo citrino) e nel
disegno, visualizzando i
protagonisti e le vicende salienti di
un racconto, stagliati entro un
cerchio marcato da una sottile
filettatura rossa (dal n. 36 del 3
settembre). Blu e bianchi sono
invece i contorni circolari posti a
delimitare le insinuanti immagini
accampate sullo sfondo di un bel
rosso brillante, con cui la rivista
muta ancora il proprio abito dal n.
88 (14 gennaio 1937).
Il calco grafico e cromatico
condotto questa volta sui fascicoli
speciali mensili, inaugurati il 27
agosto dell'anno precedente (n. 68)
che offrivano in sedici pagine alla
degustazione degli appassionati del
genere un intero romanzo giallo;
per la loro copertina era stato
scelto, a partire dal n. 73 (1 ottobre
'36), proprio quel vivace sfondo
coloristico di sicuro richiamo e forte
impatto.
Frattanto la conduzione del
periodico stata affidata a Gino
Marchiori, gi redattore
responsabile, che rimane in carica
dal 5 dicembre '35 al 16 gennaio '36,
anno in cui la direzione passa a
Giorgio Monicelli (dal n. 36, del 3
settembre). Il profilo della rivista
resta tuttavia inalterato; anzi, alla
soluzione di casi polizieschi
particolarmente complessi il
pubblico sollecitato ulteriormente
con le novelle-enigma, pubblicate
dal maggio '36.
Il Cerchio Verde partecipava
in tal modo del programma
operativo gi messo in atto dai
Gialli Economici, che in
appendice ai testi narrativi
dispensavano rubriche di
passatempi, cruciverba, variet,
enigmi. Ancora, come la collana
degli economici anche la rivista
tentava il sottogenere del giallo
scientifico che allo schema
tradizionale dell'inchiesta
sostituiva, sulla falsariga della
Pietra lunare di Collins, la
presentazione di materiale
documentario su cui il lettore
potesse improvvisarsi detective e
sciogliere i nodi della trama
attraverso la mappa degli indizi.
Al crime novel, alla spy story si
intrecciano sempre pi spesso la
fantasia macabra, la vicenda nera,
l'elemento gotico e soprannaturale.
La componente magico-misterica
che dai folk-tales, affinandosi nelle
opere del maledettismo scapigliato
ottocentesco (di Tarchetti,
Camerana e financo del Capuana di
Spiritismo?) era straripata
nell'appendicistica, da qui si riversa
nella contigua zona gialla, trovando
la resa pi efficace nelle
metamorfosi teratologiche
dell'Uomo dai piedi di fauno ('34) e
della Valle del pianto grigio ('35) di
Vasco Mariotti.
L'armamento dell'horror,
licantropi, vampiri, scimmioni alla
moda di Poe, e gli espedienti
granguignoleschi (mani tagliate,
teste mozze, scheletri) costellano le
pagine del Cerchio {La casa del
cane ululante di Giuseppe Faraci, n.
20; Un teschio nella notte di Alfredo
Pitta, n. 41; La mano tagliata di G.
G. Marus, n. 42, riecheggiante il
romanzo di Nerval), che in tal modo
recupera la linea d'ombra
rifiutata e rimossa dai Libri Gialli
e rifluita nell'editoria economica:
nei Gialli Economici e
soprattutto nei volumi di Nerbini e
di Sonzogno.
Un esempio per tutti: gli arnesi
della fucina gotica sono maneggiati
con scaltrezza e compiacimento, nei
racconti commissionatigli dalla
rivista, da quel Varaldo che nei
romanzi si preoccupava invece di
smorzare le tinte fosche.
L'attrazione per l'occulto,
l'esoterico ed il cabalistico ispira
non soltanto novelle ma anche
pezzi giornalistici, come quello di
Francesco Stocchetti, La morte a
distanza, che un excursus sulle
pratiche alchemiche dell'Europa del
Seicento; nonch rubriche, come Il
Cerchio Nero, che inizia il 3
settembre '36.
Nello stesso numero appaiono
per la prima volta in ultima pagina
vignette umoristiche di piccante
erotismo firmate da Rino
Albertarelli, cartoonist di successo,
iniziatore del filone della western
story all'italiana, creatore di
characters divenuti classici come
Kit Carson. Le strisce a fumetti,
d'argomento eterogeneo, occupano
uno spazio d'intrattenimento di
tutto rispetto all'interno del
Cerchio, fin dal numero
d'esordio, dove era riprodotto un
intero dramma giallo di Walt
Disney, Chi ha ucciso il pettirosso?-
, in altri fascicoli, la medesima
rubrica Sherlock Holmes ride
presenta sapide storie a fumetti
scaturite dall'estro di umoristi della
statura di Giovanni Mosca e Carlo
Manzoni.
E manifesto lo sforzo di tener
desto l'interesse dei lettori; ma
altrettanto evidente che la proposta
di un giallo nazionale si infrange
contro le coercizioni del fascismo
(obbligo di attribuire nazionalit
straniera all'assassino e di
suggellare la conclusione con il
trionfo del bene e la punizione del
colpevole), che impone un prodotto
artificioso e rigidamente controllato
dall'alto.
Si innesca cos il processo di
dissoluzione del tessuto connettivo
del poliziesco italiano, che viene
accelerato dalla crisi di creativit
degli autori devitalizzati dal
condizionamento politico ed
sancito dall'allontanamento del
pubblico.
Nonostante la latitanza del
lettore, lo staff redazionale non
cede ancora le armi e, nel tentativo
di garantire al periodico un margine
di sopravvivenza, ne modifica i
contenuti. Dalla seconda met del
'36 si diradano i collaboratori
italiani, stanchi di doversi attenere
al delirante decalogo di regole
imposte dal regime; specularmente
si verifica l'invadenza della
produzione straniera e di rubriche
di informazione criminale e di varia
enigmistica. Accanto alle cronache
si leggono le fotocronache, le
novelle-processo affidate a Gastone
Tanzi, imbastite sulla scorta di
memorabili atti processuali del
passato, e la ricostruzione da parte
di Guido Martina delle Evasioni
celebri (dall'aprile '37); mentre il
richiamo dell'attualit e della
curiosit coltivato nella rubrica di
Francis Villa Dove sono andati a
finire? (che nasce nel dicembre del
'36, con il n. 84), nelle Inchieste
del Cerchio Verde (la prima, su
L'Universit del borseggio,
firmata da Ernesto Bevilacqua l'11
febbraio '37), in Radiomondo
giallo e nelle reinvenzioni
romanzate di episodi criminosi del
livornese Alfredo Jeri, specializzato
in biografie e libri per la giovent.
I pochi nomi nuovi acquisiti dal
settimanale sono reclamizzati in un
contesto ottico-verbale di forte
attrattiva, se pure un po' rtro,
come quello che si incontra nel n.
71 (17 settembre '36), dove con
caratteri rossi su fondo giallo
squillante si annuncia
una serie romanzesca e
romantica del giallo vissuto
raccontata da una delle pi fini
conoscitrici del cuore femminile
Luciana Peverelli.

La presenza di scrittrici non


una novit per Il Cerchio, che gi
nel numero d'apertura accoglie una
novella di Eugenia Consolo e poi le
romantiche creazioni di Elisa
Trapani e le brevi prose di Anna
Maria Tedeschi, giornalista
milanese che proprio in questi anni
acquista una buona notoriet con
Le nebbie del cuore (1934) ma che
pu contare su un certo pubblico
ancora nei decenni successivi
assumendo la direzione di Grazia
e Marie Claire e pubblicando i
romanzi E la porta si chiuse (1945),
Strada senza confine (1947),
Ognuno ha un paradiso (1955).
Tuttavia si tratta sempre di firme
un po' appartate; la partecipazione
della Peverelli costituisce invece un
caso nella storia del periodico,
dato il sempre maggiore e alla fine
esclusivo risalto che il suo nome va
assumendo.
La formula stessa adottata per il
battage pubblicitario sulla corifea
della letteratura rosa chiarisce
l'utilit e lo scopo del suo
contributo: l'allitterazione del
binomio iniziale (romanzesca e
romantica), l'accento posto sul
vissuto e sul cuore femminile
dicono come, nella velleitaria
ricerca di nuovi campi di utenza, si
tenti di allettare col richiamo di
storie vere di sentimenti autentici,
non immiseriti dalla quotidianit
anzi esaltati dall'avventura
fantastica ed eccezionale.
Il terzo anno di vita della rivista
si svolge interamente sotto il segno
dell'involuzione e della lotta per la
sopravvivenza: dal 31 dicembre '36
all'estinzione si registrano soltanto
ventotto racconti di scrittori italiani.
Significativo del mutamento di
linea del settimanale, i cui
responsabili, diventato ormai
improponibile il disegno di
sostenere il giallo nazionale,
abbandonano anche il programma
di affiancamento grafico alle collane
mondadoriane, il n. 100 (8 aprile
'37). Da questa data la copertina
muta radicalmente le sue
peculiarit grafiche (colore di fondo
e soluzioni formali) e tipografiche:
all'accostamento giallo-rosso
subentrano i toni del blu e del
rosso, mentre alle immagini e alle
foto racchiuse nel consueto cerchio
si sostituiscono disegni a tutta
pagina firmati da Albertarelli nello
stile del rotocalco Domenica del
Corriere.
Talvolta il protagonista di un
racconto campeggia in primo piano;
talaltra vengono schizzati gli snodi
principali di un intreccio in
un'agevole sintesi visiva; in qualche
caso (come appunto nel n. 100) le
illustrazioni non hanno alcun
rapporto con i testi delle novelle ma
si ispirano a fatti di attualit nera;
oppure rinviano alla cronaca
politica (nel n. 102 si polemizza, con
scene di crudo espressionismo,
contro la Spagna rossa dei
miliziani).
E ancora nel n. 100 diventa
palpabile la dbcle dell'idea
portante del Cerchio: gli stessi
autori che in precedenza avevano
prodotto racconti gialli curano
adesso articoli e servizi; e a fronte
di tre novelle di stranieri (W.
Hayers, Carlotta Dockstader, Noelle
Langley) e di una sola di scrittore
italiano (Peverelli) si incontrano
ben otto rubriche, pi giochi e
cruciverba. Neppure il cambio della
guardia verificatosi nella direzione,
che dal 15 aprile '37 passa a Cesare
Zavattini proveniente dalla Rizzoli e
capo editoriale dell'API (Anonima
Periodici Italiani), riesce a sollevare
le sorti del settimanale, e con esse
la fortuna dell'agonizzante giallo
italiano.

G . P.
Nota

Il volume presenta una scelta


antologica del Cerchio Verde
circoscritta agli autori italiani e, tra
questi, alle firme maggiormente
rappresentative. Di tali scrittori
abbiamo selezionato i racconti pi
gradevoli e ancor oggi appetibili.
Per la trascrizione dei testi, si
seguito un criterio conservativo,
emendando esclusivamente refusi
evidenti e modernizzando
l'ortografia laddove riuscirebbe
fastidiosa al lettore d'oggi (per es.:
su le stato modificato in
sulle).
Si sono invece mantenuti gli
arcaismi lessicali (per es.
ischerzo) e grafici (lagrime), i
barbarismi italianizzati
(gabardino, sciampagna), i
regionalismi (dell'allea), i
tecnicismi desueti (la coltella),
per non alterare la patina linguistica
dell'epoca.
Sono stati fedelmente riprodotti
anche alcuni tratti morfologici
popolari (le unghia) e le
costruzioni sintattiche ipercorrette
(come l'accordo del participio
passato con il complemento oggetto
posposto: avrebbe accettata una
commedia).
Ci siamo inoltre astenute
dall'uniformare le numerose
oscillazioni grafiche nell'uso delle
scempie e delle doppie (dinanzi-
dinnanzi) e nella formazione del
plurale dei sostantivi (tracce-
traccie), che, insieme con alcune
discrepanze (Trse-Teresa), e
con l'incertezza nell'impiego delle
maiuscole (dettato da un tic
reverenziale tipico dell'italiano
popolare: Commissario-
commissario, Dottore-dottore),
sono riscontrabili anche all'interno
della stessa novella.
Indizio, questo, di urgenza nella
stesura delle prose da parte degli
autori, oltre che di trascuratezza
nella composizione tipografica e
nella revisione redazionale del
periodico.
L'una e l'altra, manchevolezze
peculiari d'un rotocalco popolare.
Esigui, infine, i nostri interventi
sulla punteggiatura, che abbiamo
razionalizzata solo nei casi di
inequivocabili errori, nocivi alla
comprensione del testo.
La nostra gratitudine va a Cesare
Zavattini, per i consigli e i ricordi di
cui stato prodigo e per il giovanile
entusiasmo che ci ha trasmesso nel
corso della ricerca. Ci rammarica
che egli non abbia potuto vederne i
frutti.

G. P. R. V.

Forniamo qui di seguito una


bibliografia essenziale, utile per il
lettore che voglia approfondire il
contesto culturale e letterario in cui
si sviluppata la narrativa
poliziesca italiana degli anni Trenta:

G. Bezzola, Preistoria e storia


del giallo all'italiana, in AA.VV.,
Pubblico 77, a c. di V. Spinazzola,
Milano, Il Saggiatore, 1977.
L. Rambelli, Storia del giallo
italiano, Milano, Garzanti, 1979.
E. Guagnini, L'importazione
di un genere: il giallo italiano tra
gli anni Trenta e gli inizi degli anni
Quaranta, in AA.VV.,
Trivialliteratur?. Letteratura di
massa e d consumo, Trieste, Lint,
1979.
AA.VV., Il giallo degli anni
Trenta, Trieste, Lint, 1988
(contiene, tra gli altri, contributi di
G. Canova e G. Orsi-L. Volpatti).
B. Bini, Il poliziesco, in AA.VV.,
Letteratura italiana. Storia e
geografia. L'et contemporanea, III,
a c. di A. Asor Rosa, Torino,
Einaudi, 1989.
L. Rambelli, Il presunto giallo
italiano: dalla preistoria alla
storia, in Problemi, n. 86, sett.-
dic. 1989.
AA.VV., Le figure del delitto. Il
libro poliziesco in Italia dalle
origini a oggi, a c. di R. Cremante,
Bologna, Grafis, 1989.
E. Bacchereti, L'immaginario di
massa nella letteratura del
Novecento (poliziesco, rosa,
fantascienza), in AA.VV., Storia
letteraria d'Italia. Il Novecento, n, a
c. di G. Luti, Padova, Piccin, 1993.
L'almanacco del delitto

I racconti polizieschi del Cerchio


Verde
Edoardo Anton - La
scheggia di legno

Giovanni era vecchio: si vedeva


bene. Figura alta e grossa, non pi
troppo eretta, capelli bianchi
schiacciati malamente da un
cappello di feltro sformato, passo
elefantino, pesante, strascicato.
Eppure, egli non si rassegnava,
cercava di camminare il pi spedito
possibile e mascherava la sua
lombaggine premendo una mano
sul fianco e gettando a ogni passo il
corpo per traverso come un cavallo
all'ambio.
Questo secondo lui era molto
marziale.
Nel mio mestiere, non si pu
mai diventare vecchi -soleva dire;
sono o non sono il giovane di
studio?
E con questa ingenua facezia gli
pareva d'aver raggiunto il vertice
della saggezza.
Tutti, nello studio dell'avvocato
Oliva, gli volevano bene, tanto pi
che compiva le sue mansioni con
assoluta diligenza. E perci in
quindici anni, molti sostituti e
molte dattilografe erano passati
nell'ufficio, ma Giovanni, il
giovane di studio, era sempre l,
facendo per ischerzo molto spesso
la faccia feroce.
Quella mattina, come al solito,
egli alle otto e un quarto
attraversava il Corso e pochi minuti
dopo saliva il primo piano dove era
l'elegante Studio Legale Oliva.
Ma qui lo aspettava una
sorpresa: l'uscio era chiuso. Era la
prima volta, da che lo conosceva,
che l'avvocato non si faceva trovare
prima di tutti al lavoro.
Oliva era un professionista
molto quotato, di intelligenza
vivacissima e soprattutto di grande
attivit. Alle otto del mattino egli
usciva da casa sua, andava in
ufficio, apriva mezzo uscio e
attendeva lavorando i suoi
impiegati.
Giovanni sleg il giornale che
aveva in tasca, sedette su di un
gradino delle scale, trasse la pipa e
filosoficamente aspett.
Dopo mezz'ora giunse Luisa, la
dattilografa, giovane, graziosa come
tutte le dattilografe, ma silenziosa,
grave e vestita semplicemente.
Ad eccezione che per ragioni di
lavoro, ella non parlava mai.
Nessun cliente in attesa si poteva
vantare di averla trascinata in una
conversazione. Il sostituto non la
poteva soffrire perch non si era
mai prestata a rendergli piacevoli le
ore di ozio.
Poco dopo il suo ingresso
nell'ufficio (erano ormai sei anni)
l'avvocato l'aveva soprannominata
la Sfinge.
E tale era rimasta per tutti.
Si diceva che avesse avuto un
grosso dispiacere sentimentale; che
non fosse poi la santarellina che
voleva sembrare; che avesse per
amico un poco di buono. Ma in
realt nessuno sapeva nulla di lei se
non che compiva esattamente il suo
dovere e, quando occorreva,
lavorava in studio anche in ore
straordinarie.
Poco dopo Luisa, giunse
profumato, impomatato e disinvolto
il sostituto Gastone Lucci, il
giovanissimo avvocato, laureato di
fresco.
Commenti, scherzi,
insinuazioni, impazienze dell'attesa;
senza la partecipazione di Luisa che,
al solito, taceva standosene
appoggiata al davanzale della
finestra sul cortile.
Alle nove e mezzo il giovane di
studio fu mandato al caff di
fronte per telefonare all'abitazione
dell'avvocato.
Vedr, signorina, che sta
male, ripeteva di continuo il bel
Gastone. E noi aggiunse ce
ne andremo a spasso insieme.
Ne sicuro?
Ma certo, con questi
cambiamenti di temperatura ci si
prende l'influenza come niente!
No, dico: sicuro che
andremo a spasso insieme?
Oh Dio Dicevo cos per
Gi.
Giovanni giunse di corsa, con il
trotto all'ambio delle grandi
occasioni e rec una straordinaria
notizia:
Non c' ho parlato con la
governante ho paura che sia
successa una disgrazia Stanotte
Stanotte non tornato a casa!
Uh, tanto chiasso per una
cosa cos semplice, disse il
sostituto con la sua aria pi
mondana. Anch'io non sono
tornato a casa stanotte eppure
eccomi qui, vivo e sano!
Ma dice che adesso, adesso
verr qui la Polizia.
La Polizia?
Disturbare la Polizia per
un'innocente scappatella! Ma che
brutto carattere ha la governante!
Alla larga da simili donne per casa!
Non vero, Luisa? Signorina Luisa?
andava chiacchierando con
disinvoltura l'avvocato.
Venti minuti dopo, giunsero un
Commissario, due agenti e la
portinaia.
Loro chi sono? Nessuno ha la
chiave? Ci sono altre porte?
chiese il Commissario. Un
fabbro! ordin poi ad un agente.
Il bel Gastone sugger:
L'uscio massiccio, la
serratura formidabile, si farebbe
pi presto a rompere un vetro alla
porta-finestra del balcone. Si entra
direttamente nello studio. Almeno,
se non accaduto nulla, avremo
fatto danno minore.
Bravo giovanotto!
Avvocato, signor
Commissario.
Bene, bene: bravo avvocato. E
facile giungere al balcone?
Semplicissimo. Vede, questo
d'angolo; la balaustra tocca quasi il
davanzale della finestra della scala.
Allora andiamo. La signorina
attenda qui. Apriremo noi l'uscio
dall'interno.
Ma il passo era cos facile e la
curiosit cos forte che anche la
dattilografa prese la stessa via.
Un vetro fu rotto, un agente vi
pass una mano e la portafinestra
fu aperta. I tre impiegati allibirono.
Accanto alla porta chiusa che
dava nell'ingresso, giaceva bocconi
il cadavere dell'avvocato.
Nella schiena, poco sotto la
scapola sinistra, una macchia rossa
s'era diffusa sulla giacca grigia. In
cima ad una mano rattrappita una
rivoltella e una carta gualcita.
Nessuno tocchi oggetti,
maniglie, carte disse grave il
Commissario. Un agente telefoni
alla Centrale. No, non da questo
apparecchio; vada gi passando per
la stessa via.
Il Commissario delicatamente
raccolse il foglio di carta gualcito, lo
lesse e lo porse alla signorina ch'era
rimasta immobile con gli occhi
sbarrati sul cadavere.
Gli altri si curvarono sulla spalla
di lei per leggere. Erano poche righe
dattilografate; solo la firma era,
naturalmente, a mano.
Mi uccido di mia spontanea
volont perch cattive speculazioni
mi hanno rovinato. Chiedo perdono
alla memoria di mia moglie e ai
miei figli adorati.
la sua firma, no? chiese il
Commissario.
S, certamente rispose
Luisa.
Lasciava spesso aperta la
cassaforte?
Mai.
Pure il battente spalancato.
Avr bruciato delle carte
sugger timidamente l'avvocato
Lucci che. aveva perduta la sua
disinvoltura.
Forse.
Improvvisamente dalla porta-
finestra entr un signore
elegantissimo, sulla trentina,
tenendo in mano cappello, guanti e
bastone.
permesso?
Lei chi ?
Io sono il Dottor Gioli,
Ispettore Generale delle
Assicurazioni Mediterranee.
Ma che vuole lei qui?
A chi ho il piacere di parlare?
Commissario Valori.
Molto lieto.
Ma, insomma, le sembra il
momento di far visita e
presentazioni? E poi, perch
entrato dal balcone?
Il Dottor Gioli sorrise
amabilmente come se una vezzosa
signorina gli avesse offerto un
vassoio di paste a un th di
beneficenza. Egli non sembrava
neppure accorgersi dell'anormalit
della situazione e del suo tragico
muto testimone.
Lei forse non sa, signor
Commissario, che l'avvocato Oliva
era assicurato sulla vita presso il
nostro Istituto per una cifra
considerevole.
E lei qui per questo?
Veramente io
Lei dunque gi sapeva?
Veramente
Come faceva a sapere?
Ma se non mi lascia parlare!
Dica, dica, avanti!
Veramente io non sapevo
nulla
Ma allora!
Abbia pazienza! Forse lei non
sa che al secondo piano di questo
palazzo la sede delle Assicurazioni
Mediterranee. Io venivo questa
mattina come il solito al mio
ufficio, allorch, per le scale, la
portinaia mi ha informato
dell'accaduto e mi ha indicata la via
presa da loro per entrare. E cos che
io ho creduto di poter venire a
chiederle il permesso di assistere
all'inchiesta dato il forte interesse
che il nostro Istituto ha nella cosa.
Di quanto si tratta?
Un milione disse pi
sottovoce il Dottore chinandosi
verso il Commissario
confidenzialmente.
Accidenti. La cosa
interessante. Rimanga, rimanga
pure
Suicidio?
Pare.
Per noi di capitale
importanza. Lei sa che da poco, per
legge, non si paga il premio ai
suicidi neppure se il gesto
compiuto molto tempo dopo l'inizio
dell'assicurazione. Una volta c'era
un limite di sei mesi, poi fu
protratto e adesso stato tolto.
Infatti. E da quanto tempo era
assicurato l'avvocato?
Tre giorni.
Accidenti! esclam il
Commissario sussultando. La
cosa non chiara.
Speriamo che lo divenga.
Rimanga, rimanga pure,
Dottore. Soltanto la prego di non
toccare nulla. Del resto, ecco il
medico e gli specialisti.
I fotografi cominciarono a far
brillare i lampi del magnesio;
mentre il Dottor Gioli indifferente a
quanto avveniva curiosava qua e l
per la stanza.
Il medico legale constat il
decesso per colpo di rivoltella
(quella stessa rinvenuta accanto al
cadavere) sparato nella schiena
sotto la scapola sinistra a non pi di
due centimetri di distanza. Il
proiettile, perforato il cuore, era
uscito dal quarto spazio
intercostale.
Vede, Commissario, disse il
medico la morte risale a circa
dodici ore. Dalle ferite chiaro, ma
poi la stoffa bruciacchiata lo
conferma, l'esplosione deve essersi
prodotta vicinissima. Lei dice
suicidio? Strana forma di suicidio. A
rigore, possibile, impugnando la
rivoltella per isbieco volta verso la
parte interna del pugno, di piegare il
braccio dietro la schiena e,
premendo il grilletto con il pollice,
far partire il colpo. In ogni modo,
come le dicevo, uno strano
suicidio. Arrivederla, Commissario,
sono atteso al Deposito. Stender il
mio rapporto.
E il Dottore se ne and per dove
era venuto.
A un cenno del Commissario, gli
specialisti di polizia scientifica
cominciarono a usare gli
spruzzapolvere, le lenti di
ingrandimento e gli obbiettivi per
rintracciare le impronte digitali
mentre tutti i silenziosi spettatori
della scena rimanevano immobili
con gli occhi fissi sul cadavere
agghiacciati d'orrore.
Il Commissario preg i presenti
di andarsene per il balcone, non
volendo toccare maniglie e
serrature prima di avere il risultato
delle investigazioni scientifiche. E
anch'egli, dopo aver sfilato da una
tasca della vittima il portafogli e le
chiavi, usc. Ordin a un agente di
piantonare lo studio, stabil per le
tre del pomeriggio l'interrogatorio e
si conged da tutti. Prima di
andarsene disse al Dottor Gioli:
Se le interessa ancora, alle
quindici l'inchiesta prosegue nel
mio ufficio. Pu tornare. Ma vedo
male la posizione del suo Istituto.
Credo che dovr pagare.
Speriamo di no. Commissario,
non le sembra strano, dopo tre
giorni che si assicurato per una
cifra simile, che proprio gli sia
capitata la fortuna di farsi
ammazzare?
Fortuna? almeno, per i figli?
Beh, vedremo!
Vedremo. Buon appetito,
Commissario.
Nel pomeriggio il Dottor Gioli
incontr sul pianerottolo del suo
ufficio il Commissario.
Aspettavo proprio lei gli
disse questi, venga dentro.
Nella sala d'aspetto attendevano
i tre impiegati del fu avvocato Oliva,
i quali avevano gi subito un primo
interrogatorio.
Prima di farli passare il
Commissario fece vedere al Dottor
Gioli alcune fotografie.
A parte le impronte digitali
del morto stesso, gli disse
furono trovate sulla rotella
d'apertura della cassaforte queste
femminili e sono quella della
dattilografa, come lei pu
controllare. Gliele abbiamo prese
poco fa con il solito trucco del
bicchier d'acqua, senza che neppure
se ne accorgesse. Inoltre, stata
trovata una lettera minatoria nel
portafogli della vittima ed stata
scritta con la sua stessa macchina
da scrivere. Anche questo lei pu
controllare. Ecco la lettera ed ecco
alcuni incartamenti dello studio. Gli
stessi piccoli difetti: le d un poco
troppo alte e le a con la parte
superiore piena.
Il Dottor Gioli lesse: Dacci i
soldi se no.
tutto? chiese.
No, l'arma arma di donna.
Finora non si potuto individuare il
negoziante che l'ha venduta. Del
resto, sar difficile, perch
un'arma vecchia che deve essere
stata acquistata qualche anno fa.
Non le dico di pi. Adesso
interroghiamo la signorina -. E
suon per l'usciere.
Luisa, tranquillamente, si mise
subito a sedere, appoggi la borsetta
sulla scrivania e attese.
Dunque, ieri sera, signorina,
lei andata via dall'ufficio alle sette
e mezzo ed tornata alle otto e
mezzo: perch?
L'avvocato mi aveva pregata di
tornare per aiutarlo a finire un certo
lavoro. Una pratica urgente.
Questi straordinari
accadevano spesso?
Oh, s. Almeno un paio di
volte la settimana.
A che ora andata via?
Non erano ancora le dieci.
Insomma, due ore in tutto?
S, circa.
Bene. Questo concorda con la
testimonianza della portinaia.
Cosicch lei stata l'ultima persona
che ha visto l'avvocato?
Non so se sono stata l'ultima,
io l'ho visto per l'ultima volta ieri
sera verso le dieci.
Andando via che cosa ha
fatto?
Ho chiuso la macchina, sono
andata al lavabo a mettermi il
cappello, ho salutato l'avvocato e
me ne sono andata chiudendo
l'uscio esterno.
Allora lei ha una chiave!
No: l'uscio si chiude
sbattendolo.
E poi?
E poi sono andata a casa.
Bene, anche questo concorda.
Ma come mi sa spiegare riprese il
Commissario dopo una breve pausa
che si sono trovate le sue
impronte digitali sulla rotella della
cassaforte?
Io aprivo spesso la cassaforte
in presenza dell'avvocato. Alle volte
mi dava la chiave e mi diceva:
Signorina, per favore, mi dia quel
pacchetto giallo, o quella busta
bianca.
E ieri accaduto un fatto
simile?
S, mi pare. S, s. Ieri sera mi
ha fatto prendere una busta
quadrata.
Che cosa conteneva?
Non so. Credo di aver sentito
delle carte.
Non ha visto quello che c'era
quando l'ha aperta?
Non so neppure se l'abbia
aperta. Subito dopo mi ha mandato
di l. Ma forse la potrei riconoscere.
Era di un formato un poco fuori dal
comune e di color rosso.
Ella rispondeva molto
tranquillamente all'interrogatorio.
Gestiva normalmente e fissava in
viso il Commissario con serenit,
come se non avesse capito che i
sospetti convergevano su di lei.
Il Commissario taceva, era
evidente che cercava il modo di
sorprenderla.
Ella intanto prese lo specchietto
e si diede con un pettinino una
ravvivata ai capelli; poi richiuse la
borsetta, se la tenne in grembo e
aspett che l'altro parlasse.
Gioli che sembrava non
occuparsi di nulla, si lustrava
negligentemente le lunghissime
unghie di una mano sull'altra
inguantata.
Finalmente il Commissario si
decise ad attaccare:
Allora pare che lei non sappia
che l'avvocato aveva ritirato
quindicimila lire al mattino dal suo
conto corrente in banca e che le
aveva chiuse precisamente in una
busta rossa quadrata
Infatti, vengo a conoscenza di
questa circostanza soltanto adesso.
Ma lei doveva pure essere al
corrente dei movimenti di cassa
dell'avvocato.
Per cose d'ufficio, s; ma per
quanto riguardava quelle private,
non mi metteva a parte di nulla. Era
un uomo piuttosto taciturno.
E scusi, signorina, una
domanda delicata: non ha mai
tentanto di imbastire con lei
un'impresa galante? Lei giovane,
graziosa; egli era vedovo da tanti
anni, non aveva tempo per
concedersi svaghi
No, mai. Del resto, neppure
era cosa facile tentare: non ho un
carattere molto socievole!
Gi, gi mi stato detto. In
ogni modo non le nascondo,
signorina, che la sua posizione non
, diremo cos, brillante. Le sue
impronte sulla cassaforte; la lettera
minatoria scritta con la macchina
d'ufficio; lei l'ultima ad averlo
visto
Improvvisamente il
Commissario si alz in piedi e
incombendo con tutta l'alta persona
sulla ragazza grid:
Andiamo, via, confessa! Tu
l'hai ucciso! Sei stata tu! inutile
negarlo!
Ella si ritrasse un poco indietro
quasi per sottrarsi alla veemenza
dell'accusa. Intimidita, lasci cadere
la borsetta. Ma poi subito si rimise
e tranquillamente rispose:
Signor Commissario, lei mi fa
paura! Sar questo un ottimo
metodo d'inchiesta, ma le
garantisco che fa gelare il sangue
all'innocente!
Va bene, signorina, pu
andare; ma si tenga in casa a
disposizione della giustizia.
Il Dottor Gioli che aveva raccolta
la borsetta, la consegn alla
signorina e l'accompagn
gentilmente alla porta. Poi, rivolta
al Commissario chiese:
Ebbene?
certamente lei la colpevole.
Ha una calma straordinaria, ma non
importa. Mi faccio firmare il
mandato e domani l'arresto. Dopo ci
penso io a scuoterla!
Da che cosa deduce questa
opinione?
Ma come! Oltre agli elementi
delle impronte, della lettera
minatoria, delle quindicimila lire,
dell'assoluta possibilit e, direi,
facilit a compiere il delitto, c' un
fatto importantissimo che lei non
conosce: la rivoltella non
presentava alcuna impronta
digitale.
E allora?
Ma un ragionamento
infantile! Aveva i guanti la vittima?
No. Dunque il colpo stato sparato
da un altro. Se no avremmo trovato
le impronte dello stesso avvocato
sul calcio di madreperla!
Gi.
questa una circostanza che
esclude assolutamente il suicidio. E
poi mi sa dire perch si sarebbe
sparato in quel modo strano nella
schiena?
Oh, per questo sarebbe
chiaro: inscenare un delitto perch
ai figli fosse pagata l'assicurazione.
Ma bravo dottore! E avrebbe
scritta una dichiarazione di
suicidio?
A proposito, come la spiega?
La firma autenticata?
S, ma semplice: una sera,
quando la signorina gli fa firmare le
lettere che ella ha scritto sotto
dettatura, ne toglie una e la
sostituisce con un foglio bianco che
mette sotto le altre. Poi spiega le
lettere sovrapposte a scala, in modo
che abbia soltanto lo spazio bianco
per la firma. Egli firma i fogli, cos,
senza alzarli uno per uno. un
metodo rapido che si usa in tutti gli
uffici quando ci si fida e
specialmente quando si tratti di
circolari o, comunque, di lettere
senza importanza che non sia
necessario rileggere. Ella ha cos
una firma in bianco. E la usa come
abbiamo visto. Nessuno sente lo
sparo: nello stabile tutti gli uffici
sono deserti a quell'ora.
Ingegnosa congettura. I miei
complimenti!
Oh, per carit, (e il
Commissario s'inalber felice sulla
sua poltrona) poi, caro Dottore,
come se non bastasse quanto le ho
detto per eliminare l'ipotesi del
suicidio, mi sa spiegare dove sono
andate a finire quelle quindicimila
lire se si esclude il furto?
Qualche pagamento.
Mi sono informato, nessuno.
Ieri sera (ce lo ha confermato la
colpevole) la busta c'era ancora. Ieri
sera, poi, era il primo del mese e
l'avvocato ritirava regolarmente alla
stessa data di ogni mese la stessa
somma per le spese di casa e
d'ufficio.
Non era rovinato, allora!
Oh, Dio, aveva perduto molto,
quasi tutto in cattive speculazioni
all'estero; ma aveva sempre una
professione bene avviata.
Gi. Forse aveva fatto
l'assicurazione per ricostruire un
patrimonio per i figli.
Naturalmente. Vede come
tutto chiaro?
Non tutto. Per esempio, la
lettera minatoria un poco strana.
Ecco qui: Dacci i soldi se no.
Non le pare breve, elementare?
Senza specificare la somma, n il
modo di consegnarla, n il termine?
Pu essere stata compilata
volutamente per deviare i sospetti;
quanto alle precisazioni, potevano
essere state fatte in lettere
precedenti alle quali l'avvocato non
ha dato importanza distruggendole.
Ma resta il fatto che stata scritta
in ufficio. Ora per il suo
ragionamento nessuno dei tre
impiegati avrebbe potuto scriverla!
E perch la dichiarazione di
suicidio era cos spiegazzata?
Ma questo un particolare
insignificante! Ce lo dir la stessa
imputata.
Lei crede che esistano
particolari insignificanti,
Commissario? Beh, a domani,
allora!
A domani alle undici. Ci sar
la rimozione del cadavere.
Un'ora dopo il Dottor Gioli che
si era procurato l'indirizzo in
Questura, fermava la sua macchina
dinanzi alla casa di Luisa. Egli sal i
quattro piani del fabbricato
popolare e suon al piccolo uscio
nero.
La dattilografa stessa gli venne
ad aprire e non parve affatto
stupirsi della visita di Gioli. Lo fece
passare in una camera da pranzo-
salotto e lo lasci solo per andare a
togliersi il camiciotto di satin nero
da lavoro.
Il Dottore si guardava intorno
con aria indifferente.
Tutto nella stanza rivelava
quella povert dignitosa che si tiene
con enormi sforzi in un cerchio di
silenzioso pudore.
Mobili chiari, comuni, alcune
mensole con il bravo merletto
sopra, perch Le tre Grazie e
Amore e Psiche stessero pi
comodamente anche d'inverno Ad
ogni passo pesante sul pavimento di
mattonelle rosse il tintinnare
discreto dei mille tubetti di vetro
del lampadario; in un angolo, su di
un tavolino, una macchina da
scrivere. Accanto, alcune pratiche
notarili. La signorina Luisa doveva
procurarsi del lavoro da compiere a
casa alla sera per arrotondare il suo
bilancio. Su di una colonnina di
legno il ritratto ingiallito di una
vecchia signora, la madre forse.
Sotto, un orsacchiotto di stoffa
pelosa, tenendo il muso girato verso
la schiena, ammiccava con un
occhio solo. Due oleografie alle
pareti e sulla porta di legno, che
doveva comunicare con la camera
da letto, il disegno elementare di
una barchetta fatto con una matita
bleu. Su di una mensola una scatola
di lacca rossa.
Gioli ne alz furtivamente il
coperchio e diede una rapida
occhiata al suo contenuto: molte
ricevute legate con un elastico e due
polizze del Monte di Piet. Richiuse.
Subito dopo rientr la signorina
con la sua consueta tranquillit e il
suo vestito dimesso.
Prego, si accomodi Dottor
Dottor
Gioli.
Ah, si, ricordo. A che cosa
debbo il piacere della sua visita?
Ecco, signorina, senza tanti
preamboli glielo dico subito: lei
avr capito come sia stretta da una
rete di circostanze pericolosissime.
La sua posizione, insomma, quasi
disperata.
Non vedo perch. Io sono
assolutamente innocente.
Ne sono sicuro, signorina. Ma
creda che il caso le ha giocato una
serie di brutti tiri.
E allora? Che cosa debbo fare
oltre che protestare la mia
innocenza?
Si scelga d'urgenza un
avvocato, si faccia consigliare e
agisca di conseguenza. Io non posso
dirle di pi.
Ma, scusi, perch lei
Mi prendo tanto a cuore la
sua sorte? Non lo so neppure io.
Forse, simpatia forse questa
convinzione che lei non colpevole
nonostante che i fatti l'accusino
Non so
Io la ringrazio. Sono sola al
mondo. Mio padre morto dieci
anni fa, mia madre vecchia e
paralitica; devo mantenermela in
un paesino di campagna qui intorno
alla citt. L'aria le giova. Insomma,
come se fossi sola. Mi grato
sapere che qualcuno si interessa a
me, ma io non ho alcuna colpa sulla
coscienza e sarebbe strano che mi
preoccupassi. Vedr che si
convinceranno che si suicidato.
Non credo. Ci sono troppe
prove a suo carico.
Sfumeranno.
Le assicuro, signorina, che la
sua posizione grave. Forse
domani, vede, domani stesso pu
capitare qualche cosa
Mi vogliono arrestare?
Non ho detto questo, ma certo
che
Mi vogliono arrestare! Ma io
non posso, capisce, non posso non
lavorare anche per poco tempo!
La dattilografa, per la prima
volta da che Gioli era entrato,
manifest la sua angoscia.
Vede, l, quelle carte? Lavoro
anche la sera sino a tardi. Ho
bisogno di guadagnare per per
mandare denaro a mia madre!
Gioli sent ch'ella stava per
piangere, allora in grande fretta si
alz, si conged con poche parole, e
si precipit per le scale.
Tre ore dopo, quando rientr
nell'autorimessa, la sua macchina
era incredibilmente impolverata.
Non erano ancora le nove del
mattino, allorch il Dottor Gioli si
faceva annunziare al Commissario
Valori.
Signor Commissario, le idee
migliori mi vengono quando sto per
addormentarmi. Ebbene, ieri sera
Sentiamo un po' che cosa ha
mai pensato!
Una cosa sensazionale,
davvero. La signorina Luisa
innocente.
Ma guarda un po'! E
l'avvocato Oliva si suicidato e
l'assicurazione non deve pagare il
milione! Non cos? C' altro?
Mi permetta di spiegarle.
Voglio evitare un terribile errore
giudiziario.
Credo poco agli errori
giudiziari.
Questo il caso. Dunque, mi
ascolti. Mi dia intanto la lettera
minatoria; ecco. Guardi, signor
Commissario, guardi contro luce
come le lettere sono state battute
cos forte che hanno tanti piccoli
buchi nella carta. Confronti con le
altre pratiche dell'ufficio e vedr la
differenza. Queste poche parole non
sono state battute dalla dattilografa,
ma da un inesperto di macchine da
scrivere. Non c' neppure la
maiuscola.
Interessante; ma tutto
qui?
No. Ha pensato lei come mai
sulla rivoltella non ci fossero
impronte e sulla cassaforte s? Se la
signorina ha sparato con i guanti,
vuole che fosse tanto ingenua da
toglierseli poi per aprire la
cassaforte? E poi, perch?
Questa una induzione acuta,
ma che non prova nulla. Alle volte il
delinquente all'improvviso preso
dal panico e commette gli errori che
gli sono fatali. Se nessun assassino
sbagliasse, noi avremmo ben poche
probabilit di arrestarne il 99%,
come invece accade. E poi, allora,
suicidio? E come? Senza lasciare
impronte sull'arma se il suicida era
senza guanti?
Ecco, ho una mia teoria che
sono certo la verit. Insomma,
non mi andava gi che tre giorni
dopo un'assicurazione tanto forte
l'avvocato fosse assassinato. Troppa
fortuna per quei suoi due figlioli,
dal momento che, probabilmente,
una somma simile egli non
l'avrebbe mai pi risparmiata per
loro. Poi ci troviamo di fronte ad un
ipocondriaco, a un uomo che dalla
vita non trae nessun interesse,
nessun piacere, un solitario, non
pi giovane, senza amore da tanti
anni Ma un uomo di
straordinaria accortezza: l'esercizio
della sua professione di penalista lo
ha pi volte dimostrato. Egli pensa
di uccidersi lasciando i figli in
buona situazione economica. Si
assicura per un milione; ma sa che
l'Istituto non pagher se risulter
suicidio. Allora architetta un piano
diabolico e mirabile di astuzia e di
perfidia nello stesso tempo. Come
uccidersi non facendo credere ad un
suicidio? L'accidente? No.
Un'automobile non ammazza
sempre, dal fiume si pu essere
salvati. E poi si corre sempre il
rischio che risulti la volontariet.
Occorre una via pi sicura; occorre,
in poche parole, creare la figura di
un assassino, allora potr essere
sicuro del fatto suo, e con gli
elementi che ha tutti i giorni
sottomano costruisce l'edificio di un
delitto.
Innanzi tutto si scrive una
lettera minatoria vaga, applicabile
in seguito a qualsiasi via le indagini
prendessero, e la mette nel suo
portafogli. Poi sceglie il giorno nel
quale ritira le quindicimila lire, per
creare il movente e dice alla
signorina di tornare alla sera. Nulla
d'anormale: accade spesso. Per
costruire la seconda prova, fa aprire
alla signorina la cassaforte e si fa
consegnare proprio la busta
contenente il denaro; si troveranno
poi le impronte digitali. Prima delle
10, in modo che la portinaia la veda
uscire, manda via la signorina.
Allora egli brucia il denaro e butta
le ceneri nel gabinetto. Le
quindicimila lire sono sparite.
Scrive a macchina la sua
dichiarazione di suicidio perch la
cosa appaia molto sospetta e si
possa dare contro l'imputata la
spiegazione che lei infatti ha dato.
Infine, si prepara a spararsi nella
schiena perch immediatamente
sorga il dubbio del delitto e la
Polizia non abbia la possibilit di
non scoprire le tracce false che egli
le ha lasciate.
Ma qui sorge la pi
importante difficolt, quella nella
quale egli ha dimostrato una vera
genialit. Come non lasciare le
impronte digitali sull'arma? Siamo
in estate, egli non usa guanti
neppure d'inverno; altrimenti si
sarebbe potuto vestire con il
cappotto, il cappello, i guanti, come
se fosse stato sorpreso mentre
usciva. Come fare? Egli allora ha
una grande idea: la dichiarazione! Si
servir della stessa dichiarazione
per tenere la rivoltella senza che la
sua mano la tocchi. Dopo il colpo,
l'arma e la carta cadranno accanto a
lui; e questa si trover, infatti, tutta
spiegazzata, ma nessuno potr
capire perch. La ferita a bruciapelo
nella schiena indicher nel
colpevole una persona a lui
famigliare che egli sapeva
benissimo che si trovava nella
stanza (infatti, uno sconosciuto non
avrebbe potuto arrivargli alle spalle
senza ch'egli si rivoltasse e
ricevesse la palla nel petto): le due
lettere, le impronte, l'orario della
signorina e le quindicimila lire
scomparse faranno il resto. Che ne
dice?
Gioli aveva parlato tutto in un
fiato come se si levasse un gran
peso dal cuore.
Il Commissario rimase a lungo
silenzioso, poi disse:
perfetto, nulla indica che
tutto questo non sia l'assoluta
verit. Anzi, incomincio a credere
che lo sia, ma ci vorrebbe qualche
cosa che facesse pendere
definitivamente la bilancia da
questa parte.
Come, non basta quanto le ho
detto?
S, vero, lei mi ha data una
logicissima interpretazione dei fatti;
ma io vorrei un fatto che mi dicesse
la stessa cosa senza che ci fosse
bisogno di interpretarlo. Ha capito?
Vorrei una prova, diremo cos,
bruta, grezza.
Ebbene, c' anche quella.
Vogliamo andare sul posto, allo
studio dell'avvocato? Le far vedere.
Dieci minuti dopo erano sul
pianerottolo dinanzi all'ufficio. Il
piantone li salut e il Commissario
si accinse ad aprire la porta con le
chiavi che aveva tolte dalla tasca di
Oliva; ma Gioli lo ferm con un
gesto.
No, disse occorre non
toccare nulla. Non stato aperto dal
momento della scoperta, vero?
No, no.
Allora prendiamo per l'ultima
volta la via del balcone.
La stanza era perfettamente
come ventiquattro ore prima.
Soltanto il cadavere era coperto da
un panno.
Allora, signor Commissario,
prese a dire Gioli dopo essersi
guardato intorno se io le indicassi
un elemento che le dimostrasse
come dopo il colpo di rivoltella
nessuno pu essere uscito da
quell'unica porta, lei sarebbe
convinto?
Certamente, poich noi stessi
abbiamo forzato la finestra, che era
intatta e chiusa.
Sarebbe la certezza che
nessuno ha potuto uccidere, no?
Infatti, poich nessuno
sarebbe potuto uscire da alcuna
parte.
Ebbene, osservi questo
riprese il Dottor Gioli e si avvicin
allo stipite della porta.
Il Commissario lo segu e vide
che la pallottola prima di
configgersi nella porta aveva
scheggiato lo stipite. La lunga
scheggia di legno era alzata,
sbarrando la porta sopra la
maniglia.
Lei pu notare, Commissario,
che la porta ad unico battente si
apre verso l'interno e che la
scheggia unita allo stipite per un
sottile filo di legno. Ora, basterebbe
aprire, per spazzarla del tutto e farla
cadere.
Perfetto! Mi faccia provare.
Il Commissario non aveva
aperto di oltre un centimetro la
porta, che la scheggia, infatti, salt
via. Ecco l'unica cosa che quel
diavolo d'uomo, sia pace all'anima
sua, non poteva prevedere: una
scheggia di legno!
Io la ringrazio con grande
sincerit, caro Dottore, di avermi
evitato un cos triste errore. Lei ha
compiuto un'impresa veramente
bella. vero che ci guadagna un
milione riprese dopo una pausa
ma questo non c'entra.
Non io, Commissario, l'Istituto.
Circa un anno dopo, il Dottor
Gioli ritornando da un lungo
viaggio in automobile, s'accorse a
pochi chilometri dalla citt che al
radiatore mancava l'acqua. Si spinse
lentamente sino al paese pi vicino
e si arrest alla prima casa.
Conosceva quella casa: era
destino che ci ritornasse.
La giovane donna che gli venne
incontro con un fazzolettone scuro
su la testa, lo fiss interdetta.
Lei!
Buongiorno, signora.
Cosa vuole, qui?
Mamma chi strill
dall'interno una voce infantile. E
subito salt fuori un bel bimbo di
otto o nove anni.
Cosa vuole qui? ella ripet
con durezza.
Nulla: un po' d'acqua.
Vado io, vado io! E il
piccolo scomparve nella casa.
Perch mi guarda cos male,
signora? Dopo tutto sono un amico.
Per me un uomo che ha
guadagnato un milione. Ho capito
dopo il perch di tutto
quell'interessamento! Meno male
che non ho mai creduto alla bont
degli uomini!
Anche lei! disse piano Gioli
con profonda malinconia. Non
era mica mio! Che cosa sarebbe
stato del bimbo se lei fosse stata
condannata?
Mi pare che si sia dimostrata
la mia innocenza!
Gi, ma chi l'ha dimostrata?
scatt il Dottore con una violenza
contenuta. Io! Io, che sapevo che
lei aveva ucciso, che aveva preso le
15.000 lire, che aveva avuto un
bimbo con lui! Io che sapevo la
verit.
Luisa divenne pallidissima e si
appoggi allo sportello
dell'automobile.
Come ha potuto
mormor.
Intanto, tutte le gravissime
prove a suo carico Ma una delle
solite cose da nulla mi ha
confermato che lei era colpevole.
Nel secondo interrogatorio che lei
sub, io ero presente, lei era
tranquillissima. Soltanto, a un
tratto, sotto la furia del
Commissario le cadde la borsetta; io
la raccolsi, ricorda? non, non pu
ricordare. Io, la sua borsetta, cos
per caso, l'avevo osservata prima:
cuoio giallo, liscio, nuovo. Ebbene,
lei cos tranquilla in apparenza
l'aveva quasi forata con le unghie! E
questo durante l'interrogatorio,
poich prima i segni non c'erano.
Voleva dire che la sua impassibilit
era una finzione. E perch fingere
con tanta abilit quando si
innocenti? Non che questa fosse
una prova, ma mi diede la certezza
che lei aveva ucciso.
Venni a casa sua e vi scopersi
due cose: la prima che lei era
veramente una brava ragazza,
lavoratrice, ordinata e che dunque
ci doveva essere un movente
formidabile, passionale, perch lei
giungesse ad uccidere. La seconda
mia scoperta fu l'orsacchiotto
nell'angolo e la barchetta disegnata
sulla porta: in quella casa era
vissuto un bambino. Lei era sola:
perch non poteva essere suo figlio?
Nella scatola di lacca rossa trovai
delle ricevute di vaglia: ogni mese
lei spediva 400 lire qui a sua madre.
Perch non tenerla presso di s?
Uniti, si sa, si spende meno. L'aria
di questo paese la stessa di quella
della citt. Allora? Allora lei non
voleva che si sapesse che aveva un
bambino. Ogni tanto lo andava a
prendere e lo teneva con s qualche
giorno. In ogni modo ho l'indirizzo
delle ricevute dei vaglia: vengo qui e
controllo in quello stesso
pomeriggio, ma come tutto ci
poteva essere connesso con
l'assassinio di Oliva? Una ipotesi: e
se fosse il padre? Il bimbo non gli
dissimile; si pu anzi dire che gli
somiglia Poi a un tratto la
rivelazione; la letterina minatoria!
Cosi semplice, cos puerile, senza
maiuscole, con tutti quei fregi sopra
e sotto un gioco, il gioco di un
bimbo! Il piccolo nelle sue
permanenze in citt a furia di
interessarsi alla macchina da
scrivere ha imparato un poco ad
usarla. Una sera che lei sa
l'avvocato solo, a lavorare ci
conduce anche il piccolo. Forse la
sua grazia, la sua innocenza
potranno commuoverlo.
Voi due avete una lunga lite.
Lei chiede denaro e lui rifiuta.
Intanto il bimbo non sa che fare, la
discussione non lo interessa.
Curiosa qua e l finisce alla
macchina da scrivere. Sente sempre
che si parla di denaro e che la
mamma lo chiede a quel signore per
tutti e due. Allora, in mezzo a molti
disegnini, scrive dacci i soldi se
no. Ingenua e commovente
minaccia! Quando Oliva se ne va
seccato sbattendo la porta, lei
stessa che per cercare di intenerirgli
il cuore gli mette sullo scrittoio la
letterina del figlio. Domattina egli
sar il primo ad entrare in ufficio e
la vedr: chi sa! Ma egli un avido,
un avaro. Sei o sette anni prima lei
era diventata la sua amante. Lui
vedovo: le aveva promesso di
sposarla, ma quando nasce il bimbo
egli non ne vuol pi sapere. Ha gi
due figli e non vuole unire queste
due famiglie. A poco a poco non d
pi denaro, sinch le offre di
entrare da lui come dattilografa,
stipendio magro; la fame, o quasi.
Ma lei coraggiosa e lavora e lotta.
Passano sei anni cos, e intanto,
giorno per giorno, un grande
terribile odio quello che nasce in lei
per quell'uomo. Gli altri due ragazzi
vivono agiati e il suo no. Gli altri un
giorno avranno tutto e il suo nulla.
Lentamente un'idea si insinua nel
suo spirito e batte, batte, con la
continuit esasperante della goccia
sulla pietra e scava un solco
inguaribile nel suo cervello. Solo il
pensiero del bambino la trattiene.
Lei accarezza inutilmente la piccola
rivoltella che si comprata. Forse
egli intuisce qualche cosa e si
compiace della sua impotenza. Non
sar che un impulso irresistibile di
passionalit quello che la potr
squilibrare dal suo amore materno.
Egli stesso si diverte a dirle che si
assicurato in favore dei suoi due
figli per un milione. Il suo bimbo,
invece malato. L'ho infatti saputo
venendo qui. Lei non regge pi. Ci
sono le 15.000 lire che lui stesso le
ha fatto riporre poco fa. Prima di
andarsene, vestita con il cappello, i
guanti e la borsetta, dinnanzi a lui
lei apre la cassaforte e, per la prima
volta da che lo conosce, usa la
violenza. Afferra la busta decisa a
prenderne un po' di denaro. Ma egli
non cede, gliela strappa di mano e si
avvia alla cassaforte per rimetterla a
posto. Lei non ci vede pi, gli si
avvicina, trae la rivoltella e spara.
Luisa era lentamente scivolata
contro il parafango e sembrava non
udire. Il piccino era venuto con un
secchio d'acqua e piano piano se ne
era andato: nulla di divertente per il
suo grande egoismo di bimbo!
Lo stesso colpo dell'arma le
ricorda suo figlio. Se la scoprono le
sar tolto. Le viene un'idea. Un'idea
puerile da povera donna travolta e
impaurita: improvvisamente ricorda
di un foglio bianco firmato che
l'avvocato magari uscendo di furia
per andare in Tribunale le aveva
lasciato durante la giornata perch
lei spedisse una lettera urgente.
Sbadatamente era stato buttato o
qualche cosa di simile, insomma,
era certamente accaduto. Lei lo
prende, lo spiega alla meglio nel
rullo della macchina e scrive quelle
tre righe che avrebbero dovuto
simulare il suicidio. Trucco
ingenuo, insufficiente, ridicolo, che
pure offre il fianco insieme con
tutto il resto ad una interpretazione
assolutamente diversa dalla verit.
Io mi ci attacco: costruisco una
ipotesi di logica ferrea. Lei ha dalla
sua la recentissima forte
assicurazione e il suo contegno che
deriva da una sensazione di
giustizia appagata che le d
finalmente, dopo anni, una specie di
serenit.
Ma balbett Luisa mi
stata raccontata dal Commissario la
storia della scheggia. Come pu
essere se sono uscita da quella
portai.
Gi. Occorreva un fatto, una
prova bruta come diceva. Allora
Allora?
Io ricordavo lo stipite
scheggiato per averlo visto il giorno
prima, ma la scheggia era bassa
tanto che la porta si apriva
benissimo senza neppure toccarla.
E, poich non c'era altro mezzo, un
istante prima di indicarla al
Commissario che era dietro di me
facendomi schermo con la
persona la sollevai con l'unghia.
La donna era quasi scivolata in
ginocchio e gli bagnava di lagrime la
mano appoggiata al parafango.
Su, su. E tutta una storia di
unghie: le sue l'hanno tradita e le
mie l'hanno salvata! Mi baci il
piccolo
Dieci minuti dopo l'automobile
rombava verso la citt.
Edoardo Anton -
Indagine a matita

Il giovane pittore Ermanno Curti


si alz furibondo, quel mattino: ma
come! Non bastava essersi rifugiato
in una casetta solitaria della
Carinzia nel mezzo di una fittissima
abetaia, avendo dinnanzi a s
soltanto un casello ferroviario, a
cinque chilometri dalla stazione pi
vicina! Tutto ci non bastava per
rimanersene tranquillo!
Egli aveva scelto per il suo
riposo estivo questo ridente angolo
d'Austria, perch non conoscendo
una parola di tedesco non rischiava
di essere disturbato.
Voglio condurre per quindici
giorni una vita animale si era
detto. E per mezzo di un amico di
Spittai aveva preso in affitto la
minuscola casetta di legno a un
piano, che, separata dal casello n. 5
dai binari, ne sembrava la
portineria.
Curti aveva gi trascorso otto
giorni deliziosi. Il casello era
solitario; pochi treni durante il
giorno ed uno a mezzanotte
passavano velocissimi. Il silenzio
era perfetto; i dintorni pittoreschi.
Al mattino presto egli se ne
andava per i boschi, leggero e felice
come uno scolaro in vacanza, a
saccheggiare i favi di miele
selvatico, a curiosare nei cespugli in
cerca di mirtilli, a meravigliarsi
della dimestichezza degli uccelli con
l'uomo, dato il divieto permanente
di caccia che vige in Carinzia.
Alle volte si spingeva lungo la
ferrovia sino alla Drava, sulla quale,
accanto al vecchio ponte di pietra,
stavano costruendone uno nuovo in
cemento armato; osservava il
faticoso lavoro degli operai per
compiacersi maggiormente del suo
ozio. Per non avere la tentazione di
lavorare, non portava con s la
cassetta dei colori; si contentava di
rapidi schizzi su di un notes
tascabile.
Al ritorno da queste sue
passeggiate trovava la casetta in
ordine e la colazione pronta per
opera di Finy, la serva di Any e di
Peter, i coniugi titolari del casello.
Erano questi i tre abitanti nel
numero 5; e Curti, che si esprimeva
con loro a gesti, aveva imparato a
conoscerli seguendone la placida
vita dalla finestra.
Any, bruna, sorridente,
grassoccia, pacata come sanno
essere soltanto le donne che
superano gli ottanta chili,
dimostrava una trentina di anni.
Finy, rossastra, magrissima, con il
volto macchiato d'efelidi e gli occhi
grandi, senza ciglia, aveva invece un
carattere chiuso, nervoso, taciturno.
Ella poteva avere sia venticinque
come quaranta anni. Peter era il
tipo del contadino locale: gran testa
rotonda, rasata tutta intorno in
modo da salvare un solo ciuffetto
centrale di capelli duri color stoppa.
Le loro fisionomie si
alternavano infinite volte sul notes
di Curti, che, dalla finestra, li
coglieva per studio nei vari
atteggiamenti delle loro giornaliere
faccende.
Any ancora scarmigliata che
spalanca la finestra al sole del
mattino; Any che tira l'acqua dal
pozzo; Any che porta da mangiare al
pittore.
Peter con il berretto e la
bandiera per i segnali; Peter pronto
per la ronda notturna con la
lanterna che gli accende
stranamente il volto; Peter con la
sua spettacolosa pipa che rannuvola
il tramonto.
Ma il volto di Finy era quello che
pi spesso figurava nelle pagine del
notes.
Mentre, curva, sbuccia le patate;
mentre fissa le rotaie con quel suo
caratteristico sguardo lontano;
mentre porta da mangiare al
porco Sempre il suo viso ha
un'espressione chiusa, dolorosa e
lontana, distaccata dall'ambiente,
dal tempo, dal sesso, quasi che
esprimesse non la vita di una
donna, ma l'ombra di una casa.
Una donna? Non porta anelli
alle dita: deve essere zitella. Forse
questo il suo dramma, chi sa! Deve
amare molto i fiori, per: alcuni
schizzi che l'hanno fermata mentre
innaffia la cassetta dei garofani sul
davanzale della sua finestra, sono
gli unici a rivelare una dolcezza
femminile che agli altri manca.
Sino all'ottavo giorno della sua
vacanza, questa era stata la vita di
Curti. Ma durante la notte seguente,
poco dopo il passaggio del treno,
erano nati degli inconvenienti: era
passato un secondo treno, e grida,
voci e viavai affrettati si erano
seguiti fino al mattino.
Il pittore troppo pigro per
andare a informarsi (e poi, chi
avrebbe capito il suo italiano?) si
era cacciato con la testa sotto il
lenzuolo, tentando inutilmente di
addormentarsi.
Alle sei, perci, si era alzato
furibondo e aveva aperta la finestra.
Gli agenti e ufficiali in uniforme
parlavano forte dinanzi al casello.
Quando egli apr la finestra, alcuni
di loro si volsero a guardare e lo
indicarono agli altri, poi
domandarono qualche cosa alle due
donne che stavano in piedi accanto
a Peter. Questi era seduto sulla
soglia con il capo tra le mani:
piangeva.
Altri gesti del gruppo
all'indirizzo del pittore, infine un
ufficiale gli grid qualche cosa. Egli
non cap e non si mosse; allora
l'ufficiale gli fece un cenno di addio
con la mano.
Curti aveva gi imparato che in
Austria per salutare qualcuno gli si
fa cenno di avvicinarsi e per farlo
avvicinare gli si fa un cenno di
addio. Paese che vai
In ogni modo, egli scese con aria
diffidente: che volevano da lui, dopo
non averlo lasciato dormire?
La conversazione non fu
brillante.
Un ufficiale, evidentemente, gli
chiese qualche cosa ed egli alz pi
volte le spalle; fu tutto. Allora un
agente corse lungo la strada ferrata
e un altro gli tocc con l'indice la
tasca del portafogli. Il giovane esib
il passaporto che fu esaminato con
cura. Poi lo riprese e fece per
andarsene; qualcuno lo trattenne
per un braccio.
Poco dopo giunse con l'agente
che si era allontanato un altro
ufficiale che lo interpell in italiano
quasi perfetto.
Chi era il turista straniero? Che
faceva da quelle parti? Come aveva
passata la notte?
Male, male! Egli l'aveva passata
male, e non capiva perch gli si
chiedessero
Ma come? Il turista non sapeva
che durante la notte c'era stato un
attentato?
Non sapeva che il 57 S., il treno
speciale che era passato alle 11,15
proveniente dal vicino lago di
Millstadt con settecentoventinove
bambini di ritorno dalla colonia
estiva, per un vero miracolo non era
precipitato nella Drava? Lo scambio
provvisorio, che serviva a condurre i
vagoni di materiale su di un tronco
di binario presso il ponte in
costruzione, era stato deviato in
modo che il treno, superato il
binario morto, avrebbe dovuto
precipitare nel fiume. Per un
incredibile caso fortunato il
guardiano dei lavori aveva osservato
lo scambio pochi minuti prima del
passaggio del treno e l'aveva potuto
fermare con la sua lanterna.
Il casellante alle dieci e mezza
aveva compiuto la ronda e tutto era
in ordine.
Chi fra le dieci e mezza e le
undici aveva preparato un cos
infame delitto?
Dove era a quell'ora il turista
straniero?
A letto?
Non era troppo chiara la sua
posizione. Per il momento il
casellante che aveva la
responsabilit della linea sarebbe
stato arrestato; poi si sarebbe
visto
Il turista straniero intanto era
pregato di non allontanarsi dalla
sua abitazione.
L'ufficiale fin il suo discorso
facendo a Ermanno cenno di
avvicinarsi; allora egli cap che se ne
doveva andare.
Sino alle undici egli resistette al
sonno per rimanere alla finestra in
atteggiamento di sfida e far notare il
fatto che era illegalmente quasi un
prigioniero, poi il sonno lo vinse e
sino alle tre del pomeriggio sogn
che protestava presso il Console a
Graz, e che questi lo liberava su di
un treno speciale con tre
locomotive, dinanzi agli occhi degli
ufficiali sull'attenti.
Fu destato da Finy che gli
portava in silenzio la colazione.
Fuori la scena era mutata di
poco: Peter non c'era pi, gli agenti
piantonavano la linea, un ufficiale
fumava una sigaretta seduto
sull'orlo del pozzo. Any piangeva
pianamente sulla soglia, con il
berretto del marito sulla testa e la
bandiera verde in mano per la
segnalazione al treno che stava per
passare.
Ermanno trasse la matita e il
notes; non poteva lasciarsi sfuggire
l'occasione di cogliere il contrasto
tra il dolore di quel volto di donna e
la comicit di quel berretto da
uomo.
Poi si occup dell'ufficiale sul
pozzo; poi cerc Finy, ma non la
trov; l'ud cantare una nenia dolce
e malinconica nella sua camera.
Pi tardi giunse l'ufficiale che
parlava italiano e che, a una
domanda di Curti, rispose che nulla
era stato scoperto.
uno strano attentato
pensava il pittore. Un treno
carico di bambini o un gesto
terroristico o un gesto folle. Ma chi
poteva avere un interesse politico
tale in un paese cos tranquillo, da
ricorrere a simili mezzi?
Al tramonto le posizioni erano
immutate: due treni erano passati
indifferenti e velocissimi.
I finestrini erano sfilati dinanzi
alla finestra di Curti come i
quadretti di una negativa
cinematografica.
Una pellicola pazzesca nella
quale il viso di una grassa signora
bionda si arricchiva
improvvisamente del lungo sigaro
di un signore affacciato al finestrino
accanto, poi tutto si trasformava in
una testa di bimbo, questa nel chep
di un gendarme, e poi nel muso di
un cane lupo con la lingua
penzoloni, e poi ancora, ancora
infiniti volti diversi incalzantisi,
sovrapponentisi in una ridda
frenetica da incubo, incendiata dal
tramonto poi tutto era finito: il
treno trascinava lontano la sua coda
di fragore.
Il notes si arricchiva di
impressioni.
Adesso era Finy che
inconsapevolmente posava mentre
innaffiava la cassetta dei suoi
garofani.
Quando ebbe finito lo schizzo,
Ermanno si accorse di aver
disegnato male la parte inferiore e
cancell con la gomma la cassetta
dei fiori e il davanzale. D'un tratto
s'arrest stupito: che cosa era
successo?
Perch egli era stupito suo
malgrado del disegno cos mutilato?
Perbacco, ma questo un altro viso!
Eppure Finy curva sui fiori, in quel
momento era proprio cos. Ma,
avendo cancellato tutto sotto quel
volto, egli ne vide l'espressione
intensa illuminata. E cap che
invece di una cassetta di fiori
avrebbe potuto disegnarci sotto il
rogo di Giovanna d'Arco o una
deposizione di Cristo. Ella era tutta
trasfigurata; non aveva pi nulla
della solita Fany scialba, assente,
impietrita. Era come una donna che
dissolvesse la sua dolorosa
solitudine nella preghiera e
aspettasse la nascita del miracolo.
Si dice che i pittori saccheggino
l'anima di chi ritraggono. Certo si
che Ermanno ebbe la chiara
sensazione di aver carpito un
segreto, penetrato un mistero.
Era mai possibile innaffiare dei
fiori con un simile volto?
Perch quegli occhi febbrili,
quelle due pieghe agli angoli della
bocca, quell'atteggiamento rituale
nel mettere accanto alla cassetta un
panno celeste?
Egli si mise a sfogliare
febbrilmente il notes; ecco Finy in
venti, trenta atteggiamenti comuni,
scialba, insignificante come una
fotografia scolorita dal sole; ed
eccola, invece, animata da una
strana fiamma interna quando si
occupa dei suoi fiori. S, mai come
questa volta, ma in ognuna di
quelle espressioni il principio della
trasfigurazione ch'egli ha colto.
Amore ai fiori? Forse. Ma si
possono amare i fiori con
quell'espressione come di lotta, tra
la tenerezza, l'odio e il rapimento,
che le si fondono sul viso?
No, c' qualche cosa di pi.
Ermanno, quasi prigioniero,
almanacca per passare il tempo e
lancia la sua fantasia frustata dalla
curiosit.
Perch? Perch?
Nulla gli viene in aiuto: non
possiede alcuna informazione, non
ha mai capito una parola di quella
gente. Ha soltanto la sua matita, i
suoi occhi esercitati ai particolari e
la sua anima di artista.
Forse, chi sa, la spiegazione pu
scaturire dalla conoscenza pi
intima delle cose e della casa.
sera, ormai. Egli esce,
attraversa i binari, saluta meglio
che pu, sfoggiando il classico
saluto locale ai due agenti che
passeggiano, perch ha paura che lo
ricaccino dentro:
Cristcot!
Cristcot!
Hanno visto che entra nel
casello: lo lasciano fare.
Le due donne preparano il
pranzo in cucina.
Egli piano piano per non far
rumore, s'arrampica sulla scaletta di
legno.
Due porte: ecco, quella a
sinistra.
La cameretta bianca, nuda: un
letto, un cassettone, due sedie, un
catino di ferro smaltato. Tutto
senza colore, con un'espressione
ostile, geometrica, monacale
Monacale Monacale? Ma se non
c' un Cristo n un'immagine sacra!
Ed strano in un paese come la
Carinzia.
Accanto alla finestra un piccolo
innaffiatoio di latta rossa.
Sul davanzale Ma, oh, che
questo! Il panno azzurro ch'egli da
lontano ha creduto appoggiato
accanto ai fiori, una vesticciuola
di lana da bimbo! E fascia
accuratamente una parte della
cassetta, legata in alto con i suoi
laccioli come se
Ermanno sente divampare in s
un'idea folle.
Oh, Dio! Non pu essere.
Come faccio a mettermi in mente
certe cose? egli mormora come
perduto.
E intanto, con gesto quasi
automatico, slaccia la vesticciuola,
delicatamente ma perch
delicatamente, Dio santo? Lasciarsi
suggestionare da un vestitino di
lana che avvolge una cassetta di
fiori, solo perch ha l'aria di
difendere dal freddo un vero
bambino! E invece non custodisce
nulla! Non deve custodire nulla che
non sia l'idea originale di una zitella
isterica e maniaca.
Ma, intanto, con la matita ha
cominciato a sondare la terra
grassa.
A un tratto qualche cosa oppone
resistenza: egli fa leva. Una zolla si
rovescia: ai suoi occhi appare il
piccolo teschio di un bimbo.
Egli rimase immobile alcuni
minuti con la matita in aria, sospesa
come la bacchetta di un direttore
che stia per dar via a un'orchestra.
Invece, prima ch'egli si volga
l'assale alle spalle un grido.
Un attimo dopo Finy si precipit
sulla cassetta, se la prese in braccio
e tent di fuggire. Ma le forze le
mancarono, e, sempre tenendosi
stretto il suo fardello, cadde in
ginocchio dinanzi al pittore
piangendo silenziosamente.
Egli era sempre immobile e la
guardava come se si aspettasse un
gesto che risolvesse l'incubo.
Ella cominci a parlare da prima
lentamente, poi con ritmo pi
veloce, incalzante, quasi che si
fossero spezzati degli invisibili
argini spirituali. Era tutta la sua vita
che fluiva in un racconto di cui
l'altro non capiva una parola, ma
coglieva il senso essenziale.
Adesso aveva deposta la cassetta
dinanzi a s; sul viso levato, man
mano che parlava, si diffondeva una
espressione luminosa. Un timido
sorriso apparve sulle sue labbra, le
gote si accesero lievemente, qualche
cosa di femminile rabbrivid nella
persona. Per la prima volta
Ermanno riusc a vedere in lei una
donna: una donna che poteva anche
essere piaciuta a qualcuno. Soltanto
un ricordo d'amore poteva
trasformarla cos.
Poi, improvvisamente, la
fisionomia si sbiad, si umili come
sotto un insulto, ed egli ebbe
dinanzi una povera ragazza spaurita
che si tirava furtivamente i lembi
dello scialletto sul ventre.
Ella parlava, parlava sempre, in
un'eccitazione febbrile che pareva
dovesse stroncarla da un momento
all'altro.
Lentamente il volto s'illumin di
soavit; ella si chin maternamente
sulla cassetta come su di una culla e
se la riprese dolcemente in braccio.
Le sue mani esprimevano una
tenerezza infinita: il busto ondulava
come per una ninnananna.
Una pausa.
All'improvviso, un urlo di
dolore. Un urlo inconfondibile che
lacer qualche cosa nel cuore
dell'uomo e che lo travolse. Per un
istante gli parve di vedere un bimbo
morto tra le braccia tese della
madre che impietrita s'era levata in
piedi.
Poi la voce s'incup, divenne
sorda, bassa; gli occhi della donna
s'infossarono; nel fondo dello
sguardo balen una scintilla di
demenza; le braccia strinsero
tenacemente, ostinatamente la
cassetta sul petto.
I garofani accesi sorreggevano il
volto di cera.
Ormai le parole suonavano
lente, fredde, taglienti. Nelle pupille
passavano lampi folli di odio; il
corpo rabbrividiva tutto.
Il pittore sent che con il suo
bimbo morto in braccio ella avrebbe
potuto uccidere tranquillamente
tutti i bimbi della terra e arretr
dinanzi all'immagine paurosa.
A un tratto ella tacque e lev la
mano a minacciare.
Una risata stridula accese nella
stanza una fiamma di delitto e di
follia. Poi ella fugg tenendosi al
petto la piccola bara fiorita.
Ermanno, pallidissimo, si lasci
cadere su di una sedia.
Poco dopo, fuori nella notte, si
levarono grida e s'udirono passi di
corsa e imprecazioni.
La mattina appresso, a
mezzogiorno, Ermanno ricevette la
visita dell'ufficiale. Il signor turista
aveva dormito bene? No?
All'ufficiale dispiaceva molto. Del
resto una buona notizia: la sera
prima era stato arrestato il
colpevole, anzi, la colpevole: la
serva del casello, Finy, mentre
tentava di fuggire. Aveva
confessato. Ella era pazza da tempo
senza che alcuno se ne fosse mai
accorto. C'entrava un figlio
clandestino che le era morto; da
allora aveva concepito un odio
demente per tutti gli altri bambini
ma era una storia lunga e per nulla
interessante
L'ufficiale preferiva augurare al
signor turista buon appetito e
andarsene egli stesso a colazione.
Luigi Antonelli - Come
recitai in un dramma
giallo

La stagione teatrale parigina era


chiusa ormai da un mese, quando
un giovane autore del quale non
ricordavo neppure il nome e che
spesso incontravo nel camerino di
un'attrice nelle sere di prima e mi
propinava le sue opinioni quasi
sempre velenose, venne a trovarmi
a casa con il copione di una
commedia sotto al braccio.
Egli era senza dubbio un tipo
strano: bench non avesse
trent'anni vestiva e gestiva come un
vecchio. Il volto dai lineamenti
mollicci e la fronte altissima,
convessa, limitata con incertezza da
radi capelli biondi, davano la
sensazione di una vita indipendente
dal calendario. Pensavo a lui come a
un ragazzo troppo vecchio e saggio
o a un decrepito centenario
rimbecillito. Era un tipo strano.
Tuttavia fui meravigliato che fosse
venuto a casa mia, dati i nostri
rapporti pi che superficiali.
Caro amico cominci egli
pacatamente non crediate che sia
qui per farmi raccomandare questa
mia commedia presso qualche
capocomico, ammesso che ne
abbiate la possibilit. gi collocata
e si dar nel prossimo ottobre. Sono
venuto da voi soltanto perch so
che vi interessate di problemi
polizieschi, e questa una
commedia poliziesca: voglio vedere
se indovinate chi l'assassino.
Ma arrischiai io
timidamente.
Ebbene, dovrete darmi il
vostro giudizio e promettermi di
venire alle prove. Capite, il mio
primo lavoro serio e ci terrei
Chi lo rappresenter?
Trse Bonmiret.
Ah! ricordai l'attrice nel cui
camerino l'avevo conosciuto. E
l'uomo?
Richard Champotier.
Ottimo attore. l'amico della
signorina Teresa, no?
S, o almeno cos si dice.
Promisi di leggere e andare alle
prove e il nostro colloquio ebbe
fine.
Ma delle mie due promesse non
mantenni che la prima, perch, letto
il lavoro, lo trovai di cos scarso
interesse che non ebbi il coraggio di
parlarne a lungo con l'autore.
Rimandai il copione, verso la fine di
settembre, con un biglietto di scusa
e un generoso giudizio. Giudicavo
l'esito del lavoro molto dubbio,
trovavo l'intreccio troppo chiaro: al
secondo atto il protagonista
uccideva in scena sua moglie con un
colpo di rivoltella, cosicch tutto il
pubblico era edotto del fatto che,
nella finzione, Richard Champotier
era l'assassino di Trse Bonmiret.
Il terzo atto perdeva cos ogni
imprevisto.
Fu verso la met di ottobre che
vidi i manifesti annunziami un
dramma, tre atti di Louis Trnis;
ricordai il nome del mio uomo.
Alla sera della rappresentazione,
teatro gremito. incredibile il
numero di persone che si interessa
a questo genere di spettacoli. A
occhio e croce valutai un incasso di
dodicimila franchi, non c'era male
per il giovane autore.
La fine del primo atto, che era il
migliore, fu accolta dal pubblico
assai freddamente ed io previdi la
caduta della commedia con zittii al
secondo e fischi al terzo.
Ma le cose dovevano andare
assai diversamente. Si era ormai
giunti quasi alla fine dell'atto
centrale, alla scena drammatica
dell'uccisione. Dopo le poche parole
che si usano comunemente prima
di sparare contro la propria moglie,
Richard Champotier alz una lucida
pistola e spar contro Trse
Bonmiret, la quale, com' costume
delle assassinate, cadde di peso e
giacque immota. Il selvaggio
marito, allora, la contempl con
orrore, scoppi in una risata
demente e fugg ululando fra le
quinte. E su questi fatti truculenti
cal il sipario.
Il timido applauso che, vinti i
dissensi, port gli interpreti a
ringraziare, scopr, con il riaprirsi
della tela, una scena ben strana.
Champotier ringraziando
sorrideva per farsi perdonare le sue
nefandezze, e non si accorgeva che a
pochi metri la prima attrice era
ancora immobile sul tappeto.
Subito dopo il palcoscenico fu
invaso dai macchinisti e dai
pompieri in un disordine
indescrivibile. Il corpo della donna
fu sollevato. E non si vide pi nulla
perch il sipario ricadde
violentemente.
Il pubblico rimase perplesso: si
era veramente prodotto un
incidente o la cosa faceva parte
dello spettacolo, come la
degenerazione del teatro ha reso di
moda in questi ultimi anni?
Nessuno osava preoccuparsi
seriamente per non fare poi, dopo
dieci minuti, la figura dello sciocco.
E allora, come avviene nei momenti
d'incertezza e di nervosismo, il
pubblico rise discretamente.
Ma io avevo letto la commedia e
sapevo bene che tutto questo non
c'entrava affatto. Perci mi
precipitai fuori della sala e salii in
palcoscenico.
Il camerino dell'attrice era
chiuso: attori truccati a met, con
barba bianca e capelli neri, servi di
scena armati d'accetta, pompieri,
giovani attrici a buon conto
seminude, e l'autore della
commedia, si pigiavano dinnanzi
alla porta in grande confusione.
Subito dopo ne usc un signore
anziano seguito dal signor Hanka, il
direttore del Teatro, con il volto
disfatto.
Signori morta! balbett
questi. E si accasci su di una
seggiola. Poi mi vide, mi si avvicin
d'un balzo e mi sussurr in un
orecchio:
Sono rovinato. Dovr
restituire il prezzo del biglietto. E
con le spese che ho avuto
Coraggio, risposi senza
sapere bene quello che dicessi
forse molti come me non hanno
pagato
In quel momento la folla si apr
con un mormorio:
Il Commissario! Il
Commissario di turno!
E apparve il mio amico Poitier, il
pi spiritoso ed acuto Commissario
della Sezione investigativa parigina,
il pi terribile giocatore di scacchi
che frequentasse assiduamente la
mia casa. Subito gli afferrai una
falda della giacchetta ed entrai con
lui nel camerino della povera
Teresa.
Ella, vegliata da un agente,
giaceva sul piccolo divano dinanzi
alla toletta. Le sue gambe
pendevano oltre uno dei braccioli
laterali e alla luce delle forti
lampadine elettriche mettevano in
mostra le fine calze di seta, come
nell'esposizione di una vetrina. La
vestaglia, aperta sul petto, scopriva
un piccolo foro nerastro sopra la
mammella sinistra.
Il medico, il signore anziano di
prima, rientrato alle nostre spalle
disse:
La palla ha reciso l'aorta ed
rimasta a fior di pelle sotto la
scapola destra. Morte istantanea.
Dov' l'arma? chiese
Poitier.
Eccola, signor Commissario
rispose l'agente togliendo sulla
toletta una piccola rivoltella uso
Smith Wesson.
Ho gi fatto piantonare le
uscite del palcoscenico, -disse
Poitier, secco. Devo procedere ad
un interrogatorio. Direttore, la
prego di voler fare evacuare la sala.
Ma, signore, gemette il
pover'uomo dovr far restituire il
denaro.
Non vorr, credo, far
continuare lo spettacolo!
Ma dato che la signorina
La povera signorina naturalmente
non entrava pi nel terzo atto
Non dica sciocchezze. Qui c'
qualcuno che deve andare in galera.
Del resto i suoi attori si
rifiuterebbero. A proposito, dov'
Champotier?
Nel suo camerino. Ha avuto
una crisi di nervi.
Lo credo. Andiamo su!
Sono rovinato! Sono rovinato!
andava dicendo il disgraziato
direttore ed impresario. E non si
potrebbe sostituire?
No, no, mi dispiace,
insisteva Poitier mi metto nei
suoi panni: ma ho bisogno di avere
a disposizione per l'interrogatorio
tutti coloro che erano in
palcoscenico.
A questo punto, messo alla
frusta dalla disperazione, il
direttore ebbe una grande idea,
degna di lui. Mi trasse da parte
misteriosamente:
Lei che amico del
Commissario, gli proponga, per
carit Ho un'idea.
Dieci minuti dopo, accadeva ci
che soltanto in una citt come
Parigi e con un commissario di
spirito come Poitier poteva
accadere.
L'impresario, a sipario calato,
usc sul palcoscenico ed arring la
folla che gremiva il teatro:
Signori e signore, egli disse
con voce commossa, di molto
effetto come gi forse loro hanno
capito avvenuto un tragico
incidente. Nella rivoltella che il
primo attore doveva usare contro la
prima attrice, al posto della sola
capsula detonante, era chi sa come
una vera cartuccia. Teresa Bonmiret
morta -. (Un mormorio
d'emozione qua e l). qui dietro
continu l'oratore il famoso
Commissario Poitier: Luigi Poitier,
colui che l'anno scorso ha scoperto i
colpevoli nel famoso delitto di Villa
Cecilia. Egli sta per procedere
all'interrogatorio di tutti coloro che
possono avere a che fare con questo
omicidio: e perci io dovrei far
sgombrare la sala, restituendo ben
inteso il prezzo del biglietto. Ma,
signori, ascoltatemi, ho quasi finito;
io ho ottenuto come
particolarissimo favore che questo
interrogatorio avvenga a sipario
alzato ed alla loro presenza! E mi
sono impegnato dal canto mio ad
ottenere dalla loro cortesia il pi
assoluto silenzio. Ci posso contare?
S! S! fu gridato da ogni
parte.
Allora, signori, chi intende
valersi del suo diritto pu
andarsene ritirando il suo denaro
alla cassa, esibendo il biglietto. Chi
invece vuole approfittare di questa
rappresentazione che la pi
autenticamente poliziesca di quante
mai se ne siano fatte, pu rimanere.
E il direttore si ritir.
Nella sala nessuno si mosse. Il
grande Hanka aveva trionfato.
Subito si alz il sipario. Era
rimasta la scena al secondo atto
completamente montata.
Nelle quinte era in piedi tutta la
gente del palcoscenico. In mezzo,
davanti alla buca del suggeritore,
era seduto Poitier che mi aveva
pregato di assisterlo.
Vorrei, innanzi tutto, Richard
Champotier disse il mio amico.
Eccolo risposi trascinando
per mano un povero uomo curvo,
col volto impiastricciato dal trucco
disfatto e dal cerone. A stento vi si
poteva riconoscere quello che
mezz'ora prima era l'avvenente
primo attore della compagnia.
Prego, sedete.
Egli cadde di schianto in una
poltrona.
Raccontatemi come si svolse
la tragedia per quello che ne sapete
cominci il commissario.
Io non ne so nulla. Ho tirato,
ma non mi sono accorto di nulla.
Pure se la rivoltella spara una
vera cartuccia d un rinculo che non
d se caricata a salve.
Non ci ho badato. Mi sono
accorto che Teresa non si alzava
quando gi ringraziavo il pubblico.
Ma non caduta troppo bene?
Voglio dire con eccessiva verit, in
confronto a quando cadeva alle
prove?
Non ho badato. Tanto pi che
alle prove in questo punto
accennava soltanto a cadere, senza
eseguire completamente.
E l'autore? Dov' l'autore?
Neanche voi avete notato nulla di
strano?
No, no rispose Louis
Trnis, mostrando la sua grossa
testa da una quinta mentre il
pubblico si agitava con un inquieto
rumor di chiavi e d'altri oggetti di
ferro.
Pensai che a quel disgraziato
nessuno mai pi avrebbe accettata
una commedia.
Dove avete presa la rivoltella?
continu Poitier ancora rivolto a
Champotier.
Io gliel'ho data.
Venite avanti. Chi siete voi?
Il direttore di scena, signor
Commissario.
Bene. Voi provvedete agli
oggetti necessari all'azione?
Si, incaricando il trovarobe di
procurarseli.
L'arma, allora?
Il trovarobe l'ha presa dal
magazzino del teatro e me l'ha
consegnata.
Quando?
Ieri, per la prova generale.
Scarica?
S.
E ieri alla prova ha sparato a
salve?
S.
La caricate voi stesso?
S.
Anche questa sera lo avete
fatto?
Certamente: tra il primo e il
secondo atto.
Non potreste esservi
sbagliato?
impossibile, sono soltanto
capsule. Ecco la scatola.
Bene. E in che momento avete
consegnato la rivoltella a
Champotier?
Prima che entrasse in scena
per il finale.
Da quando l'avete caricata, al
momento di consegnarla, l'avete
tenuta con voi?
No. stata sul tavolino, l in
quinta, dove sono tutti gli oggetti
che occorrono.
Bene. Potete andare.
Poitier rimase per un poco in un
silenzio che il pubblico rispett
religiosamente, come non avrebbe
mai fatto per la troppo lunga pausa
di un attore.
Evidentemente durante il
secondo atto disse infine il
commissario qualcuno ha
sostituito la capsula con la
pallottola. Ma chi?
Non potrebbe darsi che
arrischi Trnis, facendo
riapparire il suo testone.
Silenzio, voi! lo redargu
Poitier. Non crederete, perch
avete scritta una commedia
poliziesca, di sapere qualche cosa di
delitti?
Il pubblico comment ridendo e
l'autore si ritir in fretta.
Chi? prosegu con una
intonazione nella voce che
dimostrava che sapeva benissimo di
parlare dinanzi a un pubblico.
Chi, se non un pazzo o un
Signor Champotier! Voi avete
avuta una crisi di nervi. Perch?
Ma come! Crede che sia una
cosa da nulla uccidere anche senza
volerlo Ah! E proprio io! Proprio
io! Egli fin la frase quasi
piangendo.
Perch, proprio voi? Forse,
scusate, eravate molto amici voi e
la signorina Teresa?
S, infatti.
Da molto tempo?
Da sei mesi.
Bene. E chi era il commissario
incaricato delle indagini?
Tutti si guardarono l'un l'altro.
S, riprese Poitier nel
terzo atto ci sar pure stata
un'indagine per scoprire l'assassino.
No, intervenne il
suggeritore il pubblico gi sapeva
tutto ed era inutile.
Come? Un dramma poliziesco
senza commissario? si stup
Poitier rivolto all'autore.
Una innovazione tecnica,
signore rispose questi con un
sorriso. Ma la folla, qui,
contravvenendo alla sua promessa,
fischi.
A questo punto, non so neppure
io perch, dissi una cosa che doveva
poi affrettare verso l'epilogo
l'inchiesta.
Io ho letto il lavoro, Poitier,
ed ho notato anch'io questa
manchevolezza. Mi parso che non
ci si fosse preoccupati dell'ultimo
atto.
Gi intervenne il
suggeritore anche alle prove
l'autore non teneva mai a che si
provasse il terzo.
Trnis, disse Poitier che
avete da rispondere a queste
osservazioni?
Mi pare ribatt l'autore
comparendo in scena con tutta la
persona che qui si decampi
dall'inchiesta giudiziaria e si entri in
tema di critica teatrale. Mi si vuol
fare una colpa dell'aver scritto una
brutta commedia?
Mi sembra che vi affrettiate
troppo ad ammettere che il vostro
lavoro brutto, incalz il
commissario, stranamente
interessato. Siete l'autore pi
modesto ch'io conosca. Se sapevate
di questo difetto, perch non
correggerlo?
Tanto pi che io, per esempio,
glievo avevo fatto osservare
aggiunsi.
Anch'io disse il direttore del
teatro.
Anch'io incalz
Champotier.
E lui? chiese Poitier.
Lui gi disse il primo
attore rivolto al signor Hanka lui
rispose in un modo strano. vero?
S, s, strano, continu
l'impresario. Disse Disse che
tanto il pubblico non avrebbe
scoperto facilmente il colpevole!
straordinario! gridai io
eccitatissimo. A me consegn il
copione dicendomi: voglio vedere se
riuscite a scoprire il colpevole.
Come mai, se il delitto avviene in
scena, poteva farmi un quesito
simile?
Ebbene? domand Poitier a
Trnis. Ma rispondete!
Io io egli cominciava a
balbettare.
Da quel momento non ebbi pi
dubbi. Ma perch? mi
domandavo. Perch avr fatto
questo?. La risposta, o meglio una
delle risposte la diede subito
Champotier, balzando in piedi e
precipitandosi contro l'autore.
Assassino! Assassino!
Fu trattenuto.
Ti sei voluto vendicare! egli
continu. Commissario, da mesi
faceva la corte a Teresa! Quel
mostro delinquente! Una volta si
nascose persino sotto il suo letto!
Poi improvvisamente si calm.
Parve non pensarci pi. Pi tardi
port la commedia. Non l'avremmo
mai rappresentata perch era
brutta. Ma diede del denaro ad
Hanka per la messa in scena.
Poco, molto poco interloqu
l'impresario.
Aveva meditato tutto!
riprese Champotier. lui che ha
messa la cartuccia perch fossi io ad
ucciderla! Assassino! Ecco perch
diceva che non si sarebbe capito chi
era il colpevole. Era lui! E credeva
di non essere scoperto!
E liberandosi da chi lo teneva
fece ancora per slanciarglisi
addosso.
Ma non vedete, gli disse
dolcemente Poitier afferrandolo a
volo non vedete che un pazzo?
Tutti fecero largo intorno
all'assassino che, immobile in
mezzo alla scena, con la bava in
bocca, badava a ripetere:
Io sono l'autore Io sono
l'autore
Le sue parole cadevano su di noi
come lo stillicidio monotono
dell'acqua piovana da una grondaia.
L'impresario, afferrato dal
demone del palcoscenico, grid ai
macchinisti: Gi il sipario!
Guido Cantini - Le mani
di Bette Mason

Bette Mason, bassa, striminzita,


coi capelli non sapevi se pi biondi
o pi grigi, col viso incappucciato in
un'increspatura di rughe minute,
aveva una sola cosa bella, l'unica
che le si fosse serbata bella negli
anni: le mani. Eran due piccoli
gioielli bianchi lisci con dieci perle
alla cima, ma temperate e appuntite
come minuscole lancie. Gli uomini
dovevano avergliele molto lodate,
ed ella certo amava le sue mani
anche per gli sguardi che vi si erano
attaccati, che vi avevano lasciato
come un caldo di desiderio.
In qualunque studio tu andassi,
eri certo di trovare Bette Mason,
oppure di vederla comparire dopo
un po' col suo tailleur grigio, la sua
borsetta di pelle bianca, le scarpe
grigie, i guanti chiari, il feltrino
sempre della stessa foggia e dello
stesso colore: bianco, a campanula.
Vergn la chiamava Elegia in
grigio ed ella se ne teneva.
Ordorfer, Cielo d'autunno e a
questo teneva assai di meno.
Portava in una cartella certi
acquarellini preraffaelliti: delle
Annunciazioni e delle Deposizioni
che parevan dipinti con lo zucchero,
su sfondi di cieli pallidi e di
cipressetti d'un verde cinereo.
Nell'accento serbava tutta la
cantilena dell'idioma nativo e nelle
abitudini il gusto delle cose linde e
aggraziate, di una soavit un poco
perversa.
Viveva di t. Gli amici non si
rammentavano d'averle visto
prendere altro. T con certi biscotti
che ella stessa faceva e che
ricordavano i dolci conventuali.
Trotterellava da uno studio
all'altro, s che la inciampavi ogni
momento come se avesse il dono
dell'ubiquit. E sempre con dei
discorsi nuovi, con aneddoti nuovi,
con nuove malignit. Ma dette con
grazia, come se fossero state cose
gentili: pareva posare dei fiori ma in
ogni fiore c'era la punta d'uno
spillo.
Una sera venne da Julow per
festeggiare il compleanno di
Dorotea: c'era tutta via Margutta.
Vergn, Ordorfer, Vialin, Arrighi,
Sanfilippo, Floriana Bennett, Van
Roder, Casimir, insomma tutta la
compagnia. Dorotea era splendida,
Julow le aveva regalato il brillante
di sua madre che era stata dama di
compagnia della Zarina, quel
famoso brillante che era come
segno tangibile dell'antica potenza
dei Julow e da cui egli non s'era mai
voluto staccare prima di conoscere
Dorotea, naturalmente. Ma ora!
Che cosa non le avrebbe dato?
Dorotea portava il brillante, grosso
come una nocciola, semplicemente
legato in platino; ma il platino non
si vedeva: si vedeva quella enorme
stella appesa non si sapeva come a
un'impercettibile catenina, posarsi
dolcemente sul solco delicato del
seno.
Venere che sorge tra i monti
aveva detto Sanfilippo.
Dorotea aveva arrossito. Quasi
nuda dalla cintola in su, con appena
due piccoli scudi d'acciaio brunito
sul petto e una gonna laminata che
l'avvolgeva in modo da farla
sembrare una statua non finita di
scolpire, aveva arrossito. Stranezze
del pudore femminile. E per
nascondere il rossore s'era chinata a
raccogliere il lunghissimo strascico.
Ecco, se tu avessi quel
brillante aveva detto Sanfilippo a
Casimir ti potresti comprare un
paio di scarpe nuove.
Casimir aveva arrossito: ma in
modo diverso da Dorotea.
Casimir era nuovo tra noi,
piovuto dalle Ardenne. Poverissimo,
viveva alle spalle di questo o di
quello, senza vergognarsene, come
se gli fosse dovuto. C'era nei suoi
occhi una febbre che mi
sgomentava. Ordorfer lo aveva
definito cos:
Uno che muore milionario, se
non finisce in galera.
Pu darsi l'una cosa e l'altra
aveva commentato Bette.
E quando Sanfilippo gli aveva
detto che, se avesse posseduto il
brillante di Dorotea, si sarebbe
potuto comprare un paio di scarpe
nuove, Casimir s'era lasciato
sfuggire guardando le mani di miss
Mason:
Mi contenterei degli anelli di
Bette.
Si sapeva infatti che Bette non si
toglieva mai i suoi bellissimi anelli:
sia perch le sue dita da qualche
tempo erano un po' ingrassate, sia
perch, diceva, le piaceva andare a
letto con tutti i suoi anelli, come le
regine delle fiabe.
La festa era stata magnifica. I
leggendarii fiumi di sciampagna
erano corsi davvero, perch a un
certo momento Vialin era andato a
finire sotto la tavola del buffet
rovesciandola e facendo ruzzolare
tutto quel che c'era sopra e
parecchie bottiglie si erano rotte.
Fortunatamente nulla era stato
pagato ancora.
Floriana Bennett aveva danzato
una danza di sua invenzione
battezzata, chi sa perch, Danza
delle Danzidi, e, al solito, s'era
bisticciata con Bette che aveva
pianto, poveretta, perch Floriana le
aveva detto che era grigia come la
vipera. Ma Floriana era ubriaca e:
Statemi lontani quando sono
ubriaca aveva gridato perch
sono anche capace di uccidere.
Poi tutta la comitiva aveva
accompagnato a casa Bette Mason,
perch aveva paura, diceva lei. E per
farle coraggio Casimir se l'era
tenuta a braccetto per tutta la
strada, dicendole sottovoce delle
cose che l'avevano fatta ridere nel
modo aspro delle donne accaldate.
Guarda Casimir, aveva
detto Sanfilippo tenta di sedurre
Bette. Gli fanno gola gli anelli e il
resto, Bette ricca. Se riuscisse a
sposarsela sarebbe a posto.
Ma Bette furba, non ci casca
tanto facilmente aveva osservato
Ordorfer tutt'al pi gli pu fare
un regalino.
Lui non di quelli che si
contentano dei regalini.
Poi c'eravamo dati la buonanotte
e Bette era salita in casa sua,
seguita dai lunghi sguardi di
Casimir.
Cos', t'ha promesso di
buttarti la chiave, oppure te l'ha gi
data?
Casimir aveva riso. Rideva poco.
E quando rideva aveva l'abitudine di
tirarsi su il ciuffo. Era magro,
scavato, ma acceso nella bocca e
negli occhi. Eppoi dipingeva bene:
le sue figure avevano la sua febbre.
Per questo si sopportava.
Hanno ammazzato
Compare Turiddu?
interruppi io credendo che facesse
la burletta. Potevi lasciarmi
dormire, no?
Ma la voce di Vergn era rotta
dall'emozione, ed io che alle
quattro del pomeriggio ero
ancora fra il sonno non me ne ero
accorto.
Non scherzare, ch non il
momento. Hanno ammazzato Bette
Mason.
Eh? Come? Quando?
Corri subito -. E Vergn lasci
il telefono.
Corsi. Era la verit. Bette giaceva
ripiegata sul suo divano basso pieno
di cuscini rosa. Sul suo corpo
nessuna ferita. Ma le mani erano
immerse in un grande bacile di
cristallo, pieno di sangue. O meglio,
si poteva credere che anche le mani
vi fossero immerse come vi eran le
braccia, fin quasi al gomito.
Che le hanno fatto?
Le hanno tagliato le mani.
Le mani?
S, e le mani non si trovano.
Sparite, rubate, con gli anelli.
Dei signori intanto si agitavano
nella stanza frugando, cercando.
Avevano lasciato entrare tutti quelli
che si dicevano amici della morta e
ci andavano osservando a uno a
uno. Indubbiamente si trattava di
un delitto commesso a scopo di
furto. L'assassino aveva voluto
impadronirsi degli anelli di Bette,
ma il commissario l'aveva definito
un delitto estetico. Santo Dio, a
chi poteva esser mai venuta in
mente una cosa simile?
L'assassino diceva il
Commissario si deve ricercare
nella cerchia delle persone che essa
frequentava: artisti o gente di tale
specie. Un delitto con questa messa
in scena non lo commette un
assassino qualunque -. E fin qui
aveva ragione. Ma non poteva darsi
invece che un assassino qualunque
avesse appunto fatto quella messa
in scena per sviare i sospetti?
Rabbrividii. Vergn, Ordorfer,
Arrighi, Vialin, Sanfilippo, Van
Roder, Casimir: c'eravamo tutti e
ciascuno guardava gli altri con un
senso di timore e d'angoscia. Certo,
a ognuno eran tornati a mente i
discorsi della sera prima e la corte
strana e inusitata che Casimir aveva
fatta a Bette. Ma Casimir appariva
talmente costernato che nessuno
ebbe il coraggio di esprimere il
proprio sospetto neanche col
compagno.
Poco dopo apparve Dorotea con
Julow, la pelliccia sulla camicia da
notte, pallida. Come vide l'amica sul
letto di morte, svenne. Intanto,
mentre cercava di farla tornare in
s, Julow, domandava:
Ma come morta?
Dissanguata fece il
commissario.
Dissanguata? Ma avr gridato.
Nessuno che abbia udito?
Il commissario mostr allora
una tazzina di porcellana, leggera
come una piuma, dove in un resto
di t si vedeva una pasticchetta non
del tutto strutta.
La signorina riprese il
commissario doveva aver
l'abitudine di prendere ogni sera un
narcotico. La signorina dunque
trapassata senza sentir nulla, senza
accorgersi di nulla. trapassata
lasciando fluire il suo sangue in
questo catino di cristallo, dove era
solita tenere delle rose. Se ne vede
ancora qualcuna.
Infatti nel sangue navigavano,
vermiglie, due rose.
Ma le mani? grid a un
tratto Dorotea, che intanto era
rinvenuta e ascoltava col volto
impietrito dallo stupore.
Appunto. Le mani non ci sono
pi. Sparite. E si dice che le sue
mani fossero bellissime e piene
d'anelli.
Povera Bette! Il suo poco sangue
tanto quanto bastava per
riempirne un catino andandosene
l'aveva lasciata di cera e tutti i suoi
lineamenti s'erano addolciti,
sfumati: pareva una delle immagini
preraffaellite che ricoprivano le
pareti intorno, nelle loro cornici
d'argento.
Elegia in grigio, elegia in
bianco, ora mormor Vergn.
Intanto, aggiunse il
commissario tutti loro sono
pregati di restare a disposizione
della giustizia.
Uscimmo allibiti, annientati. La
giustizia! Tanto valeva dire che
ognuno di noi era sospettato d'aver
commesso il delitto. Ciascuno and
a casa sua odiando dentro di s i
compagni, che avrebbe voluto non
aver mai conosciuti. Al momento di
separarci, Vergn disse:
Ti dispiace se vengo a casa
tua? Non potrei star solo.
Entrammo nel mio studio. E
poco dopo affacciandoci alla
finestra, si vide che eravamo
sorvegliati.
Chi pu essere stato? si
torturava intanto Vergn. -Chi pu
essere stato?
Ma chi di noi due pronunci
prima quel nome? Forse nessuno:
ce lo leggemmo negli occhi.
Casimir. Tutto di lui ora ci
sembrava sospetto. Il suo stesso
abbattimento. Ma pur
nell'abbattimento quel guardare
qua e l, quel frugare nella stanza,
come se avesse voluto vedere se
erano state lasciate tracce, quello
sbiancarsi improvviso dinanzi al
cadavere e quel sussultare alle
domande del commissario.
Forse ella, eccitata dal vino e
dalla festa, aveva ceduto alle
lusinghe del giovine. Lasciandoci,
forse egli era tornato indietro, e lei,
come aveva detto scherzando
Sanfilippo, gli aveva gettato le
chiavi. Allora la cosa orribile era
avvenuta. Forse era stato lui a darle
il narcotico, poi, non potendo
toglierle gli anelli, le aveva reciso le
mani.
Ma ad un tratto ci si vergogn di
quei sospetti che non erano basati
su nessun vero indizio e allora
riandammo insieme a tutta la
nostra vita, dal giorno che s'era
conosciuta Bette Mason. Vergn ed
io l'avevamo conosciuta lo stesso
giorno, nello studio di John
Blacktown, il celebre pittore inglese
che da molti anni era tornato in
Inghilterra. Ed ora viveva nel suo
dominio di Blacktown.
Allora Bette Mason era bella, era
una cosina fragile bionda e rosa,
tutta chiacchiera. L per l ci era
sembrata una bambina.
Ha quarantacinque anni
mormor Sanfilippo che le era stato
dietro parecchio tempo, ma
inutilmente.
Ma se pare una bambina.
Gi, pare -. E rise.
La sua rottura con John, datava
press'a poco da quel tempo. Un
giorno ella s'era staccata da lui:
all'improvviso. John parve
diventare matto. Inutile. Ella non
volle pi saperne.
Ma perch? le
domandavamo.
Lei rideva, senza rispondere.
Lo disse a me una volta il
perch. In un momento di grande
confidenza, in un momento che
anch'io avevo bisogno di molto
conforto. Ella mi carezzava con le
sue mani bianche e leggere, come
una sorella.
Ho voluto staccarmi io, prima
che lo facesse lui. Tra qualche anno
sar brutta, d'una vecchiezza
ripugnante: mia madre, alla quale
somiglio in tutto e mi mostr una
miniatura che sembrava sua, in
pochi mesi, distrutta. Un inverno
senza autunno, terribile,
inaspettato. Mio padre allora la
lasci. Ella ne sofferse fino a
morirne. Io non ho voluto questa
umiliazione. Me ne sono andata
prima. E ho fatto bene. Lui m'ha
dimenticata, io m'illudo d'aver
dimenticato lui. Non ci vedremo
mai pi.
A uno a uno, tutti i volti di
coloro che avevamo conosciuto con
lei ci passano dinanzi: no, nessuno
poteva aver commesso quella cosa
orribile.
A un tratto Vergn grid:
Floriana! Floriana Bennett.
Floriana?
Non sai come si odiavano?
Floriana diceva che Bette le aveva
rubato il premio McMillan. Rubato,
perch, secondo lei, quel premio le
spettava e Bette lo aveva ottenuto a
forza d'intrighi. Io le ho sentito dire:
Vorrei tagliarle le mani.
Floriana infatti era l'unica che
non fosse accorsa. Impossibile che
ignorasse l'accaduto.
Corriamo da lei.
Ma la sua porta era chiusa.
Floriana la mattina era partita.
Nessuno seppe dirci per dove.
Denunciarla? Non s'aveva altro da
fare. Ma si poteva denunciare una
persona su un sospetto cos vago?
Sarebbe stato onesto? La sua fuga
era peraltro un indizio, era quasi
una confessione. Pure nessuno di
noi due si sent questo coraggio, se
prima non si fosse acquistata la
convinzione.
Col pretesto di cercare un
quadro che le avevamo dato e che
ora ci occorreva in ogni modo,
forzammo la porta di Floriana. Del
resto la cameriera ci conosceva
abbastanza, e non oppose
resistenza. Nell'atmosfera di
Floriana si respirava una vita
stravagante e perversa. Ma bastava
questo perch ella, sia pure in uno
stato di grande eccitazione, avesse
potuto uccidere? E poi chi l'aveva
introdotta nella casa? Quando?
Possibile che l'assassino o
assassina che sia, non abbia lasciato
nessuna traccia?
Pregammo il commissario di
lasciarci entrare nello studio di
Bette con lui. La grande stanza
riposava ora nella penombra delle
immense tende di tela greggia
abbassate sui finestroni che davano
sui pini e i cipressi del Pincio. Lei
era stata portata via. Al posto del
bacile era restato un cerchio rosso.
Sul tavolo, vicino al divano, c'erano
resti di sigarette, su una sedia
l'abito che Bette indossava alla festa
di Dorotea, vicine le calze, le
scarpette d'argento, i guanti lunghi.
Vergn aperse un grande
armadio veneziano tutto sparso di
rose gialle e rosse che stava nel
fondo della stanza e grid: Ah!
Accorremmo. Dentro, sulla base
dell'armadio, il segno visibilissimo
inconfondibile di due scarpe
maschili.
Ieri giusto pioveva fece
Vergn.
Allora ci mettemmo a cercare
sui tappeti e si videro distintamente
non delle orme, ma resti di fango,
come se qualcuno avesse
accuratamente spazzolato per farlo
sparire. Questi segni andavano dalla
porta all'armadio, poi, infinitamente
pi leggeri, dall'armadio al divano.
Presso il divano era restata una
sedia, come se qualcuno vi si fosse
seduto per parlare con la persona
che si trovava a letto.
Allora mi venne fatto
d'osservare il bocchino delle
sigarette, ma in quella Vergn grid:
Non ricordi che Bette non
fumava?
vero.
Dunque qualcuno stato qui
da lei iersera: ed ha fumato
conversando con lei.
Ma il bocchino delle sigarette
non diceva proprio nulla: Camel.
Molti di noi fumavano sigarette
Camel. Floriana fumava sigarette
Camel. Ma Casimir non fumava.
Di nuovo le immagini di
Floriana e di Casimir riapparvero
dinanzi a noi, di nuovo ci torment
il mistero di quella fuga improvvisa.
Ma, e le orme? Le orme cos chiare
delle due scarpe sul ripiano
dell'armadio? Come collegare il
fatto di quelle orme con quello delle
cinque sigarette fumate una dietro
l'altra? Era certo: Bette aveva
nottetempo ricevuto qualcuno.
Questa persona era restata alcune
ore a parlare con lei, fumando. Poi
Poi se n'era andata? E allora l'uomo
che si trovava nell'armadio era
uscito e aveva compiuto il suo
strano delitto? Oppure le due
persone erano una soltanto? Ma
allora perch nascondersi
nell'armadio? Un amante che ella
tenesse chiuso l dentro nel timore
che qualcuno degli amici
riaccompagnandola a casa fosse
voluto entrare? Forse, ma perch
allora cancellare le orme con la
spazzola? La spazzola era l, appesa
a un chiodo dell'armadio. Facendola
scorrere con la mano sprigionava
della polvere secca: il fango della
sera prima.
Cento volte misurammo la
stanza per lungo e per largo. Cento,
mille congetture passarono per la
nostra mente. Bette non era ricca.
In ogni caso non aveva l'abitudine
di tenere i suoi soldi in casa.
Dunque, gli anelli. Vergn ed io ci
separammo preparati a tutto: a
veder correre il nostro nome sui
giornali, a vederci immischiati in
quel delitto perverso, contro natura,
cos lontano da tutto quello a cui
l'umanit ci ha abituati.

Fu allora che mi venne in mente


di telefonare a John Blacktown.
Eravamo stati troppo amici perch
io non provassi il bisogno di fargli
sentire una voce affettuosa, sia che
egli avesse gi saputo, sia che io per
il primo dovessi dargli la terribile
notizia. Sapevo che John non aveva
mai cessato di amare Bette, che
interamente non se l'era mai potuta
strappare dal cuore. Ma il servitore
mi rispose che il padrone viaggiava
in Svezia.
Se non che avevo appena
lasciato il telefono che sentii
bussare alla porta dello studio.
Andai ad aprire e per poco non mi
sentii male: Blacktown in persona
stava sulla porta e mi tendeva la
mano.
Blacktown, voi!
Come state, mio caro amico?
Ma ma non sapete?
Che cosa? Sono arrivato
stamane e, come vedete, son venuto
subito a trovar voi.
Oh, che strana combinazione!
Figuratevi che vi ho telefonato a
Londra proprio in questo momento.
A me? Perch?
Ma per Bette Mason.
Che ha? Che ha fatto? Sta
male?
morta. Stanotte. Uccisa.
Egli fu l l per cadere e dovette
appoggiarsi ad un mobile.
Rapidamente, come me lo
permetteva l'emozione, gli raccontai
ogni cosa. Egli m'ascoltava con la
testa china. Di quando in quando la
sua alta persona era scossa come da
un tremito rapido e violento.
Quand'ebbi finito, si lasci
cadere su una poltrona col viso tra
le mani.
Voglio vederla! grid a un
tratto. Voglio vedere la sua casa.
Voglio scoprire io chi stato.
Afferr il cappello e si slanci
verso la porta. Uscimmo insieme.
Nella casa di Bette Mason
trovammo ancora il commissario.
Sulla porta Blacktown si
sofferm un poco.
Dove Dov' stato?
Qui, sul letto.
E il bacile?
Era qui, dove ora si vede
questo cerchio rosso.
E lei com'era?
Col corpo riverso sul divano,
le braccia tuffate nel suo sangue.
Allora egli sedette sulla sedia
che stava vicino al divano, e rest
qualche momento assorto, con gli
occhi fissi ai cuscini rosa che
avevano qua e l degli spruzzi rossi.
Nessun indizio? fece dopo
un poco.
S.
Le sue pupille s'accesero e le sue
palpebre batterono d'attenzione.
Vedete queste tracce di fango,
sul tappeto? Seguitele. Conducono a
quell'armadio l. Guardate ora
quelle orme sul ripiano.
Ah! Ma allora l'assassino
scoperto! Si sapr bene chi la
frequentava! Chi sa? Qualche
sfruttatore forse.
John!
Invecchiando, chi sa?
No, John, vi assicuro che dopo
di voi non ha conosciuto altri
uomini. E so anche perch lei vi ha
abbandonato.
Lo sapete? Lo sapete davvero?
S, ed stata, a suo modo, una
prova d'amore.
Le sue mani ora avevano un
tremito convulso. Nervosamente si
tolse di tasca una sigaretta e
l'accese. Non so perch i miei occhi
corsero alla marca: Sigarette
Turmak.
Ne volete una? fece lui,
richiamato improvvisamente in s
dal lampeggiare del mio sguardo.
No, grazie. Turmak! Laggi si
sono ritrovati dei resti di sigarette
Camel.
Fumava ora?
No, non fumava. Avr fumato
l'assassino. L'assassino deve aver
fumato, perch ella era d'una
precisione e d'una pulizia
meticolosa e prima d'uscire la sera
metteva a posto e ripuliva i
portacenere. Anzi il fumo le dava
tanta noia che anche nelle sere pi
fredde d'inverno, prima d'uscire
spalancava le finestre. Dunque,
hanno fumato prima o dopo, ma in
ogni modo quand'ella era gi
rientrata. Guardate l'armadio: ci si
sta comodamente in due. Chi sa che
non ci fossero due persone qui
dentro? Venite, John, salite su con
me
No, mi fa impressione.
Salite, ve ne prego! Egli sal
di mala voglia.
E allora, senza parere, io lo
spinsi dalla parte dove si trovavano
le due tracce motose: in modo che i
suoi piedi vi si posassero.
Gi, feci vero, fa
impressione.
Egli s'era fatto pallido: il tremito
a scatti regolari lo aveva ripreso.
Allora io gli misi il braccio sotto il
suo e pian piano m'avvicinai al
divano. Quindi mormorai
dolcemente, con una voce che egli
solo doveva udire, una voce che
fosse come la voce profonda della
sua coscienza:
Dopo quanto tempo l'avete
uccisa?
Egli diede in una risata sonora:
Che dite? E con uno strattone
si liber.
S, John Blacktown, voi avete
ucciso Bette Mason, stamani,
quando rientrata dalla festa di
Dorotea Bront. Voi eravate
nascosto nell'armadio stanotte.
No, no, no! Non sono stato io!
Egli fece per slanciarsi fuori, ma
il commissario fu pronto a
trattenerlo. Allora gli s'abbandon
fra le braccia in una crisi di nervi
che lo sbatteva come un vento
impetuoso sbatte una vecchia
lamiera.
Alla fine parve calmarsi. Sedette
sul divano. Disse:
Non l'avevo mai potuta
dimenticare. Quand'essa mi lasci
fui sul punto di diventare pazzo.
Forse lo fui. Mia sorella mi fece
chiudere in un manicomio. Ne uscii
qualche anno fa. Sembravo guarito.
Ma il pensiero di lei mi tormentava.
Non avevo altro desiderio al mondo:
rivederla, starle fra le braccia come
un tempo. Ho cercato l'oblio a
Parigi, a Londra, a Berlino: tutte le
donne erano lei, nessuna era lei.
Non pensavo che essa potesse
essere cambiata come io ero
cambiato, per me era l'amore unico
e immutabile. Mia sorella morta
un mese fa. Non ho avuto pi
nessuno che mi sorvegliasse. Son
partito. Ma quando l'ho rivista,
quando ho rivisto lei ho creduto
d'impazzire un'altra volta. Tanto
aveva potuto mutarmela la vita?
Tanto? Soltanto le sue mani ho
ritrovato: le sue mani su un'altra
persona, ma erano le mani delle sue
carezze e quelle le volevo io, quelle
le ho volute io!
E allora vi siete nascosto in
casa, valendovi di una vecchia
chiave che vi era rimasta Non
vero?
S.
Il pensiero, il desiderio di
quelle mani vi ossessionava:
volevate le sue mani, e quand'ella si
addormentata voi siete uscito pian
piano dall'armadio, e vi siete messo
a contemplare e a sognare. Siete
rimasto a fumare fino a giorno.
Albeggiava. Ma il tempo non doveva
distruggere quelle due cose ancora
fresche, pure e belle e dolci: e allora
avete preso una coltella in cucina
S! S!
Pensavate di aver distrutto
ogni traccia. D'altra parte nessuno
vi aveva visto venire, nessuno
uscire. I portieri come se non ci
fossero in questi palazzi d'artisti.
Potevate ripartirvene
tranquillamente. Ma un desiderio
malsano vi spingeva a rivedere
questo luogo. E siete venuto a
trovare me. Ebbene, vedendovi, io
ho avuto immediatamente il
sospetto che foste stato voi. E l'ho
avuto come un'ispirazione. E
quando a bella posta avete tirato
fuori le sigarette -marca Turmak
mi sono ricordato con lucidit
improvvisa che voi prima
fumavate solo Camel e che dicevate
anzi di non poter fumare sigarette
di nessun'altra marca. Allora ho
avuto la sicurezza che voi, voi
soltanto, eravate l'assassino di Bette
e che le sue mani dovevano essere
nella vostra valigia.
Egli ascoltava con occhi
trasognati.
Vada, commissario, vada e le
trover.
Allora egli s'alz, povero vecchio,
lungo, spaurito, tremante,
implorando:
No! Non me le portate via!
Ma Bette Mason fu invece
sepolta con le sue piccole mani
staccate. E Dorotea che era una
decadente volle che fossero
posate su un piatto d'argento.
Eugenia Consolo - Il
fantasma
dell'americana

Quella sera Giacomino Burti,


direttore della Rivista di novelle
supergialle, rimase solo in ufficio
per leggere alcuni nuovi lavori.
La stanza, ampia e quasi vuota,
era immersa nell'ombra; un'unica
lampada, velata di verde, sullo
scrittoio.
Improvvisamente, Giacomo
Burti avvert nell'aria un respiro
estraneo.
Alz gli occhi. Com'era entrato
l'uomo che gli stava dinanzi?
La porta non aveva chiave,
vero: ma bisognava pure che egli
avesse girato la maniglia e fatto
alcuni passi nella camera.
Leggerissimo, l'amico pens
Burti; e scost il paralume verde per
mettere pi in luce lo strano
visitatore.
Vide un omettino smilzo,
scialbo, coi capelli biondastri, chiari
quasi quanto la sua pelle
uniformemente giallognola.
Giovane, poteva darsi che fosse; ma
di una giovinezza patita,
stremenzita; una giovinezza, per
cos dire, vecchia. Particolarissimi
erano i suoi occhi grigi che
sporgevano grandi, gonfi, e arrossati
come per lunga veglia od
amarissimo pianto.
Tutt'insieme, lo sconosciuto era
una misera creatura, tra buffa e
lagrimevole, insaccata in un logoro
pastrano nero troppo lungo e largo,
cascante dalle sue spalle troppo esili
sull'eccessiva magrezza del suo
corpo.
Scusi, Signor Direttore
Sentirlo parlare, fu per Burti
un'altra sorpresa. Anche la voce
dell'omino era stonata,
sproporzionata: un vocione non
suo, assai pi grande di lui; che
in lui metteva disagio, con
fastidioso contrasto.
Se volete consegnarmi un
manoscritto, vi avverto che inutile
disse Giacomo Burti, per
levarselo dai piedi.
No, Signore. Io non so
scrivere.
Analfabeta?
Quasi e rise.
Rise anche Burti.
Sia lodato Iddio! Finalmente
capita qui qualcuno che non scrive!
All'infuori di voi, mio caro, tutti
scrivono; e tutti scrivono novelle; e
tutti le scaraventano contro di
me a pacchi a vagoni a
valanghe esager Burti, parlando
quasi a se stesso.
E lei le legge tutte?
Ci mancherebbe altro! Io non
pubblico che grandi firme e
qualche speciale raccomandato.
Capisco capisco Ma non
m'importa.
E dunque, che volete?
Ecco, Signor Direttore: sono
venuto da lei, a quest'ora, per
trovarla solo e raccontarle la mia
storia, che
Giacomo Burti mise la mano in
tasca per prevenire la richiesta di
denaro che, indubbiamente, era
sospesa sulle labbra del poveretto.
No no non si tratta di pane
avvert questo, quasi offeso. Poi
in tono pi basso e misterioso:
Da qualche tempo, Signore, io
sono posseduto dagli spiriti!
Giacomo Burti si agit sulla
poltrona.
E lo venite a raccontare
proprio a me?
E a chi vuole che lo racconti?
un mese che ci penso, ma non ho
trovato altro modo per liberarmi di
questo segreto. Qualunque altra
persona mi prenderebbe per un
pazzo Ma lei! Lei che sa che ha
sempre sott'occhio le avventure pi
straordinarie; gli intrecci pi
complicati; i fenomeni pi
impressionanti; i misteri pi
oscuri lei potr certamente
comprendere ed aiutarmi a portare
il peso enorme di tanta
responsabilit; diventer, una
parola, il mio confidente.
Giacomo Burti non sapeva se
cacciarlo fuori o divertirsi.
Che razza di sbornia! pens.
Mi sono spiegato? insist il
vocione da basso profondo.
Oh! benissimo
Da un mese, ogni notte, una
folla di spiriti si d convegno entro
il mio corpo; ed ogni notte ciascuno
di essi mi dona un nuovo potere.
No: pazzo concluse Burti
fra s.
Lei capisce il caos che succede
in questo mio povero Io: la
soggezione che provo nel sentirmi il
centro di tali sovrumane riunioni:
lo sforzo immenso che devo fare per
eseguire ordini di cos capitale
importanza
Pazzo pazzo martellava
intanto il cervello di Giacomo Burti,
che stava studiando oramai il modo
pi spiccio per liberarsi da quella
larva d'uomo che poteva diventare
pericoloso.
Si tratta di grandi anime,
Signor Direttore: di spiriti magni
di ogni sorta di personaggi illustri;
di valorosi guerrieri; di scienziati
insigni; di artisti immortali!
Non avete provato a prendere
dei sonniferi? azzard il direttore,
con dolcezza.
Dormire? Lei vorrebbe che io
dormissi, Signor Burti? qui la
voce del pazzo trem
d'indignazione. Imporre silenzio
a Dante Alighieri, a Giuseppe
Verdi, a Giulio Cesare, ad
Alessandro Manzoni e cos via?
Ma, allora, lei disposto a credere
che, con qualche velenosa pastiglia
si possa annullare il gioco della
stirpe.
Ho sbagliato ho sbagliato
si affrett a dire Giacomo Burti,
poich la voce del pazzo andava
facendosi man mano pi
minacciosa.
Meno male: lei capisce ora
l'onere incommensurabile a cui son
fatto segno, e non si rifiuter di
ascoltare religiosamente, ogni
giorno, i resoconti delle mie notti.
Mal comune mezzo gaudio Signor
Direttore: se ne ricordi.
Me ne ricorder, non dubitate
rispose Burti che stava pensando
al manicomio
Ci stabilito, passo a
mostrarle il volto pi strano della
mia vicenda; e cio che ogni
potenza mi data in ragione inversa
dell'opera che i sommi spiriti
esplicarono durante la loro vita
mortale.
Per esempio?
Per esempio, Dante Alighieri
scrisse la Divina Commedia, ed io
non so pi scrivere; Giuseppe Verdi
compose melodie paradisiache, ed
io da un mese a questa parte, ho
la voce delle caverne e delle
tenebre! Galileo Galilei (non ho
bisogno di ricordarle il famoso
episodio del pendolo) mi impose,
giusto stanotte, di fermare gli
orologi col solo mio sguardo.
E l'omino alz gli occhi verso la
pendola appesa al muro.
Giacomo Burti fece altrettanto.
Cielo! Era vero!
Vede! terribile. Dove io
passo, non c' pi un orologio che
cammina. Il tempo per me non ha
pi valore e minaccia di perderlo
anche per i miei concittadini
Giacomo Burti avrebbe voluto
ridere sent che la sua bocca si
torceva in una smorfia, di cui non
voleva indagare la natura.
Inconsciamente pensava: Dovr
prenderlo con la prudenza, o con la
violenza?
Mi ascolti, Signor Direttore,
comand la voce stentorea.
Ma sicuro
Alessandro Volta, che, per
primo, strapp la luce dall'etere, mi
ha insegnato a spegnere la luce
elettrica con un soffio Prego E
soffi. La lampadina si spense.
Una pausa.
Nell'improvvisa oscurit,
Giacomo Burti non tent pi di
illudersi sul vero stato del suo
anonimo. Gi, suo malgrado, colpito
dall'arrestarsi della pendola, non
cerc nemmeno di spiegare le due
fenomenali coincidenze: non
consider la sua ridicola posizione
di uomo sano e normale sopraffatto
da quella miseria di demente
fantoccio, ch'egli avrebbe potuto
mandar a gambe all'aria con un
dito. Non pens pi che a fuggire: il
buio lo favoriva. Passare di fianco al
pazzo, rasente il muro; aprire e
richiudere la porta; scendere a
chiamare aiuto Facilissimo, in
fondo. Ma rimase immobile.
Una piccola luce; una
fiammellina breve e guizzante come
un fuoco fatuo brillava fra le dita
dello sconosciuto, che la port
all'altezza del volto illuminando
cos soltanto quella sua piccola
maschera di vecchio avorio divorata
da due occhi spaventosi che
nell'ossessione del momento
Giacomo Burti vedeva avanzare
verso di lui come i fari di
un'automobile in corsa.
Tutto il resto spariva nelle
tenebre. La poltrona scricchiol,
chiss perch.
Non si muova tuon il
pazzo, con voce pi rauca ed
aggressiva: Non si muova o
sparo!
La sua mano destra impugnava
una rivoltella.
Giacomo Burti era ormai
sprofondato nel terrore!
A amico mio supplic
senza saperlo.
Gli occhi del pazzo si
arroventarono; rotearono; sembr
alla sua vittima che schizzassero
fuori dalle orbite, che si dilatassero
a dismisura; che riempissero tutta
la stanza.
La voce, la terribile voce
rimbomb cavernosa:
Gi la maschera, Signor
Direttore! Ti riconosco: tu sei
l'assassino di mio padre!
Giacomo Burti sudava gelo.
Nessuna salvezza possibile: egli era
preda inerme di un burattino
impazzito.
Assassino! Vigliacco! Mio
padre ti fece del bene e tu lo hai
ucciso dopo avergli sedotta la figlia;
la mia povera sorella innocente!
Ti ammazzer come un cane!
Luce Luce
A questo punto, dalla porta
semiaperta, un cagnolino tutto
bianco, che spiccava nell'ombra
come una macchia di gesso sopra
una lavagna, si precipit sullo
scrittoio; urt la lampadina che
subito si riaccese.
Giacomo Burti, pallidissimo,
ritto in piedi con gli occhi sbarrati, i
capelli scomposti, la fronte madida
di sudore e le braccia protese in atto
di difesa o di invocazione, sembrava
l'immagine della paura.
Luce, tutto bianco, and ad
accucciarsi subito ai piedi
dell'omino tutto nero ridiventato
per incanto perfettamente
tranquillo. Dio mio! Forse la crisi
passata pens Burti, che,
immobilizzato, non riusciva ancora
a muoversi per mettersi in salvo
Impressionante, non vero,
Signor Direttore? chiese,
sorridendo, il forsennato di poco
prima.
Eh! fece Burti ma rifiat.
Le ho recitato, con qualche
variante, la scena iniziale di una
mia novella.
Una novella? Anche voi? Ma
come avete osato
La vita un giuoco: bisogna
arrischiare tutto per tutto
Poteva costarvi caro.
Ma poteva anche riuscire
Infatti: meglio di cos
confess Burti, assai bonario.
Come vi chiamate?
Renzo Bollini.
Il titolo del vostro lavoro?
Il fantasma dell'americana.
La pubblicher Signor
Direttore?
Accidenti! Pi americana di
cos! Portatemi pure il
manoscritto
Ma se ce l'ha lei qui da
cinque lunghissimi mesi, la mia
novella
Io? Oh! guarda. Devo averla
cestinata come le altre
Nulla di male, Signor Direttore.
Eccone un'altra copia

Il portiere della casa comparve


sull'uscio.
Ah! va bene: ho ridato la luce
al momento giusto, non vero?
Che significa? chiese Burti.
Questo, non l'operaio
elettricista? e il portiere indic
Renzo Bollini. Mi disse di dover
riparare un guasto alla lampadina; e
che, dopo un po' ch'era qui, io
togliessi la luce soltanto per cinque
minuti
Giacomo Burti sorrise: Ben
pensato, signor Bollini: e calcolato
al secondo!
Il caso, qualche volta, un
ottimo collaboratore e ben inteso
che l'accendisigari era mio
Gi, e per l'orologio?
Oh! quello, mi sono subito
accorto che era fermo.
Giacomo Burti, quando racconta
questa storia, sostiene che la pura
verit.
Eugenia Consolo - Il
delitto dell'ascensore

Circa alle ore 14 di quel giorno, il


portinaio della casa n. 23 stava
leggendo placidamente un giornale,
con le lenti sul naso e la pipa in
bocca.
Si chiamava Luigi (detto
Luigetto) Berton: era uno dei soliti
portinai suburbani, tra bonaccioni e
volgari; garbati con chi vogliono;
ossequiosi con chi generoso di
mance. Media et, media statura,
faccia larga e lingua lunga, punta
del naso leggermente arrossata,
come si conviene anche al pi
modesto seguace di Bacco.
La portineria era rimasta aperta.
Pass un giovane, e chiese della
famiglia Martelli.
Terzo piano a sinistra.
Quasi subito si ud un urlo, e lo
sconosciuto torn indietro in preda
al pi folle terrore.
-Portinaio aiuto presto
l l una donna un cadavere
Luigi Berton si precipit fuori
brontolando: Ma lu l' matti Ma
lu lu el straved!!
Il giovane non era pazzo, n
visionario. Il corpo di una donna
stava disteso traverso la cabina
dell'ascensore, con la testa sotto il
sedile.
Pochi minuti pi tardi, chiamati
telefonicamente, un commissario e
quattro agenti si trovavano sul
posto.
Chiudete il portone,
comand l'uomo della legge -
nessuno si muova.
E pass alla visita del cadavere.
La donna era morta per
strangolamento: la faccia tumefatta
e paonazza, gli occhi fuori
dell'orbita, la lingua penzoloni
stavano ad attestarlo.
Delitto mormor il
commissario, che era parco di
parole; e rivolgendosi al portinaio:
Qui abita un medico, non
vero?
S, signore; il dottor Gallucci.
Andate a chiamarlo.
Corro disse, zelantissimo,
Luigetto; e sal le scale a quattro a
quattro, tutto compreso
dell'importante sua funzione di
principale informatore dell'autorit
giudiziaria.
Il commissario nel frattempo
interrog il povero giovane che
aveva scoperto il misfatto e, avute le
sue generalit, lo rimand a casa col
consiglio di mettersi a letto per farsi
passare il tremito convulso che lo
agitava da capo a piedi.
Esaminando la morta, il
funzionario vide che si trattava di
una elegante signora dell'apparente
et di 35 anni. Doveva esser stata
molto graziosa. Nulla di particolare
si notava nel suo abbigliamento. Un
lungo guanto chiaro le calzava la
mano sinistra: la destra era nuda, a
pugno chiuso (certo in atto di
disperata difesa), ci che aveva
permesso ad una breve catenella di
rimanere infilata al polso, reggendo
una borsetta aperta e vuota. Nessun
gioiello: i lobi delle orecchie
portavano segni di strappo violento.
Furto brontol il
commissario.
Il dottor Gallucci giunse
correndo, seguito dal portinaio che
si affannava a raccontargli i dettagli
dell'accaduto.
Ma domando io, signor
dottore, se dovevano venir a
strozzarla proprio qui, quella povera
signora! Una casa tanto seria,
inquilini cos tranquilli
Ma il medico stava gi parlando
col commissario.
A quando crede che risalga il
delitto?
A non pi di un'ora fa.
E la conosceva, lei, questa
donna?
No rispose Gallucci.
Ne sicuro?
Sicurissimo, che diamine
Eppure, il portinaio sta
dicendo che gli domand di venire
nel suo studio. Non vero, Berton?
S, signore conferm
l'interrogato.
Pu darsi disse il medico
che si trattasse di una visita nuova,
che non ebbe il tempo di chiedere i
miei consigli. Quello che posso
affermarle con certezza, che io
non l'ho assolutamente mai vista
prima di questo momento.
Capisco capisco, per ora non
ho pi bisogno di lei. Se vuol
ritirarsi
Grazie e, dopo aver fatto
osservare di nuovo al commissario i
solchi profondi che le feroci mani
dell'assassino avevano lasciato sul
collo della vittima, il dottore, un po'
commosso, malgrado l'abitudine
della professione, risal nel suo
studio.
Luigi Berton, ammon
allora, gravemente, il commissario
rispondetemi, senza dimenticare
che quello che mi direte qui,
dovrete poi ripeterlo, sotto
giuramento, in istruttoria ed in
tribunale.
S, signor commissario.
Avete nessun sospetto sugli
inquilini?
Nessuno Non saprei Una
cosa di questo genere!
Chi stata l'ultima persona
che ha fatto uso dell'ascensore,
prima dell'uccisa?
Io, signor commissario,
quando portai su la posta di
mezzogiorno.
Nessun altro passato dopo
di voi?
Non mi sembra; ma pu
essermi sfuggito qualcuno mentre
stavo preparandomi la colazione.
E la conoscevate voi, la
signora?
No, signor commissario; non
ricordo d'averla mai veduta Per
sa com', si lascia passare la gente,
qualche volta, senza guardarla in
faccia. Ne viene tanta, specie per il
signor dottore E poi di solito
mia moglie che bada alla portineria.
Dov' vostra moglie?
Malata; all'ospedale. Eh!
purtroppo! Una cosa lunga
Non m'interessa,
interruppe il commissario.
Ditemi: di quanti piani composto
lo stabile?
Tre piani, signore; e sei
appartamenti. Come vede, la casa
non grande, n di prima categoria,
ma bella, e pulitissima.
Al primo piano, chi ci sta?
A destra il signor Francesco
Bertolli uno stravagante!
Vive solo?
S, signore: con la donna di
servizio. Mangia alla trattoria della
Colomba.
giovane?
Non saprei: dimostra
quarant'anni forse meno Se non
facesse la vita che fa
Che vita fa?
Oh! non so nulla Dico
perch rincasa molto tardi e
domando io chi non dorme la
notte, di giorno non lavora.
Ha mezzi?
Mezzi? Uhm! quando la sorte
lo favorisce
Giuoca?
Cos pare. Ma domando io, le
cose bisogna toccarle con mano
prima di dirle. Io non sono di quei
portinai pettegoli e maligni che
sparlano senza motivo Anzi
Il commissario nascose un
sorriso.
E poi? Avanti.
A sinistra ci sta la signora
Stabilini. Signora per modo di
dire!
Sola?
Con una serva, che lei chiama
la mia cameriera
giovane, la signora
Stabilini?
Se si tornasse indietro di 20
anni, forse Ma si tien su mica
male, ecco E il suo mestiere lo
conosce
Quale mestiere?
Quello che scritto sulla
porta: Manicure.
Ah! Clienti per casa?
No; lavora a domicilio. Per
fortuna! Ne abbiamo abbastanza del
viavai per il dottor Gallucci, che lei
conosce: secondo piano a sinistra. A
destra la famiglia Martelli Oh!
una trib! S'immagini che, in una
casa di quattro stanze, ci stanno
pigiati: padre, madre, un fratello di
lei, una sorella di lui, un
pensionante, tre ragazzine, e poi
ancora
Basta, basta; sbrigatevi
intim il commissario.
Al terzo piano a destra, i
signori Pellegrinetti; due sposini.
E a sinistra?
Nessuno. La casa sfitta da
tre mesi.
Ho visto ho visto ho
visto borbott il commissario,
seguendo un suo intimo pensiero.
Nessun sospetto Tuttavia
tuttavia quel Francesco Bertolli
Vado ad interrogarlo.
Disse qualche parola agli agenti,
e sal al primo piano.

Una vecchia domestica


accompagn il commissario nello
studio di Francesco Bertolli.
L'arredamento modesto, ma di
sobria eleganza, denotava l'origine
distinta e la passata agiatezza del
proprietario.
Sopra lo scrittoio, incorniciata
con cura, sorrideva, perfettamente
riconoscibile, la fotografia della
morta!
Il commissario ebbe un sussulto
di sorpresa: quasi di gioia.
Ci siamo pens. Ma la
prova?.
Cerc frug ansiosamente
intorno con gli occhi e non pot
astenersi dal prendere, nel cassetto
semiaperto, una lettera che
sembrava messa l apposta per
aiutarlo.
Lesse in tutta fretta:
Caro Francesco, troppo! Tu
rovini la tua esistenza e la mia. Non
ne posso pi!
La somma che hai perduta
stanotte supera ogni mia possibilit.
E necessario che io sacrifichi il mio
amore al tuo incurabile vizio!
Perdonami come io ti perdono.
Addio.
Cecilia

Aveva appena riposto il foglio


rivelatore, che il signor Bertolli
comparve, vestito del solo pigiama,
pallido, curvo, con gli occhi
imbambolati, i capelli in disordine,
evidentemente appena sveglio dal
sonno poco riposante dei
nottambuli.
Il signor commissario
disse in tono assai contrariato.
Per l'appunto, signor Bertolli.
Mi spiace di averla disturbata
mentre dormiva.
No; io non
S: dormiva; com' sua
abitudine a quest'ora disse il
commissario con disprezzo. La
cosa che debbo annunciarle, per,
abbastanza grave e servir a
risvegliarla. Un'ora fa stata uccisa
la signora Cecilia.
Francesco Bertolli sbarr gli
occhi, sbiancandosi in viso fino
all'inverosimile.
Cecilia! balbett ma
io
Non vorr dire che non la
conosceva disse il commissario
indicando la fotografia.
Cecilia Ci sono tante
Cecilie al mondo!
Certo: ma, disgraziatamente,
la morta proprio quella Cecilia l:
la vostra amante!
Amante? protest Bertolli,
tremando. Una semplice
conoscenza, un'amica di mia
sorella
Ors: non perdiamo tempo in
chiacchiere. Non il caso che
facciate pompa di delicatezze
cavalleresche. Ho letto quella
lettera.
Con uno sforzo sovrumano,
Francesco grid: E con qual
diritto?
Non ho il dovere di dirlo a voi,
che avete strangolata quella povera
donna per derubarla.
Ah! no no! Giuro! giuro!
E un'infamia! L'amavo tanto!
url Bertolli atterrito.
Non l'amavate pi dal
momento in cui essa si rifiut di
pagare il vostro ultimo debito di
giuoco.
Giuro giuro
Comodissimo l'ascensore,
vero? La macchina scende: il primo
che passa pu essere l'assassino.
L'ascensore l'ascensore
mormor Bertolli, come fuori di
senno.
Fatelo vestire, e portatelo via
ordin il commissario ad uno
degli agenti. E ad un altro:
Operiamo intanto una prima
perquisizione.
La quale perquisizione essendo
risultata infruttuosa,
l'appartamento venne chiuso e
piantonato; ed il commissario sal al
secondo piano dal dottor Gallucci.
Un solo minuto disse
quest'ultimo che stava appunto
scrivendo il richiesto certificato di
decesso.
Grazie, dottore. Ho bisogno
anche di qualche sua informazione
riguardo a quel signor Bertolli, che
abbiamo ora
Il commissario s'interruppe.
Girando intorno, l'occhio clinico del
poliziotto aveva scorto, in fondo al
cestino della cartaccia, qualche
cosa, che si chin a raccogliere
Il medico, gi in piedi, gli
porgeva il documento.
Scusi, dottor Gallucci: potrei
sapere come mai questo guanto da
donna si trovava l, nel cestino?
Nel cestino? replic il
dottore assai stupito. Io non l'ho
visto
Ed io l'ho visto subito, invece.
Vuol spiegarmi?
Non so: forse l'avr perduto
una delle mie clienti, e la
domestica
Vorrei proprio che cos fosse,
disse sinceramente il
commissario ma, con molto
rincrescimento, debbo farle
osservare che questo guanto
identico a quello calzato dalla
morta!
Possibile? Io non so nulla
Andiamo a confrontarlo, se crede
rispose il dottore, cercando di
mantenersi calmo.
Scesero insieme.
Il guanto era quello!
Lei mi disse che non aveva
mai visto la signora dottor
Gallucci
Mai, signor commissario; lo
confermo.
E come spiega?
Non spiego; confido che lei
capisca la mia innocenza. Chiss
quale atroce combinazione
intervenuta
Sono desolato, dottore: ma il
mio ufficio mi vieta di rendere
responsabile il Caso di quanto
succede. Spero anch'io che ella
possa cavarsela. Ma, per il
momento, debbo dichiararla in
arresto.

Nel gabinetto del giudice


istruttore
Il giudice Luigi Berton due
guardie.

GIUDICE: Avanti, avanti


Berton
BERTON (inchinandosi):
Signor giudice
GIUDICE: Vi ho fatto chiamare
per chiedervi qualche altro
chiarimento. Nulla di nuovo nella
casa?
BERTON: Nulla, signore.
Chiacchiere chiacchiere che non
finiscono pi S'immagini: due
inquilini arrestati!! Speriamo per
poco, neh!
GIUDICE (improvvisamente
severo): Perch, Luigi Berton,
non avete subito informato la
giustizia d'aver accompagnato la
povera Cecilia Franci a visitare
l'appartamento sfitto del m piano?
BERTON (arrossendo): Ecco
signor giudice Ho fatto male s:
lo confesso ma ma non credevo
che la cosa avesse importanza
GIUDICE: A voi non spettava
giudicare.
BERTON: Le giuro che se
avessi saputo Ma lei capisce
Non volevo cacciarmi in un
pasticcio di quel genere. Pensavo
che il mio silenzio non cambiasse
nulla.
GIUDICE: Non bisognava
pensare, Berton: o pensare
soltanto alla verit. Ed ora, ditemi:
sapete se la signora Franci avrebbe
preso l'appartamento per s, o per
qualche altra persona?
BERTON (premuroso): Per
un'altra per un'altra. Mi disse,
appunto, che un'amica di Brescia
l'aveva incaricata
GIUDICE: Ah! Benissimo! E
ricordate che la povera signora
abbia preso qualche fotografia dei
locali, per meglio informare la sua
amica?
BERTON (incerto)-. Forse mi
sembra, ma No, no: non ne prese
affatto.
GIUDICE (fa vedere a Luigi una
piccola Kodak)-. Eppure questa
macchina fotografica, direbbe di s.
BERTON: Ma domando io
come
GIUDICE: stata trovata nella
stanza d'angolo, in fondo alla casa.
BERTON: Oh! guarda! certo
che la macchina c'era Ma perch
proprio la signora? Ho fatto
visitare l'appartamento a tante
persone Qualcun altro pu averla
dimenticata
GIUDICE: Non probabile,
poich, sviluppate le pellicole, ne
uscito precisamente il ritratto di
Cecilia Franci Vedete? Preso nel
giardino della sua villa. (Gli mostra
la fotografia dell'uccisa).
BERTON: Vedo vedo Ma
domando io signor giudice Io
non so Io non c'entro
GIUDICE (alzando la voce e
battendo il pugno sul tavolo)-.
Voi! Voi! siete l'assassino!
BERTON (sta per cadere; due
guardie accorrono a sostenerlo; ha
appena la forza di mormorare)-.
Io? Io? Ma se i colpevoli sono
stati subito
GIUDICE: Il dottor Gallucci,
non vero? Ricordatevi del guanto
che avete fatto cadere nel suo
studio, quando il commissario
Pradella vi mand a chiamarlo per
la constatazione del decesso.
BERTON (incosciente, seguita a
balbettare)-. Io? Io? Io?
GIUDICE: Voi: che abbagliato
dal luccichio dei gioielli, o del
denaro forse intravvisto nella
borsetta di Cecilia Franci, l'avete
assalita e barbaramente
strangolata Per liberarvi del
cadavere, l'avete trascinato nella
cabina dell'ascensore. L'ora era
comoda: dall'una alle due. Ora di
colazione o di siesta. Rinviato
l'ascensore e richiuso
l'appartamento, siete sceso per le
scale, come nulla fosse, ad
attendere in portineria che un
disgraziato qualunque avesse
l'atroce sorpresa di scoprire il
delitto. Ma una cosa non avete
preveduta, Luigi Berton. Quando
Cecilia Franci, sollevando il capo
per prendere al punto giusto
un'istantanea di quella stanza, vi
scorse di fronte a lei con la faccia
mostruosa di una belva che sta per
slanciarsi sulla preda, ebbe un
inconsulto movimento del braccio
e la macchina scatt! Eravate preso!
(Pone dinnanzi agli occhi
esterrefatti di Luigetto Berton la
fotografia che ha fissata la sua
immagine feroce nel momento del
delitto).
Eugenia Consolo -
l'ora

Il cartellone annuncia il dramma


giallo: Sparo nella notte!.
Teatro gremito. Il pubblico a
posto. Dietro le quinte s'ode un
colpo d'arma da fuoco!
Subito dopo, sempre a sipario
calato, gran confusione in
palcoscenico; passi affrettati; voci
concitate; strilli di donne; ordini e
contrordini Esce alla ribalta il
primo attore, Giovanni Grisenti.
in costume da apache, truccato per
la rappresentazione.
Signore e Signori: lo sparo che
avete udito non ha niente a che fare
col dramma che dovevamo recitarvi.
Purtroppo, successa una
disgrazia La nostra prima donna,
signorina Olga Marlotti, stata
mortalmente ferita nel suo
camerino. Il medico del teatro non
essendo ancora al suo posto, prego
qualsiasi altro medico si trovasse
nella sala di salire sul palcoscenico.
Nessuno si muove:
evidentemente si crede ad una
riuscitissima finzione dell'abile
artista.
Giovanni Grisenti insiste: Ci
che ho detto, signori, la pura
verit Supplico di far presto La
signorina Marlotti moribonda
Altre grida vengono dalle quinte:
la confusione cresce
Il pubblico comincia a
persuadersi della sciagura: tutti
sono in piedi, pronti ad andarsene.
Altri attori vengono alla ribalta
come si trovano, senza pi ordine
n soggezione.
Il suggeritore in mezzo a loro e
grida: Un medico un medico!
Scorge tra gli spettatori un
dottore che conosce -Guardi,
signor Grisenti, dice quel
signore di terza fila che sta
mettendosi il cappello il mio
medico. Dottor Poggiali presto
Il dottor Poggiali non pu pi
esimersi dal fare il suo dovere:
Eccomi risponde stavo per
raggiungervi -e si dirige verso la
porticina che conduce al
palcoscenico.
Giovanni Grisenti si rivolge
ancora al pubblico: Tutti gli
spettatori sono pregati di passare
alla biglietteria per il rimborso.
necessario che la sala si vuoti al pi
presto.
E si vuota infatti tra un brusio
terribile di commenti, di
esclamazioni pietose, di curiosit
scatenate e insoddisfatte.
All'arrivo del medico, Olga
Marlotti gi spirata senza
pronunciar parola.
Il corpo della bella creatura
giace sul divano, dove i compagni
l'hanno pietosamente composta. Al
dottor Poggiali non resta che
constatare il decesso.
Giunge il commissario di polizia.
Preso atto della situazione:
Fermi tutti ordina. -Nessuno
uscito di qui, dopo il delitto?
Se ne sono andati gli
spettatori balbetta il
capocomico che sta perdendo la
testa.
La signorina Marlotti stata
uccisa in palcoscenico: l'assassino si
trova dunque fra di voi replica il
commissario. Inutile tentare di
sviare l'opera della giustizia,
signor signor Chi siete? Come vi
chiamate?
Sono Luigi Fabietti: il
capocomico.
Sta bene. Cercate di essere
chiaro nelle risposte Di quante
persone composta la vostra
compagnia?
Quattordici, fra attori ed
attrici: due macchinisti, un
suggeritore, un trovarobe.
Il commissario fa prendere le
generalit di tutti.
Nessuno manca dal
palcoscenico, questa sera?
Nessuno, signor commissario.
Scusi, signor Fabietti,
interrompe il caratterista. -Mario
Negrini non aveva parte e non si
visto
Gi: ammalato.
Siate preciso, signor
capocomico dice il commissario.
La signorina Marlotti era sola al
momento del delitto?
Chi lo sa? Forse s: tutti gli
attori si trovavano nei rispettivi
camerini a vestirsi.
Non aveva la morta un'amica,
una cameriera?
S: Geltrude Biasutti.
Geltrude si avanza
singhiozzando.
Dove eravate quando fu
uccisa la vostra padrona?
Nel camerino del signor
Grisenti
Che cosa facevate nel
camerino del signor Grisenti?
Non ci era riuscito di aprire il
cofanetto dei gioielli e la signorina
mi mand dal signor Giovanni
Infatti, mormora
quest'ultimo ma non c' stato il
tempo.
Il commissario guarda
fissamente l'attore; guarda
Geltrude
Dov' il cofanetto?
Eccolo
Apritelo.
Viene forzata la serratura
Vuoto! Pochi sassi ne
mantenevano il peso. Giovanni
Grisenti sgrana tanto d'occhi;
sembra arrossire
Possibile! esclama.
Tutto a verbale ordina il
commissario; poi rivolgendosi a
Fabietti: La finestra del camerino
della morta dove guarda?
Sopra una straduccia senza
sbocco: un vicolo cieco
Quel tale attore che non
presente
Mario Negrini?
Dove alloggiato?
Nel mio stesso albergo,
informa Giovanni Grisenti.
All'Hotel Europa.
Come lo era la signorina
Marlotti, naturalmente -osserva il
commissario che ha compreso le
relazioni tra i due.
Ogni tanto agenti di pubblica
sicurezza portano qualche notizia al
loro superiore. Uno di essi fa un
cenno negativo.
La rivoltella non si trova
dice il commissario quasi a se
stesso, n qui, n sulla stradina di
sotto, dove l'assassino potrebbe
averla gettata per liberarsene.
Pu darsi che un passante
l'abbia raccolta azzarda
timidamente il capocomico.
Non probabile che questo
sudicio vicoletto sia frequentato a
quest'ora.
Il trovarobe Furlani chiede di
parlare.
Che volete? Aspettate il vostro
turno.
Gli , signor commissario, che
riguardo la rivoltella vorrei vorrei
dire quello che so Ecco: Antonio
Parenti ed io, abitiamo dalla stessa
affittacamere, in due stanze attigue.
Antonio Parenti sarebbe il
suggeritore?
Precisamente. L'altro ieri
entrai da lui mentre si vestiva e
vidi in un cassetto uno di quei
gingilli Lo presi in mano Lascia
stare mi disse Antonio, una palla
di questa deve andare in corpo a chi
so io.
E a chi, secondo voi, voleva
alludere?
Credo alla povera signorina
Egli la odiava
E perch?
Perch lui suggerisce male, e
la prima donna aveva chiesto ed
ottenuto che il signor Fabietti lo
licenziasse.
esatto? chiede il
commissario al capocomico.
S, signore, risponde
l'interrogato ma non possibile
che
Antonio Parenti vien trattenuto
mentre sta per slanciarsi contro il
trovarobe.
Vi consiglio di mantenervi
calmo gli dice il commissario.
vero, o no, che tenete nel cassetto
una rivoltella?
vero, signore; ma si stratta
di un ricordo di un caro ricordo
Del vostro caro nonno
aggiunge ironicamente l'uomo della
legge.
No: era di mio padre; mi
creda Lo giuro sul mio ragazzo
Furlani vuol rovinarmi per
rancore per gelosia
Gelosia? di chi?
Si fisso in capo che io e la
sua amica
Il trovarobe si agita: vorrebbe
ribattere, ma si rassegna al silenzio,
intimorito da un energico Zitto,
voi del commissario, che seguita
ad interrogare Antonio Parenti.
Al momento del delitto, dove
eravate?
Al mio posto nella buca
risponde sbadatamente il
suggeritore.
falso: tutti vi hanno visto
precipitarvi alla ribalta a fianco di
Giovanni Grisenti; ma dalle quinte,
non dalla buca
Pu essere Non so pi quel
che mi faccia e piange come un
bambino.
Mi spiace, ma io so benissimo
quel che ho da fare, invece. Sono
costretto ad arrestarvi.
Tra gli attori si leva un
mormorio di piet e di simpatia.
Geltrude Biasutti prende il coraggio
a due mani e si mette apertamente
in difesa del suggeritore.
Signor commissario
Che volete?
Io non avrei detto nulla ma,
poich si accusa questo
disgraziato
Fate attenzione, ragazza;
nessuno vi ha interrogata.
Mi perdoni signore ma
forse io La signora Giovanoli
Che vuoi dire, pettegola
scappa di bocca alla seconda attrice.
Una occhiataccia del commissario le
toglie la parola.
Ieri sera, seguita Geltrude
uscendo dal camerino della mia
padrona, la signora l'ha minacciata,
gridandole in faccia: Guai a te! Me
la pagherai.
Bugiarda Ah, bugiarda!
mormora fremendo la seconda
donna.
E perch questa minaccia?
Perch signor commissario,
la signora Giovanoli non ha mai
perdonato alla mia povera padrona
di essere pi bella, pi giovane, pi
brava di lei; e soprattutto
Avanti E soprattutto?
Di averle portato via l'amore
del del suo amico.
Chi il suo amico?
Tutti sanno che il signor
Grisenti l'ha piantata per la mia
padrona
Il commissario interroga l'attore
che cerca di negare
una menzogna, signore;
Geltrude sa benissimo che non
vero
Geltrude viene ammonita
severamente.
Badate a quello che dite,
Geltrude Biasutti: dovrete ripetere
ogni cosa in istruttoria e in
tribunale sotto giuramento.
S, s; tutto vero, signor
commissario; ha tentato anche di
avvelenarla, la mia signorina con
un certo caff per sostituirla in
una commedia
Violetta Giovanoli che, gi un
po' matura, costringe l'incipiente
pinguedine dentro un busto
strettissimo, diventa scarlatta in
viso come se stesse per scoppiare, e
geme: Signor commissario non
vero Non permetta
Io permetto tutto quanto pu
esser utile ad illuminare la
giustizia: sono qui per prendere atto
di qualsiasi testimonianza. Resta
dunque che voi avevate motivi di
gelosia contro la prima donna
Marlotti.
Signor commissario, le
assicuro che non cos tenta di
dire Grisenti. Le terribili accuse
pronunciate da Geltrude sono
inammissibili La signora
Giovanoli ed io
Voi, tacete interrompe il
commissario.
Ma io non sono
un'assassina prorompe la
seconda donna. I miei compagni
sanno tutti quello che valgo e che
sono felice con
Con chi?
Con nessuno signor
commissario. Voglio dire che mi
che mi contento del mio stato
ecco
Ma non si contenta del signor
Negrini, che una vittima nelle sue
mani borbotta Geltrude
implacabile.
A questo punto si ha notizia
delle perquisizioni fatte.
Il signor Negrini non pi
all'albergo. uscito prima delle ore
venti.
E prima dunque che gli attori
giungessero in teatro, avendo agio
cos di nascondersi per compiere il
delitto -esclama il commissario
con visibile compiacimento. La
rivoltella?
Nella camera del signor
Parenti la rivoltella non si trova.
Il povero suggeritore allibisce:
Come, non si trova? Sono certo di
averla lasciata nel cassetto Lo
giuro. Qualcuno l'ha presa sono
innocente
Perquisitelo ordina il
commissario.
Nulla.
La scomparsa del corpo del
delitto non ci impedisce, per
fortuna, di ricostruire il fatto. Ci
troviamo di fronte a due ipotesi
ugualmente attendibili. Da una
parte, abbiamo il suggeritore
Parenti, che potrebbe aver portato
con s la rivoltella, nascondendola
chi sa dove a vendetta compiuta.
Egli si sarebbe poi cacciato in mezzo
ai comici, mettendosi bene in
evidenza a gridare al soccorso, per
costituirsi un alibi
Ma io ho chiamato il
dottore
Non vi permetto di
interrompermi! grida severo il
commissario, e continua: Al
tempo stesso, per, seguiamo le
tracce del signor Negrini, che
avrebbe accusato una malattia
inesistente per rimanere in albergo;
far sparire i gioielli dal cofanetto,
appostandosi poi in tempo sul
palcoscenico, per liberare la
Giovanoli dalla presunta rivale al
cui ruolo di prima donna ella
sembra aspirasse da un pezzo.
Orrore orrore! grida la
signora Giovanoli fuori di s.
Come si pu inventare un'infamia
simile?
Le infamie le commettono gli
assassini come voi
Oh, mamma mia! Io
assassina!
Istigatrice e complice del
delinquente, il che anche peggio!
Violetta Giovanoli, vi dichiaro in
arresto.
Un grido altissimo riempie la
scena; la seconda attrice sviene. I
compagni la soccorrono.
Cielo! Un'altra disgrazia!
Presto Acqua Dottore Dov' il
dottore?
Esce dall'ombra il medico
Poggiali che si trovava in fondo al
palcoscenico in attesa che il
commissario lo licenziasse. Ma,
mentre egli si avvicina alla svenuta,
viene paralizzato da un altro colpo
d'arma da fuoco, che terrorizza gli
astanti; e, subito dopo, s'ode il tonfo
secco di un oggetto pesante caduto
dall'alto nel camerino della morta.
Nell'indescrivibile panico, tutti
urlano, corrono, si urtano tentando
di fuggire
Nessuno si muova impone
al solito il commissario, mentre un
subalterno gli fa osservare come,
per arrivare a quell'altezza, lo
sparatore debba essersi arrampicato
su una inferriata del piano terra, di
cui prima nessuno si era accorto.
Nulla di pi tragico esclama il
commissario: Per un filo il
proiettile non andato a straziare il
corpo di quella disgraziata!
Viene chiesto al trovarobe di
esaminare l'arma.
la rivoltella di Antonio
Parenti questa; non c' dubbio
Il suggeritore accorre e, pur
dovendo ammettere la verit:
Non sono dunque stato io
esclama un po' sollevato.
Il commissario lo guarda con
maggiore indulgenza e pensa
intanto, sbalordito e preoccupato,
all'inattesa complicazione che gli si
presenta.

Dalla scaletta che conduce al


palcoscenico, vengono, intanto,
rumori diversi di passi pesanti; di
voci numerose; di colpi che
sembrano percosse.
Si distinguono le parole: Un
ragazzo Assassino due volte! L'ho
acchiappato in trappola Dagli
furfante.
Che avviene dunque ancora?
Molte persone spingono innanzi un
giovanetto biondo, smilzo, con le
vesti e i capelli in disordine, non
oppone resistenza: una povera
cosa morta che si affloscia sotto i
pugni e gli insulti degli scalmanati
che lo trascinano.
Altro colpo di scena!
Il suggeritore si precipita
esterrefatto presso il presunto
assassino: lo libera a forza dai suoi
persecutori, lo abbraccia, lo bacia, lo
accarezza Oh, Piero! Figlio mio!
Tu! Piero! Piero!
Il palcoscenico diventa una
bolgia un caos un inferno
lui! E l'assassino. Ha sparato due
volte Era arrampicato come un
gatto arrestateli.
E gli attori a dar contro Non
possibile un bambino il
figlio del nostro suggeritore
Vigliacchi! L'avete ferito,
massacrato.
Silenzio! intima con voce
stentorea il commissario E
vedendo il dottor Poggiali
allontanarsi come se fatti tanto
straordinari non lo interessassero
per nulla, lo richiama
autorevolmente: Dottore, scusi,
non vede che questo giovane perde
sangue?
Il dottor Poggiali costretto ad
avvicinarsi ma Piero Parenti si
svincola con insospettata energia
dalle braccia del padre; spalanca e
straluna gli occhi che sembrano
quelli di un demente; fa qualche
passo verso il medico; porta le mani
alla testa con un tremito convulso
di supremo spavento, urlando:
No, no, dottore Piet Ho
obbedito Basta
Il dottor Poggiali tenta di
dominare il ragazzo con lo sguardo;
ma Piero smania come un
indemoniato.
Dottore, per carit
supplica il povero Parenti
pazzo! Me lo salvi
Non nulla, amico mio
risponde Poggiali, uno dei soliti
accessi Ma il suo accento
falso, dimesso, vile, pauroso
Egli capisce che il commissario
indovina ogni cosa.
Il ragazzo, ormai privo di forze,
cade morto al suolo. Sanguina dalla
bocca; ha la fronte madida di freddo
sudore.
Qualcuno gli toghe il fazzoletto
dal taschino della giacca. Ne esce
anche un foglietto sporco e gualcito.
Poche frasi sconnesse scritte a
matita da mano tremante.
Fra tre ore orribile Non
voglio. E pi sotto: Il tempo
passa Egli comanda Assassino
Perch? Mancano pochi minuti
Non andr Babbo, aiutami.
Uno spazio vuoto con traccia di
lagrime e, in fondo al foglio, a
caratteri fermi, si legge: l'ora!
.
Tutti gli sguardi si posano sul
dottor Poggiali il cui volto
cadaverico, le cui labbra tremano, i
cui occhi terribili mandano lampi
d'odio che sembra possano
incenerire.
Il commissario lo scuote
bruscamente per un braccio.
Voi, gli grida sulla faccia
voi avete suggestionato a distanza
questo infelice, armandogli la mano
per compiere il delitto. E siccome
non vi fu possibile allontanarvi da
qui, il vostro potere ipnotico non si
allentato, e la nostra vittima ha
ripetuto nell'identico modo
l'identico gesto. La rivoltella gli
caduta di mano quando lo
trascinarono gi dall'inferriata.
Ah! Infame! Infame! urla
Antonio Parenti disperato. Era il
mio medico, signor commissario,
ma da quando lo affidai alle sue
cure, il mio figliolo peggiorava a
vista d'occhio; diventava sempre pi
sparuto, nervoso, taciturno; aveva
delle crisi isteriche spaventose;
piangeva per un nonnulla; si
abbandonava a collere irragionevoli,
a terrori puerili Ah! maledetto!
Voi facevate dunque strazio di
questo povero ragazzo per i vostri
scopi criminosi dice il
funzionario al dottore. Siete un
abbominevole mostro. Ne renderete
conto alla giustizia!
Tutto ci pazzesco, signor
commissario tenta di opporre
Poggiali. Io ipnotizzatore?!
E feroce assassino, il pi
vigliacco dei briganti: quello che si
nasconde dietro una mano
innocente. Le manette a
quest'uomo.
Il dottore raccoglie le sue forze
per protestare:
ridicolo insensato
arrestarmi Io non conoscevo la
signorina Marlotti. Perch l'avrei
fatta uccidere?
Il perch lo so io interviene
Giovanni Grisenti. La povera
Olga mi raccontava spesso di essere
in attesa di una cospicua eredit,
essendo la pi prossima parente di
un signore olandese molto ricco,
morto intestato. Le chiesi un giorno
se qualcuno poteva contestarle la
successione: No mi rispose; una
sola persona avrebbe diritto ad
ereditare, ma soltanto nel caso che
io non esistessi.
E questa persona come si
chiama? chiede il commissario.
Non ricordo bene, signore, ma
so che si trattava di un uomo e
rammento perfettamente il nome
del notaio di Olga Marlotti. Egli
potr aiutarvi.
Sta bene: ogni dubbio, del
resto, era gi scomparso. Portatelo
via.
E consegna Poggiali agli agenti.
Questi si avviano con l'accusato,
ma intanto si ode la cameriera
Geltrude litigare con la signora
Giovanoli.
Prima che qualcuno giunga a
separarle, l'attrice d un grido di
trionfo, tenendo sollevato un lembo
della veste di Geltrude, sotto la
quale scorge una grossa tasca; una
specie di sacchetto gonfio di piccoli,
solidi oggetti.
Presto, venite tutti! grida la
Giovanoli esultante. -Ecco i gioielli
della prima donna!
Geltrude viene portata alle
carceri insieme al dottor Poggiali,
sotto buona scorta.
Poco dopo il teatro rimane
vuoto, immerso nell'oscurit, come
quando la rappresentazione finita.
Alessandro De Stefani -
Segreto di famiglia

Ho scritto dei romanzi gialli,


delle commedie gialle: cio ho fatto
parlare degli assassini, ho vissuto
per qualche tempo in una certa
dimestichezza con loro, ma non
avevo mai nella realt della vita
sfiorato questa classe di persone.
Quando un giorno, proprio senza
che me l'aspettassi, mi trovai
davanti un uomo coinvolto, sia pure
indirettamente, in un truce fatto di
sangue.
Io ero nel mio studio (erano le
otto della mattina) e stavo
scrivendo a macchina, come il
solito.
La cameriera mi annunci la
visita di un certo signor Ignazio
Ullstein. Non ricordavo d'avere mai
sentito questo nome: dissi che lo
facesse passare. E venne a sedere
nella poltrona davanti a me uno
sconosciuto signore, magro,
distinto, con gli occhiali: un uomo
che poteva avere circa trentacinque
anni.
Scusi se sono venuto a
quest'ora, cominci ma volevo
trovarla ed essere sicuro che fosse
solo. Lei non mi conosce, ma io ho
letto molti libri suoi, ho assistito a
varie commedie. E ho molta stima
del suo ingegno e del suo
buonsenso.
Io abbozzai uno dei soliti gesti
convenzionali quando si odono
simili complimenti e lo pregai di
precisare il pi brevemente
possibile il motivo della sua visita.
Ed allora Ignazio Ullstein precis e
in modo cos brusco che io feci un
sobbalzo.
Mia moglie, disse a
casa mia, in una pozza di sangue.
Assassinata.
Rimasi come intontito.
Sua moglie?
Gi. Lei stupir della mia
calma. Ma oramai sono cinque ore
che abito con quel cadavere, e
allora
Involontariamente pensai che
cinque ore di vicinanza con un
cadavere non sono sufficienti, di
solito, a creare un'abitudine. Ma
non questo che dissi.
E chi l'ha uccisa?
domandai. E poi, scusi, perch
viene a raccontare proprio a me
queste cose?
Le ho detto che ho stima del
suo buonsenso. Ora io sono qui per
un consiglio.
Di che genere?
Pratico. Devo fuggire o
costituirmi?
Come? L'assassino lei?
Per carit!
E allora?
Appunto per questo. Il caso
mi ha posto in una situazione che si
potrebbe definire delicata.
Ma senta, si consigli con un
avvocato. Guardi, c' il mio amico
Romualdi, che autore di
commedie gialle quanto e pi di me
ed anche avvocato Se vuole, ora
gli telefono.
Ho scelto lei.
Ma perch?
Perch abita vicino a casa mia.
E gi che sono qui, mi dia il
consiglio.
Io non vedevo l'ora di
sbarazzarmi di quell'ospite
ingombrante: sar egoismo il mio,
amore del quieto vivere, ma la
presenza li, sulla poltrona del mio
studio, d'uno sconosciuto che aveva
una moglie assassinata a casa, mi
dava un imbarazzo tale che avrei
dato non so che pur di disfarmene.
Allora, senta: se innocente si
costituisca. Se invece
Se sono colpevole scappo?
Non questo che volevo dire.
Prima stia a sentire come
stanno le cose: bisogna che si formi
una idea esatta dei fatti. Chi sa che
le potesse servire.
A me?
Per una commedia, un
romanzo, non so.
Non c'era rimedio: bisognava
sopportarlo.
Mia moglie, disse il signor
Ignazio, ha, o per meglio dire
aveva, 28 anni. Era una bella donna
-. (Che cinismo, pensai tra me,
davanti a quegli imperfetti). Si
chiamava Federica. Ed ricca -. (In
questo caso adoperava il presente.
Esatto: il patrimonio apparteneva
ancora al cadavere non essendo
neanche aperta la successione).
Dico , continuava il vedovo
perch malgrado il nostro
matrimonio, Federica aveva voluto
la separazione dei beni: e siccome io
non ho mai mirato alla sua
sostanza, ho aderito ai suoi desideri.
Del resto io guadagno molto: sono
ingegnere. E ho trovato modo di
produrre l'alluminio artificialmente.
Ma questo un altro discorso.
Appunto dissi io.
Torniamo a sua moglie.
Quando ieri sera sono uscito
di casa
A che ora?
L'interruzione era stata
involontaria: l'abitudine
professionale aveva prevalso sul
mio desiderio di far presto.
Alle nove. Per andare a teatro,
ho lasciato Federica con Giusto.
E chi sarebbe Giusto?
(Accidenti alla curiosit!).
Suo fratello. Oh, un poco di
buono! Era venuto a pranzo da noi,
e non aveva fatto che parlare dei
suoi pasticci finanziari. Credo che
volesse un aiuto, ma Federica mi
aveva preso in disparte per dirmi di
non fargli pi nessun prestito. Non
si faceva che favorire la sua
scioperatezza aiutandolo. Dunque
sono uscito. E sono rincasato alle
tre.
Lungo lo spettacolo, a teatro!
Dopo teatro, sono stato a cena
con amici. Quando sono tornato a
casa ho trovato mia moglie distesa
sul tappeto, morta. Una rivoltellata.
La rivoltella che era poco lontana
dal cadavere era la mia.
Un suicidio?
No: il colpo stato tirato da
una certa distanza. Lo si vede dalla
ferita. E la rivoltella era almeno a
quattro metri da Federica.
E lei dalle tre alle otto non ha
avvertito, non ha telefonato?
Non sapendo ancora che piega
avrebbero preso le cose, ho
riordinato le mie carte e mi sono
preparato ad ogni evenienza.
E il corpo?
Non l'ho toccato: come l'ho
trovato.
Si costituisca. In ogni modo
il partito migliore.
quello che pensavo anch'io.
Mi fermeranno. difficile non
farlo, dati gli indizi che sembrano
gravare su di me; ma meglio
costituirsi.
E lei non ha sospetti su
nessuno?
Io, no.
Quand' rientrato in casa, la
morte di sua moglie sembrava
recente?
Doveva rimontare, almeno
per quanto posso giudicare io, a due
o tre ore.
Allora ha fatto male a non
avvertire subito la polizia: sarebbe
bastato questo elemento per
eliminare ogni sospetto
Che vuole? Uno non pensa a
tutto.
Salut e se ne and. And
realmente a costituirsi, ma
contrariamente alle sue paure non
lo trattennero nemmeno. L'autorit
aveva spiccato mandato di cattura
contro Giusto Collani, fratello della
vittima, la cui posizione era stata
singolarmente aggravata dal
testamento di Federica, la quale
lasciava erede universale del suo
avere proprio questo Giusto, per cui
l'omicidio veniva a trovare anche
una sua causale materiale. La difesa
dell'imputato era singolarmente
incerta: Giusto non sapeva
precisare a che ora era uscito dalla
casa di Federica, a che ora era
rientrato nel proprio albergo, e tutto
lasciava supporre che il processo
dovesse terminare con la sua
condanna.
Poich il caso aveva voluto che
io mi trovassi immischiato in
questa faccenda, tanto che mi
avevano chiamato a deporre in
istruttoria su quanto Ignazio
Ullstein era venuto a dirmi quella
mattina, non ho potuto fare a meno
di continuare ad occuparmi di
questo delitto. E svolsi, a fianco di
quella giudiziaria, una piccola
indagine per conto mio, indagine
letteraria, si capisce, a mio giudizio.
M'informai intanto sulla pretesa
scoperta scientifica dell'ingegnere
Ullstein e sulla possibilit di
ottenere l'alluminio con
procedimenti diversi da quelli in
uso. Tentai inoltre di stabilire che
vita conducesse Federica, prima
della sua tragica fine. Ed ottenni
informazioni discordanti e curiose:
per gli uni era una specie di pazza
violenta, impetuosa, pericolosa, per
altri una infelice sentimentale,
sognatrice distratta. Tutti
concordavano nel ritenerla molto
intelligente. Da varie fonti mi venne
indicato il nome di Mattia Cintra
come quello d'uno tra gli amici di
casa: questo nome mi colp perch
n il marito n il fratello, n il
personale di servit avevano mai
fatto, nel corso dell'istruttoria, il
suo nome: di molti conoscenti s'era
parlato e di quell'uno soltanto, con
un'unanimit curiosa, mai nessuna
parola. Fu proprio per questo che
decisi di andare a trovare e ad
interrogare questo Mattia Cintra.
Non mi fu difficile trovarlo poich
si trattava di Cintra, l'aviatore che
aveva compiuto il raid Roma-Citt
del Capo, un simpatico ragazzo,
pieno di giovanile baldanza e di
entusiasmo. Ebbi con lui un
colloquio di due ore, e
successivamente tornai a trovarlo
varie volte, esponendogli molti dati
di fatto da me raccolti e
accordandomi con lui sulla linea di
condotta da tenere durante il
processo che ormai era imminente.
Se Mattia Cintra non avesse aderito
con tanta pronta comprensione a
quanto io gli suggerivo forse le cose
sarebbero finite diversamente.
Durante il processo la posizione
di Giusto Collani apparve disperata
anche per il suo stesso difensore:
invano il presidente tent di
cavargli di bocca la verit sulla
tragica serata e ormai il pubblico
aspettava l'inevitabile condanna,
quando si verific il fatto nuovo ed
inatteso sotto forma di richiesta di
deposizione da parte di Mattia
Cintra; superate le diverse formalit
di procedura e le opposizioni
interessate, il famoso aviatore sal
sulla pedana dei testimoni e le sue
parole, autorevoli anche per la
persona stessa dalla quale
provenivano, risuonarono nell'aula.
Il signor Giusto Collani tace
per un riserbo che io vi posso
spiegare. La sera dell'11 novembre
egli era in casa di Federica Ullstein:
se ne and a mezzanotte circa. Io
posso testimoniarlo perch quella
sera c'ero anch'io in casa
dell'infelice vittima.
Questa deposizione suscit
mormorio generale di sorpresa. La
condanna che ormai sembrava
sicura si allontan dal capo di
Giusto.
E perch l'imputato non ha
rivelato un elemento di tanta
importanza quale era quello della
presenza d'un terzo ospite quella
sera in casa della signora Ullstein?
Perch Giusto preferiva
lasciarsi condannare piuttosto che
compromettere la memoria della
sorella.
cos, Giusto Collani?
Il silenzio dell'imputato fu la
conferma dell'asserzione
dell'aviatore.
Io non credo invece di
offendere la memoria della signora
Ullstein, la quale aveva dichiarato
tra l'altro di voler procedere ad un
tentativo di divorzio o di
annullamento di matrimonio,
dichiarando che essa era la mia
amante; e che tale sua intenzione
avesse avuto un seguito, io l'avrei
sposata.
E a che ora avete lasciato la
signora, quella notte?
L'ho lasciata alle 2,30 dopo
averla uccisa.
Voi confessate d'averla
uccisa?
S, signor presidente.
L'enorme pubblico che gremiva
l'aula trattenne il respiro preso dalla
drammaticit di quel momento: ma
le sorprese non dovevano ancora
essere finite quel giorno, perch dai
testimoni sorse il marito
costituitosi parte civile a
chiedere:
Con che arma l'avete uccisa?
Con la rivoltella che ho
trovato nel cassetto della biblioteca.
Voi mentite. La rivoltella era
nel cassetto del com in stanza da
letto.
Ecco quel che volevo sapere!
Signor presidente, l'assassino
Ignazio Ullstein, rincasato a
mezzanotte e mezza, quella notte. E
riuscito subito dopo aver commesso
il delitto, per crearsi l'alibi che voi
tutti conoscete. Io l'ho udito
rientrare e mi sono allontanato
dalla porta di servizio.
E allora perch vi siete poco fa
accusato?
Perch volevo che il colpevole
si tradisse e che rivelasse quel
particolare che attendevamo per
smascherarlo. Cos mi aveva
consigliato lo scrittore col quale mi
sono consultato e che potete
interrogare perch presente.
Tocc quindi a me salire sulla
pedana per spiegare come mi fosse
nata la convinzione della
colpevolezza del marito.
Fin dal primo momento,
dissi mi aveva colpito la necessit
che Ignazio Ullstein dimostrava di
far cadere i sospetti sul cognato,
necessit che ha avuto la sua
spiegazione nel testamento della
vittima: Giusto era l'erede, quindi
logica la sua presunta colpa.
Ma perch Ignazio avrebbe
ucciso la moglie?
Non per gelosia, signori, ma
per interesse. Se la sentenza avesse
affermata la responsabilit di
Giusto Collani, come oramai
sembrava certo, costui cessava dalla
sua figura d'erede, per legge, e in
mancanza d'altri parenti la sostanza
di Federica sarebbe passata al
vedovo. E che Ignazio tenesse a
questa sostanza, e non a vendicare
l'onore, come tenter forse di farvi
credere, provato dal fatto che
appena ha vista la possibilit che
Giusto fosse liberato dall'accusa e
cio rimanesse unico erede si
tradito nei confronti di Mattia
Cintra. Ha dimenticato la propria
salvezza nel timore di perdere
l'agognato danaro. Siete venuto da
me, Ignazio Ullstein, quella mattina
per avere in me un alleato che
sostenesse in quest'aula la vostra
buonafede. Non avete scelto bene
perch stato proprio da quella
mattina che io ho cominciato a
sospettare di voi e mi sono
adoperato per stabilire la verit.
Ignazio Ullstein fu condannato a
trent'anni d'ergastolo.
Alessandro De Stefani -
La minaccia nell'ombra

Dove fosse finito, nessuno


l'avrebbe saputo dire. Era sparito
misteriosamente, un giorno. Per un
po' se n'era parlato, tra amici:
s'erano fatte delle deduzioni, delle
ipotesi. Poi, silenzio. E cos, Giulio
Veloci, ritenuto gran conquistatore
di donne, era scomparso dalla scena
civile, per sempre. Quando l'ho
ritrovato, in Africa, nell'interno,
proprietario di una piccola
piantagione di gomma, non sapevo
riconoscerlo: la barba lunga,
dimagrito da un clima tanto diverso
dal suo, dai patimenti.
Come mai, gli chiesi
come mai ti sei esiliato?
Per la lettera d'una donna
mi rispose con un sospiro
quell'infelice. Oramai a te posso
dire tutto, tutta la verit. Sono
troppo lontano dal vostro mondo
per avere ancora degli scrupoli.
Ricordi Anna Fondi?
La ricordavo benissimo: era una
signora di gran linea, molto in vista,
molto corteggiata, e sapevo che
infatti era stata per vario tempo
l'amica di Giulio. Nessuno aveva
mai capito il perch: ma le donne
hanno di queste aberrazioni.
Ebbene, Anna, quand'era stata
lontana da me, in quel periodo, mi
aveva scritto varie lettere d'amore.
Io sono qui, al Tropico, per quelle
lettere. Cose da non credere.
Quando la nostra amicizia finita,
quelle lettere sono rimaste,
regolarmente legate, e ancora
impregnate dal profumo di lei, tra le
mie cose care e segrete, ben chiuse
in un armadietto, dove avevo la
rivoltella, il passaporto, il libretto
degli assegni. Un giorno qualcuno,
durante la mia assenza, entra in
casa mia, butta tutto a soqquadro e
ruba quelle lettere, soltanto quelle
lettere: non una lira, non una spilla.
Quelle lettere!
Ebbene? Sar stato un
collezionista.
In principio mi sono stupito,
poi ho alzato le spalle. Dopo tutto
non erano firmate che col nome di
Anna; ci sono tante Anne a questo
mondo. E non ci ho pensato pi
Devi sapere che in quei tempi era
accaduta una cosa piuttosto insolita
nel mondo elegante: Anna Fondi
s'era innamorata di suo marito. La
cosa era andata cos: Andrea Fondi,
uomo magro, gran lavoratore,
proprietario di una fonderia, aveva
una passione vivissima per la
caccia. Invitato a una battuta al
cinghiale, in Abruzzo, aveva avuto la
disgrazia, per errore, di uccidere un
compagno. La cosa fece un gran
rumore. Naturalmente corse voce
che l'incidente non fosse casuale
come si voleva far credere, che
c'erano privati rancori tra il Fondi e
la vittima, e l'autorit fu investita
delle indagini che stabilirono in
modo assoluto la perfetta innocenza
dell'uccisore. Fu in seguito a questo
disgraziato episodio che Anna si
prese, in modo improvviso, curioso
e appassionato, del proprio marito.
Partirono per un lungo viaggio,
insieme, una specie di viaggio di
nozze in ritardo. E durante questo
viaggio, per la prima volta, Andrea
aveva interrogato la moglie sul suo
passato, l'aveva frugata con
domande incalzanti: e Anna decisa a
difendere a ogni costo la propria
felicit, aveva negato tutto. Questo
l'ho saputo da lei. Non ho mai
avuto amanti.
Bada, se mentisci, se so che hai
mentito, guai. Tutto finito tra di
noi. Fu per questo che, appena
tornata, Anna ebbe una sola idea:
riavere le lettere scritte a me,
distruggerle. L'esistenza di quelle
lettere era diventata come un
incubo, rappresentava la costante
minaccia alla sua felicit. La lettera
un documento: si fidava di me,
sapeva che ero un gentiluomo, ma
una disgrazia pu succedere, uno
smarrimento
Mi scrisse dunque dove avrei
dovuto portargliele: alle undici al
Giardino Zoologico, padiglione dei
rettili.
Anna giunse con dieci minuti
di ritardo: camminava in fretta,
guardava se qualcuno l'avesse
seguita. Aveva paura si potesse
credere a un appuntamento. Non mi
salut nemmeno. Mi disse,
tendendo la mano per richiesta:
Date le lettere.
Io non sapevo come spiegare.
Anna non mi lasci parlare:
Non le avete?.
Non le ho pi.
La donna ebbe uno scatto
d'indignazione.
Me le hanno rubate. Due
settimane fa. La porta
dell'appartamento aperta. L'armadio
della stanza da letto forzato. E l
mancavano proprio le vostre lettere,
niente altro che le vostre lettere.
Tutto il resto intatto.
Sparite? Rubate? Ma come?
Chi? Non avete una idea?.
Nessuna. E vi pare il caso
che io denunci alla questura questo
furto?.
Anna rimase perplessa:
evidentemente qualcuno che
sapeva, o che immaginava, aveva
fatto il colpo per poi tentare un
ricatto con lei. Suo marito era
ricchissimo. Logico. C'era da fare un
grosso colpo. E al sicuro. Il ladro
pensava certamente che non
sarebbe stato denunciato un furto
di lettere d'amore.
Non c' che da aspettare.
E se ne and. Ma appena a
casa, appena passato il primo
impeto di risentimento pratico,
cominci a riflettere: e sent
intollerabile il pensiero che quelle
sue lettere, quelle frasi delle quali
ora arrossiva anche solo al ricordo,
potessero essere lette da chiss chi.
E i baci ch'essa diede al marito,
nella paura di perderlo, sotto il
pericolo di quella oscura minaccia,
furono certo pi ardenti, pi
convulsi che mai. Perch poteva
anche darsi che si trattasse d'una
vendetta, di qualche innamorato
respinto che ora avrebbe spedito
quelle lettere ad Andrea. Sarebbe
stato perdere Andrea! Non era un
marito che perdonasse, quello!
Tutto questo venne a
raccontarmelo. E se il ricattatore
avesse preteso da Anna, per
restituire quelle lettere, delle
compiacenze amorose? Essa
rabbrividiva.
Invece si trattava di denaro,
soltanto di denaro. E la prova fu un
sibillino biglietto che mi giunse e
che diceva: Se ci tenete a riavere
quel che vi stato portato via,
spedite un assegno di 10.000 lire al
portatore a questo indirizzo: casella
postale 623. Avrete per posta
quanto v'interessa.
Io comunicai ad Anna il testo
della lettera e chiesi consiglio. Si
poteva, ora, avvertire la polizia, far
controllare la casella postale 623.
Anna me lo viet: sarebbe stato
come provocare lo scandalo.
L'individuo avrebbe parlato, fatto
vedere le lettere. No: meglio cedere.
Non c'era altro da fare. Essa si
offerse d'intervenire per il
pagamento della somma, ma io non
lo permisi. Diecimila lire erano un
sacrificio per me, ma poich Anna
mi aveva detto di farlo, non esitai.
Spedii l'assegno, non senza un
segreto timore che nulla mi sarebbe
stato mandato in cambio. Invece
qualcosa giunse, due giorni dopo:
una lettera, una delle quindici che
formavano il pacchetto rubato, una
sola. Io l'annunciai con angoscia ad
Anna e poi le feci avere quell'unica
lettera che mi era costata diecimila
lire. Anna non disse nulla: la bruci.
Ma quando le telefonai d'aver
ricevuto un'altra ingiunzione e che
questa volta ero deciso a ricorrere
all'autorit, corse da me, affannata,
spaventata: l'ingiunzione diceva che
se altre diecimila lire non fossero
mandate al solito indirizzo quei
documenti sarebbero stati
consegnati al comm. Fondi. Io non
sapevo come fare, anche volendo, a
soddisfare quella richiesta. Anna
pianse, mi scongiur, offr i propri
anelli. Non volli accettare nulla.
Feci un debito, firmai una cambiale,
pagai ed ebbi, come l'altra volta, una
lettera, una sola. Le richieste si
susseguirono cos, una dopo l'altra,
sempre pi minacciose. Una volta,
in seguito a un ritardo nel
versamento, Andrea, il marito di
Anna, ebbe una convocazione
misteriosa a un abboccamento e ne
fece parola, sorpreso, ad Anna che
corse ancora da me. In un modo o
nell'altro si riusc a spedire la
somma richiesta Ma io non avevo
pi risorse: le scadenze delle prime
cambiali si avvicinavano, fatali. E le
ultime terribili richieste di denaro
piovevano inesorabili.
Oramai non c' pi che una
lettera in giro mormorava
disperata Anna.
E l'ultima rata venne
spedita. Ansiosamente, entrambi
aspettammo la restituzione
dell'ultima lettera, la pi
compromettente, ma l'ultima.
L'incubo sarebbe finito! E la lettera
giunse, ma tagliata: era met della
lettera. La seconda met, quella che
conteneva le frasi pi ardenti, era
stata conservata dal ricattatore.
Delusi, disperati, rimanemmo
entrambi silenziosi. Era il crollo.
Ero schiantato: a questo
aggiungi l'inesplicabile, unanime
ostinazione bancaria a non voler
concedere rinnovi alle mie cambiali
in scadenza. Pareva che tutto
obbedisse a una parola d'ordine di
condanna senza piet. E un giorno,
messo al bivio tra il suicidio e
l'esilio, son partito: oramai ero un
uomo rovinato. Son venuto qui, a
rifarmi una vita.
Io lo guardai con pena. E non
ha mai saputo chi fosse il ladro
ricattatore?
Giulio scosse la testa. Mai!

Tornato in patria ebbi occasione


d'incontrare Anna Fondi e con
discrezione trovai modo di dirle del
mio incontro africano.
Pover'uomo aggiunsi.
Finito! E m'ha raccontato la tragica
storia che lo ha sospinto a questo
suicidio morale.
Si? mi rispose con uno
sguardo metallico la donna. E
pensare che egli ha fatto tanto per
salvare quella donna, per impedire
che quelle lettere giungessero a
quel marito E la moglie essa
parlava in terza persona ignorando
che io conoscevo i nomi dopo
trov che il proprietario di quella
cassetta postale era proprio il
marito: le lettere erano dunque
tutte, da principio, in mano sua.
E sapete se quel marito ne
abbia usato contro la moglie?
Non le disse mai una parola.
Ci sono vendette che uccidono
pi lentamente d'un colpo di pistola
ma in modo altrettanto tragico.
Luciano Folgore - Il
Castello Acustico

Appena giunto al castello il


detective Arthur Nob venne subito
condotto alla presenza di Sir
William Faldstool.
L'ingresso non fu trionfale.
L'agente privato teneva nella mano
sinistra un ridicolo tubino e nella
destra una grossa margherita.
Sir William squadr il nuovo
arrivato e considerandone l'aria
indecisa, gli occhi miopi e il fare
impacciato, pens: Ecco l'uomo
che proprio non ci voleva!.
Arthur Nob s'inchin
goffamente e sorrise. Poi annus il
fiore e disse: Il peggio non
morto mai.
Pu darsi, brontol il
castellano. Ma considerato che vi
manda il mio vecchio amico
Shower, ritengo che voi siate il
miglior segugio della sua agenzia.
Prego, fece il detective io
non sono n il primo venuto, n
l'ultimo arrivato. Per la signorina
vostra figlia ha torto di tormentare
le proprie labbra con delle smorfie
sprezzanti. A lungo andare finir
per rovinarsi la linea della bocca che
veramente leggiadra.
Ketty, sdraiata in una vasta
poltrona di pelle, mormor in tono
canzonatorio: Se dovessi
manifestare con tutta sincerit il
mio parere sul conto vostro
Lo so, direste ch'io
rappresento il tipo del semidiota.
Non cos?
Precisamente.
Ebbene vi sbagliate. Ma
sbagliando s'impara. E voi saprete
subito che siete troppo generosa nel
giudicare un individuo del mio
stampo. Figuratevi che i miei
colleghi mi chiamano l'imbecille
superlativo. Difatti io accoppio a
una stupidaggine congenita una
faciloneria imperterrita.
Ci volete prendere in giro?
proruppe seccato Sir William.
Tutt'altro. Essendo un
orecchiante dell'arte poliziesca
credo che qui trover il pane per i
miei timpani.
Sarebbe a dire? sbuff
Ketty.
Non siamo forse in un
maniero soprannominato il Castello
Acustico? Lo avete scritto voi stessa
al mio principale Shower. E lui ha
subito deciso che Arthur Nob,
l'uomo che conosce ad orecchio la
musica dei maestri Sherlock
Holmes, Nat Pinkerton e altri
contrappuntisti del genere, era
l'unico che avrebbe potuto sentir
chiaro nella sconcertante faccenda.
Il resto verr da s. Prego, miss
Ketty, volete farmi la cortesia di
sfogliare questa margherita?
La signorina prese
macchinalmente il fiore e guard il
detective con aria interrogativa.
Costui insist: Sfogliate,
sfogliate pure! Recitando la formula
di rito Pensate a Giorgio Racker e
dite: M'ama non m'ama
m'ama molto poco., niente
affatto.
Ma possibile che mentre il
nostro ospite si trova in una
situazione disperata io mi
abbandoni a simili stupidaggini?
La stupidaggine spesso
l'imballaggio della verit e del buon
senso. Signorina, abbiate fiducia
nell'oroscopo.
Ketty a malincuore strapp ad
uno ad uno i petali del fiore e
coron l'opera con un Niente
affatto che la fece trasalire.
Vedete, osserv Arthur Nob
Giorgio Racker non vi vuole
punto bene. E le margherite non
smentiscono mai. Sir William,
chiamate subito il maggiordomo e
ditegli che non si origlia alle porte
con le scarpe nuove. Il cuoio non
ancora abituato a sopportare in
silenzio il nervosismo dei piedi, si
tradisce con uno scricchiolio
rivelatore.
Il castellano corse verso l'uscio,
lo spalanc e vide in fondo al
corridoio Charly che cercava di
svignarsela.
Gli intim di tornare indietro.
Lo redargu: Cosa facevate dietro
la porta?
Siccome il t pronto da un
pezzo pensavo di avvertire le loro
Signorie. Visto per che la seduta
non era finita
Arthur Nob lo interruppe e
chiese a Sir Faldstool: molto
tempo che questo maggiordomo ha
la voce cos afona?
Non saprei. Quando entrato
al mio servizio, tre giorni fa, parlava
gi in questo modo. Posso mandarlo
via?
Tra ventiquattro ore.
Non volevo dire licenziarlo!
Ma lo dico io. Per adesso
ordinategli di portarci il t e
consigliategli, nell'interesse del
vasellame, di non usare una mano
sola per sostenere il vassoio. Certi
giuochi di equilibrio sono pericolosi
quando si ha una pancia oltremodo
imbottita.
Charly non si scompose, lanci
un'occhiata di compassione al
detective dall'aria imbambolata e si
ritir.
Arthur Nob fece:
Ricapitoliamo. Venerd scorso,
preannunziato da un telegramma,
arrivato il signor Giorgio Racker.
Voi l'avete mandato a prendere alla
stazione dal vostro vero
maggiordomo. Mi pare che si
chiami Gregory. S? Sta bene.
L'ospite appena sceso dal treno ha
rifiutato la carrozza. Ha detto che
una passeggiata di poco pi di
mezzo chilometro attraverso il
parco gli sarebbe servita per
sgranchire le gambe. Imbruniva. Il
giovanotto, guidato da Gregory, ha
preso il sentiero erboso che
serpeggia tra gli alberi. A un certo
punto, secondo la versione non
ancora precisa ma attendibile del
maggiordomo, si sentito un
fruscio di foglie e da dietro un
tronco venuta una voce sorda che
ha detto: Alto l, altrimenti
sparo. Racker che sembra
coraggioso
Lo sicuramente mormor
Ketty. Mi ha salvato da tre
manigoldi che in una strada di
Calcutta volevano derubarmi.
Gliene sar riconoscente per tutta
la vita.
Speriamo di no. La vita
molto lunga.
Perch fate l'uccello del
malaugurio?
Perch sono veramente
imbecille e presto fede pi alle
margherite che agli uomini.
Torniamo al fatto. Giorgio Racker,
per nulla intimidito, si diretto
verso l'albero da cui veniva la voce.
La minaccia si ripetuta: Non
muovetevi, per Satanasso, o avrete
una palla nel cranio.
La sera era gi scesa. Non ci si
vedeva a due passi di distanza. Il
giovanotto come conscio di un
grave pericolo si rivolto a Gregory
e gli ha detto: Buon uomo in
guardia. Presto! Abbassate la testa.
Il maggiordomo non ha fatto
in tempo. Secondo la sua versione,
non ancora precisa ma attendibile,
stato investito da qualcosa di
vaporoso e di narcotizzante. Ha
traballato, ha gridato Aiuto!, poi
stato colpito in mezzo al cranio da
un oggetto (molto duro, dice lui.
Uno sfollagente di guttaperga. Non
pu essere altro), ed caduto al
suolo esanime. Dopo un'ora i servi
del castello lo hanno trovato
svenuto in mezzo agli alberi.
Accanto a lui v'era la valigia
dell'ospite aperta e manomessa, pi
in l il vestito abbastanza frusto di
Giorgio Racker e del giovanotto
neppure la traccia. Vero?
La versione esattissima e i
particolari precisi ammise Sir
William. Come avete fatto a
raccogliere queste informazioni?
Ho parlato strada facendo con
Charly, il quale, pur essendo afono,
terribilmente verboso e
documentato.
Gi! Al castello la servit non
fa che discutere di questo da tre
giorni. Se io non avessi alcuna
fiducia in Scotland Yard, e non
trovassi la faccenda un po' troppo
paradossale, a quest'ora i giornali
abbonderebbero di argomentazioni
pi o meno strampalate intorno al
mistero del Castello Acustico.
Siate pi franco. Non volete
che il vostro maniero diventi
oggetto di curiosit e di studio. E
poi non amate lo scandalo. Per
mille sterline, sono mille sterline.
Sapete anche questo!
Naturalmente! Giorgio Racker
dopo quarantotto ore di silenzio si
rifatto vivo.
Con la voce soltanto. Una
voce fioca e lontana che veniva dal
fondo di un cunicolo e domandava
soccorso. Chiedeva a nome dei suoi
rapitori il prezzo del riscatto: mille
sterline. Da lasciare presso la
vecchia fontana, all'angolo sud-
ovest del parco. Niente biglietti
contrassegnati e niente tranelli.
Ho capito. Signorina Ketty,
volete descrivermi il vostro
fidanzato?
Sir William protest: Ma che
fidanzato!
Ketty intervenne: S, pap. Il
signor Nob ha ragione, io e Giorgio
ci siamo fidanzati! Tu dirai che non
basta un colloquio di due ore per
conoscersi a fondo. Ma ci siamo
scritti. Abbiamo le stesse vedute e
gli stessi gusti.
Signorina, questo non ha
importanza. Insisto per la
descrizione del giovanotto. Dal lato
fisico, s'intende.
Di media statura, magro,
bruno, occhi neri e una piccola
voglia di caff sulla guancia sinistra,
vicino all'orecchio.
Grazie. Sir Faldstool, per
favore che ne pensate del vostro
maggiordomo Gregory?
Lo ritengo un servitore fedele,
ma stravagante. Credo che sia anche
sonnambulo.
Ah! E dove avete ingaggiato
quella specie di surrogato che si
chiama Charly?
Si presentato ieri mattina al
castello, mi ha offerto i suoi servizi.
Aveva una commendatizia di Lord
Harvest. L'ho assunto
temporaneamente, fintanto che
Gregory non si sar ristabilito.
Avete una pianta del castello?
S, nella mia camera da letto.
Posso vederla?
Vado a prenderla io stesso,
subito.
Sir William usc dalla stanza.
Ritorner a mani vuote
sentenzi Arthur Nob.
Ma via! fece Ketty. A chi
pu interessare la descrizione
topografica di questo maledetto
castello?
Uhm! Forse avete ragione.
Per la pianta deve essere sparita.
Infatti il castellano rientr
gridando: Per Giove! La carta non
pi al suo posto. Non basta. Ho
trovato Gregory nell'anticamera del
mio appartamento steso a terra.
Delirava
Arthur Nob alz le spalle e disse:
Chiamate Charly e ordinategli di
condurci verso il cunicolo da dove
venuta la voce di Giorgio Racker.
Ma posso farlo io!
Ho bisogno del nuovo
maggiordomo!

Il Castello Acustico, costruito


due secoli prima da Henry
Faldstool, un celebre fisico del
Settecento, aveva delle strane
particolarit. Situato sopra un
terreno che nascondeva nel
sottosuolo roccioso un labirinto di
grotte e di gallerie non del tutto
esplorate e che sbucavano chi sa
dove, il Castello risuonava di voci e
di rumori lontani e misteriosi.
Talvolta nella sala maggiore si udiva
lo stormire delle fronde degli alberi
del parco, il canto dell'usignolo e il
vocione del fabbro ferraio che
cantava sull'uscio della propria
bottega a tre chilometri di distanza.
Gli echi di certi corridoi si
riempivano di schiamazzi infantili
che cessavano ad un tratto.
Nell'armeria si udiva all'alba il
chicchirich d'un gallo moltiplicato
per dieci, eppure il castello non
possedeva un pollaio. I suoni e i
rumori venivano da chi sa dove,
forse dal villaggio situato ai piedi
della collina che si intravedeva in
lontananza, attraverso le cime degli
alberi secolari. Il fenomeno acustico
studiato e sfruttato dal costruttore
del castello, aveva qualcosa di
sinistro e di impressionante. La
sonorit delle grotte e delle gallerie
ingigantiva i rumori pi
impercettibili e poteva darsi
benissimo che Giorgio Racker
prigioniero in qualche angolo
remoto del sottosuolo, facesse udire
la voce anche a un miglio di
distanza.
Arthur Nob chiese a Charly:
Foste voi a sentire per il primo
l'appello disperato dell'ospite
scomparso?
S. Una cosa terrorizzante.
Sono corso subito ad avvertire Sir
William e la signorina.
Che ne pensate, se
chiamassimo, il prigioniero
risponderebbe?
Non so. Possiamo provare.
Entrarono tutti in una specie di
androne cieco, dal soffitto di
mattoni umidi e adorni di ragnatele.
In fondo vi era il cunicolo.
Il detective grid: Giorgio
Racker!
Silenzio.
La domanda venne ripetuta.
Dopo qualche secondo una voce
fievole e angosciata rispose
attraverso la buia apertura cos
stretta che non ci sarebbe passato
neppure il gatto dell'apocalisse:
Aiuto! Che martirio! Le mille
sterline! Le mille sterline!
Altrimenti finita.
Ketty cominci a tremare e si
appoggi al padre. Anche Charly,
che teneva in mano la torcia
elettrica, sembrava impaurito da
quel richiamo disperato.
Sir William chiese: Dove
siete?
La voce: Non posso dirlo! Mi
torturano! Il prezzo del riscatto Al
posto convenuto Domattina alle
dieci Dopo dodici ore sar libero
Piet!
Arthur Nob in quel momento
impugn la sua lampadina tascabile
e illumin rapidamente il viso dei
presenti. Aggrott le sopracciglia,
poi disse: Racker, alle dieci di
domani torneremo qui e parleremo
ancora.
La voce: Assassini!
Assassini!
Ketty fu presa da una crisi di
nervi. Sir William la condusse fuori
dell'androne cercando di calmarla.
Ma ella si dibatteva e gridava:
Pap, salvalo! Paga le mille sterline!
Quest'idiota d'un detective rovina
tutto. Mandalo via, mandalo via!
Il padre riusc finalmente a
tranquillizzarla con una promessa
solenne.
Arthur Nob per nulla
impressionato fischiettava. Quando
la ragazza cess di agitarsi le disse
in tono misterioso: Mi pare che
andiate meglio ora. Ebbene,
raccontatemi la scena
dell'aggressione a Calcutta e le
confidenze che avete fatto al vostro
salvatore. Naturalmente lo avrete
informato della vostra vita e della
vostra situazione finanziaria?
Ketty narr la storia con
abbondanza di particolari, interrotta
di tanto in tanto dal detective che
esclamava: Ma guarda un po'!
Sir William appariva seccato.
Brontolava: meglio finirla
presto con questa lugubre e noiosa
faccenda.
Charly prepar la cena nello
studio del castellano. I tre
mangiarono in silenzio. Dopo la
frutta il detective si prese il mento
fra le dita e mormor: La voglia
di caff!
Desiderate un caff?
domand l'ospite.
No, no! La voglia di caff per
domattina alle dieci.
Padre e figlia si scambiarono
uno sguardo intelligente ma
desolato.
Nel congedarsi, Arthur Nob
disse agli ospiti: Non mettetevi in
testa che io questa notte
camminer in punta di piedi per i
corridoi del castello o andr a fare
un giro d'ispezione nel parco. Vi
confesso che un incontro col
manovratore di tutto questo
grottesco imbroglio, mi riuscirebbe
poco gradito. Si tratta di un tipo
robusto, agile e senza scrupoli,
capace di accopparmi con un paio di
pugni. Al contrario chiuder a
chiave la mia camera, sprangher le
finestre e, Dio vuole, far una bella
dormita. Il proverbio dice: La
fortuna viene dormendo. E i
proverbi non sbagliano mai. Buona
notte.
Sir William e sua figlia per tutta
risposta gli sbatterono sul muso gli
usci delle loro stanze. L'orologio del
villaggio suonava le dieci e i
rintocchi leggeri, bench vibrassero
a pi di tre chilometri di distanza,
sembrava venissero dal salone
soprastante. Nessuno vi fece caso. Il
fenomeno era una delle solite
particolarit del Castello Acustico.

L'indomani verso le dieci Arthur


Nob entr nell'appartamento di Sir
Faldstool. Il vecchio gentiluomo e la
sua ereditiera erano gi pronti. Il
detective fece chiamare Charly. Gli
domand: Il tempo buono?
Buonissimo signore.
E Gregory si ristabilito?
Non mi pare. La febbre
sempre alta.
Peccato! Ad ogni modo la
vostra muscolatura come va?
Il nuovo maggiordomo rispose
imbarazzato: I miei muscoli un
tempo, s, andavano bene, ma ora,
l'inerzia
Il detective tagli corto: Sir
William, avete un paio di servitori
robusti? S? Potete metterli a mia
disposizione? Ottimamente! Charly,
fateli salire.
Poco dopo sopraggiunsero il
cantiniere e il giardiniere: due pezzi
di scozzesi di un metro e novanta di
statura.
Arthur Nob confabul a bassa
voce con loro. Diede degli ordini che
sembrarono ai due se non proprio
fuori luogo per lo meno
irriguardevoli. Per non li
discussero affatto. Si dichiararono
pronti a eseguirli.
E adesso disse l'agente
privato rechiamoci al cunicolo
misterioso.
Il castellano obbiett: La mia
presenza proprio necessaria?
Arthur Nob rispose: Sir
Faldstool, non fate scherzi! Io
debbo mostrare alla signorina
Ketty, che crede a tante cose, meno
che alle margherite, e soprattutto a
voi, fin dove arriva la imbecillit
umana. In marcia dunque.
Dopo qualche minuto il gruppo
dei sei era disposto a semicerchio,
nell'androne cieco, in cui sboccava il
tragico portavoce di Racker.
Ketty e Sir William
fiancheggiavano il detective, e i due
scozzesi, alle costole di Charly, si
tenevano pronti per ogni evenienza.
Il rumore dei loro passi parve
destare la voce del prigioniero. Dal
cunicolo vennero queste dolenti
parole: Non ne posso pi! Avete
portato le mille sterline? Signorina
Ketty, volete rivedermi vivo?
La ragazza stava per prorompere
in un grido, ma la mano di Arthur
Nob le chiuse la bocca. In quel
momento, una voce diversa dalla
prima, ma altrettanto lontana ed
enigmatica fece: La commedia
durata abbastanza! Strappate le
fedine e i baffi di Charly e vedrete
ricomparire la voglia di caff.
Il cantiniere e il giardiniere in
men che non si dica si gettarono sul
maggiordomo e gli sbarazzarono
subito la faccia dei peli superflui e
posticci. Poi afferrarono saldamente
per le braccia il mistificatore.
Ketty riconobbe il suo fidanzato
sotto le spoglie del finto
maggiordomo. Giorgio Racker
balbett allibita.
Ventriloquo di mestiere,
trasformista di professione e
cacciatore di dote a tempo perso,
aggiunse Arthur Nob. Mi diletto
anch'io di ventriloquia e ho
scoperto immediatamente il trucco.
Approfittando della semioscurit di
questo luogo e giuocando sulle
possibilit acustiche del castello, il
nominato Racker ha inscenato la
commedia. Mille sterline, tanto per
cominciare. Aveva bisogno di
presentarsi con una certa pompa
per far colpo su Sir William. Il resto
chiaro, e adesso scaraventatelo
fuori e rompetegli le ossa se non
traversa di corsa il parco. E tutto ci
perch il signore del castello non
ama lo scandalo e la signorina Ketty
troppo mortificata per essersi
lasciata raggirare da un lestofante
simile. Dico bene, Sir Faldstool? Se
sbaglio, correggetemi. Per
convenite con me che un detective
privato pu permettersi il lusso di
apparire un imbecille superlativo,
mentre un delinquente occasionale
deve guardarsi dall'abusare troppo
della dabbenaggine altrui.
Cinquanta ghinee per il disturbo e
una buona tazza di Moka: dicono
che il caff ecciti l'intelligenza, ma
in questo mondo l'intelligenza serve
molto meno di quel che si crede.
Quindi io della materia grigia me ne
valgo, in generale, a cose fatte.
una cretineria, lo so, per sinanco
mia moglie, che la furberia in
persona, non passa giorno che non
mi dica: Pare impossibile. Sei
veramente scemo, eppure hai
sempre ragione tu!.
Guglielmo Giannini -
Margaret! Margaret!!
Margaret!!!

Pu capitare a tutti di passare


una notte in guardina, voltarsi e
rivoltarsi sul tavolaccio invano
tentando di trovare una posizione
meno fastidiosa. A degli ottimi
cittadini accaduta un'avventura
simile: niente di strano che anche
allo studente Orazio Bixby possa
succedere. Ma che dico allo
studente? All'ex studente. Da ieri
alle sedici Orazio Bixby non pi
studente: la campana ha suonato a
proclamazione anche per lui. Un
tocco non troppo forte, un breve
squillo argentino, e l'ex studente
diventato un dottore in scienze
sociali. La gioia del successo, il
pensiero di non dover pensare pi
su quei libracci, qualche sterlina in
tasca, una cena stupenda, alcuni
bicchieri, avevano messo il neo
dottor Bixby in uno stato di euforia
che, accentuandosi oltre i limiti
tollerabili anche in periodi di esami,
l'aveva portato dritto dritto fra le
braccia d'un paio d'agenti e quindi
in camera di sicurezza.
Era tanto che volevo rompere
un fanale con un buon sasso si
ripeteva Orazio svegliandosi e
rivoltandosi sul materasso di dura
quercia ma non avrei mai creduto
che il governo se ne sarebbe offeso
fino a questo punto.
Cadde in un sonno di piombo
che dur alcune ore, e da cui si
svegli tutto indolenzito, convinto
d'aver dormito solo qualche minuto.
Un orologio lontano finiva di
battere le ore: Orazio non aveva
fatto a tempo a cominciare a
contarle.
Apr gli occhi del tutto sentendo
di non essere pi solo. Una larga
faccia lucida e ridente, di color
rosso mattone su tutta la superficie
eccettuato un breve circoletto
bruno-azzurrognolo intorno
all'occhio sinistro, si mostrava
dall'altro lato del tavolaccio,
ergentesi su un busto erculeo, a
stento contenuto da una maglia
scarlatta, rotta in molti punti.
Buongiorno disse la faccia.
Buongiorno rispose
cortesemente Bixby. Che ora ?
Le nove.
Le nove?
Le nove.
Davvero le nove?
Davvero le nove.
La conversazione diventava
monotona, e Orazio se ne rese
conto.
Se davvero sono le nove
disse dopo una pausa durante la
quale si sforz di raccogliere le idee
che gli turbinavano in quanto gli era
rimasto di cervello devo pensare
che non possono essere le nove di
ieri, ma quelle di domani.
N di ieri n di domani
rispose la faccia ma di oggi.
Evidentemente aggiunse dopo
una ventina di secondi d'esitazione
siete ancora ubriaco.
Forse. Quando credete che
potremo uscire di qui?
Ah, io fra mezz'ora.
Ed io?
Fra tre mesi, credo.
Tre mesi?
Eh gi: la tariffa solita per
chi vuole prendersi il gusto di
picchiare un agente.
Io ho picchiato un agente?
Ne avete picchiati due: ma il
conto lo stesso. Non c' cumulo di
pena.
Orazio si freg gli occhi. Tre
mesi Ora ricordava a poco a poco
e gli pareva d'aver esagerato. I pugni
gli dolevano. Tre mesi Tent di
spiegare al coinquilino che non
ricordava, che il vino bianco era
traditore, che un esame di laurea
superato a passo di carica pu
condurre il miglior cittadino ad
estremi deplorevoli.
La faccia non cess un istante di
sorridere, poi parl, interrompendo.
Tutte belle ragioni, e nessuno
le comprende pi di me. Ma il
giudice di polizia non considera
l'ubriachezza come attenuante, anzi.
Vi consiglio di non dir nulla senza
aver prima parlato con il vostro
difensore, altrimenti i tre mesi
possono crescere.
In questo s'apri la porta.
Jim Carrigan disse l'agente
apparso sulla soglia.
Presente rispose la faccia.
Arrivederci e buona fortuna
aggiunse alzandosi e salutando
Orazio.
Orazio Bixby continu
l'agente.
Orazio si lev a sedere.
Dite a me? chiese.
Vi chiamate Orazio Bixby?
disse l'agente.
S.
E allora rispondete presente.
Presente.
Alzatevi e venite dal
commissario.
Ah, esce anche lui? chiese
la faccia.
Certo, rispose l'agente c'
l'amnistia.

Due erano stati i grandi


avvenimenti che avevano avuto
luogo il giorno prima. Uno l'esame
con annessa sbornia e gran partita
di pugilato con i rappresentanti
dell'autorit, l'altro il giubileo reale.
L'amnistia era stata concessa per il
secondo. Tutti i reati punibili con
un massimo di pena di cinque anni
ci rientravano. Orazio Bixby, ritirata
la cravatta, le bretelle, le stringhe e
tutto quant'altro gli era stato
precauzionalmente tolto dalla
polizia, percorreva a gran passi la
via di casa, contentissimo del
divertimento che s'era concesso e
che aveva pagato cos poco.
Abitava in due stanzette al
pianterreno di un grande edificio ai
margini dell'East End, ammobiliate
modestamente ma tenute con una
certa propriet da una vedova che
gliele subaffittava. Viveva da dieci
mesi in quel rifugio, accudito
abbastanza amorevolmente dalla
vedova, Marjorie Hopkins, dalla
signorina Margaret, figlia della
vedova, e da Peter More, bizzarro
individuo sulla cinquantina, mezzo
cameriere, mezzo cuoco, cieco
dell'occhio sinistro, che aiutava le
due padrone di casa nelle faccende
domestiche.
Giunto a casa Orazio mise la
chiave nella serratura e fece la
solita serie di movimenti in seguito
ai quali da dieci mesi s'apriva quella
porta. Era abituato a rientrare a
tutte le ore, ma non aveva mai fatto
l'esperimento di ritirarsi alle dieci
del mattino, ed era un po'
preoccupato per le domande che
prevedeva e per le risposte che
avrebbe dovuto dare.
Ma con sua grande sorpresa la
serratura resistette alla pressione
della chiave, e la porta non s'apr.
Orazio tent di spingerla, di
scuoterla, poi picchi prima con le
nocche, poi col pugno, poi un altro,
quindi una serie di calci. Gli era
salito il sangue alla testa, come si
suol dire. L'impetuosit del suo
carattere, per nulla modificata
dall'avventura della vigilia,
riprendeva il sopravvento. Cominci
a lavorare di spalle, gettandosi con
tutta la forza contro la porta che
resisteva scricchiolando.
La portinaia s'affacci al rumore.
Ah, siete voi, signor Orazio,
brontol non v'avevo visto
entrare. inutile far tanto chiasso.
La vostra roba qui.
La mia roba?
S, l'ho io. Il baule, la valigia
ed i libri.
E perch l'avete voi?
Oh bella perch la signora
Hopkins non vuole pi aver
nessuno in casa. Ha detto che
potete andarvene e che rinunzia ai
sei giorni che dovreste pagare con
oggi.
Orazio era sbalordito. Che la
signora Hopkins fosse adorna di
molte virt lo sapeva ed aveva avuto
ragione di compiacersene. Ma che
per una semplice sbornia, e per sole
dieci ore di camera di sicurezza, si
potesse mettere alla porta da un
minuto all'altro un cittadino
inglese, gli sembrava un arbitrio
ingiustificabile.
Dov' la signora? chiese.
Non vuol vedere nessuno, vi
dico.
A me dovr vedermi,
perbacco! Sono stato qui dieci mesi,
ho pagato sempre
Siete in arretrato di sei giorni!
E glieli dar subito i suoi sei
giorni! Ma non posso tollerare
d'esser cacciato come uno
straccione. Dopo tutto non sono il
primo studente che beve un
bicchiere di pi. L'ha saputo dal
giornale?
Che cosa?
Che mi hanno arrestato?
Siete stato anche arrestato?
esclam la portinaia spaventata,
indietreggiando un po'. Allora
per questo che non vi vogliono pi
in casa.
Ma sono stato anche rilasciato
subito url Orazio infuriandosi
e non sono stato arrestato per
assassinio, accidenti! la prima
volta che sentite uno studente
cantare Gunga Din e lo vedete finire
in guardina? Siete forse nata ieri?
Vi si darebbero duecento anni,
invece!
Io duecento anni? Brutto
sfacciato! Ora vado a chiamare una
guardia.
Andr io a chiamarla, brutta
strega!
Strega a me?
S, strega! E di trecento anni,
non duecento Cinquecento, idiota
che non siete altro! Ora vedrete.
Scese d'un salto i dieci scalini e
corse in cerca d'un agente di polizia.
Si sa ci che avviene quando si
cerca affannosamente un agente.
Non lo si trova mai. facilissimo
trovarne non uno, ma parecchi
quando non se ne ha nessun
bisogno: quando si lanciano dei
sassi contro i fanali, per esempio.
Orazio pass come un turbine nel
rione tranquillo: in cinque minuti
galopp per un chilometro senza
vedere nemmeno l'ombra d'un
elmetto. Fin con lo stancarsi, e col
dirsi che, in fin dei conti, non
gl'importava nulla di rimanere in
casa della signora Hopkins. Era
laureato, finalmente: gli conveniva
anzi lasciare quella eccentrica
dimora, andare a salutare sua zia a
Manchester, spillarle un altro po' di
sterline agitandole la laurea davanti
agli occhi, e trovarsi un alloggio pi
decoroso, in attesa di far fruttare il
suo dottorato. Decise di ritirare
senz'altro il bagaglio, di profittare
delle circostanze per non dare un
centesimo di mancia alla portinaia,
depositare baule e valigia alla
stazione e andarsene a Manchester.
Ferm un taxi che passava e
dette l'indirizzo.
Ho del bagaglio da ritirare
disse all'autista.
Pochi minuti dopo era di nuovo
al portone della sua ex abitazione,
davanti al quale si accalcavano una
trentina di persone. In mezzo alla
folla spiccavano due elmetti: i
desiderati agenti dell'ordine. La
portinaia parlava ad alta voce.
Bene, si disse Orazio ora
vedremo!
Il taxi s'era fermato, Orazio
discese.
Eccolo! strill la portinaia
indicandolo.
S, eccomi cominci Orazio,
ma non riusc a dir altro. Gli agenti
l'avevano preso ciascuno per un
braccio, e subito il neodottore aveva
avvertito una strana sensazione di
freddo al polso destro: era
ammanettato con l'agente pi alto.
Cosa volete da me? disse
spaventato.
Lo saprete alla Sezione
rispose l'agente pi alto. -Tu,
O'Hara soggiunse rimani qui,
io accompagno il giovanotto e torno
con l'ispettore. Avanti voi risalite
in taxi e voi, autista alla settima
sezione, subito!
Orazio si ritrov poco dopo in
una camera di sicurezza in tutto
simile a quella che aveva lasciato
un'ora prima. Gli effetti della
sbornia erano passati da un pezzo, e
non aveva nemmeno la risorsa di
dormire. Cominciava a smarrirsi. La
somma dei suoi delitti si riduceva
alla rottura d'un fanale, qualche
pugno ad una guardia, alcuni calci
ad una porta. Per i due crimini
precedenti c'era l'amnistia Perch
si ritrovava in prigione? Cos'era
successo?
Pass un'ora durante la quale
molte volte credette di vivere un
incubo. Finalmente un agente apr
la pesante porta di ferro e lo guid
al cospetto d'un funzionario di
polizia, l'ispettore Francis K.
Daniels, a quanto si leggeva sulla
porta.
Orazio aveva perduto ogni
vivacit. Un'ora prima avrebbe
cominciato a gridare e protestare:
ora non fece che obbedire al cortese
cenno dell'ispettore e sedette
timidamente in punta di sedia.
In quali rapporti eravate con
la signora Hopkins e col suo
cameriere Peter More? cominci
l'ispettore.
Ma in buonissimi rapporti
fino a stamane, rispose Orazio
rapporti ottimi
E perch, allora, li avete
uccisi? chiese l'ispettore
facendosi improvvisamente
minaccioso.
Orazio fiss sbalordito
l'ispettore.
Questi non gli volle dar tempo di
pensare.
Perch li avete uccisi?
incalz.
Orazio si pass una mano sulla
fronte, poi la ferm sugli occhi che
chiuse con forza.
Ecco, pens io sono
ancora ubriaco, e questo l'incubo
che continua. Io debbo svegliarmi
voglio svegliarmi! Basta!
Si freg gli occhi, li riapr,
guard di nuovo. L'ispettore era
sempre l, alla scrivania, e l'agente
alto era accanto a lui.
Perch li avete uccisi?
ripet.
Ci vollero cinque buoni minuti
per venire a capo di qualche cosa.
Orazio apprese dalla viva voce
dell'ispettore che, dopo aver
precipitosamente consegnato alla
portinaia i suoi effetti, la vedova
Hopkins e Peter More s'erano
chiusi in casa. Ci era avvenuto
verso le sette. Alle dieci e mezzo
Orazio aveva litigato con la
portinaia e s'era allontanato in cerca
d'un agente. Subito dopo la sua
partenza la portinaia aveva notato
un rivoletto di sangue raggrumato
uscire di sotto la porta della
Hopkins. Spaventatissima aveva
cominciato a gridare, erano accorsi
due agenti, un autista, un
meccanico, e avevano sfondato la
porta, dietro la quale giacevano,
crivellati di colpi e morti ormai da
alcune ore, la vedova Hopkins e il
suo bizzarro cuoco Peter More.
Della signorina Margaret nessuna
traccia: era scomparsa.

A poco a poco Orazio si rendeva


conto di quanto era successo. La
cosa pi importante per lui era
provare la propria innocenza: non
capiva e non pensava altro. Si
sentiva tremare il cuore al pensiero
di poter diventare la vittima d'un
errore giudiziario: studiava e
considerava attentamente il suo
alibi prima di dichiararlo.
Finalmente credette di sentirsi
sicuro. L'assassinio della Hopkins e
di Peter More era stato scoperto alle
dieci e mezzo. La morte risaliva ad
almeno un'ora prima: e alle dieci
Orazio, per sua fortuna, era ancora
in camera di sicurezza alla terza
sezione. Parl con voce rotta, con la
lingua che gli s'impastava come se
fosse ancora sotto l'influenza del
vino. L'ispettore Daniels lo ascolt
gravemente, poi telefon alla terza
sezione. L'alibi di Orazio pareva
esatto, ma il suo viso sconvolto
lasciava ancora qualche dubbio.
L'ispettore Daniels volle
sincerarsi.
Il mio collega della terza
sezione disse mi accerta che un
tal Orazio Bixby ha passato la notte
in camera di sicurezza ed stato
rilasciato solo alle dieci. Andremo
insieme alla terza sezione: se vi
riconoscono tanto meglio per voi.
Mi riconosceranno, ispettore.
Non possibile che non mi
riconoscano Hanno anche visto i
miei documenti
Sar. Ma avete una faccia cos
turbata ch' difficile credervi.
Andiamo.
Uscirono. Era suonato da poco
mezzogiorno, e il sole si faceva
sentire com' possibile sentire il
sole ai primi di giugno a Londra
quando c'. Ma Orazio aveva freddo,
e tremava.
Avete la febbre disse
Daniels.
Forse rispose Orazio e
credo d'essermela guadagnata con
quanto mi successo in queste
ultime dodici ore. Vi dispiacerebbe
prendere un taxi?
L'ispettore accenn a un taxi che
passava, l'autista fren e la
macchina s'accost al marciapiede.
Alla terza sezione di polizia
disse Daniels invitando Orazio a
salire.
Il giovine mise il piede sul
predellino e fece per montare. Ma
improvvisamente si ferm.
Ispettore, grid
guardate vedete quella ragazza?
Chi?
Quella vestita di nero che
svolta all'angolo Presto! grid
all'autista. Raggiungete quella
signorina!
E si precipit nella vettura.
Chi ? disse Daniels.
La ragazza Margaret
Hopkins ne sono certo! M'ha
guardato un istante, m'ha
riconosciuto ed scappata!
Il taxi era partito velocissimo.
Giunse all'angolo della strada in
pochi secondo, ma Margaret era
sparita. Daniels e Orazio ebbero un
bel girare e rigirare: non riuscirono
a ritrovarne traccia.

Non erano finite le sorprese per


Orazio. Messo definitivamente in
libert dopo il confronto alla terza
sezione, era andato a ritirare il
bagaglio dalla bisbetica portinaia.
Lacerata la busta in cui la vedova
Hopkins aveva chiuso le chiavi,
aveva aperto il baule per verificarne
il contenuto, ed era rimasto di
sasso.
Dieci minuti dopo era di nuovo
dall'ispettore Daniels.
Scusatemi, ispettore ma ho
l'impressione che la mia vita debba
svolgersi d'ora in poi all'ombra della
polizia o del delitto
Cos'altro successo?
successo che il mio baule
pieno di biglietti della Banca
d'Inghilterra tutti raccolti in
pacchetti tenuti fermi da nastri di
gomma Io non ci capisco nulla, e
son corso a dirvelo.
Dov' il baule, ora?
Dalla portinaia.
La portinaia ha visto?
No, perch ha tenuto a
mostrarsi pi sgarbata del solito e
m'ha lasciato solo. Ho chiuso
accuratamente e son venuto qui.
Ecco le chiavi.
Il baule, trasportato poco dopo
alla settima sezione, conteneva
banconote per l'importo di
settecentocinquantamila sterline:
una fortuna. Nella valigia non c'era
un soldo. Daniels fissava Orazio
gravemente.
Non v' venuto il pensiero
s, dico per un istante almeno di
tenere per voi questo denaro?
Orazio sgran gli occhi. Non ci
aveva pensato nemmeno per un
secondo, e si trattava d'una somma
notevole settecentocinquantamila
sterline Un uomo in possesso di
un tesoro simile pu mettere da
parte ogni preoccupazione per
l'avvenire.
Sembrate continu
l'ispettore uno che s'accorge di
aver ricevuto troppo tardi un
eccellente consiglio.
Fortunatamente rispose
Orazio i peccati di pensiero non
sono punibili, ispettore Altrimenti
credo che dovreste arrestarmi
immediatamente per furto.
Daniels s'immerse in una
profonda meditazione che dur un
paio di minuti.
Sentite, Bixby, disse quindi
ho bisogno di pensare a questa
faccenda. Ritornate stasera alle
otto volete?
Certo, ispettore.
Mi promettete di essere
puntuale?
Senz'altro. Posso portar via
almeno la valigia?
Che cosa volete farne?
Voglio cercarmi un'altra
camera. Ho bisogno d'un letto come
dell'aria e senza valigia non lo
troverei.
Penser io a procurarvi un
letto Se non volete altro che
riposare vi offrir una branda del
corpo di guardia un letto come
un altro.
destino ch'io debba
rimanere in prigione, dunque?
Non una prigione, perch
potete uscire, sempre che vogliate.
Ma pu essere prudente per voi
dormire al sicuro. Accettate la
branda?
Vada per la branda!
Pochi minuti dopo Orazio
dormiva su qualcosa di soffice. La
stanchezza e le emozioni si
allearono per dargli un sonno
profondo, dal quale si dest molto
tardi, scosso da una mano che gli
batteva sulla spalla.
Apr gli occhi, ancora confuso.
Voi, ispettore?
S, Bixby. Alzatevi.
Sono gi le otto?
Sono le dieci. Avete appena il
tempo di vestirvi.
Dove dobbiamo andare?
Alzatevi e vestitevi. Vi dir
cosa dovete fare se, come spero,
volete aiutare la polizia a chiarire
questo mistero.
Sono a vostra disposizione,
ispettore, e contentissimo di esservi
utile.
Benissimo. Ho avuto ragione
a non dubitarne e a regolarmi in
conseguenza. Sentite dunque,
continu mentre Orazio, rimessesi
le scarpe, cominciava a lavarsi
ora voi ritornerete dalla vostra
portinaia
Oh! necessario?
Indispensabile. Andrete con
un taxi che stato gi chiamato ed
aspetta gi. Alle undici precise
scenderete davanti al portone e
busserete. La portinaia aprir, voi
entrerete e aiutato dall'autista
ritirerete e caricherete sul taxi il
baule e la valigia.
Il baule e la valigia?
S. Li ho fatti ritrasportare l.
Caricato il bagaglio sul taxi ci
monterete anche voi.
E poi?
Poi il taxi si muover.
Per andare dove?
Non lo so vedremo. Non vi
chiedo altro che questo. Siete
disposto a farlo?
Certamente.
Alle undici precise Orazio
picchi al portone della sua ex casa.
La portinaia apr brontolando come
sempre, e il giovine, aiutato
dall'autista, ritir e caric sul taxi il
baule e la valigia. Poi sal nella
vettura, mentre la portinaia
chiudeva il portone, pi seccata che
mai.
Appena seduto sul sedile, si
sent afferrare un braccio, e nello
stesso tempo la bocca di una canna
di revolver gli sfior le tempie.
Non una parola o sparo
mormor una voce.
Orazio si volt. Accanto a lui,
seduto sul sedile, stava un uomo
alto, massiccio, dagli occhi
minacciosi.
Fuori del taxi avveniva qualcosa.
S'udiva come un rumore di lotta, dei
colpi sordi, uno scalpiccio continuo.
Improvvisamente s'apr lo
sportello e un raggio di luce lo
abbagli.
L'uomo che lo teneva per il
braccio allent la stretta
bestemmiando, poi fece per aprire
l'altro sportello. Ma non fece a
tempo a saltare a terra: l'ispettore
Daniels s'affacci con la rivoltella
puntata.
Arrenditi, Giovanni Clay,
disse tuo fratello gi preso.
Dietro l'ispettore difatti si
vedeva l'autista che teneva
solidamente un altro omaccione,
molto somigliante a Giovanni Clay.
Orazio discese, l'altro arrestato
prese il suo posto, e il taxi si mosse
velocemente. Accanto all'ispettore e
ad un agente ch'era rimasto con
Daniels, Orazio scorse una donna
vestita di nero, mortalmente
pallida, scossa da un singhiozzo
continuo. Era Margaret Hopkins.
Ed ecco la chiave dell'enigma,
spiegato compiacentemente ad
Orazio dall'ispettore Daniels, poco
dopo.
Sette anni prima era stato
commesso un furto di
ottocentomila sterline alla Banca
d'Inghilterra. Autori materiali del
furto furono i fratelli Giovanni e
Arturo Clay, arrestati poco dopo la
brillante operazione in seguito ad
una telefonata anonima.
Complici e preparatori del furto
erano stati la cugina dei Clay,
Matilde, e un suo amante, un
irlandese chiamato Paddy O'More.
Si sospett che la denunzia
telefonica fosse opera loro: ma non
si riusc a rintracciarli, e la polizia
fin con l'abbandonare le ricerche e
la speranza di ritrovare la refurtiva.
I due Clay furono condannati a
dieci anni. L'amnistia per il giubileo
reale li mise in libert lo stesso
giorno e non perdettero un minuto
per vendicarsi. Entrambi sapevano
benissimo che Matilde Clay e Paddy
O'More si nascondevano a Londra
sotto i nomi della vedova Hopkins e
del cuoco Peter More.
Uccisero le due spie, ma non
riuscirono a trovare il danaro. Il
cuoco, appresa la notizia
dell'amnistia sui giornali, aveva
avuto la geniale idea di nasconderlo
nel baule di Orazio Bixby,
profittando dell'assenza di questi,
per lui inesplicabile. Avrebbe poi
trovato modo di scappare, lui e la
complice, e di ritornare in possesso
del danaro. La premura umanitaria
della direzione delle carceri, di
rimettere in libert i prigionieri
amnistiati, aveva rovinato il piano
di Paddy O'More.
L'ispettore Daniels aveva
costruito la sua ipotesi
sull'inopinato ritrovamento delle
banconote. I numeri dei biglietti
non si erano mai potuti precisare,
ma il fatto che i pacchetti erano
tenuti da nastri di gomma poteva
far pensare alla provenienza
bancaria del tesoro.
Ma come avete fatto ad
attirare i Clay e la Margaret al
portone alle undici di sera?
chiese Orazio sbalordito.
Ah, quella stata la parte
meno difficile e pi divertente nel
giuoco rispose Daniels. Ero
certo della vostra collaborazione
prima di chiedervela, e, nel caso,
avrei anche potuto farne a meno,
adoperando un agente della vostra
taglia Ho fatto pubblicare
quest'annunzio sulle edizioni del
pomeriggio: leggete.
E gli porse un giornale. Orazio
lesse un avviso, in neretto e in
quadrato, messo bene in vista nelle
corrispondenze. Diceva:

Margaret! Margaret!!
Margaret!!!
Il danaro l'ho io ma non voglio
tenermelo. Stasera alle undici
ritirer il bagaglio. Trovatevi al
portone e vi dar ci che vostro.
O . B.

La ragazza era d'accordo con i


fratelli Clay? chiese Orazio
restituendo il giornale.
No, rispose Daniels.
Giovanni e Arturo Clay, furiosi per
non aver trovato il danaro,
l'avevano costretta a seguirli ed
erano riusciti a farle confessare
dov'erano state nascoste le
banconote. Forse aggiunse dopo
qualche secondo di riflessione la
disgraziata ha avuto salva la vita
solo perch i due furfanti non
hanno trovato subito il danaro.
L'hanno risparmiata pensando di
servirsi di lei per venirne in
possesso.
Poveretta! disse Orazio.
Che far ora?
Cercher di lavorare in
qualche modo, rispose l'ispettore
far la governante, come del resto
gi faceva. Voi, che dovete metter su
casa, potreste incaricarvene!
Io? E con che dovrei metter
su casa? Non sono ricco e mi sono
laureato solo ieri.
Possedete dodicimila e
cinquecento sterline, caro Bixby. La
Banca aveva promesso
venticinquemila sterline a chi le
avesse fatto recuperare la
refurtiva Andranno divise fra me e
voi: cos dispone la legge. Non siete
tanto povero come credete!
Luciana Peverelli -
Innocenza

Tutta Dublino ricorda ancora


l'amore di Sonia O'Neil. Essa oggi
una vecchietta che abita una villa
alla periferia della citt, una
donnina con gli occhi d'un azzurro
sbiadito e le mani di cera.
Se cercate qualche rivista di
quell'epoca forse troverete il ritratto
di una fanciulla sorridente bionda
che fu lo scandalo e la passione
dell'isola di smeraldo in un'epoca in
cui i romanzi gialli non erano di
moda.
Si era fidanzata a diciotto anni
con John Sullavan, un giovane
ingegnere di trent'anni, solo al
mondo e che dal nulla si era fatto. Il
fidanzamento dur tre mesi
soltanto, poi il dramma lo
sconvolse: furono gli unici tre mesi
di felicit nella vita di Sonia O'Neil.
Le pareva impossibile di aver
vissuto prima, tanto ella esisteva
soltanto per lui. Era certa di lui, del
suo amore, della sua bont: cos
felice era d'amarlo che dov'egli
appoggiava la mano, avrebbe voluto
appoggiar le sue labbra.
E d'un tratto si scaten la
bufera. John Sullavan seppe
strapparle un giorno dalle labbra
una promessa.
Ella and verso il primo
appuntamento d'amore con una
gaiezza leggera, con una felicit
senza dubbi e senza scrupoli bench
sapesse che scandalo sarebbe
scoppiato se suo padre avesse
scoperto che invece di recarsi alla
lezione di pittura si era recata in
casa di John Sullavan.
Giunse alla casa di John, una
vecchia casa d'angolo in via Pasteur
che esiste ancora; antica, calma,
severa. Pass davanti alla portineria
un po' pallida, ma senza impaccio.
Sal lentamente perch una
morbida dolcezza era in lei che le
dava un languore infinito. Appoggi
la mano senza tremare al
campanello.
Sonia
Amore
Si sent chiusa nelle sue braccia,
contro il freddo della vestaglia di
seta. Nell'anticamera buia
ammobiliata con pesanti mobili
quattrocenteschi, era un profumo
strano di fiori e di legno di noce.
Ti ho chiesto una follia
Perdonami. Sono tanto pentito: ma
sono cos felice.
Egli tremava coprendole di baci
la mano pallida.
Ella si sentiva invece calma,
sicura. Ma d'un tratto i suoi occhi
caddero sulla finestra che le stava di
fronte. Essa dava su un cortile cos
stretto che quasi si poteva toccare
con il braccio il muro di fronte:
muro liscio solcato soltanto da
stretti e lunghi finestrini simili a
fessure.
Ed ella mand un grido.
Dietro una di quelle fessure,
proprio a livello dell'anticamera,
aveva veduto un orribile ghigno,
due occhi scintillanti e mostruosi.
John, guarda, che ?
balbett tremando.
L'uomo si volse. La strana
maschera era sparita; non si vedeva
pi che la fessura nera.
Non vedo nulla. Quella la
finestruccia di uno sgabuzzino
dell'appartamento di fronte. So che
vi abita una vecchia col nipotino.
Sonia, non sciupiamo questi avari
minuti di felicit. Non voglio che tu
rimanga qui ancora: ma voglio dirti
prima che ti amo, ti amo, ti amo
Quella sera la famiglia di Sonia
O'Neil era raccolta a pranzo quando
una serva entr tutta agitata
annunziando che uomini della
polizia cercavano la signorina
O'Neil.
Ella guard sgomenta i genitori.
Suo padre si alz e disse che
avrebbe chiesto lui stesso di che si
trattava.
Cinque minuti dopo mand a
chiamare la figlia.
Dicono che debbono
interrogarti, che debbono parlare
solamente con te esclam il
padre nervosamente, additando gli
uomini.
Lei la fidanzata di John
Sullavan non vero?
S, certo! rispose Sonia
quasi con orgoglio.
Lei si recata a trovarlo oggi
nel pomeriggio dalle due alle due e
mezza?
Sonia impallid: sent pesare
sopra di s lo sguardo terribile del
padre.
Non vero! grid
tremando.
Non pu mentire, signorina.
Abbiamo i testimoni. La portinaia di
via Pasteur l'ha vista salire pochi
minuti dopo che John Sullavan
aveva congedato il servitore e
ridiscendere alle due e mezza. Alle
tre meno un quarto il servitore,
rientrato dalla commissione, ha
trovato John Sullavan morto: ucciso
da una stilettata alla nuca e disteso
nell'anticamera della sua casa.
Le pupille di Sonia si dilatarono;
ella tese le braccia avanti, fece per
parlare, poi stramazz supina a
terra.
Rimase per lunghe ore in uno
stato d'assopimento. Quando riapr
gli occhi mormor il nome di John,
si guard attorno sgomenta come
credesse d'aver tutto sognato.
Ma gli uomini implacabili erano
accanto a lei, si frapposero tra lei e
la madre. Volevano che ella
confessasse. Tutte le prove erano
contro di lei. Soltanto lei aveva
potuto compiere il delitto. Nessuno
dalle due e mezza alle tre meno un
quarto aveva salito le scale; nulla
era stato toccato, nulla rubato. Il
pugnaletto acuminato, conficcato
nella nuca: la cameriera lo aveva
riconosciuto. Il colpo era stato
vibrato vicinissimo. Sul pugnale
nessuna impronta digitale, come se
esso fosse stato maneggiato con un
guanto.
La madre in ginocchio la
scongiurava: Confessa, parla,
ricorda.
Allora Sonia si pass una mano
sulla fronte, ricord e parl della
maschera strana intravvista alla
stretta finestrella.
Gli uomini della polizia si
recarono all'appartamento indicato.
Una vecchia venne loro incontro,
ella guidava una carrozzina sulla
quale era seduto un bimbo: un
bimbo di circa dieci anni, col viso
mostruosamente deformato da una
paralisi che gli prendeva tutto il lato
destro. La vecchia nonna ascolt
sbalordita le domande. No, il suo
bambino non era mai uscito di casa.
Qualche volta, ma solo raramente,
sostava nello sgabuzzino dove erano
raccolti i suoi vecchi giocattoli.
Fu la voce di tutto il caseggiato:
chiamavano il bambino
l'innocente. Gli uomini della
polizia scossero il capo. Di che
potevano accusare o sospettare quel
disgraziato? E poi la finestra dello
sgabuzzino era chiusa con un vetro
fisso e quella di John Sullavan era
stata trovata ermeticamente chiusa
dall'interno. Gli implacabili
tornarono presso il letto di Sonia.
Pensarono che rivedere la salma
di John Sullavan l'avrebbe forse
spinta a parlare.
E quel giorno, mentre una folla
numerosa e commossa circondava il
feretro di John Sullavan coperto di
fiori, comparve in una vettura una
fanciulla bionda, scortata da sua
madre e da due uomini.
Un brusio d'indignazione si
sollev tra tutti coloro che avevano
amato Sullavan e venivano a
tributargli l'estremo saluto. Pallida
come una statua, ella rimaneva
immobile, incurante di tutti.
E d'un tratto il suo occhio cadde
su un'orribile faccia, su un ghigno
mostruoso. Il bimbo paralitico era
seduto nella carrozzella e la nonna
lo guidava, portandolo al funerale
come ad uno spettacolo divertente.
Sonia ebbe un brivido e si
strinse alla madre. Ma a un tratto,
con uno scatto improvviso si volse
verso il fanciullo guardandolo con
occhi terribili:
Tu hai visto url. Tu
hai visto Eri dietro alla finestra
quando io ho salutato John, il mio
amore. Hai visto.
Silenzio di morte si era fatto
intorno a loro, un'atmosfera da
tragedia irrespirabile gravava sulla
sinistra scena.
Il fanciullo mosse le labbra:
Armadio, disse armadio.
Il ragazzo tremava
violentemente. Il suo labbro si
muoveva, i suoi occhi parevano due
spiritelli che volessero uscire dalle
orbite:
Armadio ripet.
Ma d'un tratto parve che il riso
gorgogliasse in gola al fanciullo:
tese il braccio.
Indicava una giovane signora,
modesta e bionda, vestita di nero,
che dava il braccio a suo marito. Era
la moglie di un noto commerciante
inglese di stoffe, la signora Eleanor
White, la pi semplice, la pi onesta
delle mogli. Tutti l'ammiravano,
poich durante una lunga assenza
del marito ella non si era mai mossa
di casa, non era uscita mai una sola
volta. Abitava l'appartamento
adiacente a quello di John.
Ma il bimbo continuava a
indicarla col dito e a gridare:
Lei lei armadio
Il marito si pose davanti alla
moglie.
Che questa ignobile
commedia finisca presto. Che vuole
quello sconosciuto da noi?
Ma un silenzio mortale era
intorno a lui. Tutti gli occhi erano
fissi sulla piccola donna vestita di
nero. Essa aveva mutato colore,
tremava come una foglia e fissava il
fanciullo come allucinata. Poi fu
presa da una crisi isterica.
S, s, url sono stata io
Dillo a tutti mostro, mostro
maledetto
Ogni cosa fu chiarita. Durante
l'assenza di suo marito in
Inghilterra Eleanor White e John
Sullavan, diventati amanti, avevano
fatto praticare una porta di
comunicazione in anticamera
chiamando un operaio da un paese
vicino. Avevano celata l'apertura da
una parte e dall'altra con due
pesanti armadi quattrocenteschi e
vuoti. Il fidanzamento di John
Sullavan aveva resa pazza di gelosia
Eleanor. Facile alle crisi isteriche ed
epilettiche, e in un momento di
follia gelosa, dopo aver ascoltato
dietro un armadio le parole d'amore
di John a Sonia, aveva compiuto il
suo delitto, vibrando un colpo con
lo stiletto, afferrata l'impugnatura
avvolta in un fazzolettino. L'accusa
che poteva spezzar la vita di Sonia
era stata la sua vendetta.
Sonia lasci Dublino quella sera
stessa per chiudersi in una
solitudine disperata che dura
ancora oggi. Due volte le avevano
ucciso in cuore il suo John.
Luciana Peverelli - La
villa segreta

Quando la mia piccola amica


Stefania Turri mi scrisse che andava
sposa a un giovane medico belga e
che sarebbero partiti per il
Giappone, non per un viaggio di
nozze, ma per stabilirsi laggi,
compresi che ci che l'aveva guidata
a quel passo non era stato tanto
l'amore, quanto il desiderio
dell'avventura in lei sempre
vivissimo.
Dopo un mese, la prima lettera
di laggi mi convinse che mi ero
sbagliata: si trattava di amore
sconfinato, essa diceva.
Gli innamorati sono egoisti e
non mi stupii del lungo silenzio che
segu questa prima lettera; mi
preoccup invece la seconda lettera
che ricevetti: Amica cara e lontana,
questa sera nella mia disperazione
ho pensato a te come a un'ancora di
salvezza. Se non ti scrivessi mi
sentirei impazzire. notte. Sono
sola: mi fa paura il frusciare del
vento nel canneto, lo stridore delle
cicogne, mi sento disperatamente
straniera su questa sinistra collina.
Odio le facce gialle enigmatiche,
incomprensibili che mi circondano.
Non sai mai se una persona di
quaggi abbia intenzione di
ucciderti o di farti un complimento.
Mio marito mi lascia troppo tempo
sola. La sua professione lo trattiene
fuori di casa quasi tutte le notti. Ho
paura, ho paura.
Scrissi e non ebbi risposta. Solo
un mese dopo ricevetti una
partecipazione mortuaria. Il marito
con animo straziato annunciava la
perdita di Stefania Turri.
Passarono i giorni senza che
riuscissi a cancellare Stefania dalla
mia mente, ma fu per una delle
strane coincidenze del destino che
seppi ancora di lei.
Incontrai a Spezia un mio
cugino ufficiale di marina reduce da
un viaggio in Giappone e che aveva
conosciuto Stefania Turri ad un
ballo all'Excelsior di Levanto.
Sai il dramma di Stefania?
mi disse. Ho avuto notizie di lei
durante una fermata di poche ore
nel porto di Kobe. Una tragedia!
Stefania stata trovata morta
presso il cancello di una villetta
deserta, distante qualche
chilometro dalla sua. Parve a tutta
prima che si trattasse di morte per
paralisi cardiaca, ma date le
circostanze misteriose venne fatta
l'autopsia e le fu rinvenuto in cuore
un lunghissimo ago. Dovetti
ripartire subito e non potei sapere
pi nulla -. Io scrissi alle autorit di
Kobe. scrissi al dottor Roedeker.
Dopo parecchio tempo mi venne
una strana risposta. In una scatola,
un diario di Stefania e un bigliettino
di Robert Roedeker: A voi che
siete stata la sua migliore amica.
Potei cos ricostruire il misterioso
dramma.
La vita era trascorsa lieve e
felice per Stefania fino al giorno in
cui erano incominciate misteriose
assenze notturne di suo marito
ch'egli giustificava parlando di turni
all'ospedale. Al dispetto delle prime
sere aveva fatto seguito la
malinconia, poi un'inquietudine
sorda, un senso d'angoscia. Invano
Robert tentava di rassicurarla con
mille prove d'amore e di devozione.
Troppo lunghe erano le sere passate
in solitudine: la gelosia e il dubbio
la torturavano. Una sera Stefania
telefon all'Ospedale di Kobe per
sentire almeno la voce di suo
marito. Le risposero che non c'era.
Interrogato pi tardi, Robert parve
seccatissimo di quella specie
d'investigazione. Due giorni dopo,
con una scusa puerile, il telefono fu
tolto dalla villetta. Stefania vide in
questo fatto una prova di pi
dell'inganno del marito. Cos una
sera, improvvisamente, decise di
seguire Robert per sapere dove egli
si recasse.
Ella non ignorava quanto fosse
pericoloso avventurarsi sola di
notte per i viali tortuosi e deserti
della collina. Ma non poteva pi
sopportare tanta angoscia. Chiam i
servi, quegli strani, silenziosi esseri
che le scivolavano d'attorno, senza
far rumore, impassibili, obbedienti,
impenetrabili: Io esco questa
notte. Datemi una delle vostre
lanterne. Guai a voi, capite, se
interrogati o no, fate sapere al
dottore che sono uscita. I servi
s'inchinarono silenziosi. Quella sera
Robert fu pi affettuoso del solito.
Per a Stefania non sfugg lo
sguardo ansioso che egli gettava
ogni tanto all'orologio. Alle dieci si
alz: Vado, cara sar di ritorno
verso mezzanotte.
Ella non rispose parola. Si lasci
freddamente baciare: ma i passi di
Robert si erano appena spinti nel
giardino, che, presa la sua
lampadetta, usciva dalla villetta. Era
una chiara notte di luna: tutto
pareva una strana fantasmagoria
allucinante, gli alberi strani e
immobili, l'arabesco delle ombre e
delle luci sulla terra. E come in
istato di sonnambulismo ella
seguiva suo marito che camminava
col passo spedito e sicuro di chi si
reca a una meta precisa. Egli
travers la boscaglia fitta in cui la
luna non riusciva nemmeno a
penetrare. Quella zona della collina
era disabitata e Stefania tremava.
Ma ecco che d'un tratto apparve una
breve radura in mezzo alle piante.
Proprio sul ciglio di un minuscolo
laghetto che rifletteva la luna come
una lastra di argento, sorgeva una
casetta di stile inglese. Una veranda
correva lungo la facciata della casa
tra un gioco di colonne. Robert sal
di corsa i gradini che portavano al
peristilio e batt alla porta che si
apr.
Per lungo tempo la povera
Stefania rimase immobile, nascosta
tra il fitto degli alberi a contemplare
la bianca e misteriosa casa, come
annientata. Finalmente la porta si
riapr e suo marito ricomparve.
Stefania ebbe appena il tempo di
precipitarsi indietro di corsa per
sopravanzarlo di qualche minuto.
Robert la trov sdraiata sul letto
addormentata, sebbene ancora
vestita. L'indomani fu la stessa
cosa.
Stefania segu Robert, e con una
disperazione che aveva della follia,
si rese conto che egli si recava nel
medesimo luogo misterioso.
La terza sera Stefania ebbe la
rivelazione della colpa. Sulla soglia
della casa misteriosa, insieme a suo
marito, apparve una donna. Portava
una veste di velo chiaro, lunga fino
ai piedi, e un velo sui capelli: aveva
una figura snella, alta, giovanile.
Essi ristettero sulla soglia a qualche
passo di distanza l'uno dall'altro
come se si fissassero estatici.
Lasci che suo marito si
allontanasse: rimase immobile,
decisa a tutto. Un attimo dopo
batteva alla porta imitando il segno
convenzionale di suo marito. La
porta si schiuse. Ella si trov in
un'anticamera semibuia. Alle pareti
tappezzerie di seta e antiche stampe
inglesi. Chi le aveva aperto? Intorno
era silenzio e mistero. Ad un tratto
una porta dinanzi a lei si apr ed un
servitore giapponese vestito
all'europea apparve. Lo stupore che
si dipinse sul suo viso giallo fu
immenso, ma subito seguito da
un'espressione assai pi intensa di
odio e di collera. In inglese egli
domand: Chi siete? Chi
cercate?.
Voglio parlare con la signora.
Con quale signora? Qui non
abita nessuna signora. La casa
deserta. La mia padrona in
Inghilterra con suo marito.
Andatevene presto. Questa casa non
ospitale.
Tanta scortesia in un giapponese
era davvero strana.
La vostra padrona qui, e se
non volete accompagnarmi da lei
cercher la strada da me!. E come
pazza Stefania si slanci per la porta
lasciata aperta dal servitore,
travers due o tre stanze deserte,
sollev una tenda e si trov
finalmente nella camera da letto
dove una giovane donna, in veste di
velo bianco, sostava immobile
davanti ad uno specchio. Costei vide
l'immagine di Stefania riflessa nel
vetro e mand un tale grido di
spavento e di orrore che Stefania
senti agghiacciarsi il sangue nelle
vene. La donna si era voltata e
fissava la sconosciuta con occhi
allucinati. Chi siete? Che volete?
Che cosa fate qui?.
Non siete voi che dovete
interrogarmi rispose Stefania con
voce sorda. Ma sono io, la moglie
del dottor Roedeker, che ho il
diritto di interrogare, di sapere. Che
viene a fare qui mio marito, ogni
notte?.
Una strana espressione di calma
ironica si diffuse sul volto della
sconosciuta. Con voce tranquilla
rispose: Ignoravo che egli fosse
sposato: non a me dovete
rimproverare qualche cosa, ma a
lui. Qui siete in casa mia e se non ve
ne andate sar obbligata a farvi
scacciare dal mio servo. Avete torto,
del resto, a crucciarvi tanto. Partir
ben presto e lo riavrete
completamente.
Non me ne andr rispose
Stefania fanciullescamente, prima
che mi promettiate di non rivedere
pi mio marito: mi capite? Mi
capite?. Nel dir cos si scagli
contro la donna e l'afferr per le
braccia scuotendola con rabbia.
La donna mand un gemito ed
ebbe un fremito d'orrore come se
quel contatto le avesse fatto paura.
Lasciatemi, disse, lasciatemi!
Non mi toccate!. Indietreggi
rabbrividendo e batt un colpo su
un piccolo gong posato sulla
toeletta. Il servo comparve.
Accompagnate la signora fuori
ella ordin. Strana espressione
ebbero gli occhi del servo.
Sembrarono interrogare la
misteriosa donna, ma questa fece
distintamente, chiaramente un
cenno di no col capo. Stefania stava
per reagire quando ad un tratto il
suo volto si irrigid in
un'espressione di terrore. Ella aveva
veduto sulle spalle e sulle braccia
della donna strane macchie:
sembravano piaghe. Dovette fare un
immenso sforzo su se stessa per
non gridare. Tutto le appariva
chiaro a un tratto. Comprendeva
ogni cosa. Quella donna era malata
di lebbra: suo marito ne aveva avuto
piet. L'aveva curata nel rifugio in
cui ella si era nascosta. Entrambi
avevano corso un pericolo
tremendo: la legge del paese era
severissima. I lebbrosi, a qualsiasi
categoria sociale appartenessero,
dovevano essere rinchiusi in
appositi reclusori.
E senza aspettare la risposta,
presa ad un tratto da una paura
atroce che le dava un irresistibile
desiderio di gridare, Stefania fugg
dalla stanza.
Ma mentre lasciava ricadere la
tenda dietro le sue spalle ud
distintamente queste parole
pronunciate in giapponese, ma che
riusc a comprendere: Ella sa
tutto. Bisogna farla tacere.
Giunse a casa pi morta che
viva: aveva avuto l'impressione di
sentire durante tutto il percorso i
passi felpati del servo giapponese
dietro di s. Sul diario
affannosamente scrisse il resoconto
della drammatica serata
aggiungendo queste parole: Non
oso dir nulla a mio marito: lo
metterei in angoscia inutilmente.
Ho toccato quella donna, forse sono
infetta Ma ho avuto il torto di non
giurare a quella disgraziata che non
riveler mai a nessuno il segreto
che ho scoperto.
Per sottrarsi all'angoscia che la
faceva impazzire quella notte prese
una dose forte di sonnifero. Quando
si svegli era il tramonto e suo
marito era gi uscito. Sul comodino
trov un biglietto: Che cos'hai
fatto? Che hai? Questa sera quando
ti rivedr a pranzo ti sgrider.
Preparati anche a sentirti dire che ti
amo pi della mia vita. Ed ella non
aveva avuto fiducia in lui! Sent che
bisognava assolutamente che la
sconosciuta non parlasse.
L'ombra era scesa sulla collina.
Ella usc: si diresse con passo sicuro
verso la villa misteriosa per portar
una parola di conforto alla
sconosciuta. Non ritorn mai pi.
Dopo una lunga notte di ricerche
disperate la trovarono morta nella
radura presso il laghetto. Credettero
tutti ad una sincope dovuta a
qualche improvvisa paura. Solo pi
tardi fu trovato l'ago sottile. Senza
la piena confessione di Roedeker e
il diario di Stefania il mistero non
sarebbe mai stato svelato perch la
villa bianca fu trovata chiusa e
deserta come se fosse stata
disabitata da tempo. Ma il servo
della sventurata dama lebbrosa
prima di seguire la sua padrona
aveva compiuto la sua vendetta.
Luciana Peverelli -
Tradimento

Il bambino si era addormentato


nella culla. Nel silenzio della piccola
stanza dov'era sola con lui, Elena
Stingari ebbe il coraggio di togliere
dal seno la lettera: Amore mio, ti
ho ritrovato finalmente: ho saputo
tutta la tua storia. Ti sei data ad un
altro uomo, e questo, pi leale di
me, quando gli hai detto che dovevi
avere un bimbo ti ha sposato. un
ragazzo serio e buono, ma io so che
non l'ami. So che ti sei data a lui per
vendetta e disperazione, so che non
sei felice sebbene egli non ti faccia
mancar nulla. Tu sei della mia
stessa razza: inquieta, errabonda,
avventuriera, e non puoi trovar la
felicit in una vita grigia e
meschina. Tu mi ami ancora
sebbene io sia il peggior
scavezzacollo del mondo. Ti aspetto
oggi nella mia stanza dove sono
tornato per qualche giorno: solo
nelle mie braccia potrai gustare
ancora un'ora di felicit. Ed io pure.
Leo.
Il bambino si agit nella culla:
Elena ripose con gesto violento la
lettera. No, era un'infamia tradire
l'uomo che le aveva dato il suo
nome, che l'aveva raccolta quasi
dalla strada, che le aveva dato una
casa. Eppure lei non lo amava: ed
era folle a volergli mentire per
sempre. Se non ci fosse stato il
bambino non avrebbe esitato un
istante a seguire Leo Carti: il suo
destino era con lui. Ma lasciare un
bimbo di pochi mesi Come, come
possibile?
Si chin sulla culla e fiss con
occhi allucinati quel piccolo essere
che agitava le manine come volesse
afferrare qualche cosa. Il suono del
campanello la fece sussultare. Era
Regina Schiavi, la cugina di suo
marito.
Elena gett uno sguardo
all'orologio. Leo l'aspettava alle
cinque come al solito: se tardava se
ne sarebbe andato. Guai se Regina
Schiavi fosse rimasta l, ad
impedirle di correre da lui. Ora che
sorgeva un ostacolo sentiva che
niente e nessuno avrebbe potuto
impedirle di vedere Leo.
Non c' tuo marito?
domand Regina freddamente.
Le due donne si odiavano,
Regina era stata fidanzata per
lunghi anni col cugino: quando
Elena Stingari era entrata in gioco
aveva pianto e tempestato. Ma la
venuta del bimbo l'aveva fatta
cedere. Ora, fingeva di aver
dimenticato tutto. Ma Elena sapeva
che non era vero, sapeva che amava
ancora Nunzio e veniva l soltanto
per poterlo vedere. A lei non
importava nulla, ma talvolta si
sentiva oppressa da quell'odio che
sentiva pesare su di lei come una
minaccia continua.
Regina si chin sulla culla del
bimbo ed Elena rabbrivid:
sembrava che gli gettasse il
malocchio con quell'occhiata gelida.
Ecco, fece Regina con voce
fremente se la dorme
beatamente, la causa di ogni mia
sventura. Ho sempre amato tanto i
bambini, ma questo
Lo odi non vero? Lascialo
stare: non ti avvicinare a lui
Non te lo tocco: non aver
paura. Del resto, non assumere
l'atteggiamento della madre
sublime: anche tu non lo ami,
questo piccolo essere. Io penso che
se non esistesse sarei felice con
Nunzio. Ma tu pensi che saresti
libera e potresti ricominciare la
relazione con Leo Carti. Lo so che
tornato
Elena impallid: Venivi forse
per dirlo a mio marito?
Venivo per dirlo a te: sta in
guardia, Elena. Se ti scopro in fallo,
rialzo la testa e faccio tutto ci che
posso per riavere Nunzio
Elena ebbe una sinistra risata:
Te lo regalerei volentieri, il
tuo adorato Se non ci fosse questo
bimbo Ma che vuoi farci?
aggiunse ironica. C', e non
possiamo sopprimerlo.
Regina si volse e se ne and. Era
tempo. Elena aveva la febbre nelle
vene. Giuro, disse a se stessa
che la prima e l'ultima volta che
vado da Leo. Gli dir di lasciarmi in
pace per sempre
Tremava. Guard che tutto fosse
in ordine in casa, che il bimbo fosse
tranquillo e ben coperto. Suo marito
non sarebbe tornato prima di
pranzo. Nessuno sarebbe venuto.
L'avrebbe creduta fuori col bimbo.
Per grazia di Dio serve che facessero
la spia non c'erano in casa: le
entrate di Nunzio non
permettevano. Spense le luci. Il
pomeriggio invernale era cos buio e
nebbioso che pareva notte.
E d'un tratto arretr con un
grido soffocato: due strane luci, due
bagliori fosforescenti scintillavano
sul davanzale dietro i vetri della
finestra. Rimase qualche momento
senza fiato. Ma poi comprese: era
un gatto nero. Uno dei numerosi
gatti che abitavano nel cortile di
quella casa popolare. Gatto:
tradimento Il cuore le si serr per
l'angoscia. Era un simbolo? Le forze
occulte volevano significarle che
non doveva uscire? Esit un
momento. Poi alz le spalle. Il suo
destino voleva cos: voleva che ella
peccasse e rivedesse Leo.
Fu un'ora folle di volutt rubata
alla vita, avvelenata di angoscia, di
paura.
Elena respir soltanto quando si
trov di fronte alla porta di casa
ancor chiusa. Suo marito non era
ancora rientrato. Aveva tempo di
preparare la cena. Accese la luce, si
tolse il cappotto, si chin sulla culla
del bimbo per vedere se dormiva
ancora.
Mand un urlo orribile: gli occhi
del piccolo erano stranamente
socchiusi Le sue manine erano
gelide e rattrappite, il suo volto
livido.
Morto morto morto
ella grid come pazza.
Qualcuno l'afferr alle spalle:
Che dici? Che cosa gridi? Il
bambino?
Era suo marito. Sconvolto,
livido, appena entrato aveva udito
quell'urlo, e credeva Elena
impazzita. Si chin tremante sulla
culla, prese il piccino.
Pareva che la piccola creatura
fosse morta soffocata, ma nessuna
traccia era sulla gola piccina.
Dov'eri tu? grid. Non eri
vicina alla culla? Dove sei andata?
Perch sei uscita?
Ella si sent morire. Gli occhi di
Nunzio eran terribili: parlavano di
vendetta e di follia.
Non sono uscita di casa Ero
qui ero qui
E allora chi stato, come
stato?
D'un tratto un lampo attravers
la mente sconvolta di Elena.
Ripens alle parole di Regina: Se
non ci fosse questo bimbo.
S, disse ora che ci
ripenso sono uscita sono andata
fuori e in quel momento venuta
Regina. Aveva la chiave di casa Lo
ha ucciso, lo ha ucciso Ne sono
certa Lo odiava
Le urla avevan messo a
subbuglio tutto il casamento. Le
stanze furono piene di vicine che
gemevano, gridavano come
prefiche. Poi giunse la polizia, e per
ultima, pallida e scarmigliata,
Regina.
Quando ud di che cosa la donna
l'accusava si port le mani alla gola
e barcoll:
Non vero non vero,
disse. lei che l'ha ucciso. Per
poter raggiungere il suo Leo,
ritornato da poco Non vero che
uscita di casa: si chiusa dentro, e
ha compiuto il delitto.
Nunzio, rabbrividendo, ricord
la contraddizione di Elena, che
prima aveva negato poi assicurato
di essere andata fuori.
Regina and sotto il viso della
donna coi pugni tesi:
Se tu sei uscita, disse
qualcheduno ti avr ben veduta.
Non si esce senza scopo in una sera
fredda di gennaio. Dove sei andata?
Da chi sei andata? Dacci una prova
e allora potrai accusare -. E
un'ironia selvaggia era nei suoi
occhi.
Il bimbo stato soffocato con
un cuscino. Una delle due donne lo
ha ucciso sicuramente.
Elena tremava e batteva i denti.
Aveva fatto in modo che nessuno la
vedesse uscire: era sgattaiolata,
piegata in due davanti allo stanzino
della portiera. Confessare dov'era
stata era peggio che accusarsi. Si
trovava presa in una morsa
soffocante. E Regina lo sapeva e ne
godeva. Ma bisognava che parlasse,
che si difendesse, che sapesse
soprattutto chi aveva uccisa la sua
creatura. Regina, Regina sa
certamente Troppa malvagia gioia
era nei suoi occhi.
E mentre invano cercava di
difendersi dalla rantolante accusa il
suo occhio cadde su qualcosa che la
fece impietrare.
Un grosso gatto nero traversava
la stanza, strisciando tra le gambe
dei presenti
Il gatto nero: era certamente
penetrato in casa dal davanzale, per
il finestrino sbarrato del bagno
Gi un'altra volta lo aveva
veduto gironzolare attorno alla
culla, per salirvi a dormire
Lui solo era l'assassino: si era
accovacciato sul volto del suo
piccolo e l'aveva soffocato.
Lui, il simbolo del tradimento
il castigo infernale
S, url sono io, sono io,
infame, che ho ucciso il mio
bambino Fate di me quello che
volete Non merito piet
Cadde riversa, e il grosso gatto
nero dagli occhi gialli scivol via
senza esser veduto.
Luciana Peverelli - La
naja

Una pallida luna brillava sulla


facciata della villetta al limitare
dell'immensa piantagione di cotone.
Sulla veranda l'ingegnere Robby
Clever in veste di tela bianca sedeva
con gli amici intorno al tavolo dove
un servo indiano aveva preparato le
bevande. Ma la sua conversazione
non era gaia e spigliata come
sempre. E gli amici notavano un
certo impaccio in lui. La notte era
calda, satura di profumi: l'atmosfera
era greve, densa e irrespirabile
come se fiori d'agave fossero sciolti
nell'aria. Gli amici pensarono che
Robby aspettasse una visita. Si
congedarono e salirono a cavallo
per recarsi alle loro dimore al di l
della piantagione. Robby sost un
momento ancora sulla veranda a
udire il galoppo disperdersi nella
lontananza. Un lieve sudore gli
imperlava la fronte, si sentiva
inquieto e come preso da un
malessere indefinibile. Una nuvola
nera vel la luna come un sudario
una faccia pallida. Egli batt sul
gong. Un servo in pianelle ricamate
giunse subito.
L'hai pi veduta? domand
Robby.
No, Sir.
Sei ben certo? Ha detto che
sarebbe tornata.
Sir, l'ha detto, ma non oserai
occuparti di una ragazza di cos
infima classe! Ella molto inferiore
alla suola delle tue scarpe.
Robby Clever rise.
Oh, mio caro: era un fior di
bella ragazza; divertente e originale.
Non la dimenticher molto
facilmente. Soltanto cominciava a
diventare ossessionante e per
questo sono stato un po' rude con
lei. Aveva preso l'abitudine di venire
troppe volte al bungalow senza
essere invitata. Per sono pentito di
averla trattata cos male stamane!
Avevo da fare ed ero irritato.
Sir, non ti crucciare: di donne
simili non bisogna nemmeno
preoccuparsi. Esse sono come
polvere. Posso chiedere al mio
padrone se si ricorda la promessa
fatta di lasciarmi andare alla festa al
Tempio vicino?
S, certo. Vai pure.
Il servo si allontan: spar. Un
senso di solitudine oppresse il
cuore di Robby. Polvere Oh, no
Madjiba era una splendida creatura.
L'aveva conosciuta al mercato della
vicina citt. L'aveva invitata al
bungalow per un'ora di piacere. Si
era rivelata amante indimenticabile,
con qualche cosa di strano, di
selvaggio e dolce al tempo stesso.
Proprio come nei romanzi.
Robby sorrise ricordando le
piccole mani ingioiellate e cos
leggere: povera Madjiba era
diventata troppo insistente, troppo
ossessionante, l'aveva scacciata dal
bungalow dapprima con dolce
fermezza e quella mattina con
violenza collerica forse
ingiustificata. Oh, se Madjiba fosse
stata l in quel momento, l'avrebbe
stretta fra le braccia, l'avrebbe
baciata sulla bocca di melograno per
farsi perdonare. La luna si era
abbassata dietro le colline lontane.
Robby si alz dalla poltrona, prese il
lume ed entr sbadigliando nella
camera da letto. La stuoia ricadde:
egli pos la lampada sul tavolo e la
spense per non attirare insetti dai
quali la zanzariera non sarebbe
bastata a difenderlo. Si svest, cerc
a tentoni il letto. Vi si butt.
Neil'appoggiare il capo al cuscino
ud frusciare qualcosa sotto la
guancia: un foglio di carta. Aveva
messo la scatola dei cerini sotto al
guanciale. Ne accese uno. Sul foglio
era scritto in inglese con calligrafia
infantile: Nella tua camera c' una
naja. Io l'ho nascosta e non le
sfuggirai. Essa vendicher
Madjiba. Robby lesse due volte,
poi scoppi in una risata. In quel
momento il fiammifero si spense e
la camera ricadde nell'oscurit.
Allora Robby sent un senso di gelo
nelle vene; la gola stretta. Possibile
che Madjiba avesse potuto
compiere una simile mostruosit?
Come avrebbe potuto entrare nella
sua stanza di nascosto del servo?
Ma il biglietto chi l'aveva portato?
L'affanno cominci a
impadronirsi di lui. Luce, luce:
bisognava subito assicurarsi che
niente fosse in camera e non
lasciarsi prendere da puerili
orgasmi. Cerc la scatola dei
fiammiferi sotto il cuscino. La sua
mano incontr qualcosa di freddo e
molle. La ritrasse con un grido
soffocato: ma no che idiota era
proprio la scatola dei fiammiferi!
L'apr. La mano tremava.
Maledizione i fiammiferi caddero
a terra.
Fece per balzar dal letto per
raccoglierli, ma rattrapp le gambe
inorridite. Scendere cos a piedi
nudi era follia. Se davvero il serpe
mortale era nella stanza, forse
strisciava sul pavimento ed egli
avrebbe potuto posare il piede sul
rettile orribile.
Si chin cercando con la mano,
ma il letto era alto e non gli riusc di
toccare il pavimento. Si rattrapp tra
le lenzuola: il cuore gli batteva cos
forte che gli pareva di sentirne i
colpi ripercuotersi nel silenzio della
notte. E quel dannato di servo che
era uscito proprio quella notte.
Quanto tempo sarebbe rimasto
fuori? Magari fino all'alba Meglio
dormire e non pensare o tentar di
raggiungere i vestiti e di uscire dalla
stanza? Pensava di uscire ma
sentiva gi le membra paralizzate
dalla paura: sentiva che non
avrebbe mai pi potuto scendere da
quel letto. D'un tratto un'idea
infernale gli pass nella mente.
Forse per essere pi sicura della sua
vendetta Madjiba aveva messo
l'orrida naja nel letto stesso.
Forse era l tra le lenzuola, forse
attorcigliata alle sbarre del letto:
forse l'orrida testa triangolare era
gi ritta, fissa su di lui a pochi
centimetri. Si sollev a sedere
ansimando, cercando con le pupille
dilatate di scorgere qualcosa
nell'oscurit.
Nulla. Quella presenza
mostruosa, quella presenza di
morte, era intorno a lui, vicino a lui,
sopra di lui. Non poteva fare un
movimento per sfuggirle, e non
poteva far nulla per lottare, per
distruggerla.
Scendere da quel letto! Arrivare
alla porta Bisognava che avesse
questo coraggio, a costo di tutto,
anche di sfidare la morte
Tutto era meglio di quell'agonia.
E gi stava per scendere cauto
quando un sibilo turb il silenzio
della stanza.
Era un sibilo leggero, ma che
egli percep con distinta chiarezza e
che lo pietrific da capo su quel
letto.
Non avrebbe saputo dire da che
parte veniva. Gli era sembrato
dall'alto.
O forse si era ingannato? Forse
era il sibilo di un uccello lontano.
Lo scricchiolo di un mobile.
No, ecco di nuovo il sibilo,
leggero, sottile, pi vicino.
Robby si port le mani alla gola.
Mormor:
Madjiba, perch hai fatto
questo? Ti amo ti amo
Sent che smarriva la ragione:
ebbe vergogna di s, della sua vilt.
Si butt sui cuscini, esausto,
ansimando forte:
Che importa? pens.
Meglio non lottare, non muoversi.
Se mi morde tanto peggio e tanto
meglio Ho sentito dire che la
morte per il veleno di naja
rapidissima. Morire oggi o domani
che importa? Bisogna morire: verr
pure la mia ultima ora. Allora la
morte sar davvero in agguato come
una naja alla quale non si pu
fuggire. Perch aver tanta paura?
Stava perdendo la ragione. Lo
capiva e non poteva reagire: eppure
non era un vile. Si era trovato
spesse volte di fronte al pericolo e
non aveva tremato.
Si assop quasi senza accorgersi
in una specie di delirio confuso di
macabri pensieri: le ore trascorsero
pi veloci di quanto pensasse. Si
addorment anche per qualche
minuto e sogn che una naja
stringeva alla gola il servo ed egli
rideva assicurandogli che si trattava
di uno scherzo. Quando riapr gli
occhi un filo di luce grigia penetrava
nella stanza: le cose avevano ripreso
il loro aspetto quotidiano e umano.
Che sciocco! Aveva creduto allo
scherzo idiota di una ragazza
vendicativa.
Ud un rumore sulla veranda.
Chiam: Nadir?
Si ud un fruscio di passi. Il
servo comparve sulla soglia:
Hai chiamato, Sir? appena
l'alba.
Portami una tazza di caff
forte con due gocce di cognac. Senti,
Nadir No, niente. Va pure
Si vergogn di confessare la
paura subita. Solo pi tardi avrebbe
sgridato Nadir che non sorvegliava
abbastanza la casa, e aveva lasciato
entrare la donna.
Ora ci voleva dell'aria. Poi
avrebbe perlustrato la stanza
centimetro per centimetro insieme
al servo. Balz dal letto, si vest
rapidamente, infil le scarpe di tela
bianca.
E mand un urlo terribile.
Qualcosa gli aveva morso la
pianta del piede.
La naja si era nascosta nella sua
scarpa, per tutta la notte.
Qualche minuto dopo, quando il
servo entr col caff trov Robby
Clever disteso al suolo, rattrappito,
immobile per sempre.
Tito Antonio Spagnol -
Lo strano zio Ned

La fretta con la quale suo nipote


intasc la fotografia che stava
ammirando, fece ridere
maliziosamente il grosso Ned.
Per Giove, mai supposto che i
giovanotti del West fossero tanto
intraprendenti! Sei qua da appena
un mese, e gi vedo che ti sei fatta
l'amichetta bionda o bruna,
balla o canta? Scommetto cento
dollari che una delle ragazzine del
Piccolo Paradiso! Come? No?
Allora ho perduto, ed eccoti i cento
dollari!
Il grosso zio Ned rideva di gusto,
ma Joe non apprezzava molto
quello spirito. Ida non era da
confondersi affatto con le ragazze
del Piccolo Paradiso e d'altri
inferni del genere, e quella
supposizione lo offendeva. Ma
come prendersela con quello strano
uomo di suo zio, che rideva sempre
di tutto? Strano uomo davvero, zio
Ned! La vita ch'egli conduceva
pareva piuttosto assurda a Joe.
Tutte le notti e buona parte delle
sue giornate le passava in quei due
o tre locali del quartiere dove
c'erano donne e amici sempre
pronti a far baldoria. Era ricco e
scapolo, va bene, ma non si
annoiava a non far mai nulla? Il
grosso Ned rideva in mezzo a quella
gente, scherzava, inventava burle,
pagava da bere, e tutti gli stavano
attorno, felici d'essere in sua
compagnia.
Vedi come vogliono bene al
tuo grosso zio? gli aveva detto
con un certo orgoglio uno dei primi
giorni. In tutto il quartiere non
c' un cane che oserebbe farmi
torto. Tutti mi vogliono bene, ah!
ah! ah!
Ma ci non piaceva a Joe.
Avrebbe voluto far qualche cosa, ma
zio Ned se l'era quasi presa quando
gli aveva manifestato quell'idea.
Lavorare, tu? O allora che ci
starebbe a fare al mondo zio Ned?
Pensa a godertela, invece, ragazzo
mio!
Joe aveva vent'anni, era
cresciuto nell'Arizona, aveva
studiato in una minuscola cittadina
perduta nel deserto, e tante cose,
appena arrivato a New York, non le
aveva capite, e poi, a dir la verit,
non ci aveva pensato sopra tanto,
infervorato com'era per Ida.
S'erano conosciuti in treno,
durante la traversata del continente,
e in quei quattro giorni s'erano
scaldata ben bene la testa. Ida era
figlia del finanziere Runcimann,
aveva diciott'anni e tornava dal suo
soggiorno nel West con l'anima
piena di quei paesi meravigliosi,
sicch Joe le era sembrato il suo
ideale, e altrettanto lei era sembrata
a lui. Ma il loro trasporto
sentimentale appena giunti a New
York era deragliato urtando contro
Mister Runcimann, al quale
ingenuamente Ida aveva confidato
il suo amore.
una cosa seria? aveva
chiesto a sua figlia.
Serissima, babbo!
Allora bisogna smetterla
subito. Ci mancherebbe altro che tu
ti compromettessi con un
ragazzotto del West che non sa
probabilmente far altro che andare
a cavallo
Mistress Poldon, la governante
di Ida, aveva quindi ricevuto delle
rigide istruzioni e ai due innamorati
era stato tolto ogni mezzo di
incontrarsi. Mistress Poldon era
una di quelle terribili donne che
non hanno mai avuto una giovent.
Se l'avesse avuta, avrebbe lasciato
che i due ragazzi almeno si
vedessero qualche volta, e si
scrivessero. Invece nulla, e
naturalmente i due ragazzi avevano
immaginato una maniera per
trovarsi assieme ch'era proprio la
peggiore, al solito, come accade in
questi casi.

Zio Ned andava molto superbo


di suo nipote. Nessuno nel
quartiere aveva mai saputo che il
grosso Ned avesse dei parenti,
neppure i suoi amici pi intimi.
Quando Joe arriv a New York,
nello speakeary di Pat Sullivan e in
altri siti si fecero molti commenti
sul giovanotto, ma non ci fu alcuno
che sapesse dire esattamente
perch il grosso Ned dimostrasse di
voler tanto bene a quel nipote del
quale non aveva mai parlato. C'era
dietro tutta una storia, ma essa era
sepolta nel passato e nessuno la
ricordava pi. Ma la cosa che dest
una gran meraviglia capit circa un
mese e mezzo dopo l'arrivo di Joe,
proprio da Pat Sullivan, in un'ora
tranquilla di un pomeriggio, quando
nel locale non c'erano ancora
clienti, tranne quattro o cinque
amici del grosso Ned, radunati a un
tavolo con lui. In quel momento la
compagnia non era allegra e
chiassosa come al solito. Gli uomini
parlavano sottovoce, gravemente,
guardandosi negli occhi, e sul tavolo
c'erano solo bicchieri di koka-kola e
coppe di gelato. Niente whisky,
niente gin.
Amici miei, disse dopo un
lungo silenzio il grosso Ned
scuotendo la cenere del suo sigaro
l'affare che Harry Blake ha
proposto veramente ottimo, ma
per stavolta io rinuncio. Anzi, di
questi affari non ne far pi,
decisamente. Ne ho abbastanza,
voglio cambiar vita. Forse lascer
presto New York, e intendo restare
nei termini migliori con la polizia,
ora che ho mio nipote con me. Quel
ragazzo non ha inclinazione per
vivere al nostro modo, cresciuto in
un altro ambiente Basta, credo
che ci siamo capiti; io lascio il mio
posto e, non per darvi un consiglio,
ma credo che con Harry Blake alla
testa potrete combinare tutto quel
che volete, anche senza di me!
Un'eco di esclamazioni e di
proteste accolse la inaspettata
dichiarazione del grosso Ned, e
primo di tutti fu Harry Blake, che
disse:
Ma tu diventi pazzo, vecchio
Ned! Noi non vogliamo affatto
perderti. Tu devi restare con noi!

Era una notte d'autunno, oscura


e calda. Attraverso la finestra aperta
entrava nella stanza buia il
mormorio di fronde d'albero del
giardino e il confuso rombo lontano
della citt insonne, attenuato dalla
distanza. Gi da pi di un'ora Ida e
Joe stavano insieme come al solito
nel salottino accanto alla camera da
letto della ragazza. Non era difficile
entrare nella villa del finanziere
Runcimann, quando si fosse
lasciata un'imposta aperta al piano
terreno. Una volta o due alla
settimana Ida la apriva a Joe.
Ascolta! mormor a un
tratto la ragazza qualcuno si
alzato, senti? Mio Dio, basta che
non sia il babbo Ho paura, Joe!
Il giovane tese l'orecchio, ma
non ud nulla. Ida tremava. Pass
un lungo momento.
Ti sar sembrato, egli
sussurr. Non si ode nulla.
Col cuore palpitante i due
giovani attesero. Nessun rumore
turbava il silenzio in cui era
immersa la casa.
meglio che tu vada, disse
Ida dopo un po'. Dopodomani
mio padre sar via e ci potremo
vedere pi tranquilli. Ma ora vai
Joe si alz e strinse a s la
fanciulla. Essa tremava ancora.
Non mi accompagnare. Ormai
conosco bene la via. Fra un minuto
sar in giardino, stai qui tranquilla.
I due giovani si abbracciarono e
Joe scivol cautamente fuori dalla
porta. Nel corridoio c'era un
barlume che veniva dalla loggia da
cui partivano le scale. Egli lo
percorse adagio fino al pianerottolo,
poi scese velocemente la gradinata
sulla quale non c'erano da temere
scricchiolii, essendo di marmo. Il
vestibolo era in un'oscurit
completa, che pareva pi densa per
effetto della semiluce che dalla
vetrata della loggia si diffondeva
anche sulle scale. Egli si arrest un
istante prima di inoltrarsi nel
vestibolo in direzione della porta
del salone, da una delle cui finestre
doveva uscire.
Aveva raggiunto la porta senza
urtare in nessun mobile quando a
un tratt si senti afferrare da una
mano possente per il bavero della
giacca, mentre un'altra gli chiudeva
la bocca. Non una parola o ti
torco il collo! gli soffi in un
orecchio una voce minacciosa. Poi il
lampo fugace di una lampadina
tascabile si accese, illuminandogli il
viso. Tu, Joe? Cosa diavolo fai
qui? aggiunse la voce, che
stavolta egli riconobbe.
Zio Ned!
Zitto, ragazzo! Ah, peste!
In fondo al vestibolo s'era udito
un rumore e subito dopo la vasta
sala si illumin.
Siamo scoperti, salvati!
grid il grosso Ned lanciandosi fuori
dalla porta. Joe esit, interdetto.
Non capiva pi nulla.
Su le mani, e fermo! gli
ordin qualcuno. Dall'altra
estremit del vestibolo un uomo in
veste da camera lo teneva sotto la
mira di una grossa pistola, alz le
mani in aria

Il signor Runcimann fiss sua


figlia, che attenta stava di fronte a
lui, e poi si mise a ridere indicando
Joe.
Dunque quello sarebbe il tuo
innamorato? Famoso davvero! Ma
chi erano i suoi compagni che
hanno svaligiato la mia cassaforte?

Non erano con me, ve lo


giuro! afferm il giovane. Non
li conosco!
Gi, non erano con voi! Per
uno vi ha gridato di mettervi in
salvo, quando Peter vi ha scoperti!
Ed eravate assieme sulla soglia del
salone. Incontro fortuito e scambio
di cortesie, immagino! Eh, vedremo
se la polizia si berr questa storiella,
giovanotto mio! Quanto a te,
vattene in camera tua, per ora, a
meditare che razza di tipo il tuo
rubacuori. Non voglio che tu sia qui
quando arriver la polizia. In questa
faccenda non devi comparire, anche
se lui cercher di tirarti in ballo
Se voi non credete a vostra
figlia e a me, sta bene, ma non avete
alcun diritto di insultarmi e state
pur certo che, qualunque cosa
accada, io non far mai il nome di
miss Ida disse Joe fieramente.
Il finanziere stava per ribattergli,
quando un servo annunci l'arrivo
della polizia.

Le ore passavano lente e


tormentose nel nascondiglio
sotterraneo dello speakeary di Pat
Sullivan, dove il grosso Ned e i
compagni si erano rifugiati dopo
l'avventura della notte. Una crudele
incertezza li teneva. Joe, ch'era
rimasto in trappola nella villa
Runcimann, aveva parlato? Stretti
da questo dubbio, essi non avevano
osato uscire dalla citt, giacch se
Joe aveva fatto il nome di suo zio
alla polizia, questa doveva essersi
messa immediatamente sulle loro
tracce.
Ma cosa faceva tuo nipote da
Runcimann? chiese per la
centesima volta uno della banda.
E chi ne sa nulla? Questo un
mistero. A meno che Joe non si
trovasse l per una donna. l'unica
spiegazione possibile!
Bell'affare! e adesso siamo
nelle mani di quel ragazzo!
Ma poco dopo la botola si alz e
Pat discese mentre tutti gli
correvano incontro.
Tutto bene, amici! egli
grid. Il giovanotto non ha
parlato! Egli rifiuta di dire alla
polizia cosa faceva da Runcimann, e
ha dichiarato che non conosceva
nessuno degli altri Nessuno cerca
di voi, il quartiere tranquillo
Qualcuno batt un colpo sulla
spalla del grosso Ned dicendo:
Eh, l'ho sempre detto io che in
tuo nipote c'era della stoffa!
Ma il grosso Ned non pareva
molto lusingato. Mentre gli altri
sembravano contenti delle buone
notizie portate da Pat, egli restava
pensieroso e preoccupato. Tutti si
stupirono non udendo risuonare la
sua solita risata
Il gobbo che vendeva giornali
all'angolo della strada, appena
scorse l'Ispettore e i tre agenti che
avanzavano, si inchin:
Buon giorno, Ispettore. Vuole
l'Examiner appena uscito?
offr.
Hello, boy! disse
familiarmente l'Ispettore,
fermandosi. Niente giornali, oggi.
Dimmi un po', hai visto il grosso
Ned in giro?
No, sono due giorni che
manca. Credo sia fuori citt con
degli amici, a divertirsi. Li ho visti
partire, e non sono ancora tornati
Ah! esclam l'Ispettore,
fissando dall'altra parte della strada
l'onesta mostra del Sullivan
Restaurant Pat forse sapr dove
sono andati.
Ma il bravo Pat cadde dalle
nuvole, quando l'Ispettore glielo
chiese.
In gita? Ma non mi hanno
detto dove, e neppure quando
sarebbero tornati. Si pu sapere
perch?
Uhm! borbott l'Ispettore.
molto che ci conosciamo,
Pat, non vero?
Dunque?
Nulla, nulla! Buongiorno,
Pat!
Ma non era giunto alla soglia del
locale, quando dei colpi e delle grida
soffocate, che provenivano senza
dubbio dall'interno, lo fecero
sostare.
Cosa succede, Pat? chiese
voltandosi verso il padrone del
ristorante. Questi si strinse nelle
spalle con aria indifferente, ma era
diventato cos pallido che l'Ispettore
torn sui suoi passi, insospettito. Le
grida continuavano a farsi
intendere. Pareva che della gente
stesse altercando in qualche posto
rinchiuso.
Forse hanno attaccato briga di
sopra disse Pat indicando il
soffitto.
O qui sotto, invece? rispose
l'Ispettore tendendo l'orecchio. Poi
volgendosi ai suoi uomini
soggiunse: Uno di voi raduni il
personale del ristorante in un
angolo e lo tenga d'occhio, poi
perquisiremo Ehi, Pat, vuoi dirmi
di dove si scende in cantina? Meglio
per te se ti decidi subito!
La botola di legno si alz
lentamente, mentre una voce
ordinava.
Polizia! fermi tutti, mani in
alto!
Un singolare spettacolo si offr
alla vista dell'Ispettore, quando
preceduto dalla sua pistola, la sua
testa fece prudentemente capolino
dalla botola. In un angolo della
stanza, il grosso Ned, solo, teneva a
bada i suoi compagni con una
pistola, mezzo scamiciato e rosso in
viso come se avesse scatenato una
lotta.
Oh, per una volta, Ispettore,
arrivate a proposito! -egli grid,
buttando a terra l'arma. Avevo
bisogno di voi, ma i miei amici non
erano dello stesso parere e volevano
impedirmi di uscire da qui. Ah, ah,
ah!
Spiegatevi!
Sicuro! Ma prima dovrete
essere cos gentile da mandare uno
dei vostri agenti ad agguantare il
gobbo che vende giornali Vi
assicuro che non scherzo, Ispettore.
Non perdete tempo! Senza il gobbo,
non vi posso dir nulla, ed molto
importante quel che ho da dirvi!
Un po' impressionato dal tono
del grosso Ned, l'Ispettore mand a
prendere il giornalaio, senza
insistere a voler spiegazioni.
Non aver paura Jimmy!
esclam Ned quando il gobbo, che
tremava tutto, fu condotto nella
cantina. Da bravo, ora spogliati!
Hai capito, idiota?
Andiamo, Ned, cosa vi salta?
Basta con gli scherzi, e parlate!
uno scherzo, s Ispettore.
Ma chiuso nella gobba di Jimmy,
e se non lo fate spogliare non ne
verrete mai a capo! Ah, ah, ah!
Ma la risata del grosso Ned
venne troncata da un colpo. Egli
barcoll un momento, e poi cadde a
sedere sopra una sedia. Era stato
Harry Blake a far fuoco su di lui,
mentre l'attenzione di tutti era
rivolta sul gobbo. Ma Harry Blake,
che si era slanciato verso la scala,
venne freddato da una scarica degli
agenti, e gli altri banditi tornarono
ad alzare le mani.
Il grosso Ned, afflosciato sulla
sedia, si comprimeva il torace,
scuotendo il capo, mortalmente
pallido. Nel silenzio che era
successo si sentiva il suo respiro
affannoso. Infine egli alz la testa, e
sulle sue labbra apparve un sorriso.
Nella gobba di Jimmy, che
falsa, son nascosti i valori che
abbiamo rubati stanotte da
Runcimann, egli mormor
all'Ispettore che si era chinato su di
lui. Il ragazzo che avete arrestato,
Joe Madon, non c'entra. Egli non
era con noi, capite, Ispettore? Dio
sa cosa diavolo faceva in quella
casa, forse era l per una donna
Provate a chiederlo alle cameriere, o
alla figlia di Runcimann. So che
aveva da qualche parte una
innamorata
Ma non vostro nipote, il
ragazzo?
No. Lo facevo passare per mio
nipote, ma solo figlio di una
donna che in altri tempi mi stata a
cuore Storie lontane E non
potevo lasciarlo in questo maledetto
imbroglio, voi mi capite Ispettore?
Egli non c'entra, ve l'ho detto un
bravo ragazzo Levatelo fuori!
La testa del grosso Ned ricadde
sul suo petto. L'Ispettore lo sorresse
per le spalle, e aiutato da un agente
lo distese a terra. Agonizzava. Ad un
tratto egli si rizz sul gomito, con
uno sforzo disperato, e guardandosi
in giro con gli occhi gi velati dalla
morte, scoppi in una risata:
Ah, ah, ah!
Fu l'ultima risata del grosso
Ned.
Gastone Tanzi - Un
impiccato e un sorso di
gin

Alex Dean fu chiamato da una


telefonata urgente dell'ispettore
Popp. Un morto in Bishops Road a
Paddington, nell'abitazione di
Arthur Grant, il grande gioielliere di
Oxford Street. Un caso gravissimo,
strano, inesplicabile. Non c'era che
prendere la macchina e recarsi sul
posto.
Dieci minuti pi tardi il
poliziotto entrava nel palazzo di
Arthur Grant, una bella costruzione
da poco rimodernata, imponente
all'esterno e sontuosa
internamente. Una casa principesca,
quale poteva concedersi soltanto il
pi famoso gioielliere di Londra,
presidente e maggiore azionista del
Consorzio Diamantifero del Sud
Africa.
Il dramma si era svolto al primo
piano nell'appartamento privato di
Arthur Grant. Dean cominci a
salire senza fretta l'imponente
scalone di marmo, ai lati del quale
erano allineati visi impassibili di
agenti di Scotland Yard e volti
atterriti di domestici e cameriere.
Povero giovane! esclam
una donna tonda e matura al
passaggio di Dean. Cos buono
con tutti, cos caro!
Il poliziotto si arrest davanti a
lei.
Chi il povero giovane?
chiese.
Lionel, signore. Il nostro
piccolo Lionel Gli volevamo tutti
bene!
Come vi chiamate?
Caterina Hopward, signore.
Sono la prima cuoca. Il signor Grant
non si fida che di me, non vuole
cibo che non sia preparato dalle mie
mani. Sono al suo servizio da
vent'anni
Si vede E Lionel chi ?
Ma il nipote del padrone,
signore Un bravo ragazzo che
abitava qui da due anni, da quando
aveva ultimato i suoi studi a
Cambridge.
Abitava?
Un singhiozzo usci dal vasto
petto della cuoca.
stato ucciso! Stanotte
Alex Dean fece di corsa gli ultimi
gradini. Attraversando un ampio
vestibolo fu guidato da un police
per una lunga fila di salotti e saloni
sino al vasto studio di Arthur Grant.
Vi erano il coroner, l'ispettore
Popp, il sergente Davis, alcuni
agenti e il padrone di casa. Popp
mosse incontro a Dean e lo
present al signor Grant. Il
gioielliere appariva profondamente
turbato e commosso. Espresse in
poche parole, quasi balbettante, la
propria soddisfazione per il pronto
intervento di Dean.
Sono sicuro concluse che
grazie a voi sar possibile arrestare
l'ignobile essere che ha ucciso il
mio caro Lionel Non vero che
farete di tutto per vendicarlo, signor
Dean?
Arthur Grant, un bell'uomo alto
e forte ad onta dei sessanta anni
suonati, era curvo sotto il peso del
dolore. Nella sua voce si sentiva il
pianto a fatica rattenuto, nei suoi
occhi vi era un'invincibile tristezza.
Egli doveva essere molto
affezionato a quel nipote, al quale
aveva dedicato le sue cure e il suo
affetto pi caro.
Se permettete, disse con
voce tremante mi ritiro. Non so
reggere a questo spettacolo. uno
strazio per il mio vecchio cuore.
Quando il gioielliere se ne fu
andato, l'ispettore Popp diede a
Dean qualche particolare sul fatto.
Era stato verso le otto del
mattino che un domestico, volendo
entrare nello studio dalla parte del
corridoio per la quotidiana pulizia,
si era accorto che la porta era chiusa
internamente. L'altra porta dello
studio dava nelle camere del
padrone e per raggiungerla
bisognava attraversare la piccola
biblioteca, il salotto privato, la
stanza adibita a spogliatoio e la
camera da letto di Arthur Grant. Ci
mise in imbarazzo il domestico, che,
incerto fra il dovere da compiere e
la necessit di disturbare il
gioielliere, aveva finito col
rimandare a pi tardi il disbrigo
delle faccende. Alle nove il signor
Grant, prima della colazione,
com'era sua abitudine, si rec nello
studio ma trov che la porta era
chiusa dall'interno. Credendo fosse
stato il domestico inavvertitamente,
lo chiam e fu cos che si pot
constatare come entrambe le porte
dello studio fossero chiuse
internamente.
Il fatto era cos strano che non
manc di allarmare. Qualcuno, un
intruso certamente, doveva essere
penetrato nello studio ed esservi
rinchiuso. Il pensiero di Arthur
Grant era corso subito alla
cassaforte, in cui erano custoditi
tanti diamanti per la cifra di almeno
cinquecento mila sterline. Un vero
tesoro da nababbo.
Si tent di aprire, ma fu
necessario ricorrere all'opera di un
fabbro. Lo spettacolo presentatosi
alla vista del gioielliere e dei
domestici fu macabro, terrificante.
Da uno spigolo del grande camino,
le mani legate dietro il dorso e la
bocca tappata da un grosso
fazzoletto, pendeva inerte il corpo di
Lionel Grant, il nipote adorato del
gioielliere.
Le membra irrigidite, gli occhi
spenti nelle orbite gonfie e nere, le
labbra tumefatte, erano altrettanti
segni dell'inesorabilit della
tragedia. La morte, come poi
constat il medico legale, risaliva ad
almeno otto ore prima.
Non vi era alcun dubbio che si
trattasse di un delitto, ma come
aveva potuto fuggire l'assassino se
le due sole porte erano chiuse dal di
dentro? Dalla finestra no, perch
una robusta inferriata, azionabile
elettricamente dalla camera da letto
del gioielliere, era abbassata. Dal
camino? Neppure. Una solida grata
di acciaio, al cui contatto si
sprigionava una forte corrente ad
alta tensione, ne impediva il
passaggio.
Mai caso si era presentato pi
oscuro, pi misterioso. Nessuna
impronta digitale, escluse quelle
dell'assassinato e del gioielliere.
Nulla che rivelasse la presenza di
un'altra persona nello studio.
Eppure il giovanotto, attratto da
qualche rumore sospetto, era
entrato ed aveva trovato una morte
orribile.
E la cassaforte, aperta con le
chiavi che ancora pendevano dalla
serratura e che appartenevano al
signor Grant, era stata vuotata del
suo prezioso contenuto.

Alex Dean si pose a esaminare


con grande cura lo studio.
Ritto sulla soglia del corridoio,
faceva girare lo sguardo attorno a s
minuziosamente. Le pareti, tolto lo
spazio occupato dalle due porte, dal
camino e dalla finestra, erano
coperte sino al soffitto da grandi
scaffali di noce colmi di libri rilegati
in cuoio rosso cupo. Nell'angolo a
sinistra, fra il camino e la finestra,
era disposta diagonalmente la
grande massiccia scrivania del
signor Grant. Nel muro, dietro la
scrivania, era incastrata la
cassaforte verniciata pure di rosso
cupo.
A destra, invece, nell'angolo fra
le due porte, un tavolino ovale di
stile moderno, era riservato al
necessario per fumare e a un
servizio di bicchieri, sistemato con
alcune bottiglie di liquori in un
piano inferiore. Non vi era posto per
quadri alle pareti, mentre il
pavimento era ricoperto da un folto
strato di soffici tappeti di Bokhara e
di Tashkent.
Il corpo di Lionel Grant, su cui
era stato pietosamente posto un
lenzuolo, giaceva a terra davanti al
camino. Dean gli si avvicin e lo
scopr, restando un momento
immobile a fissarlo. La morte
tragica aveva ridotto in sfacelo il
volto del giovane, i cui lineamenti
dovevano essere stati fini e regolari.
La fronte alta era solcata da fondi
segni blu. Gli occhi chiusi erano
enormemente gonfi: pareva che
stessero per schizzar fuori
attraverso le palpebre abbassate.
Intorno alla gola vi era ancora la
corda, che nessuno aveva toccato.
Era stata tagliata a un'estremit
allorch lo avevano tolto dalla
posizione macabra in cui era stato
trovato. I polsi erano tuttora legati
dietro la schiena.
Alex Dean raccolse un fazzoletto
bianco presso il capo del morto, lo
annus e lo mostr a Popp senza
parlare.
S, annu l'ispettore. Lo
aveva intorno alla bocca come
bavaglio.
Imbevuto di cloroformio
fece Dean, raccattando una fiala di
vetro sottile, spezzata a
un'estremit.
Evidentemente lo hanno
narcotizzato prima, poi legato e
quindi impiccato spieg Popp.
Doveva esserci una dose
molto forte di cloroformio, se, a
distanza di tante ore e malgrado
porte e finestre siano aperte, l'odore
ancora tanto acuto.
Alex Dean seguiva un pensiero
suo, che le parole non rivelavano
intero.
Vorrei che fosse fatta
l'autopsia al pi presto esclam.
Ma evidente che la morte
dovuta a strangolamento
intervenne il coroner.
Se dovessimo stare
all'evidenza, ribatt
tranquillamente Dean sarebbe
inutile cercare un assassino
Spiegatevi meglio Dean.
Non evidente, disse con
tono lievemente beffardo il
poliziotto, calcando sulla parola
evidente che di qui nessuno
uscito dopo la morte della vittima?
Ci significherebbe, se ci dovessimo
rimettere all'evidenza, che il
colpevole o qui o non esiste
Ma paradossale borbott
il coroner.
Paradossale, ma evidente
ripet Dean, tornando ad abbassarsi
sul cadavere.
Rivolse la sua attenzione alla
corda, esamin il solco viola della
gola, poi guard le mani, che erano
tenute insieme dietro la schiena da
un altro pezzo di corda.
Strano esclam,
rialzandosi. Questo nodo non
affatto stretto Osservate, Popp.
Non vi sembra che non avrebbe
dovuto essere difficile sciogliersi da
un nodo simile? stato fatto
certamente da mani inesperte
Avete notato che non un nodo
scorsoio, quello che ha provocato la
morte? La corda stata
semplicemente avvolta in doppio
giro attorno al collo e i capi uniti da
un comune nodo da marinaio,
appesi allo spigolo del camino.
Dean, si fece dare un doppio
metro a nastro dal coroner, misur
l'altezza del morto e quella del
camino.
La vittima avrebbe potuto
sciogliersi da quella pericolosa
posizione, solo che con un lieve
sforzo si fosse alzata sulla punta dei
piedi. Il livello dello spigolo di
pochi centimetri pi alto del collo di
Lionel Grant.
Gi, fece il coroner ma
l'effetto del cloroformio ha
impedito al giovane l'uso delle
facolt, e annebbiandogli il cervello
gli ha intorpidito le forze.
ci che penso anch'io
ammise Dean.
Mi sembra che si faccia
dell'accademia, proruppe
l'ispettore Popp. I fatti si possono
abbastanza agevolmente
ricostruire
Alex Dean lo guardava
ironicamente.
Sentiamo la vostra
ricostruzione, caro Popp.
Verso la mezzanotte o l'una il
giovane Grant, che non si era
ancora coricato, come dimostra
l'abito che indossa, ha sentito dalla
sua camera o dal salotto vicino un
rumore sospetto. accorso qui
senza badare ad agire con
circospezione. Il ladro, accortosi di
essere scoperto, ebbe buon gioco a
preparare la difesa. Attese dietro la
porta col fazzoletto cloroformizzato
in mano e appena il giovane fu
entrato gli si gett sopra
riducendolo all'impotenza e
fuggendo poi col bottino.
Bravo Popp! Se un vostro
dipendente vi dimostrasse tanta
intelligenza, son certo che lo
licenziereste su due piedi
Dean!
Non pigliatevela, amico mio,
ma vi sono almeno tre punti che
tendono a demolire la vostra
ipotesi. Il primo che un ladro
normalmente non uccide, a meno
che proprio non vi sia costretto; ma
un'eventualit assai poco
probabile perch l'animo di chi ruba
timoroso, guardingo, pavido e non
audace, violento e, diciamo, in certo
qual modo, coraggioso, come quello
del criminale sanguinario. Gli
scassinatori di casseforti, i truffatori
difficilmente saprebbero macchiarsi
d'un delitto di sangue. E poi se lo
aveva gi addormentato, perch
ucciderlo? Il secondo punto che,
come avete visto anche voi, non
esistono qui dentro tracce di terzi:
non un'impronta digitale, non orme
di passi sui tappeti, nulla insomma
che riveli la presenza di estranei. Il
terzo punto infine, di capitale
importanza, che le porte erano
chiuse internamente senza
possibilit di equivoco; le chiavi
sono nelle toppe, e quindi si deve
escludere anche la fantastica
possibilit escogitata da Wallace nel
suo famoso romanzo L'enigma
dello spillo-, inoltre non vi
chiusura automatica. Tutto
assolutamente in regola, ma
l'assassino?
L'ispettore Popp, seccato pi di
quanto non volesse parere, volle
fare a sua volta dell'ironia.
Non andrete per caso a
tirarmi in ballo gli spiriti, eh, Dean?
Spiriti che rubano milioni in
diamanti? Sarebbero spiriti
pratici, se non altro rise Alex
Dean.
Eh, no, caro Popp, un
colpevole c', e come!
Venne dal corridoio il rumore di
una discussione. Mentre l'ispettore
si dirigeva verso la porta, questa si
apr e apparve un agente con una
lettera in mano.
Che accade? chiese Popp.
Un domestico ha ricevuto ora
questa lettera e si rifiutava di
mostrarmela indirizzata a
Il polke tacque e con un cenno
indic il morto.
L'ispettore prese la lettera dalle
mani dell'agente, che fece per
ritirarsi.
Aspettate gli ordin Dean.
Introducete qui il domestico che
non voleva darvi quella lettera.
Apparve un uomo sulla
quarantina, alto, ben pettinato,
impassibile: il suo volto pi che la
sua livrea rivelava la qualit del
servitore. Non mostrava stupore.
Come vi chiamate?
Austin, Giacomo Austin. Ma
mi chiamano tutti Joe.
Siete da molto tempo al
servizio del signor William, il
fratello del signor Arthur?
Da nove anni, signore.
Le vostre mansioni?
Dapprincipio, quando fui
assunto, ero destinato al servizio
del signor William.
Mi pare che sia morto.
Infatti, signore. Da quattro
anni. Passai allora ai salotti del
primo piano. Dovevo badare io a
tutto. Poi, quando usc da
Cambridge il signorino, mi
cambiarono nuovamente incarico.
Divenni il suo cameriere personale.
Allora saprete anche
certamente chi la donna che ha
mandato quella lettera
L'ispettore Popp, che aveva nel
frattempo aperto la lettera e letto il
contenuto, mostr il suo vivo
stupore.
Come fate a sapere, Dean, che
una donna?
Chi volete che scriva a un
giovane di ventidue anni?
Il direttore della Banca
d'Inghilterra, Popp? O il vicer
delle Indie? Rispondetemi
dunque, Joe.
Gladys Mackintosh, signore.
L'attrice di variet? chiese
Popp.
Credo, signore, che sia per
l'appunto l'attrice.
Da quando durava la
relazione, Joe?
Da sei mesi, signore, se
proprio devo dirlo.
Il signor Lionel la vedeva
spesso?
Tutti i giorni, signore, e tutte
le sere.
Una vera passione
comment Dean. Volete
mostrarmi quella lettera, Popp?
una missiva d'amore, Dean
fece l'ispettore, tendendogli la
lettera. Non ha alcun rapporto col
delitto.

Mio adorato,
ti ho aspettato ieri sera come
sempre e non so spiegarmi perch,
dopo la telefonata a teatro, non ti
sia pi fatto vivo. Sai che desidero
tanto esserti vicina. Un'ora senza te
un tormento. Vieni presto ad
abbracciare la tua
Gladys

Alex Dean mise in tasca la


lettera e si rivolse nuovamente al
domestico.
La signorina abita
nell'appartamento donatole dal
signor Lionel, vero, Joe?
Il domestico mostr un lieve
imbarazzo e non rispose.
Comprendo la vostra
discrezione, ma ogni reticenza da
parte vostra potrebbe contribuire a
rendere pi oscuro il dramma, che
costato la vita a questo giovane.
Ma la signorina Gladys non
ha nulla a che vedere col delitto!
esclam Joe.
Posso anche essere della
vostra opinione, Joe: ma non sta a
voi esprimere giudizi in merito.
Ebbene, s, signore. La
signorina abita nell'appartamento
che il signorino ha voluto offrirle in
pegno del loro amore.
E dove si trova?
In King's Road, signore.
Numero 141.
Perbacco! esclam Dean.
Non stato un dono da poco.
Il signorino non badava a
spese per lei, signore. Ed ella era
ben degna del suo amore, ve
l'assicuro.
E lo zio non trov mai nulla a
ridire su questa relazione?
Il signor Grant avrebbe fatto
qualunque cosa per il nipote; non
credo gli abbia mai negato nulla e
gli passava un forte assegno
mensile.
Vi ho chiesto se non obbiett
mai nulla a proposito della
relazione di suo nipote.
Credo ne fosse all'oscuro
fece il domestico con voce pi
bassa. Il signorino Lionel mi
preg di tacere allo zio i suoi
rapporti con Gladys Mackintosh.
Si telefonavano spesso i due
amanti?
No, signore. Il signorino
passava per la maggior parte del suo
tempo presso la sua amica. Che
bisogno avevano di telefonarsi?
Anzi posso dirvi che egli non voleva
che essa lo chiamasse qui per
evitare che lo zio venisse a sapere.
La signorina Gladys avr telefonato
in tutto tre o quattro volte
Evidentemente quando aveva
cose urgenti da dire, -fece Dean
quasi parlando fra s. In tal caso
la telefonata di ieri sera assume un
valore particolare.
Sapete anche questo, signore?

Ne conoscete l'argomento,
Joe?
Vi dir, signore Fui io a
ricevere la comunicazione. La
signorina telefonava dal teatro.
Dovevano essere le undici e mezzo.
Avvertii il signorino Lionel, che
rispose, me presente. Le disse che
non aveva potuto il giorno prima,
ma che stesse tranquilla, che
avrebbe provveduto. Poi le solite
frasi molto affettuose
Ho capito tronc Dean,
dirigendosi verso il tavolino da
fumatori.
Si chin, scelse la bottiglia del
gin e ne riemp a met un
bicchierino. Ne bevve una sorsata,
poi, esprimendo una viva
meraviglia, si chin e riprese fra le
mani la bottiglia, che esamin
attentamente.
Che liquore questo, Joe?
chiese, mostrando la bottiglia al
domestico.
Gin, signore.
Ne siete sicuro?
Come, signore!? l'etichetta
Assaggiatelo, Joe
Il servo fece un passo indietro
con un gesto il cui significato era
che non si sarebbe mai permesso di
bere insieme coi signori.
Alex Dean tese il bicchiere e la
bottiglia all'ispettore.
Assaggiatelo voi, Popp.
Il funzionario port alle labbra il
bicchiere con una certa riluttanza.
By God! esclam. Questo
non gin! curacao.
Come pu essere avvenuto
questo errore, Joe? chiese Alex
Dean.
Robert, signore, che si
occupa dello studio del signor
Grant.
Alex Dean, cercando nel ripiano
del tavolo, aveva trovato fra le altre
la bottiglia del curacao, l'unica che
non fosse di vetro trasparente.
Perch mettere il curacao
nella bottiglia del gin quando vi
quella del curacao inconfondibile
fra tutte?
Stapp la bottiglia e fece l'atto di
versare il liquore.
Una pioggia di diamanti riemp
il bicchiere, trabocc, si sparse per il
vassoio.
straordinario! sfugg
all'impassibile coroner.
I diamanti rubati! fece
l'ispettore.
Siete un mago, signore
disse il domestico.
Rimasero nello studio il coroner,
l'ispettore Popp e Alex Dean. Il
poliziotto era andato a sedere
nell'ampia poltrona del gioielliere.
Avete compreso ora come si
sono svolti i fatti? chiese ai due
funzionari con l'aria pi naturale di
questo mondo.
Compreso? si meravigli il
coroner. Che cosa si dovrebbe
aver compreso?
Volete burlarvi di noi, Dean?
scatt a sua volta l'ispettore di
Scotland Yard. Mi pare che al
punto in cui siamo le cose siano pi
complicate di prima.
Vi pare? fece Dean col suo
solito tono canzonatorio.
Smettetela! s'adir Popp.
Non il momento di scherzare.
ci che penso anch'io, caro
Popp Tutto ormai cos chiaro!
Chiaro? Giuro che mi fate
perdere la pazienza, Dean!
Non perdetela, Popp, ch mi
molto preziosa la vostra pazienza
Sedete l, piuttosto e ascoltatemi
L'ispettore comprese che Dean
parlava seriamente. And a
sederglisi di fronte imitato dal
coroner.
un brutto caso, cominci
Alex Dean. Avrei preferito non
esserne immischiato.
Guard in direzione delle
camere del gioielliere.
Povero vecchio! mormor.
Quanta pena
L'ispettore Popp ballava sulla
sedia, come se su tizzoni accesi.
Volete spiegarvi, Dean?
Quella donna non colpevole,
fece Dean ma tutto accaduto
per colpa sua Uscito dal collegio, il
giovane Lionel, appena ventenne,
bel ragazzo, ricco, unico nipote di
uno degli uomini pi ricchi di
Londra, fu in breve presto nei
gorghi di quello che si suole
chiamare con un triste eufemismo
la bella vita. Da principio
l'assegno mensile dello zio gli bast
per spassarsela brillantemente.
Ritrovi notturni, donnine allegre
ma non molto costose, qualche
breve viaggio. Le cose cambiarono
quando nella sua esistenza si
affacci Gladys Mackintosh. Il
ragazzo credette d'aver trovato il
paradiso in terra, l'amore unico,
grande. Lei, ben conoscendo le
possibilit economiche di una
simile relazione ebbe buon gioco a
mostrarsi ardente, appassionata,
bruciata dal fuoco di un amore
profondo. Egli pot far fronte per i
primi mesi alle esigenze della
donna, che con molta scaltrezza
deve aver saputo fingere un relativo
disinteresse. In questi ultimi tempi,
improvvisamente, protestando
chiss quali gravi impegni, ella deve
aver chiesto forti somme di denaro.
Lionel, temendo il giusto
rimprovero dello zio, al quale aveva
tenuta celata la relazione
coll'attrice, riusc a far fronte in
qualche modo alle prime richieste.
Sono certo, Popp, che se
indagherete in tal senso, troverete
che il giovane ha contratto debiti
con qualche usuraio della City Ieri
o ier l'altro la Mackintosh deve aver
sparato il colpo grosso.
Disperazione di Lionel e nascita nel
suo cervello di una idea pazza:
derubare lo zio Dal pensiero del
furto alla attuazione il povero
giovane deve aver molto esitato,
sinch la telefonata di ieri sera
venne a far cadere ogni incertezza.
La donna del suo cuore aveva
bisogno di lui: come negare? Le
rispose per telefono che avrebbe
provveduto e, caduta la notte, si
mise all'opera. Non gli fu difficile
impadronirsi dei diamanti, sapendo
dove lo zio teneva le chiavi, e
conoscendo la parola d'ordine da
comporre per aprire la cassaforte.
Nascosto il bottino nel curacao,
certo che nessuno sarebbe andato a
cercare i diamanti l dentro e col
proposito di prenderseli pi tardi,
chiuse le porte dello studio
dall'interno per confondere le idee
alla polizia, si leg le mani in
maniera molto sommaria dietro la
schiena, dopo essersi legato un
fazzoletto sul viso a modo di
bavaglio ed aver passato il capo di
un'altra corda, che s'era avvolta
intorno al collo, allo spigolo alto del
camino. Tutto ci Lionel fece per
creare la messa in scena
dell'aggressione. Anzi per renderla
pi verosimile, s'era posto fra i
denti l'estremit di una fiala di
cloroformio. Tutto bene per lui se
avesse considerato il pericolo grave
della corda al collo. Una volta
spezzata la fiala, il cloroformio gli
fece perdere i sensi. Egli, che s'era
appoggiato alla parete presso il
camino calcolando che la corda
scorresse intorno allo spigolo,
scivol a terra Ma il suo peso non
consent al cappio di girare Grant
pass dalla narcosi alla morte in
pochi minuti
terribile! mormor il
coroner.
Alex Dean si alz, and a
prendere il cappello, i guanti e il
bastone, che aveva deposto su una
sedia, e s'avvi alla porta del
corridoio.
Me ne vado, Popp disse.
Ho un impegno
C'era molta amarezza nella sua
voce. L'ispettore assai turbato dalla
ricostruzione perfetta fatta da Dean,
and a stringergli la mano.
Vi ringrazio, Dean fece.
Alex Dean gett un ultimo
sguardo al cadavere del giovane, poi
infil i guanti lentamente.
Volete un consiglio, Popp?
Non direi nulla a quel povero
vecchio I diamanti ci sono:
nessun furto stato commesso La
morte Potrete dire che aveva
bevuto un po' troppo, il ragazzo, e
s'era legato per fare uno scherzo.
Un incidente, insomma Ma che
sia risparmiato il fango sulla sua
memoria Le donne, caro Popp.
Cosa ne dite voi, coroner?
Il coroner abbass il capo senza
parlare, in un tacito assenso.
Gastone Tanzi - La
collana di perle nere
1

L'assassinio di Anna Maria


Southern Dale aveva
profondamente turbato e
commosso tutta Londra: l'anima
popolare particolarmente
sensibile a contatto con certi
avvenimenti, lieti o tristi, che ne
fanno vibrare le corde pi riposte.
La fine tragica della bellissima
fanciulla, figlia primogenita di Lord
Reginaldo Southern Dale, Pari
d'Inghilterra e ultimo discendente
di una casata illustre che nel corso
di dieci secoli aveva dato magistrati
insigni, uomini di lettere,
legislatori, navigatori famosi,
guerrieri e uomini di stato. Anna
Maria, compiuti appena venticinque
anni, era prossima ad andare a
nozze con un giovane ufficiale di
Marina, Henry Morland, che ora
siede, pallido e cupo, sul banco degli
accusati, per quanto contro di lui
non vi siano prove sicure di
colpabilit ma soltanto dei forti
indizi. L'avvocato Sheridan della
difesa ne sostiene la completa
innocenza, mentre la polizia e le
autorit inquirenti sono convinte
che egli e non altri ha strangolato la
povera fanciulla.
Presiede la Corte Sir Lincoln
Whitney, che gi nelle udienze
precedenti si sforzato invano di
fare un po' di luce sul tenebroso
mistero. Procuratore Generale
l'avvocato Hackaert, capo della
Giuria il signor Richard Bowles,
piccolo industriale di Bloomsbury e
trepido padre di famiglia.
PRESIDENTE: Prego Lord
Southern Dale di volerci fare una
ricostruzione completa dei fatti a
sua conoscenza.
SOUTHERN DALE (vero tipo
classico gentleman-, alto, fiero,
elegante, misurato anche nel
dolore, portamento distinto,
sessantanni circa, viso glabro,
monocolo all'occhio destro, capelli
d'argento): Fu la sera del 10
marzo. Avevamo avuto qualche
amico a pranzo: la baronessa
Blessington, vedova del generale
Lord Blessington, scomparso
durante la guerra a bordo
dell'incrociatore Hampshire,
dove si era imbarcato con Lord
Kitchener; Sir Ramsay Mac Millan,
deputato ai Comuni e leader del
partito conservatore; William
Suckling, mio amministratore; il
tenente Henry Morland, fidanzato
della mia povera Anna Maria
(parla molto lentamente, in modo
chiaro, ma nella sua voce vi una
commozione intensa).
PRESIDENTE: Non vi era altri a
pranzo?
SOUTHERN DALE: No La mia
famiglia, naturalmente: mia moglie,
le tre ragazze, Anna Maria,
Elizabeth e la piccola Violet, e
Leslie, il mio terzogenito e unico
maschio Infine, miss Gena
Haverfield, l'educatrice, l'amica, la
compagna di studi e di giochi delle
mie figliole. con noi da diversi
anni oramai e la consideriamo come
se facesse parte della famiglia
Terminammo di pranzare alle nove,
facemmo un bridge mentre i ragazzi
col tenente Morland e miss Gena
giocavano a ping-pong e Suckling si
recava nel mio studio per
aggiornare certi conti. Alle undici e
mezzo i miei ospiti se ne andarono
nel parco con Leslie. Poco dopo
mezzanotte eravamo tutti a letto: lo
posso affermare con sicurezza
perch scesi a prendere un libro in
biblioteca e constatai che tutte le
luci erano spente
PRESIDENTE: E il personale di
servizio?
SOUTHERN DALE: composto
di cinque domestici, che alloggiano
al secondo piano, dove vi sono
anche i locali del guardaroba, la
lavanderia, la stireria, la cucina, la
dispensa e alcune camere di
sgombro, in parte vuote e in parte
occupate da mobili e da oggetti
fuori uso. Una scala di servizio sale
direttamente dal giardino al
secondo piano e serve per la servit
e per i fornitori. Un'altra scala
interna unisce il primo piano, dove
sono situate le nostre camere da
letto e quelle per gli ospiti, oltre gli
spogliatoi e i bagni, al secondo
piano: questa scala si trova in fondo
al corridoio ed assai pi piccola
dello scalone che dal piano terreno
porta al primo piano. Ogni sera
Geoffrey, il maggiordomo che si
ritira sempre per ultimo, ispeziona
tutte le sale del piano terreno, si
assicura che le finestre e le porte
siano chiuse e d le disposizioni per
il giorno seguente: egli e Mary
soltanto si servono normalmente
della scala interna. Tyndale
l'autista, Michele il giardiniere e
Susanna la cuoca non passano mai
per il primo piano perch ci non
necessario al loro servizio.
PRESIDENTE: Chi Mary?
SOUTHERN DALE: Mary Porter,
la cameriera.
PRESIDENTE: Quando fu
scoperto il delitto?
SOUTHERN DALE: Il mattino
dopo, alle sette Fu appunto Mary
a dare l'allarme Essa a quell'ora
porta abitualmente il caff alle
ragazze e miss Gena. Entrata nella
camera di Anna Maria, la cui porta
era contrariamente al solito
socchiusa, vide il corpo della mia
povera cara rovesciato sui cuscini di
traverso e usc gridando nel
corridoio. Accorremmo tutti:
pallida, inerte, gelida, Anna Maria
doveva essere morta da diverse
ore (il padre vecchio si porta una
mano alla fronte come per cacciare
una visione orribile).
PRESIDENTE: Potete ritirarvi,
mylord. Per ora non mi occorre
altro.
SOUTHERN DALE (Si allontana
lentamente; giunto davanti al
banco degli accusati, leva gli occhi
in faccia a Morland): -E io che ti
consideravo come un figlio, Henry!
Assassino!
Assassino! (alcuni policemen
lo allontanano con dolce fermezza).
SHERIDAN: No. Lord Southern
Dale! Non dovete imprecare contro
chi stava per diventare veramente
vostro figlio, coronando il suo
sogno d'amore Il tenente Morland
era degnissimo di voi e del vostro
nome, e lo tuttora, milord!
Nessuno pi di lui piange l'atroce
fine della sua fidanzata adorata
PRESIDENTE (tagliando corto)-.
Sia introdotto il teste Markin.
MARKIN (uomo di mezza et,
basso, tarchiato, voce grossa, modi
piuttosto rozzi, veste la divisa di
sergente di polizia): -La camera da
letto della vittima non presentava
alcuna traccia di disordine o di
violenza: l'unico particolare che
attir la mia attenzione fu la
finestra semiaperta, fatto alquanto
strano dato i rigori della stagione.
Era l'undici marzo, ma soltanto tre
giorni prima aveva nevicato e la
temperatura era ancora invernale.
PROCUR. GEN.: Dite ai giurati,
sergente Markin, dove guardava la
finestra della camera dell'uccisa.
MARKIN: Nel parco, dalla parte
di Queen's Road.
PROCUR. GEN.: E che cosa
avete trovato nel parco, proprio
sotto la finestra?
MARKIN: Delle impronte di
scarpe maschili, signor Procuratore
Generale Ora lo avrei
rammentato.
PROCUR. GEN.: E avete potuto
accertare da chi erano state lasciate
quelle impronte?
MARKIN: Dal tenente Henry
Morland.
MORLAND (levandosi d'impeto,
pallido e fremente): L'ho gi
detto in istruttoria! Mi ero
trattenuto nel parco, dopo che tutti
erano partiti o erano andati a
coricarsi, perch avevo e volevo
farmi perdonare Non si trattava
che di un bisticcio d'innamorati,
una cosa da niente
PROCUR. GEN.: quanto
vedremo. (A Markin) Parlate dei
rilievi da voi fatti nella camera del
delitto, sergente Markin.
MARKIN: La vittima giaceva
nel letto, a met sotto le coperte:
l'assassino le aveva strappato la
camicia da notte, scoprendole il
seno. Gli occhi sbarrati, fuori
dell'orbita, rivelavano senza
possibilit di equivoco che la morte
era dovuta a strangolamento, e in
tal senso si pronunzi infatti pi
tardi il dottor Applegate; ma intorno
al collo non vi erano impronte
digitali: vi si scorgeva soltanto
qualche segno tondo causato dalle
perle di una collana, che la morta
usava portare sempre e che non fu
trovata.
RICHARD BOWLES ( il capo dei
giurati: alto, calvo, vestito di scuro,
tutto compreso dell'importanza
della sua missione): Ma allora il
delitto stato commesso a scopo di
furto?
MARKIN: Ecco qua, signori
Anche a me si affacci subito questa
ipotesi; ma Lord Southern Dale in
persona e poi tutti gli altri familiari,
da me interrogati, mi assicurarono
che quel monile non valeva pi di
qualche scellino Era la
riproduzione di un gioiello di
famiglia, posseduto dai Southern
Dale nei secoli passati. Anche miss
Elizabeth e miss Violet, le altre due
figlie del Lord, possiedono eguali
collane di grosse perle nere, che
portano sempre al collo; ma non
hanno che un valore, diciamo cos,
storico. Non nulla pi che una
tradizione di famiglia.
RICHARD BOWLES: Ma perch
allora l'assassino le ha rubate?
MARKIN: Forse avr creduto
che avessero un grande valore
PROCUR. GEN.: -O forse non si
tratta che di una messinscena per
fuorviare le indagini e occultare la
vera ragione del delitto (rivolto al
Presidente) Se Vostra Grazia vuol
procedere all'escussione del teste
ispettore Popp, che fu incaricato del
prosieguo delle indagini, potremo
sentire altre interessanti rivelazioni.
SHERIDAN: Anche Alex Dean fu
invitato da Lord Southern Dale a
fare delle ricerche ed ha egli pure
cose molto importanti da dire.
PRESIDENTE: Sta bene,
avvocato Sheridan Sentiremo
anche Alex Dean, che stato citato
come teste Ma cominciamo
dall'ispettore Popp.
ISPETTORE POPP: Devo
premettere subito che pochi casi mi
si presentarono tanto oscuri nel
corso della mia carriera tutt'altro
che breve. Chi l'assassino? Qual
il movente del delitto? A queste due
domande, base di tutto l'edificio
dell'inchiesta, ho potuto trovare una
risposta valendomi degli scarsi
indizi e costruendo sopra di essi con
l'intuito e con la logica.
PROCUR. GEN.: Non avete
trovato delle orme sul pavimento in
camera della vittima?
ISPETTORE POPP: S. Orme di
piedi maschili. Andavano dalla
finestra al letto e viceversa.
PROCUR. GEN.: Vedete, signori
della Giuria, come tutti i fili si
allacciano? (a Popp) E avete fatto
qualche altra scoperta, vero?
ISPETTORE POPP: S. Sul
davanzale c'erano delle graffiature
prodotte da scarpe e qualche traccia
di fango, come se dal parco,
valendosi di un tubo di scarico che
passa l vicino e va dal suolo sino
alla grondaia, qualcuno si fosse
arrampicato introducendosi poi
nella camera, dopo essere rimasto
qualche tempo rannicchiato sul
davanzale.
SHERIDAN: Un momento!
Pu il teste affermare in coscienza
che le impronte trovate nella
camera dell'uccisa corrispondessero
a quelle del parco? O quanto
meno pu egli sostenere che esse
appartenessero al tenente Morland?

ISPETTORE POPP: Le impronte


lasciate nella camera non erano ben
chiare e delineate come quelle
trovate nel parco sotto la finestra;
ma ci si spiega con la differenza
esistente fra lo strato di neve, che
sembrava fatto apposta per dare il
massimo risalto alle orme, e il
pavimento di legno delle camera,
dal quale assai pi difficile
rilevare le misure precise delle
suole
PRESIDENTE: Venga introdotto
il teste William Suckling.
SUCKLING ( un uomo sulla
sessantina, allampanato, capelli
tinti, vestito all'antica-, il taglio del
suo abito, il colletto altissimo, da
cui sembra debba schizzar via la
testa, e il cornetto acustico
suscitano l'ilarit nel pubblico):
Sono l'amministratore
dell'onorabilissimo Lord Reginaldo
Southern Dale
PRESIDENTE: Che cosa avete
udito mentre vi trovavate nello
studio di Lord Southern Dale, la
sera del 10 marzo scorso?
SUCKLING (con vivacit):
Sissignore, mio orgoglio avere
sempre servito con fedelt Lord
Reginaldo
PRESIDENTE (reprimendo
energicamente con gesti ripetuti
l'incontenibile ilarit dell'aula):
No, no! (chinandosi verso
Suckling, che punta in aria il suo
cornetto) Vi ho chiesto che cosa
avete udito mentre vi trovavate
nello studio di Lord Southern Dale,
la sera del 10 marzo scorso.
SUCKLING : Stavo facendo dei
conti, allorch ho udito un brusio
(si ride).
SUCKLING : Allora mi sono
alzato e ho aperto la porta della
biblioteca La povera signorina
Anna Maria, che il buon Dio l'abbia
in gloria, stava altercando col signor
Morland Ho visto benissimo i
gesti adirati di entrambi. A un certo
punto lei gli disse: Basta! Non
voglio pi saperne.
PRESIDENTE: Badate, teste
Suckling, che molto grave ci che
affermate Siete sicuro di non
sbagliarvi?
SUCKLING : Imbrogli? Non c'
nessun imbroglio, Vostra Grazia!
SHERIDAN (trionfalmente): Ma
come si pu prendere sul serio un
testimone simile! Se non ci
trovassimo di fronte a un'orribile
tragedia, verrebbe voglia di ridere!
Costui non un teste, una
parodia!
PROCUR. GEN.: Evidentemente
la signorina Anna Maria stava
dicendo al Morland che non voleva
pi saperne di lui e che intendeva
rompere il fidanzamento.
MORLAND (scattando):
Neppure per sogno! Anna Maria era
felicissima di sposarmi! La frase
intesa da Suckling fu realmente
pronunziata, ma si riferiva a un mio
progetto per il viaggio di nozze. Fu
proprio quella anzi la cagione del
nostro bisticcio Io volevo andare a
Parigi e sulla Costa Azzurra, mentre
Anna Maria si era impuntigliata
sull'Olanda e la Scandinavia
PRESIDENTE: Avanti il signor
Alex Dean (nella vasta aula si fa un
improvviso silenzio: la curiosit
del pubblico si acuisce).
ALEX DEAN: Ritengo
opportuno illuminare Vostra Grazia
e la Giuria su alcuni fatti, che,
erroneamente interpretati,
potrebbero recare grave pregiudizio
all'infallibilit della giustizia. Su di
essi stata imbastita tutta l'accusa
contro il tenente Morland I punti
principali, sui quali il giudice
istruttore prima e il procuratore
generale poi, hanno costruito le loro
tesi, sono: le orme nel parco, la
finestra aperta, le traccie di fango
sul davanzale, le impronte nella
camera della vittima. Orbene,
signori, ad un attento esame, tutti
questi indizi si risolvono in
altrettante dimostrazioni
d'innocenza dell'imputato
(mormorii nel pubblico,
esclamazioni di sorpresa).
PROCUR. GEN.: Non avrete
scelto quest'aula per farvi una
esibizione di giochi di prestigio,
signor Alex Dean.
ALEX DEAN: Io prego il signor
Procuratore Generale di lasciarmi
parlare; egli sar libero poi di trarre
le illazioni che vorr dalla mia
deposizione Le orme nel parco
appartengono in realt al tenente
Morland; ma, se sono pi frequenti
presso il muro, sotto la finestra
della fidanzata, esse non si fermano
l: ne dipartono per raggiungere il
piccolo cancello dell'entrata di
servizio, aperto dall'amorevole
complicit di miss Elizabeth, la
secondogenita di Lord Southern
Dale (nuovi mormorii di
sorpresa). Ella voleva che Anna
Maria e Morland facessero la pace
e, se qualcuno avesse pensato ad
interrogarla, avrebbe avuto la
piccola confidenza sentimentale
fatta a me Ed ecco affacciarsi una
prima incongruenza: perch
Morland avrebbe corso il rischio
della non facile ascensione lungo la
facciata del palazzo, quando aveva
via libera e poteva raggiungere la
camera della fidanzata dalla scala di
servizio, semplicemente e
tranquillamente? Ma questo non
che il preludio, signori della Giuria.
Io ho esaminato con la cura pi
minuziosa le impronte lasciate nella
camera del delitto e vi posso dire
che sono state fatte da grosse scarpe
chiodate, perfettamente eguali per
orma e misura a quelle usate da
Michele Drayton, il giardiniere di
Lord Southern Dale
RICHARD BOWLES: Allora
stato
ALEX DEAN: Nossignore, non
stato il giardiniere, che in quel
momento dormiva il sonno del
giusto: ma una terza persona, che si
impadronita delle sue scarpe col
solo scopo di fuorviare le ricerche
E se fosse stato per l'ottimo Popp,
sarebbe riuscita nel suo intento
(risate) Anche le tracce di fango e le
graffiature sul davanzale sono state
fatte con le stesse scarpe: e la
finestra stata lasciata aperta per
far credere che l'assassino fosse
passato di l Ci che avrebbe
potuto fare solo volando, signori
della Giuria, perch n il tubo di
scarico n il muro presentano il
minimo segno o la pi piccola
intaccatura
SHERIDAN (rientrando di corsa e
tutto concitato nell'aula dalla quale
era uscito qualche minuto prima
per una chiamata urgente al
telefono)-. stato commesso un
nuovo mostruoso delitto! (i
giornalisti e gli avvocati invadono
l'emiciclo e si stringono intorno a
Sheridan) La secondogenita di Lord
Southern Dale, miss Elizabeth,
stata trovata strangolata nel suo
letto Come la sorella!
2

L'udienza stata sospesa, dopo che


il Presidente, sentita la deposizione
di Alex Dean e constatato il fatto
nuovo del secondo delitto
commesso a Palazzo Southern Dale,
si valso dei suoi poteri
discrezionali per concedere la
libert provvisoria al tenente Henry
Morland.
Siamo ora a Bayswater in un
grande salone a pianterreno, dove
sono riuniti tutti i componenti la
famiglia Southern Dale: Lord
Reginaldo, Lady Irene, Leslie e
Violet. Vi sono inoltre miss Gena
Haverfield, William Suckling,
Henry Morland e, in disparte presso
un grande camino settecentesco, la
servit: Tommaso Geoffrey il
maggiordomo, Oliviero Tyndale
l'autista, Mary Porter la cameriera,
Susanna Hobbes la cuoca, e Michele
Drayton il giardiniere. Sono
presenti, oltre al Coroner, che ha
appena ultimato le constatazioni di
legge, l'ispettore Popp, il sergente
Markin, il medico legale Applegate.
Infine, poich il nuovo delitto si
ricollega evidentemente col primo,
hanno voluto assistere al
sopralluogo Sir Lincoln Whitney, il
Procuratore Generale avvocato
Hackaert, l'avvocato Sheridan e il
capo dei giurati Richard Bowles.
Davanti alla porta che d nel
vestibolo vigila un gigantesco
policeman.
ISPETTORE POPP: Il delitto
presenta caratteristiche
perfettamente identiche al
precedente: nessun segno di
violenza nella camera, morte per
strangolamento, mancanza di
impronte digitali sul collo, ma il
vetro stato tagliato col diamante e
vi sono tracce di piedi sul davanzale.
ALEX DEAN (entrando nel
salone)-. State per cadere nel
medesimo errore dell'altra volta,
Popp L'esperienza non vi insegna
dunque nulla? evidente che
l'assassino non ha assistito al
dibattimento di stamane; avrebbe
fatto a meno di montare
nuovamente lo stesso trucco del
primo delitto Pigliatevi la briga,
Markin, di andare a controllare le
mie affermazioni. Nessuna
impronta nel parco, nessun segno
lungo la facciata, il vetro stato
tagliato dall'interno dopo
commesso il delitto. Possiamo
trarre una prima deduzione: il
colpevole vuol far credere ad ogni
costo di venire dall'esterno, ragione
per cui ho la ferma convinzione che
egli appartenga invece alla casa!
(moto di sorpresa generale, timore
nella servit, sdegno nei familiari).
Vi sono nella casa altre collane
eguali a quelle scomparse?
LADY IRENE: Vi quella che
Violet porta al collo anche ora; e ve
ne sono altre due: una la mia, che
porto ormai assai raramente, e
l'altra apparteneva alla mia povera
sorella Margaret, morta quattro
anni or sono.
ALEX DEAN: Devo pregarvi,
milady, di volermi mostrare le due
collane L'interessamento che
mostra di avere per questi monili
l'assassino richiede un analogo
interessamento da parte nostra
(al sergente Markin) Accompagnate
di sopra Lady Southern Dale, per
favore, Markin (a Violet) Volete
darmi un momento la vostra
collana, signorina?
VIOLET: Eccola, signore.
ALEX DEAN (la guarda con molta
attenzione e ne conta le perle):
Quarantadue E che grossezza!
Varrebbero un tesoro, se fossero
vere! Ma volete spiegarmi, Lord
Southern Dale, perch tutte le
donne della vostra famiglia portino
sempre queste collane da bazar,
mentre potrebbero permettersi di
aver ben altri gioielli?
SOUTHERN DALE: una storia
lunga, signor Dean, che ha quasi i
caratteri della leggenda. La mia
famiglia, almeno ci che si conosce
di essa, risale al nono secolo: si ha
notizia di un primo Southern Dale
nell'833 quando Londra fu rasa al
suolo dai danesi. Circa un secolo
pi tardi un altro Southern Dale
appare alla Corte di Re Athelstan,
che lo crea suo ciambellano e un
terzo avo nostro combatt nell'XI
secolo sotto le insegne di Guglielmo
il Conquistatore, che lo cre
alderman. da quell'epoca che
sulle armi di famiglia, un leone
rampante d'oro in campo azzurro, fa
la sua comparsa una collana di perle
nere Si racconta che uno dei miei
avi tornasse dalle Crociate con
alcuni cofani di preziosissime
gemme, fra cui appunto una collana
di perle nere d'incommensurabile
valore. Nel 1655, l'anno della grande
peste che uccise nella sola Londra
pi di centomila persone, la collana
scomparve e l'anno seguente la
sontuosa dimora dei Southern Dale
fu distrutta nel terribile incendio,
che, come ricorda il monumento
eretto in King William Street a
memoria dell'infausta data, bruci
sino alle fondamenta 89 chiese, il
Guildhall, grande numero di palazzi
e 13.200 case. Fu la fine della
grande ricchezza dei Southern Dale,
la perdita di case, di beni e di
gioielli. E il seguito di sciagure
abbattutesi sulla famiglia fu
attribuito alla scomparsa della
collana, che era considerata come
un talismano. da allora che una
riproduzione della collana non ha
mancato di ornare sino ai nostri
giorni tutte le donne della casata
LADY IRENE (riappare nel salone,
seguita dal sergente Markin: in
preda a viva agitazione): Rubate!
Non ci sono pi! Le avevo
riposte nello stipo segreto in
camera mia. Non hanno toccato
nient'altro: soltanto le collane sono
scomparse!
ALEX DEAN: Ne ero sicuro. Che
ne dite, Popp? Vedete che
l'assassino non la pensa come voi
circa il valore di queste collane? E
ve ne dir la ragione Nei giorni
scorsi, mentre compivo le mie
indagini in questa casa, trovai in
uno degli scaffali pi alti della
biblioteca un manoscritto vecchio e
logoro: mi interess appunto perch
vi si leggeva a stento ed aveva intere
pagine cancellate dal tempo. I
caratteri antichi erano stati vergati
precisamente nel 1655, l'anno della
peste, da un ignoto scrittore
certamente un vostro avo, milord
il quale si dilungava a parlare della
collana e del modo di sottrarla alla
cupidigia degli affossatori. Egli
riusc a nasconderla cos bene, che
sino ad oggi pi nessuno ne seppe
nulla. Posso dirvi, milord, che la
collana si trova in questo palazzo e
che l'assassino di miss Anna Maria
e di miss Elizabeth lo sapeva,
perch egli pure ha letto il vecchio
manoscritto. (Si china all'orecchio
del Lord e continua a voce
bassissima) Vi ho trovato traccia
dei suoi polpastrelli nelle pagine
logore e gialle (d un'occhiata in
giro, scrutando attentamente uno a
uno i presenti) io per sono stato
pi fortunato dell'assassino ed ho
saputo leggere meglio di lui nei
vecchi codici (mentre con la
sinistra leva in alto la collana
datagli poco prima dalla fanciulla,
con la destra trae di tasca una
collana in tutto identica alla prima)
Ecco qua, milord, la collana delle
vostre antenate! ha un valore di
diversi milioni: il nostro uomo
sapeva il fatto suo e non arrischiava
la forca per pochi scellini, caro
Poppi
LADY IRENE: Maledetta
collana! per lei che mi sono
state tolte le mie figliole! (scoppia
in singhiozzi, che suo figlio Leslie,
un giovane diciottenne, magro,
impubere, poco sviluppato, e Violet
cercano di placare con carezze e
parole affettuose).
ALEX DEAN: E ora vorrei
ritirarmi, signori. Prima per, se
milord permette, vorrei mettere io
stesso al collo di miss Violet la
collana vera: l'ultima Southern
Dale e le spetta di diritto In
quanto all'altra, vorrei conservarla
io.
SOUTHERN DALE: Come volete,
signor Dean; ma dovete togliermi
una curiosit Dove avete trovato il
gioiello originale, che per secoli
tutti abbiamo cercato invano?
ALEX DEAN: Non ho fatto che
seguire le indicazioni del vostro avo,
milord. Nella galleria delle
armature, il terzo guerriero da
sinistra appoggiato a un grande
scudo di forma oblunga sul quale
sono scolpite in bassorilievo le armi
della vostra casa. Basta premere con
una certa forza la quinta pallina
della collana, perch si apra
posteriormente uno spiraglio nella
lamiera d'acciaio. Il gioiello era l.
MORLAND: Interessante! E
pensare che diverse volte siamo
andati nella galleria delle armi con
Anna Maria ed Elizabeth a cercare il
tesoro dei Southern Dale!
GENA HAVERFIELD (l'educatrice
una giovane donna di ventisei anni,
capelli rosso rame, occhi scuri e
profondi, molto bella): Ricordo
infatti che la povera Anna Maria
parlava spesso del famoso tesoro
dell'avo che era andato alle
Crociate Povera cara
CORONER (in disparte): Non vi
pare un'imprudenza, Dean, lasciare
il gioiello al collo della bimba?
ALEX DEAN: Ho il mio piano.
GENA HAVERFIELD: Non ci sar
pericolo per Violet, signor Dean?
ALEX DEAN: No, perch
metteremo anche noi in azione un
piccolo trucco Ora che non ci sono
estranei posso parlarvi liberamente.
Miss Violet si ritirer come il solito
in camera sua e si coricher nel suo
letto. Dopo mezzanotte, quando
nessuno pi potr accorgersi della
sostituzione, voi, miss Haverfield
cederete la vostra camera alla
signorina e andrete a occupare la
sua No, non allarmatevi, miss
Haverfield: la vostra vita non corre
alcun pericolo. la collana che
vogliono
SOUTHERN DALE: Confido in
voi, signor Dean.
ALEX DEAN: E io devo farvi
una confessione, milord, e chiedervi
scusa per un piccolo tiro, che ho
dovuto giuocare a tutti (si china
all'orecchio del suo ospite) Il
vecchio manoscritto esiste
veramente; ma la collana trovata
nell'armatura una mia
invenzione Perdonatemi Avevo
bisogno di un'esca
3

trascorso qualche tempo. L'aula


maggiore della Corte di Assise
gremita sino all'inverosimile. Siamo
alle ultime udienze del processo per
l'assassinio di Anna Maria ed
Elizabeth Southern Dale: la sfilata
dei testimoni finita, sono
cominciate la arringhe. In serata si
avr il verdetto. Sta gi
pronunciando la sua serrata
requisitoria il Procuratore Generale,
avvocato Hackaert.
PROCUR. GEN.: Ed ancora
una volta grazie alla preziosa
collaborazione di Alex Dean, il pi
abile degli investigatori moderni, il
pi grande dei nostri studiosi di
criminologia, che si giunti alla
soluzione dell'affannoso mistero.
Alex Dean non presente, perch
proprio nei giorni scorsi stato
chiamato all'estero da gravi e
urgenti motivi professionali; ma,
attraverso le varie disposizioni
testimoniali, voi avete potuto,
signori della Giuria, farvi un'idea
del procedimento da lui seguito per
arrivare alla scoperta dei colpevoli
Egli aveva compreso che l'ignoto
delinquente dava la caccia alla
collana di perle nere dei Southern
Dale: fotograf quella di Miss
Elizabeth, che ancora non era stata
colpita dall'implacabile mano
omicida, e se ne fece fare una
riproduzione da un gioielliere di
Regent Street. Il giorno in cui fu
compiuto il secondo delitto, egli la
mostr pubblicamente dichiarando
che era quella vera e che l'aveva
trovata in una vecchia armatura
La mise al collo della pi giovane
figlia di Lord Southern Dale,
facendone un'esca come i cacciatori
di tigri nella giungla quando legano
a un albero una innocente gazzella:
Dean sapeva che non vi era modo
migliore per eccitare la bramosia
del criminale. Egli aveva forti
sospetti, era quasi certo sulla
personalit del colpevole materiale
dei due omicidi, ma, mancandogli
qualsiasi prova, aveva bisogno di
coglierlo sul fatto. Consigli uno
scambio di camere tra Miss Violet e
Miss Haverfield e se ne and Per
essere pi precisi, fece finta di
andarsene, perch in realt si
nascose nella galleria delle armi.
Verso l'una, quando gi da un'ora la
piccola Violet dormiva nel letto di
Miss Gena, dal suo posto di
osservazione Alex Dean scorse
distintamente una persona che
introdottasi nella galleria delle
armi, toglieva da una panoplia
appesa alla parete due manopole di
acciaio del Sedicesimo secolo e se le
calzava, scomparendo quindi
nell'oscurit del vestibolo verso lo
scalone. Dean lasci trascorrere
qualche secondo, poi si diresse con
sicurezza dietro lo sconosciuto, che
egli sapeva dove andava: pass
davanti alla camera di miss Violet,
la cui porta era chiusa, e raggiunse
quella della istitutrice,
spalancandone di colpo la porta e
accendendo la luce. China sulla
piccola Violet una figura umana
celata in un ampio domino nero
stava cingendo con le mani acciaiate
il fragile collo della bimba Un
grido, un vano tentativo di fuga, poi
il domino, stracciato, si apriva
scoprendo le sembianze
dell'assassina, colei che siede su
quel banco e che voi siete chiamati
a giudicare, signori della Giuria
Gena Haverfield, la belva umana
dalle dolci fattezze di donna! (un
lungo mormorio d'orrore corre per
l'aula, subito dominato dalla forte
parola del Procuratore Generale,
che riprende la sua requisitoria)
Ecco perch l'omicida non lasciava
impronte sul collo delle sue vittime.
Davanti a voi, su quel tavolo, potete
vedere le manopole medioevali, che
si stringevano intorno alla gola
come una morsa E l, ecco le
cinque collane di perle nere,
dissotterrate dal parco dove la
Haverfield le aveva celate La
sciagurata ha confessato
pienamente la propria colpa
criminosa; ma colui che le siede
vicino, anche se non imputabile
dell'esecuzione materiale dei due
omicidi, non meno colpevole di
lei Se fu la donna a rivelargli
l'esistenza di una collana di grande
valore, insieme progettarono di
impadronirsene La loro tresca
durava da tempo e l'infelice
fidanzata se n'era accorta La frase
udita dal teste Suckling: Basta!
Non voglio pi saperne!
pronunciata da miss Anna Maria
Southern Dale si riferiva appunto
alla dolorosa scoperta da lei fatta. Il
giorno seguente essa avrebbe
rivelato ogni cosa al padre,
chiedendogli di rompere il
fidanzamento con Henry Morland e
di cacciare di casa l'Haverfield
Questo pericolo fece precipitare gli
eventi: miss Anna Maria fu uccisa la
notte stessa Morland aveva
promesso alla sua amante che, una
volta libero e in possesso della ricca
collana, l'avrebbe sposata; ma tale
promessa ebbe naturalmente il
potere di spingere al parossismo la
furia omicida di Gena Haverfield.
per questa ragione che io sostengo,
signori della Giuria, che, se la
donna l'esecutrice del doppio
misfatto, il Morland ne
l'ispiratore, il mandante E non ci
si venga a parlare di amore, di
passione, in questa cupa, orribile
storia. L'illustre collega della difesa
non potr trovare alcun filo di luce
per illuminare la desolante tenebra
in cui sono cadute le anime dei due
rei E soltanto la pena capitale,
ch'io vi chiedo, signori della Giuria,
in nome della giustizia umana e
divina, pu concludere la tristissima
pagina che noi siamo stati chiamati
a giudicare
Elisa Trapani - Il
cadavere scomparso

Ecco la posta della sera, Carlo.


La metto qui nel cestino?
No, d a me.
Joan s'avvicin alla scrivania del
marito, gli porse due lettere. Aveva
le maniche rimboccate e le unghia
bianche, qua e l, di pasta secca.
Sto preparando la tua torta,
Carlo.
Egli sorrise vagamente, senza
guardarla. Poi prese il tagliacarte e
apr una lettera. Ella fiss qualche
istante quel viso duro, accigliato,
che non sapeva sorridere, gli zigomi
sporgenti sopra i quali si
affondavano cavit scure, rese
brillanti dalle pupille lucide; il naso
lungo e affilato, la bocca larga,
senza colore. Poi usc, a capo basso,
trascinando la vestaglia a fiori,
stinta e logora, aggiustandosi con
una mano, meccanicamente, la gran
massa morbida dei capelli biondi.
Carlo Wrangel, onesto e non
ricco commerciante tedesco, di
Berlino, apr anche la seconda
lettera, ne trasse un foglio di carta
pesante, senza intestazione.
Conteneva due righe sole: State
attento. Vostra moglie vi inganna
con un suo connazionale. Nessuna
firma, naturalmente. Wrangel
strinse i pugni sino a conficcarsi le
unghia nella carne. La sua Joan? la
sua mite, modesta, casalinga Joan
che non aveva un briciolo di
civetteria, un desiderio di eleganza,
di lusso, di divertimento? che si
adattava a far lei la serva in casa,
perch prenderne una sarebbe stato
uno sforzo per il bilancio? Una
storia comune, in fondo, che poteva
essere anche quella di lui, Wrangel,
il marito che l'ultimo a sapere, e
che sapendo non crede. Storia
comune, un po' buffa, quando la
storia degli altri; strazio orribile,
dramma, tragedia forse, quando la
nostra e ci prende dentro il suo
groviglio laido e bruciante.
Egli si pass una mano sulla
fronte, come se quel gesto potesse
rimettergli in ordine i pensieri
impazziti. Apr un cassetto, prese un
telegramma d'affari ricevuto quella
mattina, e al quale doveva
rispondere comunicando la data in
cui si sarebbe recato a Magdeburgo.
Stava a lui decidere. Sotto il
telegramma c'era la sua piccola
rivoltella, lucida, saettante riflessi
viola. La prese nel palmo della
mano bruciante che rabbrivid al
contatto gelido. Poi la fece scivolare
in tasca e si alz.
Bene, doveva partire in quella
settimana, Joan lo sapeva. Sarebbe
partito, avrebbe finto di dover
partire, quella sera stessa.
And in cucina, contempl un
attimo sua moglie affaccendata
intorno al forno casalingo,
illuminata dalle fiamme, si scosse,
le annunzi, gelido, la sua partenza.
Ella non se ne stup: era nel suo
carattere la concisione, la freddezza.
Un tass lo port alla stazione,
un altro lo riport al centro della
citt che si vestiva da sera,
accendendo nelle sue vie file di
globi elettrici, come gigantesche,
interminabili collane di perle
rosate. La gente tornava a casa, al
focolare, alla famiglia. Egli si
rec al ristorante, pi per riempire
qualche ora, che per bisogno di
mangiare. Aveva la gola chiusa.
Pi tardi, a piedi, con una
lentezza che esasperava la sua
angoscia, si avvi verso la sua casa;
apr il portone gi chiuso.
Nell'ombra la scatola di vetro della
portineria buia, brillava
sinistramente. Nessuno per le scale,
fino all'ultimo piano che essi, i
Wrangel, occupavano per intero,
essendoci un solo appartamento
invece di due, come negli altri.
Apr l'uscio senza rumore,
s'inoltr nel corridoio, e gi, prima
di udire, di vedere, egli fu sicuro che
dietro una di quelle porte chiuse si
rappresentava la vile scena che
avrebbe posto fine alla sua felicit.
Tutto il suo mondo gli croll dentro
rovinosamente, in un attimo solo, e
i suoi occhi contemplarono, ciechi
d'angoscia, il vuoto che si stava
scavando dinanzi a lui.
La mano, tremante, gir una
maniglia. Un grido, subito si
contrappose alla sua apparizione
silenziosa. Joan usc dalle braccia di
un uomo alto, biondo, gli venne
incontro, con gli occhi enormi di
terrore, le mani tese a supplicarlo, o
a difendersi; un profumo inebriante
gli sal al cervello, insieme alla
visione di lei, bella come non
l'aveva mai vista. Attimi, frazioni di
attimi. La sua mano corse alla
rivoltella. E spar mirando al cuore.
La donna cadde pesantemente, e
sulla seta azzurra della sua
vestaglia, sbocci, in un attimo, un
enorme fiore di sangue. Egli la
contempl distesa sulla larga pelle
d'orso bianco che fra breve sarebbe
diventata tutta rossa, poi si sent
afferrare alle spalle, alla gola,
dall'altro che era uscito dalla sua
stupefatta immobilit.
Wrangel fece per volgere contro
di lui la pistola: ma non era pi
quello di prima e fu disarmato
facilmente. Rotolarono sul
pavimento, avvinti, a pochi passi dal
corpo immoto della donna, lottando
come due belve.
Alfine stordito, barcollante,
Carlo si ritrov sulle scale. Era
ammaccato in tutto il corpo. Il suo
rivale, una specie di gigante, non lo
aveva risparmiato, poi lo aveva
cacciato fuori dalla porta
mettendogli il cappello in testa, il
soprabito sulle spalle e insultandolo
in inglese.
Vag a lungo per le strade pi
deserte, cercando ombra e silenzio
per il buio della sua anima, per il
terrore della sua coscienza che gli
mostrava ovunque sangue, sangue,
e un volto bianco, contratto in una
smorfia d'orrore.
Aveva ucciso: ucciso sua moglie.
Non era pi che un assassino.
Dopo aver vagato a lungo, come
un cane sperduto, si ritrov,
fors'anche senza saperlo, dinanzi al
portone semibuio della questura. E
and a costituirsi.
La sua deposizione fu
confusionaria, agitata, da pazzo. I
funzionari di polizia, recatisi nel
suo appartamento, con la chiave
fornita da lui stesso, lo trovarono in
perfetto ordine. Anche nel salotto,
teatro del delitto, tutto era a posto.
C'erano anche i fiori nei vasi.
Nessuna traccia di sangue, nessuna
rivoltella, n la lettera anonima che
egli affermava essergli sfuggita
nella colluttazione col suo rivale.
Nulla di anormale, insomma.
Mancava solo una larga, morbida
pelle d'orso bianco. Ma nessuno
sapeva della sua esistenza, e il
colpevole era troppo agitato per
farvi attenzione.
L'indomani i giornali si diffusero
sul delitto di un onesto
commerciante tradito, ma ancora
pi sul mistero del cadavere della
moglie scomparso, introvabile.

Due mesi passarono. Le indagini


non condussero a nulla di
conclusivo. Ora si stava svolgendo il
processo, in un'atmosfera di
tensione e d'incredulit.
Nella sua panca l'imputato se ne
stava tutto rannicchiato, come se
sentisse freddo, e teneva il volto
chiuso nelle mani grandi, gialle,
nodose. Ma quando il presidente gli
si rivolse, ed egli dovette alzarsi,
tutti gli occhi si fissarono, quasi con
terrore, su di lui, sulla sua figura
allampanata, sul suo viso da teschio
che, di profilo, pareva una rasoiata.
La fronte era diventata pi alta, i
capelli radi e grigi, gli occhi pi
incavati e roventi. Si sarebbe detto
che una febbre inesorabile stesse
mangiando la sua carne.
Forse ora ci informerete
disse il presidente del modo col
quale vi siete sbarazzato del
cadavere di vostra moglie, dopo
averla uccisa.
Lo lasciai nel salotto, non so
pi niente. L'altro mi spinse fuori
dalla porta. Era pi forte. Mi gett
per le scale.
A che ora, all'incirca?
Potevano essere le dieci e
mezzo.
E siete venuto a costituirvi
all'una meno un quarto. Che avete
fatto in quelle due ore?
Ho passeggiato, per tutte le
strade buie, col mio tormento nel
cuore.
Non fate della poesia. Non
siamo nel luogo pi adatto. E
ricordatevi che la vostra ostinazione
nel nascondere alla giustizia la fine,
orribile, del corpo della vostra
povera vittima, aggraver la
condanna.
Wrangel si strinse nelle spalle,
lievemente, come se nulla pi
potesse toccarlo, accrescere la sua
pena infinita. Non sapeva niente,
lui, del cadavere. Se avesse
confessato di essere un assassino,
perch avrebbe dovuto nascondere
il resto? Lo fece osservare al
presidente, che naturalmente non
gli credette.
Non volete nemmeno dire, in
sede di processo, il nome di
quell'uomo?
Non l'avevo mai visto prima. I
connotati li ho dati pi volte: alto,
biondo, un vero atleta; inglese, per
quanto potei afferrare in quei
tragici momenti, dagli aggettivi che
mi regal.
Si rise. Il presidente suon
energicamente il campanello e si
gett ancora, non sazio,
sull'imputato:
Come spiegate che la casa fu
trovata in ordine, che nessuno dei
vicini ud il colpo della rivoltella? La
portinaia ha affermato di non aver
mai visto un signore alto e biondo
venire in casa vostra, durante le
vostre assenze, n di avervi visto
rientrare, quella notte.
Certo. La portineria era gi
chiusa. E anche in quelle ore doveva
venire colui con una chiave del
portone fornitagli da mia moglie.
Asserzioni arbitrarie. Di vero,
di provato, non ci sono, in tutto
questo processo, che due cose: le
lividure e le ammaccature che il
medico ha riscontrato su di voi,
quella notte, e la scomparsa di
vostra moglie. Uccisa, dite voi. Ma
nulla lo prova. Per questo io son
tentato di pensare che la vostra
storia non sia altro che un brutto
romanzo giallo, inventato di sana
pianta, non so perch e per
nascondere che cosa.
Il presidente, rosso dalla fronte
al mento, aveva l'aria di volersi
mangiare, da un momento all'altro,
Carlo Wrangel, quando dal pubblico
si lev una chiara voce femminile.
proprio cos, signor
presidente. La storia falsa e Carlo
Wrangel un visionario!
L'imputato si volse di scatto,
verso quella voce fresca, dal
grazioso accento inglese. Mand un
grido, un grido d'angoscia, di paura:
Joan!
Calma, la donna si alz, si fece
avanti. Al suo passaggio la folla si
apriva. Giunta al banco
presidenziale si ferm, si strinse un
poco addosso il bel mantello verde,
ornato di visone biondo, si volse un
poco, solo un poco, verso
l'imputato:
Son contenta che tu m'abbia
riconosciuta, perch nello stato in
cui ti trovi, non ci sarebbe stato da
stupirsi se non m'avessi
riconosciuta, poverino!
Ecco, signor presidente:
ritornando da un viaggio in
Inghilterra, dove son nata e dove ho
ancora la mamma e una sorella,
tutto avrei potuto immaginare,
meno che di trovar qui mio marito,
accusato di avermi uccisa. Oh,
troppo enorme, per non essere
ridicolo!
E rise, davvero, scoprendo i bei
denti bianchi, dimentica
dell'austerit del luogo e
noncurante di tutte quelle persone
che vibravano come corde tese,
nell'ansia di conoscere la verit su
quella bizzarra, incredibile storia.
Anche il presidente s'era animato
come non mai, e fatta sedere la
bella signora bionda, le chiese le
generalit che ella diede
esattamente, comprovandole con
documenti, compreso un
passaporto.
Poi fece avvicinare l'imputato.
Riconoscete per vostra moglie
la signora qui presente?
Certo, oh, certo. Ma io l'ho
uccisa una diavoleria, questa!
La donna scosse il capo, come
per dire: non vedete che pazzo?.
Ma il presidente continuava,
inesorabile:
Potete dire se vostra moglie
aveva qualche segno particolare sul
proprio corpo?
Egli accenn di s, deglutendo
affannosamente, poi rispose:
Un grosso neo rilevato sulla
spalla sinistra.
Prontamente la signora sbotton
il mantello, la camicetta, e fece
osservare al presidente, ai
magistrati, sulla morbida
bianchezza della spalla, il segno
bruno, come un occhiolino di
velluto.
Sta bene. Ma ora, signora,
vorr raccontarmi, con tutti i
particolari, in che modo questa
storia ha potuto svolgersi.
Posso dire soltanto quel che
feci io, due mesi fa, quando,
d'accordo con mio marito, decisi di
andare a passare qualche tempo in
casa di mia madre, un poco
sofferente, a Dover.
Suo marito lo sapeva, dunque.
Certamente. Non facevo mai
nulla senza il suo consenso. Ci
salutammo a colazione, poich io
dovevo partire con un treno del
pomeriggio, alle cinque. Egli se ne
and per affari, mi disse. Certo, era
un poco emozionato, ma era logico
che lo fosse, poich lo ero anch'io.
Era la prima volta che ci si separava,
dopo cinque anni di matrimonio. La
portinaia potr dire che mi vide
uscire con una valigetta, poco dopo
le ore sedici.
Interrogata, la portinaia, l
presente, conferm.
E poi, signora?
Poi, rimasi due mesi a Dover.
Scrissi tre o quattro volte a mio
marito, senza ricevere risposta,
finch lessi, in un giornale di
Berlino, la straordinaria notizia che
mi fece partire immediatamente,
qualche giorno fa.
Come mai non la lesse
subito?
Ella ebbe una lieve esitazione,
subito vinta.
Mia madre fu molto malata.
La portammo in campagna, e solo al
ritorno a Dover ripresi a leggere i
giornali e seppi di questa incredibile
notizia. Credetti anche a
un'omonimia, ma poi dovetti
convincermi che si trattava proprio
di mio marito. Allora decisi di
ritornare.
E come spiegherebbe lei,
signora, il racconto che ha fatto suo
marito?
Spiegarlo? non davvero
possibile. A meno che mio marito,
per non rimanere solo a casa, non
sia andato in qualche locale
notturno e l abbia bevuto pi del
necessario. Allora, chiss sotto qual
suggestione, avr costruito tutta
quella storia ed venuto a
raccontarla alla questura.
Ma i lividi, le tracce di
colluttazione?
Joan strinse un poco le labbra,
poi, sorridente, spieg:
Pu avere avuto qualche rissa
con un amico, un compagno di
gioco
Suo marito giocava?
-Uhm, qualche volta. Ma si
capisce, rimasto solo
Gi. Voi che ne dite,
imputato?
falso, tutto falso. Son sicuro
d'averla uccisa con un colpo al
cuore.
Il pubblico rise ancora, ed anche
Joan. La sua esistenza, la sua
presenza, smentiva apertamente
l'assurda affermazione di suo
marito.
Il processo fu rinviato
all'indomani.

Furono eseguite altre indagini.


La portinaia consegn quattro
lettere ricevute dall'Inghilterra. Le
date confermavano la loro
autenticit, i timbri la provenienza.
La calligrafia era quella di Joan.
Fu eseguita
contemporaneamente un'attenta
perizia psichiatrica dalla quale
risult la parziale infermit di
mente del Wrangel, che aveva
potuto benissimo spingerlo, la sera
del presunto delitto, a inventare, di
sana pianta, la storia narrata al
commissario del turno di notte. A
confermare questa ipotesi, c'erano
un'infinit di elementi, tra i quali la
mancata presentazione della lettera
anonima che egli afferm di aver
ricevuta nel pomeriggio dalle mani
inconsapevoli della stessa moglie.
Ma poich costei assicurava di
essere uscita poco dopo le quattro, e
poich la portinaia afferm di aver
messo quel giorno la posta di
Wrangel in cassetta, dato che in
casa non c'era nessuno (non si
ricordava se le lettere erano due, tre
o una soltanto, ma questo non
diceva nulla), l'affermazione
dell'imputato cadde.
Joan fu interrogata ancora, circa
quell'uomo alto, biondo, inglese, ma
ella neg, serena e sorridente,
l'esistenza di qualsiasi amico nella
sua vita, biondo o bruno. Anche
quell'uomo era certo una morbosa
creazione della fantasia del
Wrangel, indispensabile, del resto,
al tragico racconto.
Carlo Wrangel fu assolto per
non aver commesso il fatto.

Fu Joan stessa, premurosa e


amorosa, che se lo ricondusse a
casa, in macchina. Durante il
tragitto non parlarono. Solo una
volta, quando ella tent di posare la
mano su quella di lui, si vide
respinta, quasi con orrore.
Ma a casa, porte e finestre
chiuse, egli le si piant dinanzi a
braccia conserte, tragico nella sua
spettrale magrezza.
Ed ora la verit. Non eri
morta, lo capisco, e fosti salvata e
portata via dal tuo amante, capisco
anche questo. Ma perch, ora, hai
voluto salvare anche me che devi
odiare con tutte le tue forze?
Ella lo fissava sorridente,
serena, come se volesse
compassionarlo, crollando un po' il
capo. Poi, col suo forte accento
inglese, forse ancor pi spiccato che
non al processo, disse:
Mio povero Carlo, vorrei
proprio che fosse cos, come pensi.
Che intendi dire?
Che in tal caso la povera Joan
sarebbe viva.
L'uomo fece un salto indietro,
spalancando gli occhi su colei che
gli stava dinanzi, come su un
cadavere uscito dalla sua tomba.
Con voce roca, spezzata:
Hai giurato di farmi impazzire
sul serio?
Oh, no. Guardami, continua a
guardarmi, bene, cos. Non ti pare
che io sia un poco diversa dalla
morta?
Al disgraziato battevano i denti.
Ella continu:
Ors, ora di parlarci chiaro.
Joan, trasportata in clinica,
segretamente, dall'uomo che tanto
l'amava, un dottore se non lo sai, e
proprietario della clinica, vi mor
due giorni dopo. Egli aveva messo
in ordine la casa, portata via la pelle
di orso, la tua rivoltella, e anche la
lettera anonima che avevi in tasca e
che perdesti, nella lotta, per
cancellare il tuo delitto. Poi scrisse
a me, in Inghilterra, diffusamente.
Joan gli aveva parlato di me, ed io lo
conoscevo, del resto. Eravamo amici
di famiglia. Cos, insieme,
inscenammo la storia che oggi ti ha
salvato. Le lettere disperate di tua
moglie che aveva la mia stessa
calligrafia, le testimonianze
largamente pagate della portinaia, e
finalmente la mia sensazionale
comparsa, nel processo, al
momento opportuno! Per salvarti,
ma pi per salvare l'onore di lei,
Joan, la mia povera sorella.
Tua sorella! grid quasi
Carlo, paralizzato dalla sorpresa.
S, lo sapevi che Joan aveva a
Dover una gemella. Non ti aveva
mai detto che ci somigliavamo?
S, e molto, mi diceva sempre.
Molto vedi bene, come due
lagrime addirittura. Ora lo hai visto
e puoi esserne contento, poich
questa stata la tua salvezza.
Tu sei dunque la Mary! Ma
no, impossibile questa
rassomiglianza cos perfetta. un
inganno, una burla
Le idee si confondevano nella
mente. Pi guardava quella donna,
pi sentiva, comprendeva, che cosa
significava diventar pazzi. Sua
sorella Certo, costei era pi
elegante, pi distinta, e parlava
soprattutto con un accento inglese
perfetto che Joan, invece, aveva
perduto nella sua permanenza a
Berlino, dopo sposatasi con lui. Ma
improvvisamente, come folgorato
da un lampo accecante, grid:
E il neo, il neo? Non puoi
dirmi che anche in questo vi
rassomigliavate! Sarebbe troppo.
La donna non si turb. Scopr
ancora la spalla destra e gli disse:
Infatti, la nostra
rassomiglianza non arrivava a
questo. Ma ho pensato a tutto,
come vedi, a tutte le insidie, anche
le pi minute della giustizia, senza
di che impossibile vincere.
Cos dicendo tolse, con piccolo
sforzo delle unghie, il neo finto
attaccato alla spalla. Poi si ricoperse
in fretta.
Carlo lasci cadere le braccia,
vinto. Mary dett le condizioni. Non
poteva certo rimanere con lui.
Sarebbero partiti, insieme, si
sarebbero separati alla prima
stazione.
Lei avrebbe proseguito per
l'Inghilterra, dove la povera
mamma l'attendeva ansiosa.
Sta bene egli disse ma
prima mi dirai il nome di quel
cane dov'
Ella fece un gesto desolato:
Perch, Carlo? abbiamo tanto
lottato per l'onore della sua
memoria, per la sua pace. Sei libero,
ora, e ti sei abbastanza vendicato,
mi pare. Dimentica anche tu, cerca
di rifarti una nuova vita, altrove.
Quell'uomo partito, non so per
dove. Non ritorner certo da queste
parti. Il suo cuore spezzato!
La sua voce era stranamente
commossa, anche se le sue labbra
sorridevano malinconicamente,
cercando di mascherare la sua pena.
Quella sera stessa salirono su un
treno, accompagnati da qualche
amico di lui. Si separarono alla
prima stazione. Ella portava un fitto
velo scuro sul viso, e quando strinse
la mano a Carlo, tremava
visibilmente.

La stazioncina sonnecchiava,
alla luce rossiccia delle lampade da
poche candele. La donna rimaneva
ancora sulla banchina a guardare
l'ultimo guizzo di fumo del treno gi
scomparso. Pareva immobile. Ma
alfine si scosse, si mosse, usci dai
cancelli.
Da un'elegante spider nera,
filettata di verde, un uomo balz a
terra, le venne incontro, a mani
tese. Era biondo, alto: un vero
atleta. La strinse a s, senza parole,
l'aiut a salire in macchina, innest
la marcia.
Che paura ho avuto che tu
non tornassi pi, Joan!
Taci. Forse meglio che d'ora
innanzi mi chiami Mary. Non si pu
mai sapere!
partito? ha creduto?
Tutto. Ti assicuro che non
stato facile rappresentar quella
parte. Mi pareva che tutti dovessero
capire, smascherarmi.
Com'era possibile, se dicevi la
verit?
Gi, ma di fronte a lui?
stato atroce, te lo giuro.
E la storia del neo?
andata benissimo. Come hai
preveduto tutto, Eddie! Ricordo che
non volevo affatto esser privata di
quel grazioso segno che tu amavi
tanto. Mi dicesti che era meglio
sacrificarlo, anzich sacrificare tutto
il nostro amore, il nostro avvenire.
Hai avuto ragione. Il presidente non
ha dubitato un istante che quello
che gli mostrai era finto, e Carlo,
dopo, non pens neppure
lontanamente che sotto quello
finto, c'era una piccola cicatrice.
E le lettere? la testimonianza
della portinaia?
Poveretta, non mi sment mai.
Le lettere erano fatte benissimo e
Carlo, in seguito, non si meravigli
che io, Mary, avessi saputo imitare
alla perfezione la calligrafia di Joan,
gi molto simile alla mia Tutto
andato bene, dunque, come tu hai
preparato e previsto, come hai
genialmente predisposto, anche nei
minimi particolari, eppure mi
pare ora di aver agito vilmente, mi
pare che avrei dovuto rimanere
accanto a lui, chiedergli perdono.
Eddie Blond sobbalz, e strinse
forte a un braccio colei che adorava:
Non dirlo. Ti saresti cacciata
in un inferno. Egli, del resto, non ti
comprese mai, n seppe valutarti,
amarti come meritavi. In quanto
alla tua colpa, l'hai scontata
abbastanza, in due mesi di atroci
sofferenze, nella mia clinica,
nascosta a tutti, giungendo a un
passo dalla morte che solo un
miracolo ha vinta.
Non un miracolo, Eddie, ma il
tuo amore. Sei tu che mi hai salvata
con quella terribile operazione,
audace e decisiva. Il proiettile era
tanto vicino al cuore.
stato l'amore a rendere
miracolose le mie mani, ma se t'ho
salvata, ricordatene, l'ho fatto per
me. Per tutti, ora, sei morta, e per
lui specialmente. Quella che
rinata dalla tragedia e dal mio
amore, un'altra donna, ed tutta
mia: per sempre. Ti dispiace di
appartenermi cos, Joan?
Oh, Eddie!
Piuttosto bisogner avvertire
la Mary del risultato. Ella non ha
pi saputo nulla dopo che, da buona
figliuola, ha inviato regolarmente le
lettere che noi le spedivamo chiuse.
E dobbiamo sperare che ella non
s'incontri mai col tuo carnefice,
affinch egli non possa accorgersi
che vi rassomigliate, s, ma non
certo da confondervi, l'una con
l'altra. Abbastanza, ad ogni modo,
per ispirarmi, nel disastro del
nostro amore e del tuo rimorso, la
piccola commedia che ci rese tutti
liberi, e felici: ma s, anche tuo
marito che dimenticher, pag, in
fondo, di aver fatto il suo dovere, di
aver punito l'infedele, obbedendo
alle leggi inesorabili della sua
coscienza.
Rise, stringendo a s la giovane
donna.
Ma nessuno pi felice di me,
Joan!
Ella lo guard a lungo, con
imbronciata tenerezza, poi
nascondendo gli occhi gonfi di
lagrime sulla sua spalla, mormor.
Come puoi dirlo?
Alessandro Varaldo - Il
demone del perch

Ci si trovava invitati, Ascanio


Bonichi ed io, nella Casina da caccia
del barone d'Hofer, o, almeno,
l'invitato era lui, ma dovendogli
chiedere un'informazione, che
disperavamo d'avere, mi aveva
domandato se volevo
accompagnarlo.
Il signor Barone, qui presente,
estende l'invito mi disse per
telefono anche a te. Vieni subito,
ch stiamo per salire in auto -.
Mentre in tass lo raggiungevo, fra
me rimuginavo il nome
dell'invitante, che conoscevo di
fama recente soltanto perch i
giornali avevano parlato d'un
tragico infortunio di auto. Era stato
ferito gravemente insieme alla
moglie, morta di poi d'uno choc
nervoso, conseguenza della
disgrazia, mentre, dei due, il pi
grave era proprio il marito.
Conobbi poco dopo questo
barone d'Hofer, un signore compito
e melanconico, che dimostrava per
Ascanio Bonichi una deferente
amicizia, anche perch, lo seppi di
poi, n'era stato aiutato con prudente
saggezza nelle recenti formalit
noiose della catastrofe.
Mentre il Barone, da provetto
autista, dava un'occhiata al cofano
della macchina possente, Ascanio
trov il momento di sussurrarmi:
Soprattutto nessuna allusione
al tragico incidente!
Guidava il Barone, con un
decoroso autista al fianco, e Bonichi
sibariticamente sdraiato accanto a
me fumava il suo mezzo toscano
con soddisfazione tranquilla,
immerso in un benessere senza
pari.

Che magnifico autista il barone


d'Hofer! Si andava meglio che sul
velluto, senza una scossa, n una
svolta brusca, n il pi leggero
avvertimento quando si mutava di
velocit. Conosceva la strada,
questo vero, ma che polso, che
occhio, che sicurezza! Tanto che mi
dest Bonichi all'arrivo. Cos dolce
era stato il rallentare, che passai
senza accorgermene dalla corsa alla
immobilit.
Che magnifico autista per la
Croce Rossa! gli disse Bonichi
entusiasta.
Il viso pallido, quasi terreo di
malinconia, del nostro ospite si
color appena quando rispose, ma
senza accompagnar di un sorriso il
tono leggermente scherzoso:
Impara l'arte, commendatore!
Se fosse un profugo russo
rifarebbe una fortuna certamente!
Preferisco offrir loro ospitalit
e cercar che sia gradita come la
corsa in auto.
Non si poteva mostrar meglio il
sangue azzurro. N imbandir meglio
una cena a base di caccia, n
graduar con pi sapienza vini
preziosi. Non si improvvisa tutto
questo: si impara con l'educazione,
o, dice Brillat-Savarin, con la
meditazione educata.
Fra un guazzetto e un arrosto,
come intermezzo fra un vino rosso
e un'acquavite rosata, il discorso,
avviato dal cortese anfitrione a tutta
gloria di Bonichi, fin per aggirarsi
nelle profumate aiuole delle
confidenze e dei ricordi. E l'amico
Ascanio tirato in ballo non si fece
pregare.
Come ho imparato il mio
mestiere? In un modo buffo assai!
Guard il candelabro attraverso
il rubino del bicchiere e continu:
Ho incominciato la mia
carriera, a ventidue anni o poco pi,
in una dolce sottoprefettura fra il
Ticino e il Po. La pubblica sicurezza
vi era tutelata da un vecchio
delegato carico di famiglia e
gottoso, da me, alunno, e da cinque
carabinieri, di cui due sempre a
cavallo. N un agente, n un
soldato. Del resto la sicurezza
pubblica non si tutelava meglio,
cos mi insegn il vecchio delegato
col piede fasciato sul seggiolino, che
con le pratiche. La pratica
l'incartamento relativo a un
soggetto qualsiasi: bisogna curarle,
spolverarle, chiuderle in una
copertina grigia o gialla o bianca,
legarle con la fettuccia lo spago
taglia la carta e tenerle in
evidenza, cio farle tornare sullo
scrittoio al quindici o al trenta del
mese. Ricordo d'aver sollecitato
risposta sul recapito d'un famoso
delinquente, superstite della banda
di Maino della Spinetta, e morto
d'almeno trent'anni.
Il barone approv, e, per
dimostrare il proprio interesse al
narratore, gli vers da bere, e poi a
me, ed a se stesso.
Il Ministero, continu
Bonichi non ci lasciava
addormentare davvero: ci svegliava
con la richiesta delle statistiche. E
guai se si mandava indietro un
prospetto col famoso Nulla. Non ci
credevano. A Genova si scopriva
nella sentina d'un veliero in
demolizione un grosso topo lercio?
Statistica sulla peste bubbonica. Ed
io, incitato a dovere dal
sottoprefetto, scoprii dei sorci
d'acqua dolce, nelle risaie, con
glandole gonfie, sospette. Un
successone!
Io risi ed il barone si color
leggermente, segno d'una
portentosa ilarit contenuta.
Ascanio ringrazi:
Vedo che diverto e non
domando di meglio, ma in quei
tempi non ero allegro, no! I miei
sogni cadevano come castelli di
carte. Che m'era valso leggere
avidamente Gaboriau e Conan
Doyle, per legar pratiche di
sovversivi, o di evasi dalla galera e
dalla vita? Volevo a tutti i costi la
mia emozione poliziesca, mettere in
pratica una mia teoria dedotta dal
Poe. Ricordate due novelle del
fantasioso e logico scrittore: Il
demone della perversit e l'Angelo
della Bizzarria? A furia di leggerle e
di spremerle e di farne una
composta insieme al Mistero di
Maria Roget, ne avevo tratto la mia,
di teoria, che mi pareva un
portento
Quale? domand il barone.
Segno d'una spasmodica
attenzione, per quell'apatico.
Il demone del perch
rispose Ascanio.
Il perch?
Strano! due interruzioni di fila.
Che ci fosse ancora un po' di sangue
in quel corpo tutto linfa?
Gi: il perch! Secondo la mia
teoria non ci poteva essere n fatto
n azione, e nemmeno atto o
pensiero o parola, per quanto
inconcludente, senza un perch.
Noi, cos costruivo la mia teoria,
tendiamo dopo il frutto proibito
dell'Eden, a cercar la ragione di
tutto. L'ordine procreato da un
perch. Gli astronomi, i geologi, i
clinici, i matematici, gli artisti
cercano sempre un perch, l'anello
che congiunga due fatti, il fattore
primo, quello che Leonardo chiama
primo motore
Il perch?
S, il perch
E lei crede?
Credevo allora
Ah!
Di tutto questo dialogo non fui
lo crederete interlocutore. Ma
non lo potevo credere io. Mai e poi
mai avrei supposto il barone cos
loquace. Al punto di continuare a
chiedere, lui, proprio lui:
E speriment?
S sperimentai.
Qui, ci avvolse il silenzio.

Sperimentai ed ecco in qual


modo. A interrompere la dolce
monotonia di quella vita senza nodi,
un fatto insolito scoppi. Spar un
fanciullo. Venne il padre una bella
mattina a denunciare la scomparsa,
che risaliva alla notte prima. Era
partito con i compagni e col
consenso paterno per una
scampagnata. Tornarono a notte
fatta ed alla spicciolata, in gruppetti.
Padre e madre avevano lasciata la
chiave sulla porta, come gi un'altra
volta era avvenuto. E in letto alle
ventuno dormirono sino al mattino.
Sicuri del regolare ritorno di lui,
invece di svegliarlo alle sette, come
al solito, lasciarono che riposasse
fino alle otto. E trovarono camera
vuota e letto intatto. Allarme. Il
delegato mio superiore che soffriva
d'un rincaro di gotta, mi incaric
delle indagini. Finalmente! Non si
trattava questa volta n di una
pratica n d'una statistica. Azione:
si trattava di agire. Per prima cosa
interrogai tutti i compagni. S'erano,
alla vigilia del ritorno, divisi in
gruppi, sempre pi radi a mano a
mano che s'avvicinavano alle case,
finch lo scomparso rest solo. Il
compagno, che, ultimo, l'aveva
veduto, raccont che s'erano lasciati
proprio sulla piazza del Municipio.
E il corpo del poveretto fu trovato in
una roggia, sotto un cavalcavia: la
testa infossata nel tombino: morto
di soffocamento, pi che veramente
annegato in mezzo metro scarso
d'acqua. Naturalmente la fantasia
mi si eccit. Il demone del perch
mi prese.
La roggia dell'allea si trovava
all'opposto della piazza del
Municipio. Perch il ragazzo era
dunque tornato indietro? E che cosa
aveva intesto di fare, per essere
finito, testa in avanti, sotto il
cavalcavia, ingombro d'erbacce, di
cocci e di strami? A questo perch ci
fu la risposta. Nello sgombro del
tombino si trov un bastone. Ma
era cascato nell'acqua o gettato? Fu
riconosciuto dal compagno:
l'avevano colto nella scampagnata.
Ma perch? Allora il demone del
perch mi perseguitava. Ho persino
sospettato del compagno. Una
disputa per il possesso del bastone?
La vittima forse l'aveva gettato
nell'acqua? E l'altro, corrucciato,
spinto sgarbatamente il
compagno? Tutto questo per non
reggeva. Il compagno, un buon
ragazzo poco intelligente, nervoso
come l'et, vicina alla pubert,
comportava, ma incapace di
sostenere una parte, emozionabile e
quindi facile a tradirsi, continuava a
sostenere e non mentiva d'aver
lasciata la vittima in piazza del
Municipio. Ecco dove si frangeva la
catena logica dei perch miei.
Figuratevi che pensai persino a un
rapimento da parte degli zingari. Ma
quali? Nessuno ne aveva veduti a
chilometri di raggio. Eppure
bisognava concludere al delitto:
come immaginare che il ragazzo
fosse rimasto in quel modo buffo
Buffo poi osserv il
barone.
Buffo, la parola, anche se
tragico il fatto. Ficcato in un
tombino con meno di mezzo metro
d'acqua! Anche un gatto si sarebbe
salvato! Perch? Il demone del
perch mi riprendeva. Si stava
eseguendo un sopralluogo, ed io,
fresco di Sherlock Holmes, volevo
ricostruire il fatto. C'erano tutti i
ragazzi della scampagnata, meno il
morto, naturalmente, rappresentato
da un sacco di paglia. Per la scena
si presentava goffa: non sapevo
come cominciare. Gettai il bastone,
poi feci cascare il sacco: ma
nell'acqua avvenne questo di
curioso, che il sacco gir su se
stesso e present al tombino i
presunti piedi invece della testa. Ci
mi offerse lo spunto per affermare
che non una disgrazia, ma un
delitto era stato perpetrato. La
vittima era stata gettata sotto il
ponticello, testa per prima,
violentemente.
Ma perch? Ecco sempre il
demone del perch.
Il barone tracann d'un fiato il
bicchiere colmo. Si color un po' pi,
chiese, la lingua incespicava: E
come come
Come fin? Il compagno della
piazza del Municipio fu preso ad un
tratto da un violento assalto
epilettico.
Ah!
Gi: ce ne volle a tenerlo! E
ci mi permise di ricostruire il fatto.
In prossimit della roggia il
superstite fu assalito dal male.
Acquista una forza enorme
l'epilettico durante l'accesso. L'altro
volle soccorrerlo e fu spinto Vi
risparmio la mia ricostruzione.
Soltanto, colui che aveva ucciso,
non si ricord pi nulla. Cammin
in preda all'accesso. Rinvenne in
piazza del Municipio. La sua
coscienza, ricollegandosi al
momento del distacco dal
compagno, gli fece credere di essere
rimasto solo pel ritorno a casa
dell'altro, la cui abitazione era
proprio vicino al Municipio. Come
vede, barone, il mio demone del
perch fu vinto buffamente
Perch buff buff
Perch la voce di Bonichi
era tranquilla fu vinto da
scusi da un senza perch da un
caso di epilessia e lei sa che
l'epilessia non lascia memoria Chi
ne soffre non lo sa Nessuno lo sa.
Gli stessi familiari lo ignorano
finch un accesso non intervenga
dinanzi a testimoni Attento!
Quest'ultima parola di tono
esplosivo era rivolta a me. Mi girai
d'istinto Il barone, che avevo al
fianco, s'era alzato, livido, gli occhi
fuori dell'orbita, un po' di bava alla
bocca
Presto, url Bonichi
accorrendo aiutami!
E riuscimmo, prima che
l'accesso non ne decuplasse la forza,
a ridurlo all'impotenza.

E adesso, concluse poi


Ascanio figurati quella povera
donna condotta, non c'erano che
loro due nell'auto, da quello
spaventoso pazzo, ch tale dovette
crederlo, disgraziata, lontana
com'era da ogni idea d'epilessia, a
corsa sfrenata. L'assalto l'aveva
preso mentre teneva il volante e vi
si aggrappava e forse avrebbe anche
frenato, chi sa non gli fosse
accaduto altre volte l'istinto
potendo pi del male, senza la
paura forsennata della donna
impazzita a sua volta Facile
immaginare come avvenne la
sciagura, in cui per una crudele
ironia del destino, chi rimase
massacrato fu l'uomo ignaro di
tutto, che probabilmente si sarebbe
salvato se fosse stato solo, come
probabilmente, ripeto, gli era
accaduto gi.
Ascanio Bonichi riaccese il
mezzo toscano.
Del resto, anche quella povera
donna ebbe ragione! Chiunque
avrebbe fatto lo stesso e lo choc
nervoso ebbe anche il suo perch.
Alessandro Varaldo -
Dall'alba alle dieci

Gino, quando vide quella donna


sporgersi dalla persiana alzata, ne
rest colpito come da una mazza.
Pallidissima, d'un pallore di morte:
due grandi occhi neri sbarrati nel
cerchio livido che s'allargava a met
guancia, le labbra socchiuse,
immobili, troppo rosse, un
fazzoletto di seta nera sopra e
intorno alla testa, come una
zingara, per nascondere
interamente la capigliatura. Non
ebbe tempo di vedere altro: la
persiana fu abbassata.
Rest a lungo, spiando senza
volerlo, sperando perch poi?
aspettando chi glielo aveva
promesso? che una mano, pallida
come la faccia, risollevasse la
persiana. Invano. E si scosse per
vergogna, una vergogna senza
ragione che somigliava al dispetto,
senza ragione anche questo.
Scacci l'immagine e scrut il
tempo verso il Cupolone.
Quasi ovunque serena l'alba, la
dolce chiara alba estiva. Discese
allora e cerc la sua moto; la
ispezion con meticolosa cura, la
spinse verso il cancelletto. Ma
contemporaneamente alz il viso
alla casina di faccia, e di botto la
persiana si apr e i due fondi occhi
cerchiati nel pallore marmoreo lo
fissarono. Anzi, gli parve di scorgere
un cenno, ma la mano era nascosta
dal davanzale e pens d'essersi
sbagliato. Condusse la macchina
sulla strada: per tenere la destra
doveva metterla sul lato opposto e
lo fece. Poi riattravers, chiuse
porta e cancello, e si volt per
raggiungere la moto. Scorse allora
una figura di donna, sottile, che
esaminava la macchina. Era la
strana apparizione di sotto la
persiana, senza il fazzoletto per:
un'onda ribelle di capigliatura
l'incorniciava.
Dormono tutti ancora gli
disse con una voce dolce,
quantunque un po' sorda e
profonda.
l'alba appena! L'ho forse
svegliata io, signorina?
No, oh! no!
Si guardava intorno, spaventata.
Guardi guardi se non ci
vedono
Non c' nessuno dormono
tutti
Aspetti mi aspetti
Rientr nel villino, ma non tard
a ricomparire, con un grosso pacco
avvolto in tela di sacco. Senza
chiedere n permesso, n aiuto, lo
assicur sotto il sellino posteriore,
vi sal sopra e dichiar:
Sono pronta andiamo
Gino la guardava sbalordito. Era
meno pallida, gli occhi meno
sbarrati: scuoteva in aria risoluta la
nerissima capigliatura un po'
spettinata.
Non mette un basco?
Mai! fu la risposta.
E subito:
Andiamo presto pu
svegliarsi!
Che odore di benzoino e di
violetta sprigionava quella creatura!
Gino stordito salt sulla selletta,
dopo aver guidato la macchina
verso l'orlo di una facile discesa. E
via!
Dove andiamo?
Dove vuole avanti avanti
Discesero la via Trionfale,
obbliquarono a destra,
costeggiarono il fiume sino a Ponte
Molle.
Nell'attraversare un gruppo sul
piazzale, prima di imboccar la
Cassia che si trov dinanzi, parve a
Gino di sentir ridere e motteggiare:
Oil la botticella sturata!
Ma non ne fece caso, la ragazza
gli si aggrappava, strettamente; in
certi momenti lo imbarazzava
seriamente cos che, dopo la Storta,
per evitare un camion con
rimorchio, si gett a sinistra, sulla
strada di Bracciano. Fu pure, forse,
un vago pensiero iniziale che lo
guidava: nell'alzarsi quella mattina
aveva anche progettato di regalarsi
una frittura all'Anguillara. Pens:
Dir niente?.
Nulla disse la passeggera. Gli
soffiava nel collo un alito, fresco a
volte, ed a volte caldissimo,
profumato di quell'insistente
benzoino alla violetta, in cui parea
che fosse stata macerata come la
biblica Ester. E lo stringeva.
Il sole ormai bruciava di gi
quando giunsero all'Acquedotto
Claudio. Gli sussurr all'orecchio:
Basta!
Ferm, discese, l'aiut a
discendere.
Si trovarono nell'ombra pi cupa
che proiettava un muro a secco.
Qui le dico grazie! dichiar
la fanciulla.
Arrossata dalla corsa, meno
cerchiati gli occhi fondi, la testa di
medusa scompigliata, ripet:
Addio! Vada!
Ma
Arsero gli occhi, si rifece terreo
il viso, crocchiarono i denti. Ripet
ancora:
Vada per di l!
E indic la strada di Bracciano,
disciolse il fagotto dal seggiolino
posteriore, lo cal indietro di s,
reggendolo con le due mani,
digrign:
Vada!
Ma l'altro non si muoveva.
Allora si chin, lo baci sulla bocca,
l'avvolse del suo profumo.
E improvvisamente carezzevole
nella voce, spaurita negli occhi,
immensi ora nel cerchio maculato,
piagnucol:
Vada la prego per lei!
Gino salt sulla selletta. Fu la
ragazza a spingere, appena, ch la
strada scendeva. E lui part. Alla
svolta, volgendosi, la intravide
ancora un momento, ritta,
immobile, le mani dietro la schiena,
i capelli al venticello mattutino.

Poco prima di Bracciano, sent


dietro di s un lungo ululato di
tromba. Si tenne sulla mano per
lasciar passare i frettolosi. Era una
macchina poco elegante, scortata da
due metropolitani su moto. Pass la
macchina, ma le moto frenarono; a
cento metri si trov fra due fuochi e
sent l'ordine di fermarsi. Obbed,
sapendo bene di non essere
passibile di alcuna contravvenzione.
Dalla vettura scese un signore di
mezza et, in gabardino e lobbia:
vide subito dei grossi baffi e un
mezzo toscano acceso. Anche
l'autista, un gigante, si precipit a
terra e si tenne accanto al primo,
regolandosi nel passo, ad incontrar
Gino. Il quale era sceso intanto e
teneva la mano sul manubrio,
quando uno dei due metropolitani
lo afferr pel braccio, mentre l'altro
fece calare il sostegno della moto.
In pochi minuti accadde tutto
questo. Gino ancora non pensava a
sciogliersi dalla mano che lo teneva,
quando i due della macchina
l'affrontarono. Quello del mezzo
toscano salut:
Scusi, ha veduto?
Ma non fin, ch il secondo
metropolitano esclam:
Ecco il sangue, signor
ispettore!
Allora colui che aveva salutato,
afferr l'altro braccio di Gino e in
due passi girarono dietro la moto. Il
parafango posteriore, sotto il
seggiolino, apparve imbrattato di
rosso: n'era gocciolato sulla ruota,
anche i raggi ne erano macchiati.
Pi che terrore fu sbalordimento
che dipinse il volto di Gino. A bocca
aperta guardava.
veramente sangue!
dichiar l'autista colossale.
Non c' dubbio! Ed lui!
aggiunse il metropolitano che gli
teneva il braccio.
Ma lei lei dov'?
concluse l'altro, quello della
scoperta.
L'uomo dal mezzo toscano
taceva invece. Poi ad un tratto
comand:
Santini, inforchi quella
macchina, all'auto penso io.
Si trasse dietro, come un
obbediente fantoccio, il povero
Gino, e lo invit a salire, col gesto,
sull'auto.
Promettete di star tranquillo?
Non vorrei adoperare lei mi
capisce!
Ma perch?
Lo sa o lo sapr presto.
Vuole indicarmi il posto preciso ove
ha depositato la sua passeggera?
Certo
Benissimo. E, mentre io
conduco, lei mi racconti come sono
andate le cose.
Proseguivano quasi a passo
d'uomo per la strada deserta. Le
moto sostavano ad ogni indizio di
sentiero laterale e la macchina le
imitava: i due metropolitani e il
colosso a volta a volta scendevano, e
frugavano per tornare crollando il
capo. E intanto Gino raccontava e
l'uomo del mezzo toscano ascoltava
in silenzio. Quando il narratore
tacque, si limit a mormorare,
passando il mozzicone da un angolo
all'altro della bocca:
Probabile!
Ma intanto lo esaminava di
sott'occhi, non essendo molto grave
n difficile il suo compito d'autista.
Anzi ripeteva:
probabile!
Quando giunsero al bivio
dell'Anguillara.
Se scappata pel Muracciolo,
mormor il colosso -ci vorranno
due giorni!
Ma quello della macchina alz le
spalle:
Ricorda chiese a Gino
che scarpette portava?
Non lo rammentava con
precisione: ma, come ogni uomo,
aveva guardato le gambe: gli pareva
che fossero bianche, basse.
Quelle di tela, le solite,
not un metropolitano far poco
cammino fra queste macchie!
Scesero tutti e si divisero al
crocicchio.
Lei venga con me! disse
quello del mezzo toscano a Gino.
E infatti, senza afferrarlo pel
braccio, se lo trasse dietro.
Lasciarono la strada quasi subito,
ch lo sconosciuto, appena pochi
passi dopo, s'era addentrato nella
campagna.
Ma, prima, con un fischietto in
sordina aveva dato l'allarme: e
infatti ecco apparire colosso e
metropolitano e curvarsi ad
esaminare qualche cosa nella
boscaglia: umida la terra, per la
notte, presentava delle impronte
leggere.
Ha ragione! osserv il
colosso scarpette da casa e non
ne poteva portare altre!
Accidentato il suolo, sterpi, fiori
di ginestra, sassi e buche: c'era di
tutto. Malagevole il camminare, ma
non fu lungo. L'uomo dal mezzo
toscano si ferm a un tratto e alz
le braccia. Tutti sostarono.
qui fate piano!
sussurr.
Giravano una macchia minima
di sterpi nani, che proiettava una
parca ombra, e si trovarono dinanzi
ad uno spettacolo semplice e strano
insieme. La ragazza pallida e
scarmigliata dormiva tranquilla sul
fianco destro di faccia ai
sopraggiunti. Un coltello sporco le
giaceva accanto, ma, dietro di lei,
c'era qualche cosa di speciale. Un
monticello di terra, smossa
recentemente, reggeva una rozza
croce fatta di due rami secchi tenuti
insieme da uno spago bianco, un
legaccio delle scarpe, certo, a
giudicar da una d'esse che n'era
priva.
Un gesto: colosso e
metropolitani tolsero la croce,
smossero servendosi del coltello il
primo, d'un ferro delle moto i
secondi, quel piccolo calvario alzato
di fresco. Apparve un involto di tela
da sacco, malamente legato, ma
largamente macchiato di un rosso
cupo, che la terra rossastra non
celava: anzi parea che vincesse ogni
altro colore della identica tonalit.
Non c' dubbio mormor
uno dei metropolitani.
Dobbiamo sfasciarla?
chiese il colosso.
L'altro metropolitano volgeva
intanto un resistente sacco di tela
cerata grigia. Quando fu pronto,
chiese:
Ripongo, signor ispettore?
S rispose quello del mezzo
toscano.
L'involto sparve nel sacco.
Rifate il monticello e
rimettete la croce.
Fu obbedito. L'uno sparve col
sacco, ma l'altro e il colosso
rimasero.
Cerchi lei sugger l'ispettore
a Gino di svegliarla senza
spaventarla.
Il nostro eroe si curv, poi si
inginocchi.
Proprio in quel momento la
ragazza apr gli occhi, torbidi. Fu per
dare un balzo, ma nel muoversi
cerc con lo sguardo il monticello e
la croce. Rassicurata, sorrise,
l'occhio si calm. Prese la mano che
le porgeva Gino e s'alz.
Chiese, con quella profonda voce
sorda:
Mi cercava? Lo so non posso
uscir sola Ah! Ges! No! No!
Il colosso le afferr le braccia,
che gi si contorceva in un accesso.
Bastavano appena ispettore e
metropolitano a tener le gambe che
scattavano come catapulte.
Gino si prese un terribile calcio
nello stinco: buon per lui che fosse
un piede scalzo, ch nell'atto
violento la scarpa non trattenuta dal
legaccio era volata. Vide pianeti e
stelle, sotto il sol di giugno, ma se la
cav con una ecchimosi: fu perci
zoppicando che raggiunse la
macchina, ove la ragazza, chiusa in
una camicia di forza, fu adagiata, e
il colosso le scivol accanto.
Pensate alla moto
raccomand l'ispettore ai
metropolitani.
Prese il volante ed accenn a
Gino di sedergli vicino.

Al Commissariato del quartiere


Trionfale c'erano il giudice
istruttore e il cancelliere, avvertiti
dal metropolitano del sacco, giunto
prima degli altri. L'involto in tela da
imballaggio dallo strano color
mattone, giaceva sopra una tavola
rivestita di incerata. La ragazza
bruna era svenuta, quando fu
portata nell'ufficio: la posero a
giacere sopra una branda senza
svestirla della camicia di forza, ma
allentandone un po' i cordoni.
Il giudice istruttore si rallegr
con l'uomo del mezzo toscano.
Bravo, commendator Bonichi:
neanche Cesare fu cos fulmineo!
Non fu merito mio! suon
la risposta.
Si scost per indicare Gino.
Il merito di questo signore!
Se ne convincer ascoltandolo come
ho fatto io.
E sottoline il verbo convincere
con un mezzo sorriso, che il giudice
istruttore valut come si doveva,
rispondendo a sua volta:
Nessuna complicit secondo
lei?
Nessuna: i due non si
conoscono che da stamane, ed
ignora persino il nome, l'un
dell'altra, e il fattaccio.
Vuol ripetermi quanto ha
narrato al commendatore? -chiese il
giudice rivolto a Gino.
Il nostro eroe fece il suo
racconto.
Non aveva dunque notato
alcun che di anormale?
Nulla, signor giudice!
Non senti alcun grido questa
notte?
No: aveva profondamente
dormito.
Disse qualche frase dubbia?
S: ricordava due parole che
l'avevano alquanto intrigato: Pu
svegliarsi!
Purtroppo, intervenne il
colosso, che stava sciogliendo il
sacco non si sveglier pi.
Cos dicendo volgeva la tela da
imballaggio, sempre pi inzuppata
di sangue, finch non apparve, con
grande orrore di Gino, una testa di
donna, dai capelli grigi e radi, gli
occhi fuori dell'orbita, la dentiera a
met fuor delle labbra, orribile,
spaventosa. Il collo reciso con uno
sforzo disperato lasciava
intravvedere quasi raschiata un po'
di colonna vertebrale.

una povera pazza,


naturalmente, disse a Gino
l'ispettore Bonichi e una vecchia
zia volle toglierla dall'incubo del
manicomio. Pareva guarita. Ma lo si
mai? Lo sono forse coloro che
sembrano sani? Fu proprio ieri che
la vecchia signora la condusse con
s. Stamane ci recammo a vedere
come aveva passata la notte e
trovammo
Indic col gesto il capo reciso,
gi pietosamente avvolto in un
lenzuolo.
Non ci fu difficile seguire le
sue tracce: sul piazzale di Ponte
Molle, un bottegaio ci indic la
strada.
Ricordava due signorini in
perfetto idillio sopra una moto con
una botticella che perdeva
immagina che tracce lasciava, non
vero? Soltanto l'ha scampata bella,
signor mio!
Mostr col gesto il coltello
accanto al macabro involto.
Poteva finire come la vecchia.
I pazzi ripetono spesso quei gesti
che credono ben riusciti
Un dubbio sorriso gli serpeggi
tra i grossi baffi.
Ma i savi no. L'asino che
saggio, non ricasca dove cascato.
Se ne ricordi, caso mai qualche
donnina le chiedesse di condurla
sulla moto. Si accerti che non porti
n involti, n coltelli. Pu andare,
adesso, e ringrazi Iddio d'essersela
cavata a cos buon mercato. Son le
dieci appena: pu ritornare a
Bracciano. Dice di no? Capisco. E
allora, lei che giornalista, impieghi
la giornata a raccontare la sua
avventura.
Oh! signor ispettore! Non
appartengo che all'amministrazione
del giornale!
Ragione di pi: ecco il mezzo
di farsi prendere in redazione.
Racconti con semplicit; non ha che
da seguire i suoi ricordi. Vede:
piove, quantunque ci sia del sole sul
Cupolone! Torni dunque a casa,
visto che neanche dei barometri
naturali ci si pu fidare oltre che
delle ragazze mattiniere!
Ogni pagina
un'emozione

di Rita Verdirame

Lei sempre di gran linea,


diafana, fragile ma dotata di
notevole sex appeal, una versione
ossimoricamente fatale; o viceversa,
ambigua, insidiosa, funesta frigida
maliarda, meglio se ballerina,
modella, attrice, e quindi doppia e
sdoppiata in un gioco perverso di
innocenza e seduzione.
Lui un giovanotto dell'alta
borghesia o, a scelta, un
diplomatico, un rampante yuppie
ante litteram, un affermato
professionista quarantenne con il
canonico fascino delle tempie
grigie, o un viveur galante, fatuo,
narcisista.
Ma n lei n lui sono i
protagonisti. Protagonista assoluto
dovrebbe essere il delitto; cos
avevano insegnato i maestri del
giallo classico. Nell'Italia degli anni
Trenta, tra telefoni bianchi e rose
scarlatte, paralumi azzurri e pigiami
(ma allora si scriveva pijama) di
seta, nell'ovattata atmosfera di
interni damascati, pesanti tendaggi,
soffici tappeti orientali,
protagonista invece l'Amore, con
la sua complessa fenomenologia:
dalla dedizione materna all'affetto
coniugale, alle devastanti
aggressioni della passione che
ottenebra e travolge.
La spinta erotica, infatti, scatena
il pi delle volte la radicale
trasgressione omicida. Insomma,
perversit e sadismo convivono in
tutta tranquillit con i buoni
sentimenti di un io naufragato e
sconvolto, anzi gli uni si alimentano
degli altri in una sorta di danza
languorosa e macabra.
D'altronde, la stessa Christie
non offriva notevoli esempi di come
fosse non solo possibile ma
addirittura pagante presso il
pubblico la convergenza delle due
primitive e fondamentali pulsioni di
eros e thanatos. E non era forse
questo il binomio che
maggiormente convogliava un
pathos di remota ascendenza
romantica e pi intensa forza
catalizzatrice?
E poi, se un raffinato maudit
come Woolrich si abbandonava
all'hobby nascosto (solo ora rivelato
in Italia dal romanzo Manhattan
love song) del racconto rosa, e il
macho Philip Marlowe, creatura del
duro Chandler, si scioglieva nel
fremito sentimentale del Lungo
addio, perch mai avrebbero dovuto
sottrarsi ai trasognati trasalimenti i
giallisti di casa nostra, soprattutto
quando scrivevano su una tribuna
nazional-popolare
programmaticamente rivolta
all'affermazione di un poliziesco
autarchico?
Si spiegano cos la mescolanza
cromatica giallo-nero-rosa che il
tratto qualificante e dominante dei
racconti del Cerchio Verde, e la
necessit di un'estrema
stilizzazione tipologica: i personaggi
appaiono in veste di tipi, i tipi
sfumano nel profilo della
macchietta, la macchietta si
irrigidisce nella stereotipia del
clich.
Sullo spartito della love song
si sgranano le varie melodie, come
il valzer che trasporta le eroine della
Peverelli -il maschio c', ma solo
sullo sfondo, pretestuosa occasione
del delitto che firma il ciclo delle
Anime tempestose, titolo allusivo
della caratura di psicologie
vulnerabili sbattute dai venti d'una
mortifera passione.
Lo schema era stato gi messo a
punto dalla Colette de L'assassin e
dalla Eberhart delle novelle
sentimental-poliziesche, ma nella
regina italiana del rosa l'evento
d'amore non subordinato
all'intrigo criminoso, viceversa ha
una ineludibile e inequivocabile
centralit. Nelle pagine della
Peverelli non le rigorose geometrie
della quest, non la fedelt ad una
grammatica rappresentativa ritmata
dalla connessione degli indizi fino
alla soluzione dell'enigma, bens
l'amour fou. Se a questo si
uniscono un pizzico di orrido, una
sfumatura di satanico, un
presentimento metafisico e la
presenza di un bestiario fortemente
simbolico (il serpente, il gatto nero
di suggestione poeiana), allora
scatter immancabilmente
l'identificazione dei lettori e il
piacere di quella che Lovecraft ha
definito l'emozione pi antica e
possente dell'umanit, la paura.
Se la Peverelli del Tradimento
rivisita nella chiave dell'Innocente
dannunziano il tema dell'adultera
punita con la morte del figlio,
Edoardo Anton, da parte sua,
audacemente contravviene alla
norma del law and order salvando
l'assassina perch ragazza madre
che uccide proprio per amore del
suo bambino. O, ancora,
rappresenta la degenerazione del
sentimento materno che sfocia
nell'alienazione della pazzia in un
bozzetto introspettivo dove la
retorica dell'artista, sciamanico
disvelatore d'anime, si coniuga al
gusto del truculento nella macabra
scoperta di un teschio nascosto in
un vaso di fiori (ma non ci aveva gi
pensato Boccaccio?).
Ed tra grand-guignol e follia
che si muovono spesso i nostri
investigatori, professionisti o
dilettanti, indigeni o en touriste che
siano, strumenti di una sfida che
vuol coinvolgere il gran pubblico
con gli ingredienti d'un
agghiacciante repertorio nero,
aggirando al tempo stesso gli
ostacoli censori frapposti dal regime
con lo spostare il male in un
pianeta diverso, lontano e
irrapportabile alla normalit.
Pu essere il mondo della
patologia fisica (ed ecco la
deformit mostruosa o l'orrore
archetipico della lebbra), o psichica
(la pazzia, appunto, l'epilessia, la
gelosia paranoica, il
sonnambulismo, la soggezione
ipnotica), ancor meglio se relegate
in un'area gerarchicamente e
socialmente subalterna: camerieri,
cuoche, maggiordomi, segretarie,
autisti sono i colpevoli ideali.
La dislocazione investe l'altro
e l'oltre: Inghilterra, Egitto,
Africa Nera, Estremo Oriente sono
scenari prediletti di atroci misteri e
sanguinose vendette. uno
spaesamento immediatamente
percepibile sul piano descrittivo:
dalle lussureggianti piantagioni
dell'Africa coloniale di De Stefani,
alla desolazione dell'orizzonte
australiano, alla vivace pittura di
una Londra frenetica e pulsante di
vita esplorata da Gastone Tanzi
nella haute come nei bassifondi.
Al di l del delitto, della sua
anamnesi, dello smascheramento e
della punizione che ne segnalano
l'appartenenza al genere poliziesco,
i racconti del Cerchio seppur
gradevoli, accattivanti, talvolta
divertenti, sempre deliziosamente
inattuali mostrano la debolezza
dell'italico giallo. E la rivelano con
l'affastellamento di citazioni, con il
continuo, giustificatorio appello ai
padri d'oltralpe e d'oltreoceano,
quasi che solo chiamando questi in
causa, i nostri scrittori possano
avvalorare la loro stessa identit di
giallisti.
Che m'era valso leggere
avidamente Gaboriau e Conan
Doyle? Volevo mettere in pratica
una mia teoria dedotta dal Poe,
dice il bonario commissario Bonichi
di Varaldo; e De Stefani, dal suo
canto, ribatte con una
autobiografica ouverture: Ho
scritto dei romanzi gialli, delle
commedie gialle, attribuendosi
quel ruolo di testimone-narratore
(omodiegetico, direbbero gli
strutturalisti) che conferma la
veridicit del racconto.
Insomma, da un lato le novelle
del Cerchio sono impostate su
una morfologia narrativa
abbastanza mossa (il racconto
tradizionale in terza persona, la
testimonianza diretta, il dramma, il
procedural novel); dall'altro si
offrono non tanto o non solo
come gialli, quanto come
metagialli, discorsi sul genere
infarciti di omaggi alle auctoritates
e di prelievi dei motivi, degli artifici,
degli espedienti pi topici del
poliziesco.
Il record di presenza, in sede
tematica, detenuto dal mistero
della camera chiusa che Wallace
aveva prediletto (Tanzi ne cita
espressamente L'enigma dello
spillo), e che maggiormente
eccitava e provocava l'arguzia e
l'abilit immaginativa del lettore.
Che poi le soluzioni ideate dai
nostri scrittori siano pi banali di
quelle escogitate dal grande Edgar,
sintomo di un inaridimento della
vena negli epigoni italiani. Un
inaridimento attestato anche dal
frequentissimo ricorso alla lettera
come elemento di svelamento.
La missiva, il biglietto d'addio,
l'epistola esplicativa sostituiscono
infatti il procedimento mentale del
detective, colmano i vuoti tra i nessi
causali, sono i jolly che
compensano i salti logici della
trama, che ricuciono il filo delle
scorribande immaginative
incagliatesi tra il kitsch dell'ovvio e
l'improbabile dell'invenzione
casereccia.
Ancora un indizio, dunque, di
quella difficolt in cui si dibatte il
crime writer nazionale, e che
proprio nella breve parabola vitale
della rivista mondadoriana appare
emblematizzata e riassunta.
Il 17 giugno del '37 Il Cerchio
si spegne. Il 17 luglio del '37 Savinio
formula la sua diagnosi della letale
malattia da cui logorato il giallo
italiano, che
assurdo per ipotesi. Prima di
tutto [] una imitazione e porta
addosso tutte le pene di questa
condizione infelicissima. Oltre a ci,
manca al giallo italiano, et pour
cause, il romanticismo criminalesco
del giallo anglosassone. Le nostre
citt tutt'altro che tentacolari e
rinettate dal sole non fanno
quadro al giallo n pu fargli
ambiente la nostra brava
borghesia []. Dove sono i mostri
della criminalit, dove i re del
delitto?

Le scoppiettanti notazioni
eziologiche di Savinio sul mancato
radicamento in Italia di questo
genere d'importazione, che non
riesce ad attingere l'etichetta DOC,
trascurano per il punto cruciale
della questione: il complesso del
blasone da cui sono affetti i nostri
giallisti.
Varaldo, Spagnol, De Stefani
sono autori che ambiscono a
percorrere il main stream del
poliziesco e perci puntano sulla
distillazione aggettivale (qualche
ombra di decadenza alla
D'Annunzio, o ancor pi alla Guido
da Verona), sulla ricercatezza
retorica, sulla desueta squisitezza di
una forma che l'utente acculturato
della fascia medio-alta possa
deliberare con compiaciuta e
complice sensibilit.
Poco male se tali sofisticherie
letterarie vengono a guarnire
romanzi di largo smercio ma di
consumo non effimero; il problema
nasce quando gli stessi autori
scrivono per quel destinatario di
massa socialmente molto
differenziato e culturalmente poco
motivato cui si indirizzano le
collezioni popolari e, a maggior
ragione, un rotocalco come Il
Cerchio.
Allora l'aporia si manifesta
appieno: il poliziesco richiede un
intreccio essenziale, movimentato,
all'insegna della sorpresa e un
dettato svelto, denotativo,
moderatamente razionale; il
poliziesco su un periodico popolare
esige, accanto a tali qualit, brevit,
immediatezza, estrema concisione
dell'intreccio, dialoghi duri e
standardizzazione linguistica,
pronta riconoscibilit del codice.
A queste condizioni non stupisce
l'assenza sul Cerchio degli
aristocratici Lanocita e De Angelis o
l'episodicit della firma di Varaldo,
e, viceversa, il monopolio di un
funambolico avventuriero della
fantasia come Tanzi e della dama
rosa Peverelli, i quali
accantonando le pretenziosit
stilistiche sfruttano a fondo la
tecnica contaminatoria tra tutti gli
elementi immaginativi e i
mitologemi della cultura popolare,
accentuando cos il carattere
impuro del giallo.
Si spiega altres la singolarit
della meteorica apparizione di
Luciano Folgore, che nell'unico
racconto dato alla rivista esercita il
suo brio dissacratorio e parodico
con un'operazione sottilmente
metatestuale.
Fornendo uno dei pochi esempi
di stilizzazione formale riscontrabili
nella narrativa poliziesca del tempo,
paragonabile alla Novella seconda
di Gadda, che del '28, Folgore si
impegna in una contestazione,
allusiva, indiretta, ironicamente
ambigua, su due fronti.
Da una parte denuncia quanto
snobismo nei confronti del giallo
circoli tra i letterati, passatisti e
realisti o corifei agguerriti
dell'avanguardia come il
modernista, europeizzante e
novecentiere Bontempelli, il
quale faceva appello alla discrezione
di Arnoldo Mondadori per non far
sapere ai suoi colleghi questa sua
debolezza per i romanzi
polizieschi.
Dall'altra, egli lancia i suoi
metaforici strali contro
l'approssimazione, l'atonia, il
conformismo degli autori ancorati
al modulo fisso dell'intrattenimento
di massa e della moda poliziesca.
Ma la vis critica del brillante
futurista solo una variabile
impazzita nella storia del
Cerchio, che si brucer nel
conflitto tra incoercibili ragioni
della scrittura e ferrea logica del
mercato.
E per il giallo italiano comincia
il lungo sonno.
Notizie sugli autori

Edoardo Anton
Figlio del pi noto Luigi
Antonelli, Edoardo (nato a Roma
nel 1910, morto a Villefranche sur
mer nel 1986) commediografo,
regista (Il Lupo della frontiera,
1952; Dramma nella kasbah, 1953)
e sceneggiatore cinematografico
(Una notte dopo l'opera di Manzari
e Neroni, Fari nella nebbia e
Bengasi, 1942) e televisivo,
giornalista e traduttore (di Jean
Anouilh nel '51 e nel '66), autore di
numerosi originali radiofonici
(come il radiodramma giallo Libert
provvisoria del '64), ha operato nei
vari campi dell' inventio letteraria,
dando prova di prontezza e
versatilit nell'accogliere e sfruttare
le pi svariate sollecitazioni
provenienti dalla cultura europea e
d'oltreoceano.
Tra i suoi maggiori successi
teatrali si registrano Mulini a vento
(1938), una commedia di
intonazione rosa ambientata in
Francia nello scontato scenario del
salotto borghese, costellata di
trovatine e battutelle di spirito
(Savinio); Un orologio s' fermato
(1939); Non ancora primavera
(1943), in cui allusivi riferimenti
alla contingenza politica
consentono la contestualizzazione
della vicenda nel periodo di declino
del trionfalismo fascista; La
fidanzata del bersagliere (1962),
una storia d'amore incastonata
nella rappresentazione della
cronaca italiana tra la guerra
d'Abissinia e lo sbarco degli alleati.
Con il genere poliziesco Anton si
misura, oltre che nei racconti
apparsi sul Cerchio Verde, nella
commedia Il serpente a sonagli
(1935, nello stesso anno ridotta per
il cinema da Raffaello Matarazzo
con sceneggiatura dell'autore). A
condurre l'inchiesta su una serie di
delitti commessi in un educandato,
l'ispettore Nino Pavese,
personaggio in cui sono riprodotti
tic comportamentali tipici del
detective made in Italy: spazio
all'argomentazione pi che
all'azione, sottigliezze psicologiche
sull'abbrivio del freudismo alla De
Angelis, bonariet di chi conosce a
fondo i meccanismi del cuore
umano.
In obbedienza alle direttive
imposte dal regime alla narrativa
poliziesca nazionale, Anton confina
il male ed il colpevole entro
l'appartata regione della diversit
(etnica, psichica o fisica),
rappresentata in questo caso
dall'anomalia patologica
(l'assassino un cuoco epilettico).
L'opera di Anton documenta
esemplarmente la preoccupazione,
comune ai pi qualificati giallisti
italiani del tempo, di retorizzare la
scrittura mediante uno scaltrito
riuso della strumentazione
letteraria: stilemi di rarefatta
eleganza, scansioni aggettivali
ricercate, garbata ironia nei dialoghi
e nelle pause riflessive. E una prosa
che non respinge l'interferenza
colta, purch di facile
identificazione per un pubblico
anche solo superficialmente
acculturato, che viene cos
gratificato e pi intensamente
coinvolto nel confortevole
piacere dello spettacolo.
Analoghe dominanze stilistiche
si riscontrano nel romanzo giallo Il
mistero della casa crollata (1936),
dove circolano per pi evidenti
aure ed incubi poeiani nello
smantellamento del sistema
protettivo allegorizzato dalla casa
quale unico luogo possibile
dell'interiorit, quale unica difesa
dell'individuo dalle aggressioni del
mondo esterno.
La duratura passione dello
scrittore per il thriller si esprimer
negli anni Sessanta con l'atto unico
televisivo L'uomo che leggeva nel
futuro (conservato tra le sue carte
inedite) e con la riduzione per la TV
dei cicli di Padre Brown, di Sherlock
Holmes e Nero Wolfe.
Sia da play writer che da
sceneggiatore Anton maneggia
disinvoltamente i dialoghi, escogita
divertenti boutades, contrabbanda
idee e problemi secondo un
giudizio in cui egli affermava di
riconoscersi appieno senza far
mai pagare al pubblico l'orribile,
antiteatrale dazio della noia.

Luigi Antonelli
La declamazione dinamica e
sinottica delle fulminanti sintesi
futuriste si organizza entro le
coordinate concettuali e sceniche
del teatro grottesco, riassorbendo le
spinte antiborghesi del fronte
marinettiano nelle commedie di
Chiarelli, Rosso di San Secondo,
Cavacchioli, Bontempelli e in certa
produzione pirandelliana.
Egualmente, la deflagrazione
futurista si fa pi educata (Puppa)
e i folli happenings si normalizzano
nelle avventure fantastiche di Luigi
Antonelli, nato nel 1882 ad Ascoli,
giornalista e critico drammatico
(La Tribuna, La Sera e, dal '31,
il Giornale d'Italia), narratore (di
lui restano due volumi di novelle Il
pipistrello e la bambola e Chioma
d'oro), morto a Pescara nel 1942.
Del '18 il suo maggior
successo, L'uomo che incontr se
stesso, apologo fantastico
orchestrato sul tema del doppio,
viaggio inquietante all'interno del
proprio io, regressione
cronotopica guidata dal consueto
personaggio ragionatore
primonovecentesco.
Con questo lavoro Antonelli,
ancorato nei testi precedenti (La
casa dei fanciulli, 1909; Chiaro di
luna, 1910; Il gioco della morte e Il
giardino dei miracoli, 1916) ai
motivi convenzionali della
commedia d'intrigo, apre il secondo
tempo della sua carriera
drammaturgica culminante ne La
fiaba dei tre maghi, che volgarizza
l'idea romantica degli effetti
balsamici della Poesia, e in
Bernardo l'eremita, rifacimento di
un testo del '14, Il convegno.
Opere scritte nel 1919, anno
cruciale per la storia del grottesco:
vi appaiono L'uccello del paradiso
di Cavacchioli, L'innesto di
Pirandello, La bella addormentata
di Rosso, La morte degli amanti di
Chiarelli.
All'anno seguente risalgono I
diavoli nella foresta e La montagna
artificiale-, al '22 L'isola delle
scimmie, dove con amaro
disincanto ed accenti mistici si
indica nel dolore l'unico mezzo per
recuperare l'innocenza perduta; al
'24 La casa a tre piani.
Non pi la fiaba e l'avventura,
ma Il dramma, la commedia, la
farsa sono al centro della pice che
nel '25 accoglie la proposta
pirandelliana del teatro nel
teatro. La compattezza strutturale
di questa operazione metateatrale
di Antonelli non si riscontrer nei
successivi La testa sulle spalle
(1926), La bottega dei sogni (1927),
La rosa dei venti e Il barone di
Corb (1928). Quest'ultimo ridotto
e sceneggiato dallo scrittore nel '39.
La libert, la spregiudicatezza e
la novit dell'invenzione, con cui il
drammaturgo aveva superato
l'impaccio dello psicologismo
tardottocentesco, si smorzano in
direzione larvatamente
antipirandelliana nel Maestro
(1933), dove avanguardia e
sperimentazione, scarsamente
formalizzate a livello di poetica, si
bloccano nella fissit di uno stile
inadatto e vecchio (D'Amico) e
nella sclerosi di una tematica
cristallizzata su astrazioni
metafisiche e universalizzanti.
Pi sfumati ideologicamente gli
ultimi lavori, Mio figlio, ecco il
guaio (1935), Bellerofonte (1936),
Amore sportivo (1938).
Del tutto stravagante nel
contenuto ma pertinente
nell'ambientazione agli interessi di
fondo dell'autore, l'unica prova
gialla di Antonelli, ospitata dal
Cerchio Verde, che fin dal titolo
denota la meccanica dello
sdoppiamento e del
mascheramento teatrale.
G. P.

Guido Cantini
Il nome di Guido Cantini, nato a
Livorno nel 1889 e morto a Roma
nel 1945, legato alla
sovrabbondante drammaturgia
inaugurata dallo scrittore appena
diciassettenne con l'atto unico La
carezza del diavolo (1906). per
solo alla fine della prima guerra
mondiale combattuta da volontario
che Cantini, dopo un'unica prova
poetica (Inno alla bellezza vergine,
1913) si impone come uno dei pi
significativi esponenti del teatro
commerciale, digestivo,
consolatorio, con la commedia Loro
quattro (1921). A partire da questo
momento opera anche in ambito
giornalistico dirigendo le riviste
Novella e Commedia ed
esplica la sua creativit lavorando
come soggettista e sceneggiatore
prima nel cinema muto (La
trentesima perla in collaborazione
con Alessandro De Stefani, 1920) e
successivamente nel sonoro
(Marcia nuziale, 1934; Oltre
l'amore di C. Gallone, dallo
stendhaliano Vanina Vanini, 1940;
Le due orfanelle, sempre di Gallone,
dal dramma omonimo di Cormon e
Dennett, 1942). Collabora inoltre
alla sceneggiatura dei film operistici
e musicali di Gallone e Brignone.
La filmografia di Cantini in
simbiotico ed organico rapporto con
la sua drammaturgia: entrambe
propongono il grigiore medio di
esistenze vuote e di antieroici
travet, riscattato solo
conclusivamente dalla rassicurante
etica della rassegnazione. E tuttavia
lo scrittore allevia la cupezza
claustrofobica di atmosfere e
situazioni domestiche attraverso
tocchi umoristici ed aperture
ironiche.
Pi di venticinque le sue
commedie, tra cui: La casa di prima
(1924); Locanda alla luna (1929);
tornato carnevale (1930), tradotto
in veste cinematografica da
Raffaello Matarazzo; La Signora
Paradiso (1931), da cui Enrico
Guazzoni trarr il film omonimo;
Giramondo (1932); I girasoli e
Daniele tra i leoni (1936); La
passeggiata col diavolo (1937);
Niente di male (1938); Ho sognato
il paradiso, che per l'audacia della
trama fece scandalo nella stagione
teatrale '38-'39 e segn il punto pi
alto della fortuna dell'autore;
L'uomo del romanzo e Turbamento
del '40 e del '41, poi film diretti
rispettivamente da Bonnard e
Brignone; Gli addii e Aurora del '42
e '43. Si tratta di lavori ironico-
sentimentali costruiti su nuclei
tematici rituali nel teatro di
consumo degli anni Trenta: il
triangolo borghese accompagnato
per dalla demistificazione della
figura del dongiovanni e dalla
speculare riabilitazione del marito
tradito, la destabilizzazione della
famiglia a causa della latitanza o
debolezza del padre, l'esaltazione
del ruolo femminile nella sua
componente materna. La risposta
positiva del pubblico alle commedie
di Cantini si spiega con la capacit
del drammaturgo di dar corpo ai
miti e ai tab dell'immaginario
collettivo, non nei toni farseschi
della pochade ma nell'intimistica
quotidianit, intrisa di malinconia e
spleen crepuscolari, del teatro del
silenzio.
Pi esigui i testi narrativi: il
romanzo Il primo fallo di Angelica
e il volumetto per ragazzi L'arte di
Michelaccio (1931), e i racconti
pubblicati sul Cerchio Verde.
Anche nel genere poliziesco
Cantini si allinea alle mode
culturali dell'epoca e al credo
moralizzatore del regime,
rifuggendo dagli effetti orridi ed
insistendo piuttosto sul momento
della restaurazione dell'ordine, che
attiva un processo di risarcimento
psicologico di fronte al delitto. Cosi
nel dramma giallo Ombre, in
cartellone al Teatro Odeon di
Milano con la compagnia Melato-
Carini-Mari il 19 novembre '35,
dove risalta il motivo allora molto
in voga della negritudine, in
sintonia con il clima celebrativo
dell'impresa etiopica.
R. V
Eugenia Consolo
Della poetessa veneziana
cognata della pi nota biografa del
duce, Margherita Sarfatti sono
note soprattutto le composizioni in
arguto vernacolo (El sciai, del '21,
Raise del cuor e Rialto, che del
'27), nonch le commedie dialettali
Co' l'acqua va a seconda,
rappresentata da Ferruccio Benini;
Marna picenina, allestita dalla
Compagnia Serenissima; La luna
in pozzo recitata da Fosco Giachetti.
Trasferitasi molto giovane a
Milano, la Consolo collabora al
Corriere della Sera e alla rivista
La lettura; qui pubblica l'atto
unico L'autore (1929), vivacizzato
dalla coesistenza di lingua e
vernacolo veneziano e dalle briose
maschere della commedia dell'arte.
Sullo stesso foglio letterario appare
nel '31 una Fantasia veneziana
sospesa tra nostalgie lagunari e
recupero del passato storico; e
ancora nel '31 scrive sui Quaderni
di Poesia.
Quella foga epica adattata al
soggetto pittoresco, colta dal
Pellizzi in alcune delle pagine pi
valide, si riversa nell'ingegnosa
ideazione di ambienti, personaggi e
situazioni della narrativa poliziesca,
a cui la Consolo giunge sulla scorta
dell'esperienza di Magda Adami
Cocchia, prima signora del giallo
italiano, che nel '34, con
L'assassinio di Mistress Hemandez,
aveva aperto la via della crime story
all'affabulazione femminile.
L'opzione per le emozioni forti e
per i finali a sorpresa, scaturita
dalla assidua frequentazione dei
maestri della scuola californiana
(che si concretizzer nella
traduzione de Il grande assalto di
Hammett, presentato al pubblico
italiano dal Cerchio Verde nel
'36), dinamizza i racconti della
Consolo, che deroga dalla disciplina
logico-consequenziale del fair play
poliziesco britannico a favore di
imprevedibili e risolutivi colpi di
scena. Ed ancora l'attivit di
traduttrice a spiegare le
caratteristiche di rapidit, scioltezza
e brillantezza della sua prosa,
affatto libera dagli impacci del
descrittivismo e dalle remore del
calligrafismo, orientata verso una
struttura agilmente paratattica ed
un ordito dialogico che movimenta
e drammatizza il racconto.
G. P.

Alessandro De Stefani
il secondo autore italiano,
dopo Varaldo, ospitato dalla collana
mondadoriana dei Libri Gialli.
Nato a Cividale del Friuli nel 1891,
morto nel 1970, narratore,
giornalista, critico e saggista
drammatico (La tragedia di
Macbeth, La tragedia di Coriolano),
traduttore (Amleto e il corpus dei
sonetti di Will), cronista
radiofonico, fu anche apprezzato
cineasta. Fra l'altro adatt per lo
schermo O la borsa o la vita (1933)
tratto dal suo radiodramma La
Dinamo dell'eroismo e diretto da C.
L. Bragaglia; Fanny (1933)
sceneggiato con Raffaello
Matarazzo; Tosca (1941) con
Luchino Visconti quale aiuto
regista; Ti conosco, mascherina!
(1944). Fu tra i pi laboriosi
sceneggiatori del cinema
repubblichino. Conquist ampia
notoriet tra le due guerre con
l'attivit teatrale.
Dopo il positivo esordio con le
commedie Il piacere e il peccato
(1915), Il gioco della bambola
(1917), Angeli ribelli e Tristano e
l'ombra (1919), Salom e Un
commiato (1925), ha un decisivo
incontro con Pirandello che gli
mette in scena Il calzolaio di
Messina e I pazzi sulla montagna
(1927). Negli anni successivi,
abbandonata la via del teatro
impegnato, si omologa al gusto
corrente divenendo un esponente di
spicco di quel teatro medio di
successo apprezzato dalle platee
quantitativamente pi vaste e
culturalmente meno esigenti;
Vecchio bazar (1928), Danton e
Volpone (1929), I capricci di
Susanna (1932), Brummel (in
collaborazione con Lucio D'Ambra e
Alberto Donaudy) e Equatore
(1934), Olimpiadi e Consiglio di
guerra (1935), Casanova a Parma,
Dopo divorzieremo e Metropoli
(1937), Lo scrigno degli amanti,
L'amica di tutti e di nessuno, Gran
turismo (1938), La moglie di pap e
La scoperta dell'Europa (testo
esemplare del teatro di propaganda
bellica, del '40), Il medico e la pazza
(1943), L'Angelo del miracolo
(1944), In fondo al mare (1948),
Perversit (1950), Il sabato del
peccato (1951), Lina nuvola e un
cammello (1952), Il diavolo in
farmacia (1953), Noi due (1956).
Opere che svolgono tematiche
tradizionali in chiave intimistica o
che indugiano nei complicati
labirinti della casistica amorosa e
delle sue sottili diramazioni. Il
topos aggressivo del carismatico
seduttore si stempera in personaggi
umbratili di sapore gozzaniano; agli
eccessi melodrammatici sono
preferiti gli allettamenti della
freddura; i conflitti passionali
virano sul piano di un'epidermica
schermaglia. Molte di queste
commedie ebbero una trasposizione
cinematografica e furono
sceneggiate dallo scrittore, attivo
operatore del circuito letteratura-
cinema nella stagione
preneorealistica, quando la
necessit di intrecci pi articolati e
di dialoghi pi accurati impose la
scelta di pre-testi narrativi e
soprattutto una pi intensa
presenza di autori teatrali.
Alla fluviale produzione scenica
e cinematografica De Stefani
affianca romanzi di intrattenimento
standardizzati nell'impianto
costruttivo e contenutistico: Malati
di passione (1921), La cortigiana
(1926), Venere dormiente (1928),
Lo Zar non morto (1928), I
peccati dell'attrice (1933), Il
sentiero per la felicit (1938), Gente
con me (1956).
Era fatale che un autore cos
pronto a rispondere alle attese del
pubblico di massa si cimentasse con
il genere emergente negli anni
Trenta: i romanzi gialli La crociera
del Colorado (1932), Il pilota
della notte e L'isola della foresta
(1935), Il terzo sparo (1936); i
drammi polizieschi L'ombra dietro
la porta (1934), L'urlo (1935; in
collaborazione con Ferruccio Cerio),
Triangolo magico (1936), i due
ultimi trasferiti sullo schermo dallo
stesso autore rispettivamente nel
'38 e nel '41 (L'urlo e Brivido).
Pennellate gialle striano anche
la trama delle commedie in
costume: La regina di Cipro (con
Marta Abba), Arma bianca, Sulla
punta dei piedi (tutte del '36); e di
quelle calate in una modernit fatua
e salottiera: Genova-New York, La
morte un sogno (con Emma
Gramatica) e L'amore verr dopo
(con Elsa Merlini).
De Stefani rispetta la sintassi
della fiction poliziesca soprattutto
nella figura salvifica
dell'investigatore ricalcata, in chiave
parodica per, sul modello
americano. La tendenza a parodiare
gli stereotipi della crime story,
l'espunzione delle situazioni pi
cruente, l'autocensura di fronte alle
devianze pi radicali e di maggiore
pericolosit sociale, con la
conseguente criminalizzazione
dell'irregolare e l'esorcizzazione
della fenomenologia della morte (da
ci la ritrosia a mettere in scena il
cadavere), sono gli elementi
caratterizzanti dei polizieschi di De
Stefani.
Alla caricatura tematico-
figurativa corrispondono l'humour
e il brio di uno stile
ambiziosamente letterario e
mediocremente piacevole.
R. V.

Luciano Folgore
Dietro il folgorante
pseudonimo futurista si nasconde il
giornalista, poeta e narratore
Omero Vecchi (Roma, 1888-1966),
fondatore della rivista
d'avanguardia Zero meno zero
(1915), collaboratore dei fogli della
sovversione letteraria Lacerba,
La Voce, La Diana, L'Italia
futurista, autore di versi
inneggianti ai miti marinettiani e
metropolitani della velocit e della
macchina: Il canto dei motori
(1912), Ponti sull'Oceano (1914),
Citt veloce (1919). La sua musa
vagabonda, gioconda e qualche
volta profonda (con questa terna
aggettivale Folgore titola un volume
di poesie del '27), trova nel
ribaltamento parodico l'espressione
pi smagliante; si vedano le
comiche contraffazioni di poeti
contemporanei, le satire
epigrammatiche, gli aforismi
iconoclasti che accendono l'estro
ispirativo dell'autore in Poeti
controluce (1922), Poeti allo
specchio (1926), Il libro degli
epigrammi (1932), Favolette e
strambotti (1934), Poesie scelte:
parodie, liriche, favole, epigrammi
(1940), Mamma voglio l'arcobaleno
(1947), Il libro delle favole (1956), Il
libro delle parodie (1965).
lo stesso scrittore a fornirci la
chiave di decifrazione del suo uso
della parodia (Non era burla la
nostra ma un desiderio di
grottesco) e della favola (L'anima
della favola se n' andata. La
incredulit degli uomini l'ha
costretta a sloggiare).
Il gusto della deformazione
ironica e dell'iperbole aggressiva
qualificano anche la sua opera
narrativa, da Crepapelle (1919), a La
citt dei girasoli e Nuda ma dipinta
(1924), ai brevi racconti di Ma
cugina la Luna (1926), fino a
Novellieri allo specchio (1935).
Dall'eversione della realt
progettata nella temperie futurista
Folgore passa all'evasione dalla
realt, che si avverer appieno nella
narrativa per ragazzi. L'avventura
lungo i sentieri di quella storia
infinita che la fiaba si dispiega
ne La favola della volpe (1953),
L'albero di Natale (1955),
arrivato un bastimento e Stelle di
carta d'argento (1960).
Alla ventata innovativa delle
sintesi futuriste che spazza la
polvere del palcoscenico italiano a
ridosso della prima guerra
mondiale, contribuisce anche lo
scrittore romano con Ombre +
Fantocci + Uomini, irriverente
liquidazione dell'archetipo del
senex, simbolo convenzionale di
saggezza consolatrice, che qui
incarna un conformismo
fisiologicamente involutivo e chiuso
all'ebrezza vitalistica. La sagoma
curva del Vecchio intento a spiare
dietro i vetri la vita che si svolge
all'esterno inaugura quella galleria
di tipi delegati a traumatizzare lo
spettatore, che si incontreranno ne
Il mago moderno (1938), La notte
fatidica e Allegria col divertimento
(1940), Piovuta dal cielo (1941).
La parodia, come scanzonata e
invereconda caricatura del luogo
comune, diventa irridente
rovesciamento dei parametri
strutturali ed emozionali del giallo-
enigma nel romanzo extragiallo
umoristico (cos lo qualifica
l'autore) La trappola colorata
(1934), originale e divertente
tipologia o ipotesi narratologica
avanti lettera (Rambelli) del filone
poliziesco.
All'accumulazione degli indizi e
alla progressione logica
dell'inchiesta, nel romanzo come
nell'unico racconto pubblicato sul
Cerchio Verde, si sostituisce
l'irrazionalit dei fenomeni di
spiritismo e metempsicosi (e del
resto quello dell'occultismo tema
caro all'quipe marinettiana);
all'emozione necrotica subentra
l'assurda e beffarda degradazione
del ruolo sacrificale della vittima
(l'assassino il morto stesso); al
rapido montaggio del plot succede il
caos semantico determinato
dall'incalzare del motto di spirito e
dal veloce susseguirsi dei paradossi.
Grottesco, assurdo, non sense,
calembours implicano lo
smantellamento degli ingranaggi
del whodonit, condotto con critica
consapevolezza da Folgore che,
fedele sacerdote della liturgia
antipassatista, svende l'apparato
retorico della letteratura alta
(Pascoli e D'Annunzio) e scalza le
vecchie regole del gioco. L'ottanta
per cento dei libri gialli d
un'importanza capitale ai colpi di
scena []. Per conto mio cercher
di fare altrettanto con una scena di
colpi battuti ritmicamente alla porta
di casa.
R .V.

Guglielmo Giannini
Vessillifero della squadra dei
drammaturghi gialli che
conquist le platee italiane degli
anni Trenta con gli esotici aromi
dell'intreccio delittuoso, Guglielmo
Giannini nasce a Pozzuoli nel 1891.
Il futuro uomo qualunque del
secondo dopoguerra esordisce come
giornalista, collaborando al foglio
umoristico napoletano Monsignor
Perrelli, al Risveglio (1914), e
fondando il periodico Kines
(1919).
A partire dalla met degli anni
Trenta allenta l'impegno di
pubblicista a vantaggio dell'attivit
di sceneggiatore e regista
cinematografico (Re Burlone, 1935;
Re di denari, 1937; Duetto
vagabondo, 1939; Il Nemico, 1943).
E tuttavia ad ammaliarlo
soprattutto il richiamo delle luci
della ribalta teatrale, cui offre un
ricco repertorio confrontandosi
anche con i sottogeneri della rivista
(Tripoli-Tripol, 1911; Ben Zhur,
1924; L'uomo di Ymelda, 1949) e
dell'operetta (La donna perduta, Il
paese delle donne).
All'industria teatrale della prima
met del secolo, Giannini fornisce
prodotti di serie abilmente
confezionati, contribuendo
all'affermazione di una commedia
persuasiva e leggera, che tematizza
l'intramontabile topica ottocentesca
intaccandone la credibilit con
piglio divertito e autoironico.
un'operazione astuta, volta a
catturare il pubblico borghese di
lunga durata, assiduo ed
affezionato degustatore d'un teatro
che non fosse n militante n
audacemente avanguardistico.
Sull'onda del successo, dal '37 al
'39 l'autore crea e dirige una
compagnia che interpreta quasi
tutte le sue commedie. Tra i lavori
pi applauditi: Grattacieli (1930), Il
castello di bronzo (1931), Mimosa
(1934), Tempesta (1935), Ritratto
d'ignoto (1938), Eva in vetrina
(1939), Ti voglio tanto bene (1940),
Il sole a scacchi (1941), Avventura
del protagonista (1949), Il pretore
DeMinimis (1950), L'attesa
dell'Angelo (1952), Luci
dell'avvenire (1954), L'amico di Sua
Eccellenza (1955), Il profumo della
signora Clinton (1957), ultima
opera prima della morte,
sopraggiunta nel '60.
nondimeno nel giallo che
Giannini mette a frutto la sua
esuberanza creativa cogliendo
consensi immediati con L'Anonima
Fratelli Roylott (1935), portato
sullo schermo nel '36 da Raffaello
Matarazzo e in seguito accolto in
forma narrativa da Mondadori tra i
Libri Gialli.
In un breve arco di tempo si
susseguono le pices poliziesche La
donna rossa, La casa stregata, La
sera del sabato (1934); I rapaci,
L'angelo nero (divenuto poi un
romanzo), e Mani in alto! (1935), il
cui insignificante protagonista
riesce a sgominare una banda di
astuti industriali, ascrivendosi in tal
modo alla categoria degli inetti
del teatro di Cantini, di Bonelli, di
De Benedetti, che nell'explicit della
storia si emancipano traendo forza
proprio dalla monotonia ossessiva
del proprio status.
Coeva a La miniera, a
Supergiallo (entrambi del '36) ed al
Tredicesimo furfante (1937), La
Belva (ancora del '37) viene
entusiasticamente recensita da un
critico esigente come Savinio, che
ne esalta l'autenticit e il vigore,
lodando l'autore per aver riportato
in teatro quell'alto terrore, quella
terribilit [] che la chiacchiera
sdentata del teatro borghese aveva
ridotto a leone da scendiletto. Di
ben altro tenore l'intervento di
Savinio su La legge (1938),
poliziesco di carattere speculativo,
le cui gioie deduttive ci lasciano
del tutto indifferenti.
L'ombra del Magnifico (1940) e
Il nemico (1941) concludono la fase
pi originale della produttivit di
Giannini, che dopo una pausa
decennale torna al teatro giallo con
Liberaci dal male (1950), testo
singolare in cui s'incontrano un
collaudato mestiere e pi severe
motivazioni spirituali, secondo un
disegno di nobilitazione concettuale
che si banalizzer in Inchiostro blu
(1956).
G. P.

Luciana Peverelli
Una vena carezzevole e
disimpegnata d'immediato e
larghissimo impatto sul pubblico,
il tratto peculiare di Luciana
Peverelli, milanese (1902-1986),
narratrice, giornalista, traduttrice
(di Steinbeck e Ludwig), stella tra le
pi brillanti della galassia rosa
italiana.
Molto amata dalle generazioni
degli anni Trenta e Quaranta,
gratifica di circa trecento romanzi i
suoi appassionati lettori,
imbastendo trame che vertono su
intrecci sentimentali insolubili e
sfociano in finali tragici: Giovanotti
e signorine (1932), Inverno d'amore
(1934), Piacere agli uomini (1936),
Ragazze in libert (1939), Violette
nei capelli (1940), L'uomo che mio
(1941), Col diavolo in paradiso
(1947), La mia vita per te (1951), Il
mio prigioniero (1953), Sotto i
platani di Via Veneto (1954), La
ragazza e le streghe (1957).
Pur finalizzando il suo prodotto
a una fruizione eterodiretta e del
tutto evasiva, la scrittrice non
manca di intingere la sua penna
nell'attualit, affrontando il tema
della guerra in termini
antimilitaristi in La lunga notte
(1942) e Sposare lo straniero
(1943), e accogliendo, sia pure
edulcorandole, le sollecitazioni del
femminismo nella sua ultima
produzione (I nostri folli amori,
1979).
Numerosi suoi racconti
appaiono su Novella, Alba,
Rakam, sul Monello e
sull'Intrepido, consolidando una
popolarit che raggiunge le punte
pi alte nel dopoguerra, con le love
stories approntate per Grand
Hotel, Sogno, Polvere di
stelle, Amica, Bella, Anna,
e per Stop, che ella dirige dal '63
all'anno della morte. Riviste
femminili, per lo pi, e tuttavia la
Peverelli si distacca dal neutro
conformismo in cui ristagnano
autrici quali Liala e Mura, sia
nell'esercizio letterario, investendo
il personaggio femminile di una
funzione dinamica; sia nel diretto
coinvolgimento biografico, non
esitando a compromettersi in campi
di azione di monopolio maschile
come la politica. Nella Roma
appena liberata, per esempio, fonda
e dirige un periodico di vita breve
ma intensa, Bella (da non
confondere con il settimanale
milanese), in cui, messa da parte
ogni svenevolezza sentimentale, si
fa portavoce di istanze pacifiste e
democratiche.
Il mystery si colora di rosa nei
numerosissimi racconti della serie
Anime tempestose apparsi sul
Cerchio Verde, e nel romanzo
Incendio a bordo (1938), che fin dal
titolo riflette i suggerimenti della
Eberhart.
Pur immuni dalle remore
moralistiche connaturate alla
narrativa per signorine, queste
pagine escludono per la macabra
concretezza del delitto, il corposo
realismo della violenza; vi si
alternano piuttosto il fascino
dell'occulto, la bizzarria esotica,
l'inquietante consapevolezza di un
pericolo (che, in termini
narratologici, l'ostacolo da
superare per il conseguimento del
fine prefissato). Sono elementi che
consentono all'autrice di insinuare
imprevedibilit, sospensione e
brivido nella banalit di scontate
vicende sentimentali, narrate
peraltro con toni di mediet e
scorrevolezza giornalistica che ne
accentuano il carattere di ovvia
normalit.
G . P.

Tito Antonio Spagnol


Buon artigiano della scrittura
ama definirsi, forse con un pizzico
di civetteria, Tito Antonio Spagnol,
il quale nel 1970 cos ricorda la
propria attivit narrativa del
periodo '34-'42: lavori di penna
meno impegnativi, che per [] mi
avevano procurato tanti lettori da
procacciarmi un pane: il che pu far
meraviglia oggi, pensando che
allora il mestiere di penna fruttava
solo a chi era impegnato col
fascismo, mentre io n'ero stato
fuori, anzi tenuto a vista
(fronda documentata peraltro
dalla collaborazione alle riviste
longanesiane Omnibus e
L'Italiano).
Un flash autobiografico che
riassume in felice sintesi i due poli
dell'universo giallo italiano nel
Ventennio: quello della produzione,
legata a una seria e fondata prassi
scritturale da parte di autori
attestati nella rivendicazione di
dignit culturale e perizia
professionale non intaccate
dall'adozione di un genere di
consumo; quello della ricezione,
aperta e disomogenea, da
parte del pubblico calamitato dalla
novit di un filone dalle radici
allotrie, che proprio negli anni
Trenta offriva le prime
manifestazioni autoctone.
Nato a Vittorio Veneto nel 1895,
lo scrittore debutta nel '20 come
inviato speciale del Giornale
Nuovo di Firenze, ma ben presto si
trasferisce all'estero: giornalista a
Parigi, New York e Los Angeles,
passa poi a Hollywood, dove lavora
come sceneggiatore con Frank
Capra, per soggiornare quindi in
Messico e in Canada.
Il corpus delle sue opere
ingloba, oltre ai thrillers che
l'hanno reso noto, testi in cui le
esperienze di viaggi si fondano con
un'imagerie affollata di figure
patinate, larve prive di profondit
psicologica che si aggirano sui
fondali dorati del paradiso
hollywoodiano e nei meandri di
visionari notturni urbani: Cannetta
a Hollywood (1937), La notte
d'Amburgo (1938), Senz'ali non si
vola (1941), Corsa alla vita e
Romanzo d'un romanzo (1942).
Dopo la guerra la carriera del
narratore cede il passo a un pi
assiduo impegno di giornalista (Il
Tempo, il Corriere della Sera),
saggista (La fiera letteraria, Il
Mondo, Il Ponte) e traduttore
(Gerusalemme, Gerusalemme', di
Dominique Lapierre e Larry Collins,
1972).
Nel 1970, dieci anni prima della
morte (avvenuta nel novembre '79),
Spagnol ricompone il mosaico delle
sue esperienze nelle briose pagine
delle Memoriette marziali e
veneree, autocompiaciuta
testimonianza di una vita giocata
sull'azzardo e sulla temerariet sia
nel crinale politico-ideologico (lo
scrittore mantiene un
atteggiamento di oculato distacco
nei confronti del regime) sia in
quello letterario ( lui a introdurre
in Italia il modulo, ancora inedito,
della novella-thriller).
Nonostante la dichiarata
diffidenza verso il romanzo-enigma
(non ho mai avuto trasporti per il
genere), Spagnol esordisce proprio
con un giallo di matrice
anglosassone, L'unghia del leone,
pubblicato per la prima volta a
puntate sulla Revue Francaise
{La griffe du lion), poi riproposto in
volume dalle prestigiose edizioni
Gallimard (1932) e infine
presentato da Mondadori al
pubblico italiano nel '34.
Protagonista della detection
Alfred Gusman, private eye di New
York, modellato sugli eroi duri
Sam Spade e Philip Marlowe ma
dotato anche delle straordinarie
capacit abduttive di Holmes.
Messa a fuoco nei racconti del
Cerchio Verde (alcuni dei quali
furono inseriti in appendice ai
romanzi in volume), la figura di
Gusman ricompare nel '37 sulle
pagine de La notte impossibile.
In antitesi con l'investigatore
americano calato in un frenetico
macrocosmo di vizio e di violenza,
Spagnol conia il personaggio di don
Poldo, addomesticando il padre
Brown di Chesterton entro gli
orizzonti di un familiare paesaggio
campestre. Una sfida
all'esteromania del lettore, una
riappropriazione, tra l'ironico e
l'affettuoso, delle brume nordiche
nella quiete di un piccolo borgo
della provincia italiana.
Su don Poldo si incardina il
dittico de La bambola insanguinata
(1935), e Uno, due e tre (1936),
mentre nell'Ombrellino viola
(uscito a puntate su Omnibus
nel'38 e mai raccolto in volume) e
nei racconti di Bassa marea (1941)
Spagnol varca nuovamente l'oceano
per una full immersion
nell'America brutale del
gangsterismo e dell'emarginazione,
ingredienti di una miscela esplosiva
di brivido, hard boiled e thrilling.
G . P.
Gastone Tanzi
L'intento di conquistare al giallo
il pubblico pi fedele
all'appendicistica, mediante la
confluenza nell'alveo del poliziesco
di tematiche proprie dei generi
limitrofi, sta a monte dell'opera di
Gastone Tanzi (Saronno, 1899
Renon, Francia, 1967), scrittore,
pubblicista, traduttore (la sua
versione dal tedesco di Georg
Zachariae, Mussolini si confessa,
1948), autore di radiodrammi e di
sceneggiati televisivi (Rocambole).
Giornalista a vent'anni (Il
Cittadino e Vita ligure), nel '23
inviato speciale all'estero
dell'Ambrosiano, Il Secolo,
La Tribuna, La Gazzetta del
Popolo; nel '25 dirige Il Torchio
e nel '28 Il Corriere di Sicilia.
Vincitore nel '34 del premio La
Stampa, corrispondente di guerra
del Resto del Carlino, fino al '53
collaboratore della Domenica del
Corriere, del Tempo e del
Settimo Giorno.
Indotto dalla professione
giornalistica a lunghi e frequenti
soggiorni in terra straniera, aderisce
alla moda del racconto-reportage in
auge negli anni Trenta (si pensi ai
resoconti di Alvaro, Cecchi, Barzini,
Patti), fissando le sue impressioni
ed esperienze in Viaggio in
Afganistan (1929).
A ventidue anni scrive Gloria
postuma, rappresentata al Lirico di
Milano, prima di una lunga serie di
commedie che vireranno sempre
pi decisamente nella direzione del
thrilling.
Nei primi drammi gialli, Il
castello dell'Innominato (1935) e La
morte di Agata Beri (1936), Tanzi
indulge a un compiaciuto
sensazionalismo con la pittura di
ambienti cupi e di personaggi
equivoci. In Sangue sulla neve (dato
nel '51 all'Excelsior di Milano dalla
Compagnia Donadio-Giorda),
tardiva ripresa di un filone da
tempo esaurito, lo sviluppo
dell'indagine poliziesca assume un
rilievo di assoluta centralit, e
tuttavia la pice parve a Renato
Simoni carente di vivacit
animata, soprattutto per la
debolezza della struttura dialogica.
Un limite riscontrabile anche nella
commedia del '60 Gli strani ospiti
della signora Mac Millan.
In effetti pi che drammaturgo
Tanzi un raconteur, e tale rimarr
fino agli anni Sessanta (La locanda
del loto d'argento del '59).
Egli fa parte della schiera di quei
bravi artigiani del giallo italiano
meno condizionati dal mito della
letterariet e perci capaci di
confezionare prodotti facilmente
fruibili dal pubblico mediobasso,
soggiogato dal magmatico
accavallarsi degli effetti
raccapriccianti e delle felici
agnizioni, dalle eclatanti
manifestazioni del male, e
dall'inevitabile coronamento del
sogno d'amore; ovvero da tutto il
bric--brac del feuilleton.
Sono questi infatti gli scrittori
editi nella collana dei Gialli
Economici, alla portata di tutte le
tasche, in cui appunto Tanzi
pubblica La nave degli agguati
(1934).
Caratteristica dominante di
questo romanzo, come di tutti i
racconti del Cerchio molti dei
quali organizzati nell'epopea seriale
del detective Alex Dean e delle
opere apparse successivamente
(Servizio segreto, 1936; Sangue su
Barcellona e L'enigma di Charing
Cross, 1937) l'ambiente esotico in
cui lo scrittore situa l'azione,
impadronendosi di quest'ulteriore
componente dell'appendicistica
sulla traccia dei romanzi di
Mariotti.
Nonostante l'autore trasfonda
sulla pagina la conoscenza diretta
dei luoghi, il richiamo dei topoi
letterari del tempo agisce pi
energicamente che non l'eco del suo
vissuto, determinando
l'impressione di manierismo che si
riceve oggi alla lettura.
Quelle di Tanzi sono incursioni
in dimensioni geografiche che,
proprio perch lontane, sconosciute
al gran pubblico e distanti dai suoi
parametri etico-conoscitivi, si
prestano ad ogni falsificazione ed
appagano al tempo stesso la sete
d'avventura del lettore, distillando
nei meccanismi fabulatori il
desiderio esistenziale e psichico del
cambiamento.
In quest'ottica, l'espletamento
dell'indagine un fatto accessorio e
secondario; quel che conta
l'evasione dalla prigione della
realt.
R . v.

Elisa Trapani
Una delle invarianti del
poliziesco italiano tra le due guerre
la contaminazione dei generi
praticata sia mediante l'assunzione
di moduli provenienti dall'alto, dalla
letteratura accreditata dalla
tradizione, sia attraverso il travaso
di tematiche lungo l'asse sincronico
della letteratura d'intrattenimento.
naturalmente nelle pagine
femminili che gli innesti del
secondo tipo si riscontrano pi
frequentemente, in un'interrotta
osmosi di intreccio criminoso e
girandole seduttive, di delitto e
passione, di brutalit e second story
sentimentale. Proprio dalla
ripetitivit modulare, dall'effetto
dj vu deriva in gran parte il
successo del giallo-rosa, che se
nella Peverelli si attualizza con
l'accoglimento di pi moderne
denotazioni, e nella Consolo si
rinnova attraverso la lezione
americana (,action e detection),
nella siciliana Elisa De Simone
Trapani (nata a Marsala nel 1906 e
trapiantata a Milano) si affina in
uno studio di caratteri e di ambienti
domestici, investiti dalle oblique
rifrangenze di crimini immaginati,
travestimenti e inganni. Giornalista
e scrittrice di inclinazione
pedagogica, narratrice dell'happy
end, profeta dell'automatismo delle
rvere, produttrice di antidoti ai
sottili veleni dell'emancipazione
femminile, la Trapani immette nel
mercato delle lettere un fiume di
messaggi consolatori trasmessi con
un linguaggio estremamente
semplificato e flessibile, colloquiale
e snob quanto basta: Denaro batte
amore 3 a 0 (1936), Dammi un
figlio (1938), Piccola donna mia
(1939), Passa una donna e Voglio il
tuo amore (usciti sulle riviste
Eva ed Eco nel 1942), La bocca
proibita (sempre del '42), Clara, che
sei tu? (1945), Il consigliere della
signora e La donna migliore (1945,
veri breviari della perfetta padrona
di casa), L'amante del suo sogno e
Angelo del peccato (1952), Terza
liceo, L'uomo meraviglioso,
Sandaletti d'oro (1953),
Appassionatamente (1954). Una
poligrafa acronicamente coerente,
che nel '68 fornir un'ulteriore
prova ne Le minorenni.
Anche nei polizieschi la Trapani
conserva la sua costante
preoccupazione di salvaguardare le
specificit femminili. Bandita la
violenza, eliminato il
compiacimento intellettualistico e
cerebrale del processo inquisitorio,
la semplice arte del delitto
diviene un semplice accessorio
dell'amore, un elemento
funzionale all'eterna lotta tra i
sessi: cos nella narrativa breve del
Cerchio Verde, cos ne Il
cadavere mascherato, del 1941.
R . v.

Alessandro Varaldo
Narratore, drammaturgo, poeta
dotato di una feconda vena creativa,
Varaldo esordisce nel 1897 con i
tredici sonetti del Primo libro dei
Trittici, percorsi da venature
simboliste e decadenti. L'anno
seguente appaiono le sue prime
prove narrative, dove confluisce
l'eco di un attardato naturalismo, il
volume di novelle La principessa
lontana e il feuilleton I Signori di
Nervi, cui fanno da sfondo un
oleografico paesaggio ligure e uno
dei luoghi privilegiati della sua
geografia sentimentale, quella
Ventimiglia dov'era nato nel 1876.
Nel 1900, con I due nemici, avvia il
progetto di un romanzo che avesse
radici e viticci nell'umanit, la pi
umile umanit, la meno pittoresca,
l'umanit senza risorse di psicologia
alla moda, senza 'stati d'animo', una
borghese umanit qualunque.
Mediocri ideali borghesi,
sentimentalismo rugiadoso, vecchi
clichs della letteratura popolare
presenti nelle commedie, da
Diamante o castone (1901) a La
conquista di Fiammetta (1906), ad
Appassionatamente e Un marito
innamorato (1920), si fondono con
un controllato umorismo ne
L'altalena (1910), che prelude a
intonazioni e tipi del teatro
grottesco soprattutto nella figura
del servo sentenzioso, prototipo di
quel personaggio raisonneur cui
sar affidata una funzione
smascheratrice e straniarne sulle
scene degli anni Venti.
Direttore generale della Societ
Italiana degli Autori dal '20 al '28, e
nel '43 dell'Accademia d'Arte
Drammatica a Roma (qui morir
nel '53), Varaldo conquista i favori
del pubblico piccolo borghese con
una serie di fortunati romanzi da
boudoir nello stile di Pitigrilli e di
opere d'intreccio avventuroso o
sentimentale, dove prevalgono
atmosfere salgariane e stereotipi
post-dannunziani: La bella e la
bestia (1919), L'ultimo peccato e La
grande passione (1920), la trilogia
Marea (I cuori solitari del '21, Mio
zio il diavolo e Il falco del '23),
Avventure d caccia e di mare
(1923), L'amante di ieri (1926), Il
covo (1927), Il cavaliere errante
(1930), Al vento d'occidente (1932),
Capitan Tramontana. Romanzo di
tutti i mari (1940), Arianna o i
capelli della fortuna (1941).
Ma pi che alla letteratura
amena il nome di Varaldo legato
alla nascita del giallo nazionale: Il
sette bello nel '31 inaugura la serie
italiana della collana di Mondadori
Libri Gialli. Il successo
clamoroso, la tiratura raggiunge le
23.000 copie; il cocktail di giallo
classico e intrigo spionistico, di
ambientazione regionale e varia
stratificazione sociale, di buon
senso e ironia, fa presa sui lettori e
traccia il solco in cui si muoveranno
i pionieri della nostra narrativa
poliziesca.
La formula felicemente
sperimentata nel Sette bello
ripresa in Le scarpette rosse e Tre
catene d'argento (ancora nel '31),
La gatta persiana e La scomparsa
di Rigel (1933), Circolo chiuso
(1935), Casco d'oro e Il segreto
della statua (1936), La
trentunesima perla (raccolta di
racconti in parte gi usciti sul
Cerchio), e il Tesoro dei Borboni
(1938), Le avventure di Gino
Arrighi (1939), Il signor ladro
(1944), e Alla ricerca d'un tesoro,
scritto all'inizio degli anni Quaranta
e rimasto inedito fino al 1989.
Nel ruolo del detective si
avvicendano il commissario di
polizia Ascanio Bonichi e
l'investigatore privato Gino Arrighi,
personaggi assiali della struttura
narrativa ma anch'essi soggetti
all'elemento di imponderabile
casualit (fenomeni paranormali,
segnali onirici, interventi
medianici) che punteggia l'inchiesta
giudiziaria. Pi che sulla logica
analitica Varaldo punta sull'intuito,
scompaginando il codice del
mystery fissato da Van Dine e
depistando il lettore: impostato il
problema egli afferma bisogna
fuorviare o distrarre le supposizioni
introducendo quanta gente anche
estranea si vuole.
All'accumulo di personaggi e al
catalogo di oggetti sinistramente
accusatori corrisponde un pastiche
linguistico (locuzioni dialettali,
citazioni alte, aforismi s'intercalano
a un dialogo brillante e al pausato
delle digressioni), che distingue la
scrittura di Varaldo, duttile e di
buona fattura artigianale.
I procedimenti della detection si
ritrovano nei drammi gialli (Il
tappeto verde e Scacco matto del
'33, Partita in quattro del '40), dove
l'autore conferma la propria
neutralit ideologica di fronte al
fascismo, restando fedele a una
delle sue prime dichiarazioni
programmatiche: Chi possiede la
fantasia ama il pittoresco []. Ma
chi possiede la decima musa
osserva l'undicesimo
comandamento: non annoiare.
R . v.

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